This is… SHIPPING!

di Blue Eich
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tastando il terreno ***
Capitolo 2: *** Soldati, al riparo! ***
Capitolo 3: *** Ferite che si aprono… ***
Capitolo 4: *** Funestovento ***
Capitolo 5: *** Si calmano le acque ***
Capitolo 6: *** Mare in burrasca ***
Capitolo 7: *** Il sasso della discordia ***
Capitolo 8: *** Tutto è bene quel che finisce bene ***



Capitolo 1
*** Tastando il terreno ***


2017-13-2-05-45-11


 

Ash si girava e rigirava svogliatamente sul dito l'anello di un mazzo composto da tre chiavi.

Da quando Mr. Mime le aveva trovate, continuava a chiedersi di chi fossero e soprattutto come fossero finite in mezzo alla posta. Forse erano scivolate per sbaglio al postino. Già, doveva essere per forza così. Oppure un Pokémon viaggiatore, passando in fretta e furia nel cielo, le aveva perse. Così, per un caso fortuito, eccole là, sullo zerbino di casa Ketchum. Non sapeva come, ma avrebbe trovato un modo per ridarle al legittimo proprietario, ovunque si trovasse.

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dal cigolio della porta. «Tesoro, è per te.» Sorridendo con discrezione, Delia gli porse il telefono.

«Oh, grazie, mamma.» Ricambiò il sorriso, mentre la donna si rimboccava le maniche, diretta nuovamente alla cesta dei panni sporchi.

«Pronto?»

«Tanti auguri, piccolo Ash! Hai ricevuto il mio regalo?»

«Eh?» Il corvino si prese un attimo di tempo per riconoscere quella voce, bonaria e stuzzicante. Poi sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Gary, il mio compleanno è stato la settimana scorsa.»

«Cosa credi, lo so bene» fu l'aspra risposta del ricercatore. «Ero così preso dai miei studi che me n'ero completamente dimenticato… Perciò ho pensato di rimediare con un regalo in grande stile!»

«Ma si può sapere di che regalo parli?» chiese esasperatamente il moro, a pochi centimetri dall'apparecchio. «Non ho ricevuto nulla.»

«Cosa? Le chiavi, non ti sono arrivate?»

Fissò il mazzetto che, all'arrivo di sua madre, aveva messo sul comodino. Era quello il regalo? «Mi vuoi forse regalare la tua macchina?!» esclamò, scattando a sedere, elettrizzato.

«Neanche per sogno!» sbottò l'altro, spegnendo il suo entusiasmo come si spegne il mozzicone di una sigaretta. «In compenso, ho deciso di prestarti per una settimana la mia isola tropicale.»

«Ah, quella nel bel mezzo delle Isole Orange!» esclamò Ash, lasciandosi poi sfuggire un sorriso mentre alcuni ricordi riaffioravano, uno dopo l'altro, nella sua mente. «Che bei tempi…»

«Già…» gli fece eco Gary. «Comunque, intendo prestartela… Ma a una condizione.»

«Se vuoi chiedermi di ripulirla puoi anche scordartelo!»

«No, non si tratta di questo. Voglio solo che inviti anche le tue aman-» Finse un colpetto di tosse. «Ahem, compagne di viaggio.»

Questa, di idea, non entusiasmava affatto l'Allenatore. Non sapeva il perché, ma sentiva improvvisamente l'amaro in bocca ed era come se gli avessero tirato un pugno nello stomaco. «Tutte?»

«Esatto, questa è l'unica condizione che ti pongo. Ora devo scappare, arrivederci, piccolo Ash

«Quante volte ti ho detto di non chiamarmi-» Non fece in tempo a ribattere, perché la linea era già caduta. Sbuffò: per quanti anni, ancora, sarebbe rimasto “il piccolo Ash”?


 

LUNEDÌ – Tastando il terreno

 

Il prozio di Gary era ricco, così ricco da aver comprato un'isola intera al suo adorato nipotino. “Portaci tante belle donne, mi raccomando!” gli aveva detto, ammiccando. Insieme alla decapottabile e alla squadra di cheerleaders, era stato il miglior regalo ricevuto in tutta la sua vita. Aveva innanzitutto fatto costruire una villa sulla spiaggia. Poi, per festeggiare il completamento dei lavori, aveva invitato Ash, Brock e Misty a trascorrere lì qualche giorno. Una vacanza serena, all'insegna di schizzi in mare aperto, giochi da tavolo e barbecue al chiaro di luna.

Per questo l'Allenatore non vedeva l'ora di tornarci e gli sembrava una bella idea fare l'andata insieme alla sua vecchia amica. Ecco cosa lo aveva spinto fino a casa Waterflower, quella mattina.

Per quanto breve, l'attesa dopo aver suonato il campanello fu davvero snervante. Il ragazzo non la smetteva di picchiettare il suolo con un piede e di mordersi il labbro. Erano ormai due anni che non si vedevano. E se lei gli avesse chiuso la porta in faccia? Con lo scorrere dei secondi, iniziava a pensare di aver fatto un grosso errore a presentarsi lì all'improvviso, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Finalmente, l'uscio si spalancò. Il suo sguardo incrociò quello ignaro di Misty e ci fu qualche attimo d'imbarazzante, pesantissimo silenzio.

Alla Capopalestra tremavano le mani e non riusciva a spiccicare neanche il suo nome tutto intero. Stava sognando? Era forse un'allucinazione dovuta al caldo o alla stanchezza per via dei troppi allenamenti in piscina?

«Ciao, Misty» la salutò lui, con un sorriso che la fece sciogliere come burro al sole. Avrebbe tanto voluto scoppiare in lacrime e contemporaneamente prenderlo a pugni, ma prese un profondo respiro e si trattenne.

«Io dovrei essere arrabbiata con te, lo sai, vero?» chiese, piccata, posando le braccia sui fianchi per sembrare più autoritaria. «Negli ultimi due anni non ti sei fatto sentire nemmeno una volta!»

Il giovane incassò il rimprovero a testa china. «Lo so, e mi dispiace molto… Però adesso sono qui, no?»

A quel punto anche Misty sorrise, rassegnata. Era così felice di vederlo che non riusciva nemmeno ad arrabbiarsi sul serio, per il momento.

«Senti, My… Ricordi l'isola tropicale di Gary?»

Quando Ash le spiegò la situazione, un sorriso crudele increspò le sue labbra. Gli disse di non muoversi e sparì dentro casa. Pochi minuti dopo, si ripresentò con due valigie per le mani straripanti di vestiti messi alla rinfusa. Già pregustava il dolce sapore della vendetta: per una volta sarebbe stata lei ad andare via senza alcun preavviso, piantando in asso la Palestra di Cerulean. Aveva sempre sognato di compiere una simile follia, perciò si sentiva leggera come un palloncino e allegra come un Fletching.

 

 

Il centro dell'isola era formato da un fitto bosco. Però più che un bosco sembrava una giungla: vedevi Monkey saltare da un albero all'altro e Aipom appesi ai rami per la coda, con le guance piene di Bacche. Poi non mancavano i tipi Coleottero, che si aggiravano emettendo un costante ronzio. Gary aveva deciso di lasciare tutto al naturale: non se la sentiva di rovinare quel paradiso per Pokémon. La sabbia, infatti, diminuiva nell'avvicinarsi al “cuore” fino a sparire completamente sostituendosi con l'erba.

Misty assaporava la quiete, appoggiata alla ringhiera della veranda. Il vento le accarezzava i capelli, sciolti e un po' più lunghi rispetto al passato.

Lì accanto, Ash si tormentava le mani fissando per terra. Continuava a sentire una punta d'angoscia, come se qualcosa dovesse per forza andare storto. «Senti, My… Potrei chiederti un favore?» chiese d'un tratto, a bruciapelo.

La ragazza distolse lo sguardo da Pikachu e Azurill che si rincorrevano vicino a riva, per concentrarlo su di lui. «Certo, Ash, dimmi.»

«Ecco, vedi… Siccome noi siamo già stati qui, saremo un po' i capi, non ti pare?»

«Beh… Sì, direi di sì.»

«Perciò, ti chiedo di aiutarmi» proseguì l'Allenatore. «Non penso di riuscire a gestire tutto da solo… In cucina sono una frana!» esclamò, portandosi un braccio dietro la nuca con aria impacciata. L'unico “piatto” che avesse mai “cucinato” in vita sua erano le polpette di fango all'asilo. Sapeva preparare un sandwich e scaldarsi pasti già pronti nel microonde senza che saltasse in aria, ma nulla di più. Perciò, senza un aiuto ai fornelli, era perduto.

Misty, capendo la gravità della situazione – in fondo c'era in gioco anche il suo, di stomaco – non esitò ad annuire. «Non preoccuparti, ci penserò io…» Il sorriso gentile si sostituì immediatamente con uno malizioso. «… A patto che possa avere metà della tua porzione di dolce, ogni giorno!»

«Eeeh?!» si lamentò lui, imbronciandosi. «Non se ne parla, metà è troppo! Al massimo un quarto!»

«Un quarto e mezzo!»

«Un quarto e basta!»

«Allora vorrà dire che te la caverai da solo!» sbottò lei, voltando il capo.

Il moro, nella sua testa, imprecò una maledizione dopo l'altra. «Uffa… Un quarto e mezzo sia.»

La Capopalestra incrociò le braccia al petto, soddisfatta dell'accordo ma soprattutto di aver vinto la discussione.

In quel momento, Pikachu fece un verso allarmato attirando l'attenzione dei due. Qualcosa di misterioso, ma sempre più vicino, puntava in picchiata verso l'isola.

«Aiuto, qualcuno mi fermiiii!» Chi poteva essere, se non Iris? I suoi codini e la casacca legata da un nastro svolazzante, anche da quell'altezza, risultavano inconfondibili. Era in groppa al suo Dragonite, che sbatteva furiosamente le ali rischiando di disarcionarla. Il Pokémon frenò sul ponte del molo, sollevando un polverone tutt'intorno, così la sua Allenatrice si schiantò con la faccia immersa nella sabbia. «Ohi-ohi…»

«Iris!» Il ragazzo corse subito ad aiutarla. «Ti sei fatta male?»

Lei scosse il capo, tossendo più volte, mentre dalla sua chioma spuntava la testolina barcollante del povero Axew. Accettò volentieri la mano del corvino per rialzarsi. Era un po' sporca di granuli sul viso e sui vestiti, per non parlare dei capelli – ma tutto questo, insieme al suo sorriso effervescente, riusciva a fargliela trovare carina.

«Ti ringrazio per l'invito.»

«Ma figurati» le rispose, sorridendo di rimando. «Ti presento Misty, la mia prima compagna di viaggio.» Si voltò poi verso la rossa, che assisteva paziente alla scena, con le braccia dietro la schiena.

«La prima compagna di Ash?» Iris la squadrò a lungo, con aria un po' stupita. «Oh, ma allora lo conosci da quando era un novellino! Non che adesso sia cambiato poi così tanto, ovvio!» esclamò, tirando fuori il suo pungente sarcasmo.

«Ehi!» protestò Ash, offeso, ricevendo solo uno sguardo altezzoso e un verso di superiorità.

Misty, un po' innervosita da quella frase – insomma, chi si credeva di essere? – le strinse la mano. «Tanto piacere…»

 

Era ormai mezzogiorno, eppure non c'era traccia delle tre Pokégirl mancanti. Così Ash decise di andare fuori in cerca di un po' di campo per chiamarle al cellulare e avere loro notizie. Quando spalancò il portone principale e fece un passo, però, si trovò assalito da due figure che gli agguantarono un braccio ciascuna gridando: «Buh!»

Il giovane sobbalzò, per poi rendersi conto che alla sua destra c'era Vera con uno dei suoi sorrisini e dall'altro Lucinda con il suo disarmante occhiolino. «Ragazze! Ecco dov'eravate!»

«Scusaci, ma non abbiamo proprio resistito!» commentò la bruna, ridacchiando sotto i baffi.

«Che succede, Ash?» Iris li raggiunse e al riconoscere l'amica le andò subito incontro. «Oh, Lucinda, che piacere rivederti!»

«Ma ciao, Iris!» La blu unì le mani alle sue in segno di ritrovata amicizia.

Neanche il tempo di chiederle come stesse che vide una testa spuntare lì dietro. Una testa di sbarazzini capelli color carota. Sgranò gli occhi, sentendosi percorsa da un formicolio gelido; era come se il mondo avesse smesso di girare. «Tu sei… Tu sei…» Indicò Misty col dito, tremante e accusatore. «S-Scusate, io vado a sistemare le mie cose!» Schizzò all'interno della villa, quasi volesse fuggire, dopo aver raccolto velocemente i suoi bagagli.

«Aspetta, Lucinda! Non sai nemmeno qual è la tua camera!» Troppo tardi: la Coordinatrice, non avendo sentito il moretto, era già sparita su per le scale.

Misty sbatté confusamente le ciglia. Che fosse in qualche modo colpa sua? Quella ragazzina era sbiancata come se avesse visto un fantasma. Lei poteva essere una minaccia, perché aveva un fisico da modella, elegante come una dea nata dalle spume del mare – e una minigonna un po' troppo audace addosso. Anche Vera, con Pikachu che le si era fiondato tra le braccia, non capiva cosa fosse preso alla sua best friend. Iris, con una smorfia di dispiacere sul viso, era quasi tentata di seguirla.

 

Lucinda si era chiusa in una delle stanze che, evidentemente, erano per gli ospiti. Aveva aperto le valigie sul letto, poggiando il berretto e la sciarpa sullo schienale di una sedia. Nel frattempo stava davanti alla specchiera, con una smorfia perenne, a pettinarsi. Era un metodo per scaricare lo stress che rendeva i suoi capelli lisci come spaghetti e lucenti come perle. A interrompere il flusso dei suoi pensieri funesti fu la porta che si spalancò di botto.

«LUCINDA!» Era Vera, con il fiatone e un'espressione puramente sconvolta. «Non crederai ai tuoi occhi! È… Vieni!» Senza dar alcun tipo di spiegazione e ignorando le sue richieste di essere lasciata in pace, la trascinò di corridoio in corridoio.

«Ma si può sapere che ti prende?»

La Principessa di Hoenn, schiacciata contro una parete come un agente segreto, fece un cenno col capo. Lucinda si sporse scettica e, quando vide ciò che vide, trattenne a stento un urlo. C'era un'altra tizia. Un'altra tizia nuova. Una tizia che aveva i capelli lunghi come i suoi, ma del colore di quelli di Vera, così come gli occhi, per non parlare dei lineamenti del viso… Avevano sentito di programmi del computer per creare fusioni di Pokémon, ma non di persone. Forse era una formula matematica: Lucinda + Vera = Serena. Però provando a fondere Iris e Misty forse non sarebbe uscito qualcosa di altrettanto dolce, come una caramella mou.

«Ti prego, dimmi che è uno scherzo…»

La castana fece cenno di no, abbuiata. C'era rimasta davvero male all'arrivo della Performer. Per scendere dalla barca aveva afferrato la mano di Ash e si era stretta delicatamente a lui, porpora sulle sue guanciotte da Dedenne, mentre Iris sbuffava con orgoglio e Misty contava sottovoce fino a dieci, ripetendosi: “È piccola, ha bisogno di affetto.”

Dopo un respiro profondo, Lucinda s'incamminò nel salone a passetti svelti e nervosi. L'altra le si accodò, un po' in ansia.

«Ah, eccovi» disse Ash, tranquillissimo e ignaro della tensione che regnava nell'aria, come se la sua testolina vuota ne fosse immune.

«Ciao» le salutò Serena, con un sorriso d'innocente cortesia.

La Coordinatrice di Sinnoh le si avvicinò e, con un eccesso di entusiasmo, rispose: «Oh, ciao!» Poi improvvisò anche lei un sorriso, sornione. «È un vero piacere conoscerti!»

Vera si sporse all'orecchio di una Misty dubbiosa per sussurrarle, mentre una Lucinda sull'orlo di una crisi isterica stringeva troppo forte la mano di una Serena un po' intimidita: «Non è sempre così…»

«Sarà…»

 

A proposito della rossa: si era sentita superiore come può sentirsi la prima regina in mezzo a mille principesse. Perché, a detta di Ash, era lei la “donna di casa.” Lei che gestiva la dispensa, sapeva orientarsi per l'edificio e doveva controllare non ci fossero problemi.

«Allora!» gridò, in testa alla fila. «Ci sono tre stanze, quindi possiamo disporci come vogliamo.» “Anche se qualcuno a quanto pare lo ha già fatto” avrebbe voluto aggiungere, con sgarbo, ma preferì non rovinare la tranquillità generale.

Serena si avvicinò alla Capopalestra e, dopo averle picchiettato la spalla per destare la sua attenzione, chiese a bassa voce: «Senti… Potrei stare in camera con te?»

Misty annuì, regalandole un sorriso radioso. In tutta franchezza, era contenta di non essere finita insieme alla ragazza saccente. «Bene, andiamo!»

Vera agguantò un braccio a Lucinda, che si era già sistemata prima, seguendola a ruota. Perciò andò Iris nell'ultima camera, ariosa, fredda come un igloo, il peggio che per lei potesse esistere: passò la notte seduta, con la luce dell'abat-jour accesa, abbracciata al suo Axew come un peluche e ripetendosi che “andava tutto bene.”

 


 


 

Angolo dei sopravvissuti
Salve! Spero vi piaccia questa mia nuova iniziativa che, mettendo un po' da parte i Pokémon, si concentra sui pg. Sulle shipping, precisamente, ma questo credo s'intuisca già dal titolo. È scritta un po' così, per divertirmi, non in modo particolarmente impegnativo, ma a me piace e spero anche a voi. Era da tanto che dovevo pubblicarla, ma non mi sono mai decisa! XD
Il banner là in alto è interamente realizzato da me! 
Spero che qualcuno la seguirà, bye.
-H.H.-

 

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Capitolo 2
*** Soldati, al riparo! ***


2017-13-2-05-45-11


MARTEDÌ– Soldati, al riparo!

 

 

Misty fu la prima a svegliarsi. I raggi del sole picchiavano sul tavolo e a spicchi sulle mattonelle del pavimento, sotto il tintinnio delle stoviglie che metteva in tavola. Il profumo di mare presente in quella stanza era un vero toccasana, per i suoi polmoni.

