Ai vampiri piace rosso

di Ignis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'intrusa in casa De Vile ***
Capitolo 2: *** Il mistero di Bianca Petresi ***
Capitolo 3: *** I vari punti di vista ***
Capitolo 4: *** La punizione ***
Capitolo 5: *** La scuola dei mostri ***
Capitolo 6: *** L'uscita ***
Capitolo 7: *** L'imboscata ***



Capitolo 1
*** L'intrusa in casa De Vile ***


01. L'intrusa in casa De Vile

Eli, quella sera di novembre in cui tutto cambiò, ebbe un brusco risveglio. Katrina sollevò il coperchio della sua bara e cominciò a riempire suo fratello minore di pizzicotti, come si era abituata a fare da quando erano piccoli per mettergli fretta.
«Sveglia, impiastro! Vatti a preparare!» ordinò in tono autoritario.
Come previsto, il ragazzo non la prese bene. La sua bocca si distese in una smorfia contrariata mentre socchiudeva gli occhi gialli e li puntava con sguardo assassino in quelli azzurri della sorella maggiore. Dall’interno della bara, buia com’era, le sue iridi sembravano brillare ancora di più del normale, come due piccole lampadine.
Uno dei consigli più preziosi da seguire quando si ha a che fare con i vampiri è proprio questo: evitare di svegliarli. Per tutti loro il sonno è una delle due uniche fonti di energia che hanno e quindi deve proseguire indisturbato, preferibilmente all’interno di una bara comoda e ben chiusa. Disturbare il sonno di un vampiro equivale a un altissimo rischio di essere assaliti e morsi, dal momento che per loro l’unica alternativa al sonno è l’assunzione di sangue. Se siete umani, quindi, assicuratevi di girare al largo dai vampiri che dormono.
Per il povero Eli non fu questo il caso, dato che Katrina era un vampiro proprio come lui. Vedere il viso della maggiore appena sveglio non fu un così gran piacere. Gli dava fastidio quel trucco scuro che le cerchiava gli occhi di nero (facendoli sembrare ancora più grandi) e le evidenziava di viola le labbra; anche i piercing all’altezza delle fossette, sul labbro inferiore e alla narice sinistra secondo lui non erano un bel vedere. Notò che quella sera la vampira aveva deciso di impastarsi le ciglia in modo strano: adesso al posto delle raffinate ciglia nere e ricurve che aveva ereditato dalla mamma c’era una specie di fila di spuntoni neri modellati dal mascara. Anche tra i suoi capelli lisci e neri, identici a quelli di Eli, brillava qualche accessorio metallico in più.
Con fare pigro, Eli allungò un braccio verso il bordo del coperchio con l’intenzione di richiudersi dentro. «Falla finita, è ancora presto!» biascicò, il labbro superiore leggermente arricciato per il fastidio.
«Mamma e papà ci vogliono in salotto». Katrina gli schiaffeggiò la mano che aveva sollevato. «Io devo andare a lavorare, perciò vedi di darti una mossa». Detto questo, la ragazza diede le spalle a suo fratello minore ed uscì dalla sua stanza con ampie falcate, lasciando la porta aperta.
Eli si mise seduto nella bara e si passò lentamente le mani sul viso. Probabilmente mancavano ancora una quarantina di minuti all’ora di alzarsi, ma bastavano quei minuti in meno per farlo sentire esausto. Si passò la lingua sulle labbra sottili, battendo più volte le palpebre per fare mente locale e cominciare a lavarsi e vestirsi.
Triste ma vero, ormai era abituato a quei comportamenti da parte di Katrina. Non era facile essere un vampiro ed essere uno dei due unici maschi in una famiglia di sette persone: spesso e volentieri sentiva che la presenza femminile di sua madre, di sua nonna e delle sue tre sorelle riusciva a insinuarsi fin dentro camera sua, passando da sotto la porta, finché non restava più neanche un angolino dove lui potesse starsene in santa pace.
Quando ebbe finito di prepararsi, Eli si diede un’occhiata rapida per vedere come gli stavano i jeans. Sarebbe stato comodo poter fare come quelli delle altre specie, che avevano l’abilità prodigiosa di potersi vedere riflessi negli specchi, ma lui doveva arrangiarsi come poteva; non poteva nemmeno sistemarsi i capelli lunghi e neri come preferiva. Una volta constatato che la combinazione pantaloni-camicia-scarpe era a posto, uscì dalla propria stanza.

Così come tutte le altre cose in quella casa, il salotto era un ambiente enorme. Su tutte le pareti erano appesi tantissimi quadri di diverso tipo, in un angolo c’era un busto di marmo a grandezza naturale e una delle pareti recava due finestre enormi che davano sul giardino. Per terra c’erano stesi morbidissimi tappeti di fattura nordafricana carichi di arabeschi. C’erano, infine, due diversi circoli di divani e poltrone: uno sul lato sinistro, dove c’era la televisione; l’altro accanto al camino.
Dopo aver fatto colazione, fu lì che Eli si diresse. La sua famiglia si era accomodata vicino al camino, segno che dovevano parlare di qualcosa di importante. Angela e Katrina sembravano piuttosto impazienti, Heidi invece era persa nel suo mondo come al solito. I coniugi De Vile puntarono da subito gli sguardi penetranti sul loro unico figlio maschio.
Eli si sedette sul divano accanto alla sorella maggiore Angela, all'estremità. Sollevò lo sguardo verso i genitori e fu solo a quel punto che notò qualcosa di strano.
«Dov'è la nonna?» chiese.
«Già, dov'è?» si aggiunse Katrina, fulminando con lo sguardo i genitori. «Sentite, io devo andare a lavorare. Non posso restare tutta la sera appresso a voi...»
«Calma! Sybil ci raggiungerà tra poco» disse in fretta Sonja De Vile. «Sta portando qui un'ospite».
La notizia spinse i quattro giovani vampiri a guardarsi. Eli constatò che né Angela né Katrina dovevano aver invitato nessuno, a giudicare dalle loro espressioni; con Heidi il problema non si poneva affatto, dato che non era solita invitare amici a casa.
«Che ospite?» chiese Angela, confusa. «Non ci avete detto niente nei giorni scorsi... perché così all'improvviso?»
«Non è un'ospite qualsiasi» disse il signor De Vile. «E' una ragazza che d'ora in poi vivrà in questa casa insieme a noi. Voglio che la accogliate non appena sarà arrivata e che la trattiate come una di famiglia».
Eli restò sbalordito. «Che cosa?! E perché dovremmo ospitarla proprio noi? Come se non ci fossero abbastanza femmine qui dentro, poi!» protestò infastidito.
«Infatti, che rottura! Solo perché abbiamo tanto spazio non significa che siamo tenuti a prendere in casa gente a caso!» protestò Katrina. «E' qualcuno che conosciamo, almeno? Che cos'è, una vampira?»
A dispetto delle proteste, però, Eli sapeva bene che Abel Orlando De Vile era un vampiro troppo riservato e conservatore per poter accogliere in casa una persona qualsiasi: se aveva deciso di farlo doveva esserci una spiegazione più che valida.
Il vampiro ignorò le loro proteste. «Mia madre anni fa ha conosciuto un certo Armando Petresi. Sono diventati buoni amici e hanno cominciato a farsi spesso favori a vicenda, in caso di necessità».
«E tutto questo che c'entra con l'ospite?» incalzò Eli, insofferente.
«Eli! Non rivolgerti così a tuo padre!» lo ammonì la signora De Vile severa. «Non ha ancora finito. Vai avanti, Abel».
Lui rivolse un mezzo sorriso alla moglie prima di continuare. «La nostra ospite è Bianca Petresi, la nipote di Armando. Due giorni fa i suoi genitori sono morti in un incidente nella loro stessa casa, mentre lei era a una festa con dei suoi compagni di scuola. Non ha parenti in vita che possano occuparsi di lei».
Per qualche secondo ci fu un silenzio attonito.
«Che sfiga» commentò Katrina, appoggiandosi allo schienale del divano.
«No, un momento, un momento! Non è possibile che non abbia parenti. Non c'è suo nonno? Un qualche zio che possa prendersene cura?» chiese Angela, sporgendosi verso i genitori. «Se è una fattucchiera avrà sicuramente qualcuno!»
«E' un'umana» la corresse la madre.
Angela si coprì la bocca a due mani, sbalordita. La notizia sortì lo stesso effetto su Eli, che tuttavia non rimase in silenzio come la sorella maggiore.
«Un'umana?! Volete dire che da oggi in poi un'umana verrà a stare in una casa piena di vampiri?!» esclamò esasperato. «A questo punto perché non consumarle tutto il sangue per pranzo, allora?»
Heidi ridacchiò deliziata per quella proposta. «Che bello! Mamma, possiamo?»
«Non se ne parla nemmeno!» esclamò subito Sonja. «Bianca non va sfiorata, chiaro?»
Eli si alzò in piedi, sporgendosi oltre il tavolino con fare minaccioso. «Se non vuoi che la sfioriamo, non farla venire qui! Non ha senso che un'umana si metta a vivere in casa nostra!»
«Eli ha ragione! Gli umani hanno esigenze troppo diverse da noi vampiri e sono complicati da mantenere!» concordò Angela.
«Io non ho tutto questo tempo per le mani da passare a prendermi cura di una ragazzetta!» si aggiunse Katrina.
La discussione si stava facendo davvero animata. Eli non era esattamente d'accordo con le sue sorelle: la presenza di un'umana secondo lui non era davvero un impegno o una seccatura. Più semplicemente, trovava assurda l'idea di accogliere in casa una perfetta sconosciuta, e tutto per dei "favori" che Sybil De Vile aveva promesso di fare a un Armando a caso. In famiglia sapevano tutti troppo bene che Sybil, spesso, si lasciava conquistare più facilmente da un nome proprio che suonava bene che da una bella persona. Eli era davvero contrario a condividere i propri spazi solo perché la nonna aveva preso l'ennesima decisione impulsiva.
Per di più quella Bianca era un'umana. Nel caso a uno di loro fosse venuta sete, era probabile che facesse una brutta fine. Disturbarsi tanto a darle un posto dove stare sarebbe stato inutile, se fosse andata a finire in quel modo. Secondo lui, insomma, Bianca era un'intrusa - anzi, un parassita di cui sbarazzarsi.
«Adesso basta!» sbraitò il signor De Vile in tono imperioso.
Tutti quanti si zittirono. Eli si mise a braccia conserte e tornò a sedersi, contrariato. Quando Abel Orlando De Vile faceva così, nessuno era mai capace di contestarlo: la sua parola diventava legge.
«Bianca verrà a vivere qui. Voglio che con lei siate gentili e disponibili. Ha perso la sua famiglia da pochissimo tempo e la solitudine non le farà bene, quindi cercate di fare amicizia con lei. Sa già qualcosa sui vampiri e sulle creature notturne, ma non conosce ogni cosa, perciò se vi fa delle domande siate pazienti e rispondete chiaramente».
Eli abbassò lo sguardo sul tavolino. «Io non ho intenzione di avere niente a che fare con lei. L'avete voluta voi qui, perciò pensateci voi».
«No, Eli, tu e Heidi avrete a che fare con lei più di tutti gli altri, perché frequenterà la Scuola Notturna insieme a voi».
Gli occhi gialli di Eli si fecero quasi incandescenti a quella notizia, tanto il ragazzo era arrabbiato. «Ma perché?! Papà!» protestò. «Io non voglio farlo, non puoi costringermi!»
«Così ho deciso, Eli! Smetti subito di fare il bambino viziato. Vedi anche di non comportarti in maniera così imbarazzante davanti alla nostra ospite».
Punto sul vivo, il vampiro dovette capitolare una seconda volta. Sentiva la lingua ancora piacevolmente umida per la colazione appena consumata, ma aveva una gran voglia di mordere qualcosa per sfogarsi. Dovette accontentarsi di stringere i pugni più forte che poté, perché gli occhi ambrati di suo padre lo stavano trafiggendo come brucianti raggi solari.
«Bene». L'uomo sospirò. «Questa è la decisione che ha preso vostra nonna. Rispettatela come ho deciso di fare anche io. Bianca sarà minorenne ancora per poco tempo, ma abbiamo comunque deciso di darle il sostegno necessario perché finisca i suoi studi e si renda autonoma».
Suonava come un capriccio - uno di proporzioni molto grandi, ma sempre un capriccio. Sicuramente a convincere la nonna era stato il nome della ragazza, Bianca: Sybil De Vile aveva un debole per le persone con i nomi di colori, perché pensava che conferissero a chi li portava un'aria molto raffinata. Eli quasi riusciva a immaginarsi la scena: l'umana che trovava i suoi genitori morti, la polizia e l'ambulanza, i servizi sociali... e tra loro Sybil, un'affascinante donna dall'aspetto molto giovanile che la ipnotizzava con i propri occhi viola e le prometteva di prendersi cura di lei. Un po' come raccogliere un cucciolo abbandonato al lato della strada.
«Arriveranno tra poco?» domandò Katrina. Anche lei sembrava improvvisamente priva di spirito combattivo.
«Tra pochissimo. Preparatevi vicino all'ingresso: andiamo ad accoglierle» disse la signora De Vile.
Ubbidendo alla madre, i quattro rampolli di casa si alzarono dal divano e si diressero verso l'uscita del salotto, diretti all'ingresso di casa. Angela aveva cominciato a torcersi distrattamente le dita, segno che era piuttosto nervosa, mentre Heidi aveva raggiunto la madre per prenderla per mano.
Eli teneva lo sguardo basso, lasciando che i folti capelli neri gli coprissero la maggior parte del viso, oltre agli occhi gialli che ancora portavano una luce irritata. Quella sarebbe stata una nottata orrenda, se lo sentiva.

