Guardian of Legends

di AuraNera_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo/Capitolo 1 - Come tutto inizia ***
Capitolo 2: *** Porologo/Capitolo 2 - Avvenimenti passati e la Missione di Ayumi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Fuga con Mancato Addio ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Una Guardiana Confusa e un Leggendario problematico ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Esprimi un desiderio! ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Il potere dentro di noi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Felicità...? ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - La Torre dei Draghi ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Fuoco e Lacrime ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Prigioniera ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Con gli occhi di una leggenda ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Rovine sotto assedio ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Troppo Debole ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Le Ombre del tuo Cuore ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Ricordi ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Impulsi di Potere ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Depressione e Risollevamento ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - Scontro Onirico ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - Torrente in piena ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 - Ripartire ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 - Rimpatriata ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - Segreto Svelato ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - Guidami ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Fuoco ai Riflettori ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - Guardiane Rivali ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 - L'Evocazione del Mare ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - Svolte ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 - Non è Colpa Mia ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 - La Rottura del Sigillo ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 - Casa ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 - Angeallen ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 - Pensare prima di Agire ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 - L'inatteso Aiuto ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 - Portale ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 - Imparare l'Arte Tabù ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 - Le Cose che ti sei Persa ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 - L'Estremo Avvertimento ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 - Freddo Vuoto ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 - Un Passo Avanti ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 - Crepe ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 - Apnea ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 - Crocevia ***
Capitolo 43: *** Epilogo - Scelta ***



Capitolo 1
*** Prologo/Capitolo 1 - Come tutto inizia ***


Capitolo 1: Come tutto inizia.

_Paradiso Parallelo_

‘‘Sono sdraiata in un campo di fiori. Non so da quanto sono qui. Non mi vengono a cercare. E io sto bene qui. Ma verranno. E allora chissà quando potrò sdraiarmi di nuovo tra questi fiori...’’
Ayumi arrestò quella sua piccola litania dopo averla ripetuta per almeno una decina di volte, seguendo un ritmo casuale. Era una canzoncina che aveva inventato da bambina, pensava di averla dimenticata... e invece eccola riaffiorare nella sua mente.
Da piccola amava stare in quel posto, prima che Arceus diventasse ostile nei suoi confronti. Correva in quei fiori che racchiudevano l’energia dell’universo. Negli ultimi anni, invece, quel posto aveva rappresentato una prigione fatta di allenamenti e desideri di evasione.
Tra l’altro, la ragazza non sapeva perché Il grande leggendario si fosse all’improvviso incattivito in sua presenza.
“Non fare domande” le avevano detto. E Ayumi non ne aveva fatte, non ad alta voce. Solo con pochissimi riusciva a confrontarsi.
Una brezza leggera le scostò i capelli.
“Articuno...?”
“Ayumi... dobbiamo andare. Arceus ti chiama”
Fissò la leggendaria sua amica per qualche lungo secondo, poi riabbassò le palpebre.
“Perché sono qui?” chiese a mezza voce. Non si aspettava una risposta, sapeva che non le sarebbe arrivata.
Si alzò facendo frusciare il vestito che indossava. La grande aquila del gelo spiccò il volo non appena le si sistemò sulla sua schiena, le mani che affondavano del piumaggio morbido.
Atterraronoo su una piattaforma di luce bianca, dove volteggiavano pigramente alcune bolle argentate che riflettevano qualsiasi avvenimento del mondo esterno.
Ayumi scivolò giù dal dorso del leggendario piumato e si lasciò cadere su quella superfici luminosa e trasparente, che era fresca e tiepida allo stesso tempo. Volse il suo sguardo di fronte a se dove si trovavano quattro grandi creature.
Davanti a tutti stava Arceus, lo sguardo rosso e perennemente truce che sembrava volere scavare l’anima alla ragazza. Un po’ indietro, invece su un'unica linea stavano gli altri tre leggendari. Sulla sinistra del Pokemon primevo si vedeva Dialga, che riluceva di una tenue luce celeste, gli occhi rossi chiusi, la gemma sul suo petto che baluginava mistica. Ancora a sinistra, accanto a Dialga, si innalzava Palkia, intenta a consultare alcune delle bolle a specchio. Alla destra di Arceus, invece, stava in silenzio Giratina, gli occhi, rossi pure i suoi, che brillavano minacciosi. Almeno Giratina era dalla parte di Ayumi. Difatti stava guardando in cagnesco Arceus. Le altre due, invece, sembravano volersi trovare da tutt’altra parte.
E non erano le sole. Anche Articuno, di solito così posata e attenta, sembrava distratta e irrequieta. Ayumi le diede qualche pacca sul collo, tentando si consolare sé stessa più che la glaciale leggendaria.
“Ayumi! Ti abbiamo convocata perché voglio che tu faccia alcune cose per me.” Arceus aveva attaccato con quel suo tono profondo e troppo calmo per lo sguardo che le riservava. Ayumi però si limitò a guardarlo impassibile con i suoi occhi lilla pallido. Fu Giratina a continuare.
“Partirai, anzi, partirete.” Disse semplicemente. Classico di Giratina. Poche parole dritte al punto. Ed era incredibile come la Ribelle riuscisse a trovare sempre quelle giuste, di parole.
“Cosa?!” Esclamò Articuno, leggermente sorpresa.
“Un viaggio attraverso il mondo dei Pokemon. E’ il momento che i leggendari escano dai loro sigilli. Ormai è chiaro che non possiamo più nasconderci.” Spiegò Dialga calma riaprendo gli occhi. Scoperto cosa stavano controllando quelle due.
“Ah, già. Gli idioti in divisa” disse Ayumi leggermente. “Cosa dovrei farci io? ‘Ehi, ciao, scusatemi, Arceus chiede gentilmente di lasciare in pace i Pokemon leggendari. Grazie, molto gentili.’ Pensi che possa funzionare? O Hai intenzione di farmi combattere ‘Nel nome del Pokemon Primevo’? Non pensavo che avessi così tanta considerazione di me, Arceus.” Aggiunse poi lei, gelida.
Un lampo di ira allo stato puro passò negli occhi di Arceus, che però rispose, calmo. “No. Andrai a cercare i guardiani delle leggende, quelli come te. Esseri umani che contengono le volontà e i poteri dei Pokemon leggendari. Dovrebbero avere più o meno tutti la tua stessa età. Poi decideremo cosa fere con quelle persone.” Detto questo lui si girò e osservare le bolle. “Per il momento è tutto, Ayumi. Vai con Giratina. Articuno, devo parlarti.”
Ayumi capì di essere stata congedata, così seguì Giratina attraverso un portale distorto per ritrovarsi a cadere in uno spazio avente una dubbia gravità e una dubbia natura. Tutto appariva distorto e sformato. Giratina la prese al volo sul suo dorso.
Dopo un lunghissimo silenzio, la leggendaria prese la parola.
“Allora? Che ne pensi?” le chiese con un tono molto dolce, che riservava solo a lei (in particolar modo da quando il fratello aveva preso in antipatia la ragazza).
Ayumi si accoccolò meglio sulla sua schiena. “Non lo so. So solo che mi allontanerò da qui e questo mi basta.” Giratina fece un mugolio di falsa offesa.
“Sei cattiva, Ayumi!” la ragazza distese i lineamenti del volto, addolcendoli.
“Lo sai benissimo che non parlavo di te. E poi...” si interruppe alzando lo sguardo, gli occhi persi nei suoi ricordi “...potrò ricongiungermi a quelle persone che spero mi stiano ancora aspettando”
Leggendaria e ragazza stettero in silenzio per parecchio tempo.
“Ti aspettano ancora, di sicuro, Ayumi.” Disse infine piano Giratina.
Ayumi non replicò.

“Tutto in me è bianco. Bianca la pelle. Bianchi i capelli. Bianche i vestiti che indosso. Solo i miei occhi interrompono il monocrome che mi compone. Il bianco è un colore vuoto, per questo mi caratterizza. Ma, come un foglio bianco, spero che anche la mia anima venga colorata con nuove emozioni derivanti da questo viaggio. Un viaggio che mi porterà lontano. Mi chiamo Ayumi Sato. E sono la prima guardiana delle leggende.”

Angolino nascosto nell’ombra:
Salve a tutti gente! Benvenuti alla mia nuova storia, “Guardiano of Legends”! Questa storia è nata dalla mia immaginazione e da una fanfiction (anzi, più fanfiction sulla stessa storia) scritta da me e da due mie amiche. Solo che nessuna l’ha più tirata avanti, quindi ho preso armi, bagagli e materiali (?) e ho cominciato a riscrivere tutto da capo. La storia sarà leggermente diversa, ma non del tutto (?).
Che dire di più, spero che vi piaccia, e anche se non vi piace, lasciate una recensione, please ;)
Ciao Ciao! <3

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Capitolo 2
*** Porologo/Capitolo 2 - Avvenimenti passati e la Missione di Ayumi ***


_Mondo Distorto_

“Ayumi, dobbiamo tornare indietro” disse dopo parecchio tempo Giratina. L’albina mormorò qualcosa in risposta e si preparò a tornare al cospetto del Pokemon Primevo.

_Paradiso Parallelo_

Dialga era sparita, Palkia appariva un po’ sciupata e Arceus era sempre lo stesso. Articuno sembrava un po’ infastidita, cosa parecchio strana. Si avvicinò veloce a lei, quando...
“Vei!” un verso familiare la fece fermare di botto.
“Vaporeon! Cosa ci fai tu qui?!”
Vaporeon era l’amica Pokemon di Ayumi da sempre. Lei l’addestrava da quando era una piccola Eevee.
“Abbiamo modificato Vaporeon, adattandola al tuo dna. Così potrete effettuare un’unione.” Spiegò Arceus. Ayumi guardò come inebetita il Pokemon Bollajet. Loro avevano fatto cosa? Beh, perlomeno ora la ragazza riuscì a spiegarsi come mai Palkia fosse così stanca.
Le sfuggì un sospiro scandalizzato, poi rialzò lo sguardo, nuovamente impassibile, e lo posò su Articuno.
- A te che hanno fatto? – le chiese telepaticamente
- Mi hanno rinchiuso in una pokeball. – rispose quella secca
- COSA?! E perché mai?! – esclamò mentalmente Ayumi
- Perché vengo con te. E anche Vaporeon –
Ayumi stava per controbattere, ma si accorse dello sguardo indagatore del Pokemon Primevo e decise che era meglio concludere la discussione per evitare di venir spiate.
Ci fu un silenzio piuttosto pesante, fatto di occhiatacce a destra e a manca da ambedue le parti.
Alla fine Palkia si schiarì la voce, probabilmente stufa di quella battaglia silenziosa.
“Ayumi, tu sai di essere una guardiana delle leggende.” Disse lei, dolce. Ayumi annuì e, capendo che sarebbe stato un lungo discorso, si sedette a gambe incrociate con Vaporeon in grembo. Poi alzò il capo mostrandosi disposta ad ascoltare tutto ciò che la leggendaria dello Spazio aveva da raccontarle.
“Alcune cose le sai già, scusa se te le ripeterò, ma non interrompermi, per favore... bene... Devi sapere che una volta gli esseri umani e i pokemon vivevano in completa armonia tra loro, e questo vale anche per i pokemon leggendari. Non avevano bisogno di questi aggeggi che gli umani chiamano “pokeball” per instaurare un legame, poiché godevano del rispetto reciproco. Un po’ come te e Vaporeon.
“Purtroppo, soprattutto tra le giovani menti, si è sviluppato un forte sentimento, che voi chiamate “ambizione”. Di solito svaniva con gli anni, mentre si acquisiva saggezza. Sfortunatamente, alcuni giovani sfacciati non vollero smettere di immaginare, e portarono avanti i loro sogni egoistici. Questi si sono trasmessi di persona in persona, non solo in famiglia ma tra amici e conoscenti e così via. Così nacquero i primi team. Furono soppressi facilmente, erano troppo pochi. Sfortunatamente, abbiamo spento il fuoco, ma non abbiamo soffocato la scintilla che lo aveva acceso. Così i pokemon, tutti quanti, iniziarono ad essere diffidenti nei confronti degli esseri umani, chi più chi meno. Noi leggendari abbiamo iniziato a nasconderci e a mostrarci sempre meno in pubblico. E intanto l’avidità dello spirito umano cresceva.
“Noi siamo spariti dalla loro vita quotidiana, rifugiandoci in posti segreti e protetti o tramutando il nostro aspetto. I pokemon ordinari, invece, iniziarono a raggrupparsi tra l’erba alta, il buio delle grotte, l’acqua dei torrenti, dei mari e dei laghi, sviluppando una diffidenza e un’aggressività che non dovrebbe essere nella loro natura. Gli esseri umani costruirono città di notevole dimensione, inquinarono l’aria, alcuni schiavizzarono i pokemon sottoponendoli al loro volere, altri preservarono l’amicizia, creando però le pokeball per riuscire a ottenere il loro aiuto. Questi allenatori tentarono di contrastare il male che si era formato nel nostro mondo. Ma l’oscurità, spesso, attrae molto di più della luce. Gli allenatori diventano sempre più rari e oramai in pochi hanno la forza e il coraggio di combattere. Altri insegnano e mettono alla prova i vari allenatori, sempre più rari anch’essi.
“Ormai nemmeno i posti più nascosti potevano nasconderci del tutto. Così, molti leggendari, chi prima chi dopo, scagliarono sulla terra delle parti del loro potere e delle loro anime, che andarono a incarnarsi in un essere umano degno. Ovviamente anche una piccola parte della vostra anima si è incarnata in noi, cos’ ora possiamo trasformarci in esseri umani, seppur per breve tempo. E’ possibile che anche voi sappiate prendere la forma leggendaria per qualche momento. Questa azione comprende dei rischi, poiché le due entità separate risultano deboli e prese di mira, ma quando e se si ritrovano, un grande potere viene sprigionato. In ogni caso, solo in caso di vittoria lo spirito umano viene ripristinato. Se muore un pokemon leggendario, la parte leggendaria custodita nell’umano attirerà la restante parte custodita nel corpo morto, che andrà a sopraffare la parte umana, distruggendola, e dando nuovamente vita al pokemon leggendario. Se invece è l’essere umano a morire, lo spirito perirà con il corpo e il pokemon leggendario otterrà nuovamente lo spirito e il potere originario.
“Gli esseri umani che portano questo fardello, vengono chiamati ‘guardiani delle leggende’ perché ci salvaguardano. Tu sei la guardiana di Articuno e tua madre era quella di Lugia. Entrambe avete adempito o state adempiendo al vostro compito egregiamente. Inoltre siete le sole guardiane che conosciamo. E tu sei la sola che può aiutarci, Ayumi. So che non vuoi parlarne, che per te è dura ricordare. Ma tu devi svolgere questo compito il più a lungo possibile, stringendo i denti. Ce la puoi fare, noi confidiamo in te. Questo è il tuo dovere, è per quello che sei stata scelta. Articuno è uno dei leggendari più giudiziosi, noi ci fidiamo di lei e anche di te. E di Vaporeon, ovviamente. “
Palkia tacque, non sapendo più come andare avanti. Ayumi teneva lo sguardo basso e i pugni serrati. Perché parlavano di sua madre, Mary, davanti a lei in questo modo? Cosa si aspettavano da una ragazzina di appena 15 anni?
L’albina restò in quella posizione per qualche altro secondo, poi sollevò il capo, mentre nei suoi occhi lilla si spegnava anche l’ultima scintilla di rabbia e di dolore.
“Che cosa devo fare?” chiese con la voce vuota. Palkia sembrava troppo dispiaciuta per risponderle e Ayumi si sentì disgustata dalla pietà che il pokemon Spazio provava nei suoi confronti. Tuttavia sapeva che non era colpa di Palkia, bensì di Arceus, che prese la parola.
“Articuno può sentire e percepire le aure leggendarie presente negli esseri umani, lei ti indicherà la via e le persone. Tu devi scoprire di che leggendario si tratta e aiutare il guardiano a riunirsi al rispettivo leggendario. Ovviamente non devi attirare sospetti di nessun tipo e limitare gli scontri al minimo. Vedi di non farti troppo male e di non morire prima di aver trovato qualche custode, non possiamo permettercelo.” Disse freddo il leggendario. Ayumi si stava alterando sul serio, e con lei Articuno, infatti l’aria stava piano paino diventando più fredda. Persino Vaporeon soffiò infastidita. E anche Giratina contribuì.
“Ti sembra il caso? Non è il modo di parlarle!” ruggì il pokemon Ribelle, prendendo le difese di Ayumi.
“Ho detto semplicemente le cose come stanno” rispose glacialmente calmo Arceus. “Qualcosa da ridire, sorellina?”
“Oh, voi due, piantatela!” sbottò Dialga, spuntata fuori dalla sua dimensione chissà quando. I due leggendari ascoltarono il consiglio, pur continuando a lanciarsi occhiate di fuoco a vicenda.
“Ehi, Dialga, come mai sei tornata?” chiese Palkia alla sorella.
“Beh... ho trovato un guardiano delle leggende.” Con quella frase Dialga catturò l’attenzione di tutti i presenti.

_Amarantopoli_

“Fujiko Ayane, vieni immediatamente qui!” tutta amaranto poli udì il grido della madre di quella povera ragazza, Fujiko.
“Sììììììì, mamma...!” ribatté la ragazza sbuffando contro una madre fin troppo ossessiva. Afferrò un biscotto della colazione, uscì dalla cucina, salì di corsa le scale per raggiungere la camera da letto.
“Cosa c’è mamma?” chiese lei con aria innocente, anche se sapeva perfettamente quello che sarebbe accaduto.
“Quel “coso”! Tienilo al guinzaglio! Questa “camera” è un disastro totale. Bisogna prendere provvedimenti, ragazzina!” strepitò la madre.
La “ragazzina” buttò gli occhi al cielo, sospirando esasperata.
“Primo: quel “coso”, oltre ad essere una femmina, è un pokemon regalatomi dal prof Elm, più precisamente un Chikorita. Secondo: i pokemon non si tengono al guinzaglio. Terzo: se continui a urlare così ti denunceranno per disturbo della quiete. Quarto: questa camera ha conosciuto giorni peggiori. Mmm... ho detto tutto... ah, già, ora ho 15 anni, sono un’adolescente, non una ragazzina prego.” Concluse la ragazza con un sorriso smagliante.
La madre scosse la testa e uscì dalla camera borbottando qualcosa a proposito di denunce e porcile. Infine urlò alla figlia di vestirsi, che doveva lavare il pigiama.
Fujiko si cambiò in fretta e si specchiò soddisfatta. Vide una giovane ragazza con i capelli lisci e biondi, raccolti in una lunga coda tenuta ferma da un fermaglio con una rosa rossa, il suo preferito. Aveva una camicetta azzurra e la gonna viola e due stivaletti neri. Non era eccessivamente altra, ma molto magra, quasi troppo, a momenti, due occhioni verdi, molto vivaci, e un sorriso enorme. Era una ragazza solare, allegra e positiva. Specialmente perché alcuni dei suoi desideri, quelli più piccoli e innocenti, si avveravano con alta percentuale di probabilità.
Naturalmente Fujiko sapeva che poteva essere un caso, ma ne andava segretamente orgogliosa. Ancora non sapeva cosa nascondeva quella piccolezza. Almeno fino a quel giorno di maggio, con le prime giornate calde.

“Fu allora che la incontrai. Mi guardava fisso con quegli occhi lilla, così spaventosamente malinconici e strani, in mezzo a tutto quel bianco. In qualche modo sentivo che quella ragazza ed io eravamo simili. Perfino la mia fidata Chikorita sembrava attratta da lei. “Sono Fujiko, e tu?” “Ayumi. Ti stavo cercando.”

Angolino nascosto nel nulla:
Dai, questa vota non è un ritardo così stratosferico... o sì?
Bentornati alla mia storia pokemon, Guardian of Legends. Devo dire che mi sono accorta dopo aver scelto il titolo che la su abbreviazione è GoL. E forza Italia, insomma, già che ci sono i mondiali!
Beh, alcune note. Ayumi Sato è la mia Alter Ego (la incontrerete ancora) e Fujiko Ayane quella della mia migliore amica. Il paradiso Parallelo e una dimensione di mia invenzione, la dimensione di Arceus. Il Mondo distorto lo conoscevate già e ci saranno anche le dimensioni di Dialga e Palkia. La prima si chiama Armonia Tempo, sulla seconda non ne ho idea e si accettano consigli.
Sì, Dialga, Palkia, Giratina e Arceus sono fratelli, nella mia storia. Ho “umanizzato” la compagnia leggendaria perché... boh, non lo so, mi piaceva l’idea.
Dato che, per molti leggendari devo trovare un rispettivo guardiano e non ho così tanto materiale a disposizione, volevo proporvi di entrar a far parte della mia storia. Mi dovete dire il nome e cognome dell’alter ego, età carattere e caratteristiche fisiche e che pokemon leggendario vorreste al vostro fianco. Vi dico subito che i colossi sopracitati non hanno un guardiano, quindi non richiedeteli grazie.
Bene, ho finito. Sayonara, gente!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Fuga con Mancato Addio ***


_Amarantopoli_

Fujiko ancora guardava quella strana ragazza che sembrava apparsa dal nulla. Era alta e snella, la pelle bianchissima e senza imperfezioni. Aveva addosso un semplice vestito bianco a maniche corte e lungo fino al ginocchio, poi portava solo dei calzetti bianchi ai piedi; era scalza.
Aveva i capelli lunghi, quasi troppo, arrivavano a sfiorarle le caviglie magre. Erano liscissimi e luminosi, morbidi. Dei ciuffi più corti le ricadevano sulle spalle, incorniciando il volto giovane e pallido. Un ulteriore ciuffo più ribelle degli altri le cascava in mezzo al viso, fino al mento, appoggiato da un lato del piccolo naso, sfiorando la bocca piccola e dalle labbra sottili.
Aveva tratti vagamente orientali, ma non del tutto; le linee erano fine e sottili, delicate, sembrava fatta di porcellana.
Poi c’erano quegli occhi. Erano profondi, penetranti, di un tenue lilla pallido. Ciononostante non erano affatto luminosi, al contrario: erano opachi, velati da un dolore che risaliva a parecchio tempo prima, segno di una ferita talmente profonda da essere ancora aperta dopo diversi anni.
Questo vide Fujiko in quella presenza. Dolore e tristezza. E tanta rabbia, repressa sotto una maschera d’indifferenza.
La ragazza bionda la stava ancora fissando, impalata in mezzo a un sentiero nel parco. Non aveva mai visto la giovane albina. Da dove veniva? Era raro riuscire a viaggiare di quei tempi. Ma allora da dove poteva essere spuntata?
Fujiko si schiarì la voce e sorrise alla ragazza bianca, la quale tentennò, con un lieve accenno della testa.
“Perché mi fissi?” chiese Fujiko, sempre sorridente.
L’altra non rispose. Sembrava... combattuta. Alla fine scosse la testa, come per liquidare la cosa.
La bionda ci riprovò.
“Io sono Fujiko. Come ti chiami?” chiese, incoraggiante. A lei, Ayumi era sembrata molto timida ed insicura.
Era vero, Ayumi era insicura, in particolar modo di fronte alla spensierata allegria di Fujiko. Una ragazza che ancora non sapeva cosa l’aspettava.
“Mi chiamo Ayumi. E... ti stavo cercando” mormorò l’albina in risposta, a mezza voce.
L’altra non perse il suo sorriso.
“Non mi sembra il caso di parlare in mezzo alla strada. Vieni, conosco un posto tranquillo!” esclamò Fujiko, mentre prendeva per mano la Guardiana e si metteva a correre, lasciando un po’ stranita l’altra ragazza.
“Ecco qui” cinguettò la bionda una volta arrivate a destinazione.
Era un angolo vicino ad un'aiuola che ornava una piccola fontanella. Lì accanto c’era una panchina dipinta di bianco, la cui metà era nascosta all’ombra di un ciliegio in fiore. Nell’aria era diffuso un dolce profumo, talmente dolce, che Ayumi pensò immediatamente a quanto fosse fuori luogo, per le cose che doveva comunicare all’allegra ragazza.
“Ehi... puoi anche sederti, non ti mangio.” Rise Fujiko, attirando l’attenzione dell’albina pensierosa.
Mentre quest’ultima si sedeva, la bionda estrasse dalla tasca una sfera pokè, dalla quale uscì una Chikorita.
“Carina, vero? E il mio pokémon. In realtà non dovrei mostrarlo troppo in giro, ma anche tu hai un pokémon, vero?” disse la ragazza di Amarantopoli, sorridendo ad un’esitante Ayumi.
“Ho visto prima che avevi con te una pokéball.” Spiegò allora Fujiko. Ayumi annuì.
“Non sei un tipo molto loquace, noto. Dovevi dirmi qualcosa, no?” a questo punto la presunta Guardiana delle leggende stava iniziando a divertirsi, ma era soprattutto curiosa. Quella ragazza dall’aura triste la sentiva, in qualche modo... vicina. Simile a lei.
Eppure Fujiko era chiacchierona, solare ed esuberante. Ayumi, dal canto suo, era sembrata insicura, triste e non aveva spiccicato parola. Inoltre, mentre l’altra era tutta un sorriso, l’albina aveva una maschera di marmo al posto del volto, non si vedeva nemmeno l’ombra di un sorriso.
Ma tutto questo era irrilevante, per Fujiko.
Intanto Ayumi, da seduta, aveva annuito e preso fiato.
“Probabilmente quello che ho da dirti non ti piacerà... io... tu... ecco...” l’albina si interruppe praticamente subito e sospirò, sotto lo sguardo preoccupato dell’altra.
Purtroppo la Guardiana di Articuno non era stata abituata a parlare. Aveva una parlantina stentata, anche se forbita; una voce timida e la difficoltà ad esprimersi. Inoltre, non era  semplice il concetto che doveva esporre alla sua compagna.
Prese fiato e ricominciò, sotto lo sguardo incoraggiante di Fujiko.
“Hai presente i pokémon leggendari?” chiese Ayumi. Dopo un cenno affermativo, nonché interessato, la ragazza bianca continuò.
“Vedi, non è un bel periodo. Qualche anno fa, una quindicina di media, hanno capito che la loro situazione era minacciata. Per questo hanno frammentato la loro anima, la loro aura e i loro poteri, più o meno a metà e l’hanno scagliata sulla terra. Queste si sono incarnate in una persona, molto facilmente un neonato o una neonata. Le persone che portano questo fardello sono detti Guardiani delle Leggende.”
Ayumi si interruppe nuovamente, grattandosi la testa imbarazzata; e di certo la faccia stupita della compagna non l’aiutava.
Fujiko, difatti, aveva la bocca a forma di cerchio perfetto.
L’albina aveva paura che lei si arrabbiasse, o di averla spaventata... invece quella saltò in piedi tutta eccitata, facendo ruzzolare al suolo una dormiente Chikorita, la quale non fu esattamente contenta del risveglio.
“E io sarei una di loro? Di voi? Insomma... una Guardiana?! Che figata! Di chi? Spero non di un pokémon pauroso come Darkrai o Giratina... potrei morire...” e andò avanti a cianciare da sola per un po’, sotto lo sguardo stupito di Ayumi.
“Fujiko...” la chiamò debolmente lei. L’interessata si voltò verso la Guardiana con un sorriso da orecchio a orecchio, che si attenuò quando vide l’espressione sconsolata sul volto dell’altra.
“Il fatto è che... non è una cosa buona. Questo compito metterà in pericolo la tua esistenza, per una colpa che non hai commesso.” Sussurrò l’albina. Poi chinò la testa mormorando “Mi dispiace.”
Fujiko restò un attimo sorpresa da quell’ulteriore rivelazione. In effetti aveva paura, ora che sapeva del pericolo. Ma poi scosse la testa.
“Non posso lasciarti da sola. Anche se ti conosco da poco, io...”
Un boato un po’ troppo vicino troncò la frase della bionda. C’era del fumo in lontananza.
Amarantopoli andava a fuoco.
“Mamma!” urlò Fujiko, mettendosi a correre, incurante delle grida di Ayumi. Così l’albina si lanciò all’inseguimento.
Quando la raggiunse, la tirò per terra, facendola rotolare mentre un potente Lanciafiamme volava sopra le loro teste.
“Ascoltami, Fujiko! Non puoi scappare da quello che sei! Ora il tuo destino è questo!” urlò Ayumi sovrastando i boati. La ragazza aveva le lacrime agli occhi. Poi urlò, indicando qualcosa alle spalle di Ayumi.
Un grande Arcanine dallo sguardo malvagio le aveva puntate.
“Corri” bisbigliò Ayumi, prima di scattare, seguita da Fujiko, ancora frastornata dalla rapida sequenza di eventi.
“Continua a correre e ritorna dove eravamo prima! Non voltarti!” urlò Ayumi fermandosi di botto.
Ma Fujiko rimase, seppur nascosta dietro ad un cespuglio dai profumati fiori rosa acceso. Da quel punto intravedeva Ayumi in una foschia acquosa, per via delle lacrime.
Ma anche così vide che lei stava, in qualche modo... cambiando.
Le punte dei capelli divennero azzurro intenso, sfumando verso l’altro. Gli occhi si scurirono, diventando cremisi. Capelli e vestiti si muovevano leggermente, trasportati da una brezza che non c’era.
La bionda sbatté le palpebre più volte per assicurarsi che tutto ciò non fosse solo frutto della sua immaginazione. Non era così.
In quegli occhi ormai rossi si riflettevano una saggezza che non poteva appartenere ad una ragazza di circa quindici anni. Solo quello faceva pensare che la ragazza bianca avesse detto la verità.
Proprio in quel momento, l’interessata aveva mosso una mano, facendo ondeggiare le dita. Intanto, attorno a lei, coni di ghiaccio appuntiti le vorticavano attorno.
Infine, con un movimento secco e diagonale, dall’alto verso il basso, Ayumi scagliò ad una velocità incredibile i pezzi di gelo precedentemente evocati. Ovunque uno di questi toccava, tutt’intorno si formava una chiazza congelata.
Dopo aver bloccato Arcanine, l’albina tornò da Fujiko.
“Dove possiamo nasconderci? Un luogo sicuro, vicino, dove non ci troveranno.” ansimò.
“Beh, ecco... c’è... la torre campana! Però non ci possiamo entrare se non abbiamo alcune cose. La medaglia della città e una piuma d’iride.” Borbottò confusa e spaventata la bionda.
Ayumi scosse la testa.
“Non importa. Dammi la mano. E chiudi gli occhi.”
Fujiko, seppur stupita, eseguì il comando. Dopo pochi secondi sentì come un vento forte, che vorticava attorno a lei. Le muoveva i capelli, entrava in contatto con la pelle, penetrava nell’epidermide portando con sé una sensazione fresca. Fujiko aprì gli occhi. Un mondo di diverse sfumature che si sovrapponevano le une alle altre. Come una tavolozza piena di colori mischiati con troppa acqua, sfuggono al controllo e si mescolano tra loro.
L’unica forma ancora riconoscibile era quella di Ayumi. La ragazza aveva gli occhi chiusi, l’espressione concentrata e la fronte imperlata di sudore.
Fujiko tentò di parlarle, ma la sua voce si perse da qualche parte, nel mondo che loro stavano sorvolando.
Un teletrasporto.
Improvvisamente il terreno tornò sotto i loro piedi, e la bionda ruzzolò allegramente sul pavimento di legno della torre campana.
“Ahia...” mugugno attraverso la superficie scricchiolante.
Ayumi era atterrata in piedi e si guardava attorno circospetta, con il respiro un po’ affannato.
Poi tirò una boccata d’aria, e si rilassò, finalmente.
“Ora siamo al sicuro. Immagino che io ti debba una bella chiacchierata...” mormorò l’albina, sedendosi di fronte a Fujiko a gambe incrociate e schiarendosi la voce.
“Allora... non sappiamo chi sei. Non sappiamo che pokémon leggendario ti abbia scelta. Nemmeno lui lo sa. E nemmeno tu. Quindi, prima di tutto, dobbiamo capire chi sei e da dove dobbiamo cominciare.”
La bionda aveva un’espressione da Magikarp fenomenale. Ayumi sospirò scandalizzata. Non riusciva a parlare con gli esseri umani; comunicare con i leggendari era tutta un’altra cosa!
“Non ti è mai capitato... che ne so... di fare qualcosa di strano... qualcosa che nessun’altro sa fare?” chiese l’albina.
Fujiko si riscosse e tentennò.
“Sì – rispose infine – qualcosa c’è. Ogni tanto... desidero qualcosa che si avvera... oppure ho l’impressione che gli oggetti si muovano senza che io li abbia toccati.” mormorò.
Ayumi fece un cenno d’assenso.
“Io ricoprivo di brina qualunque cosa mi capitasse a tiro... – Fujiko rise – Ah, non te l’ho detto... la mia compagna è Articuno.”
La ragazza bionda sgranò gli occhi.
“Davvero?! Wow! Articuno è un pokémon bellissimo!” esclamò estasiata. Poi inclinò la testa da un lato e borbottò qualcosa come “In effetti ci assomigli... “.
Poi sembrò ricordarsi di qualcosa.
“Ah! Ma si può sapere cosa cavolo ti è successo? E la città? Mia mamma starà bene? Sarà preoccupatissima per me, con il carattere che si ritrova... e poi casa mia! Io lì ho tutte le mie cose! Come farò adesso? Perché è successo?” singhiozzò Fujiko.
Ayumi era un po’ frastornata dal fiume di parole che era uscito in pochi secondi dalla bocca della ragazza. Restò a guardarla mentre lei si affacciava dalla finestra ad osservare Amarantopoli in fiamme.
E la stava ancora guardando quando la bionda si voltò verso di lei con gli occhi lucidi.
“Perché è successo tutto questo...?” sussurrò con voce impastata.
“Perché sono arrivata io. E perché hanno capito chi sei tu. E’ importante sia per noi che per loro.” Rispose mesta Ayumi.
Fujiko la guardò con un accenno accusatorio negli occhi verdi, che si spense subito quando rivide quell’enorme tristezza dietro quelli lilla dell’altra ragazza, di occhi.
Allora si schiarì la voce.
“Adesso che facciamo?” chiese.
Ayumi guardò in alto. “Arriviamo in cima.” Disse, tendendo la mano a quell’altra e iniziando la scalata.
Non era facile scalare quella torre. C’erano scalette che portavano in vicoli ciechi, delimitati da muri che ti impedivano di vedere dove cavolo eri spuntato; diversi buchi sul pavimento, a momenti cadevi giù, un bel volo di una quindicina di metri. Per non parlare dei teletrasporti. Quegli affari gialli e luminosi che ti sbatacchiavano da una parte all’altra della torre Campana, che fosse un piano di sopra o di sotto, all’inizio o quasi in cima.
Le due erano appena uscite da uno di questi suddetti affari, e si stavano guardando attorno perplesse.
“Ma di qui non c’eravamo già passate prima?” ansimò Fujiko durante quella piccola pausa.
Ayumi scrollò le spalle. “Per me questa torre è tutta uguale...” soffiò in risposta.
Per un lungo momento, gli unici suoni presenti furono i loro respiri e lo scricchiolare del pilastro centrale, che ondeggiava pigramente.
“Ancora non mi hai spiegato che ti è successo” borbottò la ragazza bionda, ammiccando con la testa per farle capire che si stava riferendo ai suoi capelli, divenuti inspiegabilmente azzurri.
“Prima mi hai interrotto – spiegò l’albina – questa è chiamata “Forma Guardiana” praticamente facciamo affido sulla parte leggendaria per attaccare e difenderci. Come dei pokémon, solo che noi possiamo al massimo simulare le loro mosse. Anche i leggendari hanno una Forma Guardiana, ma è chiamata comunemente Forma Shiny.”
“No, aspetta, calma. – la fermò Fujiko – Anche i pokémon normali hanno una forma Shiny...” disse perplessa.
“Sì, ma sono due cose diverse. I pokemon comuni Shiny sono dei pokémon con un aura più potente del comune. I leggendari sono unici, per cui possono assumere questa forma e rilasciarla. Inoltre entrambi abbiamo la forma Umana e la forma Leggendaria. Anche se, personalmente, non sono mai riuscita ad assumerla, ma Arceus dice che ci sono molte probabilità...” continuò Ayumi, prima di essere interrotta per l’ennesima volta da un’esuberante Fujiko.
“Arceus?! Woah... il più potente pokémon esistente... potrò incontrarlo?” disse con gli occhi che brillavano. La ragazza bianca si era rabbuiata. Non aveva pensato ad Arceus.
No, non gli avrebbe permesso di farle la stessa cosa che aveva fatto a lei. Non avrebbe permesso che il suo grande cuore diventasse di pietra come era successo al suo.
“Va tutto bene?”
Ayumi si girò di scatto, sotto lo sguardo preoccupato ed indagatore dell’altra. Scosse la testa.
“Tutto a posto. – alzò lo sguardo – coraggio, andiamo.”
Incredibilmente, si persero solo due volte nei restanti tre piani. Una volta per colpa di un teletrasporto, la seconda volta perché avevano sbagliato il teletrasporto di ritorno dal primo errore. Però finalmente arrivarono in cima, sul tetto, dopo essere passate su due strette passerelle di legno e aver affrontato un’ultima, media, gradinata.
Al centro, un grande e alto monumento dorato si stagliava verso il cielo, protetto dagli sguardi severi di alcune statue poste attorno, tutte rivolte verso l’interno. Ai quattro lati del tetto si trovavano delle campanelle che tintinnavano leggermente al vento fresco che si respirava là in cima.
C’era solo un piccolo dettaglio: odorava di fumo.
Infatti, al posto del meraviglioso panorama di Amarantopoli, ora si vedevano delle macerie fumanti, che andavano a far compagnia alla torre bruciata. Pochi edifici si erano salvati, come la torre su cui stavano, la palestra e il teatro di danza, probabilmente protetti perché contenevano tanta gente, e perché ospitavano gli allenatori di valenti della città. Persone vestite di nero pattugliavano la zona.
La torre campana si era salvata perché era un luogo sacro. Ma non era nascosta dagli occhi indiscreti delle reclute. Ayumi strattonò via un’atterrita Fujiko dal parapetto.
“Potrebbero scoprirci... – si fermò un attimo, poi mormorò – mi dispiace.”
Sempre tenendola per mano, Ayumi chiamò telepaticamente Articuno.
- Io qui ho finito. Venite in fretta.
- Va bene. Lo dico a Palkia. Preparatevi per il teletrasporto.
L’albina allora si sedette vicino a Fujiko, che aveva gli occhi lucidi, vitrei e lontani.
“Volevo dirle addio...” sussurrò lei alla ragazza bianca, riferendosi alla madre.
Ayumi scosse la testa.
“Forse è meglio che ti consideri una delle vittime. Ci soffrirà molto, ma è meglio del pensiero di te sempre in pericolo. Forse, un giorno, potrai tornare.” Disse mesta.
La bionda tirò su col naso.
“E’ brutto quello che dici. Tu non hai nessuno?” rimbeccò debolmente. Se ne pentì quando vide nuovamente quell’intenso dolore attraversare gli occhi di Ayumi.
“Mia madre era una guardiana delle leggende... quella di Lugia... è morta davanti ai miei occhi e io non potevo farci nulla. Le altre persone a me care, probabilmente non si ricordano di me. Io non sono più nessuno. Se non una pedina in mano ai pokémon leggendari. Loro mi hanno allevata e cresciuta, salvandomi la vita. E ora questa stessa vita la dovrò usare, e forse sacrificare, per loro.” Mormorò l’albina, con gli occhi lucidi lontani e un piccolo sorriso triste.
Il primo sorriso che Ayumi fece a Fujiko, fu un sorriso triste. E questo disse alla bionda parecchie cose sul conto della sua nuova compagna di viaggio.
Poi le due sparirono dalla Torre Campana, inglobate dal teletrasporto di Palkia.

"Non sapevo che mi aspettava. Sapevo solo che nulla non sarebbe più stato come prima. Io, Fujiko Ayane, una Guardiana, combatterò!"


Angolino nascosto nel nulla:
Pantpant! Eccomi di nuovo tra voi! Mai scritto un capitolo così lungo, quasi sette pagine. Ora pretendo un applauso.
*cricri cricri*
Sigh, va bene, ho capito. Che altro dire (anche se non ho detto ancora nulla)... spero che questo capitolo vi sia piaciuto, recensite, scusate se ci sono degli errori, io ho riletto, ma non si sa mai (lol).
Spero che Ayumi vi piaccia, e che vi piaccia Fujiko, soprattutto!
Alternative Assassins sta per finire (4-5 capitoli circa) ma ho già in serbo altre due storie! Eheheheh, non ho finito con voi!
Ok. Se non caèite qualcosa ve lo spiegherò, a meno che non contenga spoiler. Bene. Direi che è tutto.
Bye bye! :*
*va a dormire*

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Una Guardiana Confusa e un Leggendario problematico ***


Quel teletrasporto era diverso da quello di Ayumi.
Fu la prima cosa che notò Fujiko, appena dopo essere state inglobate da quel... non sapeva bene come definirlo.
Sembrava un tornado, formato da onde circolari concentriche dalla natura elettrica. Il tutto era bianco e fucsia acceso, con sfumature violette.
Non c’era vento o altro: le due ragazze fluttuavano pigramente, circondate da strane bolle. Si avvertiva uno strano vuoto, come se tutta l’aria fosse stata risucchiata. Effettivamente, Fujiko non sentiva il bisogno di respirare. Come se tutto fosse fermo. Come se solo loro avessero questa libertà.
Il teletrasporto era molto luminoso. E dopo la luce, così strana e quasi abbagliante, di quel luogo, venne l’ombra.
O meglio, la penombra.

_Mondo Distorto_

Fujiko non si era mai trovata in un luogo tanto strano. Ammassi di roccia fluttuante, dalle forme più disparate. Chiazze d’erba che crescevano senza un preciso ordine. Bolle dalle sfumature metalliche che riflettevano il mondo esterno. Piante mai viste, quasi troppo grandi per essere concepite, appuntite, dai colori più disparati. Cascate che cambiavano corso, andavano in giù, tornavano su, creavano moti a spirale...
E poi c’erano quelle... cose. Sembravano edifici, delle forme instabili che sfidavano ogni logica fisica ed architettonica.
L’assenza totale di un vero e proprio cielo, solo quel vortice indaco scuro, che compiva movimenti lì lenti, là veloci.
Ma la cosa che di più stupì Fujiko fu un’altra.
Si trovava a testa in giù rispetto ad Ayumi. Doveva alzare la testa per guardarla.
Quella mosse qualche passo in direzione di una curva formata dalla roccia, e in pochi istanti si trovò con la testa nello stesso punto di quella della bionda.
“Lo spazio e il tempo sono distorti qui. L’ordine si governa con il caos. Questo – indicò attorno a sé con un movimento delle braccia – è il caos. Benvenuta nel Mondo Distorto.” Completò l’albina.
Fujiko  tornò a guardarsi attorno con la bocca aperta e girando lentamente a trecentosessanta gradi per non perdersi nessun angolo di quel mondo così strano.
E fu proprio per quel movimento rotatorio che la bionda si ritrovo a un palmo di naso dallo sguardo cremisi di Giratina, arrivata in quell’istante.
Per un momento tutto sembrò congelarsi, Fujiko non espirava nemmeno, trattenendo il fiato.
Che liberò successivamente in un urlo spacca timpani, mentre si metteva a correre in una direzione a caso, con le braccia protese verso l’alto e la bocca spaventata, sotto gli occhi esterrefatti di Ayumi e quelli stupiti, anche se divertiti, di Giratina.
Tra l’altro Fujiko non si era resa conto di essere su un isolotto rotondo, quindi continuava a correre in circolo spaventandosi ogni volta che capitava davanti a Giratina, la quale, divertita, commentò: “Quanto fiato che ha. – Ayumi annuì, continuando ad osservare perplessa la bionda che passava strillando davanti a loro per la quarta volta – Va bene, questa scenata è durata anche troppo. Fermala per cortesia, mi gira la testa” ridacchiò il pokémon Ribelle.
Senza troppi complimenti, Ayumi avanzò e  fece lo sgambetto a Fujiko, acchiappandola prima che finisse con il naso per terra.
“Hai finito?” le chiese, calma. Lei, zitta, annuì. Ayumi sospirò.
“Bene. Allora ascoltami. Giratina sarà anche grande e grossa e oscura... – alzò il capo verso la leggendaria – senza offesa, Giratina – lei scosse la testa, sempre più divertita e Ayumi tornò a rivolgersi a Fujiko – Dicevo... potrà anche farti paura, ma lei non morde e non ti mangia, tranquilla. Per cui, evita di strillare come un Delcatty a cui hanno pestato la coda. Ci tengo ai miei timpani”
Fujiko ridacchiò imbarazzata, strusciando la suola delle scarpe sul terreno, lo sguardo fisso su di esse.
Ayumi si rivolse alla leggendaria del Caos.
“Perché siamo qui?” chiese semplicemente.
Giratina impiegò qualche secondo per formulare la risposta. “A quanto pare, Arceus non voleva che Fujiko vedesse il Paradiso Parallelo senza il suo leggendario. Dato che la mia è l’unica dimensione conosciuta agli esseri umani, non pensava ci fossero problemi. E infatti non ne ho, problemi. Solo mi secca che lo abbia deciso senza consultarmi.”
Lanciò poi un ruggito di disapprovazione, facendo sussultare Fujiko. Si ricompose quasi subito, andandosi ad acciambellare accanto ad Ayumi, che seguì l’esempio della leggendaria, sedendosi.
Fujiko rimase un secondo in piedi, titubante, poi si inginocchiò pure lei, rigida. L’albina lo notò.
“Ricordi cosa ti ho detto? Rilassati e non ti preoccupare.” Disse con voce dolce e rilassata, che ebbe il potere di far calmare l’altra ragazza, la quale sorrise un po’ timidamente.
Giratina annuì. “Bene. Ora direi che possiamo cercare di capire il tuo leggendario. Ayumi?”
“Se non sbaglio tu mi hai detto che muovi gli oggetti con la forza del pensiero e che piccoli tuoi desideri si avverano, giusto? – la bionda annuì – Questo già ci dice qualcosa. Il tuo leggendario potrebbe essere di tipo Psico, Buio, Spettro e Folletto. Considerando, però, quanti sono i leggendari di tipo Psico, non sarà facile.” Concluse la ragazza.
Giratina fece un cenno d’assenso. “Non mi risulta che Xerneas abbia voluto un guardiano, a Kalos le cose sono ancora sostenibili. Per quanto riguarda Diancie... lei effettivamente un Guardiano ce l’ha me deve essere molto piccolo, appena sette anni. Quindi direi che il tipo Folletto possiamo escluderlo.
“Come leggendario di tipo spettro esisto solo io, almeno catalogato. E non ho guardiano. Quindi ci restano solo Buio e Psico.
“Come tipo Buio abbiamo Yveltal e Darkrai confermati. Yveltal... non siamo a conoscenza se ha un Guardiano o meno... Darkrai, è una cosa certa. Dobbiamo tenerli in considerazione.
“Per ultimi, i tipi Psico. Lugia possiamo escluderlo – Fujiko lanciò un’occhiata fugace ad Ayumi, che era una maschera di marmo – e anche Deoxys... si nasconde nello spazio, è difficile che lo trovino lì. Celebi, Mew, Mewtwo e Jirachi... di loro non sappiamo più nulla. Sono dei pokemon misteriosi, e hanno fatto perdere ogni loro traccia. Latias e Latios hanno i Guardiani, non sono da escludere. Anche Mesprit Azelf e Uxie hanno i Guardiani, ma non è il nostro caso, perché dovrebbero avere tra i nove e i dieci anni.
“Cresselia, invece, è una Leggendaria possibile per Fujiko. Infine, Meloetta e Victini. Ambedue con il Guardiano, ma quello di Victini è piccolo, all’incirca è nella stessa condizione di Celebi. Meloetta, invece... potrebbe essere. E’ tutto. Chi abbiamo detto, Ayumi?”
“Darkrai, Latios, Latias, Cresselia e Meloetta sono i più probabili. Poi ci sono Yveltal, Mew, Mewtwo, Celebi, Jirachi, meno probabili.” Elencò la ragazza.
Fujiko le guardava, perplessa, preoccupata, eccitata.
Per un lungo momento nessuno disse nulla, tutte perse nei loro pensieri. La ragazza bionda si stava ancora guardando attorno. Pensava a quella strana situazione. Se tutto fosse stato normale a quell’ora sarebbe stata sdraiata sul suo letto a leggere, coccolare Chikorita e sentire le peripezie di sua madre. Invece era lì, con una ragazza praticamente sconosciuta legata a un Leggendario, la Leggendaria del Caos e con la madre che la credeva morta... sempre se fosse sopravvissuta. Decise che non lo voleva sapere e che doveva dimenticare.
Invece, doveva concentrarsi su quello che era in quel momento. Ossia: una Guardiana che  deve ricongiungersi al suo Leggendario.
“Come avete intenzione di trovare il mio leggendario?” chiese infine.
Ayumi aveva un’espressione indecifrabile mentre le rispondeva.
“Il primo passo lo abbiamo già fatto: restringere il cerchio a una manciata di Leggendari. Poi dobbiamo passare al tuo carattere, e ad alcuni tratti somatici, come i capelli e gli occhi. E il comportamento. Ci stavo appunto pensando. Sei una ragazza solare, quindi escludiamo Yveltal, Darkrai, Mewtwo e Latios. Con Latias non hai nulla in comune, quindi è esclusa anche lei. Così come Celebi e Mew. Per quanto riguarda Meloetta, dovresti avere gli occhi che cambiano colore, o di due colori diversi, ma no, non è il tuo caso. Rimangono Jirachi e Cresselia.”
Di nuovo il silenzio le avvolse.
Fujiko assomigliava a quei due leggendari soprattutto per aspetto. Ayumi ormai, era convinta su Jirachi. Anche il fatto legato ai desideri della ragazza portava in quella direzione, anche se sulle prime l’albina aveva pensato a una sorta di divinazione. Ma, stando a quella supposizione, la bionda doveva aver già sviluppato i suoi poteri, anche se in modo parziale, fragile ed incompleto.
Inoltre, la ragazza bianca aveva mentalmente escluso Cresselia dalla sua lista personale per un dettaglio, secondo lei rilevante. La Leggendaria dei Sogni. Sembrava così eterea, così leggera così gentile e limpida. Pura come il suo potere. In verità, Cresselia era così, o lo era stata. Ora, un aggettivo in particolare saltava in testa a quelli che conoscevano di fatto Cresselia. “Isterica”. A livelli esasperanti.
Quindi, o quella parte era stata oppressa, grazie al cielo, oppure Fujiko aveva recitato bene.
Ayumi le scoccò uno sguardo indagatore, del tutto inconsapevole di quanto le sue eteree iridi lilla striate di celeste potessero risultare profonde. Infatti, l’altra ragazza iniziava a sentirsi a disagio, sotto lo sguardo dell’albina.
Quest’ultima spostò gli occhi solo quando Giratina riattaccò a parlare.
“Pensandoci, sarebbe più... ehm... ‘comodo’ che tu fossi la Guardiana del Sogno, anziché quella dei Desideri...” borbottò il drago oscuro, più a sé stessa che alle altre.
 “Perché?” chiese immediatamente Fujiko, la cui preoccupazione ed eccitazione stavano crescendo in egual misura.
“Perché Jirachi fa parte dei “Leggendari Fantasma”, ossia quelli che hanno fatto perdere ogni loro traccia. Non sappiamo dove siano, che cosa facciano e, specialmente, se abbiano o meno un Guardiano.” Spiegò Giratina.
“Splendido” borbottò allora la bionda. Ayumi si limitò a sospirare.
“Non perdiamo altro tempo” sentenziò Giratina dopo altri istanti di puro silenzio, il cui scopo era semplicemente quello di lasciar assimilare ed accettare le informazioni. “Partite adesso. Cresselia potrebbe aver trovato la sua Guardiana”.

Era ormai una mezzoretta buona che sorvolavano il mare, rigorosamente in silenzio. Fujiko teneva stretto nei pugni chiusi il morbido e formicolante piumaggio di Zapdos, che le avevano detto essere il fratello di Articuno, la quale in quel momento volava al suo fianco, Ayumi sul dorso.
Era palese che la ragazza bianca si trovava a proprio agio in volo con Articuno, sembravano muoversi assieme, sincronizzate. La ragazza non si teneva, era solo appoggiata, sembrava che lei stessa, da un momento all’altro, avrebbe potuto spiccare il volo leggiadra.
“Ehi, Fujiko...” disse quella ad un certo punto. L’interessata voltò il capo sorridente. “Ti andrebbe di vedere una cosa un po’... particolare?” chiese l’albina con uno strano sguardo. La cosa più vicina alla gioia e all’euforia che la bionda era riuscita a vedere. Fu per quello che acconsentì.
Come per mezzo di un tacito comando, i due pokémon volante rallentarono il volo. Ayumi staccò le mani dalle piume fredde anche se morbide di Articuno, restando in ginocchio sul suo dorso, ben eretta, il mento alto, gli occhi chiusi, i capelli lunghi al vento e le braccia tese quasi orizzontalmente. Articuno, invece, aveva arrestato il battito delle ali e aveva anch’essa abbassato le palpebre.
Poi, un luccichio. Dapprima fugace, impercettibile, poi sempre più esteso e luminoso, fino ad avvolgere interamente Leggendaria e Guardiana in una sorta di sfera interamente composta da una luce azzurra. Quando si dissolse, la bionda si ritrovò ad osservare una delle cose più strane che lei avesse mai visto. Ayumi stava perfettamente dritta a pochi centimetri dal pelo dell’acqua, perfettamente piatta. Assomigliava alla sua Forma Guardiana, gli stessi capelli sfumati di celeste intenso e mossi dalla inesistente brezza, gli stessi occhi rossi. Ma ora, dalla fronte, le partivano le tre piume a forma di rombo che Articuno aveva sopra gli occhi. Le ciglia erano più lunghe e sfumate come i capelli. Il vestitino era stato sostituito da una maglia molto morbida celeste e da un leggings di un azzurro talmente pallido da sembrare bianco. Aveva i piedi scalzi e le unghie smaltate di celeste. La pelle aveva dei riflessi azzurri, come se si trovassero circondati da ghiaccio. E poi, a coronare il tutto, due grandi ali celesti che battevano lente e morbidamente, partendo dalle scapole lasciate scoperte dalla maglia.
Fujiko capì che non si trovava davanti ad Ayumi, ma ad Ayumi ed Articuno, fuse assieme in un’unica entità.
Erano stranissime, ma allo stesso tempo meravigliose, circondate da una calma e da un silenzio apparente, creati da chissà quale magia. Quella strana versione di entrambe sorrise, dolcemente e in modo misterioso.
Così la bionda si accorse di avere la bocca spalancata. La richiuse, non del tutto consapevole della sua faccia da Magikarp Lesso.
“Questa è chiamata Unione. E’ possibile effettuarla solo quando si hanno due aure in perfetta sincronia tra loro. Tutti i Leggendari e i Guardiani riescono ad effettuarla. Praticamente, è la nostra versione più potente” dissero loro. La voce era simile a quella di Ayumi, ma più profonda e calda.
Fujiko annuì lentamente, come rapita, e Zapdos le diede una piccola scossa elettrica per destarla, ridacchiando.
“Svegliati.” Le disse semplicemente. “E tieniti, ripartiamo” aggiunse subito dopo. La bionda tornò ad afferrare le piume gialle del Leggendario elettrico, per poi ripartire a tutta velocità.

_Isola Lunapiena_

In quelle due isole c’era qualcosa che non andava. Avrebbero dovuto trovarsi di fronte a due piccole isole vicine tra loro, gemelle speculari, una rigogliosa e l’altra spoglia, una con un laghetto a luna piena e l’altro a falce di luna.
Invece, davanti a loro lo scenario non poteva essere più diverso.
A destra, ipoteticamente, avrebbero dovuto scorgere l’isola del Leggendario Darkrai, l’isola Lunanuova. Invece si vedeva solo una zona di notte perenne, dove il mare pareva inquinato e l’aria avvelenata, un buco nero senza vita.
Sulla sinistra, invece, l’esatto opposto. Una barriera dalla base circolare, che formava un cono sopra e arrivava fin sotto il pelo dell’acqua. Quello scudo era fatto di pura energia, apparentemente luminosa. La potenza di tali barriere era talmente potente da opporre resistenza al loro volo, sollevando, tra l’altro, onde alte e un vento impetuoso.
Ayumi e Articuno stavano urlando qualcosa, e Zapdos si dovette avvicinare per capire che cosa stavano tentando di comunicare.
“Siamo in mezzo a due energie contrastanti e in perenne lotta tra loro! Da qui non possiamo avvicinarci oltre, o ci si spezzeranno le ali! Dobbiamo allontanarci dall’Isola Lunanuova!” riuscirono finalmente a distinguere. Zapdos annuì e seguì la Guardiana per allontanarsi dal grande buco nero.
Se avvicinarsi era stato difficile, allontanarsi era anche peggio. Non per la fatica, ma per il controllo. Ogni tanto rischiavano di essere sbalzati in acqua o ribaltati a testa in giù. Ed erano ancora parecchio lontani. E soprattutto, non erano più nel centro, nell’unione di quelle due potentissime forze psichiche, così diverse tra loro da risultare disastrose l’una per l’altra, ma non solo.
Fujiko aveva il cuore in gola. Era consapevole di essere una Guardiana da ventiquattro ore e ne erano già successe di tutti i colori. Aveva visto cose inimmaginabili. Poteri incredibili. E lei stessa poteva essere la fonte di quel potere... no lei ne era parte. E tutto questo la spaventava.
Zapdos parve avvertire la sua tensione, ma non disse nulla. Anche perché ormai erano vicini, e la bionda non avrebbe sentito una singola parola.
Da quella postazione si sentivano le onde d’energia emanate dalla barriera di Cresselia. La ragazza, da sopra Zapdos, si rese conto di essere stanca tutto d’un tratto. Sbadigliava in continuazione e faticava a tenere gli occhi aperti. Il sonno era tentatore e molto convincente, e Fujiko si lasciò cadere in quell’abbraccio scuro, caldo e accogliente, incurante delle conseguenze.

_Isola Ferrosa_

Si svegliò di soprassalto, confusa.
“Ah, meno male, ti sei svegliata.” La voce di Ayumi la raggiunse.
Lei e Articuno erano ancora in fase di Unione, i capelli spettinati e un leggero affanno. Dovevano essere appena atterrati. La bionda si rese conto solo in quell’istante di essere bagnata fradicia e di non conoscere il posto dove si trovavano.
“Che è successo?” chiese confusa.
“Beh... a quanto pare non sei la Guardiana dei Sogni. La barriera ci ha respinto. E gli esseri umani sono più fragili. Quella barriera emetteva delle onde che provocavano assopimento, che ti metteva K.O. in breve tempo. Ti sei addormentata prima che potessi accorgermene e sei caduta in mare, anche se ti ho ripescata subito.” Spiegò Zapdos, un po’ imbarazzato. “Mi dispiace.”
Fujiko era un po’ scossa, ma sorrise ugualmente. “Tranquillo... se mai devo scusarmi io... non sono riuscita ad opporre nemmeno un po’ di resistenza...” disse mesta.
Ayumi scosse la testa. “Non fartelo pesare. Anche noi ci stavamo appisolando. Abbiamo resistito solo perché siamo collegate, e perché Zapdos è un leggendario.” Spiegò.
La bionda annuì, mentre le due si separavano. Ayumi sospirò, sedendosi accanto all’altra.
“Ora abbiamo un altro problema... non abbiamo idea di dove sia Jirachi. Vedi, lui è capace di dormire per mille anni filati senza mai svegliarsi, isolandosi in un minuscolo spazio parallelo al nostro, diventando così irrintracciabile. Per questo lui e quelli che si comportano in ugual modo vengono chiamati Leggendari “Fantasma”. E’ come se fossero spariti dalla faccia della terra.” Disse l’albina guardando lontano.
Fujiko girò la testa per guardarla. “Qualche idea?” chiese con voce appena sconsolata.
La ragazza bianca si alzò. “Una sola.” Rispose, mentre aiutava anche la bionda ad issarsi in piedi. “Forina, la grotta di Jirachi”.

“Ora non possiamo fare altro che continuare. Ormai Fujiko c’è dentro fino al collo. Ma perché deve andare così? Perché esiste questa battaglia? Perché siamo noi a dover combattere? Ormai non ha senso piangersi addosso. Ma io devo proteggere i Guardiani. Non voglio che persone come Fujiko perdano il loro sorriso. Non posso permetterlo”


Angolino nascosto nel buio.
Sono terribilmente dispiaciuta per l’enorme ritardo, ma i campeggi non perdonano e questo capitolo mi ha fatto leggermente dannare.
Se se... leggermente...
Spero almeno che sia venuto bene.
Forina è la grotta dell’anime Pokémon, quella del film di Jirachi.
Comincerò subito a scrivere AA. Ma ora, un annuncio!
Aura è nel Soulwriters Team!
A breve (Il 27 agosto) uscirà la mia (prima) one shot, “Frammenti”. Tutte le raccolte di one shot che si chiamano così, pubblicate tutte nel mese di agosto, appartengono ai componenti del Team. Andate a leggerle, forza!
Beh, i dettagli usciranno con la one shot.
Bene ragazzi! Lasciate una recensione, spero che il capitolo vi piaccia, ringrazio tutti quelli che hanno inserito la mia storia tra le preferite e seguite e che la recensisce!
A presto!
Aura_

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Esprimi un desiderio! ***


Capitolo 5 - Esprimi un desiderio!


Forina si trovava nella parte centrale di Hoenn. Era un tragitto un tantino lungo, ma i due pokémon sui quali le ragazze viaggiavano erano più veloci delle normali creature volanti. Erano anche più resistenti. Così il viaggio fu molto meno lungo del normale.
In ogni caso, ci misero un giorno ad arrivare.
La notte precedente l’avevano passata in un boschetto vicino a Canalipoli. Fujiko, per l’agitazione, non era riuscita a dormire, rigirandosi di continuo sull’erba soffice che ricopriva il terreno. Aveva provato a cercare la stella polare pur non sapendo riconoscere il grande carro, né tantomeno il piccolo.
Allora aveva provato a contare gli astri, fermandosi alla prima centinaia pensando a quanto fosse stupido il suo passatempo. Non era possibile contare le stelle, se ne aggiungevano sempre di nuove.
Allora chiuse gli occhi e tentò di udire anche il più piccolo suono. Scoprì con sorpresa che la foresta pullulava di movimento anche a quell’ora. Non era possibile saperlo senza fare attenzione. Sentiva cantilenare gli Hoothoot dai rami più lontani, il ringhiare sommesso di alcuni Houndour, persino il richiamo di una Luxray per i suoi cuccioli.
“E’... meraviglioso” bisbigliò incantata.
“Sì... hai ragione”.
Fujiko voltò la testa, sorpresa. Non si era accorta di Articuno.
“Scusa... ti ho svegliato?” chiese, un po’ intimorita dai profondi occhi rossi della glaciale Leggendaria. Quella scosse la testa.
“Tranquilla. Non sono sveglia per causa tua.” disse mesta.
La bionda si mise seduta e capì a cosa si riferiva la Leggendaria. Ayumi dormiva rannicchiata, ma non era per nulla serena. Tremava e piangeva, le palpebre chiuse con forza sopra gli occhi lilla.  Però era in silenzio, non singhiozzava, né gemeva. Semplicemente, piangeva.
“Che cos’ha?” chiese Fujiko, un po’ preoccupata.
“Sta rivivendo il suo passato” sospirò Articuno. “Mi ha accennato di averti già detto che ha visto la madre morire... beh, tutte le notti rivive quell’incubo. E’ sempre così.”
Alzò il capo piumato verso il cielo. “Mary, sua madre, era una donna dolcissima, e anche parecchio giovane. Era uno dei pochi casi in cui l’anima di un Leggendario si incarna in un adulto, che ha già sviluppato una personalità definita. E’ stata una sorpresa scoprire che la figlia stessa era una guardiana. Lei, docile, si è separata dalla sua famiglia, portando con sé Ayumi.
“Quando Mary morì, stava difendendo la sua bambina di sette anni, il suo lavoro di madre. Una cosa fino ad allora inconcepibile per noi. Trovammo Ayumi acquattata tra i cespugli, gli occhi sgranati, ma non piangeva. Le chiedemmo dov’era Mary, e lei ci rispose che era sparita avvolta da una grande luce. E aveva pianto. Da allora, ha smesso di essere la ragazzina gioiosa che era, ed è diventata sempre più atona.
“Lugia non si è mai perdonato di aver causato la morte di una persona, della sua Guardiana. Non l’ho mai visto così a terra. E’ sempre stato uno tra i leggendari più dolci, combatte quando deve, ma preferisce la pace. Inoltre, coma la maggior parte dei tipi Psico, è dotato di una grande sensibilità. Non riusciva a capacitarsi di aver provocato una morte. E non ce la fa tutt’ora.
“Per quanto mi riguarda, anche io mi sono ampiamente pentita di aver incanalato parte della mia anima in Ayumi. Solo poi io ed altri abbiamo capito che il mondo degli Umani e quello dei Leggendari erano ormai troppo lontani tra loro. E questa mancanza di... empatia da parte nostra ha portato a troppi errori. La morte di Mary, probabilmente, è il peggiore fra di essi. Ma poi c’è anche Ayumi. L’abbiamo rovinata. E io mi sento terribilmente in colpa per questo. Vegliarla durante i suoi incubi, è il minimo che io possa fare. Vorrei non essere stata così egoista, di non aver pensato solo alla mia vita.”
Articuno ammutolì, lo sguardo di nuovo basso, verso la sua Guardiana. Fujiko rimase il silenzio. Non era facile trovare una possibile risposta al pentimento della Leggendaria.
“Sai... io penso che Ayumi non si arrabbiata o rancorosa nei tuoi confronti... o in quelli di Lugia. Anche se la conosco da poco, non mi sembra il tipo di persona che scarica il suo malumore sugli altri.” Disse infine, sorridendo.
Articuno la guardò stranita, poi si rilassò e piegò leggermente il capo. Un semplice gesto che esprimeva gratitudine e fiducia.
Fujiko si ristese, pensando che da quel momento in poi sarebbe stata più vicina ad Ayumi. Poi, chiuse dolcemente gli occhi, più tranquilli della sua compagna di viaggio.
Articuno attese che Fujiko si addormentasse.
“Ho fatto male a parlargliene?” chiese all’albina che si era spostata in una più consona posizione più eretta, seduta a gambe incrociate. Come Fujiko poco prima, guardava il cielo, riconoscendo le costellazioni che la bionda aveva sfiorato con lo sguardo in precedenza.
“No... non direi... non lo so.” Disse la ragazza in un sospiro delicato. “Ma mi fido del tuo giudizio. E voglio fidarmi di Fujiko” disse poi, più convinta.
Articuno annuì. Che Ayumi si avvicinasse dopo così tanto tempo ad un altro essere umano, era una cosa buona.
“Mi ha osservato anche questa notte... “ sussurrò Ayumi dopo qualche istante di silenzio. “Ti ringrazio... ora riposa anche tu.”
E Articuno aveva obbedito, accomodando la testa sotto l’ala e lasciando la ragazza bianca a contemplare il cielo, persa nei suoi pensieri.
 
_Forina_
 
“Ehi, bella addormentata! Torna tra di noi!”
Zapdos richiamò Fujiko all’attenzione, mentre ripensava al discorso che lei ed Articuno avevano avuto la sera precedente.
La bionda si riscosse e diede uno sguardo al paesaggio che si era persa fino a quel momento.
Ampie spaccature nel terreno creavano una sorta di canyon, ma decisamente più fertile. Erba e alberi crescevano tutt’intorno, rendendo l’aria pulita e profumata, per via dei fiori. Diverse specie di pokémon girovagavano o fluttuavano pigramente in quello spazio incontaminato.
“Dobbiamo scendere di quota. Se voliamo troppo alto rischiamo di allarmare i pokemon della zona. Meglio non agitarli troppo” disse Articuno.
Così iniziarono a volare senza fretta, rallentando e planando in modo rassicurante.
Gli occhi verdi di Fujiko guizzavano da una parte all’altra, meravigliata.
Gruppi di Metapod e di Kakuna se ne stavano aggrappati agli alberi, in attesa dell’evoluzione che avrebbe permesso loro di librarsi nel cielo.
Piccoli Teddiursa di rincorrevano nei prati sotto lo sguardo vigile e serio di un paio di Ursaring.
Minuscoli Ledyba risalivano la corteccia degli alberi, mentre i Ledian, più altezzosi, svolazzavano soavemente.
Dei Vibrava passarono ronzando attorno a loro, e la bionda notò lo sguardo sospettoso di un enorme Flygon scrutare il loro gruppo con incertezza e diffidenza. Era strano che quei pokemon si trovassero lì, ma la Guardiana non ne fece un gran problema.
“Guarda!” fece Ayumi indicando una rupe più alta e meno rigogliosa delle altre.“La grotta è là!”
La bionda diresse lo sguardo nella direzione indicata dall’albina. La rupe era piuttosto ripida, e tutt’intorno lo spazio era maggiore, un anello d’erba e alberi.
Facendoci caso, si capiva che quella guglia era il fulcro di Forina. La grotta era un’apertura a circa una ventina di metri dal suolo. Per colpa delle molteplici ombre che si creavano per il contatto dei raggi di sole con le rocce frastagliate della rupe, l’entrata della caverna era nascosta.
I due Leggendari si posarono nell’anello di prato, per permettere alle ragazze di sgranchirsi le gambe.
“Ahi ahi, che crampi...” si lamentò Fujiko, provando a fare qualche passo, che le diede l’aria di una paralitica.
Ayumi, dal canto suo, si era semplicemente piegata a sfiorare terra con la punta delle dita, le gambe tese. Dopo si appoggiò ad un albero ornato da meravigliosi fiori d’un giallo pallido, mentre la bionda riprendeva coscienza delle proprie gambe.
“Ehm... allora... ci sono buone probabilità che Jirachi sia qui, ma non qui.” Disse Zapdos.
E la risposta di Fujiko arrivò immediata. “Eh?” chiese, difatti.
Ayumi, sospirando, si accinse a spiegare, mentre Articuno infieriva divertita: “Sei una frana, Zapdos”.
“I tipi Psico, ma non solo, sono capaci di creare dimensioni parallele alla nostra, rendendo così particolarmente difficile da trovare la loro ubicazione. Jirachi non fa eccezione, si crea un minuscolo spazio parallelo al nostro mondo, e ci si nasconde, addormentandosi. Inoltre, è possibile che lo spazio coincida con una roccia, o una stalattite. E ancora, probabilmente solo tu potrai tentare a risvegliare Jirachi dal suo sonno millenario.” Stava dicendo intanto l’albina.
“Oddio... ma io non so praticamente niente! Come faccio a...!” iniziò la bionda, interrotta subito dall’altra ragazza.
“Non dire stupidaggini! Nessuno ce la può fare, tranne te! Ricordati che parte dell’anima di Jirachi è custodita dentro il tuo spirito.” La sgridò Ayumi e Fujiko annuì mesta.
“E quindi... chi meglio di te può farcela?” chiese allora l’albina con dolcezza. La bionda la osservò non sapendo che dire, per poi sorridere.
“Ho capito. Ce la farò.” Disse, con maggiore convinzione.
“Bene. Il maggiore problema è stato risolto. Ora ne abbiamo un altro.” Disse Zapdos, guadagnandosi un’occhiata interrogativa da Fujiko.
“Beh... l’entrata della grotta è abbastanza stretta, e non possiamo sbattere le ali per ragioni di spazio. E non c’è sufficiente area libera perché noi possiamo prendere sufficiente rincorsa per fiondarci dentro.” Illustrò Articuno. “Quindi, ci resta una cosa sola da fare.”
E prima che Fujiko riuscisse a dire “Baf” si trovò nuovamente inglobata nel teletrasporto di Ayumi e Articuno.
E, inevitabilmente, finì per terra ruzzolando una volta arrivate.
“Ahia” borbottò. “Almeno il legno della torre campana era meno duro della pietra, anche se c’erano le schegge”.
Si rialzò immersa nella penombra del luogo, guardandosi finalmente attorno.
La grotta era abbastanza spaziosa, e aveva una forma quasi del tutto circolare. La luce del sole non penetrava, dato che non c’erano aperture. La luce era data da alcuni cristalli che spuntavano dal terreno qua e là. Quei cristalli, come spiegò Ayumi alla bionda, erano piuttosto lunghi e, passando dal sottosuolo, arrivavano all’esterno, catturando la luce solare e trasmettendola all’interno, facendole cambiare colore a seconda del cristallo. C’erano anche alcune stalattiti e stalagmiti, e, naturalmente, diverse rocce sparse qua e là.
Però la grotta era tristemente vuota, priva di vita. Non un respiro, non un suono. Niente.
“Ma non c’è... nessuno...” mormorò distrattamente Fujiko, continuando a guardarsi attorno.
“Non guardare.” Disse Ayumi. La bionda non capiva. “Non devi affidarti solo alla vista. Prova a chiudere gli occhi. Qui c’è qualcosa” si spiegò l’altra.
La Guardiana dei Desideri eseguì, abbassando le palpebre. All’inizio non percepì nulla, poi iniziò a sentire freddo.
Non era un freddo crudele, come quelli da inverni rigidi, ma un gelo piacevole, che ti carezzava la pelle provocando dei piccoli brividi. Una brezza, per dirla semplice.
Anzi, due. Due venti leggeri. Ma se una di quelle due ariette, proveniente dalle sue spalle, era fresca; l’altra, vagante per la stanza con fonte in un punto imprecisato di essa, era praticamente impercettibile e più tiepida.
“Lo senti?” chiese Ayumi alla sua sinistra.
“Lo sento sì” rispose Fujiko stupita.
Poi un boato ruppe la magia che si era formata, mentre la terra vibrava e le rocce si sgretolavano.
“Che succede?” sbottò Zapdos, guardandosi attorno allarmato.
“Niente di buono, poco, ma sicuro.” fu la risposta di Articuno. La Leggendaria si voltò verso la ragazza bionda, visibilmente preoccupata. “Ascoltami, Fujiko. Potrebbero averci trovato, quindi dobbiamo sbrigarci. Devi trovare l’entrata della dimensione dove Jirachi riposa e superare le sue difese. Noi ti daremo tempo.” Disse frettolosamente.
“Andiamo” fece Zapdos, scomparendo dalla loro vista circondato da un fulmine che si proiettò all’esterno. Il suo teletrasporto.
Ayumi fissò l’altra Guardiana per qualche istante.
“Buona fortuna” mormorò. Poi si unì alla sua Leggendaria e scattò di corsa fuori dalla grotta di Jirachi, lasciando la Guardiana di quest’ultimo da sola con i suoi dubbi e le sue paure.
 
“Che sta succedendo?” sbottò nuovamente Zapdos una volta che le due lo ebbero raggiunto. La Guardiana alzò lo sguardo al cielo che odorava di fumo.
“Cacciatori” rispose. “Non è un caso raro... qui si trovano molteplici specie di pokémon.”
In effetti alcuni umani stavano spuntando da diversi anfratti delle rocce, prendendo i pokemon alla sprovvista e catturandoli. Persino lo stesso Flygon che avevano visto all’andata stava lottando contro delle funi che rischiavano di soffocarlo e gli lesionavano gli arti.
Improvvisamente una lama fatta di ghiaccio tagliò quelle corde come se fossero state fatte di burro messo ad ammorbidire sotto il sole.
I cacciatori si girarono verso il punto dalla quele proveniva la lama gelata, incappando negli occhi rossi dell’albina, che aveva sciolto il legame con Articuno e aveva assunto la forma Guardiana.
“Quello che fate è sbagliato. Andate via” disse lentamente con voce atona. Nel frattempo scrutava ogni singolo anfratto mantenendo ampio il campo visivo. Contò una quindicina di cacciatori, ma probabilmente era solo la prima squadra di... alcune.
Stupito dalla pacatezza lievemente minacciosa dell’albina, un cacciatore si mise a ridere.
“Ahahaha! Davvero spiritosa. Chi ti credi di essere, ragazzina? Però... penso che potresti farci guadagnare qualcosa con il tuo bel faccino... ma non preoccuparti per quei due pokemon: ce ne occuperemo noi! A proposito... dove l’hai lasciato il terz...”
Il sorriso strafottente si affievolì sulle labbra dell’uomo, mentre osservava il lungo spuntone di ghiaccio conficcato nel suo stomaco. Sputò un fiotto di sangue.
“Pren..detela...” sibilò prima di accasciarsi a terra.
I suoi colleghi iniziarono a sbraitare insulti e a caricare o sfoderare le varie armi che avevano appresso.
Anche Zapdos si caricò di fulmini, mentre Articuno evocò un vento gelido talmente forte da rispedire ai mittenti la prima raffica di dardi.
Ayumi sentì la pokeball di Vaporeon vibrare, pronta a combattere, ma lei ci posò una mano sopra.
“Non tu, piccolina” sussurrò, per poi lanciarsi all’indietro in una capriola per evitare un coltello da lancio. Quando si rialzò, stringeva in entrambe le mani due lunghe, ma sottili spade di ghiaccio, pronta per affrontare gli avversari, ma con il cuore in gola; il cadavere del cacciatore ai suoi piedi parlava chiaro su quello che Ayumi era diventata.
‘Sono un’assassina. Ma giuro su me stessa che sarò la sola, nel gruppo dei Guardiani’ pensò l’albina, incrociando le due lame per evocare uno scudo trasparente davanti a sé, per poi lanciarlo contro i suoi assalitori.
Altri di essi combattevano ancora, aumentati di numero perché raggiunti dai colleghi delle altre squadre. Ciononostante, molti erano abbandonati al suolo, fulminati da Zapdos, trapassati dalle spade di Ayumi o congelati e poi ridotti in pezzi da Articuno.
Persino alcuni pokemon combattevano al limite del possibile. Fligon rendeva il terreno instabile e frastagliato con terremoto e un’Absol, comparsa chissà quando e da dove, riusciva a combattere usando la lama che le ornava il capo contro  le spade d’acciaio dei bracconieri.
I pokémon avevano capito chi era il nemico, e quello riuscì a sciogliere un po’ dell’amarezza che era penetrata nel cuore di Ayumi.
La ragazza sentì una fitta improvvisa sulla spalla sinistra. Si lanciò sulla destra rotolando sulla scapola per evitare i colpi successivi. Un coltello da lancio.
La ragazza bianca sospirò.
‘Lo faccio per loro. Lo faccio solo per i pokémon.’ Sussurrò  a sé stessa, prima di affrontare nuovamente a viso aperto la battaglia.
 
Trovare l’entrata... Articuno la faceva facile. Anche identificando la forma di energia che Fujiko era riuscita a scovare prima, il compito non era facile. Per nulla.
Si sentiva circondata da quella... brezza, ma non riusciva a concepirne l’ubicazione. A quanto sembrava, i cristalli trasmettevano qualunque energia venisse a contatto con loro.
La ragazza procedette a tentoni, spostandosi di poco verso destra, per poi cambiare direzione, verso sinistra. Ma la situazione rimaneva invariata.
La bionda sospirò e riprese a camminare lentamente in circolo, cambiando talvolta direzione o spostandosi avanti o indietro.
‘Niente di nient...’ pensò la bionda, prima di sentire un sommesso ringhiare. Sulle prime sentì una lieve sensazione di trionfo montarle dentro.
Poi capì che il ringhio proveniva da dietro la sua schiena.
Ruotò lentamente su sé stessa e aprì gli occhi, perdendo immediatamente le tracce della dimensione di Jirachi.
Si ritrovò al ad osservare gli occhi cremisi di un’Absol. L’elegante pokémon la scrutava dentro, facendo sentire Fujiko scoperta.
Infine, però, il pokémon strusciò la testa una o due folte contro la coscia della ragazza, per poi superarla e chiudere gli occhi, perfettamente immobile, il corno in alto ben alzato sopra la sua testa, come se stesse cercando di ascoltare o captare qualcosa.
La bionda era stupita.
‘Mi sta... aiutando?’ pensò, stupita.
Dopo qualche istante, l’Absol corse verso uno dei cristalli e lo puntò, mugugnandogli contro. E, siccome la ragazza non si scollava dal suo posto, il pokémon fissò il suo sguardo cremisi negli occhi verdi della ragazza, ed ululò.
‘Quindi... è qui?’ chiese titubante la Guardiana, non del tutto sicura se il pokemon la capisse o meno. Ma quella fece un cenno d’assenso e si posizionò di fronte alla gemma. Fissando intensamente il cristallo, caricò la sua lama scura che aveva sulla fronte con una strana energia violetta che poi scaricò nel quarzo. A sua volta, quello liberò una nebbia rossastra, magenta, che ruotò in circolo fino a formare...
“Un portale” sussurrò Fujiko. Ma Absol era già corsa via, lasciandola alla sua prova.
La bionda sfiorò quella... cosa. Era tiepida, forse un po’ umida, e odorava di una fragranza che la rilassava e le distendeva i nervi. Fujiko immerse prima entrambe le mani, poi vi tuffò anche il viso, seguito da tutto il corpo.
Iniziò a cadere dolcemente, cullata dalla nebbia, inspirando il suo profumo così stravagante, ma allo stesso tempo familiare.
Sentiva una sensazione di assopimento, ma non tanto da dormire. Come quando sei sdraiato sul pelo dell’acqua. Chiudi gli occhi e ti rilassi, ma se ti addormenti è finita. In qualche modo, la ragazza sapeva che non avrebbe dovuto addormentarsi.
Con un po’ di fatica, rialzò le palpebre.
“Sei sveglia?” chiese una vocina. Era una voce giovane, probabilmente maschile, infantile, ma al contempo possedente una sorta di saggezza.
“S-sì...” rispose Fujiko al nulla.
Silenzio. Solo la nebbia rossa, silenziosa, vorticante.
“Sei sveglia?” chiese di nuovo la voce fanciullesca.
“Non potrei risponderti se non lo fossi.” Replicò Fujiko.
Ancora silenzio.
“Non ho chiesto se sei cosciente. Ho chiesto: sei sveglia?” ripeté una terza volta la voce, paziente, e divertita, forse.
E allora la Guardiana ci pensò. Forse la nebbia l’aveva intrappolata in un sogno.
“Non lo so. Probabilmente no.” Disse infine.
“Ma sei cosciente” disse nuovamente la voce, che appariva sempre più vicina, e forte.
“Sì.” Disse, questa volta sicura, Fujiko. Poi aspettò per qualche lungo istante un’altra domanda, in silenzio.
Una domanda che non venne.
Così la ragazza prese in mano la situazione.
“Abbiamo bisogno di te”.
Silenzio. La nebbia rossa vorticava.
Più vicino.
Sempre più vicino.
Inesorabilmente.
“Esprimi un desiderio!” esclamò la voce.
E Fujiko lo espresse, le ginocchia sollevate verso il petto, i capelli biondi svolazzanti, le mani congiunte davanti al volto e le palpebre abbassate a celare gelosamente le gemme verdi che la ragazza teneva incastonate nelle sue iridi.
Un desiderio che celava una richiesta.
Una risposta.
 
Tornarono nella grotta in un lampo... nel vero senso della parola. A parte il taglio piuttosto superficiale di Ayumi, avevano riportato solo qualche graffietto, tutti e tre. In loro compagnia c’erano Fligon e Absol, che erano praticamente delle guardie di Jirachi, uno che difendeva e l’altra che custodiva il portale.
Ayumi raggiunse immediatamente Fujiko.
La ragazza bionda era in levitazione a mezzo metro buono da terra, in una sorta di trance, circondata da quella che sembrava una nebbia onirica rosso magenta.
Ma Jirachi non c’era.
“Sta ancora svolgendo la prova, probabilmente. A Jirachi piace giocare” borbottò Articuno, ripiegando le ali e iniziando a pulirsi le piume.
Ayumi annuì, ma continuò a fissare quella nebbia che avvolgeva la sua compagna, sostenendola, ma imprigionandola.
‘Non abbiamo tempo per i giochi, Jirachi!’ pensò Ayumi.
E così la nebbia si diradò, sotto lo sguardo stupefatto dell’albina, lasciando il posto ad una strana luce gialla, che si raggruppò nelle braccia conserte di Fujiko.
La bionda si svegliò giusto in tempo per toccare terra, e sorrise.
‘Grazie, Jirachi’.
 
“Ora sono veramente come Ayumi. Ora non sono più un peso. Ora non sei più da sola... quindi, conta pure su di me!”
 
Angolino nascosto nel nulla:

Salve. Ormai non so nemmeno io quando sono in ritardo e quando no.
Aura ha iniziato la scuola, eh già. Sto solo al secondo giorno e già sono distrutta. Morirò giovane.
Pace! (?)
Questo capitolo è più lungo degli altri, probabilmente è noioso con le pippe mentali di Articuno
Ayumi, il personaggio depresso! <3.
Ok, basta. Ci vediamo!
*Si fionda al centro color per comprare la matita*

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Il potere dentro di noi ***


Capitolo 6: il potere dentro di noi

_Forina_

Si trovavano ancora dentro la grotta, in silenzio dopo i racconti di ambedue le parti.
Jirachi dormiva ancora, sereno e, forse, inconsapevole dello spargimento di sangue esterno, provocato dai due leggendari e dalla Guardiana di uno di questi.
Ayumi stava invece riflettendo sul desiderio di Fujiko. Quale poteva mai essere? E perché Jirachi non si svegliava?
Ma, soprattutto, l’albina temeva le conseguenze di quel giorno. Oramai la ragazza di Amarantopoli si era riunita al suo Leggendario, ed era diventata a tutti gli effetti la Guardiana dei Desideri. Quindi era stata automaticamente ammessa nel Paradiso Parallelo.
Dove c’era Arceus.
Ayumi si rese conto solo in quell’istante di non voler tornare davanti allo sguardo accusatore del leggendario. Ma dopotutto, che poteva fare?
Alzò lo sguardo su Articuno, la quale aveva appena finito di... “dialogare” con i due Pokémon custodi della zona, Flygon e Absol. Probabilmente si stava facendo raccontare cosa era successo nel corso degli anni di assenza dalla dimensione Primeva da parte del Pokémon dei Desideri.
La Guardiana di quest’ultimo lo stava ancora cullando, sotto lo sguardo attento di Zapdos. Possibile che non si fosse ancora destato?
“Ehm... penso di dovervi dire un paio di cose” disse Articuno d’un tratto, attenendo l’attenzione generale.
“A quanto pare Jirachi ha usato tutto il suo potere psichico per crearsi la sua barriera con rispettiva chiave. Dobbiamo portarlo immediatamente al Paradiso Parallelo.” Spiegò in fretta e furia la Leggendaria.
E un attimo dopo viaggiavano attraverso le dimensioni, risucchiati dal teletrasporto di Palkia.

_Paradiso Parallelo_

Fujiko si ritrovò nuovamente con la bocca aperta. Cosa che ormai accadeva spesso. I suoi piedi affondavano in una sorta di immenso prato formato unicamente da fiori enormi, così simili ai gigli, ma anche ai tulipani. I colori erano vari: bianco grigiastro, rosso brillante, rosso mattone, viola brillante, giallo ocra, bianco azzurrino, verde smeraldo, marrone terra, viola scuro, grigio metallo, blu elettrico, giallo accecante, verde prato, azzurro chiaro, rosa deciso, blu violaceo, nero e rosellino pallido. Insomma, dei colori assurdi, mai visti.
Il cielo era terso, perfettamente uniforme nel suo celeste. C’era molta luce, ma non il sole. Si avvertiva una leggera brezza, ma era più un’energia che un vento.
Non faceva né freddo né caldo, si stava bene, semplicemente.
Non c’era nessuno. Solo l’enorme prato. E loro. Lo sguardo di Fujiko si abbassò, andando a sfiorare le sue braccia conserte. Jirachi dormiva ancora.
La ragazza fece per domandare, quando una musica si diffuse tutt’intorno. Proveniva da un punto imprecisato, vibrava nella terra, si ampliava nel cielo, ronzava attraverso i fusti e i petali di quei fiori così strani, ma così belli.
La ragazza dagli occhi verdi aprì la bocca e si volse verso Ayumi, con una domanda già pronta sulla lingua, domanda le morì in gola.
La Guardiana bianca era la fonte di quella melodia. O meglio: l’ocarina che teneva tra le mani e nella quale l’albina stava soffiando dentro, tappando o liberando i diversi fori sulla superficie irregolare dello strumento.
La melodia si diffondeva nell’aria come se fosse l’aria stessa a produrre il suono.
Fujiko, oramai stregata dal suono dell’ocarina, si destò sentendo qualcosa di leggero posarsi sul suo gomito sinistro.
Era un petalo di quei fiori, uno di quelli grigio scuro. Se ne posò un altro subito accanto, esibendo il rosa più deciso. La ragazza ebbe appena il tempo di guardarli che quelli esplosero in un mucchio di scintille del medesimo colore del petalo alle quali appartenevano.
Lo sguardo verde della ragazza accompagnò quelle piccole forme di energia fino al corpicino di Jirachi, che le assorbì.
Poi, piano piano, quello aprì gli occhietti azzurri, ancora assonnati, ma curiosi, stupiti, infantili.
“Uh?” chiese leggermente, guardando fisso la ragazza che aveva di fronte, stupita quanto lui.
“Buongiorno, Jirachi” brontolò Articuno. Il piccolo Pokémon si liberò senza troppa difficoltà dalle braccia di Fujiko, mettendosi a fluttuare e guardandosi attorno.
“A..ticuno.. Aticuno!” esclamò, la voce impastata dal sonno.
“Articuno... con la ‘r’” precisò l’altra, con tono leggero.
Nel frattempo, la neo Guardiana si era avvicinata alla veterana per chiedere qualche spiegazione.
“Beh... questa ocarina è chiamata Flauto Cielo, e risale a tempi antichissimi. E’ la chiave per accedere a un portale e veniva usata in passato per chiedere udienza, mi pare. Quando i Pokémon Leggendari vivevano ancora tra la gente in armonia. Un sacco di tempo, quindi.” Iniziò l’albina.
“Aspetta... perché si chiama ‘Flauto’ se è un’ocarina?” chiese l’altra.
“Secondo te i Leggendari ne sanno qualcosa?” rispose la Guardiana veterana, facendo ridere la sua collega più inesperta.
“Dicevo... questo è il Paradiso Parallelo, la dimensione di Arceus. Qui il tempo è praticamente immobile, e lo spazio si rinnova. Comanda l’aura e la forza vitale di ognuno di noi qua dentro. Praticamente ci passeremo la maggior parte del tempo, per i nostri allenamenti.” Ricominciò a spiegare Ayumi, interrotta puntualmente dall’altra.
“Ti alleni anche tu? Ma come?” esclamò sorpresa.
“Beh, certo. Con la costanza si rimarcano i miglioramenti e se ne fanno degli altri.” Rispose la ragazza con gli occhi lilla, recitando la chicca come se le fosse stata ripetuta tante, tante volte.
“Passando ad altro… questi fiori raccolgono e contengono l’energia dell’universo. Sono energia allo stato puro. Si accumula e fiorisce, e in momento di bisogno, viene rilasciata. Esattamente come hai visto” continuò l’albina, indicando Jirachi che volteggiava gioioso nel cielo.
Fujiko annuì rapita, mentre osservava il proprio Leggendario con occhi sognanti e fantasiosi, per poi ridestarsi un attimo dopo.
“Ho ancora una domanda.” Disse semplicemente.
“Solo una?” ribatté con una nota sorpresa nella voce l’altra Guardiana. La ragazza coi capelli d’oro ridacchiò, e persino Ayumi aveva l’ombra fugace di un sorriso sul volto, mentre le faceva segno di continuare.
“Allora… tu hai detto che io sono la Guardiana dei Desideri… giusto?” chiese, ricevendo un segno affermativo come risposta. “Ecco… tu che Guardiana sei?” completò.
“Vendo chiamata la Guardiana dei Venti Gelidi” rispose l’albina.
“Wow...” fu il solo commento dell’altra.
Iniziarono ad avanzare in mezzo a quei fiori, che passavano da una fragranza all’altra, in base al colore. Proprio in base alla loro tonalità erano divisi in enormi spicchi irregolari. Loro si stavano dirigendo verso il fulcro.
Che era ‘più lontano del previsto’, come disse Articuno prima di issare Ayumi sul suo dorso e alzarsi in volo, seguita da Zapdos.
Fujiko non fece nemmeno in tempo a dire “Pokéball” che si ritrovò a fluttuare dritta come un paletto, sorretta  dalla forza psichica di Jirachi.
Iniziò a dare bracciate a caso, rischiando solo di precipitare, urlando “FATEMI SCENDEREEEE!!!” sotto gli sguardi che variavano dal preoccupato al divertito.
“Sai, i tipi Psico usano la mente, di solito. Prova magari funziona.” Sospirò in tono un po’ ironico la Guardiana di Articuno.
L’altra si immobilizzò a testa in giù, con la bocca aperta.
Poi, con lentezza immane si rimise dritta e iniziò a camminare, se così si può dire, verso la collega, per poi regalarle un sorriso smagliante.
“Potevi dirlo che era così facile!” trillò felice. Ayumi commentò con un altro sospiro.
Poi Articuno partì di gran carriera, lasciando esterrefatta la novellina che aveva appena imparato a stare dritta, figurarsi andare a quella velocità.
Fece un paio di metri, poi perse la contrazione e iniziò a rotolare nell’aria.
“Vuoi una mano?” chiese Jirachi, quando ebbe finito di ridere.
Dopo aver ricevuto un grugnito d’affermazione da parte della ragazza, il piccolo Leggendario la guidò in una posizione più aerodinamica, per poi iniziare a sfrecciare verso il cielo, cosa che strappò un piccolo urletto strozzato di sorpresa alla Guardiana.
Raggiunsero in fretta i due volatili che li avevano preceduti. Erano atterrati sotto a quella che sembrava una piattaforma di luce allo stato solido.
La Guardiana dei Venti Gelidi stava armeggiando con l’ocarina, le palpebre abbassate, le dita che tamburellavano velocemente sui fori.
Scoccò una veloce occhiata alla ragazza, che era ruzzolata a terra per l’ennesima volta. Aveva bisogno di lezioni d’atterraggio.
Scuotendo la lunga chioma bianca, prese fiato e iniziò a suonare una melodia diversa dalla precedente.
Iniziò ad avanzare lentamente, sempre suonando.
Poi posò il peso su un gradino appartenente ad una scala di luce, comparsa in quell’istante.
Una nota in più, un ulteriore gradino.
Fino a completare la scalinata.
Fujiko, che nel frattempo si era rialzata, osservava esterrefatta ciò che accadeva a pochi metri dal suo naso.
Ci pensò Articuno a risvegliarla.
“Ehi... la scala non scompare sotto i tuoi piedi. Coraggio” la spronò in tono gentile.
Fujiko annuì e deglutì, d’improvviso ansiosa e a disagio.
Mosse un passo esitante... prima che Jirachi la sollevasse nuovamente per poi spedirla in cima alla piattaforma e mollarla giù come un sacco di patate.
Ayumi la raggiunse in fretta, per assicurarsi che non si fosse rotta l’osso del collo.
Per fortuna la solare ragazza era intera, e farfugliava qualcosa di incomprensibile, tutta rossa.
La gelida Guardiana si chinò per capire meglio il balbettio confuso dell’altra.
“Che figura del cavolo...” riuscì a sentire.
E tanto per peggiorare la situazione, s’inserì anche Dialga, mettendosi a ridere senza ritegno, subito rimessa tra le righe da un’occhiataccia eloquente di  Giratina.
L’albina, che fino ad allora si era trattenuta, si diede una sonora manata sulla fronte.
Arceus diede un paio di colpetti di tosse, riducendo il ridicolo di quella situazione.
“Benvenuta, Guardiana dei Desideri. Mi auguro che non ci siano stati infortuni durante il tuo viaggio” esordì il Pokémon Primevo, con tono solenne, anche se... divertito.
Divertito.
Ayumi non poteva crederci. Aveva sempre giustificato il potente leggendario, seriamente convinta che lui odiasse profondamente tutti gli esseri umani, ai quali lei apparteneva, anche solo come corpo.
Invece eccolo, a parlare con leggerezza con una ragazza appena uscita da quel mondo, lo stesso che aveva partorito le ragioni del loro isolamento e della loro paura. Lui non la odiava, anzi, sembrava che apprezzasse la sua presenza, nonostante lei fosse molto umana.
Molto più dell’albina.
La Guardiana dei Venti Gelidi resistette all’impulso di dire un paio di parole velenose al suddetto Leggendario, ma strinse i denti e decise di sopportare.
Sopportare. Di nuovo. Ancora una volta. Quanto avrebbe potuto continuare?
“Oh, ehm... s-salve...?” buttò lì a caso un saluto la ragazza di Amarantopoli, che non stava ancora dietro agli eventi e si era accorta solo in quel momento di essere davanti a un colosso. “N-no, sto bene, tutto a posto... forse Ayumi ha bisogno di...” iniziò a dire la ragazza, ma fu interrotta dalla negazione di Arceus.
“No. Ayumi se la cava. C’è abituata” spiegò tranquillo, lanciando un’occhiata severa alla ragazza citata, che sostenne lo sguardo apparentemente impassibile.
Ma dentro stava bruciando.
‘Abituata? A questo e altro’ pensò con enfasi, fin troppa. Articuno percepiva il radicale cambiamento nell’aura della ragazza.
- Ayumi! Calmati. – le disse telepaticamente.
- Calmarmi? Proprio tu me lo chiedi? Guardalo! Perché solo io, Articuno? Che cos’ho che non va? – rispose bruscamente Ayumi, la rabbia che le inacidiva lo spirito.
- Lo so. Lo so. Ma arrabbiarsi peggiorerà solo la situazione. Ne parliamo dopo. Ora, per il bene tuo e di Fujiko, devi stare tranquilla – ribatté Articuno.
Ayumi emise un sospiro silenzioso.
“Bene. Credo che ti abbiano spiegato alcune cose su questa dimensione. Lo spazio lo si crea. Il tempo scorre più lento. Siamo isolati dal mondo. Questo è il posto dove ti allenerai.”
Fece una pausa, indeciso su come continuare. “Dovresti iniziare subito. Dialga, Giratina, sorvegliatele. Palkia e io continueremo a cercare altri Guardiani e a formulare una possibile spiegazione all’attacco in cui siete rimaste coinvolte” Le congedò il Leggendario Primevo.
Scesero nuovamente ( o per la prima volta, per quanto riguardava Fujiko) le scale di luce, per poi fermarsi  nuovamente nel prato di fiori.
Dietro di loro, la gradinata si dissolse, evaporando nell’aria. Per alcuni istanti regnò il silenzio.
“Beeeeeh... da dove iniziamo?” chiese Fujiko esitante.
“Dobbiamo risvegliare lo spirito assopito” borbottò in risposta Ayumi.
“Cioè dovrete effettuare la vostra prima Unione, perché l’anima estranea al vostro corpo si è come bloccata, non riconoscendovi come padroni di essa.” Dialga fissò Fujiko. “Capito?”
La bionda sorrise. “Non troppo. Ma ci si può provare”.
I due grandi Leggendari annuirono, mentre Jirachi si avvicinava alla propria Guardiana.
Quest’ultima allungò una mano per sfiorare il volto del piccolo Leggendario... ma si ritrasse di colpo. Una scarica di energia purissima le aveva attraversato il corpo, travolgendola con un’ondata di dolore.
“Ahia!” strillò, allontanandosi. La Guardiana di Articuno le fu subito accanto.
“E’ normale, la prima volta. Vi siete riconosciuti. Non era possibile evitarlo, ma non volevo spaventarti dicendotelo” spiegò, tranquilla, come se fosse una cosa normale.
E probabilmente lo era.
La ragazza di Amarantopoli mugugnò qualcosa, che doveva essere un ringraziamento ironico, mentre si issava nuovamente sulle gambe.
“Vedrai, ti verrà in modo naturale” la incoraggiò Articuno, ricevendo semplicemente un cenno affermativo come risposta.
Effettivamente a Fujiko bastò sfiorare con la sua fronte la punta di stella più alta sul capo di Jirachi. Poi venne circondata dalla luce.
“La Guardiana dei Desideri...” sussurrò Giratina, mentre la ragazza si osservava stupita.
Aveva una maglietta corta, fissata sotto il seno con un elastico, per poi sembrare molto più larga, dal taglio irregolare e ondulato e svolazzante. La tessa cosa si ripeteva sulle maniche corte e sulle braghette, anch’esse molto contenute.
Aveva due codini laterali fissati da due nastri azzurri dietro la nuca, un altro era fissato sopra la testa e due ciuffi biondi le ricadevano sopra le orecchie. Gli occhi erano azzurri e sul ventre, all’altezza dello stomaco spiccava un grande terzo occhio, chiuso. Dalla schiena, inoltre, partivano quelle specie di... ali gialle.
Finito di rimirarsi stupita, la bionda chiuse la bocca, per poi riaprirla per urlare. Difatti non si era minimamente accorta di aver iniziato a fluttuare incontrollata.
“FATEMI SCENDEREEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!” ululò disperata.
Ayumi dovette allora unirsi alla sua Leggendaria per poi spiccare il volo con leggerezza, raggiungendo rapidamente l’altra Guardiana, che tranquilla non lo era neanche un po’.
“AIUTAMIIIIII!!!” la supplicò lei, facendo sbuffare la ragazza glaciale.
“Sono qui apposta. Il tuo potere risiede nella mente.” Disse, ricevendo in risposta un’occhiata stralunata.
“Usa la testa” sospirò allora l’albina.
Fujiko iniziò a concentrarsi, esprimendo la sua determinazione con delle espressioni facciali decisamente esagerata. Però pano piano, decisamente troppo piano, scendeva.
“Prima dell’anno prossimo!” gridò da sotto Giratina.
Fujiko posò i piedi per terra, sciolse l’Unione e si sdravaccò sui fiori.
“Non fatemelo fare mai più” sibilò, ancora scossa.
“Mi dispiace deluderti, ma non è possibile. Coraggio” le disse Dialga, tentando di incoraggiarla.
Mentre la bionda si raddrizzava sulla gambe, vide Ayumi, ormai in lontananza, volare via. Chiese a Giratina la sua destinazione, ricevendo in risposta soltanto un: “Ayumi si allena da sola”.

La Guardiana dei Venti Gelidi atterrò senza rumore vicino all’acqua. Veniva sempre in quel posto ad allenarsi. Le piaceva, i fiori che circondavano alcune rocce disseminate qua e là, e il laghetto che sfumava velocemente dal trasparente, all’azzurro, al blu. Il profumo e la calma irreale la facevano sentire bene.
Sciolse l’Unione e camminò lentamente verso l’acqua, assumendo velocemente la forma Guardiana. Si fermò quando il liquido incolore arrivò a sfiorarle le dita dei piedi.
“Articuno...” chiamò piano, osservando la superficie appena increspata.
“Dimmi” rispose la Leggendaria, affiancandola.
“Cosa ne pensi di Fujiko?” chiese, lentamente.
La grande aquila di ghiaccio scosse il capo piumato. “Non conosco molto bene gli esseri umani. Sono sempre stata un po’ schiva. Ma sono convinta che se tutti gli umani fossero come Fujiko, non saremmo in questa situazione. E’ allegra, ingenua e dolcissima. E...” si interruppe, incerta. “... e non so se sia un bene o un male” concluse infine, anche se Ayumi era convinta che non era quello che voleva dire in principio.
“Capisco... ho ancora due domande, strettamente legate tra loro, Articuno” disse la Guardiana, sempre guardando il laghetto.
La Leggendaria la invitò a continuare.
“La seconda domanda è: che cosa ne pensi di me?” chiese, le iridi cremisi perfettamente immobili.
Il Pokémon non seppe che rispondere inizialmente.
“Non posso sarti una risposta precisa Ayumi. Tu sei un essere umano meno umana di quanto gli altri non sono, ma questo è quello che tu pensi di te stessa. Non fa molta differenza da quello che penso io e quello che pensi tu.” Rispose con un sospiro, infine.
“Dimmelo lo stesso” disse in risposta la Guardiana.
“Sei una ragazza silenziosa, schiva, misteriosa. Nessuno ti conosce. Anche chi ti conosceva forse ti ha dimenticata. E’ un modo per difenderli, giusto? Ma nessuno può sopravvivere senza contatti con la propria specie. E tu, che hai vissuto troppo con i Pokémon, hai finito per assomigliare di più a noi che ai tuoi simili. Tutto questo ti sta distruggendo, senza che tu te ne accorga. Ma forse il danno non è irreparabile. Io penso che tu e Fujiko abbiate molto da imparare l’una dall’altra. Lei: troppo umana. Tu: troppo Leggendaria.” Disse di getto allora Articuno, tirando fuori tutte le parole condivise o percepite tra di loro, ma mai dette apertamente.
Ayumi sorrise mesta e annuì. “Mi piace Fujiko. E’ allegra. E’ un’emozione che avevo paura di dimenticare” bisbigliò.
L’aquila glaciale affermò col capo a sua volta, mentre la ragazza si voltava, con gli occhi lucidi.
“Terza domanda: da quando sono diventata così debole? Perché mi sono affezionata così velocemente? Come è potuto accadere?” chiese l’albina, per poi evocare i poteri del tipo Volante.
La sua essenza diventò leggera come l’aria e Ayumi avanzò sul pelo dell’acqua, fermandosi dopo alcuni metri.
“Canta, per favore” chiese.
Ed Articuno iniziò a cantare, una melodia senza parole creata dal suo melodioso verso, accompagnando i passi di danza della sua Guardiana, che ancora una volta, lasciava che gli eventi la ferissero dall’interno, e non permetteva alle lacrime di cadere.
Correnti di aria fredda si liberavano dai suoi palmi aperti, l’acqua gelava sotto i suoi piedi, i candidi fiocchi di neve si liberavano dai suoi ugualmente bianchi capelli. Un pezzo di inverno in mezzo all’eterna primavera.
Ayumi aprì gli occhi.
‘Questo è quello che sono sempre stata’.

Erano ormai diverse ora che Fujiko si affidava alla guida di Dialga e Giratina ed era distrutta.
“Per le prime volte non devi strafare, altrimenti la tua essenza non lo regge” le aveva detto Dialga, per poi dileguarsi dicendo di avere un qualche impegno.
Un petalo grigio ferro le si posò sul naso, facendola starnutire prima che le scintille derivate da questo la rinvigorissero.
“Giratina... possiamo andare a vedere come sta Ayumi?” chiese la neo Guardiana alla Ribelle.
“Perché no?” rispose lei, caricandosela in groppa, per poi viaggiare a gran velocità fino a raggiungere le vicinanze del laghetto.
Faceva freddo, là. I fiocchi di neve cadevano copiosi, la brina ricopriva i fiori che non sembravano curarsene. Il laghetto era completamente ghiacciato, e in mezzo volteggiava la Guardiana dei Venti Gelidi, di nuovo in Unione. Ballava e cantava.
Fujiko era incantata, guardava la ragazza scivolare sul ghiaccio sfiorandolo appena, circondata dai venti da lei stessa precedentemente evocati. Nelle mani stringava due ventagli ghiacciati, che apriva e chiudeva a seconda dei suoi passi, seguendo il ritmo.
Poi i ventagli non si riaprirono più, ma si assottigliarono, diventando lunghi e taglienti. Due spade. L’albina iniziò a fendere l’aria armonizzando le lame a delle nuove mosse. Il vento diventava irregolare, la brina si frantumava, il ghiaccio si scheggiava, i fiocchi di neve si polverizzavano, scomparendo.
“Perché fa così?” chiese la ragazza dagli occhi verdi.
“Non lo possiamo sapere con precisione se lei non dice nulla. E il silenzio di Ayumi è più che religioso.” Spiegò la regina del Caos.
Continuarono a  guardarla per qualche istante, prima che Giratina decidesse che la pausa di Fujiko era durata abbastanza.
“Andiamo” le ordinò.

Finì l’esercizio con poche energie in corpo. Tornò a riva, e si sedette, sciogliendo il legame con Articuno, esausta pure lei.
Aspettarono che i petali dai toni freddi  restituissero loro ciò che l’allenamento aveva rubato.
“Siamo andate bene. Miglioriamo” disse la Leggendaria, con una nota soddisfatta nella voce. L’altra annuì, di nuovo distante.
“Articuno...” la chiamò dopo diversi istanti di silenzio. Continuò solo quando avvertì lo sguardo cremisi dell’altra su di sé.
“C’è una cosa... che vorrei vedere. Sei disposta ad accompagnarmi?” concluse, voltandosi a guardare la Leggendaria.
L’aquila del gelo ci rimase un po’ di sasso, ma acconsentì, caricando in groppa la sua Guardiana, per poi spiccare elegantemente il volo.

La Guardiana dei desideri guardò in alto.
“Dove starà andando?” chiese.
“Non ne ho idea... probabilmente cerca di capire qualcosa, qualcosa che qui non può trovare” rispose la Leggendaria del Caos.


Abbiamo molto da imparare l’una dall’altra. La differenza sta nel come dobbiamo farlo.
Lei deve imparare cose nuove. Io devo ricordare ciò che il tempo ha cancellato”

 

~Angolino nascosto nell'ombra:

Salve pipol. Come va?
Vi vedo già pronti con i forconi per scuoiarmi viva e lasciarmi morire dissanguata, ma chottomatte, per favore.
Sono stata impegnata, ok? Come tutti, del resto.
La scuola non perdona, ma non solo. Anche coro, danza, disegni vari, photoshoppate varie, Liguria, frammenti, e chipiùnehapiùnemetta.
Ecco.
Mi sono fatta perdonare. Questo capitolo è più lungo, anche se non succede nulla di eclatante. Però tutti i capitoli servono a qualcosa, anche quelli di passaggio o noiosi come questo.
Sarà pieno di errori (come i precedenti *coffcoff*) ma spero vi piaccia.
Che altro aggiungere! Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, seguono, preferiscono e ricordano la storia, siete più di quanto io potessi sperare! Grazie, grazie, grazie!
Bene. Alla prossima! *saluta*
Aura_
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Felicità...? ***


Capitolo 7: Felicità...?


_Amarantopoli_


Articuno atterrò nascosta d un gruppo di alberi nei pressi della Torre Bruciata. Si guardò attorno, confusa.
“Amarantopoli?” chiese alla sua Guardiana, che confermò con un cenno del capo.
“Perché siamo qui?” chiese di nuovo. Ma la risposta non arrivò. Non in modo immediato, almeno. Ayumi si guardava attorno con lo sguardo rapito, nonostante gli arbusti nascondessero in modo quasi completo il panorama della città distrutta.
“Voglio... vedere” sussurrò infine, attraversando le piante.
“Ayumi... portami con te. E tieni Vaporeon al tuo fianco. Non ti esporre troppo” la richiamò la leggendaria, prima di essere risucchiata come da lei richiesto nella sua Pokéball.
La Guardiana si incamminò per le strade impolverate di quella che era la città con più fascino antico della regione.
Nessuno badava alla ragazzina scalza che camminava lenta, vestita leggera nonostante facesse freddo e con i capelli bianchi troppo lunghi lasciati liberi. Camminava con sguardo vagante tra le macerie, distinguendosi così dagli abitanti della città che invece sembravano come inebetiti.
Solo una persona l’aveva notata. Si trattava di un ragazzo che abbracciava una donna in lacrime con fare consolatorio. Ayumi si era soffermata con gli occhi lilla su di lui e lui aveva risposto con il suo sguardo nocciola, quasi rossiccio, che spiccava sotto la massa ricciuta di capelli biondi. La guardava come se fosse un’apparizione celeste.
Ma la ragazza tirò avanti, lasciandoselo alle spalle. Non era la popolazione completa che le interessava. In realtà stava cercando una persona in particolare, osservando tra le macerie e scrutando negli occhi spenti dei passanti che non si erano ancora ripresi dallo shock. Forse dovevano lottare contro più di uno shock.
Poi, finalmente, trovò chi stava cercando. Stava aggrappata a un volontario e aveva le lacrime agli occhi, segno probabilmente di una crisi isterica.
“Mi dispiace, signora, ma non abbiamo trovato nessuna ragazza che corrisponde alla sua descrizione” stava cercando di calmarla il giovane soccorritore.
“No! Lei... lei doveva essere al parco... o sul tragitto! Dovete trovarla!” singhiozzò la donna, i capelli marroni lisci sciolti che le arrivavano alle spalle e gli occhi verdi. Quegli occhi verdi che aveva cercato per tutto il tempo.
Gli stessi occhi di Fujiko.
“Probabilmente sua figlia è morta. Se ne faccia una ragione. Ci sono dei cadaveri che sono irriconoscibili per l’intervento del fuoco. Probabilmente la ragazzina fa parte di quelli.” Spiegò con calma glaciale l’uomo. Poi si impietosì di fronte alla debolezza della donna e aggiunse: “Mi dispiace”.
Poi tornò al lavoro, lasciando la signora singhiozzante accasciarsi in ginocchio sulla polvere.
Ayumi aveva osservato impassibile tutta la scena. Si ricordava perfettamente cosa aveva detto a Fujiko.
‘Forse è meglio che ti consideri una delle vittime. Ci soffrirà molto, ma è meglio del pensiero di te sempre in pericolo’. Ora però non ne era più sicura.
Probabilmente... si sentiva in colpa. Ma non lo sapeva.
Si mosse lentamente verso la donna, inginocchiandosi al suo fianco.
“Tutto questo... di chi è stata la colpa?” mormorò. Aveva un bruciante bisogno di sentire la risposta. La donna scosse appena la testa, per poi rimanere immobile, le spalle che sussultavano in balia del pianto. L’albina allora poggiò la sua mano bianca e affusolata sulle dita più segnate dell’adulta, per poi alzarsi e tornare sui suoi passi.
La madre di Fujiko la guardò sorpresa e pensierosa mentre si allontanava. ‘Chi era quella ragazza?’ pensò confusa, mentre percepiva ancora sulla sua pelle le dita fredde di questa.


_Paradiso Parallelo_


Fujiko la vide arrivare prima di chiunque altro.
“Ayumi!” la chiamò, sollevata nel vederla. Stare in mezzo a tutti quei colossi la faceva sentire a disagio, ma la presenza dell’altra Guardiana aveva la proprietà di calmarla.
“Dove sei stata? Ci hai messo una vita, era preoccupata!” improvvisò una sgridata che fece ridacchiare Giratina.
“In realtà sono stata via solo qualche minuto... a te è sembrato un periodo molto più lungo perché in questa dimensione il tempo scorre più lento.” Spiegò la Guardiana dei Venti Gelidi con voce assente. La bionda la osservò indagatrice, ma la ragazza pareva una maschera di marmo. Impenetrabile quanto i suoi pensieri.
“Ah... sono migliorata un sacco, comunque! Pensa, ora atterro persino in piedi e riesco a fare le capriole in aria!” trillò la ragazza bionda, con gli occhi che luccicavano.
“Beh, niente più facciate per terra almeno... e poi non sarò più inutile... giusto?” continuò un po’ a disagio, dato che l’albina sembrava poco presente, o poco interessata.
“Sì... prima o poi mi farai vedere...” mormorò una risposta vacua quest’ultima.
Fujiko accettò la risposta, anche se un po’ sconsolata, ma tornò ugualmente a sorridere.
“Un’altra cosa. Mentre eri via ci sono venuti a chiamare. Noi ti stavamo aspettando. Vieni?” riprese la Guardiana dei Desideri, mentre teneva Jirachi tra le braccia.
Ayumi annuì. ‘Non che io abbia molta scelta’ pensava nel frattempo. La ragazza di fronte a lei sorrise radiosa.
“Andiamo, Jirachi!” esclamò felice lasciando andare il Leggendario e assumendo la forma Guardiana. Non che cambiasse molto. Le venivano gli occhi azzurri e i capelli si legavano in un modo diverso. Mentre la ragazza bianca faceva le sue considerazioni, l’altra aveva iniziato a fluttuare.
“Dai, vieni!” le gridò, facendola riscuotere.
La veterana, anche lei in forma Guardiana, si librò nel cielo adattando al suo corpo il potere dell’aria; infatti due ali semitrasparenti si erano formate partendo dalle scapole. Esprimevano una leggerezza quasi incomprensibile, sia Ayumi che le sue ali.
In effetti Fujiko era migliorata visibilmente: volteggiava nell’aria senza peso, circondata dalla luce soffusa che il suo spirito emanava e che la sorreggeva. Sorrideva sempre, anche quando rischiava di perdere la concentrazione. Rideva dei suoi errori, spensierata, rischiando di finire per terra sul serio.
La gelida Guardiana la seguiva in modo meno teatrale, seria e con la mente lontana, rimasta ad Amarantopoli, dalla madre di Fujiko.
La donna piangeva e non aveva più nemmeno la forza di stare in piedi. La scomparsa di sua figlia l’aveva distrutta tanto? Perché voleva indietro il suo corpo a tutti i costi? A che cosa le sarebbe servito?
Ayumi non comprendeva il dolore di quella signora, ma allo stesso tempo lo sentiva vicino.
Chissà se anche quelle persone avevano reagito in quel modo alla morte di Mary? No, probabilmente la stavano ancora aspettando.
E lei? La stavano aspettando, la credevano morta, l’avevano dimenticata? Probabilmente non l’avrebbe saputo mai. E forse era meglio così.
L’albina atterrò con grazia sulla piattaforma lucente e subito si sentì investita dalla fredda impassibilità degli occhi rossi di Arceus.
Lui non capiva gli umani... e neanche gli altri leggendari capivano. E lei, cresciuta tra i leggendari, non era da meno. Non era umana, non era un Pokémon leggendario. Che cos’era? Chissà se esisteva una risposta a quella domanda.
“Ce ne avete messo di tempo” sbuffò Dialga, rompendo quel piccolo momento di silenzio, solitamente occupato da Fujiko per rialzarsi. Ma era atterrata in piedi quella volta, per cui vuoto causato dall’assenza di suono era completamente superfluo e irritante.
“Parli proprio tu di tempo?” lo schernì Giratina, guadagnandosi un’occhiataccia dal leggendario.
Ayumi non ci mise molto ad intercettare l’enorme punto di domanda che frullava nella testa di Fujiko.
- Che cosa c’è? – le chiese mentalmente, mentre i due colossi bisticciavano come babini che litigano sui pastelli a cera.
- Dialga... – rispose con un impulso mentale lievissimo, segno che con la telepatia non era ancora molto pratica.
- Che cos’ha? – chiese la veterana, che non capiva dove la biondina volesse arrivare.
-Era una femmina fino all’ultima volta che l’ho incontrata... e ora è un maschio... mi sono persa qualcosa – ribatté con più sicurezza la ragazza di Amarantopoli.
- Ah... quello... è una cosa piuttosto comune nei leggendari. Sono quelli chiamati di sesso neutro, possono cambiare da maschio a femmina quando vogliono... alcuni scelgono completamente di stare in un verso o nell’altro, come Cresselia che è una femmina fissa ormai da qualche secolo. Altri lo cambiano di rado, come Articuno e Arceus. E poi ci sono quelli che, come Dialga e Palkia, cambiano a casaccio e quando vogliono. E’ un po’ strano, forse, ma ti ci abituerai” elencò da manuale la bianca, lasciando di stucco l’altra.
- Oddio, ma sono dei transessuali? – esclamò mentalmente Fujiko, che era sbalordita.
- Ma che...? Ehm... no - Rispose l’albina, un po’ sconcertata dalle conclusioni affrettate dell’altra Guardiana.
Immerse nella loro strana conversazione mentale, le due quasi non si accorsero che Arceus aveva iniziato a parlare.
“Ora che questi due hanno finalmente smesso di litigare, posso finalmente ricapitolare la situazione. Crediamo che l’attacco ad Amarantopoli non sia stato casuale, soprattutto perché la Torre Campana non ha subito danni. Pensiamo che loro abbiano escogitato un piano per farci uscire allo scoperto, per proteggere quei pochi frammenti luminosi rimasti in questo mondo caduto in rovina.  Ma, allo stesso tempo, non voglio scatenare su di loro la nostra ira. Per questo lasciano i monumenti integri.
“Per prevenire altre catastrofi, vogliamo inviarvi a controllare le varie zone dove è presente un monumento eretto a un leggendario, ad esempio una torre. Dobbiamo consultarci ancora per decidere i dettagli, ma questo è più o meno tutto.
“C’è un’altra cosa. I Pokémon a guardia di Forina. Ora che hanno svolto il loro compito non hanno più uno scopo peculiare, ciononostante restano degli esseri speciali. Vorremmo che li teneste con voi. Vi saranno sicuramente di aiuto. Fujiko, vorremmo che tu prendessi Flygon. E’ un Pokémon forte, e riuscirà a proteggerti.”
Quando il Leggendario Primevo terminò di parlare, nessuno aveva più voglia di discutere. Absol si era lentamente avvicinata ad Ayumi e le si era seduta accanto. Flygon si era invece posato alle spalle dell’altra Guardiana e la osservava.
“Se avete capito potete andare. La vostra vita non gira attorno a questo posto, e noi ci metteremo del tempo. Riducete l’attesa” le congedò alla fine Arceus.
Le ragazze, come mosse da una stessa forza, andarono a passeggiare tra i fiori con i Pokémon al loro seguito. Anche Chikorita e Vaporeon si unirono al corteo, liberandosi dalle rispettive sfere di loro volontà.
Fujiko osservò il tipo acqua a lungo, anche perché era la prima volta che la vedeva. Sembrava avere lo stesso temperamento controllato della padrona, ma dava anche l’impressione di essere più vivace.
‘Forse Ayumi una volta era così’ si ritrovò a pensare la biondina, azzardando uno sguardo al volto perennemente serio dell’albina.
“Senti Ayumi... mi chiedevo... quando esci da qui, hai un posto dove andare?” interruppe il silenzio la Guardiana dei Desideri.
“Vuoi vederlo?” rispose immediatamente l’altra, ricevendo una risposta affermativa e sorridente dalla novizia.
Si teletrasportarono con il potere dell’aria, lasciandosi alle spalle solo il campo fiorito.


_Isola del Ghiaccio_


Gli occhi color prato di Fujiko guizzavano da una parte all’altra, desiderosi di captare e memorizzare ogni singolo dettaglio.
Tutto il resto del suo corpo era immobile, semplicemente perché era in piedi su una lastra di ghiaccio. In effetti, tutto era fatto di ghiaccio trasparente, che brillava alla luce del sole.
Si trovavano su uno spiazzo tondeggiante e perfettamente piatto. Lungo tutta la circonferenza si innalzavano pilastri e piccoli muri gelati a mo’ di contorno. Avevano un aspetto fragile, ma non si vedevano da nessuna parte frammenti di ghiaccio caduti dopo essersi sbriciolati dalle fredde pareti. Dietro di loro si trovava l’entrata i una galleria scavata nel muro più alto, che si inabissava verso l’interno dell’isola. Da quel tunnel proveniva una strada individuabile solamente perché era colorata di una tonalità diversa dall’ambiente circostante. Quella stradina passava sotto i piedi delle due ragazze e le zampe dei Pokémon, per terminare alla base di un piedistallo di pietra.
Sopra quel blocco grigio si trovava una statua anch’essa del materiale grigiastro, con i bordi consumati dal tempo e ricoperti da neve più o meno fresca. Rappresentava un po’ grottescamente Articuno. Nel becco la statua reggeva un piccola sfera azzurra. Quella piccola palla pareva fatta di ghiaccio e sembrava pulsare di energia. Era bellissima.
Quel posto doveva essere il nido di Articuno.
Ayumi camminava tranquilla sulla lastra liscia e fredda che faceva da pavimento. C’era abituata probabilmente.
“Dai, vieni. Non è poi così difficile.” La chiamò.
Fujiko mosse alcuni passi, incerta. In effetti non era complicato. Si accucciò per sfiorare la superficie fredda, per scoprire che l’apparenza liscia del pavimento nascondeva tante piccole frastagliature, ostacolando la scivolata.
Più sicura, la ragazza di Amarantopoli raggiunse l’altra, che aveva ripreso ad osservare il panorama. Si può parlare di un panorama vero e proprio, poiché si trovavano molto più in alto di quello che la bionda si aspettasse, sulla cima piatta di quello che doveva assomigliare ad un alto vulcano ghiacciato e roccioso. Le onde del mare si infrangevano alla base e l’odore di salsedine raggiungeva le narici delle due, mischiandosi all’aria frizzante che accompagnava il ghiaccio.
Ai lati di quell’isola se ne trovavano altre due. Ayumi gliele indicò di sua spontanea volontà, senza aspettare la probabile domanda dell’altra Guardiana.
“Quella è l’isola del Fuoco, ed è un vero vulcano. Ogni tanto erutta. E’ la dimora di Moltres, la sorella, o fratello, di Articuno e Zapdos... a proposito di quest’ultimo, lui ha il suo nido lì” continuò l’albina, voltandosi dalla parte opposta e indicando un altro isolotto molto frastagliato, sopra al quale delle nuvole nere vorticavano tenebrose, illuminandosi di bianco ogni tanto e rimbombando.
“E’ l’isola del Fulmine. Non hanno molta fantasia con i nomi... vero?” osservò la veterana, scuotendo la lunga chioma candida. Poi tornò sui suoi passi, fermandosi di fronte alla grottesca statua.
“Questa statua non mi è mai piaciuta. E’ brutta” borbottò guardando il pezzo di pietra come se stesse tentando di offenderlo. Fujiko non poté fare a meno di ridacchiare nel vedere la ragazza, così seria...  ‘litigare’ con una statua.
“Sai... questo che c’è nel becco è molto importante. Lo chiamano Gioiello del Ghiaccio. Ma sbagliano a pensare che sia solo una bella pietra...” sussurrò, per poi voltarsi a guardare con gli occhi lilla la ragazza dallo sguardo verde. Lo indicò con un gesto secco.
“Riesci a immaginare di cosa si tratta?” domandò, e la bionda scosse il capo.
“Questa è l’anima di Articuno. E...una parte della mia. E’ stata espulsa per custodirla qui in una forma più piccola e resistente. È... una precauzione che hanno ritenuto necessaria” spiegò la Guardiana dei Venti Gelidi.
“Per quale motivo?” ribatté l’altra, curiosa.
“Beh... vedi quell’isola più grande lì? E’ abitata. Articuno, Zapdos e Moltres sono tra i pochi leggendari che ancora si mostrano alla vista degli esseri umani. E gli abitanti li aiutano... e hanno aiutato me” borbottò un po’ a disagio l’albina. Probabilmente non ne aveva mai parlato con nessuno... o non aveva mai avuto nessuno con cui parlarne.
“È stato fatto ciò onde evitare che dei malintenzionati riuscissero a ferirci troppo, o perfino ad ucciderci. In pochi lo abbiamo fatto” aggiunse Articuno venendo in aiuto della ragazza.
“Oh...” mormorò Fujiko, colpita. Intanto, la Leggendaria si era rivolta nuovamente ad Ayumi.
“Sai, stai migliorando in fretta.” La ragazza parve non capire.
“Intendo nel relazionarti. Credimi. È da molto che non ti vedo così... felice” disse con tono leggero la grande aquila del gelo.
‘Felice?’si chiese la ragazza con gli occhi verdi. ‘A me sembra imperturbabile come sempre... cosa intenderà mai Articuno?’
Incrociò gli occhi dell’albina e si affrettò a sorriderle. L’altra la guardò pensierosa per qualche istante, per poi addolcire i muscoli del volto e lo sguardo, annuendo.
E Fujiko non seppe spiegare perché quel semplice gesto, così lieve e delicato, fosse riuscito a scaldarle il cuore così tanto.
“Vieni. Ho ancora molto da mostrarti.” Al richiamo della gelida Guardiana, Fujiko ampliò il suo sorriso, sentendosi privilegiata.


“Non mi sono mai sentita davvero importante per qualcuno. È una bella sensazione. Sono felice che Ayumi si senta più sollevata ora, ma ho paura che lei sprofondi di nuovo. Non posso abbandonarla... non posso lasciarla sola... ma tutto potrebbe essere al di sopra della mia portata...”


~~Angolino nascosto nell’ ombra:

Pensavo sarebbe venuto più lungo, ma va bene così.

Sinceramente, adoro la prima parte di questo capitolo. Ayumi ha voluto vedere con i propri occhi la disperazione umana, ma non l’ha compresa. Sono davvero contente di come mi è uscito. Spero sia piaciuto pure a voi.

Mi scuso per gli errori frequenti, ma purtroppo ho un problema grave.

Sono disattenta. O meglio: sono la disattenzione fatta a persona. Soprattutto per le cose che scrivo io.

E ho anche poco tempo e troppe cose che voglio fare. Mi dispiace, sul serio. Spero che sia solo una cosa temporanea.

Non ho molto altro da dirvi. Il mio Frammento lo pubblicherò a caso <3 (probabilmente il 26, ma boh)

Ok, basta. Al prossimo capitolo di GoL!

Il Phantom coperta di pile, Aura_

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - La Torre dei Draghi ***


Capitolo 8: La torre dei draghi

_Isole Orange_

Fujiko era ammirata da quelle persone. Sempre felici, molto cortesi. Ayumi le aveva detto che l’avevano aiutata molto, con cibo e vestiti.
In effetti ora la ragazza vestiva una canotta e dei pantaloncini neri, in netto contrasto con la sua carnagione pallida. Aveva precisato, però, che il bianco le piaceva di più.
Ciononostante, la ragazza era preoccupata per la compagna veterana. Era circondata da persone così dolci, eppure non si sentiva per nulla parte di quel mondo così puro.
Era una macchia in quella felicità. Una macchia nera nascosta da troppo bianco, un colore eccessivamente luminoso che ricopriva l’oscurità della quale la ragazza era composta.

Erano sedute in riva alla spiaggia rocciosa, accomodate sopra un grosso masso. La biondina teneva i piedi a ciondoloni, i quali venivano solleticati dall’acqua. L’albina, invece, se ne stava a gambe incrociate con i capelli sciolti carezzati dal vento leggero e intriso del profumo del mare.
La realtà nella quale le due ragazze si trovavano immerse, sembrava lontana, molto lontana.
- Ayumi, Fujiko... – la voce di Palkia, ancora femminile, rimbombò nella loro testa, per poi tacere. Non era difficile interpretare il seguito.

_Paradiso Parallelo_

“Bentornate” le accolse subito Arceus, per poi fermarsi, dato che Fujiko era ruzzolata per terra. Ayumi la guardò sorpresa.
“Devo ancora fare pratica con i teletrasporti” spiegò ridendo l’ingenua ragazza. Il Leggendario Primevo si schiarì la voce.
“Vi prego di prestare attenzione. È molto importante ciò che ho da dirvi” le riprese, serio. Entrambe le ragazze si misero in ascolto.
“Ne abbiamo parlato, io, Dialga, Palkia e Giratina, e siamo arrivati a una conclusione. Vedete, come già forse già sapete, la Torre Campana è stata eretta in onore di un Pokémon Leggendario, Ho-Oh. Sappiamo già che ci stanno dando la caccia, e pensiamo che si stiano organizzando, attaccando le città protette dai Pokémon Leggendari. È da lì che partiremo.
“Vorremmo che andaste a Mistralopoli, dove è stata eretta la cosiddetta Torre Dragospira, dedicata a Reshiram e Zekrom. Temiamo che il loro lungo sonno possa essere turbato.” Spiegò con calma il Leggendario.
Le due Guardiane annuirono. Quella dei Desideri, in particolare, era davvero agitata. Era una guardiana da quattro giorni circa e già stava partendo per una missione.
“Partite, coraggio.”

Ayumi sorvolava le nuvole come un fulmine nella sua Unione con Articuno. Si erano teletrasportate all’interno del Monte Vite, una specie di rilievo cavo all’interno, e avevano spiccato il volo dirette alla città. Città freschetta, Fujiko dovette ammetterlo. Nonostante fosse già primavera inoltrata, lei stava tremando, anche per colpa della velocità alla quale stava andando.
Davanti a lei, la Guardiana dei Venti Gelidi si buttò in picchiata all’improvviso, facendola sbandare un po’ per la sorpresa. Erano atterrate in un punto nascosto pochi metri al di fuori della città.
“Scusa per la manovra improvvisa, effettivamente non sono abituata ad avere qualcuno che mi segue” si scusò Articuno immediatamente. La ragazza dagli occhi verdi scosse la testa.
”Bene... allora...” iniziò Ayumi girandosi verso la cittadina “Quella è la Torre Dragospira, una delle torri più antiche. È stata eretta in memoria dei Leggendari della verità e degli ideali, e contiene i loro... potremmo chiamarli “resti”. Sono due pietre chiamate Chiarolite e Scurolite, e racchiudono l’energia vitale dei due leggendari stessi. Dobbiamo recuperarle... potrebbero esserci d’aiuto, anche se si sveglieranno soltanto in presenza dei rispettivi Guardiani” completò.
L’altra annuì, non del tutto sicura della sua utilità.
Seguendo i gesti dell’albina, rinchiuse Jirachi e Chikorita nelle loro Pokéball, per poi imboccare una stradina di terra battuta che puntava verso la città.

_Mistralopoli_

Sbucarono di fronte a un mulino a vento, in una zona piuttosto paludosa. Fujiko storse il naso e si strinse nella felpa che indossava per proteggersi dall’aria un po’ troppo fresca.
La città era stata parzialmente nascosta da delle colline rocciose, le stesse sulle quali il centro abitato era costruito. Mentre aggiravano le paludi per non riempire i loro piedi con i liquami poco profumati, iniziarono  a intravedere piano piano, pezzo per pezzo la città. Le case davano un’idea di comodità e anche di calore, sensazione incitata anche dai numerosi caminetti che sostavano sui tetti.
La zona era parecchio verde, senza contare che gli abitanti avevano scelto di rimanere in stretto contatto con una palude, un monte, delle colline e un bosco, incastrando tra essi le loro case.
“È così diverso da Amarantopoli...” sussurrò Fujiko, guardandosi attorno spaesata.
“Meglio se non lo dici... se scoprono che siamo di un’altra regione potrebbero fraintendere...” raccomandò l’albina in risposta.
Salirono delle scale scavate nella roccia di una collina, resa un po’ sdrucciolosa dall’umidità che c’era in quel luogo.
Le casupole non avevano niente di particolare, di mattoni dai colori chiari e con il tetto marrone. Le persone erano abbastanza gioiose, alcune ballavano in quella che doveva rappresentare la piazza centrale, riconoscibile solo perché era lo spazio vuoto più grande.
Una melodia allegra rasserenava l’umore di chi la udiva, e le quattro persone che si muovevano a tempo intonavano una canzone di elogio ai draghi. Un po’ in disparte, un gruppetto di gente formato soprattutto da bambini, sostavano attorno a un uomo dall’aria pomposa che esibiva dei Pokémon decisamente non comuni.
“Ayumi! Quello è un Rapidash cromatico! Guarda che bello!” indicò estasiata la bionda indicando un Pokémon somigliante a un cavallo bianco, o meglio, a un unicorno. Fiamme bianco grigiastro venivano sprigionate dal collo, dalla fronte e dalle zampe.
Si faceva rimirare con la testa alta, mantenendo un atteggiamento fiero.
“È un po’ troppo ruffiano... pomposo quanto il padrone” soffiò in risposta la ragazza bianca, per poi riprendere la marcia verso la loro meta.
La Torre Dragospira era l’unica struttura che era sempre, da qualsiasi angolazione, esposta alla visuale. Alta e un po’ abbandonata a sé stessa, costruita in una pietra molto chiara con le basi che affondavano nell’acqua pura.
La Torre era accessibile solo dall’alto, pareva. Ma, attraversando degli arbusti, la due Guardiane scoprirono un ponte che si appoggiava sul pelo dell’acqua del laghetto, ornato ai lati da due file di colonne, alcune delle quali in rovina.
Era davvero un posto magnifico, fuori dal tempo. C’era un silenzio surreale, interrotto solo dal vociare dei Pokémon che abitavano gli alberi e l’acqua circostante.
Fujiko si sporse dal ponte e allungò una mano. Subito un Dratini accorse e, dopo averla annusata, si strusciò contro di lei, facendola ridacchiare allegra.
Ayumi, dal canto suo, stava cercando una risposta.
‘Che cos’é... questa sensazione? Ormai ce l’ho ovunque io vada... che cos’è?’ si domandò, sempre scrutando la cima della torre.
“Ehi, voi! Non potete stare qui!” Le teste delle due Guardiane scattarono immediatamente verso la fonte della sgridata.
Un ragazzo era uscito dalla torre e le stava guardando con aria serena, ma inflessibile.
“Dai, venite da questa! La festa è moooolto più interessante di questa torre barbosa!” Questa volta, a comparire fu una ragazza, molto simile all’altro.
Lui aveva i capelli verdi raccolti in una coda di cavallo bassa. Erano lunghi e un po’ cespugliosi. Lei li aveva mossi e verde mare, lunghi fino a metà schiena. Entrambi avevano gli occhi verde chiaro, un po’ sbiadito. Ed entrambi avevano addosso dei vestiti un po’ stravaganti.
“Per favore... non potete stare qui” rilanciò il ragazzo.
“Non c’è nulla di interessante” ribadì l’altra.
Fujiko tentennò, non sapeva bene quello che doveva fare. Ayumi, invece, fissava intensamente la torre, come se fosse improvvisamente diventata sorda.
“Forse dovremmo andarcene sul serio” bisbigliò la bionda nell’orecchio dell’altra, che scosse la testa.
“Non possiamo” disse semplicemente, per poi fissare il tipo che le stava davanti. “Davvero non possiamo. Dobbiamo vedere la torre” soffiò tentando di apparire sicura e lottando con la sua impacciataggine data da una probabile timidezza.
“Ma... nemmeno noi possiamo lasciarvi passare! L’accesso alla torre è...” iniziò il verde, interrotto dalla Guardiana dei Desideri.
“...proibito, l’abbiamo capito. C’è altro?” chiese poi, candida e con un sorriso innocente.
Lui sospirò.
“Nemmeno noi possiamo farvi passare...” disse.
“La mamma ci sgriderà di nuovo” cinguettò invece la probabile sorella, apparentemente divertita, mentre incrociava le braccia dietro la testa, sorridente.
“Perché non potete? C’è qualche pericolo?” chiese l’albina, ferma piantata sul suo posto.
“Beh... in parte è crollata. E poi è un luogo sacro costruito per onorare i due antichi Draghi Leggendari, non è un posto dove le persone possono scorrazzare” spiegò lui, calmo.
“Ma tu sei uscito da lì. Sbaglio, forse?” domandò più convinta la Guardiana dei Venti Gelidi. L’altro sospirò,  prima di venire sostituito dalla sorella.
“Noi due siamo i guardiani di questa torre. E ora e meglio che ve ne andiate. O altrimenti saremmo costretti a scacciarvi” esclamò, arzilla. Sembrava tutto un gioco per lei.
Le due Guardiane si irrigidirono assieme, mentre la ragazza tirava fuori una Pokéball che aveva alla cintura. Forse sperava di minacciarle.
“Ayumi... dovremmo tentare di aggirarli in qualche modo” sussurrò di nuovo Fujiko.
“Aspetta. Non vorrei sbagliarmi, ma credo ci sia un motivo per cui proprio loro siano a guardia della Torre. In fondo sono due ragazzi” rispose piano la bianca, fissando intensamente gli occhi verdi della ragazza.
“Umbreon! Vieni a scacciare gli intrusi!” esclamò, improvvisando una piroetta. Il Pokémon nero con i cerchi gialli si presentò immediatamente alla chiamata, ringhiando... contro la sua stessa allenatrice. Lei si mise in ascolto, con una smorfia.
“Eddai! Perché non vuoi?” fece dopo qualche attimo di silenzio, con un’aria triste. Da dietro la schiena delle due Guardiane, il ragazzo sospirò.
“Coraggio, Zoroark, occupiamocene noi.”
La ragazza di Amarantopoli di voltò appena in tempo per trovarsi a faccia a faccia con l’enorme Pokémon Malavolpe.
“A-Ayumi... aiuto...” sussurrò, impallidendo.
“Sta’ calma” le raccomandò però l’altra.
In effetti, né Umbreon, né Zoroark parevano intenzionati ad attaccarli, nonostante i comandi dei loro allenatori.
“Ehi! Che state facendo?” sbottò stupita la ragazza con i capelli verdemare.
Umbreon si limitò ad avvicinarsi alla Guardiana veterana e a strisciarsi contro il suo ginocchio, ricompensato da questa con dei grattini sulla testa.
“I vostri Pokémon lo sanno... lo hanno capito” disse la ragazza bianca piano.
Entrambi rimasero in silenzio, osservando i due Pokémon passare dall’aggressivo all’amichevole in un attimo.
“D’accordo. Vi accompagneremo in visita alla torre” acconsentì infine il ragazzo.