Però, quel clima così tranquillo non durò a lungo: trascinandosi come uno straccio, Iris raggiunse la sedia più vicina e vi si sedette, dopo averla placidamente spostata.

«Caspita! Che ti è successo?» le chiese la Capopalestra, osservandola. Non aveva affatto una bella cera, con quelle occhiaie e la capigliatura in ordine quanto uno spolverino.

«Non ho chiuso occhio tutta la notte» ammise la viola, tastandosi la fronte con aria esasperata, per poi affondare la faccia sul tavolo.

 

«Scusami, ma… Ecco… Non credo sia una buona idea…» protestò Serena, cortese ma a denti stretti. Erano davanti allo specchio di camera di Lucinda, che l'aveva trascinata lì ancora in pigiama e costretta a provare delle mollette con i fiorellini.

«Ma ti stanno così bene! Una vera bambola!» sostenne la blu, pimpante, pizzicandole una guancia. Ovviamente la stava prendendo in giro ed era solo un metodo per farla sembrare ancora più piccola di quanto già non fosse.

Serena, che ovviamente aveva capito le sue intenzioni, rispose: «Sono… Troppo belle, ecco! Sarebbero sprecate su di me. Grazie mille, ma preferisco che le tenga tu!» E le rese le due mollette.

Lucinda le respinse tendendo i palmi. «Ma no, cara, non fare complimenti…! Io ormai sono troppo grande, ma tu…»

«No, no» ribadì l'altra, sempre a denti stretti, spingendole in avanti. «Sai, da un po' di tempo mollette e cappello insieme non sono più alla moda…»

Fu allora che dentro la Coordinatrice esplose un vulcano di rabbia. Lei si svegliava mezz'ora prima ogni mattina per avere l'acconciatura sempre perfetta e ora una bambina di dieci anni con il coraggio di dormire con uno sfarzoso fiocco rosa in testa le veniva a dire che il suo look non era più alla moda. A lei, un'aspirante stilista? Prima che potesse metterle le mani addosso, la voce cristallina di Misty che le chiamava per la colazione fece sgusciare via la biondina, lasciandola con in pugno solo una manciata d'aria.

«Ehi, dove vai! Sei talmente carina che volevo solo abbracciarti!» si giustificò sfacciatamente, inseguendola.

 

Misty si era sentita di nuovo “regina” quando Ash aveva detto a tutte di fare ciò che volevano, a patto di non allontanarsi troppo, perché lui e Misty dovevano scrivere il programma. Esatto, un programma delle attività della settimana. Perciò ora stavano lì, seduti vicini, con in sottofondo il ticchettio pressante dell'orologio appeso accanto al frigo e una matita ciascuno in mano, davanti a un foglio bianco.

«Domani potremmo fare un picnic» propose la Capopalestra, allegra. «E sabato, per finire in bellezza, una bella grigliata! Che te ne pare?»

Ash annuì. «Mi sembra un'ottima idea!» Poi aggiunse, un po' apprensivo: «Ehi, ma sei sicura di riuscire a cucinare da sola?»

«Certo, nessun problema.»

«Idea!» esclamò, alzandosi in piedi. «Io cucinerò il pranzo insieme a una delle ragazze e tu la cena, così tutti faremo qualcosa!»

Prima che la rossa riuscisse a obiettare che non ce n'era bisogno, lui stava già disegnando un'imprecisa tabella con i turni. “E quando comincia qualcosa, chi lo ferma più?” pensò, con un sorrisino tollerante e intenerito.

 

La prima vittima designata per lavorare in coppia con Ash fu Vera. Sapeva benissimo di essere un disastro in cucina e se un giorno avesse avuto un marito avrebbero di sicuro vissuto di pizza e cibi precotti.

«Hai qualche idea?» chiese, sbirciando da dietro le spalle del mentore, che stava sfogliando un ricettario con le maniche della felpa rimboccate fino ai gomiti.

Lui fece un verso pensoso. «Dovrebbe esserci una confezione di curry in dispensa… È talmente semplice che nemmeno noi possiamo sbagliare!»

La castana batté le mani, felice di aver trovato un'apparente scappatoia, così entrambi si misero all'opera. Lei si occupò della verdura, anche se la mano in cui teneva il coltello tremava un po'. Dopo aver esaminato e messo sottosopra la busta del riso, l'Allenatore stette a fissare il vapore che saliva dalla padella.

«Forse non uscirà qualcosa di così terribile.» Misty fece un sorrisetto, socchiuse l'uscio e li lasciò al loro compito. Quasi invidiava Vera, che riusciva sempre a essere affiatata con Ash, mentre loro litigavano dal mattino alla sera per ogni più piccola sciocchezza.

«Allora, è buono?»

Il moro prese un po' di zuppa dal mestolo per poi fare un verso d'assenso. «Ah-Ah! Però credo che manchi il sale.»

«Non c'è problema, vado a prenderlo io!» La Coordinatrice trotterellò di nuovo verso le ante della dispensa e si sporse sulle punte dei piedi alla ricerca di ciò che le serviva. Vide due scatolette trasparenti con dentro qualcosa di bianco e, ignorando un'eventuale differenza, prese quella col coperchio giallo. Poi, canticchiando sottovoce, tornò davanti al soffritto di carne, patate e carote che borbottava sul fuoco. Prese tre manciate di granuli e li sparpagliò nella padella, ma a quel contatto si alzarono friggendo schizzi su schizzi, quasi come magma, che li costrinsero ad allontanarsi.

«Ma che succede?! Eppure la ricetta diceva di salarlo, adesso!»

«Non lo so!» obiettò Vera, che a denti stretti stava cercando di riavvicinarsi senza venire colpita dal sugo e dall'acqua spumeggiante. «Ahiaaa! Brucia, brucia!» mugugnò, prima di riuscire per miracolo a girare la manopola del fornello e far smettere al tegame di sfrigolare.

«Vera! Tutto a posto?» Ash agitò le braccia per dissolvere il vapore e controllare come stava la sua amica, che stringeva gli occhi e aveva una smorfia spaventata sul volto, sporco di quella sostanza bollente e rossiccia.

«Insomma…»

Il corvino le si avvicinò, con l'intento di dare un veloce assaggio alla salsa che le era finita in viso. La ragazza, in uno scatto di coraggio, si portò più avanti, deviando d'istinto quello che doveva essere un bacio sulla guancia in uno sulla bocca. Durò pochi istanti, ma che sembrarono minuti, mentre entrambi stavano fermi e si gustavano letteralmente quel momento, finché decisero in sincronia di staccarsi pian piano, fino a sciogliere quel tenue calore che lasciò il posto all'aria circostante.

«Era… Buono?» gli chiese lei, timidamente, ancora con il batticuore.

Ad Ash servì un po' per metabolizzare l'accaduto. Dovette sbattere le palpebre più volte, tant'era frastornato, prima di tornare lucido. Poi si leccò le labbra e rispose: «Eccome! È una bomba! Dai, assaggia anche tu!»

Colpita dalla sua euforia, Vera si passò curiosa un dito sulla gota e lo portò alla bocca. «Wow! Ha un sapore dolciastro, ecco perché è così buon–»

Immediatamente il pensiero di entrambi corse alla scatoletta appoggiata sul lavandino, e la Coordinatrice arrossì di botto. Aveva scambiato il sale con lo zucchero. Ma questo gli altri non dovevano saperlo, assolutamente, altrimenti si sarebbero rifiutati di provarlo a prescindere. Perciò decisero di far finta di niente.

Tutti – completamente ignari – a pranzo fecero loro i complimenti, dicendo che era il riso al curry più buono che avessero mai mangiato. E, quando insistevano per sapere cosa ci fosse dentro di così particolare, i due chef si lanciavano un sorriso per poi rispondere all'unisono: «Ingrediente segreto!»

Misty si accorse di tal complicità, perciò per l'intera durata del pasto li guardò con un sopracciglio alzato, curiosa, ma preferì non indagare.

 

Più tardi le Pokégirl erano tutte fuori, in riva al mare, con un po' di vento che scuoteva le palme e i cespugli, sollevando nuvolette di sabbia da terra.

Sicura ci fosse caldo, Lucinda era uscita in costume da bagno e con i capelli legati. Così si ritrovava ad essere l'unica con le braccia avvolte attorno al corpo che batteva i denti, rintanata sul terrazzino della casa. Vicino a lei c'era Vera, che fissava le nuvole perennemente imporporata, come se si fosse scottata al sole che quel pomeriggio rifiutava di uscire allo scoperto.

«Dai, ragazze, venite a giocare! Non statevene sempre lì in disparte!» gridò Iris, mentre passava una palla gonfiabile a Serena.

Lucinda scosse il capo. «Magari dopo!» gridò di rimando. Poi si rivolse a Vera, talmente assorta da non essersi nemmeno resa conto che qualcuno aveva appena parlato con loro. «Ma si può sapere che hai?»

«Uh? Niente…» rispose lei, distratta.

La blu ridacchiò e le bisbigliò maliziosamente all'orecchio: «Che c'è? Ti è per caso successo qualcosa con… Com'è che si chiamava? Ah, sì, Drew!»

La brunetta si coprì il viso con le mani dalla vergogna e, sconcertata da quell'idea, scosse bruscamente il capo. Il suo rivale non la avrebbe mai contattata per primo e senza un motivo, non era nel suo stile.

«Dai, dimmelo. Li mantengo i segreti, io!»

«Lucinda… Non so se anche tu te ne sei accorta, ma… Credo proprio che a tutte, qui, piaccia Ash.»

La più giovane annuì. In realtà era la prima cosa che aveva notato, ma preferì non far sentire la sua migliore amica una stupida e la lasciò continuare.

«Se io ti dicessi che… Ci siamo… Baciati…?»

«COSA?!» Ora Lucinda era a pochi centimetri da Vera e la fissava, tenendola per il colletto del pullover. Un po' per invidia, un po' per rabbia, che giustificò dicendo: «Cosa?! E che aspettavi a dirmelo?! Cioè, devi raccontarmi tutto e subito!»

La Principessa di Hoenn arrossì e congiunse ancora gli indici dalla vergogna, mentre illustrava l'equivoca situazione di poche ore prima. Ma entrambe non avevano calcolato la loro “fusione” che, appena tornata dal bagno, ascoltava tutto con una smorfia e le orecchie tese, accanto al muro.

«Questo non va affatto bene… Sei d'accordo, Fennekin?» disse piano al suo starter di Fuoco, che annuì vigorosamente. «Ash è mio… L'ho visto prima io…» borbottò, stringendo i pugni.

 

Secondo la lista che troneggiava precaria appesa con una strisciolina di scotch al frigorifero, avrebbero dovuto giocare a beach-volley. Infatti, dopo pranzo erano tutti in spiaggia. Ash aveva montato la rete e, cercando in giro, le ragazze avevano trovato un pallone un po' malandato ma ancora utilizzabile.

Iris e Misty si erano proposte capitane. La prima scelse Ash, Lucinda, Piplup e Axew, mentre la seconda Vera, Serena, Fennekin e Pikachu. Con i Pokémon sarebbe stato più divertente, o almeno così credevano. Purtroppo il piccolo Azurill non poté partecipare, altrimenti una delle due squadre avrebbe avuto un membro in meno. Insomma, non era il caso che partecipasse anche Dragonite, se non volevano rischiare dei Lanciafiamme accidentali.

Passarono il pomeriggio così, partita dopo partita. Le leaders si colpivano con delle mine micidiali come a voler rivendicare il titolo di Pokégirl più maschiaccio, Vera tirava sempre fuori campo, Lucinda mirava casualmente sempre a Serena – che al contrario lanciava ai mostriciattoli. Ma erano bellissime le espressioni di Misty e Iris: entrambe a denti digrignati, dimostravano una forza tutt'altro che femminea.

«Adesso voglio fare un lancio come si deve» borbottò la Coordinatrice di Petalipoli, tra sé e sé. Tutti erano in posizione, pronti a scattare. Alzò in alto il pallone e, quando esso tornò all'altezza delle sue braccia, chiuse gli occhi e strinse i denti sopportando il colpo. Appena li riaprì, però, si accorse che la palla era andata dal verso sbagliato: indietro. E stava mirando dritta alla testa del povero Pikachu.

Quando il topolino girò il capo, fu troppo tardi: venne colpito forte sulla nuca. Il risultato fu un immediato elettroshock, che avvolse l'intero campo in un fascio di luce accecante.

Poco dopo, Lucinda si disperava per i suoi capelli, diventati ricci come quelli di un clown. Axew e Fennekin, ch'erano riusciti a mettersi al sicuro al momento giusto, stavano cercando di soccorrere il povero Piplup tramortito; il primo lo sorreggeva, scuotendolo un po', il secondo invece usava la propria coda come un ventaglio per fargli aria. Le due caposquadra, nonostante fossero carbonizzate dalla testa ai piedi, si stringevano la mano da vere sportive accordandosi per una rivincita. Ash barcollava come uno zombie alla ricerca di un letto, mentre l'artefice del disastro mugugnava in preda alla vergogna più totale.

 

Durante la cena nessuno spiccicò parola. Soprattutto Pikachu: con un cerotto in testa, consumava la sua ciotola di croccantini accanto agli altri Pokémon.

Misty posò il vassoio coperto al centro della tavola. Il vassoio sacro, che tutti avevano l'assoluto divieto di toccare al di fuori dei pasti. Non appena la cloche fu sollevata, gli sguardi famelici dei presenti andarono subito a puntarsi sul cheesecake con sopra spicchi di Baccafrago. Era così bello e così perfetto che sembrava uscito direttamente da un film americano. Beh, non c'era da aspettarsi di meno da Delia, che l'aveva sfornato in fretta prima della partenza del figlio.

«Una per Serena, una per Iris, una per Lucinda, una per…»

Quando Misty stava per mettere una fetta nel piatto di Vera, armata di paletta per dolci, lei scosse il capo. «Non mi va, ma grazie lo stesso.»

Tutti la guardarono come se fosse un fantasma. Vera, proprio Vera, l'adolescente più golosa della storia, stava rifiutando una perfettissima fetta di torta al cioccolato.

«Con permesso.» Fece un breve inchino e se ne andò dalla cucina, sempre con aria mogia.

Il silenzio regnò di nuovo. Nessuno voleva credere ai propri occhi.

«Siamo sicuri che fosse veramente Vera, quella?» chiese Ash, con una smorfia sul viso. «Si comporta in modo strano.»

«Magari è stata rapita dagli alieni» commentò Iris, distrattamente, a bocca piena.

A proposito della torta… «Ash~» cantilenò Misty, con una certa malizia e un sorriso a trentadue denti, porgendogli il proprio piatto.

Il giovane, per i primi istanti, lo fissò senza capire. Poi, ricordandosi del patto, fece un'espressione sconsolata mentre, col coltello, tagliava lentamente quasi metà della propria fetta. Altrettanto lentamente la spinse nella stoviglia della rossa, che si stava già leccando i baffi.

«Ash, puoi prendere la mia metà, se vuoi» intervenne Lucinda, come un fulmine a ciel sereno per lei e una manna dal cielo per lui. «Sai com'è… Troppo cioccolato fa ingrassare.»

L'Allenatore la ringraziò di cuore, fiondandosi senza esitazione sul suo dolce.

Misty era come diventata di ghiaccio. «R-Ripensandoci, non mi va più così tanto» disse, orgogliosamente e con un sorriso tirato.

 

Più tardi, Ash ricevette una chiamata al telefono fisso del primo piano, quello accanto alla rampa di scale per salire nelle camere.

«Ehilà, Ashy! Te la passi bene, scommetto.» Gary aveva una voce un po' beffarda. «Non hai nulla da raccontare al tuo vecchio amico?»

Il corvino alzò un sopracciglio e rispose, sincero: «No, cosa dovrei raccontarti? Oggi non è successo niente di che, siamo tutti molto stanchi.»

Sentì uno sbuffo. «Mi riferisco a stamane. Pensaci bene, Ketchum.»

Nella testa del moro si fece spazio il sorrisino candido e imbarazzato di Vera, talmente bello che sarebbe stato per ore a guardarlo…

«Ohi? Non ti azzardare a mettere giù, sai! Solo io posso attaccarti il telefono in faccia!»

«Te lo dico di nuovo: non è successo proprio niente, va tutto benissimo.»

Gary diede un colpo di tacco alla sedia e gli lanciò un ultimo avvertimento: «Non sprecare questa settimana, okay? Sono stato fin troppo caritatevole.» Concluse con un informale: «'Notte.»

«Okay, ancora grazie per il regalo. Buonanotte.» Ash posò la cornetta e stette lì qualche secondo, a pensare, senza però trarre conclusione alcuna.

 

 
 


 

Angolo dei sopravvissuti
Il primo che osa fare commenti negativi sulla Advance ha già un bazooka puntato alla tempia, vi avviso XD questo perché OGNI SHIPPING avrà i suoi momenti e se la vostra preferita non era questa, beh, non vi consiglio di smettere di seguire la storia! Lol
#peaceandloveAdvance
Okay no, gli hashtag mi fanno schifo. Va beh, penso di essermi già dilungata troppo.
Bye!
-H.H.-

 

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Capitolo 3
*** Ferite che si aprono… ***


2017-13-2-05-45-11

 

MERCOLEDÌ– Ferite che si aprono…


 

Misty si alzò, sbadigliando e pensando ai compiti da svolgere prima che tutte le altre si svegliassero. Che fatica. Ma l'aveva promesso ad Ash… E doveva farlo anche per il quarto e mezzo della sua fetta di torta, non dimentichiamolo.

Fu sorpresa di socchiudere la porta della cucina e trovare la sua coinquilina già in piedi che stava sistemando la roba sul tavolo.

«Serena! Che ci fai qui? Dà qua, non è il tuo turno oggi, non avresti dovuto» disse, sentendosi in colpa e prendendole una ciotola di porcellana dalle mani.

«Volevo farti una sorpresa» si giustificò la Performer, con un piccolo sorriso. «Sei sempre così gentile con me…»

Misty sorrise di rimando, intenerita. «Ti ringrazio molto, ma adesso va' a vestirti, finisco io qui.»

«Va bene!» La più piccola obbedì e se ne andò, contenta di essere stata d'aiuto.

Frugando in dispensa, la Capopalestra pensò che dopotutto le generazioni odierne non erano così male.