Si posero ai due lati dell'ingresso, alla fine: i coniugi De Vile a sinistra con Heidi, i tre figli maggiori a destra. Eli era il più vicino alla porta e provò l'impulso di uscire subito da lì e andarsene a scuola. Non aveva voglia di incontrare quella tipa: ora che sapeva che avrebbe dovuto sopportare la sua presenza anche a scuola, non aveva proprio bisogno di passare altro tempo in sua compagnia.
Da una parte era triste che lei avesse perso la sua famiglia... ma secondo Eli questo non le dava alcun diritto di piombare nelle famiglie altrui a rompere le scatole - specialmente a lui.
«Che barba...» borbottava sua sorella Katrina accanto a lui. Sfiorava ripetutamente il piercing del labbro inferiore con gli incisivi e intanto sbirciava l'orologio del suo cellulare. Probabilmente stava facendo tardi per il suo lavoro.
Angela, dal canto suo, era molto più tranquilla del previsto. Giocherellava con i suoi riccioli castani come al solito, facendo vagare gli occhi ambra sul proprio abbigliamento o sulle proprie unghie. Era come se per lei quello non valesse più né meno di un qualsiasi appuntamento serale.
«Mi raccomando, non siate bruschi con lei. Presentatevi educatamente e non mostrate le zanne» si raccomandò la signora De Vile.
«A questo punto perché non piazziamo delle transenne? Tanto per sicurezza» suggerì Katrina in tono ironico. Eli e Angela ridacchiarono.
«Molto spiritosa, Katrina. Dico sul serio, ragazze... e anche tu, Eli: nessuno ama stare in compagnia del suo predatore naturale, ma dobbiamo essere in grado di convivere pacificamente» sentenziò il signor De Vile. «Eccole».
Proprio in quel momento la serratura del portone d'ingresso scattò, rivelando il porticato fuori e... due figure.
La prima, inconfondibile, era quella di nonna Sybil. I suoi capelli biondi acconciati in eleganti boccoli erano impeccabili come al solito e per quella sera aveva deciso di sorprenderli tutti con un abbigliamento sobrio - pantaloni e camicia - invece di uno dei suoi abiti eleganti. I suoi occhi viola erano di un generale appena tornato da una battaglia vittoriosa: tradivano la stanchezza di chi ha visto o sentito qualcosa che non avrebbe voluto, ma era comunque di buonumore.
«Buonasera, giovincelli» esordì con il suo solito tono forte e prepotente. «Vi presento la nuova fanciulla di casa!»
Si sporsero tutti verso la porta, impazienti di vedere la ragazza. Quest'ultima si fece avanti da dietro la donna solo dopo un lungo attimo di esitazione.
La famigerata Bianca Petresi, constatò Eli, non era niente di eccezionale. Era più alta rispetto alla media – forse un paio di centimetri meno di lui, misurò a occhio – con una corporatura decisamente poco armoniosa nei suoi accumuli di grasso in eccesso posti nei punti sbagliati. Se non era sovrappeso, ci andava vicino. I suoi capelli erano una massa castana che le si era annodata in cima al capo come un nido di tortore e i tratti del suo viso erano a dir poco anonimi: occhi marrone scuro, naso a patata con qualche accenno di acne, labbra troppo sottili. Se ne stava impalata lì, con le spalle curve in avanti e lo sguardo da cane bastonato che puntava verso terra.
In linea generale, ad Eli parve bruttina. Il suo giudizio poteva essere sbagliato, ovviamente: passare diciassette anni di vita in compagnia di una madre, una nonna e due sorelle maggiori dalla bellezza mozzafiato alzava gli standard di chiunque... ma fu la prima opinione sincera che ad Eli venne in mente.
Bianca parve da subito parecchio intimorita dall'ambiente. Erano nella penombra e si trovava in una casa sconosciuta circondata da vampiri, il tutto poco dopo la dipartita accidentale dei suoi genitori: non le si poteva dare torto.
Sybil appoggiò le mani sulle sue braccia – era troppo bassa per raggiungerle le spalle – in un gesto che voleva essere di conforto, ma che fece sobbalzare l'umana per lo spavento. «Non avere paura, cara. Questa è la tua nuova casa: qui non ti accadrà niente di male». Fece cenno verso i signori De Vile. «Lui è mio figlio Alec, mentre lei è la mia adorata nuora, Sonja».
Alec fece due passi avanti e porse la mano a Bianca per stringere la sua. «È un piacere fare la tua conoscenza».
Bianca trovò da qualche parte il coraggio di sollevare lo sguardo, ma non appena intercettò il viso del signor De Vile tornò a guardare accuratamente a terra e si limitò a porgergli la mano. «Piacere» disse con un filo di voce. La sua voce era roca, leggermente più alta di quello che Eli si aspettava.
Furono un po' tutti incoraggiati dall'esempio di Alec; Sonja si fece a sua volta avanti per presentarsi e stringerle la mano.
«Andiamo anche noi, o qui non la finiranno più» borbottò Katrina rivolta al fratello, per poi seguire a ruota Angela mentre si avvicinava alla nuova arrivata e le stringeva la mano.
Eli, suo malgrado, dovette capitolare. Vedendo che si stava avvicinando, la madre sorrise soddisfatta: «Ed ecco qui il nostro ometto!»
Il ragazzo la fulminò con lo sguardo, senza ottenere altro che un sorriso più largo. Poi, con un sospiro, fece per stringere la mano a Bianca.
«Benvenuta, io sono Eli» disse in tono funereo.
Forse la ragazza aveva rotto il ghiaccio o forse si sentiva meno in soggezione con qualcuno della sua età: appena lo guardò in faccia non gli staccò più gli occhi di dosso.
«P-piacere» mormorò.
Fin troppo strano per i gusti del ragazzo, che le lasciò la mano e si rivolse direttamente alla madre. «Io e Heidi stiamo facendo tardi per la scuola. Possiamo andare adesso?»
«Eli!» lo richiamò Sybil, offesa per quella maleducazione.
«Speravo che potessi mostrare tu la casa a Bianca...» mormorò Sonja incerta. Vedendo la faccia del figlio a quelle parole, però, si affrettò ad aggiungere: «...ma hai ragione tu. Andate pure, ragazzi».
Soddisfatto, Eli si diresse alla svelta al piano superiore per recuperare la propria borsa e lo zainetto della sorellina. Quando tornò nell'ingresso erano già spariti tutti: c'era solo Heidi ad aspettarlo.
Dopo averle dato lo zaino e aver chiuso il portone di casa alle loro spalle, Eli sorrise alla bambina e le carezzò piano i capelli.
«Allora, Heidi? Cosa ne pensi di Bianca?»
Heidi ci dovette pensare, gli occhioni verdi fissi sulle proprie scarpe. «Ha un odore tanto dolce, ma se mamma e papà non vogliono che la mordiamo non serve a niente».
Eli sorrise divertito. Quello che gli piaceva di più di Heidi era esattamente quello: pur essendo piena di fantasticherie, tendeva a concentrarsi sul lato pratico delle cose. Per certi versi era molto più simile a un vampiro di quanto non lo fossero tutti gli altri membri della famiglia. «Non intendevo in quel senso, ma come persona. Come ti è sembrata?»
«Tanto triste».
Che Heidi si riferisse all'umore di Bianca o al come le era sembrata come persona restò un totale mistero. Eli decise di lasciar perdere.