I primi due piani della torre erano immersi nella penombra. L’acqua del laghetto riempiva delle vasche apposta passando per dei fori che si intravedevano da sotto il pelo dell’acqua. Il pavimento e le pareti erano di pietra grigia. Enormi colonne scanalate sorreggevano il tetto dello stesso materiale.
“Io mi chiamo Natural e lei è mia sorella Pure. Siamo, come vi ho detto prima, i due guardiani della torre. Nostra madre è la sacerdotessa dei due grandi Draghi. A volte sente le loro voci e allora si reca qui, ad ascoltare ciò che hanno da dirle. Fanno alcune profezie, che fino ad adesso si sono sempre avverate” spiegò il verde, mentre guidava le due Guardiane su per delle scale leggermente più chiare del resto.
In effetti il secondo piano era un po’ più chiaro del precedente. Almeno per quello che riguardava le pareti, il soffitto e il pavimento. Le colonne e le statue, invece, apparivano più scure. O forse rimanevano uguali, ma il contrasto con il pavimento più luminoso distorceva la realtà.
“Quindi vostra madre è una sorta di indovina?” domandò curiosa Fujiko. Pure ridacchiò.
“Se vuoi metterla così... sì, potremmo dire che è un’indovina” rise, tirando un’energica pacca sulla spalla della bionda.
“Ahia...” brontolò lei, massaggiandosela e suscitando altre risate miste a scuse nell’altra ragazza. Infine, si misero entrambe a ridere.
“Sembra che vadano d’accordo” sorrise Natural osservando la sorella.
“Mmh” fu la sola risposta che riuscì a strappare ad Ayumi, che osservava le imponenti colonne crollate e valutava attentamente gli scricchiolii prodotti da soffitto. La Torre non sembrava troppo stabile.
“Oh, non ti preoccupare. È così da sempre. O almeno... da quando faccio la guardia alla torre” tentò di rassicurarla il ragazzo.
“Capisco... da quanto sorvegli la torre?” chiese l’albina. Lui la guardò un po’ sorpreso.
“Da circa cinque anni... ho iniziato quando ne avevo dodici. Ora ne ho diciassette, mentre Pure ne ha quasi quindici. Perché ti interessa?” chiese lui, curioso a sua volta.
“Era una semplice domanda” rispose la Guardiana, evasiva.
Mano a mano che salivano, i piani diventavano sempre più chiari e le decorazioni più scure. Inoltre, la temperatura diminuiva. La bionda ne chiese il motivo.
“Vedi, la cima della torre da sul cielo. Il tetto è stato distrutto tempo fa dai due Draghi. Mamma sostiene che l’anno fatto perché volevano essere liberi di atterrare e spiccare il volo quando e come volevano. Però non sappiamo se è una sua supposizione o una cosa che le hanno detto” spiegò Pure.
I piani erano l’uno diverso dall’altro. I pavimenti davano spesso sul vuoto. Si capiva immediatamente che non era un posto molto praticato.
“Vostra madre vi ha passato qualcuno dei vostri poteri?” chiese Fujiko, con gli occhi che brillavano.
“Sì, è così. Sia io che N riusciamo a parlare con i Pokémon. Però i leggendari non ci hanno mai parlato...” spiegò Pure, dapprima euforica, poi quasi offesa.
“E vostro padre?” chiese ancora la bionda, per poi pentirsene quando vide le espressioni scure sui volti dei due fratelli.
“Noi non ne parliamo” disse semplicemente lui.
“Oh... scusami...” sussurrò la Guardiana, ma loro si affrettarono a sorriderle.
“No, scusaci tu... non potevi saperlo” rispose N.
‘Anche se in realtà non ci hanno detto molto’ pensò la Guardiana dei Desideri. Ayumi, invece, era immersa in ben altro tipo di pensieri.
‘La loro storia non mi convince... non vogliono dire niente del padre, ma non sembravano addolorati, quanto... sprezzanti. Poi questi poteri... e la loro età... potrebbero essere dei Guardiani. Ma come faccio a capirlo? E poi sembra che abbiano dei poteri ereditari. Come è possibile? A meno che... non siano tutti e tre Guardiani... è fortemente improbabile, ma non impossibile, dopotutto...’ I suoi pensieri vennero interrotti da Pure, che picchettò sulla sua spalla allegramente.
“Se soffri di vertigini, non guardare giù su questa scala” le raccomandò con un sorriso enorme.
L’albina inizialmente non capiva a cosa l’altra si riferisse, per cui volse il suo sguardo sulla scala. E allora capì.
Questa era semitrasparente, di un colore bianco senza imperfezioni. Le colonne che si intravedevano in cima, invece, erano nere.
“È fatta di quarzo bianco, se te lo stai chiedendo. Le colonne invece sono fatte di ossidiana” disse N.
Rimasero ad osservare la scalinata ancora per qualche istante, poi ripresero a salire.
Gli sguardi lilla e verde delle due Guardiane si proiettarono verso il basso, attraverso i gradini che stavano lentamente salendo. Sotto di loro si vedeva tutto il percorso precedentemente fatto, in una curiosa sfumatura che appariva più scura verso il centro, e poi sempre più chiara con dettagli scuri mano a mano che si andava verso la circonferenza *. Era davvero un bellissimo spettacolo.
Infine la scala finì e loro arrivarono in cima.
Era la prima sala interamente ricoperta dal pavimento, tranne il posto occupato dalla scala centrale.
Davanti a loro c’era il vuoto, il cielo, che si stava mano a mano ricoprendo di nuvole. Un vento piuttosto forte ed insistente buttava di continuo polvere nei loro occhi, rendendo per loro difficile vedere tutto il resto.
In effetti sembrava che qualcosa avesse scoperchiato il tetto in modo alquanto rozzo. Molti pezzi di muro rimanevano ancora ancorati al pavimento. A molte colonne di ossidiana mancavano gli ultimi rocchi e il capitello, probabilmente strappati via assieme al tetto.
A destra e a sinistra si trovavano due statue, raffiguranti i Pokémon Leggendari cui la torre era dedicata. Zekrom stava sulla destra, Reshiram sulla sinistra, rappresentati nei minerali dei loro colori. Il primo aveva due rubini al posto degli occhi, il secondo ti squadrava con uno sguardo di lapislazzulo.
Anche il pavimento era una vera e propria opera d’arte. Era diviso in due da una linea curva, che delimitava il confine tra pavimento bianco e Zekrom, e pavimento nero con Reshiram. Le sue statue si trovavano diagonalmente l’una rispetto all’altra, il corpo proteso dritto davanti a loro, ma le teste si guardavano. Avevano la bocca aperta come in un ruggito.
Tutte le colonne rispettavano il colore del pavimento. Non era difficile interpretare la figura rappresentata, tuttavia era uno spettacolo davvero emozionante.
“Siamo all’interno di un enorme Tao...” sussurrò meravigliata Fujiko, facendo qualche passo intimorita verso il centro della sala.
“Fa questo effetto a tutti, non importa quante volte ci si venga. Impressionante, no?” disse il ragazzo, sorridendo.
Ayumi annuì, assorta nella contemplazione delle due statue. Poi il suo sguardo cadde nel centro della sala circolare.
Un piccolo altare si mostrava loro con timido orgoglio, seguendo la traiettoria dei preziosi occhi delle due statue. Osservando meglio, però si notava che effettivamente i due Draghi avevano la testa troppo bassa. Ciò significava che non si stavano guardando a vicenda, ma vegliavano sull’altare.
Questo era anch’esso circolare e rispettava l’andamento del pavimento, cosicché non veniva notato sulle prime, essendo un po’ piccolo e basso. Sopra questo veniva rappresentato un altro Tao, creato ponendo due pietre dove, in proporzione, si trovavano i due draghi. Queste avevano anche i medesimi colori.
L’albina di avvicinò all’altra Guardiana.
“Guarda. Quelli sono il Chiarolite e lo Scurolite, le pietre che contengono lo spirito di Reshiram e Zekrom” le sussurrò indicandogli.
“Wow...” mormorò piano lei in risposta, osservando ancor più intensamente le due sfere.
Il tempo sembrava essersi fermato, e ai ragazzi pareva di trovarsi in una dimensione parallela.
Ma la sensazione si ruppe quando Absol uscì dalla sfera nella quale Ayumi lo custodiva. Il Pokémon stesso sembrava parte di quel posto, grazie al suo portamento regale e ai suoi colori. In un paio di balzi raggiunse l’altare, poi si girò verso i ragazzi e ululò verso il cielo ormai coperto.
Nello stesso momento qualcuno comparve alle loro spalle.
“Pure! Natural!” chiamò.
Tutti i presentii si voltarono. Accompagnata dai Pokémon dei due fratelli, stava una donna. Sembrava essere abbastanza giovane, e vestiva abiti bianchi e neri piuttosto larghi. Al collo esibiva una collana di perle dei medesimi colori alternati, alla quale era attaccato un ciondolo rappresentante lo Yin e lo Yang. I capelli leggermente mossi e lunghi erano sciolti al vento che diventava sempre più forte.
“Mamma!” esclamarono sorpresi e preoccupati i due ragazzi.

"Non capisco quello che sta succedendo. Prima quelle due strane ragazze fissate con la Torre e adesso mia mamma. Che sta succedendo? Ah beh, pazienza."

 

Angolino nascosto nell’ombra


* da notare che mi sono inventata tutto di sana pianta, quindi non venitemi a dire che non è fatta così la torre, lo so perfettamente. Dato che loro osservano dall’alto e dal centro la scena, il primo piano dovrebbe apparire il centro del cerchio.


Salve ^^
Scusate il piccolo appunto, volevo precisare, perché non so se sono riuscita a rendere bene l’idea con le mie descrizione sistemate in mezzo al capitolo.
Considerando che in mezzo a questo capitolo e quello precedente di GoL ho finito due storie in un totale di tre capitoli, sono stata brava e veloce.
Ora credo che inizierò a pubblicare un po’ più spesso (credo, non lo so ahaha) questa shtoriellaH ma poi boh, si vedrà.
Dopotutto non è l’unica storia che voglio portare avanti, si intende.
Sinceramente sono soddisfatta di come mi è venuta fuori la torre, ma non sono sicura di essere riuscita ad illustrarla bene anche a voi.
Il prossimo capitolo sarà un po’ più movimentato (si spera), tranquilli.
Ok, non ho più nulla da dire.
A presto!

Aura_

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Fuoco e Lacrime ***


_Mistralopoli_


La donna fissava le due Guardiane con un misto di stupore e serietà con i suoi occhi smeraldo segnati da innaturali pagliuzze rosse. Non fece domande e non sgridò i figli, piuttosto si avvicinò all’altare.
“Zekrom mi ha parlato, sta per succedere qualcosa di molto brutto. Siete tutti in pericolo. Gli abitanti stanno già evacuando la città, raggiungeteli. Tutti e quattro” disse categorica la donna mentre superava il gruppetto.
”Mamma… non possiamo lasciarti qui. Prenderemo le due Liti e ce ne andremo tutti assieme…“ iniziò Natural, ma la donna si girò frustando il vento con i suoi capelli verde petrolio.
“Non lascerò che la torre vanga distrutta! Scaccerò i forestieri con le mie forze, costi quel che costi!” declamò decisa.
“Mamma…?” mormorò stupita Pure.
“Andatevene“ rispose, rivolgendosi di nuovo verso l’altare.
I due ragazzi si voltarono e iniziarono ad avviarsi verso la scala, seguiti da una Fujiko parecchio perplessa.
Ayumi era restata inchiodata al suo posto, a scrutare silenziosa la donna.
‘La sensazione… si è come minimo quadruplicata… e sale d’intensità’ pensava, immersa nel vento che sembrava volerla scacciare dalla torre.
“Tu… perché rimani?” le chiese la signora, rompendo il silenzio, ma senza voltarsi a guardarla. Ayumi non rispose, il voto nascosto dalla cascata candida dei suoi capelli, tormentati dal vento.
“Pensi che io non possa farcela da sola…?” chiese di nuovo, questa volta girandosi piano, la frase lasciata in sospeso.
“…Guardiana?” concluse, fissando con severità la ragazza dalla testa bianca china.
Fujiko trattenne il respiro, mentre i due fratelli erano perplessi.
“Tu… sai chi siamo?” chiese la bionda titubante. La donna annuì piano.
“Lo ho capito subito. Per quanto ti riguarda, la sensazione è più debole, ma lei…” disse, indicando con un canno Ayumi.
“Che cosa stai dicendo? Chi sono queste due ragazze?” chiese N, che era improvvisamente sbiancato.
“Loro sono come me. Le sacerdotesse di un Pokémon Leggendario, legate a loro per la vita. Seguitele, loro sapranno proteggervi” disse semplicemente, per poi avvicinarsi sempre di più all’altare, dove recuperò il Chiarolite.
“Pure, Natural… proteggete il Chiarolite. Non deve cadere nelle mani sbagliate, ma deve ricongiungersi al suo Guardiano. Guardiane… portate Pure con voi… anche lei deve partire per ritrovare e rendere la metà dell’anima” disse, prendendo tra le mani lo Scurolite.
Lo alzò verso il cielo.
Qualcosa dietro di loro esplose.
“Ayumi!” urlò la Guardiana di Jirachi, la sfera del suddetto Pokémon tra le mani. L’altra liberò Articuno ed entrambe si unirono.
“Porta con te i ragazzi, io vi copro!” esclamò l’albina assieme al Leggendario del Gelo.
Fujiko sfruttò la sua forza psichica per sollevare i due ragazzi, stravolti dalla realtà a loro nascosta. L’altra Guardiana, invece, stava assistendo all’incendio della città di Mistralopoli, troppo simile a quello che aveva colpito Amarantopoli.
Nel frattempo lo Scurolite stava reagendo alla Guardiana adulta, assorbendo un’enorme quantità di energia e iniziando a splendere di elettricità, mentre cresceva di dimensioni.
“Risvegliati, Zekrom” sussurrò la donna all’oggetto vibrante, lascando che questo si liberasse dalle sue mani e restasse sospeso in aria, mentre attorno a lui si scatenava il putiferio.
“Ayumi, noi siamo pronti!” strillò la ragazza bionda sovrastando il rumore con la sua voce acuta, anche se di poco.
La Guardiana dei Venti Gelidi si librò nel cielo, venendo leggermente respinta dall’energia dello Scurolite.
Poi si gettò in picchiata giù dalla torre, seguita da Fujiko, mentre alle loro spalle si innalzava un ruggito rabbioso. Pure stringeva tra le mani il Chiarolite, che era rimasto immobile nel suo silenzio. Reshiram si assentava dalla battaglia.
Ayumi sentiva l’aria fischiarle nelle orecchie, mentre volteggiava velocemente per coprire gli altri ragazzi dalle fiamme.
‘Non dovrei stare vicino al fuoco proprio io… ma a questo punto credo di non avere altre scelta’ pensava Articuno per entrambe, prima che salissero di nuovo verso il cielo grigio pietra per scatenare un’abbondante nevicata tramite il potere del gelo.
Dall’alto si vedeva il putiferio che infestava la città, in parte coperto dal fumo. Il Fun Club stava andando a fuoco, assieme al mulino e a qualche altra casa. I Pokémon scappavano dalla palude, e le fiamme minacciavano la foresta.
‘Non va bene... la neve non è abbastanza veloce... ci vorrebbe della pioggia, ma come posso...?’ si chiesero le due, mentre sentivano le urla lontane della gente in fuga unite a quelle del Leggendario che malediva con voce piena di dolore le persone che avevano distrutto ciò che lui proteggeva.
Lo sentirono alzarsi nel cielo, la madre di Pure e Natural dritta fiera su una spalla del Pokémon.
‘Pioggia...’ pensò di nuovo la Guardiana dei freddo, cercando di non distrarsi. Piegò la testa verso il terreno e appiattì le ali lungo il corpo, lasciandosi cadere nel fumo denso e scuro che iniziava a insinuarsi ovunque e che sporcava la neve con la fuliggine.
Atterrò per poi mettersi a correre verso il punto in cui i ragazzi erano stati inghiottiti dalle fiamme, protetti dal fragile scudo psichico di Fujiko.
‘Spero non si sia esaltata troppo... i suoi poteri si sono appena sviluppati...’ pensò Ayumi, parlano più a se stessa che ad Articuno.
Fortunatamente stavano bene, anche se erano scossi.
“Ayumi!” esclamò la Guardiana dei Desideri, la voce un po’ angosciata, ma sollevata.
“Fujiko. Ho bisogno del tuo aiuto” replicò l’altra, seria. Non avevano tempo e avevano poche possibilità.
Il sorriso della ragazza di Amarantopoli si estinse nel sentire il tono di urgenza, e annuì, pronta ad ascoltare ciò che la veterana doveva dirle.
“Devi aiutarmi a concentrare più calore possibile in un solo e ad intensificarlo, se riesci. Lo lancerò verso l’alto” spiegò frettolosamente.
“Come devo fare, scusa?” chiese scandalizzata la novellina, spiazzata quanto i due fratelli che non stavano capendo nulla della situazione. Ayumi si lasciò sfuggire un sospiro ansioso e un po’ irritato.
“Come potrei saperlo io? Ho solo il potere del vento e della neve. Giratina non te l’ha detto? ‘Tuo è il potere, spetta a te conoscerlo e sfruttarlo’. Ricordati che lo hai sempre avuto, ricordati che tu sei in parte un Pokémon Leggendario!” le ringhiò contro un po’ frettolosamente.
La biondina annuì lentamente, colpita e un po’ risentita per le parole dure dell’altra.
‘Che le è preso tutto d’un tratto?’ si chiese, mentre i suoi occhi, azzurri per l’Unione, si contornavano di luce fucsia e lei si staccava lentamente da terreno, i capelli sollevati ma perfettamente immobili.
Concentrandosi, percepiva il calore, lo vedeva. Impose le mani davanti a lei e iniziò a ondeggiare le dita verso un punto centrale di fronte a lei, osservando le particelle che seguivano la sua forza di volontà.
‘Di più’ pensò ‘È troppo poco...’
Aprì i palmi tremanti, mentre piccole gocce di sudore iniziavano a imperlarle la fronte e a scivolarle lungo la tempia.
Improvvisamente il Chiarolite si liberò dalla stretta, se così si può chiamare, di Pure, schizzando verso il punto dove l’aria si stava facendo bollente. Si posizionò al centro e incominciò a tremare, la superficie liscia ricoperta di bagliori arancioni.
‘Cosa?’ pensò la Guardiana dei Desideri mentre la pietra iniziava a radunare, sprigionare ed invertire l’energia attorno a sé, riscaldando enormemente lo spazio circostante.
‘Ci siamo’ pensò l’albina, che ne frattempo aveva circondato la città con un anello di vento, il quale aveva come fulcro centrale la calda forma di energia.
“Vai!” esclamo, schioccando le dita in direzione del punto cruciale. Il vento si abbatté con violenza contro le raffiche provenienti dalle altre direzioni. Una specie di tromba d’aria si innalzò per poi spargersi nuovamente. La neve si sciolse e iniziò a piovere.
Il Chiarolite si spense e giacque in mezzo alla terra fuligginosa sempre più fangosa, silente. Pure lo raccolse.
“Grazie, Reshiram” sussurrò dolcemente alla pietra, tornata al suo lungo sonno.
Fujiko si era lasciata cadere a terra, esausta. Ayumi invece non sembrava troppo affaticata.
‘Ma come fa? Con tutto quel vento, anche lei dovrebbe essere esausta... perché...?’ si chiese la bionda, guardando la ragazza che fissava, immobile e silenziosa, il cielo.
“Resta con loro... non è finita” sussurrò poi lei, aprendo le ali di scatto e tuffandosi nella pioggia battente, incurante che questa le appesantisse le ali.
Ma l’albina aveva ben altri problemi per la mente.

“Mamma! Mamma!”
“Stai indietro! Non ti avvicinare!”

Un ruggito, molto forte, riscosse la ragazza dai suoi pensieri. Troppa confusione, troppa gente. Troppo sangue.

“Dove è andata così di corsa?” chiese Pure con leggerezza, come se tutto ciò che stava accadendo fosse normale routine quotidiana.
“Non lo so... mi ha detto.. solo di restare... qui con voi” boccheggiò la bionda, che ansimava frettolosamente tentando di far calare i battiti cardiaci.
La ragazza con i capelli acquamarina si accoccolò vicino all’altra, sorridendole nel tentativo di calmarla. Natural, invece, guardava preoccupato il cielo, come l’albina poco prima. Sembrava quasi che stesse anche lui per spiccare il volo lasciandole con un palmo di naso.
Ovviamente non successe e così rimasero immobili per qualche altro secondo, in attesa di un cenno, un consiglio.
A riscuoterli fu un ruggito, lontano ma forte. Fu quello a metterli in allarme.
“Mamma!” esclamarono i due ragazzi all’unisono, per poi mettersi a correre a rotta di collo giù dal pendio sul quale si trovavano.
Fujiko corse loro dietro, pur avendo da poco abbandonato il fiato corto. Si alzò di nuovo da terra, accelerando per tagliare la strada ai due ragazzi.
Tuttavia non ce ne fu bisogno, poiché i due si erano già fermati ad osservare il panorama, se così poteva essere definito.
Il pantano si era ghiacciato e diversi Pokémon erano rimasti schiacciati o intrappolati all’interno. Alcuni, più disperati o meno rassegnati di altri, si erano mangiati via l’arto o la  coda d’intralcio, per poi scappare in qualche modo verso la foresta, lasciando una scia rossa al loro passaggio.
Diversi uomini stavano combattendo, altrettanti soccombevano e venivano rimpiazzati dal doppio delle persone.
A fronteggiarli solo le due Guardiane. Anche la madre dei due ragazzi dai capelli verdi aveva effettuato un’Unione.
Le lunghe vesti da sacerdotessa erano completamente nere, così come i capelli divenuti inaspettatamente folti e racchiusi da di verde fasce azzurre cariche d’elettricità. La punta della frangia e dei vestiti anche era impregnata di quell’energia. Gli occhi rossi mandavano lampi.
Ayumi era dietro di lei, ma era strana. Sembrava a metà tra lo sconvolto e il rabbioso. Ma dire ‘rabbioso’ era un eufemismo. La ragazza dalla pelle pallida digrignava i denti e tremava, gli occhi rossi quasi luminosi e seminascosti dalle palpebre socchiuse, i capelli e i vestiti in balia di un vento tempestoso, le unghie conficcate nei palmi tanto da farli sanguinare e sbiancare le nocche.
Fujiko non l’aveva mai vista in quelle condizioni. Faceva paura. Era un salto troppo grande dalla ragazza tranquilla e atona che conosceva. No, che pensava di conoscere, con una buona dose di presunzione.

“Mamma!”
“Nasconditi!”

Era da tutta la vita che riviveva quel giorno, quell’incubo. Quel volto. Quel ghigno da pazzo quale lui era, quelle vesti antiche, quella sua voce così schifosamente rauca e spietata, quell’essere. Tutta la vita che sentiva la sua risata dopo aver ucciso.
Quel maledetto. Maledetto. MALEDETTO.
Non le importava di piangere e di sembrare una bambina. Non le importava di sentirsi presa in giro. Non le importava. Voleva solo vederlo accasciarsi al suolo, sputare sangue, mangiare il fango mentre tentava di tenersi in corpo gli organi vitali. Voleva vederlo soffrire e poi morire. Voleva che pagasse.
E voleva che accadesse per mano sua.
Non era più una bambina, non si sarebbe più nascosta, non avrebbe più assistito da lontano, impotente. Lei non era impotente.
Lei non lo era più.
‘Ayumi.’ La voce di Articuno raggiunse la sua mente, ma Ayumi la ignorò. Non si sarebbe fermata. Per niente al mondo.
‘Ascoltami! Non puoi combatterlo.’ Articuno sembrava preoccupata, continuava a chiamare la Guardiana, che stava ancora osservando davanti a sé con quello sguardo omicida.
“Oh, guarda... chi non muore si rivede, non è proprio vero, Natalie? Direi che è il nostro ultimo incontro allora. Peccato, mi sarebbe piaciuto parlare ancora un po’ con te” iniziò l’uomo, la voce spregevole era carica d’ironia.
“Taci, stolto! Tu non hai il diritto di fare questo! Tornatene da dove sei venuto!” esclamò con enfasi la Guardiana di Zekrom.
“Suvvia, quanto astio, cara. Non vorresti ricordare i vecchi tempi, quando abitavamo sotto lo stesso tetto? Quei due là in fondo con i capelli verdi sono i nostri ragazzi? Sono proprio cresciuti, hai fatto un buon lavoro... ma adesso devono stare un po’ con il padre, ne va della loro corretta crescita” rispose lui, apparentemente divertito.
“Proprio per questo motivo non verranno con te. Tu non sei in grado di distinguere il bene dal male e loro non devono imparare da te!” La donna ormai urlava. Sembrava velatamente preoccupata.
“Ti sbagli” sussurrò Ayumi. Tutti gli sguardi furono su di lei, nonostante il suo tono di voce fosse relativamente basso.
“Lui ha scelto. E ha scelto il male” concluse, sempre a bassa voce, tremante come il resto del suo corpo.
“Mmmh? Ci conosciamo... credo?” borbottò l’uomo, vagamente perplesso.
Nessuno ci capiva nulla, prima fra tutti Fujiko, l’unica che non conosceva la fonte dei problemi attuali. Altezza nella media, corporatura indefinibile per via dei vestiti molto larghi con un motivo ad occhi di dubbio gusto, capelli d’un verde sbiadito, l’occhio visibile, il sinistro, rosso. Il destro era coperto da una sorta di monocolo moderno con la lente opaca rossa.
Anche se non dava l’impressione di essere particolarmente vecchio, lo era decisamente troppo per la signora Natalie.
Che legame poteva mai avere Ayumi con quell’uomo?
Alla bionda tornarono in mente le parole di N. ‘Noi non ne parliamo’, aveva detto con aria scura quando avevano accennato a suo padre. In effetti non prometteva nulla di buono. In cuor suo, la Guardiana aveva paura del futuro imminente.
“Quello è Ghecis...” sussurrò Pure, scandalizzata dal sorriso che il padre aveva rivolta a lei e al fratello. Ma soprattutto a lei.
“Nostro padre...” concluse Natural, scosso quanto lei.
La Guardiana dei Desideri si voltò nuovamente a guardare la scena. Ora l’uomo aveva un nome. Ghecis. Chissà se Ayumi lo sapeva.
Tentò di chiederglielo, ma il suo messaggio venne respinto da una forza che la bionda non aveva mai sentito. Erta tetra, triste, diversa da quella solitamente emanata dalla ragazza.
Un’aura malvagia.
‘Ayumi, per favore, non devi lasciare che l’odio riempia il tuo cuore!’ Anche Articuno si era accorta di quel cambiamento radicale, e tentava di tirarla fuori.
‘Articuno... proprio tu, dovresti saperlo’ rispose lei a scatti. Articuno tacque.
‘Se non vuoi che io sprofondi, aiutami. Con te posso riuscirci’ disse ancora. La Leggendaria acconsentì.
Ma appena spiegarono le ali, una scossa elettrica si abbatté su di loro, paralizzandole all’istante.
La mossa di Natalie.
“Non vi lascerò combattere. È una questione personale. Statene fuori, per favore” disse la donna categorica.
Ayumi si limitò a digrignare i denti, rabbiosa e disperata, mentre vedeva la madre dei due ragazzi avanzare verso l’uomo che l’aveva rovinata.
L’albina strizzò le palpebre creando uno strano gioco di luci nei suoi occhi.
‘Per favore, no. Non di nuovo... non ancora...’
Ma la Guardiana del Drago Nero avanzava, circondata da fulmini, che scagliò contro l’uomo.
Inaspettatamente, lui non fece nulla, se non ridere, ridere sguaiatamente. I fulmini gli passarono ai lati senza colpirlo, incenerendo o ustionando gravemente le reclute che accompagnavano l’uomo, tutte in grigio. Chi non era stato colpito sussultò, ma non si mosse e non disse nulla.
“È pazzo...” mormorò Fujiko, spaventata. E Ayumi voleva combattere contro quel mostro. Ma perché, poi?
“È inutile, mia cara. I tuoi poteri sono inferiori ai miei!” sbraitò Ghecis, riaprendo l’occhio. Era totalmente nero.
“Forse sì... ma quelli di Zekrom no! Non riuscirai a sconfiggerci!” urlò la donna in risposta, scagliando un raggio luminoso, decisamente più potente rispetto al colpo precedente.
Lui alzò una mano, e l’attacco si estinse contro una barriera di placche oscure.
“Mi hai stufato, donna” sussurrò, diventando di colpo minaccioso. Caricò un colpo con le braccia e sbatté il piede forte sul terreno. Subito ne scaturì un’onda d’urto nera, troppo veloce da schivare o da eludere in modo decente.
La donna fu colpita e separata dal suo Leggendario, che urlava di dolore.
“Che razza di mossa era quella?” urlò la bionda, ormai disperata. Non vedeva via d’uscita da quell’inferno di situazione.
“Epilogo” ghignò Ghecis, lanciando un raggio oscuro contro la donna, che non provò nemmeno a sottrarsi, ma si tolse il pendente, gli diede un bacio e lo lanciò.
Prima che Zekrom si mettesse tra lei e il raggio e subisse al colpo al posto suo.
Urla riempirono la distesa ormai innevata. Urla di dolore del Pokémon Ideale, urla disperate delle Guardiane e dei fratelli, risate tanto forti da sembrare urla anch’esse da parte di quel mostro.
Il Drago Nero venne avvolto da quella nebbia oscura, una nebbia malvagia. Uno strano suono si diffuse nell’aria. Era simile a quello delle pastiglie effervescenti che si mettono nell’acqua. Ma se quelle guarivano, questo rumore dannava. Era il suono della carne del Pokémon che sfrigolava e si putrefaceva, facendolo urlare assieme alla sua Guardiana.
Fujiko si coprì gli occhi strillando suppliche. Non era preparata a quel putiferio, a quel dolore. Non lo voleva, voleva andarsene.
Guardò Ayumi tra le lacrime. Lei stava osservando il Pokémon Leggendario con un’espressione orripilata, mentre ripeteva una sola parola.
“No... no, no, NO, NO!” si ribellava, nonostante la paralisi le impedisse quasi di parlare. ‘Non di nuovo!’
Ma ormai era tardi. Il Leggendario degli Ideali era morto, accasciandosi al suolo, il cadavere sfigurato, le orbite vuote, il sangue che fuoriusciva dalla bocca.
Regnava il silenzio. Poi Ghecis rise, rise pazzamente, piegato in due.
“Non potete fare nulla! NULLA!” strepitò in un moto di follia.
“Tu.. Bastardo!” gli urlò Ayumi, liberatasi dalla paralisi, correndogli incontro con un kunai di ghiaccio già pronto nel pugno chiuso.
Nella sua carica incappò nell’onda oscura, già scagliata dal mostro, e Articuno venne sbalzata via, mentre l’albina perse un po’ l’equilibrio, permettendo all’uomo di afferrarla per la gola.
“Accidenti, che parole... una signorina non dovrebbe essere così volgare...” mormorò, sollevandola da terra e stringendo la presa.
“Le bambine cattive devono essere punite” ghignò poi, sadico. Generò una scarica elettrica che andò a sconquassare il corpo della ragazza bianca, percorso da spasmi involontari. Lei lanciò un grido soffocato dalla morsa.
Soddisfatto del  suo operato la buttò per terra, dove la ragazza rotolò per qualche metro, per poi stare immobile con il respiro tremante.
“Sciocca. Cosa speravi di fare? Non sono così debole. Anche se devo ammettere di essere colpito. Chissà che cosa si aspettano mai i Leggendari da te, che sei come me...” rifletté lui a voce alta.
“Io... non sono... e non sarò mai... come te...” boccheggiò Ayumi, tentando di raddrizzarsi.
‘No, ti prego, non dire nulla, resta in silenzio, Ti prego, ti prego!’ diceva intanto Fujiko a sé stessa, mentre accanto a lei i fratelli erano troppo sconvolti dalla sequenza di eventi per formulare una frase di senso compiuto.
“Tu... non sei come me, dici? In base a cosa, scusa?” chiese lui, avvicinandosi al corpo sottile ancora attraversato da scariche elettriche.
“Tu... hai torto... bastardo...assassino” ringhiò l’albina sputando quelle parole come se fossero velenose.
Ghecis rise di nuovo.
“Io torto?” chiese, tirando un calcio alla ragazza che rotolò ancora per qualche metro con un gemito, mentre saliva mista a sangue usciva dalla sua bocca. “Sciocca. Quelli come te soccomberanno. La caccia è già iniziata... ma sono buono. Ti lascerò vivere. Mi servi ancora. Raduna il tuo piccolo esercito, faremo i conti allora. Vi schiaccerò tutti assieme” disse infine con voce amara.
Poi si voltò e scomparve assieme alle sue reclute.
La Guardiana dei Desideri si lanciò giù dal pendio urlando il nome dell’altra, che non si muoveva.
Anche Articuno l’aveva raggiunta e la stava aiutando a raddrizzarsi.
“Ayumi! Stai bene?” le urlò, senza alcuna risposta in cambio. “Per favole rispond..” iniziò.
“Dov’è...?” sibilò con un filo di voce l’albina. La bionda accostò l’orecchio alla bocca di quella per riuscire a sentirla.
“Dov’è... Natalie?” chiese di nuovo la Guardiana ferita.
“Lì... sta bene, ma Zekrom...” singhiozzò la ragazza di Amarantopoli, le lacrime ad inumidirle gli occhi smeraldo.
In effetti la donna era inginocchiata vicino alla carcassa del Pokémon, con un piccolo sorriso triste sulle labbra.
“Pure, Natural... avvicinatevi” sussurrò la donna, che stava piano piano diventando più pallida e debole. I due ragazzi avanzarono piano, con l’aria più sconvolta che mai.
“Mi dispiace ma... non posso più stare con voi...” sussurrò la donna. Entrambi i fratelli fecero per aprire bocca, ma Natalie li bloccò con un gesto della mano.
“Non interrompetemi, non ho molto tempo. Io morirò per salvare Zekrom, che lo voglia o no. Lui mi ha detto tutto, io sono la sua Guardiana. Anche tu, Pure, lo sei di qualcuno, è un dato di fatto. Per favore, combatti. Fa paura, fa male, me è necessario. Segui queste due ragazze e porta il Chiarolite con te... aiuta Reshiram.
“Natural... tu sei un ragazzo con un’aura incredibilmente potente, come tuo padre, ma hai un’anima buona. Non hai alcun Leggendario legato a te, per cui puoi tirarti fuori da questa situazione. Aiuta la gente di qui. Aiutala e superate insieme questo massacro. Ti affido lo Scurolite. E... sostieni tua sorella, mi raccomando.. lei e anche quelle due ragazze.
“Non dovete odiarle. Dalla ragazza con i capelli bianchi... proviene un  grande dolore. Lo percepite? E l’altra non è forte... non poteva fare nulla. È probabilmente nuova a questa realtà... come te, Pure. Recupera il mio pendente... ti aiuterà, vedrai.
“Vi voglio bene... figli miei” concluse, ormai trasparente. La sua sagoma si dissolse in una sorta di polvere scintillante, che andò a circondare il cadavere dell’leggendario. Le ferite di questo si risanarono, la carne si riformò e lui tornò alla vita.
Sacrificando quella di Natalie.
Un’altra Guardiana era morta.
“Mamma!” urlarono i due fratelli di nuovo all’unisono, disperati, ormai privi della loro guida. Fujiko aveva il volto sporco di fuliggine schiarito dai punti in cui le lacrime le avevano solcato il volto.
Ayumi era in ginocchio seduta sui calcagni, gli occhi ciclamino sbarrati a fissare il vuoto, estranea al mondo, la mente lontana.
Tremava, tanto e non faceva il minimo sforzo per controllarsi.

“Mamma... non c’è più. La luce l’ha avvolta e lei è sparita. Dov’è andata la mamma? Non tornerà più... vero? È morta... giusto?

“Di nuovo” sussurrò, vitrea a nessuno in particolare. Un’unica lacrima solitaria solcò il suo volto, mentre la sua coscienza veniva schiacciata dai ricordi. Un’altra volta.
La Guardiana dei Desideri si sentì in dovere di prendere in mano la situazione.
Si avvicinò a Zekrom, asciugandosi le lacrime.
“Mi dispiace” disse lui, sincero, prima di tornare sottoforma di Scurolite, che la bionda consegnò a N.
“Dobbiamo andarcene...” sussurrò prendendo per mano Pure e Ayumi.
“Vi accompagno... almeno per un po’” sussurrò lui, mettendo un braccio attorno alle spalle della sorella.
Poi tutti assieme fuggirono verso il Monte Vite.

“... è successo di nuovo... perché? Perché?.... Mamma, aiutami... non voglio, non più...”

Angolino nascosto nell’ombra

Capitolo tempo record, una settimana precisa. Felici? Lo spero. Perché io mi sono sentita cattivissima mentre scrivevo questo. Mi sembra un po’ crudele. Che sono nove pagine abbonanti, per la cronaca, quindi è decisamente più lungo del solito.
Il prossimo sarà, temo, corto. Ma... strano, diciamo.
Perdonate gli errori di scrittura... sono molto distratta. E un po’ stupida.
Una cosa... Non stupitevi se vi ritroverete dei titoli in inglese. Io mi diverto a cambiare lingua così, a caso.
L’altro giorno mi sono fatta un discorso in inglese, provando per una storia... sì, io alcuni dialoghi me li invento facendoli. Però a volte lo faccio in inglese perché in quella storia la lingua comune è l’inglese... ecco.
Ma immagino non ve ne freghi nulla, giusto? Bene! (?)
Ora pubblico e poi faccio altro. Recensite, se vi va. Altrimenti non fatelo. Semplice, no? ^^

A presto!

Aura_

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Prigioniera ***


Capitolo 10: Prigioniera


_???_
 

La ragazza aprì gli occhi dopo tanto tempo.
Le palpebre erano ancora pesanti e si sentiva gli occhi come attaccati, impastati. Era tutto appannato, nebbioso.
Teneva gli occhi socchiusi, in una lotta disperata contro il buio e il sonno. Vedeva tante piccole lucine che si affievolivano in continuazione per poi riaccendersi, mentre le lunghe ciglia tremavano.
Chiuse gli occhi per due secondi, poi li spalancò. Il neon che vedeva nel corridoio era l’unica forma di luce che c’era. Lanciava una tetra luce fredda sulla stanza spoglia, attraverso la porta piuttosto stretta.
Lei era proprio davanti all’entrata.
Sbatté le palpebre più volte velocemente, per cercare di muoversi, almeno un pochino. Doveva tenere la mente agile e veloce e concentrarsi su qualcosa.
Addormentarsi era stato un pessimo errore. O meglio, permettere che riuscissero ad addormentarla. Probabilmente l’avevano drogata.
Lei scosse la testa. Doveva stare sveglia almeno per un po’. Solo per verificare... la sua situazione.
La stanza non cambiava. Non era mai stata spostata da quel posto.
Era molto freddo, davvero tanto. La parete era fredda e metallica, come il pavimento. Tutto era metallico e odorava di disinfettante o deodorante per ambienti.
Ma, nonostante tutto quel miscuglio, tutto sommato piacevole, di fragranze, si avvertiva qualcosa di sbagliato, tenuto nascosto.
La ragazza temeva di immaginarlo. Ma provava a non pensare a quello, ma di concentrarsi su altro. Già, altro... ma che cosa?
Il tempo
Il tempo poteva essere un buon fattore.
Non se lo era chiesto. Da quanto tempo era là dentro? Si era addormentata quando aveva capito di essere stata sconfitta.
Poi, tante macchie di luce e di buio, tanti suoni indistinti, tante voci sovrapposte.
Solo l’odore dolce e palesemente falso le dava stabilità. E, ovviamente, la stanza e la penombra.
Il suo vestitino la proteggeva poco e nulla dal freddo del posto, le sue labbra tremavano e i denti battevano. Motivo in più per non addormentarsi di nuovo.
Doveva pensare ad altro.
Lo spazio.
Beh, lo aveva già analizzato diverse volte, ma perché no?
Era tutto grigio e lucido, fatto di metallo. Le lamine erano fissate al muro sottostante tramite delle specie di viti. Sul tetto c’era una sporgenza fatta a tunnel squadrato abbastanza grossa perché una persona potesse passarci attraverso. Questa era collegata ad una grata piuttosto grande che si trovava sulla parete a qualche metro dal suo braccio sinistro, ma in alto, molto in alto.
Non poteva rappresentare una via di fuga, era troppo bassa per raggiungerla anche saltando. Come aveva già constatato diverse volte.
Ai suoi fianchi si trovavano due anelli ancorati al muro, dove a loro volte si concatenavano tra loro gli anelli di, appunto, una catena. Spessa grigia, fredda. Un metallo molto pesante e duro, impossibile da spezzare per i suoi gracili polsi.
Erano piuttosto lunghe, se avesse voluto avrebbe potuto alzarsi in piedi e avanzare di tre passi. Forse avrebbe dovuto farlo, ma ancora non era sicura di riuscire a muoversi.
Alle caviglie aveva due dispositivi circolari metallici, come tutto in quel posto. Nella loro metà erano attraversati da una striscia di un colore acceso e fluorescente. Non era ancora riuscita a capire se fosse rosso o blu. Cambiavano colore di tanto in tanto. In quel momento erano rossi.
Quei dispositivi, probabilmente, erano collegati in qualche modo alla sua prigionia, un vero e proprio ostacolo  per la sua fuga.
Aveva i piedini scalzi, come suo solito. La pelle pallida pareva brillare, illuminata dalla luce fredda del neon. Non si muovevano e non percepiva la loro presenza.
Effettivamente, tutto il suo corpo era freddo ad immobile, congelato nell’aria fredda della cella. Sì, perché quella stanza era davvero una prigione. La porta era ricoperta da sbarre e ai lati della stanza si vedevano le piccole e tondeggianti lucine rosse delle telecamere, puntate verso di lei in una spietata attesa che non si sarebbe mai estinta.
Era sempre osservata da due occhi invisibili, affilati come quelle luci che davano tanto fastidio alla ragazza.
La stanza in sé era quadrangolare, probabilmente un rettangolo con assai poca differenza tra lato maggiore e minore.
E, al contrario di quello che si poteva pensare, non era completamente spoglia. Sarebbe stato uno spreco di spazio. No, c’erano due librerie e diverse altre mensole.
La ragazzina non capiva a cosa servissero. Nessuno era mai venuto da lei, tranne per darle da mangiare. Forse quei libri erano per lei. Come se volessero fare i carini.
Beh, era un tentativo inutile, lei non sapeva leggere. O almeno, non credeva... spesso si ritrovava ad avere talenti o capacità inaspettate. Come quella volta che...
Vuoto.
Ricordi che non le appartenevano del tutto, emozioni senza razionalità. Le scacciò.
Anche il fattore spazio si era esaurito, aveva finito di distrarla.
Che altro poteva fare?
Ricordare.
Già, ricordare. Ma cosa? I ricordi li aveva, ma erano confusi e senza un ordine preciso. Doveva mettere un po’ di ordine nella sua testa.
Si accorse di non ricordare con precisione il proprio nome e il proprio aspetto.
Peri il secondo non era difficile... bastava riflettersi nell’abbondante materiale riflettente che componeva la zona. La parete dietro di lei, per esempio.
Ma girarsi poteva essere più complicato del previsto, soprattutto se eri fermo da tanto al freddo, intirizzito e ancora mezzo addormentato.
La ragazza accennò un movimento. Un brivido le percorse tutto il corpo, improvvisamente dolorante.
Era un blocco di ghiaccio. Le membra erano completamente fredde e rigide, mentre tutti i muscoli erano contratti.
Ma lei doveva girarsi. Lasciò fuoriuscire l’aria precedentemente inspirata con un sibilo, mentre portava le gambe piegate vicino al petto.
Riprese a tremare più violentemente di prima, senza un motivo preciso. Faceva un po’ male e muoversi era davvero difficile. Si prese un po’ di pausa. Dopotutto, il tempo libero non le mancava.
Sospirò leggermente un paio di volte, osservando il vapore che abbandonava le sue labbra tremanti e si innalzava lento verso l’alto, squagliandosi.
Riuscì così a calmarsi un po’, aspettando che i lenti secondi passassero a scandire il tempo che lei passava rinchiusa là dentro. Effettivamente, lei sapeva solo che si trovava ‘dentro’. Non sapeva se era sotto o sopra, lontana o vicina, a destra o a sinistra.
Per la prigioniera, quello era il ‘dentro’.
Lasciò che il suo corpo magro cadesse verso sinistra, picchiando le ginocchia con un leggero tonfo che si propagò tramite l’eco. Incespicò un solo istante con le catene che le trattenevano i polsi, le quali si erano incrociate attorno al suo corpo. Anche quelle sorte di anelli alle caviglie erano davvero scomodi, ma li avrebbe sopportati.
Dopotutto voleva semplicemente dare uno sguardo al suo riflesso, visibile in quella posizione.
Aveva un visino dai lineamenti dolci e delicati, la pelle candida e le piccole labbra appena un poco carnose, a forma di cuore. Queste erano appena rosate, pallide e screpolare, martirizzate dai denti candidi.
Il naso era piccolo e all’insù, un po’ arrossato per il freddo come le guance, all’apparenza molto morbide.
Aveva due grandi occhi, in quel momento sgranati e un po’ impauriti. Avevano il colore delle arance mature, d’un arancione talmente intenso da sembrare falso. Le palpebre dal taglio vagamente orientale erano incorniciate da lunghe ciglia sottili. La fronte era occupata dalla frangetta curata, tagliata dritta e di netto. Due ciuffi più lunghi le accarezzavano le guance e sfioravano le orecchie piccole e leggermente appuntite. Poi i capelli le ricadevano in morbidi boccoli celesti sulle spalle, fatta eccezione per due ciuffi dritti che si stagliavano ai lati del cranio.
Il collo era sottile ma non così lungo. Anche il resto del suo corpo era fine e delicato, e il vestitino che portava le stava grande. Era semplice, bianco con sue piccole spalline e si apriva fino al ginocchio. Era stato cucito in modo che la stoffa formasse morbide pieghe. Ricordava un po’ la panna montata.
La ragazza continuò a fissarsi. Non si riconosceva ancora del tutto bene. Alcune cose le sembravano strane. Tipo il suo naso e la sua frangia.
Riconosceva però gli occhi. Quegli occhi profondi seri che contenevano un fondo di saggezza. Li riconosceva e li aveva visti tante volte. Si ricordò anche da chi.
Da lì iniziarono i collegamenti, tanti troppi. Le venne mal di testa. Decise di darsi una calmata.
Si fissò nuovamente sul suo riflesso. Doveva dare un nome a quel volto. Doveva nominare sé stessa.
Era un nome lungo e ricercato, ma abbastanza melodico. Aveva anche un soprannome più corto.
Decise di procedere lettera per lettera.
S.
Iniziava con la lettera sibilante. Provai ad articolarla concentrandosi nel riflesso delle sue lebbra. Ne uscì una specie di soffio appena udibile, mentre la sua gola andava a fuoco. Deci se di lasciar perdere.
Pensò sempre più intensamente a quella parola che era il suo nome. Era infelice, perché per lei perdere i. nome significava perdere parte di sé stessa.
‘Sh...e...’ era riuscita a ricomporlo un poco. Ma dovette passare all’incirca una ventina di minuti prima che il suo nome emergesse nella sua completezza.
‘Shinseina. Mi chiamo Shinseina e ho quindici anni’ si disse con lentezza, presentandosi alla lei nel riflesso. Già, Shinseina soprannominata Shinsè. Ecco la parola ricercata.
Per quanto riguardava il cognome, gettò la spugna. Sarebbe stata una guerra persa in partenza, non valeva la pena di combatterla.
Ora si sentiva più sollevata. Aveva un nome, un’età e il corpo le rispondeva correttamente. Tuttavia non era sicura che l’ultimo fattore fosse necessariamente positivo.
Le piaghe e le abrasioni ai polsi e alle caviglie, il freddo, il male alla testa e la gola riarsa la stavano facendo sentire piuttosto male. Senza contare poi quella stanchezza contro cui le sue palpebre non avevano mai smesso di lottare.
Tremante, si votò di nuovo verso la porta. Aveva fame. E ardeva dal desiderio di conoscere l’ora esatta. Le sembrava di vivere fuori dal tempo. E non le piaceva.
Doveva sintonizzarsi su qualcos’altro. Ma prima o poi gli appigli sarebbero finiti.
‘Posso ricominciare da capo. Devo aggrapparmi a qualcosa o smetterò di esistere’ erano i suoi pensieri fissi.
Che cosa, quindi, meritava la sua attenzione in quel momento? La porta.
Che si stava lentamente aprendo.
A metterla in allarme fu uno schiocco metallico. Poi, con un leggero ronzio, le sbarre rientrarono nel muro, risalendo in verticale.
Qualcuno entrò con passo lento e abbastanza rumoroso. Non si riusciva a capire chi fosse e quali fossero le sue emozioni, perché portava una lunga tunica con un mantello provvisto di cappuccio, il quale nascondeva il viso della figura.
Questa si limitò ad osservarla un po’ per poi alzare una man e schioccare le dita. Il secco rumore si propagò per la stanza. Poi, lentamente, le catene mollarono i polsi arrossati e graffiati di Shinsè.
Con la stessa mano, guantata tra l’altro, indicò la porta e le fece un cenno. La stava invitando a seguirlo.

Tutti i corridoi erano freddi, ma soprattutto erano vuoti e silenziosi. La ragazzina si trascinava piano dietro la figura, guardandosi i piedi screpolati e con le caviglie ancora imprigionate da quei congegni che gliele facevano sanguinare.
Era difficile e doloroso camminare, ma non aveva scelta. Stare nella sua cella era inutile. Almeno in quel modo poteva sgranchirsi le gambe.
Svoltarono diverse volte in varie direzioni, aprirono porte, salirono e scesero scale, presero perfino un paio di teletrasporti.
Infine, arrivarono in una stanza nettamente più calda. Era ricoperta di moquette rossa e si differenziava parecchio dall’aspetto metallico del resto della struttura.
L’individuo scomparve davanti ai suoi occhi, lasciando la ragazza con i capelli celesti sola e perplessa. Dopo qualche secondo lei decise di sedersi nuovamente. Si accoccolò in un angolo, vicino al caminetto acceso. Il fuoco lanciava degli spifferi tiepidi che carezzavano dolcemente il viso angelico di Shinseina.
Dopo essersi scaldata si sentii meglio e iniziò ad osservare di nuovo la stanza. Era completamente rossa e aveva dei quadri rappresentanti dei paesaggi appesi su tutte le pareti. Erano molto belli: rappresentavano alcuni dei paesaggi più maestosi nella stagione che li faceva apparire ancora più magici.
Comode poltroncine color crema e bianco avorio, che parevano molto soffici. Al centro di queste si trovava un tavolino con un doppio ripiano in vetro. Quello sotto sorreggeva delle bibite e dei bicchieri di cristallo, l’altro esibiva diversi vassoi rialzati colmi di dolciumi e altri stuzzichini.
La ragazzina avvertì di nuovo i  morsi della fame, ma indugiava. Era intelligente e era anche una grande pensatrice. Non capiva come avessero potuto lasciarla a congelare in una cella buia per poi portarla lì.
Così rimase fissa al suo posto, osservando e tentando di non appisolarsi cullata dal calduccio del fuoco.
Ad un tratto un ‘biiip’ acuto la distrasse. Si guardò intorno, stupita, ma non c’era nulla che apparentemente potesse aver prodotto quel rumore. Il suo sguardo le cadde sulle caviglie, e capì. Quel suono indicava lo spegnimento degli strani aggeggi che aveva indosso, improvvisamente più larghi e leggeri. Una piccola luce verde li attraversava.
Lentamente, Shinsè se li sfilò rivelando la pelle martirizzata e sanguinante. Con una smorfia, li sfiorò con una mano e questi presero a formicolare.
La ragazza capì di aver riacquistato i suoi poteri, mentre la pelle si risanava. Però non riusciva a comprendere quel gesto. Era molto pericoloso liberarla dalla sua privazione per loro. Che cosa volevano?
Si avvicinò al tavolino e assaggiò un bignè. Il dolce sapore della glassa al cioccolato la fece sentire un po’ meglio.
Se volevano qualcosa, lei era pronta ad ascoltarli. Tanto valeva almeno prestargli un po’ di attenzione. Ma immaginava che cosa le avrebbero detto.
Si accoccolò su una poltrona crema, incastrandosi tra due cuscini color azzurro pastello.
Attese, ma inutilmente.
Solo il fuoco scoppiettante rompeva il silenzio. Era davvero un’atmosfera pacifica.
Così Shinseina si assopì.
Chiuse gli occhi e iniziò a ricordare.

"Il mio nome... è Shinseina... ho... quindici anni e... una missione da compiere..."

Angolino nascosto nell’ombra
Non ve lo aspettavate, vero?
Della serie... “Da dove l’ha tirata fuori questa? Chi è? Che fine ha fatto Ayumi?”
Beh, SORPRESA! Hahahahaha *coff coff*
Allora... questo capitolo è pronto da... mmm... tre giorni, ma lo pubblico oggi così posso farvi i miei migliori auguri per il Natale.
Volevo scrivere qualcosa per Natale, ma non avevo idee originali (o meglio: una mi era anche venuta, ma era nel mio stile. Ossia: prima un po’ dolce e poi triste e depressa).
Davvero, spero che passiate un buon Natale. Ingozzatevi, festeggiate e godetevi le vacanze.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vorrei ringraziare tutti i nuovi che seguono o preferiscono la mia storia. Grazie mille, davvero .
Ah, e scusate il capitolo un po’ corto, ma è stato difficile scrivere solo descrizioni. Dopotutto, non ha fatto nulla di particolare.
Non voglio annoiarvi oltre.
Felice panettone e Meli Keuliseumaseu! (  è il modo di scriverlo coreano, non sono impazzita)
A presto!

Aura_

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Con gli occhi di una leggenda ***


Capitolo 11: Con gli occhi di una Leggenda.

_Monte Vite_

Sempre tenendo le mani delle due ragazze, Fujiko correva, trascinandole con sé. Gli sguardi delle persone non li avevano seguiti, troppo sconvolti nel guardare le loro case distrutte.
La bionda non conosceva la zona, solo il mulino, che era ormai solo un ammasso di rovine infuocate. Conosceva anche il monte, la cui entrata era franata. Puntò sicura verso quella, speranzosa.
“Come speri di entrare?” le chiese N, più che altro con lo scopo di rompere l’orribile silenzio segnato dai lontani pianti strazianti.
La ragazza non rispose, si limitò a stendere le mani davanti a sé e ad assumere la Forma Guardiana. Non aveva però fatto i conti con la sua stanchezza, e riuscì solo a sollevare di poco i massi prima di crollare in ginocchio, esausta.
Jirachi uscì in automatico dalla Pokéball, liberando facilmente con uno Psichico la strada.
N dovette caricarsi sulla schiena la Guardiana dei Desideri, tropo stanca persino per reggersi in piedi. Poi afferrò le mani della sorella e dell’albina. Infine si addentrò nel monte, che da piccolo aveva esplorato in lungo e in largo con Pure.
Quest’ultima era percossa da leggeri singhiozzi, ma più che triste sembrava furiosa. I suoi occhi verdi gettavano lampi, ma allo stesso tempo lacrimavano senza fine.
Ayumi, invece, sembrava un fantasma. Era talmente pallida da sembrare morta, gli occhi vitrei e le labbra pallide e screpolate serrate con durezza. Tremava parecchio, pareva posseduta.
Fujiko si era abbandonata ad un pianto silenzioso, incurante forse di star bagnando la schiena del ragazzo. Gli occhi verdi erano sbarrati per evitare di battere troppo le palpebre, che inevitabilmente alimentavano il flusso delle lacrime. Stringeva la stoffa della felpa di N come se fosse l’unico appiglio per la salvezza della sua sanità mentale.
Il ragazzo aveva smesso di piangere e cercava di tenere saldi i nervi. Aveva la sensazione che, se si fosse lasciato andare, sarebbero naufragati tutti nel dolore, senza riuscire ad uscirne. E doveva impedirlo, almeno alla sorella. Fujiko gli era sembrata molto allegra, abbastanza per riuscire a risollevarsi, con il dovuto tempo. Per la Guardiana dei Venti Gelidi, invece, pareva tutto inutile, perduta in un abisso talmente profondo e oscuro da sembrare immenso e privo di uscita.
Stringendo i denti, il ragazzo dai capelli verdi guidò il gruppo fino alla stanza più profonda e nascosta del Monte Vite.
Era completamente gelata, anche in estate, quando i caldi raggi del sole si riflettevano sul ghiaccio perenne che faceva da pavimento alla stanza, illuminandola di una strana luce pallida e fredda.
Per il resto, l’illuminazione era scarsa, come è giusto che sia, in una grotta. Il pavimento era scivoloso e irregolare, pieno di scalinate costruite per sfizio, ormai erose e umide. Insomma, non era esattamente il genere di posto che la gente sceglieva come meta turistica.
Ma, come alcune ostriche dal guscio anonimo e brutto, anche quella grotta nascondeva la sua perla. Una perla ghiacciata, che pareva quasi azzurra, illuminata da un raggio di luce casualmente riflesso in quella direzione. Si trattava di un enorme blocco di ghiaccio che si stagliava verso la fine della stanza, sovrastando le stalagmiti per andare a salutare le gemelle di queste pendenti dal soffitto.
“Dovremmo essere al sicuro… solo di rado qualcuno viene qui” sussurrò N, appoggiando delicatamente Fujiko su un tratto di roccia non gelata. Lei sibilò un ringraziamento, per poi guardare le sue compagne.
Pure aveva smesso di piangere e tirava caci a pezzi di ghiaccio e roccia con fare stizzito, non si capiva bene contro chi o che cosa. Sembrava che stesse incolpando più sé stessa che altri.
Ayumi si era fermata nei pressi della pietra gelata, ci si era appoggiata con la schiena per poi lasciarsi scivolare contro quella, giacendo infine immobile, lo sguardo fisso sul soffitto, la mente lontana, persa in chissà quali oscuri ricordi.
Rimasero così per lunghi istanti, desiderando che il tempo si fermasse per loro e che il mondo andasse avanti, dimenticandoli.
La bionda, immersa in quei pensieri, si ritrovò a darsi della codarda. Aveva appena provato sulla sua pelle una crudeltà che non avrebbe mai ritenuto possibile.
Chiamò fuori dalla sua sfera Chikorita, stringendola forte e inspirando la fragranza leggera e confortante che la foglia del suo Pokémon emanava. Doveva essere forte, doveva farcela.
La sua piccola Pokémon si strusciò leggermente emettendo teneri versi, spezzando un pochino la malinconia nell’aria.
“Grazie, piccola” mormorò la Guardiana con un piccolo sorriso. Alzò poi gli occhi sulla ragazza che avrebbe preso parte a quella pericolosa avventura. Doveva solo… trovare il suo leggendario. Come lei.
“Ehm… Pure?” la chiamò esitante. Tentennò ancora quando l’altra le piantò seccamente lo sguardo addosso.
“Lo so che non dovrei, probabilmente… voglio dire, non è un gran momento… insomma…” iniziò tentando ti dare un nesso logico alla sua frase, con risultati scadenti. Lanciò uno sguardo ad Ayumi, ma lei si limitava ad osservare con lo sguardo lilla la scena, a tratti senza vederla. Una parte del cervello di Fujiko la informò che lei non aveva nemmeno pianto, tranne forse una singola lacrima.
“Beh… tutto questo… potrebbe capitare di nuovo… con altre persone. E noi… siamo i soli che possono fare qualcosa… Però, dopo quello che abbiamo visto, non posso biasimare nessuno, specialmente in base alle loro emozioni. È stato orribile. Però…” sussurrò, torcendosi le mani.
“… Dobbiamo andare avanti” completò Pure, lo sguardo basso.
Un altro silenzio si insinuò tra i presenti e fu proprio la ragazza con i capelli acquamarina ad interromperlo seccamente.
“Io non ho paura” sbottò. “Tutto questo… è assurdo. Non voglio dimenticare ciò che è successo oggi. Combatterò con tutta la rabbia che provo, di cui sono capace. Come si permettono!” ringhiò, per poi fermarsi e congelare in un attimo la sua ira.
Si girò verso Fujiko quasi sorridente.
“Beh, che si fa, adesso? Io ci sto.”
Effettivamente era una situazione inaspettata… si era ripresa in un microsecondo, lasciando spiazzata la Guardiana dei Desideri, che non sapeva più che pesci pigliare.
“Aaaeeehm… sì, insomma.. ecco… noi dovremmo sapere se… hai qualche carattere particolare, strano… cose del genere… credo” borbottò quest’ultima alla rinfusa, cercando un aiuto da Ayumi. Aiuto che, ancora una volta, tardava ad arrivare.
L’altra ragazza rise.
“Boh!” esclamò, abbinandoci una scrollata di spalle.
La bionda ci rimase talmente male da non riuscire a ribattere; semplicemente rimase in piedi con la bocca aperta a guardare la neo Guardiana sorridere, aspettando probabilmente una qualche nuova domanda.
Per fortuna, in aiuto della ragazza di Amarantopoli arrivò Natural, che sembrò ricordarsi di un dettaglio che era sfuggito alla sorella.
“Ehi, Pure… mi è venuto in mente… tu non hai quelle strane voglie gemelle sul dorso delle mani?” chiese, più per suggerire che per domandare.
“Ah! È vero!” esclamò quella battendosi una mano sulla fronte. Con quel gesto mise in mostra proprio la parte interessata, nascosta fino a quel momento dalle maniche lunghe e abbastanza larghe della maglia.
E tutt’ora le mani erano celate alla vista da due guantini senza dita, fatta esclusione per un buco per il pollice.
Lei se li sfilò con un paio di movimenti fluenti, classici di chi è abituato a compierli. C’era da chiedersi come avesse fatto a scordarsi una cosa che si impegnava a costudire segretamente ogni giorno.
La ragazza spinse in malo modo i suoi guanti nelle ampie tasche dei pantaloni, per poi mostrare i dorsi delle mani alle due Guardiane. Su questi si trovavano due rombi gemelli che partivano dalla nocca del dito medio fino ad arrivare al polso. Erano davvero precisi, identici in tutto e per tutto. Inoltre erano di un colore davvero improponibile, di un azzurro talmente chiaro da sembrare bianco.
Le due ragazze li osservarono a lungo, in un silenzio religioso, tale che riuscivano persino a sentire le goccioline di umidità schiantarsi contro il terreno gelato dopo essersi staccate dal soffitto.
Fujiko non riusciva a collocare quei simboli da nessuna parte, non le comunicavano nulla. Scrollò le spalle con un piccolo sorriso imbarazzato. Ayumi, dal canto suo, si era raddrizzata senza aggiungere nulla.
Il suo volto non tradiva alcuna amozione… era perfino più freddo del solito.
La bionda la guardò preoccupata. Quella piccola luce che prima riusciva a intravedere in quegli occhi ciclamino era stata soffocata da… qualcosa. Era caduta di nuovo, scavando qualche altro centimetro nella sua fossa oscura e misteriosa, dove gli altri non riuscivano ad entrare e lei ad uscire.
Articuno si era liberata dalla sua sfera, probabilmente richiamata telepaticamente dalla sua Guardiana. Anche la Leggendaria aveva scoccato un’occhiata alle mani di Pure, ma al contrario delle ragazze, distolse lo sguardo in fretta.
Si rivolse a N, che sobbalzò leggermente. Probabilmente non si aspettava di essere interpellato dal Pokémon dallo sguardo cremisi.
“Che hai intenzione di fare tu adesso?” gli chiese, seria. Il ragazzo esitò.
“Devo rimanere qui. A custodire lo Scurolite e tentare di dare una spiegazione. Devo restare a proteggere la torre. E poi… non credo di avere molta scelta…” mormorò alla fine.
“Non è detto” ribatté la Leggendaria. “Tua madre lo ha detto. Hai un’aura potente, fuori dal comune. Se tu lo volessi, potresti esercitarla e potenziala.”
“E diventare un mosto come mio padre?” sbottò Natural alterato. Purtroppo non sapeva ancora che non conveniva arrabbiarsi con un leggendario.
Articuno schioccò il becco offesa, mentre gli occhi mandavano un bagliore minaccioso. Aprì le ali di scatto, facendo sobbalzare il ragazzo dai capelli verdi.
“Ritira quello che hai detto” sibilò fredda e un po’ troppo pacata.
Lui si scusò in fretta, strascicando le parole un po’ spaventato. “In ogni caso… penso che rimarrò qui, almeno finché le acque non si saranno calmate. Voglio contribuire… per rimediare a ciò che è successo… a ciò che mio padre…” si interruppe, soffocando un singhiozzo.
Articuno si era ricomposta e annuì, comprensiva. Pure mise una mano sulla spalla del fratello, in un piccolo moto consolatorio.
“N… io devo andare con loro… anche io voglio contribuire. Te lo prometto, fermerò papà” disse decisa.
Il fratello annuì, abbracciandola.
“Stai attenta” rispose. Salutò anche gli altri e, lentamente, lasciò le Guardiane da sole.
Pure sembrò un po’ a disagio. Probabilmente non era abituata a stare da sola. Ma si riprese immediatamente e prestò attenzione alle altre due.
Anche se effettivamente Fujiko non sapeva bene che cosa fare. E, a differenza dal solito, neanche Ayumi.
“Penso che dovremo chiedere a Giratina” sospirò Articuno infine.
E, richiamata la Leggendaria sopracitata, anche le Guardiane abbandonarono quel luogo.

_Mondo Distorto_

La reazione di Pure fu totalmente diversa da quella di Fujiko di fronte a Giratina. Sembrava quasi che le capitasse tutti i giorni.
“Voi umani non smetterete mai di stupirmi” dichiarò la Leggendaria del Caos osservando la ragazza dai capelli acquamarina.
“Lo prenderò come un complimento” rispose quella, scrollando le spalle.
“Ehi...” salutò invece Fujiko, un po’ intimorita. Ayumi non disse nulla, evitava lo sguardo cremisi del grande drago oscuro.
“Ayumi...” la chiamò quella. L’albina non si mosse, ma la Leggendaria continuò imperterrita.
“Non considerarti responsabile per ciò che è successo. Devo darvi delle notizie. Che non sono buone per nulla.” Si preannunciava un discorso non troppo divertente.
“Se prima ne avevamo solo il sospetto, ora è perfettamente chiaro, anche troppo. Si sono accorti di noi. E non temono minimamente la nostra potenza, anzi sembrano... deriderla. Sono molto sicuri di loro e purtroppo hanno ragione...”
“Come sarebbe a dire ‘hanno ragione’?” domandò la bionda, costernata. La Leggendaria del Caos sbuffò.
“Purtroppo è così, al momento non abbiamo tante speranze. Natalie era una Guardiana con del potenziale, ma è stata uccisa. Non eravamo preparati ad un attacco del genere. Da questo momento siete tutti sotto tiro. Ogni nuovo Guardiano potrebbe essere eliminato prima ancora che ritrovi il suo Leggendario” disse mesta Giratina.
“Questo non va bene... se non ho frainteso, dovremmo decidere se tenerla al sicuro, ma rischiare di non riuscire a risvegliare il Leggendario, o esporla al pericolo per tentare di ricongiungerla ad esso. Accidenti...” Borbottò Articuno, visibilmente combattuta.
“Non abbiamo molta scelta” sospirò Fujiko. “I Guardiani devono esserci di persona molte volte, vero? Per esempio io con Jirachi...”
“Giusto. A quanto pare è inevitabile. Possiamo solo sperare che non vi individuino. Se vi trova di persona...” sospirò Giratina, prima di venire interrotta , con gran sorpresa da parte di tutti, da Ayumi.
“Non ci ucciderà, non noi. Penso che abbia eliminato Natalie per indebolirci a livello psichico. O forse sapeva troppo. Oppure voleva spaventarci. Ma non ci ucciderà... non lo ha fatto con me. Ci ritiene deboli, ma fastidiosi. Vuole avere la soddisfazioni di distruggerci tutti assieme e di mostrare a tutti la sua potenza” disse l’albina, la voce vuota.
Fujiko la guardava, tentando di leggerla, ma quella scintilla che aveva visto si era definitivamente spenta. Inoltre sentì un brivido percorrerle la schiena. Si ritrovò a darsi della stupida. Perché aveva paura di Ayumi?
“Forse hai ragione. Ma fate comunque attenzione. Ora dobbiamo solo capire dove dovete andare... anche se Articuno sembra avere le idee piuttosto chiare” liquidò la Leggendaria del Caos.
L’altro Pokémon annuì. “I simboli sui suoi palmi mi hanno ricordato subito Suicune. Lo conosco da molto, ma è un Pokémon che si sposta velocemente, quindi non so precisamente dove sia adesso... dovremmo chiedere ad Arceus” disse, un po’ confusa la leggendaria.
“Non è necessario. Posso cercarlo anche io da qui” s’inserì Giratina.
“Aspettate... come mai con Jirachi non è stato possibile farlo?” chiese la Guardiana dei Desideri un po’ confusa.
“Beh, vedi... effettivamente la dimensione dove riposava Jirachi non era registrata. Quindi praticamente noi non potevamo sapere la sua collocazione. Se avessimo provato a cercarlo, avremmo visto solo nero. Invece Suicune, non è un ‘Fantasma’, semplicemente si posta velocemente da una regione all’altra” spiegò la Ribelle.
“Ah” fu il fantastico commento di Pure. Effettivamente se la stava prendendo bene la ragazza... sembrava quasi che per lei fosse tutto normale. Era difficile prevedere le sue mosse. E i Leggendari presenti avevano notato un particolare, che per il momento omettevano.
Nel silenzio che seguì, Giratina puntò il suo sguardo rosso su una strana sfera che fluttuava lì vicino. Sembrava fatta di mercurio, era grigia e pareva viva.
Tuttavia, vista con maggiore attenzione, si riusciva a intravedere un piccolo scorcio del mondo.
“Attraverso queste, sia qui che nel Paradiso Parallelo possiamo vedere qualunque cosa accada nelle dimensioni registrate. Spesso mostrano la terra, a volte le altre dimensioni dei leggendari. Non toccatela, è molto delicata, e se scoppia può provocare ferite o disastri nel luogo mostrato.” La ribelle si concentrò nuovamente sulla sfera.
“Suicune, dove ti trovi?” chiese semplicemente.
La superficie argentea si increspò per poi mostrare un... fiume. C’erano delle persone, che strillavano ammirate al passaggio della creatura a cui apparteneva quella visuale. E c’era della neve, cosa un po’ strana dato che era primavera tarda. Ma l’immagine cambiava, si muoveva. Percorrevano velocemente il fiume, attraversando alberi e cespugli fioriti. Attraversava i ponti saltandoci sopra e spaventando persone e Pokémon, senza mai fermarsi. Si addentrava nella pioggia, che poco dopo iniziava a cadere per poi trasformarsi in un temporale senza precedenti.
Si arrestò infine, dove il fiume subiva una diramazione. Era fermo sul pelo dell’acqua, probabilmente voleva riprendere fiato. Ma non era così.
La visuale si girò prima a destra e poi a sinistra, facendo vedere gli argini del corso d’acqua, ricoperti quasi interamente dalla vegetazione lussureggiante. Attraverso l’acqua proveniente dal cielo si notava l’assenza di umanità in quel luogo.
Così, dopo essersi accertata di essere sola, la creatura si avvicinò ai lunghi steli cadenti di un imponente salice piangente, dai rami talmente lunghi che si tuffavano nell’acqua. Con passo lento, attraversò le fronde che nascondevano un minuscolo fiumicello che a sua volta conduceva in alcune strade e piccoli muri in pietra, dall’aspetto antico ed eroso.
Delle rovine.
La visuale continuava a procedere senza fretta verso un punto piuttosto nascosto tra quelle antiche costruzioni. Ma in quel momento si bloccò e rimase ferma immobile, come se il suo proprietario fosse in ascolto, preoccupato per qualcosa.
E, improvvisamente come quando si era arrestato, la creatura ricominciò a correre, volando sopra il pelo dell’acqua.
La visione lentamente si dissolse lasciando Suicune alla sua corsa e mostrò un’altra immagine. Era una visione dall’alto delle rovine, formate unicamente da spiazzi pietrosi, acqua e fitta vegetazione. Ma non si vedeva nulla, né il Leggendario, né tantomeno dei nemici.
“Questo è il posto” disse Giratina, senza nascondere una nota preoccupata nella voce, ma sforzandosi tuttavia di mantenere la calma.
“Non riconosco il posto... non lo ho mai visto” soffiò Ayumi, facendosi sentire a stento.
“Io invece lo so... perché lì vicino c’è anche uno dei miei nidi... insomma, no dei posti dove mi sposterei se fossi nelle stesse condizioni di Suicune” intervenne Articuno. Poi abbassò il tono della voce, facendolo mutare da deciso a preoccupato. “Però... dobbiamo fare in fretta. Negli ultimi istanti di quella visione, abbiamo  visto che stava scappando da qualcuno... non vorrei che gli succedesse qualcosa...” mormorò piano.
“Non lo permetteremo! Dobbiamo andare!” esclamò Pure, stringendo con forza i pugni e passando immediatamente dalla soave tranquillità a quella rabbia sfrenata che le si leggeva in faccia.
“Placa gli animi, Pure. Ricordati che sarete in pericolo, tu più di Ayumi e Articuno. Non fare nulla di sciocco o avventato. Perché, che ti piaccia o meno, tu hai il seme della follia in te” la riprese la Leggendaria del Caos. Sembrava inquieta.
“Il seme della follia?” chiese la Guardiana bionda, accigliandosi leggermente. Il dragone oscuro annuì, ma non seguì nessuna spiegazione. Ayumi, Articuno e Jirachi, dal canto loro, sembravano aver capito alla perfezione.
‘Tanto per cambiare’ pensò la ragazza dagli occhi verdi un po’ abbacchiata.
Di certo non suonava bene... il ‘seme della follia’... aveva l’impressione che fosse qualcosa di pericoloso come... come Ghecis.
Sconvolta alzò gli occhi, incontrando quelli del suo Leggendario, che annuì leggermente.
“Pure, andiamo... Suicune ci aspetta” disse Articuno. Tutti i presenti annuirono, ma appena la Guardiana dei Desideri mosse un passo, la Leggendaria del Caos la bloccò.
“Tu al momento non puoi partire. Hai consumato parecchie energie e ti dovrai recare al Paradiso Parallelo.”
“Ma io...!” provò a controbattere Fujiko, prima di venire ripresa piuttosto severamente da Giratina.
“Non sopravvalutare la tua aura! Hai appena iniziato, non credere di essere già pronta ad affrontare tanto!” esclamò seccamente il dragone. La biondina ammutolì, leggermente ferita nel’orgoglio. Detestava sentirsi inutile, e ancora di più detestava quando glielo facevano notare così tanto.
Così lei e Jirachi assisterono alla partenza della neo Guardiana, accompagnata dalla veterana, in direzione delle Rovine del Canale. Attraversarono una specie di buco nero composto da ombra pura che vorticava in circolo. Il teletrasporto di Giratina.
Dopo che loro ne furono inghiottite, la bionda rimase da sola con la Leggendaria regina di quella dimensione.
“E così hai capito che cosa temiamo di Pure...” borbottò quest’ultima. La ragazza annuì mesta, ancora abbacchiata per il secco rifiuto della sua interlocutrice.
“Ascoltami... voglio essere chiara... io non voglio smorzarti l’entusiasmo, solo avvertirti. Questa è una situazione pericolosa e dobbiamo limitare le perdite, capisci? Tu...sei una ragazza comune, che ha avuto la sfortuna di essere stata scelta. Non sei come Pure, che ha un talento naturale nel manifestare l’aura per suo padre. O... come... Ayumi...” Disse le ultime parole come se le costassero un grande sforzo.
E Fujiko, prima di essere inghiottita dal portale che l’avrebbe portata al Paradiso Parallelo si chiese ancora una volta quanto profonde fossero le tenebre che componevano la ragazza bianca.


“Ghecis ha detto che Ayumi è come lui... ma lei è buona... ma allora... perché comincio ad averne paura?”


Angolino nascosto nell’ombra
Aura resuscita incredibilmente dalle vacanze. Provateci voi a smaltire diversi pranzi dalla nonna provvisti di tutte le portate. Gnam, tartine....
Dato che sono un essere umano, per la precisione una liceale, ho provato a riposarmi e godermi le feste, e poi ha fatto i compiti. Per cui, questo capitolo è uscito un po’ in ritardo (?)
Anche se effettivamente non ho delle vere e proprie scadenze. E non intendo metterle per questa storia.
Beh, spero che vi sia piaciuto, comunque. Le cose inizieranno a cambiare tra poco.
Vedrete.
Almeno, spero
Ah, una cosa, riguardante i personaggi che mi avete... “prestato”. Volevo solo dirvi che vi sono grata per l’aiuto, ma che effettivamente dovete accettare i rischi che ne comporta. Non uccidetemi se si feriranno o ci lasceranno le penne... ok? ^^
Bene. Alla prossima, sperando che mi torni l’ispirazione e che la pianti di ridere, ho la ridarella random da tre giorni.

Aura_

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Rovine sotto assedio ***


Capitolo 12: Rovine sotto assedio

Pure aveva un Braviary. L’albina lo aveva scoperto dopo che erano spuntate sull’Isola del Ghiaccio, quando stavano per chiedere a uno dei restanti due Miraggi Alati un passaggio. Era un Pokémon piuttosto forte, ben addestrato. Tuttavia, avevano chiesto a Giratina di essere teletrasportati in po’ più vicini alle Rovine, e così era stato.
Restava un po’ di strada che le due ragazze fecero sul dorso delle due creature piumate.
Ayumi intanto pensava. Aveva percepito la paura di Fujiko, ed era più che comprensibile. La ragazza stava crescendo in fretta e la sua percezione di ciò che aveva attorno diventava sempre più sottile. Presto avrebbe capito che genere di persona era l’albina e a quel punto si sarebbe pentita di essersi affezionata a quella ragazza bianca così taciturna.
Lei stessa in prima persona sapeva quanto era pericolosa, ma non era mai successo niente di male. Non era cattiva, non ancora. Ma ogni anno, ogni mese, ogni istante, persino da un secondo all’altro la sua situazione peggiorava, il suo spirito diventava meno puro e lei precipitava.
Ma una ragazza come Fujiko, allegra e un po’ ingenua, non sarebbe mai riuscita ad immedesimarsi del tutto in lei.
Pure era un caso a parte. Lei aveva il seme della follia in corpo. La Guardiana di Articuno conosceva i rischi di quel particolare. Glielo avevano raccontato quando era ancora molto piccola. Forse era stata addirittura Mary a spiegarglielo.
‘La follia fa parte della natura umana. Ma quello che noi chiamiamo ‘seme della follia’ è qualcosa di più. È una base, un nucleo, che può ingrandirsi. Questo seme è nato con quelle persone che tentano di rovesciare il mondo, e si è propagato sempre di più. Ovviamente, non tutte sono cattive, quanto... instabili. Si comportano in modo particolare, sono sempre un po’ incomprese. A volte il seme soffoca, altre volte cresce, e altre volte ancora rimane invariato, mette radici ma non si sviluppa. Anche i Guardiani possono avere in corpo il seme della follia, e questi non sempre rispecchiano caratterialmente il loro Leggendario. Diventa così molto complicato riunirli’
In effetti Pure cambiava espressioni facciali e comportamento ogni secondo, senza nessuna logica. Non era cattiva, ma instabile.
Folle.
Erano tre ragazze completamente diverse tra loro. E tutte problematica a modo loro. Instabili, senza esperienza, oscure. Il nemico, invece sembrava manovrata da una sola mente.
Probabilmente, quella pazza di Ghecis.
Pure se ne stava zitta, dapprima pensierosa, poi sorridente. Si era messa in ginocchio e sfiorava con le dita le nuvole che diventavano sempre più frequenti mano a mano che si avvicinavano, bagnando loro i vestiti e appesantendo le piume delle ali dei due Pokémon.
Presto non sarebbero più stati in grado di volare, almeno per quanto riguardava Braviary. Atterrarono proprio quando la pioggia iniziava a battere troppo insistentemente.
“Non dovrebbe essere troppo lontano da qui” disse Articuno, mentre la ragazza dagli occhi verdi faceva rientrare il suo Pokémon nella sfera, ringraziandolo. La pioggia stava inzuppando completamente la Leggendaria e le due Guardiane.
“La strada è interrotta. Che si fa?” chiese soave la nuova arrivata. L’albina, per tutta risposta, si avvicinò all’argine, lo osservò per qualche istante e poi saltò dentro il fiume.
L’acqua sotto i suoi piedi si congelò in un attimo, creando un punto sufficientemente solido per sorreggerla. Da quel punto fece rientrare Articuno nella sfera, al sicuro dalla troppa acqua che l’avrebbe rallentata.
“Dovrei saltare anche io? Perfetto, c’è solo un problema... io il trucchetto dell’acqua congelata sotto i piedi non lo conosco” borbottò Pure.
“Fidati” rispose semplicemente Ayumi facendole cenno di saltare. E l’altra effettivamente saltò, ritrovandosi sostenuta dallo stesso ‘trucchetto’, come lei lo aveva chiamato.
“Wow, questa sì che è una cosa che capita tutti i giorni” sghignazzò come se stessero facendo solo un’allegra scampagnata.
La ragazza bianca sospirò e la prese per un braccio, trascinandola lungo il corso d’acqua mentre questa continuava a cincischiare. Finalmente, vicino all’imbocco dello ‘stradino’ percorso anche da Suicune, Pure tacque e si concentrò.
“Sento qualcosa” disse, aggrottando leggermente le sopracciglia, la reazione più normale che aveva avuto fino al quel momento.
Anche la Guardiana dei Venti Gelidi sentiva qualcosa, ma era qualcosa che non andava.
“Sbrighiamoci” sussurrò, incamminandosi cautamente.

_Paradiso Parallelo_

Fujiko stava accarezzando distrattamente la testa di Flygon, riflettendo su argomenti diversi tra loro e che non possedevano alcun collegamento tra loro.
I petali che provenivano da quei fiori le stavano restituendo le energie in un modo troppo lento. Lei sapeva che il tempo fuori scorreva più velocemente, e questo la faceva terribilmente preoccupare. Ed era lì solo da cinque minuti. Ma perché ci stava mettendo tanto? Lei si sentiva già rimessa in sesto.
Continuava a scoccare occhiate a Giratina, che silenziosa sembrava aspettare qualcosa. Non staccava mai i suoi occhi cremisi dalla Guardiana, facendo sentire quest’ultima leggermente a disagio.
La bionda era agitata senza un apparente motivo. Sentiva le emozioni scorrerle dentro come un fiume in piena, affannandole leggermente il respiro e il battito cardiaco.
Tentava di tranquillizzarsi, ma era difficile. Si sentiva in colpa, colpevole per quelle emozioni senza senso che aveva provato pochi minuti prima verso l’albina, prima che questa sparisse nel teletrasporto.
Paura, un brivido che l’aveva bloccata. Aveva percepito qualcosa di sbagliato nei tratti della gelida ragazza, una nota stonata e amara in mezzo alle linee di quel volto perfettamente impassibile.
“I tuoi poteri stanno aumentando, Fujiko”. Giratina aveva distolto lo sguardo, che era adesso puntato nel vuoto. “Raccontami quello che hai sentito” ordinò con moderazione poi.
La ragazza scosse la chioma bionda.
“Non era niente di particolare. Solo... un’impressione. Qualcosa di oscuro” mormorò vaga. La Leggendaria tornò a guardarla.
“Impressionante, davvero. Stai migliorando in fretta. Ma... devo chiederti di ignorare questa sensazione.”
Lo sguardo rosso e  serio di Giratina venne raggiunto da quello verde e sorpreso della ragazza.
“Ignorarlo? Allora c’è qualcosa che non va!” esclamò un po’ spaventata.
“Non è nulla che tu debba temere... se non ci farai caso, non succederà nulla” la rassicurò lei.
L’ultimo petalo grigio si poggiò sul braccio della ragazza, che già era scattata in piedi.
“Non così in fretta. Devo prima insegnarti una cosa” la riprese il dragone oscuro.
“Sarebbe?” sbuffò contrariata Fujiko.
“Il tuo teletrasporto. Effettua l’unione.”

_Rovine del Canale_

La pioggia nascondeva i passi leggeri di Ayumi e anche quelli più distratti di Pure.
L’albina era tesa e sotto pressione, non sapeva come comportarsi con un nemico invisibile.
Avevano percepito l’aura di Suicune, ma non solo. C’era qualcuno,ma quel qualcuno non si vedeva. E un nemico che non si vede, per quanto imbranato, è più letale. Diminuisce la probabilità di difesa, può individuare e colpire con maggiore facilità punti deboli e scoperti, non dandoti la stessa opportunità.
Ayumi si concentrava su quei problemi, che si accalcavano l’uno sull’altro, aumentando la tensione. Gli occhi lilla correvano lungo il corso d’acqua, la strada e i cespugli, fino ad arrivare alle mura. Ma niente tradiva la presenza che si avvertiva.
“Ehi. Perché piangi?” La voce di Pure distrasse la bianca dai suoi piani. Si girò guardando interrogativa la ragazza che aveva iniziato a parlare apparentemente da sola.
Ma, mentre si avvicinava, riuscì a notare un piccolo Growlithe acciambellato tra gli steli bagnati. Una cosa non troppo piacevole per il tipo fuoco, che iniziò a guaire una risposta.
La neo Guardiana annuì, seria.
“Capisco. Che cosa brutta. Non ti devi preoccupare, la troveremo. Possiamo darci una mano a vicenda. Per caso hai visto Suicune?” continuò imperterrita, ignorando il fatto che qualcuno avrebbe potuto scoprirle.
Ma la Guardiana di Articuno la lasciò fare, pensando che effettivamente aveva avuto una buona idea.
Quella ragazza così particolare era piena di risorse inaspettate. Come lei, probabilmente, non aveva molto a che fare con gli altri umani ed era più vicina ai Pokémon. E questo aveva evitato che lei crescesse come il padre.
Ma la differenza tra la ragazza bianca e quella acquamarina era evidente. Se la seconda aveva trovato rifugio in quelle creature, che l’avevano protetta e risparmiata dal quel mondo che la considerava errata, l’albina ne era stata trascinata, strappata da una realtà che forse non le sarebbe più appartenuta.
Pure aveva trovato un posto. Ayumi ancora non sapeva dove doveva collocarsi. Sospirò, chinandosi ad accarezzare il cagnolino infreddolito, che le leccò la mano grato.
“Pensi che possa aiutarci?” chiese la veterana all’altra, che annuì.
“Soprattutto, noi dobbiamo aiutare lui” ribatté convinta. “Qualcuno gli ha portato via la mamma qualche tempo fa. Non l’ha più rivista.”
La Guardiana dei Venti Gelidi annuì, accogliendo tra le sue braccia il piccolo Pokémon e creando un piccolo movimento d’aria per allontanargli la pioggia che lo infastidiva e per asciugargli il pelo.
Poi si incamminò, seguita da una raggiante Pure, che si rallegrava per il Pokémon.
Seguendo cautamente i diversi corsi d’acqua, circospette, le due ragazze avanzavano nelle Rovine, cercando segni di vita che puntualmente non arrivavano. Persino i Pokémon che dovevano abitare la zona non si trovavano da nessuna parte.
Eppure, l’aura minacciosa che impregnava quel luogo era percepibile ovunque si spostassero, diventando a tratti più forte, a tratti più debole.
“Sembra che si stia propagando da un solo punto” borbottò la ragazza dagli occhi verdi, un po’ confusa. L’altra annuì, ne aveva anche lei il sospetto.
“In questo caso è meglio sbrigarsi” le disse, passandole in braccio il cucciolo di Pokémon.
“Mettilo nella tua tracolla, dovrebbe starci abbastanza comodo” raccomandò, afferrandole saldamente la mano. “Non lasciar andare la mia mano” ordinò poi, chiudendo gli occhi.
Concentrò le energie sull’aria invece che sul ghiaccio. La piattaforma sotto i loro piedi si sbriciolò, ma loro vennero accolte da delle correnti d’aria che le spinsero velocemente in alto, per poi trattenerle lì.
Vedevano così tutte le rovine. Ma non c’era nessuno.
“Ho bisogno del tuo aiuto. Devi individuarmi il punto dove l’aura è più forte. Io devo mantenere la concentrazione per mantenerci in volo” spiegò Ayumi.
“Ok” acconsentì con voce squillante l’altra.

_Mondo Distorto_

‘Focalizzati su un punto. Stai ferma. Dipingi nella tua mente il percorso, il nome o l’aspetto del posto dove vuoi arrivare. Inspira. Lanciati’
“Sei pronta?” le chiese Giratina, seria. La Guardiana dei Desideri annuì e chiuse gli occhi.
‘Focalizza un punto. Devo tenere gli occhi aperti.’ Sollevò le palpebre.
‘Stai ferma. Forse sto tremando troppo, ma non posso farci nulla.’ Strinse i pugni e poi rilassò le mani.
‘Dipingi nella tua mente il percorso, il nome o l’aspetto del posto dove vuoi arrivare. Non so il percorso di passaggio da una dimensione all’altra... non so nemmeno se esiste una cosa del genere. Il nome... lo so, devo raggiungere il Paradiso Parallelo. L’aspetto... i fiori. Devo atterrare tra i miei fiori... quelli con il mio potere.’ Assottigliò leggermente lo sguardo.
‘Inspira.’ Riempì d’aria i polmoni.
‘Lanciati.’ Liberò la sua energia psichica attorno a lei, e si spinse in avanti.
Chiuse gli occhi e gli riaprì solo quando avvertì quel piacevole tepore. Rialzò di nuovo le palpebre, esponendo alla luce i suoi ridenti occhi, azzurri per colpa dell’Unione. La dimensione di Arceus si mostrava davanti a lei, come a congratularsi con lei del suo successo.
“Molto bene Fujiko” disse piano Giratina, comparsa al suo fianco in quel momento. La Guardiana sorrise.

_Rovine del Canale_

“Ayumi, ho trovato, è là, è là!” esclamò la ragazza con i capelli acquamarina indicando un punto abbastanza nascosto tra i muri cadenti delle costruzioni.
L’albina ordinò al vento di farle atterrare nel punto indicatogli dall’altra. Poggiarono delicatamente i piedi a terra. Ayumi si accucciò per terra, tentando di convincere la sua testa a smettere di girare.
Pure, invece, si era focalizzata sulla struttura che aveva davanti. Era una sorta di tempio, uno di quelli greci classici, con frontone, architrave, colonne e tutto.
Sul pavimento c’erano delle scritte che non dicevano granché, erose dalle intemperie e lasciate indietro dai secoli, dimenticate. Forse erano importanti, o forse erano dei versi in memoria di chissà quale avvenimento con Suicune che salvava vite eccetera eccetera.
Era sempre la stessa storia.
Le due Guardiane si addentrarono in quell'edificio coperto, stando attente a non sdrucciolare sui gradini consumati che erano posti davanti all'entrata. Dentro, ovviamente, non pioveva, ma non era di certo un sollievo, dato che la corrente d'aria era fredda e le due erano già fradice fino al midollo.
Era un posto piuttosto buio, c'era solo una manciata di lanterne, che stranamente erano accese nonostante l'umidità.
'Dunque non mi sbagliavo. C'è davvero qualcuno' pensò tra sé e sé l'albina, guardandosi ancora attorno aguzzando la vista nell'oscurità.
Il tempio era di dimensione ridotta, rettangolare ma quasi quadrato, non tanto alto. Era suddiviso in due spazi facilmente divisibili e riconoscibili tra loro. Il primo spazio era quello dove si trovavano loro, subito dopo l'entrata. Presentava due file di colonne con quattro di questa ciascuna, per un totale di otto. Sorreggevano delle architravi che a loro volta si innalzavano in una punta centrale tramite delle altre assi, fino a raggiungere l'effetto del tetto a punta con i lati a spiovente.
Davanti a loro c'era la seconda parte, formata da tre stanze. Le due laterali erano colme di vasi e anfore e oggetti di vario tipo. Sembravano delle sorte di doni. Non erano decorati, forse all'epoca contenevano qualcosa, mentre al momento erano vuoti. La saletta centrale, la più grande delle tre, aveva una sorta di porta, decorata con un motivo che ricordava l'acqua. 
Per le dimensioni e gli ornamenti, sembrava essere una stanza importante.
E invece era vuota.
o almeno, lo sarebbe stato se non fosse per le persone che fino al quel momento se ne stavano nascoste all'interno e che sbucarono fuori dall'ombra in quel preciso istante.
Senza dire una parola, uno di loro si avventò su Pure, prima che Ayumi intervenisse creando una barriera di ghiaccio che fermò la carica del nemico.
"Attenta! Non fare cavolate!" disse l'albina all'altra, pur non staccando gli occhi dal suo avversario, un giovane adulto vestito interamente di nero. Sembrava un po' un ninja.
Per tutta risposta Pure si guardò attorno, perplessa, per poi chiamare fuori il suo Umbreon e apostrofare i due colleghi ninja rimasti con un aria da sfida.
La Guardiana dei Venti Gelidi si trattenne dal darsi una manata sulla faccia. 'Il seme della follia, spero... o altrimenti è davvero molto stupida' si disse, facendo saettare gli occhi da una persona all'altra, mentre si avvicinava cautamente alla neo Guardiana.
I tre ninja erano perfettamente identici tra loro. Vestiti, volti ed espressioni erano identiche. Anche se parlare di espressioni per quei tre era una parola grossa. Erano completamente vuoti. L'aura che emanavano era completamente nera, ma un nero uniforme, illogico.
'Sono dei... manichini' realizzò l'albina esterrefatta. Era una tecnica proibita e antichissima, che consisteva nel strappare parte della propria energia vitale per creare un corpo indipendente che ubbidiva al tuo volere.
Ed erano ben tre.
La ragazza bianca digrignò i denti, studiando le mosse delle tre figure. Una di queste, quella a sinistra, agì di colpo, scagliando una sfera di energia nera contro le due. Ayumi si tirò giù di colpo, trascinando con sé anche quell'altra.
L’Umbreon di quella ringhiò inarcando la schiena e illuminando i segni gialli sul suo corpo. Persino gli occhi rilucevano.
“Umbreon, dimmi che devo fare” ordinò sicura Pure.
L’altra non ebbe il tempo materiale di farsi le domande che i tre avversari iniziarono una serie di attacchi a raffica. La ragazza dagli occhi verdi non batté ciglio, fissando intensamente il suo Pokémon che a sua volta studiava le tre Ombre.
L’albina dovette prendere le sue difese, senza alcuna possibilità di attacco, deviando con delle raffiche di vento i vari colpi che le arrivavano.
“Veloce!” sibilò tra i denti all’altra, mentre l’ennesimo scudo finiva in pezzi, sempre più velocemente di quello precedente. Non essendosi fermata un solo istante, iniziava ad accusare i sintomi della stanchezza.
Umbreon emise il suo verso all’improvviso, e la sua padrona ebbe il buon senso di tradurre il messaggio all’altra, che aveva altro su cui concentrarsi.
“I loro punto deboli sono le tempie! Una botta in testa dovrebbe farli dissolvere!” urlò la neo Guardiana alla veterana, che deviò l’ennesimo attacco, ansimando.
‘Non posso attaccare così’ pensò un po’ infastidita dalla continua sequenza di colpi che subiva.
Ma propri in quel momento uno dei tre nemici venne catapultato in avanti dopo essere stato colpito da una sorta di onda d’urto.
Fujiko sorrise.
“Vi sono mancata?” chiese, felice di essere stata di aiuto.
Per tutta risposta Ayumi scattò in avanti approfittando dell’attimo di tregua regalatole dall’arrivo della bionda, ficcando uno spuntone di ghiaccio in profondità nella tempia dell’Ombra che si era sbilanciata. Questa si dissolse in fumo con un sibilo.
L’albina non fece in tempo a riprendersi che venne colpita allo stomaco da un altro attacco, rotolando sulla schiena un po’ malamente, venendo raggiunta anche dell’altra Guardiana, in Unione. Pure disse anche a lei i punti critici di quegli esseri fastidiosi e lei sorrise.
“Ho capito, ci penso io” esclamò decisa, sparendo un millisecondo dopo.
Era misteriosamente comparsa tra i due avversari rimasti, per poi tirargli una manata in testa ad entrambi, che si dissolsero, sconfitti. L’allegra ragazza sospirò con un sorriso, guardando un’esterrefatta Pure.
“Cavolo! Ma coma hai fatto?” chiese quest’ultima, mentre con una mano accarezzava lentamente Growlithe, che aveva passato il tempo a guaire spaventato.
“Ho anche il tipo Acciaio a mia disposizione... lo ho usato per rafforzare la parte con cui ho colpito... vedi?” affermò, mostrando le mani che erano effettivamente ricoperte da uno strato di materia argento.
“Che figata!” esclamò contenta Pure, mettendosi a ridere subito dopo.
Ayumi, nel frattempo si era già avviata nella stanza principale del tempio, che, come aveva già notato prima, era vuota.
Il pavimento aveva un piccolo strato d’acqua, circa due millimetri scarsi. Eppure l’albina era sicura che quello fosse il posto. Sentiva un’aura provenire da là sotto... la stessa che percepiva da tutto il tempo. Purtroppo le Ombre avevano la caratteristica di inquinare lo spirito di chi si avvicinava troppo. Era evidente che Suicune era in uno stato di sonno momentaneo, perché non aveva fatto nulla per ribellarsi a quelle presenze.
“Pure” chiamò l’albina, ottenendo l’attenzione delle due ragazze che l’accompagnavano. “Avvicinati.”
“Dimmi” replicò l’altra raggiungendola all’interno della stanza.
Non ci fu bisogno di spiegazioni. Non appena raggiunse all’incirca il centro della stanza, alcune iscrizioni sotto i loro piedi si illuminarono e il pavimento davanti a loro iniziò a cedere ordinatamente, dando vita a una scala che portava in una sorta di cripta.
Le tre avanzarono con lentezza, ritrovandosi in una strana sala. Era piuttosto bassa, il soffitto si poteva toccare tranquillamente con la mano. L’unica fonte di luce era data da quelle stesse iscrizioni, che gettavano una strana e misteriosa luce azzurra. L’acqua lì raggiungeva i cinque centimetri buoni.
Sol fondo della stanza, accucciato su sé stesso ma con i grandi e pacati occhi rossi aperti, stava Suicune. Aveva probabilmente reagito alla loro entrata nella cripta, ma sembrava tranquillo. Probabilmente perché solo la sua Guardiana poteva entrare.
Il Leggendario si alzò in piedi e sospirò, probabilmente rilassato e rassicurato dalla presenza del gruppo di Guardiane. Istante che non durò molto.
“Dietro di voi!” esclamò il leggendario, allarmato.
Fujiko si voltò proprio mentre una delle Ombre la attaccava sul volto. Per fortuna aveva ancora le mani protette da quella strana patina metallica, e in un impeto dato dall’istinto riuscì a bloccare il colpo.
“Suicune, prendi Pure e portala al nido di Articuno! Ci vediamo là!” esclamò Ayumi, facendosi spuntare due grandi ventagli di ghiaccio tra le mani, affilati più di una spada.
‘Finiamola qui’ pensò stanca, mentre il Leggendario si allontanava correndo.

“Non so dove stiamo andando. Non ho capito che è successo. Davvero... non ci sto capendo nulla. Ehm... ho bisogno di fermarmi un attimo.”

Angolino nascosto nell’ombra
No, non quell’Ombra... ombra inteso come oscurità.
Cielo, sto facendo un casino con questa storia. Che diventerà un fail totale mano a mano che procederà. No, davvero, l’ho riempita di casini e vi metterete tutti a protestare con ogni probabilità per alcune scelte che farò. Ehm... ops?
Parliamo del capitolo che è meglio. Pensavo venisse più movimentato, invece è una palla. E ho cambiato interamente le rovine del canale.
Ok, ora vi dico qualcosa che forse non sapete (?). O almeno, non so quanta storia dell’arte voi abbiate fatto, ma il tempio è stato ispirato, anzi, scopiazzato da quelli etruschi, che appunto erano quasi quadrati, piuttosto bassi, con il tetto a spiovente, le otto colonne su due file e i tre naos/naos con le due alae laterali. Solo che non servivano come deposito materiali, ma erano dedicate alla trinità principale e ok la pianto.
Scusate.
I tre tizi che compaiono sono quelli del ‘Trio Oscuro’ che io mi permetterò di cambiare. Come se già non facessi abbastanza casini.
Pace (?)
E Arrivederci. E scusate per il ritardo.

Aura_

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Troppo Debole ***


Capitolo 13: Troppo Debole

 
_Rovine del Canale_
 
L'albina sbatté un piede per terra, creando così una catena di spuntoni di ghiaccio che iniziarono ad uscire da ogni parete e parte del pavimento disponibile. Tutto era congelato e la temperatura era diminuita drasticamente.
L'Ombra, però, non sembrava affatto infastidita e, anzi, scivolava tra gli spuntoni di ghiaccio evitando, almeno apparentemente, di ferirsi.
"P-perché d-diavolo non s-s-si è..... eeetcì! Disintegrata?" chiese Fujiko all'altra, tentando di non battere eccessivamente i denti dal freddo.
Ayumi scosse la testa, non ne aveva idea. Ma una cosa era certa, quella non era un'Ombra come le altre... ammesso che lo fosse. Sembrava possedere un intelletto, e quindi poteva essere il nucleo centrale dei 'manichini'.
Quella provò a spiccare un salto per attaccarle, ma venne rispedito indietro da una folata di vento che la portò dritta dritta a schiantarsi di schiena contro uno spuntone di ghiaccio, che lo inglobò al suo interno del tutto, meno che il volto.
Ayumi si avvicinò lentamente, mentre i capelli ondeggiavano velocemente, sconquassati da quel vento che non c'era.
L'albina piantò i suoi occhi rossi sull'Ombra, studiandola. Non si era ferita, la squadrava ghignando.
No, decisamente non era un manichino. Questo significava che poteva essere colpita ovunque.
Scattò, amplificando la sua velocità e potenza di attacco grazie al vento. Colpì solo il ghiaccio, non c’era più altro.
Dietro di lei, Fujiko richiamò la sua attenzione. Aveva precariamente fermato l’assalto del nemico grazie ad uno scudo decisamente fragile, che però stava reggendo sufficientemente bene.
La Guardiana dei Desideri respinse con un’onda d’urto quell’essere, che indipendentemente da questo rideva. Aveva una buona tecnica, ma era debole… eppure rideva. Questo non andava affatto bene, era a risata di qualcuno che sa qualcosa che tu non sai.
‘Il potere di questa… cosa… è tramutarsi in ombra. Impalpabile, silenziosa e imprevedibile, ma dopotutto è il suo unico potere. È semplicemente snervante, ma non è potente. Bisogna sistemarlo in fretta’ pensò tra di sé la Guardiana de Venti Gelidi, mentre seguiva attentamente i movimenti della compagna.
“Fujiko, bloccalo con la forza psichica!” le urlò ad un certo punto. Non appena quello fu immobile, il ghiaccio sotto e sopra di lui si unirono in una sola colonna, che passava perfettamente per il suo stomaco. Senza dargli il tempo di scivolare via, la ragazza lo congelo definitivamente.
“Bisogna spezzarlo” disse all’altra Guardiana. Lei annuì, poi usò il potere dell’acciaio per creare dei proiettili sferici che ricordavano vagamente delle palle di cannone un po’ più piccole.
Il ghiaccio finì in pezzi, e quei frammenti iniziarono a fumare, qualcosa di nero stava evaporando da loro.
“Andiamocene, ho una brutta sensazione” borbottò Ayumi, affrettandosi verso l’uscita del tempio.
 
_Monte Sorbetto_
 
Pure si teneva stretta alla ‘criniera’ di Suicune, mentre questo correva a per di fiato su per le strette stradine innevate del monte. Spesso era costretto a virare seccamente o immobilizzarsi per non essere investito dalle frequenti valanghe del monte. Era palese che fosse uno dei punti di sosta di Articuno. Era molto difficile da scalare anche internamente, per la quantità di Pokémon solitari che abitavano l’interno.
Le valanghe erano date dalla grande concentrazione di potere che il nido trasmetteva. Anche per questo, Suicune stava andando velocemente. Il freddo rischiava di congelare la ragazza che portava in groppa. La sua Guardiana.
Era successo molto in fretta, ne era rimasto stordito. E lei era così giovane. Percepiva una strana forza provenire da dentro di lei. Qualcosa che non riusciva ad interpretare, qualcosa di forte, una purezza leggermente offuscata da qualcos’altro.
Finalmente, Suicune arrestò la sua corsa, facendo scendere la ragazza.
“Sto congelando” balbettò questa dopo essersi guardata attorno.
“Immagino” rispose serio il leggendario, accucciandosi contro la sua schiena. Oltretutto, era fradicia.
“Sei caldo e morbido” decretò Pure abbracciando il collo del Leggendario che la stava scaldando. Il Pokémon ci rimase un po’ male, ma non disse nulla.
Aveva una strana sensazione. Percepiva un pericolo imminente.
‘Sbrigatevi, per favore…’ pensò. ‘Prima che questa mi soffochi’ aggiunse subito dopo quando la presa delle braccia della Guardiana attorno al suo collo si fece più insistente.
 
Ayumi e Fujiko erano tornate indietro ed erano alla base del monte. La prima guidò l’altra per una stradina esterna che si arrampicava per tutto il monte. Raggiunto un posto nascosto, La Guardiana liberò Articuno dalla sfera.
“Era un Immortale, vero?” chiese la Leggendaria.
“Immortale?” chiese Fujiko, che aveva in braccio Jirachi. L’albina annuì.
“Esatto. Persone ossessionate dalla morte che pretendono di controllarla. Fondono la loro anima con il corpo diventando ombra. Si possono distruggere, ma loro si riformano. Sono seccanti, più che pericolosi. Però quella aveva creato dei manichini…” rifletté ad alta voce.
“E non si possono proprio uccidere?” chiese ancora la Guardiana dei Desideri, angosciata.
“Non si può parlare di uccisione, ma di disintegrazione. L’omicidio è la morte del corpo, l’anima va a finire da qualche parte. Ma loro lo hanno unificato, quindi bisogna disintegrarli o racchiuderli da qualche parte, fino a fargli perdere l’umanità. Queste creature faticano a mantenere un equilibrio proprio, se messe vicino ad altri Immortali potrebbero confondersi ed impazzire. Conosci il Pokémon Spiritomb? È formato da 108 Immortali imprigionati in quella che è conosciuta come Roccianima, che alla fine è una sorta di talismano. Per rispondere alla tua domanda, sì, esiste un modo, ma non sono a conoscenza di quale sia. So anche che un tempo non era possibile praticare questi esperimenti sull’anima, ma dopo… è successo qualcosa… di molto brutto” disse Articuno.
Fujiko aveva un’espressione facciale difficile da interpretare. Era una sorta di indifferenza nata da troppe emozioni. Sembrava che stesse per avere una crisi isterica.
Quindi, Articuno decise di prendere di nuovo in mano la situazione.
“Questa strada è la più breve per arrivare. Volare non sarebbe sicuro per voi, l’aria è troppo fredda. Dobbiamo stare in silenzio, o scateneremo delle valanghe. Camminate vicini e state attente… ho una brutta sensazione.”
Annuirono e si incamminarono.
Nonostante fosse fortemente sotto pressione, Fujiko si permise di notare il panorama a dir poco suggestivo.
Nevicava, solo lì, sul monte. Il tempo cambiava molto in fretta ed era possibile ammirarlo con maggiore facilità mano a mano che si saliva. Neve pioggia e sole si mescolavano nel panorama che ogni tanto assumeva delle sfumature arcobaleno per i giochi di luce. La cittadina vicina illuminata dalla luce naturale del giorno risaltava ancora di più grazie alla pietra chiara con la quale era costruita. I pochi raggi che riuscivano ad arrivare al monte facevano luccicare il ghiaccio e la neve diveniva accecante. Il rumore della neve che cadeva su sé stessa era l’unico suono che fungeva da sottile confine con il silenzio, tuttavia senza rovinare quello scenario magico.
Ci pensò qualcun altro a farlo. Un ululato acuto da parte di una creatura apparsa in mezzo a loro. L’Absol di Ayumi si era liberata da sola dalla sua sfera e urlava insistentemente.
“Ma che ha?” strillò Fujiko, un po’ scioccata dall’apparizione improvvisa del Pokémon.
Prima che qualcun altro potesse dire qualcosa, la terra iniziò a tremare. Dapprima era solo una leggera vibrazione, ma ogni secondo che passava diventava più intesa, facendo rotolare i ciottoli ghiacciati e sdrucciolare la neve.
“Ragazze, è una valanga!” sbottò Articuno allarmata.
Absol allora si lanciò contro Fujiko, facendola cadere diversi metri più avanti sulla strada, per poi correre da Ayumi, la quale la fece rientrare nella sua sfera prima che diverse tonnellate di neve la seppellissero. Velocemente si nascosero in una grotta dall’entrata stretta che si trovava nelle immediate vicinanze. Entrata che venne tappata da chissà quanti metri gelati.
- Fujiko! – chiamò l’albina telepaticamente
- Ci siamo, stiamo bene! Voi dove siete? – rispose l’altra. Ayumi sii rilassò appena.
- In una grotta... potrebbe essere un vicolo cieco, ma è l’unica possibilità che abbiamo al momento. Voi continuate a salire verso il nido, trovate Pure e aspettateci lì.
- Va bene... dobbiamo farcela!
- ...
- Ayumi...
- Cosa?
- Ringrazia Absol da parte mia.
Il contatto si interruppe, e la ragazza rimase assorta nei suoi pensieri per un momento.
Poi si voltò e iniziò a scalare la scivolosa salita con la quale il cunicolo iniziava, in solitudine poiché la Leggendaria non riusciva a muoversi per via dell’estesa apertura alare.
Ayumi non scivolava, il ghiaccio era il suo elemento. Non aveva paura, non avrebbe mai dovuto averne.
Non avrebbe dovuto provare sentimenti e basta. Per i leggendari era facile, stare chiusi in loro stessi, sapevano quanto tempestose potrebbero essere le loro emozioni e quanto terribili le conseguenze di un mancato controllo.
Ma se c’era una domanda che perseguitava la ragazza, un quesito a cui non trovava risposta,era proprio questo.
“Perché anch’io?”
 
A contatto con il pelo morbido del Leggendario, Pure si stava scaldando. Era un torpore piacevole, simile a quello di una bella doccia calda. Sentiva gli sbuffi costanti di quello sulla pelle. Aveva una respirazione lenta e molto profonda, sembrava rilassata. Ma gli occhi smentivano questa illusione, mentre passavano da un lato all’altro del posto dove si trovavano.
Era una specie di piazzola in cima al monte, racchiusa da imponenti spuntoni aguzzi di ghiaccio. Era tutto ghiacciato e nevicava. Si trovavano alla base di quello che Suicune aveva definito ‘uno dei nidi di Articuno’. Guardandolo con attenzione, era un nido in tutto e per tutto, ma somigliava pi che altro a un groviglio di rovi di ghiaccio ingarbugliati. Al centro c’era uno spazio piuttosto ampio, sufficiente per contenere la Leggendaria in questione, purché tenesse le ali ripiegate.
“Se Articuno volesse riposarsi qui, i rovi si dischiuderebbero affinché lei possa atterrare e ripiegare le ali. Poi, chiuderebbe gli occhi e le spine la avvolgerebbero, tenendola al riparo” aveva sbuffato Suicune accorgendosi sella curiosità della ragazza.
Pure si stava davvero annoiando, e tentava di afferrare i fiocchi di neve con una mano, mentre con l’altra accarezzava distrattamente il cucciolo di Growlithe nella sua tracolla, il quale aveva sporto timidamente il nasino fuori e osservava con occhioni sognanti l’abbondante cascata di batuffoli bianchi e gelati.
Doveva piacergli molto di più che stare al freddo sotto la pioggia che lo indeboliva.
“Sai... mi pare che Ayumi abbia accennato a qualcosa del tipo ‘Guardiana dei Desideri’ quando si riferiva a Fujiko. Che cosa significa?” chiese ad un tratto la ragazza.
“Vedi, tutti voi Guardiani siete collegati ad un  Pokémon Leggendario, e ogni Leggendario ha dei poteri ben precisi. Jirachi ha il potere di esaudire i desideri. Quindi, essendo Fujiko la sua Guardiana, viene chiamata la ‘Guardiana dei Desideri’” rispose vago Suicune, ancora scrutando le zone di accesso in attesa delle due ragazze, che stavano tardando ad arrivare.
“Tu che potere specifico hai?”domandò ancora Pure.
“Beh... ho il potere di purificare l’acqua. Ed è abbastanza importante, perché nei miei compiti rientra quello di impedire che tutta l’acqua si intorpidisca troppo, garantendo la morte di parecchie vite. Anche per questo, sono in continuo movimento.”
“Quindi io sarei...?”
“La Guardiana dell’Acqua Pura”
“Oh... mi piace!” annuì la ragazza soddisfatta, mentre riprendeva ad accarezzare il piccolo Pokémon.
“Spero che Ayumi e Fujiko ci raggiungano in fretta. Voglio passare più tempo con loro” borbottò poi, interrompendo un’ultima volta il silenzio.
 
Più si saliva, più il vento si faceva insistente. Fujiko aveva perso il conto di quante volte era scivolata. Tremava tanto da reggersi a stento in piedi, anche per colpa della pioggia che precedentemente l’aveva infradiciata fino al midollo. Più saliva, più le valanghe erano frequenti, la neve alta, i pendii ripidi e scivolosi. Alcune volte si era vista costretta ad usare la sua forza psichica per proseguire.
Ayumi non era con lei. Pure la stava aspettando. Jirachi rischiava di essere spazzato via delle fredde correnti d’aria, quindi la ragazza aveva optato per rimetterlo nella sua ball. Era completamente sola e la cosa la turbava.
Ma Fujiko stringeva i denti, cedendo solo in minima parte alle sue debolezze da essere umano. Lei era una Guardiana... non poteva farsi sconfiggere così facilmente. Era diventata più forte, più abile... ce la poteva fare.
Ne era certa... di sicuro era la nebbia quella sensazione di appannamento che vedeva... di certo le sue gambe non riuscivano a reggerla perché tremavano troppo per il freddo e perché non era abituata a camminare tanto, e in salita soprattutto.
Quei capogiri erano colpa del vento. Doveva essere così.
O forse no.
Nonostante cercasse di convincersene, lei in cuor suo sapeva di essere ancora debole. Aveva visto la forza di cui erano capaci i Leggendari, e anche delle persone non Guardiane. Si era resa conto della grande distanza che c’era tra lei e quel traguardo. Nonostante pensasse di star facendo passi enormi per quanto la riguardava, confrontandosi con gli altri si vedeva avanzare solo un millimetro per volta in quelle miglia che la separavano.
Era frustrante, si sentiva inutile. Ma lei non era più debole e indifesa.
Se avesse avuto quei poteri prima, gliel’avrebbe fatta vedere a quelli che avevano osato distruggere la sua città. E forse sua madre non starebbe piangendo in quel momento.
Scivolò ancora e cadde con le ginocchia nella neve. Tossì un paio di volte e si accorse che qualcosa le stava riscaldando le guancie. Calde lacrime abbandonavano il suoi occhi ogni volta che le palpebre si chiudevano. Non sapeva perché stava piangendo. Forse non c'era un vero e proprio motivo.
In quel momento sentiva una grande tristezza. Era stanca, la fatica le diceva di chiudere gli occhi e abbandonarsi a sé stessa.
Si accorse del suo errore appena in tempo. Scattò in avanti prima che una nuova cascata di neve la buttasse giù dal monte. Ansimava in preda all'ansia. Le lacrime non si fermavano.
"Non ce la faccio!" gemette addossandosi alla parete. Attorno a lei si innalzavano i fiocchi di neve, catturati dalla foga del vento. Le sembrava di essere stata catapultata in un altro mondo, dove riuscivi a vedere solo mezzo metro davanti al tuo naso.
In quei fiocchi di neve bianca rivedeva l'altra Guardiana, mentre se ne circondava immersa nel suo potere, con il vento che le scompigliava i capelli. Quella ragazza con la quale tentava costantemente di fare amicizia, prendendo a pugni il muro che Ayumi si era costruita attorno, nella speranza di creparlo abbastanza per infilarcisi.
Pensò a Pure, di come fosse strana, con quella diversa allegria che spesso la caratterizzava. Si ricordava delle parole schiette che le rivolgeva, un  modo forse un po' brusco di fare conoscenza, ma pur sempre un  tentativo.
Le rivide assieme, una indifferente ma concentrata, e l'altra immersa in una profonda collera. Entrambe sprigionavano un potere immenso. Entrambe stavano continuamente mgliorando. E lei le osservava, mentre si trascinava per stare al passo con loro.
Ma perché poi. Era caduta, ma con questo?
Si schiaffeggiò da sola raddrizzandosi in piedi, cercando di ricordare ciò che Giratina e Dialga le avevano spiegato a proposito del suo potere. La mente, una forza quasi incontrastabile se applicata con grande volontà. Lo Psico era luce e pura energia. L'Acciaio era stabile e duro, si piegava ma era difficile da rompere.
Lei portava dentro di sé il potere luminoso che dava stabilità, quello dei desideri. Lei ne aveva espresso uno, quando Jirachi l'aveva riconosciuta. Ora spettava a lei realizzarlo.
Si alzò in piedi, e creò uno scudo psichico attorno a lei, così da schermarsi almeno in parte dal freddo e dalla neve. Con il potere dell'Acciaio, invece, creò delle specie di uncini che aderirono al sotto delle scarpe.
'Così dovrei scivolare meno' pensò lei, soddisfatta. Riprese la scalata un po' rincuorata.
 
Aveva optato per farsi accompagnare da Absol. Era finita in uno dei cunicoli che formavano veri e propri labirinti all'interno del monte. Si teneva in costante contatto telepatico con Articuno, mentre aveva da tempo perso l'aura di Fujiko.
Era un po' preoccupata, il Monte Sorbetto era molto freddo anche in quei periodi dell'anno. Ormai era quasi giugno, rammentò. Per lei l'estate era un supplizio, non poteva rimanere al sole per troppo tempo e l'afa la indeboliva.
Al contrario, stava tranquillamente al freddo. Infatti era in maniche corte e neanche un brivido la attraversava, mentre procedeva tranquilla e in silenzio.
L’aria fresca impregnata del delicato odore del ghiaccio la faceva stare bene, mentre passava da una sala all’altra, pattinando sui pavimenti gelati e saltando da uno spuntone all’altro, con il suo Pokémon appresso.
I diversi Pokémon che incontrava non la attaccavano, percependo la parte leggendaria dentro di lei. I più erano comunque scettici, mentre altri la seguivano, talvolta facendole le feste e giocando con Absol.
La creatura bianca e nera era docile, ma estremamente attenta. Era una zona pericolosa, e lo sapevano bene sia lei che la sua padrona.
Dopotutto, era stata Absol prima a salvarle dalla valanga, e se fossero state rapide a reagire, probabilmente non sarebbero state separate. Ayumi affondò una mano nel pelo del Pokémon quasi distrattamente, sospirando.
Era tesa come la corda di un violino. Ogni rumore, ogni spostamento d’aria e ogni aura veniva attentamente valutata e catalogata.
C’era qualcosa che non andava, che non andava per nulla.
Absol emise il suo verso e la guidò con una leggera spinta verso destra per poi accelerare. L’albina seguì le indicazioni dell’intelligente creatura, scattando assieme a lei in avanti, prima che un enorme spuntone di ghiaccio cadesse in seguito alle vibrazioni prodotte da una valanga e sgretolasse completamente il sottile ponte gelato sul quale stavano passando.
Era così che proseguivano, in silenzio, lanciandosi dei segnali. Ayumi, tramite Articuno, conosceva la strada e Absol percepiva i pericoli.
Più saliva più l’ansia cresceva. Ma la Guardiana tentava di tenere saldi i nervi. Se il Pokémon era calmo, era calma anche lei. L’energia quasi elettrica per lo scambio di sensazioni ed emozioni che c’era riempiva l’aria, tanto per compensare l’assenza dei suoni.
Poi, improvvisamente, Absol ululò.
 
Aveva ragione, gli arpioni metallici che aveva creato la stavano aiutando, sorreggendola nelle salite sdrucciolose.
Ma sentiva uno strano sapore metallico in bocca e la sensibilità del suo corpo continuava a diminuire. Non andava bene, per nulla.
Ma ormai riusciva a intravedere la cima. Le sarebbe bastato attraversare quel tunnel gelato e sarebbe arrivata. Lo sapeva, se lo sentiva.
Abbandonò finalmente la forma Guardiana e con le ultime forze rimaste affrettò la camminata. Traballava, le gambe erano inferme, ma appena vide Pure e Suicune si illuminò, il suo volto si distese in un sorriso.
Non capì cosa i due le stesero gridando non sentiva la loro preoccupazione. Tutto stava diventando ovattato e confuso.
Si sentì gettare a terra, sentì vagamente il dolore e il sangue sulla pelle.
‘Sto morendo...?’
 
Suicune si irrigidì improvvisamente, iniziando a fiutare l’aria.
“Sta succedendo qualcosa... sento che qualcuno si sta avvicinando ma non capisco se è una presenza negativa o positiva. Pure... stai all’erta” ringhiò il Leggendario, rigido.
La ragazza, stupita, si guardò placidamente attorno. Annusò l’aria anche lei, ma non sentì nulla. Decise di affidarsi al naso dei due Pokémon, dato che il suo, a quanto sembrava, non funzionava a dovere.
Il piccolo cucciolo nella sua borsa iniziò a guaire, agitandosi. Cercò la mano della ragazza per poi iniziare a mordicchiarla.
“Cosa dovrei fare?” sbuffò lei esasperata, guardando interrogativa prima Growlithe, poi Suicune.
Infine, con la coda dell’occhio captò un movimento. Da una cunicolo piuttosto largo in proporzione agli altri, stava uscendo una figura. Era in una posizione un po’ storta, contratta, la testa china, in modo da lasciare che il vento catturasse i lunghi capelli biondi e li strapazzasse da una parte all’altra.
Fujiko alzò gli occhi e sorrise. E in quell’istante, dall’ombra prese forma una figura che si avvicinava pericolosamente alla ragazza.
“Fujiko! Corri!” urlai, presa alla sprovvista. Anche Suicune aveva optato per delle esclamazioni simili.
Ma fu inutile, l’Ombra colpì la Guardiana, che cadde riversa a terra.
 
Stava succedendo qualcosa. La situazione stava degenerando una seconda volta. Ayumi scattò a correre, approfittando del ghiaccio che la faceva scivolare velocemente. Anni di pratica a camminare su e giù per ogni angolo, guglia e anfratto dell’Isola del Ghiaccio erano serviti, anche solo per quel momento.
Se fosse successo qualcosa alle altre due, anche a una sola di loro, non se lo sarebbe mai perdonato.
Aveva perso troppo per perdere quel poco che era riuscita, pur involontariamente, a recuperare del suo cuore. Aveva paura. Non voleva soffrire ancora.
Perché quella dannatissima salita era così lunga? Proprio in quel momento doveva venirle il fiato corto?
Finalmente arrivò in cima, gli occhi divenuti rossi che fiammeggiavano.
Fujiko era poco distante da lei, si reggeva in piedi a stento. Pure e Suicune stavano bene, ma avevano una faccia scioccata. Infatti un attimo dopo iniziarono a urlare.
“Fujiko! Corri!”
“Attenta, è dietro di te! Sbrigati!”
Niente. Come congelata, l’albina assistette all’aggressione dell’Ombra. Era sgusciata in silenzio dietro la ragazza e l’aveva abbattuta con un colpo. Fujiko era caduta, la testa sanguinante.
Dentro Ayumi, qualcosa si spezzò.
A volte le capitava di sentire qualcosa che si allentava dentro di lei. E che poi, sfortunatamente, non tornava mai al suo posto. Qualcosa che Articuno chiamava ‘autocontrollo’, e che Giratina aveva soprannominato ‘blocco’.
Le energie fluirono di nuovo nel suo corpo. Se prima nei suoi occhi c’era una piccola fiamma, ora divampava un incendio. Nessuno l’avrebbe riconosciuta.
Ora Ayumi non era più la ragazza indifferente, controllata negli attacchi e nelle situazioni più ardue.
Ora era un fiume in piena, incontrollabile.
Mosse una mano, una sola. Spazzò via l’Ombra, lontana da Fujiko. La fece sbattere sul pavimento, sulle pareti, vorticava nel vento. Pio venne scagliato dentro il nido di Articuno, che si era aperto di scatto, i rovi che si muovevano come le spire di un serpente. Spire che si chiudettero di scatto, disintegrando il manichino.
Così come si era innescata, Ayumi si arrestò, di nuovo svuotata. Era caduta in ginocchio, gli occhioni di nuovo tinti di ciclamino fissi nel vuoto, lucidi.
Pure era corsa da Fujiko, che aveva perso i sensi, stremata.
Sia Articuno che Jirachi uscirono dalle loro sfere senza un comando.
“Dobbiamo tornare nel Paradiso Parallelo. Adesso”.
 
“Non ho potuto fare nulla… ancora non potevo… perché sono così inutile? Voglio diventare forte… voglio vendicare la mamma… voglio vendicarmi di papà! Presto… devo fare presto…”
“Sono troppo debole. Mi sono fatta abbattere per nulla. Proprio quando credevo di essere migliorata! Quando pensavo di essere diventata utile…”
“Perché non riesco a proteggere nessuno? Qualunque cosa faccia, per quanto io mi sforzi… Cosa c’è che non va in me? Perché nessuno vuole spiegarmelo?”
 
Angolino nascosto nell’ombra.
Si, vabbè, sono in ritardo.
Pace, amen (?).
No sul serio. Sto collassando. Sono stanca morta.
Ma a voi non ve ne frega nulla, no? E anche se ve ne frega qualcosa, beh, dico la stessa cosa tutte le volte. Della serie… devo andare a dormire ahahahaNo, col cavolo, non ci riesco.
Allora, ho centordici cose da fare, sono stanca e, dulcis in fondo, ho ispirazione par altre cose.
Che bello.
Oh, devo anche finire l’articolo… ciuppa. L’articolo aspetterà, ELEONORA.
Che dire… la storia vi sta annoiando, lo capisco dalle recensioni, ma purtroppo per voi queste descrizioni che fanno sclerare anche me, per inciso, mi serviranno per il casino più avanti.
Il prossimo.. sarà interessante da scrivere.
Ok. Ora mi addormento sulla tastiera.
Aura_

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Le Ombre del tuo Cuore ***


Capitolo 14 – Le ombre del tuo cuore

_Paradiso Parallelo_

Stavano succedendo tante, troppe cose. Avevano aspettato che Ayumi si mettesse in azione per poi scatenare un putiferio.
La distruzione di Amarantopoli. L’incendio a Mistralopoli. L’attacco a Forina, nelle Rovine del Canale e sul Monte Sorbetto.
Pure era frastornata dagli eventi, e ci stava riflettendo sopra, in silenzio. Solo che era, come spesso succedeva, fuori luogo, dato che Arceus stava provando a darle delle indicazioni. Ma avrebbe fatto prima a parlare con i fiori, di certo lo avrebbero ascoltato di più. Così Suicune si prese l’incarico di spiegare alla sua Guardiana cosa dovevano fare.
Fujiko, non appena si era ripresa grazie all’azione curativa e rigenerativa dei fiori, era scoppiata in lacrime e non aveva spiccicato parola. Anche in quel momento si stava guardando i piedi sconsolata, gli occhi verdi che lacrimavano in continuazione.
Ayumi, dal canto suo, era semplicemente stanca. Era stata sballottata qua e là da una regione all’altra rincorrendo gli eventi come un bambino con un aquilone in balia del vento. Voleva fermarsi un momento e cercare di capire cosa stesse succedendo.
Ma quel lusso non le fu concesso.
Giratina comparve all’improvviso, chiedendo l’attenzione con una nota d’urgenza nella voce.
“Austropoli è sprofondata nell’ombra” disse brevemente.
“Cosa?” fu il commento generale che fece sbuffare la Leggendaria.
“Beh, immaginatevi una grande bolla nera che avvolge la città. Le perone dentro dormono, e soffrono. Il loro dolore è palpabile. Potrebbe essere l’effetto di un Guardiano, e immagino che noi tutti abbiamo già una mezza idea di che Guardiano possa trattarsi".
“Infatti... ma un potere già a questi livelli? Assurdo” commentò Dialga scuotendo la testa.
“Concordo. E abbiamo un altro problema. La situazione è urgente, ma loro non sono in grado di partire” disse ancora Giratina, riferendosi all’assente preparazione di Pure, della stanchezza di Ayumi e delle condizioni fisiche e psichiche di Fujiko.
“Purtroppo non abbiamo scelta. Ayumi, parti immediatamente, ma avremmo bisogno che Articuno resti qui ad aiutare le altre Guardiane. Dovrai cavartela da sola” disse Arceus categorico.
Giratina scosse la testa con disappunto. Però non poteva fare nulla, se non aprire il teletrasporto che condusse la ragazza a combattere contro ciò che aveva sempre cercato di evitare.
I suoi sogni.

_Austropoli_

L’enorme metropoli della regione di Unima era innaturalmente silenziosa. Era buio ma non c’era una singola finestra o lampione illuminato. Le auto erano ferme in strada, alcune avevano subito tamponamenti. Sulla pelle si percepiva una sensazione d’ansia e stress, inquietudine.
Questo fu il benvenuto che Austropoli diede ad Ayumi. Immediatamente, la ragazza sentì il suo corpo più affaticato e le palpebre pesanti. Ma si costrinse a resistere, iniziando ad avanzare per le strade della città, alla ricerca di un volto che non stesse dormendo, forse spiazzato per quello che stava accadendo. Forse consapevole. Non si poteva escludere nulla.
Arrancando, Ayumi si ritrovò a costeggiare il porto. Almeno si percepiva ancora l’odore e il rumore dell’acqua salata. Questo la fece sentire un po’ meglio. L’odore della salsedine aveva la proprietà di calmarla, almeno un pochino. Le era così famigliare...
Ma in quel caso, la cosa non volgeva a suo vantaggio.
Si allontanò dal porto tanto velocemente quanto le sue gambe tremanti le concedevano di procedere, addentrandosi nella prima viuzza che trovò. Era piccola, stretta e sporca, mezza abbandonata a sé stessa. La poca gente che giaceva addormentata lì non dava l’impressione di essere la quint’essenza della gentilezza.
Ma, nonostante la ragazza volesse andarsene, le gambe cedettero sotto il suo peso, e lei crollò in ginocchio vicino la porta di quello che sembrava un vecchio locale.
Prima che le sue palpebre si chiudessero definitivamente, l’albina intravide un piccolo movimento da parte dell’entrata del bar.
Poi, il buio.

La scena che il sogno le stava mostrando apparteneva alla sua infanzia. Ayumi si vedeva, una bambina con i capelli bianchi decisamente più corti di come li aveva in quel momento. Le arrivavano alle scapole più o meno.
Il visino tondeggiante era illuminato da un sorriso dolce, quelli che lei soltanto riusciva a fare. Quei sorrisi che da anni non abbellivano più il suo volto, divenuto gelido come il marmo.
I vispi occhioni, allora ancora celesti, guardavano estasiati la riva, in trepida attesa, aspettando qualcosa che sarebbe capitato di lì a poco.
Bum!
Il cielo scuro fu illuminato da un’esplosione di  scintille rosse.
“Mamma, guarda! Sono iniziati i fuochi! Dai, vieni a vedere!” strillò la piccola, improvvisando una piroetta che ampliò la gonna del vestitino azzurro che portava.
Una donna si aggiunse alla visione. Era molto giovane, a vedersi, non dimostrava più di trentacinque anni. Era snella e alta e aveva un portamento elegante ed aggraziato. Aveva grandi occhi blu come il mare, molto più scuri rispetto a quelli della bambina, quando, in teoria, avrebbero dovuto essere identici. I capelli liscissimi le arrivavano ai fianchi ed erano di un marrone abbastanza chiaro, come il cioccolato al latte.
Sorrise con dolcezza alla bambina che si era aggrappata alla grande gonna celeste della madre, mentre con il nasino rivolto all’insù osservava con innocente curiosità le scintille variopinte che danzavano in cielo, formando diverse figure più o meno complesse.
Dietro le due stavano alcuni Pokémon. Articuno osservava con pacata allegria la sua giovane Guardiana, per poi dare attenzione al cielo. Assisteva a quello spettacolo da molti anni ormai, ma era sempre e comunque bello.
Accanto alla Leggendaria stavano i suoi fratelli, Zapdos e Moltres che, al contrario del terzo membro del trio, stavano battibeccando rumorosamente.
“Ahia! Moltres, così mi bruci, vai via!”
“Ma sentitelo, il piccione a cui hanno fatto l’elettroshock! Io ero immobile, sei tu che mi sei venuto vicino!”
“Non è vero, sei tu che ti diverti a farmi i dispetti”
“Ascolta, tutto quello che vuoi, ma Articuno è qui vicina a me immobile, e non si lamenta pur essendo un tipo ghiaccio. Ti sembra normale che ti lagni in questa maniera?”
“Non tiratemi dentro, voi due”
Alle loro spalle li sovrastava un Pokémon decisamente più grande. Aveva le lucenti piume bianche argentate, tranne sulla pancia, sulla schiena e attorno agli occhi, dove le aveva blu. Gli occhi erano praticamente neri, forse appena appena striati di blu.
I fuochi terminarono con tre botti e la bambina sbuffò.
“Uffa, sono già finiti... e guarda quanto fumo...” mormorò, più a sé stessa che agli altri presenti.
Lugia sorrise, divertito. Quella bambina era il ritratto di sua madre, la sua Guardiana. Aveva un temperamento calmo e riflessivo, decisamente maturo rispetto alla sua età. Ciononostante a volte riusciva a dimostrarsi giustamente infantile, mettendosi a correre per i prati o schizzando i Pokémon con l’acqua del mare.
Mary accarezzò la bimba sulla testa, per poi prenderla in braccio.
“Torniamo a casa, Ayumi. Ok? Saluta tutti” le raccomandò con dolcezza. Ayumi annuì, sorridente e abbracciò tutti e tre i Leggendari, sprofondando nei diversi piumaggi e privilegiandosi delle sensazioni diverse che esprimevano.
Quelle di Articuno erano fredde, sembrava di abbracciare un pupazzo di neve non troppo compatta. Però erano terribilmente morbide. La Leggendaria strusciò il becco liscio e gelido come il ghiaccio contro la fronte ricoperta dalla frangetta candida della bambina, che si staccò da lei.
Al contrario, Moltres era caldissima, sembrava di star abbracciando un fornello. Quasi troppo calda per la bambina, che si scusò imbarazzata dopo essersi staccata una cosa come due secondi dopo. Moltres, per tutta risposta, le fece arrossare guance sbuffandole addosso un po’ di aria calda.
La bambina ridacchiò e strinse Zapdos. Un formicolio elettrico le si propagò per tutto il corpo. Le sue piume erano un po’ meno morbide e quando le toccava le diventavano i capelli elettrici.
“Sembri uno spaventapasseri” le disse Lugia, mentre la piccola sentiva nelle narici il profumo di acqua di mare che il Pokémon aveva addosso.
Lugia caricò sul dorso sia la piccola che sua madre, per poi spiccare il volo con una leggiadria inaspettata, date le sue dimensioni. Quasi non batteva le ali, mentre sorvolava la superficie salata, quella sera piatta come uno specchio.

La scena cambiò.