 

Gli sguardi di Ash e Iris erano rivolti all'interno del cesto di vimini. Avrebbero dovuto metterci qualcos'altro dentro, oltre alle posate di plastica e i tovaglioli. Ma la domanda che più li tormentava era: cosa? Non ce l'avrebbero mai fatta a preparare cinque bentō in così poco tempo e con le scarse capacità culinarie che si ritrovavano.

Mentre l'Allenatore sfogliava in fretta e furia il libro di ricette, la ragazza si era messa a curiosare nella credenza. C'erano tanti oggetti di forme strane che non aveva mai visto; uno più di tutti, cavo e bucherellato, attirò la sua attenzione.

«Carino questo! Si usa così?» chiese, mettendoselo innocentemente in testa.

Ash si trattenne dal ridere. «Ma no, serve per far scolare l'acqua della pasta.»

«Oh» sussurrò lei, meravigliata, togliendoselo dal capo per osservarlo più da vicino. Nel villaggio dov'era cresciuta arnesi così moderni non c'erano, era tutto naturale al cento percento. Naturale… «Ho un'idea!» esclamò all'improvviso. «Lascia perdere quella roba e seguimi! Ormai non c'è più tempo!»

«Iris… Aspetta!» Il moro chiuse il libro e si affrettò a inseguirla, chiedendosi cosa diavolo le fosse saltato in mente, mentre lei si lanciava abilmente giù per il corrimano.

 

All'ora della partenza, Iris sorrideva e teneva ben saldo il cesto. Nessun altro sapeva cosa contenesse, perché volevano che fosse una sorpresa. A proposito di lui: stava discutendo con Misty sulla strada da percorrere. Anche se, a dirla tutta, la più grande non sembrava particolarmente entusiasta di partire.

Lucinda sbadigliò, con una mano davanti alla bocca; era stanchissima, perché quella notte aveva messaggiato fino a tardi con Gary. Serena, invece, era inginocchiata davanti al suo Fennekin per spazzolargli il pelo, emozionata come se stessero partendo per una gita scolastica.

«Bene, ora possiamo andare» annunciò Ash, con le braccia sui fianchi. Poi, però, il suo sguardo svettò tra i presenti e si accorse che mancava qualcuno. «Ehi, dov'è finita Vera?»

«Ha mal di pancia» spiegò la Coordinatrice di Sinnoh. «Mi ha detto che non se la sente di venire con noi.»

«Ah… Che peccato» commentò Misty, realmente dispiaciuta di avere un'amica in meno con cui conversare.

 

Lucinda si pentì amaramente di non aver pensato prima lei alla scusa del mal di pancia, almeno se ne sarebbe restata in camera a leggere una rivista di moda, baciata dai caldi raggi del sole. Eh già, quella di Vera era una scusa, perché voleva evitare Ash il più possibile: non sarebbe riuscita a guardarlo in faccia disinvolta come prima, dopo il bacio pseudo-accidentale e il clamoroso disastro sul campo da beach-volley.

Lulù non avrebbe mai voluto venire: camminare voleva dire sudare e quindi sporcarsi il vestito, e poi non succedeva niente d'interessante. Misty cercava di spiegare il panorama come se fosse una guida turistica, stringendo convulsamente il braccio del ragazzo ogni qualvolta vedevano un Caterpie o un Kakuna appeso a testa ingiù.

D'un tratto, il viso di Iris s'illuminò come quello di una bambina il giorno di Natale: c'era una bellissima e solida liana sospesa nel vuoto. Ignorando completamente il resto del gruppo, vi corse incontro e iniziò a dondolarsi avanti e indietro, ululando come un Poochyena ed evitando abilmente a ogni giro di spiaccicarsi contro gli alberi d'intorno.

«Attenta! Può essere pericoloso!»

Al noioso avvertimento di Misty, si fece una sonora risata. «Dovreste provare anche voi, non sapete cosa vi perdete!»

Lucinda cercò di sporgersi, ma per il volere del destino mise male il piede, che incappò in un sasso. Per evitare l'imminente caduta e riprendere stabilità, si resse alla persona più vicina nel suo raggio d'azione: Serena. Si appoggiò alle sue esili spalle, forse con troppa forza, tant'è che la ragazzina perse lei stessa l'equilibrio. Fece un grido di panico e si ritrovò a stringere una liana libera, per non cadere.

«… Aiuto!» disse, presa dal panico, con la pianta che ondeggiava pericolosamente.

«Io l'avevo detto che era un gioco idiota!» sbraitò Misty.

Iris stava per andare a prendere la bionda per riportarla sulla terraferma, ma le mani sudate dall'agitazione tradirono quest'ultima, che cadde giù con un urletto spaventato.

Fu in quel momento che Lucinda desiderò sparire per sempre dalla faccia della terra. Che cos'aveva fatto?! Aveva quasi ucciso una bambina!

Per fortuna la Performer era riuscita a tenersi a una radice che spuntava dal terreno, poi era finita di sotto, nel laghetto, sporca di fango e con la parte inferiore del suo completo a vita alta fradicia.

«Serena!» esclamò Ash, allarmato, mentre Iris scendeva indenne e la riportava su sempre grazie all'aiuto della prima liana. «Stai bene?»

«Voglio andare via da qui» mugugnò lei, con il viso rigato dalle lacrime.

Spinta dall'angoscia, Lucinda fece per andare dalla liana, ma Iris la trattenne.

«Stupida, non farlo!»

«È colpa mia! Sono stata io ad averla spinta… Ma non volevo!» sostenne, con occhi dove balenava la paura. La vittima ancora taceva, singhiozzando piano.

Misty strattonò bruscamente la Coordinatrice per un braccio, allontanandola da lì. «E credi che farti male anche tu serva a qualcosa? Faresti bene a chiederle scusa, piuttosto.»

Lucinda abbassò lo sguardo. Adesso sì che aveva paura: nessuno le aveva mai parlato con tanta durezza. «S-Scusa… Non volevo, davvero! Mi dispiace tantissimo, è stato un incidente, lo giuro!»

«… Non fa niente…» mentì la bionda. «Ash, mi accompagni? Voglio tornare indietro…»

Il moretto annuì. «Voi andate pure avanti, la accompagno e poi vi raggiungo. Dai, non facciamoci rovinare questa bella giornata.»

Aiutò Serena a camminare, rassicurandola dolcemente, mentre la blu – con il resto del gruppo rimessosi in marcia – si faceva consolare dalla parlantina abbuiata di Piplup.

 

«Eccoci arrivati. Ti senti un po' meglio?» chiese Ash, gentilmente, non appena giunsero davanti all'ingresso della villa.

La ragazzina annuì. «Ti ringrazio per avermi accompagnata.»

«Figurati… Sono certo, comunque, che Lucinda non l'ha fatto apposta.»

Avrebbe voluto rispondere “sì, certo, come no” ma pensò non fosse il caso. Anzi, forse doveva ringraziare la rivale: era per merito suo se ora si trovava sola insieme ad Ash.

Quando salirono i gradini che separavano il corridoio dall'ingresso, si accasciò a terra. «Ahi…»

L'Allenatore le prese delicatamente la mano, aiutandola a rialzarsi. «Sarà meglio medicarti, andiamo…»

Serena arrossì, provando le stesse sensazioni di quando erano piccoli: quel calore, quella sicurezza che le donava, il cuore che batteva forte… L'avrebbe seguito ovunque, anche sulla luna.

Qualche minuto dopo, la Performer sedeva su uno sgabello nel bagno, con la gamba protesa in avanti, che lasciava ciondolare in sincronia all'altra. Era in attesa di Ash, che cercava qualcosa nel primo ripiano della credenza. Con in mano un flaconcino di disinfettante e un batuffolo di cotone, lui s'inginocchiò davanti a lei.

«Ci metterò un attimo» disse, con un sorriso gentile, mentre la più piccola stringeva i denti e sopportava il lieve bruciore. Al termine, le strinse un fazzoletto attorno al ginocchio e la guardò, sempre sorridente. «Fa ancora male?»

«Sì…»

«Posso provare con la “magia”» propose, spensierato.

Serena fece un risolino per poi scuotere piano il capo. «Ash, non sono più una bambina» lo canzonò, un po' dispiaciuta. «Ma magari un bacio…»

Lui arrossì, preso alla sprovvista. «S-Se può farti sentire meglio…» Iniziò cautamente a chinarsi verso il suo ginocchio, quando la bionda si abbassò a sua volta per prendergli il viso tra le mani.

«Non sono più una bambina…» il suo tono di voce si affievolì e le sue labbra premettero dolcemente su quelle calde di Ash, che stava lì, troppo scosso per reagire.

Vera, dietro la porta socchiusa, fece qualche passo indietro. Corse via, in lacrime. Non si era mai sentita tanto vuota e angosciata. «Io credevo che… Che significassi qualcosa per te…»

 

Regnava un silenzio tagliente e pesante. Misty mangiava velocemente e quasi con rabbia il proprio spiedino. Lucinda, il suo, non l'aveva nemmeno toccato. Stava lì, con le labbra serrate, e disegnava piccole circonferenze immaginarie sulla tovaglia a quadri, piantandoci lo sguardo. Iris ogni tanto le sussurrava qualcosa con voce dolce e lei annuiva. La viola era forse la più imbarazzata, ma anche la meno tesa, infatti se ne usciva sempre con frasi allegre dette con un sorriso tirato sulla faccia. Le risposte che riceveva però erano duri “uhm” di consenso e quel clima così angoscioso non si spezzava. Alla fine sospirò, dando un altro morso alla Baccarancia imbevuta di sciroppo in cima al bastoncino. Ci aveva provato a portare un po' d'allegria, ma se le altre non collaboravano…

A un certo punto Ash sbucò dal folto degli alberi, sfoggiando uno dei suoi quieti sorrisi. «Ehi, ragazze.»

«Finalmente sei arrivato!» esclamò l'Allenatrice di Unima, con aria forse un po' troppo felice, ma non ne poteva più di parlare da sola. «I nostri spiedini di Bacche sono perfetti, devi assolutamente provarli!»

Il moro si sedette a gambe incrociate accanto a loro. Già dal suo arrivo, la tensione nell'aria sembrava essersi attenuata un po'.

 

 

Lucinda era davvero a pezzi, non si sentiva più le gambe. Era certa di aver perso almeno un chilo con quella stupida gita. Beh, era l'unico lato positivo. Con Piplup intontito a fianco aprì la porta della sua stanza, dove trovò Vera schiacciata contro il cuscino.

«Ehi… Che succede?» chiese, dimenticando immediatamente il resto dei suoi pensieri che erano tutti di nulla importanza, dal primo all'ultimo, se paragonati alla sua amica più cara ridotta in uno stato simile.

La Principessa di Hoenn continuava a naufragare nelle sue lacrime. «Lui… L-L'ha baciata… Ah, Lucinda!» Abbracciò di slancio la blu, forte, per sfogarsi. «Che cos'ha lei, più di me? Sono i miei capelli che non vanno bene? O come mi vesto? O forse devo mangiare di meno… Perché Ash non può stare con me? Io… Io…» Fece una pausa, tirando su col naso. «Anche per me è speciale… Io…»

Lucinda le diede un paio di carezze, per rassicurarla e affievolire i suoi singhiozzi. «Vera, tu vai benissimo così e non devi cambiare per nessuno» la rincuorò con estrema dolcezza, degna di una reale best friend. «Ora spiegami cos'è successo.»

 

Mezz'ora dopo la castana si era calmata, aveva solo gli occhi ancora un po' gonfi. Al contrario, la Coordinatrice di Sinnoh stava letteralmente impazzendo e dava pugni al suo cuscino, soffocandoci versi rabbiosi. L'aveva baciato. Quella bambina-loro-fusione l'aveva baciato. Prima di lei. Grazie a lei. Tutto il senso di colpa provato nelle ultime ore stava lasciando posto a una voglia di assassinio e di spaccare la lampada sul comodino.

«Anche io voglio baciare qualcuno! Non è mica giusto così!» Stritolò ancora di più il guanciale, gettandosi capricciosamente sul materasso. «Se solo Gary fosse qui…»

Qualche secondo dopo, il suo cellulare vibrò. Oh, un nuovo messaggio.

Da: Gary Oak

Ehi, come stai? Ricordati che per qualunque cosa io ci sono ;)

18.18

Anche Vera si sporse per leggere il testo. «Wow, che tempismo!»

«Aw, quant'è dolce… Ed è anche molto carino! Forse dovrei lasciar perdere Ash…»

Altro trillo del telefono.

Da: Gary Oak

18.19



 


 

Angolo dei sopravvissuti
Hola!
Ho visto che la storia sta avendo abbastanza successo, e non ho parole per dire quanto sono felice. Grazie a tutti, davvero. Non mi capitava da tanto tempo…
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo! E beh, non c'è molto da dire, non sono solita commentare ciò che io stessa ho scritto XD
Alla prossima!
-H.H.-

 

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Capitolo 4
*** Funestovento ***


 

2017-13-2-05-45-11

GIOVEDÌ – Funestovento


 

Il cielo era coperto da una cortina cinerea, che dava un aspetto più smorto al paesaggio. Fuori, il vento funesto scrollava brutalmente le palme e sollevava piccoli tornadi di sabbia.

A colazione nessuno sembrava aver voglia di parlare, chi stordito dal sonno, chi di malumore e chi si lasciava trascinare dal mortorio generale.

«Ehm… Cosa faremo oggi?» chiese Serena, cercando di rompere quel silenzio alternato al tintinnio dei cucchiai e i crack del cibo che veniva morsicato.

«Oggi avremmo dovuto stare un po' al mare» annunciò Misty, dopo essersi sporta indietro con la sedia per sbirciare la lista sul frigo. «Però non è il caso, guardate che tempo.»

«Che peccato» fece Vera, un po' delusa, portandosi un biscotto alla bocca. La notte, oltre che consiglio, le aveva ridato anche la fame. «Mi sarebbe piaciuto fare il bagno.»

«Lo faremo domani. Speriamo ci sia il sole!» disse Ash, rivolgendole un sorriso. Un sorriso che costrinse la bruna ad abbassare lo sguardo e fece stringere rabbiosamente un pugno a Lucinda. Sul viso di lui spaziò la più sincera confusione: aveva forse detto qualcosa di male?

 

Alla fine si decise di usare la Wii del salotto, per passare il tempo. Ci erano entrati poche volte prima d'allora, ma era davvero un bel salotto, al cui centro stavano un divano bianco e un tavolino di cristallo. Attaccate al muro, invece, c'erano due librerie perfettamente ordinate. Chissà come mai Gary, quando l'amico d'infanzia lo aveva chiamato per chiedergli il permesso di giocare, si era raccomandato di togliere subito il disco nel videoregistratore e nasconderlo in un posto sicuro prima che qualcuna delle ragazze potesse vederlo.

«Io cerco i giochi, qualcuna di voi potrebbe controllare se dentro c'è già qualcosa?» domandò Misty, che si accingeva a chinarsi per dare un'occhiata nello scaffale del mobile sotto alla TV.

«Va bene, ci penso io!»

«No, Lucinda, ferma…!» L'allarmato avvertimento del corvino fu inutile: la blu, spinta dalla curiosità, premette il tasto eject e prese in mano ciò che venne sputato fuori dallo sportellino.

«Cosa?!» squittì, accigliandosi all'istante, dopo aver letto il titolo scarabocchiato con un pennarello nero. «Farabutto… Farabutto di un Oak!» Tirando fuori una forza inaspettata per un corpo così minuto spezzò in due il dischetto e, buttandolo a terra, lo calpestò premendo ben bene col tacco dei sandali.

«Vai così, Lucy! Fatti valere!» la incitò Iris, alzando un pugno all'alto, anche se – come tutti gli altri, del resto – non aveva chiara la situazione.

«Ma cos'hai fatto?!»

L'occhiata arcigna che Ash ricevette lo fece rabbrividire, spingendolo sia a non sgridarla che a non chiederle perché mai avesse reagito in modo tanto eccessivo.

 

«No!» fece Gary, tendendo vanamente una mano verso lo schermo. Si sentiva come se gli avessero tirato un calcio nelle parti basse. «Era una copia unica, quella, dannazione…!» Si scompigliò i capelli, con uno sbuffo, affondandosi nella sedia. Ora aveva la completa certezza che Ash fosse inaffidabile. Certo, non che prima riponesse troppa fiducia nella sua testolina bacata, ma gli aveva chiesto semplicemente di togliere un DVD da un videoregistratore. Cosa c'era, in ciò, di così complicato? Doveva fargli un disegnino, forse, per far sì che il suo microscopico cervello comprendesse? Che poi, tra tutte coloro che potevano prenderlo, perché a farlo era stata proprio l'unica ragazza con cui aveva – da un po' di tempo – iniziato a flirtare seriamente?

 

«Lulu, ma che cos'era?» osò chiedere Vera.

«Niente» rispose la diretta interessata, ancora nervosa.

«Bene, bene, lo spettacolo è finito» annunciò Misty, a gran voce. Non poteva fare a meno di provare fastidio per il fatto che quella ragazzina, in un modo o nell'altro, finisse sempre al centro dell'attenzione. «Ora iniziamo.»

Optarono per il gioco con tanti sport, così da poter man mano accontentare i gusti di tutti. Avrebbero dovuto fare i turni, siccome i controller erano solo due. Gli altri avrebbero assistito buoni buoni sul divano, insieme ai rispettivi Pokémon compagni.

«Cominciamo con la chambara…» disse la Capopalestra, distrattamente, puntando il cursore sulla prima casella.

Dopo quello che era successo il giorno precedente, Lucinda avrebbe tanto voluto giocare contro Serena e ridurre il suo avatar a un purè di patate. Sarebbe stata anche una buona occasione per sfogarsi per ciò che era successo con Gary, ma…

«Posso provare io, Misty?» Vera, unendo le mani a mo' di preghiera, la precedette. La rossa le lanciò il telecomando bianco, che lei prese goffamente al volo.

«Piacerebbe anche a me.» La bionda sorrise e aprì i palmi, in attesa che le venisse consegnato il Wiimote nero, del tutto ignara del risentimento che l'avversaria provava nei suoi confronti e che fosse a conoscenza del suo “peccato”.