Le creature sovrannaturali esistevano da sempre nel mondo ed erano delle specie più disparate. A Montenebbia in particolare se ne contavano alcune: ad esempio c'erano una popolazione ben folta di fattucchieri e una certa diffusione di lupi mannari; queste erano le due specie più comuni che abitavano nei pressi del piccolo borgo in cima alla collina. Andando per numero sempre più esiguo si contavano poi un piccolo gruppo di folletti, degli spettri, una cerchia ristretta di gargoyle, due famiglie di vampiri e due maghi. Se da una parte l'integrazione con la civiltà umana era fortemente incoraggiata, dall'altra c'erano sempre quelle persone che non potevano o non volevano mescolarsi ad essa; per questo motivo era stata creata la Scuola Notturna.
La Scuola Notturna, per l'appunto, consisteva in corsi privati della scuola primaria e secondaria che si svolgevano nel cuore della notte – dal lunedì al sabato, dalle otto di sera fino all'una. Era stata creata innanzitutto per quelle creature che non avevano la possibilità di studiare nelle scuole umane, come i vampiri, i lupi mannari e i gargoyle, ma col passare del tempo l'accesso era stato concesso anche agli altri sovrannaturali per una maggiore uguaglianza tra le specie.
Eli però non aveva mai visto un'umana alla Scuola Notturna, né credeva fosse possibile ammetterne una. Non solo sarebbe stato costretto a condividere con lei gli spazi di casa, ma avrebbe anche dovuto vederla durante le lezioni... e chissà cos'altro ancora.
«Ciao!» salutò una voce. Eli alzò lo sguardo.
Si stava avvicinando a loro quello che aveva tutto l'aspetto di un grosso lupo grigio. Il suo passo era furtivo ed Eli non lo biasimava mai per questo: non era facile passare assolutamente inosservati quando si aveva un aspetto del genere.
«Buonasera Luca!» lo salutò Heidi in tono allegro.
«Buonasera a te» rispose lui in tono tranquillo, ponendosi al lato libero di Eli. «Cos'è quella faccia? È successo qualcosa a casa vostra?»
«È stato assurdo: mia nonna ha deciso di adottare una perfetta estranea!» si lamentò il giovane vampiro. «Nessuno della mia famiglia l'aveva mai vista prima. Le sono morti i genitori e mia nonna ha pensato bene di portarla da noi».
Luca inclinò l'orecchio sinistro all'indietro. Il muso dei lupi non era granché espressivo, perciò quello era il massimo che riusciva a ottenere per mostrarsi confuso. «In che senso? Vuoi dire che a lei è morta la famiglia... e per questo adesso vive con voi? Così, di punto in bianco?»
«Esatto».
Ci fu un silenzio attonito da parte di Luca. Probabilmente non sapeva cosa dire. «Assurdo» borbottò infine. «Si sa quando arriverà questa tipa?»
Eli si passò i denti sul labbro inferiore. «È già arrivata, purtroppo».
«Come sarebbe, è già arrivata? Non è normale che una persona perda la famiglia e si trasferisca da degli sconosciuti nel giro di una giornata!»
Il lupo mannaro parve assolutamente smarrito, esattamente come doveva essere sembrato Eli prima di uscire. Era successo tutto così in fretta che non sapeva neanche come metabolizzare la cosa. Lui dopotutto era un semplice diciassettenne; amava che le cose restassero al loro posto il più possibile, dal momento che aveva già le proprie grane adolescenziali a cui pensare. Invece no, non solo la nonna decideva di metterci di mezzo un'estranea: aveva anche tutta l'intenzione di scaricargli addosso il dovere di starle dietro. Nessuno gli aveva ancora detto niente del genere, ma se lo sentiva.
Davanti alla mancanza di una risposta di Eli, Luca si spinse delicatamente contro di lui mentre camminavano, in una spintarella gentile.
«Ehi, Eli. Stai tranquillo. Supereremo anche questa rottura, no? Un'umana non può certo rovinare la vita di un vampiro».
Il ragazzo gli sorrise, sperando vivamente che avesse ragione.






Ebbene, eccomi qui.
Lo so cosa state pensando: non dovrei provare a pubblicare ancora delle storie a capitoli se non sono mai stata capace di terminarne una... eppure stavolta mi sento un tantino più sicura del solito. Potrei anche riuscire a concluderla - almeno spero.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Al momento ci sono molti punti interrogativi per la storia e l'inizio è piuttosto confuso, ma spero di essere riuscita a intrattenervi comunque. >///<
Al prossimo capitolo.
Ignis

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Capitolo 2
*** Il mistero di Bianca Petresi ***


02. Il mistero di Bianca Petresi

L'edificio della Scuola Notturna era una villetta multifamiliare di dimensioni non troppo grandi; i De Vile potevano vantarsi di avere una casa più grande. Data l'affluenza scarsa di studenti alle lezioni nel cuore della notte, dopotutto, non avrebbe avuto senso prendersi un vero e proprio edificio scolastico... perciò le lezioni si tenevano tutte in quella costruzione bianca che contava solo di un piano terra, una specie di mansarda e un interrato. Il cortile era un fazzoletto di terra spolverato di verde del tutto privo di alberi. Insomma, un luogo dall'aria triste e malinconica tanto quanto le persone che ci lavoravano. Le poche classi che c'erano si distinguevano per anno e contavano ciascuna poco più di una decina di studenti, che per gli standard della zona erano comunque un bel gruppo.
Non appena Eli mise piede in classe, però, capì che quella sarebbe stata una delle giornate più movimentate che la Scuola Notturna avesse mai visto. I primi ad assalirlo furono i fattucchieri.
«Eli! È vero che a casa tua c'è un'umana?» gli chiese Giada Speciale, portandosi vicinissima a lui.
«Perché volete farla frequentare qui? Non ha già una scuola sua?» Miriam Conti, più bassina, gli si era letteralmente aggrappata ai lunghi capelli neri per richiamare la sua attenzione.
«Si può sapere chi è?» domandò Valentino Zannuti, squadrandolo minaccioso con l'aria di chi vuole fare a botte.
Dietro di loro cominciarono a farsi avanti altre quattro persone: i due gargoyle della classe, una fata e un folletto, anche loro evidentemente ansiosi di saperne di più.
Eli odiava circondarsi di persone, odiava essere pressato e soprattutto odiava che qualcuno gli toccasse i capelli senza permesso. I suoi occhi gialli s'accesero di una luce aggressiva mentre scopriva minacciosamente i denti. «Toglietevi di mezzo!»
I compagni si scansarono controvoglia e finalmente Eli poté andare al proprio banco – ovviamente senza degnarli di uno sguardo. Non avevano davvero fatto nulla di male per meritarsi quel trattamento, ma Eli non era in confidenza con quasi nessuno di loro e non vide ragioni per parlarci con tutta quella disinvoltura.
Luca entrò subito dopo di lui. «Potresti anche rispondergli, no? Anche io sono curioso di saperne di più».
«Quando ne saprò di più anche io potrò rispondere a tutte le domande che ti vengono in mente». Lo sguardo di Eli si affilò mentre si soffermava su un banco in particolare. «Adesso sono io che vorrei fare un paio di domande a un certo qualcuno che conosciamo».
Arrivarono a un banco occupato da una ragazza. Aveva lunghi capelli neri e lisci, esattamente come Eli; i suoi occhi altrettanto neri scrutarono il vampiro e il lupo mannaro per un lunghissimo istante. La sua espressione, dapprima assente, si fece appena divertita mentre curvava un angolo delle labbra carnose in un sorriso.
«Beccata, eh?»
«Ma come, sei stata tu a spargere la voce?» mormorò Luca deluso. «Non ti facevo così pettegola, Chiara».
Chiara era l'unica maga dell'intera scuola. I maghi si distinguevano nettamente dai fattucchieri per diversi motivi, come ad esempio il fatto che in media solo una persona su un milione (o forse appena di più) era un mago. Si trattava di persone dotate di poteri estremamente potenti, di percezioni molto diverse da quelle delle persone normali e, spesso e volentieri, di una personalità odiosa che rendeva quasi impossibile andarci d'accordo – motivo per cui la maggior parte dei maghi viveva in completo isolamento dal resto del mondo. Si poteva dire un caso più unico che raro, quello di Chiara: non solo non era un'eremita, ma andava persino a scuola e si era fatta degli amici. Eli spesso si chiedeva quanto l'essere amico di una ragazza come lei si potesse considerare un bene, specialmente in quel momento.
«Allora, come hai fatto a saperlo in anticipo? Hai guardato nella sfera di cristallo?»
Lei si finse offesa. «Non uso quella roba da fattucchieri, io! Era solo un piccolo esercizio di chiaroveggenza. Pensavo che sbirciare Sybil De Vile avrebbe potuto essere un buon esercizio, dato che trova sempre qualcosa di interessante da fare...»
«Hai spiato mia nonna?!» fece Eli incredulo. «Ma come ti...!»
«...e invece mi ritrovo a origliare il suo discorso solenne fatto a un'umana mai vista su come comportarsi in una famiglia di vampiri» completò Chiara imperturbabile.
«Quindi hai deciso di spiarla perché ti sembrava interessante?» Luca appoggiò il muso sul suo banco, guardandola fisso. La ragazza per tutta risposta gli pizzicò il tartufo per farlo spostare.
«Per favore, ragazzi, lo sapete tutti e due che non mi importa mai degli affari degli altri». Fece spallucce. «Però ho sentito la nonnina parlare della Scuola Notturna, così sono diventati fatti miei».
Il modo in cui Chiara si divertiva a rigirare i discorsi per sembrare nel giusto aveva un che di irritante: a prescindere dal suo essere coinvolta o meno, non poteva negare di aver deliberatamente ascoltato una conversazione privata. Il fatto che avesse facilmente spiato una vampira anziana ed esperta come Sybil De Vile, poi, non faceva che provare quanto quella maga di appena diciotto anni stesse diventando potente. Ancora un paio d'anni e avrebbe potuto avere il mondo nel palmo della mano – e non sarebbe stata nemmeno la prima persona a riuscire nell'impresa.
Eli si sedette al proprio posto accanto a Chiara. «Perciò hai pensato bene di dirlo a tutti».
«Gli umani alla Scuola Notturna non si vedono quasi mai. Forse le uniche creature rare che bazzicano in questo istituto siamo io e Luca; non negherai che anche tu saresti curioso di saperlo se qualcuno di particolare si iscrivesse ai corsi, Eli».
«Non me ne potrebbe importare di meno, in realtà» dichiarò il vampiro con fare superiore.
«Oh, mi scusi tanto, signor De Vile» commentò Chiara ironica, mentre Luca non riusciva a trattenere uno sbuffo divertito.
Il ragazzo fulminò entrambi con un'occhiataccia, poi tirò fuori il quaderno e i libri. Diede uno sguardo attorno a sé, notando che qualche compagno lo fissava ancora con curiosità; volevano saperne di più, ma allo stesso tempo sapevano che non era il caso di far irritare un vampiro più del necessario.
Il professore di matematica entrò per la sua lezione. Luca andò ad accomodarsi al proprio posto in fondo all'aula; Eli aggrottò la fronte e sussurrò a Chiara: «dov'è Isa?»
«Rituale di famiglia. Sai come sono fatti i fattucchieri» minimizzò l'amica con una scrollata di spalle.

