Pretty Little Killers

di A_GleekOfHouseStark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Emily ***
Capitolo 3: *** Hanna ***
Capitolo 4: *** Aria ***
Capitolo 5: *** Spencer ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Erano trascorsi quasi sei anni dal primo settembre del 2009 e dall’ evento che cambiò per sempre la vita di quelle quattro giovani ragazze di Rosewood. Un avvenimento che scosse le loro vite nel profondo e le condannò a mesi e mesi di bugie ma talvolta anche di sensi di colpa e paura perché il loro gesto aveva comportato una conseguenza enorme che non riuscivano ad affrontare e quindi cercavano, purtroppo invano, di tenerla nascosta, ovvero -A.
L’unico contatto fisico che ebbero con il loro stalker fu quando Mona venne smascherata e successivamente internata al Radley per disturbi psichici, ma la questione non si chiuse in quanto la ragazza fece capire di essere soltanto una pedina in un gioco ben più ampio, tuttavia nessuna di loro aveva la minima idea di chi comandasse la squadra di cappucci neri: sapevano soltanto che si trattava di una sorta di entità in grado di seguirle in ogni minimo spostamento ed essere perennemente non uno, ma dieci passi avanti a loro. La sua prima comparsa avvenne dopo il primo funerale di Alison e da quel momento si era trasformata in una costante presenza nelle loro vite. Era ovunque e da nessuna parte, sapeva tutto ma allo stesso tempo non rivelava niente per tenere le quattro ragazze nella perpetua ansia di finire nei guai per il crimine del quale si erano macchiate. Un delitto di cui solo esse e il loro persecutore erano a conoscenza, ovvero l’omicidio di Alison DiLaurentis, la loro migliore amica, da parte di Spencer. Le sue amiche avevano deciso di aiutarla perché era stata l'unica ad avere il coraggio di fare qualcosa che tutta la cittadina sognava, cioé liberarsi di Alison, e per questo non l'avrebbero abbandonata: se Spencer fosse affondata, Aria, Emily e Hanna sarebbero affondate con lei. Tutto era stato insabbiato a dovere con una recita che avevano perpetrato così a lungo da non ricordare nemmeno cosa fosse reale e cosa una finzione inventata per coprirla.
Purtroppo nel corso del tempo le quattro ragazze non dovettero preoccuparsi solo di -A perché, una volta morto il corrotto detective Wilden, subentrò alla guida del caso il Det. Holbrook, il quale subito capì che le amiche della defunta sapevano più di quanto raccontavano e quindi iniziò a tenerle sotto torchio nella speranza che una tradisse le altre e facesse finalmente luce su quel mistero che lo ossessionava.
Dopo aver retto la pressione per un certo periodo, Aria, Hanna, Emily e Spencer cominciarono a stancarsi delle bugie sempre più frequenti che erano costrette a raccontare per evitare la prigione e dato che neanche -A accennava a lasciarle in pace, organizzarono un piano di fuga. Spencer aveva convinto i suoi genitori a farsi prestare l’aereo privato degli Hastings ed essi glielo avevano concesso senza aver posto tante domande, mentre tutto il resto era stato stabilito nei minimi particolari rimanendo però nella massima segretezza.
Speravano che finalmente, lontane da Rosewood, avrebbero riconquistato una certa libertà.
La sera della partenza le quattro ragazze si riunirono nel capanno degli Hastings che rappresentava un po' il luogo della loro adolescenza.
“Dopo sei anni siamo di nuovo qui, dove tutto è cominciato.” disse Hanna.
“Stavolta è diverso” rispose Aria “Perché una volta uscite non faremo più ritorno.”
“Aria ha ragione. Abbiamo finalmente l’opportunità di scappare, di non avere più -A alle calcagna.” Esclamò Emily, poi aggiunge “Non riesco ancora a credere che tra un'ora un aereo ci porterà in Costa Rica e ci libereremo di tutto questo…”
“Mi chiedo perché non ci abbiamo pensato prima… a scappare intendo.” Aggiunse Hanna.
“Beh avevamo bisogno di organizzarci e prima sarebbe risultato tutto più complicato a causa della nostra minore età.” Ipotizzò Aria.
“Dovremmo lasciare un biglietto di confessione.” Parlò finalmente Spencer.
“Cosa? Sei forse impazzita? Abbiamo mentito per anni per evitare la prigione e ora che stiamo per iniziare una nuova vita vuoi consegnarci alle autorità?” Domandò Hanna con un tono a metà fra l’arrabbiato e l’incredulo.
“Come ha detto Emily” Ribatté la Hastings con una calma quasi insopportabile “Tra un'ora saremo su un aereo e i poliziotti stanno cercando l'assassino da una vita. Il biglietto servirà anche per i nostri genitori, perché voglio che sappiano che stiamo bene ma che non torneremo più in questo posto, oltre che per dare un volto all’assassino di Alison.”
“Ma è il tuo volto…” continuò la bionda.
“Credo che Spencer abbia ragione.” Sentenziò Aria “La famiglia DiLaurentis merita di sapere ma laggiù non ci troveranno mai, quindi se confessassimo, avremmo un ulteriore motivo per tenerci lontane da qui.”
“Sei sicura che questo non serva solo ad alleggerirti la coscienza?” la provocò Hanna.
“La mia coscienza è leggera come una piuma, non mi pento di ciò che ho fatto. Credo solo che abbiano il diritto di sapere che siamo state noi ad uccidere Alison.”
Tu hai ucciso Alison…”
“Sì, ma noi l’abbiamo coperta quindi siamo complici. Ci troviamo tutte sulla stessa barca.” Sbottò Emily, poi concluse “Scrivi questo biglietto e andiamocene il prima possibile.”
Spencer annuì e prese la penna per iniziare a scrivere, ma per la prima volta nella sua vita le parole non uscirono. Lei, che era un’abile oratrice e aveva sempre una risposta pronta, si ritrovò inerme davanti a quel foglio di carta.
“Tutto bene Spence?” chiese Aria.
“Sì” Rispose lei bruscamente “Scrivo questa roba e partiamo.”
 