La Reginetta di Sinnoh incrociò le braccia e dopo uno sbuffo leggero si spostò accanto ad Ash nel divano, approfittando del fatto che si fossero liberati i posti.

«Che ti prende, qualcosa non va?» le chiese lui, innocentemente, con Pikachu che gli sporgeva dalla spalla.

Diede una carezza sfuggevole al mento del roditore giallo e scosse il capo, in segno che non era nulla d'importante.

«Dai, se vuoi la prossima partita la facciamo noi due.» Il moro le sorrise. «A cosa ti piacerebbe giocare?»

Gli occhioni di lei brillarono di felicità. «A tennis da tavolo!»

«Dacci un colpo secco, Vera!» gridava Misty, nel frattempo.

Accanto, Iris sbatteva i piedi sul kilim a righe colorate. «Dai, dai!»

«Ma si può sapere che bisogna fare in questo gioco?!» esclamò la Coordinatrice di Hoenn, mentre impugnava saldamente il telecomando e lo muoveva alla cieca, come se fosse bendata. L'importante era colpire. Colpire forte!

La Performer era molto più cauta perché aveva capito le regole e si muoveva piano, come impugnasse un fioretto, mentre Vera sembrava avesse una clava.

Dopo un po' di furiosi colpi nel vuoto e a occhi chiusi, la castana riuscì a centrare il punto scoperto dell'avversaria, rischiando quasi di centrare il lampadario che traballò minaccioso sopra le loro teste. Riaprì gli occhi giusto in tempo per sentire il flop dell'avatar dalla maglia arancione che, sullo schermo, era appena caduto giù dal campo circolare.

«Finisco sempre in acqua, io.» Serena si tolse il laccetto del controller dal polso e lo appoggiò sul tavolino, dopo aver lanciato una bieca occhiata a Lucinda. Lei, ovviamente, colse la frecciatina e fece un sorrisetto soddisfatto.

«Un attimo… Quindi ho vinto io?» La bruna sbatté le ciglia, confusa, mentre sullo schermo appariva una pioggia di coriandoli luccicanti accompagnata dalla scritta WINNER attorno al suo Mii. Sicura di non essere osservata, strinse un pugno ed esultò tra sé e sé: si era presa la sua piccola vendetta. Quando tornò al proprio posto batté il cinque alla sua migliore amica, entrambe con un sorrisino complice in viso.

 

Nulla andò storto nella partita di ping-pong tra Ash e Lucinda. Pikachu, coi sudori freddi, occupava il posto che fino a poco prima era del suo padrone. Il clima era teso, tesissimo, tanto che riusciva addirittura ad annusarla nell'aria, quella tensione. Lo fissavano, tutte quante. Certo, perché tutte avrebbero voluto avere l'onore di prenderlo in braccio. Ma, sinceramente, in quel momento non gli sembravano affatto le ragazze con cui aveva viaggiato, solo un branco di donne in conflitto. Per questo si era rannicchiato il più possibile nei cuscini del divano di pelle, con le orecchie basse.

«Vittoria!» La blu fece un saltello dalla gioia, quando l'Allenatore mancò la sua ultima schiacciata.

«Peccato» commentò lui, ritraendo il braccio ancora proteso nel tentativo di parare il colpo con la racchetta. «Bene, noi abbiamo finito!»

Il topo, ancora prima che raggiungesse il divano, saltò tra le braccia del corvino; non gli erano mai parse così sicure come in quel momento.

«Ebbene, manchiamo solo noi.» Misty sorrise, combattiva. «A te la scelta.»

Iris non tardò a ricambiarlo, quel sorriso. «Basket.»

«Non c'è problema, sono abbastanza brava in quello. Non è vero, Azurill?»

«E io non sono da meno! Vero, Axew?»

I due Pokémon annuirono, andando al fianco delle rispettive Allenatrici. Axew guardava con invidia Azurill che rimbalzava come un palloncino sulla sua codina adorabile, mentre lui impiegandoci tutta la propria forza riusciva a malapena ad alzarsi di pochi centimetri.

Diedero il via alla sfida, dove scopo era fare più canestri possibile nel giro di tre minuti. Come per la partita di beach-volley, anche stavolta era guerra all'ultimo sangue.

 

Dieci minuti dopo, le due erano sedute allo stesso tavolo, ma da parti opposte. Si fissavano, impugnando ciascuna il proprio bicchiere.

«Avevi ragione: te la cavi, nel basket» commentò Iris, ancora col fiato corto.

Misty sorrise. «Ne dubitavi?»

«Non ho dato il meglio di me stessa, tutto qui, altrimenti avrei vinto io.» L'altra le lanciò un'occhiata di sottecchi, dopo essersi passata un gomito sul mento per asciugare il poco d'acqua che vi stava colando dalla foga con cui aveva bevuto.

La Capopalestra alzò un sopracciglio. Se fosse stata più giovane – col codino e le bretelle, per intenderci – avrebbe sbottato senza esitazione qualcosa di poco carino. Tuttavia disse, con una strana nota d'allegria: «Idem.»

«Vorrà dire che dovremo misurarci in qualcos'altro, per stabilire chi è la migliore…»

«Pff… Io ho molta più esperienza di te.»

Quando si accorse di aver detto una frase così inappropriata, si tappò la bocca e arrossì lievemente. Non doveva litigare. Era la più grande. Loro erano solo bambine, solo bambine e non sapevano cosa dicevano…

«Allora non ti conviene agitarti, alla tua età potrebbero venirti le rughe!» esclamò Iris, prorompendo in una risata fragorosa.

Dopo ciò, la rossa si alzò sbattendo i pugni sul tavolo e uscì dalla stanza, a denti digrignati dalla rabbia. Azurill la seguiva, impacciato per via della cortezza delle zampe. «Solo bambine, solo bambine, solo bambine…»

 

 

A cena, il nervosismo della più grande era palpabile nell'aria, da come mandava giù la minestra a cucchiaiate energiche. Regnava un silenzio imbarazzante a tavola, che nessuno osava spezzare. Ma, incredibilmente, fu lei stessa a farlo: «Lucinda. È il tuo turno stasera.»

«V-Va bene.»

Era giunto il momento della settimana che la blu più aveva temuto: stare sola con lei. La regola era che chi cucinava con Ash al mattino doveva aiutare Misty a sparecchiare la sera, perciò non sarebbe stato corretto inventare una scusa per rinchiudersi in camera come martedì aveva fatto Vera.

Quando tutti lasciarono la cucina, Lucinda iniziò timidamente a posare sul lavandino le stoviglie che Piplup le passava. A un certo punto, lo sfrigolio di spugna in sottofondo s'interruppe.

La Capopalestra era girata di schiena, con lo strofinaccio e una scodella insaponata tra le mani. Nella penombra soffusa della stanza, chiese: «Posso sapere perché ti sto così antipatica?»

La Coordinatrice di Sinnoh trasalì e il suo cuore perse un battito. Come faceva a saperlo? «M-Ma no! Non mi stai antipatica, te lo assicuro!» smentì subito, agitando le braccia.

Sempre di schiena, l'altra fece un sospiro rassegnato. «Non sono stupida, me ne sono accorta fin dal primo giorno. Avanti, sputa il Froakie.»

Lei sospirò a sua volta: a quel punto, non aveva più senso mentire. Strinse la presa sul retro del piatto vuoto che stava per aggiungere agli altri, prima d'iniziare il racconto. «Un giorno ci eravamo messi a pescare e Ash ha tirato fuori un'esca a forma di bambina… Era davvero bella, ma lui mi ha vietato categoricamente di toccarla.» Si morse un labbro, ma cercò di forzare un sorriso, che appariva quasi malinconico. «Quell'esca aveva i tuoi stessi capelli e i tuoi stessi occhi… Non è un caso, vero?»

Misty, inizialmente, rimase sorpresa. Poi, sul suo volto spaziò un sorriso intenerito, mentre si lasciava andare alla dolcezza dei ricordi passati. «Gliela regalò il Professor Oak, perché credeva che io e lui non ci saremmo più rivisti. E invece, ora eccoci qui… Incredibile come passa, il tempo.»

Lucinda stette a fissarla per alcuni secondi, in silenzio. Decise infine di troncare lì la conversazione e riprese il compito che le era stato assegnato. Si sentiva meno angustiata, forse perché aveva finalmente espresso ad alta voce ciò che la preoccupava.

 

 

Nella villa, tutto era spento e immobile. L'unica cosa che si muoveva era Iris, con le coperte fin sopra le orecchie.

«Uffa…» borbottò, mentre si alzava insieme al bozzolo che la avvolgeva e Axew spuntava dalla sua spettinata chioma, come un Watchog. Aveva pensato che, forse, andare a bere un bicchier d'acqua l'avrebbe aiutata a calmare un po' i nervi. Finché aveva quella tentazione non avrebbe mai preso sonno seriamente.

Camminò a piccoli passi per il corridoio, tremando per il gelo ai piedi nudi che la scuoteva come le fronde di un albero. Quando riuscì a raggiungere la cucina, tirò un respiro di sollievo e poté finalmente bere, rassicurata dalla luce del frigo aperto che si propagava nel resto della stanza. La sua calma venne però troncata da un rumore di passi, proveniente dal piano superiore. Prese un cucchiaio di legno dal contenitore delle stoviglie e lo piazzò davanti a sé come una katana. Forse era un ladro… Oppure un fantasma. Rabbrividì al solo pensiero. Scambiò un'occhiata d'intesa con Axew e insieme decisero di appostarsi contro il muro accanto alla porta. I loro cuori battevano a mille e stringevano i denti, pronti all'azione. Ecco, la sagoma scura stava per entrare…

«Yaaaa!» con quel grido d'azione, Iris si mise ripetutamente a colpire con il cucchiaio la testa dell'intruso. «Prendi questo! Questo! E questo!»

«Ahio!»

Al sentire quel lamento offeso sbatté le ciglia, tirandosi subito indietro. «A-Ash?»

«E chi credevi che fosse?» fu la risposta, un po' acida, che ricevette.

Continuò a scusarsi per averlo colpito e lui rise un po' della sua idea dei fantasmi, facendola imbronciare e arrossire a capo voltato per l'orgoglio.

 

Serena, con indosso la sua graziosa vestaglia dalle maniche a sbuffo, mise piano la mano sul pomello della porta. A volte le capitava, a notte fonda, di doversi alzare per andare in bagno. Proprio quando stava per aprire del tutto, la sua attenzione venne attirata da due voci provenienti dal fondo del corridoio. I suoi occhi assonnati si sgranarono: Ash e Iris, insieme, erano diretti nell'ultima camera. Le ci vollero pochi secondi per elaborare e metabolizzare la situazione nuda e cruda. Un ragazzo e una ragazza, da soli, di notte, di nascosto. Immaginò Iris che sorrideva con aria provocante sopra ad Ash… Un brivido le corse lungo la schiena. Si richiuse la porta alle spalle, appiattendovisi contro, con il batticuore. Non sapeva bene come funzionavano certe cose, ma era sconvolta.

 

«E… Asso di picche! Ho vinto!» Iris batté le mani, entusiasta, mentre Ash sorrideva tollerante dalla parte opposta.

«Uffa! Adesso voglio la rivincita, però!» disse, tirando via tutte le carte dal campo immaginario sul letto, per mischiarle.

La viola era davvero felice di averlo un po' tutto per sé, per la prima volta da quand'era iniziata la vacanza. Giocarono altre partite alla luce soffusa dell'abat-jour, seduti a gambe incrociate, finché cominciarono a emettere i primi sbadigli.

«Senti, Iris, ora è meglio che io vada.» Quando il giovane fece per alzarsi, fu sorpreso al sentire l'aspirante Maestra Drago che gli afferrava l'orlo del pigiama, per trattenerlo e guardarlo negli occhi. «… Cosa c'è?»

L'Allenatrice si sporse verso di lui, per poi dargli un tenue bacio appena accanto alle labbra un poco schiuse. Dopo qualche secondo si allontanò, sciogliendo l'atmosfera di magia creatasi nell'aria, durante il quale tutto sembrava essersi fermato.

«Beh, che ti prende, Ash? Ti imbamboli così per un semplice bacio? Sei proprio un bambino!» dopo quella frecciatina scherzosa, lei s'infilò sotto le coperte, per nascondere un sorriso timido. “Grazie per essere stato con me…

Il ragazzo non disse niente, scosso da quel “semplice bacio”. Perché non aveva mai pensato a Iris come a più di un'amica… Ma, d'un tratto, non gli sembrava più un'idea così impossibile e folle. Anzi, folle forse sì.

 


 


 

Angolo dei sopravvissuti
Salve, sopravvissuti!
L'idea di far baciare Ash ed Iris mi disgustava spaventava, ma alla fine penso (come per Serena) di essermela cavata XD
Ah, spero gradiate l'immagine – che ho provveduto ad inserire anche nei capitoli precedenti – perché, sapete com'è, ci ho messo soltanto due ore a farla (maledetto Paint).
Ne approfitto per ringraziare di cuore tutti quelli che mi stanno seguendo, ridandomi quel misero briciolo di autostima che mi mancava da anni. Grazie! ♥
Alla prossima.
-H.H.-
 

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Capitolo 5
*** Si calmano le acque ***


2017-13-2-05-45-11
 

VENERDÌ – Si calmano le acque


 

«Babbeo.»

«Eh?»

«BABBEO!» l'esclamazione di Gary fece sobbalzare il povero Ash, che allontanò l'orecchio della cornetta. Credeva che, più era forte il messaggio, meno remote erano le possibilità che i suoi neuroni perennemente assopiti lo recepissero.

«Ma si può sapere perché ce l'avete tutti con me?» replicò il moro, all'evidenza offeso. «Prima Vera, poi Serena e adesso anche tu!»

«Perché sei un babbeo» fu l'ovvia e acida risposta del rivale. I suoi monitor zoomarono prima sulla piccola di Kalos, china a modellare distrattamente un po' di sabbia, poi sulla Principessa di Hoenn, che sospirava al balcone lasciando al vento il permesso di giocare coi suoi capelli. Lui era un po' come il presentatore di un reality show: i suoi occhi – o meglio, le sue telecamere – vedevano tutto di tutti. «Vedi di darti una svegliata.»

Intanto Lucinda stava scendendo le scale, pronta per raggiungere le altre, con la coda alta e il costume indosso. Al sentire la voce indistinta di Gary, strappò senza nemmeno chiedere il telefono dalle mani di pasta frolla di Ash. «Io e te dobbiamo fare un discorso, signorino!»

«Ehm… Non potremmo rimandare? Adesso dovrei proprio…»

«Cosa significava quello, eh?!» lo interruppe, crucciata, prima di chinare tristemente il capo. «Mi hai soltanto presa in giro… Pervertito!» Ridiede in fretta e furia il telefono al corvino, mentre correva fuori trattenendo a malapena le lacrime.

Tra i due amici d'infanzia ci fu un iniziale – e quasi irreale – silenzio.

«… Babbeo.» Dopo ciò, Ash riattaccò con stile.

 

Raggiunta la spiaggia, la corsa della Reginetta di Sinnoh rallentò. Prima di sedersi sul telo accanto a quello di Iris, badò bene di asciugarsi il viso e fare un respiro profondo. Poi prese Piplup tra le braccia, rispondendo con un sorrisino di scuse accompagnato da una fuggevole carezza ai suoi occhietti apprensivi.

La viola, dopo averla osservata in silenzio per un po', si decise a chiedere: «Qualcosa non va?»

«Niente…»

«Oh, andiamo! Si vede lontano un miglio che non stai bene!» Lucinda, al sentire quella voce così squillante, sobbalzò; rimase ancor più sorpresa quando sentì le mani dell'amica avvolgere le sue in segno di conforto. «Qualunque cosa sia successo, parlane con me. Dopo ti sentirai meglio.»

All'inizio un po' titubante, decise infine di raccontarle tutto. Sul fantomatico dischetto c'era scritto “Cheerleaders in bikini”, lasciando quindi intendere che non fosse l'unica nel cuore frivolo di Gary. Il litigio con lui, insieme ad altri piccoli fattori – la paura nei confronti di Misty, la gelosia verso Serena… - avevano rovinato quella che avrebbe dovuto essere una splendida vacanza.

«Lascialo perdere, non vale la pena di starci così male» fu la superba critica di Iris alla fine del racconto. «Ho io il metodo per risollevarti il morale: guarda qua!» Si sporse di lato e prese un mazzetto di carte dal retro ceruleo, confuso con il resto della sua roba.

«Cosa sono?» chiese Lucinda, incuriosita, mentre alle loro spalle Axew e Fennekin passavano rincorrendosi spensieratamente.

L'aspirante Maestra Drago fece un sorriso radioso. «Tarocchi! Io li so leggere, nel mio villaggio sono una pratica molto diffusa. Ti va se ti predico il futuro?» chiese, mentre già sistemava alcune tessere coperte sul telo da mare.

La sua allegria contagiò anche Lucinda, che dimenticò i suoi problemi almeno in quel momento, cullata dal rumore delle onde in sottofondo e i versetti dei loro Pokémon.

 

Nel frattempo, Ash doveva escogitare un metodo per far pace sia con Vera che con Serena, capendo innanzitutto i motivi dei loro comportamenti. Quando lo incontrava nei corridoi, la bruna cambiava strada con passo frenetico, come se volesse a tutti i costi evitarlo. Invece la Performer da quella mattina gli teneva il broncio e, non appena l'aveva incrociato scendendo le scale, al suo innocente “Buongiorno” aveva risposto con impeto un infantile: “Io con te non ci parlo più!”

Decise perciò di iniziare da quest'ultima, che sedeva da sola a ginocchia unite poco lontano dalla villetta. Aveva un bastoncino in mano e lo usava per disegnare e scrivere parole sulla sabbia, cancellando tutto subito dopo. Sembrava si fosse messa lì apposta, in attesa di qualcuno che venisse a consolarla.

«Ehi» le disse, dolcemente.

Non appena lo udì, Serena si rannicchiò ancora di più e voltò il capo dalla parte opposta. Finse di giocare con il legnetto, ma in realtà si sentiva tremendamente agitata, il cuore le martellava nel petto.

«Ehi?» riprovò ancora Ash, inginocchiandosi e sporgendosi tanto che i loro visi furono molto vicini. La bionda arrossì di botto e, incrociando le braccia, rimase immobile.