La giornata proseguì liscia come l'olio, ma questo non aiutò Eli a sentirsi granché meglio. Non riusciva a smettere di pensare a quell'umana che, di lì in poi, si sarebbe imposta in casa loro; avrebbe dovuto essere abituato ai colpi di testa di nonna Sybil, ma quello era un gesto senza precedenti e aveva un brutto presentimento a riguardo. L'unica sua flebile speranza era che prima o poi la nonna si stancasse di lei e decidesse di buttarla fuori casa, ma se fosse stata una questione così semplice da mettere da parte, dubitava fortemente che suo padre avrebbe mai permesso a un'estranea di vivere sotto il loro stesso tetto.
Durante i dieci minuti di ricreazione, mentre stavano in cortile a godersi l'aria fresca, Luca dovette accorgersi dell'umore nero di Eli, perché gli chiese: «allora, com'è questa umana?»
«Normale» rispose Chiara al posto del vampiro con fare noncurante.
«Sì, concordo». Eli si passò la lingua sui denti mentre pensava a come continuare. «Insomma, non è bruttissima... ma di sicuro non è bella. È il tipo che passa inosservato».
«Va bene, ma ci hai parlato?» chiese ancora Luca.
«No, è arrivata giusto un minuto prima che uscissi di casa... so solo che si chiama Bianca».
«Bianca, eh?» fece il lupo mannaro, pensieroso. «Scommetto che tua nonna è pazza di lei».
«Ma perché t'interessa tanto?» domandò Eli spazientito. «In realtà preferirei parlare meno possibile di quella lì!»
«Ma se non la conosci nemmeno!» ribatté Luca, inclinando la testa da un lato. Eli distolse istintivamente lo sguardo mentre l'amico continuava a parlare: «intanto cerca di conoscerla e di andarci d'accordo, dato che vivrà a casa tua. Se poi sarà davvero così male, puoi sempre chiedermi di trasformarla. Non ci metto niente».
Eli affondò la mano nel suo pelo folto e ispido per dargli una spintarella giocosa. «Scemo».
Chiara ridacchiò. «Luca ha ragione. Se ti dà sui nervi, ci siamo sempre noi dalla tua parte, tu non te lo scordare. Ascolteremo ogni tuo singolo piagnisteo».
«Ma stai un po' zitta!» ribatté Eli in tono duro. Non poté comunque trattenere un sorriso.
Gli amici erano davvero un toccasana per l'umore. Avevano ragione loro: non era costretto a farsela piacere, ma solo a sopportare la sua presenza. Se poi fosse stato davvero insopportabile, aveva qualcuno da cui andare per recuperare le energie.
«Come mai è venuta da te, comunque? Hai detto che le sono morti i genitori... ma in che senso? Così, tutto a un tratto?» chiese Luca.
«I miei hanno parlato di un incidente in casa, ma non so i dettagli». Col senno di poi, Eli si chiese che senso avesse quella spiegazione: non gli veniva in mente nessun incidente mortale che potesse accadere in casa e che potesse far fuori due persone in un colpo solo.
«Incendio» spiegò Chiara al posto suo, sorprendendo entrambi i ragazzi. «C'è stata una fuga di gas o qualcosa del genere che ha mandato tutto in fumo».
Luca drizzò le orecchie. «Oh, allora so chi è! L'ho visto al telegiornale!» esclamò. «Se n'è parlato un sacco, di quella casa che è esplosa e ha fatto fuori una coppia, lasciando in vita solo la figlia».
«Eh?» fece Eli assente. «Di che parlate?»
Con un sospiro, Chiara gli batté una mano sulla spalla con finto fare compassionevole. «Eli, lasciati dire che è una vera tristezza non poter usare Internet... ma potresti almeno guardartelo, un telegiornale!»
«Davvero non ne hai mai sentito parlare?» Luca era incredulo. «C'è stata una bruttissima esplosione che ha mandato in fumo tutto quello che era in casa. Quando quella ragazza è tornata dalla festa, casa sua era crollata per metà e il resto era andato in fumo».
«Che sfiga» era quello che aveva detto Katrina quella stessa mattina. Eli non poteva essere più d'accordo.
«Non riesco a immaginare come ci si possa sentire. Mentre lei passava una serata in compagnia di amici, i suoi genitori stavano morendo in un incendio nella loro stessa casa». Luca appiattì le orecchie contro la nuca e appoggiò il muso sulle zampe anteriori. «Adesso si sentirà davvero triste».
Il vampiro storse la bocca. «Sì, mi dispiace per lei, ma questo vuol dire solo che mi fa pena. Rimane un'intrusa... e non capisco nemmeno perché i miei l'abbiano iscritta qui».
«Chiediglielo quando torni... oppure posso provare di nuovo con la chiaroveggenza» propose Chiara.
L'ennesima occhiataccia di Eli fu più esauriente di qualsiasi possibile risposta.