Non appena la ragazza cominciò a scrivere, una task force di poliziotti armati fino ai denti entrò urlando nel capanno della famiglia Hastings. Da quella massa scura di divise e giubbotti antiproiettile sbucò il detective Holbrook.
“Aria Montgomery, Spencer Hastings, Hanna Marin e Emily Fields, dovete venire in centrale. Siete le principali indiziate per l'omicidio di Alison DiLaurentis.”
“Cosa? Come diavolo è successo?” chiese impulsivamente Aria sbarrando gli occhi.
“Una telefonata anonima.” Rispose un agente.
Non servirono altre parole per far capire alle quattro ragazze chi ci fosse dietro la soffiata che le aveva incastrate. Evidentemente –A aveva deciso di non lasciarsi scappare l’opportunità di infliggere il colpo di grazia al suo giocattolino preferito.
“Spencer cosa facciamo?” urlò Hanna in preda ad una crisi di nervi.
“Niente Hanna” rispose lei tranquillamente come al solito, poi, rivolgendosi al poliziotto che la ammanettava, aggiunse: “Dopo tutto questo tempo? Ci siete arrivati alla fine!”
Mentre le ragazze venivano condotte in un auto della polizia, un agente chiese loro:
“E i vostri genitori? Dobbiamo avvisarli.”
“Siamo maggiorenni” Replicò Spencer “Non c’è fretta di chiamarli.”
“Non riesco a credere che non abbiano mai sospettato nulla in tutti questi anni.” Replicò l’uomo incredulo fra sé e sé, ma con un tono abbastanza alto perché la ragazza potesse udirlo.
“Non hanno mai sospettato nulla perché non erano quasi mai presenti… i miei quanto meno non lo erano.” Replicò lei.
Holbrook rimase spiazzato dall’incredibile tranquillità della Hastings e gli sembrava impossibile che non avesse avuto la minima reazione, ma forse, dopo tutti quegli anni, aveva messo in conto l’idea di poter finire in prigione.

In qualche modo il persecutore di Aria, Emily, Hanna e Spencer aveva scoperto il piano di fuga e lo aveva contrastato con l’ultima carta a sua disposizione perché quelle ragazze potevano essere sue o di nessuno e la libertà da loro tanto agognata non rientrava di certo fra le opzioni.



Note dell'Autrice :3
Hola! Probabilmente alcuni di voi hanno già letto una storia simile perché la pubblicai circa un anno fa, ma siccome mi hanno fatto notare che era parecchio breve ho deciso di modificarla ampliarla, non lasciando semplicemente i dialoghi dei personaggi. Ho voluto immaginare un universo in cui Spencer uccide Alison e le sue amiche decidono di coprirla. Spero di avervi incuriosito con questo prologo e ci vediamo al prossimo capitolo :D
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 2
*** Emily ***


Emily
Le quattro ragazze furono portate alla centrale separatamente in modo che non potessero parlare fra di loro e quindi non poter concordare una versione dei fatti da raccontare all’interrogatorio, il quale avvenne simultaneamente ad opera di quattro tra i migliori agenti della cittadina mentre il detective Holbrook si aggirava per il corridoio dove si trovavano le salette e ascoltava alcuni spezzoni delle quattro conversazioni.
La notizia della custodia di Aria, Emily, Hanna e Spencer era già trapelata e tutta Rosewood moriva dalla voglia di scoprire se davvero erano loro le assassine di Alison, considerando che le quattro ragazze erano apparse fin da subito come ben più informate sull’accaduto di quanto volessero dare a vedere; inoltre alcuni pensavano che oltre ad essere delle possibili testimoni, esse fossero anche delle potenziali imputate per l’omicidio vero e proprio. Nessuno aveva mai parlato apertamente di questo sospetto perché in questa piccola città della Pennsylvania i segreti erano il pane quotidiano e anche una piccola supposizione o una diceria poteva diventare qualcosa da dover tacere per evitare di innescare una catena di pettegolezzi difficile da arrestare, perché se da un lato si cercava di far passare il possibile sotto silenzio, gli scheletri che venivano tirati fuori dagli armadi diventavano nel giro di poche ore di dominio pubblico. Questo particolare sospetto, che nessuno però fino all’arrivo di Holbrook era stato disposto ad approfondire per tramutarlo in un’accusa, si era acuito nel 2011, quando le quattro ragazze furono portate in centrale per la prima volta dal detective Wilden che le trovò in un bosco con in mano la pala che doveva essere l’arma del delitto. Non avendo nient’altro che le loro impronte sull’oggetto, le quali potevano tranquillamente risalire al momento dell’arresto e non dell’omicidio, esse furono condannate ad un paio di settimane di servizi sociali e le quattro non furono mai più apertamente accusate fino a quel momento.
Quando Aria, Hanna, Emily e Spencer furono condotte in stanze separate, ognuna delle quali dotate di vetri oscurati che permettevano a coloro che stavano fuori di vedere ed ascoltare ciò che succedeva all’interno, iniziarono gli interrogatori. Holbrook sperava con tutto il cuore che, ascoltando le varie versioni, riuscisse a trovare qualcosa, qualsiasi cosa, che gli permettesse di risalire alla vera assassina perché non poteva contare né sulle prove forensi, né sulla possibilità che si tradissero a vicenda.
All’inizio, quando le aveva prelevate dal capanno, aveva tenuto in conto questa possibilità ma poi si era reso conto che probabilmente neanche la prospettiva del carcere avrebbe spezzato quel legame indissolubile che si era creato fra quelle ragazze nonostante fosse composto in buona parte dalla condivisione di bugie e segreti malsani.
Holbrook camminava e si faceva un’idea di ciascun interrogatorio mentre quattro dei suoi fidati collaboratori presenziavano tutto il tempo fuori a ciascuna porta prendendo appunti.
 