Il ragazzo fu un po' deluso da quel suo rifiuto di parlargli e persino di guardarlo in faccia. «Ho forse fatto qualcosa che non dovevo?»

Lei annuì, orgogliosa. Gli lanciò un'occhiata di sottecchi, sentendosi importante: la stava guardando con aria apprensiva, era davvero preoccupato. «Ti ho visto. Ieri notte. Con Iris. E so anche cosa avete fatto» sibilò, distogliendo mestamente lo sguardo.

Lui inclinò il capo, confuso. «Oh, scusa, non sapevamo che fossi sveglia anche tu. La prossima volta puoi venire con noi, se vuoi.»

«EH?!» Serena sobbalzò, rossa come un peperone. «C-Come osi fare una proposta del genere a una ragazzina?!» sbraitò, alzandosi e stringendo i pugni, estremamente offesa. Si nascondeva davvero un maniaco sotto quell'aria così mite?

L'Allenatore si alzò a sua volta, sempre più confuso. «Perché? Anche se sei una ragazzina non vedo il motivo per cui tu non possa giocare a rubamazzetto, è facile.»

La rabbia e la foga della francesina sfumarono all'istante. «Ca… Carte?»

«Sì, perché, tu cosa avevi capito?» le rispose lui, sempre innocentemente e senza la minima aria di scherno. Nella sua giovane vita, Serena mai si era sentita così stupida – e al contempo sollevata – come in quel momento.

 

La loro stretta di mano si sciolse piano quando arrivarono dalle altre. Ash notò con sollievo che Vera, seduta accanto a Lucinda e Iris, sembrava più tranquilla. Perciò – almeno per il momento – forse non c'era bisogno di prenderla da parte per chiederle se fosse tutto okay.

La più piccola gli diede un leggero strattone al polso, per poi indicare al largo con il dito. «Guarda, c'è Misty!»

Quando l'Allenatore alzò lo sguardo, ignaro, vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettato e gli fece sgranare leggermente gli occhi. Dalle onde era comparsa lei. Si tirò indietro i capelli, che risaltavano in controluce ai raggi intensi del tramonto, rilasciando dietro sé una scia di goccioline luccicanti. Teneva una tavola da surf sottobraccio e aveva indosso una tuta da sub, che le aderiva al corpo delineandole le forme. Si passò un braccio sulla fronte e le guance arrossate dal caldo, lanciando un sorriso amorevole ad Azurill, accanto a lei. Poi notò Ash imbambolato che la fissava e non poté fare a meno di sorridere sfacciatamente, mentre tornava a riva.

«Eehi, Terra chiama Ash! Ci sei?» chiese, sventolandogli una mano davanti alla faccia.

Per tutta risposta, il ragazzo sbatté le ciglia e indietreggiò di un passo. «C-Certo, ero solo sovrappensiero» si giustificò, di fretta, guardandola con la coda dell'occhio.

Misty fece un altro sorrisino malizioso, andandogli vicina col viso a mo' di provocazione. «E si può sapere a cosa pensavi con quella faccia da pesce lesso?»

«Niente d'importante» le rispose, continuando con il suo tono fintamente disinvolto. Mentre la Capopalestra insisteva scherzosa per avere la sua risposta, le Pokégirl sul telo erano tutte imbronciate e giocavano distrattamente con le carte di Iris.

«È un caso perso» fu l'acido commento di Lucinda.

«Già» si aggregò la viola, con un tono quasi di disprezzo, come se la sua lingua fosse diventata quella sibillina di un Seviper. «Io l'ho sempre detto che è un bambino.»

Nel frattempo, Vera stava zitta, sentendosi fuori luogo in quel clima di tensione. Per il semplice fatto che secondo lei non c'era bisogno di prendersela così tanto per una sciocchezza simile. Ragionava un po' come il suo mentore, con ingenuità, forse per questo normalmente andavano così d'accordo. Lui le aveva insegnato tante cose sui Pokémon e avrebbe voluto essere lei a insegnargli cosa significava l'amore. Ma con tutte quelle rivali… Cacciò un sospiro sconsolato.

 

Quando Misty sparì dentro la villa per iniziare a preparare la cena, Ash ne approfittò per passare un po' di tempo con le altre.

«Ragazze, cosa state facendo?» chiese, curioso, in piedi poco distante dai loro teli.

«Leggiamo i tarocchi!» spiegò Iris, con aria pimpante. «Ehi, ti va se predico il futuro anche a te?»

«Predire il futuro?» ripeté lui, un po' sorpreso. «Oh, beh, va bene.» Si sedette davanti alla viola, che aveva le gambe incrociate.

«A me sono usciti gli amanti capovolti e la forza» raccontò Lucinda, con aria pensierosa. «Mi chiedo cosa significhino…»

«Te l'ho detto, Lucy» intervenne Iris, paziente. «Significa che le decisioni sbagliate possono rovinare un rapporto e dovresti esprimere meglio i tuoi sentimenti.»

«Uhm…» commentò quella, abbassando lo sguardo.

«Allora, Ash, cosa vorresti sapere dalle carte?»

Il moro si grattò la testa, cercando di farsi venire in mente qualche idea. «La settimana si concluderà bene?» domandò infine, tanto per farla contenta.

Iris si mise di nuovo ad armeggiare con il mazzo, con movimenti estremamente rapidi e quasi ipnotici, capovolgendo piccoli gruppi per far sì che uscissero anche carte al contrario in maniera del tutto casuale, com'era giusto che fosse. Quando fu certa d'aver mescolato abbastanza, glielo porse. «Dividilo in due.»

Ash obbedì, “tagliandolo” in due metà che sperava fossero eque. «Ora che devo fare?»

«Dà qua.» La viola lo riprese, per poi fare un respiro profondo. Con mano ferma, estrasse le prime due carte in cima e le scoprì, posizionandole sul telo. Tutti si sporsero curiosi per osservare il risultato.

«Oh, no!» esclamò Vera, preoccupata. La prima raffigurava un Duskull che impugnava una falce, in mezzo a un'arida landa. Quel Pokémon Spettro, a lei ricordava solo la facciata presa contro un albero all'inizio del suo viaggio a Hoenn. «Secondo me non è affatto un buon segno…»

«È terribile!» Iris, d'improvviso, s'era fatta seria in volto. «Questa è la morte, Ash.»

«M-Morte?! Aspetta un attimo, io non voglio morire!» protestò il corvino, preso dal panico. Cos'aveva fatto di così grave per meritare addirittura la morte?!

«No, non morirai» lo corresse subito l'improvvisata cartomante, con aria quasi altezzosa. «Se è capovolta, vuol dire… Fine di un'amicizia, o di un amore.»

All'udire quelle parole, gli occhi di tutte le ragazze si posarono immediatamente su Ash. Erano occhi apprensivi, che cercavano i suoi, come a dire: “Non sarò io… Vero?”

Lui, però, chinò il capo e non ebbe il coraggio di affrontare quegli sguardi. Lo spaventava terribilmente, l'idea di perdere anche solo una di loro.

«Dai, Ash, in fondo è solo un gioco…» provò a dire Serena, con l'intento di consolarlo.

Iris sbatté i pugni sulla sabbia, accigliandosi. «Non è affatto un gioco!» ribatté, forse con troppo ardore, tant'è che la più piccola si zittì subito, per non contraddirla.

«Sarà, ma io spero proprio che non accada niente…» commentò invece Lucinda.

«E questa?» chiese Vera, innocentemente, puntando il dito verso la carta che avevano ignorato, distratti dall'altra. Ritraeva un Farfetch'd che impugnava il gambo del proprio porro come fosse una spada e, accanto a lui, un semplice Baltoy.

«Oh, la giustizia, meno male!» L'aspirante Maestra Drago s'illuminò di nuovo di vitalità e batté le mani. «Questa segna che, dopo un brutto periodo, tornerà l'armonia.»

Il moro tirò un grosso sospiro di sollievo. Perciò, se fosse successo davvero qualcosa di brutto, alla fine si sarebbe risolto. Non riusciva lo stesso a sentirsi tranquillo, però…

 

 

La spiaggia faceva un effetto diverso sotto al cielo stellato. La sabbia era fredda, lambita dalle onde che la ammorbidivano leggermente a riva. Le Pokégirl – incuranti di sporcarsi – vi si erano sedute, ciascuna con in mano o vicino un bicchiere di succo di frutta. Sembrava finalmente esserci un po' di pace, tra di loro.

L'unica a non approfittare di quel momento era Lucinda: si era rintanata sulla veranda fuori dalla porta scorrevole del salotto. Stava seduta lì, con il suo bicchiere ancora pieno e l'attenzione fissa al cellulare. Dei rumori improvvisi, però, la fecero sobbalzare e voltare di scatto. «Ah, sei tu.»

Ash posò sul tavolo il vassoio vuoto che aveva in mano. «Ehi, ma cosa ci fai qui? Perché non vai dalle altre?»

«Così, avevo voglia di stare un po' da sola» rispose lei, disinvolta, sperando non se ne andasse subito via. Quella poteva essere la sua occasione e doveva coglierla al volo, esprimendo i suoi sentimenti come i tarocchi le avevano consigliato. «Ash?» lo chiamò poi, in un impeto di coraggio.

«Sì?» rispose il corvino, servizievole, appoggiandosi allo stipite del vetro con il braccio.

Anche Lucinda si alzò, lasciando sulla lastra legnosa telefono e bicchiere. Poi soffocò un lieve riso d'imbarazzo. «Sto per fare una cosa molto sciocca. Mi prometti di stare al gioco e non ridere?» Aveva un'espressione un po' dispiaciuta, quasi come gli stesse chiedendo un piccolo favore.

Il giovane, ingenuamente, chiese: «Va bene, che devo fare?»

La mano della Coordinatrice andò a posarsi sul vetro. La sua voce si fece più calda e vellutata. «Devi guardarmi bene, Ash» sussurrò, puntando gli occhi nei suoi, che iniziarono inconsciamente ad attrarli piano verso sé, come calamite. «E avvicinarti… Ancora, e ancora…» mormorò poi, mentre lui obbediva, rapito da quel momento che scorreva a rallentatore, quelle ciglia lunghe che sbattevano su quegli occhioni oltremare e quelle labbra invitanti che sembravano chiamarlo…

Ma la magia venne spezzata d'improvviso: le luci fuori dal portico si spensero di colpo, lasciando la stanza alla luce della luna, mentre la porta trasparente a cui Lucinda era appoggiata si spostò bruscamente di lato fino a sparire.

«Kyaa!» Cadde in avanti, tra le braccia di Ash. Con il cuore a mille, alzò lo sguardo verso di lui, che ancora la stringeva nelle spalle. Allora, senza nemmeno pensarci, colse l'attimo e si sporse veloce verso le sue labbra. Si sentiva protetta, perciò non le fu difficile abbandonarsi a quel lento bacio. La testa di lui si era svuotata, l'unica cosa che riusciva a pensare era “wow.

A interromperli fu di nuovo la porta-finestra che sbatté violentemente, quasi come un avvertimento, come poteva esserlo un finto colpo di tosse, al punto che i due si staccarono subito. Lucinda strinse la maglia dell'Allenatore, un po' impaurita. Che ci fosse un Pokémon di tipo Spettro, da qualche parte?

 

Gary sbatté per l'ennesima volta il pugno sulla tastiera della sala comandi. «Lo ammazzo.» Diede un altro pugno. «Io. Lo. Ammazzo!» gridò, fuori di sé, tirando un calcio al muro con una foga davvero spaventosa. Certo, ammetteva di non essersi preso la briga di avvisare Ash del fatto che gli occhi su Lucinda li avesse già messi lui, ma ciò non lo autorizzava comunque a baciarla. Avrebbe voluto rubarlo lui, il primo bacio di quelle bellissime labbra a cuore…

 

La Coordinatrice di Sinnoh allentò la presa sulla t-shirt dell'amico, diventando seria all'improvviso. «Beh?»

Lui ci mise un po' prima di rispondere, in quel silenzio totale e quel buio, che avevano nascosto tutto ciò che era successo. «Sono molto confuso, Lucinda» ammise infine, tastandosi la fronte, come se ciò lo aiutasse a chiarire i pensieri e ricordi che gli vorticavano prepotenti in mente.

La ragazza fece un verso d'assenso, allontanandosi di un passo. In realtà si aspettava già una risposta del genere, per questo rimase del tutto indifferente. «Ho capito.»

«Però non mi è dispiaciuto.»

Inarcò un sopracciglio. «Bacio bene?» azzardò, divertita.

«Diciamo di sì» rispose il moro, abbozzando un sorrisetto, ed entrambi risero leggermente.


 

 


 

Angolo dei sopravvissuti
Ahh, il bacio con Lucinda, quanto ho adorato scriverlo. Pur non essendo Pearlshipper, eh! #odiatemi #glihashtagmifannoancoraschifo
Ho amato anche scrivere dei tarocchi. Scena aggiunta all'ultimo minuto: cosa ne pensate?
Riguardo alla parte iniziale, ne approfitto per citarvi una frase dal capitolo due: “«Ohi? Non ti azzardare a mettere giù, sai! Solo io posso attaccarti il telefono in faccia!»”… In quanti se la ricordavano? XD
Sono stata una stupida a pubblicare questa long così tardi, con l'inizio della scuola è ovvio che tutti mettano un po' da parte EFP, sigh…
Spero che qualcuno trovi il tempo per leggere e lasciarmi un piccolo commento, facendomi sapere cosa ne pensa :)
Alla prossima! 
-H.H.-
P.S. Qui di seguito vi lascio l'immagine dei tarocchi da cui ho preso spunto.


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Capitolo 6
*** Mare in burrasca ***


2017-13-2-05-45-11

SABATO – Mare in burrasca


 

Seduta davanti allo specchio, Lucinda spazzolava i suoi lunghi capelli oltremare; fermò uno sbadiglio con la mano, strofinandosi pigramente una palpebra. Era l'unica sveglia delle altre ragazze, tra cui Iris che si rivoltava in continuazione tra le lenzuola, rabbrividendo di freddo e con una smorfia scontenta.

I due più grandi, invece, erano già in piedi. Ma ciò non significava necessariamente che fossero del tutto svegli, infatti l'Allenatore stentava a tenere gli occhi aperti.

«Dai, sbrigati, altrimenti non finiremo mai prima che le altre si sveglino» gli intimò Misty, che continuava ad appiattire l'impasto del pane con il matterello. Anche Ash nel tagliere accanto lo stava facendo, ma in modo molto più fiacco.

Sbadigliò sopra a un «okay» e cercò, come gli era stato detto, di sbrigarsi. Continuarono il lavoro in silenzio, fin quando il pane fu messo in forno e poterono riposarsi.

Il corvino si stiracchiò e il suo occhio addormentato cadde sull'acconciatura della rossa: per lavorare meglio, si era raccolta alcuni ciuffi di lato con un elastico, creando un risultato somigliante a quand'era “piccola”. Si perse qualche istante a osservare quella che, a primo impatto, gli sembrava una carota geneticamente modificata. Assottigliò gli occhi, cercando di ricordarsi dove altro avesse già visto qualcosa di simile. «Il tuo codino sembra il didietro di un Galvantula.»

E l'oscar per la finezza di quest'anno va ad… Ash Ketchum di Pallet!

Lei inarcò un sopracciglio, piantando le braccia sui fianchi e smettendo di passare lo strofinaccio imbevuto d'acqua sul tavolo. «Cosa diavolo sarebbe un Galvantula?»

«Un gigantesco e peloso ragno.» Quella mattina, a causa del mancato sonno, lui si stava dimostrando sensibile quanto poteva esserlo una padella. Certo, non che di norma lo fosse molto di più.

«Come hai osato paragonarmi a un orrendo Pokémon Coleottero?!» Misty si accigliò e, per far fronte a quell'imperdonabile offesa, prese una manciata di farina per lanciarla sulla sua faccia. Così imparava, quell'idiota, a fare un commento tanto inopportuno!

L'Allenatore, in un primo frangente, rimase perplesso. «Ehi» bofonchiò, offeso, prima d'infilare il braccio nell'altro sacchetto dalla sua parte e darle – tanto per rimanere in tema – pan per focaccia.

La ragazza sbatté le ciglia più volte. «Vuoi la guerra, Ketchum?» ringhiò, passandosi un braccio sul volto imbiancato per cercare vanamente di pulirlo.

«Hai cominciato tu!» protestò il moro, con la voce che sembrava tanto quella di un bambino dell'asilo.

«Ma se sei stato tu a insultarmi!» rispose Misty, imitando quel tono infantile che non usava più da troppo tempo.

«Non era un insulto!»

«Te lo do io, il Galvantula…!»

Fu così che si ritrovarono a prendersi a colpi di farina. Quella che era iniziata come una vendetta, divenne presto un gioco. Era dura portare il peso di essere i più grandi, sempre seri e responsabili, senza mai lasciarsi andare. La polvere aveva aderito sia ai loro vestiti sia alla loro pelle e si stava spargendo anche sul pavimento. Tutto ciò che non finiva addosso a loro, finiva per terra. Misty gli assestò un'ennesima manciata in faccia e si presero le mani, proprio come due lottatori di wrestling, finché lui non perse l'equilibrio. Finì con la schiena sul pavimento e lei – ch'era stata trascinata in quell'improvvida caduta – sul suo petto. Si guardarono qualche istante negli occhi e, simultaneamente, scoppiarono a ridere. Da quanti anni non ridevano così?

In quel momento, la porta della cucina si aprì. Lucinda vide quell'enorme disastro ma soprattutto Misty a cavalcioni sopra Ash. Tutto tacque, il tempo necessario a metabolizzare la situazione. Poi, dalle corde vocali della blu uscì un grido così acuto da farli sobbalzare.

«A-Aspetta, non è come pensi!» negò la Capopalestra, agitando una mano. Era tutto così dannatamente imbarazzante!

La blu, con un sorriso nervoso, fece per voltarsi. La credevano stupida, forse? «N-No, ho capito benissimo, vi… Lascio soli. Continuate pure.»

Lui fece un sonoro starnuto. «Aspetta, hai completamente frainteso!»

 

«Sei peggio di uno Slowpoke.»