Era pomeriggio e c’era molto sole. Ayumi aveva un paio di anni in più rispetto alla visione precedente. Il volto era più maturo, seppur di poco, e gli occhi erano già sul violetto. I capelli erano già più lunghi e le arrivavano ai fianchi. Sembrava un cambiamento enorme, eppure era avvenuto in circa due mesi.
La ragazzina correva tra gli steli alti del prato, annusando i fiori e osservando i Combee che volavano indaffarati.
Mary, dietro di lei, la guardava con occhi un po’ distratti, pensierosi, e il volto che non rispecchiava appieno la serenità della scena. Era da parecchio che lei e sua figlia non facevano una passeggiata da sole senza la compagnia dei Leggendari, e di solito andava bene.
Ma quel giorno c’era qualcosa che non le tornava. Ma il cielo era sereno , il vento lieve e tutt’intorno c’era silenzio.
Davvero un silenzio perfetto, che rendeva tutto calmo.
Troppo calmo.
C’era troppo silenzio.
“Ayumi...” chiamò a bassa voce, tesa. La bambina si immobilizzò all’istante, diventando immediatamente seria ed attenta ad ogni movimento e suono. Gli occhi si stavano illuminando, diventando gradualmente rossi.
Mary se ne accorse, e la tranquillizzò, dicendole di stare in guardia, ma di non esporsi troppo. La prese per mano, conducendola verso la riva, attraversando un piccolo boschetto abbastanza fitto e dagli alberi piuttosto bassi.
I Pokémon, avendo in più degli umani il senso del pericolo, stavano nascosti e irradiavano onde di paura da tutte le direzioni, confondendo non poco la piccola Guardiana che era all’epoca alle prime armi.
“Mamma... cosa sta succedendo?” domandò Ayumi, stringendo l'intreccio delle sue dita con quelle della madre.
“Sssht! Fai silenzio Ayumi... potremmo essere nei guai...” sussurrò la donna in risposta, abbandonando il sentiero di scatto e tappando la bocca alla fanciulla, che sgranò gli occhi, di nuovo rossi per lo spavento.
Un gruppo di persone comparve nella scena. Erano vestiti di nero e grigio, e si guardavano attorno con sguardo accigliato. Le onde che emanavano erano cattive e impure. Diversi Pokémon dallo guardo arrabbiato, ma allo stesso tempo sofferente li seguivano. Tutti avevano una sorta di collarino nero.
Mary iniziò a spingere Ayumi lontano dalla strada, verso la riva del mare.
Nel frattempo aveva assunto la Forma Guardiana. I lunghi capelli erano diventati bianchi argentati, come quelli della figlia, dalla metà in giù. I Suoi occhi ora erano quasi neri e le palpebre erano tinte di blu chiaro, come se fosse truccata.
Schermò la loro fuga con i poteri psichici dei quali disponeva, facendo in modo che lo scricchiolare delle foglie, lo spezzarsi dei bastoncini e i fruscii dei cespugli e dell’erba non le tradisse. Mandava intanto delle onde mentali di aiuto ai quattro Leggendari, che erano rimasti nascosti nelle isole e sotto il mare.
Ayumi, la piccola mano stretta in quella più grande della madre, aveva gli occhi sgranati e impauriti, sembravano un po’ quelli di un cerbiatto. Guardava dietro di sé, osservava il punto in cui quelle persone ancora le stavano cercando.
Non capiva, Ayumi. Nella sua innocenza di bambina di appena sette anni, non riusciva a comprendere ciò che stava succedendo. Perché quelle persone le stavano cercando? Cosa volevano da loro?
Ma, la cosa che la metteva in allarme era un’altra.
La mamma.
Non era la prima volta che la allontanava da delle persone o che si mostrava preoccupata nei suoi confronti.
Ma mai l’aveva vista così tesa, e mai aveva usato i suoi poteri in pubblico. Mai rimaneva in silenzio.
Di solito, le carezzava la testa, le sorrideva e le mormorava parole gentili.
“Vedi, Ayumi, non posso lasciarti parlare con quelle persone. Tu sei diversa da loro, lo sai. Ma non portarlo come un peso, non piangere per questo. Ricordati che non tutte le persone sono malvagie, ma allo stesso tempo non tutte sono buone. Alcune persone tenteranno di farti del male, piccola mia, e io cercherò di impedirlo fin che posso. Fidati di me.”
Gliela diceva spesso, quella frase. ‘Fidati di me’.
Per quel motivo, Ayumi aveva imparato a riconoscere ed interpretare ogni singolo movimento, comportamento ed espressione della madre, e a comportarsi di conseguenza. Ayumi si fidava di lei.
E così, anche in quel momento, stava in silenzio, conscia del fatto che le sue domande sarebbero state ascoltate e avrebbero trovato risposta più tardi.
Dopo.
Solo che un ‘dopo’ non ci sarebbe più stato.
Era finito tutto quel giorno, su quella dannatissima spiaggia.
Mary fece acquattare Ayumi tra i cespugli, con la raccomandazione di non esporsi mai, di non usare i suoi poteri, per nessun motivo.
“Fidati di me”.
Poi era avanzata verso la spiaggia, con le caviglie nell’acqua, e aveva aspettato. Quelle persone non si erano fatte attendere ed erano uscite dalla foresta iniziando una rapida successione di diversi attacchi, soccombendo di conseguenza sotto la tempesta che Mary aveva evocato per difendersi. Ma non tutti, no.
Quell’individuo era rimasto in piedi e rideva, rideva follemente, in piedi stagliato contro il vento e l’acqua che non sembravano sfiorarlo minimamente. Però il vento tempestoso lo toccava, eccome, strappando le sue vesti e abbassandogli il cappuccio che gli nascondeva il volto.
I lunghi capelli verde sbiadito gli caddero lungo la schiena. Non era un volto giovane, sarà stato sulla quarantina d’anni. Uno degli occhi era nascosto da uno stano congegno.
“Salve, Guardiana delle Immersioni”. L’uomo aveva iniziato a parlare, apostrofando Mary una volta che lei ebbe concluso il suo attacco, conscia che quell’individuo non era come gli altri. Aveva accennato un inchino, era ironico, si sentiva superiore.
Ayumi, dal suo nascondiglio, osservava fiduciosa la scena.
‘La mamma ce la farà. Lei è forte. Lei può batterlo’ pensava, acquattata dietro a quel cespuglio pieno di rovi.
“Chi sei tu? Per quale motivo stai turbando la quiete di questo luogo?” domandò Mary freddamente.
“Oh, è un posto come un altro. Non mi interessa rovinare  questo posto, stavo semplicemente cercando un paio di persone... che a quanto pare ho trovato” ghignò l’uomo, per poi voltarsi a guardare dietro di sé. In un punto apparentemente imprecisato del boschetto, punto nel quale stava nascosta la piccola Guardiana, che trasalì nel vedere quel sorriso pazzo e quell’occhio che la scrutava. Come faceva a sapere che era lì?
“Oh, tu e la tua figlioletta siete così speciali... forti, abbastanza forti da ostacolarmi. Tu riesci a sentirla, vero? Nascondere tua figlia non è servito a nulla, contro di me. Mi sento offeso, perché mi hai sottovalutato così tanto?”
L’uomo ghignò divertito, una sorta di malsano divertimento sadico. Mary digrignò i denti.
“Non ti avvicinare ad Ayumi” sibilò furiosa.
Lui la guardò semplicemente, quasi con una pietà mossa dal disgusto.
“Oh no, per lei ci sarà tempo... ma io capisco la tua paura, sai? Io so cos’è Ayumi... Io conosco la tua paura... Vediamo quanto sei brava a difenderla. Io, il sommo Ghecis, ti sfido a difendere quello che sei e quello che non vuoi che tua figlia diventi!” urlò, gli occhi praticamente fuori dalle orbite, scagliando diverse sfere oscure.
Mary non si mosse di un millimetro, mentre il vento tempestoso la avvolgeva nuovamente. Il vento vorticava, forte, davvero molto forte. Alzava la sabbia, era impossibile tenere gli occhi aperti.
La piccola si coprì gli occhietti con le mani, ma la sabbia le si infilava nella bocca e nel naso, perfino tra le dita e nelle palpebre chiuse. Tossì, e ancora, era fastidioso, gli occhi bruciavano, nonostante li tenesse strettamente serrati.
Ciononostante, li spalancò dopo aver udito il gemito della madre, appena udibile per colpa del vento. Le iridi rosse della bambina videro la madre reggersi un braccio spezzato, storto e annerito da uno delle sfere scagliate dal suo avversario, che aveva cambiato espressione facciale.
Se prima era ironico, quasi rilassato, ora faceva paura. L’occhio visibile mandava un bagliore minacciosi e  i lineamenti del volto si erano induriti. Era quasi rabbioso, ad Ayumi faceva paura.
Era abituata all’aura rassicurante della madre, così candida e benevola, pur essendo potente.
Quella dell’uomo era diversa. Era più nera delle ombre in cui Giratina spesso scompariva, più profonda dell’oceano. Non c’era benevolenza in quell’essere, non c’era pietà.
Era un mostro.
La piccola Guardiana si era drizzata in piedi mentre il vento si estingueva. Voleva solo correre dalla madre, urlarle di andarsene, di porre fine a quella faccenda.
Non voleva che si ferisse ulteriormente.
“Mamma! Mamma!”
Mosse un solo passo prima che la madre la fermasse, il tono di voce velato dalla sofferenza, ma categorico.
 “Stai indietro! Non ti avvicinare!”
Ayumi si immobilizzò, gli occhi lucidi, mentre vedeva lo scontro continuare. La madre stava muovendo le mani formando degli ampi cerchi attorno a lei, e l’acqua attorno alle sue caviglie rispondeva al richiamo.
“Mamma!” chiamò ancora, con un tono di voce più basso, più disperato.
Stringeva forte i piccoli pugni, lottando contro tutta la negatività che sentiva dentro, contro la paura, contro una consapevolezza che stava prendendo forma dentro di lei, alla quale si stava ribellando con testardaggine.
“Nasconditi!” le urlò la madre di rimando, concentrata.
- Fidati di me – aggiunse subito dopo, telepaticamente.
Ayumi si acquattò nuovamente su sé stessa, stringendo forte nelle manine gli steli erbosi che crescevano lì vicino. Cercava un appiglio, e no lo nascondeva.
Le immagini si susseguivano spietate davanti ai suoi occhi, proseguendo per diversi minuti. Sua madre che scagliava delle onde potentissime contro il suo avversario, che si protesse con uno scudo nero. Sua madre rincarava la dose, sempre di più, colpi distruttivi che coinvolgevano l’ambiente circostante.
Ma lui non si piegava sotto a nulla, la faccia di pietra, l’espressione quasi annoiata.
Le parole di Mary rimbombavano nella testa della figlia di quest’ultima.
‘Fidati di me.’
L’uomo, che si era presentato come Ghecis, scattò in avanti improvvisamente, prendendo la Guardiana adulta per la gola e mozzando il respiro alla ragazzina che, muta ed immobile, assisteva alla scena.
“Finiamola qui. Io ti maledico, schiava delle Leggende” ringhiò lui, segnandole una croce sul collo.
Poi la lasciò andare, sparì inghiottito dal suo teletrasporto oscuro, lasciando dietro di sé Mary che tossiva e sputava sangue, il segno oscuro che le stava togliendo la vita insinuandosi nelle sue vene.
Ayumi non capiva, corse da lei, dalla sua mamma, che stava male, ma che era viva.
Mary la abbracciò forte, ma piangeva, sputava sangue, tremava, era debole.
“Ayumi... dovrai essere forte... e attenta... più di me...”
La piccola sentì il suo cuore fermarsi. Perché sua madre le stava dicendo quelle cose? Perché la sua voce era spezzata, tremante? Ayumi iniziò a piangere, senza neanche rendersene conto.
“Tieniti vicine le cose a cui tieni... ricordati di me...”
Ayumi sentiva quelle parole sovrapporsi a ciò che lei le diceva sempre.
‘Fidati di me’
“Sii forte Ayumi”
‘Fidati di me’
“Non demordere e continua a lottare”
‘Fidati di me’
“Ti voglio bene, bambina mia, ricordatelo sempre... tutti ti vogliamo bene... anche tuo fratello, anche se non ti vede da tanto, sono sicura che si ricorda di te... ti vogliamo bene Ayumi, ricordatelo...”
‘Fidati di me. Io ti voglio bene’
Troppo tardi Ayumi si accorse della grande luce che la stava avvolgendo, mentre le sue braccia stringevano il vuoto.
Nessun caloroso abbraccio, niente di niente.
Era tutto finito, tutto scomparso. C’era solo lei.
‘Fidati di me’
Ora non c’è più nessuno di cui io possa fidarmi.

Quando i Leggendari arrivarono, Ayumi era seduta a gambe incrociate, gli occhi lucidi che scrutavano il tramonto.
Articuno le atterrò vicino e iniziò a parlarle. Piangevano, avevano intuito cos’era successo, stavano tentando di scusarsi con la bambina del loro errore. Non erano riusciti a sentire Mary fino a che non era stato troppo tardi.
Ma Ayumi non li ascoltava, non li sentiva. Il suo viso privo di emozioni stava chino rivolto verso la sabbia sporca di sangue, mentre la manina candida lo accarezzava distrattamente.
“Ayumi...?” chiamò Articuno, esitante.
La Guardiana si voltò, e tutti trasalirono.
I suoi occhi erano neri.
“Mamma... non c’è più. La luce l’ha avvolta e lei è sparita. Dov’è andata la mamma? Non tornerà più... vero? È morta... giusto?” disse semplicemente.

Da lì ci fu il buio.
Ayumi non ricordava molto, forse niente, era tutto confuso, grigio, spento. Oscuro.
Non c’era più niente da vedere. Così si risvegliò.

Ayumi aprì gli occhi, tremate, impaurita, esposta. Si sentiva calda, quasi febbricitante.
Inoltre, in lei si manifestò la sgradevole sensazione di non essere più nel posto dove si era addormentata, o meglio, collassata.
Ora era distesa su un divanetto un po’ scomodo, probabilmente vecchio a giudicare dai rumori che emetteva. Era coperta da una specie di lenzuolo, molto leggero.
“Ti sei svegliata finalmente. Ti agitavi e... beh, iniziava a fare u po’ freddino qui”.
La voce proveniva da qualche metro di fianco a lei. Ayumi, non capendo ciò che la voce intendesse, si rizzò in piedi.
Si trovava in quello che somigliava in tutto e per tutto a un piccolo bar abbandonato. Le tende erano strappate, l’imbottitura degli sgabelli fuoriusciva dagli strappi e il lenzuolo era macchiato di unto.
Su una sedia malandata, sedeva una figura, a cui apparteneva quella voce profonda, seppur apparentemente giovane, maschile.
Tuttavia, il suo volto era coperto da un ampio cappuccio, pertanto era impossibile per chiunque definirne l’età.
La cosa strana è che, nei cinque metri quadrati che avevano per centro il divanetto, e quindi Ayumi, era tutto congelato. La giovane sbatté le palpebre, stupita. Era da quando era piccolissima che non le capitava una cosa del genere.
‘Che cosa sta succedendo?’

“Ho paura... mamma, dove sei? Aiutami, ti prego... è tutto buio... è troppo buio... aiutami... mi sto perdendo... per favore...”

Angolino nascosto nell’ombra
Okkeeeeeeeeei....
Questo dovrebbe essere un capitolo malinconico. Spero sia così.
Qualcuno, nelle recensioni del capitolo 10, mi ha detto qualcosa tipo “All’inizio pensavo fosse il passato di Ayumi, menomale che non era così, sennò poveretta!”
Beh, ecco, questo è il passato di Ayumi. O almeno... una parte. Come, spero, avete capito, dopo questi eventi Ayumi ha un vuoto di memoria. Ecco,prima o poi salterà alla luce anche il momento buio.
Volevo darvi un piccolo avvertimento: studiatevi bene tutta la storia, perché, anche se a voi magari non sembra, io dissemino piccoli dettagli in giro per i capitoli che saranno più chiari in futuro. Per esempio le parti in corsivo del capitolo 9, che sono collocate qui, all’interno della scena.
Poi, anche se non ve ne frega nulla, il nome di Mary lo ho scelto parecchio tempo fa, effettivamente. Lo ho preso dall’omonima canzone dei Gemelli Diversi, perché boh, quella canzone mi piace parecchio.
Sì, sono una persona molto allega *coffcoff*. No, seriamente, io sono una persona allegra... non lo dimostro troppo ma lo sono, giuro ahahah.
La frase in grassetto sarebbero i pensieri dell’Ayumi più grande mentre riviveva quei momenti. Perché dopotutto qui descrivo i sentimenti dell’Ayumi bambina.
Bene. Scusate il ritardo, l’HTML inesistente (funziona solo da mio padre e non ci vado spesso, comprendetemi) e gli errori. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

Aura_

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Ricordi ***


Capitolo 15: Ricordi


In mezzo alla nebbia scura che poteva tranquillamente essere lo scenario della sua mente, comparve un punto bianco.
Era davvero piccolo e baluginava pigramente. Sembrava che al minimo movimento, la piccola stella bianca si sarebbe estinta.
Stella, sì, era proprio una stella. Faceva poca luce, e quei raggi che si staccavano da lei la facevano assomigliare vagamente a un rombo.
‘Se quella stella sparisse... cosa succederebbe?’
Ma la stellina non scomparve. Diventò, anzi, molto più luminosa, iniziando ad allargarsi. Emanava un’energia calda e pura, davvero piacevole, che ti accarezzava come una mamma le sere invernali, quando i bambini insonnoliti si impuntano per non andare a letto mentre, con gli occhi sempre più pesanti, osservano un film natalizio.
Ma tutto il bianco che si vedeva non era neve, bensì nuvole. Tante soffici nuvole che ti sostenevano con leggerezza, facendoti provare l’emozione del volo senza però lanciarti in un sogno umanamente impossibile. Un vento gentile e leggermente dispettoso arruffava i capelli senza annodarli e muoveva il vestito gonfiandolo.
Si percepiva una certa serenità, ma allo stesso tempo una sorta di strana e leggera oppressione, come se quell’infinito e luminoso cielo azzurro fosse in realtà estremamente limitato.
‘Che strana sensazione... È così... incoerente.’
Muoveva i suoi passi delicati su quella superficie simile a cotone. Era sola? Qual’era il suo nome?
“Shinseina. Ti chiami così”.
Era una voce dolce e melodiosa, profonda. Vibrò all’interno del corpo della fanciulla come le note di un violino all’interno della cassa di risonanza. Era come se colmassero un vuoto, come se necessitasse di quella voce per vivere.
Forse era così.
“È così. Tu esisti grazie a me”.
Gli anelli alle caviglie di Shinseina tintinnarono leggermente mentre lei si voltava a vedere quella che era, senza ombra di dubbio, la sua fonte di vita.
Era un essere grande, bianco come le nubi e celeste come il cielo. Si fondeva perfettamente con la serenità incoerente del posto, brillando con esso. Le grandi ali celesti  stavano semi ripiegate lungo il corpo candido, ricoperto da squame simili a piume. O piume simili a squame, la cosa era ben poco chiara.
Aveva due grandi occhi arancioni, dolci e profondi, come la voce.
Un misteriosa aura di potere irradiava dalla creatura.
“Shinseina. Tu hai bisogno di me per sopravvivere. Io ho bisogno di te per rinascere. Una volta solcavo i cieli in libertà e il mio potere garantiva un equilibrio perfetto. Ora sono rinchiusa qua per un errore non mio per il quale io ho dovuto pagare il prezzo. Chi mi ha esiliato non è riuscito a rimediare appieno al vuoto da me lasciato: il suo lavoro è incompleto. Cose terribili stanno accadendo. C’è bisogno che io ritorni indietro. Ma da sola non ce la faccio. Tu vivi per questo. Tu sei la mia Guardiana. La Guardiana dell’Estremo Confine”.
La ragazza non capiva appieno, tentennava, spostando il peso da una caviglia all’altra. Cosa avrebbe dovuto fare lei, una ragazzina gracile che appena sapeva il suo nome, aiutare quella creatura che, a quanto pare, l’aveva addirittura creata?
“Sei più importante e potente di quanto pensi. In te ho messo una parte molto grande del mio potere. È un potere enorme, meraviglioso ma allo stesso tempo terribile. Dovrai usarlo con cautela, perché l’equilibrio, quel confine che tu rappresenti è molto fragile. Riesci a sentirlo? Riesci a sentire i sussurri delle persone? Loro sanno. Loro sanno tutto”.
Shinseina chiuse gli occhi. Si concentrò sul nulla che i suoi occhi vedevano. Quel nero che le impediva di vedere davanti a sé.
Era vero, stavano sussurrando. Lingue diverse, sconosciute, non avrebbe saputo rispondere. Tuttavia, il significato le era nitido. Lei ora sapeva, capiva molte cose. Comprese il suo destino. Era triste, ma lei sapeva che era giusto. Tutto era ragionevole, perfetto. Scorreva tutto liscio come l’olio.
“Ora conosco il mio destino” disse semplicemente. La creatura annuì.
“Lo riconosco. Ma, come ben avrai capito, è molto rischioso. Non devi procedere da sola. Non puoi. Hai bisogno di un aiuto, di persone come te, o simili” ribatté dolcemente il drago.
“I Guardiani” concluse la ragazza.
Ormai erano una sola entità, le parole non necessitavano di essere dette. I sentimenti erano gli stessi, sentivano le stesse voci, avevano gli stessi pensieri.
“Sarò i tuoi occhi, la tua bocca, la tua pelle. Sarò il tuo messaggio. Dimmi solo dove devo andare”.
“Io devo tornare nel posto che mi spetta. Devo tornarci prima che qualcuno commetta un errore troppo grande, che non troverà rimedio. Abbiamo ancora tempo, ma temo che la situazione stia degenerando più in fretta di quello che pensiamo. Chiudi gli occhi”.
Shinseina li chiuse, e quasi immediatamente vide impressa nella sua mente un’immagine di una ragazza. Era alta e sottile, il volto pallido e atono incorniciato da capelli lisci e molto lunghi, bianchi. I due grandi occhi dal taglio orientale non lasciavano trasparire nessuna emozione, se non un po’ di velato dolore. Nulla era riflesso in quei cerchi color ciclamino, striati di celeste.
“Lei  è Ayumi, il più grande errore di Arceus. Abbiamo bisogno di lei e lei di noi. Ha sofferto molto e dobbiamo fare qualcosa per lei. Tu conosci il suo passato”. Il Pokémon era molto serio e Shinseina era il suo riflesso.
“Va bene. La aiuterò. Aiuterò sia lei che te” rispose pacata la giovane.
“Prima vorrei che ti mettessi in contatto con i Guardiani di Zapdos e Moltres. Loro ti aiuteranno. Ayumi è la Guardiana di Articuno, pertanto devono essere molto simili l’una con l’altra. I Guardiani degli altri due Miraggi Alati potranno aiutarti. Se rintraccerò altri Guardiani nel tuo cammino, ti avvertirò. Se riusciremo nel nostro intento, Ayumi verrà salvata da me e l’obbiettivo diventerà comune. Per cui, più riusciamo a raggrupparne anche noi, meglio andranno le cose in seguito”.
Shinsè annuì, e subito un portale di luce azzurra si aprì davanti ai suoi occhi. Emanava un fresco venticello.
“Un’ultima cosa. Uccidi solo se è strettamente necessario”.

Buio.
Cambio scena.

Shinsè camminava lenta tra gli alberi, accarezzando distrattamente con la mano l’erba alta, che frusciava leggera smossa dalla brezza fresca di Settembre. Proprio quel calmo rumore guidava la ragazza, confondendosi con i sussurri che lei sentiva chiaramente nella sua testa.
Gli occhi arancioni che studiavano attenti, ma pacati, l’ambiente circostante.
Sentiva la presenza della Guardiana dei Venti Roventi, la percepiva a pelle come una mano calda sulla pelle gelida per colpa dell’inverno.
Abbassando le palpebre e concentrandosi, riusciva a percepire il movimento della vita attorno a lei. Il lento pulsare azurro-verde della foresta occupava gran parte della percezione. Poi, alcune macchie si muovevano in quell’insieme tranquillo e sereno.
I Pokémon più difficili da identificare erano quelli di tipo Erba e Coleottero, più simili e in sincronia con la vegetazione rispetto agli altri. Molto distinguibile, invece, l’aura di un cucciolo di Vulpix che rincorreva i Pidgey sotto lo sguardo attento di una Ninetales dal portamento elegante.
Espose nuovamente l’occhio alla luce del sole quando sentì il piccolo di tipo fuoco strusciarsi contro la sua gamba, emettendo dei dolci versetti. La madre stava lì al suo fianco serena, priva di preoccupazioni.
Shinseina si era accorta di fare quell’effetto ai Pokémon, ma non solo: alle creature e esseri viventi in generale. Allungando una mano verso le fronte basse di un imponente arbusto vicino, riusciva ad attirare le fronde, che le accarezzavano la mano in gesto di saluto.
La riconoscevano. Sapevano chi era.
Ma la ragazza non provava nessun senso di importanza. Era così, punto e basta. Era perfettamente naturale, andava bene così.
“È un potere enorme, meraviglioso ma allo stesso tempo terribile”.
Così aveva detto la creatura.
Shinseina lasciò andare il sottile e flessibile ramo, ormai morto e completamente secco.
‘Ora lo capisco’. Chiuse la mano a pugno e la riaprì, restituendo la linfa alla pianta, per poi proseguire.
Percepiva quell’aura potente, ma parzialmente assopita davanti a sé. Mentre proseguiva, chiuse gli occhi.
Rosso.
Un rosso profondo e acceso, quasi accecante. Questo vide Shinseina. Una grande forza veniva sprigionata da quell'aura.
Riaprendo gli occhi si ritrovò davanti lo stesso rosso, un po' meno accecante e ridotto alla zona dei capelli ondulati e striati d'arancione della ragazza. Questa era abbastanza alta e magra, dal portamento elegante ma dal volto un po' fanciullesco, spensierato e un po' sbarazzino. Aveva due magnetici occhi turchesi, docili ma un po' maliziosi e scherzosi.
Nonostante i primi freddi fossero già alle porte, la ragazzina portava i pantaloncini corti e una canotta morbida e non sembrava che il vento fresco le procurasse brividi. Poco lontani dai suoi piedi scalzi, stavano dei sandali marroncini di cuoio morbido e un po' consumato.
Shinseina la fissò mentre lei si voltava un po' stupita e le sorrideva. Un esemplare di Flareon le si affiancò immediatamente, fissando con curiosità la nuova arrivata.
"Seo-Yun" la chiamò la ragazza dai capelli celesti. L'altra sbatté le palpebre dal taglio orientale ornate da lunghe ciglia mentre simulava una reazione sorpresa.
"Sì... ci siamo già incontrate per caso? Non me lo ricordo, in caso, scusami" disse semplicemente Yun con una risata cristallina.
"Non potresti ricordartelo, perché tu non mi conosci. Io, invece, so molte cose su di te. Conosco alcuni particolari della tua esistenza che probabilmente ti lasceranno confusa. Ma ti prego di ascoltarmi molto attentamente".
A Shinsè non sfuggì lo sguardo confuso e un po' preoccupato che l'altra le lanciò mentre si sedeva al suo fianco sotto un grosso albero.
La ragazza dagli occhi arancioni raccontò molte cose all'altra. Le spiegò la situazione dei Guardiani, le accennò di Ayumi e le illustrò il pericolo che correvano. Tenne nascosto il suo destino, lei non doveva preoccuparsene.
Finito il racconto, solo l'aria interrompeva il silenzio che si era insinuato tra le due, dando l'impressione che il tempo si fosse fermato.
"Non posso tirarmi indietro... è una questione molto importante" disse infine Seo-Yun, alzandosi.
Shinseina la seguì a ruota, seria. La prese per mano e assieme lasciarono assieme il Bosco Smeraldo.

Buio.
Cambio scena.

I passi delle due ragazze risuonavano dell'ampio spazio vuoto, nonostante fossero parecchio leggeri.
L'ampio spazio ricordava una grande chiesa, una di quelle appartenenti allo stile gotico, per la precisione il gotico francese, con quelle grandi vetrate colorate e le altissime guglie innalzate da imponenti archi ad ogiva.
Il pavimento era di pietra liscia e lucida, cosa che contribuiva ulteriormente in quel gioco di riflessi e di colori.
Ma, mentre lo sguardo di Yun vagava sognante, andando a sfiorare con esso quelle opere d'arte tanto delicate che raffiguravano alcune delle leggende più famose della regione; quello di Shinseina era dritto, fisso sul fondo della chiesa, sull'enorme mosaico che occupava tutto l'abside. Questo raffigurava la cima del Monte Corona, con il Vetta a Lancia, illuminato da una potente luce proveniente da Arceus.
E proprio davanti a quel mosaico stava lui, il ragazzo che stavano cercando. Era voltato di spalle e teneva la testa sollevata, mentre osservava l'immensa raffigurazione, senza probabilmente vederla. La sua aura era gialla, striata d'azzurro. Qualche sfumatura diversa gli conferiva un atteggiamento momentaneamente pensieroso.
Lui era uno di quei Guardiani che aveva già avuto modo di scoprire una parte dei propri poteri, che aveva già capito di essere diverso. Giocherellava distrattamente con delle piccole scintille sul palmo della mano.
"Ti potrebbe vedere qualcuno" lo ammonì Yun, affiancando Shinsè.
Il ragazzo sussultò, voltandosi. Troppo preso dai suoi pensieri, non si era accorto della presenza delle due ragazze.
Smise subito di emettere quelle scintille, per poi passare quella stessa mano nei capelli biondo ocra dai riflessi grigi, già spettinati di per loro e abbastanza lunghi. Un ciuffo un po' ribelle gli andò a coprire l'occhio sinistro, prima che lui lo scostasse con un sesto secco della mano. Gli occhi color del ghiaccio studiavano attentamente le altre due.
"Beh, è normale che mi vedano. Mica sono trasparente" rispose infine, esitante.
"Non era quello che intendevo e tu lo sai benissimo. Non fare il finto tonto!" lo riprese la Guardiana dei Venti Roventi. L'altro prese a dondolare sui piedi preoccupato e a disagio. Si era anche irrigidito, pronto ad attaccare.
"Calmati, Len. Noi siamo come te" intervenne pacata Shinseina. Il ragazzo scattò indietro d'istinto non appena sentì pronunciare il suo nome. Era confuso e sempre più sospettoso, ma i suoi occhi esprimevano anche una certa curiosità e un'inaspettata voglia di fiducia verso le due.
"Dimostratemelo" disse allora.
Seo-Yun evocò immediatamente sul palmo una sfera infuocata, che passò all'altra; quella, con un movimento della mano, estinse la forma di energia senza neppure osservarla.
Len finalmente si rilassò un pochino, facendo un sorriso tirato.
"Immagino di potermi fidare di voi. Che cosa state cercando da me?" chiese un po' sottovoce.
"Beh, la storia è un po' lunga. Meglio se ti siedi" disse Yun con un sorriso, indicando una panca lì vicino.
Raccontarono tutto anche a lui, e anche lui, serio, decise di unirsi.

Buio.
Shinseina aveva capito cosa avesse spinto i due ragazzi a seguirla.
Seo-Yun Kim era originaria dell'Isola Cannella, a Kanto. In seguito all'eruzione che aveva distrutto la sua casa e ucciso i suoi genitori era andata a vivere a Smeraldopoli, accudita da una vecchina molto gentile, ma che soffriva di perdita della memoria. Così la ragazza aveva vissuto spesso da sola, fuggendo anche in altre città assieme al suo Flareon, unico indissolubile legame.
Leonardo Rayes, chiamato Len, invece, proveniva da dove lo avevano incontrato, da Sinnoh, più precisamente nella città di Cuoripoli. Sua madre era una grande coordinatrice divorziata dal marito appena prima che il ragazzo nascesse. Lui era stato cresciuto dalla sorella maggiore, partita in seguito per un viaggio studio dal quale non era più tornata. L'aereo sulla quale viaggiava era precipitato in mare e di lei non si era più saputo nulla. Len era stato praticamente abbandonato a sé stesso, così, stanco di non avere più nessuno, si era aggregato.
Quei due ragazzi avevano sofferto davvero tanto. Ed erano più felici in quella condizione che in quelle precedenti, più pacifiche ma dolorose. Invece, quella guerra gli aveva uniti, si erano rispecchiati  l'uno nell'altra, avevano trovato diverse similitudini e avevano trovato una felicità che fino al quel momento gli era stata negata.

Buio.
Luce.
Nella stanza c'era qualcuno.

Sbattendo le palpebre, Shinseina riuscì a mettere a fuoco a poco a poco le due figure sedute nelle poltrone di fronte alla sua.
Erano due giovani donne sui diciannove anni. Quella a sinistra aveva lunghi capelli lisci color magenta come gli occhi dolci.
L'altra aveva una lunga treccia bionda e gli occhi castani striati d'oro.
Concentrandosi, la Guardiana riuscì a conoscere qualcosa su di loro. La prima era Antea, la seconda Concordia. Erano le cosiddette Muse, rispettivamente dell'Amore e della Pace.
La loro aura era di un rosellino pallido, gentile. Tuttavia, Shinseina aveva dato uno sguardo ai loro passati. Non doveva fidarsi di loro, ma non doveva averne paura, non le avrebbero fatto del male.
"Ti sei svegliata. Stai meglio?" chiese Antea, non appena si accorse di avere gli occhi arancioni della ragazza su di sé.
"Povera piccola. Ti tenevano in condizioni mostruose. Questo conflitto sta portando a inutili sofferenze" continuò Concordia scuotendo la testa.
La ragazzina si mise seduta, scrutando a fondo le due.
"Antea e Concordia. Cosa state cercando? Che cosa vi ha indotto a liberarmi dopo avermi tenuta prigioniera per così tanto tempo?" chiese calma.
Le due si erano irrigidite un istante.
"Ci avevano detto delle tue abilità. Ma avendone la prova fa tutto un altro effetto. Sappi innanzitutto che noi non vogliamo in alcun modo essere tue nemiche. Al contrario, vogliamo aiutarti" riprese dopo qualche secondo la Musa dell'Amore.
"Non potete aiutarmi. Non esiste situazione in cui io possa necessitare il vostro aiuto. Piuttosto siete voi che avete bisogno di me" replicò calma Shinseina.
"Non lo nascondiamo, è vero, abbiamo bisogno di te. Il tuo aiuto ci toglierebbe numerosi impicci. Ma, osservandoti, abbiamo compreso il tuo enorme potere, troppo grande per essere piegato. Così non possiamo obbligarti, ma cercare di trovare un compromesso che ci garantisca il tuo aiuto" ribatté allora la donna bionda.
Shinseina si prese qualche secondo prima di rispondere, osservando le due. Poi scosse la testa.
"Non esiste nessun compromesso. Ogni vostro ideale passa da una parte completamente opposta rispetto ai miei. Voi volete che io cambi il mio punto di vista; non lo farò. Qui finiscono i vostri piani. Che cosa farete?"
Non risposero. Shinsè aveva a diposizione una conoscenza che superava ogni comprensione. Una conoscenza diversa da quello che veniva insegnato ai ragazzi a scuola. Lei, semplicemente, sapeva, conosceva gli eventi, ciò che accadeva ed era accaduto. Non potevano mentirle, non potevano nasconderle nulla.
- Voi stesse non siete convinte di questa situazione. Vi ritrovate bloccate in una situazione per voi sbagliata senza riuscire ad uscirne. Siete due Guardiane, consapevoli di esserlo, e mentite per non passare guai. Fate finta di essere due Aure Bianche, ma non lo siete. Siete voi che avete bisogno del mio aiuto – comunicò telepaticamente Shinsè.
Le due Muse si guardarono, stupite.
Poi risuonò l’allarme, e la luce saltò.
“I miei compagni sono arrivati a prendermi. Ora che le telecamere sono saltate, posso parlarvi liberamente.” Le due donne fecero per interromperla, ma la ragazza le anticipò. “No, non c’è niente che voi dovete dirmi che io non sappia già. Abbiamo poco tempo. Voi siete le Guardiane di Mesprit e Uxie, delle Emozioni e della Conoscenza. Affidatevi alle vostre abilità e restate nascoste. Raccogliete tutte le informazioni che potrebbero tornare utili per risolvere questa situazione, così io le saprò. Potete farlo?”
Le due donne si guardarono, allibite.
Poi la porta prese fuoco e si incenerì, e i due Guardiani alleati di Shinseina si fiondarono dentro. Erano entrambi circondati da uno strano vento che non c’era, ma una aveva delle fiamme tra i capelli, l’altro le mani cariche di elettricità.
“Decidete, prendete il tempo necessario, ma niente di più. Io la vostra risposta la saprò comunque” disse allora Shinsè, prima di affiancarsi a Seo-Yun e Len.
Poi quello strano vento mistico smosse anche i capelli celesti della ragazza, uno squarcio azzurro si aprì sotto i piedi del trio e loro scomparvero.

    "Non so che cosa succederà ora. So solo che abbiamo poco tempo"



Angolino nascosto nell’ombra
Weilà.
Rispunto io e rispunta Shinseina.
Perdonatemi il ritardo, spero che non accada più. Ora ho finito ben due corsi che mi occupavano martedì, una parte del lunedì e una parte del giovedì, quindi ho più tempo. E quindi spero che i capitoli arrivino per lo meno in tempo reale.
Bene. Mi diverto a scrivere di Shinseina. Perché mi diverte scrivere di cose che nessuno capisce fino a che non gliele spiego. Sì, avete il permesso di odiarmi.
Ah, probabilmente vi starete chiedendo che cavolo è il leggendario di Shinseina. È il caso di dirvelo, è un Fakémon, o come si scrive. Insomma, non esiste nei giochi originali. Scelta rischiosa, lo so, ma mi ispirava provarci. Tanto immagino abbiate capito, ormai, che a me piace scombussolare tutto e che poco mi importa dei soliti criteri.
Altra precisazione: Antea e Concordia sono una delle eccezioni, perché tecnicamente i Guardiani di Mesprit, Azelf e Uxie dovrebbero essere bambini.
Le Aure Bianche... saprete più avanti, invece.
Bene. Perdonatemi gli errori. Spero che il capitolo vi piaccia.
Bye bye ^^

Aura_

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Impulsi di Potere ***


Capitolo 16: Impulsi di Potere

_Austropoli_

Ayumi aveva fatto sparire il ghiaccio con un gesto della mano sotto lo sguardo particolarmente attento della figura incappucciata.
“Capisco. Quindi anche tu sei così” disse quella. Quello in realtà, era indubbiamente una voce maschile.
L’albina lo guardò, tentando di intravedere qualcosa oltre le ombre del cappuccio. Ne aveva bisogno per confermare i suoi sospetti, doveva esserne sicura. Ma nulla, lo ombre erano impenetrabili.
“Anche tu sei un mostro?” chiese il ragazzo.
“Non siamo mostri. Siamo Guardiani” rispose fredda l’altra, sottolineando bene le sue parole.
“Sei fredda come il tuo potere” le rimbeccò lui, schioccando la lingua un po’ infastidito.
“Ho le mie buone ragioni per dubitare di chiunque” disse ancora la ragazza. “Soprattutto se non vedo il loro volto”.
L’altro rimase in silenzio, gli occhi ciclamino della Guardiana puntati nell’ombra del cappuccio erano totalmente inespressivi, freddi come poco altro al mondo, ma non disinteressati. Aveva un’espressione complicata da decifrare.
Il Guardiano sospirò e spostò il cappuccio così da far intravedere i tratti del suo viso. Era un ragazzo giovane, non doveva essere troppo distante dall’età di Ayumi, dimostrava al massimo diciannove anni. Aveva i capelli corvini spettinati e piuttosto lunghi sul dietro. La frangia sparata spiccava grazie al colore che la differenziava; era infatti candida. La pelle era piuttosto scura e gli occhi seri avevano il colore del cielo estivo. All’interno di quelle iridi particolari si notava un velo di negatività che sembrava renderli più scuri.
L’albina stette qualche secondo a studiarlo, ormai non aveva più dubbi.
“Sei il Guardiano degli Incubi, l’essere umano collegato a Darkrai” disse semplicemente. Lui inclinò la testa studiando a sua volta la ragazza che aveva davanti, cercando di capire il significato delle sue parole.
“E tu, chi sei?” chiese infine. Non aveva fatto domande, non aveva mostrato stupore, al massimo un briciolo di curiosità.
“Sono una Guardiana, come te. Collegata al Pokémon Leggendario Articuno” rispose Ayumi sedendosi di nuovo sul divanetto, lo sguardo dritto davanti a sé leggermente alto. Con calma spiegò al ragazzo chi era e il significato della sua esistenza, dei suoi poteri. L’altro la ascoltava con attenzione.
“Non so se crederti o meno. Quello che dici ha un senso, se penso alle nostre abilità. Ma è surreale” disse schietto.
Ayumi annuì una volta, continuando a non guardarlo. Il suo sguardo vagava indagatore attraverso tutta la sala, studiandone ogni millimetro.
“Tu vivi da solo?” chiese continuando a studiare la zona.
“Sì. Non ho bisogno di nessuno. Vivo tranquillamente in solitudine” rispose l’altro secco.
“Ti sbagli. Da quando sei qui non sei mai stato da solo” ribatté la ragazza girandosi a guardarlo. Lui sembrava stupito da quella risposta sicura.
“Come puoi dirlo?” domandò leggermente seccato.
“Meloetta” rispose Ayumi subito. “È un Pokémon Leggendario che vive ad Austropoli nascondendosi all’interno della città. Si è presa cura di te tutto questo tempo senza farsi notare. Sapeva che eri un Guardiano”.
“No. Nessun Leggendario mi ha mai aiutato. Non ho mai visto nessuno” rispose il Guardiano.
“Non lo farebbe mai. Per lei come per tutti i leggendari, mostrarsi è un rischio. Ormai, l’uomo è diventato un nemico per loro, la sete di potere cresce sempre di più nell’animo umano e ci rende pericolosi. Lo sa Meloetta, lo sanno tutti. Per questo non si è mai mostrata a te, per impedire che il tuo lato umano prendesse il sopravvento. Ora che sai chi sei, penso che apparirà... basta chiamarla” spiegò calma la ragazza. Il suo tono era cambiato, si era fatto meno freddo. Ma non era confidenziale e neanche troppo fiducioso.
Sembrava più che altro che fosse sollevata dal parlare con qualcuno che poteva comprenderla o che capiva che quello che diceva era verità e non frutto di una fantasia troppo sfrenata. Era il tono che due persone usano quando condividono un segreto.
Il ragazzo aveva ceduto all’impulso di darsi un’occhiata in giro. Quando il suo sguardo si scontrò con l’aria che occupava il centro della stanza, trattenne silenziosamente il fiato.
Una leggera increspatura si era formata. Era un effetto ottico curioso, simile a quando si butta un sassolino in uno specchio d’acqua perfettamente piatto. L’aria sembrava liquida, e da quelle piccole onde emerse una figura.
Era un Pokémon di dimensioni relativamente piccole, con il corpo bianco e nero e lunghi ‘capelli’ verdi che ricordavano uno spartito.
La Leggendaria emise qualche nota canticchiata a mo’ di saluto mentre il ragazzo sgranava leggermente gli occhi azzurri.
Ayumi fissava impassibile la scena.
“Adesso mi credi?” chiese semplicemente, le braccia incrociate all’altezza del petto. Poi salutò con un cenno il piccolo Pokémon, che le girò fluttuando un po’ cantando con voce melodiosa, salutando così i due prima di tornare dentro nella sua personale distorsione dello spazio, per continuare ad attendere il suo Guardiano.
“Lei... resta qui?” chiese il ragazzo.
“Sì. Aspetterà la persona che custodisce metà della sua aura” rispose l’albina alzandosi e avviandosi verso la porta. “Dobbiamo andare” disse.
“Ehi tu!” esclamò allora il ragazzo, alterandosi un po’. Non era abituato ad avere rapporti con delle persone, tantomeno se quelle gli dicevano cosa doveva fare.
“Ayumi Sato” rispose la ragazza. Lui si bloccò perplesso.
“Cosa?”
“È il mio nome. È il caso che tu lo sappia. Penso che dia fastidio ad entrambi continuare con ‘ehi tu’” spiegò la Guardiana voltandosi quel tanto che bastava per guardarlo interrogativamente.
“...Io ho ancora delle cose da fare qui. Non posso andarmene” sussurrò il Guardiano, raggiungendo la ragazza sulla porta.
“E io non posso perderti d’occhio. Ti accompagno... qualunque cosa tu debba fare” ribatté pacatamente l’altra, uscendo di nuovo nelle tenebre, con il ragazzo subito dietro.
Camminarono in silenzio.
“Mi chiamo Kurai. Kurai Miura. Tanto vale che tu lo sappia” borbottò il ragazzo, affiancando la Guardiana che gli rivolse un cenno per fargli capire che l’aveva sentito.
Camminavano attentamente per il vicolo caratterizzato da spazzatura, muri scrostati e graffiti. Non si vedeva praticamente un palmo dal naso e Ayumi si muoveva lentamente utilizzando il potere del vento per ispezionare i dintorni.
“Chi era quella donna?” chiese ad un certo punti Kurai, mentre uscivano dalla stradina ritrovandosi in una piazzetta con alcune panchine e una fontana al centro.
L’albina si immobilizzò di colpo per un paio di secondi, irrigidendo i muscoli per poi rilassarsi appena.
“E così hai visto i miei incubi. La cosa non avrebbe dovuto sorprendermi, conosco Darkrai e i suoi poteri. Diciamo che è un argomento piuttosto delicato” rispose senza voltarsi.
“Sappi che non sei la sola che non si fida subito delle persone. E immagino che tu non voglia che io ti venga contro perché tu vuoi fare la misteriosa” incalzò il ragazzo, che nel frattempo si era risistemato il cappuccio, lasciando intravedere solo la frangetta bianca.
“Alcune cose non necessitano di essere svelate” ribatté pacata Ayumi, incrociando le braccia e continuando a guardare dritta davanti a sé.
“Era tua madre?”
L’acqua della fontana si gelò improvvisamente, crepando la struttura di pietra in alcuni punti e formando degli spuntoni acuminati rivolti verso il Guardiano, mentre la ragazza si voltava con gli occhi improvvisamente rossi.
Poi, lentamente, sbatté le palpebre incorniciate dalle lunghe ciglia bianche facendo tornare alla normalità le iridi e guardandosi attorno.
“Non capisco... non avevo intenzione di...” mormorò leggermente confusa sfiorando la liscia e fredda materia. Dal canto suo, Kurai si era leggermente spaventato dalla fulminea reazione dell’altra, che allo stesso tempo gli aveva dato conferma di quello che sospettava.
“E così... anche tu non riesci a controllarti bene. Anche a me è successo. Ma mi evita solo impicci. Nell’ombra mi ci trovo a mio agio” disse il Guardiano, avvicinandosi per picchiettare un polpastrello sulla punta di una di quelle lame ghiacciate. Non appena ne toccò una, si punse e una gocciolina di sangue andò a perdersi nell’ombra.
Plick!
Il ragazzo sospirò.
“Abbiamo in comune anche un'altra cosa. Entrambi siamo orfani per colpa di qualcuno. Una strana organizzazione ha ucciso i miei genitori quando ero piccolo. Quindi, a quanto pare, entrambi abbiamo vissuto praticamente da soli... tu hai avuto un aiuto più... presente, diciamo. Ma immagino ti arrabbieresti se ti dicessi che sei stata più fortunata di me” continuò, dato che l’altra non accennava a dire una singola parola.
“Ognuno ha i propri problemi. La pesantezza di questi dipende, oltre dai problemi in sé, da come la persona riesce a sopportarli” rispose infine la Guardiana, spalancando poi le braccia facendo così dissolvere il ghiaccio. Poi puntò nuovamente lo sguardo sul misterioso giovane.
“Tu conosci la città e io penso di sapere cosa sta succedendo. Sento una strana sensazione da quando sono arrivata qui. Ma solo tu sei in grado di muoverti attraverso queste tenebre. Probabilmente la causa di tutto questo proviene dallo stesso nucleo che ci ha privato della nostra prima e principale guida... dei nostri genitori” disse poi decisa Ayumi, scrutando il ragazzo con sguardo serio.
“E va bene. Da che parte?” chiese lui, e la ragazza gli indicò la direzione. Lui si incamminò, facendo strada nelle tenebre che lui stesso aveva evocato, rimuginando sullo sguardo freddo della ragazza.
‘Sono certo che i suoi occhi hanno cambiato colore... da quando sono tornati viola sono di una sfumatura più scura. Che cosa curiosa...’
Dopo aver camminato per qualche minuto in un’ampia via piena di gente tormentata dagli incubi, la Guardiana di Articuno ruppe il silenzio.
“È qui” disse semplicemente bloccandosi davanti a un grosso edificio dall’aspetto moderno ed elettronico. Due massicce guardie vestite elegantemente di nero con tanto di occhiali da sole ed auricolare russavano senza ritegno, accasciati ai lati di una porta a vetri, di quelle automatiche. Tuttavia, nonostante loro si fossero avvicinati, quelle non si mossero.
“Dovremmo provare a forzarle... altrimenti mi sa che ci toccherà ridurle in frantumi” osservò l’albina, sfiorando con le dita la superficie liscia del vetro, fermandosi come per riflettere. “Anche se preferirei evitare l’ultima opzione. Comunque, mi domandavo... hai mai utilizzato in altro modo i tuoi poteri?” chiese infine, voltandosi a scrutare Kurai.
“Sì. Riuscivo a passare inosservato, ad occultare i sensi delle persone” rispose prontamente, come se si aspettasse quella domanda.
“E riguardo la fusione con la tua ombra o la trasformazione in tenebra?” chiese a bruciapelo la ragazza. L’altro la guardò confuso e scosse la testa.
"Non so nemmeno di cosa tu stia parlando" rispose schietto.
"Nel primo caso rientri nella tua ombra, nel secondo diventi una specie di nube scura. Se vuoi provare, ti consiglio di utilizzare la prima. Il processo è più semplice. Penso che l'idea sia quella di affondare nel tuo sosia ombroso. In questo caso è tutto buio, quindi devi solo confonderti con le tenebre circostanti... praticamente una via di mezzo tra le due cose" spiegò Ayumi in tono piatto, pratico.
"Non è il tuo potere, come fai a sapere queste cose?" ribatté il ragazzo, un po' scocciato dal fatto che la ragazza sapesse così tante cose sul suo conto, cose che nemmeno lui conosceva di sé stesso. Lei non lo aveva mai visto, ma parlava con sicurezza, quasi con noia, come se sapesse quelle cose così bene che ripeterle le creava quasi una sensazione di disgusto.
"Diciamo che la mia esistenza si basa su questo tipo di conoscenza. Vivo per questo... è come una presa in giro" rispose con una nota di sarcasmo nella voce, senza aggiungere perché pensasse che la sua vita era solo una grossa burla.
Kurai decise semplicemente di non curarsene e di provare per una volta a fidarsi di qualcuno.
Cinque minuti dopo era solo ombra in mezzo all'ombra. Ciononostante vedeva chiaramente... anzi, nella sua trasformazione, era tutto molto luminoso, dai sottili contorni neri dentro ai quali si intravedevano delle strane nebbioline di colori diversi, sfumate e sempre meno distinte mano a mano che si allontanavano gli oggetti rispetto al suo punto di vista.
Ayumi era molto vicina, e i suoi 'colori' erano molto nitidi al suo nebuloso occhio. Dentro di lei tempestava un azzurro ghiaccio misto a un celeste e a del ciclamino, oltre che al solito bianco. Ma qualcosa di strano c'era. All'altezza del suo petto, al centro del costato, c'era una sorta di strano fiore nero. Un fiore, sì, una specie di rosa dai petali evanescenti che lottavano per liberarsi da qualcosa e che sembravano diventare sempre più grandi ogni pulsazione del cuore della ragazza.
Decise di non preoccuparsi e di entrare. Muoversi non era difficile, ma era strano. Sentiva una sorta di solletico molto fastidioso in tutto il corpo mentre i suoni gli arrivavano attutiti come se fosse chiuso in una grossa bolla di sapone.
Sgusciò sotto la porta e si riconvertì in una forma umana, prendendo una boccata d'aria piuttosto abbondante. Gli girava la testa.
D'improvviso un vento gelido gli passò di fianco facendolo rabbrividire, mentre anche l'albina entrava nell'edificio come se nulla fosse.
"Puoi scomporti in vento?" le chiese il Guardiano. Lei scrollò le spalle.
"Essendo la Guardiana di Articuno ho il potere del vento e del ghiaccio" rispose alzando un sopracciglio, mentre Kurai si dava mentalmente dell'imbecille.
Si incamminarono attraverso i corridoi dell'edificio, che assomigliava ad una sorta di strano albergo misto a un centro ricerche con ogni tipo di macchinario. Le pareti erano bianche immacolate, le piastrelle erano invece sul grigio, interrotto nella sua uniformità da qualche punto nero o bianco. Alla loro sinistra, finestre con tende sia scure che chiare, a seconda delle esigenze. Alla loro destra, porte e strani quadri raffiguranti i più vari ed eccentrici temi.
Ayumi virò in fretta verso una porta diversa dalle altre. Era priva di maniglia e aveva un aspetto metallico e automatico.
“Un ascensore? Dobbiamo salire o scendere?” chiese il ragazzo alzando un sopracciglio.
“Salire, il più in alto possibile” rispose la sua accompagnatrice, schiacciando un pulsante. Poco dopo, un suono vivace si diffuse nell’aria, e le porte si spalancarono permettendo loro di entrare in quello stanzino mobile.
L’ascensore internamente non aveva pulsanti. Era programmato per muoversi in sole due direzioni: piano terra e ultimo piano, ultimo piano e piano terra. I due ragazzi non dovettero fare nulla, le porte si chiusero e loro iniziarono a salire.
Poi, prima che uno dei due potesse dire qualcosa, iniziò a farsi sentire un ronzio. E intanto, l’ascensore tremava. Sempre di più. Sempre più forte.
“Che diavolo...?” chiese il Guardiano, osservando il punto da cui sarebbe dovuta scaturire la luce, inghiottita come tutto il resto, dalle tenebre del ragazzo.
“Dobbiamo uscire. Adesso” sbottò Ayumi dopo qualche istante di riflessione. Gli occhi le divennero rossi, i capelli sfumarono dalle punte in su di blu e quello stano ed inesistente vento iniziò a muoverle i vestiti, mentre Kurai chiedeva solamente perché e soprattutto come dovevano uscire. “Con il ghiaccio sfonderò il tetto. Riguardo al perché, beh, è piuttosto semplice” Uno scossone le troncò la frase.
“...stanno facendo precipitare l’ascensore. Che caloroso benvenuto” ringhiò il ragazzo, mentre il tetto veniva squarciato da una mezza dozzina di spuntoni di ghiaccio apparsi dal terreno. Un altro di questi comparve sotto i piedi del Guardiano degli Incubi, spingendolo verso l’alto e facendolo atterrare sulla porzione di tetto che ancora non era stata rotta.
Non appena venne raggiunto da Ayumi, l’ascensore iniziò a precipitare, improvvisamente, levando l’appoggio che fino a quel momento aveva donato al ragazzo.
L’albina gli afferrò la mano due secondi dopo, sostenendo sé stessa e l’altro con il potere dell’aria. Da sotto si sentì una forte esplosione e una luce arancione improvvisa, calda.
“Fa un po’ senso stare appesi nel vuoto. È strano” borbottò il ragazzo, osservando un po’ scocciato le sue dita intrecciate con quelle della più giovane.
“Se ti da fastidio puoi ritrasformarti in ombra. Dovresti riuscire a levitare” lo informò la Guardiana dei Venti Gelidi, riferendosi proprio a quel contatto. Il ragazzo eseguì senza pensarci due volte.
E così entrambi si ritrovarono sottoforma di tenebra ed aria fredda a percorrere il passaggio buio e vuoto lasciato dall’ormai inutilizzabile ascensore. Entrambi si chiedevano cosa avesse spinto la persona che si trovava all’apice dell’edificio a rinunciare alla sua più comoda se non sola via di fuga o entrata per eventuali rinforzi pur di rallentarli. Che li stesse sottovalutando? Era in ogni caso un errore, perché anche se erano solo dei ragazzi, Ayumi era una Guardiana più esperta di tutti gli altri, mentre Kurai imparava in fretta ed era molto in affinità con la sua aura.
Quei pensieri si interruppero quando entrambi entrarono dalla fessura della porta automatica dell’ascensore, riprendendo la loro forma umana.
Ayumi aveva già evocato una ventina di affilatissimi spuntoni di ghiaccio, puntati verso l’unica figura presente nella stanza.
Era un signore piuttosto strano, adulto ma non troppo maturo da essere considerato di mezz’età, vestito con un completo sul arancione-rosso. Anche i capelli erano color carota, e per il momento era l’unica cosa che si poteva riconoscere di lui, dato che era voltato di spalle.
Kurai si era irrigidito. Se lo ricordava troppo bene, quel vigile privo di catarifrangenti. Lui e la sua organizzazione... era colpa loro se era solo in quel momento. Strinse forte i pugni domandandosi perché diavolo la ragazza non stesse attaccando.
In effetti Ayumi era immobile, intenta ad osservare quell’individuo, a lei non famigliare.
“Benvenuti. Vi stavo aspettando” disse l’uomo, con una voce profonda e vellutata, distogliendo la sua attenzione dal particolare macchinario che si trovava davanti a lui.
“Immaginavo che quella piccola sorpresina dell’ascensore non vi avrebbe che minimamente rallentato. È un peccato, certo... Ghecis mi aveva detto che eravate più che una coppia. Beh, riferirete allora quanto ho da dirvi ai vostri... simili. Non osare attaccarmi, ragazzino... so bene chi sei e chi erano i tuoi. Ormai, ti conviene di più ascoltarmi” continuò, dato che nessuno dei due aveva intenzione di spiccicare parola.
Kurai strinse ancora di più i pugni, conficcandosi le unghie nella pelle, ma rimase immobile, lo sguardo freddo come il marmo.
Ancora più gelidi erano gli occhi di Ayumi, attenti e acuti, pronta ad agire e a trasformare quell’uomo in uno scolapasta. “Dì quello che hai da dire. Nessuno di noi ha tempo da perdere”.
“Aah, il tempo. È un concetto strano, misterioso. Sarà l’oggetto delle mie prossime ricerche, dato che questa è stata conclusa... con evidente successo, aggiungerei. Devi sapere, mia cara e gelida ragazza, che il tuo misterioso accompagnatore è orfano per causa mia. I suoi genitori lavoravano per me, ma non erano entusiasti del progetto che è appena stato concluso.
“Questo è un meccanismo che potenzia i poteri dei Pokémon. Attraverso delle onde, l’aura reagisce e inizia ad intensificarsi. Kurai aveva una parte molto importante nell’esperimento. Doveva essere l’elemento che ci avrebbe informato dell’eventuale successo della nostra ricerca. E così è stato, con o senza il consenso dei suoi. Due menti brillanti, l’unica loro colpa è stata quella di sapere troppo e di essere in disaccordo con la nostra organizzazione.
“Tornando al nostro macchinario qui presente, prima vi ho detto che funziona sulle le aure dei Pokémon. Ebbene, l’estensione dei soggetti sui quali ha effetto è regolabile. Al momento, solo i Pokémon più potenti verranno influenzati”.
“I Leggendari. E i Guardiani con essi” sibilò l’albina.
“Esattamente mia cara. Mi piace avere a che fare con persone intelligenti e acute. Questo ci permetterà di rintracciare non solo voi Guardiani, ma anche i Leggendari che sono nascosti. Prendetela come una sfida. Voi avrete più possibilità di riunire dei Guardiani, noi di trovarne di più per diminuire le vostre forze. E poi, è anche una sorta di gioco. Portate in salvo i Leggendari prima che noi riusciamo ad imprigionarli. E alla fine, il vincitore si deciderà”.
L’uomo tacque, e solo il silenzio restava ad accompagnare i pensieri che, rapidi, si susseguivano nella testa dei due Guardiani.
“È già stata messa in moto?” chiese la ragazza.
“Sì. Potete anche distruggerla, se volete. Ormai l’ordine è stato trasferito sul satellite alla quale è collegata. Da qui non sarebbe mai riuscito a coprire un’area tale da interessare tutti i Leggendari e Guardiani” rispose calmo l’uomo, che per tutta la conversazione aveva mantenuto il suo tono vellutato.
“Se è così, non abbiamo più motivo di stare qui a parlare” mormorò Ayumi. Con un gesto secco della mano, lanciò gli spuntoni di ghiaccio contro l’uomo, che tanto umano poi non era.
Una specie di sfera metallica grigia scura esplose lasciando una scia di fumo come ricordo della sua esistenza.
“Un ologramma. Ben fatto, ma sapeva che non mi avrebbe ingannato” mormorò l’albina, lisciandosi i capelli bianchi.
“Ci stanno sottovalutando?” chiese Kurai. L’altra scosse la testa.
“Non penso. Sono scaltri e sanno come aggirarci, ma sono consci delle nostre abilità e del livello che possiamo raggiungere. In ogni caso, stanno compiendo un grosso errore a giocare con noi” concluse la ragazza, fissando l’altro seria.
“Non ho più niente da fare qui. Quell’uomo... non sarò contento fino a che qualcuno non lo avrà ammazzato. E io devo vederlo morire o per lo meno già morto” ringhiò il Guardiano degli Incubi.
“E allora andiamo” ribatté la ragazza, tendendogli la mano.

"Finché quell'uomo non avrà esalato l'ultimo respiro, io non mi fermerò. Non mi interessa se sono un Guardiano, un mostro o altro. Questo è il mio obiettivo e io lo raggiungerò ado ogni costo."



Angolino nascosto nell’ombra.
Ce l’ho fatta pure questa volta!
E da qui iniziano i casini. Vedrete.
Non ho molto da dirvi, questa volta, spero solo abbiate capito che l’uomo è Elisio.
Bene, alla prossima!

Aura_

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Depressione e Risollevamento ***


Capitolo 17: Depressione e Risollevamento


_Paradiso Parallelo_


“Non siamo più al sicuro, questo è poco ma sicuro”.
La voce profonda di Arceus vibrò nell’aria, una volta concluso il racconto.
“La situazione è critica. Un potere non controllato non è più un arma, ma un cataclisma. Non possiamo permettere che le loro follie mettano in pericolo i Leggendari. Dobbiamo sfruttare quel vantaggio che possiamo trarre e riunire quanti più Guardiani possibili”
“C’è la possibilità si stiano beffando di noi” borbottò Kurai, che non era sembrato intimorito nemmeno per un secondo.
“No. Quello che è successo a te ed Ayumi ne è la prova. Il tuo potere ha inglobato una città e questo è stato possibile grazie ad una notevole spinta derivata da quel macchinario. Inoltre, Ayumi ha un grande controllo di sé stessa, il fatto che abbia congelato due volte qualcosa senza che lo volesse... questa cosa mi mette in allarme” ribatté Giratina, secca.
Dialga annuì, chinando il capo.
“La situazione sta accelerando troppo. Facevamo fatica a starci dietro prima, adesso sarà anche peggio. Devo rallentare ancora il Tempo... dovrete allenarvi parecchio, e così non perderemo troppo terreno” propose.
“Sì, è una buona idea” acconsentì Arceus. “Tu e Palkia vi regolerete. Prestate attenzione, è una manovra delicata” aggiunse subito dopo.
I due Leggendari sparirono.
“Ragazzi, iniziate ad allenarvi in autonomia. Io vi raggiungo. Nessuno si separi dal gruppo, voglio che stiate tutti assieme. Credo che giocare la carta del gioco di squadra non ci graverà per nulla” ordinò il Leggendario del Caos ai Guardiani.
In pochi istanti, erano rimasti solo i due colossi sulla piattaforma. Luce ed Ombra, Equilibrio e Caos.
Se si prestava attenzione ai simboli dei due Leggendari, niente aveva senso.
“Fino a dove si spingeranno, Arceus? Sono preoccupata” disse Giratina, con un sospiro.
“La dimensione è protetta bene, ma non invalicabile. Dovremo prestare attenzione. Nessuno sa con precisione quali siano i limiti di quelle persone. Anche perché non è detto che i confini siano compresi nei loro piani” rimuginò apparentemente impassibile il Pokémon Primevo.
“Che intendi?” sbottò la Ribelle, colpita da quelle parole.
“Giratina, sai meglio di me che il nostro potere è immenso, quasi smisurato. Il sistema di equilibrio che noi abbiamo ideato e che manteniamo è perfetto. Ma se loro volessero superare questa perfezione?”. Arceus temeva quegli umani. Erano già stati capaci di varcare il Mondo Distorto.
“Non possiamo permettere che tutto torni a mescolarsi. Il Caos Originale deve restare dov’è... sotto la tua sorveglianza, Giratina. Dobbiamo stare attenti, noi due. Non dobbiamo mai perderci d’occhio, dobbiamo sempre essere pronti a comunicare l’uno con l’altro. Se ci prendono entrambi, è finita. Perché basta avere chiaro il Caos per esprimere l’Ordine, e basta governare l’Ordine per escludere il Caos. Tutto è più complicato, ma gestibile. Basta prestare attenzione.
“Ora va’, ti stanno aspettando.” Concluse lui, girandosi verso una di quelle strane bolle.
“C’è un’altra cosa, Arceus” lo richiamò la Ribelle. “Si tratta di Ayumi”.
“Ayumi è troppo vicina ad entrambe le realtà. Qualunque cosa stia succedendo alla ragazza, noi dobbiamo continuare a farla stare in equilibrio”.
Giratina era scettica, si vedeva.
“Va bene così. Ora vai”.

Fujiko era rimasta tutto il tempo in silenzio, gli occhi vitrei.
Si era fatta mettere K.O. come una stupida. Aveva lasciato che il suo potere prendesse il sopravvento su di lei.
Alzò lo sguardo sui tre ragazzi.
Pure era incredibile, imparava alla velocità della luce, sembrava essere nata per essere una Guardiana. Governava l’acqua come se fosse una cosa naturale per qualunque essere vivente, correva con un’agilità incredibile. ‘Vento del Nord’ era questo l’altro nome di Suicune.
Ayumi non faceva testo. La bionda doveva ancora capire dove iniziassero i limiti per lei. Non si era mai fermata, neanche una volta. Eppure aveva evocato vento, ghiaccio, aveva combattuto, si era ferita... ma nulla sembrava scalfirla, niente pareva riuscire a buttarla giù.
Questo in teoria avrebbe dovuto rassicurarla, avrebbe dovuto sentirsi consolata dal fatto di avere un’alleata tanto forte. E invece, Fujiko sentiva una gran rabbia verso quella ragazza che, indifferente, le mostrava ogni volta il distacco tra i loro livelli. La sua mancanza di empatia la faceva soffrire terribilmente.
E poi c’era lui, Kurai, quello nuovo. Occhi dorati, pelle scura, capelli neri con frangia bianca, sempre con il suo cappuccio e chiuso nel suo silenzio. L’unico cambiamento che avveniva in lui con la Forma Guardiana era il virare delle iridi dal colore di quel metallo prezioso al celeste di una luminosa giornata.
E, anche lui, si era rivelato essere un asso incredibile nel controllo dei suoi poteri.
Fujiko si sentiva, in qualche modo, inadatta, sbagliata. Un errore, una Guardiana finta, fasulla, una presenza superflua.
Era la seconda arrivata, ma non riusciva neanche a fare le cose più basilari.
Giratina le aveva detto che lei era una ragazza normale, pari a tante altre, diversa dagli altri tre, che avevano un’aura più potente della norma, bene o male. Lei no, era una cosiddetta ‘Aura Grigia’, un’entità con i valori che rientravano nella media. Niente di più, niente di meno.
Praticamente le avevano detto che era una situazione troppo grande per lei.
Ayumi la osservava, da un po’ ormai. Era incredibile come, in pochi giorni, quella ragazza fosse cambiata. L’albina si era fatta subito un’idea generale su di lei, e si sorprese nel constatare che quella concezione le appariva del tutto sballata in quel momento.
Era una ragazza con una luminosità disarmante negli occhi, di quel verde primaverile così acceso. Era una ragazza solare, dolce, stava male se gli altri erano tristi, voleva solo mantenere la sua bolla di felicità. Era pronta a stare vicino agli altri nei momenti più bui, illuminando le loro menti e i loro cuori con quella luce che emanava spontaneamente.
La stessa luce che l’aveva abbandonata.
Quel fuoco era stato soffocato da una pesante coperta scura composta da fili di negatività intrecciati tra loro. La sua positività era stata schiacciata da un senso di inutilità che da un paio di giorni gravava su di lei. La paura di rimanere indietro, di non adempire al suo scopo, la stava facendo sprofondare in un baratro scuro e del quale non si vedeva il fondo.
Ayumi conosceva bene quell’abisso. Lei ci era caduta dentro quando era molto piccola.
Non si ricordava cosa fosse successo dopo quel giorno terribile. Era come se un vuoto l’avesse inghiottita e poi avesse sputato una persona del tutto diversa. Apatica, vuota, marcia e scura all’interno, nonostante fuori assomigliasse ad una bambola di porcellana.
Fujiko non poteva fare la sua stessa fine. Doveva impedirlo.
“Che cosa sta succedendo?”
L’albina si risvegliò dai suoi pensieri, voltandosi in direzione della stessa ragazza che fino a quel momento aveva popolato i suoi pensieri. Era inginocchiata tra i fiori e fissava il suo Leggendario come se gli avesse fatto un torto.
“Perché non ci riusciamo?” domandò con la voce spezzata.
“Non lo capisco” rispose Jirachi con la vocina sconsolata.
“Cosa sta succedendo?” chiese Giratina, distraendosi da Pure e Suicune che stavano facendo qualche prova varia.
“Non riusciamo ad effettuare l’Unione!” esclamò la Guardiana dei Desideri, con una nota di disperazione fin troppo evidente.
“Calmati, Fujiko...” iniziò Articuno, nel vano tentativo di tranquillizzarla.
“NO! Come faccio a calmarmi? Perché non funziona? Che cosa sto sbagliando ancora?” gridò invece lei.
Non aspettò risposta. Si raddrizzò invece in piedi e lanciò un grido frustrato, iniziando a camminare in circolo con le mani nei capelli.
“Non è possibile, perché non ci riesco? Che cosa c’è che non va in me? Cos’ho io di diverso da voi?” continuava a ripetere, come un disco rotto, ignorando gli inviti alla calma dei Leggendari presenti.
Ayumi osservava la scena senza dire un parola, senza sapere cosa fare. Pure era accigliata, non riconosceva la ragazza. Kurai invece aveva un sopracciglio sollevato in un’espressione scettica mista a una specie di pena.
“Forse invece che lamentarti dovresti darti una calmata e impegnarti di più” commentò gelido. La ragazza lo fulminò con lo sguardo.
“Tu non devi dire niente, sei l’ultimo arrivato! Non sai neanche che cosa devo fare!” strillò la biondina, guardando in cagnesco il ragazzo.
“Beh, al momento mi sembri anche più spaesata di me” rispose il ragazzo, infilando le mani nelle tasche della giacca scura.
“ZITTO!” e mentre urlava, assunse la Forma Guardiana in un attimo, rilasciando verso il Guardiano degli Incubi una forte onda psichica. Il ragazzo, però, non si mosse di un millimetro e l’attacco non lo sfiorò nemmeno.
“Sai... le energia psichiche non funzionano contro l’oscurità... quindi puoi anche lasciare perdere” sogghignò Kurai di fronte all’inutile tentativo di Fujiko di ferirlo.
La ragazza stava davvero uscendo dai gangheri, quando Ayumi la afferrò per un braccio e la trascinò via senza troppi complimenti.

“Ferma! Lasciami! Voglio dargli una lezione!”
L’albina ignorava gli strepitii dell’altra, mentre la allontanava dal gruppo. Doveva parlarle, e in fretta.
L’aveva riportata alla fonte, quella dove lei andava in solitudine per allenarsi. Solo allora le lasciò il gomito, delicatamente, e andò a sedersi su una roccia vicino all’acqua.
“Che ti è preso?” chiese semplicemente.
“Mi ha provocata” rispose l’altra.
“Ti stai provocando da sola, Fujiko” fu la risposta seria della ragazza bianca.
“Che avrei dovuto fare? Sopportare le sue continue prese in giro? Ho capito che non mi riusciva, ho capito che sono inutile, ma non trovo carino che me lo si rinfacci così!” urlò la bionda, tirando un calcio ad un sasso che raggiunse la superficie piatta dell’acqua, infrangendola per poi venire inghiottito da essa.
“Nessuno ha mai detto che tu sei inutile. Te lo sei messa in testa da sola” la ragazza fece per controbattere, ma Ayumi la fermò. “No, adesso mi ascolti. Sei frustrata con te stessa per motivi a me sconosciuti. Ma questo non ti porterà a niente se non a peggiorare la situazione. Ognuno ha i propri tempi e i propri problemi. La velocità d’apprendimento è il tuo. Ma non devi cambiare comportamento, altrimenti non funzionerà più nulla. L’Unione è più delicata di quello che si pensi. Tutta la negatività che stai provando non combacia con il carattere allegro e un po’ fanciullesco di Jirachi, e questo sta ostacolando il vostro intreccio. Se continuerai così persino la forma Guardiana diventerà sempre più difficile da evocare”.
“La fai facile tu! Sei capace di fare tutto, nessun ostacolo ti ha mai fermata!Sei incredibile e questo mi fa rabbia! Perché tu ci riesci così facilmente e io...” la voce le si spezzò.
“Fujiko... io sono... l’ultima persona del mondo della quale devi essere invidiosa. Sono così perché è da anni che mi preparo a questo. Mi è stata sottratta l’infanzia, a stento so parlare la lingua degli umani. Non conosco giochi, canzoni e divertimenti. Non ho mai avuto la possibilità di essere una ragazza. Io sono una Guardiana e null’altro. E tu vorresti essere come me? Sei la Guardiana dei Desideri, stai attenta a ciò che vuoi... perché il tuo desiderio si sta realizzando Fujiko” disse l’albina dopo qualche secondo di silenzio.
“Che intendi dire?” chiese l’altra, sbattendo le palpebre confusa.
“Guardami negli occhi. Cosa vedi?” rispose la ragazza bianca.
Fujiko lo fece, osservò gli occhi profondi della ragazza.
“Vedo... una sorta di muro. Non c’è praticamente niente nei tuoi occhi se non... negatività forse... malinconia...”
“Esatto. Vuoi sapere cosa vedo io?” chiese Ayumi. L’altra annuì. “Vedo una luce. È una scintilla di gioia e positività che brilla e illumina anche ciò che gli sta attorno. Questa luce è la stessa che ho notato la prima volta che ti ho incontrata. Per un periodo eri riuscita ad illuminare persino me, che sembravo perduta nell’ombra. Quella stessa ombra che ha iniziato ad inghiottirti”.
Silenzio. La Guardiana di Jirachi non sapeva che dire. Fu la sua compagna a parlare nuovamente.
“Mi dispiace” disse solamente.
“Dici così perché sai che è colpa tua, non è vero?” sbottò ad un tratto la bionda, gli occhi verdi incollati al terreno.
“Cosa?”
“Hai capito bene. Tu mi hai costretta a venire qui, strappandomi dalla mia famiglia. Mia madre crede che io sia morta! Ed è solo colpa tua! Tu mi hai costretta!” urlò.
“...ti sbagli. Io non ti avrei mai costretta a lanciarti in un universo del genere. Anche io... anche io non ho avuto scelta. Sono stata costretta a costringerti ad affacciarti alla porta di questo mondo buio e senza pietà, e a farti conoscere chi sei. Non volevo farlo...”
“Ma lo hai fatto comunque. Non ti ho mai vista ribellarti”.
“Non avrebbe senso ribellarsi. Sarebbe inutile”.
“Come fai a dirlo?”
“...”
“Non lo sai nemmeno tu. Perché dovrei darti ascolto? Non migliorerei comunque... stai perdendo il tuo tempo. Lasciami nel mio brodo, a te non deve importare! Se proprio sei stata costretta ed è colpa tua, adesso subiscine il peso!” urlò allora Fujiko con maggiore disperazione, la voce che rischiava di spezzarsi da un momento all’altro.
Girò i tacchi e fece per andarsene, quando Ayumi la fermò afferrandola per la vita. La stava abbracciando.
Non era una abbraccio caldo, quello che ti danno le madri o una tua amica, quelli che ti riempiono di gioia o ti consolano. No, era diverso. Un po’ più distaccato, delicato ma deciso. Era colmo di una disperazione che la ragazza non riusciva a spiegarsi, sembrava che la stesse pregando di rimanere, di non lasciarla da sola.
Sbigottita, si fermò.
“L-lasciami” balbettò, insicura.
Ayumi appoggiò la fronte sulla sua nuca, e da lì scosse la testa.
“Non farlo” mormorò.
“Fare cosa?”
“Andartene. Correre via. Continuare in questa direzione” sussurrò. La sua voce non era supplichevole, ma conteneva una tristezza infinita.
“Perché?”
“Perché cosa?”
“Perché mi dici una cosa simile?”
“Perché non voglio vederti cadere nel mio stesso baratro”.
Fujiko tacque, non sapeva che rispondere. Doveva, in qualche modo, essere positiva. La sua compagna le aveva detto che la sua luce si stava estinguendo... ma le aveva anche detto che all’inizio l’aveva anche illuminata. E la bionda voleva con tutta sé stessa aiutare l’albina.
La stava abbandonando... l’aveva abbandonata, invece che aiutarla. Si era lasciata andare dallo sconforto, pensando di essere inutile. E pensandolo, lo era diventata realmente. Non era riuscita a vedere e capire che, per una persona, lei era importante. E quella persona la stava abbracciando in quel momento, chiedendole di non abbandonarla, di non raggiungerla in quell’oscura disperazione, ma di ritornare a splendere per riportare un po’ di luce in quell’anima ormai perduta nell’oscurità, al punto di farla chiudere in sé stessa pur di non affrontare qualcos’altro che, sicuramente, l’avrebbe spezzata.
Stava davvero rischiando di diventare come lei? Come era successo?
Fujiko singhiozzò, alzando la testa. Ma questo non servì a fermare le lacrime che, copiose, iniziarono ad inondare il suo viso contratto in una smorfia.
Ayumi lentamente, la lasciò andare, permettendo che si girasse e le gettasse le braccia al collo. Prese a massaggiarle la schiena sconvolta dai sussulti, mentre lasciava che si sfogasse.
Si sedettero tra i fiori, mentre i singhiozzi si calmavano e la biondina si tranquillizzava un po’.
Poi, l’albina iniziò a cantare. Era una ninnananna semplice, in una lingua antica e sconosciuta. Aveva una voce leggera, delicata, acuta. Dolce.
La Guardiana dei Desideri si lasciò cullare da quella bellissima melodia, mentre la sua mente captava delle immagini che Ayumi le stava permettendo di vedere.
Un prato verdissimo, in primavera. Dello stesso colore dei suoi occhi.
Poco distante c’era la spiaggia con il mare blu. Le onde accompagnavano la stessa canzone che l’albina stava cantando in quel momento. Solo che la voce, per quanto fosse simile, era più matura, un po’ più grave e profonda.
Apparteneva ad una donna giovane, dai capelli marroni lunghi lasciati liberi al vento come la gonna lunga del suo ampio vestito bianco orlato di blu. Mentre cantava, la donna accarezzava la schiena ad una bambina piccola, di circa cinque anni, con i capelli candidi lunghi fino alle spalle. Le manine della piccola erano strette alla stoffa che ricopriva il ventre della signora, mentre la sua testolina era appoggiata all’altezza del cuore.
La visione durò pochi istanti, poi si dissolse, mentre il canto terminava.
Fujiko si raddrizzò asciugandosi gli occhi e tirando su con il naso, fissando poi la ragazza.
“Era tua mamma... vero? Mary...” mormorò. L’altra annuì. “Le somigli moltissimo...” mormorò la bionda.
“Grazie” aggiunse subito dopo, aprendosi in un sorriso, uno di quelli luminosi che solo lei riusciva a lanciare.
E quando riaprì gli occhi, Ayumi riuscì a rivedere la luce che era rinata.
“Grazie davvero Ayumi”.
“Te la senti di riprovare l’Unione con Jirachi?”
“Certo. Ora sono pronta”

Ritornarono camminando lentamente, nel silenzio. Non avevano bisogno di parlarsi, né di tenersi per mano o guardarsi.
Riuscivano a percepire l’una l’aura dell’altra.
Era già successo, prima della partenza per trovare Suicune. Ma Fujiko aveva provato paura, era rimasta spaventata da ciò che aveva sentito. Ma, in quel momento, dopo aver provato e assaggiato l’oscurità della quale la ragazza bianca era cosparsa, riusciva a comprenderla e a non temerla più come prima.
Sapeva che sarebbe stata un punto di appoggio per Ayumi da lì in avanti e si sentiva, in qualche modo, realizzata.
“Fujiko! Ora va meglio?” le chiese Articuno non appena la vide tornare assieme all’altra Guardiana.
“Sì, scusatemi per prima” rispose la bionda, lanciando uno sguardo di scuse a Kurai, che da parte sua si girò indifferente dall’altra parte.
“Tsk!” fu il suo unico commento.
“Ma che antipatico!” sbuffò la Guardiana dei Desideri, gonfiando le guancie e mettendo il broncio, facendo ridacchiare Pure.
“Bene. Se ti sei ripresa, possiamo ricominciare da dove ci eravamo interrotti” le riprese Giratina, facendo un cenno anche al piccolo Leggendario.
Il duo dei Desideri si avvicinò e la ragazza prese in braccio il Pokémon, facendo combaciare le loro fronti.
“Mi dispiace per prima, Jirachi”.
“L’importante è che tu sia tornata”.
Infine, una potente luce li avvolse, più luminosa del normale. E, quando questa si dissolse, tutti poterono ammirare la nuova forma dell’Unione di Fujiko, diversa perché divenuta completa.
I capelli erano raccolti in due code basse che le ricadevano sulle spalle, mentre le tre punte che il Pokémon aveva sulla testa le ornavano il capo. Per il resto era praticamente identica, gli stessi vestiti, gli stessi occhi blu e il grande occhio chiuso sul ventre.
Ayumi annuì. Era finalmente tornata.

“Fujiko si è risollevata, ed è una fortuna dato quello che sta succedendo. Non ci sarà più tempo per rilassarsi. Questa battaglia è ormai in pieno svolgimento”.



Angolino nascosto nell’ombra
Capitolo scritto in tempo record e che mi piace alquanto, incredibilmente. Molti erano preoccupati per la sorte di Fujiko... e ora starete tirando un sospiro di sollievo, presumo.
Alt.
Vi dico solo questo.
Allora. La ninnananna che canta Ayumi è una canzone che si chiama Tian Mi Mi. No, non penso sia una ninnananna. E sì, la lingua ‘antica’ della storia è il cinese. Io avevo in mente la versione di Luhan, anche perché non ne conosco altre. Boh, mi ispirava (?).
La frase finale la dice Giratina. Sì, parlano anche i Leggendari, per una volta (?).
Non so che altro dirvi. Perdonate solo gli errori di scrittura. Buon primo maggioooo ^^
Bene. Ciao.

Aura_

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - Scontro Onirico ***


Capitolo 18 – Scontro Onirico

 
_Paradiso Parallelo_
 
In condizioni normali, sarebbero partiti subito per ricongiungere Kurai con il leggendario degli Incubi, per poi iniziare l’allenamento vero e proprio.
Tuttavia, Ayumi e Fujiko conoscevano bene l’intoppo che li bloccava, ossia gli scudi onirici dei due. Inoltre, con il potenziamento fornito da quel macchinario, diventata ancor più complicato avvicinarsi.
Era una teoria che avevano appena confermato, osservando quel posto in una delle bolle sulla piattaforma luminosa.
Tutto quello che si intravedeva poteva essere interpretato con una parola sola: ‘disastro’.
Erano dritti sulla piattaforma, indecisi sul da farsi. Giratina rimuginava ad alta voce.
“Non è sicuro mandare i Guardiani meno esperti... e su questo siamo tutti d’accordo, direi. Ayumi, tu dovrai accompagnare Kurai... e ci serve qualcuno che possa isolare dagli attacchi onirici dei due la vostra presenza. Fujiko, tu te la senti?”
“Farò del mio meglio. Mi aiuterà Jirachi e poi basta che rafforzo un campo di forza psichico con il potere dell’Acciaio per rafforzarlo e renderlo impenetrabile agli attacchi dell’elemento Buio di Darkrai, giusto?” domandò la ragazza bionda, grattandosi un orecchio pensierosa.
“Esatto. Per non stancarti troppo potresti anche convertire l’energia psichica che emana Cresselia per poi assorbirla. Jirachi sa come fare, affidati a lui” consigliò il colosso presente. La Guardiana annuì.
“Dovrete porre fine allo scontro di quei due. Solo così riuscirete ad avvertire Darkrai. Nello scontro, le due barriere si sono unite e ne hanno creata una sola, più potente ma formata da elementi contrastanti tra loro. Se colpite nel punto esatto potreste riuscire a romperla, dato che in parte si dissolverà dopo aver riconosciuto il Guardiano” disse Palkia, agitando la coda e scrutando i presenti uno ad uno.
I tre interpellati annuirono.
“Inoltre, abbiamo il problema del passaggio per Kurai. Essendo composto dall’attributo Buio, non può essere sorretto dall’energia psichica di Fujiko, e Ayumi di certo non può portarlo sulla schiena” sbuffò ancora il Leggendario dello Spazio, divertito dall’immagine del Guardiano  che si lasciava trasportare dall’albina. “Inoltre, Zapdos è improvvisamente diventato irraggiungibile, non lo troviamo più. E Moltres con lui”.
“Davvero? È strano, mi viene da pensare che siano assieme... ma quei due non vanno d’accordo” rimuginò Articuno, con un velo di preoccupazione nella voce.
“Non abbiamo teorie a riguardo, ma li sto cercando. Tornando a noi... avevo optato per il Braviary di Pure, se ti fidi a prestaglielo, sempre se Fujiko se la sente a proteggere qualcuno in più, dato che, essendo un Pokémon normale, è molto più soggetto alle onde psichiche e non che vi arriveranno contro” spiegò brevemente Palkia.
“Per me non c’è problema” rispose Pure facendo spallucce.
“Posso farcela” confermò Fujiko.
“Perfetto. Ora, voi tre rimanete pure qui; Pure, lascia a Kurai il tuo Pokémon e torna ad allenarti” ordinò Giratina.
“Agli ordini, capoooo!” rise Pure lanciando la sfera al ragazzo per poi saltellare via.
“Quella ragazza...” sospirò Suicune prima di seguirla.
“Ok... vorrei dirvi qualche cosa sui due Leggendari che state andando ad affrontare. Loro sono come Reshiram e Zekrom, si completano e sostengono a vicenda. Purtroppo, a differenza di questi ultimi due, con il duo del mondo dei sogni abbiamo qualche problema di... comprensione, ecco. E, se vogliamo dirla tutta, questi problemi riguardano solo un membro del duo...” riprese Giratina.
“Cresselia” borbottò Articuno secca, alzando gli occhi cremisi al cielo.
“Precisamente. Cresselia rappresenta il mondo onirico positivo, i sogni e il riposo sereno... inoltre le sue piume sono la cura agli incubi senza fine causati da Darkrai. Insomma, sembra che la sua intera esistenza sia basata sulla positività e la serenità... purtroppo non è così. Diciamo che Cresselia è...”
“Isterica”. Conclusero la frase in tre: Giratina, Articuno e Ayumi.
Ci fu un qualche secondo di silenzio. Poi, sotto lo sguardo stupefatto ma anche comprensivo di chi effettivamente conosceva Cresselia, Fujiko si mise a ridere a crepapelle.
“È ridicolo” ringhiò invece Kurai, incrociando le braccia.
“Lo sappiamo” sbuffò Articuno, alzando nuovamente gli occhi al cielo.
“È una Leggendaria assurda” convenne Giratina. “Particolare, senza ombra di dubbio...”
“È pazza. Continua ad attaccare Darkrai pur essendo di tipo Psico. Ergo, non gli fa nemmeno il solletico” continuò Ayumi atona.
“Infatti. Ma proprio per questo è anche decisamente pericolosa. Se gli attacchi non hanno effetto su Darkrai o il suo Guardiano, ne hanno su di voi. Quindi state attente” sospirò Giratina.
“Dovrete calmarla, perché Arceus ha intenzione di radunare qui quanti più leggendari possibili, per poi sigillare il Paradiso Parallelo” disse poi.
“Sigillarlo?” chiese Ayumi, accigliandosi. Quello non era un buon segno. Quanto grave era la situazione?
“Sì, sigillarlo. Sono misure estreme, tu lo sai bene. Ma a quanto pare, il loro livello di pericolosità è arrivato a minacciare persino questo posto” spiegò Giratina.
Kurai alzò un sopracciglio e Fujiko si grattò la testa confusa. Nessuno dei due ci stava capendo nulla, ma le spiegazioni non arrivarono.
“Partite” fu l’unica cosa che disse ancora Giratina.
 
_Isole Lunapiena e Lunanuova_
 
“Ayumi” chiamò Kurai mentre volavano sopra il mare. Tanto sopra, dato che le onde di acqua scura e grigia si innalzavano anche per diversi metri.
La ragazza, in Unione, si affiancò all’altro, che volava sopra il Pokémon della Guardiana dell’Acqua Pura.
“Cosa significa che sigilleranno il Paradiso Parallelo?” chiese il Guardiano, serio.
“Sono curiosa di saperlo anche io” si intromise Fujiko, da davanti, in Unione pure lei, mentre era impegnata a mantenere uno scudo che contenesse tutti i presenti.
“E allora zitta e ascolta” le rimbeccò il ragazzo, ottenendo come risposta un sospiro esasperato. Quei due non andavano per nulla d’accordo.
“Al momento il Paradiso Parallelo è una dimensione aperta. Significa che ci sono dei portali che lo collegano alla terra. Inoltre, abbiamo la possibilità di teletrasportarci quando e dove vogliamo, un collegamento a doppio senso. Sigillando la dimensione, Arceus ‘chiuderebbe a chiave’ tutte le entrate. I portali sparirebbero e lui personalmente dovrebbe darci il permesso di partire e tornare. Praticamente, si staccherebbe dalla terra. Questo impedirebbe a chiunque di entrare, compresi noi... quindi, se mai fossimo in pericolo, ci sarebbero più probabilità di abbandono che di salvataggio” spiegò con calma l’albina, mentre cavalcava le correnti d’aria con manovre esperte.
“Quindi è davvero una manovra estrema” borbottò Darkrai.
“Decisamente” affermò Fujiko. “Ragazzi, i siamo quasi” informò poi.
Kurai alzò lo sguardo.
Il cielo plumbeo e il mare mosso e scuro si fondevano, distinti solo da qualche lampo luminoso regalato dai fulmini, accompagnati pochi secondi dopo da poderosi tuoni attutiti solo in parte dallo scudo di Fujiko. Le due isole mostravano solo vagamente il loro profilo, avvolte da una sorta di tornado nero e lilla, che a volte baluginava all’interno, seguendo l’andamento dello scontro.
“Come diavolo facciamo ad entrare?” urlò Fujiko, sgolandosi per sovrastare il rumore del combattimento, dell’acqua e del vento, che rendevano difficoltosa la discussione.
“Aprimi in varco, ci penso io!” rispose Ayumi.
Uno squarcio nella barriera della Guardiana dei Desideri permise all’altra di uscire e portarsi davanti ai due, velocizzandosi notevolmente grazie alla spinta fornitole dal potere del Vento. Si fermò  a mezz’aria e l’intero suo corpo iniziò a risplendere di una luce azzurra, quasi bianca. L’acqua sotto di lei iniziò a ghiacciare e persino lo scudo si stava coprendo di brina, nonostante fossero fermi a venti metri di distanza.
La Guardiana dei Venti Gelidi teneva le mani congiunte come in preghiera, le dita intrecciate e ripiegate sopra il dorso dell’altra mano. Poi, sciolse quell’intreccio allontanando lentamente i due palmi, mentre tutta quell’energia fredda e luminosa andava a convergere nello spazio vuoto lasciato in una sfera di dimensioni modeste.
Tese le ali indietro e le portò violentemente in avanti, dando vita a un raggio azzurro luminosissimo, che andò a colpire un punto preciso tra le due isole, dove le energie si mescolavano in un piccolo vortice. Era il punto di debolezza della barriera formatosi grazie alla presenza di Kurai, che a contatto con il potente attacco si congelò e si ruppe, creando un foro.
“Presto! Dovete entrare, il varco in poco tempo si richiuderà!” urlò Ayumi, scattando verso l’apertura, seguita dagli altri due Guardiani.
All’interno, lo scenario appariva come una grande cupola viola e nera che dava curiose e innaturali sfumature alla penombra. Dentro non soffiava il minimo alito di vento, e i rumori provenivano solo dal feroce scontro dei due Leggendari. Persino il mare, fuori così burrascoso, si era trasformato in uno specchio, calmo e perfettamente piatto. Tutto all’interno della barriera era addormentato. Tutto era calmo e silenzioso.
Tutto, fatta eccezione dei padroni delle due isole. Videro i loro attacchi prima dei Pokémon, effettivamente.
“Spostatevi!” urlò Ayumi, gettandosi rapidamente in picchiata verso il mare, per poi stendere le ali e planare a un metro da essa. Si stava velocemente dirigendo sull’isola Lunanuova, conscia che lo scontro si stava svolgendo altrove e che, al momento, era un posto sicuro.
I Guardiani atterrarono sulla piccola isola, abitata unicamente dal Pokémon di tipo buio che, grazie ai suoi poteri, celava l’esistenza del luogo agli esseri umani. I suoi poteri onirici addormentavano gli ignari e gli eventuali passeggeri conducenti delle imbarcazioni che venivano lasciate in balia della corrente. Nelle migliori delle ipotesi, la barca si allontanava dall’isola e le persone si risvegliavano, sane e salve. Nella peggiore, la barca si schiantava contro degli scogli e le persone affogavano senza rendersene conto.
Questo era il lato oscuro dei sogni. Questo era il male.
Ma lo era davvero?
Kurai fece rientrare il Pokémon di Pure nella sua sfera. Era immune ai flussi soporiferi grazie alla sua immunità al tipo Psico e grazie alla mezza parte di anima di Darkrai dentro di lui.
“Darkrai si deve essere accorto della tua presenza. Ti raggiungerà tra poco, per cui aspettaci qui. Noi distrarremmo e tenteremo di placare Cresselia” spiegò brevemente Ayumi, dispiegando le ali nuovamente, pronta per riprendere il volo. Anche Fujiko era pronta, dopo aver ridimensionato lo scudo in modo che coprisse solo sé stessa, mentre l’albina provvedeva personalmente per quanto la riguardava.
Kurai annuì e poi assisté al prologo della loro missione, nell’attesa che anche la sua iniziasse.
 
Cresselia era davvero fuori di sé, Articuno giurò a sé stessa di non averla mai vista in quello stato.
Gli archi rosati che di solito ricordavano una piacevole aurora, in quel momento avevano dei riflessi rosso sangue come gli occhi, mentre la Leggendaria urlava, fuori di sé per qualche motivo.
‘Beh, sapevamo che non sarebbe stato facile’ borbottò nella sua mente, comunicando allo stesso tempo ad Ayumi i suoi pensieri. Assieme sbuffarono, prima di schivare un raggio psichico con una virata.
Grazie a quel movimento, riuscirono a scorgere la controparte degli Incubi. Lui, a differenza di Cresselia, non sembrava provato in nessun modo, restava freddo e impassibile. Gli attacchi, come previsto, non lo sfioravano minimamente, tuttavia non faceva nulla per fermare l’ira della sua controparte. Semplicemente, lasciava che si sfogasse, che esaurisse le energie.
Di certo non sapeva che quella volta, le energie della leggendaria non si sarebbero esaurite e che quella era una battaglia che, se lasciata scorrere secondo quello svolgimento, non avrebbe più avuto fine.
- Nota per noi: le radiazioni di quel macchinario entrano negli scudi e nelle barriere, ma non nelle dimensioni – comunicò Fujiko telepaticamente, mentre eludeva i raggi multicolore che venivano lanciati casualmente.
- Quindi i Fantasmi per adesso sono al sicuro. Ora che lo sappiamo abbiamo almeno il fattore priorità – ribatté Ayumi. – Dobbiamo avvicinarci a Darkrai per portarlo da Kurai. Ma temo che dovremmo attaccare Cresselia. E non ti piacerà – la avvertì poi.
Senza aspettare risposta, creò una corrente d’aria che fece traballare la Leggendaria dei Sogni. I suo sguardo iroso si spostò sulla Guardiana dei Venti Gelidi, che ebbe la prontezza di spostarsi velocemente in un’altra posizione.
La compagna, dopo un iniziale tentennamento, comprese di dover sfruttare quel vantaggio e si fiondò verso Darkrai, chiamandolo.
Quello si girò scrutandola con i suoi profondi occhi azzurri.
‘Mamma mia che paura’ pensò la Guardiana rabbrividendo, ma allo stesso tempo si fece coraggio e fiato.
“Darkrai, non abbiamo tempo! Il Guardiano degli Incubi ti sta aspettando, è sull’Isola Lunanuova! Devi ricongiungerti a lui mentre noi ci occupiamo di Cresselia!” gli disse con una nota di urgenza nella voce.
Il Leggendario non rispose, si limitò a fissarla, mentre Fujiko si accorse che le mani iniziavano a tremarle. Si costrinse a fermarle, per poi fissare intensamente negli occhi il Pokémon.
Quello parve cogliere la sua determinazione e scattò, diretto verso l’isola. Fujiko, invece si girò verso il combattimento tra Cresselia e Ayumi, in tempo per vedere la ragazza essere scagliata in mare da un potente attacco Psichico della Leggendaria e scomparire sotto quello specchio scuro.
‘Merda’ pensò, per poi preparare una sorta di attacchi dell’attributo Acciaio, conscia che i poteri della mente non le sarebbero stati di troppo aiuto.
 
Il Leggendario degli Incubi tornò in quella che era casa sua, ‘atterrando’ precisamente nel mezzo.
Effettivamente, c’era qualcuno. Leggendario e Guardiano si osservarono per un lungo momento, estranei per qualche istante ai rumori della battaglia.
“Qual è il tuo nome?” chiese infine il Leggendario, con la sua voce scura e roca, quasi cavernosa.
“Kurai Miura” rispose sicuro il ragazzo. Non aveva paura, nemmeno un po’. Kurai non aveva mai avuto paura del Buio nemmeno quando era piccolo. Perché avrebbe dovuto? Il buio nascondeva, ti abbracciava, confortandoti in modo silenzioso, ma presente. Lui non aveva paura del buio, perché il buio lo aveva accolto tra le sue braccia quando i suoi erano morti, lasciandolo da solo.
Quel Pokémon era l’incarnazione del buio, e lui sapeva di potersi fidare.
“Tu sei... il mio Guardiano” riprese il Leggendario, parlando lentamente. Il ragazzo si limitò ad osservarlo, non era una domanda, non necessitava di risposta. Attese, semplicemente, che il Pokémon riprendesse a parlare. “Tu... sei pronto a cedere... qualunque cosa... anche la tua vita... per difendermi?” chiese.
Kurai ridacchiò, una risata priva di emozioni, quasi una presa in giro.
“Non ho molta scelta mi pare. E comunque, penso sia il prezzo giusto che devo ripagare alle ombre e pagare per la mia vendetta” mormorò assottigliando leggermente lo sguardo.
“Io... comprendo”.
 
Ayumi rispuntò da sotto l’acqua battendo le grandi ali azzurre con fatica. Atterrò gelando l’acqua e creò una corrente che potesse asciugare il più velocemente possibile le piume.
Fujiko scagliava dei piccoli proiettili in acciaio contro una sempre più feroce Cresselia. Solo alcuni di essi andavano a segno, facendo urlare d’ira, più che di dolore, la Leggendaria. I danni erano minimi e non avevano tutto questo tempo. Se volevano atterrarla dovevano farlo senza esitazioni, realizzò l’albina, per niente contenta della prospettiva.
Tuttavia, alzò le braccia in alto, verso il cielo, facendo seguire a quel movimento, di conseguenza, una serie di spuntoni di ghiaccio, che si avvolsero attorno alla Leggendaria, bloccandola. Dall’alto, Fujiko decise di passare all’approccio psichico, creando una forte onda d’energia che spinse la congelata Cresselia ad un violento impatto contro la terra della sua isola, l’Isola Lunapiena.
La Guardiana dei Venti Gelidi riprese il volo, circondandosi con una corrente circolare di vento, che divenne in breve tempo un vero e proprio tornado. Ayumi lo lanciò in modo che andasse ad intrappolare la Leggendaria, mentre Fujiko riempiva il vento di piccoli ma dolorosi proiettili in acciaio.
Tuttavia, l’attacco diede loro il solo vantaggio di un respiro, perché la Leggendaria dei Sogni evocò un campo di forza a bolla dall’interno, espandendolo di colpo e colpendo le due, oltre che annullando il ciclone. I piccoli sassolini d’acciaio erano stati catapultati in tutte le direzioni, ferendo le due Guardiane.
Ayumi si concesse di osservare come stesse Fujiko, ignorando il sangue che le colava lungo la tempia sinistra che la costringeva a tenere l’occhio chiuso. La bionda ansimava e perdeva sangue da un labbro. Erano state colpite in altri punti, non così delicati da dare vita ad un’emorragia, ma sicuramente sarebbero rimasti i lividi.
Ayumi soffiò piano l’aria fuori dai polmoni, costringendosi a pensare lucidamente. In uno scontro del genere la Leggendaria dei Sogni era vantaggiata. Era fuori di sé e non le importava di uccidere qualcuno. Invece, loro dovevano prestare attenzione a non ferirla troppo, considerando anche il fattore tempo. Purtroppo, cercare di bloccare un Pokémon Leggendario impazzito è decisamente complicato.
“Deduco che vi serva una mano” mormorò una voce alle loro spalle.
Kurai era tornato, in Unione. Scrutava le due ragazze con i seri occhi azzurri, come quando assumeva la Forma Guardiana. I vestiti assomigliavano a una sorta di tuta aderente che mostrava il fisico asciutto e vagamente muscoloso del ragazzo, che sul petto aveva quelli che sembravano cristalli rossi. Da quelli fuoriusciva una sorta di enorme e mutevole mantello fatto d’ombra, che si estendeva verso il basso ma anche verso l’alto come fumo, avvolgendosi come le spire di un serpente attorno al corpo di Kurai. La voce appariva distorta, sdoppiata, come se alla voce normale si aggiungesse un eco cavernoso.
“Deduci bene” sbuffò Fujiko, alzando una mano creando così uno scudo su cui andarono ad infrangersi una serie di attacchi psichici di Cresselia.
“E va bene. State indietro” borbottò atono il Guardiano degli Incubi. Attese che le due ragazze si riparassero dietro di lui, poi alzò il braccio destro e schioccò le dita. Tante bolle scure si materializzarono attorno a lui, e sfrecciarono verso la leggendaria quando il Guardiano la indicò.
Cresselia riuscì a schivarne qualcuna, ma poi fu colpita d striscio da una di esse che, non appena percepito il contatto, si ingigantì moltissimo, inglobandola. Cresselia si addormentò di colpo, iniziando a precipitare e venendo rapidamente afferrata dai poteri psichici di Fujiko.
‘Missione compiuta’ sospirò sorridendo.
Ayumi non disse nulla, semplicemente aprì il portale per il Paradiso Parallelo, mentre le barriere dei due Leggendari del Mondo Onirico si dissolvevano del tutto, lasciando entrare i rumori della tempesta.
 
_Paradiso Parallelo_
 
Ci vollero degli sforzi notevoli da parte di Palkia per placare del tutto Cresselia.
Ma a quel punto la situazione non riguardava più i tre Guardiani, che ritornarono da Pure, ritrovandola in Unione con Suicune che giocava con l’acqua che lei stessa evocava.
I capelli verde mare sfumavano verso le punte al viola, mentre nei pressi della fronte presentava quelle diramazioni azzurre così simili a corna. Per i vestiti presentava solo una canotta attillata che si chiudeva attorno al collo e dei leggins a tre quarti, entrambi sull’azzurro e sul bianco, con i motivi a rombi che aveva anche sulla pelle sul dorso delle mani e dei piedi scalzi. Dalla bassa schiena partivano due specie di code bianche che seguivano con leggerezza i suoi movimenti.
Non appena vide arrivare i tre, improvvisò una sorta di balletto piroettando su sé stessa, per poi corrergli incontro e farsi raccontare ogni cosa. Ci pensò Fujiko ad adempiere a questo compito perché tra i tre era di certo la più propensa alla discussione. Ayumi seguì la discussione in silenzio, mentre Kurai sembrava disinteressato alla faccenda. Infine, dopo qualche futile chiacchiera sempre tra le due, i Guardiani si assopirono, dimenticando per qualche ora il loro destino.
O forse, non del tutto.
 
“Il buio mi ha sempre difeso. Ora sarò io a difendere lui. Pagherò il prezzo richiesto, ma il mio obbiettivo sarà raggiunto a qualunque costo”
 
Angolino nascosto nell’ombra
Mi sento Kurai in questo istante: ‘nascosta nell’ombra’ ahahahaha
Ok, la pianto.
Precisazione sull’Unione di Pure: avete presente quei due buchini che ci sono sulla schiena verso i reni? È da là le escono le due code.
Bene. Ultimamente sto andando come un treno nello scrivere questa storia. E il bello è che ne sto scrivendo un’altra e, a tratti, anche altre due. Boh, queste botte di ispirazione (?)
Ok, no, sono le vacanze, e il cosiddetto ‘tempo libero’, questo sconosciuto.
Vabbè.
Aura_

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 - Torrente in piena ***


Capitolo 19 – Torrente in Piena

_Paradiso Parallelo_

Ayumi aprì gli occhi vagamente confusa.
Non c’erano stati sogni tristi, quelli che la tormentavano da quando era piccola. No. C’era stato qualcosa, un vuoto non completamente vuoto.
Era stata una sensazione strana. Era come se qualcuno stesse cercando di parlarle. Ma lei non aveva udito voci, solo... una presenza.
Qualcuno aveva provato ad entrare in contatto con lei. E forse era da un po’ che ci provava. L’albina si mise in posizione seduta, tentando di ricordare che cosa sapesse a riguardo.
Si ricordava che le entità che si mettevano in collegamento telepatico dovevano sapere esattamente a chi si dovevano riferire. Quindi veniva più facile con una persona conosciuta più che superficialmente o che si trovava praticamente davanti ai tuoi occhi. Inoltre, più le due persone erano distanti tra di loro, più il collegamento risultava difficile e vacuo. Dipendeva anche dallo stato di saluto di uno o entrambi gli estremi.
Secondo queste regole, Ayumi dedusse che la creatura che stava ricercando un contatto non la conosceva ed era lontana o ferita o entrambe. Però cercava lei, ne era sicura. Aveva percepito una certa insistenza e urgenza, pur controllata e non invasiva. Chiunque fosse, aveva tempo, sapeva aspettare.
L’albina rimase immobile ad osservare i propri compagni ancora assopiti. Non li avrebbe messi al corrente, voleva tenerli fuori il più possibile da quella faccenda. Inizialmente, non volva coinvolgere nessuno. Ma, come aveva pensato ed ipotizzato, la situazione era insostenibile per una persona sola.
Inoltre, c’era anche da considerare che non stavano facendo passi avanti. O meglio, la loro situazione stava migliorando, ma erano ancora in nettissimo svantaggio rispetto al loro nemico. Qualunque cosa loro facessero c’era sempre una nuova forza che emergeva dall’ombra per contrastarli, aumentando in lei l’ansia e la preoccupazione.
Sapeva che doveva prestare attenzione. Lei era diversa dagli altri Guardiani. Lei non aveva nessuno, non era più un essere umano. Al mondo la sua esistenza era sconosciuta, forse indispensabile, probabilmente puramente superflua. Non era come sua madre.
Per quanto potesse somigliarle, con i tratti delicati del viso, gli occhi a mandorla e i capelli lisci e lunghi, appartenevano a due realtà diverse.
‘Io non sono nessuno’ continuava a ripetersi. La cosa non le aveva mai creato disagi… fino a quel momento.
Perché aveva ricominciato a vivere. E il prezzo, era stato condannare ad una probabile morte i ragazzi che stavano al suo fianco, e la madre di Pure e suo fratello. Per loro aveva ricominciato a vivere, rappresentando la loro condanna.
‘Dopotutto, è per questo che io esisto’.
Lei era una Guardiana, che non aveva mai avuto una vita umana, ma non era un Pokémon, era impossibile. Era una Guardiana, null’altro. E probabilmente era l’unica del suo genere. La sua vita si basava sul contrasto di alcune forze che, se avessero vinto, avrebbero distrutto qualunque cosa.
Lei era una guida per gli altri Guardiani, uno scudo per tutti, Leggendari o persone.
Ayumi sapeva che, se proprio qualcuno avesse dovuto morire, sarebbe stata lei. Perché, se fossero morti gli altri, se fosse morto ancora un altro Guardiano, la punizione sarebbe stata tremenda.
La ragazza bianca si passò distrattamente una mano sulla pancia, nei pressi dell’ombelico. Lì c’era una grande cicatrice a forma di mezzaluna, il segno della sua disattenzione. L’ultima volta era stata quella, la peggiore. Nemmeno i fiori del Paradiso Parallelo erano riusciti a guarirla del tutto.
Gli altri non ne sapevano niente, era meglio così. L’albina si teneva dentro tutto, non sapeva che cosa raccontare su di sé. Aveva paura di cosa Arceus avrebbe potuto farle. Aveva paura del Pokémon Primevo, lo temeva quasi più dei loro nemici.
Sospirò con leggerezza. Forse avrebbe tenuto fuori persino Articuno da quella faccenda. Almeno per il momento. Non era ancora successo nulla, dopotutto.
A proposito della Leggendaria. Era da parecchio che era via. Chissà cosa stava succedendo.

“Ancora non abbiamo notizie di Moltres e Zapdos, sembrano scomparsi. Inoltre, la situazione sta diventando grave. Dobbiamo riunire nel Paradiso Parallelo quanti più Leggendari possibili” stava dicendo Arceus con voce seria.
“Da quanto abbiamo capito, i Fantasmi sono al sicuro, momentaneamente. Per cui dobbiamo dare la priorità ad altri” rifletté Articuno.
“Giusto. Loro saranno lasciati fuori fino a che non sarà strettamente necessario spostarli o questa battaglia non sarà finalmente finita” replicò il Pokémon Primevo.
“Sigillerai il Paradiso Parallelo quando tutti i Leggendari più a rischio saranno stati portati qui al sicuro?” chiese Suicune, che stava camminando avanti e indietro inquieto.
“L’idea era quella”.
“Purtroppo dobbiamo agire in fretta. Ho dato un’occhiata ad alcuni nascondigli e qualunque cosa sta entrando in un puro stato confusionale. Primi fra tutti Xerneas ed Yveltal: già i loro poteri erano precari, figuratevi adesso. La foresta dove vive Xerneas è diventata invalicabile, i rovi ne ostruiscono il passaggio, nonostante si sia trasformata in albero. Al contrario, ovunque vada Yveltal semina caos e distruzione, morte anche. Il Monte Ostile a Sinnoh ha eruttato già due volte... e noi non vogliamo di certo ripetere l’errore dell’Isola Cannella!” sbottò Palkia, in agitazione.
“Persino Celebi sta accusando alcuni problemi. Lui era come uno dei Fantasmi, ma raggiungibile ogni tanto perché passa avanti e indietro dalle varie dimensioni temporali. Ritorna alle nostre solo per controllare le condizioni delle foreste. Però adesso per colpa di quel macchinario non riesce a controllare più i portali. Non so in che epoca temporale sia, proverò a rintracciarlo” s’intromise Dialga.
“Temo che dovremmo andare con ordine. Anche solo per capire chi dobbiamo avvertire” sospirò Articuno, dispiegando e ripiegando le ali per sgranchirsele.
“Bene. Tu, Articuno, dovresti preoccuparti di Kanto. Tuttavia, Moltres e Zapdos non si trovano, e Mew è un fantasma. Per cui pensa a Mewtwo, è nascosto nella Grotta Celeste, probabilmente occultato da qualche crollo o scudo psichico. Non farti imbrogliare, è lì.
“Suicune, torna a Jotho e cerca i tuoi fratelli. Se non sono lì, manda Articuno a cercarli nelle loro altre Tane. Dovresti anche controllare la situazione Alle Isole Vorticose, Lugia deve essere lì, perché ho visto che i mulinelli sono aumentati e sono anche più pericolosi. Di Ho-Oh non sappiamo ancora nulla e di Celebi se ne occuperà Dialga. Se riesci, dai anche un occhio alla Torre Occulta.
“Jirachi, tu controlla Latios. Latias è da qualche parte ad Unima, ancora non sappiamo il perché. Inoltre dovresti fare un sopralluogo nelle grotte dove riposano Kyogre e Groudon. Se è tutto in ordine, controlla anche le zone dei tre Regi, anche se le entrate non mi risultano essere state sbloccate.
“Darkrai, vorrei che tu controllassi le zone del Vetta a Lancia e della Fonte Saluto. Poi avverti il Trio dei Laghi, le loro grotte sono sprofondate in acqua, ma dovrebbero sentirti. Inoltre c’è il Tempio a Nevepoli che custodisce Regigigas, dobbiamo assicurare che gli impulsi che invia quella macchina non lo abbia risvegliato. In questo caso, conducilo qui. Devi anche placare Heatran, nel Monte Ostile. Per quanto riguarda Shaymin, lui è al sicuro nel Paradiso Fiore, che attualmente è bloccato in una dimensione parallela.
“Cresselia, dovresti cercare il trio dei Kami. Segui i temporali e poi dirigiti al Tempietto di Landorus. Il Chiarolite ce lo ha Pure, lo Scurolite è ancora con suo fratello, credo, anche se sarebbe meglio che tu controllassi la situazione. Victini è un Fantasma, ma è sempre meglio controllare la sua Isola. Poi devi recarti da Cobalion, lui tiene la chiave del sigillo che protegge lui, Virizion, Terrakion e Keldeo. Se c’è qualche problema, devi andare da loro.
“Per quanto riguarda Kalos, ci penserà chi finirà prima i suoi compiti, se non è in brutte condizioni. Articuno e Suicune, penso che voi due siate i più probabili, per cui vi darò subito le indicazioni. Yveltal è in difficoltà, lo troverete in una zona vagamente desertica e secca a ovest della regione. Attenzione al suo potere distruttivo, è fuori controllo. Xerneas è invece in una foresta nella sua forma albero, ma riconoscerete di certo la traccia del suo potere. Hoopa è un Fantasma e anche Diancie. Zygarde, invece, non sembra aver accusato di particolari conseguenze, ma è meglio prevenire che curare.
“Tutto chiaro? Fate attenzione, per cortesia, non sappiamo quanta influenza potrà fare il macchinario su di voi. In Unione è più facile, la parte umana dei Guardiani tiene a bada i vostri poteri. Se non riuscite a tenere il controllo, tornate qui. Voi sapete quali sono i rischi”. Non appena Palkia finì di dare istruzioni, i cinque Leggendari si fiondarono a compiere gli incarichi a loro assegnati.

“Quindi, sigillerete il Paradiso Parallelo non appena tutti i Leggendari, o un gran numero in alternativa, saranno qui?” chiese Fujiko, mentre si risistemava i capelli nella classica coda.
Giratina annuì senza aggiungere nulla. Aveva ritenuto giusto raccontare ai ragazzi ciò che stava succedendo, e le loro reazioni erano state diverse, alcune aspettate, altre meno. E con altre si intende quella di Pure, che aveva creato a metà del discorso una farfalla con l’acqua e si era messa a rincorrerla ridendo per il prato. Poi si era bloccata, corrucciata e l’aveva fatta esplodere, continuando a fissare il vuoto con l’ira negli occhi.
Fujiko  si era messa a dondolare sulla ginocchia pensierosa, mormorando tra di se: “Ma che gran casino”.
Kurai aveva ascoltato il tutto in silenzio, per poi esordire unicamente con un verso stizzito, alzandosi e iniziando a camminare lentamente avanti e indietro con aria cupa.
Ayumi non aveva fatto una piega, nonostante fosse preoccupata per la situazione. Inoltre, continuava a pensare a quel sogno, a quella presenza, ritrovandosi a collegare gli avvenimenti tra di loro in un nesso che avesse almeno  senso.
Che la creatura stesse provando a mettersi in contatto con lei già da prima, lo aveva già ipotizzato avvertendo la strana urgenza pacata che emanava. Forse il macchinario che tanto stava complicando le cose aveva permesso a quella voce di crescere di intensità fino a farsi notare.
Secondo quella logica, tra qualche tempo avrebbe potuto sentirla chiaramente. Quindi era del tutto inutile crucciarsi, doveva aspettare.
“E adesso cosa facciamo?” chiese l’albina a Giratina.
“Alzatevi e allenatevi senza i vostri Leggendari” fu l’immediata risposta.

_Grotta Celeste_

Articuno aveva avuto qualche difficoltà a raggiungere Celestopoli, nella regione di Kanto. Piogge torrenziali si stavano riversando sulla città, ingrossando il mare e facendo aumentare il livello del fiume che dal limpido colore azzurro-verde che presentava solitamente, aveva preso una brutta sfumatura terra. L’entrata della grotta era stata quasi sommersa dall’acqua, Articuno si bagnò il ventre e la punta delle ali mentre entrava.
Lì dentro era buio pesto, non si vedeva nulla. La Leggendaria doveva sbattere le ali in continuazione ma leggermente, per evitare di perdere quota o prenderla, mentre volava piano tentando di evitare stalattiti. La Grotta era sempre stata un posto buio, ma mai così buio.
E non c’erano così tante stalattiti.
Articuno si scontrò contro una pietra, che traballò nello scontro. Stava fluttuando.
‘Ma cosa...?’ pensò esterrefatta, mentre quella riprendeva a vorticare pigra a pochi centimetri dal soffitto della grotta.
‘Tutto questo sta uscendo dal nostro controllo più velocemente del previsto... ma in questo caso posso utilizzarlo a mio vantaggio’. E Articuno chiuse gli occhi, lasciandosi guidare dall’aura che emanavano quelle rocce, sostenute da un’energia psichica.
Dovette infilarsi in dei fori sul pavimento relativamente stretti per lei in delle piccole picchiate strettamente studiate. Tutto stava prendendo a brillare vagamente attraverso la vista dell’aura di Articuno, che ancora teneva le palpebre serrate. Si stava lentamente avvicinando a Mewtwo.
Per qualche strano motivo, la grotta era illuminata. Era alquanto strano, essendo la parte più profonda avrebbe dovuto essere particolarmente scura. Invece brillava tutto di una luce lilla accecante.
Inoltre, non c’era più il minimo equilibrio nella grotta. L’acqua scorreva nelle più disparate direzioni, disintegrandosi e assemblandosi nuovamente seguendo un ordine dettato dalla pura e semplice casualità. Le rocce si sgretolavano al rallentatore, per poi iniziare a fluttuare tutt’attorno. L’intera cavità sembrava viva, si muoveva, attraversata da una potente e incontrollata energia psichica.
Nel mezzo c’era Mewtwo. Fluttuava a un metro circa da terra e si muoveva in modo spasmodico, gli occhi completamente bianchi e tutto il corpo illuminato dalla sua stessa forza psichica.
‘Se loro non possono averci faranno in modo di impedirci di scontrarci e di ostacolarli... ci proveranno a sovraccaricare fino a che l’energia non diventerà troppa... e a quel punto...’. Articuno pensava freneticamente, gli occhi disturbati dal potente bagliore e la mente confusa e dolorante.
Purtroppo la sua voce non sarebbe riuscita a raggiungere Mewtwo in quelle condizioni. Doveva aiutarlo a liberarsi della sua energia. E c’era un modo solo per farlo. Nessuno sano di mente libero di scegliere avrebbe mai optato per l’opzione che Articuno, non godendo della sopra citata libertà, stava per effettuare. La Leggendaria riempì d’aria i polmoni, poi espirò con violenza congelando l’aria in un potente Geloraggio che andò a colpire il Leggendario clonato. Probabilmente non gli fece nemmeno il solletico, ma si accorse di lei, girando la testa piano nella sua direzione, tremando.
‘Che ti hanno fatto...’ pensò contrariata Articuno, preparandosi a quello che sarebbe stato un lungo scontro. Aveva paura e non lo negava a se stessa, tuttavia sapeva che quella manovra era necessaria.
‘Mewtwo è la fonte di un esperimento crudele. È stato clonato da Mew in modo che avesse i suoi poteri potenziati. Mew è il Leggendario che contiene tutti i geni del mondo Pokémon, è impossibile che siano riusciti a riprodurre una cosa del genere. Ma so per certo che Mewtwo è un’arma da combattimento, dentro di sé ha un potere incredibile. E un grande potere è difficile da controllare. Quindi è normale che Mewtwo abbia perso il controllo così facilmente e così presto’ riepilogò Articuno mentre continuava ad attaccare il clone.
Era tuttavia consapevole che queste informazioni non l’avrebbero salvata.

_Casa Bizzarra_

‘Curioso’ pensava Cresselia, davanti al’edificio. Era ferma da un po’, lo osservava. Era da tanto che non tornava in quel posto. Era stupita persino lei, effettivamente non pensava che ci avrebbe più messo piede, in senso figurato naturalmente.
Ed invece era lì a scrutare la casa. Casa Bizzarra la avevano chiamata.
La Leggendaria pensava che ‘bizzarro’ fosse l’aggettivo adatto, pur affibbiato all’edificio per puro caso, data l’ignoranza generale sulla storia reale della casa.
Cresselia aveva a cuore quella storia, ma restava tuttavia il suo segreto più profondo e oscuro. Non sembrava un qualcosa di particolare in realtà. Era un edificio di due piani più il seminterrato, costruito in mattoni rossi come la sabbia di quella specie di deserto che il vento secco ed incessante alzava. Per via di quell’azione naturale, la casa pareva sulle prime quasi un miraggio, uno scherzo che il vento burlone faceva, uno scherzo con tanto di balcone, porta e finestre dagli scuri di solido e scuro legno.
Fluttuando, la Leggendaria si avvicinò lentamente, e la porta si dischiuse senza che lei facesse niente, permettendole di entrare.
‘Tu non ce l’hai mai avuta con me, neanche un istante. Mai io non riesco a perdonarmi’. Il Pokémon lasciò liberi quei pensieri, certa che la Guardiana dei Sogni sarebbe riuscita a captarli.

C’era un motivo per cui Cresselia era diventata pazza. Perché la sua non era isteria, ma pazzia. Un profondo odio contro se stessa e il resto del mondo. Tutti lo ignoravano, tranne Cresselia stessa, Arceus e Darkrai.
Il Pokémon Primevo si era già da tempo assunto la responsabilità di quanto era successo alla Leggendaria dei Sogni, perché era stata colpa sua. Tutto era nato con la concezione di un possibile legame tra Umani e Pokémon Leggendari, quelli che poi furono concepiti come Guardiani delle Leggende, all’epoca chiamati Amici delle Leggende. Questi non avevano compito, erano solo un ponte, un passaggio, ritenuto sicuro per integrare nuovamente i Leggendari con il mondo umano.
Cresselia si era offerta volontaria per scagliare metà della sua anima sulla Terra, per poi mettersi alla ricerca dell’essere umano che sarebbe stato scelto.
Dopo dieci anni, la trovò. Si chiamava Roxane. Era una ragazzina della regione di Kalos di dieci anni e mezzo, dalla capigliatura magenta liscia lunga fino a metà schiena e gli occhi azzurri con delle pagliuzze rosa. Era una vera signorina, dal carattere gentile e dolce, a volte un po’ peperina, quando aveva voglia di scherzare un po’ e concludendo con una linguaccia e una risata cristallina la sua azione maliziosa.
Effettivamente, sembrava che stesse andando tutto per il verso giusto. Roxane aveva visto e conosciuto gran parte dei Leggendari e delle Dimensioni allora esistenti, aveva accettato di buon grado quello che era diventata. Era speranzosa.
Lei e Cresselia avevano stretto un ottimo rapporto, erano inseparabili. Andavano ovunque, Roxane imparava a governare l’aura ad una velocità sostenibile per essendo una semplice Umana, un’Aura Grigia. Cresselia, invece, aveva imparato la lingua degli esseri umani e ad assumere la sua forma Shiny. Dopo circa due anni, conobbero anche l’Unione.
Stettero assieme quasi sette anni.
Poi, Roxane cadde vittima di un tranello. Un ragazzo di circa venti anni aveva sentito parlare della giovane Amica delle Leggende e si era completamente fissato su Cresselia. L’ambizione lo rendeva cieco, sordo e insensibile, ma astuto. E Roxane era una ragazza piuttosto ingenua, una sognatrice.
Lui fece finta di innamorarsi della ragazza, corteggiandola. E lei arrivò a fidarsi di quello sconosciuto fino al punto di confessarlo a Cresselia che, spaventata, la pregò di non fidarsi troppo e di non farlo avvicinare a lei.
Ma Roxane non la ascoltò.
“Cresselia! Dove sei, Cresselia!” la chiamava, da dentro la dimora, all’epoca una bellissima casa fuori città che faceva capolino tra i venti. Alle sue spalle, il ragazzo scrutava con aria quasi famelica i dintorni.
La Leggendaria ebbe paura di quello sguardo. Sentiva la negatività che proveniva da quell’Umano.
“Dov’è?” chiese seccato alla ragazza dopo un po’. Lei si girò con un mezzo sorriso.
“Arriverà... è un po’ timida alle volte...” rispose con un timido sorriso la ragazza dai capelli rossi che, per via delle Unioni effettuate con la Leggendaria, avevano preso delle striature bionde.
“Tutte balle!” sbottò lui, spingendola. La ragazza ci rimase male, non aveva mai visto il ragazzo con la sua vera faccia. Si rese conto solo in quel momento che lei era da sola, priva di difese.
“Cresselia... per favore...” bisbigliò con un filo di voce, terrorizzata. E la Leggendaria comparve al suo fianco furiosa.
“Eccoti” ghignò il ragazzo, tirando fuori da una rudimentale e antiquata Pokéball un Bisharp.

Era successo proprio lì in quel soggiorno. La Leggendaria dei Sogni si era fermata al piano terra di fronte a una grande scalinata che portava alla visibile stanza centrale. Due lunghi vasi ostacolavano il passaggio, fluttuando ad alcuni centimetri da terra. Tutto l’arredamento di quella casa si muoveva. Lampade che si accendevano casualmente, poltrone che oscillavano lasciando segni che si andavano ad aggiungere a quelli già presente sulla moquette rosso scuro. Ma, pur essendo scura, i fugaci bagliori proveniente dai lampadari mostravano una macchia ancora più scura, una macchia che nessuno aveva pulito e che tutti ignoravano o non notavano. Oppure pensavano che, dato lo stato di abbandono della dimora, quello potesse essere comune sporcizia.
Invece era proprio là che il ragazzo aveva accoltellato Roxane mentre Cresselia veniva distratta da Bisharp. Aveva ucciso la ragazza nella speranza di sconvolgere talmente tanto la Leggendaria da lasciarla in uno stato di shock che l’avrebbe neutralizzata. Invece, quella sua azione scatenò la rabbia di Cresselia che disintegrò con i suoi poteri psichici quel ragazzo, mentre il suo Pokémon riuscì a sfuggirle solo grazie al suo tipo, invulnerabile a quegli attacchi.
Tuttavia, Roxane non era ancora del tutto morta. Cresselia però non poteva fare nulla per salvarla, se non quello di creare una sorta di mondo parallelo dove il tempo di fermasse. Da quel momento l’interno della Casa Bizzarra era diventato un luogo dove le leggi fisiche erano sovvertite. Tutto fluttuava e si muoveva, andando a difendere l’ultima scintilla di vita di quella che effettivamente era la prima Guardiana. La Casa Bizzarra era diventata un sogno, il Sogno di Cresselia. Forse l’unico barlume di ragione che le era rimasto.
Gli scontri frequenti fra lei e Darkrai servivano a scaricare la negatività che la Leggendaria ospitava dentro di sé da ormai anni. Arceus, invece, aveva riconosciuto la potenzialità dei Guardiani ma anche del truce destino a loro riservato e stabilì che sarebbero stati solo una precauzione estrema. Inoltre, si premurò di tenere segreta l’intera faccenda, persino a Giratina, impedendo in un passato molto più vicino al presente che Fujiko si ricongiungesse immediatamente a Jirachi, ma che si arrischiasse ad avvicinarsi all’Isola Lunapiena.

I due vasi che bloccavano le scale si scostarono con lentezza, e tutto l’arredamento in generale permise a Cresselia di raggiungere la sala centrale del primo piano che la attendeva a porte spalancate.
La stanza era spoglia, con un'unica finestra sul fondo dagli scuri serrati. L’unica fonte di luce era data da una specie di piuma gialla con la punta verde che si trovava adagiata nel mezzo della sala. Un’Alalunare. Cresselia l’aveva lasciata cadere lì per proteggere quel luogo, nella speranza che nessuno la rimuovesse mai. In effetti era ancora lì.
“Credevo non saresti più venuta a trovarmi”. Roxane apparve appoggiata alla parete. Una ragazza snella dai lunghi capelli magenta con alcuni ciuffi biondi, occhi rosa con la parte più esterna ancora azzurra e i vestiti corti che all’epoca le servivano per non soccombere all clima secco della zona. “Mi sei mancata” concluse con un sospiro.
“Non sapevo con che coraggio presentarmi qui. Soprattutto adesso che è successo di nuovo” rispose la Leggendaria triste.
“Stanno bene?” chiese la prima Guardiana.
“Ne sono già morte due... o almeno per quanto ne sappiamo noi” rispose il Pokémon. “Devo andare” disse poi. Si era fermata fin troppo.
Si voltò per andarsene, fuggire da quella casa che rappresentava la sua pazzia. Roxane le rivolse un’ultima frase prima che la Leggendaria dei Sogni se ne andasse definitivamente.
“Sei cambiata, Cresselia”.

_Monte Scodella_

Suicune correva da tanto tempo, senza risultati. Loro, i suoi fratelli, erano irrintracciabili, non riusciva a trovarli. Aveva corso in lungo e in largo per Johto, per qualunque percorso e fiume, attraversando tratti di mare, montagna e boschi. Dalla Zona Safari alle antiche Rovine Sijnon, invano.
Ora il leggendario aveva una sola e rischiosa meta: Amarantopoli, un centro abitato e in via di ricostruzione. Avrebbe dovuto aggirare la zona per arrivare alla Torre Bruciata. Si era comunque fermato prima, a riflettere, mentre sostava in piedi nei pressi di uno dei laghetti che si erano formati ai piedi del Monte Scodella.
E fu proprio da lì, mentre era immerso nei propri pensieri che un onda di energia rovente attirò il suo sguardo in direzione della visibile Torre Campana.
La cima era circondata e nascosta da una spirale di nuvole che potrebbero essere definiste temporalesche. Ma anziché essere del comune grigio tempesta, queste erano cremisi.
E questo non significava nulla dii buono.

"Questo è solo l'inizio, temo. Questo torrente in piena non si arresterà così facilmente".
 

Angolino nascosto nell’ombra

C’è l’ho fatta anche questa volta a pubblicare dopo dieci giorni. Mmm temo sarà anche l’ultima volta.
Con l’estate non potrò stare troppo attaccata al pc, mia madre non me lo permetterà. Amen fratelli, credo dispiaccia di più a me che a voi.
Ah, dato che non sapevo come inserirlo nella storia, ve lo dico io: i Pokémon leggendari sono gli unici che hanno un potere abbastanza forte da uccidere una persona. Per questo Bisharp non uccide direttamente Roxane, tanto per dirne una.
Cosa numero due che devo precisare: avevo detto che i Guardiani possono al massimo imitare le mosse dei Pokémon. Cosa vera, ma riguarda solo la Forma Guardiana. In Unione fanno un po’  tutti quello che vogliono.
Cosa numero tre: alla fine è Suicune che parla.
Ok, penso di aver finito. Mi scuso per gli eventuali errori. Arrivedershi ^^

Aura_

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 - Ripartire ***


Capitolo 20 - Ripartire


_???_

Shinseina riaprì gli occhi, sollevata. Quel posto le era mancato, con il cielo azzurro che esprimeva serenità e le morbide nuvole che le accarezzavano dolcemente i piedi.
 Quasi a darle il benvenuto, una folata di vento le scompigliò giocosamente i capelli. Shinsè inspirò profondamente, era libera e l'aria pura le era mancata.
Qualcuno le picchettò una spalla, attirando la sua attenzione.
"Questi li avevi persi nello scontro che ci ha separati" le sorrise Yun, porgendole una stoffa celeste e due cavigliere d'argento.
"Grazie" rispose semplicemente la ragazza dai capelli celesti, rispondendo al sorriso e riprendendosi gli oggetti. Si attaccò ai polsi la lunga stola con dei lacci cuciti alle estremità, poi si chinò a riallacciarsi le cavigliere.
"Che facciamo ora?" chiese Len, scompigliandosi i capelli con una mano e sorridendo senza un apparente motivo.
"Chiediamo".

Poco dopo, il serpente alato li raggiunse, appoggiandosi morbidamente su una nuvola e riavvolgendosi nelle sue spire.
"Bentornati" disse con dolcezza, ripiegando le ali. "Sono felice di vedere che state tutti bene".
"Abbiamo la pellaccia dura" ammiccò Len, mentre Seo-Yun buttava gli occhi al cielo.
"Lo lasci parlare?" gli rimbeccò tirandogli uno scappellotto gentile sulla nuca, al quale il ragazzo reagì ridendo.
"Sono contenta che non ti sia accaduto nulla di grave, Shinseina. E sei stata prudente, loro non conoscono appieno ancora le tue capacità. Hai fatto bene ad aspettare" riprese il Leggendario.
"Ho voluto fidarmi" rispose la ragazza, chinando il capo a mo' di ringraziamento agli apprezzamenti ricevuti.
"Oooh, che cara! Fatti spupazzare!" cinguettò la rossa, abbracciano di impulso la Guardiana dell'Estremo Confine. Quasi caddero per terra, facendo sbellicare Len e ridacchiare la Leggendaria.
"Seo-Yun, Shinsè ci servirebbe viva" suggerì il ragazzo.
"Giusto" acconsentì la Guardiana dei Venti Roventi, staccandosi immediatamente dal collo di quell'altra.
"Bene. Per quanto riguarda voi due, il vostro intervento è stato perfetto e proprio al momento giusto. Siete davvero sincronizzati. Inoltre, sono riuscito a rintracciare i vostri Leggendari..."
"Moltres e Zapdos sono qui?" sgranò gli occhi celesti il ragazzo, esterrefatto.
Per tutta risposta, il Leggendario emise un richiamo, una sorta di strano ululato acuto che riecheggiò nell'etere circostante. Dopo pochi istanti, I due grandi leggendari apparvero, posandosi con grazia sopra la nuvola. Fissarono i rispettivi Guardiani con curiosità e un po' di velato sospetto.
"Dunque... ci hai detto la verità" mormorò infine piano Moltres.
"Come vi avevo raccontato. Tutto è vero" assentì il serpente piumato.
Zapdos allora si avvicinò a Len, piegando la testa di lato.
"Piacere allora... mmh... suppongo" esordì esitando. Il Guardiano si limitò a ridere di cuore di fronte al'impacciata parlantina del Leggendario.
"Piacere mio" disse, appoggiando una mano nel piumaggio elettrico del Pokémon. Le piume gli procuravano leggere e solleticanti scosse che penetravano nell'epidermide stuzzicando le terminazioni nervose.
Anche Moltres si era lasciata avvicinare dalla sua cauta Guardiana, che studiava le fiamme che ricoprivano il corpo della Leggendaria. Allungò una mano verso di esse. Lei era la sua Guardiana, lei non poteva scottarsi... a rigor di logica.
In effetti, percepì solo un leggero prurito la sua pelle s'insinuava tra il fuoco che componeva le ali.
Le ricordò lei, da bambina, mentre si muoveva tra la lava eruttata dal vulcano dell'Isola Cannella. Non si bruciava, mentre la gente attorno a lei sì, moriva. Era grazie a Moltres che era salva? Era un merito o una colpa?
Yun scosse la testa, aveva deciso di abbandonare il suo passato per vivere quello strano presente. Scostò la mano dalle fiamme e i suoi occhi tornarono sereni e limpidi.
"Piacere di conoscerti" sorrise, allegra, specchiandosi negli occhi seri e posati della Leggendaria.
Shinseina aveva seguito la scena muta e composta, mentre scambiava informazioni con il Leggendario al suo fianco. Era una cosa naturale e spontanea, quasi non se ne accorgeva, se on fosse stato per il puro e semplice dettaglio che ora era a conoscenza di quello che avrebbero dovuto fare.
Così, stabilita la concentrazione da parte dei quattro, scambiò uno sguardo quasi di complicità alla creatura alla quale era collegata, che prese la parola.
“Sono riuscito ad instaurare un primo piccolo, se non infimo contatto con Ayumi. Qualcosa sta sollecitando le aure dei Leggendari, e con esse dei Guardiani. Normalmente, essendo segregato in una dimensione nettamente separata alla terra e al Paradiso Parallelo, questi impulsi non avrebbero dovuto in nessun modo aiutarmi, ma grazie al collegamento con Shinseina, che invece ne era soggetta, è riuscito a giungere fino alla Guardiana dei Venti Gelidi tramite una forma di telepatia. È riuscita a percepirmi durante il sonno e solo come presenza, non ha captato le mie parole, ma penso sia solo questione di tempo” spiegò pacatamente.
“Che cosa volete da Ayumi?” ringhiò Zapdos a bassa voce, sentendo nominare la Guardiana della sorella, Articuno.
“Proteggerla da qualcosa che si sta impossessando di lei. Momentaneamente, il processo è sottoposto a un potente sigillo, ma non si è arrestato. Quindi potrebbe rappresentare un problema, oltre che ferire la ragazza” rispose Shinseina.
“Ayumi è nei guai?” chiese Moltres, stupita. “È da un po’ che non la vedo, ma mi è sempre sembrata la stessa”.
“Ci sono cose che non sapete” ribatté il Leggendario dalle ali azzurre, senza aggiungere altro riguardo a quell’argomento. “Piuttosto, c’è ancora da fare. Pensavo che il vostro gruppo fosse al completo, ma ho deciso di aggiungere un piccolo aiuto un po’ più esperto. E, in un certo senso, particolare".
Nella mente dei presenti comparve un immagine. Era un ragazzo sui vent'anni, alto, slanciato, dal fisico atletico e asciutto. Aveva i capelli davvero corti, in alcuni punti parevano addirittura rasati, mentre nei punti dove erano più lunghi erano spettinati. Gli occhi grigio-azzurri esprimevano serietà ma non durezza; la prima impressione era quella di un ragazzo posato e mite.
“Lui è Sharda. È il Guardiano di Cobalion. Diciamo che è uno dei casi più particolari che io abbia mai osservato. Oltre che essere più grande rispetto agli altri Guardiani, cosa già di per sé curiosa, è uno dei pochi che non ha somiglianze visibili con il suo corrispondente, ma delle abilità innate date dall’aura di esso. Inoltre, ha già avuto contatti con il suo Leggendario. Anzi, non direi solo dei contatti, praticamente vive con lui” spiegò pazientemente il Leggendario di Shinseina.
“Perché dobbiamo andare da lui?” chiese Len, inclinando la testa da un lato, confuso.
“È un ragazzo con un grande senso del dovere, maturo per la sua età e con i piedi per terra. Dato il vostro caratterino, ci serve qualcuno che sappia prendere in mano una situazione e gestirla” spiegò Shinsè, squadrando con una nota d’ironia quasi impercettibile negli occhi.
Seo-Yun sbuffò, mentre Leonardo ridacchiò imbarazzato, cogliendo i riferimenti ai loro caratteri, un po’ peperino e testardo quello di lei, un po’ frivolo e fin troppo allegro quello di lui.
“Non prendetela sul personale, con questo non vogliamo togliere niente alle vostre notevoli capacità come Guardiani, che avete già dimostrato in più di un’occasione. Voglio solo essere più sicuro, e la presenza di Sharda non rappresenterà altro che un rinforzo” spiegò pacato il serpente alato, accertandosi che i due ragazzi avessero intuito appieno il senso delle sue intenzioni.
Ricevuta la conferma che cercava, si sentì libero di inviarli nella regione di Unima, nella speranza di aver calcolato bene i tempi con le iniziative di Arceus.