“Allora signorina Fields, mi racconti cosa è successo quel primo settembre.” Le disse l’agente che la stava interrogando.
“Voi sapete già cosa è successo altrimenti io non sarei qui.” Rispose lei per guadagnare tempo.
“In realtà noi non ne abbiamo la più pallida idea. Per il momento voi siete le principali indiziate a causa di una soffiata anonima ma abbiamo bisogno della vostra collaborazione per avere una visione più completa. Il nostro informatore ci ha detto di cercare tra di voi, di farvi confessare perché sapete più di quanto raccontate e così stiamo facendo, ma la realtà è che non sappiamo nulla. Quindi glielo richiedo: cosa diavolo è successo quella notte?”
Non avevano concordato una versione da raccontare, né mai avevano pensato a come reagire ad un possibile arresto ma in quel momento nella sua testa si materializzarono le parole di Aria: se lei affonda, noi affondiamo con lei. L’avevano protetta per tutti quegli anni e non avrebbero smesso adesso, nonostante l’unico modo per farlo fosse dichiararsi colpevole. Così Emily sfoderò le sue armi e prese a raccontare la sua storia senza esitazioni, proprio come se l’omicidio lo avesse commesso lei e in fondo non era la prima volta che pensava di averlo fatto davvero.
“Io amavo Alison.” Disse con voce roca “L'ho amata fin dal primo momento in cui l'ho vista.”
“Davvero? E questo come si ricollega alla storia?”
“Credo sia per questo che l'ho uccisa.”
“Si spieghi meglio.”
“L'amore mi aveva reso cieca agente.” Ammise lei “Ho passato la mia adolescenza a difenderla e a credere che non fosse davvero cattiva come gli altri la dipingevano ma mi sbagliavo. Me ne sono resa conto solo più tardi perché con me non era eccessivamente perfida, non mi insultava pesantemente o trattava male ma faceva soltanto battute o allusioni sottili che poi però cadevano nel nulla.”
“Continuo a non capire: se la trattava meglio degli altri perché l’ha uccisa?”
“Io l’amavo.” Ripeté Emily “E lei mi ha usato. Non faceva altro che usarmi. Ero la sua valvola di sfogo e non si preoccupava del fatto che stesse ferendo i miei sentimenti.”
“Ne era a conoscenza quindi…”
“Già. Sapeva quello che provavo per lei e continuava a giocare con me, finché un giorno ho detto basta.”
“Questo ci riporta alla notte in cui Alison scomparve.”
“Ci aveva fatto ubriacare, forse addirittura drogato perché poco dopo eravamo tutte addormentate. Dopo un paio d’ore mi svegliai e notai che lei non c’era più, così uscii dal capanno degli Hastings e la trovai che parlava, che ci derideva apertamente, con qualcuno.
“Chi era?”
“Non lo so, rimasi nascosta fin quando non se ne andò lasciandola da sola. La raggiunsi ed ero talmente pervasa dalla rabbia che le tirai uno schiaffo, poi un altro e un altro ancora, finché non cadde a terra. Non aveva neanche provato a difendersi, o forse non ne era stata capace. Quando si vive sotto una campana di vetro sembra che nulla ci possa ferire.
“Vada avanti”
“Tornai indietro ma dopo pochi minuti sentii dei rumori: Alison era rinvenuta e io avevo sbollito il mio furore quindi ero spaventata a morte. Mi raggiunse e litigammo… mi disse che ero solo una sua ombra, che mi derideva perché ero così patetica da credere di poter davvero stare con lei. Per la prima volta nella mia vita si era dimostrata perfida anche con me, ma non ne ero ferita anzi, le sue parole fecero riaccendere in me quella stessa rabbia con cui l’avevo picchiata prima ma amplificata.”
“Così le hai dato il colpo di grazia?”
“Le ho tirato la pala in testa.” Sbottò trattenendo a stento le lacrime, le quali erano sincere perché, in un passato che ormai sembrava troppo lontano, Emily aveva davvero amato Alison.
“Basta così, lei è sotto custodia.” Esclamò alla fine l'agente.
Dopo aver ottenuto il foglio della confessione, l’aiutante del detective Holbrook si recò da lui per riportargli ciò che aveva sentito.