«Ma senti chi parla…»

Misty tirò una gomitata nella pancia del corvino, facendolo quasi piegare dal dolore. Lucinda, dall'altra parte del tavolo, li guardava di sottecchi. Quello sguardo indagatore li scoraggiò dal continuare il loro litigio e pensare, piuttosto, a finire di pulire il pavimento bianco come un lenzuolo, mentre lei – sempre sospettosa e senza perderli di vista nemmeno un attimo – sorseggiava la sua tazza di tè.

Iris entrò sbadigliando e stiracchiandosi, prima di chiedere con la sua solita nonchalance: «Che facce! Cos'è successo?» e ricevere in risposta tre occhiate truci.

 

Il pomeriggio non avevano nessuna attività particolare in programma, solo starsene fuori a godere del bel sole splendente sopra le loro teste.

Siccome era il penultimo giorno, la ragazza di Unima voleva portarsi a casa almeno una vittoria in qualcosa contro Misty. Perciò si mise davanti a lei, facendole ombra. Fu in quel momento che la differenza tra loro fu più netta: il corpo formoso di Misty confrontato a quello acerbo di Iris, nel suo costume a balze. Sembrò ancora più bambina quando dalle sue labbra uscì la frase: «Io ti sfido!»

La rossa si resse sui gomiti, alzandosi distrattamente tra i capelli gli occhiali da sole, a mo' di cerchietto. «Come?»

«Sì, hai capito bene! Ti sfido a una gara di nuoto!»

Davanti alla smorfia vacillante di Iris, scoppiò in una risata fragorosa. «No, dico, sei sicura? Sai a cosa stai andando incontro?»

«Certo! Allora, accetti la mia sfida?» ripeté la viola, con più impeto, avanzando di un passo.

«Sappi che stai sfidando la Capopalestra di Cerulean City, una Palestra di tipo Acqua» decantò l'altra, sicura di sé al cento percento. «Allora, sei ancora così convinta?»

«S-Sei una Capopalestra?!» esclamò Iris, sbigottita, sentendosi improvvisamente in colpa per il modo arrogante in cui l'aveva trattata per tutto quel tempo. «Uhm… Sì!» continuò, fingendo la superbia precedente, anche se non era difficile cogliere l'improvvisa insicurezza nella sua voce. «Sei pronta a cominciare?»

«Quando vuoi!»

Le due si lanciarono in mare. Com'era prevedibile, la più giovane cercava faticosamente di stare dietro alla rivale, che si muoveva con la grazia di una sirena.

«Questo sarà il mio giorno di relax» dichiarò Lucinda, sdraiandosi sul suo telo con una puntina di crema bianca sul naso. Srotolò un paio di cuffiette e le attaccò al cellulare, lasciandolo accanto a sé. Stese le braccia lungo la vita, abbandonandosi al piacevole tepore del sole, con la musica nelle orecchie: nulla di più rilassante.

Anche Vera, accanto a lei, provò a stendersi. Sinceramente, però, si annoiava a stare lì senza far nulla. Avrebbe voluto entrare in acqua e giocare a palla con qualcuno, ma erano tutti impegnati. Pensò a ciò che si poteva fare al mare, o meglio, che faceva quando ci andava con la sua famiglia. Fu così ch'ebbe un'illuminazione: raccogliere conchiglie. Una cosa a cui nessuna delle altre aveva pensato, ma se cercava bene di sicuro avrebbe trovato qualcosa. Ne avrebbe raccolte a volontà per poi farne collane e braccialetti per tutti, anche per i suoi Pokémon, per l'occasione rimasti tutti nella serra di suo padre. Pensò ridacchiando allo sconcerto del suo Blaziken quando gli avrebbe messo una collana di conchiglie al collo, appuntite come i denti di un Myghtyena. Invece, per Skitty, sarebbero state perfette quelle a spirale. Sì, non c'era tempo da perdere, doveva subito mettersi all'opera!

 

L'escursione di “Vera la ricercatrice di tesori perduti” non ebbe molto successo. Scavando tra la sabbia bollente aveva trovato solo bastoncini e cocci di vetro, con cui aveva rischiato più volte di tagliarsi. Sospirò: era come cercare un ago in un pagliaio.

Ash, passando di lì, udì quel suo respiro sconsolato. «Ehi, Vera!» la chiamò, facendola girare, sorpresa: era l'ultima persona che si aspettava di vedere. «Che stai facendo?»

Ormai era trascorso così tanto tempo che non aveva più senso evitarlo. «Cerco conchiglie, ma senza molto successo» gli rispose, perciò, lasciando ricadere nell'aria una manciata di fine sabbia.

«Posso aiutarti io, se vuoi. Finalmente ora sono libero!»

«Perché, che stavi facendo?» gli chiese, curiosa.

«Cercavo di capire come funziona il barbecue… Stasera faremo una bella grigliata!» Lui si fece rivenire in mente Gary che gli dava dell'imbranato dall'altro capo del telefono, mentre gli rispondeva di non vedere nessuna griglia in mezzo alle cianfrusaglie che, insieme a bottiglie di vino rigorosamente catalogate negli scaffali, occupavano la cantina. Nonostante fosse di una villa piena di sistemi di controllo a distanza, era piena anche di ragnatele e polvere, come la maggior parte delle normali cantine.

«Davvero?!» Vera batté le mani dalla contentezza. «Non vedo l'ora!» L'imbarazzo che fino ai giorni precedenti aveva sentito verso il suo mentore, ormai, era sfumato del tutto. «Ti spiacerebbe cercare da quella parte?»

«Agli ordini!»

 

La ricerca proseguì vana, finché Ash non chiamò Vera a gran voce, dicendole di raggiungerlo subito: si era spinto tanto al largo che aveva trovato una grotta.

«C'è della sabbia lì dentro. E dove c'è sabbia possono esserci delle conchiglie, no?» spiegò, con un sorriso. La brunetta annuì e decisero di avventurarsi insieme all'interno della caverna, che non sembrava particolarmente buia. Questo perché presto scoprirono dei buchi nelle pareti rocciose, che lasciavano passare a spifferi la luce esterna.

La Coordinatrice si muoveva goffa dietro all'amico. Quando sentirono d'un tratto uno stridio, amplificato dall'eco circostante, dalla paura fece un salto e gli si avvinghiò.

«Dai, sta' tranquilla, è stato solo uno Zubat» le disse lui, in tono rassicurante. Lei alzò cautamente il capo per osservare la sagoma del pipistrello, rintanato in un angolo, e allora si convinse ad allentare la presa. Colse tuttavia l'occasione per stringersi al suo braccio, sentendone tutto il calore e la protezione, mentre avanzavano.

 

Quando tornarono dalle altre, nella bandana di lei erano avvolte tante conchiglie, diverse tra loro e ancora un po' piene di sabbia negli incavi. La grotta non si era rivelata profonda: finiva con uno spiazzo sabbioso. I tanti spifferi aperti nelle pareti lasciavano passare luce sufficiente a illuminare precisamente il centro, come una luce divina. Da lì spuntavano tante conchiglie intatte e piccole, come se fossero state messe lì apposta per loro.

Lucinda era ancora una statua immobile sotto il sole, Serena si era rannicchiata su un fianco e dormiva, mentre Iris era intenta a rifarsi i codini. Appena si vide arrivare Ash davanti accanto a Vera con la bandana zeppa fino all'orlo di conchiglie, s'illuminò subito, dimenticando l'amarezza della sconfitta contro Misty.

«Oh! Ma si può sapere dove ne avete trovate così tante?» chiese, sorpresa, con le braccia sui fianchi. «Io, ormai, mi ero convinta che non ci fosse nulla.»

I due si scambiarono un'occhiata d'intesa delle loro, per poi esclamare all'unisono: «Segreto!»

Così la Coordinatrice si sedette sul telo da mare di Iris e, meglio tardi che mai, ebbe il primo contatto con lei. Divisero e selezionarono insieme le conchiglie più belle, discutendo sul dove poter trovare dello spago, così da farne bracciali e collane.

Ash stette un po' con loro, aiutandole a decidere quali conservare. Poi, però, siccome il sole stava pian piano tramontando, era ora di iniziare a pensare alla cena: doveva cercare Misty, chiedendole aiuto per il barbecue. Quando domandò all'aspirante Maestra Drago se sapeva dove fosse andata, ricevette un distratto: “Boh, prova dietro agli scogli” come risposta.

 

Il buon Gary nella sala comandi, nel frattempo, scuoteva il capo. Un sorriso lascivo gli increspò le labbra, mentre si portava alla bocca una manciata di popcorn. «Ci sarà da divertirsi.»

 

Gli scogli erano abbastanza lontani dalla villa. Diciamo dalla parte totalmente opposta a dove lui e Vera avevano scoperto la grotta delle conchiglie, ecco. Era un posto pacifico, ove si sentiva solo lo sciabordio dell'acqua e ogni tanto il garrito lontano di qualche Wingull. Perfetto per stare in pace con se stessi. Così stava facendo la Capopalestra, a mollo fin quasi al petto. Ash era rimasto qualche istante a guardarla, incantato e immobile, perché gli spiaceva disturbarla.

D'improvviso, il laccio che teneva il bikini di Misty si sfilò, scivolando a pelo dell'acqua. Quando se ne accorse, dischiuse distrattamente un occhio e si chinò per riprenderlo. Ma non appena alzò lo sguardo, incontrò quello inebetito di Ash che, rosso fino alla punta delle orecchie, aveva gli occhi puntati su ciò che si era scoperto. Il tempo di rendersene conto che il rossore si fece strada anche sulle sue guance e, tremando di rabbia e vergogna miste assieme, tirò un urlo, coprendosi con le braccia e girandosi di scatto di schiena.

«I-I-Io ti assicuro che non…»

«Taci!» lo ammonì subito, con voce esasperata, mentre si riallacciava il costume e si rigirava, orgogliosamente. «Cosa credevi di fare, eh?!» sbottò poi, avvicinandosi a lui che, invece, stava indietreggiando.

«È stato solo un caso, non…»

«IO TI AFFOGO, KETCHUM!»

Misty non ci mise nulla ad afferrarlo per una spalla e spingerlo giù. «Affoga! Affoga!» borbottava tra i denti, mentre sbatteva la sua povera testa corvina sott'acqua come un panno sporco, per sfogare la propria frustrazione.

Ash alternava colpi di tosse forsennati al vano tentativo di pronunciare il suo nome per intero, annaspando e agitando le braccia. D'un tratto, riuscì a bloccarle i polsi e la situazione si ribaltò: l'acqua turbata dalla loro frenesia divenne calma, le minacce furiose della rossa si ridussero al silenzio. Entrambi si guardarono negli occhi… Che occhi smarriti aveva Misty. Non gli era mai apparsa così femminile, con il viso imporporato d'imbarazzo e lo sguardo distolto, come a voler proteggere il suo corpo. Un corpo così bello, che accidentalmente si trovava sopra di lui. Sembrava cambiata così tanto… Eppure era sempre la stessa, ma senza il codino e le bretelle, e non era più piatta come una tavola da surf. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma non gli veniva in mente niente. Solo avvicinarsi più di quanto già vicini non fossero, azzerare quei pochi centimetri che separavano le loro bocche, due calamite che andavano l'una verso l'altra. Quando finalmente si sfiorarono, fu una magia, un qualcosa che scattò nelle loro teste, e fu come se non ci vedessero più. Le loro lingue continuavano a cercarsi e intrecciarsi insieme, mentre lui aveva iniziato a stringerla in un abbraccio dietro al collo e le sue mani erano ferme, lì, vicino al nodo mollo della parte superiore del costume.

 

Gary stava dando giusto una sbirciatina, mangiando con meticolosità popcorn per popcorn, con gli occhi incollati allo schermo, come se fosse al cinema… Durante la proiezione di un film che stava prendendo una piega decisamente interessante.

L'atmosfera quasi surreale venne però rotta bruscamente: un urlo improvviso e acuto fece balzare il castano dalla poltrona. La scatola dei popcorn saltò insieme a lui, sparpagliandoli ovunque: sulla tastiera di controllo, sul pavimento e persino sulla sua testa.

«E che diamine» borbottò, togliendosi con un gesto stizzito alcuni chicchi di granoturco soffiato dai capelli. «Si può sapere chi diavolo…» Assottigliò gli occhi, cercando la fonte del rumore. Poi, non trattenne un sorrisetto. «Oh-oh, guai in vista…»

 

Lucinda era lì, che li fissava in modo stralunato oltre gli scogli, proprio come quella mattina.

Ash e Misty si lasciarono andare all'istante, cercando di non pensare a cosa entro poco sarebbe potuto succedere, perché era troppo vergognoso. Cosa diavolo era preso a entrambi? Come mai lui aveva agito in quel modo e lei non si era opposta? Erano le rispettive domande che ponevano a se stessi, in quei pochi attimi di silenzio.

La Coordinatrice, dal canto suo, non sapeva cosa dire. Sentiva soltanto una grande rabbia montarle dentro. La prima parola che le venne l'impulso di dire, mentre stringeva convulsamente i pugni, fu: «… Perché?» Poi alzò i suoi occhioni vacillanti, per specchiarli in quelli frastornati di Ash. «Perché a lei l'hai baciata con la lingua e a me no?!» gridò poi, paonazza.

La faccia di lui divenne di puro sconcerto, perché non si sarebbe mai e poi mai aspettato di sentire una domanda tanto sfacciata, a cui non c'era risposta, per giunta.

La rossa fece subito una smorfia, senza lasciargli il tempo di rispondere. «Questo significa che hai baciato anche lei?!» squittì, avvicinandoglisi minacciosamente. Se prima aveva un'incontrollabile voglia di affogarlo, adesso voleva spaccarlo in due e sentire le sue ossa fare crack.

«E-Ecco, io…»

«Oh, non solo!» fece Lucinda, a gran voce e quasi con ironia, interrompendo le scuse che di sicuro stava per tirare fuori. «Ha baciato me, Vera e anche Serena!»

«Cosa?!» Misty, a dir poco indignata, diede una sberla alla guancia sinistra di Ash, che la accusò sussultando. «Sei un… Un… Bah!» Si voltò di scatto. «E tu, tesoro, torna a giocare con le bambole, ch'è meglio.»

Mentre lei girava i tacchi per andarsene, la blu alzò gli occhi al cielo. «“Torna a giocare con le bambole”» la scimmiottò, prima d'incamminarsi dalla parte opposta con la stessa nervosa andatura. L'antipatia si era ufficialmente trasformata in odio profondo, perché nessuno aveva mai osato dirle qualcosa – a parer suo – di tanto offensivo.

Ash rimase solo in mezzo al mare. Strinse convulsamente i pugni e diede un calcio all'acqua. Perché doveva sempre finire tutto così male?

 


 


 

Angolo dei sopravvissuti
Perché hai un'autrice cattiva, Ash, semplice. Credo di essere arrivata ai confini estremissimi dell'IC per Lucinda e Misty, qui, ma non ho resistito sul finale. XD
E forse anche la parte iniziale è troppo volgare (?) per Ash, ma è troppo bella per toglierla. XD
Domani, 24 settembre, è il mio compleanno. Perciò chiunque voglia farmi un regalo sappia che le recensioni sono ben apprezzate. (?)
Per sicurezza ho innalzato il rating a giallo, ma vale solo per questo capitolo. Fatemi sapere voi se è il caso di riabbassarlo oppure no, i prossimi saranno verdissimi. :/
Alla prossima!
-H.H.-
 

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Capitolo 7
*** Il sasso della discordia ***


2017-13-2-05-45-11

 

«Serena?» Ash scosse dolcemente il corpo della ragazza, arrotolato come un Caterpie sulla sabbia ormai fredda. «Ehi, Serena…»

«Uhm…» Lei aprì distrattamente gli occhi, con un mugolio. Il cielo e il paesaggio s'erano tinti di scuro, non sembrava esserci nessuno a parte loro. «Dove sono?»

«Ti sei addormentata, oggi pomeriggio» le spiegò lui, con un sorriso.

La francese si portò una mano al viso, soffocando il rossore che sentiva già imporporarle le guance. Sperò, perlomeno, di non avere russato o assunto pose strane. «Ah, che imbarazzo!»

«Perché? Eri carina.» Ash – dopo quel commento così innocente che la lasciò meravigliata – le porse la mano e iniziò a condurla nell'ala sinistra alla villa, dove si stava svolgendo il tanto progettato barbecue.

Iris danzava insieme ai Pokémon a ritmo di una musica moderna e vivace che proveniva dal suo vecchio telefonino, lasciato con noncuranza accanto al piatto. Vera smaniava dalla voglia di divertirsi insieme a loro, ma intendeva farlo solo dopo aver fatto il tris di costine, salsicce e crocchette di manzo. Che, purtroppo per il suo stomaco ingordo e affamato, erano ancora a sfrigolare sulla brace.

«Ehi.» Misty rivolse a Serena un sorriso gentile, appena la vide arrivare. «Dormito bene?»

La ragazzina annuì, sedendosi accanto a lei nel tavolo pieghevole, davanti al posto in cui il piatto di plastica era ancora nuovo e intoccato. «È da tanto che avete cominciato?»

«No, cinque minuti.» La Capopalestra scoccò un'occhiataccia a Iris. «Ma qualcuno, a quanto pare, preferisce giocare piuttosto che stare a tavola composto come tutti gli altri.»

«Dai, My, non essere così dura» disse la castana, portandosi una saporita bruschetta alla bocca.

La Performer si chiese come mai la sua coinquilina – di solito sempre così servizievole – non stesse aiutando Ash, che aveva subito preso a trafficare con un'evidente difficoltà davanti alla griglia. Poi, guardandosi in giro, si accorse che mancava qualcuno all'appello: Lucinda. Inizialmente pensò che fosse in bagno, ma più il tempo passava e più era costretta ad accantonare quell'ipotesi.

«Scusate, Lucinda non c'è?» chiese, dopo essersi fatta un po' di coraggio, alle Pokégirl più anziane.

«Ehm…» Vera, per quanto cercasse di sforzarsi, non era mai stata una grande attrice. Parlando in fretta con la bocca piena, improvvisò: «Ha il ciclo, poverina! Non se la sentiva proprio di mangiare qualcosa!»

«Oh…» fece Serena, dandosi della sciocca per aver pensato che potesse essere successo qualcosa durante il suo pisolino. «Ma questo ciclo fa così male come dicono?» domandò poi con innocenza, confidando nel fatto di avviare un discorso tra “donne”.