_Cava Pontenopoli_

L’ingresso della grotta era protetto da alcuni grossi tronchi d’albero e da un fiume che scorreva violento. Persino per alcuni Pokémon sarebbe stato impossibile attraversarlo.
“Come si fa?” domandò Yun, che in quanto compatibile con un tipo Fuoco come Moltres, non amava l’acqua con tutto il suo cuore, pur non disprezzandola totalmente.
Shinseina non rispose, avvicinandosi con lentezza alla riva del fiume scrutando attentamente l’entrata della Cava. Come Seo-Yun aveva già notato, Moltres e Zapdos non avrebbero mai potuto atterrare in quegli spazi così ridotti.
Con un sospiro,, la ragazza tese la mano con il palmo rivolto verso il fiume, facendola ondeggiare leggermente. Dopo poco, un Samurott emerse dalla superficie, scrutandoli con occhi diffidenti.
“Non temere, non siamo qui per minacciare voi Pokémon abitanti di questa zona. Dobbiamo trovare qualcuno che si trova qui. Puoi darci un passaggio, per cortesia?” mormorò la Guardiana dell’Estremo Confine, in tono rassicurante.
Il Pokémon la guardò con un bagliore contrariato nello sguardo fiero, infine cedette, lasciando che la ragazza per prima si accomodasse su di lui.
“Restate qui a controllare la zona” disse Shinseina a Moltres e Zapdos, che annuirono e si librarono in volo, per precauzione.
Quando anche gli altri due Guardiani furono stati traghettati, il gruppo s’insinuò nella caverna.
Era un luogo terribilmente buio, non si vedeva a un palmo dal naso. Yun accese diversi fuochi attorno a lei, disponendoli in un cerchio piuttosto ampio attorno a loro, così da far capire per lo meno il luogo dove si trovavano.
L’intera cavità risentiva dell’abbandono dell’uomo. I lavori per costruire dei percorsi erano iniziati, ma lasciati incompleti probabilmente a opera della furia di Cobalion, uno dei Leggendari più rancorosi e sospettosi nei confronti degli esseri umani. Grossi pezzi di roccia bloccavano il passaggio in diversi punti, le pareti erano franate, il terreno non manteneva un’altezza costante, ma continuava a procedere con continue salita e discese, massi improvvisi e profondi buchi.
Dovettero affidarsi un’altra volta alle abilità di Shinseina, che convinse, o meglio, chiese ad alcuni Pokémon della zona di spostare delle rocce per agevolare il passaggio.
Solo raramente incontravano la mano d’opera umana, trasformata in rozze scale intagliate nella roccia, rese scivolose dall’umidità che le aveva anche erose fino a farle diventare rotondeggianti e terribilmente scivolose.
Shinseina sorrise tra sé e sé nel notare con la coda dell’occhio come Len offrisse una mano a Seo-Yun per aiutarla a salire i gradini sdrucciolosi, munito di un grande e bel sorriso sul volto.
Un galantuomo.
Era curioso anche osservare come la ragazza accettasse l’aiuto del Guardiano senza battere ciglio, anche lei con un dolce sorriso, mentre, in condizioni normali, lo avrebbe cortesemente mandato a coltivare angurie.
Il piccolo sorriso della Guardiana dai capelli celesti si ampliò un poco. ‘Coltivare angurie’, quelle piccole perle di saggezza da parte della ragazza dai capelli rosso fuoco non le avrebbe dimenticate facilmente. Erano divertenti le frasi che diceva per evitare di imprecare in modo anche solo vagamente volgare.
Una signorina di classe.
Shinseina riusciva a vederlo, ma faceva finta di nulla. Quei due non andavano semplicemente d’accordo. Era qualcosa in più, un’unione più affiatata. Ma ognuno ha diritto alla propria privacy in fatto di pensieri ed emozioni, e Shinseina rispettava quel muto accordo con la sua stessa razionalità, bloccando il suo potere entro un certo limite.
Tuttavia, i sorrisi, le mani che si sfioravano e gli sguardi di qualche secondo di troppo davano lo stesso qualche indizio.
Persa nei suoi pensieri, La ragazza quasi non si accorse di essere arrivata di fronte alla persona che cercava. Erano arrivati nella Sala della Guida, il posto dove Cobalion si nascondeva agli occhi della gente.
E, a proteggere l’uscita, stava il Guardiano del Giudizio Ferreo, tale e quale a quello che avevano visto nelle visioni. Solo il volto erra cambiato. Era più serio, corrucciato e severo.
“Chi siete voi?” chiese con tranquillità, ma senza nascondere un’ombra di sospetto.
Seo-Yun e Len stavano in silenzio, dovevano lasciare che fosse Shinseina a parlare. E la ragazza stava in silenzio, in attesa. Doveva capire cosa stesse facendo agitare così tanto il ragazzo. Che avesse percepito in loro qualcosa di diverso, di più potente?
Tutto dipendeva da quanto fosse ben allenata la sua parte di aura leggendaria dentro di lui. E la Guardiana non se la sentiva ancora di lasciar fuoriuscire il suo potere per leggere Sharda.
“Tsk, dopotutto non è importante. Chiunque voi siate, la vostra presenza non è gradita, andatevene.”
Il tono era ancora calmo, ma non ammetteva repliche. Quanto sarebbe durata la sua pazienza?
Non era il caso di sfidarlo.
“Non siamo qui per caso. Ti stavamo cercando” replicò cauta la Guardiana.
“Stavate cercando me?” chiese Sharda stupito, sembrava essere stato colto alla sprovvista. Si fece però nuovamente imperscrutabile. “Non ci casco. Le persone vengono qua per due motivi: il caso o il Sigillo” ringhiò poi. La calma iniziale iniziava lentamente ad abbandonarlo.
“Cercare te o cercare Cobalion non fa una grande differenza. E tu lo sai bene quanto noi. Ti spiegheremo tutto, con calma, ma devi abbassare la guardia”.
I Guardiano continuava a scrutarli con i suoi occhi chiari. ‘Cobalion non si fida per nulla degli umani. Ciò che lui e i suoi fratelli hanno vissuto è stato abbastanza per convincerlo che l’ombra prevale sulla luce su questo pianeta. E il suo Guardiano non è da meno, ha ereditato da lui questa strana concezione’ rifletteva Shinseina.
Non distorta, ma strana. Anche nei pensieri, la ragazza dai capelli celesti era piuttosto attenta.
“Andatevene. Non so chi voi siate o perché sappiate dell’esistenza dei Guardiani. Ma io non vi lascerò mai passare, per nessun motivo” mormorò Il Guardiano del Giudizio Ferreo, impugnando un lungo bastone al quale si era appoggiato fino a quel momento.
“Cocciuto il tipo” sbuffò Yun, arrivata al suo limite di sopportazione. I suoi capelli se infiammarono di colpo e iniziarono ad agitarsi grazie alla Forma Guardiana, assunta per precauzione e per dimostrazione.
Tutto si era congelato, gli occhi chiari dei due Guardiani erano incollati e si studiavano, l’uno attento e l’altra palesemente annoiata.
“Fermi”
Una voce cupa e profonda spezzò la silenziosa tensione andatasi a creare.
I Guardiani di Zapdos e Moltres fecero scattare gli  occhi in direzione della voce autoritaria che aveva lanciato l’ordine, mentre Sharda e Shinseina non ne avevano bisogno.
“Cobalion” mormorò la ragazza, muovendo le pupille contornate dall’iride arancione nella direzione del Pokémon Leggendario con estreme lentezza.
“Mi sorprende di vedere proprio te, Guardiana dell’Estremo Confine. Mi domando cosa abbia fatto cambiare idea ad Arceus su di te e il tuo Leggendario” continuò Cobalion, avanzando nella sala e fermandosi accanto al suo Guardiano, che confuso faceva saettare il suo sguardo da una presenza all’altra.
“Non ci manda Arceus. E presto cambierà idea” rispose la Guardiana pacata.
Il Pokémon Metalcuore si abbandonò a uno sguardo dubbioso, mentre spostava la testa leggermente da un lato. “Ne sei così sicura?”
“Dovrà farlo. O le conseguenze potrebbero essere più gravi di quelle previste. Anche se non sono state previste e considerate”.
“Non credo di averci capito qualcosa” sbottò Sharda, rigirandosi il bastone tra le mani, perplesso.
“Può essere difficile da capire, ma fidati, lei è la Guardiana che tutto sa e tutto conosce” commentò Len sorridendo soave, come se tutto quello che stava succedendo non lo riguardasse.
Yun sbuffò e tirò gli occhi al cielo in un piccolo moto d’esasperazione nei confronti del compagno, che a prima vista non avrebbe saputo far male ad una mosca.
Il Guardiano più grande, passava lo sguardo a intermittenza verso tutti i Guardiani, nell’attesa di una qualche illuminazione divina.
Che tardava ad arrivare.
“Forse è il caso di illustrarvi qualcosa” disse finalmente Shinseina, avvicinandosi a Cobalion e il Relativo Guardiano. Appoggiò i polpastrelli dei pollici sulle loro fronti, il sinistro su quella del Leggendario e il destro su quella del ragazzo.
Tracciò due piccole croci e attesero che le loro menti elaborassero i dati che Shinsè stava passando loro.
Cobalion si sforzò per restare una maschera di ferro, riuscendoci perfettamente, nonostante le informazioni acquisite stessero scombussolando la sua mente.
Tutto lo smarrimento che stava provando era riflesso nel volto del suo Guardiano che non ci stava ufficialmente più capendo nulla.
“Che cosa significa tutto questo? Io... pensavo...” borbottò, passandosi una mano tra i corti capelli della nuca.
“Ciò che credevamo era sbagliato, a quanto pare. Ci siamo sbagliati tutti su di voi, Guardiana dell’Estremo Confine” esordì con solennità il capo dei Sacri Spadaccini.
“Shinseina, o Shinsè” lo corresse lei, facendo poi un cenno agli altri due Guardiani, l’uno che osservava perso la grotta e l’altra che, ripresa la sua forma normale, si stava fissando le unghie.
“Kim Seo-Yun” si presentò secca, ma sorridente, alzando gli occhi turchesi.
“Leonardo Rayes, o Len” fece eco quell’altro, ancora perso tra le nuvole.
“Sharda Harlaown, piacere” disse il maggiore, chinando il capo e sorridendo leggermente.
“Ora che sapete come stanno le cose, è meglio che iniziamo a lavorare sulle vostre aure e sui vostri poteri. Non sarà facile convincere Arceus. Ma, in ogni caso, dobbiamo dare man forte angli altri Guardiani, il rischio che stiamo correndo è enorme e servirà tutto l’aiuto possibile. Il mio Leggendario si sta mettendo in contatto con la Guardiana veterana, Ayumi, a cui darà indicazioni per altri Guardiani. Successivamente...”
Shinseina si bloccò improvvisamente, attenta.
“Cresselia è qui. Su ordine di Arceus... dobbiamo andarcene” disse, seria.
“Se mi allontano, il sigillo che protegge i miei fratelli si spezzerà. Non posso...” obiettò Cobalion.
“Cresselia lo noterà e agirà di conseguenza. Arceus sta riunendo i Leggendari nel Paradiso Parallelo per poi sigillare la dimensione”. Shinsè acquisiva le informazioni ad una velocità stratosferica, suscitando incredulità, stupore e confusione.
“Va bene. Andiamo” acconsentì il Leggendario.

L’unica cosa che Cresselia riuscì ad intravedere una vota arrivata, fu una grande luce, che si dissolse. Subito dopo, quasi in contemporanea, il grande sigillo di Cobalion si ruppe.
“Il sigillo... Virizion, Terrakion e Keldeo sono senza difese!” pensò la Leggendaria, esterrefatta dal comportamento del leader del gruppo di Leggendari.
Si riscosse.
“Devo sbrigarmi”.

"Se davvero le cose stanno così, non avevamo davvero idea della complessità della situazione. Spero solo che tuto si risolva, o altrimenti, le stragi saranno inevitabili."
 


Angolino nascosto nell’ombra
Avete il permesso di uccidermi seduta stante.
Sono in colossale ritardo. Più o meno.
Vi chiedo scusa in qualunque modo! Scusa, Gomen, mian haeyo, tut mir leid, sorry, sorry, sorry, nekka, nekka, nekka...!
Ok. Davvero, scusatemi, ma gli spettacoli di danza non perdonano. Ieri ho saputo che ne devo preparare uno nuovo per sabato. Con quattro coreografie nuove. Già.
Comprendetemi.
Inoltre è la fine della scuola, a meno che voi non abbiate gli esami. In quel caso, sorratemi di nuovo.
A tutti gli altri, buone ferie. E buona anguria, che personalmente non vedo l’ora di mangiare.
L’estate non mi è permesso toccare troppo il computer, ma conto di riuscire a pubblicare almeno 4 capitoli. È poco, lo so, ma mia madre è irremovibile. Farò quello che posso.
Bene. Il 22 esce una nuova storia. Credo. Se non cambio idea.
Ciao ciao!

Aura_

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 - Rimpatriata ***


Capitolo 21 – Rimpatriata

_Paradiso Parallelo_

Ormai era chiaro che di tranquillità, non se ne poteva più parlare.
Articuno era stata la prima a rientrare, ferita ma, come aveva detto lei, ‘in modo meno grave di quello che pensavo’. Nel suo racconto aveva parlato di come avesse trovato Mewtwo senza controllo, in balia di una potenza troppo grande da gestire e da come si fosse ritrovata costretta ad attaccarlo per riuscire a liberare un po’ di quel potere in eccesso.
Purtroppo, come lei di certo sapeva, il clone era decisamente più forte e possedeva capacità nettamente superiori, specie in quelle condizioni. Grazie al cielo, davanti ai suoi occhi si era improvvisamente materializzato Mew, che a quanto pare aveva scelto di stare vicino al suo doppio, cosicché si potessero controllare a vicenda.
Anche Mew aveva fatto ritorno al Paradiso Parallelo, e la prima cosa che aveva fatto era stata andare a conoscere i Guardiani, trovandosi in affinità con Fujiko, abbastanza prevedibile conoscendo l’amicizia che legava la piccola palla di pelo rosa e Jirachi, e Pure.
Subito dopo, avevano iniziato a comparire alcuni Pokémon Leggendari da soli, probabilmente avvertiti e non accompagnati perché autonomi, come Uxie, Mesprit e Azelf. Altri, invece, ebbero la possibilità di raggiungere la dimensione solo tramite dei passaggi creati da altri. Fu il caso di Virizion, che arrivò nel Paradiso Parallelo poco prima di Terrakion e Keldeo.
“È un guaio Arceus!” esclamò la Leggendaria di tipo erba, con un tono colmo d’angoscia, che stonava con la sua classica pacatezza.
“Che è successo?” domandò Dialga, osservando attentamente il gruppo, composto dai tre Leggendari sopracitati più Cresselia, che li aveva accompagnati fino a lì. Fu proprio quest’ultima a parlare, per poi sparire per andare ad occuparsi del trio dei Kami.
“Cobalion è scomparso. Ero andata a cercarlo, ma lui non c’era e il sigillo che proteggeva loro tre era stato spezzato”.
“Dialga, di a Palkia di occuparsene, anche se temo che non riusciremo a trovarlo” sospirò il Pokemon Primevo.
“Come Zapdos e Moltres?” chiese Fujiko, mentre accarezzava distrattamente Mew dietro alla testa.
“Esattamente”.
Prima che il discorso potesse proseguire, Suicune fece la sua apparizione, esibendo un cipiglio decisamente preoccupato.
“Amarantopoli... le nuvole... la Torre Campana” boccheggiò allarmato, mentre Pure gli andava accanto, felice di rivederlo tutto intero, come canticchiò lei.
“Non c’ho capito niente” sbuffò Fujiko, inclinando la testa da un lato. “Respira, Suicune, prendi fiato e racconta” consigliò poi.
Il Leggendario rimase immobile per qualche secondo, prendendo dei profondi respiri.
“Ho corso per gran parte di Johto per cercare i miei fratelli, Raikou ed Entei, senza trovarli. Prima di contattare qualcuno telepaticamente, però, ho pensato di andare a controllare la Torre Bruciata, per cercare anche solo un segno del loro passaggio. Ma quando sono arrivato nei pressi della città, è successo qualcosa di molto strano” disse semplicemente.
“La Torre Campana” rifletté ad alta voce Articuno. “Può solo essere Ho-Oh” mormorò.
“Però è strano. Ho-Oh è sempre stato molto controllato, tanto che può decidere se fare del male o meno con il suo fuoco che ha la doppia proprietà aggressiva e curativa. Mi sembra strano che abbia perso il controllo tanto da colorare il cielo con delle nuvole cremisi che formano un vortice attorno a lui!” sbottò Suicune, ricevendo come risposta un’occhiata interrogativa da parte dei presenti.
“Questa situazione sta cambiando molte cose, Suicune. Ora cerca solo di calmarti” gli consigliò Articuno, mentre scuoteva la lunga coda.
“Tu hai una qualche spiegazione Palkia?” domandò Arceus alla Leggendaria che stette in riflessione per alcuni secondi, come se stesse soppesando le sue stesse parole.
“Una sola” borbottò infine, posando poi il suo sguardo su Ayumi, Fujiko, Pure e Kurai. “I leggendari con il Guardiano impazziscono meno velocemente rispetto agli altri. Ma Ho-Oh ha un Guardiano, effettivamente, quindi la sua anima divisa dovrebbe essere più facile da gestire. Ma non è così. Quindi, l’unica spiegazione plausibile è che...”
“...il Guardiano dell’Arcobaleno sia nelle immediate vicinanze” completò Articuno, sgranando gli occhi rossi.
Ayumi rifletté qualche secondo su quelle parole, prima che la sua mente rievocasse di colpo immagini che aveva già visto. Macerie, la gente che piangeva, le persone che estraevano cadaveri e feriti dagli edifici crollati. E, in mezzo a tutto quello, due occhi marrone rossiccio, che la scrutavano quasi a volerla giudicare. Quello sguardo, anche attraverso un ricordo, le suscitava una strana sensazione.
Ebbe appena il tempo di capire il significato di ciò che aveva appena visto, prima di tornare sulla terra, sbattendo le palpebre. Non le era mai successa una cosa simile. Era come se qualcuno le avesse dato un’indicazione. Quello non era un ricordo, quella era una visione. L’albina osservò attentamente tutti i volti presenti, ma nessuno sembrava essersi accorto di ciò che era appena successo, né di esserne apparentemente collegato.
“Dobbiamo andare ad Amarantopoli” disse allora, seria. “Penso di sapere chi stiamo cercando”.

_Amarantopoli_

Reinhold non era mai stato un amante dell’avventura e del mistero. Anzi, a lui piacevano i libri, il silenzio e la tranquillità.
Purtroppo, nell’ultimo periodo, quella era venuta drasticamente a mancare, a cominciare dalle misteriose esplosioni e dagli incendi appiccati da un gruppo di folli, come avevano detto al telegiornale della regione.
Per fortuna, nessuno della sua famiglia era stato coinvolto, ma la loro abitazione era crollata e aveva preso fuoco.
Erano stati costretti così ad abbandonare la città e a rifugiarsi dai nonni materni del ragazzo, a Mogania, un paesino piccolo e silenzioso, un po’ freddo, aveva dovuto farci l’abitudine.
Tuttavia, pur essendo un ragazzo amante della calma, era pur sempre un normale adolescente di quasi diciassette anni, aveva degli amici che erano rimasti in città.
Mogania non era poi così lontana, era una distanza che con il suo Noctowl percorreva in un lasso di tempo piuttosto breve. Atterrava davanti alla Torre Campana, vicino a quella strana fontana, e da lì con la sua compagnia andava gironzolando nei dintorni della città, talvolta solo per chiacchierare, altre volte per allenarsi e lottare tra di loro.
Reinhold, o meglio, Rein, non se la cavava male, il suo Noctowl era forte e anche la sua Flaafy riusciva a farsi valere. Il suo sogno segreto era di riuscire a girare autonomamente tutta Johto e magari diventarne il Campione. Tuttavia, quest’ultima cosa non era affatto un suo chiodo fisso, non era ambizioso al punto di farla diventare un’ossessione.
Rein appariva in tutto e per tutto un ragazzo ordinario. Alto, dalla corporatura snella e con il volto angelico, incorniciato dai morbidi riccioli biondi. Molto particolari erano invece i suoi occhi, di quello strano marrone quasi rosso, così espressivo. Ma oltre alle sue iridi un po’ stravaganti, nulla in lui era sbagliato o strano.
Ma il ragazzo aveva un segreto. Quando era piccolo, la sua casa aveva preso fuoco. I suoi genitori avevano dato la colpa a una stufetta, per loro mal funzionante. E invece, era stato il piccolo Reinhold di dieci anni prima ad appiccare l’incendio con delle piccole farfalle infuocate che aveva creato sul palmo della sua mano.
Rein odiava la sua abilità. Era pericolosa, era strana, era sbagliata. Rischiava di fare del male a qualcuno e lui non voleva. Ma quella sua stessa abilità lo aveva salvato dall’incendio di circa un mese prima. Il fuoco non poteva ferirlo, né prima né dopo. E anche questo, Rein lo trovava ingiusto.
L’unico che sapeva di questa sua stranezza era suo nonno. Lui era uno dei vecchi custodi della Torre Campana, e aveva riconosciuto qualcosa di particolare nel ragazzo. Qualcosa di assolutamente straordinario e che andava protetto.
Fino al momento opportuno.
E quale momento più opportuno di quello? Non capita tutti i giorni che il cielo si colorasse di cremisi non appena messo piede nella tua città natale, mentre tre sconosciute provano a spiegarti alcune cose davvero assurde.

‘Amarantopoli... di nuovo Amarantopoli’ pensava Ayumi mentre arrivavano in città. Si erano sorpresi tutti quando aveva detto di conoscere il Guardiano dell’Arcobaleno, anche se si erano accontentati della spiegazione della ‘strana sensazione’.
Tuttavia, all’albina non era sfuggita l’occhiata di Arceus, tutto tranne che benevola. Non poteva permettersi passi falsi, quello lo sapeva bene, ma la situazione si stava complicando in modo esponenziale.
Aveva evitato di raccontare come fosse venuta a conoscenza dell’esistenza del ragazzo dai riccioli biondi, anche solo per nascondere a Fujiko lo strazio della madre in seguito alla scoperta della sua apparente morte. Tuttavia, la ragazza era viva e vegeta, e sua madre pure.
Il rischio era alto, ma Ayumi ormai poteva dire di conoscere bene la bionda e nulla le avrebbe impedito di tornare ad Amarantopoli.
Gli occhi un tempo verdi, che col tempo avevano preso una notevole sfumatura azzurra, della Guardiana, osservavano l’ambiente circostante con attenzione. Si capiva ciò che stava provando. Nostalgia, rabbia, tristezza, rassegnazione, consapevolezza e altro ancora. Però, per fortuna, lo sguardo rimaneva acceso e brillante.
Anche Pure si guardava in giro, il volto serio e scuro, mentre la memoria le faceva vedere nuovamente Mistralopoli distrutta e la madre che si sacrificava. E faceva male, terribilmente male.
“Ehi” la chiamò la Guardiana dei Desideri. “Tutto a posto?”
“Mmh. Circa” borbottò l’altra, sistemandosi i lunghi capelli acquamarina. Poi tornò a sorridere. “Tu vivevi qui?”
“Sì. Però la città, come vedi, è stata distrutta in seguito a un attacco. Proprio il giorno in cui Ayumi mi aveva trovata” raccontò la bionda.
“Che strano. La situazione è davvero simile alla mia”
“Vero. Tra l’altro, chissà come facevano a trovarci” disse Fujiko, indirizzando uno sguardo interrogativo alla Guardiana silente, che stava però seguendo il discorso.
“Me lo sono chiesto anche io. Penso che sia per il teletrasporto. Avranno delle spie, forse delle Ombre, è probabile, sono molto sensibili alle aure e difficili da individuare. Probabilmente centra quell’Immortale che abbiamo affrontato nelle Rovine del Canale” spiegò Ayumi, continuando a far vagare lo sguardo attento.
Gli abitanti avevano iniziato a ricostruire la città, con l’aiuto dei Pokémon, soprattutto i forti tipi Lotta. La gente si dava una mano l’un l’altra, mettendo a disposizione materiali e capacità per aiutare chi aveva perso qualcosa e chi invece non aveva più nulla.
Poteva essere tutto perfetto, ma quel cielo sanguineo vorticante che aveva come fulcro la torre campana non suscitava altro che angoscia, di cui l’aria era colma.
“Dobbiamo sbrigarci” decretò l’albina guardandosi attorno. Erano nei pressi della Torre Bruciata, che miracolosamente non aveva ricevuto danni. Non erano quindi distanti dall’altra torre.
Per questo motivo, non fu difficile individuare il ragazzo che stavano cercando, dall’altra parte dell’ampio e lungo spiazzo che collegava le due torri.
Gli occhi rossastri erano puntati sul cielo della medesima sfumatura, il volto contratto in una smorfia di stupore e paura. Si era cautamente avvicinato fino all’entrata del sentiero Din Don, e lì si era bloccato.
Le tre ragazze gli si avvicinarono silenziosamente, pur guardando in direzioni diverse. Ayumi fissava lo stesso punto del ragazzo, Pure lasciava vagare lo sguardo in giro e Fujiko studiava il suo concittadino. Non ricordava di averlo mai visto.
“Che starà succedendo...?”
La voce del ragazzo riscosse la bionda, che si era persa nei meandri della sua mente.
“Tu non lo sai?” rispose Ayumi, continuando a tenere lo sguardo alto e imperscrutabile anche quando l’altro la fissò scioccato, non si sa se per la domanda in sé o per l’apparizione improvvisa delle tre.
“Come posso saperlo?” sbottò, stupito dalla domanda.
“Noi lo sappiamo... aggiungerei un purtroppo, ma certe cose è meglio conoscerle. È più sicuro” spiegò Fujiko, incrociando i suoi occhi verde mare con quelli marrone rossiccio del ragazzo.
“Che cosa...” iniziò lui, venendo bruscamente interrotto da Ayumi.
“Una serie di eventi, che coinvolgono anche te. Da questo momento in poi, sei in pericolo” disse, voltandosi a guardarlo.
“Io mi ricordo di te!” esclamò Rein, incrociando le iridi lilla della ragazza. “Tu... sei venuta qui ad Amarantopoli un paio di giorni dopo la sua distruzione!”
Ayumi annuì.
“È la terza volta che vengo qui. E oggi, la motivazione è sotto gli occhi di tutti. E tu ne sei dentro fino al collo” mormorò.
“In poche parole, sei un Guardiano” intervenne Pure, che si era messa giocare con l’acqua della fontana, creando con le mani dei piccoli spruzzi, suscitando l’incredulità in Rein.
“Come... cosa...” balbettò.
“Sono una Guardiana, come te” rispose la ragazza ridendo, come se fosse una cosa assolutamente normale.
Rein si ritrovò a fissare una per una quelle tre ragazze. Loro sapevano dei suoi poteri e ne avevano a loro volta. Erano pericolose, come lui. Che volevano? Cosa intendevano che era collegato a ciò che stava succedendo alla sua città?
Si ritrovò a indietreggiare leggermente per poi scappare, il più lontano possibile da loro.
“Aspetta!” sentì la voce di una di quelle e i loro passi frettolosi mentre lo seguivano.
“Dove corri di bello?” mormorò una voce al suo orecchio. Di certo non si aspettava di ritrovare la ragazza con i capelli acquamarina e il potere dell’acqua accanto, che teneva il suo passo come se nulla fosse, sorridendo divertita.
Neanche il tempo di realizzarlo che questa inchiodò afferrandolo per un polso, facendolo quindi fermare di scatto slogandogli quasi una spalla, cosicché anche le altre due, quella bionda e quella con i capelli bianchi potessero raggiungerli.
“Accidenti, quanto corri” borbottò la prima, sistemandosi i lunghi capelli lisci dietro alle spalle.
“Lasciatemi andare! Io non ho niente a che fare con voi!” sbottò il ragazzo, più spaventato che arrabbiato.
“Io non credo. Mentre tutta la città è nel panico e se ne sta barricata in casa, tu ti sei avvicinato alla torre come se ne fossi attratto” affermò sicura Ayumi.
“E con ciò? Ero solo curioso, tutto qui” ribatté balbettante il ragazzo.
“Per favore... non abbiamo tempo da perdere. Si vede chiaramente che stai mentendo”.
Reinhold sospirò, mentre si passava una mano nei capelli ricci.
“E va bene. Anche io ho qualche abilità strana. Guardate” disse, accendendo una fiammella sul palmo della mano. “Era questo ciò che volevate sapere?”
“Sì. Io mi chiamo Fujiko, comunque. E quello – indicò con un cenno il fuoco – è il tuo potere. A quanto pare tu sei il Guardiano dell’Arcobaleno, di Ho-Oh. È lui che sta scatenando tutto questo perché percepisce la tua vicinanza” iniziò a spiegare la ragazza.
“Ho-Oh? Che cosa ho io in comune con lui?” domandò il ragazzo sgranando le iridi rossastre.
“Ne condividi l’anima. Metà del tuo spirito e in Ho-Oh  metà di quello del Leggendario è in te. Questo ti conferisce le abilità che hai. Io, comunque, mi chiamo Ayumi. Sono la Guardiana dei Venti Gelidi, di Articuno.  Fujiko è la Guardiana dei Desideri, ossia di Jirachi. Invece lei è Pure ed è collegata con Suicune, è la Guardiana dell’Acqua Pura” concluse l’albina.
“Quello che dite non ha senso!” sbottò il ragazzo,  indietreggiando. “Io sono una persona comune!”
“Tutti i Guardiani sono persone comuni. Hanno solo avuto sfortuna... tutto qua. Quando la città è stata distrutta è stato il giorno in cui ho scoperto di essere una Guardiana. È stato difficile, lo è ancora ma... è una cosa che solo noi possiamo affrontare” decretò decisa, ma rassicurante la bionda.
“Non credere di essere l’unico che ne ha sofferto, soffre o ne soffrirà in seguito” concluse Pure, seria.
Rein continuava a far saettare lo sguardo da una all’altra.
“Anche se non voglio... dovrò venire con voi lo stesso, vero?” sussurrò, non nascondendo più la sua paura.
“Temo di sì. Purtroppo nemmeno noi abbiamo scelta” sospirò Ayumi, ben conscia che quel ‘noi’ era piuttosto sbagliato. ‘In realtà io non ho scelta. Semplicemente, è una cosa egoistica da parte mia condannarvi a tutto questo’ pensava l’albina, sentendosi in colpa.
“Cosa penserà mia madre quando non mi vedrà tornare?” chiese Rein.
“Probabilmente crederà che tu sei morto. O scomparso. In ogni caso, non avrà più notizie di te. Come è successo con me” rispose Fujiko con una limpidità assoluta, tanto che spiazzò il ragazzo. “È per difenderli” aggiunse subito.
Un urlo troncò sul nascere qualsiasi frase il ragazzo stesse per pronunciare, e un’onda calda si propagò per l’intera città.
“Ho-Oh sta impazzendo. Dobbiamo muoverci o saranno guai” disse Ayumi, fissando le sue iridi lilla in quelle del ragazzo.
“Non ti preoccupare, comunque. Se ti fa a fuoco qualcosa io sono un idrante portatile” sorrise allegra Pure, dandogli una pacca fin troppo amichevole sulla spalla.
“Non sei da solo” concluse Fujiko prendendogli una mano e sorridendogli.
Rein annuì e fece per seguire le tre ragazze verso la Torre Campana, quando una voce alle loro spalle bloccò tutti loro sul posto.
“F-Fujiko?”
Al rallentatore, tutti si girarono.
“Tesoro, sei davvero tu?” disse la donna dagli occhi verdi.
“Mamma?!”

“Perché tutto questo deve capitare a me? Io non voglio, vorrei che questo fuoco sparisse, vorrei liberarmene. Il fatto che io non possa più scegliere che cosa posso fare della mia vita mi irrita e tutto questo ignoto mi spaventa. Perché tutto questo?”


Angolino nascosto nell’ombra
Ebbene sì, sono tornata ahahahaha con questo schifo. Non mi piace per niente.
Prima del previsto pure. Anche se hanno già iniziato a minacciarmi di morte e torture varie medievali se ho, e cito testualmente, ‘intenzione di passare tutta l’estate davanti a quell’affare’.
No, non era mi intenzione, in realtà, ma non voglio metter l’ansia a voi (Ink parlo con te, dato che abbiamo l’abitudine di lasciarci ‘un pochino col fiato sospeso’ :P) e l’astinenza a me.
Volevo solo fare una piccola precisazione: il titolo del capitolo si riferisce a Fujiko che torna ad Amarantopoli, e un beneamato nulla con tutto il resto. EVVAI.
Bene. Innanzitutto volevo ringraziare tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite, seguite, ricordate e che recensisce nonostante io sia poco costante con gli aggiornamenti e faccia tanti errori (che correggerò coffcoff forse coffcoff). Davvero, mi inquino a vostri piedi (cit. Pumba).
Inoltre, volevo ringraziare tutti coloro che mi hanno prestato i loro personaggi. Quindi:
Green Chan – Fujiko
Shadow Wolf – L’idea iniziale del personaggio di Pure
Levyan – Kurai
_Lolli910 – Seo-Yun (anche se l’abbiamo creata assieme, ma dettagli :P)(E anche se non leggi in questa sezione, dettagli pt.2)
Spartaco – Sharda
Ink Voice alias PollaH e illustrissima/illustratissima collega – Reinhold
Bene. Quando arriveranno gli altri personaggi, ringrazierò chi di dovere.
Alla prossima!

Aura_

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 - Segreto Svelato ***


Capitolo 22 – Segreti svelati

 
_Amarantopoli_
 
La mente di Fujiko si era come bloccata, congelata. Questo per lo shock e l’assente volontà di elaborare le informazioni.
Di certo era felice di vedere la madre sana e salva, al massimo un po’ sciupata, però capiva che era sbagliato. Non sarebbe dovuto accadere.
Subito, iniziò a elaborare delle risposte che indulgessero il genitore a desistere. Poteva distorcere la realtà di quella donna, scomparire davanti ai suoi occhi e fare in modo che pensasse che la mente le avesse giocato un brutto scherzo, cancellarle la memoria o semplicemente mentire, fingendo di essere una ragazza spaventosamente simile alla figlia. Effettivamente, gli occhi non erano più dello stesso verde di quelli della madre.
Tuttavia, anche tutto quello era sbagliato. Non poteva fare una cosa simile. Non inteso a livello di capacità quanto di rifiuto personale.
Azzardò uno sguardo verso Pure, Rein e Ayumi. La prima era distratta e sorrideva cortese alla donna, senza capire la situazione quasi drammatica; il ragazzo era spiazzato, non si sa bene se per il quadro generale completamente assurdo o perché effettivamente aveva compreso appieno la situazione; Ayumi appariva sorpresa e fu l’unica a ricambiare il suo sguardo.
- Va tutto bene, Fujiko. Agisci come ti sembra più giusto – le comunico telepaticamente. Dopotutto non poteva negarglielo, era un suo diritto chiarire la situazione, ora che non poteva più evitarla. Poteva decidere se mentire oppure no.
Fujiko aveva tre diverse opzioni, nessuna delle quali era totalmente giusta e totalmente sbagliata. Poteva agire sulla sua mente, mentire e, con ogni probabilità, spezzarle il cuore oppure raccontarle la verità, interamente oppure no.
Il silenzio non era un’opzione che si potevano permettere di contemplare, perché rappresentava il punto finale della strada prima delle diramazioni, prima della scelta. E Fujiko pareva bloccata in quel punto, come incastrata nel cemento.
“Mamma” disse fine con tono rassegnato, abbassando gli occhi. Se non sai scegliere, escludi. Così aveva ragionato la bionda. Aveva escluso il primo approccia alla menzogna e alla finzione, inoltre non sembrava ancora intenzionata a distorcere la mante della donna.
“Fujiko, tesoro...” sussurrò ancora la donna. Ayumi vide che in quegli occhi si riaccendeva una luce. Gioia, speranza. L’albina si sentì in colpa già dal momento, poiché sapeva che avrebbero dovuto velocemente soffocare quella scintilla luminosa, prima che diventasse troppo abbagliante.
Illusione.
Quella sarebbe stata la cosa più crudele. Illuderla che la figlia fosse fuori pericolo, che si era assentata per un breve lasso di tempo. No, Fujiko non era libera.
Non ancora, come minimo. Mai lo sarà, il massimo del pessimismo.
“Dove sei stata?” chiese la donna, mentre stringeva stretta tra le braccia la figlia, la quale stava rigida come un palo a fissare un punto vacuo al di là della spalla della signora Ayane.
- Cosa le dico? Cosa posso dirle? Non capirebbe la verità – disse Fujiko allarmata agli altri, facendo prendere uno schioppone al povero Rein che non era abituato alle discussioni telepatiche. Ayumi lo escluse dal flusso.
- Perché non dovrebbe capire? – chiese subito dopo.
- Perché lei è... è una persona... comune – rispose esitante Fujiko.
- Apelle figlio di Apollo, fece una palla di pelle di pollo... – Ayumi escluse anche Pure dal flusso di pensieri, e la ragazza non sembrò farci caso.
- Io non posso aiutarti. Non la conosco. Posso solo... appoggiarti e assecondare le tue scelte, correggendole e semplificandole, se necessario – rispose poi alla bionda.
Nel frattempo, la donna aveva sciolto l’abbraccio e osservava la figlia.
“Sei cambiata” le disse. Un brivido percorse la schiena di Fujiko. Già, lei era cambiata, era diversa. Lo era sempre stata e lo aveva sempre saputo. Lo aveva ignorato, lo aveva sempre fatto fino a circa un mese prima. Quanto poco bastava per cambiare completamente una persona?
“Lo so” disse, piantando i suoi occhi in quelli del genitore. Lo sguardo, simbolo di quel cambiamento, l’elemento più visibile. In secondo luogo il carattere. E poi, ancora più a fondo, il terzo livello, quello irrivelabile.
Fujiko sospirò, passandosi una mano tra i capelli e allontanandosi dalla madre.
“Devo andare mamma” disse solamente. Ayumi si rese conto di essersi sbagliata. Le diramazioni erano più di tre. In quel caso, stava optando per una fusione tra la seconda e la terza. Le spezzava il cuore con la verità
- In questo modo, forse, non vorrà più cercarmi e le verrà più facile scordarsi di me –. La frase della bionda confermò i sospetti dell’albina, che ne percepì l’infinita tristezza. Abbassò il capo, per farle capire che le sembrava una soluzione sensata e che poteva proseguire.
Una soluzione crudelmente sensata.
“Come sarebbe, ‘devi andare’?” chiese la signora Ayane, con un tono infastidito, quasi arrabbiato. La ragazza non rispose, si limitò a fissarla con sguardo serio. Questo fece scoppiare l’ira nell’adulta. “Tu non vai da nessuna parte, signorina! Io sono tua madre e tu devi ubbidirmi!” la sgridò, alzando la voce.
‘La rabbia spesso viene fraintesa. È un sentimento spesso nato dalla trasformazione della tristezza o della preoccupazione’ rifletté Ayumi, osservando la scena. Non ricordava chi le avesse detto quelle parole.
“Io non devo darti ascolto. Io non posso più darti ascolto. Quella che vedi davanti a te non è pienamente tua figlia da un sacco di tempo!” ribatté secca Fujiko, facendo sobbalzare i presenti. A parte Pure, che si stava facendo allegramente gli affari suoi.
Rein seguiva attentamente il discorso, cercando di estrapolare da esso ogni singola goccia del succo. Qualunque cosa che potesse placare la sua sete causata dall’esigenza del conosce e curare il bruciore della paura.
“Ho finto di essere ancora pienamente tua figlia fino a che non ho saputo io stessa la verità. Adesso che la so, non posso più fingere, ho altre priorità. Anche se è pericoloso, anche se ho paura, anche se vorrei abbracciarti e restare con te, io non posso! Quello che custodisco dentro di me attira disgrazie ed è troppo prezioso perché io me ne lavi le mani. Molte... vite... persone e altre creature, contano su di me. Io non sono quella che pensavo di essere... ci ho messo un po’ a capirlo ma... ora è così naturale pensare che io non sono del tutto umana... io non devo darti ascolto, non posso neanche chiamarti ‘mamma’ con tutta sicurezza perché... queste cose... valgono solo per la metà di me, quella parte debole che più di una volta mi ha fatto inciampare. Quella parte la devo sopprimere, soprattutto quando sono qui fuori”.
Fujiko prese fiato e alzò la testa al cielo, le palpebre chiuse che lasciavano fuoriuscire due lacrime gemelle, le quali scendevano lente accarezzandole il viso come a consolarla. La serietà e la velata disperazione delle sue parole colpirono profondamente Ayumi e la signora Ayane, che pur non potendo comprendere la situazione, era rimasta stupita di fronte a ciò che la ragazza, o meglio, la Guardiana era diventata.
Lei non era cambiata. Lei si era semplicemente scoperta per chi era in realtà.
“Se tu non sei mia figlia... o almeno non lo sei per metà... chi sei?”. Il silenzio seguì quella domanda. “Ho il diritto di saperlo” sussurrò allora, stringendo i pugni e tentando di congelare le lacrime che minacciavano di cadere e di non arrestarsi.
“Io... per metà sono Fujiko. Per metà sono Jirachi, un Pokémon Leggendario. Quello che sono... beh, quelli come me vengono chiamati Guardiani. Per cui, lascia che mi presenti a dovere, mamma di una parte di me. Io sono la Guardiana dei Desideri” scandì piano la bionda, quasi con solennità
Stupore, meraviglia, malinconia, disagio, arrendevolezza. Questo esprimeva la madre di Fujiko.
“Anche loro?” chiese, la voce spezzata. Ayumi si prese la libertà di annuire e inserirsi nel discorso.
“Noi ci conosciamo già, signora. Io sono la Guardiana dei Venti Gelidi, Ayumi, Articuno. Vorrei dirle solo poche parole, se mi permette”. La donna annuì, e l’albina continuò. “Quello che sua... figlia... le ha appena rivelato è un segreto che in pochissimi sanno. E un segreto va custodito nel più profondo angolo dell’anima delle persone. Se lei lo racconterà ci metterà in pericolo, metterà in pericolo sua figlia, la sua vera figlia, che rischierà di scomparire”.
La donna sussultò, singhiozzando. “Manterrò il segreto” sussurrò con tono quasi inudibile.
“Bene. Un’altra cosa, ossia quella che ho tentato, nel mio imposto silenzio, di comunicarle quel giorno”. La donna fissò con evidente disperazione gli occhi serissimi di Ayumi, illuminati di un fervore mai visto. “Le assicuro, glielo giuro sulla mia assurda esistenza, che io farò di tutto perché sua figlia si salvi e torni da lei. Anche a costo di prendermi una freccia nel cuore al posto suo, io la proteggerò”.
Un altro urlo di Ho-Oh fece eco alle sue parole.
Fujiko aveva sgranato gli occhi, ma non trovò le parole adatte per esprimersi alla ragazza. Rein aveva levato uno sguardo alla Torre, preoccupato ma consapevole che, chiunque quelle tre ragazze fossero, non lo avrebbero abbandonato. Pure aveva percepito il discorso da lontano, pur non riuscendo a concentrarsi totalmente su esso, e ne era rimasta colpita, sempre a modo suo.
Ayumi si voltò verso gli altri Guardiani.
“Dobbiamo andare” disse semplicemente e gli altri annuirono. Lasciarono il cunicolo e la madre di Fujiko alle loro spalle. La ragazza sfiorò unicamente una mano alla donna, prima di seguirle.
“Non ho saputo salutarla... non conoscevo le parole adatte...” confidò all’albina a mezza voce, il senso di colpa che le stringeva il fegato in una morsa dolorosa.
“So che è difficile, ma hai fatto bene, non sai nemmeno tu come andrà a finire e hai avuto il buonsenso di non illuderla in alcun senso”. Boccheggiò poi appena, come se volesse aggiungere altro ma le parole fossero improvvisamente venute meno. “Sono rimasta molto colpita da quello che hai detto, comunque” sospirò infine.
“Quello che ho detto? Di cose ne ho dette tante” ribatté pacata Fujiko.
“La parte ‘io non sono tua figlia da molto tempo’, tutto quel discorso lì. Mi ha colpito, non l’avevo mai pensata in quel modo”.
“...E?”
“...E hai pienamente ragione. E capisco il tuo stato d’animo... credo. E... grazie per avermelo fatto capire” rispose infine esitante l’albina, lasciando poi spazio al silenzio.
“Non possiamo entrare normalmente nella Torre Campana, ricordi?” disse poi a voce alta Fujiko, con energia, come se tutta la situazione iniziale non fosse mai esistita. L’albina resse il gioco, annuendo.
“Per questo posso aiutarvi io... mio nonno era un Custode della Torre. Mi riconosceranno...” balbettò a disagio Rein.
“Benissimo allora. In caso contrario faremo come l’altra volta” decretò Ayumi, aumentando il passo a un ennesimo strillo da parte del Pokémon Leggendario.
“Speriamo di non perderci come l’ultima volta” rimuginò Fujiko, lievemente preoccupata dal poco tempo che avevano a disposizione.
“Non possiamo prendere una cartina?” chiese innocentemente Pure, che non ottenne altra risposta fuorché le occhiate perplesse e scioccate da parte dei due ragazzi di Amarantopoli.
“Conosco bene anche l’interno della torre. Sono andato fino in cima altre volte” borbottò Rein ancora. Fujiko gli regalò un sorriso smagliante.
“Perfetto” si congratulò. Il Guardiano sbarrò gli occhi a quella reazione. Com’era possibile che fossero così gentili, quando lui non aveva fatto altro che comportarsi da codardo e fuggire da quella che, aveva compreso, era da tempo la sua realtà?
Inoltre, non si capacitava di una reazione tanto naturale da parte della bionda, una creatura che nascondeva sotto la maschera allegra di una semplice ragazza un potere formidabile. Inoltre, la sua gentilezza risultava quasi comicamente fuori luogo con tutto quello che stava accadendo in quel momento.
Perso nei suoi pensieri, andò quasi a sbattere contro Pure, mentre la voce di Ayumi lo riscuoteva.
“Ci siamo” disse semplicemente.
Rein inspirò lentamente, prima di entrare nel piccolo santuario dove i monaci pregavano e accoglievano confessioni e richieste da parte delle persone che ne percepivano la necessità. Ma loro andarono dritti, verso delle scale sorvegliate da un monaco più anziano dalla lunga barba bianca e il volto segnato da una sottile ragnatela di rughe, affiancato da altri due giovani dal portamento serio ed efficiente.
Il volto severo dell’anziano si addolcì quando riconobbe il giovane dai riccioli biondi.
“Mio caro ragazzo, Rein. È da tanto che non ci vediamo... quasi troppo, effettivamente. Dimmi, che cosa posso fare per te e le tue giovani accompagnatrici?” esordì, parlando piuttosto lentamente.
“Sommo monaco, siamo qui per chiedergli di onorarci con il suo permesso per passare attraverso il sentiero Din Don e recarci sulla cima della Torre” disse il Guardiano tutto d’un fiato, chinando il capo in segno di rispetto e umiltà.
“Sacrilegio! – esclamò uno dei due giovani monaci, indignato – Il permesso non è accordato nemmeno ai più talentuosi giovani monaci! Come potete avere la presunzione di poter anche solo richiedere un simile onore?”
“Placati, giovine. Tu non conosci il ragazzo, ma io sì. Lascia queste decisioni a chi ne è competente” lo sgridò pacatamente l’anziano. Il giovane chinò la testa e tornò al suo posto, muto e oltraggiato. “Che cosa ti manda a esplorare la torre in un momento come questo? Sono incredibilmente sorpreso da questa tua scelta, persino io no so cosa questo possa significare” proseguì rivolgendosi a Rein.
“Forse lei può non trovare una logica spiegazione a questo particolare fenomeno… ma queste tre ragazze sanno. E mi aiuteranno a risolvere la situazione” disse, con voce leggermente tremante.
“Come puoi dire con assoluta sicurezza una cosa simile?” chiese il monaco, corrucciandosi a quella particolare affermazione.
“Sono come me. Io le ho viste” rispose Rein con decisione, stringendo i pugni, a disagio. L’anziano assottigliò lo sguardo e fece un cenno ai due ragazzi che stavano con lui; loro abbandonarono immediatamente la stanza.
“Dimostratemelo” ordinò a bassa voce, roco.
Ayumi si irrigidì. Tutto stava sfuggendo dal suo controllo. Non poteva permettere che troppe persone venissero a conoscenza del loro potere. Stava tutto diventando troppo sbagliato, troppo pericoloso.
‘Però... dopotutto il mio compito è di difendere e salvare i Leggendari, non me stessa’ rifletté poi con una punta di amarezza, facendosi avanti e creando sul palmo aperto un cristallo di ghiaccio, mentre la pelle della mano veniva coperta da un sottilissimo strato di brina.
Fujiko sollevò un vaso nelle vicinanze facendolo vorticare attorno alla testa del monaco, mantenendo il contatto telecinetico con un dito, che si muoveva quasi annoiato in modo circolare.
Pure creò una catena d’acqua attorno a sé stessa, in una sorta di cerchio che la circondava sospeso a mezz’aria. Poi, con no schiocco secco delle dita, indirizzò l’acqua dentro al vaso che teneva sollevato la Guardiana dei Desideri, annaffiando la pianta che era costudita all’interno, annuendo poi soddisfatta.
Rein non fece nulla, semplicemente osservò incuriosito i loro poteri, così come il sommo monaco, che scrutava le tre attraverso le palpebre socchiuse.
“Molto bene” disse poi lentamente. “Avete il mio permesso di arrivare fino all’apice della Torre. Tuttavia dovrete mostrare rispetto e pazienza, poiché le Kimono Girl, le personali sacerdotesse di Ho-Oh, sono sulla cima in un tentativo di placare la sua inspiegabile ira”.
A quelle parole, i quattro ragazzi si scambiarono delle occhiate preoccupate.
“Sbrighiamoci” disse solo Ayumi, scattando verso le scale che li avrebbero portati al sentiero.
“La ringrazio” balbettò in fretta il ragazzo per poi raggiungere di corsa le altre tre, tutte perse in pensieri profondi e diversi tra loro. Anche Rein sparì in fretta, inghiottito dalla scalinata sotto lo sguardo rassegnato del sommo monaco.
Un sospiro flebile abbandonò le labbra del vecchio. ‘Non avrei mai voluto che questo giorno arrivasse per te, Rein. Tuo nonno mi ha detto di sapere che cosa significa tutto ciò e so che il destino non sarà benevolo con te d’ora in poi. Spero che Ho-Oh ti protegga infondendoti un po’ del suo fuoco. Spero che ci rivedremo, un giorno’.
 
Le foglie dai colori perennemente autunnali e caldi rivestivano quasi completamente le piastrelle di pietra grigia che lastricavano da secoli quella strada, che pochi sceglievano di percorrere. Molti si fermavano sul portico, accettavano semplicemente la brezza che accarezzava la pelle e le foglie che sfioravano i vestiti, impigliandosi talvolta nei capelli. A diversi bastava una lunga e significativa occhiata per imprimere tutto ciò che c’era da vedere di quel posto, il contrasto tra i colori accesi delle piante e della pietra che, grazie al contrasto, appariva quasi con una leggera sfumatura bluastra.
Alcuni, invece, sceglievano di assaporarsi tutto il tragitto fino a spalancare le porte della torre, facendo oscillare le pupille in armonia con il pilastro centrale che sorreggeva l’imponente struttura. I monaci più anziani e le cinque sacerdotesse lo facevano di rituale, pur piuttosto raramente.
Ma nessuno era come i quattro Guardiani. Loro correvano, non gli importava troppo dell’armonia, anche perché quella era già stata spezzata nello stesso preciso istante in cui la prima striscia di cielo si era colorata di rosso fuoco e le urla del Leggendario avevano iniziato a far tremare il pavimento lastricato antico della città.
A loro, il mondo appariva in tutta un’altra prospettiva. La bellezza andava ammirata da chi ne aveva tempo, e chi non ne aveva doveva correre. E loro correvano.
 
Non trovarono il custode della prima scala al pian terreno. Probabilmente gli era stato detto di allontanarsi per il rischio che, sicuramente, avevano percepito tutti all’interno del santuario.
Non c’era il tempo e la necessità di parlare. Per trovare la strada seguivano Rein e i discorsi non potevano prevenire o proteggerli dal futuro imminente. I pensieri, invece, erano impossibili da fermare, e passavano da una mente all’altra senza necessitare di collegamenti telepatici.
Ogni piano corrispondeva a del calore che, inesorabile, aumentava, grado dopo grado. Per Ayumi, stava diventando tutto molto difficile, mentre Rein quasi non se ne accorgeva. Lo sbalzo termico si avvertiva soprattutto quando venivano sbalzati da una parte all’altra dai teletrasporti.
Le urla del Pokémon si propagavano attraverso tutto l’edificio e il pilastro centrale scricchiolava. Sembrava che l’intera struttura gemesse e urlasse assieme al Leggendario al quale l’intera struttura era dedicata.
Arrivati all’ultimo piano, il calore era visibile, l’aria pareva tremare. Fujiko osservava Ayumi con crescente preoccupazione. Lei era in parte un Pokémon di tipo ghiaccio e il fuoco non era il suo principale alleato. Boccheggiava da qualche minuto e gli occhi apparivano vitrei per la fatica. Lei e Pure iniziavano a sentir la pelle bruciare in modo realmente fastidioso solo in quel momento, mentre Rein era, come ci si poteva aspettare, a suo agio. Gli occhi e i riccioli biondi sfumavano assieme alle fiamme.
Tuttavia, lui era il più spaventato. E Fujiko non poteva dargli torto. Anche lei era spaventata quando era entrata nella piccola dimensione onirica di Jirachi per la sua prova.
Erano ormai all’ultimo piano, e mancavano solo le due passerelle in legno alla scalinata finale.
“Aspetta”. L’albina fermò il ragazzo prima che mettesse piede sul legno. Traballante si avvicinò a lui fino ad affiancarlo e osservò con occhio critico le assi. “Vai piano e presta attenzione. Il caldo potrebbe aver intaccato il legno” disse semplicemente.
Rein annuì sotto pressione e mosse un primo passo. Il legno scricchiolò sotto il suo peso, ma sembrò reggere. Incoraggiato, fece altri due passi più veloci, per poi bloccarsi a un rumore più forte degli altri. Ma il legno era ancora solido sotto i suoi piedi, o almeno quello che bastava a sorreggerlo. Proseguì di altri cinque passi.
Poi, Ho-Oh urlò, e un’onda di energia rovente lo colpì respingendolo indietro di un paio di metri, facendolo atterrare in malo modo sulla schiena.
L’impatto gli mozzò il respiro, facendolo boccheggiare per qualche secondo prima che riuscisse a dare nuovamente aria ai polmoni. Tuttavia, non ebbe il tempo di tirare il fiato, perché sotto di lui, il legno iniziò a scricchiolare minaccioso.
Il ragazzo iniziò ad agitarsi in preda al panico, muovendosi a scatti irregolari e disordinati, peggiorando la situazione.
“Rein. Stai fermo e ascoltami. Devi muoverti lentamente e con calma. Mettiti a gattoni e striscia lentamente verso un’estremità” lo istruì Ayumi, attenta e calcolatrice, pronta ad assumere la Forma Guardiana se necessario, pur indebolita dal calore eccessivo.
Il ragazzo, pur terrorizzato, eseguì e iniziò a percorrere quei due metri che lo separavano dal pavimento sicuro.
Un metro.
Un metro e mezzo.
Quasi due metri. E il legno si spezzò sotto le sue ginocchia.
L’urlo acuto che il Guardiano lanciò fu stroncato fino a trasformarlo in un gemito strozzato dall’impatto di ciò che restava dell’asse contro il suo stomaco. Si teneva su con la sola forza delle braccia, irrigidendo le spalle e impiantando le unghie nel legno scheggiato, frantumandosele e imbrattando i polpastrelli del suo stesso sangue.
Ayumi, vedendolo cadere, aveva assunto la sua Forma Guardiana, ma una nuova ondata di calore le aveva provocato un capogiro che l’aveva disorientata. Fujiko e Pure avevano ritardato di un paio di secondi, prese alla sprovvista, ma entrambe, a quel punto uscirono da quella sorta di trance provocata dallo spavento e dalla tempestività degli eventi.
Pure saltò immediatamente da un tratto di pavimento all’altro, puntando sull’immensa agilità caratteristica di Suicune. Atterrò quasi su una delle mani del ragazzo, che per istinto la ritrasse, perdendo la presa e rimanendo appeso solo con la sinistra. E poi, anche quella mano cedette, prima che la Guardiana dell’Acqua Pura riuscisse ad afferrargliela.
Rein chiuse gli occhi, aspettando di schiantarsi al suolo. Dopo cinque lunghi secondi, riaprì gli occhi, stupito. Stava fluttuando in aria, sorretto dai poteri psichici di Fujiko. La bionda lo poggiò delicatamente accanto a Pure e Ayumi, per poi fluttuare a sua volta dall’altra parte.
Il Guardiano dell’Arcobaleno barcollò appena, sentendosi le gambe molli per lo spavento, il cuore che batteva all’impazzata.
“Non svenirci qui, direi che non te lo puoi permettere in fattore di tempo” borbottò Fujiko con una vena scherzosa nel tono. Pure, sentendola, gli spruzzò un po’ di  acqua sul volto.
“Preveniamo” affermò convinta, per poi girarsi verso Ayumi e ripetere il gesto. “Preveniamo anche con te” concluse, annuendo.
L’albina la ringraziò, per poi girarsi verso le scale, che riflettevano la luce rossa del cielo.
“Andiamo” sbuffò, incamminandosi. Nessuna delle tre era tornata in forma umana.
Solo quel piccolo fatto contribuì ad aumentare l’ansia di Rein, mentre l’acqua sul suo volto si era rapidamente asciugata dal caldo. Ad ogni passo che faceva, sentiva crescere dentro di sé l’impulso di scappare. Ma non poteva.
Lo scenario della cima della torre era terribile. Il monumento centrale e le statue rappresentati il leggendario erano in fiamme e si stavano lentamente disfacendo in sottili polveri nere, che venivano poi trascinate lontano dalla brezza che si muoveva in circolo. Le nubi rosse, cariche di fuoco e fiamme, convertivano al centro dello spiazzo, leggermente in alto, dove stava Ho-Oh.
Il Leggendario sembrava impazzito, aveva gli occhi completamente rossi iride, pupilla e sclera. Le piume erano abbracciate da lingue infuocate che si disperdevano tutt’intorno ad ogni battito d’ala, mangiando e consumando tutto, dal legno all’ossigeno. Ad ogni suo grido, un’onda di aria calda si propagava con forza, facendo bruciare persino le ossa.
Inoltre, a coronare il tutto, ci stavano dieci corpi, ormai appena riconoscibili, anneriti, bruciati, morti.
“Q-quelle sono...” boccheggiò Rein, avvicinandosi. “Le sacerdotesse... e i loro Pokémon” concluse, mentre le loro ceneri si sparpagliavano all’ennesimo urlo del Pokémon Arcobaleno.
“Ha… ucciso delle persone?” sussurrò esitante Fujiko, sgranando gli occhi azzurri inorridita, segno che la risposta le era già chiare e che la sua domanda era puramente frutto dell’incredulità che questa consapevolezza le suscitava.
Pure fissava la cenere assente, distratta, persa nella parte più oscura della sua mente.
“Pure...” la chiamò con il fiato corto Ayumi, poggiandole una mano sulla spella. Lei si voltò con lo sguardo stralunato e un po’ folle. “Cerca di non perdere la testa. Mi serve il tuo aiuto...” continuò Ayumi, fissando negli occhi l’altra.
“Va bene... che devo fare?” rispose la Guardiana dell’Acqua Pura, scuotendo leggermente la testa.
“Crea dell’acqua fredda. Dobbiamo raffreddare l’ambiente.  Io con il vento la butterò in giro. Questo indebolirà Ho-oh” spiegò in fretta e ansimando l’albina. Pure sorrise decisa.
“Aggiungici della grandine. Credo che potrebbe non apprezzarla” consigliò con sguardo furbo, per poi circondare lei e l’altra con diversi anelli liquidi. Ayumi prese fiato e alzò le braccia, circondandosi di vento gelido e piccoli pezzi di ghiaccio acuminati.
Acqua, ghiaccio e vento vorticarono sempre più in fretta, fino a fondersi e venire scagliati in ogni direzione possibile e immaginabile, raffreddando l’ambiente e indebolendo e ferendo leggermente il Leggendario che urlò di rabbia.
Fujiko era rimasta con un atterrito Rein, proteggendolo dal fuoco e dalla grandine.
“Tocca a te” disse semplicemente.
“Come posso fare? La sua furia è immensa!” strillò lui spaventato, gli occhi dilatati e il respiro pesante. Fujiko gli prese le mani, stringendole leggermente tra le proprie e gli trasmise delle emozioni positive. Calma, equilibrio, coraggio, fiducia.
“Non avere paura. Io sono qui, ok? Ti aiuterò io, non temere. Le tue emozioni placheranno Ho-Oh, perché solo tu puoi farlo” gli mormorò con il tono più dolce e rassicurante che trovò.
Lentamente, il Guardiano annuì e ricambiò esitante il sorriso. Poi si voltò e provò a concentrarsi, mentre muoveva qualche passo verso l’adirato Pokémon. Il suo piede urtò qualcosa che tintinnò leggermente. Abbassò lo sguardo.
Era la Campana Chiara, lo strumento usato per allietare e richiamare il Leggendario dell’Arcobaleno. Rein la prese tra le mani, sentendosi improvvisamente molto calmo. Avendo e custodendo dentro di lui mezza anima del Pokémon, beneficiava del suono e del contatto con la campana.
Ma perché con Ho-Oh non aveva funzionato?
Rein mosse il braccio con naturalezza e un suono cristallino e limpido si diffuse nell’aria. Lo sguardo del Leggendario fu subito su di lui. Non esisteva più il resto. Solo i loro sguardi, ormai dello stesso colore.
“Ho-Oh. Quello che fai è sbagliato” disse semplicemente continuando a mantenere il contatto visivo. Il Leggendario si limitò a fissarlo. “Il tuo comportamento, il tuo perduto controllo, hanno spaventato e ucciso delle persone che credevano in te, ti consideravano una guida, un essere puro. Non c’è niente di puro in quello che hai fatto. Tu sei un Pokémon simbolo di vita e ardore e la morte non ti si addice. Ma allora... perché hai fatto questo?” continuò, con voce pacata.
Il Leggendario chinò la testa toccando con il becco la mano tesa di Rein. Gli occhi tornarono normali, il fuoco si estinse, le nuvole rosse scomparvero.
Il sole tornò ad illuminare i volti dei quattro Guardiani. Ce l’avevano fatta.
Ayumi sospirò e si lasciò cadere sulle ginocchia, tornando normale e osservando il cielo azzurro. Pure si sedette vicino a lei e sorrise gioiosa, senza dire nulla. Ancora una volta, le parole erano superflue.
All’albina, per la prima volta, venne naturale rispondere al sorriso, sinceramente. Poi, si sdraiò sul pavimento, respirando la brezza fresca e tentando di ignorare le scottature impresse sulla sua pelle, in quei secondi di pace.
Fujiko si complimentò con Rein, battendogli la mano sulla spalla in un gesto rassicurante. Lui era l’unico che non si era bruciato.
“Andranno via?” chiese, indicando una ferita rossastra che attraversava il volto della ragazza. Lei annuì e sorrise, facendo scorrere lo sguardo da lui a Ho-Oh. Il Leggendario sospirò.
“Che cosa ho fatto...” mormorò triste, guardandosi attorno. “Quelle ragazze... quei Pokémon... io li ho uccisi...” continuò, perso, distrutto anche lui dalle sue stesse fiamme.
“Ma tu... tu non puoi...?” chiese Rein, esitante, ma Ho-Oh scosse la testa.
“Gli umani sbagliano ad affibbiarmi la vita. Io rappresento l’ardore, l’energia, la vitalità, la voglia di vivere. Io rinnovo il mio corpo bruciandomi e rigenerandomi dalle mie ceneri. Ma non so donare la vita” spiegò affranto.
“Non rimproverarti Ho-Oh” disse Ayumi, guardando sempre il cielo. “Non era una cosa che tu potessi controllare”. Si alzò in piedi, osservando tutti i presenti.
“Ora dobbiamo solo tornare. E affrontare il futuro” concluse.
Tutti annuirono, ma Fujiko aveva una domanda.
“Ho-Oh, se tu non hai la vita come elemento... chi ce l’ha?” domandò, curiosa.
“Xerneas è il leggendario della Vita, ma è anche lui limitato. Ha il via libera sulla vegetazione e può salvare chi sta a un passo dalla morte per quanto riguarda Umani e Pokémon. Yveltal è il suo esatto opposto. Ma riguardo alla resurrezione e la condanna a morte con  un solo pensiero... beh... non ci riescono. Nessuno sa spiegarsi il perché, ma è così” spiegò il Leggendario.
“Oh. Ho capito” disse la Guardiana dei Desideri, nel momento in cui Palkia attivava il suo teletrasporto.
Ma le domande alleggiavano nell’aria, rendendola pesante.
 
“Ora ho davvero capito cosa davvero sono e cosa significa. In realtà lo sapevo di già ma ora... ora lo accetto. E sono convinta che questo è il mio destino”.
“Ancora non sono convinto di questa vita. Voglio ancora scappare ma... ho capito cosa posso fare. Però ho paura e questo non cambia”.
 
 
Angolino nascosto nell’ombra
MI SENTO UN GENIO.
Ebbene si gente, questo capitolo mi piace parecchio come è riuscito, a differenza del precedente che mi faceva leggermente schifo. Spero che voi lo adoriate come lo adoro io e, PollaH, sentiti fiera di me e Rein, ja?
Bene. Penso che si inizi a capire un po’ i collegamenti, ma nel prossimo sarà tutto ancora più chiaro. E tutti voi a leggere questo aggiungeranno mentalmente come ‘alle tante’ o ‘alleluia’. Sì, vi do ragione. Ma non pensiate sia finita qui.
Bene. Credo di aver detto più o meno tutto.
Amen, fratelli (?)
 
Aura_

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 - Guidami ***


Capitolo 23 – Guidami


Era già successo, ancora e ancora.
Ma mai era stato come quella volta.
In quel momento era più forte e intenso, era quasi reale, percepiva il vento sulla pelle e la luce attraverso le palpebre chiuse.
Era arrivata alla conclusione che quello era un vero e proprio contatto telepatico, leggerissimo e impercettibile in condizioni normali, ma sempre più forte mano a mano che il tempo passava.
Non sempre quella presenza tentava di comunicare con lei. Per un lungo periodo, Ayumi non ne aveva sentito la presenza, dando la colpa anche ai pensieri e alle preoccupazioni che vorticavano nella sua testa in questo ultimo periodo.
Molti Leggendari erano si erano riuniti nell’ultimo mese e mezzo che era passato, ma non c’era alcuna traccia di altri Guardiani. Forse erano morti, forse erano nascosti da chiunque, spaventati da ciò che si stava scatenando in loro.
Forse, forse, forse.
Ayumi iniziava ad essere stanca di tutte quelle incertezze.
E, proprio quando ne aveva abbastanza, tornava l’interrogativo che più l’assillava. Quel contatto.
Ma la ragazza si era presto resa conto che quello era più che un contatto. Era una visione.

Mai era stata una visione.
Quell’improvviso contatto l’aveva svegliata, ma anche se apriva gi occhi non cambiava nulla. Era sempre in quel posto, ferma in piedi con l’aria che le scuoteva i capelli. Era un vento gentile, piuttosto fresco, ma non tanto da procurare brividi. In effetti, la temperatura era perfetta, non calda, non fredda.
Si stava bene.
Era uno scenario davvero strano. Un’enorme distesa di cielo parzialmente nuvoloso. Solo cielo, nuvole, vento e luce. Luce come nel Paradiso Parallelo, luce che nasceva da sé, senza sole e una qualunque altra fonte. Solo, luce.
Le nuvole erano l’unica fonte di appoggio, se così si poteva chiamare. La sensazione era simile a quella di un sostegno psichico, con la differenza che ti potevi muovere liberamente. Ti sostenevano, ma non ti davano appoggio, sembrava quasi di volare.
Era tutto nitido, bello, armonioso. Se solo non fosse stata per la sgradevole sensazione di oppressione e prigionia che impregnava il luogo. Come se quello scenario mozzafiato non fosse altro che una facciata, un dipinto illusorio steso sulle pareti di una prigione.
Voleva uscire da lì.
Ma la visione si sarebbe interrotta solo quando chi aveva convocato la sua anima le avrebbe detto e mostrato ciò che doveva.
“Ayumi”.
La voce non la spaventò o la fece scattare sull’attenti. Era una voce melodiosa, rassicurante, dolce. Vibrava con mille vocalità e timbri diversi, rendendo impossibile indicarne età, sesso o qualunque altra cosa. Si sentiva la voce di una bambina di cinque anni, ma anche quella di un anziano di ottantasette.
Un Pokémon leggendario, senza ombra di dubbio, rifletté l’albina. Ma non le era famigliare, nonostante si sforzasse di collocarlo. Eppure era strano, lei era stata addestrata a riconoscere tutti i Leggendari, era sicura di poterlo fare, lei ne era capace.
Eppure...
“Tu non mi conosci” confermò la voce, come se avesse letto i suoi confusi pensieri.
“Chi sei?” chiese Ayumi, in tono neutro.
“Girati” fu la risposta.
La Guardiana si voltò. Davanti a lei, a una distanza ragionevole, stava un Pokémon. Era una sorta di serpente, il corpo ricoperto da uno strano incrocio di piume e squame candide come le nuvole. Dalla schiena, spuntavano quattro ali celesti, le due più in basso leggermente più piccole di quelle che avevano l’attaccatura più verso l’alto. Sul collo c’era una sorta di collare nero. Il capo era ornato da due strane piume molto grandi, che si attaccavano alla testa formando un ricciolo. Gli occhi intelligenti erano arancioni come la buccia di un mandarino ed esprimevano saggezza e conoscenza.
“Chi sei?” chiese ancora Ayumi, con una punta di timore. Quel Pokémon emanava un’aura intensa, pari solo a quella di Dialga, Palkia, Giratina e Arceus. Ma non esisteva un altro essere come loro, glielo avevano spiegato più e più volte.
Forse, troppe volte, come se temessero che quel quinto elemento potesse spuntare davanti ai loro occhi.
“Io non sono più nessuno” rispose l’essere, con una tristezza sconfinata che risuonava da ogni singola sfumatura della sua voce. La ragazza scosse la testa, facendo oscillare i lunghi capelli bianchi.
“Devi avere un nome” insistette. La creatura non rispose, stette a osservarla in un lungo silenzio con i suoi occhi come... come se la stesse leggendo.
Come se lei fosse stata semplicemente un libro aperto, scritto nero su bianco a caratteri cubitali e facilmente comprensibili.
“Io non sono nessuno” ripeté, calma. “Ma un tempo ero qualcuno”. Ayumi fece per parlare, ma il Leggendario non aveva finito. “Il mio nome doveva essere scordato, e forse qualcuno c’è anche riuscito. Molti però mi ricordano e temono che io torni indietro”.
“Sei un Esiliato” mormorò incredula Ayumi.
“Arceus non deve sapere che io sono qui. Non deve sapere che io sto per tornare. Non deve sapere della nostra conversazione. Io so che tu sai tenere un segreto, Ayumi Sato. Sei disposta ad ascoltarmi?” domandò.
L’albina annuì e si sedette a gambe incrociate.
“In tutta la sua esistenza, perché non possiamo parlare di ‘vita’, nel caso suo, Arceus ha compiuto grandi cose. Grandi cose e pochi errori, che sono però costati caro. Il primo, è stato sottovalutare il Male e l’influenza che questo può avere su qualunque creatura, primi fra tutte queste gli Esseri Umani. Loro diedero vita a guerre, si uccidettero a vicenda per i loro futili obbiettivi, sconvolgendo quello che era l’equilibrio del mondo, spezzandolo e costringendolo a cambiare.
“Il secondo, fu rinchiudermi, tentando di togliermi il potere che lui stesso mi aveva conferito, privandomi del mio nome e cacciandomi, tentando poi di rimpiazzarmi. Ma nessun’altra creatura è nata con il mio scopo. Nessuna. E così, sulla terra hanno cominciato ad accadere cose terribili, che io, da qui, non posso risolvere.
“Il terzo, sei tu, Ayumi. Ma non sta a me spiegarti il perché. Quello che ti sta accadendo è talmente grave che rischierà di compromettere di nuovo ciò che a suo tempo ho compromesso anche io. Non è colpa tua, ma finirà col causarti un danno enorme. Dovrai stare attenta, dovrai controllarti, anche se sono consapevole, adesso che il contatto tra noi due è avvenuto, delle minacce e delle pressioni a cui Arceus ti sottomette”.
Ayumi chinò leggermente il capo. L’ultima volta era successo al ritorno da Amarantopoli, con Rein. Subito dopo i convenevoli erano stati congedati, tutti tranne lei.

“La madre di Fujiko, Ayumi. Lei adesso sa, sa tutto” aveva esordito con tono furioso.
“Non ci metterà in pericolo. Non noi, non sua figlia” aveva ribattuto pacata la ragazza.
“Credi che si faranno scrupoli? Credi davvero che a loro serva che lei parli? Che cosa stai pensando, Ayumi? Tu sai di che cosa sono capaci. Come ti puoi permettere di sottovalutarli? Non sei una novellina, tu devi guidare quei ragazzi, tu non puoi fare errori”.
In quel momento, il corpo della Guardiana dei Venti Gelidi venne investito dal calore. Ayumi si sentiva andare a fuoco e cadde interra dal dolore, contorcendosi appena e tentando in tutti i modi di non gemere per il male. Quando, dopo tempo per lei indefinibile, Arceus si placò, lei rimase a terra, boccheggiando.
“Ti assicuro che non tollererò più nessuno sbaglio. Vedi di stare attenta”.
Poi l’aveva lasciata lì, con le lacrime che le offuscavano la vista.

“Sì” disse, conscia che la creatura sapesse a cosa stava pensando.
“Arceus è orgoglioso e l’orgoglio rende stupidi e ciechi. Io ero parte dei cinque Esseri Primordiali. Arceus, che rappresenta l’ordine, l’equilibrio, l’inizio. Giratina è la sua controparte, non esiste ordine senza caos e lei è l’altra faccia della complessa medaglia quale è l’equilibrio. Dialga e Palkia sono il Tempo e lo Spazio, qualunque cosa deve accadere accade dentro quei parametri. Ma qualcosa manca all’appello, e quel qualcosa sono io. Io rappresento l’Estremo Confine, la Vita e la Morte. Mi chiamavano Angeallen. Penso che il mio nome sia ancora quello nelle menti di chi ancora pensa a me, di tanto in tanto. Se vuoi, puoi chiamarmi così”.
L’albina annuì. Angeallen. La Vita e la Morte. Esiliata per... qualcosa. Alzò gli occhi, in attesa che il racconto proseguisse.
“Il primo e il secondo errore sono strettamente collegati. Io ero stato concepito come una creatura pura, perché il mio potere era stato concepito per essere una cosa naturale. Ma gli Esseri Umani hanno capito che questo potere poteva essere piegato a loro piacimento, in delle azioni sbagliate, terribili. Hanno iniziato a scoprire il lato malvagio delle cose e a indirizzarlo contro gli altri, sostanzialmente, i più deboli e gli indifesi. Così è nato l’omicidio. Ma questo era solo il prologo.
“Con gli omicidi vennero le guerre. Con le guerre, intere nazioni, interi popoli ed etnie venivano cancellati, come se non fossero mai esistiti. Io, che dovevo amministrare tutto questo, non ero più adatto al mio compito, ma non era colpa mia. Il mio ruolo consisteva nel donare un’anima, una vita a un neonato per poi riprendermela alla fine del ciclo vitale di questa. Ma con le guerre, troppe anime tornavano da me. E io finii con l’impazzire e abusare del io altro potere: la Morte.
“Distrussi il Paradiso Parallelo, rischiando di uccidere ogni creatura in qualche modo collegata ad esso, e forse anche oltre. Fu Giratina a fermarmi. Lei, garantendo l’ordine con il caos, intuì cosa non andava in me, e cambiò il mio corpo, lo rese adatto ad accogliere anche queste nuove regole che il mondo stava adottando. Io fermai la distruzione a cui avevo dato inizio e recuperai il senno. Vidi che cosa avevo fatto e provai a risistemarlo, ma Arceus non me lo permise. Mi ordinò di andarmene. Disse che ero inadatta al mio ruolo e che avrei dovuto sparire e rimanere nascosta, affinché lui non mi distruggesse. Giratina, allora, mi salvò una seconda volta. Creò questa dimensione e mi ci rinchiuse dentro, per poi sigillarla per sempre. Solo una cosa può uscire da qui: il mio potere. Solo quello può uscire... ed entrare.
“Probabilmente ti starai chiedendo esattamente in cosa consista la mia abilità. Sostanzialmente, posso dare e togliere la vita e conoscere tutto quello che un individuo ha vissuto, morto o vivo. Per questo, io conosco molte cose di te senza che tu me le dica. Io controllo le anime, e le aure con esse. Per cui, posso rintracciare da qui ogni singolo Guardiano, affinché tu li protegga come desideri. Ma sono di ben poco aiuto da qui. L’unica cosa che  può entrare ed uscire è la mia abilità. E così è successo. Gli anni passati qui mi hanno fatto accumulare una grande quantità di energia. Io ne ho espulsa metà fuori di me, dandole un’anima e una forma. Il suo nome è Shinseina, ed è la mia Guardiana”.
Nella mente di Ayumi si creò un’immagine di una ragazza. Sembrava avere più o meno la sua età, era magra e pallida, con morbidi boccoli celesti, la frangia e le ciglia lunghe, i tratti delicati e gli occhi arancioni. Vestiva con un lungo abito celeste, un po’ troppo ampio per lei, teneva una stola di stoffa legata ai polsi e delle cavigliere argentee ai piedi.
“È una Guardiana speciale, diversa da te e tutti gli altri. È come se fosse perennemente in Forma Guardiana, perché lei non è umana. Il suo scopo è quello di aiutare me e aiutare te, con tutti gli altri Guardiani. Farò in modo che vi ricongiungiate, facendoti sparire dalla vista di Arceus, prima che sia troppo tardi per te”.
Ayumi stette in silenzio, la mente occupata dai tanti pensieri. Angeallen, la sua storia, la sua Guardiana. Lei, un errore.
“Non sarò io a dirti perché tu sei il terzo degli errori di Arceus, Ayumi. La conoscenza del fatto ti torturerà con il dubbio di non saperlo, ma il saperlo ti arrecherebbe danni assai peggiori. Fidati, è meglio che tu non lo sappia adesso, e spero per te che tu non lo sappia mai. Sarebbe terribilmente doloroso e potresti seguire una sorte simile alla mia. Quando ci incontreremo, potrò spiegarti ogni cosa. Ma non adesso e non così. Questa è una visione, Ayumi, un rozzo mezzo di comunicazione. Io e te dovremo parlare a quattr’occhi. Nel frattempo, io voglio aiutarti con Arceus. Ti darò l’ubicazione di tre Guardiani. O meglio, Guardiane”.
Tre ragazze fecero la loro apparizione nella mente dell’albina. La prima portava i lisci e lunga capelli biondo platino raccolti in una coda, aveva grandi occhi blu incorniciati dalla matita e eyeliner e la pelle che sembrava fatta di porcellana, perfettamente curata. Attraverso il collegamento con Angeallen, seppe che il suo nome era Shiho.
La seconda, Shirley, aveva i capelli lunghi e ricci, neri come la pece. La pelle era scura, ma gli occhi sembravano riflettere il colore del cielo. Il suo portamento e i suoi vestiti lasciavano immaginare a una situazione economica più che buona.
L’ultima, una ragazza dalla carnagione olivastra, ma non eccessivamente scura, dai lunghi e lisci capelli blu. Un ciuffo lungo sul volto le copriva l’occhio destro, lasciando intravedere solo l’iride sinistra, smeraldina. Nonostante gli abiti leggeri e larghi, si intravedeva la corporatura sufficientemente muscolosa, pur non essendo mascolina. Il suo nome era Seir.
“Shiho è una modella tua coetanea. Lavora a Sciroccopoli e non conosce il suo vero nome, quello che usa è una specie di nome d’arte. Seir e Shirley, entrambe sedicenni, invece sono... mi piacerebbe definirle ‘amiche di infanzia’, ma in realtà sono più che altro amiche-nemiche. Delle rivali, insomma. Vivono entrambe e Spiraria, ma Seir è originaria di Hoenn e Shirley del Settiplago. Quest’ultima è anche figlia di un ricco imprenditore, quindi passa gran parte del suo tempo a Kalos, ospite della Reggia Aurea. Tuttavia, si reca spesso a Spiraria o Seir va a Kalos grazie all’amicizia che Shirley ha con la sua Leggendaria e il fratello di essa. Seir però è molto attaccata al mare, per cui non ci si assenta per troppo tempo” spiegò Angeallen, con calma.
Ayumi stette in silenzio. Quello che il misterioso Leggendario le aveva dato era un aiuto considerevole, una carta che andava giocata con le dovute precauzioni. Ovviamente non poteva fingere di essersele inventate dal nulla.
Doveva escogitare un piano, ma ci avrebbe pensato più tardi. In quel momento cercava solo di capire che cosa volesse ottenere la creatura davanti a lei.
“Posso capire il tuo smarrimento. È vero, io voglio ottenere qualcosa da te. Quello che ti chiedo, è la tua comprensione, la tua fiducia e il tuo aiuto. Troppe cose stanno accadendo per la mia lontananza... la vita viene meno al suo ciclo e alle sue regole, talvolta non torna indietro. Gli Immortali, ad esempio, esistono perché io non posso più controllare la situazione terrena. Devo evadere da qui, ma non posso farcela da solo. Mi serve Shinseina, e mi servi tu. Ho bisogno che tu faccia entrare nel Paradiso Parallelo la mia Guardiana”.
L’albina sbatté le palpebre un paio di volte. Era una richiesta assurda. Non tanto la parte della fiducia e della buona volontà, ma la richiesta di far entrare quella Guardiana nella dimensione del Pokémon Primevo. Nessuno entrava lì prima che Giratina riconoscesse il Leggendario e lo facesse riunire, fatta eccezione per quando non era chiaro come il sole.
Ma Angeallen era un’esiliata, anche se per un errore, ma restava un Leggendario bandito dal resto del mondo. Questo significava che un qualunque aiuto da parte sua l’avrebbe condannata.
Tuttavia, ormai il contatto era stato stabilito. Per cui, in un modo o nell’altro, se fosse stata scoperta, non avrebbe comunque avuto scampo. Angeallen avrebbe potuto essere la sua salvezza, un aiuto oppure l’ennesima ancora che avrebbe contribuito a trascinarla verso il fondo. In ogni caso, una strada tortuosa che era stata costretta a prendere.
“D’accordo” rispose.
“Molto bene. Confido in te allora. Io ti aiuterò a rintracciare dei Guardiani, quando saprò della loro esistenza. Farò in modo che la tua strada si incroci con quella di Shinseina. La riconoscerai sicuramente, anche se dimenticherai il suo volto, perché abbiamo la stessa aura. Inoltre, lei riconoscerà te” disse il Leggendario.
Ayumi annuì. La sua mente stava provando ad escogitare qualcosa che potesse aiutarla a guadagnare tempo, in attesa dell’incontro con Shinseina.
“Un’ultima cosa. Presta attenzione a chiunque ti circondi. Non fidarti nemmeno della tua controparte Leggendaria, Articuno. È pericoloso anche parlare con gli altri Guardiani. Valuta con cura se e a chi dirlo. Se Arceus ti scoprisse il prezzo sarebbe devastante, specialmente per te ma anche per molti altri, tu nemmeno immagini quanti altri, Ayumi. Tratta tutto con estrema cautela” raccomandò il Leggendario.
“Lo farò” promise Ayumi.
“Bene. Se ci sarà altro da dire, te lo farò sapere. Se avrai bisogno di me, io lo saprò. Arrivederci, Ayumi. Confido in te”.
E con quelle parole, la visione si dissolse, e la Guardiana dei Venti Gelidi fu libera di aprire gli occhi.

Stavano ancora dormendo tutti, ignari di ciò che era appena successo e dell’ennesimo rischio che Ayumi correva, dell’altro peso di cui le sue spalle si erano caricate. Per la prima volta, l’albina si concesse seriamente di dubitare di se stessa e della sua autonomia. Per la prima volta, la ragazza si rese conto che aveva assolutamente bisogno di aiuto.
‘Non sei più da sola in questa guerra!’
‘E allora dimostramelo’ pensò Ayumi, scuotendo leggermente la Guardiana dei Desideri per destarla. Lei mugugnò un attimo, per poi aprire gli assonnati occhi azzurro-verdi con uno sbadiglio.
“’Giorno, Ayumi” borbottò con un sorriso. La ragazza rimase imperscrutabile.
“Fujiko. Mi faresti compagnia?” chiese, cauta. L’altra, seppur stupita, annuì e si alzò in piedi, incamminandosi dietro l’albina.
“Dove andiamo?” chiese, affiancandola.
“Passeggiamo” rispose vaga la Guardiana di Articuno. La bionda non rispose, decise semplicemente di assecondarla.
Le due ragazze camminarono in silenzio in mezzo ai fiori, perse nei loro pensieri, perplessi quelli di Fujiko ed esitanti quelli di Ayumi.
Arrivarono fino al laghetto dove Ayumi era solita allenarsi, camminando sopra la superficie ghiacciata. In quel momento, però, l’albina permetteva all’acqua di accarezzarle le caviglie.
“Sono nei guai Fujiko” sospirò infine, all’improvviso. L’altra stette in silenzio, in attesa di qualche altro dettaglio. “Non ti dirò perché, ma... potrei...” la ragazza bianca boccheggiò, in cerca delle parole adatte. “...potrei essere in pericolo. Seriamente” concluse, passandosi una mani tra i capelli nivei senza voltarsi ad incontrare gli occhi stupiti e spaventati dell’altra Guardiana.
“Dovresti dirmelo invece. Magari in due possiamo... rendere la situazione meno... complicata, ecco” tentò la bionda, ma la Guardiana dei Venti Gelidi scosse la testa.
“Metterei nei pasticci anche te. Ho promesso a tua madre che ti avrei difesa. Che avrei difeso la te umana. Meno sai, più sarà sicuro, per te e forse anche per me” concluse. La ragazza scosse le spalle.
“Dimmi che devo fare” la invitò, sedendosi sul prato a gambe incrociate.
Ayumi si voltò verso di lei e la raggiunse, mettendosi al suo fianco. Dopo un attimo di incertezza le raccontò della visione, omettendo la storia di Angeallen. Le descrisse i Guardiani e le spiegò che non sapeva a chi fossero collegati, ma che sapeva dove abitassero.
“Ho bisogno che tu faccia finta di aver avuto una Previsione. Ai Guardiani legati ad un Leggendario di tipo Psico capita. Di che li hai visti assieme a noi, mentre li cercavamo. Racconta di aver riconosciuto i posti, Amarantopoli e Spiraria”. Ayumi parlava in fretta, tutto d’un fiato, una nota ansiosa nella voce. Si interruppe di colpo mordicchiandosi il labbro inferiore. “Per favore, Fujiko...” sussurrò infine.
Mai la bionda aveva visto la compagna così insicura, spaventata, vulnerabile.
“Non ti preoccupare. Il tuo segreto è al sicuro. Faremo finta che adesso te ne ho parlato io e che tu mi hai detto che cosa significa il mio... sogno? Vabbeh, insomma, quello” e rise.
“Grazie” soffiò Ayumi. Fujiko le lanciò uno sguardo furbetto e le gettò le braccia al collo, prendendo l’albina alla sprovvista.
“Prima o poi voglio sentirti ridere”.

Ayumi non era sicura che Arceus si fosse bevuto il loro racconto. Ma non aveva indagato e aveva dato il ‘via libera’ per l’inizio della duplice o triplice azione. L’albina si era trovata costretta a dividere il gruppetto in due. Aveva separato Fujiko da Kurai, tra quei due non correva troppo buon sangue, e l’aveva collocata con Rein, il quale sembrava molto spaventato dai suoi poteri e trovava nella solare ragazza un punto d’appoggio. Con loro sarebbe andata anche Pure, per una pura decisione dettata dall’istinto. Lei sarebbe andata in coppia con Kurai.
Avevano deciso di inviare il trio ad Amarantopoli, dalla modella. Invece, i due silenziosi del gruppo sarebbero andati dalle rivali.
Nemmeno quella decisione aveva una spiegazione logica. Ma, per una strana ragione, Ayumi sapeva che era giusto così.



Angolino nascosto nell’ombra

Continuo a dimenticarmi il nome dell’angolo. Evvai.
Buonasera.
Sono in ritardo, e ne sono consapevole. Il tempo è venuto a mancare perché, da un giorno all’altro, abbiamo deciso di partire. Sono andata a trovare la mia illustr(at)issima collega Eleonora. Il risultato dei nostri scleri lo vedrete tra un po’ non so quanto sul Giornalino Arcobaleno.
Nel frattempo mi scuso.
Ok. Questo capitolo è importante e apre una nuova complicazione della storia. Tanto per cambiare. Inoltre vi farà odiare ancora di più Arceus. Ma tutto avrà un perché
Sto dando moltissima importanza al ruolo di Fujiko, non so nemmeno io il perché. Forse una sorta di rimpianto (?)
Mah, chi mi capisce è bravo. O meglio, è messo al mio stesso livello di follia o è uno psicologo/psichiatra/psicanalista.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno aspettata! Love U all! :*

Aura_

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 - Fuoco ai Riflettori ***


Capitolo 24 – Fuoco ai Riflettori


_Deserto della Quiete_ 

Il portale li lasciò in mezzo alla sabbia. Sprofondarono di alcuni centimetri e, prima che potessero fare qualcosa per impedirlo, ne mangiarono anche alcuni granelli trasportati dall’incessante vento.
“Siamo nel – puah! Sabbia – Deserto della Quiete” informò Pure mentre sputacchiava in giro. Rein non aveva mai visto un posto come quello. Era grandissimo, non se ne vedeva la fine e gli unici elementi che interrompevano la monotonia delle dolci dune di sabbia dorata erano degli improvvisi picchi aguzzi di pietra marrone, che sorgevano senza nessun ordine logico. L’aria sapeva anche di sale, segno che lì vicino c’era il mare, anche se non si udiva ne si vedeva. Solo sabbia, roccia e vento.
Fujiko, invece, aveva adocchiato quello che era il centro del deserto: una duna più grande delle altre che sorgeva imperiosa, punteggiata da strane sculture di una sorta di pietra grigia e colonne semidistrutte che sembravano fatte di sabbia.
“Che cos’è quello?” chiese, coprendosi la bocca con una mano. Pure e Rein seguirono il suo sguardo.
“Quella costruzione? È il Castello Sepolto. Dicono che l’abbia costruito uno dei due eroi ed era abitato tempo fa. Ora è solo un ammasso di colonne malandate e crollate e pieno di sabbia e sabbie mobili. Quelli lì davanti sono gli antichi guardiani, dei Darmanitan che, momentaneamente, sono in Stato Zen. Sono in cinque ma penso che di tutti... solo in due siano ancora in vita. Sono dei Pokémon che hanno secoli e secoli, e quei due rimasti non hanno più la forza di abbandonare la forma Zen e di andare a procacciarsi il cibo. Sono destinati a morire come il luogo che proteggevano” spiegò la Guardiana dell’Acqua Pura, con un velo di tristezza nella voce.
“Capisco... non si può fare proprio niente per loro?” chiese Rein. Pure fece spallucce.
“Per loro ci vorrebbe un’Iramella. Solo quella gli darebbe abbastanza energia per svegliargli. Però forse tu puoi fare qualcosa. I Darmanitan appartengono all’elemento fuoco e tu rappresenti la vitalità. Magari puoi liberarli da queste catene” rifletté la ragazza.
‘Quando fa così non la riconosco. È più intelligente di quello che mostra’ pensò Fujiko, mentre Rein avanzava con fatica nella sabbia. “Non è nei nostri obbiettivi, speriamo che cinque minuti in più non cambino nulla”.
Seguirono il ragazzo inciampando lungo la salita che portava all’entrata del Castello, una sorta di grande buco lastricato che sbucava all’apice di quella collina. Grazie a quella sorta di antica, ma ancora valida pavimentazione, l’avanzare fino all’ipotetico centro della figura che i Pokémon dormienti avevano formato.
Le due ragazze stettero lontane di qualche metro da Rein che assunse la forma Guardiana all’istante. Il classico vento che caratterizzava i Guardiani di tipo Volante non si notava nemmeno data l’aria inarrestabile del Deserto della Quiete. Gli occhi erano rossi, anche se un rosso diverso da quello di Articuno. Sembrava più aranciato, ed era circondato da un anello nero. Sul suo collo era comparsa una striscia verde e ad ogni suo movimento si creavano delle scintille dorate.
Il Guardiano unì i palmi, sfregandoli per qualche secondo, poi li allontanò, lasciando nascere nello spazio tra essi un globo infuocato, di colore indaco, striato di rosso, verde e viola. Il ragazzo lo sollevò sopra la sua testa, lasciando che si dividesse in cinque e che sfrecciasse in direzione delle statue.
Due di esse tremarono e, con un verso roco, s’avvolsero di quel fuoco, risvegliandosi dal loro lungo stato di dormiveglia e riprendendo il loro aspetto infuocato. Le restanti tre, invece, rimasero immobili, il fuoco le avvolse ma si spense, con un sospiro.
“Te lo avevano detto che erano morti” lo riprese Pure, avvicinandosi ai due sopravvissuti con qualche bacca da dare loro, ma fissando il ragazzo. Lui fece spallucce.
“Speravo ti fossi sbagliata” rispose semplicemente, ritornando un ragazzo comune.
“Andiamo” tagliò corto Fujiko. Era ingiusto disturbare l’ormai eterno sonno di quei tre Pokémon vittime dell’ingiustizia umana con le loro chiacchiere. La Quiete di quel Deserto era per loro. Congiunse le mani e donò ai tre caduti una silenziosa preghiera, poi si incamminò puntando uno spiraglio fra delle rocce.
Lì, nascosto, c’era un passaggio che conduceva alla città. Dovevano stare attenti a dove la sabbia era troppo alta, perché entrava loro nei vestiti scottando la pelle. Camminarono in silenzio, persi nei loro pensieri, fino a che non uscirono dal deserto.

_Sciroccopoli_

“Sciroccopoli è enorme. Sicura di non sapere di preciso dove si trova la Guardiana?” chiese Rein ad un tratto.
“No, ve l’ho detto” sospirò Fujiko, a disagio. Avrebbe dovuto chiedere ad Ayumi, ma non aveva voluto insistere sull’argomento. Aveva omesso qualcosa ma non l’aveva mai vista così spaventata e la cosa la preoccupava.
“Mmh... sarà difficile. Almeno è una giornata calda, probabilmente sarà uscita con delle amiche... però Sciroccopoli è la città dell’intrattenimento e della pazza gioia. Il tutto ci concentra nel lato destro e il quartiere nord della città... oppure all’esterno, nell’imbocco del ponte Freccialuce, ci sono diversi artisti di strada... però c’è anche ma Metropolitana, che porta a Roteolia...” borbottava Pure, facendo crescere l’ansia nei due ragazzi di Amarantopoli, che sbarravano gli occhi sempre di più.
“Ok, sarà un casino” decretò Rein, scuotendo la testa affranto.
“Dici?” commentò Pure, senza l’ombra di sarcasmo. Il ragazzo la guardò male e la bionda sospirò.
“Aspettate qui un secondo” ordinò, per poi fiondarsi dentro a una porta. Solo in quel momento il Guardiano fece realmente caso a dove era finito. Era una lunga galleria piena di gente, interamente fatta di vetro e metallo, climatizzata e con colorati negozi ad ogni angolo. Grandi e vivaci striscioni informarono il ragazzo di essere arrivato nella ‘Galleria Solidarietà’. La gente parlava, comprava e trattava con il sorriso sul volto e ogni tanto, da qualche parte, si levavano spruzzi di coriandoli.
Fujiko li raggiunse nuovamente dopo due minuti, cartina e penna alla mano, presi all’ufficio informazioni nella quale era entrata.
“Ok. Segniamoci tutti i punti in cui può essere quella ragazza” decretò. Nella lista finirono la Palestra di Sciroccopoli, l’ex Palestra con le montagne russe, la Ruota Panoramica, il Ritrovo dei Girovaghi fuori città, il Campetto, lo Stadio Stellare, il Teatro Musical, la Stazione Ruotadentata, Roteolia e la Casa Esami.
“Cavolo fritto, è un sacco di roba!” sbuffò la bionda, osservando la mappa con occhio critico.
“Davvero. Io direi di osservare anche la Galleria. Se proprio dobbiamo fare un giro turistico, facciamolo bene” fu la risposta di Rein.
“E io che non avevo voglia di fare il terzo incomodo” sospirò Pure con un’espressione rassegnata ma divertita. Gli altri due sgranarono gli occhi. “Che c’è?” chiese allora la ragazza con i capelli verde mare, sorpassandoli e iniziando a guardarsi in giro.
“Ehm... andiamo” tagliò corto l’imbarazzatissimo Guardiano, mentre diventava rosso in viso. Dalla Pokéball appesa alla sua cintura, sentì un profondo senso di divertimento liberarsi da Ho-Oh.
Girarono per un quarto d’ora l’affollata Galleria, ma non c’era nessuno che potesse assomigliare anche lontanamente alla ragazza. Così, depennarono quel posto dalla lunga lista e se lo lasciarono definitivamente alle spalle.
“Ok. Adesso. Dove si va?” domandò Fujiko, guardandosi attorno. Ci fu un attimo di silenzio generale.
“Ho un’idea!” trillò all’improvviso Pure, prendendo i due biondi per mano e trascinandoseli dietro diretta al Parco Divertimenti di Sciroccopoli.
‘Oh-oh pensarono all’unisono i due, preoccupati, mentre si scambiavano uno sguardo perplesso.
“Eccoci qui!” esclamò Pure, mollando la presa di fronte alla Ruota Panoramica. I due ragazzi, massaggiandosi il polso, alzarono il naso osservando la Ruota in tutto il suo altissimo splendore.
“Woah” si lasciò sfuggire Fujiko, mentre il ragazzo accanto a lei annuiva.
“Forza! Salite!” li spinse Pure, convinta.
“E perché?” si imbarazzò di nuovo Rein, impiantandosi e scoccando veloci occhiate alla ragazza che gli stava di fianco.
“Sulla Ruota si sale solo in coppia e noi siamo in tre. Io resto giù a vedere se per caso la scovo. Voi controllate dall’alto. Giusto?” spiegò lei, con una nota di impazienza continuando a spingerli.
“Ma perché noi due? Insomma, voi siete amiche, andateci voi” chiese di nuovo, incespicando.
“Perché sì. Ti ho già detto che non voglio fare il terzo incomodo. E poi, in caso, io sono più veloce e le starei dietro con maggiore facilità. E poi, quando scendete, vi dirò dove siamo con la telepatia. Ora tenete la cartina e salite” s’inalberò quella. Fujiko sospirò.
“Vieni, andiamo”. Buttò gli occhi al cielo e prese il polso di Rein, sempre più imbarazzato e impacciato. Vennero fatti accomodare su una delle cabine e subito Fujiko si appiccicò al finestrino, tentando di riconoscere tutte le località segnate sulla mappa e scrutandone, per quanto possibile. I dintorni.
Il ragazzo, invece, se ne stava seduto dritto paletto sul sedile, con lo sguardo vuoto.
“Hai intenzione di aiutarmi?” gli rimbeccò Fujiko, senza staccarsi dal finestrino.
“Oh... ehm... certo”.
 
Pure aveva aspettato di vederli partire sulla ruota prima di iniziare a guardarsi attorno. Non si era mai trovata particolarmente a suo agio in mezzo alla gente, aveva sempre preferito i Pokémon. Erano più gentili, più puri. Ma ormai aveva capito che lei, pur essendo in parte una di quelle creature, restava anche un essere umano.
Trovare altre persone come lei, altri Guardiani, era stata una rivelazione. Era incredibile quanto quelle persone, pur tutte diverse tra loro e magari non simpatiche appieno, le infondessero sicurezza. Erano diversi da tutte le persone che aveva conosciuto o osservato, ma non erano neanche del tutto Pokémon.
Erano come lei, la comprendevano quasi meglio del fratello.
N.
Le mancava davvero molto. Erano ormai passati un paio di mesi, forse tre. Non aveva mai osato chiedere di poterlo vedere, anche perché c’erano sempre cose nuove da vedere, da imparare, da conoscere.
Certe volte, quando ci pensava, accarezzava il Chiarolite, sperando che Reshiram trasmettesse a Zekrom il suo messaggio per il fratello. Un paio di volte aveva sentito una presenza rassicurante, ma non sapeva a chi attribuire quel sentimento.
Anche in quel momento, infilò una mano nella grande tasca dei pantaloni, sfiorando la pietra bianca. In un primo momento avvertì solo una sensazione di disagio, di diversità. Poi, comprese.
La pietra era inspiegabilmente calda.
- Ehm... Fujikooo...? – chiamò.
- Dica – rispose subito quell’altra.
- Abbiamo un problemino – borbottò Pure.
- Del tipo? –
- Mi sta andando a fuoco una tasca –
- ...Eh? –
- Il Chiarolite. È caldo. Brucia. Ahia! -. Pure ritirò fuori di scatto una mano, la pelle arrossata e calda. Subito dopo, dalla sua tasca schizzò fuori il Chiarolite che rimase a levitare di fronte a lei per un paio di secondi.
Poi prese fuoco e saettò via da lei.
“Che cosa...? FERMO LÌ!” urlò la Ragazza, mettendosi a correre velocemente dietro alla pietra, che saettava tra le persone urlanti.
“Scusatemidispiacenonlofaccioappostacredetemi” continuava a sproloquiare la ragazza mentre si gettava all’inseguimento di quella strana sorte di meteorite.
- Pure? – la chiamò Fujiko, confusa, dopo aver visto
- DOPOOOOOO!!!! – fu la risposta urlata sia nella mente che non di Pure, mentre si dirigeva nella palestra, che era anche una passerella di moda. Dal rumore che proveniva da essa, sembrava ci fosse una sfilata in corso.
‘Santissimo guano’ imprecò mentalmente Pure, fregandosene di tutta la sicurezza del mondo e assumendo la forma Guardiana. I lunghi capelli si sfumarono di viola e gli occhi da verdi divennero rossi.
Si mise a correre ancor più velocemente, lanciando spruzzi d’acqua contro la pietra, ma quelli evaporavano prima che riuscissero anche solo a sfiorare le fiamme. ‘Cavolocavolocavolocavolocavolo’ continuava a ripetersi a macchinetta, mentre il Chiarolite si infilava dentro le porte automatiche della Palestra, liquefacendole tanto da permettergli di passare.
 
“Ma che caaavolo sta succedendo lì?”. Fujiko era premuta contro il vetro, con il naso schiacciato. Aveva visto questo proiettile infuocato con Pure appresso entrare nella Palestra.
“Ok, questo non va bene” decise, prendendo la forma Guardiana all’istante, mentre il ragazzo fissava ancora il punto dove il Chiarolite aveva preso fuoco. “Rein!”.
Fu allora che il ragazzo si riscosse, afferrando la mano alla bionda e ritrovandosi un secondo dopo ai piedi della ruota panoramica, nascosti tra dei cespugli.
Neanche il tempo di fare un passo che la Palestra di Sciroccopoli esplose.
 
Si guardò allo specchio. Mascara a posto, matita ok, ombretto giusto. I capelli biondo platino erano perfetti, tenuti in ordine da lacca e forcine in quantità. Il vestito le stava alla perfezione e quelle poche pieghe che si erano formate le lisciò immediatamente con un pratico gesto della mano.
“Shiho! È il tuo turno”.
“D’accordo”.
Era il momento. E Lei era pronta. Si alzò, in equilibrio sui tacchi, non vertiginosi ma comunque abbastanza alto. Camminò con grazia fino all’entrata, ancora nascosta agli occhi delle persone da un pesante drappo di stoffa rossa. Ciononostante, vedeva chiaramente i riflettori creare giochi di luci e udiva mormorii eccitati e gli applausi.
Presto sarebbero stati per lei. “Snivy” chiamò calma, e un Pokémon serpentesco la raggiunse saltellando.
La compagna prima di lei rientrò ed entrambe, Pokémon e modella, affilarono il loro sguardo in un’espressione di seria superiorità.
“Andate”.
Shiho iniziò a camminare lentamente assieme alla creaturina che le stava affianco, scrutando la folla e lasciandosi ammirare e fotografare.
Era a metà passerella quando iniziò a sentire qualcosa provenire dall’esterno. Erano urla spaventate. Il pubblico era ammutolito e fissavano la porta perplessi e preoccupati.
‘Non devi fermarti. Per nessun motivo’ si disse lei continuando a camminare, anche se nei suoi occhi grigi era passata un’ombra di incertezza.
Fece solo altri tre passi prima che un ‘qualcosa’ liquefacesse la porta e si piazzasse davanti a lei, incendiando i dintorni e circondandola con il fuoco. Fluttuava di fronte a lei come se la cercasse.
Fuoco.
Lei ne era sempre stata attratta e sapeva che quello non poteva ferirla, anzi, l’aveva sempre protetta, come quella volta che era stata avvicinata da dei mascalzoni nella sua città natale, Austropoli. Aveva urlato e delle lingue di fuoco si erano mostrate in suo soccorso.
“Tesoro, così non va bene” le aveva detto sua mamma un giorno, quando l’aveva sorpresa a guardare un foglio bruciare dopo che lei aveva evocato le fiamme con la forza del pensiero. “Devi imparare a controllarlo”. E così era stato. Sua madre le aveva comprato quella Snivy, un Pokémon di tipo Erba, debole al fuoco, perché la figlia controllasse i suoi poteri.
Ma in quel momento si trovava di nuovo in mezzo al fuoco, con quella misteriosa sfera bianche che brillava. Era estranea alle urla di terrore di tutti, di Snivy che si era aggrappata terrorizzata alla sua gamba e al trucco che si stava sciogliendo sul suo volto.
Il Chiarolite iniziò a vibrare e a vorticare su se stesso, assorbendo energia e fuoco e diventando grande, sempre di più.
Poi esplose con un grido.
 
“Reshiram” boccheggiò Pure dopo che il muro d’acqua che aveva innalzato per proteggersi scompariva. Tutto attorno a lei bruciava, tende, riflettori, vestiti, persone, Pokémon. Si sentivano urla e gemiti di feriti. E, in mezzo a tutto quello, una ragazza stava in piedi, con un Pokémon abbracciato alla sua gamba, lo sguardo grigio perso negli occhi azzurri di Reshiram.
“Pure!”.
Fujiko e Rein entrarono di corsa, e il ragazzo cercò di contenere la violenza delle fiamme con un gesto della mano.
“Il fuoco non mi risponde!” esclamò preoccupato e sgranando gli occhi, agitandosi in preda all’ansia.
“Probabilmente perché è Reshiram che lo controlla. Nemmeno io sono riuscita a spegnerlo prima. Solo che ha fatto su un casino, non possiamo aspettare ancora!” sproloquiò la Guardiana di Suicune, mentre ignorava allegramente ciò che il suo Leggendario, rinchiuso nella Pokéball, le stava suggerendo.
“Ok. Ehm... tu! Tizia!” urlò improvvisando Fujiko, avvicinandosi alle fiamme che puntualmente si ingrossarono sbarrandole la strada. “Ok. Bel trucco. Ora tocca a me” borbottò, prima di circondarsi con una barriera psichica e addentrarsi nelle fiamme che la circondarono tentando di trovare una breccia.
“Ehi. Salve” Provò ad articolare riferendosi alla ragazza, che guardava la situazione circostante con gli occhi sbarrati. “Mi chiamo Fujiko. Ti stringerei la mano ma ecco, come vedi sono circondata dalle fiamme” buttò lì la bionda. ‘Che cavolo sto dicendo’ si ritrovò a formulare.
- Fujiko sei un disastro –
- Grazie dell’appoggio, Jirachi, te ne sono grata. Pensi di potermi dare una mano adesso? –
Il Leggendario uscì dalla sua Pokéball, mostrandosi a Reshiram.
“Reshiram! Calma questo fuoco, non distruggere nulla!” gli disse, volteggiando a un paio di metri dal muso del drago bianco. Quello, con un ruggito, fece scomparire le fiamme, permettendo così agli altri due Guardiani di avvicinarsi.
La ragazza ancora boccheggiava, sorpresa, mentre Fujiko le tendeva la mano, sorridendo.
“Non ti preoccupare, non è niente di cui devi preoccuparti. Dammi la mano”. Esitante, Shiho l’afferrò, come Pure e Rein afferrarono l’altra. In un battito di ciglia, loro non c’erano più.
 
_Deserto della Quiete_

Rispuntarono tra le tre statue di Darmanitan, di nuovo nel Deserto della Quiete.
Fujiko fece per parlare, poi decise che per quel giorno ne aveva abbastanza di magiare sabbia. Così, senza una parola, con solo Jirachi che le fluttuava attorno, entrò nel Castello Sepolto.
“Chi siete voi?” esclamò la ragazza, improvvisamente, stringendo a sé Snivy.
“Il mio nome è Fujiko e loro sono Rein e Pure. Questo è Jirachi e lui è Reshiram. Siamo Guardiani, tutti noi, anche tu. In pratica, siamo per metà Umani e per metà Leggendari, condividiamo con loro metà anima e questo ci conferisce poteri, capacità sovrannaturali e quant’altro. A quanto pare, tu sei la Guardiana di Reshiram, anche se non so quale sia l’appellativo adatto...”
“Guardiana della Verità”. La bionda sollevò un sopracciglio verso Pure. “Me lo ha detto Suicune. Sono la Guardiana dell’Acqua Pura” concluse poi, rivolta alla ragazza che era ammutolita nell’ascoltare quei discorsi per lei assurdi.
“Sì, ecco. Allora. Immagino che tu abbia molte domande, ma non sono esattamente la persona più adatta per dirti tutto. Ecco... qua non ci sono, ma la ragazza ‘veterana’ diciamo, quella che sa meglio le cose, ti spiegherà tutto quanto” farfugliò a caso Fujiko mentre gesticolava animatamente. Quella visione fece ridere di gusto Pure e anche sorridere la nuova arrivata, mentre Rein, che aveva imparato a conoscere l’impacciataggine della bionda, si schiaffava una mano sulla fronte.
Le labbra di Shiho si distesero in un flebile sorriso. Lanciò un’occhiata al drago che le stava accanto e che la stava studiando con occhio attento. Appoggiò una mano sulle piume morbide che lo ricoprivano e sentì un rassicurante calore dentro di lei.
Come se una parte di lei sopita in quel momento si stesse risvegliando e la stesse rassicurando. Quella ragazza le stava dicendo, o meglio, farfugliando, la verità.
“Ti credo. Io mi chiamo Shiho, o meglio, così mi chiamano tutti” disse semplicemente.
“Piacere Shiho!” trillò Pure, mentre sia Suicune sia Ho-Oh apparivano dalla loro pokéball. Li occhi grigi della ragazza brillarono di pura eccitazione mentre osservava tutti i Leggendari presenti.
“Ma... adesso? Che cosa facciamo?” chiese perplessa.
“Beh... “ disse la Guardiana dei Desideri, mettendole una mano sopra la spalla. “Diciamo che ora inizia il tuo ‘addestramento’!”
 

“In qualche modo, sento che è la mia strada, che è la decisione più giusta che io possa prendere. Ho sempre pensato che nulla mi avrebbe allontanato dal mio lavoro eppure... Reshiram... è una sensazione strana quella che ho, ma tutto questo è perfettamente reale”.
 

Angolino nascosto nell’ombra
Io, il 22: “Non ho un cavolo di ispirazione, ma devo iniziare a scriverlo, oddio che cosa faccio”.
Sempre io, il 23: “Ho... finito il capitolo. Ah”
Tanto per intenderci, io e la coerenza... *facepalm*
Almeno non sono in ritardo, rido.
Allora. Spiegazione veloce-veloce. Shiho, che è un personaggio di Blue_novemeber (a proposito, le ho cambiato il colore degli occhi per non farla troppo simile a Reshiram), essendo la Guardiana della Verità capisce immediatamente quando qualcuno le mente, quindi ha creduto subito a Fujiko perché sentiva che era cosa buona e giusta.
Ok.
Un’altra cosa, che mi pareva di aver già scritto ma non si sa mai. Non accetterò più personaggi per questa storia, perché tutto è già stato deciso.
Ok? Ok.
Ora ho finito. Alla prossima! 
 

Aura_

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 - Guardiane Rivali ***


Capitolo 25 – Guardiane Rivali


_Spiraria_

Ad Ayumi piaceva l’aria di mare e il profumo della salsedine. Le ricordava la sua infanzia, quando ancora rideva. Quando era piccola le piaceva ridere, ma col passare degli anni lo trovava stranamente complicato, privo di senso. E così ne aveva perso la capacità.
Kurai invece era indifferente alla cosa. L’odore del mare gli piaceva, gli era familiare, ma niente di più. Tuttavia, ammetteva di essere piuttosto rilassato.
Spiraria era una calma cittadina, piuttosto piccola. Era stata costruita attorno a una baia piuttosto profonda, adatta sia per i nuotatori che per gli amanti delle immersioni subacquee. E proprio grazie a queste ultime vennero scoperte delle costruzioni labirintiche e dall’utilità ignota sul fondo del mare, le Rovine degli Abissi.
Nessuno sapeva perché fossero state costruite, né cosa nascondessero. Tutti erano certi che nascondessero qualcosa, perché le labirintiche Rovine erano colme di trappole.
“Tu sai se davvero le Rovine degli Abissi nascondono qualcosa?” chiese il ragazzo ad un certo punto.
“Che io sappia, nulla. Forse sono state costruite da qualcuno con un particolare senso dell’umorismo. Oppure sono uno dei tanti nascondigli. Oppure ancora ci sono dei nascondigli nascosti da meccanismi che impediscono l’accesso agli ipotetici segreti. Non lo so, se ci sono cose che non mancano in questo mondo sono proprio le stranezze” rispose l’albina.
“Ti riferisci a noi?” domandò ancora Kurai.
“Anche, sì”.
Camminarono ancora per qualche istante in silenzio, costeggiando il bagnasciuga e ascoltando stracci di conversazioni delle amiche che si intrattenevano vicendevolmente mentre prendevano il sole. I bambini facevano castelli di sabbia e buche, correvano nell’acqua bassa schizzando ovunque e cercavano di sfuggire alle onde, cosa piuttosto facile dato che il mare era calmo.
Kurai dava un po’ nell’occhio perché indossava come al solito la felpa dall’ampio cappuccio, tirato su in modo da gettare un’ombra sul viso.
“Dai nell’occhio” gli disse Ayumi. L’altro grugnì.
“E allora?”.
“E allora... c’è il rischio che ci notino. E mi domando come tu faccia, dato che non è esattamente dicembre” ribatté impassibile la ragazza, strizzando gli occhi infastidita dalla luce.
“Esattamente che problema hai con il sole?” chiese l’altro, osservandola attentamente.
“Sono albina, ti faccio notare. Teoricamente non potrei stare al sole. Inoltre, Articuno è di tipo ghiaccio, ed essendo per metà lei non ho un grande amore per le alte temperature” spiegò la Guardiana anche tutto quello che stava dicendo le sembrava logico.
“Mmh. Io invece detesto la luce. È normale, essendo per metà Darkrai, no?” fece l’altro, con una domanda retorica. Ayumi scrollò le spalle e ricominciò a guardarsi attorno. “Di preciso, chi stiamo cercando?” chiese.
“Due ragazze. Shirley e Seir, mi pare. Non so di chi siano le Guardiane, ma mi pare che una abbia capelli neri e ricci, lunghi fino alle spalle, carnagione piuttosto scura e occhi azzurri. Invece Seir ha capelli blu lunghi e lisci con un ciuffo che copre l’occhio destro e il sinistro è verde. Anche lei ha la pelle leggermente scura, ma penso sia chiara di pelle e abbronzata” elencò con calma.
“E tutte queste cose te le ha dette Fujiko?” sollevò un sopracciglio Kurai. Ayumi scosse le spalle.
“Me le ha mostrate” rispose. Il ragazzo ridacchiò, senza allegria.
“Fino a quando hai intenzione di mentire?” chiese ancora. Nessuna reazione da parte dell’albina. “Mi sono svegliato e ho notato che battevi le palpebre come se fossi sveglia, ma i tuoi occhi erano completamente bianchi. La Previsione era tua, non di Fujiko. Ero tentato di seguirvi, quando vi siete allontanate per parlare, ma non penso che anche lei ne sappia molto. Perché?” disse ancora il ragazzo, secco.
“Ognuno ha i propri segreti Kurai. E non era una Previsione, su questo ti do ragione. Ma non mi spingerai a raccontarti la verità” rispose l’altra, calma.
“Come preferisci”. Erano entrambi di poche parole, l’una più introversa e l’altro più scontroso.
“Guarda là!” lo richiamò ad un certo punto Ayumi, indicando un punto piuttosto nascosto della spiaggia. Kurai aguzzò la vista, lo sguardo puntato sul punto indicato dalla Guardiana.
Dure ragazze stavano parlando sedute su degli scogli, mentre le onde carezzava loro i piedi scalzi. Assomigliavano in tutto e per tutto alla descrizione fornitagli dall’albina pochi minuti prima.
“Andiamo” disse, incamminandosi deciso.

“Certo che fa davvero caldo... ringrazio il mare!”. La mora buttò gli occhi al cielo.
“Sai com’è... è luglio. Il mese estivo. E quindi fa caldo. Tanto caldo. E poi, mi chiedo io, che hai contro l’estate. Ho capito che sei calorosa, ma un attimo di quel che si chiama ‘sopportazione’” sbuffò.
“Non tutti hanno il climatizzatore incorporato come te. Io il caldo lo soffro e continuerò a lamentarmi”.
“Non avevo dubbi”
“Oh, ma stai zitta! E se andassimo a rinfrescarci invece di discutere?”
“Buona idea. Anche se discuteremo anche a mollo, ne sei consapevole, vero?”
“Certo che sì”.
Le due ragazze si misero a ridere mentre  si tiravano in piedi sulla roccia frastagliata, con l’intenzione di correre e buttarsi in mare direttamente vestite. Non era un grande problema quello, i vestiti leggeri, anche pregni d’acqua, non le avrebbero appesantite più di tanto e il caldo le avrebbe asciugate in una manciata di secondi una volta fuori.
Ma prima che potessero mettersi a correre, notarono due figure fissarle con insistenza.
“Shirley. Per te chi sono. E, soprattutto, come diamine fa a stare un felpa quello?”
“Non ne ho idea Seir. Per entrambe le domande” sbuffò la mora in risposta alzando un sopracciglio in direzione degli sconosciuti. “Salve! Vi serve qualcosa?” domandò ad alta voce, mantenendo le distanze.
“Shirley e Seir, giusto?” domandò Ayumi, conscia dell’ovvia risposta affermativa. Le due si fissarono sbalordite.
“Chi cavolo siete?” ringhiò Seir, aggressiva.
“Vogliamo solo parlarvi” spiegò l’albina, pacata. Kurai sbuffò divertito.
‘Certo, solo parlarvi. Dobbiamo solo spiegarvi come mai sparirete dalla circolazione per tempo indeterminato’ pensò sarcastico.
“Non abbiamo niente di cui parlare. Fuori dalle palle” rispose Seir schietta, incrociando le braccia e fissandole con un cipiglio decisamente seccato.
“Ha carattere la ragazza” ridacchiò Kurai.
“Aspetta, Seir. Forse è qualcosa di importante. Vi manda qualcuno?” chiese cautamente Shirley.
“In un certo senso” rispose il Guardiano. “E sì, è piuttosto importante la faccenda” concluse, con uno sguardo di sfida verso Seir, che ringhiò in tutta risposta qualcosa che suonava vagamente come una maledizione imprecata.
“Bene. Cosa riguarda?” chiese Shirley, ignorando la collega e fissando negli occhi Ayumi.
“La vostra intera esistenza” fu la risposta schietta.
Ci furono degli istanti di puro silenzio. I quattro sguardi esprimevano emozioni diverse. Quello di Ayumi era calmo, terribilmente calmo. Kurai aveva gli occhi velati di ironica curiosità, come se fosse solo un commentatore esterno della scena. Seir sembrava vagamente perplessa e piuttosto seccata, mentre Shirley aveva lo sguardo sospettoso di chi non crede alle situazioni assurde.
“...certo. Ora verrete a dirci che siamo lupi mannari. Oppure dei maghi. Chi lo sa!” ironizzò con una risata amara la blu, fulminando l’albina con uno sguardo.
“Stiamo morendo dal ridere, puffo. Davvero” fu il commento acido di Kurai.
“Come mi hai chiamata?”
“Puffo”
“Io adesso ti...”
“SEIR! Ti prego. Tenta di fare le persona civile, per una volta” le rimbeccò Shirley, mentre teneva d’occhio Ayumi che non dava segno di voler intervenire ancora.
“IO? Ma se lui... ah! Lasciamo perdere, ma se mi provoca un’altra volta gli frantumo il setto nasale” minacciò di nuovo la ragazza. Shirley sospirò buttando gli occhi azzurri al cielo del medesimo colore.
“Oh, ho offeso la povera piccola puffa...” la sbeffeggiò Kurai con un ghigno. E Shirley non fece in tempo a recuperare la compagna che questa si era già lanciata contro il Guardiano.
Solo che la sua corsa fu bloccata da del ghiaccio materializzatosi ai suoi piedi. Lo stesso era accaduto a Kurai, in procinto di rispondere all’attacco.
“Ma che...?” chiese scioccata Seir, osservandosi le caviglie nascoste dalla patina bianca.
“Come hai fatto?” chiese invece la mora all’albina, che in un battito di ciglia aveva assunto la forma Guardiana bloccando i due litiganti.
“Ho fermato il bisticcio infantile di due bambini troppo cresciuti” fu la risposta, mentre incrociava le braccia al petto in un moto di disapprovazione. “Ora potete ascoltare ciò che ho da dirvi?”
Seir fece per ribattere, ma Shirley la zittì con una mano.
“Insomma! Proviamo ad ascoltarli, almeno. Se poi non è una cosa seria, non ci mettiamo niente ad andarcene” sbottò, mezza esasperata. La blu scrutò in cagnesco sia lei che gli altri due Guardiani, poi con uno sbuffo si arrese e tornò a sedersi sugli scogli, dato che Ayumi aveva rapidamente fatto sparire il ghiaccio.
“Molto bene. Tu prima mi hai chiesto come riuscissi a fare ciò che ho fatto. Questo è perché io non sono completamente umana. Esattamente come Kurai e come voi due. Noi siamo Guardiani, degli Umani n cui è stata impiantata mezza anima di un Pokémon Leggendario al posto di metà della nostra. Questo ci conferisce poteri e caratteristiche fuori dal comune, che di sicuro avete”. A quelle parole, sia la mora che la blu boccheggiarono, stupite.
“Direi che questa è una conferma bella e buona” commentò Kurai, serio, mentre si sfilava il cappuccio e lasciava che l’aria salmastra gli carezzasse i capelli. “Io sono il Guardiano degli Incubi, custodisco dentro di me una parte del Leggendario Darkrai. Mi chiamo Kurai Miura” borbottò poi, incrociando le braccia.
“Io sono Ayumi Sato, La Guardiana dei Venti Gelidi, ossia di Articuno” disse invece Ayumi. “Noi non sappiamo chi siete voi o che Leggendario vi abbia affidato, pur inconsapevolmente, la sua anima. Ma non possiamo lasciarvi andare” concluse.
“Come? Che vuoi dire?” sbottò Seir, nascondendo il suo spavento con la rabbia.
“Questa è una strada a senso unico. Almeno fino a quando non liberiamo la corsia del ritorno dagli ostacoli” commentò il ragazzo guardando la blu senza espressione.
“Che significa? Quali ostacoli?” domandò Shirley, che pareva più confusa che altro.
“Gente che ci vuole morti”.
Il silenzio che si andò a creare era interrotto solo dalle onde che si infrangevano sugli scogli, schizzando con goccioline salate i quattro presenti.
“Voi siete pazzi” sussurrò infine Seir, alzandosi in piedi e stringendo i pugni.
“Io non credo” ribatté Shirley, attirando l’attenzione su di lei. “È vero, ho un qualcosa di particolare. Una voglia a forma di triangolo rovesciato, rossa, sul petto. E poi... e poi c’è la mia... amica. Se così possiamo chiamarla” continuò, passandosi una mano fra i capelli ricci, titubante.
“Un’amica? Che genere di amica?” domandò Kurai accigliandosi.
“Non vorrai raccontarglielo sul serio, spero!” interruppe Seir nuovamente. L’altra sbuffò infastidita, per poi girare i tacchi e iniziare a camminare, inseguita subito dalla blu che le intimava di fermarsi.
Ayumi e Kurai le seguivano a poca distanza, non dopo essersi scambiati uno sguardo perplesso. Li stavano portando in una spiaggia nascosta da un’alta scogliera, esattamente affiancando le Rovine degli Abissi.
Shirley si fermò dopo una cinquantina di metri, con l’acqua fino alle ginocchia, chiuse gli occhi e tese una mano, aspettando.
Dopo qualche istante, qualcosa schizzò fuori dall’acqua ad una velocità impressionante, fece qualche giravolta e si fermò di scatto davanti alla mora, con un versetto acuto.
“Latias!” esclamò Ayumi allora, stupita di vederla lì. La Leggendaria si voltò nella sua direzione e si avvicinò strusciando la sua fronte sulla guanci della ragazza, riconoscendola.
“La tua amica è un Pokémon Leggendario?” borbottò Kurai, sorpreso.
“Sì. Ho incontrato Latias qualche mese fa e lei non ha più voluto andarsene. Si nasconde nelle Rovine degli Abissi, per quanto ne so. Dopo un paio di giorni mi sono accorta di poter comunicare con lei telepaticamente. Condividiamo pensieri, avvenimenti, segreti, emozioni. È come se... se avessi trovato un’altra me stessa. E, paragonandolo a ciò che mi avete raccontato, sembrerebbe proprio così” spiegò Shirley.
“La Guardiana dello Specchio” mormorò Ayumi, fissando Latias. “Dov’è Latios?” le chiese.
“È anche lui nelle Rovine. Proteggiamo l’altra Guardiana, chiunque lei sia” rispose la Leggendaria.
“Sapevate che era una Guardiana?” chiese Kurai, accigliandosi. “Pensavo che in caso di ritrovamento, doveva essere comunicato ad Arceus o a Giratina”.
“Ha un’aura potente” rispose Latias, confusa.
“Latias, anche Seir è una Guardiana delle Leggende. Hai avuto una buona idea a difenderla, nonostante il tuo dubbio” disse l’albina rivolgendosi alla Leggendaria.
“Dubbio?” chiese Seir.
“Lei ha sentito la tua aura, che è particolarmente potente. Così ha dedotto che tu fossi un Guardiano dell’Aura o Ammaestratrice delle Anime. Insomma, un comune essere umano che sa governare la propria Aura. Non sono molti quelli che possiedono queste capacità” spiegò la Guardiana dei Venti Gelidi, calma.
“E invece sono anche io un meticcio come voi, a quanto pare” sputò aspra la blu, calciando un sasso.
“Loro sono qui” disse Latias all’improvviso.
“Loro? ‘Loro’ chi?” domandò Kurai.
“Loro, stanno arrivando!” ripeté Latias, allarmata, per poi lanciare un verso in direzione del mare. Dopo pochi istanti, una seconda figura li raggiunse a gran velocità.
“Dobbiamo andare. Stanno arrivando” disse Latios.
“Di chi stanno parlando?” sbottò Kurai, mentre le due neo Guardiane salivano in groppa ai due Eoni.
“Non lo so con sicurezza. Ma se sono così spaventati non è una cosa buona. Andiamocene” decretò Ayumi, seria. In risposta a un muto comando, Articuno e Darkrai uscirono dalle loro sfere e si Unirono ai rispettivi Guardiani.
Giusto qualche istante dopo stavano sfrecciando sopra l’acqua salmastra, puntando verso il largo.

_Tempio Abbondanza_

Solo quando la spiaggia e Spiraria non furono più visibili rallentarono, così da potersi parlare.
“Adesso dove andiamo?” chiese Ayumi, che al contrario dei tre presenti non conosceva Unima.
“Al Tempio Abbondanza. È sotto la protezione di Landorus, non penso avranno la brillante idea di arrivare là e fare fuoco a volontà. Non dopo che quei tre dalle capigliature strane e futuristiche sono stati inglobati dalla terra e dalle piante per averlo fatto. Spero che trarranno esempio” sbuffò Shirley, sistemandosi meglio sul dorso di Latias.
“Inglobati dalla terra?” chiese Kurai.
“Sì. Scomparsi. E non ne capiamo il motivo. Comunque sono morti, e questo ci basta” rispose Seir, con assoluta noncuranza.
“Landorus protegge i raccolti. Ha fatto in modo che quei tre venissero mangiati dalla terra, così che si decomponessero e diventassero fonte di nutrimento per qualcos’altro” rifletté Ayumi. Shirley fece una smorfia schifata.
Intanto, il profilo di un nuovo complesso roccioso si era stagliato all’orizzonte e si ingrandiva sempre di più. Una grande cascata si diramava in tante più piccole. Le risalirono velocemente, puntando in un piccolo spiazzo circa pianeggiante dove alberi, erba e zone coltivate si alternavano costantemente. In cima, sulla collinetta più alta, sorgeva un piccolo tempio.
“È sicuro farci veder dalla gente che abita questo posto?” chiese Kurai, dubbioso.
“Sì. Il Tempio Abbondanza è uno dei pochi luoghi dove i Leggendari si mostrano ancora, come le Isole Orange. Non so se sappiano di noi Guardiani, ma sicuramente non ci faranno molte domande. La gente che abita questi luoghi praticamente sacri è rispettosa nei confronti dei ‘protetti’ dei Leggendari” spiegò Ayumi, mentre sgusciavano fuori dal bosco, atterrando sull’erba soffice. L’albina e il moro sciolsero l’Unione, rimanendo fianco a fianco con i loro leggendari.
“Immagino non ci siano più molti di questi luoghi” mormorò Shirley.
“No, infatti. A parte questo e le Isole restano la Fonte Saluto e il Vetta Lancia a Sinnoh, la Valle dei Pokémon a Kalos, la Fossa Gigante e il Bosco del Giuramento qui a Unima, la Torre Occulta, le Isole Vorticose, la Tana del Drago a Johto e le Rovine Sinjoh a metà tra Sinnoh e Johto. A Sinnoh è sicura anche Memoride, mentre a Hoenn ci sono una serie di posti minuscoli e praticamente sconosciuti dove alcuni Pokémon leggendari trovano riposo. Come avrete notato, la maggior parte di essi non sono abitabili da persone, per cui il numero si riduce ancora. Ciononostante non ho elencato le dimensioni, come Paradiso Fiore e Spazio Origine. Questi sono innumerevoli e credo che Nessuno sia a conoscenza di quante siano o dove si trovino” elencò Ayumi.
“Com’è che tu sai tante cose?” chiese sospettosa Seir.
“Sono stata cresciuta da alcuni Leggendari, dopo che le stesse persona che presumo ci stavano inseguendo avevano ammazzato mia madre, anche lei una Guardiana” rispose piatta l’albina, voltandosi in direzione delle due con gli occhi che dicevano un chiaro ‘non ne voglio parlare’.
“Oh” si limitò a rispondere Seir, imbarazzata.
Arrivarono di fronte al tempio, dove rimasero in piedi, in silenzio, a capo chino a rendere omaggio al Pokémon che offriva loro protezione, almeno momentaneamente.
“Bene. Che facciamo adesso?” chiese Shirley.
“Si prosegue. Tu, essendoti già ricongiunta alla tua Leggendaria, hai già accesso al Paradiso Parallelo. Ma Seir invece... lei no. E muovendoci in così tanti rischiamo di attirare troppo l’attenzione. Quindi... io accompagnerò Seir. Voi invece tornate al Paradiso Parallelo. Latios... ti chiedo di restare con noi. Latias sarà al sicuro nel Paradiso Parallelo” decise piano Ayumi.
“Va bene” acconsentì Kurai. “Cercate di non morire” concluse poi, dopo qualche attimo di silenzio.
Prima che qualcun altro potesse aggiungere qualcosa, un portale nero come la notte risucchiò Shirley, Latias, Kurai e Darkrai.
“Bene. Adesso proviamo a capire qualcosa su di te. Per esempio che cos’hai di particolare” sospirò Ayumi, passandosi una mano sul viso, stancamente.
Con un sorriso strano, Seir si strappò un guanto sulla mano destra che prima l’albina non aveva notato. Rivolgendole il dorso della mano, la ragazza si scostò il ciuffo che le copriva l’occhio.
Due simboli. Sul dorso della mano, una voglia blu che ricordava la lettera greca alpha. Mentre l’iride dell’occhio aveva un colore diverso da quella sinistra.
L’occhio destro era rosso.

“Come potevo immaginare che dietro a una strana e fantastica amicizia si nascondesse una cosa del genere? Cosa sta succedendo in realtà? Da cosa sono stata salvata quel giorno da Landorus e oggi da questi ‘Guardiani’?”

Angolino nascosto nell’ombra
C’è l’ho fatta.
Il capitolo fa leggermente pena, ma ce l’ho fatta comunque.
Non succede niente di eclatante, anche se sono soddisfatta della morte dei tre nemici che, a proposito, sono Giovia, Martes e Saturno.
Volevo fare una precisazione sull’arco temporale, perché... boh, ho paura che non si sia capito. La  storia è iniziata a maggio, con il ritrovamento di Fujiko, eccetera. Poi, passa più o meno un mese quindi giugno e ritrovano Rein. E prima del capitolo 23 (guidami) passa un altro mese, quindi siamo a luglio.
D’ora in poi ci saranno spesso salti così, anche di un mese tra un capitolo e l’altro. Sì, quando arriveremo al capitolo 28 sarà circa inizio ottobre.
Perché sì (?)
Bene. Ora, i nuovo personaggi. Seir appartiene a, indovinate un po’, seir_yume. Invece Shirley è di silviettina9999 che... non segue questa storia nemmeno lei. Però mi ha detto che ‘se non mi dai Latias ti azzanno’ o qualcosa del genere, e quindi eccola qui.
Queste due, con Ayumi e Seo-Yun, saranno anche in altre mie storie in altri fandom, perché sono le nostre quattro alter-ego e quindi sono ovunque, come noi.
Ho visto che c’è qualcuno di nuovo che segue la storia, grazie mille, siete fantastici.
Grazie a voi che leggete e recensite e altro (?) la storia. A presto!

Aura_

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 - L'Evocazione del Mare ***


Capitolo 26 – L’Evocazione del Mare

 

_Grotta Falesia_
 
Non c era voluto molto per capire che Seir era la Guardiana degli Oceani, ossia aveva dentro di lei una parte dell’anima di Kyogre. Ayumi non ne era rimasta colpita, molte caratteristiche le appartenevano.
Solo il fatto che fosse una gran testa calda non concordava troppo con il suo Leggendario, che di natura era calmo e si scatenava solo in alcune occasioni.
Tipo Groudon.
Ma Seir sembrava voler attaccare briga con qualsiasi cosa respirasse, cosa che, no, decisamente non tornava.
L’albina sospirò. Ci mancava solo la versione più vulcanica e ghignante di Kurai. Prima o poi quei due si sarebbero ammazzati, sicuro. O avrebbero distrutto qualcosa.
“Dove stiamo andando di preciso?” chiese Seir, sistemandosi meglio sulla groppa di Latios una volta che ebbero rallentato. Durante tutto il tragitto non aveva aperto bocca, troppo presa dal volo ad alta velocità che, con ogni probabilità, le avrebbe trascinato via la voce, persa nel vento.
“A recuperare le tre sfere” rispose la Guardiana dei Venti Gelidi.
“Che sfere?” domandò subito l’altra.
“La Sfera Blu, la Sfera Rossa e la Sfera Verde. Sono tre... possiamo chiamarli talismani, credo. Oppure sono tipo dei contenitori. Contengono l’energia vitale di Kyogre, Groudon e Rayquaza e sono quindi necessarie per il loro risveglio” spiegò Articuno.
“Le sfere sono conservate nella Torre Occulta, che si trova a ovest da qui. È un edificio che pare decadente e privo di qualunque utilità, poco più di un santuario abbandonato. Ma tutte le persone che sono a conoscenza di questa antica costruzione non sanno leggerla. È vero, non è esattamente... integra, diciamo così. Però è ancora in tutto e per tutto un Santuario” continuò Ayumi.
“In che senso ‘non lo sanno leggere’?” chiese ancora Seir, sempre più confusa.
“Lo vedrai” rispose Articuno, prima di appiattire le ali contro il corpo e lanciarsi in picchiata, planando solo quando furono a pochi metri dall’acqua. Volavano bassi, le piume della Leggendaria sfioravano la superficie salmastra.
Aggirarono un grosso complesso roccioso incredibilmente alto, con guglie che si stagliavano verso il cielo terminando in punte aguzze. E c’era silenzio. Come in quasi tutti i luoghi ritenuti sacri ai leggendari. Era un silenzio perfettamente immobile, rotto al massimo da suoni puramente naturali, in questo caso, le onde che si infrangevano delicatamente sugli scogli.
Puntarono contro le rocce aggirandole fino a che non riuscirono ad insinuarsi dentro quelle guglie.
Sembrava l’interno di un cratere. L’acqua era blu scuro, indicando una profondità incredibile. Da lì affioravano le pareti del ‘vulcano’ che si slanciavano verso il cielo azzurro.
E, in mezzo a questi tre elementi, sorgeva la Torre Occulta, una sorta di enorme colonna nera e coclide, che sembrava essere costruita con il mare e la roccia, o meglio, sembrava che fossero collegate come in un'unica costruzione.
La torre affiorava dalle onde, aveva le fondamenta piantate in quella fossa blu scuro. Svettava verso l’alto quasi unendosi alla roccia che l’abbracciava completamente, per poi stagliarsi contro il vento che l’avvolgeva. Diversi solchi attraversavano la pietra nera con la quale era costruita, illuminandosi a intermittenza di tre colori diversi: verde verso l’alto, rosso al centro e in basso si intravedeva un bagliore blu tra i flutti.
“Nella torre sono presenti tre fori. Uno sottomarino, uno sul retro nelle rocce e uno sulla cima della torre. Sono tre ingressi per i tre Leggendari cui la torre è dedicata” disse Articuno mentre si avvicinavano.
“Li andremo a vedere?” fece Seir, curiosa.
“Purtroppo non siamo qui in gita. Dobbiamo agire alla svelta e arrivare in cima o in fondo alla torre non ci sarà di nessun aiuto. Quello che ci interessa è il primo piano sotterraneo, la ‘Stanza Custode’” rispose Ayumi.
 