La notizia dell'umana che sarebbe andata a studiare alla Scuola Notturna in qualche modo si diffuse durante l'orario scolastico; come risultato, Eli e Heidi furono fermati da almeno venti persone diverse che speravano di ottenere informazioni in più. Heidi cercava di convincerli a circolare con le buone, mentre Eli mostrava le zanne con fare aggressivo a quasi tutti gli altri per colpa dei suoi nervi a fior di pelle. La presenza di un lupo mannaro come Luca in loro compagnia avrebbe dovuto aiutarli ad allontanare la maggior parte di loro, ma la verità era che tutti sapevano fin troppo bene quanto poco Luca fosse pericoloso, sia come lupo che in generale come persona.
Si salutarono a qualche isolato di distanza da casa De Vile, come al solito.
«Torni a casa così presto?» domandò Luca, un po' deluso. «Non ti va di fare un giro? Potremmo andare da Isa».
Eli sospirò. «Fosse per me resterei fuori per tutta la notte, ma i nostri genitori ci vogliono subito indietro».
Il lupo mannaro inclinò all'indietro un orecchio. «Capisco. Beh, a domani allora!»
Quando i due vampiri lo salutarono, Luca era già sparito, in corsa verso chissà dove.
Eli e Heidi continuarono con calma il loro tragitto verso casa. Dopo un po', la minore decise di spezzare il silenzio.
«Forse domani dovremo fare la strada per andare a scuola insieme a Bianca. Pensi che potrebbe dire a mamma e papà di Luca?»
«Se ci prova, le spezzo l'osso del collo con le mie mani» disse Eli con tono sicuro.
«Dai, sul serio!» protestò Heidi. «Lo sai che Luca piace solo a noi due».
«Sarà meglio che piaccia anche a lei, allora».
Ormai erano arrivati. Heidi varcò il cancello per prima e percorse il vialetto all'indietro per guardare il fratello maggiore in viso, i capelli color mogano in netto contrasto con la pelle bianca e gli occhi verde chiaro. «Va bene, ma se non le piace come facciamo?»
Eli stava cominciando a spazientirsi. Voleva bene a Heidi quanto ne voleva al resto della famiglia, ma in certi casi sapeva diventare davvero insistente con le domande. «In quel caso sarà libera di farsi la strada di ritorno per conto suo. Non ha senso discuterne, Heidi: non m'importa cos'ha detto papà, io non mi farò rovinare la vita da quella lì».
Si sfilò la chiave di tasca e aprì il portone d'ingresso, ma riuscì solo per metà: sentì il legno pesante sussultare sotto la mano per un ostacolo che doveva essere lì dietro. Confuso, Eli fece sporgere la testa da quello spazio stretto che aveva a disposizione.
Dietro la porta c'era nientemeno che Bianca Petresi, seduta per terra con le gambe appena piegate e un'espressione dolorante. Con ogni probabilità si era trovata dietro la porta proprio mentre Eli la apriva, finendo per cadere.
Nonostante questo, Eli non si scusò. Si limitò invece ad alzare un sopracciglio e a squadrarla da capo a piedi: Bianca non aveva nessun motivo per uscire di casa da sola in piena notte, al momento.
«Che ci fai qui?» chiese confuso.
Bianca, per tutta risposta, lo fulminò con lo sguardo. Si alzò in piedi in fretta e furia, si spolverò i pantaloni con gesti sbrigativi e sbottò: «Vorrei tanto saperlo anch'io, cosa ci faccio qui!»
Eli fu talmente sorpreso da rimanere senza parole; Heidi, che aveva i sensi più sviluppati della famiglia, si coprì le orecchie con le mani per il fastidio.
La ragazza non deliziò oltre i due vampiri con la sua presenza. Fece dietro-front e imboccò all'istante le scale, correndo al piano di sopra.
Immobile come una statua, con gli occhi gialli sgranati per la sorpresa e la bocca schiusa, Eli si prese un paio di secondi per riprendersi. Quando finalmente sia lui che la sorella minore furono entrati e si furono chiusi la porta alle spalle, si sentì il rumore violento di una porta sbattuta.
«Mi sa che ti ha sentito» mormorò Heidi.
Il ragazzo fece spallucce. «Tranquilla. Tu non lo sai perché eri solo una neonata, ma anche Angela faceva così una decina di anni fa: si offendeva per qualcosa che conosceva solo lei e si chiudeva in camera sbattendo la porta. Vedrai che tra qualche ora le passerà».
Non si era mai davvero interessato di psicologia femminile, né aveva intenzione di interessarsene. Chiara era una ragazza capace di badare perfettamente a se stessa e raramente aveva bisogno che qualcuno fosse empatico nei suoi confronti; Isabella, invece, era tanto cristallina e semplice da capire che non si poneva mai il problema. In quanto alle sue familiari, Eli riusciva a intendersi solo con Heidi e solo perché lei non aveva ancora raggiunto la pubertà.
«Dovresti andare a scusarti» disse Heidi a sorpresa.
«E perché dovrei? Ha fatto tutto da sola» replicò Eli tranquillo.
«Ti ha sentito parlare e si è offesa! È meglio se vai a dirle che ti dispiace».
Il maggiore la guardò con tanto d'occhi. «Senti chi parla! Guarda che ci sei di mezzo anche tu!»
«Io non ho detto niente, hai fatto tutto da solo!» ribatté subito la bambina sulla difensiva. «Papà e mamma ci hanno detto di essere buoni con lei e di farci amicizia... guarda che ti mettono in punizione!»
Come sempre, Heidi era la voce della ragione. Un lato di lei che Eli amava e odiava al tempo stesso: sapeva dare buoni consigli, ma non era sempre piacevole sentire la verità. Arricciò le labbra infastidito, mostrando di più i denti bianchi. «E va bene, vado. Dato che siamo pure dovuti rientrare prima, tanto vale risolvere il problema».
Quel giorno aveva l'impressione che l'universo gli andasse contro. Sarebbe stato fantastico poter almeno evitare di vedere quell'ospite indesiderata, ma non era possibile... e come se non fosse bastato, Bianca se l'era presa per un motivo che ancora non capiva. Non ricordava neanche più quali parole aveva usato prima di aprire la porta e cominciò seriamente a chiedersi se aveva detto qualcosa di davvero offensivo senza rendersene conto.
Percorse il corridoio con calma. Una volta tanto era illuminato completamente dalle luci poste sulle pareti, che riuscivano a rendere più accogliente agli occhi umani anche il pavimento in piastrelle scurissime. Mentre passava davanti alla propria stanza Eli si sfilò la borsa a tracolla e la lasciò cadere davanti alla porta, per poi fermarsi due porte più in là.
Sentiva un singhiozzare sommesso provenire da dietro la porta. Quella era la stanza della nonna, ma Bianca aveva deciso di rintanarsi proprio lì.
Senza aspettare oltre, Eli bussò alla porta. «Sei lì dentro?»
Da dietro la porta arrivò un ultimo singulto, poi piombò il silenzio. Eli accettò di aspettare una decina abbondante di secondi prima di provare ad aprire la porta... ma la sentì stranamente pesante contro la mano. Un attimo dopo se la ritrovò di nuovo chiusa davanti, spinta dall'interno.
«Non entrare, vattene!» La voce di Bianca gli arrivò più roca del solito e rotta dal pianto.
Eli s'impermalì. «Come sarebbe a dire?! Questa non è mica...» esitò.
«“Casa tua”? È questo quello che volevi dire, vero? Guarda che lo so benissimo!» sbottò la ragazza. Impossibile dire se fosse più triste o più arrabbiata, al momento. «Adesso però voglio restare da sola. Sai com'è, voglio evitare di rovinare la vita a qualcuno».
Oh, già, avevo detto così. Il vampiro maledisse mentalmente la propria bocca per aver detto una cosa del genere proprio sotto casa, dove abitava la diretta interessata. Come si poteva rimediare, adesso?
«Senti, Bianca, mi dispiace. Non volevo dire quelle cose» disse, appoggiando una mano sulla porta.
«A me è sembrato che volessi dirle, invece». Il tono della ragazza era sempre più acido. «E comunque io sono solo un'umana, no? Lasciami perdere e vattene a fare... beh, qualsiasi cosa facciano i vampiri a quest'ora!»
Eli non era certo che la propria dose giornaliera di sangue fosse sufficiente a sostenere un botta e risposta tanto snervante. Si passò l'altra mano sugli occhi: se il suo approccio normale non bastava e quello gentile veniva rifiutato in quel modo, non gli restava che tentare di trattare.
«Stammi a sentire, Bianca» ritentò.
«No» replicò lei secca.
«Per favore» disse Eli, calcando bene sulle parole. «Lasciami entrare e parliamone con calma».
«Ti ho detto di andare via».
Il tono di Bianca si era fatto molto più incerto. Il ragazzo, incoraggiato, continuò: «Apri almeno la porta. Mi dà fastidio non guardare in faccia qualcuno quando ci parlo». Aspettò una risposta per qualche secondo. «Avanti. Non so che cosa ti hanno detto sui vampiri, ma non ti salterò alla gola. Voglio solo parlare».
Passò un'abbondante manciata di secondi di assoluto silenzio, tanto che Eli fu sul punto di chiamarla ancora; alla fine però la porta si aprì.
Bianca aveva un aspetto orribile vista così da vicino: gli occhi scuri erano arrossati dal pianto e così il naso, il viso pareva più pallido del normale. Doveva essersi sistemata i capelli nel giro di quelle cinque ore che Eli era stato a scuola, perché le ricadevano lisci sulle spalle.
«Va bene, parliamo». Bianca era accigliata, segno che l'arrabbiatura non doveva esserle passata completamente. Si mise a braccia conserte.
Ad Eli non piacque quell'atteggiamento di superiorità così fuori luogo – dopotutto era lei l'intrusa – ma scelse di ignorare la cosa. «Va bene, non serve che io lo ribadisca, né che tu lo nasconda: a nessuno dei due piace l'idea che tu sia qui».
«Grazie, Capitan Ovvio» borbottò Bianca a mezza voce in tono sarcastico.
Eli non rispose a parole, ma la guardò male.
«Scusa, scusa» fece lei. «Hai ragione. Continua».
«I miei genitori vogliono che cerchiamo di andare d'accordo, ma non siamo tenuti a diventare amici o altro. Basta accordarsi: io non disturbo te, tu non disturbi me».
Lei annuì. «Sicuro. Farò del mio meglio per non intralciare la vita di nessuno, tranquillo. Guarda che avevo capito: me ne starò buona e brava nel mio angolino. Lo so che la mia presenza è una gran seccatura per tutti quanti».
Eli si ritrovò senza una risposta decente da dare. Quello era più o meno ciò che lui stava pensando e quello che aveva intenzione di dirle, ma per qualche ragione lo stesso discorso in bocca a Bianca suonava malissimo e parecchio deprimente.
«Hai finito?» chiese la ragazza. «Sai com'è, sono in lutto. Vorrei evitare il più possibile di avere a che fare con persone che mi farebbero intristire ancora di più».
Fece per chiudere, ma Eli bloccò la porta col piede.
«Nessuno si sarebbe disturbato ad andare a prenderti se tu fossi stata una seccatura» disse il vampiro, guardandola fisso.
«Non hai sentito che ho detto? Sei deprimente! Vuoi lasciarmi in pace?!» sbottò lei impaziente, spingendo la porta con più forza senza ottenere risultati.
«Sei tu quella che sta continuando a fare discorsi tristi, Bianca, non io. Ti stai deprimendo da sola».
Lei non rispose, ma all'improvviso le sue spinte si fecero più frenetiche. Era come se volesse sbarazzarsi della presenza di Eli prima che potesse dire una sola parola di più.
Dal canto suo, il vampiro era fin troppo seccato per poter continuare a stare dietro a una ragazza con così poca voglia di collaborare. Appoggiò una mano sulla cornice e l'altra sull'anta, spingendo per poter aprire di più. Dopo qualche tentativo per opporre resistenza, Bianca cedette e fece due passi indietro. «Ma che vuoi da me, si può sapere?!»
«Proprio niente» sbottò lui a tono. «Non corro mai dietro a nessuno, io, specialmente alla gente che non sa fare altro che lamentarsi come te».
La ragazza sgranò gli occhi offesa e fece per ribattere, ma lui la zittì con un gesto della mano.
«Facciamo così: i miei genitori mi hanno detto di andare d'accordo con te, di aiutarti e di spiegarti tutto quello che non sai o che non capisci. Io lo posso fare senza problemi, ma non voglio sprecare energie inutilmente per lottare contro di te. Se avrai bisogno di qualcosa sarò a tua disposizione... ma non sarò io a cercarti. Ti sta bene?»
Bianca non rispose subito. Lo guardava fisso e aveva fatto un altro passo indietro. Eli si accorse di aver scoperto le zanne d'istinto e si affrettò a ricomporsi.
«Vattene via». Lei aveva abbassato lo sguardo, incapace di sostenere il suo.
Ormai del tutto spazientito, Eli scosse la testa con insofferenza. «Benissimo» borbottò cupo. Chiuse personalmente la porta, ormai senza più preoccuparsi di come avrebbe reagito la nonna nel trovarsi una ragazza in lacrime in camera da letto.
Rientrò in camera propria e recuperò la borsa, tirando fuori i libri e i quaderni e cominciando subito a svolgere i compiti per la notte successiva.
Nel frattempo, pregò tutte le divinità a cui riusciva a pensare perché Heidi non crescesse mai. Cinque donne troppo cresciute in casa erano più che sufficienti.