«C'è chi non sente niente e c'è chi vorrebbe impiccarsi per il dolore» fu il commento di Misty, schietto e secco, che ebbe soltanto l'effetto di spaventare la più piccola.

La Principessa di Hoenn si sentì in colpa e si disse che la prossima volta avrebbe cercato una scusa migliore per non dover dire: “Lucinda si è chiusa in camera, ce l'ha con il mondo intero e non vuole uscire.”

 

DOMENICA (Parte 1) – Il sasso della discordia


 

La mattina dopo c'era abbastanza trambusto. Perché era l'ultima mattina, già. Lucinda stava diventando matta perché non trovava più il suo lucidalabbra preferito e, per quanto bene avesse riposto tutti i vestiti, la sua valigia color rosa pallido rifiutava di chiudersi. Vera cercava di capire da che parte piegare il lenzuolo del letto per metterlo via, mentre Serena era fuori che parlava svogliatamente al cellulare con sua madre, lamentandosi del poco segnale.

Per l'Allenatore era stato facile preparare il suo bagaglio: ci aveva sbattuto dentro tutti gli indumenti sporchi e stropicciati sparsi sul pavimento, la roba da bagno e voilà. Per le ragazze era un po' più complicata la questione, perché dovevano meticolosamente piegare e ordinare tutto.

Infatti fu il primo ad andare a colazione, affiancato da Pikachu. La mano con cui stava tenendo il cucchiaio per i cereali, però, divenne rigida non appena anche Misty entrò.

Si salutarono molto freddamente e lei andò a sedersi il più lontano possibile da lui. Se solo pensava a cosa stava per succedere il giorno prima, si sentiva la coscienza sporca e un brivido le correva lungo la schiena. Aveva passato la notte insonne, a rigirarsi bruscamente tra le coperte, affondando la faccia paonazza nel cuscino al ricordo di quell'Ash così intraprendente. Sempre contro quel cuscino soffocava la rabbia, sentendosi tradita e – per quanto stentasse in cuor suo ad ammetterlo – ferita. Ash, al contrario, preferiva non pensare: altrimenti gli riveniva in mente ciò che non avrebbe dovuto vedere e diventava bordeaux. Al contempo però lo assaliva una grande malinconia.

Senza dir niente si alzò di scatto, per dirigersi in spiaggia, a prendere una boccata d'aria.

 

Gary, stravaccato sul sedile e con un tablet sulle gambe, osservava distrattamente lo schermo. A un certo punto, un sorrisetto malizioso gli increspò le labbra. «Oh, era ora, finalmente se n'è accorto… Anche questa non posso assolutamente perdermela.»

 

Le ragazze salivano e scendevano in continuazione le scale per ammassare tutte le valigie accanto all'ingresso. Poi, finita questa operazione, si sedevano in cucina.

Quando Ash varcò di nuovo quella porta, trovò Vera che sbadigliava e Serena con Fennekin in braccio che, come ogni mattina, non mancava di spazzolargli premurosamente il pelo.

«Ehi, Ash, che cos'hai in mano?» chiese la ragazza di Hoenn, con la sua solita indiscrezione.

Il corvino aprì un palmo, rivelando un piccolo sasso a forma di cuore. «L'ha trovato Pikachu poco fa sulla spiaggia. Incredibile, eh?» Lo fece saltellare sulla propria mano. «Chissà come ci è finito, qui.»

«Che carino!» commentò Vera, mentre la meraviglia spaziava nei suoi occhioni azzurri. «Quanto vorrei averne uno anch'io…»

Serena, smesso d'un tratto di spazzolare il suo starter, fece un sorriso sornione. Molto sornione. «Oh, già, è davvero molto bello! Mi piacerebbe tanto tanto un ricordo di questa vacanza…»

«Ehm…» L'Allenatore iniziò a percepire che la cosa non sarebbe sfociata in niente di buono. E lui che voleva darlo a sua mamma appena tornato a Pallet… «Ecco, non saprei…»

«Di che parlate?» intervenne Iris, allegra. «Oh, che buffa quella pietra!» esclamò, sedendosi a gambe divaricate proprio nella sedia di fronte alla causa di cotanta tensione. Mise la testa all'altezza del tavolo, per osservarla con occhi da Furret, limpidi e curiosi.

Nel frattempo, anche Lucinda fece il proprio ingresso e andò a sedersi al primo posto libero che vide. «Qualcosa non va?» chiese poi, leggermente confusa, notando i sorrisi tirati di Vera e Serena e quello sghembo di Ash… Più simile alla smorfia tipica di chi non sa più che pesci pigliare, in realtà.

«No, tutto okay» smentì il moro, che stava per arraffare la pietra sul tavolo e nasconderla alla sua vista, ma fu troppo lento.

La Reginetta di Sinnoh chinò il capo indietro e, con aria estremamente lamentevole, disse: «Nessuno mi fa mai regali, sarebbe bello riceverne uno una volta tanto» lanciandogli un'occhiata, che significava “ti ho dato un'occasione per essere carino con me, che aspetti?”

Anche Misty entrò, del tutto ignara di cosa stesse succedendo, e si lasciò cadere sull'ultima sedia con un sospiro di sollievo. «Finalmente abbiamo finito!» Notando il silenzio quasi pressante che aleggiava nella stanza, si rimise composta e squadrò le facce strane di tutti. «Mi sono persa qualcosa?»

«Misty, guarda che bel sasso che ho trovato poco fa.» Ash, a denti stretti, indicò col capo verso il tavolo. Il suo sorriso tirato sembrava borbottare tacitamente “ai-u-ta-mi” mentre veniva messo sotto pressione dagli altri sguardi di fuoco fissi su di lui.

Si aspettava un appiglio adulto, un aiuto per scappare da quella situazione alquanto… Scomoda. Misty rivolse prima lo sguardo a lui, poi al sasso, e sbatté le palpebre. «Ricordi la mia bici? Penso sia arrivato il mio compenso, finalmente.»

«Cosa?!» squittì, a dir poco sconvolto.

Lucinda tirò su il capo che finora era stato svogliatamente chino addietro, per poi proporre con una punta di malizia: «Perché non la dai alla più bella tra di noi?»

«Giusto, Ash, perché non la dai alla più bella?» lo incitò Misty.

«Eh?» fece ancora lui, sempre più nel panico. Non aveva la minima idea di come comportarsi.

«Qui si mette male» sussurrò Vera e Serena, accanto a lei, deglutì sonoramente. Iris, invece, non aveva smesso di fissare la pietra, al punto da non far caso a ciò che stava accadendo.

«Tanto mi sembra scontato chi sceglierà» decantò la blu, scostandosi indietro la sua bella chioma. Si avvicinò all'amico e fece sfarfallare le ciglia come un Deerling, mentre lui indietreggiava.

«Poco modesta, mi dicono!» Misty, invece, marciò da lui e lo afferrò con impeto per il colletto della maglietta. «Allora, chi scegli?!»

«Già, chi scegli?!» proseguì poi l'altra, aggrappandosi al suo braccio.

«Ma insomma, io non…»

Lo sclero di Ash venne interrotto dalla vocetta allegra di Iris: «Me lo regali, vero?» Riemersa da quella sorta di trance, aveva ora in mano il tanto fantomatico sasso e se l'era infilato in tasca, pronta a uscire dalla cucina. Erano rimasti tutti… Di sasso, tanto per stare in tema.

«Ehi, non l'ha dato a te» protestò Serena, dopo aver preso un po' di coraggio.

Iris rispose con un sorriso furbo e strafottente. «E invece sì, l'ho preso prima io e ora è mio!»

Quello fu l'inizio ufficiale della guerra. Tutte continuavano a parlare senza ascoltarsi a vicenda, chi addirittura cercava di tirarsi i capelli o si guardava ringhiando come un Houndoom. Ash, nel frattempo, stava cercando di raggiungere la via di fuga più vicina senza farsi notare e pregava sottovoce Arceus.

Proprio in quel momento, tra strilli e tensione, la porta si spalancò. «Ehilà, bella gente!»

Gary. Braccia spalancate, sorriso raggiante, camicia hawaiana e occhiali da sole. «Non vi aspettavate di vedermi qui, eh?»

Tutto il gruppo tacque di colpo, dando così al nuovo arrivato la possibilità di rivolgere un'occhiata generale a tutti, rimasti immobili per lo sconcerto. Passò in rassegna le ragazze una per una, squadrandole con attenzione, finché non vide quella coi boccoli biondi e gli occhi azzurri che tanto gli erano stati descritti. «Oh, ma allora sei tu la piccola Serena!» esclamò, con un'allegria inaspettata.

Lei indietreggiò, confusa, al vederlo avvicinarsi con le braccia bonariamente allargate. Chi era, perché era piombato in casa e soprattutto come sapeva il suo nome?

Il castano sfoggiò un sorriso galante. «Quando Ash mi parlava di te, da piccoli, credevo che fossi solo una delle sue fantasie» raccontò, prima di farle un perfetto baciamano, degno di un cavaliere. «Sono lieto di essermi sbagliato.»

La bionda soffocò un risolino, portandosi la mano libera al viso imporporato d'imbarazzo. Misty aveva fatto una smorfia d'indignazione e spalancato la bocca, perché non credeva che Gary sarebbe caduto tanto in basso: insomma, fare la corte a una bambina di dieci anni. Seriamente? Ash s'era imbronciato, – insomma, gli aveva dato del bugiardo davanti a tutti! – mentre Lucinda in mezzo alle sue due amiche stringeva con rabbia i pugni e digrignava i denti, contando fino a dieci per non esplodere.

Gary rivolse un sorriso anche a lei, ma senza aver ancora lasciato la mano delicata di Serena. «Ehi, piccola, come te la passi?»

«Da schifo, ecco come me la passo!» rispose, abbassando il capo. Non doveva piangere, non davanti a lui, non davanti a tutti, ma sentiva di non farcela più.

Il ricercatore, al vederla così, si fece più serio e cercò di sfiorarle un braccio. Lei, però, si divincolò con un brusco strattone. «Lasciami!» gridò, con la voce che le moriva in gola. Si morse un labbro e, spinta dalla rabbia, compì un gesto che non avrebbe mai creduto di poter compiere: gli tirò uno schiaffo, facendo risuonare lo schiocco in quel pesante silenzio.

Rimasero tutti allibiti, mentre il castano si sfiorava la guancia colpita. «Lucinda, io non …»

«Sta' zitto!» lo ammonì subito lei. Fece per andarsene, ma fu il sorriso sul volto da ebete di Ash a trattenerla. «Cosa ci trovi di tanto divertente?!» lo riprese, marciando a passo deciso verso di lui. Senza dargli il tempo di aprir bocca per ribattere, spense quel sorriso irritante colpendo con stizza anche lui.

«Lucinda, ma…» tentò di obiettare il corvino, portandosi una mano alla guancia come aveva fatto il suo rivale poco prima. Non riusciva davvero a capire a cosa fosse dovuto quell'improvviso scatto d'ira.

«Ti odio!» sbottò la blu, girandosi. «… E odio anche te!» mugugnò, dopo essersi girata un'ultima volta verso Gary, mostrando le lacrime ch'erano andate a rigarle il viso. Sbatté la porta, lasciando ancora più interdetti e storditi i presenti. Perché stavano succedendo così tante cose così in fretta?

Il bruno sentì un'ondata d'amarezza invaderlo nel petto. Faceva più male quello, che le pulsazioni che sentiva sulla guancia gonfia.

Iris, dispiaciuta, tese una mano nella direzione in cui la sua amica era fuggita. «Hai fatto piangere Lucinda! Vergognati, sei soltanto un bambino!» Prima d'incamminarsi fuori, si fermò davanti ad Ash, per dargli un medesimo – ma più violento – ceffone. «Stupido, stupido, stupido!»

«Ma cosa diavolo…» bofonchiò lui, massaggiando un'altra volta la sua povera guancia. Aveva forse un cartello con scritto “Picchiatemi!” appiccicato da qualche parte e non lo sapeva?

«Ehi, tu, dove vai? Molla l'osso!» Vera, al pensiero del sasso ancora nelle selvagge mani della viola, si allarmò subito. Ma un attimo prima di andare, fece dietrofront.

Ash la guardava. Era fiducioso in lei, ch'era sempre stata un po' come una sorella minore. Avrebbe dovuto sostenerlo, no? «Non vorrai picchiarmi anche tu?»

«Mi dispiace…» anticipò subito. «… Ma te lo meriti! Non dovevi illudermi con quel bacio!» esclamò poi, con più decisione, premendo la mano forte contro la sua guancia. Corse fuori, senza guardarsi indietro, perché non voleva vedere quale reazione avesse provocato il suo gesto impulsivo.

Tempo di alzare di nuovo il capo, che Serena fu davanti a lui.

«Serena… Almeno tu…» supplicò, quasi, ma lei fece cenno di no. Alzò un braccio, pronta a colpirlo. Ma all'ultimo secondo, mancatole il coraggio, corse via.

Ash guardò dispiaciuto la porta da cui tutte se n'erano andate, una dopo l'altra. Ah, già, mancava ancora qualcuno. Fu quasi sollevato: Misty sorrideva, e sembrava un sorriso pacifico. Perciò lo ricambiò. Evidentemente lei aveva capito tutto.

«Tu non mi farai niente, vero?»

Misty, sempre sorridendo in quel modo mellifluo, rispose: «Perché darti uno schiaffo…» Poi, il sorrisino a incresparle le labbra divenne sadico, mentre posizionava una gamba più indietro dell'altra. «Quando posso farti ancora più male?!» esclamato ciò, gli assestò un calcio, bello forte. Nelle parti basse. Ash per poco non cadde all'indietro e soffocò un gemito sofferente.

La rossa, con un verso di superiorità, lasciò la stanza. Se doveva picchiare quell'idiota, tanto valeva farlo con stile, da regina.

Mentre lui cercava di riprendersi, trovò davanti a sé un'ultima figura. L'espressione che aveva, da insofferente passò a beffarda, pur rimanendo di un velo malinconico.

«Sei proprio un poco di buono, Ketchum» fece Gary, con voce volutamente femminea, per poi fingere di tirargli un'ennesima sberla. «Un insensibile

«TI CI METTI PURE TU?!» strillò il corvino, pestando un piede a terra dalla rabbia.

 

Iris camminava vicino alla spiaggia e, per sbollire un po' l'arrabbiatura, ogni tanto si fermava e dava calci alla sabbia, così, di punto in bianco. Pensando a quant'era stupido Ash, naturalmente. Se avesse avuto una sacca da box con la sua faccia scarabocchiata sopra, l'avrebbe ridotta a brandelli. Uno: aveva fatto piangere Lucinda, una sua carissima amica. Due: gli aveva aperto il suo cuore, quella notte, e lui dopo tutto quel tempo ne era rimasto indifferente. Come poteva tollerare un affronto simile al suo orgoglio?

«Stupido Ash. Stupido sasso. Non lo voglio più!» Lanciò la pietra cuoriforme in mare, più lontano e con più impeto che poteva. Quando ricadde con un flop, però, se ne pentì subito… Ma ormai era troppo tardi. Accidenti. Finiva sempre per rovinare tutto per colpa del suo carattere scontroso. Forse era anche lei una stupida, in fondo. Si riscosse da quei pensieri solo quando vide la ragione che, fondamentalmente, l'aveva spinta ad uscire: Lucinda. Era stata una settimana davvero stressante per lei, di occhi gonfi di pianto e mal di testa così forte da farle rimbombare nelle orecchie il battito del cuore. Nonostante ciò, ogni mattina si alzava, si acconciava i capelli e nascondeva le occhiaie e la stanchezza sotto una maschera di trucco, perfetta come quella di una geisha. Non vedeva l'ora di andare a casa e gettarsi sul suo letto, dimenticando tutti e tutto.

«… Lucy?» chiamò Iris, un po' timidamente.

«Ah, sei tu» l'accolse la blu, in tono apatico. Come a sottolineare che non gradiva più di tanto la sua presenza. Né la sua, né quella di nessuno: aveva mandato via persino il suo starter, stavolta.

«Mi dispiace per ciò che è successo…»

«Anche a me.»

Entrambe fissavano il mare, come volersi distrarre. Sapevano bene di avere una colpa, un segreto non detto; simile, per giunta. Forse era per quello che regnava un tale imbarazzo. Nessuna delle due aveva il coraggio di confessare né di guardare in faccia l'altra.

 

Misty cacciò un pesantissimo sospiro. Iniziava a sentirsi ridicola per il modo in cui si era comportata durante tutta quella settimana. Non avrebbe dovuto vederla come una guerra, ecco. Se Ash avesse voluto lei, l'avrebbe scelta subito. Ma forse non ne valeva nemmeno la pena. Era solo uno stupido ragazzino e gli stava correndo dietro da troppo tempo. Però… Nonostante tutto, non riusciva a smettere di pensare a lui e angosciarsi. La sua attenzione, fissa alle onde mosse dell'oceano, venne attratta da un lieve odore di bruciato nell'aria. Si guardò in giro e, proprio come temeva, vide una scia di fumo cinereo provenire dal cuore dell'isola. Strinse i pugni e, mettendo momentaneamente da parte la sua morbosa entomofobia, corse a controllare.

 

Vera, immersa nei suoi pensieri, aveva camminato così tanto che non sapeva neanche dove fosse finita. Ma non aveva alcuna importanza, ormai. Stette immobile, con le mani strette a pugno e lo sguardo velato di malinconia. Un sorriso amaro le sfuggì dalle labbra. Era stata una sciocca a pensare che Ash, tra tante, potesse notare proprio lei. Non aveva la bellezza della sua migliore amica, il temperamento forte di Misty, la sfacciataggine di Iris o l'ammaliante dolcezza di Serena…

Un versetto attirò la sua attenzione, distraendola da quei pensieri demoralizzanti. Quando alzò il capo, vide quello tondo come un pallone di Piplup spuntare da un cespuglio. «Piplup pì!»

«Piplup, che ci fai qui?» chiese, con un battito di ciglia confuso. Si aspettava di veder spuntare Lucinda da qualche parte, ma non fu così. «Sei da solo?» Si piegò sulle ginocchia, per essere alla sua altezza. Il pinguino annuì, con aria vagamente abbacchiata.