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Capitolo 3
*** Hanna ***


Hanna
 
Hanna Marin era seduta nella piccola stanza dove si sarebbe tenuto l’interrogatorio. Era nervosa perché sapeva a cosa doveva andare incontro per coprire Spencer un’ultima volta, era arrabbiata perché l’universo o chi per esso aveva deciso che non poteva essere più libera, ma soprattutto triste perché tra tutte loro lei era quella che aveva ancora qualcosa da perdere. A differenza delle sue amiche infatti, Hanna aveva ancora un rapporto con sua madre la quale l’aveva difesa fin dall’inizio nonostante avesse, come tutti del resto, dei sospetti su un ipotetico coinvolgimento della figlia. Malgrado ciò però, Ashley Marin aveva sempre cercato di proteggerla utilizzando a volte anche metodi poco ortodossi. Oltre alla madre, Hanna pensò anche a Caleb, il suo Caleb, a cui pochi mesi prima aveva raccontato tutto, dal principio fino alla fine, in modo da smettere di mentire almeno a lui e poterlo coinvolgere nel loro piano di fuga perché non aveva assolutamente intenzione di sparire dalla sua vita senza neanche avere l’opportunità di dirgli addio. Probabilmente lui quindi non sarà stato sorpreso dalla notizia dell’arresto.
L’agente si attardava e Hanna diventava sempre più nervosa. Non avrebbe mai voluto arrivare a tanto, confessare non rientrava di certo fra le opzioni da lei contemplate: tutto ciò che desiderava era fuggire da quella città che, per colpa del loro ignoto aguzzino, si era trasformata in una prigione ma egli era stato in grado di anticiparle ancora una volta e piuttosto che concedere loro la libertà, le aveva spostate in un’altra gabbia dove neanche lui poteva raggiungerle.  -A non aveva ancora finito di giocare con loro, voleva vederle tradire Spencer e questo Hanna lo sentiva fin nelle ossa, quindi lei era decisa che non gli avrebbe dato di certo quella soddisfazione. La resa dei conti si sarebbe conclusa comunque in una sconfitta ma avrebbe fatto almeno in modo che non fosse eccessivamente devastante.
Ad un tratto la porta si aprì e Hanna capì che la sua recita sarebbe cominciata presto. Entrò un ometto basso e tarchiato che iniziò subito a svolgere il suo lavoro, senza preamboli o convenevoli.
“Allora signorina Marin, iniziamo.” Disse lui. La ragazza cercò di essere impassibile e di non far trapelare dai suoi occhi alcuna emozione che potesse tradirla ancora prima di cominciare. Rimase in silenzio per un po’, come per riordinare le idee, poi rispose:
“Deve sapere che io ero completamente succube di Alison. La veneravo e desideravo in qualunque modo di assomigliarle. Lei era tutto ciò che non avrei mai potuto essere: bella, rispettata, popolare... ma quando si è talmente egoisti da non vedere al di là della propria persona è difficile rendersi conto di chi abbiamo ferito con le nostre parole o azioni.”
“Si spieghi meglio.”
“Da quando è morta tutti hanno iniziato a dipingerla come una santa, una martire uccisa brutalmente nel fiore dei suoi anni. Oh, povera Alison! Così innocente, come hanno potuto ammazzarla? Beh, lascia che la illumini agente: Alison DiLaurentis era tutto fuorché una santa!”
“Se era così terribile come dici, perché eri sua amica?”
“Lei ci aveva assoldate, per così dire. Aveva creato il gruppo di amiche perfetto con cui poter torturare gli altri e il peggio è che all’epoca credevo che far parte della sua cerchia fosse un onore perché ero automaticamente esclusa dal suo raggio di cattiveria, ma non era così. Era cattiva anche con noi, solo in modo più discreto.”
L’agente sembrava sorpreso quindi chiese:
“Prima hai parlato di un ‘gruppo di amiche perfetto’, cosa intendevi? E cosa faceva a voi se era più discreta?”
“Ci aveva scelto accuratamente: Emily era quella leale, Aria l’artista, Spencer l’intelligente e io la diversa, quella facilmente influenzabile perché moriva dalla voglia di omologarsi. Con noi la sua perfidia era più sottile perché giocava con le nostre qualità, pregi o difetti che fossero, per farci ferire gli altri… o noi stesse.”
Non appena terminò quella frase si rese conto di aver commesso un errore, non tanto per aver lasciato trapelare qualcosa che avrebbe messo le sue amiche nei guai, bensì aveva tirato fuori una parte del suo passato di cui si vergognava e che cercava di nascondere il più possibile e per questo evitava di parlarne. Purtroppo l’agente non poteva saperlo quindi le pose la fatidica domanda:
“Cosa intendi?”
Hanna si armò di pazienza e coraggio e dopo qualche secondi di silenzio prese a raccontare.
“I miei genitori avevano appena divorziato e io sfogavo la tristezza nel cibo. Ero ingrassata a dismisura e meno riuscivo perdere peso, più tornavo ad ingozzarmi. Lei conosceva questo mio problema e sapeva anche che desideravo smettere di sentirmi così. Un giorno stavamo tornando a casa da scuola e lei avrebbe dovuto venire da me per studiare. Sa cosa fece invece? Mi accompagnò in bagno e aprì la porta. Dio, ho ancora i brividi al pensiero...”
Ripercorrere quella storia, quella parte dolorosa del suo passato le fece venire le lacrime agli occhi.
“Cosa fece Hanna?”
“Mi disse: ‘tu sai quello che devi fare’, poi chiuse la porta del bagno e uscì da casa mia. Mi lasciò da sola. Vomitai fino allo sfinimento. Da quel giorno divenne un’abitudine poiché ogni volta che mangiavo, non necessariamente enormi quantità, mi chiudevo in bagno e vomitavo anche se sapevo che a lungo andare mi sarei sentita peggio. Per colpa sua sono entrata nel tunnel della bulimia e lei faceva di tutto per non farmene uscire, anzi, mi incoraggiava a restarci, come se stessi facendo qualcosa di buono. Non ho mai capito perché lo facesse dato che, in fondo, i miei problemi con il cibo non la riguardavano.”
“Mi dispiace signorina Marin.”
“Si risparmi il suo dispiacere.” Rispose lei. Era addolorata e aveva deciso di terminare la storia dandole la conclusione più naturale possibile “Lei vuole sapere se ho ucciso Alison e la risposta è sì. Eravamo ubriache quella sera e lei ad un tratto sparì. Quando uscii per andare a cercarla mi ricordai di tutto ciò che mi stava facendo passare e mi domandai, per un istante, perché mi importasse tanto di lei. Volevo soltanto che sparisse dalla mia vita così l’ho colpita in testa con la pala. Forse l’ho fatto perché desideravo che provasse anche solo un briciolo della sofferenza che per colpa sua stavo provando io dato che mi sentivo ogni giorno peggio.”
“Quindi mi sta offrendo una confessione? Sa che andrà in prigione per questo?”
“Sì. Non ho paura della prigione perché non potrà mai essere peggio di ciò che ho passato a causa sua. Anche da morta ha continuato tormentarmi. Non potrà più farmi nulla se sono dietro le sbarre per pagare per il crimine che ho commesso.”
Il detective Holbrook ascoltò giusto l’ultima parte dell’interrogatorio e rimase spiazzato dalle parole della ragazza perché non si era mai reso conto di quante vite avesse rovinato colei che veniva considerata appunto una sorta di martire. Alison DiLaurentis era stata carnefice così tante volte che alla fine le sue stesse complici, una tra loro perlomeno, l’avevano trasformata in una vittima.