Ecco qui il secondo capitolo. Si incominciano a inquadrare di più i personaggi principali della storia, almeno spero. Vi invito a farmi sapere in cosa posso migliorare, dato che non sono affatto un'esperta in scrittura creativa. xP Spesso e volentieri i lettori si accorgono di errori madornali che gli scrittori non notano nemmeno alla lontana, perciò non siate timidi. Le critiche costruttive sono sempre ben accette.
Gli aggiornamenti non saranno regolari e non prevedo neanche di scrivere tantissimi capitoli. Ci sentiamo la prossima volta, quindi!
Ignis

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Capitolo 3
*** I vari punti di vista ***


03. I vari punti di vista

Il pomeriggio di Eli trascorse piuttosto monotono, al di là dell'irritazione causata dalla chiacchierata con Bianca. Più tardi sperò davvero di poter parlare direttamente con la nonna: che cosa ci guadagnavano, come famiglia, ad accogliere in casa una depressa del genere?
Eli si era fatto un'idea molto chiara di Bianca: non gli piacevano per niente né il suo carattere suscettibile né il suo vittimismo. Mentre risolveva l'ennesimo esercizio di matematica si chiese come sarebbe andata a scuola il giorno seguente; forse sarebbe rimasta per tutto il tempo a piagnucolare perché non le piaceva il posto o perché non poteva più seguire i corsi con i suoi vecchi amici.
Tra qualche digrignare di denti per la rabbia e qualche borbottio, Eli finì di studiare e guardò l'orologio.
Erano le quattro del mattino. Aveva ancora tre ore da poter passare all'aperto, prima che arrivasse l'ora di chiudersi in casa per evitare i raggi solari: valeva la pena approfittarne. Uscì dalla propria stanza e scese al piano inferiore; ai piedi delle scale incrociò Angela, appena tornata dalla sua giornata di soli divertimenti. La donna aveva in mano una busta di carta di chissà quale marca straniera sconosciuta e tra i capelli portava un nuovo fermaglio in metallo prezioso.
«Diego continua a trattarti bene, vedo» commentò distrattamente Eli, osservandola da capo a piedi. Si accorse che i collant di Angela avevano una smagliatura e che aveva cambiato il rossetto rispetto a quello che si era messa a inizio serata.
«È così dolce» parve giustificarsi lei con un sospiro languido. «Quasi mi dispiace di non potergli dare quello che vuole».
Eli si scostò una lunga ciocca nera dal viso. «E perché ne parli a me? Ti stanno venendo i sensi di colpa a furia di usarlo? Quanto tempo è passato da quando l'hai convinto, vediamo... cinque mesi?»
Angela aggrottò la fronte. «Oh, non so perché continuo a perdere tempo parlando con te, Eli! Sei il solito insensibile!» sbottò irritata; quando parlò una zanna appuntita fece capolino per una frazione di secondo da dietro il labbro superiore. «Sarai contento tu di aver vissuto diciassette anni senza neanche trovarti uno straccio di fidanzatina».
Detto questo si allontanò su per le scale alla massima velocità che i suoi tacchi vertiginosi le consentivano. Eli la seguì con lo sguardo distrattamente, poi raggiunse finalmente il portone... solo che non riuscì ad aprirlo, perché qualcuno dall'esterno fu più veloce di lui.
«Oh, Eli, guarda un po'! Il nostro ometto di casa!» tubò allegramente nonna Sybil quando ebbe aperto il portone. «Vai a fare una passeggiatina prima della bara, tesoro?»
Poteva sembrare strano, dal punto di vista di un essere umano, vedere una donna dall'aspetto giovane e avvenente come Sybil parlare in quella maniera; non lo era per i De Vile, ovviamente. La nonna, dopotutto, è sempre la nonna, indipendentemente dalla specie.
Il primo pensiero di Eli fu di chiederle spiegazioni riguardo Bianca, ma cambiò idea nel momento in cui aprì bocca. «Che cos'è quella roba?»
Sybil aveva entrambe le braccia occupate da due voluminose buste della spesa. Dall'esterno si potevano scorgere un paio di sfilatini, un pacco di biscotti, burro, olio, carne, uova e latte. In casa De Vile il cibo umano non entrava quasi mai e sicuramente non era mai così tanto.
«Capiti a proposito, Eli. Prendi una busta, da bravo, e aiuta la nonna». Sybil si sporse verso di lui per permettergli di prendere la busta di sinistra. Eli decise saggiamente di tenerla tra le braccia come faceva Sybil, rendendosi conto che era molto più pesante di quel che sembrava.
«Nonna, perché hai preso tutta questa roba?» domandò Eli.
«Che domande fai? È la cena di Bianca, questa!» replicò lei con semplicità. «Non conosco i suoi gusti in fatto di cibo, così ho pensato di prendere un po' di tutto».
Seppur contrariato, Eli seguì Sybil fino al soggiorno-cucina. Era uno stanzone bello grande, con un tavolo abbastanza grande da poter ospitare dodici persone e un angolo cucina più spazioso di quanto ci fosse bisogno per una famiglia che si nutriva esclusivamente di sangue.
«Secondo me sarebbe bastato qualcosa di più semplice. Un po' di frutta, dell'insalata e l'acqua bastano e avanzano, no?» fece il ragazzo.
Sybil appoggiò finalmente la busta sul tavolo e prese ciò che doveva andare in frigorifero, non senza rivolgere al nipote un'occhiata di rimprovero. «Sempre così rigido, Eli! Non paragonare un'umana a una fattucchiera. La tua amica Isabella forse può tirare avanti con solo i vegetali, ma un essere umano in media ha una dieta molto varia. Mangiando sempre la stessa cosa rischia di ammalarsi, cosa che noi non vogliamo per la povera Bianca».
«E nella dieta varia degli umani si includono anche le radici di liquirizia?» chiese Eli tirando fuori una piccola busta e mostrandola alla donna.
«Assolutamente sì. Una delle piccole gioie degli umani è proprio il cibo: chi sono io per negarglielo?» Sybil ridacchiò. «Eli, avevi per caso intenzione di costringere la nostra ospite a una dieta pane e acqua? Quella povera ragazza non è certo una carcerata!»
Il ragazzo si strinse nelle spalle. In effetti era proprio quella la sua idea. «Noi vampiri beviamo solo sangue e nient'altro che sangue e ce la passiamo benissimo, no?»
La nonna si limitò a ridere ancora più forte. Insieme misero in fretta a posto tutto il cibo tra il frigorifero e la dispensa da sempre inutilizzata.
«Ecco fatto» disse Sybil alla fine in tono soddisfatto, poggiando le mani sui fianchi. «Che dire? Finalmente i nostri servizi di bicchieri, piatti e posate serviranno a qualcosa».
Eli non sembrava altrettanto soddisfatto. La cucina era la stanza meno utilizzata della casa, eppure lo indispettiva l'idea che dentro ci fosse roba destinata a Bianca. Non poteva farci niente: si sentiva ingiustamente invaso. La parte peggiore di quella storia era che niente di ciò che avrebbe potuto dire ai suoi genitori o alla nonna sarebbe mai servito a far cambiare loro idea.
«Nonna, perché l'hai fatto?» chiese dopo qualche secondo di silenzio.
Lei lo guardò con un sorriso dolce. Si avvicinò e gli accarezzò i lunghi capelli neri: un gesto che si era abituata a fare da quando Eli aveva scelto di farseli crescere così tanto. «Spiegati meglio».
«Perché hai portato Bianca a stare da noi?»
«Credevo che Abel Orlando e Sonja vi avessero spiegato come si deve la situazione di Bianca...» disse Sybil.
Eli scosse la testa, liberandosi dalle carezze della nonna. «No, non è questo. Voglio sapere come mai hai deciso di accoglierla in casa. Forse non le saprò tutte sul conto degli esseri umani, ma so che trovano sempre un modo di impicciarsi degli affari degli altri. Là fuori è pieno di gente che si sarebbe occupato di trovarle una nuova casa dove stare: una casa umana con tutori umani. Non era in pericolo o altro del genere: sarebbe riuscita a cavarsela da sola, in qualche modo».
«Come vi è stato già spiegato, Armando e io...» cominciò Sybil.
«La so la storia, questa ce l'hanno spiegata papà e mamma stasera» tagliò corto Eli. «Scusa, nonna, non volevo interromperti» aggiunse, notando lo sguardo di rimprovero della donna. «Volevo dire che se tu avessi voluto ripagare Armando in qualche modo, avresti potuto farlo lo stesso. Potevi vegliare su Bianca da lontano e aiutarla così, senza lasciarti coinvolgere fino a questo punto».
La nonna annuì, i lucenti boccoli biondi che tremavano con i suoi movimenti. «Ho capito dove vuoi arrivare. Vieni con me, passeggiamo insieme».