_Torre Occulta_
 
La torre, in tutta la sua magnificenza e altezza, aveva un totale di soli cinque piani. Il ‘piano terra’ era chiamata la ‘Stanza dei Segreti’, e questi non erano mai stati svelati. O almeno, non dai comuni esseri umani. Sotto di essa c’era la ‘Stanza Custode’, dove venivano, appunto, conservate le sfere. Invece, al di sopra, stava la ‘Stanza della Terra’, con l’entrata nella roccia per Groudon. La ‘Stanza del Cielo’ era situata in cima alla torre, esattamente all’apice, a stretto contatto con il vento. Al contrario, la ‘Stanza del Mare’ era stanziata nelle fondamenta, dove la sabbia marina fungeva da pavimento.
“Io e Latios staremo qui. Nel caso si avvicini qualcuno, li terremo a distanza di sicurezza dall’ingresso. Fate in fretta” raccomandò Articuno.
Le due annuirono e saltarono nell’anello di acqua bassa che circondava la torre, prima dell’abisso. Davanti a loro c’era una scala della stessa pietra nera, resa viscida e scivolosa dall’erosione delle onde e dalle alghe. Le salirono con attenzione, varcando il portone rettangolare decorato solamente da quelle strisce luminose che persistevano anche all’interno della Torre.
L’interno era circolare e privo di qualunque ornamento o interno. Privo di qualunque cosa.
Apparentemente.
Anche il pavimento era disegnato, in tre modi diversi. Ogni disegno si illuminava di un colore diverso, che si alternava ordinatamente.
“Questa è la ‘Stanza dei Segreti’ e unica sala fino ad adesso visitata. Ti mostro una cosa” disse la Guardiana dei Venti Gelidi, camminando verso i muri e fermandosi a qualche passo di distanza da essi. “Guarda” aggiunse allora, indicando qualcosa ai suoi piedi all’altra.
O meglio, qualcosa che non c’era. Mancava una buona mezzaluna di pavimento a contatto con il muro, creando una fessura di circa un metro che si confondeva con il nero della pietra.
“Che senso ha?”  sbottò stupita la Guardiana dagli occhi bicrome.
“Ha senso. Un senso che nessuno vede perché è celato. Ricordi che ti abbiamo detto? Un piano sopra ed un piano sotto. Che cosa manca?”. Ayumi parlava come se quello fosse soltanto un indovinello inventato per distrarre i bambini nelle giornate temporalesche.
“Le scale... ma qui non ci sono...” obbiettò Seir.
“Anche quelle sono celate. Per questo questa è la stanza ‘dei Segreti’. Qui dentro c’è di tutto, ma quasi nessuno lo sa. Bisogna imparare a leggere la stanza. E le risposte stanno in questo disegni” disse ancora lei, indicando il pavimento.
“È tipo un grosso puzzle?” chiese la ragazza, sgranando gli occhi.
“Esatto. Guarda”.
Si avvicinarono nuovamente al centro della stanza, dove l’albina mostrò all’altra come ci fossero tre cerchi vicini, messi a formare un triangolo. Ogni cerchio si colorava di una sola tonalità diversa dalle altre.
Ayumi ci si inginocchiò vicino.
“I due cerchi alla base sono Groudon e Kyogre, mentre quello all’apice è Rayquaza. Questo perché i primi due sono spesso e volentieri in conflitto, mentre il terzo li osserva dall’alto, impedendo che si scannino troppo a vicenda. Inoltre, il cielo sovrasta sia la terra che il mare. Per questo, il grande drago dei cieli è considerato l’elemento chiave dell’equilibrio tra il trio, e quindi il suo cerchio è la chiave che apre i segreti contenuti nella torre, che riguardano tutti e tre. Poi, si segue l’ordine della torre” spiegò la Guardiana.
“Ma si parte a fare cosa?” ribatté l’altra, confusa.
L’albina non rispose, ma attese che il cerchio superiore si illuminasse di verde. In quel preciso istante, velocemente, ne tracciò il contorno con il dito prima che la luce svanisse. Così facendo, la figura continuò a brillare smeraldina. Toccò poi al segno rappresentante Kyogre e infine a quello di Groudon, sempre con lo stesso procedimento.
Quando ebbe terminato, la ragazza si ritirò in piedi e affiancò nuovamente la Guardiana degli Oceani, che manteneva lo sguardi bicrome fisso sui tre cerchi, che erano rimasti illuminati dei loro colori.
Tutta la struttura smise di brillare all’improvviso, fatta eccezione per i tre simboli che, al contrario, divennero bianchi. La situazione rimase in un punto di stallo per alcuni momenti.
Poi, sembrò che i tre cerchi ‘sparassero’ la luce bianca in ogni solco della torre, illuminandola e mostrando tutti i disegni in una volta.
Seir sentì alle sue spalle un suono come di pietra trascinata e, voltandosi, notò che esattamente nel punto del solco a mezzaluna che percorreva il muro, stavano nascendo delle scale, spuntando fuori dalla parete.
“Cavolo” commentò, impressionata.
“Andiamo. Primo piano sotterraneo” le rispose Ayumi, avviandosi verso la scalinata e iniziando la discesa verso la ‘Stanza Custode’, poggiando con attenzione un piede dopo l’altro.
“Questo posto non è consigliabile per chi soffre di vertigini. A quanto pare quando l’hanno costruita ‘sta torre non avevano ancora ben presente l’idea di ‘corrimano’” borbottò la ragazza dai capelli blu, cuccando al di sotto.
“Questo non te lo so dire” fu la risposta dell’altra. La Guardiana degli Oceani ridacchiò.
La ‘Stanza Custode’ era in tutto e per tutto analoga alla precedente sala, fatta eccezione che si trovava tre metri abbondanti sotto il livello del mare, che si poteva sentire se appoggiavi l’orecchio alle pareti.
E poi c’erano gli altari con le tre sfere. Rispettavano la posizione dei tre cerchi posti al piano superiore e anche i colori. Infatti i tre materiali con cui erano costruiti sembravano brillare delle stesse luci che attraversavano la torre, prima che questa diventasse bianca. Erano fatti di zaffiro, rubino e smeraldo. Inoltre erano sagomati. Quello blu ricordava una sorta di onda arricciata su se stessa, quello rosso un vulcano dalle pareti frastagliate e quello di Rayquaza una sorta di tornado abbellito con delle nuvole.
“Sono cavi all’interno e sono posizionati sui disegni. Così, quando si illumina il disegno di uno dei tre, il rispettivo altare brilla. E adesso, con la luce bianca, risplendono tutti e tre” spiegò l’albina, avanzando al centro del triangolo.
“E adesso?” chiese Seir, raggiungendola.
“Prendiamo le sfere” rispose subito la Guardiana dei Venti Gelidi.
“Sul serio? Voglio dire... se le tocchi non ti arriva niente in testa... che ne so... una statua di Claydol gigante che ti spiaccica come una sottiletta” se ne uscì l’altra, gesticolando animatamente. Per tutta risposta, Ayumi sollevò un sopracciglio.
“No” disse semplicemente, mantenendo quell’atteggiamento interrogativo. L’altra ridacchiò imbarazzata.
“Ho visto troppi film d’azione. Sai... il PokéWood” provò a spiegare, ma l’altra scosse la testa.
“Non ho presente. Che cos’è?” chiese, curiosa. L’altra spalancò la bocca, basita.
“Non sai cos’è il PokéWood? Incredibile, sei la prima persona che me lo dice!” sbottò, incredula. L’albina scrollò le spalle e le voltò le spalle, per prendere tra le mani la sfera di Rayquaza. Camminò poi fino all’Altare di Rubino, prendendo in custodia la Sfera Rossa.
“La Sfera Blu. Prendila” disse poi, secca.
Seir rimase ad osservarla attentamente chiedendosi per la prima volta quante ne avesse passate quella ragazza all’apparenza così fragile. Poi prese la Sfera Blu, quasi distrattamente.
La Visione la colse completamente impreparata.
Vedeva una grotta enorme, illuminata da fiaccole. Attorno a lei c’era una sorta di lago sotterraneo ed era immersa nell’acqua. Speculare al lago c’era anche una sorta di cratere dove ribolliva la lava. In mezzo a quello sorgeva una statua enorme di pietra grigia.
‘Groudon’
Seir sbatté le palpebre un paio di volte, rimettendo a fuoco l’interno della Torre Occulta, traballando. Ayumi la stava tenendo per le spalle, prevedendo l’attacco di vertigini.
“Che... diavolo... è stato?” boccheggiò la Guardiana degli Oceani.
“Una Visione. I tuoi occhi erano bianchi” spiegò Ayumi, calma.
“Ah. Sapevi che sarebbe successo?” chiese allora l’altra.
“No, ha colto impreparata anche me. Ma ho le mie supposizioni riguardo al perché sia successo. Che cosa hai visto?”. La ragazza dai capelli blu glielo raccontò velocemente, ancora scombussolata. “Come pensavo” sospirò l’altra.
“Io... ho visto con gli occhi di Kyogre...?” domandò scioccata la Guardiana.
Prima che l’albina potesse risponderle, la voce di Articuno rimbombò nelle loro menti.
- Ragazze, tempo scaduto. Qua sta arrivando qualcosa – disse solamente.
“Risaliamo, veloce”. L’albina prese Seir per mano e corse su per le scale, ignorando che un solo passo falso le avrebbe fatte scivolare. Correndo attraverso la prima stanza, Ayumi ripassò un dito attraverso i tre cerchi, ma al contrario. Le scale scomparvero e la luce tornò a pulsare di tre colori e tre disegni diversi, risigillando la Torre.
Si catapultarono fuori dalla struttura, dove trovarono sia Latios che Articuno irrequieti.
“Giusto in tempo, arriva qualcosa” ripeté quest’ultima, spiegando le ali e tornando ad osservare l’orizzonte.
“Seir, tu sai dove dobbiamo dirigerci” s’intromise Ayumi, osservando la ragazza.
“Eh?” rispose istintivamente quella. “Io ho solo visto il posto, ma non ho la più pallida idea di dove esso sia”. Continuò poi.
“Descrivicelo. Forse in quattro lo troviamo” consigliò Articuno, sempre più irrequieta mano a mano che i secondi passavano.
Seir ripeté tutto ai due Leggendari, dato che alla Guardiana aveva già detto tutto. Il fatto che quest’ultima non si fosse espressa a riguardo, significava che non conosceva il posto.
“È la Grotta dei Tempi, ne sono certo” se ne uscì Latios immediatamente dopo che il racconto della ragazza dai capelli blu fu terminato.
“Quella a Ceneride?” chiese Articuno.
“Esattamente. Nascosta ma sotto gli occhi di tutti, è un altro Santuario, ma costantemente custodito. Purtroppo nessuno ha il permesso di entrare, questo potrebbe rappresentare un problema” rispose il Leggendario Eone.
Un boato vicino risuonò.
“Ci penseremo più avanti. Ora dobbiamo andarcene” Mormorò Articuno, alzandosi in volo con la sua Guardiana in groppa. “Ci hanno lanciato addosso un branco di Pokémon confusi e feriti, quindi adirati”.
Seir salì su Latios, aggrappandosi all’attaccatura delle sue ali per non scivolare.
“Cerchiamo di confonderli e basta, apriamoci un varco” propose il Leggendario.
“Ci vorrà qualcosa di potente” ribatté la Guardiana dei Venti Gelidi.
Seir non comprese all’istante cosa intendessero con ‘qualcosa di potente’, ma dopo qualche istante, quando Abbagliante di Latios e Purogelo di Articuno si fusero assieme disintegrando il compatto gruppo di Pokémon e permettendo loro di passare, si rese conto effettivamente a cosa stava andando incontro.
Kyogre era un Leggendario potente ed irascibile, in un certo senso. La sua rabbia, incontrollata, diventava qualcosa di terribilmente spaventoso. La potenza del mare non era da sottovalutare, così volubile, così imprevedibile. La ragazza dai capelli blu avvertì un brivido quando si riconobbe in quelle caratteristiche. Lei e il suo carattere volubile, che andava facilmente oscillando dall’allegro all’aggressivo.
“Come raggiungiamo Ceneride?” domandò cauta alla fine.
“Con un piccolo aiuto da parte di qualcuno che non vedo da un po’ di tempo” rispose Articuno misteriosa. Seir sollevò un sopracciglio in direzione dell’altra ragazza; quella rispose con un’alzata di spalle.
Il messaggio era chiaro. ‘Non ne ho idea, non chiederlo a me’.
 
_Isole Vorticose_
 
Si erano alzati parecchio in volo per evitare di essere visti dalla popolazione della città che separava la Torre Occulta dalla loro meta... qualunque essa fosse.
Di certo, la Guardiana degli Oceani si aspettava un viaggio più lungo, e quasi venne disarcionata dalla schiena dell’Eone che cavalcava quando questo e Articuno si buttarono in un’improvvisa picchiata. Grazie ai suoi pronti riflessi evitò di capitombolare in mare, esperienza che non si sarebbe rivelata piacevole data l’altezza, gli scogli e i vortici presenti.
Già, vortici, enormi spostamenti d’acqua a forma di imbuto che risucchiavano e spingevano verso il basso qualunque cosa fosse troppo debole o leggera da sfuggirgli.
“Da cosa sono provocati?” urlò la ragazza dagli occhi bicrome indicandoli, usando un tono di voce particolarmente alto per sovrastare il rumore prodotto da essi.
- Con molta probabilità dal potere di Lugia, ma non saprei con sicurezza. Dato che ci troviamo qui, immagino che proprio il Leggendario delle Immersioni ci aiuterà – fu la risposta telepatica dell’albina, che aveva uno sguardo più spento del solito.
I due Leggendari atterrarono nei pressi di un isolotto in particolare, riconoscibile dagli altri più per la sua posizione che per le sue dimensioni o forma.
“Scendere non sarà facile. Latios terrà d’occhio la situazione qua fuori, celandosi agli occhi indiscreti che potrebbero rintracciarci nuovamente. Io verrò con voi, ma le pareti rocciose della grotta non mi permettono di volare come si deve. Resterò nella mia sfera” borbottò Articuno, non reprimendo lo sdegno e la sua poca inclinità nell’essere rinchiusa nella Poké Ball. La neo Guardiana dovette reprimere l’istinto di ridere di fronte al capriccio della Leggendaria, limitandosi ad annuire per mostrare il proprio consenso al piano.
Latios scomparve davanti ai loro occhi, grazie al potere psichico delle piume che rifletteva la luce solare, mentre Articuno veniva assorbita dalla luce rossa. Poi le due ragazze entrarono, chinando il capo per non farlo contrare conto a bassa entrata dell’isolotto.
Il cunicolo iniziale era piuttosto strettino e dovettero affrontarlo con attenzione, pur non riuscendo ad evitare graffi sulle braccia e gambe. Il passaggio diventò più ampio una decina di passi più avanti. Grazie alla fioca luce si intravedeva una scala di corda dall’aspetto consunto ma resistente che si tuffava in una crepa oscura.
“Non si vede una Baccafico secca” sputò acida Seir. Ayumi si limitò a sospirare, in effetti sarebbe stato difficile avanzare senza luce.
“Serve una mano?”. Entrambe si girarono di scatto verso la fonte dalla quale proveniva la voce. Pure ridacchiò nel vedere le reazioni sorprese delle due, mentre si avvicinava loro. Osservò curiosa Seir, prima di sorridere a millemila denti e tenderle una mano. “Piacere! Io sono Pure, Guardiana dell’Acqua Pura!” esordì con entusiasmo.
“Ehm... sì” fu la cosa più intelligente che l’altra trovò da rispondere sulle prime, mentre ricambiava la stretta di mano. “Seir, Guardiana degli Oceani... di Kyogre” completò poi, riprendendosi dalla sorpresa.
“Kyogre... ma allora... Siamo cugine di elemento!” saltellò la ragazza dagli occhi verdi applaudendo estasiata.
“Eh?” fu il commento stupito dell’altra.
“Sono la Guardiana di Suicune, un altro Leggendario tipo Acqua” fu la sua risposta, accompagnata da una scrollatina di spalle che sembrava voler dire ‘mi pare ovvio, no?’.
“Pure” la richiamò Ayumi, intervenendo in soccorso della neo Guardiana, confusa e sconvolta dall’uragano di energia che era la ragazza con il seme della follia. “Puoi aiutarci?” le chiese.
“Sono qui per questo!” canticchiò quell’altra, ignorando che la domanda della veterana non era altro che un ordina celato, più che un vero quesito. “Umbreon!” richiamò poi, prima che il Pokémon si materializzasse al suo fianco.
I cerchi gialli di questo si illuminarono rischiarando l’ambiente circostante e, soprattutto, la scala.
Ayumi iniziò a calarsi giù, avanzando con cautela. Poi scese Seir ed infine Pure, che richiamò il suo Pokémon prendendolo al volo quando questo si lanciò nel buco.
L’aiuto di Umbreon fu indispensabile per orientarsi in quelle che si rivelarono essere enormi grotte sottomarine. Il buio uniforme attorno a loro rendeva il tutto ancor più pericoloso e, in un certo senso, inquietante.
Questo fino al quarto piano sotterraneo, dove dalle scale si liberava una tenue luce azzurrina. Infatti, il quinto piano era illuminato da delle lanterne rivestite di un materiale azzurrino, così da dare quella particolare  luce. Da dove erano scese le Guardiane, partiva un’altra scalinata che permetteva di scendere grazie ai gradini di pietra leggermente arrotondati e umidi, ma non troppo viscidi da risultare pericolosi. Si arrivava così a uno spiazzo di pietra dalla forma quadrangolare che sovrastava appena di qualche millimetro l’acqua salmastra circostante. Ai quattro angoli della figura stavano dei treppiedi decorati a cui erano appese delle campanella che ogni tanto tintinnavano in balia della corrente d’aria che attraversava il luogo.
E poi, davanti a loro, c’era una cascata. Era grandissima e l’acqua che la componeva era salata. Difatti entrava da una fessura lunga e stretta che si apriva direttamente sul mare, troppo stretta perché chiunque potesse solo passare da lì.
“Lugia!” chiamò Ayumi, una volta che ebbe sceso le scale. La sua voce, seppur avesse tenuto un tono tenue, riecheggiò cristallina per tutta la grotta, mescolandosi con il suono continuo della corrente, dell’acqua e delle campane.
Per una manciata di secondi non successe niente. Poi, con lentezza, la cascata sembrò animarsi e iniziò a separarsi in due parti distinte. Da lì apparve il Leggendario, avanzando mentre batteva piano le ali.
“Ayumi. È da tanto che non ti vedo” esordì quello. Aveva una voce incredibilmente melodiosa e calda, ma era terribilmente malinconica.
“È vero. Da tanto. Forse troppo tempo” asserì la Guardiana, nel suo solito tono piatto. Lugia la osservò per un lungo istante per poi sospirare.
“So quello che sta accadendo qui e in ogni altra parte del mondo. La caccia è di nuovo aperta come otto anni fa e si stanno ripetendo le medesime tragedie”. Il suo sguardo si spostò su Pure per alcuni istanti, per poi tornare a guardare l’albina. “Ho già detto di non voler più appartenere a questa storia, come immagino ricordi. Per questo non ho ancora raggiunto il Paradiso Parallelo. Se sei qui per questo, questa è la mia risposta”.
“Raggiungere la dimensione di Arceus è una precauzione. Potrebbero tentare di catturarti. Comunque sia, non è questo il motivo della mia presenza qui. Abbiamo bisogno di aiuto per raggiungere la Grotta dei Tempi, a Hoenn. Seir deve ricongiungersi a Kyogre” fu la risposta della Guardiana.
Il Leggendario fissò intensamente la ragazza dai capelli blu. “Ancora va avanti? Quanti sacrifici saranno ancora necessari?” chiese. Non ci fu risposta. “Molto bene. Vi aiuterò, ma la protezione che la dimensione può offrirmi non mi interessa. Tornerò alle Isole Orange e lì rimarrò” disse infine.
Articuno si liberò dalla Sfera, librandosi a un metro da terra e restando sospesa a un metro da terra battendo morbidamente le ali per mantenersi in quota.
“Ho avvertito Latios, è tornato nel Paradiso Parallelo. Lugia... è un piacere rivederti. Grazie per l’aiuto” disse semplicemente.
L’altro chinò il capo in segno sia di saluto che di ringraziamento. Poi, con un colpo deciso delle ali, si alzò in alto sopra le loro teste. A un suo cenno, esattamente dove un attimo prima stava il Leggendario, era comparso un anello di luce. “Andate prima voi” disse il Leggendario, affiancandosi loro.
Pure ci saltò dentro senza esitazione, ormai lei ci aveva fatto l’abitudine. Seir fu più titubante e Ayumi decise di affiancarla. Entrarono assieme nel teletrasporto luminoso.
Quando la luce smise di avvolgerli, si trovavano in un'altra grotta, sensibilmente più calda, ma ugualmente umida.
 
_Grotta dei Tempi_
 
Articuno e Lugia furono gli ultimi a passare.
“Siamo nell’antro più profondo della Grotta” disse Lugia.
“Ma... Groudon e Kyogre?” domandò Seir. Il Leggendario indicò con un cenno quello che a prima vista pareva un lago sotterraneo.
“Dobbiamo passare per quel passaggio sottomarino. Non ci siamo teletrasportati direttamente all’interno nella sala dove loro riposano perché sarebbe stata una manifestazione di poco rispetto nei loro confronti. Non bisognerebbe mai fare irruenza così avventatamente nella sala dove un Leggendario riposa o aspetta” spiegò. “Ora, statemi vicino e tentate di rilassarvi”.
Seir non fece in tempo a dire ‘Kyogre’ che una forza psichica le imprigionò il corpo, sollevandolo da terra. Non le serviva vedere i suoi compagni per capire che a loro era successa la medesima cosa. Attorno a loro si creò una barriera che ricordava una bolla.
Poi, tutti quanti si tuffarono in quel lago. A Seir venne istintivamente da trattenere il respiro, ma si accorse subito che non era avvenuto alcun contatto con l’’acqua di mare. La barriera psichica di Lugia li proteggeva e il Pokémon sembrava nuotare nel nulla. Le pareti della bolla erano trasparenti e l’esterno si vedeva chiaramente.
Dopo un paio di minuti passati così, Lugia riemerse e li appoggiò delicatamente a terra.
A Seir sembrò di rivivere la Visione di appena un’oretta prima, solo da una diversa angolazione. Effettivamente, era quello che stava succedendo.
Si trovavano all’imbocco della sottile striscia di terra che divideva lava da acqua. Le due statue parevano fissarsi l’un l’altra e questo bastava a rendere l’aria carica di una strana e statica tensione.
Seir non aveva una gran voglia di avanzare e interrompere il contatto visivo che forse era presente tra i due. Istintivamente, cercò sollievo nella Sfera Blu, che iniziò a carezzare distrattamente con la mano marchiata.
Ci mise qualche secondo a notare che la sfera si stava pian piano illuminando, dapprima con un bagliore fugace, poi sempre più insistentemente.
La stessa cosa accadeva con la sfera rossa, in mano ad Ayumi, che però aveva dovuto sussurrarle qualcosa affinché Groudon reagisse.
Gli occhi dei due dormienti si illuminarono di colpo e a poco a poco, i due ripresero a muoversi e ritornarono dei loro colori originari. Il Leggendario dei Continenti avanzò verso di loro con passo pesante e lento, ma in un certo senso maestoso, mentre una tenue ruggito simile al ribollire del magma incandescente lasciava la sua gola.
Kyogre, invece, si inabissò per poi saltare fuori dall’acqua con un tuffo. Come Lugia poco prima, anche lei sembrava nuotare nell’aria, cosa che la Guardiana non si spiegava, dato che quella non possedeva il tipo volante. Decise che era l’ultimo dei suoi problemi, momentaneamente.
“Tu sei... la mia Guardiana?” chiese con voce profonda il Leggendario. O meglio, Leggendaria. Kyogre squadrò la ragazza dai capelli blu con attenzione.
“S-sì. Direi di sì” borbottò Seir, dondolandosi sui piedi leggermente a disagio. La Leggendaria non commentò, rimanendo in silenzio.
“Perché mi avete convocato?” intervenne la voce cavernosa di Groudon.
“Cose  terribili stanno accadendo. Non è più sicuro restare qui per voi, dovete venire via” fu la risposta di Articuno. L’altro ringhiò, ma non ribatté.
Dietro di loro, Lugia creò un nuovo anello di luce, intuendo che la conversazione era momentaneamente conclusa.
“Questo vi porterà nel Paradiso Parallelo. Come vi ho già detto, io non verrò. Sapete dove cercarmi se avrete mai bisogno di me, non vi negherò  il mio aiuto. Non potrei mai farlo” disse il Leggendario dalla voce triste, prima che si mettesse in disparte, taciturno.
Da lì assistette alla partenza di tutti, fino a che in quel luogo non rimasero solo in tre. Ayumi e Articuno si guardarono negli occhi per un momento, prima che la Leggendaria scivolasse via attraverso il portale.
La Guardiana, invece, si avvicinò e abbracciò il Leggendario, proprio come faceva da bambina.
“Sei cambiata tanto, Ayumi... che ti stanno facendo...” lo sentì sussurrare, mentre le accarezzava con il becco la testa. L’albina non rispose, si limitò a staccarsi ed osservarlo negli occhi. Era evidente il dolore che il Leggendario provava, per un essere praticamente eterno otto anni erano un tempo molto breve e le ferite nel perdere una parte di sé non si erano ancora rimarginate.
“Devo andare” disse solamente la ragazza.
“Già... devi”. Ayumi si immobilizzò per alcuni istanti, per poi riprendere a camminare. “Stai attenta” le raccomandò infine Lugia, esattamente nell’attimo in cui la ragazza spariva, avvolta dalla luce. Il portale si richiuse.
‘Se quel giorno fossi stato all’erta... tutto questo non sarebbe mai successo. Mary sarebbe ancora viva e con lei ancora qui andrebbe tutto meglio. Ayumi... non resisterà ancora a lungo. Perché sono così ciechi? Non vedranno nulla finché quello che è nascosto irromperà. E a quel punto...’ Lugia chinò il capo, mentre una lacrima lasciava i suoi occhi.
 
“Se io fossi stato attento... se tu fossi ancora qui... lei sarebbe salva”
 

Angolino nascosto nell’ombra
No, non sono morta. Sì, è stato un ritardo.
Ma è stato un ritardo escogitato (?) o almeno lo era (prevista per il 25). I can explain what I feel.
Circa tre giorni prima della pubblicazione, mi si è accesa una lampadina. Anzi, un’insegna luminosa. Questa recitava un chiaro ‘non ce la farò mai’. Perché ho avuto un calo di tempo e ispirazione, oltre che la stanchezza post settimana di danza impegnativa, una cosa che non vi dico.
Poi, sì, il piccolo ‘blocco dello scrittore’, ma vabbè, quello mi rallenta e basta.
E, per coronare il tutto, qualche giorno fa è sparito internet, si è volatilizzato. Puf! Perfetto, no?
Bene. Ora. Cose importanti del capitolo: Seir e il risveglio di Kyogre, Lugia e il suo dolore e... Ayumi, di nuovo. Sì.
Perché, come Lugia ha ‘spiegato’ sta per succedere un qualche grosso casino cha ha avuto inizio con la morte di Mary. PS: è importante il dolore del Leggendario quando perde il proprio Guardiano, perché i Pokémon Leggendari solitamente sono seri, inflessibili, dritti al punto. Ma, con metà anima umana dentro di loro diventano molto più sensibili e... fragili, in un certo senso. E così, la morte del Guardiano lascia in loro un segno profondissimo, e i loro tempi di ripresa da questo dolore sono lunghi eterni. Già. Non è da sottovalutare, anche perché loro avranno per sempre un pezzo dell’Umano dentro. E questo si vedrà. Più avanti.
Sì, lo so che mi odiate.
Per quanto riguarda il capitolo, alcune cose mi piacciono, sono abbastanza figherrime, altre fanno cacare, ma amen. (?)
Ciao-Ciao ^^
 
Aura_

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 - Svolte ***


Capitolo 27 – Svolte


_Paradiso Parallelo_


Ayumi osservava la figura immobile di Fujiko avvolta dalla nebbia onirica che la manteneva in levitazione. Era passato quasi un mese da quando era in quelle condizioni. Ormai il caldo se ne era andato, sfumando lungo tutto il corso di settembre e orma quello stesso mese era agli sgoccioli.
Erano successe molte cose, brutte per la maggior parte, come la quasi morte della bionda e la scomparsa di Dialga.
O meglio, la prigionia. Nessuno aveva capito come fosse potuta accadere una cosa del genere, dato che Armonia Tempo, la dimensione del Leggendario, non aveva portali aperti sparsi in giro per il pianeta, come invece accadeva con il Paradiso Parallelo o il Mondo Distorto.
Eppure, Dialga era scomparso. Nonostante Giratina, Palkia ed Arceus la stessero cercando da tempo, la Visione che avrebbe potuto mostrare la sua posizione appariva sfocata e imprecisa, contrastata da diverse forze psichiche.
“Non capisco, Dialga non esce quasi mai da queste due zone, come hanno fatto a catturarla?” si chiese sussurrando per l’ennesima volta. Era seduta da sola nel prato, aveva preso l’abitudine di starsene più in solitudine di prima. La quasi morte della bionda l’aveva mandata in uno stato di depressione, per quello che riusciva a provare ed interpretare dei suoi sentimenti.
La Guardiana dei Desideri era in quello stato per colpa di una profonda ferita alla testa, ormai rimarginata. Il potere curativo della dimensione di Arceus però non potevano risvegliare la sua coscienza, sopita e flebile.
“È facile perdersi dentro se stessi, per i Guardiani di tipo Psico” le aveva detto Shirley una volta, quando l’aveva trovata di nuovo in compagnia della ragazza in coma. “Mi dispiace, eravate molto legate voi due. Sono riuscita ad intuirlo grazie a quel poco che vi ho viste assieme. E credo di averne compreso anche il motivo” aveva proseguito poi. Ayumi non capiva, ma la mora aveva semplicemente sorriso e le aveva detto: “Cercherò di starti vicina”.
Ed effettivamente Shirley aveva mantenuto la parola, trascinandosi dietro anche Seir. Quelle due avevano un rapporto particolare, tutto basato sul prendersi in giro e ringhiarsi contro vicendevolmente. Alla fine, mancava solo ‘l’elemento neutro’ e Ayumi ricopriva perfettamente quel ruolo.
Un altro che aveva sentito particolarmente il peso della perdita di Fujiko era stato Rein. Il Guardiano dell’Arcobaleno, che finalmente pareva essersi abituato alle sue peculiarità fuori dalla norma e all’idea di essere un Guardiano, si era affidato alla ragazza sua concittadina per orientarsi meglio, e i due si erano scoperti andare molto d’accordo e di avere diverse cose in comune. Erano diventati inseparabili.
“Sai... non pensavo che in una situazione come questa si avesse spazio per relazionarsi in questo modo con le persone. Mi fa sentire più al sicuro, più a mio agio. Mi sento quasi più accettata che nella vita reale” le aveva detto Fujiko un giorno. E poi, con un sorriso furbo aveva aggiunto ciò a cui stava veramente pensando. “Sai... mi riferisco soprattutto a Rein. È un po’ timido e per lui è particolarmente difficile. Però con me si sente a mio agio, lo riesco a percepire... assieme a qualcos’altro” e si era rimessa a ridere.
Ayumi non aveva capito fino a che la ragazza non si era addormentata e il biondo era diventato più o meno una statua di marmo anima dalla rabbia e dal rancore, probabilmente verso tutti: i Leggendari, i Guardiani e i nemici.
“Era innamorato di lei... e Fujiko stava imparando a ricambiare” aveva detto Shirley qualche giorno dopo, mentre lo osservavano da lontano.
“Tu dici?” le aveva domandato Seir, stupita.
“Sì. Riuscivo a captarlo, e con lei... beh, era particolarmente facile, ci veniva quasi spontaneo legare le nostre anime e condividere emozioni” aveva risposto piatta la Guardiana dello Specchio.
Uno che non era cambiato affatto era Kurai. Manteneva il suo atteggiamento spezzante contro il mondo e in quanto Guardiano di tipo Buio non era così facile leggere i suoi pensieri. Però bastava guardarlo negli occhi per rendersi conto che la vicinanza con la morte aveva stordito anche lui. Ma forse, abituato a quest’ultima com’era, non ci faceva poi realmente tanto caso.
“È un ciclo che si ripete” aveva borbottato una volta a Seir mentre lei gli urlava in diversi e fantasiosi modi di essere un insensibile. La ragazza aveva davvero una fervida immaginazione.
Quest’ultima anche non era cambiata troppo, non conosceva Fujiko così bene. Ma per empatia aveva cercato di affrontare la cosa con maggiore sensibilità nei confronti di chi l’aveva conosciuta meglio e di Shirley, che era riuscita a entrarne in contatto in modo psicologico, a quanto pareva.
Shiho era rimasta scioccata nell’apprendere l’accaduto, dato che quando Fujiko era stata ferita erano presenti solo i Guardiani più esperti, e quindi oltre a lei stessa c’erano Ayumi, Pure e Kurai. In più c’era anche una quinta persona che era uscita allo scoperto per aiutarli. Stranamente, era la persona che stavano cercando, rivelatosi essere un Guardiano dell’Aura invece che delle Leggende. Tuttavia era piuttosto informato sull’argomento e molto abile nell’arte dell’uso dell’anima.
Proprio grazie a questo fattore era tornato tra loro una vecchia conoscenza. Natural era rimasto a Mistralopoli dopo lo scontro nella quale sua madre era rimasta uccisa e aveva aiutato a ricostruirla. Inoltre, aveva continuato a vegliare sulla torre e su Zekrom, che si era ritirato nel suo lungo silenzio carico di dolore e rimorso. Silenzio che non si era ancora spezzato, nonostante la sorella lo avesse portato già da molto tempo nel Paradiso Parallelo.
Anche Pure stava iniziando a mostrare i primi segni di uno squilibrio. Dapprima sembravano i suoi soliti attacchi di follia, ma la situazione stava lentamente degenerando. Spesso la trovavano a fissare l’orizzonte e a mormorare frasi intricate e incomprensibili. Giratina aveva detto all’albina che il seme della follia aveva usato come nutrimento il dolore distorto dal seme stesso che Pure aveva provato nella quasi morte di Fujiko e aveva messo radici. E adesso stava crescendo.
“Quindi prima o poi perderemo anche lei?” aveva domandato. La Leggendaria del Caos non aveva risposto, ma la tristezza nei suoi occhi era chiara. Anche Suicune aveva capito e stava appiccicato alla sua Guardiana, tentando di restare con lei il più possibile.
Ayumi invece ne aveva parlato con le due ragazze. Ormai diceva loro parecchie cose, perché sapeva che altrimenti Shirley avrebbe fatto di tutto per ottenere con la telepatia forzata quelle informazioni, rischiando di spappolarle in cervello.
Per fortuna le due sapevano tenere i segreti molto bene, senza lasciar trasparire nulla.
“Cavolo...” aveva commentato Seir nell’apprendere della Guardiana dell’Acqua Pura.
“E siamo praticamente a meno due. Non penso che Pure potrà combattere ancora per molto in queste condizioni. E Fujiko momentaneamente... beh, si capisce” fu il mormorio in risposta di Shirley.
“Pensate che si risveglierà?” aveva chiesto ancora la blu.
“Temo di no, Seir. Ho paura che Fujiko ci lascerà presto. La sua coscienza diventa sempre più sottile ed eterea. Riguardo a Pure... non lo so. Sembra una ragazza forte, ma ciò che le sta accadendo è qualcosa che distrugge la razionalità. Ci sembrerà cattiva, ma semplicemente non capirà più cosa è bene e cosa è il male”.
Shirley si era dimostrata molto abile nell’usare i suoi poteri, ma non era un’Aura Bianca. Semplicemente, aveva preso l’abitudine a collegare la sua mente con qualunque cosa, anche mentre dormiva. Non faceva nemmeno più sogni totalmente suoi, ma guardava quelli degli altri o mostrava i propri.
Aveva preso l’abitudine di rintracciare Ayumi nel sogno. “Te lo ho detto. Sto cercando di esserti vicina” le aveva spiegato quando l’albina le avesse domandato perché lo facesse. E quest’ultima aveva poi raccontato la sua storia a Seir e Shirley. Quelle due le stavano dando il supporto che Fujiko le aveva offerto i  principio e, anzi, forse era perfino più forte.
Anche loro le avevano raccontato degli aneddoti passati. Shirley era la figlia di due aristocratici, e quindi prendeva lezioni di buone maniere e cose simili. Infatti spesso da Spiraria tornava a Kalos per stare attorno ai ricconi. Ma non le stavano un granché simpatici. “Sono solo degli snob senza cervello con la puzza perennemente sotto alle narici. Noiosi come un ferro da stiro e letali come la peste nera. Buoni solo ad essere avari e invidiosi, oltre che terribilmente pettegoli”. Non aveva fatto parola sui suoi genitori. Mai.
Seir era la sua amica e rivale d’infanzia, giocavano e si ringhiavano addosso da quando erano nate. Lei le aveva raccontato di tutte le esplorazioni sottomarine che avevano fatto e delle escursioni scampando agli adulti. Inoltre, dopo un po’ aveva confidato che quando era bambina aveva perso la sorella gemella, Rose. Non spiegò il perché e l’argomento cadde nel vuoto, come se non fosse mai stato pronunciato.
Anche Shiho era una ragazza gentile, ma era più riservata e altezzosa. Era come se fosse sempre su una passerella. Doveva essere leggiadra e quasi un’entità superiore, ma dopo un po’ si era sciolta e aveva iniziato a essere un po’ meno formale. Tuttavia, parlava sempre di più con il suo Leggendario che con gli altri Guardiani. Scambiava anche qualche parola con Rein, ma il ragazzo si era chiuso in se stesso e aveva perso ogni segno di loquacità. Si trovava molto a suo agio con N e Pure, ma li lasciava in pace quando quest’ultima aveva i suoi squilibri.
Kurai aveva un rapporto strano con chiunque, sempre lontano e distaccato. Lui e l’albina condividevano dei segreti, e sembrava che con questi avessero stretto un muto patto tra loro. Era una sorta di rispetto. Con Seir, invece, sembrava che si intrattenesse. Non si poteva affermare che si odiassero, piuttosto facevano a gara a chi riusciva di più ad irritare l’altro. Era una sorta di amicizia moto strana la loro.
Almeno nessuno aveva più paura che si ammazzassero nel sonno. Rimaneva solo un vago e leggero timore.
Natural era gentile e disponibile con tutti, ma restava riservato e avvolto da un’aura di profonda tristezza. Forse per la madre. Molto più probabilmente per la sorella. Le stava vicino assieme a Suicune, per cercare di ritardare il più possibile il distacco del controllo della sorella.
Un giorno Ayumi lo aveva visto in lacrime e sapeva che qualcosa non andava più.
“Non mi ha riconosciuto. Non sa più chi sonno” aveva sussurrato con gli occhi lucidi. “Sto perdendo anche lei.... mi rimane solo mio padre... no. Non mi rimane nessuno. Lui non è mio padre” si era corretto poi con amarezza.
La Guardiana dei Venti Gelidi era rimasta in silenzio, ad osservarlo. Non riusciva a formulare una frase consolatoria. Le sue scuse non erano minimamente sufficienti. Stava rovinando la vita a moltissime persone.
Così si era allontanata, senza dire una parola. Era andata a trovare la sorella, che se ne stava seduta vicino al laghetto che lei tanto amava. Suicune si accorse sella sua presenza e si avvicinò lentamente.
“Ho pensato che potesse piacerle qui. C’è l’acqua, sai...” aveva mormorato piano. La ragazza aveva fatto un cenno, come a dire che andava tutto bene e che era d’accordo. Anche se nulla andava bene, effettivamente.
Si sedette su un masso, lasciando che le punte degli alluci sfiorassero il liquido fresco e trasparente. Pure stava creando delle figure con l’acqua poco più in là.
“Ciao” le disse ad un certo punto. Ayumi si voltò a fissarla, muta. “Chi sei?”. Immaginava che non l’avrebbe riconosciuta, ma l’albina avvertì comunque una stretta al petto. Sentiva un groppo in gola, un nodo allo stomaco. Non riuscì a rispondere. “Non parli, eh? Beh, vorrà dire che parlerò io. Mi piace l’acqua” disse, e poi ridacchiò felice.
“Pure” sussurrò la Guardiana di Articuno. L’altra sgranò gli occhi.
“Come sai il mio nome?” chiese. L’albina scosse la testa, come a dire ‘non è importante’. Se lo sarebbe dimenticato, era inutile insistere.
“Mi dispiace” sussurrò solamente. Poi si alzò e fece per andarsene. “Ma è inutile che io mi scusi, non è vero?” chiese al Leggendario mentre gli passava affianco.
“Inizia a perdonare te stessa Ayumi. E inizia a considerare i limiti degli Umani, dei Guardiani e persino quelli di noi Leggendari” fu la risposta malinconica di Suicune. Ma la ragazza non diede segno di averlo sentito.
Arceus le aveva detto che non avrebbe più tollerato errori. Ma la scomparsa del Custode del Tempo, Dialga, non si era occupato molto di lei. Ayumi era del tutto indifferente alle sue punizioni. Erano dolorose, ma la dimensione la guariva subito, in una muta carezza compassionevole.
Era insopportabile.
Guarire serviva solo a poter farsi ferire di nuovo. Era per questo che era così apatica. Il suo animo ferito era arrivato al limite e adesso incassava qualsiasi cosa, impossibile da guarire.
O almeno così aveva sempre creduto. Questo prima di Fujiko, di Pure, di Kurai, Shirley, Seir, Shiho, Natural e tutti gli altri. Loro la stavano guarendo, stavano risanando le profonde e antiche spaccature del suo cuore. E questo la stava rendendo di nuovo sensibile a ciò che accadeva lei intorno.
Era diventata fragile. Di nuovo. E aveva paura, perché adesso non era più da sola.
Questa sua paura era una delle, ormai poche, cose che non avrebbe mai rivelato a Shirley e Seir.
L’aveva rivelata, invece a qualcun altro.
Il suo nome era Marisio, ed era il Guardiano dell’Aura che era giunto in loro soccorso in quell’agguato alla Tana del Drago. Era molto giovane, probabilmente più di quello che sembrava. Aveva detto loro di avere quasi diciotto anni. Si trovava nella grotta sotterranea per incontrare uno dei Guardiani ancora in vita più anziani, per imparare e per chiedere.
“Io viaggio per scoprire nuove tecniche. In uno di questi viaggi ho conosciuto un anziano Custode, ora non mi ricordo il nome del luogo. Lui mi ha insegnato molte cose prima che una malattia lo privasse della vita. L’ultima cosa che mi ha rivelato, è la vostra esistenza. Voi, i Guardiani delle Leggende, persone che hanno dentro di loro mezza anima di un Leggendario. Quel giorno ho promesso a lui e a me stesso che vi avrei trovato, anche se è stato difficile data la segretezza che vi avvolge. Però mi ha detto di alcuni posti dove potevo cercare e alcune persone a cui potevo domandare. Pochissimi sanno della vostra esistenza, e sono quasi tutti Custodi di luoghi sacri. Il tempio nella Tana del Drago, per esempio, ospita quello che un tempo era il sacerdote che faceva la guardia alle Isole Vorticose, perché nessuno infastidisse Lugia. Però a quanto pare siete stati voi a trovare me” aveva raccontato.
“Perché ci stavi cercando?” gli aveva chiesto Ayumi.
“Da un lato, pura curiosità. Ma poi, mentre proseguivo con il mio cammino, visitavo i luoghi sacri dei Leggendari e parlavo con persone che erano a conoscenza di voi Guardiani, ho iniziato a pensare che una forza bellica in più, diciamo così, vi avrebbe potuto aiutare. Mi dispiace di essere arrivato in ritardo per aiutare la vostra amica” aveva risposto.
- È sincero – intervenne mentalmente Shirley, che le si era affiancata silenziosamente. Seir dal canto suo, lo guardava torva, ma era una cosa normale.
“Riferirò” aveva detto solamente la ragazza. Era andata a parare con Giratina, non voleva incontrare Arceus, aveva paura. La Leggendaria del Caos era riuscita a convincere il Pokémon Primevo, e il ragazzo aveva avuto accesso al Paradiso Parallelo. Tuttavia, Giratina appariva piuttosto turbata dagli eventi, e Ayumi non la criticava e giudicava per questo, lo erano tutti. Ma, per uno strano motivo, sembrava che il Pokémon fosse in ansia per lei. E questa era una cosa che l’albina non riusciva a spiegarsi.
Marisio si era dimostrato un ottimo alleato. Era gentile e conosceva molte cose grazie ai suoi viaggi. Dedicava sempre parte del suo tempo all’allenamento, che svolgeva assieme al suo amico Pokémon, un Lucario. Inoltre aveva con sé un Pidgeot, grazie al quale i suoi viaggi erano diventati molto meno lunghi e faticosi.
Lui non era a conoscenza di tante cose che riguardavano Ayumi, eppure sembrava percepirle senza bisogno di proferir parola.
“Sei sempre molto triste, eppure non vuoi essere aiutata. È una guerra persa in partenza o hai paura?” le aveva chiesto una volta mentre la osservava allenarsi.
“Non lo so” aveva risposto.
“Tu hai qualcosa di sbagliato, Ayumi. Eppure non riesco a capire cosa sia” aveva aggiunto lui dopo un attimo di silenzio. L’albina non aveva capito, ma collegò le sue parole a quelle che Angeallen le aveva rivolto circa due mesi prima.
“Il terzo errore di Arceus, sei tu, Ayumi. Ma non sta a me spiegarti il perché. Quello che ti sta accadendo è talmente grave che rischierà di compromettere di nuovo ciò che a suo tempo ho compromesso anche io. Non è colpa tua, ma finirà col causarti un danno enorme. Dovrai stare attenta, dovrai controllarti, anche se sono consapevole, adesso che il contatto tra noi due è avvenuto, delle minacce e delle pressioni a cui Arceus ti sottomette”.
Il Leggendario, o la Leggendaria, della vita e della morte sapeva. Sapeva ogni cosa, ma per qualche motivo non poteva rivelargliela. Non spettava a lei.
Ma allora, a chi spettava? Nessuno sembrava riuscire a comprendere.
Tuttavia, come Shirley, anche Marisio iniziò a starle vicino.
“Ti ha presa a cuore, Ayu” aveva ridacchiato la mora. “Chissà, forse con il tempo riuscirà a fare breccia e a scioglierti. Sareste carini come coppia!” continuò poi, prendendola in giro.
Ayumi le aveva scoccato un’occhiata perplessa.
E in quel momento ci stava riflettendo. Effettivamente, non aveva mai incontrato una persona come lui, di cui si fidava così istintivamente e che la capiva così profondamente. Forse Shirley non stava poi tanto scherzando, quella volta. Forse aveva ragione.
Anzi, no. Shirley aveva sempre ragione, quando si trattava di leggere gli altri.
Quindi Ayumi doveva solo aspettare di essere ‘sciolta’. E per farlo doveva tornare a soffrire, curando ancora di più il suo animo spezzato e apatico.
“Ayumi”.
Ma per quello c’era tempo. Doveva solo cercare di sopravvivere a qualunque prova le si sarebbe parata di fronte. Doveva adempiere a sé stessa. Poi, forse, avrebbe tirato il fiato e avrebbe potuto iniziare a pensare a se stessa, a permettersi di diventare fragile.
Ma non era quello il momento. Angeallen la chiamava.
Era tempo di muoversi.


“Gli errori si correggono. Gli sbagli si rimediano. I problemi si risolvono. Questo vale anche per me”


Angolino nascosto nell’ombra

Yup, sono giusta. E sono felice. Allora.
Capitolino corto ma importante. Perché capite che è successo un disastro. Fujiko è in coma e sta morendo in seguito a una ferita riportata nello scontro alla Tana del Drago contro gli scagnozzi di Ghecis. Erano lì perché pensavano che Marisio (che è il tipo dell’isola ferrosa in Diamante, Perla e Platino, si chiama Fabiolo nell’anime e Aaron nell’ottavo film ‘Lucario e il mistero di Mew’) fosse un Guardiano delle Leggende, e invece no. Pure, in seguito al dolore provato, sta impazzendo e presto dovranno eliminarla. N è tornato in tempo per assistere alla pazzia della sorella, dopo aver perso la madre, Rein è diventato un automa in grado di provare solo rabbia, dolore e rancore e Ayumi rischiava di ricadere ne baratro.
Per fortuna che ci sono Shirley e Seir. Kurai è Kurai e Shiho è un personaggio che sto trovando particolarmente difficile da muovere. Comunque lei si sente un po’ persa, non è una situazione facile.
Inoltre c’è sparita Dialga e non riescono a capire dove sia. Meglio di così!
In questo capitolo vi sono chiare due coppie su tre della storia, una l’ho già smontata. Io sono romantica come una buccia di banana, ai em zorry.
Bene. Sono delle scelte che molti di voi odieranno: Pure e Fujiko, il fatto che ho tralasciato due mesi e che racconto tutto adesso...
Volevo un bel contrasto. E per le due ragazze... mi dispiace, volevo bene ai due personaggi, ma è una cosa che ho voluto fare perché... beh, diciamo che ci sono sotto anche delle cose personali ;)
Bene. Angeallen si è fatta risentire. E sapete che significa?
Guai in arrivo.


Aura_

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 - Non è Colpa Mia ***


Capitolo 28 – Non è colpa mia


_Romantopoli_


La città era circondata da boschi, infinite distese di alberi. La cosa risultava positiva, c’era un sacco di posto dove spuntare all’improvviso senza che nessuno sospettasse nulla. D’altro canto, quel luogo non sembrava avere fine.
“Che schifo di posto” borbottò con disgusto Seir, osservando i propri pantaloni ricoperti di melma. Il terreno paludoso rendeva difficile e lenta l’avanzata, oltre che evidentemente ripugnante.
“La principessina dei mari avrebbe preferito essere trasportata in spalla?” ribatté sarcastico Kurai, come c’era da aspettarsi. Accanto ad Ayumi, Shiho e Marisio sospirarono all’unisono, mentre l’albina se ne stava in silenzio, ignorando gli sguardi di fuoco che i due si lanciavano.
“Prima cosa, sono la Guardiana degli Oceani, e non principessina dei mari. Seconda cosa: stai zitto. Le ombre stanno in silenzio” rimbeccò la ragazza dai capelli blu, abbassandosi per schivare un ramo.
“E se io fossi un fantasma o uno spettro?”
“E se io ti tirassi un pugno sul naso?”
“Non puoi colpire con un pugno sul naso uno spettro”
“...vai al diavolo”.
“Per favore! Volete evitare di battibeccare per tutto il percorso?” chiese la Guardiana della Verità con esasperazione. I due sbuffarono e annuirono.
“...comunque ha cominciato lui” concluse dopo un po’ Seir, incrociando le braccia. Kurai si limitò a sollevare un sopracciglio nella sua direzione.
“Mi ricordano due bambini che bisticciano per le caramelle” ridacchiò la ragazza dai capelli biondo platino, raccolti in una pratica coda di cavallo alta.
“Loro sono due bambini bisticcianti. È da quando si sono conosciuti che vanno avanti così” intervenne Ayumi. Accanto a lei, Vaporeon si era liberata dalla sua sfera e saltellava nel fango schizzando tutt’attorno, contenta di essere con la sua padrona, per una volta, e non rinchiusa nel Paradiso Parallelo.
Era stata Shiho a consigliarle di portarla fuori. “Io ho insegnato a Snivy a stare su una passerella, così la portavo con me al lavoro. Non le piaceva stare troppo tempo senza di me, e probabilmente per Vaporeon è lo stesso” le aveva detto. La creatura di tipo erba si era arrampicata sulla spalla della padrona e osservava i dintorni con serietà.
Tutti i Leggendari erano nelle loro sfere, loro malgrado, ma altri Pokémon girovagavano nei dintorni. Per esempio Absol, che stava affianco alla sua padrona, pronta a dare un segnale a quest’ultima se qualcosa non fosse andato per il verso giusto. Ogni tanto, attraverso gli alberi, si intravedeva il Dusknoir di Kurai, fino ad allora tenuto segreto dal ragazzo, stesso discorso per il Lucario di Marisio. Invece un Doublade guardava le spalle al gruppo, affiancando Seir.
“Guardate! Lì c’è una casa!” esclamò Shiho, indicando un punto apparentemente indefinito nascosto dall’oscuro fogliame.
“Chi abiterebbe in un posto come questo?” domandò Seir, non reprimendo una smorfia schifata.
“Qualcuno a cui piace farsi i fanghi” rispose con ironia Kurai. La Guardiana degli Oceani lo guardò male, mentre Shiho scoppiava a ridere. Anche il Guardiano dell’Aura sbuffò divertito.
Avanzarono ancora per una quindicina di minuti, tra un commento e l’altro, ricoperti fino a metà coscia di quell’orribile pantano. Poi, la palude finì, e tornò il terreno solido.
L’erba verde cresceva a chiazze, che diventavano sempre più frequenti mano a mano che il percorso fangoso appena percorso si allontanava.
“Ok, è ufficiale: dobbiamo ripulirci da questo schifo” decretò Seir, iniziando a far zampillare acqua pura dalle mani. Quando prendeva la Forma Guardiana, entrambi gli occhi le diventavano rossi e delle striature rosse le comparivano sul corpo.
Kurai si dissolse in ombra, lasciando dietro di sé una pozzanghera melmosa, Ayumi congelò il viscidume e poi lo ruppe con un gesto quasi non curante della mano, Marisio si fece aiutare da Seir. Shiho, in vece, si diede letteralmente fuoco, i capelli biondo platino che sfumavano fino a diventare bianchi verso le punte, gli occhi azzurri.
“Bene, ora che siamo tutti lindi e puliti possiamo andare!” sorrise quest’ultima non appena estinse le fiamme blu che la circondavano. “...Ovunque noi dobbiamo andare...” concluse poi, a voce un po’ più bassa.
“La città si chiama Romantopoli, ed è stata costruita attorno a un albero più che millenario. È una cittadina pacifica, o almeno lo era. Poi l’ex fabbrica di PokéBall è stata assaltata da dei vandali e da allora è inagibile” spiegò Marisio, con la voce che prendeva una sfumatura più cupa nel raccontare l’ultima parte.
“Per questo ci hai vivamente consigliato di venire qui in tanti?” gli domandò Ayumi, voltandosi ad osservarlo con un sopracciglio inarcato.
“Già. È probabile che ci attacchino. Una donna, mi pare che il suo nome sia Malva. Una dei Superquattro, quindi ha un potere piuttosto grande all’interno dell’organizzazione nemica, diciamo così, e dei Pokémon potenti. Non è molto abile con la sua aura, comunque. Però potrebbe rappresentare una spina nel fianco particolarmente fastidiosa” continuò il ragazzo.
Nel frattempo erano entrati in una zona dove gli alberi erano più radi. Erano arrivate in una cittadina dell’aspetto quasi incantato, sembrava un villaggio per gnomi, fatta eccezione per le proporzioni. Grossi funghi crescevano in gruppo di tanto in tanto, tutti i cespugli mostravano fiori dai colori più sgargianti, le case erano bianche con il tetto rosso e i fiori alle finestre, le poche strade non erano asfaltate. E poi, c’era il grande albero che troneggiava sui dintorni, al quale era appeso un orologio, fermo da chissà quanto.
“Ayumi, qual è l’aspetto del Guardiano che stiamo cercando?” chiese Seir, affiancandola e buttandole un braccio sopra alle spalle.
“Guardiani. Sono due gemelli dai capelli celesti e gli occhi marroni” mormorò l’albina senza ritrarsi al contatto. La ragazza dai capelli blu inclinò la testa di lato.
“Ascolta... è da quando ci hai raccontato di dove dovevamo andare e tutto il resto che sei  cupa. Che succede?” le sussurrò la Guardiana degli Oceani in un orecchio. L’altra stette in silenzio per un po’, guardando il terreno, persa nei suoi pensieri.
“Seir... sono due bambini... non voglio farlo” sussurrò infine, fissando l’occhio smeraldo della ragazza con sguardo triste... quasi spaventato. “Avranno sette anni” disse poi, tornando a guardarsi in giro.
“Merda” decretò Seir, staccandosi dalla compagna e distanziandosi un po’ per avere una visuale più completa.
“Cosa?” chiese Shiho, voltandosi e fissando attentamente con i suoi occhi grigi la ragazza di Spiraria, la quale scrollò le spalle.
“Niente. Stavo pensando all’Uomo Nero. Erano le mie considerazioni” ghignò in risposta. Il cosiddetto ‘Uomo Nero’ non era nientepopodimenochè Kurai, che in quel momento stava cercando di disintegrarla con il solo sguardo.
Marisio sbuffò divertito mentre Shiho si spiaccicava una mano sulla e la faceva scorrere fino al mento. Ayumi, invece, era stata attratta da delle voci spensierate, che si erano affievolite in quell’istante. E non per colpa della loro comparsa.
“Ragazzi” richiamò con voce piatta.


“Mammaaa! Perché non possiamo uscire fuori a giocare?”. Il ragazzino tirava insistentemente un lembo della maglia della madre, nel tentativo di catturare la sua completa attenzione.
“Rhiannon ha ancora da finire i compiti, tesoro, perché ieri è andata a casa di una sua amica che compiva gli anni. Porta ancora un po’ di pazienza” ribatté l’adulta, mentre accarezzava la testolina celeste del figlio. I genitori non sapevano da chi i due gemelli avessero ereditato quel colore così assurdo, dato che nella loro famiglia avevano tutti i capelli nero-violacei.
Il bambino gonfiò le guance.
“Hannie! Sbrigati dai!” gridò con la sua voce ancora bianca in direzione delle scale.
“Nath, ho quasi fatto, un attimo!” si sentì la voce simile della sorella dall’altra stanza. Il ragazzino sbuffò di nuovo.
“Sei lenta come uno Slugma raffreddato!” brontolò mettendo il broncio e lanciandosi sul divano.
“E tu sei fastidioso come uno Zubat” ribatté quell’altra apparendo dal piano superiore. “Ora ho finiti, vogliamo andare?” sorrise.
“Mamma, ora possiamo, vero?” chiese il fratello alla genitrice con gli occhi che brillavano. L’adulta ridacchiò.
“Sì, Nathaniel, ora potete. Ma state in giardino, non vi allontanate” raccomandò la donna, per poi sparire in cucina. I due gemelli si guardarono negli occhi, sorridendo, per poi schizzare fuori dalla porta, deviando nell’atrio solo per prendere un pallone.
Molti abitanti di Romantopoli dicevano che non si erano mai visti due fratelli andare d’accordo in quel modo. Ma Nathaniel e Rhiannon facevano eccezione su molte cose, prima di tutto il colore dei capelli. Avevano sette anni ed erano nati a mezz’ora di distanza l’una dall’altro. A lei piaceva leggere e fare ginnastica artistica, a lui correre dietro un pallone e stare seduto sul prato del giardino di casa a osservare i Pokémon.
Tuttavia, restava difficile tenerli separati per più di qualche ora, come se avessero una sorta di legame indissolubile, quasi telepatico.
Nessuno aveva mai visto i gemelli piangere, scoraggiarsi o perdere la loro allegria e vitalità, e questa era un’altra delle cose da aggiungere alla lista delle stranezze. I bambini cadono, si sbucciano le ginocchia e di conseguenza piangono.
Loro due no, correvano a farsi far mettere un cerotto, per poi tornare a giocare sorridendo.
“Sono le nostre due gemme di luce” dicevano i genitori ad amici e conoscenti. Quei due brillavano vicini della stessa luce, mai più luminoso o più oscuro del fratello o della sorella.
Eppure, quel giorno, qualcosa cambiò.
Nel giardino c’era qualcuno, una ragazza, che li osservava tetra, un ghigno orribile che le deformava il volto. Gli occhi neri erano grandi e spiritati.
Fuori dai confini dell’abitazione c’era anche una giovane donna dai curiosi capelli rosa acceso, raccolti sul dietro e con due ciocche ondulate lasciate cadere ai lati del volto sulle spalle. Gli occhi erano nascosti da degli occhiali dalle lenti arancioni. Lei però non guardava i due bambini. Il suo sguardo era puntato su un piccolo gruppo di persone.


“Quella è Malva” mormorò tra i denti Marisio. Ayumi socchiuse gli occhi, studiandola, per poi passare alla ragazza che era con lei e che puntava ai due Guardiani gemelli con aria quasi famelica. Gli occhi spiritati e scuri erano privi di ogni razionalità e quasi sbavava dato che la bocca era aperta nel formare sempre quel ghigno osceno.
L’albina sentì un brivido correrle lungo la schiena.
“Chi è quella ragazza?” le chiese Shiho, notando che la Guardiana di Articuno la stava fissando da un po’.
“Non so chi è... ma so cosa è diventata...” disse, prima di deglutire a vuoto, orripilata. “Le persone come lei, o forse è meglio chiamarle creature, sono dette Figlie della Follia. O Figli nel caso maschile. Credo che... che abbiate capito cosa le è... successo” sussurrò la ragazza.
Lo sapevano. Ghecis lo sapeva.
Sapeva che Pure stava impazzendo, e aveva mandato quell’essere davanti a loro per sbeffeggiarsi della figlia e della loro impossibilità e impotenza nel guarirla.
“Pure... diventerà così?” mormorò incredula Seir. All’albina non restò altro da fare che annuire.
“I Figli della Follia sono dei mostri. Non sanno più distinguere il bene dal male e attaccano chiunque fino a che di loro non rimane più nulla. La follia è suicida”.
“Bene bene... chi abbiamo qui? Un gruppo di schiavi dei Pokémon... o come vi chiamano altrimenti, ‘Guardiani’”. Malva sputò quelle parole con tutto il disprezzo della quale era capace. “Ce ne avete messo di tempo a trovare questi due pargoli... è da un po’ che li tengo sotto controllo, aspettandovi. Esatto, è una trappola” continuò poi con nonchalance.
Seir a quelle parole ringhiò, letteralmente. Come una sola persona, i ragazzi assunsero la Forma Guardiana, preparandosi per lo scontro imminente.
“Attacca” fu l’ordine imposto da Malva.
E la Figlia della Follia eseguì.
La casa crollò.


Sono cose che capitano.
Un attimo prima pensi che aspettare a giocare per colpa dei compiti sia una cosa crudele ed ingiusta, che la scuola non dovrebbe mettere i bastoni tra le ruote alla vita dei ragazzi, o anche a quella degli adolescenti.
Poi ti accorgi che la vera crudeltà è un’altra.
Nathaniel se ne accorse quando qualcuno lo tirò via di forza dalle macerie della sua casa, confuso. I suoni erano ovattati, sentiva un sapore sconosciuto in bocca e il suo corpo era debole, non riusciva a stare in piedi senza sostegno. Le palpebre sembravano come paralizzate, non erano chiuse ma non riusciva nemmeno ad aprirle del tutto. Erano ferme a mezza via, lo sguardo vacuo.
Puntato negli occhi vitrei della sorella.
Rhiannon era lì, le pupille puntate in quelle del gemello, che lo fissavano vederlo davvero. I bei capelli celesti erano sparsi sulle macerie del muro che era crollato loro addosso ed erano sporchi, corrotti dal colore del suo stesso sangue. Sangue che sgorgava da un profondo taglio sulla tempia, dalle labbra rosee della fanciulla e da una ferita allo stomaco inferta da un frammento di vetro, andato distrutto assieme al muro della casa, esploso in seguito ad un attacco. Un proiettile acuminato come una lancia di un antico guerriero in armatura.
Ma Nathaniel non aveva armatura. E Rhiannon neppure.
Sono cose che capitano.
Una lacrima solcò il volto del ragazzino, mentre prendeva finalmente consapevolezza dell’orrore attorno a lui. Rabbrividì mentre veniva trascinato via dalla stessa persona che lo aveva tratto in salvo dalle macerie.
“Non temere, ora ti portiamo via” gli mormorò. Era una voce maschile, calda e rassicurante, ma incrinata dall’orrore e dalla rabbia. Gli attacchi che venivano lanciato nella loro direzione venivano deviati da una forza sconosciuta, chissà come. “Ayumi!” chiamò il ragazzo.
Nella confusione davanti ai suoi occhi scuri, Nathaniel scorse una figura reagire a quel richiamo. Era una ragazza dai lunghi capelli lisci, bianchi e blu. Combatteva con il ghiaccio ed era circondata da fiocchi di neve che planavano pigri ogni folta che sferrava un attacco. Gli occhi rossi erano spalancati e riflettevano una paura folle, odio e rabbia. Erano privi di luce.
“Dobbiamo portarlo via!” urlò Marisio per farsi sentire sopra il frastuono di un’altra esplosione. L’altra lo osservò senza muoversi, come impietrita.
“Ayu!” la richiamò Seir, che stava radunando attorno a sé una grande quantità d’acqua. “Tu vai! Portalo via!” urlò.
“Ci pensiamo noi qui!” Le fece eco Shiho, mentre le sue fiamme blu ingoiavano quelle rosse, estinguendole o indirizzandole contro Malva, che stava provando a scappare dopo aver scatenato il suo stesso mostro.
Gli occhi della Guardiana dei Venti Gelidi si scontrarono poi con quelli azzurri di Kurai per qualche istante, giusto il tempo per lui di farle un cenno affermativo, prima che la Figlia della Follia richiedesse nuovamente tutta la sua attenzione.
Ayumi si voltò e iniziò a correre verso i due, afferrando la mano che Marisio le porgeva, quella che non era impegnata a stringere le spalle del ragazzino, mentre subiva in silenzio ogni secondo passato a reggere lo scudo.
La ragazza intrecciò le esili dita con quelle del Guardiano dell’Aura e il mondo riflesso negli occhi di Nathaniel iniziò a sfumare e vorticare.


_Isole Orange_


Era già il tramonto lì. Era lontano da dove erano prima. Dopo tutta la confusione che aveva riempito le orecchie dei tre, in quel momento c’era solo un’inspiegabile calma. Il solo rumore proveniva dall’immensa distesa blu scuro quale era l’oceano, nel quale il sole e tutte le sfumature aranciate derivate da esso si stava tuffando, affogandosi in quella linea praticamente retta.
In mezzo a quello scenario, davanti a loro, stavano come punte di un tridente l’Isola del Fuoco, l’Isola del Ghiaccio e l’Isola del Fulmine.
“Ayumi... che ci facciamo qui?” chiese calmo Marisio. La ragazza non rispose, era rimasta immobile a guardarsi attorno.
Il ragazzo la osservò attentamente. La ragazza sembrava essere ringiovanita di colpo, perdendo tutto d’un tratto la sua freddezza e professionalità. Gli occhi, tornati ciclamino, erano spalancati ad osservare il vuoto, spaventati, impauriti, persi. Le mani affusolate stringevano spasmodicamente la stoffa dei pantaloni e il petto si alzava e abbassava ad una velocità un po’ troppo elevata. Sembrava un animale messo all’angolo, troppo terrorizzato persino per reagire.
Troppe emozioni tutte assieme.
‘Che mi sta succedendo? Cos’è questa sensazione, questo dolore? Perché d’improvviso mi sento così fragile?’.
L’albina prese qualche profondo respiro, cercando di calmarsi almeno un po’.
“Seguitemi” mormorò semplicemente, con voce più flebile ed insicura di quello che avrebbe voluto. Prese ad incamminarsi lungo la spiaggia, diretta verso il paese dove era cresciuta, lontana dal luogo in cui tutta la strada in discesa che l’aveva portata nel suo abisso era iniziata.
Guidò i due che la seguivano attraverso le strade meno praticate, silenziose, non c’era molta gente a quell’ora per quei vicoletti. Stavano evitando le persone e continuarono a farlo fino a che non ebbero raggiunto un edificio di modeste dimensioni leggermente separato rispetto agli altri. La scuola.
Lì accanto c’era una casa con le finestre illuminate. Con grande sorpresa di Marisio, la ragazza si diresse proprio lì davanti e bussò alla porta. Aspettarono una manciata di secondi, prima che una signora ormai non più troppo giovane aprisse la porta.
Era bassina, dai capelli marrone rossiccio e dagli occhi blu scuro circondati da una sottile ragnatela di rughe. Quello sguardo dolce e ridente si illuminò quando vide la giovane.
“Ayumi, cara! Che piacere rivederti!” esclamò con voce dolce.
“Paula. Anche per me è un piacere” rispose l’albina tenendo la testa bassa come il volume della sua voce. Questo bastò a far sparire il sorriso dalle labbra della donna, sostituita da un’espressione preoccupata e rassegnata.
“Cosa ti serve, bambina mia?” le chiese dolcemente.
“Lui è Nathaniel, il Guardiano della Volontà, di Azelf. Erano in due con la gemella, ma lei è morta in seguito ad un attacco. Vorrei che lo tenessi qui, al sicuro, fino a che la situazione non diventerà meno pericolosa”. Dietro di lei, Marisio spalancò gli occhi esterrefatto, ma non pronunciò parola.
‘Che stai facendo, Ayumi...’ pensavano entrambi, sia l’albina che il ragazzo dai capelli blu.
“D’accordo. Nathaniel? Vieni con me” acconsentì Paula, prendendo per mano il ragazzino, che non capiva come facesse la ragazza dai lunghi capelli bianchi a conoscere il suo nome. “State attenti...” sospirò infine l’adulta, per poi chiudere la porta. Non c’era altro da dire.
Ayumi e Marisio si allontanarono, camminando fianco a fianco, fino a ritrovarsi a costeggiare la spiaggia e ancora, fino a che non si ritrovarono seduti sugli scogli.
“Chi era lei?” chiese il ragazzo, tentando di mantenere un tono controllatamente pacato per non intaccare ulteriormente l’animo evidentemente tormentato dell’altra.
“Si chiama Paula. È l’insegnate di quest’isola e quando ero piccola ha insegnato qualcosa anche a me. Per questo mi conosce. Sua prozia è una delle sagge del posto e le ha raccontato la ‘leggenda’ dei Guardiani” raccontò piano l’albina.
“Si prendeva cura di te quando...”
“Quando mia madre adempiva al suo dovere di Guardiana, esatto. Mi ha insegnato qualcosa, ma purtroppo a sette anni ho dovuto... prendere il posto di mi madre... e quindi non so molte cose che una persona comune considererebbe naturali ed immediate...”
“D’accordo, ho capito. Non ne parliamo, se non vuoi” la rassicurò lui, appoggiandole una mano sulla spalla. Lei rabbrividì al contatto.
“Ho paura” sussurrò alla fine, sorprendendosi. Da quando i suoi sentimenti le erano così chiari? “Da sempre” aggiunse, voltandosi a guardare il ragazzo. Gli occhi scuri di lui la scrutavano, riuscendo a trapassare quel muro ormai fragile che da sempre, o meglio, da otto anni, proteggeva la ragazza.
‘Proteggeva o intrappolava?’ si ritrovò a domandarsi Marisio d’improvviso. Effettivamente i conti tornavano.
“Perché hai paura Ayumi?” le chiese infine dolcemente, mentre le accarezzava una guancia. “Non sei da sola”.
“È una bugia. Io sono da sola, lo sono da quando mia madre è morta!”. Dopo molti, moltissimi anni, finalmente quelle lacrime amare e disperate, imprigionate in una cella dimenticata finalmente aperta abbandonavano gli occhi ciclamino dell’albina.
E, dopo tanto, troppo tempo, qualcuno la strinse tra le braccia, tentando di consolarla e lenire il suo dolore. Il Guardiano dell’Aura la stava cullando mentre la abbracciava, sentendola tremare e avvertendo le sue lacrime bagnargli la stoffa che copriva la sua spalla.
“Non voglio tornare indietro... non voglio... non lì...” balbettava terrorizzata. Il ragazzo era esterrefatto, non capiva cosa stava succedendo. Era strano, era da un po’ che Ayumi era diventata più... sensibile a ciò che li circondava. Ma mai a quei livelli.
“Ayumi. Qualunque cosa ti spaventi, ci siamo noi. E sappi che faremo qualsiasi cosa necessaria per aiutarti. Noi ti vogliamo bene, non vogliamo vederti soffrire” le disse con voce calda, mentre le asciugava le lacrime. Gli occhi erano ancora pieni di terrori, ma in fondo brillavano di fiducia.
Voleva credergli, e per questo annuì leggermente. Lui le sorrise e poggiò le sue labbra sulla fronte della ragazza.
“Magari quando sarà tutto finito” le sussurrò. Lei rispose con un sorriso flebile e annuì leggermente.
Si rialzarono, osservando ancora una volta il mare che aveva abbandonato i colori caldi del sole per vestire quelli argentati della luna.
“Forse dobbiamo andare” mormorò il ragazzo. Ayumi annuì, mentre sentiva di nuovo l’agitazione nel suo petto. Faceva male. Prese la mano al ragazzo, tentando di sopprimere i suoi sentimenti ancora.
Sparirono.


“Non è stata colpa mia. Non doveva succedere ma... non potevo farci nulla, è... successo troppo in fretta. Non è... colpa mia. Io... ho paura”

 


Angolino nascosto nell’ombra
Qualcuno mi dia un letto. Qualcuno mi dia un rimedio contro la stanchezza anomala (?). Qualcuno mi dica che non sto diventando depressa.
AHAHAHAHHA MA IO NON SONO DEPRESSA AHAHAHAH almeno spero.
Okno. Perdonatemi.
Non ho molto da dire a riguardo tranne che sì, Pure è sta degenerando ed è inguaribile (tranne per Angeallen che, ops, non può evadere dalla sua dimensione) e Marisio si è dichiarato, yeah. Nathaniel e Rhiannon mi servivano solo per far impazzire Ayumi, sì. E qui è sereno ma diluvia.
Wa da fak, tempo atmosferico.
Ho trovato una canzone adatta per GoL, che non è la cosa più originale del mondo ma è una cosa che mi piace fare. Si chiama Get Out Alive ed è dei Three Days Gracias o come si scrive il loro nome, non lo so, sono troppo stanca per controllare, non linciatemi plis.
Il perché di questa canzone... si capirà bene solo nel prossimo capitolo ahahahah SI LO SO CHE MI ODIATE TANTO.
Bene. Forse le pubblicazioni diventeranno ogni due settimane perché la scuola è iniziata per tutti e il terzo anno si è presentato a me come parecchio più incasinato. Amen fratelli e sorelle.
Tanto Lob *come dice Sabrina*


Aura_

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 - La Rottura del Sigillo ***


Capitolo 29 – La Rottura del Sigillo


_Paradiso Parallelo_


Quando riapparvero, gli altri erano già tornati e li stavano aspettando.
“Come è andata?” chiese Seir, avvicinandosi.
“È al sicuro. Ameno credo” tagliò corto Marisio. Ayumi, accanto a lui, teneva gli occhi bassi e spalancati. Le si avvicinò Shirley.
“Ayu... che cosa succede?” le sussurrò dolcemente. Ma, prima che la ragazza albina potesse formulare un pensiero in risposta, un contatto telepatico attraversò la loro mente, pungente come uno spillo ma doloroso come una freccia.
- Venite alla piattaforma sospesa. Subito – comandò la voce di Arceus, imperiosa. Tutti i presenti si scambiarono un’occhiata impressionata e preoccupata. La Guardiana dei Venti Gelidi manteneva gli occhi bassi. Era terrorizzata.
“Ayumi! Si può sapere che diavolo è successo?” sbottò una preoccupatissima Shirley nel vedere la più esperta comportarsi così. Quella ridacchiò piano, senza allegria.
“Io... io ho disobbedito. E ho fallito. E ora ne pagherò il prezzo, sconterò la mia punizione” sollevò gli occhi che contenevano un terrore folle. Sorrideva, come può sorridere un condannato a morte che sta per essere impiccato e che sente già la ruvida corda cingergli il collo.
“Che diamine...?” provò ad articolare Kurai, ma la ragazza dai capelli bianchi lo interruppe con un sospiro.
“Qualunque cosa, ragazzi. Qualunque cosa provi a farmi, non mettetevi in mezzo” sussurrò Diverse bocche si aprirono per contestare, e di nuovo Ayumi fu più veloce. “Vi prego... voltate lo sguardo se volete, tappatevi le orecchie e rifugiatevi nella vostra mente. Ma state lontani. Non avrei mai dovuto mettervi in mezzo a tutto questo. Mi dispiace”. E dopo quelle parole, li teletrasportò tutti nel luogo richiesto, incapace di sopportare oltre i loro sguardi preoccupati e le loro domande.


Atterrarono sulla piattaforma disposti a semicerchio, Ayumi era nel mezzo, dritta di fronte ad Arceus. Gli occhi rossi del Primevo brillavano minacciosi. Gli altri Guardiani si guardarono attorno, incapaci di proferir parola, come soffocati dall’atmosfera pesante e tesa che si percepiva.
“Ayumi”. Il tono del Leggendario era tagliente come un rasoio e impassibile come quello di un giudice. “Hai la minima idea di ciò che è successo?” chiese tetro. Non era una vera e propria domanda, ormai le conseguenze erano inevitabili, non aveva importanza di come si fosse svolto il processo.
“Lo so” fu la risposta piatta. Quel sorriso ancora alleggiava sulle sue labbra. Era qualcosa di terribile, quasi straziante.
“Un altro Guardiano è morto. La tua incompetenza e la tua scarsa attenzione hanno fatto in modo che un altro di voi perdesse la vita”.
“Ne sono consapevole”.
“Inoltre, come se non fosse abbastanza, hai anche avuto la sfrontatezza di intensificare il danno, non portando qui o nel Mondo Distorto il Guardiano sopravvissuto ma affidandolo alla cura di un’umana, disubbidendo alle mie indicazioni”.
Ayumi rimase in silenzio, abbassando il capo e conficcandosi le unghie nei palmi. “È così” bisbigliò infine, senza riuscire ad abbassare il capo.
Palkia ricercò lo sguardo di Giratina, dato che entrambe erano alle spalle di Arceus e non potevano essere viste da quest’ultimo. Ma il Drago del Caos teneva gli occhi puntati su Ayumi. Non si spiegava quel cambiamento così radicale.
‘Non è niente di buono... ma io non posso intervenire... cosa posso fare? Che succederà?’.
“Tu sai cosa succederà adesso, Ayumi” ringhiò il Pokémon Primevo, mentre dal suo corpo iniziavano a fuoriuscire quelle che sembravano delle grosse pietre. Le Lastre.
La ragazza non si era mossa. E non si mosse quando le prime ondate di dolore iniziarono a colpirla, tranne per degli inevitabili spasmi. Era il Fuoco, era il Fulmine ed era la Roccia. Lei era debole a quegli elementi e lui lo sapeva benissimo. Si sentiva corrosa dall’interno.
Era peggio del solito, più potente, più lungo, più massacrante. Sentiva il suo corpo andare in frantumi, la pelle staccarsi dalla carne che a sua volta si squagliava lontano dalle ossa. Le sembrava che i denti le stessero per cadere, così come i bulbi oculari e le unghie. Dalle orbite e dalla bocca sottile iniziò a fuoriuscire sangue, mentre barcollava e rischiava di cadere. Le orecchie fischiavano e sanguinavano, girava tutto, gli occhi si socchiusero.
Era tutto nero. Non si sentiva nulla. Percepiva solo un grande dolore.

<< Basta... >>

Arceus inviò una nuova ondata di forza, nonostante Ayumi non stesse più dando segni di vita da qualche istante. Ma lui non se ne curava. Gli errori andavano puniti. Così ne inviò un’altra.

<< ...Basta... >>

Crick.

E un’altra.

<< Ba-basta... >>

E un’altra ancora.

<< Ti prego... fermati... >>

Crick.

“Arceus, contieniti!” urlò Giratina, che non riusciva più a vedere quella ragazza soffrire in quella maniera anche per colpa sua. Lei aveva contribuito a intrappolarla in quel limbo e non se lo era mai perdonato. Nemmeno in quel momento aveva la forza necessaria per opporsi a suo fratello e aiutarla.

<< Mi fai male... >

Ma il Pokémon Primevo non si fermava, animato da una furia cieca. O forse... da terrore.

<< Fa troppo... male... >>

Crick.

Il grande Arceus temeva quella ragazza. Aveva paura di un qualcosa che era celato in lei e che aveva rinchiuso tanto, tanto tempo prima.

<< Perché... perché mi fai questo? >>

“Arceus, smettila! Così la uccidi!” urlò ancora Giratina. Stava davvero passando il segno.

<< Tu... mi odi? >>

Gli attacchi diminuirono di intensità, fino a svanire del tutto. Rimasero in silenzio ad osservare l’albina immobile, in ginocchio.

<< Io però... non ti ho fatto nulla. Sei così... ingiusto >>

Era troppo tardi. Giratina lo capì subito. “Ragazzi... allontanatevi” sussurrò agli altri Guardiani, che avevano assistiti attoniti a tutta la scena. Senza intervenire, come Ayumi aveva chiesto loro.

<< Insensato. Sciocco. Folle. >>

Crick. Crick.

“Giratina... che sta succedendo? Perché dobbiamo andarcene?” chiese Shiho con voce spezzata dai tremiti, le guance rigate da lacrime di orrore e il corpo tremante.

<< Non farai più del male a nessuno >>

“Ayumi... è instabile, ho paura che tra un attimo...” la Leggendaria non riuscì a continuare.
“Che le sta succedendo? Giratina, che cos’ha Ayumi?” sbottò Seir, frustrata.
“Lei...”

<< Io non te lo permetterò >>

“...lei è sbagliata... è figlia della sofferenza e dell’orrore. E adesso questo suo lato sta emergendo” sussurrò Giratina.
“E questo che vuol dire?” chiese Shirley, sempre più confusa.
“Che siamo in un mare di guai”.

<< Soffri >>

Arceus fissava il volto immobile dell’albina, gli occhi socchiusi, la bocca semiaperta, il sangue che le solcava gli zigomi e il mento, l’espressione vuota, atona.

<< Soffri come me >>

Crick.

Ricordò quella che era Ayumi, quella dagli occhi sbrilluccicosi e che riflettevano il cielo, la bambina che correva e non piangeva nemmeno se cadeva. La ragazzina che adorava sedersi sugli scogli a cantare mentre con una mano accarezzava Vaporeon.

<< Soffri come ho sofferto io >>

‘Che cosa ti abbiamo fatto... che cosa ti ho fatto...ma dopotutto, cosa altro potevamo fare?’

<< Soffri come sto soffrendo adesso >>

Crick. Crick.

“Arceus!”

<< Patisci ciò che io ho patito a causa tua >>

“È troppo tardi”

Crick.
Clong.

<< IO TI MALEDICO >>

Il sigillo si spezzò.


Era successo qualcosa quel giorno, sulla spiaggia. Mai gli occhi della piccola Guardiana avevano preso il colore dell’abisso più profondo. Irradiava una sofferenza terribile. Ma quei ricordi erano stati cancellati, spazzati via da una sofferenza talmente devastante che non le avrebbero lasciato scampo. La piccola Ayumi rischiava di perdersi dentro quella forza oscura che l'aveva corrotta.
Uno strano potere era fuoriuscito dal suo corpo non appena l'avevano portata al Paradiso Parallelo. Una sorta di malvagità cristallizzata, annunciatrice di morte, comandata dalla negatività dell'aura della bambina.
Furono i quattro Leggendari Primordiali a fermarla. Intrecciando i loro poteri crearono uno scudo, una protezione che evitò a quel nucleo oscuro di continuare a fuoriuscire e creare ulteriori danni.
Ma non solo. Doveva anche impedire a questo di crescere ed espandersi, bloccarlo. Ma questo fu l'errore che portò Ayumi alla rovina.
Quando la bambina riuscì a riprendersi, non si ricordava nulla, non sapeva cosa le era successo e cosa fosse sopito il lei. Non glielo dissero, pensando che il problema fosse stato debellato.
Ma non era affatto così. L'albina era diventata una bambola di pezza, apatica, vuota. Il suo potenziale, seppur ancora forte, era regredito. Ma per lei, era ormai tutto uguale in quel mondo. Niente le comunicava qualcosa, niente di niente. Era tutto freddo e vuoto, come lei.
E un essere vuoto non sa distinguere il bene dal male. Arceus ebbe paura di ciò che la ragazza avrebbe potuto fare se non fosse stata educata nuovamente. Ma i Leggendari non conoscono l'educazione umana. Per loro il dolore corrisponde a uno sbaglio.
E così Ayumi si ritrovò ad essere ferita, ancora e ancora. E, nel suo cuore nascosto dal sigillo, l’odio, la rabbia, la tristezza, la disperazione e la paura si accumulavano, accrescendo il suo potere negativo.
E qualsiasi contenitore, per quanto resistente e ben fatto potesse essere, se inadatto e riempito troppo scoppia.
E il contenuto si spande.


Ayumi si ritirò in piedi, lentamente. Teneva il capo chino e le mani sul petto, come se le facesse male. Da lei sembravano evaporare quattro diverse scie, liberatosi dopo il forte rumore che si era sentito. Erano i rimasugli di quello che era stato il sigillo.
La ragazza dapprima sentì come un bruciore all'altezza del cuore. Ma poi, in un lampo, quella fastidiosa sensazione si propagò fino alle punta delle dita. Faceva male. Si sentiva andare a fuoco, non poteva contenere dietro di se quel dolore.
E così lo lasciò uscire.
Da sotto i suoi piedi iniziò a espandersi una patina ghiacciata. Ma non era ghiaccio normale. Quelli sembrava quasi nero, emanava oscurità e morte. Era un potere corrotto. E i segni di quell’ombra si notavano anche sul corpo della ragazza, facendole assumere un aspetto simile a quello della Forma Guardiana, ma monocrome. I capelli sfumavano di nero e anche gli occhi si scurivano fino a raggiungere il colore della pece.
Urlò. Un grido carico di sofferenza, tenuta dentro per troppo tempo. Le lacrime scorrevano sul suo volto pallido, ancora più bianco del solito, segnandolo con il rosso del sangue che queste contenevano. Si portò le mani alla testa come se la sentisse scoppiare, affondando le dita nei capelli.
Il ghiaccio si diffondeva, ma sembrava assorbire la luce, invece che rifletterla. Faceva freddo, si gelava, fino a togliere il respiro.
“Allontanatevi, non fatevi colpire da quel ghiaccio!” ordinò Giratina ai Guardiani, riprendendosi dallo shock. Cos’era accaduto?
“Che cos’è? Che le è successo?” strepitò Shirley in risposta, mentre con un’onda d’urto generata dai suoi poteri di tipo Drago, i capelli sfumati di rosso in più punti e gli occhi color ambra che luccicavano furiosi. Quell’attacco frantumò una parte del ghiaccio, che però continuava a ricrearsi, inesorabile.
Era arrivato a scendere al di sotto della piattaforma e stava uccidendo i fiori.
“Non è il momento!” rispose Palkia, richiamando a sé l’energia dello spazio.
“Palkia, che cavolo stai facendo!?” le urlò Giratina, ma ormai Fendispazio era stato lanciato, diretto verso la ragazza bianca. Quella mossa era devastante, capace di uccidere e sgretolare. I Guardiani trasalirono, avevano intenzione di ucciderla?
Ayumi se ne era accorta e sollevò una mano. Una barriera di ghiaccio nero si materializzò di fronte a lei, facendole da scudo incrinandosi solamente, senza distruggersi.
“Non è possibile” sussurrò il Pokémon dello Spazio.
“È possibilissimo, invece. Sai meglio di me quello che pensavamo di aver fermato. Il suo potere è cresciuto e non abbiamo la possibilità di ucciderla, Palkia. La rabbia che ha nei nostri confronti è cresciuta a dismisura, se la attacchiamo perderà quel briciolo di controllo che le è rimasto!” sbraitò la Signora dell’Antimateria, con un ruggito irato.
Kurai sbatté le palpebre sorpreso. “Si sta controllando, adesso?” domandò sorpreso. Giratina fece un cenno d’assenso.
“Sì, altrimenti avrebbe potuto disintegrarci qui seduta stante. In ogni caso, dobbiamo trovare un modo per calmarla, il Paradiso Parallelo sta morendo per colpa del ghiaccio” spiegò velocemente.
Subito dopo, i Guardiani dovettero alzarsi in volo per evitare che quel gelido assalto li prendesse. Solo Arceus era rimasto immobile, a pochi centimetri dalla superficie trasparente che sovrastava quello che era il campo dei fiori mistici della dimensione. In quel momento stava rapidamente diventando un deserto freddo e desolato.
Il Pokémon Primevo si proteggeva con il suo potere, impedendo che il ghiaccio lo raggiungesse, mentre teneva gli occhi rossi piantati in quelli completamente neri dell’albina.
Ci leggeva paura e rabbia. Tanta, tantissima rabbia.
- Come hai potuto farmi questo? – la sentì sibilare all’interno della sua mente. Il Leggendario si stupì nel constatare che aveva ancora la stabilità di sostenere un contatto telepatico, tra l’altro privato. Abbassò lo sguardo, incapace di reggere quello distrutto della ragazza. – Codardo. Guarda quello che hai fatto, prendine coscienza, se hai ancora un briciolo di buonsenso. Guardami -.
Il Pokémon Primevo non ce la faceva, era troppo per lui. Quello era stato un errore madornale, non lo aveva previsto. Come aveva fatto ad essere così cieco? Non aveva visto e riconosciuto i chiari segnali che si ripercuotevano sulla ragazzina, troppo sicuro di sé. Era sicuro che in quattro non avrebbero potuto sbagliare. Loro, i quattro Pokémon Primordiali.
Ma interagire sull’aura e sulla vita non era loro compito e alla fine quella loro apparentemente piccola svista si era tramutata in un disastro.
- GUARDAMI! – urlò di nuovo la Guardiana dei Venti Gelidi, mentre un’onda di potere oscuro si liberava da lei, fino a colpirli tutti. Ma era un dolore puramente mentale, che raggiunse i cuori dei Leggendari e dei Guardiani presenti in tutto il Paradiso Parallelo. Si alzarono grida e versi, tutti sentivano dentro di loro una tristezza che spaccava il cuore a metà. Anche Arceus la sentiva, e le lacrime abbandonarono i suoi occhi, mentre sollevava il viso per osservare quella Guardiana corrotta dal suo stesso potere. Per colpa sua.
E la situazione era ormai irrecuperabile.

Forse.


Un tremito scosse dalla testa alla punta della coda il Leggendario, che spalancò gli occhi. Incrociò subito quelli della propria Guardiana, che aveva sentito e compreso.
“Siamo arrivati tardi, temo. Il sigillo si è rotto” mormorò Shinseina. Dietro di lei, gli altri quattro ammutolirono, scambiandosi degli sguardi preoccupati.
“Cosa possiamo fare?” chiese infine Sharda, incrociando le braccia al petto.
“Preparatevi a partire. Ho come l’impressione che presto incontreremo la Guardiana Impura. Ma prima, io devo contattarla” rispose Angeallen nella sua solita calma.
Tutti i presenti annuirono e iniziarono a discutere, mentre Angeallen chiuse gli occhi. La sua mente viaggiava, il suo potere si faceva spazio tra le dimensioni, fino a raggiungere il Paradiso Parallelo.
Sentiva freddo. E sentiva dolore. E tutto questo irradiava da Ayumi, irriconoscibile, la sua aura ridotta a una sorta di buco nero. In quel momento l’albina era come un complicato e bellissimo disegno di china nera su carta bianca. L’acqua ci era caduta sopra, rovinando e sciogliendo tutto.
Così, anche il suo controllo se ne era andato, sciolto e spazzato via.
La situazione sarebbe stata irrecuperabile. Ma non per lei.
Concentrandosi, lanciò un onda di potere nella dimensione, facendo in modo che si riversasse in Ayumi, impedendole di autodistruggersi.


- Ayumi, basta così -. C’era andata molto vicina.
La voce di Angeallen irruppe in quel buio che la circondava, riportando la luce e la consapevolezza. L’albina ritirò in sé il suo potere, con fatica, perché era completamente diverso a quello che aveva imparato a gestire. Più grande, più potente, ma più oscuro.
Vedeva il ghiaccio, il suo ghiaccio, che aveva ucciso una parte della dimensione. Vedeva il suo dolore riflesso negli occhi degli altri Guardiani e dei Leggendari presenti. Vedeva lo sguardo spento e colpevole di Arceus.
Tossì, e sapeva che non solo aria era uscita. Piangeva ancora, continuava a piangere, ma le lacrime non erano più rosse. Gli occhi erano tornati limpidi e chiari, ciclamino e rispecchiavano il mondo come quelli di una ragazza quale era. Non erano più vitrei.
Ma il dolore non se ne sarebbe andato troppo facilmente.
“Lasciatemi, andare... non cercatemi... mai più” sussurrò tremante. Poi il vento l’avvolse, e lei sparì.
Nessuno fiatò per tanto tempo.
“Se ne è andata sul serio...” sussurrò Articuno ad un certo punto. La Leggendaria era incredula. Non capiva cosa fosse successo alla sua piccola Guardiana.
“Arceus” intervenne Giratina, seria come non mai. “Ammetti le tue colpe. Racconta loro cosa abbiamo nascosto qualche anno fa” ordinò.
Il Leggendario rialzò la testa e la fece scorrere su tutti i presenti, incrociando sguardi distrutti, arrabbiati, delusi e increduli. L’aria era pesante. Sospirò.
“Voi sapete che ci sono vari tipi di aure: le Aure Bianche, le Aure Grigie e le Aure Nere. Le prime e le ultime sono anime potenti che si manifestano anche negli esseri umani e sono positive, come quelle di Marisio, Pure e N, o negative, come quelle di Kurai e Seir. Le Aure Grigie, invece, non hanno niente di speciale, sono piatte e il loro potere è troppo debole per essere tirato fuori e usato normalmente. Tuttavia, esiste anche un’altra categoria: le Aure Impure. Ayumi è una di esse. È una categoria rarissima e molto, molto potente, ma pericolosissima per chi la possiede prima ancora che per gli altri. Inizialmente, le Aure Impure sono Aure Bianche instabili, che variano e sviluppano poteri non consoni. In seguito a violente emozioni, poi, si scatenano e rischiano di distruggere loro stesse e ciò che le circonda”.
“La morte della madre di Ayumi, Mary, davanti ai suoi occhi, ha scatenato questo processo. E lei era solo una bambina, non aveva neppure il pieno controllo dei poteri di Articuno. E così, abbiamo deciso di sigillare le impurità che sporcavano l’anima della piccola, anche a costo di renderla priva di sentimenti, vuota. Pensavamo che almeno era viva, salva e che sarebbe stata al sicuro da quella parte del suo potere. Ma questo ha continuato a crescere, per il dolore, per la paura. E il sigillo oggi si è spezzato” concluse Giratina.
Ci fu un altro lungo attimo di silenzio.
“Ma lei lo stava controllando” si udì la voce di Natural, come se si fosse appena ricordato di quel particolare.
“Così sembrava. Ma le Aure Impure sono instabili, ve lo abbiamo detto. Ayumi è forte, ma per colpa di questo nostro sbaglio non... è abituata a questo genere di potere. Non so cosa pensare, sinceramente” rispose Palkia.
“È stato un errore gravissimo. Tutto quanto” disse Arceus, interrompendo un’altra volta il silenzio generale creatosi. Si guardò attorno, osservando la zona morta del Paradiso Parallelo, sospirando. “Ammesso che sopravviva, non so se Ayumi riuscirà mai a perdonarmi”.


_???_


Era notte, era buio, era freddo. Si era teletrasportata facendosi guidare dall’istinto, non sapeva bene dove fosse. Pioveva tanto e forte, l’acqua veniva giù a secchiate, aumentando la sensazione di gelo, appesantendole i vestiti e appiccicandole i capelli alla fronte e alle braccia. Tossiva forte, si sentiva debole, la testa le martellava, tremava incontrollatamente. Ayumi era terribilmente confusa.
Barcollando, entrò in una città Era grande e tecnologica, lei non riconosceva niente di quelle tecnologie. Però sentiva l’odore del mare, ci era vicina.
Non sapeva dove stava andando.
Mai come allora sentiva la necessità di aveva qualcuno al suo fianco, per esempio Articuno, oppure Fujiko, Shirley o Seir... chiunque...
Alzò lo sguardo, battendo ripetutamente le palpebre quando la pioggia le entrava negli occhi. C’era una torre. Una torre illuminata in cima. Le torri stanno a contatto con l’aria.
L’albina sentì la necessità di salirci. Troppo sconvolta per iniziare a pensare razionalmente, si affidò di nuovo all’istinto, percorrendo vie che non pensava di riconoscere.
Non sbagliò mai strada, neanche una volta.
Raggiunse la cima della torre, che era composta interamente a vetri. Da lì si poteva vedere il mare, terribilmente mosso, il grigio delle nubi e la pioggia che si schiantava sulla superficie trasparente, rigandola. Anche il tempo stava piangendo, si struggeva come lei.
Alle sue spalle c’erano dei posti dove sedersi, probabilmente per ammirare in santa pace il panorama nei giorni sereni. Erano lievemente imbottite, per renderle più morbide e confortevoli.
Ayumi fece un solo passo in quella direzione, prima che le gambe le cedessero. Provò a rialzarsi, ma girava tutto, non sapeva neanche dove poteva aggrapparsi. Si trascinò verso il muro, provando ad usarlo come appiglio, ma niente, le sue gambe avevano perso ogni forza.
La ragazza si appoggiò con la schiena alla parete, il fiato corto e tremante.
Non riuscì più a lottare contro le palpebre cadenti e perse definitivamente i sensi abbandonandosi a sé stessa.


“Ayumi è il terzo errore del Pokémon Primevo. L’ultimo, ma altrettanto grave come i precedenti. Adesso basta.”


Angolino nascosto nell’ombra
Sì, quindici giorni mi ci vogliono tutti.
La scuola non perdona. Mai. E danza neppure.
Allora. Questo è il capitolo su cui, praticamente, si basa la storia. Ora lo ho scritto e sono felice. Insomma, per soddisfazione personale potrei anche chiudere qui la storia, arrivederci e grazie.
Ma non lo farò, ovviamente. E questo non significa che Ayumi sia sopravvissuta, mettetevelo bene in testa. Potrebbe essere morta o solo svenuta, o in coma. E VOI NON LO SAPRETE MIA MUAHAHAHAH no, scherzo ovviamente.
Arceus si è reso conto dell’errore. Capito? Lui non tartassava Ayumi per pura cattiveria (cattiveria sì, ma non pura), ma anche per ignoranza e incapacità. E indovinate perché il loro sigillo non ha funzionato a dovere?
Esatto, Angeallen. Che tra l’altro ha salvato il culo a tutti nel Paradiso Parallelo (anche se ne è morto un gran pezzo, ops).
Le parti in grassetto durante il testo sono i pensieri di Ayumi, invece l’ultima frase appartiene alla coppia Angeallen-Shinseina. Beeeneeee... non so che altro aggiungere.
Spero che il capitolo vi piaccia e di aver sconvolto abbastanza i vostri animi (?)
Ci vediamo tra quindici giorni. Ammesso che io riesca a farci stare tutto, obvious.


Aura_

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 - Casa ***


Capitolo 30 – Casa


_Arenipoli_


Ritornò cosciente a poco a poco, con tutto ciò che ne comportava. Sentiva male dappertutto, sia corporalmente che psicologicamente. E, se alla prima cosa ci era abituata, alla seconda era del tutto impreparata.
‘E questo ciò che si prova a possedere un cuore?’ si chiese, seppur costruendo a fatica quell’unico pensiero. La mente era una nube che vorticava, mescolandole i pensieri e facendole provare un forte senso di vertigine. Non riusciva a muoversi, il suo corpo era pesante, insensibile.
Riusciva a sentirsi, ma non riusciva a  sentire. Percepiva a stento l’aria che le riempiva i polmoni per poi scivolare nuovamente al di fuori e il suo cuore battere lentamente e lievemente.
Ci volle del tempo prima che i suoi sensi tornassero a fare il loro lavoro, stabilizzandosi. Si rese conto di star tremando e di avere freddo, ma sentire caldo. Sollevò piano le palpebre, sollevata nel constatare che c’era una scarsa luminosità nella stanza. Dovette sbattere le ciglia qualche volta per riuscire a mettere a fuoco il luogo nel quale si trovava.
Era sdraiata su quello che doveva essere un divano di un piccolo soggiorno. Le pareti, da quello che riusciva a vedere erano dipinte di celeste, e tutti i mobili erano bianchi. Al centro stava un tavolino basso con un ripiano in vetro. Appese alle pareti c’erano dei quadri o delle foto, ma la ragazza non riusciva bene a metterli a fuoco.
Non pensava di essere mai stata in quel posto, eppure quello che la circondava la rassicurava, trasmettendole un senso di famigliarità, protezione e nostalgia.
Come se avesse da sempre voluto trovarsi lì.
In quel momento si accorse anche di un altro particolare: dolci note di pianoforte si diffondevano nell’aria. Le piaceva la melodia, la confortava, si sentiva meglio, come accarezzata.
Si tirò seduta con fatica, ignorando i dolori e il giramento di testa. Tuttavia, comprese che non sarebbe mai riuscita a tirarsi in piedi, era troppo stanca, troppo debole.
Ed era pericoloso, dato che aveva congelato buona parte del divano sul quale era sdraiata. Ma era un ghiaccio anormale. Era... nero, in un certo senso. Oscuro. Corrotto, sbagliato, impuro. Eppure era suo, lo sentiva, era pronto a piegarsi al suo volere.
‘Sparisci dalla mia vista’ pensò spaventata la ragazza, rannicchiandosi mentre il ghiaccio si sbriciolava e scompariva. Il suo sguardo le cadde sui palmi delle mani.
‘Che cosa sono diventata...?’
“Ah, sei sveglia”. La melodia del pianoforte si era interrotta senza che lei se ne accorgesse e qualcuno era spuntato dalla porta e la osservava.
Era un ragazzo alto e col fisico asciutto, non dimostrava più di venticinque anni. I capelli erano di un biondo tendente all’ocra, sufficientemente lunghi e lisci, sparati. Gli occhi color del cielo erano limpidi ma velati di preoccupazione. E forse anche qualcos’altro.
“Stai bene?”. Non ci fu risposta. “Ero preoccupato, ero sulla torre a fare dei controlli per un piccolo guasto, sono uscito e ti ho trovato lì per terra. Non ti muovevi e respiravi appena, mi hai spaventato a morte. Che cosa ti è successo?” chiese ancora, pacato.
Ma Ayumi non rispose, limitandosi a guardarlo con occhi sgranati. Già, che cosa le era successo. Rabbrividì e avvertì qualcosa formarsi e riempirle gli occhi, per poi scivolare giù lungo le guance. Lacrime.
Aveva paura, non capiva. Era assurdo, le era successo qualcosa, ma non voleva tornare indietro a chiederle spiegazioni. Davanti a sé vedeva solo un muro.
“Ehi... calma, non fa niente” le disse quell’altro, andando a sedersi vicino a lei, che però si ritrasse, finendo per cadere giù dal divano. Si rialzò in fretta, liberandosi delle coperte nonostante il freddo e raggiungendo l’altro lato della stanza, appoggiandosi al muro per non cadere a terra un’altra volta. Il ragazzo si limitò ad osservarla, vagamente sorpreso. “Ok, scusami, colpa mia. Sono stato avventato” si scusò, alzandosi e riallontanandosi. “Torna lì, non credo che la febbre ti sia passata, a giudicare da come tremi”. Le disse.
Ma Ayumi rimase immobile a studiare quel ragazzo, rendendosi conto di un piccolo dettaglio che prima, seppur avendolo notato, non le aveva comunicato nulla. In quel momento, invece, dopo che la confusione iniziale stava man mano svanendo, la realtà le venne sbattuta in faccia.
Dischiuse la bocca per parlare, ma non ne venne fuori niente se non un verso strozzato. Iniziò a tossire sputando, con suo orrore e sgomento, qualche grumo di sangue. Anche il ragazzo aveva spalancato gli occhi.
‘Seriamente, che cavolo mi è successo?’.
“Tieni”. Il biondo le stava porgendo un fazzoletto, dopo essersi avvicinato nuovamente. Ayumi non si ritrasse e afferrò il piccolo ritaglio di stoffa, pulendosi mani e bocca. Non fidandosi della sua voce, ringraziò il ragazzo con un cenno.
Lui rispose con un semplice movimento del capo, e poi si sedette vicino a lei, sollevato che non scappasse più. Rimase in silenzio per qualche momento, osservando Ayumi, che teneva lo sguardo fisso sul pavimento.
“Sei una Guardiana”. L’albina lo fissò, sbalordita. Poi si rese conto che effettivamente lui poteva tranquillamente essere a conoscenza di quel segreto. Così rilassò le spalle e annuì lentamente. “Lo immaginavo. Non sapevo come spiegarmi, altrimenti, come mai all’improvviso si fosse ghiacciato il salotto” sbuffò ancora il ragazzo con una punta di ironia nella voce. La ragazza sollevò un angolo della bocca in un sorrisino.
Ancora una volta, lasciarono che il silenzio li avvolgesse. Poi, il ragazzo si alzò.
“Vado a vedere se ho qualcosa per farti abbassare la febbre. Resta qui tranquilla, ok?” le disse lui, alzandosi e dirigendosi verso la porta dalla quale era entrato.
‘Perché mi hai aiutato? No puoi ricordarti di me...’ rifletté Ayumi mentre fissava la schiena del ragazzo biondo, che si immobilizzò immediatamente. Si portò una mano alla testa per poi voltarsi.
“Ah, capisco... telepatia...” mormorò osservandola, mentre Ayumi era confusa. Non aveva la minima intenzione di legare i loro pensieri. “Perché dovrei ricordarmi di te?” chiese ad un certo punto quello, studiandola attentamente. “Voglio dire... non penso di averti mai incontrata” continuò a voce più bassa ed esitante. “Anche se mi ricordi... qualcuno”.
A quelle parole gli occhi dell’albina si riempirono di nuovo di lacrime. Ma anche quelli del ragazzo lo fecero.
“Ayumi... sei davvero tu?” chiese, sussurrando.
“...Corrado...” lo chiamò piano quell’altra piantando i suoi occhi ciclamino in quelli celesti del ragazzo. “...Ora sono a casa, vero?”
Corrado si avvicinò velocemente per stringerla in un abbraccio carico di nostalgia, affetto e malinconia. “Sì, sorellina. Bentornata a casa”.


“La febbre si sta abbassando, per fortuna. E casa nostra non si è ancora tramutata in un freezer gigante, quindi direi che per il momento va tutto bene” annunciò Corrado, esaminando il termometro e sorridendole.
“Mi dispiace” rispose subito Ayumi, ripensando a quello strano ghiaccio.
“Tranquilla. Non ha nemmeno graffiato il pavimento” la rassicurò lui, scompigliandole la chioma bianca. Poggiò il termometro sul tavolino di vetro e si riappoggiò allo schienale del divano. “Hai un po’ di cose da raccontare, presumo. Non ne so molto su voi Guardiani, mamma non me ne ha voluto dire molto. E forse anche tu lo farai” rifletté.
“Non è sicuro” rispose l’albina, e inaspettatamente il ragazzo iniziò a ridere.
“Sì, sì, me lo diceva spesso anche lei. E poi aggiungeva che ero un figlio impiccione e terribilmente testardo. Tant’è che non mi sono mai arreso al fatto che voi ve ne foste andate. Dove eravate?” chiese.
“Nelle Isole Orange. Mar... mamma... aveva capito che ero la Guardiana di Articuno, e abbiamo potuto vivere vicine a ancora a contatto con gli umani, seppur limitatamente. Doveva essere un luogo sicuro, eppure...” ingoiò un fiotto di saliva, che avvertì come un grosso ciottolo bloccato all’altezza dell’epiglottide.
“È morta, non è vero?” chiese con voce piatta Corrado. La minore annuì semplicemente. “Me lo aspettavo. Non avrebbe mai permesso che tu soffrissi in questo modo. Anche papà è morto, non da tanti anni, effettivamente. Non so esattamente che gli sia successo, ma ho preso il suo posto come Capopalestra” sorrise, con una punta di orgoglio.
“Cosa?” domandò la ragazza, sollevando un sopracciglio. Il fratello imitò la sua espressione.
“Non sai cosa sono i Capipalestra e le Palestre? E neanche la Lega?” domandò esterrefatto. L’altra scosse la testa, perplessa. “Mettiamola così. Una Palestra è una sorta di arena, e i Capipalestra sono i gladiatori, le prove da superare. Se gli sfidanti riescono a battermi, o meglio, a battere la mia squadra di Pokémon con la loro, hanno diritto a una medaglia, che è una sorta di simbolo. Quando battono le palestra hanno diritto ad entrare nella lega, sfidare gli allenatori più forti della regione, i Superquattro e il Campione. O meglio, la Campionessa, nel caso di Sinnoh. Sinceramente, sono sorpreso che tu non lo sappia” mormorò per poi fissarla, studiandola. “Deve essere stato più difficile di quello che potessi immaginare”.
“Non ho avuto tempo per imparare ciò che gli altri esseri umani reputano ‘normale’. Non ho praticamente mai avuto contatti con le persone, e non ho imparato nulla di ciò che è di pubblica conoscenza. Io dovevo concentrarmi sui segreti e su come farli restare tali, pur combattendo per difenderli” spiegò la minore, lasciando vagare gli occhi sulla stanza, lo sguardo spento e lontano.
“Capisco. Ma ora? Non stai... disobbedendo? Ti metterai nei guai” si preoccupò Corrado, che al contrario della sorella aveva mantenuto lo sguardo su quest’ultima.
“Non mi interessa. È stata colpa loro e attualmente sarebbe controproducente. Non riesco a controllarlo è... diverso e troppo forte per me. Almeno attualmente. Devo imparare, e ho bisogno di tempo, ma poche pressioni e altre emozioni negative. Tutto quello che volevo fare era scappare, allontanarmi. A quanto pare il mio subconscio mi ha portato qui... dove c’è la mia casa. Da te”. Ayumi sorrise, sorrise davvero, finalmente, dopo tanto tempo.
Corrado le arruffò i capelli con gentilezza e affetto, ricambiando il sorriso. “Dai, la febbre ti è scesa. Andiamo fuori, ti porto a vedere la nostra città”.


Fratello e sorella uscirono uno di fianco all’altra. Corrado aveva prestato un felpone alla ragazza per proteggerla dal freddo, nonostante lei non ne avesse un gran bisogno. Le stava enorme.
“Mmm... dovresti mettere su ciccia” osservò con tono inquisitore e massaggiandosi teatralmente il mento.
“Colpa tua che sei una stanga” ribatté l’altra, sbuffando. Poi si misero a ridacchiare entrambi mentre uscivano. Effettivamente il ragazzo sorpassava di una buona spanna la sorella. “Dove stiamo andando?” chiese quest’ultima, curiosa.
Corrado sorrise. “A fare colazione prima di tutto, in un bar qui vicino. Ci vado spesso, è molto carino” rispose lui. L’altra annuì e ricominciò a guardarsi attorno con gli occhioni spalancati e luminosi.
Dopo tanto tempo, in lei si poteva riconoscere la bellezza che appartiene a una persona, al contrario della bellezza delle statue di marmo classiche che fino a quel momento ispirava.
Era viva e brillava.
Ayumi non sembrò sorpresa dalle porte automatiche, con sollievo del fratello che già la immaginava imprigionata in chissà quali strani posti. Era un po’ nuova a quella situazione, non del tutto sprovveduta, per sua fortuna.
Tuttavia non conosceva quasi nessuna delle pietanze e dovette aiutarla a scegliere. Lui optò per un caffè e una brioches, mentre Ayumi aveva scoperto la cioccolata calda e gli Hotteok e in quel momento gli stava assaporando con gli occhi che sbrilluccicavano.
“Ehi, Corrado!” risuonò una voce all’interno del locale, come se ci fossero solo loro. Un ragazzo apparentemente coetaneo del biondo si avvicinò loro con un sorriso da un orecchia all’altro. Aveva i capelli stile afro rosso fuoco e vestiva estivo nonostante fossero i primi di ottobre e non fosse più così caldo.
“Ciao Vulcano” rispose più atono l’altro, sorseggiando il suo caffè e buttando gli occhi al cielo. “Devi sempre farti riconoscere?”. L’altro rise.
“Certo. Sono esplosivo, dopotutto. Tu invece sei sempre gelido. Avanti, mollati un po’!” esclamò il nuovo arrivato, Vulcano, tirando una gomitata non troppo gentile nelle costole al biondo e mandandogli il caffè nel setto nasale di conseguenza.
“Aish! Stai un po’ attento, dannazione!” sbottò quest’ultimo, asciugandosi il volto con un tovagliolo. Ayumi ridacchiò venendo immediatamente intercettata da suo fratello. “Ayu, non ridere, altrimenti si convince di essere davvero divertente” borbottò trattenendo un sorriso.
Vulcano si fece serio in un attimo, invece, studiando l’albina. “Ayumi? Quella Ayumi?” domandò esterrefatto all’amico. L’altro annuì. “Cioè... tu...” e si voltò di nuovo verso la ragazza, “Sei davvero sua sorella?”. Fu il turno di Ayumi ad annuire. Il rosso si passò una mano sul volto in un moto di stupore, per poi sorridere nuovamente, “Wow!” esclamò soltanto, prendendo una sedia e accomodandosi con loro.
Corrado sospirò di nuovo. “Ayumi, questo è Vulcano, il più grande rompiscatole della storia di Sinnoh, nonché membro dei Superquattro” presentò, tentando sempre di mantenersi impassibile. E riuscendoci fino ad un certo punto; gli occhi attenti dell’albina riuscivano chiaramente ad identificare le tracce di felicità sul suo viso.
“Nonché tuo migliore amico” completò quell’altro facendosi una grossa risata, per poi porgere la mano alla ragazza. “È un vero piacere Ayumi” disse poi sincero.
La ragazza annuì e sorrise in risposta, stringendogli la mano a sua volta. Nel giro dei cinque minuti successivi, riuscì a tracciare nella sua mente un quadro generale di che persona fossero i due ragazzi. Vulcano era allegro, esplosivo come anche lui si era definito. E un po’ distratto. Corrado era invece più controllato e meno esuberante. Predilivano rispettivamente i tipi Fuoco ed Elettro e si erano conosciuti ‘scazzottandosi’, come aveva detto Vulcano. Il biondo si era limitato a ghignare.
Erano usciti a camminare per le vie cittadine. I due ragazzi l’avevano portata a visitare il Mercato di Arenipoli. Ayumi era stupita dal gran numero di cianfrusaglie che esistevano e che non aveva mai visto. Dopo un’oretta, Vulcano aveva ricevuto una chiamata.
“Scusatemi, devo tornare alla Lega. Luciano mi ha appena chiamato, vogliono fare una riunione e, naturalmente, questa è inspostabile e insaltabile. Speriamo di rivederci presto!” aveva detto, prima di correre via.
“La calma e la pazienza non sono mai state il suo forte” sospirò Corrado grattandosi la testa mentre osservava il punto in cui il suo amico era scomparso. Poi sorrise di nuovo e si rivolse alla sorella. “Andiamo a vedere il mare?”. La ragazzina annuì, contenta che, in un ambiente così diverso da quello al quale era abituata, ci fosse ancora qualcosa di totalmente invariato.
Aveva sempre adorato il mare, nonostante la sua vista le facesse provare sentimenti contrastanti. Quel giorno in particolar modo, lo sentiva distante poco amichevole. Percepiva una profonda nostalgia.
No, non era lei. Era Articuno. Le mancava.
Con l’acqua che le accarezzava le caviglie, Ayumi comprese che non sarebbe amai potuta scappare da quella situazione. Poteva farlo da Arceus, da Angeallen, da chiunque. Ma non poteva farlo da Articuno e dall’essere una Guardiana. Era in trappola per tutto il corso della sua vita.
Non poteva sfuggire a quella regola. Non poteva cambiarsi e quella spina nel fianco era troppo impiantata nella carne perché potesse estrarla. Poteva fingere che non esistesse, ma non poteva ignorarla del tutto.
Anche se adesso lei era con suo fratello ed era felice, una parte della sua anima spingeva per avere attenzione. Umana e Leggendaria non sarebbero mai state felici allo stesso modo e naturalmente la più forte aveva la meglio.
L’aura del Pokémon.
‘Non sono pronta per tornare’ rifletté la ragazza, osservando l’orizzonte.
‘Ayumi...’ Articuno aveva un tono così triste e la sua tristezza si diffuse in Ayumi. L’albina era talmente abituata a vivere come una sola entità con la Leggendaria che non aveva mai fatto caso a quanto potessero essere diverse. Respinse Articuno.
‘Ora tocca a me vivere. Sono stata una codarda’. Respirò a pieni polmoni l’aria salmastra unita all’energia che si respirava ad Arenipoli, città che viveva completamente grazie al sole. Aria di casa, ma sono per la lei Umana. La stessa sensazione che provava alle Isole Orange, ma in qualche modo diversa.
“Corrado... tu sai che non potrò rimanere qui a lungo, vero?” chiese al fratello, che stava in piedi dietro di lei sul bagnasciuga.
“Immaginavo” sospirò quello, con tono tristissimo.


Tornarono indietro fianco a fianco, in silenzio. Avevano mangiato fuori ed erano andati a passeggiare per la città, osservando il panorama in cima alla torre che fungeva anche da faro, da dove grazie a dei binocoli si poteva vedere la Lega Pokémon, un edificio apparentemente gotico di enormi dimensioni e avvolta da una sorta di nebbia, che rendeva la visuale ancora più mistica di quanto già non fosse.
“E quindi Vulcano vive lì e resta lì?” chiese l’albina al fratello.
“Dovrebbe. Ma se ne va spesso in giro per le fresche frasche. E con questo intendo che viene qui a rompere le scatole a me” sogghignò l’altro.
Si erano diretti verso casa, senza più dire una parola, a parte qualche saluto che Corrado scambiava con i passanti e una canzone fischiettata tra i denti sempre dal ragazzo ad un certo punto.
Ayumi aveva imparato molto in quella giornata. Corrado le aveva raccontato le cose che il suo lato umano necessitava di sapere e lei le aveva assorbite come una spugna. In quel momento ci stava ripensando, stava catalogando e ripassando tutte quelle sensazioni e ricordi che quelle ore le avevano donato.
Sentiva una calma irreale dentro di lei da quando si era risvegliata e aveva riconosciuto suo fratello e, soprattutto, quando lui si era ricordato di lei.
Tuttavia, la sua parte Leggendaria decise di risvegliarsi. Non si manifestò con strani fenomeni o altro, era più un campanello d’allarme. Ayumi si alzò di scatto dalla sedia e si avvicinò alla finestra per osservare il cielo del tardo pomeriggio di Arenipoli. Sentiva gli occhi azzurri del ragazzo su di sé.
L’albina si sentiva inquieta, ma non riusciva a capire che cosa stesse succedendo. Poi, la sensazione si fece più forte, tanto da farla sussultare. E allora capì.
“Ayu... cosa succede?” chiese Corrado, alzandosi e andando verso di lei.
“Pensavo di avere più tempo...” sussurrò la ragazza con gli occhi lucidi. Questo bastò a far immobilizzare il maggiore, il volto che assumeva un’espressione sconvolta. “Mi hanno già trovata e non posso rimanere qui” concluse, asciugandosi gli occhi con un gesto deciso.
“Che cosa...?” iniziò titubante il giovane, venendo interrotto dalla sorella.
“Se mi trovassero, se scoprissero chi sei tu e che cosa rappresenti per me sarebbero capaci di separarci per sempre, e io non posso permetterlo. Se... se resti il mio personalissimo segreto noi... potremo rivederci. Ma adesso devo andarmene, non voglio permettergli di vincere, non così facilmente, non dopo quello... quello che ho passato per colpa loro”. Sospirò.
“...va bene... io ti aspetterò. Sempre” le promise il fratello, con gli occhi lucidi, abbracciandola.
“Solo un’ultima cosa, Corrado” mormorò l’albina dopo qualche istante, indietreggiando di un passo. Prese la sfera di Vaporeon. ‘Non possiamo più stare assieme, amica mia’ pensò mentre le lacrime minacciavano di uscire di nuovo. Percepì la triste comprensione dell’amica mentre consegnava la PokéBall al ragazzo. “Lei... forse è stata la prima amica sincera che ho avuto. L’unica che non mi ha abbandonata o che non rischiava nel venire con me. Ma... ma ora vorrei che restasse qui. È più sicuro. È meglio per lei” sospirò.
Il biondo le prese la sfera dalle mani. “Me ne occuperò io” promise. Ayumi annuì e si voltò, mentre le lacrime solcavano in contemporanea i volto dei due fratelli. La forza per un ultimo saluto mancava ad entrambi, e così la Guardiana del Venti Gelidi se ne andò nel silenzio, correndo.
La mano sfiorò le due sfere rimaste con lei. Absol, annunciatrice di disastri incombenti e Articuno, che la stava richiamando di nuovo verso la sua maledetta esistenza di Guardiana e dal futuro incerto che dipendeva da questa sua condizione di vita.
Corse, non sapeva nemmeno lei dove. Lungo il mare, sulla sabbia, per poi addentrarsi tra i possenti tronchi degli alberi, dentro, sempre più in dentro. Sentiva la pressione che aumentava ad ogni suo passo. Davanti, dietro, ai lati. Nemmeno sotto terra sarebbe stata al sicuro.
Si fermò di fronte a una parete e riconobbe il luogo. Fonte Saluto. Così si chiamava.
E dietro di lei c’era qualcuno, così si voltò di scatto. Rimase sorpresa: non conosceva nessuno dei quattro ragazzi. Tuttavia, erano Guardiani e le erano famigliari nelle loro aure Leggendarie. Si mise in posizione di difesa. Nemici? Probabile o improbabile, non sapeva dirlo.
Aveva già realizzato da tempo che stava sbattendo la testa contro un muro, non conoscevano niente dell’avversario.
Erano in quattro, un vantaggio schiacciante in casi normali. Ma lei era un caso normale? Non ci credeva più, ma in ogni caso non poteva basarsi su supposizioni in un combattimento.
C’erano due ragazze e due ragazzi. Entrambi i ragazzi sembravano essere più grandi di lei. Uno si avvicinava alla ventina, portava i capelli corti e marroni ed era una sorta di grattacielo con le gambe. Tra le mani rigirava un bastone da arti marziali. L’altro aveva i capelli biondo scuro e sparati in ogni direzione contro ogni legge fisica.
Le ragazze dovevano avere la sua età o erano poco più grandi. La più alta aveva capelli color fuoco mossi e lunghi fino alle spalle, tratti orientali e occhi turchesi. L’altra invece, i capelli li aveva celesti e gli occhi arancioni.
Ayumi si soffermò molto su quest’ultima, incrociando il suo sguardo calmo, ma molto espressivo. Percepiva la sua aura studiarla attentamente, come anche lei stava facendo. Sentiva una certa familiarità nella sua anima che la confortava. Ben presto si ritrovò a rilassare i suoi muscoli e a socchiudere gli occhi, più a suo agio.
“Ayumi” la chiamò.
“Shinseina” rispose.
Poi sparirono.

"Ti aspetterò anche fno ala fine del mondo, sorellina. Mi mancherai. Fai attenzione"
 

Angolino nascosto nell’ombra
No, non potete trucidarmi, questa volta non ve ne do il permesso. Ci ho già pensato da sola a MORIRE.
No, davvero, ringrazio la cartilagine che mi tiene ancora assieme, altrimenti mi sarei già sgretolata in minuscoli pezzettini. Cooriandoliii!
Tornando un minimo seri. No, Ayumi non è morta, sì, Corrado è suo fratello e sì, Ayumi era praticamente un Pokémon Leggendario in tutto e per tutto forma a parte. E quella che si è scatenata era la sua parte umana. Non male, eh?
La forza dell’amore? Ma perché, la forza dell’odio dove ce la mettiamo? Eccola.
Tenterò di non ritardare più così tanto, ma non do garanzie. Perché, avete presente il ‘mettere il cul nelle peade?’. Ecco, io lo faccio attivamente ahaha *coffcoff*
Ci vediamo settimana prossima.
Spero.

Aura_

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 - Angeallen ***


Capitolo 31 – Angeallen


_Dolce Celeste_


La Visione che aveva avuto non rendeva giustizia a quel luogo. Tutto era molto più armonioso e leggero. Era un posto dove la fisicità poco contava, il tutto si concentrava sull’aura.
Restava però quel senso di oppressione, molto minore di quello avvertito nella Visione. Probabilmente, quelli erano le sensazioni di Angeallen, rifletté Ayumi, mentre si specchiava in quegli occhi arancioni.
Luminosi, saggi, ma tristi, terribilmente.
“Ayumi”. Nel suo tono di voce dalle mille sfumature si leggevano sollievo e felicità, ma anche una profonda malinconia. Ayumi rilassò i muscoli del viso, mentre l’ombra di un sorriso le attraversava il volto. Era un sorriso dolce, ma malinconico e stanco.
Non avrebbe voluto andare via così presto, salutare suo fratello senza avere la certezza che lo avrebbe rivisto.
“Sono lieto di vederti qui. Anche se, purtroppo, non sono riuscito a prevenire la disastrosa ribellione della tua anima umana, troppo ignorata, rinchiusa, esiliata. Ora lo senti, riesci a sentire tutte le sfumature di sentimenti che gli esseri umani provano. Per questo, devo scusarmi molto più profondamente per averti allontanato prematuramente da tuo fratello. Spero che voi possiate rincontrarvi” continuò il Leggendario, sincero.
Ayumi annuì, lasciando vagare lo sguardo vagamente curioso sulla nuvola che le stava sotto ai piedi, per poi tornare a fissare seria Angeallen.
“Abbiamo molto di cui parlare” disse semplicemente. L’altro lanciò un segno d’assenso, avvolgendosi nelle sue lunghe spire.
“Già. Immagino di dover ottenere la tua fiducia”.
“È difficile che tu ci riesca. Potresti essere solo qualcun altro che mi vuole utilizzare come oggetto per raggiungere i suoi scopi, spacciandoli per corretti. Non saresti il primo, né l’ultimo”.
“È vero, potrebbe essere. Tuttavia, la mia ricomparsa sulla terra aiuterebbe la Terra, oltre che la vostra ricerca. Ma sul fattore fiducia, a te l’ultima parola. La nostra storia è un tantino lunga, ti invito a metterti comoda ed ad ascoltare con attenzione. Sono cose molto importanti”
“Potrei iniziare nello spiegarti il perché del mio esilio e come Arceus abbia commesso due errori che hanno portato a questo. Il mio potere si basa sulle aure. Io sono il Leggendario dell’Estremo Confine, custode della Vita e della Morte. Conosco tutto ciò che un individuo ha passato e provato, visto e sentito, toccato ed immaginato. Tuttavia, io sono stato creato per essere una creatura pura e controllata. Gli esseri nascevano e morivano con un preciso ordine, e così il tutto diventava gestibile ed era giusto. Ma poi, i sentimenti negativi degli uomini corruppero e spezzarono questo equilibrio. Odio, rabbia, invidia, accidia, gelosia, frode. Tutto questo corruppe il mio intero essere, facendomi perdere il controllo del mio stesso potere. Mi sfuggì di mano la Morte, che si espanse e danneggiò incredibilmente il Paradiso Parallelo, facendolo morire interamente e iniziando a far sprofondare l’intero mondo nel caos. La distruzione era diventata parte della normalità, e tutto non era ancora stato disintegrato per la sola presenza di Giratina, che custodisce il Caos Originario e che quindi mantenne almeno in parte l’ordine. Infine, imparai a contenerlo, ma dovetti fare una cosa che non avrei mai pensato di poter fare:cambiai la mia stessa aura per renderla capace di sostenere un tale e negativo squilibrio. Con le forze che mi erano rimaste, curai il Paradiso Parallelo e aiutai così l’ordine e ristabilirsi.
“Ma Arceus era furioso. E la furia rende ciechi. Lui mi esiliò da tutte le dimensioni conosciute. Ogni Pokémon Leggendario avrebbe dovuto attaccarmi a vista, senza pace. Lui non poteva uccidermi, e non può tutt’ora. Perché con me ucciderebbe tutte le forme di vita presenti, fatta eccezione per gli altri quattro Leggendari Primordiali. Giratina creò questa dimensione e mi ci rinchiuse dentro. Nessuno può vedermi, qui dentro. Neanche cercandomi con quelle bolle nel Paradiso Parallelo e nel mondo distorto. Sono rinchiusa qui, è l’unica cosa che può entrare e uscire è il mio potere. Tuttavia, esso non può manifestarsi in tutta la sua potenzialità e questo ha causato una distorsione che ha reso più sottili e facilmente manovrabili i confini tra Vita e Morte. Gli Immortali ne sono un chiaro esempio. Se io mi liberassi da qui, se solo potessi uccidere libererei il potere della Morte e ristabilirei le leggi che sono state violate. Però questo mi è possibile sono con l’aiuto tuo... e di Shinseina.
“Io ti ho già detto che lei non è umana. È una parte dei miei poteri personificata, a cui ho donato la vita. Lei è nata con uno scopo ben preciso, che non sono tenuto a dirti, perché probabilmente lo reputeresti sbagliato e crudele. Ma alcune scelte vanno fatte e Shinseina stessa è a conoscenza e ha accettato il suo destino. Io ho bisogno che tu la faccia entrare nel Paradiso Parallelo, e volevo chiedertelo prevenendo la disastrosa rottura del sigillo. Ora, forse, esilieranno anche te e quindi dovremo agire impulsivamente. Nessuna esitazione. Tuttavia, io spero che abbia visto più chiaramente le tue tenebre, dato che le mie non le ha mai osservate. Possiamo ancora sperare.
“Avrei voluto veramente prevenire ciò che è successo. Un’Aura Impura... è una brutta faccenda. Immagino che tu non sappia di che cosa si tratta, sono anime molto rare e sono... tabù, per così dire. Tenute nascoste, perché considerate anche più malvagie delle Aure Nere, cosa errata. Le Aure Impure sono Aure Bianche instabili ed eccessivamente sensibili, che vengono macchiate da un terribile dolore e sconvolte. Il più delle volte esse si stabilizzano. Ma tu hai visto morire tua madre davanti ai tuoi occhi e questo ha innescato in te l’Ombra che riposava nel tuo cuore, che ha poi iniziato a crescere, invece che morire e farti divenire un’Aura Bianca. Purtroppo non c’è una via di mezzo o un modo per aggiustare questa impurità. Tuttavia, tu la puoi sfruttare, ma controllarla sarà difficile e dovrai lavorare molto sul tuo autocontrollo. Purtroppo, Arceus si è sopravvalutato, pensava che il suo sigillo fosse indistruttibile e perfetto. Quello sciocco, ancora crede di poter imitare il potere a me conferito. Io potrei imbottigliare le impurità della tua anima e fare in modo che queste non si liberino più, mai più. Tuttavia, mi rifiuto di farlo. La parte Umana di voi Guardiani è considerata erroneamente un vostro punto debole, ma non è così. I Pokémon Leggendari sono apatici, vivendo isolati ed estranei a molte cose non provano sentimenti, o li provano in maniera marginale e non sanno quanto questi siano importanti e possano essere potenti. È uno dei maggiori punti di forza degli Esseri Umani, e di conseguenza dei Guardiani e dei Leggendari che hanno dimezzato la loro anima. Per questo non ci metterò mano”.
Angeallen prese una pausa dal suo racconto, osservando la ragazza che le stava davanti. Ayumi aveva gli occhi velati da mille pensieri e altrettante, se non di più, preoccupazioni. Il Leggendario sospirò.
“Le difficoltà per te, Ayumi, non sono finite. Arceus non mi accetterà nell’immediato, con ogni probabilità e potrebbe riprendersela con te. Inoltre, la tua Aura è instabile, e devi imparare a controllarla. I Guardiani che ho radunato dovranno integrarsi nel gruppo, dunque vorrei che dopo tu andassi a parlare con loro. Dovremo risanare delle profonde spaccature all’interno dei membri del gruppo” disse.
Quell’ultima frase fece scattare qualcosa all’interno della ragazza. “Che spaccature? Che è successo?” chiese, angosciata.
Angeallen la guardò con occhi indecifrabili per qualche istante. Poi inspirò lentamente e abbassò le palpebre.
“Fujiko è morta, Ayumi”.
Un silenzio assoluto seguì quelle semplici, ma terribili parole. Ayumi dischiuse lentamente la bocca, spalancandola e boccheggiando, impossibilitata nel trovare delle giuste parole. Avrebbe davvero voluto provare ad opporsi alle parole del Leggendario, ma come poteva? Era il Guardiano dell’Estremo Confine. Le sue parole non valevano nulla.
Cadde sulle ginocchia, sentendosi distrutta e vuota allo stesso tempo. Le lacrime presero ad accarezzarle il volto. Le spalle le tremavano, ma non singhiozzava, per non spezzare il silenzio createsi. L’assenza di suono la confortava e la faceva impazzire, in un certo senso, perché sapeva che al posto d quel silenzio ci sarebbe dovuta essere la risata allegra della biondina.
Ma non ci sarebbe più stata.
Qualcosa di morbido le sfiorò una guancia, per asciugarle le lacrime che continuavano a cadere senza sosta. Angeallen aveva allungato un’ala per carezzarla, e la osservava con i grandi occhi arancioni, riflettenti una profonda malinconia.
“Riesco a sentire quanto ti fa male Ayumi” disse. “Senti tutto amplificato perché non sei abituata a provare emozioni così chiare e limpide, che risultano più potenti al confronto tra il prima e il dopo. Ora, immagina questo dolore come forma di energia. Capisci ciò che ti ho detto prima? Queste situazioni possono distruggerti, o mandarti avanti. Fai in modo che nel tuo caso, la scelta ricada sulla prima via”. Si fermò un attimo, di nuovo in contemplazione. “Ora sarebbe controproducente continuare il nostro discorso. Va dagli altri. Più tardi riprenderemo a parlare di ciò che Fujiko ha lasciato a noi come agli atri Guardiani. Il nostro spunto per proseguire”.
Ayumi annuì e, con lo sguardo perso in mille e oscuri pensieri, si avviò verso il punto in cui percepiva le aure degli altri.


“YAH! Brutto disgraziatooo!”
“Yunnie non lo uccidere... ci serve vivo”
“Grazie dell’aiuto Sharda, davvero... dai, Seoyun, non vorrai davvero arrostirmi... spero”
Queste furono le prime cose che Ayumi udì non appena ebbe affiancato Shinseina, che tratteneva un sorriso, probabilmente indecisa sulle emozioni adatte per quel momento. Del tipo: mettersi a ridere o schiaffarsi una mano in faccia?
Più in là, il ragazzo dai corti capelli marroni se ne stava in piedi, dritto come un palo, l’immancabile bastone da arti marziali in pugno che ogni tanto faceva roteare pigramente, senza nemmeno farci caso tanto abitudinario era quel gesto. Fissava i restanti della compagnia, la ragazza dai capelli di fuoco e quello biondo. Momentaneamente, lei stava strangolando lui, che rideva.
“Moltres e Zapdos. Direi che li rispecchiano decisamente” commentò Shinseina, non riuscendo più a reprimere un sorriso. “Mi dispiace per la Guardiana dei Desideri. So che era una tua grande amica”.
“Io ero per lei un’amica. Per quanto mi riguarda, avrei voluto essere in grado di ricambiare, ma non ci riuscivo. E ora so il perché” esalò un respiro frustrato. “Avevo promesso a sua madre che l’avrei protetta. Che sarei morta io al suo posto. È ingiusto”.
“C’è mancato poco. La rottura del sigillo ti avrebbe uccisa se Angeallen non fosse riuscita a chiamarti e ad aiutarti a contenere la sua aura”. Shinseina si voltò a guardarla, seria in volto. “Tutti noi abbiamo uno scopo nella vita, anche se questo può restarci celato per sempre. Quello di Fujiko si è compiuto, il tuo no” le disse.
“Mi stai dicendo di credere nel destino?” domandò scettica l’albina, assottigliando di poco gli occhi, tentando di capire dove la Guardiana dell’Estremo Confine stesse tentando di andare a parare.
“No. Ti sto chiedendo di credere in noi. E nella tua aura. Tutte le aure dell’universo sono collegate, e ognuna di esse da qualcosa alle altre, prima di ritornare qui con tutti i ricordi e i sentimenti, e lascia uscire l’energia per creare una nuova vita, che incomincia da capo il ciclo. Capisci ciò che intendo? Io la sento. L’energia che va e viene, creature che muoiono e nascono, che parlano e che subiscono, ridono, piangono, sospirano, parlano. Sono sottigliezze che sfuggono a tutti, perché non siete stati creati in modo da poterle comprendere” spiegò Shinsè.
Ayumi sospirò. “È complicato” ammise, “ma credo di aver capito che intendi”.
“Lascia perdere, è da quando sono qui che tenta di spiegarmi questa cosa del principio, che a me fa molto apeiron di Anassimandro” intervenne la ragazza rossa, lanciandole un sorriso smagliante.
“Non era Anassimene?” chiese il biondo, passandosi una mano tra i capelli già arruffati. La ragazza lanciò gli occhi al cielo.
“No. Anassimene era quello dell’aria” sbuffò.
“Ha ragione Yun” intervenne Shinseina sorridendo in direzione del ragazzo, che sbuffò, per poi ridacchiare.
“Colpa di questi nomi greci tutti uguali” borbottò alzando le mani in segno di resa. L’altro ragazzo, silenzioso fino a quel momento, sbatacchiò il bastone con il quale passava il tempo in testa al più basso.
“Lo studio non è velenoso, lo sai?” lo sbeffeggiò sollevando appena gli angoli della bocca in un ghigno. L’altro si sottrasse ai colpetti del primo.
“Non credo che mi serva a qualcosa ormai” dichiarò, incrociando le braccia al petto, sempre sorridendo. “E poi... le informazioni vanno e vengono”.
“Questo significa che le cose ti entrano da un orecchio e tu uscivano dall’altro. Len, sei ufficialmente un demente patentato” concluse Yun seria, annuendo convinta. Poi risollevò le palpebre e scoppiò a ridere, arruffando i capelli del ragazzo, che prese a farle il solletico per vendetta. Il maggiore scosse la testa divertito e Shinseina fissò Ayumi con uno sguardo divertito e un po’ colpevole, come a dirle ‘perdonali, sono fatti così’.
L’albina, dal canto suo, era sorpresa. L’atmosfera tra i Guardiani della dimensione di Dolce celeste era totalmente differente rispetto a quella del Paradiso Parallelo.
Si respirava leggerezza, sembrava di essere in un vero Paradiso, e non in uno solo apparente. Ciononostante, anche quella era tutta finzione, ma una finzione più rassicurante e coerente.
“Ah! Che sbadata, non mi sono nemmeno presentata come si deve!”. Di nuovo, Seoyun la tirò fuori dai suoi pensieri cupi. Sembrava avesse una sorta di talento in quello.
“Mi sembra corretto. Perdona la maleducazione. Il mio nome è Sharda Harlaown, sono il Guardiano del Giudizio Ferreo. È un piacere conoscerti, Guardiana dei venti Gelidi” disse con un piccolo inchino. Poi, la ragazza lo spintonò.
“Aigoo, Sharda, quanto sei rigido. Un palo di ferro, proprio” lo riprese, sempre con il suo sorriso luminoso. L’altro sbuffò leggermente scocciato, ma la rossa già non gli stava prestando attenzione. “Comunque, annyeong, io sono Kim Seoyun, ho diciassette anni e vengo dall’Isola Cannella. Sono la Guardiana dei Venti Roventi. Quindi, io di Moltres e tu di Articuno, siamo come sorelle acquisite!” esclamò con gli occhi che sbrilluccicavano.
“Yun, smettila di scoppiettare. Va a finire che ce la spaventi” la stuzzicò Sharda. La ragazza, come risposta, gli mollò una tallonata niente male negli stinchi, facendogli soffiare un’imprecazione soffocata.
“Io sono Leonardo Rayes. Meglio Len. E, se vogliamo metterla sullo stesso piano di Seoyun, sono anche io un tuo fratellastro. Vengo da Cuoripoli. Anche tu sei della regione di Sinnoh, no? Arenipoli, giusto?”. Ayumi annuì sorridendo, incoraggiata dall’atteggiamento cortese dei ragazzi. Spiò oltre la spalla del Guardiano dei Venti Tempestosi il battibecco tra il ventenne e la diciasettenne.
“Davvero, hai fatto chissà quanti anni di arti marziali, kung fu e tutta quella roba là e non riesci neanche a difenderti e prevenire un misero calcetto negli stinchi da parte di una ragazza? Aish, cosa devo fare con te?” Yun scoppiò a ridere mentre arruffava i corti capelli al maggiore, mettendosi in punta di piedi per raggiungere l’altezza di quest’ultimo, che se ne stava imbronciato.
“Prima di tutto, io ho studiato wushu, e non kung fu. Secondo, mi hai preso alla sprovvista ed è stato un colpo meschino, dato che non stavamo né combattendo né altro. Terzo, potrei atterrarti quando voglio, ma fare del male alle ragazze non è nei mei principi, anzi: li contraddice” e detto questo incrociò le braccia al petto, mentre quell’altra continuava a ridersela.
Shinseina buttò gli occhi al cielo. “Ragazzi, dai... non date il peggio di voi proprio quando abbiamo... ‘ospiti’” borbottò, lievemente imbarazzata. Seoyun, per tutta risposta, le gettò le braccia al collo.
“Aigoo Shinsé, non posso prenderti sul serio quando ci sgridi, sei troppo tenera!” dichiarando. I due ragazzi sospirarono all’unisono, mentre Ayumi si lasciò scappare una risata. L’esuberanza di Seoyun era un balsamo per il suo cuore dilaniato e i suoi sentimenti tempestosi.
Ma anche il migliore dei balsami ha bisogno di tempo per agire a dovere.


“Quanti anni hai, Ayu?” le chiese ad un certo punto Yun, mentre assieme alle altre due Guardiane se ne stava comodamente seduta su una nuvola ad osservare placidamente uno scontro d’allenamento tra i due ragazzi.
“Oh? Quindici... teoricamente. Non ne sono molto sicura, in realtà, ma penso quindici” rispose l’albina, esitando.
“Davvero? Io sono più grande, perché tra poco ne compio diciotto. Anche se, noi dell’sola Cannella ne contiamo uno in più. Quindi diciannove” spiegò la rossa, arrotolandosi un riccio attorno all’indice sinistro. “Sai una cosa? Dato che sei più piccola di me puoi chiamarmi unnie. È un onorifico che si usava sull’Isola, e letteralmente significa sorella maggiore. Io dovrei chiamarti dongsaeng, ma è troppo lungo. Ayu basta e avanza” spiegò gongolando. “Ovviamente, solo se vuoi” si affrettò ad aggiungere.
“Mh. D’accordo... unnie” rispose timidamente l’albina.
“Oddio, anche tu, sei così adorabile! Ma come faccio con voi due?” chiese, stringendo le due ragazze in un doppio abbraccio affettuoso, ridendo.
Ayumi sorrise, si sentiva bene come non mai dopo un tempo indefinibile. Ora che aveva  un’idea dei suoi sentimenti, le sembrava di aver vissuto in una bolla tutto il tempo precedente. Tuttavia, aveva ancora delle domande che le frullavano in testa. E c’era una sola persona che poteva rispondere ai suoi dubbi.
“Shinseina... io...” iniziò esitante, non appena Yun la lasciò andare. Di nuovo la malinconia era riflessa nei suoi occhi lilla.
“Chiedi pure. So che hai tanti dubbi, e che vuoi venirne a capo. Chiedimi pure” la incoraggiò la ragazza dai capelli celesti con un sorriso, che di allegro non aveva nulla.
“Va bene. In cosa consiste esattamente il tuo potere?” chiese.
“L’Estremo Confine rappresenta lo stacco tra Vita e Morte. Un confine assoluto, estremo per l’appunto, ma spesso sfocato. Un limite molto sottile. È questo ciò che io rappresento. Il potere di Angeallen, e di conseguenza il mio, è il proteggere o lo sconfinare quel limite. E dovremmo essere le uniche a farlo, ma questa legge è stata tradita da quando siamo state esiliate. Inoltre, noi sappiamo tutto ciò che una persona ha vissuto, presente e passato, poiché il futuro non è di nostra competenza” spiegò Shinseina.
“Quindi voi siete in grado di parlare con le anime delle entità decedute?”. L’albina sgranò gli occhi sorpresa. L’altra le rivolse un piccolo sorriso triste.
“Sì... e al contempo no. Anche se la parte negativa è estremamente ridotta”. Con un cenno indicò la maggiore delle tre, che stava seguendo silenziosa ma interessata il discorso. “Seoyun ha potuto parlare con i suoi genitori, così come Len. Sharda... lui è un caso a parte, non credo vorrà mai parlare di ciò che ha vissuto. Ti basti sapere che è andato a trovare il suo Leggendario, Cobalion, e che ha vissuto con lui, quasi rinnegando la sua natura Umana, che tuttavia del tutto umana non è”. Sospirò, Shinsé. “Tuttavia nel tuo caso io non posso farti parlare con Mary, Ayumi. Lei era una Guardiana, come te, e quando una delle due entità legate muore, l’anima Umana continuerà ad appartenere al Leggendario, donando a questo un’empatia che prima non possedeva. Lugia stesso ne è una prova. E Cresselia più di lui”.
Ayumi abbassò lo sguardo, malinconica. Gli occhi erano improvvisamente umidi, e l’albina se ne sorprese.
“Mi dispiace Ayu... era una persona molto importante per te?” le chiese Seoyun, sincera.
“Era mia madre” annuì la Guardiana dei Venti Gelidi. L’altra si limitò a spalancare la bocca. Fece per dire qualcosa, ma fu preceduta da Shinseina, che si sollevò di scatto, gli occhi sbarrati.
“Len, Sharda! Interrompete l’allenamento, dobbiamo andare da Angeallen!” esclamò con un tono urgente, tanto da risultare allarmante.
I quattro Guardiani si scambiarono un’occhiata confusa, ma decisa, e seguirono la ragazza dagli occhi arancioni.