Note dell'autrice :3
Hola! Questo è il capitolo della confessione di Hanna, spero abbiate apprezzato. Volevo ringraziare tutti voi che state seguendo questa storia perché mi fa davvero piacere che spendiate il vostro tempo per leggerla, quindi grazie davvero :)
Ci vediamo al prossimo capitolo, quello di Aria.
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 4
*** Aria ***


Aria
Anche Aria era pronta per l’interrogatorio.
'Pronta' forse era una parola grossa dato che dalla sua prima e ultima ‘visita’ come indagata alla centrale di polizia erano trascorsi circa quattro anni e quell'unica volta le era bastata per rendersi conto di odiare quel posto, o meglio, come ti tratta la gente che lavora lì se sei sospettata di omicidio. L’aria della stanza era soffocante e le pareva quasi che i muri si stessero rimpicciolendo per poterla schiacciare.
“È tutto nella tua testa.” Pensò per tranquillizzarsi, ma non ci riuscì e tutto ciò che ottenne fu l’incremento del carico di ansia. Aria Montgomery sapeva mentire piuttosto bene ma non aveva mai imparato a gestire il nervosismo, soprattutto in quel momento, dato che non aveva una versione dei fatti da raccontare.
All’inizio della vicenda era Emily l’anello debole del gruppo, poi la ragazza aveva imparato a difendersi e il testimone era passato ad Aria, la quale detestava sentirsi in quel modo. Tutti, dalla sua famiglia (quando ancora era unita e –A non l’aveva distrutta rivelando cose che avrebbero dovuto rimanere sepolte) alle sue amiche, si sentivano come in dovere di proteggerla poiché erano convinti che, per qualche strana ragione, lei non ne fosse in grado. Voleva dimostrare di poter fare qualcosa di utile da sola, senza l’aiuto di nessuno, e aveva deciso che quella sarebbe stata l’occasione perfetta. Fin dai tempi dell’omicidio infatti, coprendo il delitto perpetrato da Spencer, tra loro si era stabilito una sorta di patto silenzioso di cui non avevano mai parlato ma che in sostanza consisteva nel confessare al posto della vera assassina. Se necessario, lo avrebbero fatto davvero per coprirla un’ultima volta e Aria era quasi sicura che le altre stavano già preparando la loro resa e lei non voleva essere da meno: avrebbe coperto la sua migliore amica fino alla fine e dimostrato che anche lei poteva essere forte.
“Eccoci signorina Montgomery, iniziamo.”  Disse l'agente “Vuole raccontarmi cosa successe la notte del primo settembre di sei anni fa?”
“Non giriamoci intorno agente. Lei vuole una confessione e sono qui per dargliela: ho ucciso io Alison.” Tagliò corto Aria. Avrebbe fatto ciò che aveva stabilito ma non voleva rimanere in quella stanza un minuto in più del necessario. Iniziò a sudare freddo e ripeté, più per convincere se stessa che l’uomo che le stava davanti: “L’ho uccisa io.”
“Non voglio una confessione e basta.” Replicò lui, il quale, notando il nervosismo della ragazza, decise di spingere di più, finché non sarebbe crollata lasciando uscire la verità. “Almeno vuole dirmi perché ha ucciso la sua amica?”
A quel punto la ragazza si rese conto che a lei mancava qualcosa che le sue amiche avevano per rendere credibile la loro confessione: un movente. Tutte loro erano state vittime dei giochetti psicologici di Alison, mentre lei no. L’unica brutta avventura che avevano condiviso era stata la scoperta del tradimento di suo padre, ma stranamente ella non l’aveva usato come pretesto per torturarla come aveva fatto con la l’orientamento sessuale di Emily, il rapporto con il cibo di Hanna o le tresche passate di Spencer. Era stata oggettivamente la più fortunata sia in passato sia contro –A che l’aveva lasciata relativamente in pace se si pensa a cosa aveva fatto alle sue amiche.
“Signorina Montgomery va tutto bene?” chiese l’agente notando il suo sguardo perso nel vuoto e il volto pallido “Deve rispondere alla mia domanda.”
Aria non lo fece.
I nervi tesi come corde di violino, i pugni chiusi e il volto contratto.
Tremava e sentì le lacrime bruciarle gli occhi, ma fece il possibile per non piangere.
Il silenzio attorno a lei più rumoroso e opprimente di qualsiasi voce, ma non trovò la forza di romperlo perché la sua mente era occupata da una vocina martellante che diceva: ‘Non ce la puoi fare. Sei troppo debole per farcela’. Era la voce di Alison, nonostante non le avesse mai rivolto quelle parole.
Alla fine Aria esplose.
“Non ho mai voluto tutto questo!” urlò all'improvviso “Nessuna di noi lo ha voluto!”
“Si calmi signorina Montgomery!”
“Volevamo soltanto proteggerla!” continuò il suo monologo come se non ci fosse un interlocutore davanti a lei.
“Ho bisogno di un nome, chi volevate proteggere Aria?”
“Non abbiamo fatto niente, abbiamo solo coperto le tracce!”
Si era appena contraddetta ma non le importava, non pensava davvero a cosa stesse dicendo in quel momento.
“Le tracce di chi Aria?” continuò imperterrito l’uomo. Sapeva che l’avrebbe fatta crollare definitivamente.
“Non ho mai voluto tutto questo.”
“Non capisco Aria. Cosa non hai mai voluto? Chi state coprendo tu e le tue amiche?”
“No!” gridò alzandosi in piedi “Fatemi uscire. Devo uscire da qui. Io non ho mai voluto tutto questo, nessuno
lo voleva!” si fiondò verso la porta e tentò di aprirla con le mani tremanti. “Non ce la faccio più!” gridò dimenando i pugni “Fatemi uscire da qui!”
Poi si accasciò contro il muro e due paramedici la sollevarono e misero su una barella.
Alla fine Aria Montgomery non ce l’aveva fatta, per l’ennesima volta non aveva raggiunto gli obiettivi che si era preposta.
“Cosa diavolo succede?” esclamò Holbrook mentre vedeva la sospettata inerme sulla barella.
“Non ne ho idea detective. È scoppiata all’improvviso e ha iniziato ad urlare. Diceva cose prive di senso, senza alcuna connessione fra loro.”
“Cosa diceva?”
“Ha ripetuto diverse volte la frase ‘non ho mai voluto tutto questo’.”
“Quindi di certo non è lei l’assassina.”
“Però ha confessato l’omicidio all’inizio dell’interrogatorio.”
“Andiamo James, credi davvero che una ragazzina che non è in grado di gestire la pressione abbia potuto compiere un delitto del genere? Il colpo è stato inferto con troppa precisione e potenza per poter essere opera di un paio di mani tremanti dall’ansia.”
“Allora perché diavolo ha confessato?”
“Si stanno proteggendo a vicenda. È l’unica spiegazione logica. Dio, avevo pensato a quest’ipotesi ma speravo di non doverla affrontare davvero!”
“Quindi cosa facciamo?”
“Ascoltiamo attentamente e cerchiamo le falle nella loro storia. Ma di una cosa sono convinto: l’assassina è tra loro quattro.”
Disse questo e si avviò verso la stanza di Spencer Hastings, dove l’interrogatorio era ormai cominciato da parecchio tempo.