Uscirono e cominciarono a camminare. La strada di casa loro era una singola striscia isolata che andava da nord-ovest a sud-est con un orientamento tanto dritto e preciso da rasentare la perfezione. A sud-est c'era la Scuola Notturna, mentre Eli e Sybil si diressero a nord-ovest, verso le ultime due ville del paese prima dei campi e del bosco accoccolato sul pendio del colle. La luna era ancora alta e c'era una buona probabilità di incrociare lupi mannari, ma questo non impediva mai ai vampiri di andarsene a zonzo come più preferivano – specie se erano vampiri come Sybil, capaci di ipnotizzare più o meno chiunque.
Immerso così nel buio e nel silenzio rotto solo dai passi leggeri della nonna, Eli si sentì molto più rilassato e inspirò a fondo. Per un vampiro non era davvero necessario respirare, ma lasciarsi avvolgere all'interno e all'esterno dall'aria fresca era sempre una sensazione piacevole.
«Io mi rendo conto di aver fatto un azzardo» disse Sybil all'improvviso. Non sorrideva e teneva gli occhi viola fissi sulle scarpe. «Alec è mio figlio e fa quel che gli dico, mentre Sonja nutre sempre totale fiducia in quello che decido. Tu sei un ragazzo intelligente, Eli, e sei capace di farti valere in ogni situazione: immaginavo che non ti saresti accontentato di una spiegazione sommaria».
Il ragazzo non si lasciò distrarre dal complimento. «Allora spiegami meglio. Perché hai voluto che Bianca venisse a vivere con noi?»
Passò un lungo momento di silenzio. Si sentì il battito d'ali di un pipistrello ed Eli sollevò gli occhi gialli verso il cielo. Era una notte serena, con la luna grande e dorata che stava per tramontare.
«Non sono sicura di potertelo spiegare come si deve. Noi vampiri ultracentenari vediamo il mondo in una maniera molto diversa da quella dei più giovani... ma cercherò di utilizzare parole che tu possa capire». Sybil sorrise appena. «Si tratta di una percezione che svilupperai se e quando supererai i duecento anni, come me, ma varia da persona a persona. Nel mio caso è una cosa che sento nei confronti di altre persone».
Eli restò in ascolto, tornando a guardarla con attenzione. L'espressione della nonna era assorta e i suoi occhi viola parevano fissare qualcosa che andava oltre l'asfalto nero della strada. Come se stessero perforando il mantello terrestre per osservare il centro stesso della Terra.
«Non credo che anche parlandone riuscirò a convincerti» confessò.
«Non importa. Dimmelo con parole tue e mi sforzerò di capirci qualcosa. Non devi affatto convincermi, no? Basta che tu me ne parli».
Lei gli rivolse un sorriso dolce. «Beh... è come provare un sentimento, ma allo stesso tempo è una sensazione più definita. Una sorta di sesto senso che riesco a esercitare su tutte le persone con cui vengo a contatto ogni giorno».
«Sembra molto invasiva, come sensazione» mormorò Eli storcendo la bocca.
«Oh, al contrario. È come la vista, o l'udito. Forse all'inizio lo è, ma imparando a conoscerlo si riesce ad adattarsi a tutte le nuove informazioni. Sarebbe come vedere una stanza piena di persone». Sybil ridacchiò. «Beh, ripensandoci, un'immagine del genere è sempre stata invasiva per te! Ma andiamo avanti. Questa sensazione l'ho sentita chiaramente quando ho conosciuto Armando per la prima volta. Come descriverlo? Vediamo se riesco a trovare le parole giuste». Si morse il labbro inferiore, pensosa. «Non è come innamorarsi, no. È come la sorpresa... anzi, no. Come incontrare uno sconosciuto che si conosce da tantissimo tempo».
Fu il turno di Eli di sorridere divertito. «La descrizione non ha senso».
«So che è paradossale, ma non riesco a trovare parole migliori. Porta un po' di pazienza e sopporta la tua povera nonna, da bravo!» si difese lei.
Parlare con la nonna era molto più facile di quel che poteva sembrare. Non esercitava sulla famiglia l'autorità seria e inappellabile di Alec Orlando De Vile, né aveva una presenza dolce e materna come Sonja; era una via di mezzo tra genitore e vecchia amica di famiglia. Tra le persone che abitavano in casa, solo Angela pareva non sopportarla.
«Insomma, non riesco a descriverlo in nessun altro modo. Sentii di essere legata a lui in qualche modo e che era giusto che diventassimo amici. Quest'istinto mi stava guidando in una decisione precisa e io ho accettato di farlo. Ho seguito un percorso già segnato, ma allo stesso tempo è stata una mia totale decisione. So di stare ancora parlando per paradossi, ma è così».
Ormai avevano superato il territorio della villa dei vicini – dei tizi che trascorrevano lì esclusivamente l'estate. Tutt'intorno non si sentiva più neanche un rumore.
«Ad essere sincera non ho sentito la stessa cosa per suo figlio, né per sua nuora o per sua moglie... infatti sono rimasta semplicemente amica di Armando. È diventato un'ottima compagnia e farò sempre tesoro dei momenti passati insieme. Ho sofferto moltissimo quando è venuto a mancare».
Eli sollevò un sopracciglio. «Oltre quattrocento anni di vita e hai sofferto per un umano che muore?»
Sybil annuì. «Eli, tu fai tanto il duro, ma anche se fattucchieri e maghi hanno una vita piuttosto lunga, la morte arriverà anche per Isabella e Chiara. I mortali non sono presenze così poco rilevanti come credi: se siete amici come credo, purtroppo arriverà anche il tuo turno di soffrire».
Lui per un attimo pensò a Luca. Neanche i lupi mannari erano immortali, purtroppo; questo punto però non l'avrebbe mai tirato fuori in presenza di Sybil... né in presenza dei suoi genitori, ovviamente. Guai a parlare di lupi mannari con loro.
La nonna continuò: «con Bianca è stato completamente diverso da qualsiasi altra cosa io abbia mai provato. L'ho conosciuta già quando non era altro che una bimba, ma è cresciuta in fretta. Credevo che per me sarebbe rimasta un'insignificante vita sconosciuta come tante altre... invece è successa quella terribile tragedia che ha cambiato tutto. Io all'inizio avevo solo intenzione di accertarmi che stesse bene, proprio come hai suggerito tu poco fa: sarebbe stato sufficiente vederla andare da una famiglia adatta a lei, o comunque da qualcuno che potesse davvero provvedere alla sua istruzione in maniera completa. Avrei anche potuto darle parte dei miei risparmi in forma anonima per provvedere al suo sostentamento. Invece, appena l'ho vista, è stato come un fuoco d'artificio».
«In che senso?» domandò il nipote incuriosito.
«Beh, come... come per suo nonno, ma... più forte. Molto, molto più forte. Ho visto quella povera ragazza in stato di shock all'ospedale e ho sentito di doverle dare tutto quello che avevo. Anzi, no: ho sentito di volerlo fare. No, neanche questo...» Sybil si passò le dita tra i capelli, costernata. «Io l'ho sentita, Eli. Ho sentito il suo grido di aiuto. L'ho percepito sulla pelle, ne ho assaggiato il sapore. Ho intuito che avrei fatto qualcosa di grande e di radicale sia per lei che per me e alla fine l'ho fatto».
Ci fu un altro lungo silenzio. Sybil aveva evidentemente finito di spiegare, come poteva, ciò che era successo: in maniera confusa e sicuramente di dubbia lucidità, ma lo aveva fatto.
Eli tornò a guardare avanti, riflettendo. Dovendo giudicare il discorso della nonna per quello che era, l'avrebbe definito solo come una grandissima brodaglia allungata con paroloni e discorsi articolati, tutto per ammettere che sì, era stato un banalissimo colpo di testa – bello grosso, ma pur sempre un colpo di testa. Al tempo stesso, però, non ritenne giusto riassumere i pensieri di Sybil in quel modo. Anche se gli costava ammetterlo, c'erano davvero delle cose che i vampiri con meno di cinquant'anni non potevano capire... figurarsi poi quello che potevano comprendere e percepire i vampiri ultracentenari: si trattava di percezioni estremamente soggettive che solo loro potevano davvero studiare fino in fondo, in maniera più o meno accurata.
Fatto stava che al momento avevano un'umana in casa, e Sybil non pareva avere la minima intenzione di buttarla fuori tanto presto: prima doveva compiere quel "qualcosa di grande e di radicale" di cui gli aveva parlato. Nel frattempo potevano passare settimane, mesi, forse anni.
«Grazie per aver cercato di spiegarmi, nonna» mormorò Eli. «Non ho capito molto, ma lo apprezzo». Non si mise a spiegare quanto odiasse la situazione e quanto sarebbe stato difficile perdonarla per quell'atto di puro egoismo; sapeva già che i vampiri anziani non reggevano bene i litigi in famiglia.
«E io apprezzo la tua buona volontà, Eli. Non sarà facile, lo so, ma cerca di andare d'accordo con Bianca. Potrebbe sorprenderti per le sue qualità» replicò lei con un sorriso.
Il ragazzo non capì se sua nonna stesse parlando per convincere lui o se stessa; era comunque certo che non sarebbe mai riuscito ad andare d'accordo con quell'umana. Per lui era paragonabile a un insetto fastidioso che non gli era permesso schiacciare.