Da Angeallen trovarono anche Cobalion, Zapdos e Moltres. Gli ultimi due furono felici di rivedere l’albina, soprattutto la fenice di fuoco, che non aveva avuto modo d incontrarla da molto.
I convenevoli si esaurirono in fretta, perché era chiaro a tutti che ciò che il Leggendario della Vita e della Morte aveva da dire loro era molto importante.
“Ho sentito il pianto di Dialga” annunciò Angeallen. Un silenzio carico di stupefatta apprensione si levò dopo quella semplice frase, che conteneva un tremendo significato. “È tenuta prigioniera dai nostri nemici. Sono preoccupato perché sono riusciti ad impedire sia che lui scappasse, sia che Arceus, Giratina o io stesso riuscissimo a rintracciarla” tacque, apparentemente combattuto.
“Cosa vuoi dire con questo?” chiese Moltres, sbattendo le ali in un moto di frustrazione.
“Sarà difficile e pericoloso salvarlo. Perché noi dobbiamo andare a liberare il Leggendario del Tempo. In qualche modo, temo che loro sappiano cos’è accaduto tanto tempo fa con il mio Esilio, l’abbiano collegato con le cause e che ne abbiano visto delle opportunità”.
“Stai dicendo che stanno provando a fare la stessa cosa con Dialga? Alterare il tempo mettendo a rischio l’intero equilibrio cosmico una seconda volta solo per un loro folle tornaconto personale?”. La voce di Sharda era calma, ma fredda, sdegnosa, elemento visibile anche sul suo volto irritato, come manifestavano le sopracciglia aggrottate.
“La mia è solo una supposizione. Non riesco a comprendere la mente distorta dalla follia di Ghecis e mi è impossibile collegarmi con Dialga. Questa sarà la parte più pericolosa: andare alla cieca”.
“Ma come avranno fatto a isolare Dialga, uno dei Leggendari Primordiali? Va bene indebolirlo, ma addirittura isolare la sua aura? Mi è inconcepibile” fu il commento dubbioso di Zapdos. Angeallen scosse il capo.
“Nello stesso modo in cui ci hanno incastrato la prima volta. Giocando sporco con le aure” disse Ayumi, come illuminata da un’idea. “Lo hanno già fatto una volta con il macchinario. Le onde sollecitano le aure dei Leggendari, o comunque quelle più forti, facendole uscire dal controllo soprattutto dei Guardiani. Quello che blocca Dialga potrebbe essere un meccanismo simile, ma contrario. Riflette sia esternamente che internamente le onde di potere trasmesse dall’aura”.
“Ha un senso” convenne Shinseina. “Ma allora come abbiamo fatto a sentirne il pianto poco fa?”.
“Non lo so. Però Dialga non è stupido, e nemmeno sprovveduto. Forse ha fatto finta di essere sempre debole e, con uno scoppio di rinnovata energia, è riuscito a lanciare un richiamo, probabilmente sperando che arrivasse fino al Paradiso Parallelo. Invece è stato udito qui, o anche qui” ipotizzò Ayumi.
“Oppure ancora è riuscito a collegarsi con le dimensioni temporali alternative e a prendere energia attraverso esse, e sempre in questo modo a lanciare l’allarme” continuò Cobalion, annuendo.
“Sono delle ipotesi attendibili. Perché, come aveva immaginato Ayumi, anche nel Paradiso Parallelo hanno udito il pianto. E anche loro si stanno mettendo in moto” disse Angeallen.
“Ti stanno cercando, Ayumi” aggiunse la Guardiana dell’Estremo Confine rivolgendosi all’albina.
“E noi andremo da loro” rispose l’albina, decisa. All’improvviso, ipotesi e piani d’azione si svilupparono nella sua mente. Perché lei era stata allenata per questo: trovare soluzioni e metterle in atto. Senza esitazioni. Alzò gli occhi incrociando quelli di Angeallen. “Riuscirò a farti tornare al tuo posto”.


“Anche se non volevo tornare, io so cosa devo fare. Non posso ancora permettermi di essere egoista, anche se il mio cuore mi prega di seguire quella strada. Portiamo avanti questa storia fino all’epilogo E poi finiamola lì”.


Angolino nascosto nell’ombra.
Sì, sono in ritardo di nuovo. Ultima prova delle due settimane: se non riuscirò a mantenerlo... mi inventerò qualcos’altro, ecco.
Altro capitoletto importante per quello che dicono tutti. Sì, prima o poi la pianteranno di blaterare un po’ tutti e passeranno all’azione. Nel prossimo capitolo però, sapremo come i Guardiani del Paradiso Parallelo reagiranno ad Ayumi, Dialga e… Fujiko.
Sì, dovevate aspettarvelo che io la ammazzassi. E tra due settimane (si spera) saprete i dettagli. Quindi non uccidetemi por favor.
Ok, basta spoiler. Piuttosto. Alcuni mi hanno chiesto di mostrare come sono i personaggi. E io lo fare molto volentieri.
Ci provo, ma non so se funziona. In caso vi cercherò degli esempi di personaggi che somigliano loro. Nel prossimo capitolo tenterò di mettere su qualche immagine.
Bene. Sono contenta di aver potuto approfondire un po’ la ‘compagnia cantante’. Così facendo ho scoperto che AMO muovere Seoyun. Ah, sì, ‘l’Isola Cannella’ è diventata la Corea del mondo Pokémon per quel che mi riguarda ahahahah. Tutte le cose strane tipo ‘annyeong (=ciao) / yah / aish / aigoo / unnie / dongsaeng e quant’altro sono di origine coreana. Come il nome e cognome del personaggio dopotutto.
Lasciatemi divertire un po’.
Altra cosa: il wushu è un'arte marziale -credo- cinese e prevede, per l'appunto, l'utilizzo sia del bastone che della spada. E anche di altri oggettini carini che se ti arrivano in testa ti rincoglioniscono assai.
Bene, ho parlato anche troppo. Bye!


Aura_

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 - Pensare prima di Agire ***


Capitolo 32 – Pensare prima di Agire

 

_Paradiso Parallelo_ 


Nulla.
Solo questo aveva un senso per lei, in quel momento.
Il buio e il dolore erano addirittura secondari. Si sentiva come immersa in uno spazio con assente gravità, dove ogni concetto scientifico era puramente superfluo.
Tuttavia, Fujiko percepiva. Era a conoscenza di tutto ciò che accadeva attorno a lei, poiché la sua coscienza era più fuori che dentro al suo corpo. Per questo non sentiva nulla di suo, ma percepiva quello degli altri.
In quel momento c’era smarrimento, tristezza, mesta consapevolezza e rassegnazione. E la bionda ne comprendeva anche il motivo, o almeno, entro un certo limite.
Centrava Ayumi. Le era successo qualcosa, qualcosa di molto brutto. Aveva percepito le urla della sua anima, una cosa del tutto strana ed innovativa, perché l’aura dell’albina non aveva mai parlato, nonostante lei avesse provato più volte a comunicare. E invece, quella volta, il suo dolore era esploso, raggiungendo i cuori e le menti di tutti.
Poi, Ayumi era scomparsa, se e era andata. Dove, lei non lo sapeva. Come nessuno, in quella dimensione.
Cerano ipotesi, ma la ragazza era irrintracciabile. Inghiottita dal nulla assoluto, come Cobalion, Moltres e Zapdos. Anche con la situazione di Dialga non avevano fatto progressi.
Fujiko si era messa in ascolto.
Pure stava impazzendo, cadendo in un baratro dal quale non c’erano uscite. E non c’era nulla che potesse frenare la sua caduta.
N era sconvolto, ma le stava vicino... nonostante lei non sapesse più chi fosse.
Shirley ogni tanto andava a parlare con lei, o almeno ci provava. Anche se il verbo non è esattamente quello appropriato, dato che ormai la sua anima era vagante per la dimensione, e non riusciva più a ricongiungersi al corpo. Si stava lentamente consumando. Shirley non riusciva più a sentire ciò che la bionda aveva da dirle, perché la sua esistenza era troppo flebile. E Fujiko era nel mezzo di un dilemma, un grosso dilemma.
Era importante ciò che aveva scoperto. Però... sapeva che non sarebbe sopravvissuta a un impatto del genere. La sua povera e flebile aura si sarebbe consumata del tutto. E lei non voleva, aveva ancora tanto da fare e da dire.
I suoi pensieri correvano ad Ayumi, a Pure... ma soprattutto a Rein. Quel ragazzo... era diventato speciale per lei e non voleva abbandonarlo. O almeno, prima doveva dirgli qualcosa, qualcosa che non era sicura di avere la forza per comunicare.
Però doveva provarci. Per lui e per tutti gli altri. Ormai non c’era più tempo. Più lasciava ne lasciava trascorrere, più si indeboliva e perdeva dunque opportunità. Era arrivato il momento, doveva urlare il messaggio che Dialga le aveva lasciato quando, con la sua coscienza sottile ed eterea era riuscita a percepire il debolissimo pianto, la supplica del Leggendario. E l’aveva accolta, solo per rendersi conto che, ancora una volta, era troppo debole.
Ma ormai, dipendeva da lei. Solo l’Umana sarebbe morta. E gli Umani morivano di continuo.
Uno in più, uno in meno... che differenza avrebbe fatto all’universo? Nessuna, a differenza di quella di Dialga.
L’unico cambiamento... sarebbe avvenuto nel suo piccolo mondo.
Ma ormai, la scelta era un lusso che non poteva permettersi.
Si concentrò, evocò tutte le sue energie in un unico punto, stranamente vicino al suo corpo, dove si trovava Rein, a guardarla, a sperare.
‘Mi dispiace...’
Liberò la sua energia, che si raggrumò nel suo contenitore fatto di carne e sangue. Sollevò le palpebre, sotto alle quali gli occhi brillavano di una luce azzurra intensissima. Sul suo ventre la pelle iniziò a separarsi, a raggrinzirsi, fino a spaccarsi in quella che sembrava una grossa palpebra, quasi grottesca. Questa si spalancò, rivelando un occhio innaturalmente simmetrico, quasi stilizzato nella sua forma e privo di pupilla. Solo la sclera bianca e una grande iride rilucente azzurra.
Rein era rimasto a guardarla, sbiancando, mentre un’ultima volta la ragazza sorrideva. Poi, Fujiko liberò Obbliderio.
La voce di Dialga raggiunse tutte le menti del Paradiso Parallelo.
 
“Esprimi un Desiderio!”
“Desidero... che con questo potere... con il tuo potere... io possa riuscire a salvare qualcuno... anche solo una persona”

 
“Il tuo Desiderio si è realizzato, Fujiko. Grazie, è stato un onore averti come mia Guardiana” pensò con tristezza Jirachi, mentre il messaggio del Leggendario del tempo esplodeva nelle menti di tutti.
Fujiko esaurì le energie e cadde sui fiori del Paradiso Parallelo. Ma, prima che la sua testa avesse modo di toccare terra, fu sorretta dalla presa delicata di Rein, che si era avvicinato per starle vicino. Dai suoi caldi occhi rossastri cadevano lacrime terribilmente salate, che cadevano fino ad andare a bagnare il volto sempre più pallido della Guardiana dei Desideri.
“Fujiko...” la chiamò piano lui, in tono disperato di chi avrebbe voluto disperatamente farsi illusioni per tutta la vita.
La bionda racimolò quel poco di energia vitale che le rimaneva. Le tremarono le palpebre mentre tentava di sollevarle un po’ di più; anche le labbra fremevano mentre cercava di articolare quelle due parole che tanto a lungo aveva trattenuto.
Ma ciò che la sua aura doveva donare era già stato donato e il suo destino si era compiuto. Con un flebile sospiro tremante, l’anima di Fujiko venne richiamata dal potere di Angeallen e tornò da Jirachi.
“Fujiko è morta”.
 

Arceus fissava dalla piattaforma luminosa i dintorni fioriti del Paradiso Parallelo, che ospitava i Leggendari e i Guardiani, ma anche quella parte che era morta, quel ghiaccio oscuro che non si era mai sciolto. Lo stesso ghiaccio che pareva aver circondato anche il suo cuore.
Era come se, con l’esplosione del sigillo che aveva rischiato di spezzare Ayumi, si fossero liberati anche i suoi di sentimenti. Quegli avvenimenti l’avevano, in qualche modo, illuminato. Ovviamente, non in modo positivo. Ma, in un certo senso, aveva finalmente deciso di comprendere gli umani, invece che disprezzarli in tutta la loro fragilità.
Sospirò, frustrato.
“Ok... ok” mormorò piano, girandosi verso la figura che, pazientemente, attendeva la sua attenzione. “Parla, Giratina. Ormai, penso che sia più saggio ascoltare dapprima le tue parole, piuttosto che le mie”.
La Leggendaria del Caos sbuffò, scuotendo la testa. “Ora non è proprio il momento dell’autocommiserazione, Arceus. È troppo tardi per rimediare con Ayumi, a meno che lei non ce lo permetta. In ogni caso, sono certa che tornerà. Di sicuro sta percependo lo struggimento di Articuno. Sono legate, non potrà mai ignorarlo del tutto; e io la ricordo Ayumi quando era bambina: un animo gentile, con un dolcissimo sorriso e gli occhioni brillanti. Dolce, gentile, sensibile: questo era. E ora, queste sue qualità riaffioreranno nuovamente, dopo essere stati nascosti dalla nostra sciocca e presuntuosa azione. Quando questo accadrà, lascia che ci parli io, che mi prenda cura di lei. So cosa posso fare” decretò, sicura.
“Giratina... l’ho cercata. Ayumi è scomparsa, come altri prima di lei. Chissà dov’è finita e se può effettivamente ancora sentire il richiamo della sua controparte Leggendaria” sospirò il Pokémon Primevo.
“Non è possibile che non lo senta, lo sai tu meglio di me. Smettila di porti problemi inutili. Per quanto la riguarda, dovremo aspettare una sua decisione. Glielo dobbiamo per quello che le abbiamo fatto” lo sgridò seria Giratina. Dopo un momento di silenzio, riprese: “Tuttavia, non è ciò di cui volevo discutere con te. Dobbiamo pensare a come agire per soccorrere Dialga; lo dobbiamo a Fujiko questo. Hai sentito la richiesta d’aiuto, ora tutti sappiamo dove si trova. Dobbiamo fermare questa assurda situazione”.
“Lo so, sono d’accordo. La prima cosa che mi è venuta in mente è stata una profonda presa in giro da parte loro ne nostri confronti” ringhiò irato il capo dei Pokémon Primordiali.
“Concordo. Le rovine Sinjoh, il tempio edificato per onorare la nostra presenza che mantiene l’ordine... profanato in questo modo, facendolo diventare luogo di una persecuzione dell’Ordine e tortura per Dialga” diede voce ai pensieri di entrambi la Leggendaria, con lo stesso tono della sua controparte.
“C’è da chiedersi che cosa vogliano da noi... che cosa vogliono ottenere?”
“Non lo so, è diverso dalle altre volte... non stanno cercando di sfruttare il potere di Dialga, al contrario: lo stanno spezzando, rendendo instabile...”
“La stanno corrompendo”. I due si scambiarono uno sguardo carico di angoscia e significato. “Giratina, chiama Palkia... e anche Articuno”.
“Non riesci proprio ad evitare di pensarci?” chiese la Sovrana dell’Antimateria, scuotendo il capo. Poi ruggì.
 

“Obbliderio? Strano, è una mossa, peculiare certo, ma pur sempre una mossa Pokémon! Non avrebbe dovuto ucciderla... è come se io morissi nell’usare Foschisfera... non ha un senso!” esclamò per cica la quarta volta Shirley, mentre camminava avanti e indietro.
“Senza contare che, stando a quello che ci aveva detto Ayumi, è impossibile che un Guardiano usi delle mosse Pokémon da solo...” assentì Kurai, seduto a gambe incrociate.
“Anche quello... no, aspetta, Uomo Nero. Quando io e Ayumi siamo andate alla ricerca di Kyogre, sono sicura di averla vista usare Purogelo” intervenne Seir in tono stanco.
“In quel caso era in Unione, e lì è possibile” la corresse Shiho, in piedi ma immobile, lo sguardo basso e l’espressione frustrata.
“Ok, ma allora? Che diamine è successo a Fujiko? Perché è morta? Perché ha usato Obbliderio?” sbraitò Shirley, passandosi una mano nei ricci color ebano.
“Perché era il culmine del mio potere. Gli attacchi unici possono essere usati anche dai Guardiani, perché sono delle peculiarità iscritte nel DNA, nell’aura tessa del Leggendario. Le mosse sono invece un’interpretazione del potere che si manifesta sottoforma di attacchi. Per un ordine, sapete. Per questo c’è riuscita...” si fece udire la vocina triste di Jirachi, che fluttuava a circa un metro e mezzo da terra. Le conseguenze della morte della Guardiana si erano presentate puntuali.
“Invece la morte è stata causata dall’esaurimento della forza vitale. Il che è strano, perché questi fiori sono stati creati affinché questa non si esaurisse, rinnovandosi di continuo. L’intera dimensione è energia pura. Ma allora come...?” chiese Latios, di fianco alla sorella e alla Guardiana di quest’ultima.
“Un malocchio... una maledizione” disse Marisio ad un certo punto. “Quella ferita alla testa che le hanno inferto... non era un attacco normale. Era un attacco proibito, un incantesimo che influenza la vita stessa”.
“Esistono attacchi simili?” chiese Shiho. Il ragazzo annuì.
“Purtroppo. Sono manipolazioni dell’aura che si sono formati in seguito a delle... ambizioni, diciamo, dei desideri che vanno contro la natura umana. Ma stiamo parlando di secoli passati. Non so che cosa possa essere successo”.
“Stai dicendo che è stato un omicidio?” chiese nuovamente la giovane dai capelli biondo platino. Il Guardiano dell’Aura annuì nuovamente.
Seguì un silenzio carico di pensieri.
“È inutile ormai pensare a cosa, come e quando” sbuffò ad un tratto Kurai. “È una caspita di guerra, è normale che muoia qualcuno. Che questo qualcuno si sia rappresentato in Fujiko adesso, non è poi così importante. Non possiamo permetterci di compiangere i morti, perché fino a quando resteremo qui a deprimerci non contrattaccheremo e loro avranno la possibilità per fare un ulteriore passo avanti. Rimarremo fregati se andiamo avanti così!” ringhiò poi.
“Ma la colleghi la lingua al cervello prima di parlare? Era una ragazza, più o meno nostra coetanea! Non siamo noi quelli che dovrebbero morire in questo mondo. Non puoi permetterti di definire queste situazioni ‘necessarie’ perché non lo sono!” ruggì Seir in risposta.
“Le ho definite ‘naturali’, non ‘necessarie’. Fujiko non è né la prima né l’ultima ragazza che morirà, ma non solo all’interno di questo gruppo. In tutto il mondo. Sarà triste, ma non possiamo farci nulla” ribatté quello, mantenendo una certa calma.
Seir fece per urlargli addosso di nuovo, ma Shirley le mise una mano sulla spalla, stringendo appena e scuotendo la testa.
“Avete ragione entrambi. Adesso basta, però, litigare non servirà a nulla” disse, tranquilla. I due litiganti si scambiarono un’ultima occhiataccia, poi si acquietarono.
 

“Palkia, ho bisogno che tu organizzi la nostra prossima mossa, ora che conosci la situazione. Sai bene che una corruzione non porta mai liete novelle con sé. Vai dai Guardiani, informali e fai quello che ritieni giusto. Poi torna qui a riferire. Solo una cosa: Qualcuno deve rimanere qui: Pure, sicuramente, e Suicune. Il resto, dipende dal tuo giudizio”. Il Leggendario dello Spazio annuì e spiccò il volo. Arceus sospirò, voltandosi verso l’altra figura che si era elegantemente posata sulla piattaforma splendente e che aveva atteso, silenziosa. “Articuno”.
“Arceus. Hai bisogno?” rispose l’altra.
“Dimmi quello che senti” ordinò subito il Pokémon primevo. “Ayumi... devo sapere per lo meno come sta in questo momento” disse poi, più esitante.
La Leggendaria stette in silenzio per un po’.
“Non credi di averle rubato troppo? Lasciala stare, Arceus” ribatté quella, la voce tagliante come una scheggia.
“...per favore” sussurrò allora l’altro, guardando un punto imprecisato all’orizzonte.
Articuno sospirò.
“È confusa, triste, distrutta. Sento però determinazione e sollievo. Ovunque lei sia, sta meglio che qua” disse.
“Eppure tornerà”.
“Tornerà di sicuro. Perché la mia aura non può fare a meno di necessitare la sua presenza. Io voglio bene ad Ayumi, fossi la sola in questo mondo... e una persona alla quale vuoi bene ti ferisce se lontana”. E Articuno volò via, stanca di quel discorso.
Arceus stette a fissare il vuoto per qualche istante, il pensiero che vagava senza toccare un argomento in particolare. Questo fino a che Palkia non tornò dai lui, dicendo che i Guardiani lo stavano aspettando.
“Non possiamo più contare su Pure. È impazzita. Shiho... ancora troppo inesperta per questo tipo di intervento. Rein è distrutto, ma forse...” Arceus la broccò con un cenno.
“Ne parleremo con loro” disse solamente. Poi si innalzarono in volo, diretti verso il gruppo di Leggendari e Guardiani.
 

A quella sorta di riunione si inserirono anche alcuni Leggendari esterni, come Latios, che era già presente da prima. Erano tutti decisi a ritrovare Dialga, ma si notava quello squilibrio tra le menti, soprattutto quelle Umane.
“Io vengo” disse subito Kurai, in un tono che non ammetteva repliche. Darkrai annuì con un cenno, silenzioso come suo solito. Anche Shirley e Seir diedero il loro deciso appoggio, accompagnate dai loro Leggendari. Shiho iniziò a guardarsi attorno un po’ spaesata, indecisa. Cercò un appiglio negli occhi limpidi di Reshiram, trovandoci una pacata preoccupazione. Sospirò, scuotendo la testa.
“Non so davvero che cosa dire...” mormorò. “Ci devo riflettere ancora qualche secondo”.
“Non possiamo contare sulla Guardiana dell’Acqua pura, Suicune mi ha detto che è fortemente instabile” intervenne Raikou, mentre al suo fianco Entei annuiva.
“Inoltre, il fratello di quest’ultima le deve restare accanto. Penso che il pensiero della sorella lo distrarrebbe dall’obbiettivo principale” aggiunse la bestia di fuoco.
“Io invece mi aggrego” disse solamente Marisio, lo sguardo serio. Ricevette qualche sguardo scettico da parte di qualche Leggendario, ma nessuno disse nulla per fermarlo.
“Percepisco la tua aura, Umano. È forte, ma trovo che lanciarsi in questa impresa senza qualcuno che ti copra le spalle sia irragionevole” si espresse calma Virizion. “Io voglio accompagnarti” disse solamente. Il ragazzo annuì, con un’ombra di un sorriso in volto.
“Vengo anche io” si intromise la voce scura di Rein.
“Rein, non devi lasciare che sia la vendetta a guidarti” lo ammonì Palkia. Se uccidi per tornaconto personale, non saresti migliore di loro”. Il ragazzo stette in silenzio per qualche istante. Poi sospirò.
“Io vengo” ripeté, e stette in silenzio.
“E io ti accompagno” decise allora Shiho. “Ti resterò vicino e farò in modo che tu non perda la testa”. Rein sollevò un sopracciglio, ma assentì. Allora il volto della ragazza si addolcì. “E poi... due fiamme sono meglio di una sola”.
A loro si aggiunsero Articuno, Latios e Raiquaza, che sarebbero restati all’esterno per impedire che forze esterne interferissero e ad alleati nemici di arrivare.
Arceus li fissò a lungo, poi annuì.
“Per favore, abbiate rispetto d quel luogo. E ora, andate” disse Giratina.
‘E cercate di tornare vivi’ aggiunse, tristemente, nella sua testa. La paura si era impossessata anche di lei.
 

_Dolce Celeste_

 
“Dovremmo stare attenti a Latios e Raiquaza, all’esterno. Potrebbero impedirci di entrare”.
“Non penso. Riconosceranno Ayumi, c’è Articuno con loro”.
“Giusto”.
Stettero in silenzio.
“Questa potrebbe essere l’ultima marcia, Shinseina”.
“Farò in modo che lo sia, Angeallen”. La Guardiana marciò via fiera, con gli occhi arancioni del Leggendario puntati sulla schiena. Riflettevano malinconia.
 

“Andate, prima che l’errore venga commesso un’altra volta. Andate, ma resistete... perché troppo sangue è già stato versato. È il vostro compito... ma è crudele. Vorrei che ce ne fossimo accorti prima”
 

Angolino nascosto nell’ombra:
No, niente non ce la posso fare.
Scusate. Questa settimana ho davvero avuto pochissimo tempo, a stento stavo al pc. Purtroppo non riuscirò a rispettare le tempistiche “un lunedì sì e uno no”. Cercherò comunque di pubblicare circa due volte al mese, sforando il meno possibile nel tempo die lunedì.
Allora.
Non sono a casa mia, non ho le immagini e quindi passerò a descrivervi i personaggi attraverso degli esempi.
Ayumi è come la Vocaloid IA, ma ha i capelli bianco argentati e non rosati, e gli occhi sono sul lilla-ciclamino, venati d’azzurro.
 Fujiko assomiglia, mi sono accorta, a Yellow, proprio dei Pokémon. Non l’ho fatto apposta, il personaggio manco è mio ahahah. Comunque ha gli occhi verdi.
Shiho è leggermente simile a Touko, o comunque al personaggio femminile di Bianco e Nero. Non l’ho fatto apposta, il personaggio manco è mio ahahah again.
Seir assomiglia a Erza Scarlet di Fary Tail, ma ha i capelli più scompigliati e blu. Tra l’altro ha un occhio verde (sinistro) e uno rosso, che diventa giallo quando si incacchia come una faina (novità dell’ultimo minuto).
Len... Prendete Allen Walker di D. Gray Man (possibilmente verso il centro-fine della storia), mettetegli i capelli biondo scuro e voilà. Ora che ci penso assomiglia a Corrado. Mah.
Allora. Passiamo al capitolo. Spero si sa capito che Fujiko è stata fregata da una serie di sfortunati eventi, mettiamola così. Malocchio_sedano_e_finocchio, Angeallen che non c’era, Dialga che è riuscita a contattarla, SENSO DEL DOVERE. Comunque, ha salvato il culo a tutti.
O meglio, ha fatto da ago della bussola: ora possono tornare a fare qualcosa un po’ tutti invece che vegetare come amebe.
La parte verso l'inizio a destra in corsivo risale a un capitolo addietro, quando Fujiko ha conosciuto Jirachi. Ora sappiamo che cosa aveva desiderato Fujiko.
L’ultima frase è di Giratina.
Non ho più niente da dire. Solo: non pensate che sia finita con tutto l’ambaradan di andivieni. Capirete più avanti quello che intendo.
Scusate per l’attesa, mi inquino ai vostri piedi (?) una seconda volta.
 

Aura_

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 - L'inatteso Aiuto ***


Capitolo 33 – L’inatteso Aiuto


_Rovine Sinjoh_


Era strano volare su qualcuno che non fosse Articuno. Ayumi era abituata al piumaggio morbido e freddo della Leggendaria, come la neve appena caduta. Era abituata allo sbattere delle sue ali grandi e forti e al suo volo tranquillo, mentre percepiva l’umidità nell’aria dietro si sé che si congelava.
Invece, accucciata sul dorso del grande Noivern che Shinseina aveva richiamato, non si sentiva propriamente a sua agio. Il Pokémon batteva le ali sottili più velocemente e usava le onde sonore per aumentare la sua velocità. Ayumi lo percepiva quasi come un fastidio, ma si era rassegnata. Nessuno avrebbe mai eguagliato la naturalezza che accompagnava i voli suoi e della Leggendaria, poiché nessuno aveva quell’intesa tra loro due.
L’albina si chiese se, di fianco a lei, Shinseina avesse lo stesso problema. Chissà se aveva mai volato con la sua Leggendaria, in realtà. Non ne avevano mai parlato, a dirla tutta.
Len e Seoyun volavano vicini invece, chiacchierando per ingannare il tempo, le parole inudibili per l’albina che stava volando davanti a loro. Moltres e Zapdos, invece, erano stranamente silenziosi, invece che bisticciare come loro solito.
La Guardiana dei Venti Gelidi diede qualche pacca sul collo a Noivern, e quello ringhiò contento, un sordo brontolio che percepì, più che udirlo, dalla cassa toracica del Pokémon. Sorrise appena, per poi indirizzare lo sguardo sotto di lei, in direzione della spessa coltre di nubi bianche. Sopra di loro, il cielo era azzurro, ma il sole non scaldava a sufficienza, facendo irrigidire le loro mani da freddo.
Ayumi fece avvicinare Noivern allo Swanna sul quale viaggiava Shinsè.
“Quanto manca all’arrivo?” chiese, un po’ nervosa.
“Non molto. Percepisco già l’aura di Sharda” riferì l’altra. Comunicavano leggendole labbra dell’altra più che sentire il discorso, ma entrambe afferrarono il concetto. Ayumi si allontanò di nuovo, proprio mentre anche lei iniziava ad avvertire qualcosa.
‘Articuno...?’


Faceva freddo. La neve cadeva a spessi fiocchi candidi che andavano a formare uno strato fresco. Il freddo e il bagnato prodotto dalla neve rendevano le rocce scivolose.
‘Rischiamo di scivolare e ruzzolare e farci scoprire’ rifletté Seir, mentre spostava attentamente il peso da una gamba all’altra. Osservava con sguardo a metà tra l’incuriosito e lo scettico le Rovine. Quello che sembrava un tempio antico, ridotto a un cumulo di macerie ma ancora molto, molto imponente. Sospirò silenziosamente.
Di fianco a lei, Shirley muoveva le labbra senza emettere suono, gli occhi socchiusi e concentrati. ‘Chissà di che cosa sta parlando con sé stessa” pensò la ragazza, ghignando appena. Era una peculiarità di Shirley il brontolare a d assente o mezza voce tra sé e sé. Una caratteristica che aveva sempre divertito la Guardiana degli Oceani e che riusciva a farla sorridere anche in un momento come quello.
Alzò gli occhi bicromi al cielo, sbattendo le palpebre molteplici volte a causa della neve. Le piaceva la neve, ma a Spiraria non nevicava molto, così aveva avuto poche occasioni per vederla e percepirla. Le piaceva la dimensione di silenzio che creava, le permetteva di sentire molti suoni, anche se ovattati dal manto candido stesso.
Kurai aveva appena sbuffato, contrariato, il volto nascosto dall’ombra del solito ampio cappuccio. Ciononostante, si percepiva la sua irrequietezza. Effettivamente, anche Seir si era più volte domandata cosa cavolo stessero aspettando. Era stata un’azione così frettolosa, organizzata con dei ritmi serrati... e se ne stavano fuori a ghiacciarsi, in attesa di chissà che cosa.
Decise di interrompere l’attesa, contattando i Guardiani vicino a lei telepaticamente.
- Ragazzi... perché siamo fermi immobili da così tanto tempo? Non penso che dei ghiaccioli di Guardiani riusciranno a salvare Dialga – disse, con uno sbuffo.
- Mi dispiace ammetterlo, ma sono d’accordo con lei – ammise Kurai.
- Stiamo controllando la zona, setacciandola da cima a fondo con il pensiero... o almeno, questo è ciò che fanno Shirley e Marisio. Noi aspettiamo e basta – rispose Shiho.
- Sì, ma che palle – fu il commento spontaneo di Seir.
- beh... dopotutto non possiamo buttarci alla cieca. Chissà quante persone ci sono dentro, dove è Dialga e tutta questa roba qui... – spiegò di nuovo Shiho.
- Almeno funziona? – chiese questa volta Rein.
- Eh, bella domanda – rispose la Guardiana della Verità. Il silenzio calò di nuovo nelle loro menti. – Articuno, là sopra va tutto bene? – domandò ad un certo punto la ragazza.
- Non ne sono sicura. Il vento porta strane energie con sé – rispose la Leggendaria.
- In che sens... – ma Seir non completò la frase.
- Ragazzi. Non si capisce nulla, ci sono dei sensori che respingono ogni nostro tentativo di setacciare la zona – interruppe Marisio, la voce infastidita.
- Quindi che si fa? – chiese Rein. Neanche il tempo di rispondere che Shirley si alzò levitando e evocò due onte d’urto facendo leva sul suo doppio tipo Drago e Psico. Le due guardie poste a sorvegliare l’entrata del tempio, furono sbalzate contro le rocce, ed evaporarono. Erano delle Ombre.
“Si attacca” rispose infine Shirley. Poi, tutti i Guardiani corsero all’interno dell’antica struttura.


Articuno sospirò. L’attacco era iniziato nel modo più avventato possibile. La Leggendaria era preoccupata, perché sentiva delle aure potenti. Ma non provenivano dall’interno della struttura, bensì dall’esterno.
“Articuno” la chiamò Rayquaza.
“Voi andate. Ci penso io qui” rispose seria.
“Non fare cavolate per favore. La tua vita è preziosa, come le nostre” acconsentì Latios, prima che la lasciassero sola.
La Leggendaria del Gelo sospirò. Dalle parole di Latios sembrava che credessero che Ayumi era morta. Ma lei lo avrebbe percepito se fosse stata così, ne era sicura. L’anima umana dentro di sé era quieta, ma viva.
Vicina.
Articuno alzò gli occhi e iniziò a volare in fretta in direzione di quelle aure. Ayumi era lì. Ma non era sola. Altre tre persone volavano con lei.
“Zapdos... Moltres!” esclamò sorpresa. I due Miraggi Alati la salutarono, a disagio, mentre si tenevano in equilibrio sulle correnti con i rispettivi Guardiani sulla schiena.
Al loro fianco, su un comune Noivern, stava Ayumi, i capelli candidi e sciolti che si libravano con lei nel vento. Pareva volare da sola nell’aria. Articuno sapeva che il suo posto era accanto a lei, al posto di quel comune Pokémon, a sfidare gli sferzanti e freddi venti. Eppure muoversi era difficile. Non riusciva ad avvicinarsi alla Guardiana che, posata, la osservava con i suoi occhioni lilla striati di celeste, così espressivi, come quando era bambina.
La Leggendaria realizzò che non la conosceva affatto. Dai suoi occhi sgorgarono calde lacrime. “Ayumi” la chiamò. L’albina stette in silenzio, non rispose. Piuttosto, guardò la strana ragazza al suo fianco, quella dai capelli celesti.
“Sei dalla mia parte, Articuno?” chiese, fredda infine.
‘Che cosa significa? Chi è quella ragazza? La sua aura... è potentissima, segreta, terribile ma gentile... non la comprendo... che cosa succede? Perché Ayumi, Zapdos e Moltres sono con lei?’ si chiese, spaventata. Prese un respiro tremante. Aveva fatto soffrire molto quella ragazza. Ora doveva farle fiducia. E anche ai suoi fratelli.
Chinò il capo. “Sono con te” rispose. Noivern si avvicinò e Ayumi saltò agile sulla sua groppa.
“E allora andiamo” disse, prima che si unissero, i loro cuori perfettamente in armonia nonostante la lontananza e la scarsa conoscenza dell’aura Umana. Anche gli altri due Guardiani dei Miraggi Alati si fusero assieme: Seoyun aveva le fiamme tra i capelli, braccialetti e cavigliere infuocate, un paio di leggins neri a tre quarti, una canotta di un rosso aranciato che le lasciava scoperto il ventre e, appesa tramite due anelli dorati all’elastico dei pantaloni, una stola di stoffa rosso scuro che le svolazzava attorno, il tutto completato dalle grandi ali infuocate che le spuntavano dalle scapole; Len, con le ali anch’esso, aveva dei larghi pantaloni blu scuro e una maglia che metteva in risalto il fisico asciutto gialla. I capelli avevano assunto notevoli ciocche nere e l’intera sua persona sembrava emanare scintille.
Il Noivern era volato via, scomparso, mentre Shinseina non aveva variato di un millimetro la sua espressione facciale. “Dobbiamo andare. Sharda ci sta chiamando” disse semplicemente.


Sharda, Unito a Cobalion, aspettava, basandosi solo sulle sensazioni, il gruppo di Guardiani in volo. Nel frattempo, osservava con i suoi penetranti occhi gialli l’entrata del tempio. Contava i secondi con calma e allo stesso tempo irritazione, derivanti dall’anima Leggendaria e da quella Umana, che contrastavano, ma si accettavano.
Sharda sospirò, il suo fiato si condensò in una pallida nuvoletta di vapore. Per sua fortuna, i tipi acciaio come lui non avevano problemi a sopportare il freddo, e il tipo Lotta gli conferiva un fuoco dentro sempre accesso, i muscoli sempre caldi, pronti a scattare e attaccare a ogni minima minaccia. Anche in quel momento era in una posizione di guardia, l’immancabile bastone stretto tra le mani, due spade appese a una cintura fissata in vita, una specie di misto tra una casacca e un’armatura come vestiti.
Portava degli stivali, tipo degli anfibi color del metallo, dei pantaloni comodi ma di una stoffa piuttosto rigida e pesante che componeva anche la maglia a collo alto e rigido. Su quest’ultima erano fissate delle placche ferrose dorate, che andavano dalle scapole fino alla parte alta della schiena. Sul davanti, invece, scendeva sul petto una stoffa bianca, leggera, che svolazzava ad ogni alito di vento. Quel particolare lo faceva sembrare a un dipinto di quei signorotti duellanti del passato. Per ultimo, dalla fronte partivano quelle che sembravano due corna , che  costeggiavano le tempie e terminavano poco più avanti con una punta acuminata.
All’inizio Sharda si era stupito di quell’abbigliamento, lo trovava particolarmente pittoresco, ma ci si era abituato in fretta.
Era così che sopravviveva.
“Era ora” borbottò quando Shinseina lo affiancò.
“Abbiamo incontrato Articuno. Per questo abbiamo impiegato più tempo del previsto... ma gli altri Guardiani hanno già assaltato la struttura, quindi credo che la situazione sia rimasta invariata”. Il ragazzo assentì, prima di iniziare a marciare sulla neve verso l’entrata che a lungo aveva fissato.
Dietro di lui seguivano Shinseina, che anche senza la presenza di Angeallen aveva assunto a forma dell’Unione: il vestito troppo grande per lei era stato sostituito da uno della sua misura, candido, che le arrivava al ginocchio e dalle spalline più scure, mentre al collo aveva un nastro nero a mo’ di collana. Dalle scapole le spuntavano quattro ali due più grandi e due più piccole, mentre ai lati del capo si vedevano quelle stesse particolari piume del suo leggendario.
Articuno rimase molto sorpresa dall’avvenimento, ma non ricevette alcuna spiegazione dalla sua Guardiana, che avanzava con passi leggeri e veloci sul manto candido di neve fresca. Dietro di lei venivano Yun e Len, fianco a fianco, con il fuoco proveniente da Moltres che scioglieva la neve facilitando loro il passaggio.
Shinseina sospirò, una volta che arrivarono di fronte alla porta. “Pronti?”
Seoyun sorrise ironica. “Andiamo ad arrostire qualche deretano” ghignò, mentre le fiamme sui suoi polsi divampavano più potenti.


“Adesso spiegatemi a che serve tutto questo plotone di gente se alla fin fine basta solo che Kurai faccia il suo trucchetto da incantatore e puf! tutti che dormono” borbottò Seir, mentre calpestava e si puliva le scarpe in modo teatrale sora ad una recluta addormentata e sconvolta dagli incubi.
Shirley, scrollò le spalle. “Quella dorme addirittura in piedi” commentò atona, indicando con un cenno del capo una giovane ragazza che sostava di fronte a una porta, prima di spostarla in modo non eccessivamente delicato con la telecinesi.
“Così è nettamente più veloce Seir. E poi, non dimenticare che non conosciamo nulla dei nostri nemici. Potrebbero esserci anche Guardiani di qualche genere tra le loro cerchie” rispose Marisio.
“Oltre a Ghecis, Elisio e compagnia bella?” domandò la Guardiana degli Oceani.
“Direi che la compagnia bella in questione necessita di approfondimenti” concluse Rein, secco.
L’interno del monte era vuoto, fatta eccezione delle due guardie poste all’entrata tramortite da Shirley. Tuttavia, esattamente al di sotto della sala centrale, c’era un enorme ed intricato complesso di corridoi tutt’altro che antichi. Lì avevano nascosto Dialga.
Non c’era modo per loro di rintracciare il Leggendario, per cui stavano decisamente girando a caso, addormentando tutti sul loro cammino e combattendo quel minimo necessario. Per eseguire questa operazione, avevano dovuto lasciare Kurai all’ingresso del luogo, affinché potesse scagliare il suo potere ovunque senza sprecare troppe energie inutilmente.
“Ci stanno prendendo in giro. Questo posto è ingannevole, un vero dedalo” sbottò Shiho, incrociando le braccia nelle sue ampie vesti candide da sacerdotessa, date dall’Unione. La collana di perle che aveva al collo tintinnò a quel movimento, mentre la folta coda di cavallo trattenuta da un paio di nastri seguiva ogni suo movimento.
Marisio non diede troppo peso all’affermazione scarsamente fiduciosa e si piazzò di fronte a una posta metallica chiusa. Serviva un codice per accedere.
“Un codice è sempre una cosa buona” rifletté.
“La sfondiamo?” propose Seir. La sua Unione la faceva assomigliare vagamente a una surfista, in una muta blu acceso striata di luce pulsante rossa, che si allungava fino alle braccia nude, sale quali spuntavano anche delle sporgenze tipo pinne all’altezza dei gomiti. La stessa cosa accadeva sulle due caviglie, da dove prendeva forma la coda.
“Nessuno di noi ha il potere di piegare il metallo, vero?” chiese Shiho, già pronta con un globo di fuoco in mano, essendo già a conoscenza della risposta.
“Io sì” rispose una voce profonda alle loro spalle.


“È una statua?” chiese Seoyun, rivolgendosi al gruppo indicando con un cenno il ragazzo corvino che stava fermo immobile, gli occhi chiusi e con braccia e mani stese parallelamente al suolo.
“Lo conosco, è uno dei Guardiani del Paradiso Parallelo. Si chiama Kurai Miura, è il Guardiano degli Incubi” rispose Ayumi.
“Sta usando il suo potere per addormentare tutti i nemici presenti in quei corridoi. A proposito: non riesco naturalmente a sentire Dialga, ma qui sotto c’è qualcuno di veramente pericoloso, e i Guardiani ci si stanno avvicinando sempre di più” informò Shinseina.
“Fai spazio allora, piccolo raggio di sole” la invitò Sharda. Tutti e cinque presero a correre attraverso i cunicoli di ferro. Erano avvantaggiati rispetto all’altro gruppo, si persero meno volte e li raggiunsero in fretta.
Si bloccarono, nascosti dietro a un angolo, titubanti nell’approcciarsi a quel gruppo di ragazzi sconosciuti.
“La sfondiamo?” stava chiedendo una ragazza dai capelli blu e il corpo segnato da diverse scie di luce rossa.
“Ma è matta? Non ha mai sentito parlare di sistemi d’allarme?” sussurrò Len, accigliandosi appena. Ayumi, invece, sorrise lievemente. Tipico di Seir. “Nessuno di noi ha il potere di piegare il metallo, vero?” chiese un’altra, dai capelli chiari. Nel contempo, aveva acceso un fuocherello blu sul suo palmo, pronta a colpire la porta.
Fu allora che intervenne Sharda.
“Io sì” disse solamente. Tutti si voltarono sorpresi e sospettosi dall’apparizione di quei quattro sconosciuti. Ma la quinta persona che li accompagnava cancellò ogni sospetto.
“AYUMI” urlarono Shirley e Seir in coro, sbarrando gli occhi. L’albina sorrise.
“Lieta di vedervi” disse solamente. “Purtroppo, non abbiamo tempo per i convenevoli” riprese velocemente, prima che le altre due avessero il tempo di dire qualcos’altro. Fece un cenno al Guardiano del Giudizio Ferreo e questo scambiò un’occhiata con Len.
Il Guardiano di Zapdos alzò una mano e richiamò a sé l’elettricità. “Ho disattivato l’allarme” disse all’altro ragazzo, che annuì e, concentrandosi, fece un movimento con le mani quasi stesse tentando di aprire la porta con la sola forza bruta. Ma il metallo si piegò al suo volere, e loro entrarono.
La stanza era composta da un rettangolo e da un semicerchio attaccati di base. Il rettangolo conteneva un sacco di macchinari loro e il loro nemico, che gli dava le spalle, intento a osservare Dialga, sofferente, privo di forze e rinchiuso in una sorta di campo di forza all’interno del semicerchio.
“Benvenuti, Guardiani” disse calmo l’uomo, girandosi.
“Elisio” replicò con lo stesso tono Ayumi.
“Mi ricordo di te. Pensavo di avere a che fare con una persona intelligente, e invece... avevo voluto darti un piccolo indizio sulla mia prossima mossa, ti avevo detto che avrei giocato con il tempo. Tuttavia, dimenticavo che tu, assieme a tutta la tua combriccola, siete solo marionette nelle mani di delle potenze sovraumane, in modo figurato, naturalmente, almeno nella maggior parte dei casi. Inoltre, credo ti interesserà sapere come siamo riusciti a prendere il Tempo”. Piantò gli occhi in quelli dell’albina, come se stesse parlando solo con un pubblico da lei solo composto. “Celebi. Il suo Guardiano, l’unico Guardiano delle Leggende dalla nostra parte, ha manomesso i portali, dopo che siamo riusciti ad impossessarci del Leggendario stesso. Purtroppo per noi, Quel maledetto esserino custode dei Portali ha ucciso il suo stesso contraente. Impensabile vero?” continuò, senza nessuna fretta. Sembrava che stesse esponendo una ricerca, il suo tono  non lasciava trasparire nulla.
“Questo è stato il suo giudizio. Come hai detto tu, noi siamo delle marionette. E non ho mai sentito dire a nessuno che un burattinaio, insoddisfatto della sua opera, non possa distruggerla” Ayumi fece un gesto veloce con la mano, fendendo l’aria.
L’altro rise, senza nessuna particolare emozione. “Giusto, è una teoria interessante. Mi piacerebbe parlare con te ancora, ma purtroppo penso che entrambi abbiamo obbiettivi ben diversi”. Diede nuovamente le spalle al gruppo di Guardiani. “Osservate! Guardate la forza distruttiva e dirompente del Leggendario del Tempo!” esclamò, spalancando le braccia. Quasi si fosse sentito chiamato in causa, Dialga alzò la testa e ruggì, un verso carico di dolore, tristezza e rabbia. L’acciaio che componeva il suo corpo sembrava essere più scuro del normale, e le striature che componevano il suo corpo erano aranciate invece che azzurre.
“Corrotto” sussurrò Shinseina, affiancando l’albina che annuì.
“Questa è una trappola, cari miei. Vediamo quanto saranno veloci le vostre menti nel trovare una situazione. Non avete l’eternità, perché Dialga stesso ve la sta togliendo. Il suo potere si libererà, senza controllo e vi prenderà. Provateci, è la mia sfida” ghignò.
Ayumi e Shinseina si scambiarono una fugace occhiata e la Guardiana dell’Estremo Confine annuì, facendo un passo indietro.
“La vita e l’equilibrio non sono un gioco e una sfida” disse l’albina, per poi inchiodare i suoi occhi rossi in quelli dell’uomo. “Stolto”.
In contemporanea all’ultima parola, spuntoni di ghiaccio attraversarono il corpo di Elisio che strabuzzò gli occhi, sorpreso, prima di accasciarsi a terra, morto.
Nessuno disse nulla, osservando attoniti la freddezza di quel verdetto. Poi, un altro urlo di Dialga li distrasse.
- Shinsé. Se noi liberassimo da quel congegno Dialga, Angeallen o tu stessa riuscireste a bloccare il suo potere prima che questo ci faccia fuori? Come avete fatto con me? - chiese telepaticamente l’albina alla Guardiana della Vita e della Morte.
- È un procedimento diverso. Con te abbiamo solo bloccato un processo suicida, attenuando la tua rabbia e il tuo dolore, dirompenti e incontrollabili perché non sapevi in che proporzioni provarle. Dialga invece... a occhio e croce sta riassorbendo il proprio potere che sta espellendo dal proprio corpo, ma che rimbalza contro le pareti dello scudo e torna indietro. Bisognerebbe fare in modo che liberi il potere in eccesso. – rispose la ragazza, pensierosa.
- Lo puoi fare? –
- ...lascia fare a me. Voi pensate a distruggere quella pericolosa bolla di sapone -.
“Ragazzi” disse Ayumi girandosi a guardare il gruppo di Guardiani. “Dobbiamo rompere quello scudo” disse pacata.
“È un suicidio. Se non esplode quello, verremmo spazzati via dal potere di Dialga” si oppose Fidatevi di me” rispose sicura la ragazza. L’altro lanciò una risata  ironica.
“Certo. Fidarti di te, quando tu ci hai abbandonate, distruggendo un pezzo della dimensione. A dirla tutta, non so cosa mi abbia spinto a fidarmi di te anche prima. Per colpa di questa schifosa situazione, Fujiko è morta! Lo sapevi questo?” urlò, le lacrime che pizzicavano i suoi occhi. Delle fiamme iniziarono a coprire la sua pelle.
Ayumi assottigliò le palpebre, mentre gli occhi si scurivano al di sotto di esse. “Ne sono consapevole” sibilò, mentre ai suoi piedi si formava uno strato di minacciosa brina oscura.
“Ayumi” la richiamò preoccupata, ma con fermezza Seoyun. L’albina si riscosse, e il ghiaccio si sciolse immediatamente. Allora, La Guardiana dei Venti Roventi riprese. “Se non vi fidate, siete liberi di andarvene. Io riesco a percepire attraverso il tuo fuoco, la tua codardia. Scappa allora. Io resterò qui, a combattere. So cosa significa perdere una persona cara, ne ho perse anche io, sono morte davanti ai miei occhi. Eppure io mi sono rialzata, ho asciugato le mie lacrime e ho proseguito. E sarei pronta a rifarlo” dichiarò con una punta di fierezza, lanciando una fugace occhiata a Len. Lui le sorrise appena, per poi tornare serio e proseguire con il discorso.
“Approvo. Quindi, ora, se non vuoi collaborare, credo che l’uscita sarà più facile per te da trovare. Vai. Intanto” si rivolse ad Ayumi, “Ti interesserà sapere che quello scudo è un misto di elettricità, potere psichico, oscuro e spettrale e... altra roba tutta mescolata. Insomma: un vero casino. Da solo posso indebolirlo, ma non farlo andare in blackout” disse.
Rein non si mosse dal suo posto, frustrato e sconfitto e ascoltava le persone andare avanti lasciandosi il passato alle spalle. Qualcuno gli mise una mano sul gomito e gli occhi rossi del ragazzo si scontrarono con quelli azzurri di Shiho.
“Devi prendere la tua decisione Rein. Io ho promesso che ti sarei rimasta accanto, a controllare che tu non faccia nulla di terribilmente stupido” gli disse, semplicemente.
“Mi aiuterai?” chiese. La Guardiana della Verità sollevò un sopracciglio. “Mi aiuterai ad andare avanti?” riformulò il ragazzo.
“Ci proverò senz’altro. Il resto dipende da te” rispose. “Non ti permetterò di dimenticare però. Perché se la mente scorda, il cuore e la psiche non lo fanno. Ti rimarrà sempre questo senso struggente anche se la memoria dimentica. Invece, tu puoi sorpassarlo e allora la memoria non conterà più tanto” disse. Il ragazzo annuì e si diedero la mano, in segno di accordo.
“Bene. Ora che ci siamo tutti...” li interruppe Yun, che li osservava con un mezzo sorriso soddisfatto sul volto. “Facciamo saltare in aria questa cosa”.
“Dobbiamo aprire solo un piccolo spiraglio. Tutti dobbiamo andarci contro, chi assorbendo chi tentando di abbattere la barriera. Pronti?” disse Shirley.
“Attacchiamo”.
La barriera era incredibilmente resistente. Shirley, Len e Sharda erano gli unici che assorbivano, mentre gli altri attaccavano. Tutti tranne Shinseina, che aspettava, concentrandosi, il momento in cui avrebbe dovuto agire sul potere del Leggendario.
Finalmente, dopo un attacco combinato di fuoco rosso, blu e arcobaleno, si aprì una minuscola fessura, annerita ai bordi. Ayumi rincarò la dose, trapassando la barriera da parte a parte con una lancia gelata. Da l’, con un gesto secco delle mani, la fece aumentare di dimensioni e la forò al centro.
Il dolore del Leggendario raggiunse tutti, s’infiltrò nelle meni e nelle anime dei ragazzi, che traballarono o scivolarono a terra, le mani scioccamente a coprire le orecchie. Sentivano sulla loro pelle ogni singolo cataclisma avvenuto  nei corsi degli anni, sentivano urla, pianti, sentiamo i secondi che passavano sulla loro pelle, che a momenti sembrava quella di un neonato, a momenti quella di un anziano raggrinzito.
Poi, la sensazione cessò di colpo.
Shinseina aprì gli occhi, consapevole che non era più unica nel suo genere. Di fronte a lei stava una ragazza sui diciassette anni, vestita con abiti stravaganti, quasi futuristici che sembravano fatti di ferro, con una pietra blu incastonata sul petto. I capelli corvini erano tagliati piuttosto corti, in una sorta di caschetto più lungo sul davanti, che terminava in due lunghe punte che, sfiorandole le guance, arrivavano fino alle clavicole. Dalle punte in su sfumavano tutti di celeste fino a metà della loro lunghezza. La ragazza aprì gli occhi, che si rivelarono essere bicromi. Uno, il sinistro, era azzurrissimo, tanto da sembrare bianco, il destro era invece nero, non si distinguevano iride e pupilla.
Alle sue spalle, Dialga si era risollevato con fatica, e osservava sorpreso il frutto del suo stesso potere.
“Benvenuta” disse Shinseina, in tono leggero. “Anneke Raven, Guardiana del Tempo”.


“Non guardarti indietro e vattene, pregherò per te. Non cercarmi di nuovo, continua la tua vita, perché non ho rimpianti dell’amore che ho provato per te... quindi ricorda solo i momenti piacevoli”.


Angolino nascosto nell’ombra
Ok. Okno. Ahhahahahahaha
Siamo tornati all’aggiornamento casuale genteeeeee!
Mi addolora, ma ho avuto qualche problema nell’ambiente scolastico. Ossia: estrema caricatura di compiti e quant’altro. Ordunque, scusate, ma questa storia tornerà casualmente quando meno ve lo aspettate *risata malefica*
Se la sto snobbando? Un pochino, lo ammetto. Ma ho altre priorità, scusatemi.
Allora. So cosa direte riguardo al capitolo: “Oh mio dio, l’ennesima Guardiana femmina della storia”. Sì, esatto. Però c’è da dire questo: Anneke non è stata creata per questa storia, ma per un’altra, dove avevamo concordato che il personaggio sarebbe stato proprio una ragazza di diciassette anni. Che poi io abbia deciso di metterla senza cambiare nulla, scelta mia e pigrizia mia, no? 
Poi. Inizialmente volevo che Dialga, sentendosi minacciato, richiamasse la sua Guardiana (ordinaria, in quel caso, mezza umana e mezza mica tanto) da una dimensione temporale alternativa. E, sorpresa delle sorprese, anche Marisio doveva sbucare fuori da l’, per un qualche motivo.
Poi ho cambiato tutto. E Shinseina ha salvato il culo a tutti anche questa volta.
Rein ha risolto le sue paranoie e chissà se non ne verrà fuori qualcosa con Shiho. Non guardate me ahaahahhaha
A proposito di questo è l’ultima frase di una canzone che ho conosciuto poco prima di scriverlo. Una canzone depressa di un gruppo (naturalmente coreano, conoscendomi da brava fangirl che sono) che fino a questo momento non mi convinceva. Per le canzoni, perché poi sono cinque idioti e mi stanno simpatici.
Se qualcuno vuole sapere il sub ita completo, la canzone è Haru Haru dei Big Bang. E io stavo morendo di feels quando mi salta il campanello.
Insomma, tutta questa pappardella per dirvi che quella della frase è Fujiko che da un ultimo addio a Rein. Lei sa e vede tutto attraverso gli occhi di Shinseina. O almeno, a me è piaciuto pensarla così.
....ho bisogno di qualcuno che mi dica che sono depressa? Tipo uno psicologo bravo? Questo dipende da voi.
Ciaooo (?)


Aura_

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 - Portale ***


Capitolo 34 – Portale


_Paradiso Parallelo_


“È strano”
“Che cosa?”
“Essere qui”
“Parli del Paradiso Parallelo?”
“Sì.”
“Beh... lo avevo promesso”
“Già... è comunque strano. Non ci sono mai stata prima, eppure lo sento famigliare”
“Angeallen?”
“Non è sicuro nominare il suo nome, Ayumi”
“Ha davvero importanza?”
“...non lo so. Siamo davvero agli ultimi atti”
“Già. Ora che mi ci fai riflettere, è strano anche per me. Non pensavo di tornare qui così presto, volevo un po’ di tranquillità. Ma temo che, nel nostro caso, la tranquillità non sia contemplata”. L’albina si alzò, spazzolandosi il vestito e con un ultimo sorriso disse solamente: “È una vita colma di sorprese”. Poi prese a camminare.
“Non immagini quanto Ayu, davvero non lo immagini” mormorò atona Shinseina dietro di lei lo sguardo in contemplazione di mondi che gli altri non potevano percepire.


Avevano imparato tutti molto in fretta a conoscere Anneke. Era una ragazza intelligente, calma, piuttosto riflessiva, ma se provocata aveva una lingua lunga e biforcuta e non ci metteva niente a mandare a quel paese che non le stava molto a genio.
Di conseguenza, aveva già litigato con Seir una mezza dozzina di volte. O meglio: Seir litigava, mentre la Guardiana del Tempo si limitava a lanciarle frecciatine.
“Da quanto stanno andando avanti?” chiese Ayumi a Kurai, che assisteva alla scena con scarso interesse accompagnato da Sharda, che al contrario se la rideva sotto i baffi.
“Un quarto d’ora buono” rispose piatto.
“Diciassette minuti e quasi venti secondi” si fece sentire Anneke, prima di tornare ad ascoltare con ironica pazienza le sfuriate della Guardiana degli Oceani.
“Vanno d’accordo... a modo loro” disse Shirley, avvicinandosi all’albina. “All’inizio eravamo così anche noi due... anzi, in verità facciamo così ancora adesso spesso e volentieri” rise. Anche la Guardiana dei Venti Gelidi ridacchiò, finendo per essere scrutata dagli occhi azzurri, ormai striati d’oro, dell’altra.
“Cavolo” commentò solo.
“Cosa?” chiese Ayumi, inclinando la testa da un lato.
“Sembra che loro abbiano conosciuto una te diversa rispetto alla te conosciuta da noi” si intromise Seoyun, che fino a quel momento chiacchierava allegramente con Rein, Len e Shiho.
“È così infatti. Anche se mi duole ammetterlo” intervenne quest’ultima in tono leggero. La diretta interessata chinò il capo, imbarazzata.
“Aigoo, che patata!” fu il commento di Yun, che le gettò le braccia al collo.
“Seoyun sei una cozza. Le stai sempre appiccicata” ridacchiò Leonardo, guadagnandosi così una fiammata sul deretano che lo fece guaire.
“COZZA A CHI, DISGRAZIATO!” ululò la ragazza, staccandosi dall’albina e mettendosi a rincorrere il suo, a quanto pare confermato, ragazzo per mezzo Paradiso Parallelo.
“Prima che qualcuno ce lo domandi, sì, fanno sempre così” commentò Sharda. Questo scatenò una risata da buona parte del gruppo. Persino Kurai si lasciò andare a un mezzo sorriso.
“Ayumi” chiamò proprio quest’ultimo la Guardiana. Lei si voltò a guardarlo con aria interrogativa, alla quale lui rispose solo con un cenno che indicava un punto opposto alla direzione dove stavano tutti gli altri. Assieme si incamminarono in quella direzione.
“Dimmi” lo invitò al dialogo allora l’albina. Il Guardiano sospirò.
“Mi sento in dovere di ringraziarti. Hai ucciso quel bastardo” disse solamente, fermandosi e guardandola negli occhi che, ironia della sorte, stavano subendo il processo contrario e più avanzato di quelli di Shirley.
“Non mi sembra il caso di ringraziare per questo” rispose a mezza voce l’albina. “È sbagliato. Non avrei dovuto farlo... probabilmente”.
“Era un uomo malvagio, o corrotto. Comunque, non ci stava troppo con la testa” disse lui. Sospirò passandosi una mano tra i capelli. “Ha ucciso i miei genitori solo perché volevano proteggermi... questo ti sembra giusto?” le chiese, fissandola con sguardo duro.
“No, affatto. Ma io non sto dicendo questo” sospirò Ayumi. Mise una mano sulla spalla del ragazzo, per poi riprendere a parlare. “So come ci si sente. Ghecis ha ucciso mia madre, e anche io sono stata da sola, allo stesso tuo livello. Però, Kurai, noi non siamo giudici o giustizieri” disse la ragazza, sorridendo appena.
“Pensala come vuoi. Io ti sono comunque grato per la vendetta. Sarò più sereno ora che so che quell’essere non consumerà più ossigeno” concluse il Guardiano, allontanandosi di nuovo verso il gruppo.
Ayumi restò a fissarli immobile, venendo affiancata da Shinseina.
“Mi sento una novellina, Shinsè. Non conosco niente di tutto questo” sussurrò.
“Ce la farai, Ayumi. I sentimenti sono naturali, dopotutto. Imparerai”. L’albina le sorrise, grata.
“Grazie. Se lo dici tu, credo di potermi fidare di me stessa” affermò, portandosi una mano al petto come di riflesso. Shinseina annuì con un’ombra di sorriso sul volto, che poi scomparve facendole assumere un’espressione seria.
“Avrò bisogno del tuo aiuto, Ayumi. Dovrò parlare con Arceus, ma non posso farlo senza la presenza tua e degli altri Guardiani che stavano in Dolce Celeste. Gli altri non sono... necessari, ma se preferisci, possono stare con te per aiutarti”. La voce era terribilmente seria, ma non tradiva alcuna emozione. L’albina sbatté le palpebre, confusa.
“Aiutarmi?” ripeté, inclinando leggermente la testa da un lato.
“Capirai” disse solamente Shinseina, prima di riprendere a camminare fino ad affiancare Sharda. “Devo parlarti”.
Il ragazzo sembrò sorpreso, ma distolse comunque la sua attenzione da Seir che urlava ai quattro venti la sua frustrazione mentre la neo-Guardiana si fissava con fare annoiato le unghie.
“C’è qualche problema?” chiese il ragazzo alla Guardiana dell’Estremo Confine. Lei si limitò ad osservarlo per qualche istante.
“Sharda, sai perché siamo venuti a cercarti quel giorno?” lo interrogò la ragazza dagli occhi arancioni. L’altro dischiuse le labbra, sorpreso dalla domanda.
“Non ne sono sicuro... non mi è mai venuto in mente di chiedervelo” rispose infine alzando le spalle.
“Un motive preciso c’è. Vedi, Angeallen conosce tutti i Guardiani delle Leggende. Ne ha visti tanti, potrei elencarti i loro nomi e il loro ruolo. Eppure, la scelta è ricaduta su di te. Perché tu sei un caso raro. Se fossi regolare dovresti avere all’incirca dodici anni, e invece ne hai venti, ventuno, quasi. Quando l’anima Leggendaria si è impiantata dentro di te eri già sufficientemente grande, avevi una tua personalità e un tuo carattere. Sei maturato seguendo la voce di Cobalion, il Leggendario dal cuore solido come metallo e uno dei simboli della giustizia. Un leader. È questo che sei, per questo sei stato scelto” spiegò la ragazza, seria.
“Non capisco, Shinseina, perché mi stai dicendo tutto questo adesso? Non trovo né il capo né la coda del filo del tuo discorso, sono come parole senza senso per me” ammise, passandosi una mano tra i capelli castani.
“Lo capisco. Ma temo di non poterti illustrare le mie intenzioni e il perché io ti stia facendo questo discorso. Per cui ascolta e basta, tutto ti apparirà più chiaro tra poco tempo” ordinò la ragazzina. Sorpreso, Sharda annuì e ammutolì.
“Loro hanno bisogno di un leader. Io non posso esserlo e Ayumi... Ayumi non può farcela. Tanti dubbi abitano il suo cuore, lo graffiano con unghie appuntite e affilate, spingono per poter uscire. Un potere malvagio si è impossessato della sua anima e nessuno è riuscito a fermarlo. Lei è instabile e presto se ne dovrà andare per imparare a gestirlo, prima che un’altra occasione di pericolo si presenti in tutta la sua forza devastante. Loro, i Guardiani... avranno bisogno di te, della tua forza spirituale. Giochi un ruolo chiave in questa assurda storia. Lo giochiamo tutti, in realtà, e questo è il tuo” spiegò.
“Ruolo chiave? Continuo a non capire. Io sono solo una pedina, non deciderei nulla. E poi, nessuno può sostituirti, sei tu quella che sa tutto di tutti” sbottò il Guardiano, allarmato. Il discorso della ragazza lo stava mettendo in agitazione. Ma Shinseina sorrise, angelica.
“Anche il mio ruolo si sta compiendo. È questione di pochi momenti ormai. E io sarò sostituita come guida, non ti preoccupare di questo. Ma il ruolo di un leader non si ferma alle decisioni e al comando. Il tuo compito è quello di preservare la forza d’animo e infondere sicurezza. E tu ne sarai capace, devi solo affidarti a Cobalion. Fidati di lui e andrà tutto per il meglio” sorrise ancora, stringendogli in un moto di conforto la spalla con la sua mano minuta. Poi si allontanò, di nuovo pensierosa.
“Mi chiedo spesso cosa passi per la testa a quella ragazza, ma non oso nemmeno sfiorare la sua mente”. Sharda si voltò, osservando Shirley che guardava a sua volta la Guardiana dell’Estremo Confine allontanarsi.
“Perché no?” chiese, sovrappensiero, scatenando l’ilarità di quell’altra.
“Non lo avverti? Ha un’aura così... strana. È come se fosse composta da tante anime diverse... e poi si sente che è superiore a noi. Se solo volesse, potrebbe schiacciare la mia coscienza con la sua” spiegò, tornando seria.
Sharda sollevò un sopracciglio. ‘Loro non sanno di Angeallen’ rifletté.
“Perché quella faccia?” gli chiese la ragazza facendolo cadere dalle nuvole.
“Pensavo”
“Immagino. È praticamente impossibile non pensare, ci vogliono allenamenti e lunghe meditazioni, da quel che ne so” rispose sarcastica la Guardiana dello Specchio.
“Spiritosa” sbuffò quell’altro. Shirley ridacchiò e fece per tornare verso Seir che aveva ripreso a strillare, questa volta contro Kurai. Quando accostò il Guardiano del Giudizio Ferreo però, sussurrò qualcosa che gli fece gelare il sangue nelle vene.
“Prima o poi mi spiegherai chi è Angeallen”. E se ne andò.
Sharda ringraziò mentalmente di avere Shirley come alleata. Quella ragazza era intelligente e per questo potenzialmente pericolosa. La sua bocca si piegò in un mezzo sorriso. Dopotutto il loro gruppo non era così male.


“Una Guardiana non Umana?”. Arceus era sorpreso nell’ascoltare le parole di Dialga, il quale confermò.
“È stata quella ragazza dai capelli celesti. È strana Arceus, dovremo stare attenti. Assieme a lei sono ricomparsi Zapdos, Moltres e Cobalion dal nulla, con i rispettivi Guardiani e Ayumi. Ma che cosa centra questa ragazza con noi?” borbottò Palkia, pensierosa.
“Immagino che la nostra chiacchierata si stata rimandata fin troppo” disse con decisione Giratina, per poi ruggire. Così convocò i Guardiani.


Ayumi fissava con decisione gli occhi di Arceus. Voleva che osservasse quanto erano cambiati, pieni di luce. Non lo aveva perdonato e sentiva quanto lui fosse colpito da ciò che era successo. Aveva bisogno di lei. Lei era stata istruita e ci sarebbe voluto troppo tempo per allenare una sua sostituta.
Però avrebbe dettato una condizione, e la condizione si chiamava Angeallen. Il piano era impreciso, imperfetto, ma il Leggendario aveva detto che lei, a quel punto, doveva lasciar fare dapprima a Shinseina e dopo a lui stesso.
“Ayumi” la chiamò Giratina. La Guardiana dei Venti Gelidi la fulminò con lo sguardo. Non era da lei che voleva partisse il discorso. Ma la Leggendaria del Caos andò avanti. “Siamo lieti che tu sia tornata. Ciò che è successo... è stata colpa nostra, una nostra svista. Ti chiediamo scusa” disse solamente, il tono di voce sincero.
“Non ho intenzione di accettarle. Non vi siete mai preoccupati di incatenare a un destino di morte e sofferenza una bambina che ancora non poteva decidere per sé, non avete prestato attenzione ai segnali che vi mandavo fino a giungere a questo. Adesso io ho perso l’unica cosa che potevo vantare. Il controllo. Mi avete tolto anche quello. Ora, io non vi perdono, ma pretendo che voi proviate a riscattarvi perché avete bisogno di me, come di tutti gli altri. Perché se non me, poi toccherebbe a loro e credo che non ne abbiano esattamente l’intenzione” rispose l’albina con tono duro. Giratina annuì semplicemente.
“D’accordo” interruppe il silenzio Arceus. “Immagino tu abbia già in mente qualcosa. Parla, dunque” disse, gelido.
“Non è mia intenzione danneggiarvi, altrimenti non avrei aiutato Dialga. Non avremmo, anzi” si corresse, indicando con un cenno Shinseina. “Evita di trattarmi come una traditrice con la quale sei costretto a trattare, perché ti sei tradito da solo. Per una volta, ammetti le tue colpe” ringhiò la ragazza.
Dietro di lei si udì il sussurro di Anneke che, osservando con calma il passato di quel luogo aveva appreso la storia di Ayumi. ‘Che bastardo’ sibilò, ignorando tutti gli sguardi che si posarono su di lei con atteggiamento fiero.
“Detto questo, non sono io colei che deve parlare qui” concluse Ayumi, facendo un secondo cenno a Shinseina che, sorprendendo tutti, sorrise.
“Nemmeno io devo dire nulla” affermò con aria angelica, sorprendendo tutti.
‘Anche il mio ruolo si sta compiendo. È questione di pochi momenti ormai.’ Rifletté Sharda. ‘Le parole che mi ha detto poco fa... È questo che sta succedendo? Sta assolvendo il suo compito?’ si interrogò, inquieto.
Shinsè avanzava, distanziandosi dai Guardiani e arrivando in mezzo allo spazio vuoto che li separava dai quattro Leggendari Primordiali. “Semplicemente, osservate” mormorò. Poi, l’intero suo corpo s’illuminò di una luce candida e potentissima. La sua figura si dissolse e cambiò, prendendo una forma circolare e piatta, fatta di pura energia.
“Ma quello...” sussurrò Shiho, sgranando gli occhi.
“È un portale” completò Len con la medesima espressione.
Una figura attraversò il portale e si posò di fronte ad Arceus, ripiegando le ali. Il portale dietro essa si dissolse fino a che non ne rimase più nulla. Shinseina non c’era più, era svanita, consumata in particelle luminose che ricordavano fiocchi di neve, ma che come le scintille di un fuoco d’artificio lentamente scomparivano nel nulla.
E Angeallen aveva così raggiunto il Paradiso Parallelo e sostava fiero di fronte ad un attonito Arceus.
“Tu...” sussurrò Giratina usando un tono che tradiva la sua sorpresa, quasi meravigliata.
“Non era Shinseina che doveva parlare. Sono io a doverlo fare” disse solamente, avvolgendo le sue candide spire. “Io sono il Custode della Vita e della Morte, il Leggendario Rinnegato, ritenuto indegno per errore. Per lungo tempo ho aspettato, ma ora questo è scaduto, non posso più permettere che la mia assenza provochi così tante piaghe nel mondo”.
“Angeallen” sussurrò Arceus con rabbia. “Sei stato tu ad architettare tutto questo?” chiese, gli occhi che lampeggiavano furibondi. Il Leggendario dell’Estremo Confine non si scompose.
“Se ti rifinisci a Shinseina, sì, sono stato io. Ma per quanto riguarda la sorte di Ayumi e quella di altri no, io non ho colpa. Quella è tutta causa tua” lo accusò.
“Tu...” provò a intervenire Palkia, ma Angeallen scattò, aprendo le ali e innalzandosi sugli altri, la voce furibonda e il corpo che trasfigurava. Il bianco divenne nero e viceversa, mentre l’azzurro cielo delle ali diventava rosso. Le ali stesse cambiarono, apparendo più scheletriche e scompigliate, le ossa che facevano capolino e che terminavano in punte acuminate.
“Non osare accusarmi di dire il falso, Palkia, Signore dello Spazio. Io conosco la Vita e conosco la Morte, io le rappresento e leggo le anime passate e presenti. Io conosco verità ed errori, pensieri e azioni. Io non sono nel torto, non lo sono mai stato. Anche questo è colpa vostra!” declamò con voce potente. Le mille sfumature della sua voce che riflettevano ogni sesso ed età terrena, di solito così piacevoli e accordate, in quel momento apparivano discordanti e stridule. Furono molti i Guardiani che si tapparono le orecchie o che, inconsapevolmente iniziarono a piangere.
Il potere della Morte di Angeallen era terribile e potente e aveva rovinato il Leggendario stesso diversi secoli prima. Tuttavia, ci vollero solo pochi secondi dominati da uno sgomento silenzio perché Angeallen ritornasse quello di prima, almeno a livello apparente.
“Non accetterò più che mi si neghi il mio posto. È un diritto che mi hai dato ed io adesso lo reclamo. Porrò fine alle storpiature che gli Umani hanno creato, assottigliando il confine tra Vita e Morte e rendendolo nebuloso. La mia prigionia ha permesso queste cose, la mia libertà la cancellerà di nuovo dalla faccia della terra” dichiarò, fieramente.
Arceus chinò il capo, l’ira ancora negli occhi, ma combattuto nello spirito. Angeallen attraverso le parole parlava a tutti, ma attraverso la telepatia e evocando nuovamente in lui ricordi gli aveva sbattuto in faccia i suoi errori e le sue mancanze. Come poteva negare tutto, quando era chiaro che il Leggendario avesse le prove? A quel punto, la rabbia che continuava a provare era unicamente contro sé stesso.
“E sia. Revoco l’esilio conferitoti tempo fa. Ora sei di nuovo parte dei Leggendari Primordiali, considerato un nostro pare. Ogni Pokémon dovrà rispettarti e riconoscere la tua autorità” pronunciò il Pokémon Primevo.
Angeallen annuì. “Molto bene. Ora, so che avremmo molte cose di cui discutere, ma do la priorità ad alcune spiegazioni che devo ai Guardiani, soprattutto coloro che sono stati riuniti da me. Se volete scusarmi”. Il Leggendario fece un cenno al Gruppo di silenziosi ragazzi e s’alzò in volo, atterrando poco distante sul campo fiorito.
“So che volete sapere di più riguardo a Shinseina. È vero, il suo ruolo era questo, un sacrificio. Vi ho spiegato che il mio potere poteva uscire da quella dimensione, ma in maniera non del tutto completa. Tuttavia, l’esperimento di Shinsè ha funzionato, poiché lei, una parte della mia aura con una forma umana, poteva deliberatamente muoversi fuori e dentro dalla mia dimensione, perché era l’incarnazione dei poteri che effettivamente continuavano ad uscire ed entrare, dotata di intelletto ed emozioni, anche se strettamente collegate alle mie. Era ovviamente a conoscenza del suo destino e lo ha accettato anche se, effettivamente, non aveva scelta. Lei era il mio Portale” concluse.
Aleggiava un silenzio opprimente tra i Guardiani. Sharda, tra tutti, era colui che aveva l’espressione più scura in volto. ‘Capirai tra poco’ aveva detto Shinseina. E lui aveva capito il perché lei non poteva più svolgere il suo compito di guida.
Sostituibile, perché Angeallen era il suo equivalente, ma essendo un Pokémon Leggendario era lontano dai Guardiani. Lui, come guida, andava bene, secondo la Guardiana dell’Estremo Confine. Sharda decise che lo avrebbe fatto, sarebbe diventato un leader, una guida, un appoggio per il gruppo.
Osservò Anneke, che osservava con il volto rilassato ma serio ciò che la circondava, le braccia incrociate sul petto. Incrociò lo sguardo del Guardiano del Giudizio Ferreo e si avvicinò come se avesse colto i suoi pensieri.
“Mi aiuterai?” chiese schietto il ragazzo. Lei accennò un sorriso.
“Sono qui per questo” rispose solamente.


“Ayumi”. Giratina si era avvicinata silenziosamente all’albina. Angeallen la seguiva. “Ci deve parlare”. La Guardiana fece un cenno a Seoyun, Seir e Shirley e le tre si allontanarono, fissando con sospetto i due Leggendari.
“Ditemi” rispose semplicemente. Anche la Leggendaria del Caos si voltò a fissare l’altro.
“Giratina, ho bisogno che tu liberi dalle sbarre della prigionia la mia dimensione, perché diventi come il Mondo Distorto, Armonia Tempo e Valle Dimensionale” disse il Leggendario dell’Estremo Confine. L’altra annuì.
“Io in tutto questo cosa c’entro?” chiese Ayumi, aggrottando le sopracciglia.
“Ora ci arrivo. Giratina, voglio che tu porti Ayumi dall’unico prigioniero del Caos Originale, il fulcro del Mondo Distorto” rispose calmo Angeallen.
Giratina sgranò gli occhi, esterrefatta.
“Nel Caos Originale? Un prigioniero? E perché mai?” chiese di nuovo la ragazza, accigliandosi ancor di più.
“Per iniziare il tuo addestramento nel manovrare l’oscurità che ti ha corrotta, Ayumi. Questo sarà l’inizio del tuo addestramento, poiché tu hai un grande potere, terribile e che può danneggiare te stessa. Ma... se impari a gestirlo sarà un’ottima risorsa...” spiegò il Leggendario.
“E il prigioniero? Lui che ruolo ha in tutto ciò?” domandò Giratina.
“Lui è l’istruttore”.


“Senza Shinseina sarà un’altra cosa. Ora Angeallen ha ripreso il suo posto. Per quanto riguarda il mio addestramento... non so cosa aspettarmi. Non so più cosa pensare in generale, non capisco nemmeno se la nostra situazione sia favorevole... oppure se è l’ennesimo punto morto”

 

Angolino nascosto nell’ombra
Se pensavate che Angeallen fosse meglio di Arceus... sì, avete ragione, ma se pensavate che Angeallen era il bene assoluto vi sbagliate di grosso. E ho voluto dimostrarvelo in questo capitolo.
Shinseina era un costrutto, un portale, nata per morire. Punto.
Il ruolo di Sharda... un lampo che mi è venuto quasi subito. Si è incastrato alla perfezione, a differenza di altri personaggi, tipo Anneke e Shiho.
Sì, Anneke l’ho aggiunta per simpatia.
Nel prossimo capitolo scoprirete che cos’è il Caos Originale e chi è il misterioso istruttore. E so già che per la seconda cosa alcuni di voi storceranno il naso.
Mi auguro che la versione demoniaca di Angeallen (fa quasi ridere detta così, pure senza quasi, me ne rendo conto) vi sia piaciuta. E che non vogliate uccidermi per quanto riguarda Shinsè, ovvio.
Anche perché non sono pienamente soddisfatta da come l’ho resa. Alcuni punti mi piacciono parecchio, altri mi fanno pensare ‘devo cancellare questa storia e seppellire la chiavetta su cui l’ho salvata con del cemento armato a presa rapida’.
In generale: gne.
Buon ultimo dell’anno a tutti :DD Ci vediamo nel 2016 *disse quella che ancora scrive 2011/12 nelle date a caso*




Aura_

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 - Imparare l'Arte Tabù ***


Capitolo 35 - Imparare l'Arte Tabù

 

_Paradiso Parallelo_

 
Dialga non conosceva Anneke. Lui non voleva una Guardiana, perché, scrutando nel passato di altri, come ad esempio Cresselia e Celebi, aveva capito l'enorme peso che ne conseguiva.
Soprattutto la parte relativa alla morte.
Per quanto gli anni di un Guardiano trascorressero più lentamente e la loro vita durasse più a lungo, erano comunque esseri mortali e quando loro valicavano l'Estremo Confine, il Leggendario ne rimaneva distrutto e con un vuoto dentro di sé.
Dialga pensava ai Guardiani come a degli scudi per i Leggendari più fragili e che rischiavano di più. Ma lui non era così, lui era un Primordiale, un essere che aveva dettato le regole del tempo e che era divenuto il tempo stesso. Lui non aveva bisogno di un Guardiano, non lo voleva.
Eppure, Anneke c'era, era reale e lo aveva salvato semplicemente nascendo. Non era umana, possedeva solo un'anima, un corpo ed un carattere, ma era una Leggendaria in tutto e per tutto appena superate le apparenze.
'Forse', rifletteva il Leggendario, 'lei è la Guardiana che mi serviva. In grado di aiutarmi, ma non umana. Può essere riassorbita da me in qualunque momento, e io non ho ceduto la mia anima a lei né lei a me. Siamo uguali, quindi, se mai lei dovesse scomparire, non avrò di certo problemi relativi alla sua scomparsa'. Questo pensava Dialga, osservano da lontano la ragazza, vestita con una sobria maglietta lilla, una gonna nera un po' stile dark e gli stivaletti comodi.
Tuttavia, non riusciva a capacitarsi del fatto che lui avesse una Guardiana. E non accettava il fatto che rischiava di accettarla e affezionarcisi, non ne voleva sapere di soffrire per una sua ipotetica perdita.
E Anneke stessa ne era a conoscenza, sapeva di essere la Guardiana non voluta, nata quasi per uno scherzo del Fato. 'Ma d'altronde, tutti noi Guardiani siamo scherzi del Fato' si ritrovò a pensare mentre fissava Ayumi che giocherellava distrattamente con un fiocco di neve bianca, puro, toccandolo con la punta delle dita. Accanto a lei, Shirley osservava Seoyun e Seir che stringevano amicizia, senza litigare, stranamente da parte della Guardiana degli Oceani.
L'albina si accorse della sua presenza e la salutò con un leggero sorriso, prima di raggiungerla.
"Mi fa strano pensare che tu sia nata ieri. Letteralmente. Da quel che mi ha detto Shirley, nel mondo umano è un'espressione che si dice a delle persone dall'atteggiamento infantile" esordì.
"Non credo sia il mio caso" sorrise la Guardiana del Tempo.
"No, direi di no" asserì Ayumi. Sospirò distogliendo lo sguardo. "Tu sei nata ieri, eppure sei più coinvolta in questo mondo di quanto non lo sia io. Non sei neanche Umana, eppure ti adegui meglio anche a questo. Io..." deglutì a vuoto.
"Tu non credi di farcela" completò la corvina. L'altra annuì. "Hai poca fiducia in te stessa. O meglio, nella parte di te stessa che non conosci più" affermò allora la Guardiana del Tempo.
"Sì... non so cosa potrei fare. Non conosco questi miei poteri" rispose mesta l'albina.
"Dimmi... ti fidavi di Shinseina?"
“...sì, certo... lei mi ha aiutato”
“E che cosa ti ha detto a riguardo?”. Ayumi non rispose, limitandosi a fissare Anneke stupita. “Non guardarmi così, sono la Guardiana di Dialga, conosco ogni cosa passata, presente e, in alcuni casi, futura. E so che Shinseina fosse consapevole del fatto che lei confidasse nel tuo successo. Se davvero ti fidi di lei, Shinseina o non più lei, vai avanti, anche solo in memoria di quella fiducia” la riprese con tono deciso.
“È difficile” ribatté l’albina, incrociando le braccia al petto e scuotendo la testa, sconsolata. “Io potrei perdermi nella nube scura che scaturisce dalla mia anima, e a quel punto non ci sarebbe più niente da fare per me”.
Anneke le appoggiò una mano su una spalla sorridendole. “Pensare queste cose non ti aiuterà. E poi non sei da sola. Ricordati di Articuno, la tua controparte. Sono certa che lei farà di tutto per fungere da ancora alla parte di te bianca, in modo che tu non ti perda nelle tue tenebre” affermò. Poi sorrise, triste. “Il tuo Leggendario ti aiuterà” ripeté a bassa voce.
“Anneke...?” la chiamò Ayumi, inclinando la testa da una parte. L’altra scosse la testa, di nuovo sicura di se stessa.
“Tra qualche minuto ti verranno a chiamare. Buona fortuna e, mi raccomando, non credere di non farcela. Tu sei più forte di quello che tutti pensano, Ayumi. E quello che hai fatto qui nel Paradiso Parallelo ne è la prova. Spezzare un Sigillo come quello... non è da tutti. Ce la farai”. E senza voltarsi indietro, se ne andò.
Camminò per qualche minuto, senza contare i secondi che tuttavia affollavano la sua mente, una serie di cifre anche molto lunghe che per lei avevano un senso anche se non lo cercava.
Immersa in quei pensieri, si accorse relativamente in ritardo di Sharda, il quale si stava allenando con una spada, ripetendo meccanicamente affondi e parate e altre tecniche in sequenze precise.
“Niente male” gli disse. Lui si voltò e le sorrise, inspirando profondamente per prendere fiato. “Che cos’è? La tecnica, intendo” chiese la ragazza.
“Scherma medievale” rispose lui semplicemente, sollevando un sopracciglio. “E io che pensavo tu sapessi sempre tutto”.
Anneke rise. “Io conosco le cose con il loro nomi, sono una specie di libro di storia mista a enciclopedia vivente. Da lì a conoscere ogni singola cosa e arrivare a riprodurla ce ne vuole!” rispose. Anche l’altro si annuì alla risata, per poi tornare serio.
“Lo sento. C’è qualcosa che ti turba, Guardiana del Tempo”. La corvina sospirò.
“Io sono una candela accesa, Sharda”. Lui sollevò nuovamente il sopracciglio.
“Prego?” chiese, tentando di mettersi a ridere per l’assurdità dell’affermazione, trattenendosi solo di fronte alla tristezza impressa in quegli occhi bicromi.
“Le candele sono fatte di cera, materiale che, a contatto col calore della fiamma, si scioglie. Il fuoco poggia sulla miccia che, bruciando, si accorcia. Col corso del tempo, la candela si consuma, fino a diventare inutilizzabile” continuò la ragazza. “Io non sono desiderata Sharda. Scomparirò”.
Lui era rimasto senza parole. “Ma come... Shinseina era con noi, o meglio, con Len e Yun, da diverso tempo, più di un anno. Eppure lei...” non concluse la frase, la voce che si spezzava al ricordo del portale che aveva preso il posto della loro guida.
“Angeallen aveva il bisogno di Shinseina, e la riforniva con del nuovo potere. Io, al contrario, non sono voluta, e la forza di Dialga che mi compone si esaurirà, prima o poi. E allora io scomparirò”. Sospirò. “Non sono un vero essere vivente, Sharda”.
“Quando?”
“Presto. Molto presto”.
 

Come predetto, Giratina venne a prenderla dopo una manciata di minuti. Inizialmente non disse nulla, si limitò ad osservarla, probabilmente indecisa su come iniziare la discussione.
“Articuno non viene?” chiese allora l’albina.
“No. Angeallen pensa sia meglio che rimanga qui, la mente libera da pensieri e pregiudizi e concentrata unicamente sul sostenerti in questa prova” rispose la Leggendaria. Ayumi annuì e salì sul dorso di Giratina.
“E allora siamo pronti. Andiamo”.
 

_Caos Originale_

 
“Il Mondo Distorto” iniziò Giratina, “È come la Terra normale, solo con assente fisica e qualsiasi legge naturale. La gravità non esiste, e qualcosa ha dovuto prendere il suo posto al centro di questo mondo. E quel qualcosa è il Caos Originale, ossia quello che c’era prima che io e gli altri Primordiali definissimo la realtà attuale. Tutto il disordine che c’era prima è stato imprigionato e ridotto a questo nucleo, per tenerlo qui. Il suo scopo, oltre a quello di mantenere un ordine stabile e duraturo in superficie, consiste nel... insomma, è una sorta di carcere di massima sicurezza. Quando Ghecis diventerà perlomeno innocuo anche solo per un tempo limitato, lo getterò personalmente in questo posto, il centro della spirale, attraverso il quale io e io soltanto posso muovermi liberamente”.
Giratina si era fermata davanti al centro del Mondo Distorto, una grande sfera composta da quella che sembrava nebbia bianca, ma priva di luce. C’era un silenzio irreale. Poi, lentamente, la Leggendaria si inabissò dentro quella sostanza che si rivelò essere completamente buia all’interno.
Ayumi si sentì come soffocare. Quello spazio, apparentemente vuoto, era in realtà colmo di energia allo stato puro, che sembrava volerla schiacciare o farla esplodere da un momento all’altro. Si irrigidì e Giratina lo notò.
“Rilassati, Ayumi. Questa dimensione non ti farà del male, perché l’energia può prendere la forma che desideri, ma prima tu devi diventare parte di essa. Quindi lascia che ti avvolga e che ti passi attraverso, ti ci abituerai presto. Resterò con te fino ad allora, e poi me ne andrò. Toccherà a te da quel momento in poi” disse a bassa voce l Leggendaria del Caos. L’albina provò d eseguire, ma era difficile non agitarsi in quelle condizioni. Il suo cuore batteva in modo disordinato, il respiro le veniva meno.
Poi si accorse di non averne bisogno, e che quelli erano solo spasmi dettati dall’abitudine. L’energia che impregnava quel luogo le bastava e avanzava.
Giratina la lasciò lì, in mezzo al nulla, per poi andarsene. Ayumi era in balia di quel posto, ma ne era ormai parte, e quindi era serena, priva di preoccupazione, fatta eccezione per una sola: il suo maestro.
“Dunque, dunque...” interruppe il silenzio una voce roca. “Cosa porta una giovane come te in un posto come questo?”.
Un corridoio di roccia apparve sotto ai piedi della ragazza, dandole stabilità perlomeno apparente. Terminava appena dopo i suoi talloni e proseguiva di fronte a lei, perdendosi nell’oscurità. Vibrava leggermente a intervalli regolari, come se qualcuno ci stesse camminando sopra.
Qualcosa avanzava. Emerse dall’ombra con andatura lenta ma quasi solenne una figura. Era un uomo sulla quarantina, ma sostanzialmente sembrava una persona senza tempo. I capelli celesti parevano sbiaditi, varianti sul grigio. Lo stesso colore lo presentavano gli occhi che erano incredibilmente atoni, privi di luce, quasi come quelli di un morto. Vestiva una sorta di divisa consumata, la quale doveva essere un tempo grigio metallo che qualche sobria decorazione. Anche quella era cambiata e si era fusa con il Caos, che l’aveva scurita e rovinata in modo tale che sembrassero quasi vestiti fatti apposta. Aveva un fisico non troppo muscoloso e asciutto ed era alto, il portamento che esprimeva stabilità e fermezza.
Incuteva un certo rispetto, soprattutto il suo sguardo. Ciononostante, Ayumi lo sorresse con pacata sicurezza. In cuor suo, sentiva di non doverlo temere.
“Non rispondi, ragazza bianca?” la apostrofò lui, fermandosi a circa cinque metri da lei.
“Mi portano qui le giuste ragioni. La regina di questa dimensione mi ha condotto qui, nel Caos Originale dal suo unico prigioniero, che la promessa del ritorno del mondo reale” rispose allora la ragazza.
“Io sono l’unico prigioniero. E le tue parole mi sorprendono perché nessuno dovrebbe entrare qui, e oloro che entrano non dovrebbero uscirne. Tu, invece, hai questo doppio privilegio. Perché?”
“Devo trovare qualcosa qui dentro, una sicurezza. Io cammino sul filo di un rasoio, rischiando di tagliarmi e tagliare oppure di precipitare nel vuoto. Questo non deve accadere”.
Le loro parole attraversavano ciò che li circondava in modo che fosse impossibile identificare la modalità con la quale si esprimevano, se a parole o col pensiero. Era strano, secondo Ayumi, il loro incontro. Di certo non ne avrebbe avuto un altro simile.
“Io e te... portiamo come fardello la stessa piaga” affermò con lentezza l’uomo dopo qualche istante di riflessione. “Curioso. Non pensavo che avrei conosciuto qualcun altro con questo potere...” continuò, come se stesse pensando ad alta voce. Due sedie presero forma dal nulla e l’uomo si sedette, congiungendo ed intrecciando le dita sulle gambe elegantemente accavallate. “Mi hai incuriosito, lo ammetto. Parliamo”.
Ayumi esitò. Lei era lì per apprendere, non per parlare. Ma lui era il maestro e lei doveva stare al suo gioco. Si sedette, rigida e all’improvviso inquieta. Temeva che quell’incontro si protendesse per troppo. Nel Mondo Distorto il tempo equivaleva a quello sulla Terra... ma nel Caos Origine non lo sapeva. Poteva essere come no. “L’energia può prendere la forma che desideri, ma prima tu devi diventare parte di essa”. Questo aveva detto Giratina. L’albina si concentrò, percependo l’energia che la possedeva e che scivolava attraverso il suo corpo. La forzò, ordinò al corso del tempo di rallentare. La sua richiesta si diffuse come elettricità nell’acqua per tutto il Caos Originale.
“Impari in fretta, ragazza bianca. Questo gioca a tuo favore, non mi piace avere a che fare con gente ottusa. In verità, non mi piace neanche avere a che fare con gente senza nome. Mi piacerebbe sapere il tuo, ammesso che tu lo abbia. In caso contrario ti chiamerò con il nome di Articuno, il tuo Leggendario” riprese l’uomo, osservandola attentamente con il suo volto impassibile.
“Io possiedo un nome, per cui chiamami con esso. Ayumi. Tuttavia, anche a me interessa sapere il tuo, o comunque un appellativo con il quale riferirmi a te” ribatté la ragazza.
“Come vuoi. Sulla Terra venivo chiamato Cyrus, non so dirti quanti anni fa, quindi non chiedermelo. Qui tutto si muove come voglio io. Questo è il mio mondo, decido io, io ne faccio da sovrano. Niente conflitti... niente sentimenti... questo è tutto ciò che io ho sempre desiderato, la purezza dell’essere del Caos Originale. Sarò sempre grato a Giratina per questo, nonostante lei lo abbia fatto per impedirmi di distruggere l’ordine che i Primordiali con tanto affanno proteggono. Una cosa stupida, per come la vedo io. Il mondo è imperfetto, tutto è imperfetto. Anche io talvolta, mi pento di essere venuto qui, a sporcare la purezza di questo luogo, ma poi ricordo che io ormai, sono parte di esso. Dunque, io sono perfetto. Io ho battuto il mio spirito, ce l’ho fatta. Quella piaga è ormai silente...” si concentrò d nuovo sull’albina. “La tua, invece... è fresca, ed è molto più ampia e potente...” restò in silenzio, a riflettere.
“È una ferita piuttosto antica. Pensavano di averla curata a dovere, invece questa si è riaperta poco fa. Tu puoi insegnarmi, io lo so. Sei l’unico che ha a che fare con questo potere e che affronta la cosa con mente lucida e senza complicazioni. Io ho bisogno di sapere come piegare e domare questo oscuro potere” disse Ayumi.
“Cosa ti fa pensare che io scelga di aiutarti?”. Ci fu silenzio. “Il mondo da cui provieni e che tanto ti affanni a proteggere è un mondo corrotto, che non mi ha mai voluto e accolto. Non ci ha donato niente, oppure lo ha fatto per poi togliercelo. Per questo io e te siamo così. Ma tu... tu insisti nel volerlo proteggere. Perché?”
“Sento la necessità di liberarmi da colui che mi ha rovinato e che sta rovinando altri. Non deve fare più del male”.
“Questo cerchi? La vendetta? È un sentimento rozzo che non si addice a una ragazza come te. Devi liberartene fino a che non sarà necessario, o ti ostacolerà. Questo devi imparare. Trattenere, filtrare la tua anima affinché cose sbagliate non escano quando tu non lo desideri, in modo da non tagliarti con il filo sul quale cammini e camminerai per tutta la vita”.
“Questo significa che tu mi aiuterai?” chiese Ayumi. Cyrus si limitò a fissarla per qualche istante.
“Affascinante come io abbia trovato l’ordine perfetto ed ideale nel caos, non trovi? È un controsenso eppure la nostra presenza qui ne è la prova” mormorò, per poi sospirare, probabilmente solo per emettere il suono e non per vera e propria necessità. “Sì, ti aiuterò. Ma nessuno ha mai detto che sarà facile. La mia ferita era piccola e si è ampliata nel corso del tempo, per questo sono stato fortunato, ho avuto il tempo di imparare. Ma tu... tu no, sei diversa, non è vero?”
“Il mio cuore si è lacerato di colpo quando ero solo una bambina, vittima dell’orrore e dell’odio senza fondamenta” rispose sicura l’albina.
“Capisco. Qualcosa di caro ti è stato strappato con la forza e la pazzia. Io invece mi sforzavo per qualcuno che non riusciva a vedermi, trascinandomi dietro le mie catene pesanti e spinose come un cane che altro non desidera che una carezze, ed invece ottiene solo bastonate. Quando me ne sono accorto, già provavo odio per quelli che erano i miei genitori. Mi schifavo per essermi abbassato a un livello così mediocre, quello dei sentimenti che sembrano governare la nostra vita. E quindi li ho espulsi, per evitare inutili conflitti interiori e ho iniziato la ricerca di un mondo perfetto e privo di questo ‘spirito’. E ora ce l’ho fatta, vivo nella pace. Ma rivedo in te lo stesso tormento che aveva preso me. In fondo, tutti noi vogliamo la pace e la perfezione, e quindi perché non aiutarti”. Sospirò di nuovo. “Una delle prime cose che ho imparato in questa mia situazione di equilibrio è che non posso mantenerlo costantemente. Purtroppo i sentimenti fanno parte dell’essere umano e io, in quanto tale, non posso escluderli completamente pur desiderandolo con tutto il mio essere. Come il respiro, puoi controllarlo fino ad un certo limite e dipende molto dall’allenamento. Soprattutto nei momenti di riposo è difficile gestirlo, quello arriva per abitudine. Dovrei iniziare a percepire il bene e il male dentro di te come arti. È chiaro?”.
Ayumi annuì. “Iniziamo”.
 

_Paradiso Parallelo_

 
Sharda era rimasto in silenzio da quella conversazione, riflettendo proprio su di essa. Anneke, come Shinseina, era la Guardiana di un Primordiale, dunque un alleato davvero molto potente, oltre che un notevole passo avanti nella loro missione, se sfruttato.
Ma Dialga aveva paura, paura del dolore. Non quello di una ferita, ma quello eterno causato dalla morte di un Guardiano. ‘Lugia, Cresselia, Jirachi, per certi versi Azelf, Zekrom... chissà se ce ne sono altri’ rifletté. Parlare con uno di essi sarebbe stato davvero indelicato da parte sua.
Ma qualcuno c’era, realizzò.
A passo svelto si diresse alla piattaforma dove si trovavano di solito Arceus e gli altri Primordiali. Sotto a questa, erano riuniti tutti i Leggendari che erano riusciti a ricevere l’appello. Con il loro arrivo, il sigillo del Paradiso Parallelo era vicino.
Cobalion era lì. “Sharda” lo salutò semplicemente, avvicinandosi. Alle sue spalle stavano gli altri Sacri Spadaccini, Terrakion, Virizion e Keldeo, che parvero piuttosto sorpresi dal suo arrivo tempestoso.
“Sai dove è Angeallen?” gli chiese, saltando i convenevoli.
“È tornato a Dolce Celeste per sistemare alcune faccende. Cosa sta succedendo per rendere il tuo tono di voce così urgente?” s’informò il Leggendario.
“Ho bisogno di parlargli, piuttosto urgentemente. Si tratta di Anneke” rispose. L’altro annuì, comprensivo e iniziò a riflettere su come contattare il Leggendario dell’Estremo Confine. Ma prima che potesse aprire bocca nuovamente, di fronte a Sharda si aprì un portale candido e la voce di Angeallen riempì la testa del ragazzo.
“Vieni e parliamo con calma” disse solamente. Il Guardiano si riscosse e salutò il gruppetto di Leggendari.
“Vengo con te” lo interruppe Cobalion, lanciando un solo sguardo ai tre compagni che annuirono in risposta. Poi, assieme al Guardiano, attraversò il portale.
 

_Caos Originale_

 
Le immagini e le sensazioni la aggredivano da ogni direzione, tentando di farle perdere la ragione, come già era successo un paio di volte.
“Impara a percepire il tuo spirito come un arto, e poi impara a capire cosa fa parte della piaga e cosa è ancora bianco” le aveva detto Cyrus. Compito che si era rivelato più arduo perfino del previsto. E non aveva previsto niente di buono, figurarsi.
Ayumi sentiva solo u gran ribollimento all’altezza del petto, un tumulto unico che non sapeva identificare, tantomeno controllare.
“Stai congelando il terreno di nuovo”. La sensazione si interruppe e l’albina tornò a visualizzare il Caos Originale come quello che era. Cyrus la stava fissando attentamente con i suoi occhi vuoti. “Almeno questa volta hai mantenuto gli occhi aperti e la tua resistenza sta aumentando. Fai progressi in fretta, non te lo nego. Ma hai bisogno ancora di parecchio esercizio”. Tacque per qualche istante. “Cosa avverti?”.
“Una grande energia informe e confusa che lotta per liberarsi, qui” e si picchiettò il petto all’altezza dello sterno con l’indice sinistro.
“Perlomeno la avverti e avverti com’è... hai detto informe, giusto?” la ragazza asserì. “Bene. L’energia è sempre la stessa. Il Caos Originale è una massa d’energia informe, appunto, e noi una forma gliela abbiamo data. Fai la stessa cosa”.
Ayumi annuì nuovamente e si preparò per una nuova sessione d’allenamento.
“Ricominciamo”. E le sensazioni l’assalirono di nuovo.
 

_Dolce Celeste_

 
Shinseina gli aveva detto di affidarsi al suo Leggendario.
Aveva ragione, lui si fidava di Cobalion, ma non si affidava a lui. Probabilmente perché, nel tempo che avevano passato assieme, lui faceva la guardia al luogo dove Cobalion si trovava contro ignari o consapevoli visitatori, mentre Cobalion lo aveva accolto e lo aveva aiutato a superare dei periodi oscuri. Non avevano mai sentito la necessità di unirsi ed operare come un essere unico.
Ma non era troppo tardi per provarci, e per portare a termine il compito che la Guardiana dell’Estremo Confine gli aveva affidato.
- Mi aiuterai, Cobalion? –
- Non fare domande sceme, Sharda. Certo che lo farò... anche se non ho ben capito quello che hai in mente -. Il Guardiano ghignò appena, per poi tornare serio in un attimo.
“Angeallen. Ho bisogno del tuo aiuto” disse al Leggendario della Vita e della Morte.
“Conosco i tuoi motivi, Guardiano del Giudizio Ferreo. Ma perché, secondo te, io potrei esserti d’aiuto?” ribatté Angeallen, pacato.
“Perché Anneke è come era Shinseina. Una Guardiana non Umana, frutto solo ed unicamente del tuo potere. Sei l’unico che può convincere Dialga a non lasciare che la sua Guardiana muoia consumata dal tempo stesso. Anneke può essere utile alla nostra causa e Dialga non può tirarsi indietro per un suo capriccio o un suo timore probabilmente infondato! Noi Guardiani affrontiamo le nostre paure ogni giorno per voi! Non posso tollerare questo atteggiamento da parte di un Primordiale!”. Sharda quasi non si era accorto di aver alzato leggermente la voce, ma non se ne pentiva. Sentiva l’appoggio sicuro di Cobalion e si diede mentalmente dell’idiota per non aver instaurato quel genere di legame con lui.
“Molto bene” disse Angeallen. “Di preciso, che cosa dovrei dire a Dialga?”.
“La verità. Tu percepisci la perdita di Shinseina come, per esempio Lugia? O con voi è diverso?”
“Io sono un caso a parte, Sharda. Io percepisco tutte le anime, tranne quelle legate ad un altro Leggendario”. Il Guardiano esitò. “Tuttavia, capisco quello che intendi. Per me e per Dialga è diverso, perché le nostre Guardiane non hanno, o avevano, nulla di Umano. Dialga è nel torto e Anneke potrebbe davvero rivelarsi un’ottima risorsa” concluse Angeallen, spiegando le ali. “Andiamo, dunque. Se le tuo opinioni sono corrette, riusciremo a salvare Anneke”.
 

_Caos Originale_

 
“Molto bene, molto bene davvero” approvò Cyrus. “Riesci a trattenere il tuo potere chiuso nel contenitore che hai creato. Questo è un buon passo avanti. Possiamo passare al livello successivo, direi”.
Ayumi annuì, immaginando già quale sarebbe stato lo scopo finale di quel ‘secondo livello’. “Illustrami che devo fare” disse solamente.
“A cosa stavi pensando come contenitore?” deviò la domanda l’uomo.
“Una scatola” rispose subito la ragazza. “Quadrangolare” aggiunse, precisa. Cyrus annuì.
“Una scatola” ripeté. “Una scelta non molto originale, ma è meglio coì, le cose più sobrie e semplici sono più facili da tenere sotto controllo. Adesso immagina di dividere in due questa scatola. In queste due parti devi smistare il bene e il male. Dunque adesso analizza te stessa, nel silenzio, impara a riconoscere ciò che senti e a collocarlo nelle due scatole, al posto giusto. Impara a capire la forza che nascondono e che posso spigionare”. Tacque per qualche momento. “Questo è tutto ciò che poso fare per te. Ora il compito è tuo, e io rimarrò solo a guardare”.
Ayumi chinò il capo a mo’ di ringraziamento, per poi sedersi per terra a gambe incrociate, come nella posizione del loto. Chiuse gli occhi e iniziò quel viaggio interiore, che si presentò come un labirinto grigio ai suoi occhi.
 

_Armonia Tempo_

 
La dimensione del Tempo era di un innaturale blu elettrico, con delle luci simili a stelle che vorticavano, dando un effetto galassia. Sembrava di camminare su uno specchio o di trovarsi sospesi da qualche parte. Era una sensazione strana ma tutto sommato non spiacevole.
Meno appagante era invece la furia che Dialga aveva impressa negli occhi rossi.
“Guardiano” tuonò. “Tu non hai alcun diritto di decidere per me o di guidarmi. Io sono l’essere del Tempo, antico come tale e non permetto che qualcuno mi accusi di stupidità e di comportamenti irragionevoli. Impara il rispetto, ragazzo!”
“Dialga” intervenne pacato Cobalion. “Chiunque può fare errori, spesso dettati dalla paura o dall’arroganza. Prendi in considerazione le mie parole”.
“Io non ho paura”
“Tutti hanno paura. Puoi mentire a tutti, ma non a me. Smettila con questa sceneggiata, Sharda ha ragione” intervenne Angeallen, un po’ seccato da quella conversazione con un leggendario dalla testa dura come l’acciaio, per l’appunto.
“Anneke non ha fatto nulla di male. Ti ha salvato nascendo e può aiutare noi a sconfiggere le minacce e a riallacciare i rapporti tra Pokémon e Umani, andati perduti secoli fa. Ma abbiamo bisogno che tu le dia una mano. O meglio, l’energia affinché essa non sparisca” riprese Sharda, sostenuto sempre dal suo Leggendario.
Seguì un silenzio carico di pensieri.
“Sono certo che sceglierai per il meglio, Dialga” concluse Angeallen. E tutti percepirono il velato  ordine che quella semplice frase conteneva.
 

_Caos Originale_

 
“Non più nulla da insegnarti, Ayumi. La tua formazione può considerarsi completa. Ma non dimenticarti che tutto questo è solo l’inizio, il minimo. Se è quello che vuoi, puoi sfruttare molto questo tuo potere. Hai una grande energia dentro di te, adesso possiedi anche la conoscenza, e la conoscenza è potere ed è un mirino per indirizzare bene i tuoi attacchi, senza perdere il controllo. Ma devi continuare d esercitarti”.
Cyrus osservava la sua allieva riconoscendone ad occhio i cambiamenti. Gli occhi lilla dell’albina adesso riflettevano la consapevolezza e il corretto funzionamento del suo spirito.
“Grazie. I tuoi consigli mi hanno aiutato a superare questa grande ostacolo” disse Ayumi, inchinandosi lievemente. Cyrus non disse nulla, si limitò ad aspettare che la grande sagoma oscura di Giratina fuoriuscisse dalle tenebre alle spalle dell’albina. Era tornata a prenderla.
L’uomo non tradì alcuna espressione, non gli interessava che la ragazza rimanesse oppure se ne andasse. Però aveva ancora qualcosa da dirle, perché lei non rovinasse l’equilibrio che era riuscita a trovare.
“Ascoltami. Ricordati di non lasciati dominare dai tuoi sentimenti. Decidi a sangue freddo e mente libera, tieni il tuo spirito in quella scatola. I sentimenti sono subdoli, ti corromperanno. Usali solo come energia per il tuo potere”. Aspettò che la ragazza annuì e che Giratina la facesse salire sul suo sorso. “Fai quello che ritieni con questo potere, Ayumi. Questo è un addio”.
E poi Giratina riportò Ayumi indietro, lasciando Cyrus da solo nell’oscurità del Caos Originale.
 

“Non posso più permettermi di fare passi indietro, perché questa strada sembra ancora infinita. Continuerò a camminare su questo filo, ma adesso ho l’equilibrio”
 

Angolino nascosto nell’ombra
Considerazioni: FILOSOFIA MI STA FACENDO MALISSIMO
Mi sentivo molto Anassimandro, o comunque quella bella gente lì, mentre scrivevo questo capitolo.
Apeiron due la vendetta.
Ok, la smetto.
Devo dire che è un capitolo che mi soddisfa, anche se mi sono resa conto che questa storia, più che di azione, sta diventando una pippa mentale unica piena di gente logorroica.
Ink Voice, è colpa tua. Ma ti voglio bene lo stesso <3
Dicevo. L’istruttore è Cyrus. E, come ho già detto nel capitolo precedente, so che alcuni di voi storceranno il naso in segno di disapprovazione. Ma spero di avervi convinto nella sua perfezione per adempire a questo compito che io gli ho affibbiato.
Lui ha trovato il suo mondo perfetto con il quale ci ha rotto le palle in ben tre giochi e un anime (non sono a conoscenza del manga), prigioniero e ospite di esso.
Devo dire che io apprezzo Cyrus come personaggio. È fuori più di un poggiolo, indubbiamente. Però beh, ha quel qualcosa che mi convince. Penso che ci saranno diversi errori di battitura, io e i portatili non andiamo molto d’accordo.
Ho rflettuto se cambiare o meno il titolo del capitolo, del tipo se lasciarlo solo come 'Imparare l'Arte'. Perchè Sharda non sta facendo nulla di tabù, ma poi mi sono detta un franco i don't give a shit, e lo ho lasciato così.
Mi scuso er il ritardo. E per il ritardo che verrà, dato che andrò in settimana comunitaria. E non potrò toccare il mio piccì :(
Bene. Tante belle cose ragazzi. Ba-bai!
PS: una parte della frase finale è stata ispirata ad una canzone. Sì, mi sto divertendo con ste canzoni.
 
Aura_

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 - Le Cose che ti sei Persa ***


Capitolo 36 – Le cose che ti sei Persa


_Paradiso Parallelo_


“Dunque... tu ritieni che Dialga possa cambiare opinione sulla mia esistenza?”
“Ne sono abbastanza sicuro. Il tono con cui Angeallen ha pronunciato quelle parole... sembrava una minaccia. Era abbastanza arrabbiato con... il fratello? Cugino? Mah, non capisco molto bene questa cosa”.
Anneke sollevò un angolo della bocca a mo’ di sorriso. Sharda le aveva appena raccontato ciò che aveva fatto per aiutarla e impedire la sua scomparsa.
“Dimmi, Sharda... tu mi hai raccontato il come hai mosso tutto questo... ma io vorrei sapere anche il perché. Perché lo hai fatto, anzi, lo stai facendo?”.
Il ragazzo stette in silenzio per qualche istante, sorpreso dalla domanda posta dalla Guardiana del Tempo non senza una punta di malizia. Scosse la testa con un sospiro, per poi sorridere.
“Temo che sia parte del mio carattere, o forse quello di Cobalion, non saprei dirti. Questa era un’ingiustizia bella e buona, e io non sopporto le ingiustizie. E poi, tu hai promesso di aiutarmi, dunque io aiuterò te”.
Tra i due regnò il silenzio per qualche istante, prima che la ragazza lasciasse scappare una risata cristallina che stupì non poco l’altro ragazzo, nonostante sorridesse di riflesso.
“Va bene, mio cavaliere. Mi vorrai dunque scortare alla piattaforma. Ti informo che Ayumi è tornata” disse, semplicemente, porgendo al ragazzo la mano con fare altezzoso. Il Guardiano sospirò, leggermente basito dall’ironia che in ogni momento la ragazza tirava fuori.
“Lo prenderò come un ‘grazie’” sospirò divertito. In risposta, la ragazza rise soltanto, mascherando i suoi reali pensieri e sentimenti.
‘Non festeggiare in cuor tuo Sharda. Dialga non cederà tento facilmente’.


Neanche il tempo di guardarsi un attimo attorno che Ayumi venne assalita da Seoyun che le si era letteralmente lanciata addosso, facendola finire in terra.
“Ayu!” rise, abbracciandola. L’albina, un po’ frastornata ridacchiò debolmente.
“Lo dicevo io che era un cozz...”
“LEN RITIRA IMMEDIATAMENTE QUELLO CHE STAI PER DIRE O TI INCENERISCO”
“...chiedo perdono”.
Qualcuno aiutò sia la Guardiana di Moltres sia quella di Articuno a tirarsi in piedi, qualcuno che si rivelò essere Seir, la quale sorrise all’albina. “È un piacere rivederti con ancora tutti gli arti appresso e in pieno possesso delle tue facoltà mentali”. Più indietro, Shirley stava placcando Yun, impedendogli di ammazzare il suo ragazzo che rideva innocentemente.
“Vedo che non è cambiato niente” sospirò Ayumi con un piccolo sorriso.
“Né le cose belle, né quelle brutte”. Anneke era arrivata in quell’istante, seguita da Sharda.
“Pure?”. La corvina annuì.
“È questione di poco ormai”.
“Non c’è niente che si possa fare? Tipo... non lo so...”
“Non esiste nessuno in grado di bloccare il progredire della follia, Ayumi. La tua è una ferita, la sua è una malformazione. Non si può fare nulla”. Anche Angeallen era giunto nei pressi del gruppo dei Guardiani. Abbattuta, l’albina annuì. “Comunque... non è il caso di pensarci. Gli sforzi inutili vanno evitati, anche se è terribile e difficile da ignorare. C’è N con lei” riprese il Primordiale.
“Che dobbiamo fare?” chiese Kurai, sollevando un sopracciglio scuro.
“Uscire da qui. Andate, fatevi un giro, dimenticate per qualche istante la vostra parte Leggendaria e tornate Umani”. A quelle parole ci furono non pochi occhi sgranati e bocche dischiuse. “Ayumi. Non sono d’accordo su ciò che Cyrus ti ha detto. I sentimenti sono una cosa buona e provarli passivamente, utilizzando come semplici forme d’energia non ti servirà a nulla. Trovo sia meglio conoscerli e imparare cosa per te è meglio, ammaestrarli, contenerli, non solo smistarli. Poi, starà a te trovare un tuo stile, l’anima è tua”.
Ancora una volta, l’albina annuì. Ma stava sorridendo, felice, senza capirne il perché. In quell’istante capì cosa intendeva veramente Angeallen, che volò via senza aggiungere altro.
“Dove andiamo?” chiese Shirley.


_Arenipoli_


“Ah! Sei di Sinnoh anche tu?” chiese Leonardo ad Ayumi. “Io vengo da Cuoripoli, anche se probabilmente te lo avevano già detto. Però sono stato qui un paio di volte... sai, per festeggiare la costruzione del Faro, ogni anno si lanciano dei fuochi d’artificio. Sono venuto qui a vederli un anno e poi ho visitato la Lega Pokémon, oltre la Via Vittoria. È un posto incredibile, una sorta di palazzo gotico. Ricordava un po’ la cattedrale di Cuoripoli, ma è infinitamente più grande. Lì abitano i cinque allenatori più forti della regione, i Superquattro e il Campione. O meglio, Campionessa, nel caso di Sinnoh. Lei si chiama Camilla ed è giovane, parecchio. Non deve avere troppi anni in più di Sharda” spiegò il ragazzo.
“Oh, ma dai, taci un po’. Sei logorroico” sbuffò Seoyun.
“Senti chi parla” la prese in giro Seir. Si erano incamminati verso la spiaggia.
“Io devo parlare anche per te. Perché tu non parli, tu muggisci” rispose convinta la rossa.
“Cos’è che faccio io?” ribatté paonazza la Guardiana di Kyogre.
“Muuu...?” rispose l’altra, sfarfallando le ciglia mentre addolciva gli occhioni turchesi. Leonardo era piegato in due dal ridere e persino Kurai aveva gli angoli della bocca leggermente sollevati.
“La situazione sta degenerando” affermò Sharda con un sorriso.
“A dir poco” fece eco Shirley. Anneke si limitò a scuotere la testa.
Il gruppo di ragazzi si liberò delle scarpe, abbandonandole ai piedi di uno scoglio e arricciando l’orlo dei pantaloni per poi mettere i piedi nell’acqua senza bagnarsi il capo d’abbigliamento. Con scarsi risultati, dato che iniziarono a rincorrersi, cercando di scappare dalle onde, inciampando nella sabbia e capitombolando per terra.
Kurai se ne stava in disparte, ad osservarli con quel ghigno stampato in viso.
“Che ci fai lì? Dai, vieni!” lo richiamò Anneke. Il ragazzo sollevò un sopracciglio.
“Non fare il noioso. Mollati ogni tanto!” si aggiunsero anche Shirley e Seoyun, afferrando un braccio a testa e iniziando a trascinare il ragazzo verso il mare, ignorando i suoi sbuffi contrariati. Lo mollarono solo quado fu immerso nell’acqua salmastra fino alle caviglie.
“Contente adesso?” chiese lui con voce neutra. Le due sorrisero candidamente, dato che si erano già immaginate una reazione del genere da parte dello scontroso ragazzo.
Kurai non fece in tempo a girare i tacchi e tornarsene da dove era venuto perché l’acqua del mare si sollevò e lo colpì in pieno petto, infradiciandogli la felpa.
“Ops, colpa mia” cinguettò Seir. Che, manco a dirlo, si ritrovò con il sedere bagnato poco dopo, perché Kurai le era arrivato alle spalle sottoforma di ombra e le aveva afferrato le caviglie. “Potrei ammazzarti” sibilò allora la ragazza.
Poi scoppiò a ridere, mentre Kurai ghignava soddisfatto.
“È cambiato da quando l’assassino dei suoi genitori è morto” sussurrò all’orecchio dell’albina Anneke. Ayumi asserì senza aggiungere altro.
“Bah, da quand’è che quei due vanno d’accordo?” chiese invece Shirley, storcendo naso e bocca in un’espressione strana.
“Mah, mistero della fede” rispose Seoyun scrollando le spalle e tornando a saltellare nell’acqua. “Ayumi, ma essendo un tipo Fuoco non dovrei aver ribrezzo dell’acqua?” chiese subito dopo.
“No, non per forza. Se ti ci immergi totalmente però proveresti un affaticamento maggiore rispetto ad altri, in particolare se paragonato ad un tipo Acqua o Ghiaccio” rispose l’albina sorpresa dalla domanda.
“Quindi anche io non dovrei avere particolari problemi, ma devo stare attento a non fulminare nessuno, giusto?” riprese Len che ricevette conferma un attimo dopo.
“Ragazzi! Siamo qui per allontanarci un po’ da quella vita! Non parliamo di questo!” li sgridò Anneke, che si era accigliata. Ad uno ad uno annuirono e l’espressione della Guardiana del Tempo di addolcì nuovamente. Si rimisero tutti le scarpe, decisi di fare un giro per il centro e di salire sulla torre.
“Siamo ancora un po’ freddini come gruppo, non trovi?” chiese Shirley alla Guardiana dei venti Gelidi.
“Forse un po’... ma siamo comunque già in grado di cooperare... i legami tra di noi verranno col tempo” rispose Ayumi, scrollano le spalle.
Anneke sbuffò. “Il problema è questo, noi di tempo non ne abbiamo” borbottò passandosi una mano tra i capelli corvini liscissimi. Restò in silenzio per qualche istante, prima di aggiungere: “È una cosa brutta da dire. Pensare che vi ho sgridati prima per questo. Scusatemi” e sorrise nuovamente, nascondendosi di nuovo dietro la sua barriera.
Ma era difficile nascondersi da un tipo Psico come Shirley anche se quest’ultima fece finta di nulla. Erano usciti per prendere una boccata d’aria dopotutto, su questo Anneke aveva ragione.
Al mercato le ragazze si divertirono un sacco a provarsi le cose più disparate, mentre i ragazzi si erano fatti un giro in un negozio d’elettronica.
“Pfff, non si può proprio contare su di loro” sbuffò la ragazza dai boccoli rossi, chiudendosi in un camerino ed inveendo contro Leonardo, mentre dalla cabina affianco si sentì chiaramente Seir che iniziava a ridere come una scema.
Quelle due si erano trovate, tanto che avevano iniziato a scherzare dicendo che si erano sposate e che erano diventate mogli. Già un paio di persone si erano girati verso il loro gruppo con aria perplessa il che non aveva certo aiutato a risolvere la situazione.
“Ayu, tu non ti provi nulla?” le chiese Shiho saltellando accanto all’albina che si guardava attorno spaesata.
“Non saprei...” rispose lei esitando. La modella la squadrò da capo a piedi assumendo una posizione pensierosa. Poi batté le mani un paio di volte e le prese il polso.
“Tu adesso vieni con me” ordinò canticchiando iniziando a camminare a passo di carica nonostante fosse su dei tacchetti abbastanza alti. Era evidente che i vestiti fossero il campo della biondina, le bastava una sola occhiata per decidere sì o no. Ovviamente spesso era un no secco, ma in qualche modo, nel giro di dieci minuti le aveva messo un paio di capi d’abbigliamento tra le braccia e l’aveva spinta nel camerino. “E sappi che non mi schioderò da qui fino a che non avrai finito. Ah, voglio anche vederti, e non mischiarmi gli abbinamenti” la istruì, prima di chiudere la tenda, lasciando Ayumi al’interno ancora perplessa da quell’uragano che altro non era che la Guardiana di Reshiram.
Per fortuna erano vestiti semplici, e non roba troppo stravagante e da passerella: un vestito lilla, un maglioncino morbido abbinato a dei pantacollant neri e un paio di jeans abbinati ad una maglietta nera corta e con le maniche altrettanto corte.
“Beh, questi ti stanno proprio bene, mi complimento co me stessa!” esclamò Shiho entrando nel camerino senza chiedere il permesso. Non che ce ne fosse il bisogno, continuava a sbirciare dentro la tenda, ignorando l’imbarazzo della ragazza con i capelli bianchi. Notò poi lo sguardo triste di quest’ultima mentre con la mano si sfiorava la cicatrice a mezzaluna sulla pancia. “Se vuoi possiamo sostituirli. I pantaloni, intendo. Ce ne sono di simili anche a vita alta, però hai un fisico bellissimo anche se forse sei un po’ troppo magra e... beh, capiscimi” abbozzò un sorriso la ragazza bionda.
Ayumi la fissò per qualche istante, poi sorrise e scosse la testa. “Va bene così, davvero... è solo che... non lo so. Ho sempre tentato di nascondere questa ferita perché non volevo dirvi ciò che Arceus mi... faceva, ecco. Però adesso lo sapete e non ho più motivo di coprirla. È tutto ok” rispose, per poi rigirarsi verso le specchio. “Mi sta... mmm... bene?” domandò, osservandosi.
“Di più” rispose l’altra rivolgendole un luminoso sorriso.
“A-ah! Ma tu guarda questa giovincella!” esclamò Yun saltando nel camerino. Dietro di lei c’erano anche Shirley e Seir che fecero capolino con un sorriso d’approvazione stampato sul volto.
“Aspetta un attimo” dichiarò la Guardiana degli Oceani saltellando via per tornare appena un paio di minuti dopo con dei guanti senza dita neri fino al gomito e un cappello con visiera un po’ stile hip-hop sempre nero con le borchie argentate. “Beh, devo dire che non stai affatto male” approvò poi con una smorfia convinta. Ne aveva uno identico in testa lei.
“Per niente. Hai gusto, bella lì!” approvò Shiho dando il cinque alla ragazza dai capelli blu, che ridacchiò fiera del suo intuito. “Bene, adesso aspettami qui” aggiunse la bionda per poi fuggire senza esporre ulteriori informazioni. Tornò poco dopo con uno scontrino in mano. “Ta-dah!” cinguettò.
“MA SEI IMPAZZITA?” urlarono tutte le altre ragazze presenti, facendola ridere di gusto. Ovviamente non volle sentire spiegazioni e si avviò verso l’uscita saltellando, per poi mettersi a correre quando Seoyun la iniziò ad inseguire, ovviamente con le altre Guardiane a seguito. Peccato che travolsero il povero Len, venuto a cercarle e a convincersi che non erano state divorate da nessun manichino. Il ragazzo quasi cadde per terra, salvandosi solo grazie a dei riflessi tempestivi.
“Oh, scusa mon amour!” cinguettò Yun schioccandogli un bacino sulla guancia. Inutile dire che Leonardo diventò dello stesso colore dei capelli della sua ragazza, con tanto di sfumature. E dovettero recuperare Seir dal pavimento sul quale si era accasciata da quanto rideva.
Anneke nel frattempo aveva messo un braccio attorno alle spalle di Ayumi e scuoteva la testa con un mezzo sorriso esasperata sul volto. Così facendo la sua attenzione cadde su un negozio poco distante e i suoi occhi bicromi si illuminarono.
“Guardate lì!” esclamò indicando la vetrina con un cenno.
“Piercing?” chiese Shirley con un sopraciglio sollevato. Seir invece si era illuminata.
“Ce ne facciamo uno?” chiese attaccandosi al braccio della Guardiana del Tempo la quale annuì e liquidò il resto del gruppo con un secco ‘ci vediamo dopo’.
Nel frattempo anche il resto dei ragazzi si era riunito al gruppo, con Marisio e Sharda che discutevano su alcune cose di elettronica con Rein, chiedendo talvolta a Kurai che rispondeva a monosillabi. Era chiaro che i due ragazzi non ne capissero un granché.
“Abbiamo vissuto fuori dal mondo per troppo tempo” borbottò il castano sorridendo appena. Il Guardiano dell’Arcobaleno si passò una mano tra i riccioli biondi esasperato.
Discutendo di questo e quello, attesero l’arrivo delle due che mancavano. Quando si ripresentarono avevano entrambe i piercing al labbro, solo che Anneke aveva l’Arbok Bite, mentre Seir presentava un anello solo.
“Oddio che avete fatto!” esclamò Seoyun schiaffandosi le mani sulla faccia senza delicatezza. Anneke si mise a ridere, mentre la Guardiana degli Oceani faceva l’occhiolino a quella dei Venti Roventi.
“E ringrazia che non abbiamo il tempo di fare un tatuaggio!” esclamò. “Riesco a sentire la disapprovazione di Kyogre fino a qui, comunque” aggiunse sempre sghignazzando.
‘Tipico delle Aure Nere. Presentano un carattere più ribelle e difficile rispetto alle altre’ rifletté l’albina sorridendo alla scena.
“Aish, che devo fare con te? Ottokkae!” strepitò la ragazza on i capelli color fuoco.
“È per questo che mi hai posata” ammiccò quell’altra con un occhiolino. Anneke e Shirley dovettero frenare Yun prima che le tirasse un calcio.
Kurai lanciò gli occhi al cielo. “Avete finito di far commedia?” borbottò. Seir per tutta risposta lo spinse facendolo finire addosso a Shiho.
In tutto quel casino Sharda era piegato in due dal ridere, appoggiato a Marisio che era riuscito quantomeno a mantenere una posizione eretta.
Ci vollero un paio di minuti affinché tutti si calmassero e quando successe restarono a fissarsi tutti negli occhi vicendevolmente.
“Ok. E adesso?” chiese Shiho.
“Perché non andiamo sulla torre? Len ne stava parlando prima!” propose Rein con successivo appoggio da parte di tutti, o comunque scrollate di spalle a testimoniare il fatto che non gliene importava poi troppo, l’importante era muoversi.
Così uscirono dall’enorme tendone del Mercato della città rimescolandosi con il caldo e la gente di Arenipoli.
“Ma davvero le strade sono tutte fatte a pannelli solari?” chiese Shirley guardandosi attorno e, soprattutto, sotto i piedi.
“A dirla tutta, quasi tutta la città è fatta di pannelli solari. Infatti per essere sufficientemente grande, è molto pulita l’aria di qui e anche il mare, come avete visto, non è inquinato. Questo perché qui è praticamente sempre bel tempo e grazie al grande numero di pannelli solari anche quando piove si ha comunque una grande energia residua. La Torre fa da ago della bilancia, diciamo così” rispose Leonardo parlando in fretta.
“Ma che, hai ingoiato un’enciclopedia?” le chiese Yun sollevando un sopracciglio.
“Non proprio... solo mi piaceva essere informato sulla regione in cui vivevo. Solo che adesso sono un po’ un cittadino del mondo, quindi...”
“Quindi tanti auguri” completò Shirley annuendo e mettendosi a ridere.
“Cittadini del mondo, questa sì che è bella!” ridacchiò Anneke.
“Non ridere, tu sei anche cittadina di tutte le epoche temporali, sei messa peggio di tutti noi!” esclamò Seir, convinta. La Guardiana del Tempo, per tutta risposta, le tirò uno scappellotto, scuotendo la testa.
Una volta arrivati presero l’ascensore, per fortuna capiente, ed arrivarono all’ultimo piano, quello panoramico con tutti i vetri. Ayumi riuscì finalmente a dare un’occhiata in giro, dato che quando era  stata in quel luogo la prima volta non ci era riuscita sia per il clima sia per la sua situazione psicofisica. Era una stanza davvero luminosa e si vedeva tutta Arenipoli e anche oltre. Per esempio, aguzzando un po’ la vista era possibile riconoscere l’entrata della Via Vittoria oltre ad una cascata.
“Ayu!”. L’albina si girò verso Len che sostava accanto a uno dei binocoli. “Se guardi con questo puoi vedere la Lega Pokémon... sai, quell’edificio di cui ti parlavo prima”.
Curiosa, la Guardiana di Articuno si avvicinò per guardarci dentro. In questo modo riuscì a scorgere oltre la Via Vittoria, che appariva più nitida, un’altra cascata, molto più alta della precedente. Sopra quell’altura, quasi a sovrastare la regione, stava un enorme edificio pieno di guglie e archi rampati. Sopra alla punta dell’imponente arco ogivale che fungeva da entrata stava una riproduzione in pietra di una PokéBall. La Lega Pokémon era avvolta dalla foschia, aumentandone l’effetto mistico.
“Wow” commentò semplicemente Ayumi scostandosi e lasciando che anche altri sbirciassero.
“Carino, vero? Mi sarebbe piaciuto andarci una volta, ma direi che non rientra nelle mie priorità attuali al momento. Magari un giorno potrò andarci lo stesso, chi lo sa!” sorrise il ragazzo. L’albina rimase colpita dalla serenità e dall’ottimismo di Leonardo. Probabilmente la caratteristica comune più evidente tra lui e Seoyun era proprio il luminoso sorriso che entrambi avevano.
Sorrise di rimando anche lei, prima di venire distratta dalla porta scorrevole di una stanza lì accanto, dove non si poteva accedere se non autorizzati.
Ayumi si mosse di riflesso, andando a buttarsi tra le braccia di Corrado, il quale era stupefatto di trovarla lì, soprattutto dopo le parole tristi che si erano rivolti una volta separati.
“Ehi... ma tu guarda chi si rivede!” esclamò felice ricambiando l’abbraccio. “Tappo” aggiunse poi, dato che la ragazza gli arrivava effettivamente alle spalle. Lei per tutta risposta gli fece la linguaccia.
“Sei tu troppo alto” rimbeccò.
“Scusateci tanto, noi qui dietro ci siamo persi qualcosa” intervenne Seir alle loro spalle, sventolando in alto il braccio come se fosse a scuola.
Corrado rise. “Sono i tuoi compagni?” chiese all’albina.
“Sì, esatto. Lei è Seir, quella con i capelli rossi è Seoyun, quello vicino al binocolo è Leonardo o Len, l’altro biondo del gruppo è Rein, la ragazza vicino a Rein con i capelli biondo platino è Shiho e la corvina è Anneke. Poi... il ragazzo castano alto è Sharda e vicino a lui c’è Kurai, quello con i capelli neri. L’altra mora del gruppo è Shirley” riassumette Ayumi indicando al fratello uno alla volta per fargli capire meglio chi era chi.
“Credo di essermi perso al terzo nome, perdonatemi” borbottò quell’altro passandosi una mano tra i capelli biondo scuro. “Comunque io sono Corrado, il capopalestra della città e il fratello di Ayumi”. Un silenzio attonito seguì quelle parole. Poi, Shirley, Seir e Seoyun esplosero assieme.
“CHE COOOOSA?!” urlarono, assordando tutti i presenti.
“Posso giurare di aver visto il vetro tremare” borbottò Kurai, venendo puntualmente ignorato.
“TU HAI UN FRATELLO? MA DA QUANDO? MA COME? MA PERCHÉ?”. Ayumi le fissò sbattendo innocentemente le palpebre per poi mettersi a ridere.
“Che domande sono?” riuscì a chiedere tra le risa. Seoyun intanto si era piazzata davanti a Corrado e lo stava studiando con attenzione.
“Mmm... non vi assomigliate molto, in realtà” sbuffò poi, a disagio.
“Questo perché con l’Unione le caratteristiche fisiche nostra vengono variate. All’inizio il cambiamento si limita agli occhi e ai capelli, ma in seguito anche altezza e tratti del viso possono cambiare. Sia io che mia mamma non avevamo gli occhi a mandorla all’inizio” spiegò l’albina.
“Ah. Ma davvero” commentò Len chinando la testa da una parte. Tornata al suo fianco, Yun scosse la testa.
“Va beh, io gli occhi a mandorla ce li ho già, chissenefrega!” cinguettò allegra. Sharda si mise teatralmente una mano sulla faccia, mentre Marisio, Shiho, Seir e Corrado ridevano.
“Ok, ragazzi, io adesso devo andare, il dovere mi chiama” intervenne quest’ultimo, arruffando i capelli alla sorella. “Stammi bene, spero che ci rivedremo presto” e se ne andò, senza aggiungere altro.
“Poveretto, era un po’ triste di andarsene” disse Shirley dopo un attimo, prima di sorridere nuovamente. “Andiamo branco di caproni, non siamo qui per deprimerci!”


La giornata era passata relativamente in fretta, tra gelati, scherzi, schiamazzi e attività di vario genere. La sera stava calando su Arenipoli e i Guardiani erano tornati sulla spiaggia per ammirare il tramonto che tutto colorava di una meravigliosa luce arancione, sempre più rossastra mano a mano che si avvicinava al mare.
“Bene ragazzi. Dovremo rifarlo ogni tanto” dichiarò Seoyun stiracchiandosi pigramente.
“Dobbiamo già tornare?” sbuffò Shiho.
“E che vuoi fare, dormire sotto le stelle?”. Nell’esatto momento in cui Sharda finì di pronunciare quelle parole capì di aver prolungato il loro tempo di lontananza dalle dimensioni dei Leggendari. “Io veramente ero ironico” rise quando vide parecchi occhi brillare a quella prospettiva.
“Oh andiamo, sarà una figata!” esclamò Seir battendo le mani una volta per enfatizzare il concetto.
“Potrebbe essere pericoloso” obbiettò pacata Anneke.
“Beh, c’è un posto qui vicino, chiamata Fonte Saluto. Non è un posto molto praticato, diciamo così” intervenne Len, girandosi poi per fare un impercettibile sorriso ad Ayumi. L’albina sorrise impercettibilmente, così come Sharda e Yun, complici.
“E allora andiamo!” concluse Rein con un sorriso. Len e Yun, a braccetto e saltellanti, si posero in testa al gruppo per fare strada, mentre tutti gli altri si misero in file dietro, ubbidienti e diligenti come degli scolaretti. Per i primi tre secondi, prima che Seir e Kurai iniziassero a battibeccare come loro solito ed attirare di conseguenza l’attenzione di metà città, tanto che Shirley abbandonò la sua posizione affianco all’albina per intervenire.
Posto che venne occupato da Marisio, il quale non disse niente, rivolgendo solo un sorriso ad Ayumi prima di prenderla per mano ed intrecciare le loro dita.
“Siete due patate” disse Seoyun comparendo dietro di loro e facendoli sussultare.
“Ma non eri a capofila tu?” le chiese Ayumi, spintonandola giocosamente. L’altra scrollò le spalle, ridendo.
“Lo ero. Ma chissà come, ora sono qui!” e scappò di nuovo in avanti, ridendo.
“Secondo me tra cinque minuti ce la ritroviamo che spunta da un tombino” borbottò il Guardiano dell’Aura.
“Non me ne stupirei più di tanto” rispose l’altra sempre sorridendo.
In un modo o nell’altro riuscirono a raggiungere il prato della Fonte Saluto.
“Siete sicuri che non verrà nessuno?” chiese Shirley.
“La Fonte Saluto è uno dei Luoghi sacri ai Leggendari, pertanto è segreto ai più. Non è indicato sulle normali cartine di Sinnoh, solo le più antiche. Qui è custodito uno dei pochi portali sempre aperti del Mondo Distorto... forse addirittura l’ultimo. Nella Grotta il confine tra normalità e distorsione è labile ed è dunque complicato accedere al cuore di essa. Il Mondo Distorto è un concentrato di caos tale che persino un piccolo portale che collega il mondo a quella dimensione provoca disagi. Se mai osserverete il Vetta Lancia potrete notare che le colonne, o ciò che ne resta, sono rivolte verso un simbolo dove solitamente vengono aperti i portali” Ayumi si bloccò per un attimo, incerta. “Capite, immagino, cosa succederà presto se non si interverrà. Il Paradiso Parallelo e il Mondo Distorto sono le uniche due dimensioni collegate direttamente con il nostro modo. Una volta sigillate anch’esse, gli esseri Umani saranno soli e i Leggendari verranno dimenticati fino a che il mondo stesso non sarà pronto nuovamente per accoglierli come loro credono”.
“Una specie di Apocalisse, insomma” riassumette Anneke incrociando le braccia.
“Più o meno. Meno distruttiva forse, chi lo sa”. Seoyun, Rein e Shiho accendevano il fuoco mentre riflettevano su ciò che l’albina stava dicendo loro.
“Se le cose stanno così il nostro ruolo in tutta la faccenda qual è?” chiese Kurai accigliato.
“I Leggendari sono attaccati a questo Mondo. Le loro ‘abitazioni’ non sono le Dimensioni, nate per equilibrare la terra dapprima e per nascondere i Leggendari successivamente. Ma questo è il posto al quale appartengono, come tutti gli altri Pokémon e gli esseri Umani. Scappare per un lungo periodo, abbandonare la loro casa a se stessa lascerebbe loro un vuoto. Noi siamo l’ultimatum o meglio, dovremmo esserlo”.
“In che senso?” chiese Shiho.
“Noi dovremmo dimostrare agli abitanti di questo pianeta cosa stanno perdendo, dovremmo parlare con gli Umani affinché questa lontananza si assottigli e che coloro animati da volontà corrotte vengano eliminate o corrette. Ma l’insicurezza li blocca”.
“E noi ci ritroviamo ad essere degli agenti segreti” concluse Shirley sbuffando.
“Quindi, se ho capito bene, noi abbiamo questa vita a disposizione per risolvere il tutto nel modo più complicato possibile o i Leggendari si chiuderanno definitivamente nel loro guscio e arrivederci?” esclamò Seir.
“Esatto” confermò Anneke.
“È una cosa idiota” sbottarono assieme Shirley, Seir, Kurai e Rein.
“Alquanto” appoggiarono Shiho e Anneke.
Ci fu uno scambio di sguardi sbalorditi tra il Gruppo di Guardiani. “Beh” esordì Anneke, scoppiando a ridere, “Iniziamo a diventare affiatati”.
Restarono sdraiati così, in cerchio a ridere e parlare tra di loro fino a che non si addormentarono sotto un cielo limpido e privo di nubi, quasi illuminato a giorno dalla luna. E quando il vero giorno diede segno di volersi mostrare davvero si destarono tutti e andarono in riva al mare del percorso che collegava Arenipoli al piccolo resort su Riva Valore. Erano tutti sugli scogli, chi in piedi chi seduto, in attesa dell’alba immersi in un piacevole silenzio che avvolgeva tutto, mentre una brezza leggera scompigliava al gruppo di ragazzo vestiti e capelli.
Ma quando il primo vero e proprio raggio di sole fece capolino dall’orizzonte, la quiete s’interruppe.
I Guardiani avvertirono il cielo e la terra invertirsi di posto, lasciandoli indietro rispetto alla gravità, il vento non aveva più una direzione stabile e apparente, il mondo girava. In diversi caddero a terra, tutti persero l’equilibrio in modo più o meno evidente, ruzzolando giù dagli scogli o aggrappandosi ad essi dopo essersi accucciati.
Il capogiro durò un paio di minuti, poi scomparve, lasciandoli spossati, ansanti e pallidi, i corpi che tremavano e uno strano vuoto all’altezza dello stomaco.
Come se mancasse... qualcosa.
“Che diamine... è successo?” boccheggiò Seoyun facendo leva sui gomiti.
“Ragazzi... ragazzi! Che è successo, state bene?” esclamò Marisio, la voce piena di preoccupazione. Lui stava bene, il su pallore era dato dallo spavento preso nell’aver visto i suoi compagni avere di colpo un mancamento comune ed apparentemente inspiegabile.
“Tu... non hai sentito nulla?” gli chiese Ayumi, aggrappandosi al suo braccio offertogli per issarsi in piedi, ancora un po’ traballante. L’altro annuì titubante.
“Ragazzi! Anneke... non si sveglia!” urlò Shiho, prossima alle lacrime. La Guardiana del Tempo giaceva rovesciata su un fianco sulla sabbia, gli occhi chiusi.
“Che cavolo sta succedendo?” ringhiò Seir, mascherando la sua preoccupazione con la rabbia.
“È successo qualcosa... qualcosa di terribile...” sussurrò Ayumi, gli occhi spalancati. “Articuno... non la sento più...”
“Anche Cobalion...” rispose Sharda. Nessuno di loro percepiva più la propria controparte Leggendaria.
Anneke rivenne in quell’istante, inspirando profondamente e producendo un rumore inquietante. Sia aggrappò alla magia di Ayumi e si issò in alto, tirando anche giù la ragazza. Con gli occhi sbarrati, quasi folli e la voce arrochita confermò le paure di tutti.
“Il Paradiso Parallelo è stato attaccato”.