I due sentirono lo scoppio di un'esplosione, violenta e improvvisa, che li fece sobbalzare. Non proveniva molto lontano da loro, perché videro una nuvola di fumo salire all'alto, sprigionandosi dal folto degli alberi. Si scambiarono un'occhiata determinata e annuirono: era successo qualcosa e dovevano scoprire cosa. Piplup si fidava di lei, dal momento ch'era sempre stata vicino alla sua padroncina e sapeva quanto fosse in gamba come Coordinatrice. Se avesse dovuto fronteggiarsi un'altra volta con il suo Glaceon, non era affatto sicuro che sarebbe riuscito a batterlo. Il che, per un inguaribile orgoglioso come lui, voleva dire molto.

 


 


 

Angolo dei sopravvissuti
Riferimenti al fatto che la Coppa Adriano avrebbe dovuto vincerla Vera puramente casuali, eh, così come gli accenni – ok, non sono più tanto accenni – Cavalier e quelli alla letteratura. Lucinda è Afrodite, mentre Misty è Atena! XD
La domenica è divisa in due parti, per cui keep calm, tra cinque giorni ci sarà il nuovo – ed ultimo – capitolo, su cui ho parecchie insicurezze.
Spero che questo vi sia piaciuto e che mi farete sapere il vostro parere :3
Alla prossima!
-H.H.-
 

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Capitolo 8
*** Tutto è bene quel che finisce bene ***


2017-13-2-05-45-11
 

DOMENICA (Parte 2) – Tutto è bene quel che finisce bene

 

«Valle a cercare» cantilenò Gary, mettendosi in bocca un'ennesima patatina, presa dal sacchetto aperto sul tavolo. Ash ancora guardava a terra e non gli rispondeva. Il suo amico cacciò un sospiro: era proprio cocciuto!

«Ash, ricordi quella volta che ti sei fatto la pipì addosso, in prima elementare?» Alla sua domanda posta con malizia, il corvino venne attraversato da un brivido lungo la schiena, mentre lo fulminava con un'occhiataccia. «Penso che alle ragazze farebbe piacere sentire quella vecchia storia.»

«Non ti azzardare.»

Un ghigno increspò le labbra del rivale. «Sei ancora sicuro di voler rimanere qui?»

Un borbottio di imprecazioni malevole seguì il cigolio di una sedia che si spostava.

 

Lucinda e Iris non avevano ancora spiccicato parola. Stavano lì e fissavano al largo, quasi come se cercassero di far finta che l'altra non esistesse.

«Senti, io…» L'aspirante Maestra Drago, che con una smorfia dispiaciuta stava per confessare il suo peccato, rizzò d'improvviso le orecchie e voltò il capo. «Oh cielo!»

Anche l'amica fece lo stesso e vide una nube di fumo proprio al centro dell'isola. «Accidenti, dov'è Piplup?» si chiese, guardandosi freneticamente attorno. Poi si ricordò di quando lo aveva cacciato via perché voleva rimanere sola e si diede mentalmente della stupida.

«Andiamo, non c'è tempo da perdere!» gridò la viola, con uno sguardo pieno di determinazione: se c'era in gioco la natura, non c'era da scherzare.

 

Rimase ferma per lo shock: lì c'era il suo Dragonite, che dava possenti zampate al terreno tanto da farlo tremare, e dalla sua bocca uscivano lingue di fuoco che andavano a colpire gli alberi. Dei rami erano già caduti a terra e alcune fiamme si erano sparse fin sull'erba. I Pokémon della zona, spaventati, cercavano di correre via in massa il più in fretta possibile.

«Fermati subito!» gli intimò. Il drago si girò verso di lei: nei suoi occhi balenava un guizzo d'odio e non dava cenni di riconoscerla. Infatti un altro Lanciafiamme uscì dalla sua bocca. Iris, pronta per riceverlo, si schermò con le braccia, ma non ce ne fu bisogno, perché venne contrastato da un deciso Getto d'Acqua. Voltò di scatto il capo e ricevette un sorriso complice da parte di Misty, che la sorprese. La aveva trattata in modo arrogante per tutta la settimana, eppure non aveva esitato nemmeno un istante ad accorrere in suo aiuto…

«Niente di rotto?» le chiese la rossa, con un braccio sul fianco.

Annuì ripetutamente, per poi abbassare il capo e borbottare uno strascicato ringraziamento.

Lucinda si distaccò un attimo dal caos generale per riflettere su quel gesto. Forse avrebbe dovuto prendere esempio…

«Lulu, stai attenta!»

L'avvertimento di Vera, che era appena arrivata con Piplup al seguito, fu vano: la blu, quando si girò, vide un ramo infuocato che stava per travolgerla. Non ebbe né il tempo di metabolizzare la situazione né di scostarsi, che si sentì spinta bruscamente di lato. Riaprì gli occhi, chiusi per la paura, e trovò Gary che la teneva per le spalle.

«Tutto okay?» chiese, guardandola.

Lei, come in trance, annuì. Ci fu silenzio per qualche istante, come se alle loro orecchie i lamenti di Dragonite e lo strepitare del fuoco che stava consumando tutto arrivassero lontani.

«Grazie» borbottò, stringendosi alla sua maglia hawaiana. Gary sorrise, dandole una carezza sfuggevole sul capo, che la fece arrossire. Si sentiva come una principessa ch'era stata appena tratta in salvo dall'affascinante cavaliere.

A interromperli fu Piplup, che corse incontro alla padroncina e si mise a fare un animato discorso con il suo verso acuto.

Il ricercatore la lasciò andare, cosicché lei potesse voltarsi e chinarsi verso il suo starter. «Ti chiedo scusa per prima… Ma ora c'è bisogno del nostro aiuto!» Entrambi annuirono in simultanea e si diressero verso la mischia, per decidere come aiutare.

Iris, a denti stretti, cercava di avvicinarsi a Dragonite il più possibile, che ancora ululava e sparava alte fiammate. Misty si occupava di estinguerle più che Azurill poteva, ma non stava funzionando molto: del verde non rimaneva quasi più nulla, solo cenere che or vorticava sparsa nell'aria. Quando vide Lucinda affiancarla con aria determinata, la Capopalestra alzò per un attimo un sopracciglio, sorpresa.

Serena, che era arrivata da poco, assisteva alla scena appoggiata a un albero, con una mano sul cuore. Era spaventata, ma avrebbe voluto dare una mano. Però che mano puoi dare se possiedi un Pokémon di tipo Fuoco, cioè la causa principale del problema? Si sentì toccare una spalla e sussultò, poi al trovare il sorriso gentile di Vera sembrò tranquillizzarsi. Anche lei, lo sapeva, non aveva nessun Pokémon adatto alla situazione.

«Andrà tutto bene» le disse, con dolcezza, perché capiva come si sentiva. «Però è pericoloso stare qui.»

La bionda annuì e, dopo aver raccolto Fennekin spaurito tra le braccia, si lasciò trascinare dalla sua mano lontana dal campo di battaglia. Si nascosero tra i cespugli, ancora abbastanza vicine da poter assistere.

Quando la Performer si girò, vide che in ginocchio accanto a loro c'era anche Ash.

«Vorrei tanto poter fare qualcosa» disse, a denti stretti, continuando a guardare la scena. Era più forte di lui: non riusciva a restarsene fermo come un idiota con tutto quel caos che infuriava a pochi passi.

«Non potremmo essere utili in nessun modo…»

Il corvino ignorò l'affermazione di Vera e uscì allo scoperto, seguito a ruota dal suo Pikachu, mentre lei lo richiamava inutilmente tendendo un braccio, preoccupata. Sempre il solito testardo, accidenti!

Qualcosa che potevano fare c'era eccome: incoraggiare Iris, che scivolava spinta dalla corrente creata della ali del suo Dragonite, ma non si arrendeva e continuava a inseguirlo, con un luccichio ostinato e preoccupato negli occhi.

«Torna in te!» gridò, con la voce spezzata, di chi cerca di ricacciare giù a fatica le lacrime.

«Iris» si sentì poi chiamare, e trovò conforto nello sguardo penetrante e serio di Ash. «Puoi farcela, devi solo credere in te stessa!»

La viola annuì con vigore: doveva assolutamente riuscirci. Si diresse verso Dragonite, in quel momento di schiena, che stava dando una zampata a uno dei pochi alberi ancora integri. Spiccò un salto, aggrappandosi a una delle sue zampe. Lui cercò di disarcionarla e iniziò a dimenarsi ancora più furiosamente di prima. Lanciò un ennesimo Lanciafiamme, ma stavolta in direzione del cespuglio dov'erano rintanate Serena e Vera. Le due indietreggiarono, gridando dal terrore. Ma in quel momento Lucinda fece una scivolata, finendo con stile e decisione davanti a loro, puntando l'indice in avanti. «Piplup, Mulinello!»

Il pinguino, accanto a lei, creò subito un gigantesco vortice d'acqua che comandò in direzione del fuoco, per spegnerlo prima che potesse raggiungerle, trasformandolo in un'onda che s'infranse allagando la terra.

«State bene?» chiese la blu, porgendo una mano a Vera e una a Serena. La castana la ringraziò caldamente, rialzandosi. Serena invece esitò per qualche istante, ma quando le venne rivolto un sorriso lieve dove non v'era traccia né d'invidia né di rancore, decise di ricambiarlo e accettare il suo aiuto.

Nel frattempo, Gary si schierò accanto a Misty. «Vuoi una mano, pel di carota?»

Ricevette un sorriso combattivo in risposta. «Vediamo se sai ancora fare qualcosa, Oak.»

Una Poké Ball consumata dal tempo venne lanciata in alto, per poi aprirsi con un getto di luce e rivelare un Blastoise, che fece un verso rude e così potente che scuoté l'intera isola.

«Pioggiadanza!»

Al comando deciso del padrone, il bestione cominciò a sparare un getto d'acqua fortissimo dai cannoni d'acciaio sulla sua schiena. Una pioggia veloce cominciò a cadere dal cielo, sempre di più e più intensa, tanto da far quasi male al contatto. Le fiamme vecchie e quelle nuove si spensero, lasciando freddo e desolato quel luogo fino a poche ore prima rigoglioso. Nel mentre, Iris ancora non si arrendeva: teneva stretta la presa su Dragonite, infischiandosene del fatto che i suoi capelli e i suoi vestiti stessero diventando fradici.

«Dammi retta, ti prego!» urlò, un'ennesima volta. «Permettimi di aiutarti!»

Dragonite si accasciò, tenendosi ancora a un albero, ed emise un altro lamento sofferente. Iris non riusciva proprio a capire che cosa avesse, finché non lo costrinse a girare proprio la zampa a cui era aggrappata: notò un grossissimo pezzo di legno conficcato sul palmo, in profondità. Doveva fare un male lancinante e allucinante, così tanto che si era rifugiato nel primo posto che aveva trovato per sfogare lì tutta la sua sofferenza. Era stato un errore madornale lasciarlo ventiquattr'ore su ventiquattro in libertà.

«Fermati, lascia che ti aiuti» disse, con più dolcezza, mentre il drago si contorceva e faceva un altro verso, che più che un verso assomigliava a un ululato di disperazione. Iris si mise a tirare con tutte le forze che aveva, e il lamento si fece più intenso, mentre lui sbatteva la testa contro a un albero per intontirsi e affievolire quell'insopportabile dolore. «Resisti… Ancora un piccolo sforzo…» borbottò, tra i denti, mentre tutti gli altri tenevano il fiato sospeso assistendo alla scena. «Ce l'ho fatta!» al grido felice di Iris, seguì un sospiro liberatorio di Dragonite. Ora la sua zampa sanguinava copiosamente, ma l'Allenatrice stringeva in alto, come una lancia, il legno che fino a poco prima la opprimeva.

Non fu il solo a tirare un sospiro di sollievo: le acque si erano definitivamente calmate, ma proprio tra tutti. C'era pace nell'aria, come alla fine di una guerra. Persone che prima non potevano sopportare la vista l'una dell'altra, adesso sentivano dentro di loro un senso di serenità. Tutto l'odio e l'antipatia erano svaniti, e il merito era dei Pokémon.

 

Tornarono alla villa, dove Gary – che sembrava aver ritrovato un'aria più mite e seria – disinfettò e fasciò con delle bende l'arto del Pokémon Drago. Vera aveva dovuto distogliere lo sguardo e contare sottovoce fino a dieci per reprimere l'ansia che le dava vedere una ferita così tremenda e sanguinosa. Serena guardava senza fiatare, ma i suoi occhi lasciavano intendere che anche a lei una vista del genere turbasse un po'. Lucinda si concentrava completamente sul bel viso di Gary, per distrarsi, mentre Misty era abbastanza matura da apparir neutra e Ash si sentiva quasi in colpa per non aver evitato che succedesse una cosa simile. Anzi, si sentiva in colpa per tutto. Un senso di colpa sempre più angoscioso che nella sua testa, col passare dei minuti, s'ingigantiva.

«Ti chiedo scusa» disse Iris, che aveva poggiato le mani sulla zampa sana del Pokémon fin dall'inizio della medicazione, per infondergli un po' di conforto. «Ti abbiamo rovinato l'isola…»

Il ricercatore scosse il capo. «Tranquilla. Dragonite sta bene, ed è questo l'importante.»

«A proposito di scuse…» Ash avanzò di un passo. Non voleva perdere tutte le sue più care amicizie in un colpo, avrebbe fatto qualunque cosa pur di farle tornare come prima. «Ecco, io…»

Non ebbe il tempo di pronunciare nemmeno una delle parole abbuiate e sconnesse che gli frullavano in testa. Tutte le ragazze, a cui era bastato scambiarsi una semplice occhiata di gruppo per intendersi – sesto senso femminile, forse? – sorridevano.

Lucinda fu la prima a farsi avanti. Quando gli si parò davanti, Ash fu tentato di tirarsi indietro e serrò gli occhi, preparandosi a ricevere dell'altra violenza gratuita. Lei, invece, improvvisò un inchino, poggiando le mani sulle ginocchia. «Scusami

Il moro alzò il capo, confuso, perché l'ennesimo ceffone punitivo che si aspettava non era arrivato. Aveva davvero sentito ciò che aveva sentito, o il suo pessimo udito misto alla sua fervida immaginazione avevano deciso di giocargli insieme uno sporco tiro mancino, illudendolo?

«Ho sbagliato ad aggredirti in quel modo» ammise la blu, lasciandolo completamente di stucco. No, non aveva capito male. Lei gli aveva davvero chiesto perdono. «E scusa anche a te!» aggiunse poi, rivolgendosi a Gary, che s'era messo contro al muro a braccia conserte.

«Tranquilla, piccola, tutto okay» le rispose, facendola vistosamente arrossire.

Si appoggiò alla parete, accanto a lui, con le braccia dietro la schiena. Era così felice che le era impossibile reprimere il sorrisetto un po' da sciocca che, per via di quel soprannome, le era spuntato sulle labbra.

Ash, ancora più confuso di prima – e senza ancora metabolizzato per bene le parole di Lucinda – si trovò davanti Iris. «Mi spiace per… Per il sasso, ecco!» dichiarò, girandosi poi di spalle, di scatto, con le guance gonfie d'orgoglio. «Ma per me resti sempre un bambino!» concluse, con un risolino spigliato, prima di voltarsi.

Lasciò il posto a Vera che, tra tutte, aveva forse il sorriso più impacciato, ma al contempo anche il più sincero. «Mi dispiace di averti colpito, non te lo meritavi… Sono stata io la sciocca.»

L'Allenatore era sempre più meravigliato e così imbambolato da non riuscire a dire niente a nessuna di loro. Stava sognando o era tutto reale?

«Scusa se stavo per darti uno schiaffo…» fece Serena, per poi unire le mani. «Mi perdoni?» chiese, con un'espressione davvero dolce, a cui sarebbe stato impossibile dire di no.

Ash, come in trance, si limitò ad assentire. Ancora non riusciva a credere che tutto si stesse concludendo così, per il meglio…

Venne il turno di Misty. Lei aveva un'aria diversa delle altre, come se stesse per liberarsi di un peso che, per lungo tempo, le aveva oppresso il cuore. «Scusa se alla fine, invece di aiutarti, mi sono comportata come una stupida! Ti comprerò una torta, okay?» promise, facendogli l'occhiolino.

Il giovane annuì un'ultima volta, commosso. Non aveva davvero parole. Le sue compagne di viaggio, per quanto diverse, erano tutte fantastiche. Dalla prima all'ultima.

 

 

Entro poco avrebbero dovuto partire, lasciando quell'isola e facendola diventare solo un ricordo della loro estate. Erano tutti a parlare vicino alla spiaggia, con i bagagli già pronti e ammassati in disordine fuori dalla veranda. Solo due persone mancavano all'appello.

«Io ho già scelto te, ma teniamolo segreto ancora per un po'…»

Le labbra della sagoma appoggiata al muro del retro della villa s'incurvarono in un sorriso. Labbra che vennero presto a contatto con quelle di Ash, che le trascinò in un lungo bacio.

 


 


 

Angolo di pace
So cosa state pensando e sì, avete ragione. Sono una cattiva persona ma , ognuno può immaginare chi preferisce nel finale. Può anche essere Gary, Pikachu, uno dei Krabby della spiaggia… Chi lo sa? Di certo non io~
Ora vi starete chiedendo… A cosa è servita questa storia? MA PER IL MIO PERSONALE DIVERTIMENTO, AHAHAHAH.
Chiedo perdono se la parte iniziale – oltre ad essere un po' incoerente – non è il massimo come stile di scrittura, ma non sono riuscita a migliorarla più di così.
Un grazie in particolare va a
chrono storm01, grandissimo detective nonché fedele recensore, e alla dolcissima _Lullaby99_: oltre ad inventare dei soprannomi perfetti per tutti i personaggi e recensire sempre, mi ha rassicurata più volte sull'IC di Serena XD. Inoltre, ringrazio Eurydike per gli aiuti che mi ha dato per Misty e per la storia in generale, mentre Giandra per i suggerimenti sul carattere di Iris. Per Vera e Lucinda invece dovrei ringraziarmi da sola (??)
Ovviamente ringrazio anche chi ha anche solo letto, seguendomi nell'ombra, nonostante questa fosse una ff leggera fatta per ridere e fangirlare un po'. Grazie a tutti! 

-H.H.-
 

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