Note dell'autrice :3
Hola! Mi dispiace avervi fatto aspettare più del solito ma sono stata a Londra e non ho avuto la possibiità di aggiornare. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ci vediamo alla prossima :D
Kisses
-A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 5
*** Spencer ***


Spencer
Spencer era seduta con le gambe accavallate e le braccia erano conserte e appoggiate sul tavolo: il tipico atteggiamento di chi è in attesa di qualcosa. I suoi occhi erano fissi e trasudavano fierezza, orgoglio e la sua postura, eretta e composta, una dignità che nessuna delle altre ragazze aveva sfoggiato. Si sentiva pronta: sarebbe stata una leonessa e avrebbe raccontato tutta la verità, fino all’ultimo avvenimento. Era stanca di mentire e non voleva che le sue amiche pagassero per ciò che aveva commesso in passato, ma anche se non lo considerava un errore e non se ne pentiva, doveva purtroppo pagare e sarebbe stata lei e soltanto lei quella ad essere additata come assassina. Dato che il suo interrogatorio era iniziato in ritardo rispetto agli altri, ella si era fatta un’idea di ciò che era accaduto là fuori. Dal vetro oscurato male si riusciva ad avere una piccola immagine dell’esterno e lei aveva visto Holbrook parlare con gli altri agenti e Aria portata via su una barella.  
Intuì che le altre l’avevano coperta come avevano fatto il primo settembre di tanti anni fa, avevano continuato a recitare per lei nonostante non glielo avesse mai chiesto, ma anche se era fiera del coraggio e lealtà da loro dimostrato, Spencer Hastings doveva affrontare la giustizia. Un conto era stato proteggerla per evitare che lei pagasse, ma non aveva intenzione di vedere le sue amiche affondare solo per salvarla. Non credeva di meritare quell'incredibile atto di altruismo da parte loro e per una volta aveva deciso di essere lei quella ad offrire protezione.
“Se confessano al posto mio le arresteranno per omicidio. Se confesso anch'io e dico finalmente la verità, la loro risulterà una pura menzogna e saranno incarcerate solo per concorso.” Pensò senza scomporsi. Ormai aveva deciso che avrebbe accettato la pena che meritava riducendo di conseguenza i danni per le sue amiche. Quell'interrogatorio non rientrava tra i suoi piani perché lei voleva fuggire e basta per poter salvare la sua pelle e quella delle ragazze, ma ormai era in ballo (-A l’aveva messa a calci sulla pista) e lei aveva intenzione di ballare. La sua confessione sarebbe risultata un regalo dovuto alla sua magnanimità piuttosto che una resa perché non aveva mentito, rovinato il rapporto con i suoi genitori, con Melissa, con Toby, solo per vedere tutti i suoi sacrifici dispersi in una nuvola di fumo alla resa dei conti.
“Nessuna o io da sola.” disse tra sé e sé con una punta di rammarico. Quello doveva essere il patto dall'inizio e Spencer Hastings non avrebbe mai voluto veder stipulato quell'accordo suicida fra le sue tre migliori amiche che consisteva nel salvarla fino alla fine, ma loro si erano accordate lo stesso, ne era consapevole, e non era stata capace di fermarle.
I suoi pensieri furono interrotti dall’apertura della porta: era un agente che si accingeva ad entrare, ma fu bloccato dal detective Holbrook.
“Dato che con lei non avete ancora iniziato, me ne occuperò io.”
L’uomo se ne andò senza una parola, lasciando Spencer sola con il detective.
“Perché sono stata lasciata per ultima?” chiese lei con una punta di curiosità.
“Il poliziotto che doveva parlare con te è stato trattenuto dal capitano e quando si è liberato è stato richiesto come scorta per accompagnare una sospettata all’ospedale.”
“Aria…”
“Come fai a saperlo.”
“Ci sono persone che sanno vedere anche oltre i vetri oscurati. Me l’hanno insegnato quando ero piccola. Basta trovare i punti giusti perché è raro che non ci siano difetti o cose del genere.”
Holbrook rimase basito ma cercò di ricomporsi subito per non mostrare di essere rimasto colpito dall’intelligenza di quella ragazza che gli stava di fronte.
“Lei sa perché si trova qui signorina Hastings?” chiese lui cambiando completamente argomento.
“Di certo non mi avete portata qui per bere un caffè.” rispose lei ironica.
“Dato che è così a suo agio iniziamo subito.”
“Certo, mi scusi se prima le ho posto quella domanda. Cosa volete sapere esattamente?” esclamò con un tono così collaborativo che fece innervosire leggermente il detective.
“Tutto. Della sua amicizia con Alison, della notte in cui...”
“Quale amicizia?” disse sospirando cinicamente. “Alison non conosceva quella parola, probabilmente l'aveva eliminata dal suo vocabolario.”