“Mi dispiace... perdonatemi... e... ad..d..io...”


Angolino nascosto nel nulla:
ehm... SBAM.
Sì, sono resuscitata. Voi non potete comprendere la fatica fatta per questo capitolo. Perché ho poco tempo anche in vacanza, figuriamoci nei giorni normali. Perché per lo più è un capitolo spensierato e io faccio fatica a scrivere questo genere di cose. Perché sono una persona che si distrae facilmente.
Ma spero che il finale vi abbia soddisfatto. O meglio: che vi lascia l’ansia, perché quella è l’idea. Vediamo se qualcuno indovina chi è a parlare nella frase finale.
Non uccidetemi, è dura per tutti. Ci metterò un po’ a tornare, perché ora voglio dedicarmi a una One Shot.
Scusatemi. Davvero, non lo faccio apposta. Fosse per me, starei appiccicata qui a scrivere.
Tralasciamo gli errori, vi prego.  Quest’ora non se ne parla di rileggere 0:)
Buona Pasqua/Pasquetta a tutti!


Aura_

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 - L'Estremo Avvertimento ***


Capitolo 37 – L’Estremo Avvertimento

 

Grigio.
Questo fu ciò che i Guardiani videro non appena arrivarono nel Paradiso Parallelo. Grigio completo, delle più diverse tonalità, ma pur sempre un non-colore neutro rimaneva. Emanava un'aura fredda, rigida, spettrale.
I fiori che infestavano tutta la dimensione erano appassiti, tutti: avevano perso il loro colore e la loro energia, e si sbriciolavano al minimo tocco. La situazione ricordava vagamente quando Ayumi aveva perso il controllo e il ghiaccio oscuro aveva ucciso una parte della dimensione, ma non c'era nulla di congelato o di malvagio. Non c'era proprio nulla. Solo... un morto vuoto.
Persino il cielo era di un pallore grigiastro, messo al posto del brillante ed innaturale celeste che avrebbe dovuto regnare sovrano e che inondava di luce tutt’intorno; effettivamente luce ce ne era ancora, ma era più simile a quella crepuscolare che a quella giornaliera. Un crepuscolo innaturalmente lungo ed inquietante.
“Che diamine...” sussurrò Seir, la prima a rompere il silenzio, mentre si guardava attorno, il corpo rigido e pronto a scattare ad ogni minimo segnale di anormalità. Mosse qualche lento e studiato passo in avanti, sempre con quell’aria circospetta, ma nulla reagì al suo avanzare.
“Sembra tutto...” iniziò Rein, ma la voce era roca e gli si spezzò. “...vuoto” concluse, dopo essersi schiarito la voce. In diversi concordarono con lui.
Shirley chiuse gli occhi e parve concentrarsi per qualche istante, mentre aveva lo sguardo carico d’ansia di tutti i Guardiani su di lei. “Niente. Sembra tutto mort...” si interruppe di colpo, aprendo gli occhi e fissando Ayumi. “Non può essere... non è vero?” sussurrò mentre veniva percorsa da un tremito.
L’albina non rispose, ma iniziò a camminare, spaesata, in avanti, verso la piattaforma di luce, attraversando l’aria ferma e silenziosa.
La dimensione, tuttavia, non era vuota, nonostante le apparenze suggerissero quell’ipotesi. Sotto la piattaforma, quella che doveva essere il cuore vivo e pulsante del Paradiso Parallelo, ormai ridotta a dei frammenti semitrasparenti di quella che sembrava pietra grigia, stavano i corpi immobili dei Leggendari. Completamente immobili.
"Sì Shirley. È possibile" sussurrò Ayumi voltandosi verso i Guardiani. "Sono morti". Un silenzio glaciale seguì le sue parole.
"Non può essere" proruppe Kurai in un ringhio. "Se una creatura come un Pokémon Leggendario morisse, il mondo crollerebbe. Calamità, distruzione, morte. E anche noi, dovremmo essere diventati i nostri Leggendari e invece..." si bloccò di corpo, sgranando gli occhi come se avesse afferrato un concetto. "Non è una morte comune... non è vero?"
Ancora una volta, l'albina non rispose, limitandosi a fissare gli altri ragazzi, che iniziarono a discutere, provando disperatamente a non farsi prendere dal panico ed ottenendo discreti risultati.
"In qualche modo sono come riusciti ad affievolire il potere dei Leggendari, che è infine scomparso" rifletté Seoyun.
"Come se gli avessero risucchiato l'anima: caduti come burattini ai quali hanno tagliato i fili" borbottò Seir annuendo.
"Come si fa a recuperare un'anima?" chiese innocentemente Rein. Al suo fianco, Shiho scosse la testa mentre alzava le spalle.
"È il Cuore". Tutti si zittirono di colpo e si voltarono verso Anneke, che tuttavia aveva gli occhi rivolti alla schiena della Guardiana di Articuno. "Diglielo" ordinò poi, a fatica. Ayumi annuì e aprì la bocca, ma non riuscì ad iniziare alcuna frase.
"Ragazzi!". La voce maschile e profonda che aveva parlato era conosciuta, il volto invece no. A parlare era stato un ragazzo, apparentemente sui vent'anni, alto e slanciato, dal fisico asciutto, i capelli ricci di un biondo dorato e gli occhi rossi. Aveva addosso una veste tanto decorata da sembrare quasi ridicola, soprattutto considerando che ad indossarla era un uomo, ma sembrava o era tagliata su misura per lui e nell'insieme dava un effetto solenne e prezioso, in qualche modo. I Guardiani stettero fermi a fissare quell'apparizione confusi, fino a che Rein, la bocca spalancata dallo stupore, non fece un passo avanti.
"Ho-Oh?" chiese, esitante. L'altro annuì.
"In persona, è il caso di dirlo. Niente domande, per favore, abbiamo poco tempo, seguitemi" borbottò il Leggendario frettolosamente, per poi voltarsi ed iniziare a camminare, seguito dalla combriccola.
"Come mai tu non...?" chiese Sharda, confuso.
"Riflettici, Guardiano di Cobalion" rispose secco Ho-Oh, senza nemmeno voltarsi.
"Voi avete una parte della nostra aura in corpo. Con l'assenza della parte Leggendaria siete... diventati umani..." mormorò leggermente meravigliata Shirley.
"Esatto. Il che è un vero problema, dato che siamo impotenti quanto i nostri compagni addormentati" asserì il giovane.
"Sono morti" obbiettò Kurai asciutto.
"È una situazione reversibile. Temporanea, se ci muoviamo" replicò Ho-Oh. "Ma il nostro maggior problema è quello" concluse, fermandosi di scatto ed indicando con un gesto secco davanti a sé. Poco lontano dal gruppetto di Guardiani stavano altre persone riunite, che altro non erano che i Leggendari in una curiosa forma umana. C'erano tutti i Leggendari che facevano da contraente ai Guardiani più Lugia, Azelf, Jirachi, Zekrom e Cresselia. Il che faceva sbocciare diverse domande, ma tutte queste avrebbero dovuto aspettare.
Ciò che preoccupava il Leggendario dell'Arcobaleno, e tutti gli altri con lui, era un ragazzo dalla pelle pallida e una cascata di capelli viola tenuti in una coda, con dei ciuffi blu sulla frangia e bianchi sulla nuca, sciolti. Era sui diciotto anni, vestito di azzurro e bianco, gli occhi erano chiusi e il bel viso era contratto in una smorfia di dolore; si dimenava nel sonno, sobbalzando appena e talvolta scalciano, mentre una ragazza dai capelli celesti corti sul davanti e lunghi sul retro del capo, i vestiti azzurri e gli occhi rossi gli accarezzava il volto con le lunghe dita sottili.
"Articuno" chiamò piano Ayumi. Gli occhi della ragazza si spostarono sulla Guardiana, seri. "Quello è...?"
"Suicune. Sì" rispose con voce piatta.
"Questo significa che... Pure..." azzardò Len.
"È scomparsa" disse solo quello che sembrava essere Zekrom, un ragazzo di circa venticinque anni dalla pelle molto scura e dai penetranti occhi rossi, con i capelli intrecciati raccolti in una folta coda dietro alla testa.
"Cos'è successo?" chiese Anneke, boccheggiando. La ragazza sembrava l'unica a soffrire ancora, poiché gli altri Guardiani non davano segni di mancanza di un equilibrio psicofisico da quel fantomatico capogiro sulla spiaggia di Arenipoli.
"Non lo sappiamo. All'improvviso abbiamo sentito come un capogiro e quando ci siamo ripresi... era tutto come lo vedete adesso, noi compresi. Suicune è caduto in questa sorta di incubo, Pure e suo fratello sono scomparsi, i Leggendari sono morti tranne coloro che hanno un Guardiano... o quantomeno, così pensiamo" iniziò a spiegare una giovane dalla corporatura forte, i corti capelli blu e gli occhi rossi, che i Guardiani identificarono come Kyogre.
“Non vi seguo” borbottò Shiho.
“Diversi Leggendari qui hanno un Guardiano. Eppure solo chi è entrato in contatto con esso è sveglio. Non ce lo spieghiamo” rispose Darkrai, riconoscibile grazie alla sua incredibile somiglianza con Kurai, se non fosse che aveva i capelli completamente bianchi.
“Probabilmente l'anima dell'Umano è sopita e non viene intaccata, quindi è come se non ci fosse. L'aura di un Leggendario è molto più forte, e persino noi Guardiani facciamo affidamento su di essa. Probabilmente è per questo che anche senza incontrare il proprio Leggendario, nel Guardiano si mostrano dei segno che riconducono alla propria controparte, al contrario vostro" rifletté Ayumi a voce alta.
"È plausibile" annuì un ragazzo dai tratti davvero simili a quelli di Ho-Oh, ma dai capelli argentati che poi sfumavano al blu lisci e dai vestiti più sobri ed argentati anch'essi. Tutto, dal particolare della lunga matita blu attorno e sopra alla palpebra al colore vermiglio dell'iride, lo identificava come Lugia. "E prima che me lo chiediate: sono venuto qui unicamente per capire che diamine stesse succedendo" affermò, vedendo la perplessità lampeggiare negli occhi dell'albina e della Guardiana di Kyogre, le quali, infatti, avevano udito lo stesso Lugia affermare la sua scarsa intenzione di tornare nel Paradiso Parallelo.
Tuttavia, quella domanda scatenò un'ondata di incredulità che avrebbe dovuto invece risolvere, sia da parte dei Guardiani che da quella dei Leggendari. "E come sarebbe a dire? La fonte del vostro potere è scomparsa con quella... cosa che abbiamo sentito!" esclamò Seir, scuotendo la testa. Lugia la fissò confuso mentre Articuno annuì.
"Ha ragione, non ha senso. Grazie all'anima Umana dentro di noi siamo vivi, ma non abbiamo armi a nostra disposizione: addirittura non riusiamo a percepirci gli uni con gli altri. Senza contare che la maggior parte dei Leggendari qui dentro non riesce a contare sull'anima del proprio Guardiano. Come avresti fatto a... teletrasportarti persino basandosi solo... sull'anima...?". La Leggendaria lanciò un'occhiata esitante ad Ayumi.
In quel momento, l'albina percepì l'animo dell'altra. Come quando avevano l'anima del Pokémon e condividevano tramite essa emozioni, pensieri ed immagini quasi inconsapevolmente. Solo che... non c'era risposta da parte di Articuno, in quel caso. In un paio di secondi la sua mente elaborò una teoria.
"È questo il punto... l'anima di mia madre" sussurrò, fissando Lugia. "Quando è morta la sua anima si è unita alla tua e tu hai iniziato a sfruttarle come se fossero una cosa sola. Questo ti ha reso, in qualche modo, consapevole del potenziale di un'Aura Bianca e dunque adesso riesci a sfruttarlo... nessun'altro di noi ha questa peculiarità: Zekrom, Jirachi e Celebi, oltre al fatto che si trovavano già in questa dimensione, hanno perso il loro Guardiano da troppo poco tempo oppure il guardiano in questione era un'Aura Grigia... Cresselia, invece ha abolito da sé l'anima di Roxane, creando quel... ricordo. Tutti gli altri, invece, pur avendo un'Aura potente non sono stati addestrati a riconoscerla ed ammaestrarla..." continuò parlando velocemente, mantenendo tono di voce e sguardo basso.
"Abbiamo sottovalutato l'aura degli Umani e ora ne paghiamo le conseguenze..." rifletté Reshiram, una signorina dai folti capelli bianchi raccolti in minuscole treccioline, pallida e dagli acuti occhi azzurri, appariva minuscola in mezzo ai suoi abiti larghi. “Qualunque cosa sia successa, non possiamo aiutarvi”.
“Esattamente. Io so gestire in parte l’aura di Mary, ma non so fino a che livello” annuì Lugia, pensieroso. “Quanti tra di voi non sono Aure Grigie?” chiese poi. Ayumi, Shirley, Seir, Marisio e Kurai alzarono la mano o fecero un cenno. “Siete pochissimi e non sapete praticamente usare la vostra Aura... fatta eccezione per Marisio”. Tutti si guardarono l’un l’altro.
“Siamo nella merda, non è vero?” borbotto Kurai dando voce ai pensieri di tutti.
“Fino al collo” asserì Seir, incrociando le braccia al petto.
“Senza contare il fatto che non sappiamo manco che diamine è successo” riprese Shiho. “Dato che i nostri stessi leggendari hanno subito il nostro stesso capogiro, che a quanto pare era dato dall’Aura Leggendaria che faceva le valigie e tanti saluti”.
“Ayumi” chiamò Anneke con un filo di voce.
“Giusto! Ayu, tu prima dovevi dirci qualcosa... su un certo Cuore, se non sbaglio” prese la parola Len. Seguì un silenzio, d’attesa da parte dei Guardiani e sbigottito da parte dei Leggendari.
“Pensate davvero che sia il Cuore?” chiese Moltres, spalancando gli occhi grigio-indaco sorpresa. Assomigliava moltissimo a Seoyun, condividendone i boccoli rossi, portati rasati da una parte, le fattezze orientali e l’apparente età. Aveva addosso un vestito gialle a maniche lunghe e che lasciava le spalle scoperte, lunghe frange aranciate e vermiglia attaccate a queste ultime, la gonna corta a metà coscia sul davanti e lunga a mo’ di strascico dietro e due stivali marroni lunghi fino al ginocchio.
“Così dice Anneke” rispose l’albina.
“E lei è la Guardiana del Tempo” puntualizzò Sharda.
“Già” borbottò Cobalion in risposta, passandosi una mano tra i capelli neri per poi lasciar cadere le braccia lungo il corpo fasciato da un completo azzurro, completo di cravatta chiara e scarpe più scure. Gli occhi gialli indugiarono sui dintorni. “Avete controllato?” volle sapere infine. Ayumi e Anneke scossero la testa, mentre il resto dei Guardiani si guardava l’un l’altro nel disperato tentativo di capire qualcosa.
“Andiamo” disse solo Lugia, voltandosi verso quella che doveva essere l’enorme piattaforma luminosa, ormai in frammenti. Avanzando lentamente tra essi si avvicinarono a qualcosa che prima il gruppo di Guardiani, nell’agitazione generale, non aveva notato.
I corpi dei Primordiali erano immobili, come tutti gli altri.
“Persino Angeallen...” sussurrò Seoyun accarezzando una delle grandi ali del Leggendario. Len le batté una mano sulla spalla.
“Sarà collegato anche lui a questo... Cuore. È logico che sia così” sussurrò amaro. La ragazza si limitò a stringergli la mano, in cerca di conforto.
“Ragazzi... Arceus. Ha... qualcosa di strano”. La voce di Rein li fece girare tutti in direzione del Pokémon primevo.
“Gli manca... il coso” balbettò Shiho, gesticolando.
“È vero... quella specie di hulahoop dorato...” asserì Marisio, fino  quel momento silenzioso.
“Allora è vero. È il cuore sul serio” borbottò Ho-Oh. Quando tutti si voltarono a guardarlo, il Leggendario sospirò. “Avremmo preferito che non fosse necessario raccontarvi di questo... è uno dei segreti più arcani e nascosti, e tale avrebbe dovuto rimanere... ma a questo punto non abbiamo scelta”. Così dicendo fece un cenno all’albina, che poté finalmente spiegarsi.
“Voi tutti sapete che Arceus conserva dentro di sé delle lastre, le cosiddette Placche della Vita, così chiamate perché contengono dentro di loro l’energia dell’universo, dividendola e stabilizzandola. I fiori del Paradiso Parallelo sono chiamati appunto, i Fiori delle Placche, perché sono una manifestazione di questo potere immenso. Ad ogni Placca corrisponde un Potere, tuttavia, vi è un Potere al quale nessuna lastra è assegnato”.
“Il Normale” esclamò Sharda, concentrato sul discorso. Ayumi annuì.
“Esattamente. Il Normale è il Potere base, l’equilibrio, il tutto”.
“Ed è anche il tipo con cui identificano Arceus normalmente” intervenne Len.
“Già, e non per caso” rispose la Guardiana di Articuno. “Questo comunque, è scorretto. La Placca della Vita del Potere Normale esiste, ed è il cosiddetto Cuore di Arceus. È la lastra più importante di tutte, e Arceus la conserva sempre dentro di sé ed essa si manifesta su di lui attraverso quel... quell’hulahoop dorato, come lo avete chiamato voi. Il Cuore è la fonte di energia di tutte le Placche della Vita, oltre che dello tesso Arceus. Tutta l’energia parte dal Cuore, attraversa le Placche e viene smistata attraverso i Leggendari, perlopiù, che governano una porzione di mondo e la stabilizzano”.
“Quindi i Leggendari sono in queste condizioni perché strettamente legati alle Placche?” chiese Kurai.
“Esatto. I Leggendari traggono energia direttamente dalla Placche, a differenza di qualunque altro essere. Questo li rende più potenti degli altri Pokémon, in grado di amministrare una forma di manifestazione del mondo e... di uccidere. Un Pokémon normale non ce la farebbe” rispose Ayumi.
“Questo non migliora le cose” borbottò Seoyun, scuotendo la testa.
“E ci mancherebbe” fece eco Seir, ironica. “Come ci muoviamo allora?” proseguì poi, fissando i Leggendari.
“Non ne siamo sicuri” borbottò Lugia dopo un paio di secondi di silenzio.
“Perfetto” ringhiò a bassa voce Kurai, beccandosi un’occhiataccia da parte di Reshiram, alla quale rimase indifferente.
“Evita di fare lo spiritoso. Non sappiamo nulla di quest’attacco e quindi non riusciamo a capire come rispondere ad esso” sbottò la Leggendaria.
“A questo posso rimediare io”. Tutti si zittirono e si voltarono verso Anneke.
“Ne sei sicura?” le chiese Marisio, preoccupato. La ragazza stava a stento in piedi, la scomparsa del Cuore era stata un colpo davvero duro per lei, che umana non era. Era viva solo perché era energia indipendente, ma quella energia stava iniziano a scomparire. Eppure, la corvina annuì.
“Posso farlo. Riavvolgendo il tempo posso mostrarvi ciò che è successo e voi potrete comportarvi di conseguenza” rispose sicura.
“No, non puoi farlo” si oppose Sharda. Anneke si voltò verso di lui sollevano un sopracciglio sottile. “Sei fragile e questo sforzo ti ucciderebbe e noi non possiamo permetterci perdit-“
“Datti una calmata, cavaliere” lo bloccò la ragazza con un tono di voce tagliente. “So quello che faccio. E anche se lo sforzo dovesse consumarmi, sarà più utile morire aiutandovi per una questione della massima importanza, che sparire gradualmente crogiolandomi nella mia inutilità. Smettila di fare scenate e pensa, Sharda!” lo riprese duramente. Quando il ragazzo distolse lo sguardo dal suo, Anneke tornò a parlare in generale. “Ho bisogno che prestiate attenzione a qualunque cosa vi si possa mostrare davanti agli occhi. Non ci possiamo permettere troppi sentimentalismi, quindi mantenete la concentrazione per qualche momento. Non sarò in grado di darvi una seconda possibilità, purtroppo. Tutto chiaro?” ad uno ad uno, i presenti annuirono e Anneke sospirò. “Bene allora. Occhi aperti e... riportate il Cuore indietro”.
Nessuno commentò quella specie di preghiera, non ne ebbero il tempo. Attorno al corpo della corvina iniziò ad espandersi una macchia blu scuro che pulsava, aumentando le sue dimensioni ed estendendosi a macchia d’olio sopra le loro teste fino a formare una cupola, sorretta dalle occhiate attonite del gruppo.
All’interno della cupola temporale blu regnava una scura penombra resa tale dal colore non totalmente scuro e da una nebbia che aveva preso a circondarli. E fu questo fumo ad illuminarsi, accecando gli occhi non più abituati all’antica luce del Paradiso Parallelo.
Dopo qualche istante riuscirono a mettere a fuoco la dimensione come tutti la ricordavano. Tuttavia, l’istante che stavano analizzando non era collocato ai piedi della piattaforma, come chiunque si sarebbe aspettato. No, era come se con la visione si fossero temporaneamente teletrasportati, oltre che all’indietro nel tempo, anche in un punto diverso dello spazio. Ma era un’illusione, e tutti rimasero inchiodati ai loro posti.
Il luogo mostrato a loro era ben noto ad Ayumi e completamente sconosciuto ad altri. Era quella fonte dove tanto volentieri l’albina si ritirava quando sentiva la necessità di rimanere da sola o in compagnia della sua Leggendaria, ad allenarsi o semplicemente a riflettere. Ma davanti ai loro occhi c’era Pure, seduta sul prato con i piedi nell’acqua, mentre con dita agili si acconciava in treccioline le rade ciocche viola che facevano capolino nella capigliatura verde acqua, spuntatele per le numerose Unioni effettuate.
Suicune non c’era. Doveva essersi allontanato per stare con gli altri Leggendari, esattamente dove lo avevano trovato i Guardiani. Con la ragazza c’era solo il fratello, Natural, che in disparte la osservava tristemente.
La scena proseguì senza troppo colpi di scena per un paio di minuti. Poi, in equilibrio sull’acqua spuntò qualcosa. Dapprima nessuno la notò, né i personaggi della visione, né il gruppo di Guardiani e Leggendari. Era una specie di fiammella nera che fluttuava sopra il pelo dell’acqua ed aumentava di dimensioni ad ogni secondo.
“Che diamine...?” sussurrò ad un certo punto N alzandosi in piedi e affiancandosi alla sorella, osservando quell’entità che diveniva sempre più inquietante. Quella si avvicinò alla riva dove stavano i due fratelli e si fermò a circa due metri da essa, baluginando un poco, esitante.
Poi da essa esplosero due filamenti che, come catene, avvolsero i due ragazzi, immobilizzandoli e tappando loro le bocche. Dal nucleo principale fuoriuscì una voce profonda, roca, tenebrosa.
Una voce conosciuta a diversi dei presenti.
“Figli miei...” disse inizialmente. Non c’era dolcezza nella sua voce, non tenerezza o amore. Era quasi uno scherzo, una presa in giro. La voce cupa era velata d’ironia. “Perché siate scappati da me? Non volete più bene a vostro padre?” continuò.
Natural, improvvisamente pallido, provò a dimenarsi e a dire qualcosa, ma ne uscirono solo suoni sconnessi e soffocati. I lacci d’ombra attorno a lui si strinsero, impedendogli di respirare correttamente, facendogli perdere i sensi in poco tempo.
“Tu non mi servi” sbottò la voce, questa volta carica di disprezzo. “Potevi essere grande. Potevamo arrivare in alto, grazie alla tua capacità di comunicare con i Pokémon... ma no... tu dovevi fare il sentimentalista. E guarda dove ti ha portato schierarti dalla loro parte, con questi... ‘Leggendari’” sputò fuori, prende dosi gioco di coloro i quali nominava. “Ma tu, mia cara...” si rivolse a Pure, nuovamente con quel tono mellifluo, falso, mentre la ragazza lo fissava con occhi sgranati ma vitrei allo stesso tempo. Era confusa, ma non percepiva il pericolo, pur così palpabile. “Tu sarai il mio asso nella manica...”
Così dicendo, quella sorta di fiamma nera scomparve, portando con sé anche il ragazzo e liberando invece la Guardiana. Restò solo una piccola parte di quella tetra presenza, che assomigliava alla grottesca imitazione di una farfalla che, con le sue tremule alucce, volò fino a posarsi sul petto della ragazza, rimasta immobile come paralizzata.
“Portamelo Pure... portalo da me sulla Cima della Linea che spezza...” sussurrò ancora quella stessa voce roca. Poi, l’ombra entrò nel petto di Pure, che strabuzzò gli occhi sorpresa. Quel suo sguardo perse la poca lucentezza che le era rimasta e le iridi si fusero con le pupille divenendo un pozzo nero e vuoto unico.
La visione scomparve e Anneke si afflosciò a terra, tossendo e respirando a fatica. “Andate” riuscì a rantolare, prima di chiudere gli occhi.
Invece, tutti si presero un istante per guardarsi a vicenda, atterriti e disorientati. “È... è stata Pure...” sussurrò infine Seoyun, spiazzata.
“Non ci posso credere” le fece eco Len, passandosi una mano tra i capelli.
“La Cima della Linea che spezza...” stava borbottando invece Sharda. “Che cos’è?” chiese.
“Non ne ho mai sentito parlare” sbuffò Shirley. Anche Shiho e Rein scrollarono il capo. Kurai era rimasto immobile, ma in silenzio al contempo, in un atteggiamento che negava qualsiasi conoscenza a riguardo.
“La Linea che spezza... è uno dei modi in cui gli antichi chiamavano il Monte Corona” intervenne all’improvviso Marisio, battendosi il pugno sul palmo. “Come ho fatto a non pensarci subito... il Monte attraversa la regione di Sinnoh, ‘spezzandola’ a metà”.
“Di conseguenza, la cima...” continuò Len.
“È il Vetta Lancia” sussurrò Ayumi. “Logico: la Vetta ospita l’ultimo portale aperto per il Paradiso Parallelo; attraverso esso Ghecis ha inviato in una forma superiore di telepatia quel ammasso oscuro che abbiamo visto, ha preso Natural e ha innescato la follia in Pure...”
“Innescato la follia...? Ayumi, ci stai dicendo che lei...?” sussurrò Shirley con gli occhi sbarrati.
“Pure è diventata una Figlia della Follia, un burattino per suo padre. E ha rubato il Cuore per lui”. L’albina alzò gli occhi fino ad allora puntati sul terreno sul gruppo di Guardiani e Leggendari, con un riflesso di rabbia e tristezza in essi.
 

“L’unico modo, adesso, è ucciderla”.
 
 

Angolino nascosto nell’ombra
I’M ALIVEEEEEEEEEE! (cit. Mushu)
Oh sì, la one shot chilometrica (che ha raggiunto le quasi quaranta pagine contro qualunque aspettativa, me in primis) è stata conclusa e io mi ero rimessa immediatamente al lavoro...
...dimenticandomi di controllare gli appunti e scrivendo metà capitolo prima di dire ‘ehi, magari sto facendo un’immensa minchiata’. E ovviamente, immensa minchiata era.
Quindi ho dovuto riorganizzarmi, riscrivere, dare di matto, imprecare mentalmente e guardarmi tutta una serie su Youtube prima di decidermi a finire questo dannato capitolo.
Ho riscoperto me stessa, nel senso che ho scoperto di essere più isterica ed esaurita di quello che pensavo.
Ed ovviamente le brutte notizie non tardano ad arrivare e io sono qui che mando a cagare  mezzo mondo. Cioè, non che di solito non lo faccia, però... Lasciamo stare.
Ma, ehi, sono iniziate le vacanze, quindi riuscirò a tornare a scrivere con una certa frequenza! (ammesso e non concesso che mi passi l’esaurimento, spero vivamente di sì, perché sto facendo fatica a convivere con me stessa).
Spero che nessuno mi abbia dato per morta. Sono solo deceduti un paio di neuroni, niente di che.
...ok, fate finta che questo angolo non sia mai esistito, non ascoltatemi ahahahahaha
DOPPIO PARRY!
 
 

Aura_

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 - Freddo Vuoto ***


Capitolo 38 – Freddo Vuoto

 

_Vetta Lancia_

 
Dal grigio si passò al bianco.
La neve cadeva copiosa coprendo tutto e rendendo difficile osservare i dintorni. I fiocchi cadevano lenti e vorticanti dal cielo e si depositava sulla pelle dei Guardiani facendoli rabbrividire.
Solo coloro i quali avevano un’aura forte avevano attraversato il Portale che Lugia aveva aperto loro per il Vetta Lancia, unico luogo ancora accessibile liberamente. Dunque erano soli in pochi: Ayumi, Kurai, Seir, Shirley e Marisio.
“Dove siamo?” chiese la Guardiana di Latias, urlando in modo da far sentire la sua voce al di sopra del forte suono causato dal vento e dai fiocchi di neve che si schiantavano sui compagni già a terra.
Ayumi si avvicinò al resto del gruppo perché la sua esile voce potesse essere udita. “Siamo poco sotto al Vetta Lancia” rispose.
“Perché non direttamente lì?” domandò Kurai, accigliato.
“Il Vetta Lancia è il luogo sacro, vi è situato il tempio dove gli antichi adoravano i Primordiali. È un posto che collega il nostro mondo alle loro dimensioni, ma non deve essere disturbato da apparizioni improvvise. L’intera scalata del Monte Corona è una prova. Il Monte stesso fa parte del tempio, è il tempio” rispose l’albina.
“Quindi è solo per una stupida questione di galateo?” sbottò Seir, scocciata.
“No, c’è proprio una barriera imposta dal Trio dei Laghi, Mesprit, Azelf e Uxie. Un sigillo che è composto in tre parti; ognuna di esse custodita in una delle tre grotte delle isole sommerse nei laghi. Fidatevi, in qualunque caso non sarebbe possibile. Ghecis deve avere affrontato il Monte e Pure deve essere qui da qualche parte!” replicò la Guardiana di Articuno.
“Andiamo alla Vetta intanto, prendiamolo come punto di partenza!” esclamò Marisio e tutti annuirono, iniziando a camminare nella neve, arrancando.
Sentivano il peso schiacciante dell’impotenza quasi totale che incombeva su di loro: avanzare non era mai sembrato così difficile. Erano così attaccati ai poteri dei loro Leggendari che non riuscivano a immaginare alternativa ad essi. Eppure continuavano ad avanzare, perché era tutto ciò che erano sicuri di poter fare.
Era il loro destino, vivevano per quello.
Raggiungere la grotta fu un sollievo nonostante per qualche istante non riuscirono a distinguere il percorso nella penombra.
“Non possiamo perdere tempo” sussurrò Marisio, e fece scaturire una pallida luce bianca dal suo corpo, debole, ma sufficiente per illuminare la strada. Si misero a correre su per una lunga scalinata, nonostante le loro gambe affaticate dalla scarpinata nella neve protestassero e il iato venisse ogni secondo meno. Corsero verso quel passaggio, quell’uscita che vedevano dinanzi a loro, in alto, sempre più vicina.
Quando la varcarono, Ayumi capì che erano arrivati tardi. La neve cadeva copiosa anche lì, evento raro ma non impossibile, abbondante ma farinosa, non attaccava più di un millimetro, rendendo riconoscibile le rune e i disegni sull’antico lastricato di pietra.
Tutti avanzarono per cercare un segno, qualcosa, qualunque cosa fosse utile per loro, socchiudendo gli occhi per tentare di scrutare attraverso la tormenta nevosa. Tutti tranne Shirley che era rimasta immobile a guardarsi attorno.
“Voi non sentite queste voci?” chiese piano. Ciononostante tutti la sentirono, perché il silenzio che caratterizzava quel posto era sempre lo stesso, immobile e perfetto.
“Shirley, non ci sono voci” disse Seir avvicinandosi all’amica che fissava i dintorni con i suoi grandi occhi azzurri, striati d’oro. Poi, come se avesse ricevuto l’illuminazione, rivolse il suo sguardo a terra.
“Eccoti” mormorò, inginocchiandosi e prendendo tra le mani qualcosa, qualcosa di piccolo, bianco e nero, caduto sopra alla raffigurazione del Flauto Cielo.
“Quello è... il pendente di Natalie...” mormorò Ayumi, riconoscendo la collana della Guardiana di Zekrom che lei stessa aveva donato alla figlia in punto di morte. Ti aiuterà, aveva detto. Chissà che non lo facesse sul serio.
No. Non avrebbe aiutato Pure. Nulla poteva più aiutare la ragazza.
“Ragazzi... questa collana...” sussurrò Shirley. Poi i suoi occhi si illuminarono di una luce candida e una bolla avvolse i cinque ragazzi, esattamente come era successo con la visione di Anneke. Solo che fu diversa.
Erano tutti immobili con gli occhi spalancati, incurante che la neve s’infiltrasse loro nella palpebre, anche perché qualunque sensazione tattile, olfattiva e uditiva loro era cessata. Sembrava essere nel corpo di qualcun altro.
Un buio improvviso prese i loro occhi.
 

Freddo. È tutto buio.
“Sei stata brava Pure”.
Sono stata brava? Davvero? ...ma cosa ho fatto? Non me lo ricordo.
“Chissà quanto ci metteranno quegli sciocchi Guardiani a capire ciò che è successo ed agire di conseguenza”
Già, chissà quanto ci metteranno. Ma chi sono i Guardiani? Amici miei? Sì, certo. Ma allora perché li sta sbeffeggiando? Io...
“Ora è semplice, figlia mia”
Torno da loro? Posso andare... volare?
“Tu resti qui. E tieni il Cuore di Arceus con te”
...ma io voglio volare via... ma sarò brava. Resto qui. La testa mi pesa. È così difficile pensare. Fa sempre più freddo, come se venisse da dentro. Sono stanca.
“Difendilo a costo della vita”.
Non riesco ad oppormi a questo freddo vuoto che mi sta mangiando da dentro. Non fa male però... cosa stavo pensando? È così difficile... pensare...
“Grazie, Pure, figlia mia. Almeno tu non sei stata un totale fallimento. Addio”.
...sono sola. Sola e... fa freddo... ragazzi... aiu..to...
“...”
Mi dispiace... perdonatemi... e... ad..d..io...
 

Così come era iniziata, la visione sparì.
“Che... che diamine era...?” sussurrò tremante Shirley, perdendo la presa sul pendente.
“Era Pure... non è riuscita ad opporsi” sussurrò Ayumi, guardandosi attorno. “Lei era qui... ma adesso...” scosse la testa.
“Dobbiamo trovarla” decretò serio Marisio.
“Come la mettiamo con lei che non si tiene neanche in piedi?” replicò secco Kurai, indicando Shirley. Seir s’infervorò iniziando a strepitare.
“Beh, scusami tanto se ha appena avuto una visione! Non siamo abituati alle nostre personali capacità, io, tu e lei. Non fare tanto il saputello-“
“ADESSO SMETTETELA”. L’ordine di Ayumi risuonò categorico nell’aria e i ragazzi si voltarono a guardarla. “Non abbiamo il tempo per litigare come dei bambini. Dobbiamo recuperare il Cuore, e dobbiamo farlo alla svelta. Senza contare che Natural è qui fuori, da qualche parte, abbandonato a se stesso. Morirà se non lo aiutiamo, poco ma sicuro, sempre che non lo sia già”.
I ragazzi rimasero qualche secondo a guardarsi, poi Kurai sospirò.
“D’accordo. Sei tu quella che sa le cose. Parla. Cosa dobbiamo fare?” chiese in un ringhio irritato, in un tono quasi di sfida.
“Shirley resta qui fino a che te la senti. Qualcuno deve rimanere con lei, non si sa mai cosa può succedere in questo momento... potrebbe esserci una trappola” cominciò a rimuginare ad alta voce l’albina.
“Resto io” disse subito Seir.
“Va bene. Noi iniziamo le ricerche... se iniziate a muovervi prima comunicatecelo... o almeno provateci. Noi intanto andiamo” concluse la Guardiana dei Venti Gelidi.
“Fate attenzione” mormorò in risposta Shirley. Con un brava cenno d’intesa, i tre si allontanarono e rientrarono nella grotta.
“Torniamo dove eravamo prima. Più che là non credo possa essere andata, è un nascondiglio perfetto, con tutta la neve che c’è. Inoltre è un luogo aperto, è perfetto per un eventuale assalto” propose Marisio, serio in volto e a mente lucida.
“Sono d’accordo... anche se dubito che Pure possa aver pensato a tenderci un agguato” rispose Ayumi.
“Perché?” chiese seccamente Kurai, mentre i primi fiocchi di neve arrivavano da loro, trasportati fin lì dalla corrente che si veniva a creare.
“Ormai è in preda alla follia. Non pensa in modo fluente e strategico ma... agisce, semplicemente. Quando ci vedrà, quando la incontreremo, potrebbe rimanere a studiarci, fissarci immobile e saltarci al collo provando ad ammazzarci a mani nude. Potrebbe fare qualunque cosa” rispose Ayumi, mentre l’ultima sillaba che aveva pronunciata si confondeva con il rumore del vento e lei stessa sembrava disperdersi nella neve, per colpa dei capelli candidi e la pelle nivea.
I Guardiani iniziarono ad arrancare nella neve alta come poco prima, scivolando giù per i dislivelli del terreno e inciampano nei gradini scavati nella roccia resi invisibili dal manto candido. Dopo appena dieci minuti erano fradici e tremavano sotto il tocco freddo dei fiocchi e i graffi del vento infuriato.
Ayumi non ricordava il freddo. Non lo aveva mai provato, in realtà. La parte di Articuno in lei glielo aveva sempre impedito, difendendola dai morsi gelidi delle basse temperature e condannandola al tempo stesso alle calure estive, davvero pesanti per lei. Ma il gelo, mai. E la ragazza non si sarebbe mai aspettata una tale furia e un dolore così... diverso da quello tradizionale al quale era stata, volente o nolente, abituata. Era intorpidita e  irrigidita, le cose più lievi non le percepiva, ma i contatti abbastanza vigorosi da poter essere considerati urti si facevano sentire più dolorosi del normale. Improvvisamente si sentì sola, dispersa in quello che una volta era stato il suo potere. Con gli occhi stralunati e spaventati si guardava attorno, nella tormenta, tremando per la paura.
“Kurai!”. Fu la voce di Marisio a riscuoterla dai suoi pensieri che le erano sfuggiti dal controllo. Era indubbiamente più difficile controllare l’Aura Impura senza il supporto della sua controparte Leggendaria. Quanto si era affidata ad Articuno in tutti quegli anni?
“Cos’è successo?” chiese al Guardiano dell’Aura, alzandosi sulle punte per parlargli senza che il vento trascini via inesorabilmente le sillabe da lei pronunciate senza che l'altro le cogliesse.
"Kurai è inciampato ed è ruzzolato giù per questo burrone" le rispose urlando lui, mentre qualche metro più avanti e in basso, una sagoma scusa si innalzava dalla neve, per poi avvicinarsi ai due. Indicò la base ai loro piedi e urlò qualcosa, che però non udirono. La neve era troppo fitta per riuscire a leggere le labbra del ragazzo. Marisio fece un cenno di diniego e Kurai salì piano quelli che dovevano essere gradini coperti dalla neve zoppicando appena.
"C...os...l..e..viv..!" urlò di nuovo il ragazzo, sembrando agitato, poi si voltò e indicò qualcosa dietro di lui. "C.. sc...ang..cad..az..n..sco!" riprese. Sembrava parecchio agitato.
Ayumi si accucciò in fretta nel punto in cui, a giudicare dai segni impressi nella neve, il Guardiano degli incubi era inciampato, ma non vide niente che lo potesse allarmare, era tutto bianco. Con la mano incerta e tremante, iniziò a grattare nella neve fino a che non si accorse di qualcosa di molle e impercettibilmente più caldo a contatto con le sue dita intorpidite. Sembrava un corpo...
Era un braccio, coperto da quella che sembrava una camicia, o una maglia, bianca. Per quello Ayumi non aveva visto subito la persona sotto ai suoi occhi. Iniziò a spostare la neve più in fretta che poté, ignorando momentaneamente i due ragazzi quando riconobbe una ciocca di capelli verdi fuoriuscire dallo spesso manto bianco e congelato. Spaventata, l’albina afferrò quelle che pensava fossero le spalle di Natural e provò a tirarlo fuori dalla neve, ma il corpo apparentemente privo di vita e ancora mezzo sepolto era troppo pesante per le sue esili braccia. I fiocchi di neve che le colpivano gli occhi le impedivano di verificare con più lucidità la situazione. In generale, tutte le circostanze erano per lei distorte per l’assenza di Articuno e drammatiche per gli avvenimenti che scorrevano troppo in fratta. L’ansia le accelerava il respiro e il battito cardiaco, e lei era spaventata anche dalle sue stesse reazioni.
Le braccia forti del Guardiano dell’Aura comparvero con suo campo visivo, allontanandola gentilmente ma decise dal corpo di N per poi afferrarlo e tirarlo fuori dalla neve con qualche strattone vigoroso. “Vai da Kurai!” le disse, me lei non si mosse, in preda al panico. “Ayumi!” la chiamò di nuovo. L’albina fece qualche passo incerto verso il punto nel quale avrebbero dovuto esserci delle scale scavate nella pietra. Nel frattempo, la sua mete aveva tradotto le sillabe frammentate che il Guardiano degli Incubi aveva pronunciato poco prima. C’è qualcuno lì, ed è vivo! aveva gridato.
Immersa nei suoi pensieri, fece un passo falso e scivolò sopra il ghiaccio reso invisibile dalle intemperie, scivolando giù per la scarpata e battendo le ginocchia. Prima di finire con la faccia nella neve fu afferrata al volo da Kurai. “Che cavolo fai?” le ringhiò scocciato e sull’orlo di un’apparente isteria. Tuttavia si ricompose quando osservò meglio la ragazza, tremante e innaturalmente pallida, le labbra viola e gli occhi persi nel vuoto con ancora un briciolo di lucidità che le impediva di scivolare nel’oblio. Una perenne e impegnativa battaglia con se stessa. Sbuffando la aiutò a raddrizzarsi, afferrandola per la pelle scoperta delle braccia. Era gelida, della stessa temperatura della neve. “Guarda là” le disse, scacciando quelle che erano i primi segnali di una preoccupazione. E lui doveva essere lontano da quei sentimenti che da sempre gli avevano portato solo guai.
Gli occhi lilla della Guardiana si posarono sulle chiazze di sangue scuro che macchiavano il bianco della neve e i corpi di un pallore grigio di due giovani donne. Ci sono scie di sangue e i cadaveri di due ragazze che non conosco. Non le conosceva neanche lei. Una bionda e l’altra con i capelli color magenta, non erano ancora ricoperte completamente di neve. Non erano morte da tanto tempo, erano lì per una ragione, ma Ayumi non riusciva a capire quale fosse.
“Quello è...” Kurai si era accorto su chi era effettivamente inciampato e fissava Marisio con il ragazzo dai capelli verdi esanime sulle spalle che li fissava, o comunque voltato verso di loro. Attraverso la tormenta non si riusciva a scorgere la sua espressione, così Kurai si voltò e attraversò lo spazio che lo separava dall’altro ragazzo in qualche falcata e confermando così i suoi sospetti. “Natural...” borbottò al nulla. “È vivo. Almeno così mi è sembrato di sentire... ho percepito come un lampo di vita quando gli sono caduto addosso” disse frettolosamente al Guardiano dell’Aura.
“Sì, è vivo, ma per poco. È ferito ed è rimasto qui al freddo per troppo tempo. Sta morendo, dobbiamo fare qualcosa, e in fretta”. Marisio si fermò e sbatté piano le palpebre, guardando oltre Kurai. “Ayumi dov’è?” chiese, serio. Il moro di fronte a lui si girò di scatto, ricordandosi di non aver controllato se l’albina lo avesse effettivamente seguito. Lo aveva dato per scontato... ma lei non c’era ed era un’ombra ormai praticamente invisibile nella tormenta. Si strava allontanando.
“Cazzo!” imprecò il Guardiano degli Incubi, cambiando peso velocemente da un piede all’altro, esitante, non sapendo se inseguire la Guardiana o soccorrere Natural. “Che facciamo?” chiese all’altro, sempre più nel panico, che mascherava con una rabbia incontrollata, digrignando i denti.
“Dobbiamo salvare N... però...” Marisio sospirò. “Non posso abbandonarla. Non possiamo, glielo avevo promesso... le avevo detto che non era da sola” sussurrò amaramente, fissando il punto nel quale l’albina era sparita definitivamente, inghiottita nella neve.
“E lei ci credeva?” chiese Kurai. Il Guardiano dell’Aura rimase sorpreso dalla domanda.
“No” rispose tetro. Il moro scrollò le spalle.
“E allora va e falle capire il contrario. Ci penseremo io e le altre due che sono rimaste indietro a Natural” ordinò deciso. Quando vide che l’altro aveva aperto la bocca per controbattere, si affrettò a riprendere la parola. “Ayumi crede in te, soprattutto, e tu lo sai. Ho osservato, sai, come si rilassava quando tu eri nelle vicinanze. In un certo senso, le dai sicurezza. Se vuoi farle cambiare idea, muovi il culo e inseguila, prima che scompaia definitivamente nella neve, pallida com’è. Inoltre, nella situazione attuale, sei tu quello più forte. Noi tutti sappiamo usare solo i poteri dei nostri Leggendari, che attualmente non sono accessibili. Tutti a parte te, e probabilmente Ayumi, ma credimi se ti dico che nei suoi occhi non c’è traccia di quella che pensavamo fosse la Guardiana di Articuno” sbottò.
Marisio lo fissò per un istante, prima di appoggiare delicatamente il corpo incosciente dell’altro Guardiano dell’Aura a terra. Ubbidì al ragazzo dalla pelle e capelli scuri, anche solo perché non gli aveva mai sentito pronunciare tante parole in una sola volta e on una tale enfasi. Con un ultimo sguardo d’intesa e, stranamente, d’incoraggiamento, il ragazzo dai capelli bluastri si gettò nella tormenta, spingendosi più a fondo nel gelo alla ricerca della Guardiana di Articuno. Sorpassò i cadaveri delle giovani donne scansandoli con una sorta di rispettoso timore, mentre sentiva l’angoscia che gli attanagliava il petto. Respirando a fondo si impose di rimanere calmo e di non farsi intimorire dalla neve che ormai gli arrivava oltre le ginocchia, quasi a metà coscia. Seguiva i solchi già tracciati da Ayumi, nella speranza che niente fosse ancora accaduto.
Non sapeva cosa Pure avrebbe potuto fare, o se lei era affettivamente sola in quel posto. ‘No, non era sola... quelle ragazze erano con lei’ realizzò con un brivido. Si riscosse quasi subito, quando i suoi occhi videro Ayumi in piedi, in balia del vento che sembrava starla per spezzare da un momento all’altro, per via dell’effetto ottico creato dalla neve che creava così poco contrasto con i capelli e la pelle dell’albina, che sembrava scomporsi e sparire in essa. Con un moto di nuova forza si trascinò fino a lei e le appoggiò una mano su una spalla, accorgendosi di quanto effettivamente tremasse.
La Guardiana si voltò di scatto, fissando il ragazzo con gli occhi sgranati ridotti ormai ad un viola decisamente troppo scuro. Anche tra i suoi capelli iniziavano ad intravedersi delle ciocche più grigie verso la punta. Quando la ragazza riconobbe Marisio si rilassò leggermente, o perlomeno smise di essere allarmata. Si lasciò sfuggire un singhiozzo e si aggrappò alla maglia di quell’altro come se stesse per cadere.
“Fa freddo” riuscì a balbettare in un filo di voce, mentre gli occhi diventavano neri del tutto e il suo corposi raffreddava ulteriormente. Ormai le labbra avevano preso il colore del cielo quando la prima stella compariva.
“Ayumi”. Marisio la prese per le spalle e la scosse leggermente, mantenendo il tono di voce caldo e controllato. “Non tenerlo dentro, finirai per farti del male e credimi se ti dico che è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento. Libera ciò che ti tieni dentro, ora non hai più restrizioni. Sei libera, se la persona Umana che tanto a lungo è stata trascurata. Sei ciò che, nel profondo, hai sempre desiderato essere. Quindi, lasciati andare”. Le parlò con calma, cercando di trasmetterle fiducia, quella fiducia che meritava e che nessuno l aveva mai dato.
“Non ci riesco!” esclamò lei con voce strozzata, in preda alla disperazione. Piccoli fiocchi di neve oscuri iniziavano a formarsi sulla sua pelle. “Finirei per farti del male!”
“Nah, sono indistruttibile”. Lo stesso Guardiano rimase sorpreso da quella sua uscita scherzosa. Insomma, era in mezzo ad una tormenta di dimensioni colossali, con una Guardiana Aura Bianca posseduta dalla follia a piede libero nei dintorni e a stretto contatto con un’altra Guardiana Aura Impura sull’orlo di un crollo... e lui faceva lo spiritoso. ‘Marisio, talvolta sei un completo deficiente’ si ritrovò a pensare il ragazzo. Poi si accorse dell’impercettibile sorriso sul volto di Ayumi.
“Ne sei sicuro? Pensi davvero che io possa farcela?” chiese esitando. Lui sorrise. “Ne sono certo”.
“Esattamente che devo fare?”
“Non ne ho idea. Sei tu quella che sa le cose, non io. Fidati di quello che viene da qui” le disse il ragazzo senza perdere il sorriso mentre picchiettava un indice sullo sterno dell’albina. Lei annuì e chiuse gli occhi. Un attimo dopo, una tremenda onda d’uro nera si scatenò da lei. Era vento, un vento forte, sferzante, che andò a contrastare quello naturale.
Tutto si immobilizzò attorno a loro. Letteralmente. Il vento oscuro creato da Ayumi contrastava con una forza perfettamente eguale quello del Monte Corona, cristallizzando gli istanti e bloccando i fiocchi di neve candidi nell’aria, impigliati e vibranti. Inoltre, non sembrava minimamente toccata dallo sforzo non da poco, al contrario. Nonostante i suoi occhi fossero neri come una notte di luna nuova, l’albina si sentiva rinata.
“Visto? Non tutto il male viene per nuo-“. La frase si spezzò il gola a Marisio quando si accorse della presenza che li stava osservando, in piedi stagliata tra i fiocchi di neve fermi come a sottolineare la tensione del momento, in un punto rialzato rispetto a dove lui e Ayumi si trovavano.
Era Pure.
Anche i suoi occhi erano neri, ma sembravano più dei pozzi riempiti da una nebbia nera che vorticava in spirale sempre più in profondità. Teneva la bocca pallida dischiusa come se anche lei fosse sorpresa, ma la sua espressione era vitrea, assente. Teneva le mani raccolte verso il petto come se stesse pregando.
Ma non stava affatto rivolgendo le sue suppliche a qualcuno. Al contrario, reggeva qualcosa tra le mani, qualcosa che riluceva di luce bianca che le illuminava il bel viso che assomigliava vagamente a quello di un illustrazione di un elfa per bambini, se non avesse perso tutto il suo splendore. Sembrava una sorta di uovo d’avorio, decorato con degli smeraldi. A parodia di un equatore stava lo stesso cerchio dorato che normalmente ornava Arceus.
“Il Cuore” sussurrò Marisio.
“Pure...” aveva invece mormorato Ayumi. Non c’era rabbia nella sua voce, non c’era risentimento. Solo infinita tristezza e senso di colpa.
La ragazza non reagì al richiamo, sembrava essere un statua di ghiaccio vuota, se non fosse stato per il lento movimento del suo petto che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro. Respiro tranquillo, come se tutto ciò che stava succedendo non la toccasse nemmeno.
“Pure” aveva ripetuto l’albina, questa volta con voce più decisa e ferma, gli occhi che da lilla chiaro tornavano rapidamente al nero pece, pur mantenendo la stessa emozione riflessa in essi. Lentamente, staccò un piede da terra e lo affondò nella neve di fronte  lei, compiendo un altro, faticoso passo.
Quando il piede della Guardiana dei Venti Gelidi toccò terra nuovamente, la Figlia della Follia reagì. In uno scatto improvviso spinse una mano verso l’albina, creando così un raggio di energia grigia. Ayumi, senza scomporsi, si immobilizzò, auto-congelandosi con i suoi cristalli di ghiaccio neri; quando il raggio di Pure la colpì, il suo stesso corpo funse da prisma riflettente, smembrando quell’energia in diversi frammenti più piccoli che vennero sbalzati nelle più disparate direzioni.
L’attacco cessò, ma dopo appena un secondo un’ondata di acqua simile ad uno tsunami si abbatté di nuovo su di loro, e di nuovo il tentativo venne eluso dagli scudi oscuri di Ayumi che ad ogni attacco avanzava di un passo, in una lenta passeggiata verso un compito che non voleva svolgere.
Era tornata al punto di partenza, a svolgere un compito per i Leggendari senza averne la benché minima intenzione; ma quella volta era diverso, in certi aspetti. Era un obbligo che si era data lei, era una cosa che doveva assolutamente fare. La posta in gioco era davvero alta, si parlava dell’universo intero conosciuto.
I metri di distanza tra Ayumi e Pure erano sempre meno, gli attacchi sempre più pesanti e i richiami, seppur flebili, dell’albina, non raggiungevano l’altra. Per la potenza da loro esercitata, una nuova tempesta era nata, simile ad un ciclone formati da cristalli di neve neri che vorticavano impazziti ad una velocità folle, divenendo come letali schegge.
Mancavano ormai solo quattro metri.
“Pure.”
Un’onda di forza che provava a spingerla indietro. Ne creò un’altra a contrastarla.
Tre metri.
“PURE!”
Un raggio di energia creato per attraversarla parte a parte all’altezza dello stomaco. Si infranse su un prisma di ghiaccio.
Due metri.
“...Pure...”
Un’onda d’acqua gelida e mortale provò ad avvolgerla. Si ghiacciò e venne spazzata via.
Un metro.
Solo la tempesta di neve nera si muoveva, vorticando usando le due ragazze come fulcro. Loro erano immobili, in attesa; Marisio all’esterno era immobile, impotente; la barriera continuava a muoversi in circolo, a creare una parete che isolava le Guardiane dal resto del mondo, in quello stato di apparente immobilità.
“...ti prego... Pure...” sussurrò ancora Ayumi. Nonostante la sua voce fosse fioca, quelle poche sillabe rimbalzarono innaturalmente tra loro.
Il volto dell’altra rimase imperturbabile, vuoto. Ma nei suoi occhi passò un lampo di consapevolezza. Fallo sembravano dire le sue pupille.
Una lacrima solitaria si era impigliata nelle lunghe ciglia bianche della Guardiana dei Venti Gelidi; quando chiuse lentamente gli occhi, quella piccola goccia cadde dalle sue palpebre, precipitando verso il suolo e schiantandosi contro il terreno nevoso.
Degli spuntoni di ghiaccio nero nacquero da quella lacrima come germogli, crescendo in un millesimo di secondo nelle più diverse direzioni, naturalmente senza colpire la loro padrona. Trapassarono invece da parte a parte Pure, dritto nel cuore.
Ayumi percepì l’ultimo respiro della ragazza nelle orecchie e le sembrò che soffiasse leggero sulla sua pelle. Il gelo oscuro si disintegrò e il corpo di Pure cadde tra le braccia di Ayumi, tese ad accoglierla nel loro abbraccio. L’albina cadde in ginocchio stringendo a se la ragazza, mentre la tromba d’aria di ghiaccio che aveva donato loro quell’intimità spariva, evaporando, e lasciava posto alla vera neve e alla vera tempesta che tornò a lasciare i suoi candidi fiocchi su di loro, quasi fossero delle lievi carezze consolatorie.
Marisio ci mise qualche secondo, dunque, a sentire i singhiozzi della Guardiana che stringeva il cadavere come se ne dipendesse la sua vita. “Mi dispiace” sussurrava con voce rotta. “Mi dispiace così tanto...”.
Il ragazzo raccolse il Cuore di Arceus, che giaceva apparentemente dimenticato accanto alle due. Una volta drizzatosi in piedi attese ed assistette impotente al corpo di Pure che scompariva, diventando luce per unirsi a Suicune, librandosi dalle mani di Ayumi, che sollevò un pochino le braccia come per accompagnare Pure verso il cielo, come se stesse raggiungendo un posto migliore, su, nel cielo.
Una volta che anche l’ultima scintilla fu scomparsa la ragazza bianca si alzò dalla neve, per poi camminare lentamente verso il ragazzo che l’attendeva dietro le sue spalle, la testa china sulla neve.
“Dallo a me” sussurrò. Il Guardiano dell’Aura sollevò un sopracciglio e fissò Ayumi con occhio interrogativo. “Il Cuore... dammelo per favore” disse di nuovo la ragazza, evitando accuratamente il suo sguardo. Marisio glielo passò delicatamente, appoggiandoglielo tra le dita fredde e quelle si strinsero immediatamente lungo la superficie della Lastra. Era energia allo stato puro, la si percepiva all’interno ed era come toccare la superficie della piattaforma del Paradiso Parallelo. Fresco e tiepido al contempo, ruvido e liscio nello stesso modo. Sembrava si muovesse, era come tenere in braccio un bambino.
E infatti Ayumi lo cullava dolcemente tra le sue braccia mentre facevano marcia indietro e ripercorrevano i loro passi, segnati sottoforma di solchi nella neve.
“È colpa tua”. Marisio alzò gli occhi per guardare di nuovo Ayumi e capire con chi stesse parlando. C’era solo lui dopotutto a camminare nel bianco assieme a lei. Poi comprese: la ragazza stava parlando con il Cuore di Arceus. “È tutta colpa tua... è sempre stata colpa tua...”
La ragazza si fermò nella neve mentre le lacrime iniziavano a rigarle le guance.
“Tutto quel dolore... le parole, le azioni, le ferite, la pressione... tutto ciò che mi hai fatto, tutto ciò che ho passato... mi sono sentita inadeguata, ho visto persone morire credendo che fosse colpa mia... invece è stata sempre colpa tua. Riesci a capirlo ora? Quante persone dovranno ancora morire per la tua stupida paura? Quanto dovremo ancora subire io e gli altri...?” tirò su con il naso, per poi sollevare il volto verso il cielo, attendendo i fiocchi di neve che si posavano sulle sue palpebre socchiuse. Il freddo non la toccava più, il suo potere la stava difendendo... ma non poteva schermarla dal dolore, perché di dolore si trattava.
“Ayumi” la chiamò il Guardiano  avvicinandosi un poco a lei. I suoi occhi erano ancora più scuri del normale anche se non completamente neri ed erano seri, malinconici... e arrabbiati.
“È solo colpa sua” sussurrò ancora, stringendo ancora di più il cuore. Poi sospirò, il fiato che si condensava verso l’alto. Le sue lacrime e la scia che avevano lasciato si ghiacciarono e si sbriciolarono, come se lei non avesse mai pianto. “Spero che, finalmente capisca”. E riprese a camminare nel silenzio, reggendo ciò che di prezioso avevano recuperato esattamente come lo teneva Pure prima che lo scontro iniziasse.
Raggiunsero gli altri, che erano tutti vicino ai cadaveri delle due ragazze protetti da no scudo psichico che, a giudicare dal suo aspetto, era creato da Shirley e Kurai. Natural, seduto in terra, li salutò con un cenno; non sembrava stare troppo bene, ma perlomeno era vivo. Seir era accucciata vicino uno dei corpi, quello della ragazza con i capelli biondi.
“C’è qualcosa di strano qui” sussurrò indicando un punto sul collo della giovane. L’albina, senza mai allentare la presa sul Cuore, si chinò accanto alla ragazza con i capelli blu. I tre rimasti indietro fissavano quella Lastra che tanto gli aveva fatti disperare e angosciare, mentre i due che lo avevano recuperato erano concentrati su quella che sembrava una catena nera che passava attorno al collo della ragazza bionda pe poi sparire sotto il colletto della maglia che indossava, probabilmente per passare attorno alle spalle e al petto.
Il corpo dell’altra, quella dai capelli rosso magenta, era nella stessa identica situazione. Ayumi tese la mano lentamente, poi voltò il palmo dal basso verso l’alto. Con uno schiocco, le due catene sparirono, così come i due cadaveri, che si sciolsero nella stessa luce dorata che aveva avvolto Pure e prima di lei Natalie, Mary, Fujiko e Rhiannon.
“Erano Guardiane” disse Marisio, sorpreso.
“Antea e Concordia, le Guardiane delle Emozioni e della Conoscenza, Mesprit e Uxie” disse Shirley mentre lo scudo che li riparava svaniva. “Me lo ha raccontato Seoyun” aggiunse.
“A proposito di Seoyun, è meglio tornare indietro” aggiunse Seir. Poi sbatté le palpebre e... “Com’è che si torna al Paradiso Parallelo?”.
Tutti si lasciarono andare ad una ridata forzata, falsa.
“Oddio Kurai ride, nevic- aspettate un attimo” disse di nuovo la Guardiana di Kyogre.
“Seir. Stai zitta” sbuffò quell’altro, per poi voltarsi e iniziare a camminare, venendo seguito da tutti gli altri, restando vicini per non sentirsi da soli in quel posto freddo e vuoto.
Shirley mise un braccio attorno alle spalle di Ayumi, stringendola leggermente. La ragazza distolse lo sguardo, fino a quel momento pensoso e assente, dal cuore, per puntarlo negli occhi chiari della Guardiana dello Specchio.
“Ce l’abbiamo fatta, Ayu” disse solamente stringendole con la mano la spalla per qualche corto istante, rilassandola nuovamente poco dopo. L’altra annuì.
“Sì... anche se non è una vittoria piena...” rispose con voce bassa.
Shirley stette un attimo in silenzio. “Non è colpa tua. Non avevamo scelta”.
‘Avevamo... già. Siamo un gruppo’ ripeté nella sua testa Ayumi. Sentiva uno strano calore dentro di sé.
“Lo so” rispose infine.
Arrivati al Vetta Lancia, l’albina si fermò al centro della rappresentazione pavimentale del Flauto Cielo e attese. Non aveva il Flauto con sé, ma contava che reagisse al Cuore e ai Guardiani presenti.
E così fu. Una scalinata di luce candida apparve davanti ai loro occhi. Senza parlare la risalirono, contando i gradini e osservando dall’alto il panorama che il Monte Corona offriva loro. Infine arrivarono su uno spiazzo di luce incredibilmente simile a quello presente nel Paradiso Parallelo. Ed in mezzo a quella sorta di innaturale pavimento c’era un punto luminoso, non troppo piccolo ma nemmeno grande. Fluttuava a circa un metro da terra e restava immobile, sospeso nell’aria. Sembrava quasi chiamare i presenti a lui.
“Quello è l’ultimo portale aperto esistente che collega la Terra al Paradiso Parallelo” disse la Guardiana di Articuno. “Se vi avvicinate e lo toccate torneremo nella dimensione”.
Kurai scrollò le spalle e si avvicinò al Portale; lo sfiorò con un indice e svanì, creando un effetto simile a quello dell’acqua quando la sua superficie piatta viene disturbata da una pietra scagliata dentro di essa.
Uno alla volta, in una processione silenziosa, i ragazzi entrarono dentro il Portale e tornarono nella dimensione di Arceus a ridare la vita.
 

_Paradiso Parallelo_

 
Non fecero neanche in tempo a guardarsi attorno che vennero circondati da quello strano assortimento di Esseri Umani e Pokémon Leggendari umanizzati. Non chiedevano cose inutili parlando l’uno sopra l’altro. La domanda era solo una e non necessitava di essere posta.
Ayumi mostrò loro il Cuore, allontanandoselo dal petto. Tutti si lasciarono andare ad un respiro di sollievo collettivo.
“Meno male!” esclamò Shiho, portandosi una mano sul petto e sorridendo.
“Ne, hananim gansahabnida!” le fece eco Seoyun, battendo due volte le mani. Nessuno aveva capito niente di ciò che aveva detto, ma non ci fecero poi troppo caso.
“Dobbiamo andare immediatamente a rendere il Cuore ad Arceus” li interruppe Ho-Oh, serio.
“Giusto, non abbiamo tempo da perdere” asserì Lugia. Anche Sharda annuì, seduto in terra con la testa di Anneke sulle ginocchia. Lui e Ayumi si scambiarono un’occhiata.
Sta morendo sembrava dire. Non c’è più tempo.
L’albina iniziò a camminare velocemente verso il posto in cui si trovavano tutti i Leggendari temporaneamente morti, fino a ritrovarsi circondata dai Primordiali, davanti al Pokémon Primevo.
Lì esitò. Come avrebbe reagito nell’apprendere la morte di Pure? E delle altre due Guardiane, fino a quel momento ignote ai più? E poi, era davvero lei che doveva restituire il Cuore al Leggendario?
Era merito soprattutto degli altri. Anneke, che aveva usato il potere del tempo per capire che cos’era successo. Shirley che aveva letto il ricordo del ciondolo. Kurai che aveva soccorso Natural ed insieme, in un modo o nell’altro, avevano dato una traccia su dove cercare Pure. Marisio che aveva impedito che il suo potere la fregasse proprio all’ultimo mandando tutto all’aria. Seir che aveva aiutato quelle due Guardiane a raggiungere definitivamente la pace, liberandole da quel sigillo che impediva alla loro anima di tornare dai loro leggendari, bloccandole in un corpo freddo e vuoto. Tutti gli altri, che erano rimasti lì ad attenderli e a sostenerli indirettamente con la loro speranza e fiducia.
Lei, invece, era solo un’assassina.
Su voltò a guardare gli altri, che la fissavano, in attesa.
“Ayumi, tu sei l’unica che ha il pieno diritto di farlo” sbottò Shirley all’improvviso. Con ampie falcate la raggiunse. “Non mi serve la telepatia per capire a cosa stai pensando. La tua esitazione si avverte a pelle e, conoscendoti, credo anche di sapere perché. Lui ti ha sfruttata, maltrattata, ridotta in fin di vita almeno una volta. Ma tu sei tornata indietro e hai combattuto di nuovo in prima linea per salvarlo. Adesso, restituiscigli quel coso e mostragli la merda che è stato e quanto invece tu sia superiore a lui anche da semplice Umana, quegli Umani che ha sempre sottovalutato”. Addolcì la voce, “Per i nostri meriti ci sarà tempo più tardi. Prenditi il tuo riscatto Ayu” disse calma e sorridendole.
L’albina guardò anche oltre le spalle della more e vide anche negli altri presenti i segni del loro sostegno. Un sorriso, una strizzata d’occhi, un leggero cenno d’assenso. Allora annuì e si voltò di nuovo verso il Primevo.
Si inginocchiò di fianco a lui e gli tese il Cuore, accompagnandolo con un leggero gesto delle dita come quando aveva accompagnato la luce che simboleggiava la morte della Guardiana dell’Acqua Pura. La Lastra rientrò nel corpo del suo legittimo proprietario senza incontrare restrizioni e un attimo dopo la sua presenza tornò a manifestarsi sul corpo si Arceus. Da lui scaturirono poi luci di vari colori che presero ad andare nelle più disparate direzioni, ridando la vita e legittima forma ai Leggendari e la linfa vitale alla dimensione.
I Guardiani avvertirono nuovamente la forza dei loro Leggendari dentro di loro e si sorrisero vicendevolmente, mentre tutto attorno a loro riprendeva a muoversi.
Arceus si innalzò fluttuando a qualche millimetro da terra, gli occhi rossi fissi in quelli lilla di Ayumi. In quell’occhiata ci si potevano leggere molte emozioni, molte parole non dette né a voce né telepaticamente. Scuse, ringraziamenti, altre sensazioni confuse. Ma l’albina rimase neutra.
Poi, la Guardiana dei Venti Gelidi si voltò e camminò verso il gruppo dei Guardiani, dando le spalle al Pokémon Primevo. Per una volta, a testa alta.
 

“Dialga”. Il Leggendario si voltò in direzione di Sharda, che aveva richiamato la sua attenzione con occhi seri almeno quanto il tono.
“Immagino tu voglia parlarmi sempre del solito argomento, il tuo preferito” sospirò il Leggendario del Tempo. “Anneke”.
“Esattamente. Il ruolo della tua Guardiana è stato fondamentale. Senza di lei saremmo ancora qui a chiederci da che parte iniziare, probabilmente. Ma lei ha messo in gioco la sua stessa esistenza per aiutarci, per aiutare voi e te, che la stai rifiutando! Ha consumato molta dell’energia che le è rimasta rischiando di sparire per sempre dalla faccia della terra...” sospirò, frustrato, camminando avanti ed indietro. “Non capisco come facciate a rimanere indifferenti davanti a tutto questo. Non avete un briciolo di cuore. Siete dei pupazzi vuoti, solo con una volontà. Siete egoisti, vi importa solo di voi stessi. È una cosa per me inaccettabile”. Alzò gli occhi chiari striati di giallo, con impressi a fuoco la rabbia e la delusione che provava. “Non faremo mai quel tanto agognato passo avanti se non capite questo”.
Sharda si voltò e prese a marciare velocemente, irritato. Voleva camminare fino a sbollire il suo animo agitato.
“Aspetta, Guardiano del Giudizio Ferreo”. Alla voce imperiosa di Dialga, il ragazzo si fermò, senza voltarsi.
“Mi chiamo Sharda” ribatté secco. Il Leggendario sbuffò.
“Come ti pare, Sharda. Pensi da sapere tante cose... ma sei solo un ragazzino, ricordatelo” disse con voce piatta. Dopo qualche istante di silenzio sospirò. “E le voci dei bambini, di solito, sono le voci dell’innocente verità”. Il Guardiano si voltò, sorpreso. “Vai adesso. Non credo di essere ancora pronto ad affrontare l’idea di avere una Guardiana”. E non aggiunse altro.
‘Avevo già predisposto il futuro... senza di lei, Anneke. Ma chissà, magari è meglio così... nessuno meglio di me può saperlo, il Tempo è nelle mie facoltà’.
 

Anneke aprì piano gli occhi.
“Buongiorno” la salutò allegramente Seoyun.
“Si è svegliata?” chiese un’altra voce, Rein.
“No, parlo da sola”
“Ogni tanto lo fai”.
“Yah, pabo!” protestò quell’altra.
La Guardiana del Tempo si tirò su a sedere, fissando i presenti. I due ragazzi stavano seduti vicino a lei e la fissavano sorridenti.
“Cos’è successo?” chiese, la voce un poco roca.
“A quanto pare Sharda ha rotto le PokéBalls a sufficienza e Dialga, per isteria, ti ha dato la sua benedizione” spiegò scherzosa Yun. Poi congiunse le mani e: “Amen, fratelli”.
“Cos’è che avrei fatto io?” chiese Sharda alle spalle della rossa.
“Mi hai sentito” rispose quell’altra sbattendo le ciglia con aria falsamente innocente. L’altro si mise a ridere, scuotendo la testa. Anneke li osservava. In effetti percepiva qualcosa di diverso dentro di lei, qualcosa di positivo, di aggiuntivo di... bello. Percepiva Dialga.
“Davvero ci sei riuscito? Dialga mi ha accettato?” chiese. L’altro sbuffò.
“Sono domande retoriche o devo risponderti sul serio?” fu la risposta, prima che il ragazzo scuotesse la testa. “In realtà non ho capito se lo avesse già deciso o gli ho detto le cose giuste al momento giusto o che altro... è un leggendario abbastanza criptico...”. Le lanciò un’occhiata furba. “Non ti invidio neanche un po’”.
Lei sbuffò e si mosse per alzarsi. Ma appena arrivata sulle ginocchia si bloccò, immobile, in apnea.
“Anneke...?” chiese Rein inclinando la testa da una parte, confuso. Ma lei non mostrò segni di averlo sentito. Gli occhi spalancati avevano l’iride rossa che aveva inghiottito anche la pupilla e la sclera che pareva un cielo stellato, solo di un innaturale blu elettrico. Sulla sua pelle erano spuntate striature di colore analogo. Dalla bocca dischiusa non si udiva alcun suono.
Il tutto durò solo qualche secondo, poi Anneke riprese fiato di colpo e si accartocciò su se stessa, arrivando a sfiorare il terreno con la fronte. Espirò profondamente un paio di volte mentre gli altri tre presenti le continuavano a chiedere come stesse e cosa fosse successo.
Lei, senza rispondere e quasi ascoltarli, si alzò in piedi di scatto.
“Devo parlare con Dialga, immediatamente!”
 

“Il futuro... è già cambiato”
 
Angolino nascosto nell’ombra
Yas!
Sono tornata, sono viva, sono lenta, LO SO.
Ma ho iniziato a fare tirocinio, sono andata al mare, sono andata a fare il corso della sicurezza, sto facendo dei preparativi per una laurea (no, non la mia lol mi manca ancora un po’, grazie al cielo) e per la GMG.
Sì, vado in Polonia quindi mancherò di nuovo. Manco in vacanza riesco a stare tranquilla.
Ah, sì, devo fare i compiti. ...vabbé, sono dettagli. Accenderemo un broccolo in chiesa (cit.).
Allora... C’è morta Pure. E ho pensato seriamente di far morire Anneke poi mi sono detta NAH. Troppi morti qui. Sì, devo spiegare le morti di Antea e Concordia, non sono riuscita a cacciare la spiegazione nel capitolo. Cioè, me ne sono dimenticata, e poi non sono più riuscita ad inserirle.
Sostanzialmente era un avvertimento. Una specie di ultimatum... e nel prossimo capitolo capirete (in teoria) ciò di cui sto parlando.
Poi... ah, sì, Seoyun.
“Ne, hananim gansahabnida!” significa, “Sì, grazie al cielo!”
“Yah, pabo!” è tipo un “Gne, scemo!”. Cioè, pabo è scemo, ma yah non ha una vera e propria traduzione. È un suono offeso.
Ultima cosa: in un capitolo fa (che non so qual è, probabilmente quello in cui spunta Marisio ma che ne so) ho detto ce Shirley non è un’Aura Bianca. HO DETTO UNA MINCHIATA, ok?
Perfetto.
Ayumi è una patata. E lei è Marisio sono una coppia di patate, o almeno, a me piacciono. Comunque sono adatta a scrivere romanticherie come lo è un seme di cetriolo (?), quindi non chiedetemi più di così.
La frase finale la dice Dialga.
Sto capitolo è troppo lungo.
Li vuoi quei kiwi?
 
 

Aura_

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 - Un Passo Avanti ***


Capitolo 39 – Un Passo Avanti

 

_Paradiso Parallelo_

 
“Che cosa significa quello che ho visto?” chiese Anneke al suo Leggendario. Dialga ricambiò lo sguardo e scosse la testa.
“Qualcosa è cambiato nel futuro. E da quello che ho capito questo cambiamento è dovuto alla situazione che abbiamo risolto” borbottò quello, scuro in volto.
“Come è possibile? È successo solo poco fa!” esclamò Rein sconvolto.
“Lo so. Ma adesso dobbiamo parlare con Ayumi” tagliò corto Dialga.
“Perché? Che è successo? Cosa avete visto?” insistette il Guardiano dell’Arcobaleno. Anneke fissò il biondo, senza espressione.
“Arenipoli verrà distrutta”.
 

“Le immagini erano molto confuse. Dapprima non si vedeva nulla, in realtà. Ho semplicemente sentito un rombo e una strana sensazione di instabilità e confusione, sembrava quasi fisica. Poi sono iniziate le immagini. Ho visto le macerie delle case crollate, le strade fatte di pannelli solari rese inagibili dalle crepe, gli alberi caduti. L’unica cosa rimasta in piedi era la torre, ma mi è apparsa irrimediabilmente corrotta dal... beh, dal terremoto. Solo grazie a quella sono riuscita a riconoscere la tua città”. Anneke tacque, fissando per la prima da quando aveva iniziato il suo discorso volta il volto di Ayumi.
L’albina aveva un’espressione granitica, nei suoi occhi leggermente più scuri del normale lampeggiavano sofferenza e rabbia.
“È una vendetta nei nostri confronti. Noi abbiamo ucciso Pure, noi abbiamo recuperato e restituito il Cuore ad Arceus. E questa è la loro risposta...” continuò Dialga.
“Azione e reazione” mormorò Lugia pensieroso.
“Probabilmente pensava che Pure ci avrebbe ucciso. Ci ha sottovalutato, oppure non sapeva, ha ommesso un dettaglio... comunque era sicuro che ci avrebbe distrutti. Ovviamente sapeva che saremmo andati a recuperare il Cuore... ma non immaginava che saremmo sopravvissuti” borbottò Kurai.
Il silenzio li avvolse di nuovo. Fu spezzato solo da Shirley che, dopo aver fatto un passo in avanti e aver appoggiato una mano sulla spalla di Ayumi, alzò lo sguardo serio in un atteggiamento di sfida. “Cosa facciamo adesso?” chiese.
“Non possiamo fare nulla” rispose Arceus piatto. Questo suscitò in tutti i Guardiani una reazione davvero simile e simultanea, dettata dall’incredulità e dalla rabbia che provarono a quelle parole.
“Starete scherzando spero!” sbottò Seir fissando prima i primordiali e poi Kyogre. La Leggendaria ricambiò l’occhiata irosa con una di una placida malinconia. Lei già sapeva la risposta e dove sarebbero andati a parare e tentava di rabbonire già sul nascere la sua Guardiana. Ma quella, capito ciò, le voltò le spalle. Seir combatteva anche per gli esseri umani dopotutto, anche se chiunque non fosse Umano o Guardiano in quella dimensione sembrava non comprenderlo.
“È troppo pericoloso” affermò Dialga con un tono che normalmente non avrebbe fatto nascere alcuna replica, per timore. Ma i ragazzi erano arrabbiati e stanchi, stanchi di rischiare e rischiare senza poi agire quando ne avevano la vera opportunità.
“Qualunque cosa è pericolosa, quando sei un Guardiano” obbiettò piatto Rein. Aveva una luce strana negli occhi, pericolosa quasi, in risposta all’occhiataccia di avvertimento che Ho-Oh gli aveva lanciato.
“Gli Umani non sono pronti ad entrare in contatto con noi. Sulla Terra girano ancora un sacco di maldisposti... se qualcuno dovesse entrare qui o attaccarci in momenti di fragilità sarebbe la fine!” replicò Giratina.
“Il nostro nemico è già riuscito ad infiltrarsi qui, è già successo il casino che doveva succedere e lo abbiamo anche già risolto. Li abbiamo presi alla sprovvista e adesso abbiamo l’opportunità di sventare il loro passo successivo e magari di indebolirli, non parlo di metterli nel sacco ma... qualcosa, insomma!” sbottò Marisio, abbandonando per un istante la calma serafica che lo contraddistingueva.
“Quel... bastardo ha cercato di ucciderci tramite mia sorella e ci ha costretto ad ucciderla! Non possiamo non andargli contro” intervenne Natural.
“Non sappiamo che altri trucchi nascondano. Sono in superiorità numerica” replicò Palkia.
“Sono esaltati. Quanti di loro saranno in grado di utilizzare la loro Aura? Quei Guardiani sono rari e sappiamo di per certo che i Guardiani delle Leggende che erano con loro sono stati uccisi da loro stessi o dai rispettivi Leggendari. O comunque verrebbero uccisi all’istante da questi ultimi, ne sono sicura!” esclamò Shiho girandosi a fissare negli occhi Reshiram. Il drago bianco aveva un’espressione severa, ma non disse nulla: la Guardiana diceva il vero.
“Se continuiamo a starcene qui a sommergerci di dubbi e a fasciarci la testa prima di rompercela non faremo mai quel tanto agognato passo avanti!” sussurrò Anneke scuotendo piano il capo.
“Smettetela” sibilò Ayumi. “È inutile. Non cambieranno mai idea. Ricordate? Noi le marionette, loro i burattinai; non abbiamo voce in capitolo”. La sua voce si faceva sempre più sottile fino a quando non scomparve del tutto. Poi alzò gli occhi carichi di disgusto verso Arceus. “Sbaglio forse? Non credo proprio” ringhiò con voce velenosa.
“Per una volta stateci a sentire! Saremo per metà Pokémon Leggendari, ma Umani restiamo! Voi magari potete decidere a sangue freddo di abbandonare la Terra, ma noi non possiamo farlo. Lì, da qualche parte, soli e abbandonati a loro stessi ci stanno i nostri affetti. Magari non parlo per me...- Sharda si interruppe un attimo, lo sguardo che si faceva lontano, ma si riscosse subito – Ma per loro qualcosa c’è” concluse.
“Noi vi proteggeremo, ma il nostro cuore appartiene anche agli Umani. Non potete chiederci, anzi, costringerci a rifiutare ciò che siamo, anche solo in parte. Non potete immobilizzarci e farci stare immobili a guardare come i luoghi dai quali proveniamo vengono ridotti in cenere e calpestati da coloro ce possiamo sconfiggere!” gridò Shirley.
“Posiamo giocare d’anticipo, possiamo farlo” ripeté Kurai, assottigliando le palpebre. “Per una buona volta fidatevi di noi”.
“Ci fidiamo di voi” affermò Angeallen con il tono di chi ha sentito abbastanza. “Ma non possiamo lasciarvi andare. Se voi moriste... sarebbe un problema di dimensioni cosmiche”.
“Potremmo anche sopravvivere” obbiettò di nuovo il Guardiano degli Incubi sollevando un sopracciglio con modo di fare ironico.
“Noi siamo nati per collegare i Leggendari con il mondo. Ci sono persone là fuori che sono buone... e che combatterebbero per fare la cosa giusta, assieme a noi. Se restiamo qui rintanati a fare da servetti a voi non riusciremo mai ad adempiere al nostro compito... è il nostro scopo” intervenne Len mantenendo un tono di voce controllato.
“Non possiamo starcene chiusi a riccio qui per sempre!” esclamò Seoyun decisa.
Restarono così, Guardiani schierati da una parte e Leggendari dall’altra a fissarsi con aria di sfida per qualche istante.
“Se posso dire qualcosa...” sussurrò ad un certo punto una voce. Tutti si voltarono verso Lugia, rimasto in disparte ad osservare i presenti scambiarsi in toni assai poco amichevoli le proprie opinioni.
“Sentiamo” sbuffò Dialga, palesemente irritato dalla situazione.
“Lasciate andare i Guardiani. Hanno ragione, a che cosa servirebbe non approfittarne? Non hanno mica chiesto di effettuare un attacco suicida nel cuore della base nemica. Vogliono salvare delle persone di una città che non c’entra niente con noi o i conflitti. Perché fermarli?” parlò il Leggendario dalle piume argentate. Poi scosse il capo. “Non possiamo. Loro-“
“Così facciamo il loro gioco!” sbottò, interrompendolo Ho-Oh adirato. “Come fai a non capirlo?”.
“Voi non capite proprio niente”. Ad attirare gli occhi di tutti come una calamita quella volta fu Rein. Il timido ragazzo dai riccioli biondi era quasi irriconoscibile. Gli occhi mandavano lampi d’ira il suo intero corpo tremava. Era come se un incendio fosse improvvisamente divampato dentro di lui. “Non avete mai voluto capire qualcosa di noi. Magari i nostri rispettivi Leggendari sanno il nostro passato, ma voi non capite. Non sapete, siete ignoranti, freddi, senza cuore. Non sapete cosa significa abbandonare una famiglia per... per proteggerli. No, noi non stiamo affatto proteggendo voi, noi stiamo proteggendo i nostri cari. Perché altrimenti ci  avrebbero cercato altri e ci avrebbero massacrato, assieme a loro. E tutto perché voi ci avete strappato parte della nostra anima per sostituirla con metà della vostra, così, casualmente, senza preoccuparvi di quanto avremmo potuto soffrirne noi. Vi preoccupate tanto per noi perché siamo così importanti per voi, che siete le forze che amministrano il mondo per mantenerlo in equilibrio...” rise senza allegria, buttando il capo in alto e piegando appena le ginocchia. “Ma vi sentite? Ah, giusto... voi siete troppo preziosi per rischiare, noi siamo sacrificabili, tanto, Umano più, Umano meno, a voi non cambia... sapete però, la sottigliezza è una sola: noi un cuore ce lo abbiamo e batte, forte e costantemente. Ci ricorda che siamo vivi, che siamo in grado di amare e lo facciamo attivamente anche se spesso sarebbe così facile essere come voi, vuoti e riempiti solo di inutili ansie ed egoismo. Per voi siamo solo marionette, a voi non interessa poi tanto il male che sentiamo all’altezza del petto, perché non lo capite. Ma noi Guardiani... noi ci capiamo. Noi percepiamo la rabbia di chi ci sta accanto come la nostra, perché siamo solo noi quelli che soffrono. È la nostra parte Umana che ci rende una squadra, non la vostra anima. Quello è solo la nostra attrezzatura, e talvolta neanche quella. Se volevate nascondervi senza fare niente potevate farlo da soli, senza di noi. E invece... invece avete scelto di rovinarci la nostra vita Umana, donandocene una da Guardiani e condannandoci ad un esistenza fredda da servitori di divinità senza cuore. Siamo sacerdoti di una religione nella quale non crediamo più perché ci ha voltato le spalle, e allora che senso ha?”. Sospirò pesantemente il Guardiano dell’Arcobaleno, passandosi una mano tra i capelli. Poi puntò gli occhi verso i ragazzi al suo fianco. “Non è così?” sussurrò con tristezza, mentre lacrime rese amare dal risentimento iniziavano a solcare i suoi zigomi.
Tutti, ad uno ad uno annuirono.
“Non per tutti noi è così pesante la situazione... ma voi non avete rispetto per il nostro sacrificio e la nostra duplice natura” rimarcò Sharda. “Io e Cobalion vivevamo in armonia, poi abbiamo imparato a coesistere, io c’ero per lui e lui per me... fino a che la situazione non è diventata più grave per noi. Io pensavo di trovare un supporto, ed invece... la fiducia è sparita. E a me questo non sta bene” affermò calmo ma deciso il Guardiano, scuotendo il capo. Il suo Leggendario sembrò colpito da quelle parole, ma non disse nulla.
“Anche se non ho più nessuno, questo non significa che io non sia più nessuno” prese poi la parola Seoyun. “La Terra è il posto al quale appartengo, dove sono nata... e la voglio difendere. Inoltre, c’è qualcuno qui, che è rimasto in silenzio troppo a lungo e per questo ha dimenticato come si parla”. Scoccò un’occhiata veloce verso Ayumi, che osservava i ragazzi prendere parola con occhi sorpresi e commossi. “Ma adesso siamo noi la sua voce, perché anche senza averlo stipulato a voce, abbiamo un tacito accordo tra di noi. Ci siamo li uni per gli altri, il nostro è destino comune, quindi dolore, gioia, pensieri... è tutto collettivo. Voi potete anche ignorarci, ma noi Guardiani non possiamo ignorarci l’un l’altro. Abbiamo un’intesa che nemmeno voi, creature millenarie, non siete riusciti a sviluppare. E non potete fermarci”.
“Qualunque cosa voi direte o minaccerete o farete... noi non ci fermeremo. Andremo lì e proveremo a salvarli. A qualunque prezzo, come quando combattevamo per voi. Non c’è differenza, dico bene? Per i Leggendari, per gli Umani... anzi, c’è gente che combatte per voi senza che nessuno glielo abbia imposto... Marisio e Natural sono Umani in tutto e per tutto  vi stanno donando la vostra vita... ma voi non avete riguardi. E allora noi ci prendiamo i nostri diritti, da soli. È così che funziona, tra gli Umani. Se vi interessassero davvero, magari lo sapreste” replicò piano Len, passando un braccio attorno alla vita della sua ragazza.
“Vedete? Nessuno ha mai voluto tutto questo, ma soprattutto nessuno di noi ha intenzione di rendere inutile la nostra esistenza per colpa delle vostre assurde paure. Dovevate pensarci prima di condannarci... ora ve la vedete con noi. Se siamo nati e stati creati per morire... beh, almeno preferisco morire per qualcosa di serio” disse ancora Rein, incrociando le braccia.
“Queste sono le parole di bambini! Voi non sapete, avete solo pochi anni di età e parlate come se avreste tutta quest’esperienza!” li sgridò Palkia.
“Beh, a guardare voi che di anni di esperienza ne avete parecchi non è che abbiate delle idee esattamente geniali” sbuffò Kurai. “Insomma, noi adesso andiamo; se volete darci una mano bene, altrimenti...”
“Altrimenti ciuppa” concluse Seir. “Ci rendete solo le cose più complicate”.
“Come al solito” ringhiò velenosa Shirley. Nessuno dei Guardiani aggiunse più nulla, i loro occhi parlavano per loro.
Giratina fissava seria il conflitto. Telepaticamente, chiese ai Leggendari di non replicare e lasciare andare i ragazzi. Però le parole di Seoyun l’avevano colpita. ‘Ayumi ha dimenticato come si parla...” pensò. “Ayumi...?” la chiamò piano. Lei fissò i presenti, lo sguardo duro infervorato dalle parole dei compagni.
“Mi avete già strappato via mia madre per la vostra indifferenza. Non mi toglierete anche mio fratello”. Poi voltò i tacchi e seguì il gruppetto di Guardiani, lasciando un silenzio attonito dietro di sé, il quale si prolungò negli istanti successivi alla loro scomparsa dalla dimensione.
“Prima non vi avete lasciato concludere” mormorò Lugia sommessamente. “Stavo dicendo che loro provano un dolore indescrivibile. Certo, Ayumi ne è un esempio, ma sono tutti Umani, tutti loro. Noi dobbiamo comprenderli, o tutto il dolore che provano, prima o poi, si riverserà su di voi”. Fissò i presenti, gli occhi rossi malinconici. “Voi non avete idea di quanto sia tremendo sentire il pianto e lo strazio di una madre che è stata strappata dalla figlia. Voi non avete a vita sottopelle i sentimenti di una persona” sussurrò. Jirachi annuì. E anche Zekrom, Celebi, Cresselia, Azelf, Suicune, Mesprit, Uxie... tutti coloro i quali avevano perso il proprio Guardiano. Anche loro sentivano il rimorso di parole non dette, la rabbia di chi si era sentito tradito, la disperazione di chi era stato ingannato, il duplice dolore di chi ha perso qualcuno e di chi era stato perduto, il disgusto verso se stessi, la malinconia di chi era stato costretto a scegliere una via sbagliata.
“Voi non volete vivere con questi sentimenti” disse Suicune. “State dalla loro parte. Aiutateli a difendere ciò che hanno a cuore. O ve lo faranno rimpiangere per sempre”.
 

_Fonte Saluto_

 
“Avremo fatto bene a sfidarli così apertamente?” chiese Shiho in un sussurro. Stavano seduti sull’erba, in silenzio.
“Tu avresti lasciato morire tutte quelle persone adesso che abbiamo la possibilità di impedirlo?” le rispose un po’ bruscamente N. La bionda scosse la testa, mordendosi il labbro inferiore.
“Cosa facciamo?” chiese Marisio. Alcuni scrollarono le spalle.
“Siamo piombati qui senza un piano... però seguire il nostro istinto ha funzionato contro i Leggendari” borbottò Sharda, parlando più che altro a se stesso.
“Sì, dai, quanto può essere più difficile parlare agli Umani?” interagì Seir in tono neutro, guardando i compagni in attesa di una qualche altra opinione.
“Non so. Da un lato sembra più facile, dall’altra molto più complesso” mormorò pensosa Seoyun, massaggiandosi la testa.
“Sarà meno pericoloso, non più facile” affermò Anneke, scura in volto.
“Però dobbiamo provarci” continuò Len, serio.
“Dobbiamo farlo...” annuì la Guardiana del Tempo.
“Allora andiamo, buttiamoci!” esclamò Rein, alzandosi da terra e spazzolandosi i pantaloni e partendo alla volta di Arenipoli, inoltrandosi nei boschi. Ayumi lo affiancò senza dire una parola, seguita da Shirley.
“È stato strano vederti prendere posizione così, all’improvviso. Gran bel discorso” gli batté una mano sulla spalla quest’ultimo. L’altro le sorrise un po’ timidamente per ringraziarla, poi tornò serio di colpo.
“Non credo di essermi mai sentito così frustrato in vita mia. Ci stanno prendendo in giro... e questo mi fa rabbia” disse piano, stringendo i pugni involontariamente. “Capisco che non faccia parte della loro natura... ma pensavo che almeno i nostri Leggendari, con la loro mezza anima Umana... ma la rifiutano”.
“Hai ragione. Nemmeno Latias mi ha mai capita, senza neanche mai darmi contro comunque. Mi sembrava davvero di parlare con un’aliena alle volte” disse Shirley. Poi assunse un’espressione pensierosa. “Chissà come dev’essere essere il Guardiano di Deoxis...” mormorò. Rein e Ayumi si misero a ridere.
“Articuno com’è con te Ayu?” chiese il Guardiano. L’albina parve pensarci un attimo.
“Non saprei come definirla. Quando era senza emozioni... mi sembrava dolce. Ma adesso... non capisco. La sento un po’ distante, fredda... non è che non le interessa o che non ci provi, siamo solo... entità diverse. Ci rispettiamo, ma niente di più” rispose esitando.
“Ho-Oh è tremendo. Terribilmente severo. Non credo di averlo mai sentito rivolgermi la parola in modo gentile. Al massimo era neutro, ma non permette alcun errore. È davvero impraticabile, non riesco a sopportarlo. Ma non è nemmeno il peggiore... e questo mi preoccupa e irrita allo stesso tempo” inveì il biondo.
“Spero che imparino qualcosa... che ci riflettano per lo meno: la parte Umana può essere importante anche per ricongiungersi agli Umani” affermò Shirley. Ayumi annuì.
“Speriamo”. Non dissero più nulla fino a che non arrivarono davanti alla casa di Corrado. Almeno avevano la certezza che il fratello dell’albina li avrebbe ascoltati. Il sole era ancora lontano dal sorgere, ma si vedeva una luce accesa, così Ayumi si limitò a bussare. Qualche secondo dopo, il biondo aprì la porta, immobilizzandosi davanti alla sorella e al gruppo di Guardiani.
Aprì e chiuse la bocca più volte, gli occhi sgranati. Poi, senza dire nulla, si affiancò alla porta aperta e fece cenno al gruppo di entrare in casa. Senza dire una parola si sistemarono tutti nel salotto, sedendosi su sedie, sul divano, in terra o rimanendo in piedi, talvolta con le spalle appoggiate al muro.
“Deduco che non siate qui per... beh, delle buone nuove” mormorò con voce bassa il padrone di casa, fissando il gruppo di ragazzi davanti a lui uno pre uno, fino ad incontrare gli occhi lilla della sorella. Quella scosse leggermente la testa, con aria triste.
“Anneke è la Guardiana del Tempo. Ha avuto una visione del futuro” iniziò a spiegare l’albina, con lo stesso tono del fratello. “Distruggeranno Arenipoli” concluse, non riuscendo ad aggiungere altro.
Il Capopalestra li osservò senza dire nulla, lo sguardo indecifrabile. “Chi e quando?” chiese.
“Gli stessi che hanno ucciso la mamma... e che cercano di uccidere noi” rispose Ayumi.
“Abbiamo ancora cinquantuno ore, ventisei minuti e... all’incirca diciannove secondi. Poi la terra inizierà a tremare” concluse Anneke.
“Un... terremoto?” chiese Corrado, sollevando un sopracciglio. “Sono in grado di evocare un terremoto?”.
“Già... chissà come. Non ci sono chiari i dettagli, sappiamo solo che succederà. E allora... siamo venuti qui” borbottò Seir. Il ragazzo sbuffò, passandosi un mano tra i capelli biondi e abbandonandosi contro lo schienale della sedia.
“Cosa pensate di fare?” chiese piano. All’occhiata interrogativa dei ragazzi, Corrado si spiegò meglio. “Io vi credo, ma perché indirettamente sono coinvolto in questa situazione. Ma le persone normali avranno paura, non vi crederanno.  Vi daranno dei pazzi. Come pensate di convincerli?”.
“Ecco... diciamo che questa è la parte del piano che non c’è esattamente chiara cristallina” ammise imbarazzata Seoyun.
“Volevamo comunque provarci... ma in questo caso avere l’aspetto di normali Umani va a nostro svantaggio” continuò Kurai.
“Potremmo sempre fare qualche nostro trucchetto... ma non ho idea di come potrebbero reagire le persone... insomma, non è normale poter creare elettricità dalle punte delle falangi” ipotizzò Leonardo, per poi scuotere la testa.
“Pensavamo che i nostri Leggendari ci avrebbero aiutato. Ma ci hanno voltato le spalle...” sussurrò Shiho.
“Fatemi capire: voi avete disobbedito ai Leggendari per salvare questa città?” chiese Corrado, un’espressione scandalizzata dipinta in faccia.
“Ehm... già” ridacchiò Seir.
“E prima che tu ce lo chieda... no, non è stata l’idea più geniale che ci sia mai venuta in mente” concluse Shirley annuendo.
“Però abbiamo ragione noi” ringhiò Rein.
“Che affermazioni, certo che abbiamo ragione noi, e che caspita!” sbuffò Yun allargando le braccia.
“Ok, su questo siamo tutti d’accordo... ma il problema rimane: che si fa?” domandò di nuovo Marisio. Il gruppo di Guardiani si zittì di nuovo, silenzio che occuparono gli uni a specchiarsi negli occhi degli altri, come se riflesse nelle pupille di uno di loro potesse trovarsi la soluzione al loro problema. Corrado li fissava, apparentemente dimenticato. Gli pareva quasi di sentire il ronzio degli ingranaggi delle loro menti che giravano. Sentiva una sorta di misto di compassione e affetto quando pensava a loro, e capitava che ci pensasse qualche volta. Erano giovanissimi, il più grande tra loro doveva viaggiare attorno a ventun anni, più o meno. Eppure erano lì a pensare ad un modo per salvare delle vite innocenti che ignoravano della loro esistenza e che, probabilmente, gli avrebbe trattati come pazzi, folli.
Pensava che fosse schifosamente ingiusto. Voleva aiutarli, però come poteva, anche lui, convincere la gente normale...
Improvvisamente gli venne un’idea. Forse non dovevano iniziare con la gente ‘normale’... ma con il meglio del meglio, l’élite. Si schiarì la voce, ottenendo l’attenzione generale. “Forse ho un’idea. Madri di famiglia, uomini d’ufficio, bimbi della scuola... magari non prenderebbero neanche in considerazione la vostra scelta. Ma ci sono delle persone che probabilmente lo farebbero. Si tratta dei Superquattro di Sinnoh e della Campionessa. Essendo i massimi esponenti riguardo il mondo Pokémon di questa regione, sono abituati a sentir parlare di stranezze, e mitologie. Potrebbero almeno prendere in considerazione il vostro avvertimento” spiegò.
Len era scattato in piedi a quelle parole. “Potrebbe essere. Forse loro...” si zittì, fissando gli altri, che uno ad uno diedero il loro consenso.
“Non abbiamo avuto idee migliori, dopotutto” aveva detto Natural.
“E poi il tempo scorre, dobbiamo fare qualcosa” aggiunse Anneke.
“Bene. Avete tutti un Pokémon Volante o Psico? Così da teletrasportarci o volare” chiese il Capopalestra. Seir ridacchiò piano.
“E chi ha bisogno di tutti quei Pokémon?” chiese, ironica. Un secondo dopo, nella casa non c’era più nessuno.
 

_Lega Pokémon_

 
“Porca paletta!” si lasciò sfuggire Corrado, che era quasi ruzzolando in terra, se non fosse stato acchiappato al volo da Sharda e Len. “Scusatemi” tossicchiò, un po’ imbarazzato. “Aspettate un momento” disse poi, ricomponendosi. Recuperò dalla tasca un apparecchio e avviò una chiamata digitando pochi tasti. Se o accostò poi all’orecchio, mantenendo però qualche centimetro di distanza. E presto i Guardiani capirono il perché.
CORRADO!” La voce di Vulcano era talmente forte che si sentiva perfettamente.
“Ciao Vulcano” rispose piatto il biondo, lanciando gli occhi al cielo.
Lo sai che diamine di ore sono? Lo sai che non è ancora sorto il sole? Lo sai che la gente a quest’ora potrebbe ancora dormire? Ne sei consapevole? EH?!
“Ma smettila, imbecille, lo sappiamo entrambi che eri già sveglio. E, per la cronaca, so perfettamente che non è ancora sorto il sole, sono qui fuori!”
...
“Vulcano?”
Fuori dalla Lega Pokémon?
“No, fuori dal Museo di Mineropoli. Se chiamo te, secondo la tua opinione, dove posso essere? Fuori da cosa?”
Ok, dalla Lega. Ma che ci fai qui?
“Se mi apri, magari te lo spiego. Ah, chiama anche Camilla e i tuoi colleghi. Devo... anzi, devono parlarvi di una cosa molto importante”
Devono?
“Sì. Con me ci sono Ayumi... e i suoi... colleghi, diciamo”.
Ayumi? Tua sorella?
“Vulcano, per favore. Piantala con le domande idiote e aprici. È davvero importante”.
Va bene, scusa”. E la chiamata terminò.
“È davvero un deficiente sussurrò con l’ombra di un sorriso. Poi il grosso portone della lega si aprì e il ragazzo con i capelli rossi fece capolino, facendo cenno di entrare.
“Ma quanti diamine siete?” chiese Vulcano squadrandoli stupito.
“Per fortuna, non troppi pochi” ribatté Ayumi con un sorriso di cortesia, ma stanco. L’altro sollevò un sopracciglio ma, notando l’aria seria dei presenti decise che non era il caso di lasciar passare troppo tempo.
“Seguitemi, sono tutti riuniti in uno dei campi di battaglia principali” riprese il Superquattro, guidandoli attraverso una serie di corridoi.
Dopo un paio di minuti entrarono in una sala enorme, ma diversa dai soliti campi di battaglia. Su un lato c’erano delle grandi vetrate coperte da spesse tende e il soffitto alto era inclinato, come se si trovassero in una specie di soffitta. Il pavimento era di una pietra lucida e grigia e le luci fredde illuminavano la stanza da delle costruzioni che ricordavano i candelabri antichi, nonostante funzionassero a corrente elettrica. Dalla parte opposta della sala si aprì una porta e ne entrarono quattro figure, che vennero raggiunti da Vulcano.
“Salve, Corrado, da quanto tempo!” esordì cortese con un piccolo sorriso una giovane che sembrava avere la stessa età di Corrado e Vulcano. Aveva i lunghi capelli biondi che scendevano liberi fino ad arrivare ai fianchi, i ciuffi lunghi sul viso trattenuti a stento da dei fermagli a forma di goccia neri. Era completamente vestita di nero, abbigliamento particolare ma che faceva risultare quella che era eleganza naturale.
“Camilla” rispose il Capopalestra chinando il capo a mo’ di saluto.
“È la Campionessa” sussurrò Len al gruppo di Guardiani. “Quelli dietro di lei sono Aaron, Terrie, Luciano e, appunto, Vulcano” continuò, indicando con un cenno del capo i Superquattro.
Aaron era un ragazzo, più o meno dell’età di Sharda, forse un pochino più grande. Aveva i capelli verdi ed era vestito con i colori del bosco con la casacca marrone e i pantaloni verde oliva larghi. Terrie era una signora un po’ avanti con l’età dai capelli grigi, ma trasmetteva ancora energia. Vestiva con colori chiari e aveva uno scialle marrone appoggiato con grazie sulle spalle. Luciano invece sembrava essere sui trentacinque anni e aveva l’aria di una persona distinta e anche un po’ pomposa. Indossava un completo viola chiaro con abbinata una camicia del medesimo colore ma scuro. Reggeva in mano un libro dall’aria un po’ antiquata e ne scrutava attentamente le pagine, sistemandosi gli occhiali dalla montatura sottile quelle volte che scivolava lungo il naso. Aveva lanciato solo una rapida occhiata ai gruppi di Guardiani quando era entrato, ma il suo prezioso libro sembrava interessarlo di più.
“Sarà dura. Quel tizio sembra averne già piene le palle di noi prima ancora di sentirci parlare” sussurrò Seoyun indicando il Superquattro con i capelli viola con gli occhi.
“Dobbiamo provarci... speriamo solo che sia uno su cinque” borbottò Seir, che era dello stesso avviso della Guardiana di Moltres.
“Perché ci hai chiamati Corrado? Lo sai che non mi piace essere tenuto sulle spine” esordì Vulcano che era palesemente agitato: continuava a passare da un piede all’altro.
“Loro... sono venuti da me poco fa. E mi hanno... avvertito di un avvenimento molto preoccupante” iniziò il ragazzo.
Aaron si accigliò. “È qualcosa di cui siamo al corrente?” chiese, ma l’altro scosse la testa.
“In realtà... deve ancora accadere”. Nessuno commentò, ma Camilla fece un cenno per chiedergli di proseguire. “Arenipoli verrà distrutta. Da un terremoto, tra due giorni per... beh, non per origini naturali, diciamo”.
“È alquanto improbabile, questa non è una zona ad altro rischio sismico e ce ne vorrebbe uno davvero forte per distruggere una città ben costruita e solida come Arenipoli” intervenne Terrie, scettica.
“Io so che non mi mentirebbero mai. Se così hanno detto, così sarà... ne sono sicuro”.
“Come puoi esserne così certo?” domandò di nuovo Aaron.
Corrado si avvicinò ad Ayumi e le appoggiò una mano su una sua spalla. “Lei è mia sorella. E non è il tipo da dire cose simili per scherzo. Inoltre, ha spesso a che fare, lei e questi altri ragazzi, con situazioni strane. Lei ha visto cose che neanche voi potete immaginare” affermò il Capopalestra, ripensando a ciò che la sorella gli aveva raccontato.
“Tipo cose che devono ancora avvenire?” ironizzò Luciano, sempre osservando il suo libro.
“Quella in realtà sarei stata io a vederlo” intervenne Anneke. Gli occhi di tutti si puntarono su di lei. “Io conosco ogni cosa passata e presente, ma il futuro è volubile e spesso imprevedibile. Ma questo è un avvenimento sicuro, pianificato, quindi ho saputo leggerlo tra gli intrecci di quel che sarà” iniziò a raccontare.
“Certo” rise Luciano ironico. “E io sono la Fata Madrina”.
“Sono lieta di apprendere questa tua notizia, ma non vedo come possa centrare con il nostro discorso” ribatté Anneke, guadagnandosi un’occhiataccia dal Superquattro.
“Mi sento un po’ scemo a chiedertelo, lo ammetto, ma come è che faresti?” chiese Vulcano, più che altro in nome della sua amicizia con il ragazzi di Arenipoli. Era una persona seria e sapeva che non avrebbe mai disturbato i Superquattro se non fosse stato per un grave motivo.
Anneke, a quelle parole, sorrise. “Avete mai sentito parlare dei Guardiani delle Leggende?” chiese. I suoi ascoltatori, ad uno ad uno, scossero la testa. “E allora credo che sia ora di iniziare con una bella storiella che in occhi conoscono, solo i saggi anziani che risiedono nei più antichi santuari dedicati ai Leggendari.
“Qualche anno fa, gli Umani iniziarono a manifestare comportamenti negativi nei confronti di chi precedentemente adoravano. Essi iniziarono a pensare che, se li avessero catturati, piegati al loro volere o addirittura eliminati, avrebbero avuto il diritto di essere i padroni del mondo. E così iniziarono i primi affronti, a formarsi i primi team e cose del genere. I Leggendari, che dapprima vivevano a contatto con il mondo si sono mano a mano ritirati in posti segreti o dimensioni e sono così spariti dalla circolazione. Aspettavano che le acque si calmassero, ma così non fu. Anzi, la situazione peggiorò ulteriormente. Allora Arceus, che è al vertice, prese una decisione abbastanza drastica: creare a forza un ponte che collegasse Umani e Leggendari. Così, chiunque tra loro si sentisse mai minacciato avrebbe potuto separarsi da metà della propria anima, la propria Aura, e scagliarla sulla Terra. La mezza anima si sarebbe incarnata in un Umano compatibile, spesso un neonato, e avrebbe preso il posto di mezza anima della persona. Ovviamente la metà mancante sarebbe tornata dal Pokémon. Così si formerebbe un Guardiano delle Leggende, per metà Umano e per metà Leggendario, in grado di fare cose fuori dall’ordinario... e di fare da scudo al proprio Leggendario.
“Questo siamo noi... o almeno, quasi tutti. Natural e Marisio sono Guardiani dell’Aura... degli esseri umani... ‘normali’, diciamo così”. Anneke fissò uno per uno i rappresentati della Lega Pokémon. “Il nostro scopo è cercare di riavvicinare i Leggendari alla realtà Umana, bloccando chiunque tenti di fare loro del male... a qualunque prezzo” affermò.
“Siete... delle specie di ibridi?” chiese Aaron titubante.
Sharda, a quelle parole, storse il viso in una smorfia infastidita. “Che brutto termine. Ma se ti fa comodo chiamaci pure così. Ma non dimenticare che, anche se solo per metà, Umani restiamo. Così, quando Anneke ha saputo che cosa... accadrà... non abbiamo saputo rimanere in un angolo indifferenti. Possiamo evitare una tragedia e... iniziare ad avvicinarci al contempo al nostro scopo” spiegò.
“Quelle persone sono capaci da fare qualsiasi cosa... uccidere persone non è nel loro interesse, non cambia nulla per loro. Arriverebbero ad uccidere chiunque, pur di arrivare a noi e successivamente ai nostri Leggendari. Abbiamo l’occasione di indebolirli ma... la gente non ci ascolterebbero mai. Ma Corrado ci ha detto che voi avreste potuto crederci e aiutarci... in qualche modo” parlò finalmente Ayumi, anche se la sua voce andava via via scomparendo.
“In che modo, precisamente?” chiese Vulcano.
“Voi siete persone di un certo spessore. Le persone pendono dalle vostre labbra. Se voi ordinaste un evacuamento tutti vi ascolterebbero e senza chiedere il perché. Se a chiederlo fossero loro, o anche io stesso, le persone non crederebbero alle nostre parole” disse Corrado.
Camilla osservò i presenti, sentì i pareri dei Superquattro e poi sospirò. “Non so davvero Corrado. La storia che ci state raccontando è... assurda” esordì.
“Ma è tutto vero, non siamo dei bugiardi!” esclamò Rein, facendo un qualche passo in avanti. Sharda lo afferrò per i retro della maglia, bloccando la sua marcia furiosa, borbottando qualcosa per convincerlo a calmarsi, ma l’altro non si arrese. “Io sono il Guardiano dell’Arcobaleno, di Ho-Oh. Guardate” e così dicendo accese una fiamma arcobaleno sul palmo della mano. Ci furono dei mormorii tra i Superquattro e Camilla sospirò nuovamente.
“Siete solo dei ragazzi...” mormorò con tono dolce. Sembrava volesse aggiungere dell’altro, ma le luci tremolarono e si udì una nuova voce, potente e... leggermente divertita, oltre che conosciuta a diverse persone in quella sala.
“Sì. Sono solo dei ragazzini” disse. Poi, uno spiraglio color blu elettrico si aprì tra i due gruppi e da esso uscì Dialga. “Ma restano comunque Guardiani” concluse il Pokémon Leggendario.
Tutti i presenti erano sbigottiti, chi più che meno, chi per un motivo e chi per l’altro. Ma questo non impedì a Kurai di commentare con un ‘fortuna che la sala è grande’ che il Leggendario ignorò puntualmente, pur girandosi verso i Guardiani, sbuffando.
“Siete dei veri piantagrane. Ma abbiamo ammesso che la ragione è dalla vostra parte. Non possiamo allontanarvi dalla vostra duplice natura. Dunque, sì, perché non prendere la palla al balzo? Vi abbiamo lasciato agire, ma il tempo scorre. Vi aiuteremo” affermò il Leggendario del Tempo.
“A cosa dobbiamo questo vostro deliberato cambio di idea?” chiese Anneke, fissando il proprio Leggendario con un sopracciglio inarcato.
“Dovrete ringraziare Lugia. Ci ha fatto un discorsetto... illuminante, direi” rispose Dialga. “Sono tutti fuori che vi aspettano, i vostri Leggendari. Gli altri sono pronti, in attesa nel Paradiso Parallelo. Per la prima volta dopo tanto tempo, coopereremo. Siete pronti? L’operazione potrebbe essere comunque difficile, in qualunque modo essa vada. E sarà lunga, molto lunga” li avvertì.
“Io dico che stavamo aspettando solo voi!” rispose Shiho con un sorriso. Poi si voltò verso la Campionessa. “Ci credete adesso? Volete aiutarci oppure no? Credo che vedere dei volti conosciuti sarà rassicurante per la popolazione di Arenipoli”.
Nonostante i Superquattro volessero dire la loro, Camilla parlò senza interpellarli. “Sono d’accordo. Ci sarà un bel po’ di lavoro da fare. Io e Vulcano veniamo con voi. Poi...” si voltò con aria pensierosa verso i rimanenti Superquattro. “Aaron, vai ad avvertire i Capopalestra della zona. Se l’evento sarà così catastrofico potremmo aver bisogno di una mano. Guarda se Omar e Marzia sono disponibili. Terrie, Luciano... documentatevi. Cercate qualunque cosa possa esserci utile sui terremoti, sulle leggende, sui Guardiani... qualcosa mi dice che ne avremo bisogno da ora in poi. Luciano, già che ci sei avverti anche Ferruccio, quando consulti la biblioteca di Canalipoli. Sono sicuro che si metterà in contatto anche con Pedro. Terrie, tu potresti passare da Memoride? Magari mia nonna sa qualcosa di tutta questa storia”. Tutti, eccetto Luciano, annuirono.
“Ti sembra il caso di mobilitare tutta questa gente per un evento che deve ancora avvenire Camilla?” domandò, ancora scettico. Dialga, offeso, lanciò un forte ruggito che fece sobbalzare la maggior parte dei presenti, e ridere altri.
“Bene. Possiamo andare. Siete venuti in volo o...?” chiese Vulcano con allegria. Seoyun, Anneke, Seir, Len e Rein si scambiarono un’occhiata e iniziarono a ridacchiare, mentre Corrado sospirò.
“Preparatevi a cercare di non cadere” disse solo. Poi Dialga li teletrasportò via.
 

_Fonte Saluto_

 
Camilla e Corrado traballarono un attimo, mentre Vulcano cadde lungo disteso, con sommo divertimento da parte di Seoyun.
“Ah... cosa ridi... ha fatto malissimo!” si lamentò quell’altro, ricevendo le scuse dalla ragazza e una mano ad alzarsi. Così si concentrò finalmente su ciò che lo circondava e... “Oh. Mio. Arceus” sillabò.
Tutti i Leggendari dei Guardiani li stavano attendendo alla Fonte. Anche Corrado e Camilla erano a bocca aperta, mentre ogni Guardiano affiancava il rispettivo Leggendario.
Articuno si voltò verso Ayumi e poi tornò a fissare Corrado. “Così sei suo fratello” mormorò. “Non vi assomigliate” aggiunse subito dopo. “Ma dopotutto i tratti di Ayumi sono cambiati dopo le Unioni effettuate, quindi la cosa non mi sorprende più di tanto” aggiunse ancora, parlando più con se stessa. Campionessa, Superquattro e Capopalestra si guardarono confusi.
“Ehm... vi spiegherò... più avanti” intervenne esitando Ayumi, trattenendo anche una risata nel fissare la faccia ampiamente perplessa del fratello.
“Giusto, adesso dobbiamo pensare a come avvisare la popolazione della catastrofe” annuì Camilla, tornando seria.
“Non c’è problema, la Torre di Arenipoli ha un sistema per le comunicazioni d’emergenza, possiamo usare quello e chiedere alla popolazione di radunarsi in un posto per spiegare a voce cosa succede” intervenne il Capopalestra.
“Perché spiegarlo a voce?” chiese Moltres, che si era avvicinata facendo prendere uno schioppone ai tre.
“Beh... perché... potrebbero non crederci nell’immediato. E più tempo abbiamo a disposizione, meglio è” rispose quello fissato con i tipi fuoco.
Anneke annuì e si voltò per fissare negli occhi il proprio Leggendario. “Dialga... potremmo aver bisogno del tuo aiuto” gli disse.
“Lo immaginavo” borbottò quell’altro chinando il capo come se stesse annuendo.
“Immagino che seguiranno il consiglio se proviene direttamente da quella che è considerata una Leggenda” si espresse Yun quasi canticchiando, spuntata a caso da un punto imprecisato. “Comunque... Arenipoli, da quello che ho potuto constatare, è una città piuttosto grande” continuò poi.
“Abbastanza, anche se non la più grande” annuì Corrado.
“Dove la mettiamo tutta la gente?” chiese la Guardiana dei Venti Roventi ancora. Tutti i presenti ammutolirono e si scambiarono un’occhiata.
“Potremmo... metterli qui, nel bosco” propose Ayumi. “È più spazioso di quel che sembra, ed è vicino. E c’è il portale per il Mondo Distorto, per qualsiasi evenienza. Inoltre è a metà strada da Riva Valore, che a sua volta è vicino a Pratopoli, e anche a Rupepoli” continuò.
“Per piantare delle tende non ci vuole troppo” concordò Sharda.
“Ma i Pokémon selvatici potrebbero essere un problema” ipotizzò Vulcano, ma venne smentito da Natural, che scosse la testa.
“Basterà parlare con loro. Ascolteranno noi Guardiani o gli stessi Leggendari” affermò convinto.
“I feriti dell’ospedale possiamo trasferirli in quelli delle città vicine. Ho mandato Aaron apposta. Dovrà essere una cooperazione tra tutta la regione, voi Guardiani e i Pokémon”. Camilla sorrise e scosse la testa. “Sarà uno degli eventi più grandi e strani che il mondo abbia mai visto negli ultimi anni” mormorò.
 

A tutti gli abitanti di Arenipoli, attenzione”. Su ogni televisore apparve il volto del Capopalestra, serio. Da ogni radio e altoparlante nella città fuoriuscì la sua voce, un po’ tesa. E tutte le persone iniziarono a farsi domande. “Probabilmente sarete sorpresi dal mio avviso e lo sarete ancor di più dopo aver saputo cosa sto per dirvi”. Corrado era in piedi, in cima alla Torre, nella stanza dove solo lui poteva entrare. Aveva una telecamera e un microfono puntati contro di lui, oltre che lo sguardo serio anche se un poco curioso della Campionessa, di sua sorella, la Guardiana del Tempo e il Guardiano del Giudizio Ferreo. “Arenipoli è in pericolo. Voi siete in pericolo. Pertanto vi invito a prepararvi per evacuare la città. I capifamiglia, o comunque dei portavoce vengano tra mezzora alla Palestra per discutere dei dettagli, che poi saranno tenuti a diffondere. Coloro che resteranno fuori da questa riunione inizino a prepararsi. Lasciate i vostri lavori, andate a prendere i vostri figli a scuola e prendete con voi il necessario. Poi aspettate fuori dalle vostre case. Vi invito a mantenere l’ordine, e andrà tutto bene”. La comunicazione si interruppe e Corrado si permise di sospirare.
“Andava bene, direi” annuì Camilla. L’altro diede solo un lieve cenno d’assenso, prima di voltarsi verso i Guardiani.
“Adesso tocca a voi” disse.
“Saremo illuminanti, stanne certo” rispose Sharda. “Andiamo alla Palestra”
Passarono la successiva mezzora in silenzio. Ayumi fissava la sua città con crescente tristezza. Arenipoli era un gioiello della tecnica e dell’architettura, unita ad un profondo rispetto per la natura. E stava per essere rasa al suolo.
La sua città di origine.
Faceva strano a pensarlo così. Lei sentiva di appartenere a quel posto, come se fosse scritto nel suo corredo genetico... ma le sembrava comunque strano. Dopotutto quando l’avevano portata via da quel posto aveva quanti, quattro anni? Probabilmente meno. ‘Deve essere una caratteristica dei Guardiani avere una memoria molto ferrata. Anche Seoyun si ricorda cosa di quando era molto piccola’ rifletté l’albina.
“Stanno entrando. Siete pronti?”. La voce di Camilla la riscosse dai suoi pensieri. Ayumi annuì, poi si ricordò di un particolare.
“Corrado, Camilla... per favore, dite loro di non aver paura. Se lo fate entrambi forse è meglio” disse. I due si guardarono confusi ma non dissero nulla. Nulla al di fuori di ciò che gli era stato chiesto di dire alle persone che avevano affollato a Palestra.
“Grazie per essere venuti con così poco preavviso. Ora vi sarà spiegato tutto. Cercate di mantenere la calma”
“Non abbiate paura, non vi accadrà nulla di male”.
Ayumi annuì in direzione di Anneke, e lei richiamò il suo Leggendario. Le persone urlarono e restarono a bocca aperta nel veder comparire i grande Pokémon del Tempo davanti a loro.
“Ascoltate! Non spaventatevi, non vi farà alcun male!” urlò Sharda forte, per farsi sentire, ma il panico divagava. Allora Dialga ruggì, forte, facendo regnare nuovamente il silenzio sovrano.
“Placatevi, Umani. Non sono qui per arrecarvi danno, ma per aiutarvi. Siete in pericolo: un terremoto distruggerà Arenipoli tra meno di due giorni”. La sua voce rimbombava nelle menti di tutti e presto venne raggiunta da delle immagini. Macerie e distruzione. Anneke riconobbe la sua visione. “Questo è ciò che accadrà. Se non vi fidate di noi, se non vi lasciate aiutare, morirete”. La visione venne sostituita da una serie di immagini che mostravano il lungomare, il bosco e la Fonte Saluto. “Questo è il luogo dove dovete dirigervi. Stiamo già provvedendo ad organizzare. Una volta che sarete lì, ascoltate questi ragazzi”. Immagini dei volti di tutti i Guardiani vennero inviate alle menti dei presenti. “Loro sono i Guardiani, persone, come voi ma con un enorme potenziale. Loro vogliono salvarvi e voi dovrete ascoltarli. Così riusciremo ad evitare la vostra morte, anche se non c’è nulla che possiamo fare contro la distruzione della vostra città”.
Dialga tacque e si ritirò dalle menti delle persone. Nessuno parlò.
“La situazione è drammatica. Abbiamo bisogno della vostra cooperazione, se non della vostra fiducia. Abbiamo bisogno della vostra cooperazione” li pregò Ayumi.
Una ad una, le persone annuirono, scosse e spaventate. Poi iniziarono a parlare, tutte assieme, a piangere, ad avere paura, come se fossero uscite da una sorta di trance tutte assieme. La Guardiana dei Venti gelidi si sentì stordita da tutto quel rumore improvviso ed indietreggiò, mentre tutti gli altri provavano a rispondere ed acquietare tutte le altre persone.
“Riusciremo a salvarli?” sussurrò rivolta a Dialga.
“Questo non posso saperlo con certezza. Ma... sono confidente. Credo che questo sia stato il tanto agognato passo avanti del quale parlavate” rispose quello con voce insolitamente dolce. Ayumi sollevò lo sguardo, piantandolo meglio occhi cremisi di Dialga, che annuì.
 

“È merito vostro”.
 


Angolino nascosto nell’ombra
Prima di iniziare a dire le mie solite cretinate, volevo mantenere un attimo la serietà e mettere in chiaro una cosa. Questo capitolo, o meglio, questo avvenimento, ce lo avevo in mente da un bel po’, da tipo un anno, o anche di più. Parlo del terremoto e della distruzione di Arenipoli. Non è assolutamente ispirato agli avvenimenti degli ultimi giorni, non mi ispirerei MAI  ad una catastrofe del genere per scriverci una fanfiction in questo modo. MAI. Non sono una persona così meschina e insensibile.
Spero che nessuno si sia sentito offeso o sbeffeggiato leggendo questo capitolo. Se sì, vi chiedo scusa, non era minimamente la mia intenzione. È stata davvero solo una tetra coincidenza. Spero comunque che nessuno di coloro che legge questa storia sia stato coinvolto. Perché il terremoto l’ho sentito io, che vivo in Trentino, e quando ho saputo dove era l’epicentro mi sono precipitata a scrivere a persone che abitano nella zona.
Quindi il mio non è un aprofittarsene di situazioni attuali come questa. Perché sarebbe un colpo basso davvero infimo e non sono una persona del genere.
Bene. Volevo solo mettere in chiaro.
Ora, tornando al capitolo. Il caro e piccino Rein ha tirato fuori i cosiddetti e ha infervorato gli animi (letteralmente, è quello il potere di Ho-Oh dopotutto) degli altri Guardiani, portandoli ad una piccola rivolta. E alla fine c’hanno pure ragione loro.
Tiè, insomma.
E, niente. Ero intenzionata a dirvi quanto mancava alla fine della storia, ma ho deciso che ve lo dirò quando finirà in pratica. Cucù. Comunque non troppo. Resistete ancora un po’.
Sappiate che è stato un parto scrivere sto capitolo. Non finiva più. E io non ho tempo. Cioè, ce l’ho, ma sono sempre in giro a fare qualunque cosa. Dialga e Tao, aiutatemi voi.
Detto questo... ci vediamo... più avanti.
A data indeterminata.
Ciao-ciao.
 

Aura_

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 - Crepe ***


Capitolo 40 – Crepe

 

_Fonte Saluto_
 
-37 ore, 11 minuti e 45 secondi

Mancava una giornata e mezzo, e la radura che circondava la Fonte Saluto si stava riempiendo di tende colorate, tendoni ospitanti lunghe tavolate, cucine improvvisate, luoghi di gioco per i più piccoli e qualunque altra attrazione o costruzione che potesse dimostrarsi utile.
Corrado si era arrampicato sull’altura che permetteva di vedere sia i suoi concittadini al lavoro sia la piatta e limpida acqua del laghetto, che sembrava quasi appartenere ad una realtà diversa. Così tranquilla, così imperscrutabile... del tutto estranea all’agitazione e all’ansia che accompagnavano lo scorrere rapido dei minuti.
“Ehi, Capopalestra elettrico!”. A quel richiamo il ragazzo puntò i suoi occhi in basso, nel verso opposto rispetto a quello dell’acqua che aveva osservato fino a quel momento, proprio in tempo per vedere una signorina sedersi con assai poca grazia per terra, affaticata.
“Lo sai vero che se avessi usato uno dei tuoi Pokémon sarebbe stato più immediato e meno stancante e pericoloso?” chiese il ragazzo sollevando un sopracciglio.
“I miei Pokémon sono già liberi e pronti ad aiutare le persone della tua città. E poi devo tenermi in forma!” esclamò quell’altra allegramente, battendosi il pugno sul petto. Si raddrizzò poi, spazzolandosi i vestiti con i palmi delle mani. “È terribile. Quello che... beh, quello che sta per succedere, per quanto strano sia dirlo”.
“Non me ne parlare Marzia... non me ne parlare" mormorò piano l'altro in risposta.
"Ehi, non ti crucciare troppo! Sia io che Omar siamo qui per dare una mano... sono sicura che andrà tutto bene. So che Aaron è andato a parlare anche con Fannie e forse anche Pedro e Ferruccio, loro potrebbero esserci d'aiuto... riflettendoci anche Gardenia... e...!"
"Ci serve tutto l'aiuto possibile, ma posso capire se non verranno. Sinceramente, sono sorpreso che già voi due siate qui... è una richiesta talmente assurda, dopotutto..."
"Tu ti fidi troppo poco delle persone, Corrado. E talvolta non è neanche necessariamente una cosa negativa, ma il troppo stroppia". Marzia gli regalò un luminoso sorriso. "Forza, adesso andiamo! C'è un sacco da fare qui!" esclamò con forza, per poi avviarsi come se volesse scendere, bloccandosi subito dopo. "Mh... com'è che scendiamo adesso?".
 

-33 ore, 32 minuti e 06 secondi

Anneke fissava assorta la città di Arenipoli, ormai innaturalmente silenziosa. Era tutto perfettamente immobile e in ordine, ma lei non riusciva a togliersi dalla testa quelle visioni di distruzione, e quali si sovrapponevano alla perfezione allo scenario ordinario che le si parava di fronte.
Sospirò, affranta. Sembrava che tutto girasse attorno ad Ayumi. Che la giovane Guardiana di Articuno fosse il tassello mancante, la chiave di volta?
'Un'Aura Impura, così vicina al baratro oscuro e così pericolosa per se stessa e chi la circonda... certo, potrebbe essere... o forse perché è il loro punto sicuro, su noi altri non sanno molto... c'è qualcosa in lei, quasi sicuramente... altrimenti perché accanirsi tanto su una singola Guardiana, quando siamo un gruppo?'
La Guardiana del Tempo scosse la testa. Ancora una volta, quei pensieri non la stavano portando da nessuna parte. "Sembra tutto un mero scherzo del destino" mormorò piano, solo per il desidero di spezzare quel silenzio.
“Sì, è quello che pensano tutti, me compreso”. Kurai se ne stava appoggiato al tronco d un albero, riparato dall’ombra dei suoi rami e fissava il mare. “Siamo creature nate da degli esperimenti, sconosciute al genere umano. Le persone normali ci devono vedere come dei mostri” sbuffò ancora, come se trovasse quella situazione divertente. Non era il suo caso, comunque, e Anneke lo sapeva benissimo.
“Fai sempre il duro e quello che non vuole amici... ma in realtà tieni a noi più di quanto non vuoi far vedere, non è così?”. L’altro ricambiò il suo sguardo per alcuni secondi, prima di tornare a fissare il vuoto.
“Darkrai ti chiama ‘Figlia di Dialga’. Tu sei meno Umana di tutti noi Guardiani... e in quanto tale non hai, o hai avuto, una famiglia”. Tornò a fissarla e Anneke lesse nelle sue iridi dorate e venate d’azzurro quanto dolore nascondeva in realtà il Guardiano degli Incubi. “Se tu fossi come me e avessi passato e visto quello che io ho vissuto... credimi, faresti di tutto perché questo non accada di nuovo, a te ma anche alle persone che volenti e nolenti ti stanno accanto. Perché la loro agonia diventa la tua”. Quando la Guardiana di Dialga non trovò niente da replicare, Kurai continuò. “Ogni tanto tendo a dimenticarmi che siamo dei ragazzi. Quanti anni ha il maggiore di noi, venti? Beh non molti di più. Ti pare giusto? Quella ragazza, Ayumi... non so tanto di lei, è vero, ma... ha quindici, sedici anni e ha perso chiunque, tranne il fratello. E anche i ho perso i miei genitori e ho meno di due anni in più di lei. Quando vivi in questa situazione, è normale non volersi affezionare ad altri, perché poi ha sempre il terrore di vederli sparire dalla tua vita come tenui e vacue spirali di fumo... lasciandoti solo, al punto di partenza. Tu non hai avuto una famiglia... e queste cose non le puoi sapere. E io ti invidio, per questo” sussurrò Kurai.
“Ti ringrazio per avermelo detto. Ho l’impressione che tu ti stia tenendo dentro da tanto... perché lo stai dicendo a me? E perché adesso?”. Anneke era inquieta. Un discorso lungo da parte di Kurai era anormale e in quella situazione non lasciava presagire nulla di buono.
Il Guardiano di Darkrai sbuffò nuovamente. “Siamo al capolinea, no? Ricordati che il tipo Buio mi conferisce una certa empatia nei confronti di ciò che mi circonda. Ho delle... sensazioni, diciamo così. Non so quale sarà l’esito finale di tutto questo casino, ma di sicuro tu andrai avanti. Sei la Figlia di Dialga, praticamente una divinità. E quindi persevererai nel tempo, e racconterai ai nostri successori cosa noi abbiamo affrontato e ciò che devono veramente e apprendere; non sto naturalmente parlando del dominio del proprio Potere. Io ti ho raccontato ciò che provo perché tu possa tenerne conto in un futuro e per quanto riguarda il momento... ho delle sensazioni, non prevedo il futuro. Per quanto ne so, un albero potrebbe cadermi in testa e schiacciarmi la zucca tra... mh... quanto rimane?”
“Trentatré ore, ventisette minuti e cinquantotto secondi”
“Ecco. Questo è quanto. Ora vieni, c’è un sacco di lavoro da fare”.
 

-29 ore, 56 minuti e 38 secondi

Seoyun stava aiutando tenendo  bada i più piccoli, facendoli giocare e stando attenta che non si perdessero nel bosco o che non venissero a contatto in modo pericoloso con un Pokémon selvatico. Aveva detto loro che potevano chiamarla come volevano, benché le facessero intendere che stavano parlando con lei.
“Sorellona, mi prendi in braccio?” chiese una bimba che mostrava sui quattro anni. Yun la tirò su prendendola sotto le spalle e facendola girare una volta che fu staccata da terra, facendola ridere. La ragazza però aveva lo sguardo assente e la mente da un’altra parte. Fu riportata a terra dalla bimba che afferrò il suo braccio con le piccole mani per poi indicare con l’indice un punto tra gli alberi. “Perché ci sono le ambulanze?” aveva chiesto la piccola.
“Perché le persone in ospedale qui devono essere spostate. Adesso tu guarda i tuoi amici e tienimeli a bada, ok? O devo andare a parlare con quelle persone”. La Guardiana aspettò che la piccola annuisse con foga, gonfiando il petto con aria importante e marciasse via, prima di dirigersi verso i nuovi arrivati. “Buongiorno” salutò cordiale.
“Buongiorno a lei signorina. Che cosa sta succedendo qui? Non ci hanno spiegato bene il perché e il percome, ci hanno solo detto di venire con le ambulanze... sembra qualcosa di totalmente insolito!” borbottò l’autista di uno dei mezzi, grattandosi il mento completo di barba con fare pensieroso e sgranando gli occhi quando Mew si materializzò lì vicino, per scomparire un attimo dopo.
“Insolito a dir poco. È un po’ complesso da spiegare, ma ora le chiamo Corrado, d’accordo?”. Quando l’altro le diede un cenno affermativo, Yun lo liquidò con un veloce ‘arrivo subito’ e iniziò svelta a cercare tra la folla il Capopalestra della città, facendo slalom tra le centinaia di persone presenti. E finendo per sbattere contro Leonardo.
“Ciao Yun. Ti mancavo?” scherzò lui, facendole l’occhiolino.
“Cortesia simpatia, Len, non fare l’idiota. Hai visto Corrado?” sbuffò la rossa, togliendosi una ciocca ribelle dall’occhio sinistro.
“Sì, dovrebbe essere sotto l’altura che circonda il lago. Vieni con me, magari è ancora lì” rispose lui tornando immediatamente serio e prendendo la mano della ragazza, per poi condurla versi il luogo citato.
Corrado era effettivamente ancora lì, a discutere in presenza di Camilla con Fannie e Pedro, appena arrivati dopo essere stati avvertiti da Aaron.
“Corrado!” irruppe nel discorso senza annunciarsi Seoyun, “Sono arrivate le ambulanze. Ti aspettano al confine degli alberi, da quella parte... io non ho saputo dirgli nulla di più”.
“Ah, grazie mille... ehm...”
“Seoyun” suggerì la Guardiana, concedendosi un piccolo sorriso.
“Seoyun. Bene, signori, credo di avere un’altra priorità al momento. Continueremo il discorso dopo, se non vi dispiace” si congedò il Capopalestra di Arenipoli, prima di seguire di due Guardiani. Accanto alle ambulanze trovarono anche Omar, che parlava in modo amichevole con gli autisti. “Grazie ragazzi. Andreste a cercare mia sorella, per favore? Non la vedo da stamattina e non capisco dove sia finita”.
“Non c’è problema. Ma... dopo com’è che facciamo a rintracciare te?”. Ci fu un secondo di silenzio, poi Len scosse le spalle. “Yunnie, io vado con Corrado, tu cerca Ayumi. Tanto sembra che in un modo o nell’altro ci incontriamo, o scontriamo in questo caso, nonostante tutto” cinguettò allegro, facendo l’occhiolino alla ragazza e schivando un calcio che lo avrebbe preso dritto negli stinchi.
Il tutto sotto gli sguardi confusi e divertiti dei presenti.
 

_Grotta Ritorno_
 
-28 ore, 15 minuti e 59 secondi

Shirley seguiva a poca distanza Ayumi mentre quest’ultima si inoltrava a passo svelto nella Grotta Ritorno. Davanti loro due, un’ombra scura e dall’aspetto quasi fangoso, liquido, che si trascinava senza emettere suono, guidata in quel suo strisciare da due punti rossi luminosi. Giratina era dunque in una forma quasi buffa ed esteticamente non adatta al suo calibro, ma a livello pratico era stata la scelta migliore poiché la grotta, influenzata dall’ultimo portale aperto del Mondo Distorto che nascondeva, si plasmava e cambiava in continuazione. Era dunque necessario muoversi vicine e la Leggendaria non poteva permettersi di assumere le sue normali sembianze, sia perché attraverso le porte create a grandezza d’uomo non ci passava, sia perché usando Oscurotuffo per attraversare queste ultime, dunque sparendo e riapparendo oltre l’ostacolo, avrebbe rischiato di perdere le due Guardiane.
“State vicine” raccomandò nuovamente mentre scivolava attraverso un’insenatura. Le due ubbidirono, marciando silenziosamente attraverso la porta. Shirley sbuffò, un po' seccata. Era un quarto d'ora che camminavano in tondo per stanze tutte uguali, aggirando o abbattendo rocce che ostacolavano loro il cammino, evitando passaggi che si richiudevano all'improvviso e tetti che franavano; il tutto per raggiungere chissà che luogo per chissà quale motivo, dato che né Ayumi, né Giratina si erano prese la briga di dirle nulla.
"Questa è la terza sala con il solito pilastro centrale che passiamo. C'è una logica in quello che stiamo facendo o stiamo girando totalmente a casaccio?" chiese, avvicinandosi ulteriormente ad Ayumi.
"Coloro che adoravano Giratina in passato venivano spesso perseguitati, perché lei era vista come una sorta di demonio dagli antichi: un Pokémon Leggendario nato per servire il Caos e ribellatosi agli ordini imposti dalla natura, e dunque Arceus; ancora oggi non viene compreso il ruolo significativo e necessario di Giratina, che viene chiamata ancora il 'Pokémon Ribelle'. Dunque Giratina stessa, plasmando dal Mondo Distorto la Terra, creò la Fonte Saluto, una specie di spazio segreto accessibile solamente a coloro i quali non ignoravano la sua collocazione mentre il Sentiero Fonte restava invisibile agli occhi degli ignari. All'interno della Fonte si creò la Grotta Origine, che offriva loro rifugio e protezione. In fondo alla grotta c'è un santuario, dove i Seguaci del Caos si riunivano per adorare la loro dea. Anche se dire così non è del tutto corretto" disse l'albina.
"In che senso?"
"Nel senso che il santuario era solo un modo per separare la stanza dalle altre. I riti e le preghiere avevano luogo direttamente nel Mondo Distorto. Ma la dimensione non doveva rischiare di essere contaminata dagli Umani, loro non potevano controllarla, non potevano conquistarla. Nonostante fossero profondamente devoti, c'era comunque il rischio. Dunque la Grotta Origine porta all'ultimo portale del Mondo Distorto ancora aperto nel mondo, ma esso porta ad una zona limitata. Il Mondo Distorto supera qualsiasi concezione razionale, pertanto è possibile bloccare delle zone come se fossero circondate da delle mura invisibili. Soltanto Giratina può superarle”.
Detto questo le tre entrarono nell’ultima sala. Non c’erano più aperture o passaggi o rocce che spuntavano casualmente dal terreno: tutto era immobile e silenzioso. Shirley si voltò verso l’ingresso e vide la luce del giorno illuminarlo, l’acqua della fonte visibile. “Cosa diamine...?” si ritrovò a borbottare, confusa. Ayumi le sorrise leggermente.
“Non devi cercare un senso in questo luogo. È così e basta” le disse semplicemente. La Guardiana dello Specchio annuì e si rigirò verso il centro della stanza. Un dislivello roccioso e quadrangolare pareva fare da altare, con le colonne ai quattro vertici e la sua posizione che lo vedeva collocato precisamente al centro. Vi era una grossa lastra con iscrizioni antiche e , davanti ad essa, lievitava nell’aria una sfera nebulosa di un blu scuro tendente al violaceo, talvolta attraversato da dei bagliori di varie tonalità di rosso.
“Quello è il Portale?” chiese Shirley, avvicinandosi ed inclinando la testa. Giratina uscì dalla sua ombra, mostrandosi in tutta la sua statura nella sua forma Terrena.
“È così. Sembra piccolino, ma è solo perché siamo ancora lontani. Avvicinati, Shirley, e vedrai” aveva detto la Leggendaria. La Guardiana rimase a fissarla per un momento, per poi salire lentamente i gradini di pietra che la portarono su dislivello.
Fino a che non arrivò ad un palmo di muso dal Portale non successe nulla, ma quando provò a sfiorarlo con una mano quello si spostò verso la lastra. Lievemente divertita, la Guardiana di Latias continuò a sospingere la sfera, fino a quando questa non arrivò a toccare la stele. Quest’ultima era di ossidiana, levigata fino a renderla lustra alla pari di uno specchio: un’enorme superficie riflettente nera. La nebulosa sfera si sciolse e andò ad inseristi all’interno delle incisioni, illuminandole di una luce violetta; infine la stele sembrò diventare un vetro. Dall’altra parte, il Mondo Distorto.
“Cosa ci facciamo qui?” chiese Shirley.
“Due motivi: tu adesso sai come raggiungere questo luogo, voglio che lo trasmetti telepaticamente agli altri Guardiani e, nel caso che le cose si mettano male,  che guidiate il Popolo di Arenipoli nel Mondo Distorto. In secondo luogo, c’è una cosa è cedo sia bene recuperare, qui dentro: la Grigiosfera” spiegò Giratina.
“La Grigiosfera” ripeté lentamente la mora.
“Esatto. La Grigiosfera è come l’Adamasfera e la Splendisfera nel caso di Dialga e Palkia. È sostanzialmente un oggetto cerimoniale per stabilire un contatto e aprire un varco, ma potenziano anche i nostri poteri. Immagino che riuscire a distorcere la realtà, in questo caso, potrà tornarmi molto utile”. La Guardiana di Latias annuì e poi raggiunse Ayumi nel Mondo Distorto. Da lì le due assistettero alla trasformazione di Giratina dalla Forma Terrena alla Forma Origine. “La Grigiosfera mi permette di restare nella mia forma originaria. Procedete, è più avanti”.
Giratina rimase a sorvegliare il Portale, mentre le due camminavano per la dimensione, avanzando cautamente per evitare di venir colte di sorpresa da uno degli improvvisi cambi di gravità. Dovettero anche saltare un paio di volte da un piano all’altro, trovandosi a camminare in una posizione girata ad angolo retto rispetto alla precedente. “Cosa diamine succede in questo posto?” si ritrovò a chiedere Shirley, fissando Ayumi, finita a testa in giù all’improvviso.
“Vale la stessa risposta di prima: non devi cercare un senso. Comunque sappi che qui c’è tutto ciò che sulla terra non  deve mai accadere... tipo i cambi di gravità o le cose che cambiano all’improvviso” rispose l’albina, tendendo una mano verso l’altra per aiutarla ad arrivare nella sua stessa posizione.
“Ammetto che mi gira un po’ la testa” ridacchiò l’altra. La Guardiana dei Venti Gelidi annuì.
“Da piccola venivo qui a giocare. Per questo ho imparato a muovermi abbastanza bene, ma all’inizio è... beh, una sensazione strana”. L’albina si girò ed indicò poi un punto più avanti, dove un prisma di un grigio assai particolare era incastrato in una specie di strana costruzione contorta, simile ad una radice. “Quella è la Grigiosfera”.
Ayumi si avvicinò e la prese tra le mani. La struttura che la sosteneva si sgretolò all’improvviso, lasciando Ayumi libera di portare via con sé l’oggetto. “Torniamo indietro”.
 

_Fonte Saluto_
 
-27 ore, 02 minuti e 45 secondi

Seoyun aveva seguito il consiglio di Articuno di aspettare la sua Guardiana all’entrata della Grotta Ritorno. “Ma non ti azzardare ad entrare là dentro da sola, quella grotta è un vero labirinto e trovare qualcuno là dentro è impossibile” l’aveva avvertita, per poi andarsene.
Così Seoyun aveva raggiunto il molo sospeso sopra la fonte, all’incirca a cinque metri dal pelo dell’acqua e aveva atteso.
E atteso.
E atteso ancora.
Sdraiata sul pontile con le gambe a ciondoloni, Seoyun rimpiangeva il sole, in particolar modo quello estivo, ma anche quello del giorno non sarebbe stato male, dato che a quell’ora, circa l’una di notte, la notte regnava sovrana. Poco più di un giorno li separava alla catastrofe e Yun non si sentiva pronta ad affrontarla.
Una volta compresa la loro preziosità, gli abitanti di Arenipoli avevano iniziato ad essere pieni di aspettative nei loro confronti, e la Guardiana dei Venti Roventi ne era stata spaventata. Sentiva tutti quegli sguardi su di sé, che la giudicavano e la soppesavano, come se stessero cercando di capire se lei fosse degna oppure no del suo compito. Aveva odiato quella sensazione, e si era rifugiata dai bambini. Loro non capivano appieno la situazione e guardavano semplicemente e puramente incantati ciò che lei e gli altri Guardiani sapevano fare. Senza aspettative, perché non sapevano che aspettarsi.
Finalmente, colei la quale stava attendendo fece capolino dalla Grotta Ritorno, accompagnata da Shirley e Giratina, la quale possedeva la sua Forma Origine nonostante fosse senza ombra di dubbio sulla terra. Yun si alzò in piedi e saltò giù dal pontile, assumendo la forma Guardiana e utilizzando il Potere del Volante per mantenersi in levitazione, sostenuta dall’aria a pochi  centimetri dal pelo dell’acqua sottostante.
“Tuo fratello vuole vederti Ayu” disse solamente, tendendo una mano all’altra. Ayumi la osservò per qualche istante, per poi fare un cenno verso Shirley, che alzò il pollice in segno di approvazione. Poi, le due Guardiane di Moltres e Articuno svanirono in un vortice di vento.
 
Ricomparvero poco lontane dai confini di Arenipoli. In lontananza si udivano delle sirene. “Le ambulanze devono essere partite” disse Seoyun mentre camminavano verso la piazza di Arenipoli. Entrambe le Guardiane percepivano appieno la presenza di Leonardo poco distante dal posto dove si trovavano.
Ed infatti lo trovarono seduto su una panchina al limitare dello spiazzo vuoto, ad accarezzare un Jolteon che mugugnava contento, gli occhi chiusi. Vedendo le due Guardiane avvicinarsi, il ragazzo alzò una mano in segno di saluto, con un sorriso un po’ mesto sul volto. “Ohi. Mi hai trovato Yun, che ti dicevo?” disse.
L’altra sbuffò. “Sei un cretino. Sì, ti ho trovato e non so perché: non farti strane illusioni”.
Ayumi li osservava bisticciare mentre un piccolo sorriso le affiorava sul volto. “Articuno, Zapdos e Moltres sono un trio e sono legati. Pensate a loro come fratelli. In quanto tali, riescono uno a sentire la presenza dell’altro. Non è così anormale dunque il fatto che vi troviate sempre: è un riflesso che ancora non riuscite a gestire, probabilmente. E tra il legame che lega i due Leggendari e i vostri sentimenti...” la Guardiana dei Venti Gelidi lasciò la frase in sospeso mentre i due arrossivano. L’albina fece finta di non notarlo e indicò il Pokémon acciambellato sulle gambe di Len. “E lui?”.
“Ah! È... di tuo fratello. È uscito prima dalla Pokéball e mi si è attaccato alle gambe. Corrado ha provato a richiamalo un paio di volte, poi si èmesso a ridere e mi ha detto che gli piaccio. E quindi mi sono messo con lui ad aspettarvi qui, mentre tuo fratello è andato alla Torre. Ti aspetta lì, Ayu... credo che voglia parlarti da solo” spiegò il ragazzo, regalando a Jolteon un grattino dietro all’orecchio.
“Va bene. Tu che fai?” domandò la ragazza al Pokémon. L’altro, in risposta, sbadigliò e chiuse gli occhi, facendo ridere i tre. Poi, con un lieve saluto, Ayumi scomparve di nuovo, lasciando una fredda brezza dietro di sé. Seoyun sospirò e abbassò gli occhi sulle sue mani congiunte in grembo.
“Sono preoccupata” disse.
“Anche io” ammise cristallino il suo ragazzo, posandole una mano sulle sue, mentre quella posava i suoi occhioni turchesi su di lui, che fissava il vuoto. “È triste ed è... difficile. Ma credo che gli abitanti di Arenipoli stiano soffrendo più di noi. E quindi sto provando ad apparire il più sereno possibile”.
“Lo so. E hai ragione”. Altro silenzio. Poi Len si alzò, dopo aver fatto saltare giù Jolteon dalle sue gambe.
“Andiamo? Non ci facciamo una bella figura a stare qui con le mani in mano mentre c’è ancora molto da fare”
“È quello il problema” borbottò mesta Yun. Non rispose allo sguardo interrogativo di Len. Semplicemente, si alzò e iniziò a camminare verso la Fonte Saluto.
 
Ayumi comparve a pochi metri da Corrado.
“Chissà perché mi aspettavo che saresti comparsa a caso e all’improvviso” borbottò il ragazzo, senza alzare gli occhi dal pannello elettrico che stava controllando, con espressione corrucciata e concentrata.
“Per questo non ti sei spaventato?”
“Volevi spaventarmi?”. Ayumi fece spallucce, sorridendo. Corrado scosse la testa e si rialzò. “Vieni con me” disse. Scortò la sorella fino alla stanza di controllo, dove solo lui poteva accedere. Lì recuperò da uno zaino una Pokéball e la tese alla ragazza. “Credo che tu le manchi. Ogni tanto mi guardava negli occhi e sembrava chiedermi dove tu fossi” le spiegò il Capopalestra.
Come se si fosse sentita chiamata in causa, Vaporeon saltò fuori dalla sua sfera e si lanciò contro la sua padrona, facendole le feste. La Guardiana si inginocchiò velocemente e abbracciò la sua amica. Le era mancata davvero tanto. Però...
Fissò la Pokéball che suo fratello le porgeva e scosse la testa. “Preferirei la tenessi tu. Se tutto quel casino finirà la riprenderò, ma fino ad allora... è più al sicuro con te” disse piano. Corrado rimase a fissarla per un istante, poi annuì.
“D’accordo” disse solamente, rimettendo la sfera da dove l’aveva presa, per poi avvicinarsi alle grandi finestre. Nonostante fosse notte, la città era illuminata da diversi lampioni e segnaletiche luminose. “Questa città, da quando è diventata la patria di Sinnoh della tecnologia ha sempre avuto almeno una luce accesa. Che fossero i lampioni per strada, una lampada in casa o le luci della Palestra... c’è sempre stato qualcosa. E tutto questo... sta per essere distrutto. Ma sono felice di averlo saputo. La mia gente ha potuto salvarsi e io ho il tempo di osservare questo panorama più attentamente di quanto non abbia mai fatto. Trovo sia una fortuna”. Il ragazzo ripercorse nuovamente la sala, sotto gli occhi lilla della sorella che lo osservavano attentamente. “Ora che i nostri pazienti dell’ospedale sono stati spostati potrò spegnere la città, per la prima volta. Ho pensato che, dato che ci saranno danni ingenti non solo in superficie, ma ovunque, l’elettricità potrebbe essere pericolosa. Allora ho aspettato che le ambulanze partissero e ho fatto in modo di rinforzare alcune parti della Torre. Anneke ha detto di averla vista ancora in piedi nella sua visione. Se non sarà danneggiata troppo, sarà un ottimo punto di partenza da cui ricominciare a costruire la città da capo. Adesso è tutto ultimato... devo solo... spegnere l’interruttore”. Corrado sospirò.
“Mi dispiace tanto” sussurrò Ayumi.
“Non hai nulla di cui scusarti. Smetti di assumerti la responsabilità per tutto” la riprese dolcemente il Capopalestra. Poi, dopo aver preso un profondo respiro, Corrado abbassò la leva.
Arenipoli piombò nel buio.
 

-23 ore, 17 minuti e 11 secondi.
 
Il sole stava per sorgere, non doveva mancare poi molto. Era stata la prima notte all’esterno per gli abitanti della città. Una notte poco silenziosa e rilassata, illuminata da torce, fuochi e Pokémon e animata dal fermento dei preparativi. Ovunque sorgevano tende e tendoni di ogni forma, dimensione e colore. Alcune persone stavano iniziando a preparare la colazione per tutta la città sotto un’enorme tendone proprio ai piedi del dislivello che conduceva alla Fonte.
Rein osservava tutto questo, seduto in disparte in un angolo. Le luci dell’alba tardavano ad arrivare in autunno e tutto era ancora immerso nel buio e nella quiete della notte. Nonostante l’aria fresca gli accarezzasse la pelle, lui non tremava, il fuoco che gli apparteneva lo riscaldava costantemente e gli impediva di tornare.
Il Guardiano dell’Arcobaleno osservava, ma in realtà non stava vedendo realmente ciò che lo circondava, immerso nei suoi ricordi. Più precisamente, rifletteva su quel discorso riguardante i Leggendari che aveva avuto una manciata di ore prima con Ayumi e Shirley, prima di quell’esodo. Continuava a rimuginare su Ho-Oh e su quanto il Leggendario fosse sgarbato. Era davvero stufo del comportamento del suo comportamento, ma per quel periodo aveva decisamente osato troppo.
Aveva parlato anche di quello con Ayumi e la ragazza si era limitata a sorridere lievemente nell’ascoltare i suoi dubbi, senza interrompere il suo resoconto di dubbi e domande. Rein le aveva detto che non si piegava quel coraggio da parte sua e come esso aveva potuto influenzare il resto del gruppo.
“In realtà è più semplice di quello che pensi Rein. Tu eri, fino a poco tempo fa, terrorizzato da noi... e da te stesso. Certi sentimenti possono riuscire ad occultare e bloccare parte di noi e quindi il tuo potere non si era mai manifestato. Ma quando la tua rabbia ha cancellato ogni cosa, tra cui i tuoi timori verso il tuo Leggendario e il tuo destino, anche il fuoco di Ho-Oh ha divampato più intensamente di prima. Ho-Oh rappresenta la voglia di vivere e la forza di volontà, come un fuoco, per l’appunto, che arde nel cuore delle persone. E tu sei finalmente riuscito ad accenderlo dentro di te e, inavvertitamente, quella volta hai infervorato anche i nostri animi. Direi che il tuo aiuto è stato prezioso ed indispensabile” aveva spiegato l’albina, sorridendogli più calorosamente, per poi allontanarsi da lui, voltandogli le spalle. Si era però fermata dopo pochi passi, come ripensandoci. Da quella posizione gli aveva parlato di nuovo. “Sai... anche Fujiko aveva avuto questo genere di problema. Era così insicura, pensava di essere inutile e debole... ma poi ha compreso quanto la sua presenza fosse speciale... e lo ho capito anche io. Probabilmente non ho mai fatto capire quanto tenevo a lei... probabilmente è una cosa che rimpiangerò a vita...”. Ayumi si era voltata a fissarlo di nuovo. “Quando mi hanno detto che era morta ho sentito come una freccia che si impiantava nel mio cuore. Mi ero dimenticata quanto male facesse”. Si era messa una mano sul petto, stringendo lievemente la stoffa della sua maglia per poi lasciarla andare. “Non sono senza cuore” aveva detto la ragazza, “E credo di capire come ti sei sentito... almeno in parte”.
Rein aveva annuito, con il cuore in gola. Probabilmente non era mai riuscito a capirla veramente, Ayumi.
“La Guardiana dei Venti Gelidi è un po’ criptica”. Rein sobbalzò nel sentire la voce di Ho-Oh accanto a lui. Scattò in piedi, sentendo nuovamente la rabbia montare dentro di lui. Il suo Potere lo stava facendo una testa calda, pensò il ragazzo.
‘Ma d’altronde, con un Leggendario così...’ borbottò nella sua testa.
“Guarda che so cosa stai pensando, sai? E datti una calmata, sono qui per parlare, ragazzino” s’intromise la sua controparte. Rein strinse i pugni, ma s’impose di rimanere calmo e immobile. Anche distaccato, sì.
“Dimmi allora” mormorò, piatto, tornando a guardare davanti a sé. Per un po’ Ho-Oh non proferì parola, limitandosi a fissare il proprio Guardiano.
“È difficile anche per noi, sai?” iniziò poi. Non era l’inizio che Rein si era esattamente aspettato, così sobbalzò appena, ma combatté contro l’impulso di voltarsi a fissare il Leggendario con gli occhi curiosi, stupiti e sgranati. “Tutta questa situazione... è nuova anche per noi. Forse è vero che abbiamo paura”.
“Ma dai” commentò piano il ragazzo, “Io mi ero convinto che voi non provaste sentimenti” concluse, con una punta di sarcasmo.
“Ti eri convinto della cosa sbagliata” ribatté Ho-Oh, serissimo. “Non siamo creature vuote. Semplicemente abbiamo dei criteri diversi... e siamo radicati su ciò che sappiamo”. Anche il Leggendario voltò il lungo collo per fissare l’attività circostante, la popolazione di Arenipoli che si risvegliava lentamente con il profumo della colazione pronta che si diffondeva. “Ma quello che avete fatto qui... è meraviglioso e ci sta aprendo gli occhi” mormorò rapita la fenice arcobaleno. Questa volta Rein non poté trattenere lo stupore e si voltò verso il suo Leggendario, che a sua volta intercettò i suoi occhi. “Penso che abbiamo molto da insegnarci vicendevolmente, ma prima non me ne rendevo conto” concluse.
Fu il turno del Guardiano per rimanere in silenzio qualche istante. Poi scosse leggermente la testa, sorridendo appena. “Allora credo sia il caso di iniziare a provare ad andare d’accordo” disse. Ho-Oh annuì con fare solenne.
“Credo anch’io”.
 

-19 ore, 51 minuti e 59 secondi.
 
Angeallen sorvolava Arenipoli. Disegnava nel cielo ampi cerchi circolari sopra ai confini della città e anche oltre, cantilenando con la sua voce dai molti timbri una melodia triste. Con essa, stava avvertendo tutti i Pokémon dell’imminente pericolo, invitandoli a scappare abbastanza lontano o di rifugiarsi pacificamente con gli abitanti della città alla Fonte saluto.
Così stavano facendo in molti e, incoraggiati dai Leggendari che facevano come da intermediari, stavano persino aiutando le persone, anche solo ad intrattenere i bambini che si intrattenevano a nutrirli e ad accarezzarli, talvolta giocando ad acchiaparello tra gli alberi.
Una volta finito ciò, il Leggendario dell’Estremo Confine si posò nuovamente a terra, avvolgendosi tra le sue candide spire e ripiegando le quattro al ordinatamente sulla schiena. Con i vigili occhi arancioni osservò i dintorni, per poi dedicare tutta la sua attenzione a colui che lo stava aspettando.
Lugia aveva un’aria tormentata e sembrava a disagio. La coda sferzava l’aria nervosamente e gli occhi avevano quella stessa espressione malinconica che l’accompagnava da ormai nove anni, ma se possibile intensificata.
“Lugia” disse solo Angeallen, con un sospiro. “Volevi parlarmi di una cosa importante, giusto?”
Il Leggendario d’argento annuì lentamente, restando in silenzio per un po’. “Credo che tu sappia cosa voglio chiederti” mormorò infine.
“Non ne sono pienamente convinto. La sofferenza che emerge da te annebbia qualunque altro percepibile concetto. So solo che tu vuoi liberarti da questa sofferenza... solo, non capisco perché ti stai rivolgendo a me” ribatté pacatamente Angeallen.
“Non prendermi in giro, per favore. Tu sei un Primordiale, il Leggendario della Vita e della Morte. Tu sai che questa sofferenza che provo non è in realtà mia... è Mary... lei piange per il destino della figlia, ed è una sensazione straziante. Lo sento risuonare nella mia testa di continuo e... semplicemente non posso più sopportarlo. Non so perché si stia intensificando, non ci voglio pensare... ma ti prego, falla smettere” supplicò Lugia.
Angeallen lo fissò, muto. “Tu vuoi liberarti dell’anima della tua Guardiana” disse infine, piano, come se fosse un segreto. L’altro annuì, senza posare il suo sguardo sul Primordiale.
“Io ho voluto bene davvero a Mary... ma non penso che potrà mai riposare in pace se resta intrappolata e concatenata alla mia anima” sussurrò.
“E va bene. Non so cosa si provi... nel perdere la propria Guardiana, intendo. Shinseina non era Umana nemmeno in parte. Deve essere davvero atroce se... se le vuoi dire addio così, tanto da arrivare a supplicarmi” acconsentì Angeallen. Lugia lo fissò, voltandosi. “Non so cosa sentirai. Potresti soffrire o potresti non provare nulla. Potresti sentirti svuotato o semplicemente sollevato. Sei sicuro di volerlo fare?”.
“Devo farlo” rispose Lugia.
“E allora, lascia che l’anima di Mary torni a me”. E Angeallen sciolse l’intreccio delle anime di Lugia e Mary, richiamando a sé la Guardiana delle Immersioni.
Lugia rimase immobile anche ad operazione finita, ad analizzarsi. Aveva sentito come se Gli avesse strappato qualcosa, tipo l’aria dai polmoni. Aveva sentito una forte oppressione, che si era poi volatilizzata velocemente, lasciando una traccia un... vuoto dietro di sé. E, soprattutto, non percepiva più il pianto disperato e le parole incomprensibili di Mary risuonare nel suo cuore.
“Come ti senti?” gli chiese Angeallen.
“Non lo so” rispose sinceramente Lugia.
 

-0 ore, 12 minuti e 04 secondi.

La giornata era passata in fretta. Il sole era sorto, il sole era calato, la notte era giunta e in quel momento stava per terminare: l’alba sarebbe giunta tra poco.
Ma quando il sole avrebbe ripreso possesso del cielo, Arenipoli sarebbe già stata ridotta a un cumulo di macerie.
L’aria fredda delle quattro del mattino sfiorava la pelle di Ayumi senza che lei la sentisse realmente. La Guardiana si trovava al limitare del bosco che circondava la Fonte Saluto, abbastanza lontana dall’accampamento per riuscire unicamente ad intravederlo. Camminava piano tra gli alberi mentre sentiva l’ansia salire. Con lei c’erano Corrado, Shirley, Vaporeon e naturalmente Absol, teso come la sua padrona. Percepiva il disastro incombente.
“Tutta Arenipoli è sveglia e sono tutti sotto i grossi tendoni che fungono da... refettorio, diciamo. Anneke è lì. I Guardiani tracciano il perimetro delle persone e i Leggendari, beh, almeno quelli qui presenti, formano un cerchio ancora esterno perché non sappiamo se ci saranno altre soprese. Giratina è in attesa, levita sopra la Fonte, in attesa. E poi... ci siamo noi che... cos’è che stiamo facendo esattamente, Ayu?” borbottò la Guardiana dello Specchio, affiancandosi all’altra con i suoi occhi ambrati per merito dell’Unione.
Tutti i Guardiani erano in Unione. Anche Ayumi che non trovò le parole per rispondere. Non c’era un motivo particolare. Semplicemente, non riusciva a rimanere con tutte quelle persone. Aveva sentito il bisogno impellente di stare attaccata il più possibile alla sua città natale ora che... stava per essere distrutta. Aveva ignorato fino a quel momento ciò che stava per succedere, perché così era abituata a sopportare le cose che le succedevano.
Ma non riusciva più a sopportarlo.
“Torna indietro Shirley” riuscì solo a mormorare con la voce leggermente arrochita dai suoi prolungati silenzi e dalle lacrime trattenute. L’amica annuì e tornò indietro. In qualche modo, Shirley capiva sempre, anche quando le persone stesse non riuscivano a spiegarsi cosa provavano.
Con Ayumi restarono solo il fratello, i suoi Pokémon e Luciano, il Superquattro che prediligeva i Pokémon di tipo Psico. L’uomo la fissava son un ghigno ironico sul volto.
“Cosa farete se questa... tragedia... si rivelerà un vaneggiamento e voi un gruppo di giovani pazzi?” chiese, appoggiando la schiena al tronco di un albero lì vicino. Corrado si voltò, stizzito.
“Di un po’, come mai se così sicuro che tutta questa situazione sia una farsa?” sibilò il Capopalestra. L’altro alzò le mani, come per schermarsi dal tono velenoso dell’altro, anche se l’espressione sul suo volto rimaneva arrogante.
“Ma come siamo agitati...! Io sto solo analizzando criticamente la situazione. Dopotutto, è solo la loro parola, che a conti fatti vale... beh il niente” rispose. Quando Corrado aprì la bocca per controbattere, Ayumi scattò.
Teneva il capo chino, l’albina, ma lo aveva alzato di colpo, gli occhi dell’Unione che si scurivano, passando dal normale rosso brillante a un bordeaux inquietante e vagamente minaccioso. Aprì la bocca leggermente come per dire qualcosa, ma se un suono lasciò le sue labbra, esso venne coperto dallo straziante ululato che Absol lanciò alle chiome degli alberi.
Lo udì Anneke che serrò forte le palpebre, conscia che la Visione stava diventando realtà. “Il futuro è qui” sussurrò, anche se nessuno la ascoltò.
Lo sentirono i Guardiani e i Leggendari, che si scambiarono occhiate cariche di ansia e significato tra di loro, preparandosi ad intervenire.
Lo sentì Giratina che, in bilico sul pelo dell’acqua e con la Grigiosfera in corpo, si apprestò a liberare il suo potere e quello del Mondo Distorto e a distorcere la natura per salvare quelle vite innocenti.
Una vibrazione si insinuò sotto i piedi dei presenti, Uomini, Guardiani o Pokémon che fossero, accompagnata da una paura comune. Poi, tutto prese a scuotersi con violenza sempre maggiore.
La terra si riempì di profonde spaccature, gli alberi iniziarono a sradicarsi e crollare, le onde del mare iniziarono ad aumentare di volume: il tutto venne accompagnato da un rombo in costante aumento di volume.
Ayumi si riscosse improvvisamente, richiamò Absol e intimò a Vaporeon di avvicinarsi a lei. Poi prese la mano di Corrado e afferrò un lembo della camicia di Luciano e, incurante delle unghie che il Pokémon Bollajet le aveva impiantato nella gamba in preda al terrore, teletrasportò via tutti, facendoli atterrare all’interno della bolla di sicurezza creata da Giratina prima che quest’ultima, conscia dell’assenza dell’albina, la chiudesse del tutto.
All’interno di quello scudo, creato dai poteri di Giratina, supportato da quello dei Guardiani, dei Leggendari e dei rari Pokémon che conoscevano mosse come Schermoluce, Riflesso, Salvaguardia o Distortozona. La terra continuava a tremare, non c’era nulla da fare per quello, bisognava solo sopportare le vibrazioni che si insinuavano nella pelle. Però sembrava come se tutto fosse immerso in un’enorme e invisibile gelatina. Le cose tremavano appena, ondeggiavano, ma non si rompevano o spezzavano e non crollavano. Le persone guardavano con occhi sgranati ciò che succedeva attorno a loro, sobbalzando quando Giratina ruggiva facendo piangere un bambino o un albero fuori dallo scudo crollava, infrangendosi e venendo riflesso e sbalzato via dalla barriera.
Il tutto durò tanto, troppo, per essere un terremoto: quasi tre minuti. Con un ultima vibrazione, poi, tutto cessò. Ci furono degli istanti vuoti, regnati da un silenzio teso.
Poi iniziarono le urla, i pianti e i balbettii delle persone che avevano perso la loro casa e di coloro che alla visione non ci avevano creduto del tutto.
Ayumi lanciò un ultimo sguardo al fratello, pallido in volto, per poi incrociare gli occhi con tutti i Guardiani, altrettanto provati. Ci fu un momento di stallo dove solo le loro iridi parlarono. Poi, come se fossero una sola persona, il gruppo si mise a correre verso il mare e la spiaggia fuori Arenipoli. Corsero perché volevano vedere il disastro con i loro occhi, perché dovevano sfogare la frustrazione e perché, in cuor loro temevano, non era ancora finita. C’era una brutta tensione, carica di negatività che ancora aleggiava nell’aria; i Guardiani la percepivano, la respiravano e ne venivano intossicati come se fosse fumo.
Saltando su un ultimo tronco caduto, Ayumi si diede la spinta e decollò battendo le ali celesti, per ammirare in tutto il suo tetro splendore quella città che non c’era più. Solo la Torre era ancora in piedi, come Anneke aveva detto. Il resto era tutto polvere e frammenti senza ormai una forma concreta e definibile. La Guardiana iniziò a piangere senza rendersene davvero conto. Quello era stato il suo nido... e non esisteva più. Era arrabbiata, anche. Perché prendersela con delle povere persone innocenti?
Ma la sua tristezza e la sua rabbia avrebbero avuto modo di essere smaltite.
“Ayumi!”.
La Guardiana, a quel richiamo venuto dal basso, da qualcuno la cui voce era stata distorta dal vento, si voltò. Così i suoi occhi videro il mare ribelle lanciarsi verso la costa sottoforma di un’onda gigantesca, che macinava metri ad una velocità spaventosa e acquistando sempre più volume.
 
“Non è ancora finita”
 

Angolino nascosto nell’ombra:
...
Che vi devo dire...
Ciao. (?)
Con tutto quello che ci ho messo, non mi sorprenderei di ritrovare la storia quantomeno deserta ma... non è del tutto colpa mia.
Non del tutto. Il mio professore di matematica e fisica ci mette del suo. E anche la professoressa di italiano. E anche tutto il resto del mondo.
Porco kimchi.
Ehm... comunque. Io non so cosa ne sia venuto fuori. Mi sembra carino come capitolo. (E sono dodici pagine di World, quasi il doppio di un capitolo normale... per farmi perdonare. Non è vero, è perché è venuto fuori così ^^”)
Comunque... niente. I Gameplay, le altre storie da scrivere (e che non si fanno scrivere) e la scuola sono nemici da superare per poter scrivere questa storia, e purtroppo non sempre è facile. Abbiate pietà di me.
“MiciomiciobaubauEtchìsaluteCincin” is the new “Salakabula Magikabula” and “Oketi Poketi”.
Perché certe perle di… mh, saggezza (?) devono essere condivise, anche se completamente a caso.
Vi prego, niente spiegazioni a riguardo. È pura follia, perché i miei neuroni e nervi sono messi a dura prova.
 

Aura_

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Capitolo 41
*** Capitolo 41 - Apnea ***


Capitolo 41 – Apnea

 

_Arenipoli_
 

Per un istante, ci furono solo occhi sgranati e lingue mute.
Per un istante, nessuno fece niente.
Per un istante, furono tutti soggiogati da quell’immensa massa d’acqua che macinava i metri avvicinandosi sempre di più.
Minacciosa e ancora silenziosa per via della distanza, l’onda avrebbe spazzato via ciò che rimaneva della città e, forse, anche ciò che erano riusciti a salvare.
Per un istante, ci fu solo il panico che scorreva nelle vene assieme al sangue ad ogni battito cardiaco dei Guardiani.
Poi, la voce di Seir emerse con coraggio e fermezza. “Adesso me ne occupo io” esclamò convinta, marciando dove prima c’era il bagnasciuga. Lei e Kyogre sentivano il loro cuore unito battere furiosamente, mentre le striature che pervadevano il corpo della ragazza, rosse come un rubino, pulsavano di luce sempre più freneticamente, fino a stabilizzarsi.
‘Questo potere che ho dentro ha dato una forma precisa al mare e agli oceani. È l’incarnazione dell’acqua, io stessa sono acqua. Fa parte di me e della mia vita, l’ho sempre percepita. Adesso è il momento di piegarla al mio volere. L’acqua del mare sono io e io non voglio che faccia del male a questa gente. E il mare non nuocerà loro, io lo piegherò al mio volere’.
- Seir, tanto tempo fa ho seppellito quel potere nella Sfera Blu che porti legata al collo. Per controllare quell’onda dovrai risvegliare la parte più arcana del mio potere. Sarà dura, forse, ma io... ho fiducia in te. Sei una ragazza forte e puoi farcela -.
- Devo farcela Kyogre. Guidami, forza. E facciamolo -.
La sfera blu venne inglobata nel corpo della ragazza, all’altezza del suo petto, mentre il marchio a forma di alpha che aveva sulla mano iniziò a splendere e a bruciare.
A quel punto, l’Unione iniziò a cambiare, a farsi più grandiosa e luminosa.
Dopo che l’Archeo-Risveglio si compì, la ragazza dai capelli blu irradiava potere in tutti i dintorni come un faro. Gli occhi da rossi si erano fatti gialli, sulla sua pelle si erano formati dei curiosi giochi di luce che ricordavano quelli che creava l’acqua. Le sporgenze che partivano dalle sue caviglie come una coda si erano fatte più lunghe e ondeggiavano pacifiche.
Era bella, Seir, in quella sua forma, mentre appariva ancor più forte e sicura più di quanto normalmente non sembrasse. Era veramente sé stessa, in quel preciso istante.
La Guardiana dei Mari alzò una mano in una movenza elegante ispiratagli da Kyogre. Con l’indice, indicò l’onda che si era fatta vicina, troppo vicina.
Poi, in un movimento rapido e simile ad uno schiocco di frusta, il braccio della ragazza scattò e la massa d’acqua salmastra iniziò a vacillare, crollando su se stessa e arrotolandosi. La Guardiana iniziò a muovere le dita come se stesse suonando un pianoforte, mentre osservava concentrata la superficie scura ammansirsi e rallentare la sua folle corsa, arrivando sotto forma di innocua carezza ai piedi di Seir. La ragazza sospirò, mentre sul suo volto si affacciava un piccolo sorriso soddisfatto. Mandò un cenno di ‘ok’ mimato con la mano agli altri del gruppo che emisero un sospiro di sollievo.
Ma purtroppo questo morì loro in gola quando videro il mare ribellarsi alla loro signora, colpendola all’improvviso dritta allo stomaco e spingendola indietro di diversi metri facendola ruzzolare sulla sabbia.
Shirley intervenne immediatamente, deviando con i suoi poteri psichici gli altri attacchi di quei tentacoli d’acqua. Dopo l’ennesimo tentativo, la ragazza iniziò a cedere, ma anche lei s’illuminò improvvisamente. Reagendo al Cuorugiada che teneva con sé, anche la sua Unione iniziò a cambiare. Le ali, simili a quelle di un jet, che partivano dalle spalle si allungarono è tutte le zone rosse del suo corpo assunsero una colorazione violacea. Gli occhi divennero più seri e la ragazza stessa parve crescere, di dimensioni e di maturità. Respingere gli attacchi non fu più un problema grazie alla Mega-Evoluzione di Latias. Anche chi stava controllando il mare se ne accorse e gli attacchi cessarono.
Tutto fu immobile per qualche istante. Ma poi l’acqua, ad una velocità folle, iniziò a ritirarsi e a tornare da dove era venuta, risucchiata da chissà quale forza misteriosa.
“Non riesco a controllarla, non mi risponde!” urlò frustrata la Guardiana dai capelli blu, che teneva i pugni chiusi e tremanti dallo sforzo.
“È tutto inutile!” decretò Anneke, urlando sopra il frastuono dell’acqua e della relativa corrente d’aria. “Deve essere un maleficio!”.
“E di quelli belli potenti se nemmeno Seir riesce ad opporsi” concordò Marisio, l’espressione preoccupata e arrabbiata.
Ci furono numerose frasi scambiate e concitate, ma nessuno tra i Guardiani e Leggendari presenti riuscì a trovare una soluzione quantomeno decente e ragionevole. E così fecero l’unica cosa che poteva venire loro in aiuto: seguire l’istinto. Si gettarono tutti all’inseguimento dell’enorme massa d’acqua, sperando così di trovare la fonte del problema, o una possibile soluzione.
Ma gli alberi erano appena scomparsi dalla loro visuale quando nella sabbia ancora umida si innalzò un lieve tremore, che divenne sempre più insistente fino a che la terra non venne loro a mancare sotto i piedi. Il fondo del mare era letteralmente crollato su sé stesso, in una voragine enorme e profonda.
“Attenzione!” aveva urlato Len spiccando il volo assieme a coloro che potevano farlo. Seir era stata presa al volo da Shirley, Rein aveva acciuffato per un braccio N e Marisio, dopo aver ruzzolato per qualche metro, era stato recuperato da Seoyun e Ayumi, che si erano gettate in picchiata in sincro. Tutti gli occhi erano puntati verso il basso, dove gli ultimi granelli di sabba stavano ancora rotolando.
Al centro del buco, nella parte più profonda di quel cono rovesciato, c’era Ghecis, circondato da segni neri che si espandevano attorno a lui, sparendo sotto la sabbia e diramandosi chissà quanto lontano. L’uomo teneva le braccia aperte e tese, forti, come se stesse mantenendo qualcosa su di esse o stesse trattenendo un oggetto che mirava ad allontanarsi da lui, tirando. I suoi occhi rossi erano fissi sul gruppo di Guardiani, mortalmente seri a dispetto del ghigno folle che gli si era delineato in volto non appena la terra era crollata.
“Fottuti bastardi” biascicò ansimando, “Avete distrutto i miei piani... avete eluso l’attacco della piccola e dolce Pure, che dalla sua nascita avevo provato ad allevare perché vi distruggesse dall’interno. Avete sventato il mio terremoto... e la mia onda. Ma adesso... ora siete finiti”. Rise, una risata gutturale e roca, senza allegria dentro di sé, ma solo rabbia ed odio. “Come ricorderai, vi ho lasciato andare quella volta a Mistralopoli, Guardiana di Articuno. E non è stato di certo un atto di gentilezza il mio... era solo un gioco, ti avevo avvertito. Con il macchinario realizzato da Elisio abbiamo inviato degli impulsi che sconvolgessero l’Aura Leggendaria e costringesse i Guardiani a venire allo scoperto. Se gli avessi trovati io gli avrei uccisi, se invece foste stati voi a prevalere li avreste accolti con voi, naturalmente: questa era la vostra missione. Vi ho lasciato andare perché voi tutti oggi poteste essere qui, davanti a me... per uccidervi tutti in una volta. A dirla tutta il piano originario coinvolgeva anche Pure, che doveva rubare il Cuore e uccidere quei pochi che avrebbero potuto impossessarsene. Pochi di voi, perché le Aure più forti sono sufficientemente rare e questi pomposi Leggendari non fanno altro che affidarsi a quel potere... so bene di cosa parlo, quella che un tempo fu mia moglie era una di voi. Una volta eliminate le potenziali minacce, quei poveri idioti che rimanevano sarebbero stati distrutti qui, da me, oggi.
“E invece siete sopravissuti tutti, con mia sorpresa; mi complimento con voi per questo. Ma poco importa, infondo. Vi schiaccerò comunque, nonostante questi piccoli e futili inconvenienti. Siete solo di più, siete solo poco più forti, non credete di essere in salvo e di poter battermi... l’onda che avete fermato prima con tanto impegno era solo un assaggio. Un’altra onda sta arrivando. Più grande di quella di prima. E se non si schianterà contro qualcosa tornerà indietro e diverrà ancora più grossa. E ancora. E ancora. Quanto resisterete prima che tutti i mari si mettano in movimento e inglobino tutto il mondo? Quando vi arrenderete e smetterete di combattere solo per salvare delle schiocche anime umane e la vita di quegli esseri? Voi potreste essere padroni del mondo. Potreste essere qualunque cosa voi vogliate. Eppure siete qui a fare le marionette dal cervello di paglia a seguire gli ordini di quelle creature che si fanno chiamare Leggendari. Puah!” Ghecis sputò a terra. La saliva era nera. In effetti, la pelle attorno agli occhi si stava coprendo di venuzze nere, mentre il maleficio di Ghecis avanzava e cresceva di intensità.
“Proprio tu parli di creare dei manichini, padre?”. La voce di Natural si era levata sopra tutte le altre, in un moto di rabbia incontrollabile. “Proprio tu, che per anni mi hai inculcato credenze false per stare al tuo gioco? Che mi obbligavi a parlare con i Pokémon perché anche loro si piegassero al tuo volere? Che cercavi in ogni modo di tenermi lontano da mia sorella? Davvero non pensavi che avrei sfatato  tutto? Reshiram mi ha raccontato la verità e mi ha spiegato ciò che dovevo fare. Ho aspettato che tu mi ritenessi pronto e che mi mettessi alla prova, che mi incoronassi, mettendomi a capo del tuo folle piano. Ho dovuto aspettare per lunghi anni prima che potessi ottenere il permesso di risvegliare Reshiram e Zekrom che, come concordato, presero me e mia sorella e ci riportarono da nostra madre, la Guardiana delle Leggende... che tu hai ucciso! E adesso ci vieni a parlare di marionette e paglia quando per tutta la vita non hai fatto altro che piegare al tuo volere persino quelle poche persone che nutrivano per te un lieve ed irrazionale affetto?!” gridò.
“FAI SILENZIO! Figlio degenere, sei veramente inutile... avresti dovuto morire sul Monte Corona assieme a quelle due stupide di Antea e Concordia. Pensavano che non avrei capito che erano due Guardiane... sciocche. Immagino avrete recepito il messaggio che tramite loro vi ho mandato... eppure oggi siete qui, a difendere delle persone insulse che fino ad un attimo fa non credevano in voi e vi consideravano, o forse lo pensano ancora, dei mostri. Cosa dovete a questa gente? Sprecare il vostro potenziale per difendere queste pulci... è stomachevole. Voi avete il potere. E il potere è fatto per comandare ed elevarsi sopra tutti quei plebei. Potreste piegare al vostro volere i Pokémon Leggendari, schiavizzarli al vostro volere e fare ciò che volete! Che cosa vi blocca?”. Ghecis osservò ad uno ad uno i Guardiani presenti, aspettando chissà che reazione da parte loro. Ma i ragazzi erano immobili e silenti, mentre tentavano di metabolizzare tutte quelle parole che l’uomo, il loro nemico, aveva detto loro. Proprio quest’ultimo, al centro della fossa, alzò le braccia al cielo e iniziò a declamare altre parole di follia. “Ascoltatemi! Io vi ho mostrato la verità! Seguite i miei ideali e ribellatevi al dominio di quei falsi dei, idoli di gente stolta! Sfruttate il loro potere e portate l’umanità ad una nuova epoca! Ascoltate la mia voce: vi stanno mentendo! Solo voi siete in grado di dominare questo mondo, solo voi avete il potere!” sbraitò l’uomo, che orma sbavava dalla bocca.
“Certo che ne dici di cagate”. La voce di Kurai, seppur di basso tono e annoiata, riuscì a fendere l’aria e ad interrompere Ghecis, che trasportò i suoi occhi di brace fino a puntarli contro quelli azzurri del ragazzo. Il Guardiano fluttuava pigramente avvolto nelle sue tenebre, le braccia conserte al petto e l’espressione dura. “Cosa ti fa solo pensare che noi vogliamo darti ascolto? ‘Vi ho mostrato la verità’, quante balle! Sei solo un bastardo che pensa di avere il mondo in mano. Sai che ti dico? Io ci sputo sopra ai tuoi ideali!” ringhiò con la sua voce cavernosa e sdoppiata per via dell’Unione.
“Voi mi state sfidando?” grugnì Ghecis in modo minaccioso. I lati della sua bocca iniziavano a sanguinare.
“Non abbiamo altra scelta che opporci a te!” urlò Anneke, fiera nella sua forma Unita che la faceva sembrare una guerriera vera e propria, in quella sua strana e scintillante armatura. Si manteneva in equilibrio nell’aria compiendo poche movenze eleganti, come se fosse nata per quello. Il vero volto della Guardiana del Tempo.
“Io vi ucciderò tutti!” ansimò Ghecis.
“Questo è da vedere” rispose Rein, animato dal fuoco. Seir guardava l’orizzonte, pensierosa. Il tempo passava, era il momento del countdown.
‘L’acqua scorre...’
 

I bambini piangevano, abbracciati alle gambe delle loro madri, che a loro volta stringevano la mano, la spalla o il braccio dei mariti, in una muta discussione costituita da gesti. Le persone si guardavano attorno spaesate e gli anziani commentavano a mezza voce, tremante e rotta dal dolore, i loro sentimenti: quella non era più la loro città.
Tutto era crollato, vi erano solo polveri, macerie e crepe, profonde spaccature che attraversavano la terra e che avevano marcato persino la possente Torre di Arenipoli, in piedi per miracolo. Anche i dintorni della città erano stati trasfigurati: gli alberi erano crollati, la terra era smossa e aveva distrutto strade e percorsi... e il mare era sparito.
Corrado, in prima linea assieme alla Campionessa di Sinnoh, fissava l’orizzonte esterrefatto, scuotendo la testa di tanto in tanto, le lacrime che bollanti pungevano i suoi occhi. “Che cosa...” era solo riuscito a sussurrare, mentre cercava disperatamente di non crollare, anche se il tremore delle sue spalle tradiva la debolezza che provava. Vulcano osservava la schiena del giovane uomo e continuava a ripetersi che quello non era il suo migliore amico. Il Corrado che conosceva lui non si sarebbe arreso mai, avrebbe continuato a lottare anche a costo di farlo con le unghie e con i denti... ma forse quello era semplicemente troppo. La sua sorellina, l’unico membro della sua famiglia che era rimasto, stava combattendo per difenderli. Vulcano si sentì assalire da una profonda tristezza. Quante lacrime stava opprimendo il suo migliore amico? Quell’orgoglioso e taciturno ragazzo, che non riusciva a liberarsi ed esprimere le proprie preoccupazioni, angosce, paure e i pensieri più cupi nemmeno con lui, quando erano stati praticamente tirati su assieme... in quel momento si stava spezzando davanti ai suoi occhi e lui non poteva farci nulla.
Anche Camilla fissava l’orizzonte. ‘Questa è probabilmente una delle più grandi tragedie che la regione di Sinnoh abbia mai affrontato... credevo che con il Team Galassia avessimo toccato il fondo ma questo... questo è molto peggio”. Spostò i suoi occhi chiari lungo il popolo di Arenipoli, per poi riportarlo dove avrebbe dovuto esserci il mare. ‘Siamo nelle mani di quei ragazzi... forse andati a morire per noi... ci può essere destino più ingiusto?’.
“Aiutateli, vi prego!”. Una vocina acuta si era alzata dalla folla mormorante, che divenne silente. Una bambina, la stessa che aveva giocato con Seoyun, corse fino ad attaccarsi ad uno degli spuntoni che fuoriuscivano dal corpo di Giratina, sull’addome. Lo circondò con le esili braccia, tirando mentre gli occhi continuavano a lacrimare.
“Sì aiutateli!”, “Pokémon Leggendari, voi siete forti!”, “Per favore, per favore!”. Tutti i piccoli di Arenipoli erano corsi attorno ai vari Leggendari lì presenti e avevano iniziato a supplicare con le loro voci acerbe e gli occhi umidi e innocenti. Anche i Pokémon della foresta, udito quel pianto, iniziarono a correre e strepitare, unendo le loro voci a quelle dei bimbi. Tutti gli adulti e i Leggendari fissavano la scena stupiti e quasi affascinati da quello che stava avvenendo, quella sorta di preghiera che aveva unito i cuori di quelle piccole persone e dei Pokémon. Giratina fissò Corrado, seria e silenziosa.
“Aiutala, ti prego” sussurrò il Capopalestra lasciando sfuggire un paio di lacrime. La Leggendaria del Caos ruggì e tutti i Pokémon si lanciarono dove si trovavano i Guardiani, dal più mastodontico Leggendario al più piccolo degli esserini tascabili: tutti corsero sulla spiaggia prosciugata, forse incontro alla morte.
Corrado osservò tutto quello spettacolo di natura magica, ma appesantito dall’ansia e dalla paura che permeava quei secondi. Poi, come attratto o sospinto da una forza invisibile, iniziò a correre anche lui verso la fossa che si era creata al largo.
Correva verso l’acqua, che stava tornando indietro.
 

Bisognava essere obbiettivi su alcune cose: Ghecis aveva fatto davvero un ottimo lavoro. Gli attacchi dei Guardiani si infrangevano su barriere che spuntavano dal nulla e che rispedivano indietro il colpo, magari scomponendolo in più parti o deviandolo con potenza raddoppiata. Per tessere tutti quegli incantesimi e quelle rune antiche ci voleva molto tempo e molta concentrazione. Per quanti giorni era rimasto chiuso sotto il livello del mare a preparare quella trappola così finemente escogitata?
Gli scudi non erano poi tanti, ma erano resistenti e robusti, i Guardiani impiegavano una marea di tempo per spezzarne uno e mano a mano che i secondi passavano sentivano quasi a pelle l’acqua che si avvicinava, come se ci fosse stata una pressione che mano a mano si faceva sentire sempre più opprimente. Era come se riuscissero quasi a sentirne l’odore e il rumore, ma quest’ultimo era forse dato dallo scorrere furioso del loro sangue nelle vene, tanto intenso da risuonare all’interno dei loro condotti uditivi.
C’era fretta, c’era paura. Paura di non farcela, di fallire, di aver combattuto per arrivare solamente all’ennesimo punto morto, tanta paura da non permettersi neanche di respirare, in uno stato di apnea continua. Non avrebbero potuto sostenere anche quel colpo. Ayumi sapeva che perlomeno lei non lo avrebbe retto. Era così vicina...
“Attenzione!” urlò all’improvviso Anneke, indicando uno dei livelli di quella cupola difensiva che si era costruito Ghecis. L’uomo aveva disseminato delle trappole: Shiho aveva attaccato con del fuoco blu e quello scudo aveva assorbito la potenza di quest’ultimo, moltiplicandola e rispedendola ai mittenti sottoforma di raggio dalla dubbia esistenza.
Ayumi schivò una di quelle rifrazioni, le orecchie che fischiavano, il respiro pesante. Sentiva le urla, le imprecazioni e i gemiti di dolore dei suoi compagni attorno a lei, sapeva che erano sfiniti, tesi come corde e feriti nel corpo e nell’anima. In equilibrio nel vento fissava Ghecis, che si stava consumando sempre di più, ma nonostante questo continuava a ridere in modo sempre più pazzo e sguainato.
- Non ce la faremo mai a distruggere tutti gli scudi prima che l’onda si abbatta. Se l’onda si avvicina troppo alla costa è finita, siamo troppo lontani per poter fare qualcosa. Se non distruggiamo gli scudi, non possiamo fermare questo attacco. E se non gli poniamo termine, questo continuerà all’infinito finché non avrà distrutto il suo obbiettivo o forse addirittura oltre... -.
- Ayumi? -. Articuno era perplessa. Non riusciva a capire perché la sua Guardiana fosse ferma, nell’aria, a pensare. La battaglia imperversava e lei era ferma lì, immobile, a fissare colui che le aveva rovinato la vita.
- Io mi sono allenata, ho imparato a usare la mia forza nata dalla tragedia, so come fermarlo... Ma è davvero tutto inutile a questo punto? – chiese la ragazza, angosciata. Articuno non rispose, perché un ruggito squarciò l’aria.
“Giratina...!”. Solo l’urlo della Leggendaria del Caos, giunta per prima grazie ad Oscurotuffo, era riuscito a rompere un sigillo. Il grande drago nero piegava e spezzava la realtà a suo piacimento.
“Grande!” gioì Len, “Ora ne manca solo uno!”
“L’onda sta arrivando!” urlò in risposta Shirley, indicando l’orizzonte, dove la massa di liquido scuro di delineava in modo sempre più massiccio ed evidente. L’acqua avanzava, attirando gli sguardi dei presenti come una calamita.
A tutti morì il fiato in gola, facendo sprofondare quella gola nella sabbia in un silenzio immobile ed irreale. Perfino Ghecis non rideva, ma osservava ciò che aveva creato con un sorrisetto di scherno.
Ma due persone fissavano l’ultimo ostacolo che li separava dalla soluzione.
“L’onda è troppo vicina...” sussurrò Ayumi, chiudendo piano le palpebre e facendo calare così un velo scuro sul suo nemico. Quando li riaprì di scatto, fissava i suoi compagni. “Dobbiamo tornare indietro!” urlò.
“Cosa stai dicendo? Siamo così vicini!” rispose Kurai, sorpreso.
“L’acqua si sta avvicinando troppo in fretta! Se non ci allontaniamo adesso al massimo possiamo schivarla, ma investirà le persone e tutto ciò che avremo fatto fin ora sarà inutile!” spiegò la ragazza.
“Un grosso gruppo di persone e Pokémon che erano alla Fonte Saluto stanno venendo qui di corsa” li informò Giratina, la voce urgente.
“Dobbiamo tornare indietro o finirà male!”. Shiho diede ragione ad Ayumi.
“L’onda tornerà di nuovo, anche se la fermiamo!”fece notare Sharda, preoccupato come i Guardiani non l’avevano mai visto.
Ayumi stette in silenzio per qualche secondo. In quegli istanti, che altro non erano che minuscoli ticchettii, prese in mano la sua vita e fece una scelta, ignorando le sue paure e quello che avrebbe voluto. Era la cosa giusta da fare.
“L’onda si abbatterà su Ghecis e lo spazzerà via. Poi tornerà indietro e diventerà più potente. Più potere vuol dire più acqua, e di conseguenza più tempo. Tempo che occuperemo per disfarci di questi incantamenti... e finalmente finirà tutto”. N la stava fissando seriamente.
- Ti prego, non dire nulla... – supplicò Ayumi telepaticamente al ragazzo. Lui, dopo qualche istante annuì impercettibilmente, non riuscendo tuttavia a guardarla negli occhi.
Nel frattempo, gli altri rimuginavano sul da farsi. I pensieri occuparono qualche secondo. Poi il gruppo acconsentì.
“Va bene. Torniamo indietro!” esclamò Marisio. Tutti scattarono, rivolti verso Arenipoli, con l’onda alle calcagna. Nel furore generale, non si accorsero delle lacrime di Natural.
Perché lui sapeva cosa stava per succedere. Perché lui conosceva la natura di quell’ultimo ostacolo.
Solo in quattro lo avevano visto: lui, Ayumi, Pure e Fujiko, il giorno della morte di sua madre. Un’energia scura che separava il Guardiano dal Leggendario, sciogliendo i due corpi fusi. Non c’era modo di distruggerlo se non lanciandosi contro, e Ghecis avrebbe ucciso il Guardiano che avrebbe agito così, per poi ricreare velocemente quella malefica tecnica.
Ci voleva qualcuno che potesse attaccarlo... qualcuno che conoscesse i suoi trucchetti per riuscire ad aggirarli, qualcuno in grado di mettere in atto uno stratagemma per bloccarlo, così da dare loro una chance di vittoria che in quel momento appariva distante.
Volando velocemente verso la spiaggia, riflettevano.
 
“Non hai mai voluto uscire di qui?”. Cyrus si era voltato lentamente a fissarla, mentre stava in ginocchio con gli occhi fermamente chiusi, apparentemente concentrandosi.
“Dovresti seguire le mie indicazioni e basta. Niente domande” aveva risposto l’uomo. Ayumi, in risposta, aveva aperto gli occhi.
“Abbiamo un sacco di tempo qui. E ci sono delle cose che non capisco e che mi fanno riflettere, sfavorendo la mia concentrazione” aveva risposto. “I pensieri non sono sentimenti, non sono delle cose delle quali puoi liberarti”.
“Corretto. I sentimenti sono razionali tutt’al più, e puri. Tuttavia non comprendo la tua curiosità nei miei confronti” aveva risposto il maestro dopo qualche secondo di silenzio.
“Non c’è un vero motivo. So che tu volevi creare un universo privo di imperfezioni e che seguendo questo sogno alquanto... bizzarro, sei arrivato lontano, tanto da trascinare al tuo cospetto Dialga e Palkia con la Rossocatena, costringendo loro a creare il tuo nuovo mondo... senza sapere che loro ti stavano in realtà portando da Giratina, che ti scagliò qui. Ma non è impossibile uscire dal Caos Originale, o io stessa ne resterei bloccata qui, giusto? Cos’è che ti trattiene?” aveva chiesto l’albina.
Come al solito, l’uomo si prese del tempo per rispondere. “Per uscire dal nucleo che è il Caos Origine, bisogna sforzare la propria aura. Soltanto la propria, e non quella del posto. In quel caso sì, è possibile uscirne”. Si bloccò, fissando la ragazza attentamente. “Ma io non posso farlo. Giratina mi ha sigillato qui”.
“Come?”
“Con un... maleficio, se così vogliamo chiamarlo”
 
Ayumi si bloccò improvvisamente a mezz’aria, piegò le ali ed eseguì una virata in cielo in modo da girarsi di centottanta gradi. Diede poi qualche potente spinta con le grandi ali di Articuno per tornare indietro, il più velocemente possibile. Il vento le frustava il viso, talmente impetuosamente da impedirle quasi il respiro.
- Ayumi! Che stai facendo? – le chiese Articuno spaventata.
- Io posso fermarlo Articuno! Posso mettere la parola fine a questo scempio! E non lascerò che la paura e l’egoismo mi fermino! –
- Ayu... –
- No! Angeallen mi ha mandato da Cyrus perché imparassi! È questo il mio scopo nel mondo Articuno! Questo e questo soltanto!... Quindi appena sarà il momento, e lo capirai... va’ via. Ti prego -. Articuno non disse più nulla, limitandosi a far percepire alla sua Guardiana l’angoscia che sentiva in quel momento, mentre sfrecciavano verso Ghecis e verso quell’onda gigantesca.
Dietro di loro, i Guardiani si erano accorti dell’improvviso cambio di direzione dell’albina.
“Cosa sta facendo?” urlò Shiho, voltandosi di scatto.
“Ayumi!” aveva provato a richiamarla Shirley, ma l’altra era troppo lontana e non la sentiva. La Guardiana dello Specchio tese i muscoli, pronta a scattare ad una velocità supersonica conferitagli dalla Megaevoluzione di Latias, ma una voce la fermò.
“Aspettate!” N aveva il fiatone e si stava sgolando per farsi sentire da tutti, che si voltarono a guardarlo perplesso. “Non dobbiamo seguirla e non possiamo aiutarla! Lei ci sta salvando in questo momento, ma potrebbe avere dei ripensamenti se ci guardasse negli occhi!” spiegò frettolosamente.
“Si può sapere che diamine stai dicendo? È nostra amica! Non possiamo lasciarla indietro!” sbottò Seoyun, mentre le fiamme sulle sue ali divampavano più forti.
“Fidatevi! Lei è l’unica che può riuscirci, perché quell’ultimo scudo ci avrebbe impedito di sfruttare la forza del nostro Leggendario per alcuni istanti, rompendo addirittura l’Unione! Ci avrebbe uccisi tutti come... come ha fatto con mia madre. Ma Ayumi... abbiamo visto tutti cos’è capace di creare la sua aura... Non possiamo andare contro la sua decisione... e l’onda potrebbe arrivare comunque alla costa, la gente ha bisogno di noi!” continuò a cercare di convincerli il Guardiano dell’Aura.
Su alcune cose, però, anche lui aveva dei dubbi, e gli altri lo percepivano chiaramente. Tutti avevano paura, paura di lasciare la Guardiana dei Venti Gelidi sola contro quell’uomo che di umano sembrava avere ben poco.
“Ayumi è consapevole di quello che sta facendo. Lasciamola andare” disse infine Anneke. Giratina, al suo fianco, annuì.
Sharda sospirò. “Bene, allora. Guardiani, andiamo a proteggere quella gente” decretò, cercando di infrangere la titubanza generale, compresa la propria.
“A proposito di gente...” esalò Len, indicando un punto sufficientemente lontano verso la spiaggia. Gli altri si voltarono, appena in tempo per vedere la popolazione di Arenipoli raggiungerli il più velocemente possibile, scortati da dei guardinghi Leggendari. Davanti a loro, Corrado.
“Dov’è Ayumi?” chiese subito, il fiato corto.
“A sconfiggere il suo incubo personale” riassunse Kurai serio. Quando il ragazzo biondo trasalì e fece per muovere un passo avanti, in diversi gli sbarrarono la strada.
“Non ti azzardare. È pericoloso” gli ringhiò Seir.
“Nemmeno per noi è facile rimanere in disparte. Non ci resta che aspettare e sperare” concluse Marisio. Dopo qualche testardo tentavo, Corrado si arrese, limitandosi a guardare il gruppo di ragazzi che gli stava di fronte.
In tanti erano feriti. Len non aveva più l’occhio sinistro, e parte della faccia era sfigurata, Shirley aveva le braccia ricoperte di tagli e le mani ustionate, Marisio aveva un taglio su un fianco, Seoyun teneva il braccio sinistro mollemente abbandonato contro il fianco, come se non riuscisse a muoverlo, N si appoggiava su una sola gamba, con una piccola smorfia di dolore, Kurai aveva dei graffi in viso. Anneke e Shiho sembravano stare abbastanza bene, mentre Seir strizzava gli occhi come se fosse entrata della sabbia in essi e Rein aveva un taglio superficiale ma esteso sulla schiena. Sharda aveva solo un taglio sulla guancia destra, piuttosto profondo.
Corrado respirò profondamente, stringendo i pugni, mentre la sua mente elaborava una preghiera senza un destinatario preciso.
Vulcano gli mise una mano sulla spalla, mentre tutti i presenti spostavano i loro occhi verso il punto dove doveva trovarsi la giovane albina. Sui presenti alleggiava un irreale silenzio, neanche il vento osava esalare un fiato.
Persino l’aria sembrava trattenere il respiro.
 

Ayumi fissò le sue pupille in quelle del suo nemico. Sapeva cosa doveva fare, ma doveva essere veloce e discreta. Sfruttare tutto ciò che le era stato insegnato e... confidato.
 
“Che genere di maleficio?”
“Possiamo descriverlo come un invisibile e persistente campo di forza. Qualunque ipotetica azione alimentata dalla mia Aura verrebbe bloccata e riscagliata al mittente... io. Non posso produrre nessuna fonte di energia da me. Per questo l’uscita mi è impossibilitata: servirebbero le mie energie, senza prestiti da quelle del Caos Originale, ma se solo ci provassi, otterrei come effetto quello di ferirmi” spiegò Cyrus, con un tonno disinteressato.
Ayumi era rimasta in silenzio, a pensare. “Sai spiegarmi come ha fatto?” chiese infine.
L’uomo sbuffò. “Non è per questo che sei qui”.
“Io sono qui per imparare. Credo che... potrebbe tornarmi utile” disse solamente.
Cyrus non rispose per un po’. Infine scrollò le spalle. “Sta bene. Non sono affari miei, non mi interessa. Sono solo delle parole, ma ti risucchieranno un quantitativo di energia incredibile. Infine devi applicarglielo addosso”.
“Come “appiccicarglielo addosso?”, cosa intendi?”
“Entrare in contatto con l’obbiettivo, in qualche modo. Giratina mi ha attraversato, all’epoca”.
 
‘Grazie Cyrus. Volente o nolente, sei stato un aiuto prezioso’ pensò la ragazza, mentre abbassava lentamente le palpebre. “Eccoci qui, finalmente” sussurrò piano.
“Sei finalmente da sola Guardiana di Articuno. Hai mandato via i tuoi amichetti per tentare disperatamente di salvare loro la vita. Patetico. Non servirà a nulla”. Ghecis parlava con una voce spaventosamente roca e impastata. “Però, in un certo senso, me l’aspettavo. Proprio per questo voglio dirti una cosa... farti una proposta, per così dire. Non scherzavo prima quando vi dicevo che i Leggendari sono la vostra forza, ma la vostra rovina se li assecondate. Immaginavo che, tutti assieme, la vostra sarebbe stata una forte risposta negativa. Ma tu... tu puoi capire. Tu hai sofferto tanto e ti hanno sempre limitata”. La sua voce orribile aveva assunto una nota seducente e quasi melensa, ma l’albina era rimasta impassibile. “Te l’ho già detto, tu sei come me. So riconoscere l’oscurità di un’Aura... tu sei una portatrice dell’Aura Nera e in quanto tale parte della tua potenza consiste nell’usare le tecniche oscure... ma quei Leggendari non ti insegneranno mai tecniche così violente, giusto? Se ti unici a me potremmo farcela. Due potenti Aure Nere, per un nuovo mondo libero da quegli idoli!” concluse in tono concitato.
Si ritrovò poi ad aggrottare la fronte, quando vide Ayumi sorridere dolcemente, mentre scuoteva la testa. “Ti sbagli”. Alzò gli occhi. Pochi secondi, e l’onda li avrebbe travolti. ‘È il momento’. Tornò a guardare l’uomo, mentre si concentrava sulla sua interiorità.
Una scatola, divisa in due sezioni: energia pura e bianca, energia impura e nera come la pece. ‘È ora di calpestare questa scatola’. Ayumi si gettò a capofitto contro l’ultimo scudo di Ghecis, che si infranse trascinando via con la forza Articuno.
- Ayumi! –
- Allontanati, Articuno. È tutto apposto -. La voce della Guardiana era limpida, il suo cuore leggero. Articuno prese quota, per portarsi fuori dal raggio dell’onda. Pochi istanti mancavano, e lei sarebbe rimasta nel cielo, a volare in circolo, osservando.
Ayumi, davanti a Ghecis, sorrideva ancora. “Ti sbagli” ripeté. “Io non sono come te. Non sono un’Aura Nera”. Sotto lo sguardo stupito, quasi sconvolto ed estremamente rabbioso del suo nemico, pronunciò a bassa voce una serie di parole che aveva ripetuto ogni giorno da quando le aveva imparate, in attesa di quel momento. L’energia iniziò a defluire da lei e a formare un cerchio di energia scura attorno al suo corpo. Ormai la voce dell’acqua era vicinissima.
“Cosa...?!”
“Io sono un’Aura Impura”. E Ayumi lasciò che l’energia mirasse alla massa d’acqua che era ormai arrivata ad una manciata di metri da loro. L’albina fece diventare il liquido salmastro il suo strumento per ottenere il contatto per il suo sigillo.
Articuno, dall’alto, assistette ad uno spettacolo assurdo: il mare si stava ghiacciando, cosa sostanzialmente impossibile. Aveva assunto quello strano colore dei cristalli di neve che Ayumi, con il suo potere corrotto, evocava e aveva iniziato a muoversi in circolo, creando una specie di cono che, come un enorme serpente, si muoveva a spirale verso l’alto, terminando in una punta.
Anche da lontano, il gruppo di Guardiani, i Pokémon e gli Umani fissavano quello strano fenomeno rapiti ed intimoriti.
“BASTARDA!” aveva urlato Ghecis. Ayumi non ci fece caso, le palpebre che stavano a stento aperte.
‘Sono così stanca... me devo portare a termine ciò che ho iniziato... una volta per tutte’. Avrebbe voluto dire un’ultima cosa al suo nemico, la persona che le aveva rovinato la vita, colui che aveva fatto iniziare il suo incubo perenne... ma non aveva più la forza nemmeno di parlare.
Riuscì solo a spostare le braccia, indicanti il cielo sopra di sé, in direzione dell’uomo. Poi, mentre la sua maledizione sigillava per sempre quell’Aura Nera diabolica, ignorando grazie alla dirompente azione della forza dell’albina, dell’acqua e del maleficio di Ghecis stesso, ogni ipotetico scudo evocato frettolosamente da quest’ultimo, l’albina si accasciò per terra.
Il giaccio nero ricoprì quella zona come un’enorme cupola dalle alte e aguzze punte. Articuno si gettò verso dove aveva visto per l’ultima volta la sua Guardiana, cercando di raggiungerla, attaccando senza risparmiarsi per farsi spazio tra quel ghiaccio oscuro, non le importava dell’energia utilizzata: doveva ritrovare la ragazza... sentiva la sua presenza e la sua anima così flebile...
 

Le persone erano tornate a respirare solo per un istante. L’onda si era arrestata, Ayumi ce l’aveva fatta. Ma poi avevano notato l’inquietudine di Moltres e Zapdos e Seoyun e Len con loro. Quel sentimento proveniva da Articuno, dissero. E tutti seppero che era successo qualcosa all’albina.
“Quanto ha dovuto pagare?” chiese Anneke piano. Ma ancora una volta, era il silenzio a regnare sovrano e nessuno le rispose.
 

Ghecis stava arrancando piano verso la Guardiana immobile, ferito, acciaccato ed esausto, ma ancora vivo. Articuno, nel frattempo, era riuscita ad aprire una falla in quel ghiaccio scuro innaturale e proteggeva il corpo della ragazza, che immobile respirava a fatica.
“Hai fallito... sono sopravvissuto! MI SENTI? IO SONO IMBATTIBILE! STOLTA BASTARDA! IO SONO VIVO! HO VINTO IO!” e scagliò con le energie rimaste un attacco che raggiungesse e finisse Ayumi.
Attacco che Articuno era pronta a subire al posto di quella, o comunque a defletterlo o a contrastarlo.
Attacco che non arrivò mai.
L’energia dell’Aura di Ghecis non prese nemmeno una forma esterna, limitandosi a bruciarsi ed  eliminarsi all’interno nel corpo del suo padrone, procurandogli dolori lancinanti. “Come... COME?!” urlò quello contorcendosi e sputando sangue scuro. Accecato dalla rabbia provò a rialzarsi per fare del male fisicamente all’albina, sforzo assurdo considerando la Leggendaria che proteggeva il suo corpo. Finì malamente contro una parete di ghiaccio nero per una folata di vento evocata dal Miraggio Alato del ghiaccio, botta che comprese la testa e che gli fece perdere i sensi.
Articuno lo fece quasi senza pensarci. La sua mente analizzava gli eventi degli ultimi minuti, svoltesi davanti ai suoi occhi. Tuttavia non riusciva a crederci. Cosa era riuscita a fare la sua piccola Guardiana?
“Te... te l’ho fatta Ghecis”. Articuno abbassò la testa quando Ayumi disse quelle parole quasi inudibili, un sorriso appena accennato sulle labbra e gli occhi aperti di pochi millimetri. Poi la ragazza si immobilizzò del tutto, senza rispondere alle chiamate spaventate della sua Leggendaria. Il ghiaccio nero iniziò a sciogliersi.
Articuno, in preda all’ansia, non sapeva cosa fare. Ayumi stava morendo e lei era intrappolata lì, in mezzo al mare che si stava rianimando. Ma proprio in quell’istante, nel terreno sotto Articuno, l’albina e l’uomo si aprì un portale azzurro.
“Angeallen” pensò Articuno con un po’ di sollievo. Tuttavia, ancora non se la sentiva di tirare il fiato.
 

Angeallen aveva cantato, all’improvviso, spezzando quel secondi silenzio e cantando, era svanito. Giratina aveva preso a parlare. “Ayumi, Articuno e Ghecis sono stati portati nel Paradiso Parallelo. Il ghiaccio nero di Ayumi si sta sciogliendo e il mare tornerà indietro. Accompagnate l’acqua in modo che non faccia danni e sarà finalmente finita. Io porterò Ghecis dove non potrà mai più uscire” disse.
“Ma come sta Ayumi? Sopravvivrà?” chiese Shirley subito, precedendo chiunque, compreso il fratello della ragazza che sembrava aver perso la voce.
“...attendete qui. Appena sapremo... beh, in qualche modo vi informeremo. Curate le vostre ferite e... sperate. È tutto ciò che ci resta da fare”.
Giratina svanì e i Guardiani si misero al lavoro per portare il mare alla normalità il mare, nella speranza di distrarsi almeno per qualche istante da quell’angoscia che divorava loro l’aria nei polmoni.
 

Giratina era apparsa per qualche secondo nel Paradiso Parallelo, aveva preso Ghecis ed era svanita nel suo mondo, senza guardare nessuno. Voleva finirla al più presto. Mentre l’uomo riprendeva i sensi, si inabissò nel Caos Originale.
“Qui è dove starai rinchiuso per il resto dei tuoi giorni, uomo malvagio” disse con disprezzo la Leggendaria del Caos.
“Cosa significa tutto ciò, Giratina?”. La voce fredda di Cyrus si fece udire appena prima dell’apparizione effettiva del non più unico abitante del Caos Originale.
“Questo luogo è come un carcere. Pertanto quest’uomo starà qui come te, per l’eternità” rispose la Leggendaria, per poi svanire.
Cyrus fissò il nuovo arrivato, che ancora doveva abituarsi all’enorme energia di quel luogo. Emanava una rabbia e un odio talmente intensi da stomacarlo. “Tu... stai rovinando la perfezione di questo luogo” sibilò con voce fredda, avanzando di un passo. “Questo luogo è il mio mondo perfetto... e non ti permetterò di sporcarlo”.
 

_Paradiso Parallelo_
 

Arceus, naturalmente, sapeva ciò che era accaduto. Lo aveva osservato dal Paradiso Parallelo. E immaginava che nemmeno i fiori della sua dimensione, seppur fatti di energia pura, avrebbero guarito e salvato Ayumi.
“Angeallen... è davvero finita?” chiese il Pokémon Primevo, esitando.
“Non è detto. Potrebbe salvarsi... ma solo se lo vuole”. Sia Arceus che Articuno guardarono il Leggendario dell’Estremo Confine attenti. “Ayumi attualmente è un bilico su un filo... o meglio, un labirinto di fili invisibili. Non sa cosa fare, non sa da che parte andare. Io la sto tenendo in vita... finché lei sceglierà. Se vorrà vivere, vivrà”.
“Perché non salvarla adesso?” chiese Articuno.
“Lei deve scegliere cosa fare. E voglio permetterle anche di fare una cosa che tempo fa dovetti negarle”.
“Ossia?” chiese ancora Arceus.
 
“Parlare con sua madre”
 
Angolino nascosto nell’ombra
Dai non ci ho messo neanche i secoli, sto giro.
Buongiornoseramattina. Questo dovrebbe essere il capitolo culmine, dove tutto si spiega, la chiusura del cerchio, la punta di diamante...
...e, naturalmente, mi fa schifo. Non tutto-tutto, ma una buona parte. Comunque non mi piace come vorrei.
Uffa.
Allora. Il titolo del capitolo, Apnea, mi piace... e dovrebbe indicare tutta l’ansia del capitolo, che è basato nell’insieme sul ‘fiato sospeso’. Che poi il titolo si sia rivelato inadeguato, è un altro discorso. Sigh.
Ayumi è stata dunque alla base di tutto perché Ghecis pensava che lei fosse come lui, un’Aura Nera. Ricordo che molti pochi sanno delle Aure Impure. ...lo avevo detto vero? Mah. Comunque, Ghecis è pazzo. Nella sua mente distorta, voleva fare in modo che la vita di Ayumi fosse un inferno per via dei Leggendari per poi “indicarle la via” e cambiare il mondo, o ammazzare tutti.
Dall’inizio della storia, è tutta una sua macchinazione. Perché trovarsi un sano hobby non si può.
Come avevate già indovinato (Ciao Spartaco ahahahaha), Ayumi parlerà con sua madre, Mary.
E come molti di voi avevano teorizzato, la storia è giunta al temine. Questo è infatti il penultimo capitolo. Il prossimo è l’ultimo e poi ci sarà l’epilogo.
Ma! La storia avrà (forse) uno spin-off con protagonista Fujiko (così anche chi muore si rivede AHAHAHAHAAH lo so, non fa ridere), se riesco a far venire fuori qualcosa di decente. Ma! (again) Avrà anche un sequel. Che chissà quando arriverà.
Spero di non rendere il finale scontato e spero che ‘sta roba vi sia piaciuta.
Alla prossima.
P.S.: Tutte le volte ho l’ansia di non superare le sette pagine, e poi ne scrivo 10/12. Ho qualche problema a riguardo, rido.
 
Aura_

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Capitolo 42
*** Capitolo 42 - Crocevia ***


Capitolo 42 – Crocevia

 

_Paradiso Parallelo_

 
“Parlare con Mary?” Articuno sembrava sorpresa. “Non credevo fosse possibile una cosa del genere”.
“Una creatura è fatta di corpo e anima. L’anima è composta da energia vitale, sentimenti e ricordi. Quando la vita giunge al termine, il corpo si degrada e la materia si trasforma. L’anima invece subisce un processo diverso: L’energia vitale si esaurisce e torna a me per rinnovarsi e costituire una nuova anima. I ricordi invece si legano alle emozioni, poiché una volta che il soggetto è deceduto non vi possono essere nuovi ricordi e nuove emozioni, ma restano pur sempre quelle passate, che sono la vera sostanza di una persona. È quindi possibile parlare con una persona morta esattamente come la si è vista l’ultima volta: con le stesse idee, lo stesso modo di pensare” aveva spiegato Angeallen, calma. “Articuno, la tua presenza è essenziale. Devi rimanerle molto vicina, perché la parte di anima di Ayumi che è in te è quella parte che la aiuta a stare in vita, ancorandosi alla tua. Questo è possibile solo perché siete praticamente in contatto e perché tu hai avuto il buonsenso di avvicinarti immediatamente a lei dopo che ha scagliato il suo ultimo attacco. Se non lo avessi fatto, Ayumi sarebbe morta, e lo stesso vale per questi istanti: la tua vicinanza rallenta il processo. E avremo bisogno di tempo”.
La Leggendaria annuì piano e chinò il capo per fissare la sua Guardiana. Aveva il viso stanco e contratto, imperlato di sudore, tremava e ogni tanto aveva degli spasmi quasi impercettibili. Stava lottando, come aveva fatto per tutta la vita. ‘Se riuscirai a svegliarti non dovrai più combattere Ayumi. Sarai libera... quindi, ti prego, resisti’. L’aquila azzurra si era posata al fianco dell’albina e aveva la testa chinata per sentirne i battiti cardiaci, ormai deboli.
Arceus fissava la scena, senza dire nulla.
“Arceus, prometti che qualunque cosa succeda non influenzerai il corso dell’anima di questa Guardiana. È una preziosa combattente, lo so... ma è giunto il momento di lasciarla libera” pronunciò ancora il Leggendario dell’Estremo Confine, seriamente.
Il Pokémon Primevo non disse nulla per un lungo istante. “Lo giuro, nonostante la mia mente e il mio istinto mi suggeriscano di costringerti a salvarle la vita, poiché la perdita di un Guardiano è una cosa gravissima. Ma starò alle tue regole, questa volta” promise poi, con voce bassa e lenta.
Una volta udita l’ultima sillaba, Angeallen spalancò le ali e avvolse nelle sue spire i corpi di Ayumi e Articuno, chiudendo poi gli occhi.
‘Mary, defunta Guardiana delle Immersioni, io convoco la tua anima’.
 

_Fonte Saluto_

 
Quando l’acqua toccò con una leggera carezza la riva, si levò un applauso e tutti tirarono infine il fiato. Era finalmente finita, avevano vinto. Seir lasciò che un piccolo sorriso le delineasse il volto stanco, sciogliendo l’Unione con Kyogre e lasciandosi cadere sulla sabbia, esausta. La Leggendaria si tuffò nel mare, per assorbire un po’ di energia dal suo elemento, lasciando che la sua compagnia venisse sostituita da quella di Shirley.
La mora non sorrideva e non si era rilassata, nemmeno per un momento. Non aveva risposto se non con un lieve cenno a coloro che l’avevano ringraziata, gli occhi inumiditi da lacrime di commozione. Avevano lasciato indietro Ayumi e ancora non sapevano nulla.
Lentamente, tutti i Guardiani lasciarono andare le loro controparti per riunirsi assieme, in silenzio, ad aspettare. Si erano seduti tutti sulla sabbia, chi più e chi meno vicino a seconda di quanta intimità o di quanto appoggio necessitavano. Solo Anneke era rimasta in piedi e cercava di scrutare il futuro, la fronte corrugata.
Molteplici vie possibili si accumulavano sotto le sue palpebre chiuse, ma non riusciva a trovare la risposta che cercava. ‘Ayumi vivrà oppure no?’. In alcuni futuri la Guardiana di Articuno tornava da loro, stanca, ma sorridente; in altri periva con Articuno che piangeva silente al suo fianco. Nulla era ancora deciso, il futuro era ancora instabile ed incerto. ‘Da cosa sarà determinato?’ si chiese la Guardiana, prima di arrendersi e lasciare che il suo futile tentativo divenisse parte del passato. Si concentrò proprio su quest’ultimo, incapace di abbandonarsi ad uno stato di inattività.
L’azione aveva catturato ogni particella del suo essere durante la battaglia, impedendole di concentrarsi sugli altri; e sapeva che anche per gli altri ragazzi in linea di massima era stato così. Ma, per ingannare il suo stato d’animo inquieto decise di soffermarsici di nuovo, per recuperare dei dettagli dispersi. Erano feriti, erano esausti e non avevano la forza di raccontarsi ciò che avevano provato durante quello scontro teso e carico d’angoscia.
Lo fece, Anneke, anche per recuperare un po’ di quell’umanità che non aveva e mai avrebbe avuto, ripensando a ciò che Kurai le aveva detto prima di quello scontro, mentre aspettavano l’inevitabile.
 

C’era stato un momento in cui Seoyun aveva completamente perso le speranze ed era caduta in un baratro di disperazione, smettendo semplicemente di combattere. Aveva visto un muro di mattoni davanti a sé e si era fermata prima ancora di provare ad abbatterlo sbattendoci contro. Dopotutto le difficoltà a volte si presentano apparentemente invalicabili, ma se ti ci lanci addosso a testa bassa come un ariete potresti scoprire di esserti trovato d’innanzi ad una parete illusoria. Ma la paura di provarci era tanta e Seoyun si era sentita bloccata, persa, soffocata.
Ghecis era forte, tanto, troppo forte, più di qualunque persona avesse mai visto. Yun si era sentita piccola e il fuoco della sua potenza era diminuito assieme alla sua sicurezza. Moltres percepiva il suo disagio, ma non era riuscita a trasmettere alla sua Guardiana nessun incoraggiamento efficace.
Solo una sollecitazione forte avrebbe potuto riscuotere il suo spirito pavido. Ma questa non tardò ad arrivare: uno scudo era esploso in una miriade di frammenti acuminati e terribilmente pericolosi perché erano intrisi di un’energia bollente. Come in una scena al rallentatore, Seoyun vide i suoi compagni venir graffiati da quelle schegge. Shirley aveva provato ad evocare uno scudo, ma era troppo vicina e non aveva fatto in tempo, arrivando solamente a stendere le mani in avanti. Queste si riempirono di schegge facendola urlare per l’immediata scottatura che le procurarono. Ma soprattutto, l’attenzione della Guardiana di Moltres si era concentrata su Leonardo.
Aveva sentito un urlo da parte sua e si era voltata, vedendo uno di quel frammenti infilato nell’occhio sinistro di lui, mentre l’area compresa tra la tempia e la metà della guancia veniva deturpata dal calore. Seoyun ricordava di aver urlato e di essersi lanciata in picchiata verso il Guardiano di Zapdos, traendo a sé il calore di quelle schegge maligne. Nella sua mente vi era il fuoco del vulcano dell’Isola Cannella e le urla di dolore della gente che attorno a lei moriva per il fuoco al quale lei era immune. Tutti i suoi cari, tutti i suoi amici... le era rimasto solo lui.
Solo lui.
“NON AVRAI ANCHE LUI BASTARDO!” aveva urlato con quanto fiato in corpo, parandosi di fronte al corpo del suo ragazzo per fargli da scudo, la rabbia che accendeva un incendio dal nulla. Aveva alzato il braccio sinistro e aveva lasciato andare le fiamme vermiglie contro Ghecis che, sentendo il suo urlo si era girato verso lei, sorridendole in modo falsamente dolce.
Un raggio di luce oscura si era riflesso da una delle barriere, inghiottendo il fuoco e il braccio della ragazza che non poté fare altro che cessare l’attacco e scansarsi, anche perché quell’energia le aveva dato una vera e propria scossa di dolore che la portò a perdere quota fino ad accasciarsi sulla sabbia, trascinando Len con lei.
“Yun! Seoyun, dimmi che stai bene, ti prego!” aveva esclamato lui a voce alta, scuotendole una spalla, quella sana. In risposta, la Guardiana aveva singhiozzato.
“Non ce la faremo mai Leonardo... non possiamo farcela”. La ragazza si era voltata quindi a guardarlo negli occhi, trovando però un’orbita vuota e sanguinolenta, che il ragazzo si affrettò a coprire.
“Che disgusto eh?” aveva mormorato piano. “Forse hai ragione Yun. Forse è davvero finita”. E mentre la battaglia imperversava i due si abbracciarono.
“Per quel che vale... io sono innamorata di te” soffiò la Guardiana di Moltres all’orecchio dell’altro. Lui sorrise impercettibilmente.
“Vale lo stesso...” e si staccò fissandola con decisione. “E proprio per questo combatterò fino alla fine. Perché se c’è una minima possibilità devo coglierla. Perché non posso perdere anche te”.
Seoyun, dopo un momento di stallo, si asciugò le lacrime e ricambiò quello sguardo. “Se è così non mi tirerò indietro”. E assieme ripresero quota.
 
“Ti fa ancora male? Il braccio, intendo”. Seoyun provò a muovere l’arto incriminato, ma quello ebbe solamente uno spasmo, che le strappò una smorfia.
“No, ma temo che ormai sia inutilizzabile. Non fa altro che tremare e appena lo muovo ha degli spasmi e fa quello che vuole lui” borbottò contrariata, per poi fissare gli occhi, o meglio, l'occhio sul volto del suo ragazzo. “A parte questo e il tuo occhio... ce l’abbiamo fatta”.
“Già... dovremo ringraziare Ayumi quando tornerà” rispose il ragazzo, sorridendo, anche se sul lato sinistro del volto il sorriso veniva lievemente distorto dalla ferita.
“Tu pensi che tornerà?”
“Lo farà senz’altro”.

 
_???_

 
Era così stanca.
Era buio e aveva freddo. Si sentiva debole e fiacca. Percepiva un peso che sembrava volerle schiacciare la cassa toracica, sfondandole il petto.
Anche se, in quel momento, non aveva ben chiaro il concetto di cosa fosse un ‘petto’. Era tutto scuro, era tutto confuso, non ricordava neanche il suo nome. Era una lenta agonia, sentiva le forze venirle sempre meno.
“Perché non può finire tutto e basta? Lasciatemi in pace!” urlava la sua mente disperata.
“Se è davvero quello che vuoi, lasciati andare”. A quelle parole la nebbia si dissipò e una tenue luce prese il posto dell’ombra. Ayumi si trovò a fissare un luogo che assomigliava vagamente a Dolce Celeste; vi era tuttavia meno luce, il cielo era di un indaco pacifico di una tonalità mediana, né troppo chiara né troppo scura. Le nuvole erano compatte e si innalzava da esse per circa mezzo metro una leggera nebbia. Era tutto uguale, monotono.
La Guardiana mosse qualche lieve passo, sentendosi all’improvviso leggera, impalpabile, come se di colpo avesse perso il contatto con il suo corpo ferito. Si sentiva in pace con sé stessa e per un istante desiderò rimanere in quel luogo per l’eternità.
“Non è possibile rimanere qui per sempre” affermò di nuovo quella voce. L’albina a quel punto si voltò e spalancò gli occhi per la sorpresa.
Di fronte a lei stava una donna, una donna che appariva davvero giovane, dimostrava sicuramente meno di trent’anni, forse addirittura venticinque. Aveva gli occhi leggermente a mandorla di un blu molto scuro circondati da una sfumatura azzurra chiara, lunghi capelli che partivano marroni chiaro, per poi sfumare al bianco argenteo. Aveva una postura rilassata che, tuttavia, rifletteva la sua eleganza. Mary, l’ex Guardiana di Lugia.
Sua madre.
“Mamma...” aveva sussurrato Ayumi, sentendosi improvvisamente una bambina piccola mentre la genitrice le sorrideva e annuiva piano. Le era mancata così tanto e quando la vide spalancare le braccia non esitò a tuffarcisi dentro, iniziando a piangere forte mentre lei le accarezzava la schiena, con dolcezza.
“Bambina mia...”

 
_Fonte Saluto_
 

Kurai non aveva pensato a nulla durante lo scontro, se non al fatto che doveva vincere per forza. Doveva farcela. Doveva provare a se stesso di essere in grado di sopravvivere ancora. Lui era migliore di quell’uomo e di quelli come lui. E pertanto doveva sopravvivere.
Aveva lottato tanto contro quegli esseri viscidi, fin da quando i suoi genitori erano stati uccisi e lui era rimasto solo, abbandonato a se stesso in quella grande città che era Unima. Si era dannato l’anima per vendicare i suoi genitori e anche lui stesso in prima persona, perché tutto il suo dolore e la solitudine provata dovevano avere un prezzo.
Di certo non si sarebbe aspettato un ulteriore motivo per combattere. Ma in quel momento, mentre fluttuava sulla sabbia e sentiva i graffi sottili ma profondi sul suo viso bruciare e le urla dei suoi compagni che animati da fervore o paura si davano man forte l’un l’altro, realizzò che non poteva perderli. Nonostante avesse provato con tutte le sue forze a chiudere il suo cuore con un lucchetto, gettando poi la chiave in un pozzo senza fondo, non era riuscito ad evitare quella fratellanza che aveva finito per unire lui a tutti gli altri Guardiani e viceversa. Che fosse per la loro unica situazione, o per le anime dei Leggendari in qualche modo affini tra loro, Kurai non avrebbe saputo dirlo. E neanche gli interessava.
Lui sapeva ciò che voleva evitare: il dolore. Seppur mezzo Leggendario, tutti gli uomini hanno paura di provare dolore e lui non faceva eccezione. Non voleva perdere quella che forse poteva essere considerata la sua famiglia, non di nuovo.
Quello fu l’unico pensiero e l’unica motivazione di Kurai. Il resto era del tutto superfluo.

 
Shirley e Kurai erano seduti vicini. Non parlavano, non era necessario: attraverso le sensazioni si capivano perfettamente, lei per il tipo Psico e lui grazie al Buio. L’inquietudine che attanagliava le loro viscere era la medesima.
Fissavano il mare che ormai andava avanti e indietro tranquillo, come se nulla fosse successo. Ma le ferite bruciavano e le cicatrici sarebbero rimaste per sempre. Shirley lo sapeva: le bruciature sui suoi palmi e i tagli lungo entrambi gli avambracci non sarebbero scomparsi e mai avrebbero smesso di provocarle dolore.
Ma non era importante, non contava. Sia la Guardiana dello Specchio che il Guardiano degli Incubi volevano solo che la loro amica tornasse camminando sulle sue gambe.
Anche Rein lo desiderava. Lo voleva ardentemente. Non aveva mai conosciuto Ayumi, le era sempre sembrata distante e incredibilmente fredda, una persona che non voleva l’aiuto di nessuno. E invece aveva scoperto che lei, esattamente come lui, aveva solo paura. Aveva visto qualunque cosa venirle tolto o diventare grigio. Aveva iniziato a seguire una strada che le era stata ordinata dopo aver perso la propria. Ciononostante, aveva fatto di tutto per salvarli... riuscendoci, infine. Nonostante la battaglia avesse preso ogni fibra del suo corpo, vedere quel tornado di acqua di mare gelata e nera vorticare in circolo puntando verso il cielo e sapendo che era stata la giovane albina ad evocarlo per porre fine a tutto quello... era stato distruttivo, in un certo senso. Perché lei cosa doveva a loro, a lui?
Ripensandoci, Reinhold si sentiva davvero idiota. Avrebbero potuto supportarsi in molteplici occasioni, ma lui era troppo testardo e convinto delle sue opinioni mentre lei... lei semplicemente non ce la faceva. Non sapeva parlare con loro, che erano ancora molto umani. Si trovava a fissarli, sentendosi lontana... invidiandoli forse.
Il Guardiano dell’Arcobaleno era speranzoso. Sperava che Ayumi tornasse, per mettere da parte i suoi giudizi frettolosi e prendere per mano la giovane, insegnandole quello che non conosceva.
 

_???_

 
Dopo un tempo indefinito, Mary e Ayumi sciolsero l’abbraccio. La donna asciugò le lacrime alla figlia, che sorrideva felice.
“È così bello rivederti mamma... mi sei mancata così tanto...” aveva sussurrato l’albina, lasciandosi accarezzare il viso.
“So che hai combattuto a lungo per me, e di questo ti ringrazio. Sei stata una ragazzina coraggiosa ed ero certa che avresti risolto tutto. Ma ora dobbiamo decidere cosa succederà” rispose l’ex Guardiana. Allo sguardo perplesso di Ayumi, tornò a sorridere. “Questo, tesoro... è l’Estremo Confine. E tu... tu stai morendo, in questo preciso momento”.
Ayumi non seppe cosa dire per un lungo istante, limitandosi a fissare sconvolta l’adulta per qualche istante. “L’Estremo... Confine?” sussurrò esitante.
“Esatto. Un luogo posto in bilico tra la vita e la morte... l’interno dell’anima di Angeallen se così vogliamo metterla. Per questo tu puoi parlare con me, nonostante io sia morta e tu no... non ancora. E sempre per questo motivo non possiamo rimanere qui per sempre” spiegò Mary.
“E quindi? Qual è il mio scopo qui?” chiese la giovane, sempre più confusa. La madre le mise una mano su una spalla e la strinse dolcemente.
“Scegliere, amore mio. Se vivere... o morire”.
 

_Fonte Saluto_

 
Crescendo, Natural aveva imparato che nella vita c’erano molte cose ingiuste.
Il fatto che un bambino non potesse essere libero di capire e scegliere i propri genitori. La debolezza di un giovane ragazzo che altro non può fare se non scappare e andarsi a nascondere dietro la gonna della madre. L’impotenza nel vedere ogni cosa scivolare dalle mani senza riuscire a stringerle a sufficienza per riuscire a trattenerle. La consapevolezza di una persona diventata adulta troppo presto di essere rimasta sola, irrimediabilmente, infelicemente sola.
Nutrito di menzogne, il giovane dai capelli verdi non era riuscito a fidarsi di nessuno che non fosse sua madre o sua sorella. E suo padre lo aveva privato di ambedue quelle persone. E forse, quel giorno, si sarebbe liberato anche di lui. A N non interessava, in realtà. Era abbastanza indifferente a ciò che sarebbe potuto succedergli, combatteva al limite delle sue capacità, che non erano poi così sviluppate. Era Pure quella forte, a modo suo, non lui. Lui doveva avere il ruolo di guida per lei che per colpa della follia non riusciva a capire. Aveva fallito e provava solo una gran rabbia, contro suo padre e contro sé stesso.
Comunque andasse a finire quel giorno, lui avrebbe trovato la pace.
L’unica cosa che rimpiangeva era il suo non riuscire a fidarsi abbastanza ed in tempo di quei ragazzi che al suo fianco combattevano. Forse non meritavano che lui mettesse la sua vita nelle loro mani, ma neanche la sua totale indifferenza. Li aveva odiati anche. Quando gli avevano salvato la vita sul Vetta Lancia, uccidendo però Pure, aveva odiato tutti loro. Soprattutto Ayumi, che era al centro di quell’assurda giostra. Ma non era durato poi tanto. Perché aveva capito che loro erano vittime tanto quanto lui. E dunque si pentiva molto della sua freddezza.
Ma forse era ormai troppo tardi e almeno non avrebbero sentito poi tanto la sua mancanza.

 
Quando aveva messo per la prima volta piede su una passerella per provare a camminare su di essa, le era quasi venuta una crisi di panico. Era poco più che una ragazzina e le avevano detto che quella passerella era il suo cammino, il cammino che l’avrebbe salvata dalla fame. Le avevano detto che nonostante lei avesse paura, avrebbe dovuto camminare, un passo dopo l’altro, possibilmente in modo aggraziato.
Una modella  deve essere ciò che il pubblico vuole: un manichino che sappia sfilare. E i manichini non provano sentimenti. Fin da quando era giovane, Shiho aveva imparato a schermare i suoi sentimenti e a camminare con il volto alto e lo sguardo altero, in bilico su tacchi vertiginosi e con addosso cose stravaganti o anche quasi solo la sua stessa pelle, lasciando che gli sguardi affamati la desiderassero senza raggiungerla. Il mondo della moda era tremendo a modo suo.
La Guardiana della Verità, seduta con le cosce premute contro il petto e mentre sentiva la sabbia infilarsi tra i vestiti, pensava che non fosse poi così diverso il mondo dei Guardiani rispetto a quello della passerella. Non c’era posto per l’emotività, dovevi essere professionale, freddo, una macchina. Camminare sui tacchi o fluttuare con un paio di ali prese in prestito da un grande drago bianco metteva comunque a prova le tue capacità d’adattamento. Dovevi comunque soddisfare qualcuno, indipendentemente se fossero comuni popolani o Pokémon Leggendari. E, se avesse fallito, sarebbe morta in entrambi i casi.
Tuttavia... era pur sempre una facciata. E, come quando faceva nei retroscena a fine sfilata o servizio fotografico, seduta su quella spiaggia a battaglia finita... lasciò che le lacrime le imperlassero le lunghe ciglia chiare. In quel momento poteva essere se stessa, in quella virgola che separava una fase dall’altra. Prima che tutto tornasse ad essere un casino e lei una maschera di ghiaccio.
Possibilmente in modo aggraziato.

 
Seir si era sentita inutile ed impotente. Aveva il potere dell’essere che aveva creato e governava gli oceani ma non era riuscita a fermare quell’onda che l’aveva quasi messa KO. Odiava sentirsi debole e odiava ancora di più quando gli altri glielo facevano notare. E quel ghigno sul volto di Ghecis... era come se le bruciasse la pelle.
Debole. Debole. Debole.

E lei stringeva i denti per non urlare dalla rabbia, sfogandosi attaccando con forza sempre maggiore, ma non era mai abbastanza. Quel ghigno era lì, insormontabile e la faceva impazzire. Voleva vederlo morto, perché era una piaga nella società che doveva essere eliminata. Le stava sulle scatole, soprattutto perché era forte almeno quanto tutti loro messi assieme... e non era possibile che una persona così corrotta fosse così forte. Che senso aveva? Era così che andava il mondo?
E allora Seir aveva desiderato una forza maggiore anche a costo di sporcarsi le mani per di togliergli quel dannato sorrisetto dalla faccia. Voleva quella potenza, la desiderava davvero tanto...
Ma poi, quando aveva visto ciò a cui aveva aspirato scaturire da Ayumi le era venuta voglia di gridare e piangere. Non era quello che si era aspettata. Davvero era tutto così sporco? Davvero Ayumi aveva dovuto arrivare vicino all’uccidersi per quell’uomo e per altre persone?
Seir provava rabbia ed impotenza. E si odiava per quello.
 

_Estremo Confine_

 
‘Scegliere’.
Quella parola le sembrava così... estranea. Ayumi non aveva mai deciso nulla nella sua vita.
Non aveva scelto di essere una Guardiana. Non aveva scelto di allontanarsi da casa sua. Non aveva scelto di combattere, né di obbligare altri a farlo con lei. Non aveva scelto di rimanere sola. Non aveva scelto di avere un anima reclusa che avrebbe potuto distruggere qualunque cosa. Non aveva scelto di rovinare la vita di alcune persone, o di uccidere. Non aveva scelto i suoi alleati e amici, né i suoi nemici.
Non aveva mai deciso nulla della sua vita. Tranne quel giorno. Quel giorno aveva scelto di salvare i suoi compagni anche a costo di sacrificare se stessa. Sul perché lo avesse fatto... perché lo aveva fatto?
Perché quei ragazzi erano innocenti. Lei li aveva sempre visti così: innocenti e non meritevoli del loro destino. Ma lo era lei?
Doveva scegliere, di nuovo. Un tempo avrebbe detto che non aveva nulla da perdere ma ormai non corrispondeva più a verità. Aveva i suoi compagni. Aveva un fratello. Aveva una città dove tornare. Però Ayumi esitava nel dare la sua risposta. Sentiva un senso di disagio e non capiva per quale motivo.
“Io... non lo so” mormorò infine, sorpresa. La donna annuì, comprensiva.
“Non posso aiutarti Ayumi. Questa è una cosa che devi fare da sola” le disse, con dolcezza.
“Prima desideravo solo sparire, perché... ero stufa di stare male, ancora e ancora. Però ora riesco a riflettere bene e... ho tutti loro. Però... non lo so. C’è qualcosa che non capisco” sussurrò, ragionando a voce alta.
“Non hai troppo tempo a disposizione, tesoro. Scegli con il cuore e non solo con la testa. Pensa a te stessa, perché essere egoisti una volta tanto è ok. Io appoggerò qualunque tua decisione”.
 

_Fonte Saluto_

 
Mentre la battaglia imperversava, Sharda si ricordò del perché tutti quegli anni era rimasto in disparte, nascosto. Probabilmente, quei pensieri erano un tantino fuori luogo, ma non faceva altro che pensare a come avesse perso totalmente i contatti con il suo popolo e fosse andato a cercare un luogo dove poter essere dimenticato, deluso da tutto e da tutti. Aveva attraversato luoghi ignoti, aveva appreso tecniche di combattimento visitando dei dojo e dei luoghi sacri, si era isolato da ogni forma di civiltà per meditare su sé stesso, mentre dentro di lui si accresceva un senso di diseguaglianza. E poi, un giorno aveva percepito una come voce che aveva confermato la sua diversità e lo aveva al contempo ammaliato, invitandolo ad andare verso di lei. Aveva così raggiunto la Cava di Pontenopoli e successivamente la Sala della Guida e lì aveva trovato la sua voce: Cobalion. Il Pokémon Leggendario protettore delle creature minori assieme a Virizion, Terrakion e Keldeo, che era rimasto deluso dal comportamento degli umani, così insensibili e capaci di pensare unicamente a loro stessi, e si era rinchiuso, proteggendo così anche i suoi amici. Ma Cobalion aveva accettato Sharda ed era diventato il suo maestro.
Ma Sharda si era sentito diverso anche da Cobalion. Lui era un ibrido, mezzo umano e mezza leggenda, mentre l’altro era un Leggendario vero e proprio, pur custodendo dentro di sé un po’ della sua anima. C’erano notti in cui faticava a prendere sonno, immerso com’era in quei pensieri che l’avevano portato a credere che non avrebbe mai trovato nessuno come lui.
Ma poi era arrivata Shinseina. Lo aveva preso per mano e gli aveva svelato la sua identità, lo aveva congiunto a delle creature tali e quali a lui: dei Guardiani. Gli aveva dato una vera famiglia, di cui poteva fidarsi e della quale poteva abbandonarsi senza la paura di essere tradito. Shinseina gli aveva spiegato molte cose e gli aveva detto che, quando Ayumi, che all’epoca era poco più di un nome e un volto, non sarebbe più stata in grado di reggere il suo fardello, lui avrebbe dovuto prendere il ruolo di guida, come un capo. Poi era morta per una cosa più grande di lei, fino a che non erano rimaste soltanto delle ceneri di energia luminose.
Da quel momento aveva continuato a seguire ciò che l’eredità di Shinseina gli aveva lasciato, affidandosi a Cobalion e ai suoi nuovi amici... ma non si era mai sentito una guida per l’oro, non ce ne era mai stato un vero bisogno, tranne qualche presa di posizione per proteggere Anneke.
 
In quel momento, Sharda pensava che forse Shinseina non parlava del tempo immediatamente successivo alla sua scomparsa. E se avesse inteso invece quell’oggi come il suo nuovo inizio?
 

Marisio non credeva poi tanto al destino o alle punizioni divine. Lui credeva a ciò che gli Umani potevano scatenare tramite alle loro azioni e che se ne derivava qualcosa di brutto dovevano solo ingoiare il boccone amaro e trarre tutto l’imparabile. Era quello che si era ripetuto anche durante la battaglia, cercando di convincersene.
Ma era difficile quando davanti a te non trovavi altro che un folle spietato. Cosa si poteva imparare da un uomo del genere? Era malvagio, deviato, completamente impazzito. Neanche provandoci Marisio riusciva a capacitarsi di ciò che stava vivendo in quel momento.
Fin da quando aveva scoperto di possedere il raro potere di maneggiare l’Aura, da piccolo, aveva deciso che avrebbe viaggiato e imparato come sfruttare quel potere per un bene superiore. Sentiva i racconti di tutte le cattiverie che sporcavano il mondo e percepiva un lento declino, ma lui voleva sapere il perché. Perché stava accadendo tutto quello? Dove stavano sbagliando?
Una volta raggiunta l’età adatta era partito e aveva viaggiato nei posti più impervi e sacri per essere istruito sui suoi poteri e sul sottile confine tra bene e male. Appena assorbito ciò che poteva da un posto, passava al successivo, trovando sempre più interrogativi e strade che portavano sul vuoto. Il vuoto che coincideva sempre con le leggende o i miti delle zone. Come se i Leggendari, protettori del pianeta fossero spariti tutto d’un tratto.
Iniziò a cercare anche notizie su di loro, senza troppi risultati. Gli ultimi avvistamenti risalivano ad anni prima e nessuno era più riuscito ad ottenere udienza. Eppure in alcuni luoghi legati alle leggende, Marisio era riuscito a percepire una forte Aura; sul Vetta Lancia, per esempio. Spostatosi a Memoride, la città più antica, era riuscito ad ottenere qualche primo indizio sui Guardiani delle Leggende. L’anziana del villaggio l’aveva portato nella grotta dove, tra alcuni grandi mosaici, c’erano delle scritte in una lingua antica che narravano alcune cose sulla storia mitica di Sinnoh. Quando le aveva chiesto chi era stato l’ultimo caso di avvistamento di un Leggendario, lei disse di non saperlo. Gli raccontò invece la storia di una villa di Kalos e di una ragazza che era morta in circostanze misteriose. La ragazza aveva un legame con Cresselia molto particolare e dopo la sua morte i Leggendari avevano iniziato a sparire, ma c’erano stati degli strani avvenimenti.
Seguendo alcuni avvistamenti, Marisio si era messo sulle tracce di quelle figure misteriose, continuando anche a visitare santuari. Fu proprio in uno di quelli, nella Tana del Drago di Ebanopoli, che vide i Guardiani. Erano ragazzi con un potere enorme sulle spalle. Erano simili a lui, ma con dei fardelli molto più pesanti. Marisio andò con loro, per cercare il suo bene superiore e continuare ad imparare.
Ma mai si sarebbe aspettato di conoscere così da vicino il male che affliggeva il mondo. Lui aveva sempre creduto alla sussessione logica di eventi e che da questa si potesse sempre imparare qualcosa, da assorbire o evitare.
Ma in quel momento pensava che forse il destino avverso esisteva. Come spiegarsi altrimenti tutta quella sofferenza? Come trovare un senso al fatto che Ayumi, in quel momento, stava morendo, da sola? Aveva promesso che l’avrebbe aiutata e che le sarebbe stato accanto ma... forse Ayumi non era fatta per quello. Forse lei era davvero destinata a vivere nel dolore.
Ormai Marisio non aveva più speranze e certezze. In cuor suo era convinto che non avrebbe mai potuto onorare quella promessa che lui e Ayumi si erano scambiati su quella spiaggia.
 

_Estremo Confine_
 

“Quando eri ancora in vita mamma... io ero felice. Ero al sicuro con te e tu mi volevi tanto di quel bene... mi sentivo chiusa in una fortezza e nonostante avessi un destino che probabilmente mi avrebbe portato dove non volevo. Non era importante, avevo te. Ma poi... è arrivato quel giorno. Non pensavo che saresti stata sconfitta e quando sei morta, scomparendo tra le mie braccia... è stato come se il mio piccolo mondo fosse crollato. Me lo ricordo bene ora, sai? Ricordo di aver pensato che non avevo più nessuno di cui fidarmi. Ricordo di aver provato un dolore atroce, come se il mio cuore, no, tutto il mio corpo si fosse squarciato a metà. E da lì è come se fossi impazzita, non riuscivo più a controllare i miei sentimenti, le mie emozioni. Tu lo sapevi, vero mamma? Sapevi che ero un’Aura Bianca instabile... è così?”
“Sì. Lo sapevo. Arceus me lo aveva detto”.
“Per questo mi proteggevi da tutto e tutti, giusto? Avevi paura che la mia anima si spezzasse e io mi consumassi”
“...Esatto. Avevo paura di perderti. Ma non sono riuscita a difenderti. Io ho causato il tuo dolore” sussurrò la donna, addolorata.
Ma Ayumi sorrise. “No. Non è stata colpa tua. Così è andata” disse piano, per poi fissare l’orizzonte piatto davanti a sé. “Dopo quel giorno... quando riuscii a pensare correttamente... provavo una sola cosa: solitudine. Non mi ero mai sentita tanto abbandonata in vita mia. Col tempo, però mi ci sono abituata. La mia vita era diventata un allenamento affinché potessi diventare forte e potessi sconfiggere l’uomo che ti aveva uccisa. Solo quello mi portava avanti, quello era il mio scopo di vita: fermare Ghecis. Concentrata su questo, ho finito per perdere la mia umanità, non trovi? Ero più simile a un Leggendario: fredda, ignorante sul mondo degli umani e poco fiduciosa nei loro confronti. Tutto ciò che tu hai cercato di non farmi perdere, perché anche se eravamo lontane dalla maggior parte delle persone abitavamo nel villaggio delle Isole Orange e tu mi lasciavi da Paula, ogni tanto. Mi dicevi che io non potevo giocare con gli altri bambini perché ero speciale e non potevo mai sapere chi sarebbe rimasto innocente e puro e chi no. Mi rammentavi, tuttavia, che le persone buone esistevano. Ma io dimenticai quel tuo insegnamento e non tornai quasi mai più al villaggio. Dovevo essere davvero selvatica sotto un certo punto di vista. Di sicuro, di umano in quel periodo avevo solo l’aspetto.
“Tuttavia... qualcosa cambiò quando mi incaricarono di cercare altre persone speciali. Altri Guardiani. Conobbi una ragazza, Fujiko Ayane. Lei, al contrario mio, era più umana che altro, un’Aura Grigia incredibilmente gioiosa e positiva. La strappa a viva forza dalla sua vita e dalla sua casa in fiamme, mentre lei piangeva. Chiunque mi avrebbe odiato: lei no. Mi è rimasta affianco e... ci teneva a me. Era da tantissimo tempo che non sentivo una presenza così calda affianco. Credo che sia lì che il mio cuore ha iniziato a risanarsi e il sigillo a spezzarsi. Perché è quando conosci ciò che è bello che riscopri cosa è doloroso. Dopo aver conosciuto Fujiko, la Guardiana dei Desideri ho conosciuto Pure e suo fratello Natural, i figli di una Guardiana, Natalie, e di Ghecis. E proprio quel giorno io ho rivisto la tua morte, ma da estranea: Ghecis uccise Natalie davanti agli occhi dei suoi figli. Dopo questo, Pure venne con noi, senza odiare me e ciò che avevo portato nella sua vita e in quella di suo fratello; anche se piagata dalla follia, non fu mai un pericolo per noi... se non fino al suo ultimo giorno. Conobbi altre persone, altri Guardiani e pian piano iniziai a riconoscermi come una creatura simile a loro. Kurai che aveva perso i genitori, come me e che come me cercava vendetta. E poi Reinhold, Shiho, Seir, Shirley, Marisio, il piccolo Nathaniel, Seoyun, Leonardo, Sharda... Shinseina e Anneke. Tutti loro... anche se alcuni non sono più in vita... io avevo d’improvviso tutto questo”. Si fermò a fissare la madre. “E lo ho ancora”
“Ti stanno aspettando” disse Mary.
“Già...” Ayumi stette in silenzio a capo chino per diversi istanti.
“Ayumi, tesoro...” L’albina alzò lo sguardo, fissando la madre con occhi consapevoli. La donna sospirò e sorrise leggermente, mesta ma pacata. “Il tuo tempo sta scadendo Ayumi”
“So cosa fare” rispose la ragazza.
“Qualunque sia la tua risposta, io ti aspetterò sempre, per l’eternità. Sono fiera di te tesoro. Ora... è il momento”. Mary sparì.
“Grazie mamma” sussurrò Ayumi, mentre lasciava l'Estremo Confine.
 

Anneke sollevò la testa, improvvisamente.
Ayumi aprì gli occhi e sorrise, felice, libera.
Anneke abbassò le palpebre e sospirò.
Ayumi, sotto lo sguardo dei tre Leggendari, iniziò a cantare quella canzone che cantilenava sempre da bambina.
 

“Sono sdraiata in un campo di fiori...”
 

Angolino nascosto nell’ombra
Sono qui. Sono viva
E raffreddata.
E la mia connessione funziona come un codice morse: a punti e linee e sprazzi e boh, non si sa bene cosa stia facendo.
La scuola mi tiene in ostaggio. La scuola tiene in ostaggio tutti.
Ma tra poco arriva l’estate!!! ...e non cambierà un fico secco, ovviamente.
Avrei voluto concludere sia questa che l’altra storia in una data specifica di maggio, in contemporanea. Ahahahah povera me illusa.
Dunque. Ultimo capitolo... Ce l’ho fatta ahahahaha.
Il titolo mi piace, e si riferisce ai modi differenti che i Guardiani hanno avuto di vivere i loro momenti, che fosse la battaglia, il passato o i loro pensieri in generale. E, oddio, spero di non aver dimenticato nessuno. (E anche di aver rimediato a quello che mi era stato detto di fare nello scorso capitolo e che io ho integrato in questo facendo la gnorri, ma shhht).
Ah, credo sia meglio specificare: il corsivo si riferisce al passato che Anneke sta studiando, la scritta normale sono le considerazioni del presente dei Guardiani
L’ultimo capitolo è finito come è iniziato il primo. Che poesia, eh?
Poi tanto arriva l’epilogo che rovina tutto muahahaha.
E aspetterò l’epilogo per fornire la carrellata di considerazioni che probabilmente farò alla fine di ogni long.
Spero di riuscire a concludere bene perché io tengo tanto a questa storia a cui lavoro... beh, circa da sei anni in tutto. C’è stata una lunga parte d’ideazione, quando ancora non avevo idea della forma che avrebbe preso, dei personaggi e anche dei lettori. E a pensarci adesso sembra davvero strano, ma mi fa sentire felice.
Quindi grazie.
...tanto lo sapete che ripeterò le stesse cose nell’Epilogo, vero?
Bene.
Non pensate di liberarvi di me, comunque. Eggs arriverà!
...prima o poi, in questa vita o nell’altra *Gladiatore is the way* (coffcoff)
Spero che l’ultimo capitolo vi sia piaciuto. Alla prossima!
 

Aura_

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Capitolo 43
*** Epilogo - Scelta ***


Epilogo – Scelta

 
Anneke sollevò la testa, improvvisamente.
Ayumi aprì gli occhi e sorrise, felice, libera.
Anneke abbassò le palpebre e sospirò.
Ayumi, sotto lo sguardo dei tre Leggendari, iniziò a cantare quella canzone che cantilenava sempre da bambina. “Sono sdraiata in un campo di fiori...”
 
“Ragazzi...” chiamò Anneke piano, facendo in modo che tutti si voltassero verso di lei.
 
Infine l’albina svanì avvolta da una luce dorata che circondò Articuno fino ad andare a congiungersi a lei.
 
“Ayumi è morta” disse solamente.
E il silenzio regnò sulla spiaggia.
 

_Fonte Saluto_
 

Immagino che adesso mi odierete... beh, siete liberi di farlo, dopotutto. Lasciarvi così, senza una parola... è stato meschino da parte mia.
Ho avuto il tempo di riflettere, sapete? E di scegliere... e credo che così sia meglio. Meglio per me, si intende. So che probabilmente vi farà male, ma... non siate troppo tristi. È stata una mia decisione, per quanto assurdo possa sembrare.
Sì, ho scelto di morire. Ho i miei buoni motivi e esplicarveli mi sembra il minimo.
Io... ho sempre avuto solo mia madre e dopo la sua morte, ho perso me stessa. Ho vissuto più di metà della mia vita essendo qualcun altro... e solo adesso mi rendo conto che non sarei stata mai più in grado di recuperare ciò che ho perso. Voi siete così liberi e così diversi dai vostri Leggendari... avete avuto una vita Umana oltre a quella di Guardiani. Io no. E non potete capire quanto mi sentivo fuori luogo, sempre, ovunque andassi. Quando vi ho conosciuti, all’inizio di tutto questo macello non sentivo questa... incomprensione. Sapevo di essere diversa da voi, ma in un certo senso non mi interessava.
Poi il sigillo si è spezzato e io sono tornata me stessa. Ho visto le ombre dentro di me, ho compreso realmente quanti anni della mia vita erano andati perduti... e all’improvviso vi ho visto distanti anni-luce. Ero più simile a voi, ma allo stesso tempo sapevo che non sarei mai stata libera. Io sono stata cresciuta per proteggere i Leggendari, fin da piccola ho ricevuto un addestramento. Non ho giocato come i normali bambini, non avevo amichetti o amichette. Solo la mamma. Non sapevo nulla degli Umani, se non la loro lingua e un paio di nozioni fondamentali. Ma io non appartenevo a loro. Ma allo stesso tempo, non riuscivo a sentirmi completamente partecipe nel mondo dei Pokémon normali, figurarsi in quello dei Leggendari.
Poi è iniziata la mia missione. E ho capito che il mio posto non era neanche tra i Guardiani. Nonostante fossi originariamente Umana, non avevo quella parte di me, era svanita. Vivevo solo per la mia anima presa in prestito, ossia il frammento di aura di Articuno. Neanche Anneke e Shinseina sono come me: completamente create dal potere Leggendario, loro non sono Umane... hanno il loro ruolo e non devono essere propriamente qualcuno di diverso dai loro Leggendari.
Non Leggendaria, non Umana, non Guardiana. Dove è il mio posto? Non c’è. Non più almeno. Prima vivevo per mettere fine alla follia di Ghecis e salvare i Leggendari e, perché no, i Guardiani che io stessa avevo condannato contro la mia volontà. Ma ora è tutto finito. Il mio scopo è compiuto e la mia strada si confonde inesorabilmente. Così mi fermo.
Non è stata una scelta a cuor leggero e difatti non vi sto dicendo che non ho più niente per cui vivere. Anzi, penso di avere più adesso che nel resto della mia vita. Ho dei compagni, amici, mio fratello... mi sono sentita sorretta, amata, compresa... però ho paura. Una paura che non mi permetteva di stare tranquilla, nonostante abbia realizzato davvero da poco di cosa si trattava.
Non riesco più a stare in un mondo dove sono completamente sola, a conti fatti, a combattere contro la mia diversità e inadeguatezza.
Ho combattuto tutta la vita... ora depongo le armi. Mi arrendo, con serenità.
Per favore, non piangete. Sto bene, davvero.
Mi dispiace. Probabilmente non sono stata la persona che vi aspettavate che fossi. In realtà non sono poi così coraggiosa ed intrepida. Non sono niente, alla fine.
Ho fatto delle azioni orribili, ho promesso cose che non sono riuscita a mantenere, non sono riuscita ad essere una vera amica o una brava sorella. Non ho fatto nulla di tutto ciò. E l’ho rimpianto tutta la vita.
E chissà, probabilmente lo rimpiangerò anche nella morte.
Non so cosa mi aspetti. Ma sono felice.
Vi chiedo solo di accettare la mia scelta, anche se forse non ho il diritto di chiedervelo.
Ora sono completa. Ora sto bene. Non devo combattere più, non devo più soffrire o sentirmi inadeguata.
Credo di aver cercato questa pace per tutta la vita e ora... ora l’ho ottenuta. Quindi... lasciatemi andare.
Sono finalmente libera”.
 
La voce tacque e Angeallen passò dalla forma Morte alla forma Vita, restando in silenzio per un lungo momento. Le persone avevano visi sconvolti, con tracce di disperazione, ma i loro occhi trasmettevano comprensione assieme alle lacrime. Non vi era traccia di delusione.
“Queste sono... le ultime parole che Ayumi ha voluto dedicarvi. Sarebbe venuta di persona... ma era troppo debole e non ce l’ha fatta. Me le ha affidate pregandomi di rassicurarvi ancora. Era davvero rilassata mentre si compiva ciò che aveva scelto” disse il Leggendario infine.
“Ha... sofferto molto?” chiese Seoyun, ce provava in tutti i modi di non versare lacrime.
“Solo all’inizio. Poi si è liberata anche del dolore fisico. È morta con serenità” rispose Articuno con voce pacata, velata di tristezza.
“Lei era... convinta?” domandò Seir,  confusa.
“È stata combattuta fino all’ultimo. Non riusciva a scegliere tra voi e se stessa. Le era stato consigliato di essere egoista per una volta. Così è stato” ribatté Angeallen.
“È giusto così. Lei non ha mai potuto vivere la sua vita... persino oggi si è sacrificata per la sua città di origine e per i suoi compagni...” Corrado alzò lo sguardo, “Era giunto per lei il momento di scegliere cosa farsene della sua vita, che ormai doveva essere ridotta ad una poltiglia informe... l’ho sempre e solo vista distrutta, disperata, in cerca di qualcosa di meglio. Se... se potete garantirmi che era felice così... io non posso fare altro che accettarlo ed essere contento a mia volta” sussurrò, la voce che si spezzava.
“Era convinta. Si sentiva bene mentre sceglieva. L’ho percepito... e lo sento anche ora. Terrò la sua anima un poco con me... per dirle addio. Poi la farò ricongiungere a Mary. È quello che vorrebbe” rispose Articuno. Corrado annuì, sorridendo leggermente.
“E così è finita” sussurrò Marisio, più a se stesso che ad altri. “A quanta pare... meglio di così non poteva andare”. Sorrise. ‘Lo accetto. Sii felice’.
 

Un anno dopo...
 
_Vetta Lancia_
 

Corrado fissava immobile il grande monolite di pietra candida apparso sul sito antico più sacro della Regione di Sinnoh. Una grande lapide per nomi senza corpi.
Una tomba per sua sorella, per sua madre... e gli altri Guardiani. Era venuto lì spesso in quell’ultimo anno, in cerca di consolazione per la prematura scomparsa della ragazza. L’ultimo elemento della sua famiglia ancora in vita. Talvolta lo aveva accompagnato qualcuno, Vulcano perlopiù. Il suo migliore amico lo aveva aiutato tanto in quei lunghi e al contempo corti dodici mesi. Spesso, tuttavia, era solo con i suoi Pokémon.
E Vaporeon, che era rimasta con lui. Anche la creatura percepiva la scomparsa della sua padrona quando saliva là in cima, e si acciambellava sotto la lapide, fissandola dal basso con gli occhioni tristi. Pure quel giorno era con lui.
“Un anno esatto” sussurrò il ragazzo a colei la quale gli teneva compagnia in quel giorno ventoso e nuvoloso.
“Già. Sembra pochissimo il tempo passato, vero?”. Articuno alzò gli occhi vermigli al cielo grigio. La Leggendaria aveva mantenuto la sua promessa e si era liberata dell’anima della giovane, rendendola ad Angeallen. Così avevano fatto anche Jirachi, Zekrom, Suicune e gli altri. Persino Cresselia, così ostinatamente aggrappata a Roxane, aveva detto addio alla sua Guardiana, ponendo fine così alle stranezze della Casa Bizzarra.
“Ho sentito dire che Arceus ha ordinato ai Leggendari di creare un nuovo Guardiano. Obbligatoriamente” disse l’umano.
“Leonardo?” domandò la creatura con una punta di divertimento.
“Quel ragazzo parla troppo se ci prende troppo gusto”. Articuno ridacchiò.
“È così, comunque. Tuttavia, non penso proprio che mi caricherò di questo peso tanto presto. Per un po’ mi limiterò a seguire tutti i neo-Guardiani che stanno affollando il Paradiso Parallelo... tra cui la nuova Guardiana delle Immersioni”. Il giovane si voltò, sorpreso. “Blanca. Uno scricciolo di due mesi. Ero curiosa e così sono andata a sbirciare fuori dalla finestra”.
“Com’è?”
“Come vuoi che sia? Un fagottino”. Corrado sbuffò e Vaporeon si voltò nella sua direzione.
“Sì, hai ragione. Faremo meglio ad andare ora. Arrivederci, Articuno” borbottò frettolosamente il Capopalestra, incamminandosi.
“Non conviverci troppo a lungo Corrado. Lasciale andare”.
Un mezzo sorriso sghembo tagliò il volto del giovane. “Gli Umani sono più deboli dei Leggendari. Voi siete eterni e superiori. Pensavo l’aveste capito ora”. E se ne andò.
 
_Paradiso Parallelo_
 
Kurai teneva per mano una bambina di quattro anni che per la prima volta metteva piede nel Paradiso Parallelo per incontrare il Leggendario alla quale era collegata.
“Sonora, lei è Meloetta” disse il Guardiano degli Incubi, guardando con un riflesso di affetto la Leggendaria della musica, che fluttuava danzante nell’aria, felice. Anche la bimba la fissava a bocca aperta, i capelli neri a caschetto che le incorniciavano il viso dalla carnagione dorata, punteggiati da due occhi bicromi. Kurai le scompigliò i capelli, facendo ondeggiare il codino che svettava sulla fronte della bimba.
“Il terribile Uomo Nero si è addolcito. Domani nevica nel Paradiso Parallelo!” esclamò Seir passando di lì accompagnata dalla sua controparte, una testa calda quanto lei.
“Smettila di ignorarmi!” aveva gridato il ragazzo, più giovane di lei di tre anni, strattonandole un braccio.
“E tu smetti di rompere le palle Victor. O lo dico a Rayquaza”. Il più giovane, livido, si zittì.
“Tu invece sei ancora acida come del latte andato a male” si decise a rispondere Kurai dopo aver osservato la scenetta con un angolo della bocca leggermente sollevato.
“I migliori non cambiano mai” ghignò l’altra mentre il Guardiano della Terraferma alle sue spalle sbuffava facendo oscillare una gamba. Il Guardiano degli Incubi buttò gli occhi al cielo.
“Non vuoi che ti commenti questa tua uscita sul serio, vero?” chiese, retorico. Seir si limitò ad esibirsi in una linguaccia, per poi afferrare Victor per un avambraccio e trascinarlo via, mentre quello strepitava qualcosa, scuotendo la testa ornata da lisci capelli biondi striati da una ciocca rossa sulla frangia che gli copriva gli occhi rossicci.
Questo prima che un tornado formato Seoyun si abbattesse su quella dai capelli blu, diventata ormai la sua migliore amica a tutti gli effetti. “Seir! Guarda, mi è sparito anche l’ultimo neo! Oddio, dov’è andato anche lui? Mi è caduto? Non ci capisco più nulla! Seiiiiir! Tirami fuori una spiegazione logica!” urlò la rossa, strepitando come se le fosse stato inflitto un torto personale.
“Se ti interessa saperlo, sta sclerando di brutto da una mezzora” intervenne Len che passeggiava tutto pacato dietro alla sua ragazza, sistemandosi casualmente la maschera d’oro ornata di nero che gli nascondeva la parte sinistra del volto, come se fosse tutto perfettamente normale. Anche se effettivamente lo era.
“SEOYUN SCOLLATI!” abbaiò la Guardiana degli Oceani.
“Ma mi è sparito un neo! Consolami!” mugolò quell’altra attaccandosi ancora di più e facendo gli occhi dolci.
“Darkrai mi ha detto che l’Unione alle lunghe porta ad un cambiamento fisico nel Guardiano, tra cui la sparizione di alcuni difetti fisici tra cui i nei” borbottò Kurai, apparentemente seccato da tutta quella sceneggiata.
“Oh” fu il geniale commento della Guardiana di Moltres, poco prima di riprendere una posizione civile ed eretta. “Questa spiega tutto”. Poi iniziò a fuggire seguita dall’amica assatanata per il post-assalto con sottofondo il coro di risa di Victor e Leonardo.
Kurai avrebbe voluto commentare quella scenette con occhio critico e spiegare a Sonora cosa in realtà stesse succedendo. ‘L’Unione può toglierci difetti della pelle, ma le cicatrici rimangono sia sul corpo che nel cuore, anche se le possiamo nascondere’. Invece, accarezzò nuovamente la testolina della neo-Guardiana. “Ti ci abituerai” commentò.
 

_Amarantopoli_

 
La città, grazie all’aiuto reciproco tra uomini e Pokémon stava di nuovo acquisendo una forma propria, anche se era impossibile recuperarne l’originario e antico fascino. Tuttavia, i cittadini avevano stabilito un legame profondo imparando ad aiutarsi reciprocamente.
“Questi sono i benefici di un grande disastro” sussurrò Rein all’aria fresca che smuoveva i suoi ricci biondi sulla cima della Torre Campana. Nonostante apprezzasse la compagnia un po’ caotica del Paradiso Parallelo, sentiva la necessità di stare un po’ in solitudine a volte, a riflettere. Veniva sempre accompagnato da Ho-Oh, poiché dopo quel loro strano patto stipulato un anno prima a Sinnoh, prima che la terra tremasse, avevano iniziato a parlare, a scambiarsi pensieri o a stare semplicemente in silenzio ad osservare l’orizzonte. E quale luogo migliore se non la cima di quella Torre, luogo al quale entrambi sentivano di appartenere?
Tuttavia, quel giorno Rein aveva ricevuto una visita da parte di una persona che non conosceva, ma che fu comunque in grado di riconoscere.
“Tu sei un Guardiano delle Leggende... lo stesso che ho visto quel giorno... quando la mia Fujiko mi raccontò tutto e scappò da me una seconda volta” mormorò la signora dopo aver scrutato Rein per qualche secondo, esitando perché intimorita dallo sguardo grave del grande Leggendario alle spalle del ragazzo, che tuttavia le aveva rivolto un sorriso tremulo.
“Lei deve essere la madre di Fujiko” aveva sospirato il ragazzo, abbandonando quasi stancamente la schiena contro lo strano monumento dorato che si stagliava verso il cielo come un’antenna. La donna non rispose subito, limitandosi a fissare il pavimento torcendosi le mani, in un probabile e disperato tentativo di trattenere le lacrime.
“Mia figlia... è morta... vero?” chiese a mezza voce. Rein non poté fare a meno di notare quanto invecchiata gli sembrava la donna. I capelli biondi striati di grigio erano spenti, così come gli occhi smeraldini e le rughe sul suo volto si erano accentuate. Quanta devastazione poteva portare il dolore psicologico al corpo?
“Immagino ci sia voluto coraggio... per salire fino a qui per chiedermelo. Per prepararsi ad affrontare la realtà” sussurrò Rein, guardando il cielo. “Da quando il mondo è venuto a sapere di noi è passato un anno. Io credo che in cuor suo conoscesse già la risposta”.
“Sì... lo credo anche io” rispose la signora Ayane, con un sorriso trista e le lacrime che solcavano gli zigomi.
“Eppure è venuta qui”. Il Guardiano tornò a fissare la donna, pacato. “Perché?”
“Avevo bisogno che qualcuno distruggesse le mie speranze. Non posso continuare a vivere con il fantasma di mia figlia al seguito. Non posso andare avanti così”.
Rein rise piano e senza allegria. “Distruggere speranze e fantasmi, mh? Temo che lei abbia scelto la persona sbagliata” disse quindi, avvicinandosi all’adulta sorpresa. “Io amavo sua figlia” confidò con un filo di voce, le iridi che esprimevano dolore.
La signora non rispose mentre il Guardiano dell’Arcobaleno tornava lentamente da dove era venuto, avvicinandosi a Ho-Oh che era tanto immobile da sembrare una statua. “Aveva giurato che l’avrebbe protetta. La ragazza dai capelli bianchi”.
“Ayumi è l’ultima persona da poter biasimare, in tutta questa faccenda” sospirò Rein. “Ha provato a difenderci tutti senza pensare a lei stessa, riducendosi in brandelli. Ed infine ha perso la vita anche lei” disse ancora lasciando la signora Ayane senza parole. “Io non so cosa significhi perdere un figlio... ma ho convissuto con la sofferenza da quando ho scoperto chi sono... e ci vuole coraggio, sì. Ma anche sostegno reciproco”. Si voltò, sorridendo serafico. “Se mai avrà bisogno di parlare per... scacciare i suoi fantasmi, provi a venire a cercarmi. Chissà, magari ci aiuteremo a vicenda”.
E con un’alzata di spalle, Guardiano e Leggendario dell’arcobaleno scomparvero in un turbinio di fiamme.
 

_Isola Ferrosa_

 
Per dare un nome ed un ordine, i Guardiani o Guardiane delle Leggende sono il ponte tra la gente e i Pokémon, mezzi Umani e mezzi Leggende.
Le creature nate da agglomerati di energia di un Leggendario reso successivamente indipendente è chiamato Figlio o Figlia delle Leggende.
Gli Umani dotati di poteri sono detti Guardiani dell’Aura e sono tenuti ad esercitare tale potere i maniera positiva e costruttiva, consolidando il rapporto tra Pokémon e Umanità.
Vi sono poi Umani che custodiscono i segreti e i miti, per insegnare e preservare. Essi sono i Custodi dei Segreti e collaborano strettamente con i Guardiani, i Figli e i Leggendari. Verranno spesso scelti tra i Guardiani dell’Aura e saranno istruiti e aggiornati dai Leggendari.
 
‘Custode dei Segreti’ sussurrò Marisio fra sé e sé, rileggendo quelle parole che di suo pugno aveva scritto, all’inizio di un grosso tomo. Il suo compito era collezionare i miti, le storie, i segreti e i nascondigli dei Leggendari e anche delle preziose reliquie.
Dopo la fine della battaglia, lui si era nuovamente distaccato dal genere umano ed era andato a vivere in solitudine sull’Isola Ferrosa, assieme al suo Lucario, il suo Pidgeot e l’Absol che un tempo era appartenuto ad Ayumi. Frequentava il Paradiso Parallelo ogni tanto e a volte i Guardiani o Natural venivano a trovarlo. Persino Corrado, in un paio di occasioni.
Ma più di tutti era Articuno a recarsi in quel posto. Era stata lei a comunicargli che era diventato, assieme ad N, il primo Custode ed era sempre lei che periodicamente lo raggiungeva per narrargli miti sempre diversi e sempre più incredibili.
‘Dopotutto è questo che ho sempre fatto. Studiato le Leggende per trovare un perché. Si può dire che io abbia raggiunto il mio scopo’ pensò, seduto su una roccia, mentre scrutava il cielo. Talvolta desiderava di non essersi mai imbattuto nei Guardiani delle Leggende. Nonostante avesse detto a se stesso di aver accettato la morte di Ayumi, nonostante se lo fosse imposto, il dolore che aveva provato faceva fatica ad attenuarsi.
Nonostante apprezzasse il suo ruolo, in segreto odiava tutte le volte in cui Articuno lo veniva a trovare. Un ricordo che distruggeva tutti i suoi tentativi di passaggio. Si era isolato apposta, per rinnovarsi e ritrovare la pace, un equilibrio, vivendo con i suoi Pokémon e meditando sulla sua Aura. Ma il mondo in cui si era gettato era un universo che talvolta non lasciava scampo.
“Sei diventato un ragazzo molto malinconico Marisio” gli aveva detto una volta Shiho, atterrandogli vicino con eleganza. Tutti i Guardiani erano cambiati, nell’aspetto, nel comportamento, nell’Unione. Maturavano e raggiungevano sempre di più la loro essenza di Guardiani, di creature in bilico tra due realtà completamente differenti.
E allora si ritrovava a pensare che Ayumi avesse sbagliato a scegliere quel giorno, un anno prima. Avrebbe potuto imparare anche lei a essere più Umana e a raggiungere quella dimensione intermedia assieme a tutti gli altri. Dall’altro lato, errare è la cosa più Umana che potesse fare e quindi sarebbe morta come Guardiana a tutti gli effetti.
Scosse la testa, tediato. ‘Devi solo accettarlo’.
“Ti vedo sempre più pallido ogni giorno che passa”. Marisio sobbalzò: immerso nei suoi pensieri, non si era accorto dell’arrivo del Miraggio Alato del ghiaccio. “Sicuro che vivere qui in solitudine ti faccia bene?
“Lo sai che mi sembri mia madre, vero?” sbuffò divertito il Custode, abbozzando un sorriso. Articuno gli rispose con uno sguardo severo, prima di lasciar perdere. “Passiamo al dunque: hai qualche altra storiella per me?” riprese Marisio, aprendo il tomo sulla prima facciata immacolata che trovò e rigirandosi la penna tra me mani.
Articuno lo fissò con il suo sguardo cremisi, fiera, con il leggero vento che le sconquassava le piume e faceva vorticare la lunga coda in libere spirali. Ayumi sembrava vivere ancora in lei. Forse lo avrebbe fatto per sempre, rifletté il ragazzo ancora, mentre la Leggendaria iniziava a parlare.
 
“Hai mai sentito nominare i cosiddetti Figli della Foresta?”
 

 

FINE.

 

Angolino nascosto nell’ombra
Così, dopo 365 pagine di World e 165.056 parole, finisce questa storia.
Devo dire che ero piuttosto riluttante all’inizio: mucchi di idee scomposte, ripensamenti, cambiamenti e conflitti interni (diciamo) mi facevano ripensare.
E poi, o la va o la spacca. Per questo devo ringraziare dal profondo del mio essere (perché il cuore è un organo troppo piccolo, purché ampiamente importante) la mia Illustr(at)issima CollegaH Ink Voice che probabilmente manco ha il tempo di leggere questa storia, ma merita davvero questo riconoscimento. Lei mi ha fatto conoscere EFP, lei mi ha convinto a lanciarmi dapprima nella scrittura e poi nella pubblicazione e con lei mi sono confrontata e ho deciso delle idee che poi abbiamo tenuto in comune.
In secondo luogo dovrei ringraziare le persone che hanno aiutato questa storia e questa persona aka l’autrice aka la sottoscritta. E siete molti più di quelli che pensavo e speravo. Davvero, siete meravigliosi, GRAZIE.
Grazie a chi mi ha prestato dei personaggi, aiutando ‘sta solfa a crescere.
Grazie a chi ha preferito, perché allora qualcosa di buono ci deve essere.
Grazie a chi a ricordato; perché essere ricordati è sempre una cosa che da piacere, anche se talvolta viene sottovalutato.
Grazie a chi ha seguito, per un capitolo o due o fino alla fine, perché siete stati curiosi di vedere che combinavo.
Grazie a chi ha letto senza lasciare traccia, perché io lo so che ci siete, e anche voi avete fatto parte di tutto.
Grazie a chi ha recensito, lasciando piccoli pensieri o profonde analisi, ma sempre con correttezza e sincerità. In particolare ringrazio Spartaco, Blue_November, Alikea_Reiki, white_chaos_dragon e Anakin Solo, perché grazie alle loro parole ho trovato una motivazione che talvolta veniva a mancare in quarantatre capitoli di storia.
Infine, ultima ma non per importanza, seir_yume, la mia Eonni e madre-padre, che mi ha incoraggiato e sostenuto sopportando i miei scleri e le mie continue rotture di palle perché volevo un suo commento. Lo so che non è facile sopportarmi talvolta.
Ecco, è tutto. Non mi dilungo a spiegarvi le cose nell’Epilogo, tranne una. La frase in grassetto. Ebbene sì, è un indizio per il sequel, Eggs. Che arriverà. Forse pubblicherò solo il Prologo e poi la lascerò lì, per quando avrò le idee abbastanza chiare per scriverla.
Spero che l’Epilogo vi sia piaciuto, spero che Guardian of Legends vi sia piaciuta. Detto questo, mi inquino ai vostri piedi (cit.) e sparisco definitivamente nell’ombra.
Grazie a tutti voi, di nuovo, e a presto, si spera!
 
 

AuraNera_

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