“Non mi sembra il momento adatto per il sarcasmo signorina Hastings. È risaputo che lei e la vittima eravate amiche il giorno in cui lei poi fu uccisa.”
“La nostra non era amicizia, era un rapporto malsano che ha rovinato sia me e le mie amiche, sia le persone che venivano sfortunatamente a contatto con noi. Ci trattava bene perché le servivamo a creare il gruppo perfetto di cui lei era a capo, ma a distanza di anni sono consapevole che quella era tutto fuorché amicizia.”
“Tuttavia in passato eravate legate…”
“Non mi rendevo conto di quanto potesse influenzarmi negativamente. È stato quando l’ho capito che l’ho uccisa.” Fece un respiro profondo e continuò “Ecco, l’ho detto. È la verità detective, ho ucciso io Alison DiLaurentiis, sono stata io a prendere in mano la pala e a scagliarla sul cranio di quella stronza. Non creda alle confessioni delle mie amiche per favore, loro sono colpevoli solo di darmi un aiuto che non merito.”
Holbrook rimase scioccato dalle parole della ragazza. Per un istante aveva addirittura pensato che la voce di Spencer stesse tremando al pensiero che lui non la credesse e arrestasse una delle sue amiche che parevano essere le uniche persone a cui ella teneva davvero.
“Perché? Cosa ti aveva fatto Alison da riservarle una fine tanto crudele?”
“Farei prima a dire cosa non mi aveva fatto...”
Eccola, era tornata la fredda e cinica ragazza di prima.
“Parli signorina Hastings!” urlò lui
“Minacciava chiunque intralciasse la sua strada, era prepotente e pretendeva di essere trattata come una regina. Non sopportava che qualcuno potesse superarla come io facevo. Io mi facevo amare e lei temere, aveva paura che potessi rubarle il posto.”
“Raccontami cosa è successo il primo settembre 2009. Dall’inizio alla fine.”
“Quella sera eravamo tutte e cinque nel capanno dove ci avete trovato. Volevamo fare un ultimo pigiama party prima dell’inizio della scuola, una normale serata fra amiche. Lei ci fece bere, ma mise qualcosa nei nostri bicchieri che ci fece addormentare così che potesse sgattaiolare a gestire i suoi affari. Io all’epoca prendevo anche alcuni farmaci per aiutare la concentrazione e poter stare sveglia più a lungo quindi il sonnifero che lei ci somministrò ebbe un effetto di durata più breve su di me. Quando mi svegliai lei non c’era, così uscii per cercarla, ma quando la trovai litigammo. Disse che non dovevo dire a nessuno che l’avevo vista fuori e se non l’avessi fatto minacciò di dire a mia sorella delle cose che dovevano restare nascoste. Continuammo a discutere finché non arrivò ad insultarmi sul personale, dicendo che ero solo invidiosa di lei, una semplice ombra che strisciava. Mi diede della drogata...” Spencer si fermò un attimo, poi continuò “Non potevo continuare ad ascoltarla mentre mi insultava, così ho preso la pala per farla tacere. Non pensavo di colpire abbastanza forte da ucciderla, ma lei non si muoveva e le usciva del sangue dalla nuca. Ero spaventata a morte, quindi corsi al capanno ad avvertire le mie amiche, le quali mi tranquillizzarono e, dopo che raccontai loro tutta la storia, mi aiutarono a seppellire il cadavere. Solo dopo abbiamo scoperto che era ancora viva quando l’abbiamo sepolta.”
Quella tanto agognata confessione aveva sconvolto il detective Holbrook. Sapeva che tra loro quattro avrebbe trovato l’assassina e finalmente, dopo anni di indagini, avrebbe permesso alla famiglia DiLaurentiis di avere un po’ di pace, ma l’intera storia lo turbava perché non aveva mai pensato che la vittima ne avesse potuto mietere a sua volta, usando giochetti psicologici e manipolazioni.
“Ti sei pentita di ciò che hai fatto?”
“Mai. Ho solo avuto il coraggio di liberare Rosewood da quella ragazza che tutti odiavano. ”
“Ma ora chi libererà te Spencer?”
“Non voglio essere liberata, non posso. Ho ucciso ed è giusto che paghi, ma non proverò mai, mai, rimorso per ciò che ho fatto. Solo, la prego, non condanni anche le mie amiche.” Chiese lei quasi supplicando.
“Tutto ciò che posso fare è arrestarle solo per concorso in omicidio in modo che la loro pena sia più breve della tua. Per quanto riguarda l’effettiva durata bisogna attendere il processo.”
“D’accordo, grazie.” Rispose lei.
Nonostante gli alti e bassi, Spencer aveva fatto ciò che doveva anche se in alcuni momenti aveva temuto di crollare. La fiamma del suo orgoglio era forse meno invigorita di prima ma non era di certo spenta. La sua tenacia, la sua fierezza nemmeno –A e le sue torture potevano portargliele via.

Angolo autrice :3 Eccoci al capitolo di Spencer aka la mia liar preferita. Mi ha sempre attirato l'idea di lei come assassina e devo dire che con i suoi trascorsi con Alison avrebbe avuto anche un movente. Il prossimo capitolo sarà l'epilogo e spero lo apprezzerete. Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Note dell'autrice :3
Questa volta le metto in alto: prima di tutto, grazie per aver letto questa storia perché se siete arrivati fin qui vuol dire che un po' di curiosità ve l'ho messa :D poi volevo dirvi che questo epilogo non è assolutamente spoiler, in quanto era già stato scritto tempo fa e io sono ancora alla 5x25 quindi non ho idea se il personaggio che ho scelto come -A combacia o meno con quello della serie. In ogni caso no spoiler!
Grazie ancora per aver letto!
Kisses -A_GleekOfHouseStark



Epilogo
Dopo gli interrogatori, le confessioni vere o mendaci che fossero e i crolli emotivi, il detective Holbrook era finalmente venuto a capo di quel mistero che da anni lo ossessionava. Avrebbe messo la parola fine chiudendo Spencer Hastings in prigione con l'accusa di omicidio e le sue amiche per concorso e favoreggiamento. Solo il processo avrebbe stabilito quanti anni di carcere le ragazze avrebbero scontato, ma era sicuro che la colpevole dell'omicidio e coloro che l'avevano coperta avrebbero visto la luce del sole da dietro le sbarre per parecchi anni e nemmeno il miglior avvocato del mondo poteva impedirlo.
Anche la cittadina di Rosewood era soddisfatta della risoluzione del mistero: alcuni si mostrarono felici per l'incarcerazione delle quattro ragazze, le quali dovevano pagare per ciò che avevano fatto, altri ne furono sorpresi perché non credevano che esse potessero essere in grado di compiere un gesto del genere e altri, come i loro genitori o Toby (l'ex fidanzato di Spencer, i due si erano lasciati da ormai un anno a causa delle continue bugie di quest'ultima) erano entrati in una spirale di negazione e autocommiserazione per non aver mai capito cosa le quattro stessero nascondendo.
Tra i membri della prima categoria si trovava senza ombra di dubbio -A, il loro persecutore che aveva reso una questione personale il vendicare l'assassinio di Alison, usando spesso metodi terribili e spietati. Dopo averle piegate per anni era riuscito a spezzarle definitivamente e anche se questo significava portare a compimento il suo obiettivo primario, aveva perso il proprio giocattolino per consegnarlo alle autorità e non più alla mera giustizia privata.
La sua ultima missione però era stata facile: sapeva che se le avesse consegnate tutte alla polizia, in qualche modo avrebbero lasciato trapelare la verità e così era stato. La Hastings, l'assassina, era dietro le sbarre così come le sue complici. Quelle stronzette gli avevano reso il lavoro facile dopotutto.
Mentre il telegiornale annunciava l'arresto, -A era nel suo covo intento a smantellare il frutto di cinque anni di lavoro e fare i bagagli per sparire dalla circolazione dato che il suo compito era ufficialmente terminato.
Aveva vinto.
In ogni caso avrebbe vinto e lei ne era consapevole da tempo.
Anche le sue vittime lo erano.
Impacchettava quei pochi effetti personali che aveva, distruggeva prove incriminanti e controllava che la fuga fosse organizzata per bene. Tutto con una calma quasi snervante, per godersi al meglio la voce della giornalista che annunciava la fine dei giochi con le quattro stronzette.
 
Le ragazze le avevano addirittura inconsapevolmente fornito un biglietto di sola andata per scappare da Rosewood, poiché ella era a conoscenza del loro piano per andare in Costa Rica e aveva deciso che dopo aver avuto la conferma del loro arresto si sarebbe imbarcata al posto delle sue vittime.
"Alison non era una santa, Aveva fatto del male anche a me ma l’avevo sempre perdonata. Non meritava di morire in quel modo. Nessuno lo merita." pensò mentre spegneva la televisione. Poi, con una certa soddisfazione, gettò una alla volta le felpe nere nel camino, conservando solo quella che stava indossando, e concluse quel tetro falò con il cappotto rosso. Una volta terminato, uscì dal covo e si diresse verso la pista aeroportuale, dove il jet privato degli Hastings la stava aspettando. Una volta arrivata riconobbe subito l’aereo che l’avrebbe portata lontana da quella città che odiava con tutta sé stessa.
“Parte da sola signorina Hastings?” Le domandò l’addetto che si trovava alla base delle scale del jet.
“Purtroppo sì, le mie amiche non verranno.” Rispose lei. Anche spacciarsi per Spencer era risultato più facile del previsto dato che la ragazza non aveva mai avuto occasione di volare su quel jet poiché era stato un recente acquisto di Peter.
“Buon viaggio signorina. Mi saluti i suoi genitori quando tornerà.”
“Lo farò senz'altro.” Mentì lei mentre si avviava verso l’interno del velivolo.
Era piuttosto grande e sembrava abbastanza comodo per poter volare un paio d’ora senza che lei accusasse alcun malessere. Una volta seduta e dato istruzioni per partire definitivamente, la ragazza si tolse finalmente la felpa nera. Era rimasta piacevolmente sorpresa dalle poche domande che le i collaboratori le avevano posto e dal fatto che nessuno l’avesse riconosciuta; d'altronde il suo volto era stato sui giornali e telegiornali per parecchio tempo, vicino alla scritta ricercata per omicidio, quindi aveva temuto che qualcuno potesse collegare il suo viso a quello che i media avevano trasmesso ma nessuno lo aveva fatto.
L’assassina del detective Wilden, la torturatrice delle quattro ragazze più chiacchierate di Rosewood era ancora una volta a piede libero, pronta per la sua ultima fuga.
Mentre decollavano sulle labbra di Cece Drake si dipinse un sorriso rilassato: in Costa Rica nessuno l’avrebbe cercata.

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