La sera successiva, quando Eli scese al piano inferiore per bere la sua dose quotidiana di sangue, trovò Heidi e Bianca già accomodate alla tavola e Katrina che invece stava mettendo via il bicchiere.
Bianca sembrava essere di umore migliore. Stava mescolando qualcosa di marroncino in una tazza – probabilmente caffellatte – e osservava con curiosità Heidi mentre beveva la sua razione da una grossa ciotola, usando una cannuccia.
«È normale per i vampiri bere il sangue come se fosse succo di frutta?» stava chiedendo l'umana con curiosità.
«Mai bevuto succo di frutta in vita mia» replicò Katrina spiccia mentre lavava il proprio bicchiere. «Delle abitudini umane m'importa davvero poco. Buongiorno, Eli! Cerca di non fare tanto il rompiscatole, oggi».
Dal viso di Bianca sparì il suo sorriso leggero quando si accorse della presenza di Eli. Quest'ultimo si limitò a scostarsi una lunga ciocca di capelli neri dal viso e a lanciare un'occhiataccia alla sorella maggiore. «Anche tu, Katrina».
«Buon lavoro Katrina!» le augurò allegra Heidi.
«Buono studio, nanetta» la canzonò la vampira. Arricciò il naso in direzione della sorella, che rispose allo stesso modo, dopodiché uscì dalla stanza.
Restarono in tre e calò uno strano silenzio, infranto solo dal rumore lieve di Heidi mentre sorseggiava il proprio sangue e dal masticare leggero dell'umana. Eli si avvicinò al mobile sotto la dispensa, dove erano rimaste due bottiglie di vetro piene di un liquido vermiglio. Lui prese la più vicina e un bicchiere, poi si accomodò accanto alla sorella, dal lato opposto del tavolo rispetto a Bianca.
Nella stanza c'era soprattutto odore di sangue, ma dal lato della ragazza proveniva un odore dolciastro di latte misto a zucchero. Lei era intenta a immergere un biscotto in un gesto lento e pareva estremamente assonnata.
«A me piace berlo con la cannuccia» disse Heidi, tornando al discorso. «Papà, mamma , Angela ed Eli lo bevono dal bicchiere. Katrina a volte lo beve direttamente dalla bottiglia. La nonna invece non beve mai con noi! Sta sempre a nutrirsi fuori». «Ah, capito». Bianca finì di masticare il biscotto che aveva in bocca e ci bevve sopra del caffellatte prima di continuare. Eli si chiese cosa le stesse passando per la testa in quel momento: probabilmente era strano per lei immaginarsi Sybil in giro, in cerca di sangue da bere per conto proprio. «E tutti i vampiri bevono il sangue così? Pensavo andassero a caccia o qualcosa del genere».
Heidi soffiò involontariamente nella cannuccia, producendo qualche bolla di sangue, per poi staccarsi alla svelta e scoppiare a ridere di cuore. Eli, che si era proprio messo a bere in quel momento, dovette fare uno sforzo immenso per evitare di farsi uscire il sangue dal naso.
«Va bene, va bene, ho capito! Niente caccia» borbottò Bianca, abbassando lo sguardo sulla tazza. «Che c'è da ridere? Non lo sapevo!»
«Sì, però è buffo!» Heidi ridacchiò ancora, divertita. «No, non cacciamo. Abbiamo i donatori».
«Tutti donatori maggiorenni e consenzienti» specificò Eli, inserendosi nel discorso. «Ad alcuni piace bere direttamente dalla fonte, come la nonna, mentre altri preferiscono farsi impacchettare tutto». Si versò un altro bicchiere di sangue. «Per una sola persona servono un paio di litri di sangue al giorno, quindi servono un donatore o due».
Anche se gli umani avrebbero dovuto sentirsi nauseati all'idea – esattamente come i vampiri erano nauseati al pensiero di nutrirsi di cibo umano – Bianca non parve avere nessun problema. Anzi, appoggiò gli avambracci sul tavolo e lo guardò con più interesse. «Non ne basta uno soltanto, in genere?»
«Dipende!» Eli si strinse nelle spalle. «Per esempio, Angela ogni tanto beve dal suo ragazzo, e...»
«Il ragazzo di Angela è umano?!» fece la ragazza, sbalordita.
Lui la guardò malissimo, infastidito. Heidi fece segno ad Angela di fare silenzio.
«Dicevo» riprese il vampiro «che Angela ogni tanto beve dal suo ragazzo, ma non rischia mai di fargli niente, perché quello è un tizio alto due metri e peserà un centinaio di chili in muscoli. Se invece, per esempio, uno di noi provasse a bere da te per colazione, scommetto che non riuscirebbe neanche a bersi metà razione prima che tu muoia dissanguata».
Bianca divenne pallida in viso e parve improvvisamente concentrarsi sulla propria colazione.
«Ohu!» Eli si piegò in avanti sul tavolo e fulminò con lo sguardo Heidi, che gli aveva appena tirato un calcio nello stinco. La guardò in cagnesco mentre la più piccola si rivolgeva a Bianca: «a Eli piace fare il sapientone, perciò se hai una domanda chiedi a lui! Così si diverte».
Bianca sorrise, divertita. «E così sei un secchione, eh? Ti avrei detto più un metallaro».
«Un cosa?!» Eli la guardò con tanto d'occhi. «Guarda che quella è Katrina! Io sono il contrario di un metallaro».
«La mia seconda opzione era "nonnetto bisbetico"».
Gli occhi del vampiro lampeggiarono pericolosamente in direzione di Bianca; Eli si sentì ancora più furioso, però, quando dovette accorgersi che la cosa non sembrava sortire alcun effetto sulla giovane. Si limitò a bere il suo bicchiere di sangue e a versarsi alla svelta il resto della bottiglia.
Heidi si associò: «per lui è azzeccato! Si comporta spesso come se fosse nato cent'anni fa. Ascolta solo musica classica e va sempre a letto presto».
«Ah, per quest'ultima cosa penso di capirlo. Mi devo ancora abituare a questi orari assurdi...» sbadigliò. «Se è per la luce del sole, non basterebbe uscire di casa ben protetti?»
«La luce del sole ci uccide all'istante» replicò Eli secco.
Bianca finì di bere il caffellatte e si alzò in piedi. «Si può sapere che ti prende? Ci tieni un po' troppo a fare la parte di Mister Simpatia, con me!» sbottò, sarcastica.
«Sarei molto più rilassato se tu usassi il tuo cervellino umano prima di aprire bocca. Non sono neanche le otto di sera e non fai che blaterare cose stupide» ribatté Eli, alzandosi in piedi a propria volta.
«Che cosa c'è di stupido? Fino a quattro giorni fa non credevo nemmeno esistessero, i vampiri! Sto solo chiedendo per conoscervi di più».
«Tu dici? A me sembra solo che tu ci stia prendendo gusto, a mandarmi fuori dai gangheri».
«Oh, per favore, vuoi smetterla? Ti comporti come se avessi invaso la tua preziosa fortezza, ma nessuno qui dentro mi tratta male come stai facendo tu!»
«Ragazzi, basta litigare!» tentò di inserirsi Heidi. Tutto inutile: ormai Eli era davvero arrabbiato.
«Non ce la faccio a restare buono e caro davanti a una che è qui da ventiquattr'ore e si crede già la regina del castello!» la attaccò ancora.
Bianca alzò gli occhi al cielo, mettendosi a braccia conserte. «Oh, mi scusi, maestà! Lungi da me usurpare il trono dell'unico, vero erede dei De Vile!» commentò.
«Gentilmente, vorrei che tu prendessi il tuo sarcasmo e lo nascondessi bene, quando parli con me. È una cosa che odio».
«Una delle poche» insisté lei. «Perché, altrimenti che mi fai? Sei già abbastanza detestabile per i miei gusti, ma non ti reputo capace di superare i tuoi limiti».
Fu il turno di Eli di mettersi a braccia conserte. «Scusa, ma tu non eri in lutto per i tuoi genitori? Smetti di infastidire me e vai a piangere per qualche altra ora nella camera che ti ha preparato la nonna. Comincio a pensare che abbiano deciso loro di farla finita, con una figlia come te».
Bianca non rispose: si limitò a sgranare gli occhi per la sorpresa, per poi assumere un'espressione ferita.
«Eli...» si lamentò Heidi, coprendosi il viso con le mani e scuotendo lentamente la testa.
Non c'era bisogno di farglielo notare: Eli si rese conto quasi subito di aver parlato troppo. Aveva pensato solo a offenderla, nell'unico tentativo di zittirla, ma quelle non erano assolutamente parole da dire a qualcuno. Tentò inutilmente di rimediare: «no, aspetta, non...»
«Risparmiatelo». La voce di Bianca era già rotta dal pianto. Aveva i muscoli del viso contratti nel tentativo di non piangere, ma le lacrime le solcavano già il viso, il naso a patata era già scarlatto. Si allontanò dalla stanza con passo spedito – probabilmente diretta nella propria stanza, proprio come Eli le aveva appena suggerito.
Heidi guardò con rimprovero il fratello maggiore. «Gli umani saranno anche tipi assurdi, Eli, ma tu potresti anche fare uno sforzo ed essere meno cattivo».
Lui sospirò, poi prese il proprio bicchiere e la ciotola di Heidi. «Ci penso io a ripulire, tu vai a prendere lo zaino, o faremo tardi» disse in tono neutro.
Era riuscito a far piangere la stessa ragazza umana due volte in meno di ventiquattr'ore, eppure non riusciva a sentirsi granché vittorioso.







Ecco qui il terzo capitolo. Come al solito vi invito a farmi notare gli errori, se ce ne sono, ma soprattutto a farmi sapere cosa pensate della storia. Vi piace oppure no? Quali sono i personaggi che, di primo impatto, vi piacciono di più? Quali sono le vostre previsioni sulla storia?
Io mi impegnerò a rispondere alle recensioni e ai messaggi, quando potrò. Come al solito gli aggiornamenti non saranno uniformi – penso che con quest'ultimo aggiornamento si sia fatta chiara, la cosa. Detto questo, vi saluto.
Al prossimo capitolo!
Ignis

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Capitolo 4
*** La punizione ***


04. La punizione

«...e alla fine è scappata al piano di sopra» concluse Eli, stringendosi nelle spalle.
Era l'ora della pausa alla Scuola Notturna e il vampiro aveva appena finito di raccontare quello che era successo. Se ne stava seduto su una delle panchine poste lungo il cortile esterno, vicino al quadrato di prato grigio e triste; alla sua destra c'era Chiara, che era rimasta ad ascoltare con aria non molto interessata, mentre dall'altra c'era Isabella. La fattucchiera si era fatta un nuovo taglio di capelli in onore del quarto di luna calante; se prima portava una bella chioma lunga e leggermente mossa con la frangetta, ora sul lato destro del capo li aveva cortissimi, mentre dall'altro continuavano a crescerle lunghi e incolti. In mezzo alle ciocche castane ne spiccavano alcune di un vivace verde prato.
Tutt'intorno, i ragazzi che volevano approfittare del loro quarto d'ora d'aria stavano facendo i loro comodi: dei gargoyle si erano arrampicati sul tetto dell'edificio, tre o quattro folletti si divertivano a fare ruote e verticali sul prato e cercavano di farsi perdere l'equilibrio a vicenda con gli scherzi. Più della metà degli studenti della scuola consisteva in fattucchieri e quelli preferivano di gran lunga stare al chiuso, salvo eccezioni come Isabella.
«Che cattiveria» commentò quest'ultima in tono lamentoso quando Eli ebbe finito di parlare. «Chissà come ci è rimasta male, poverina!»
«Sì, questa potevi decisamente risparmiartela» concordò Chiara, anche se dal tono che aveva non sembrava le importasse molto. «Quindi alla fine le hai chiesto scusa?»
«Io e Heidi stavamo facendo tardi...» borbottò lui evasivo.
Era vero. Eli si era limitato a ripulire le stoviglie usate per la colazione, poi aveva preso la borsa a tracolla ed era uscito di casa. La sua sorellina non si era risparmiata la predica per il suo comportamento, ovviamente: per tutto il tempo aveva ribadito quanto Eli avesse fatto male a dire quelle cattiverie a Bianca e quanto fosse importante che lui si scusasse appena tornato a casa.
«Quindi te ne sei fregato e l'hai lasciata da sola a deprimersi. Bravo» commentò la maga in tono sarcastico, sospirando e appoggiandosi allo schienale della panchina.
Il vampiro si disse che Chiara e Bianca sarebbero diventate ottime amiche: avevano la stessa maniera irritante di usare il sarcasmo per far sentire inferiori gli altri, che era una cosa che Eli aveva sempre detestato.
Isa cominciò a torcersi le mani. «E adesso starà bene, secondo voi? Ha perso i genitori da pochissimo, secondo me non le passerà facilmente!»
Lui sbuffò. «Perché la fate tanto lunga? Ho sbagliato, va bene, ma lei poteva anche evitare di prendersela con me senza un vero motivo».
Aveva raccontato ciò che era successo a Chiara e Isabella sia per spiegare il motivo dell'assenza di Bianca, sia per cercare di capire cos'aveva fatto di tanto sbagliato. Non poteva negare di aver sperato in un minimo di appoggio in più, da parte loro: si era immaginato Chiara mentre prendeva in giro il comportamento dell'intrusa, mentre Isa lo avrebbe consolato, dicendogli che non era colpa sua. La discussione invece aveva preso una piega opposta a quella prevista.
Guardò in direzione di Luca. Il lupo mannaro se n'era rimasto per tutto il tempo seduto accanto alla panchina, con il muso puntato verso il fondo del cortile e l'aria del tutto assente, come se non avesse ascoltato una sola parola.
«Luca, ci sei?» domandò il vampiro dopo un po'.
Lui annuì all'istante, segno che stava ascoltando eccome. «Scusa, stavo pensando».
«E a cosa pensavi?»
«Pensavo che questa famigerata Bianca ti sta dando parecchio da pensare, in questi ultimi due giorni».
Eli si sporse verso di lui, superando Isabella con il busto. «Senti, non è colpa mia se i miei genitori mi hanno detto di starle vicino e occuparmi di lei. Che altro vuoi che faccia?»
Finalmente Luca si voltò verso di lui. I suoi occhi erano di un bel giallo aranciato; non si sarebbe riusciti a distinguerlo da un lupo vero e proprio, a occhio. «Niente. Per come la vedo io, più ti preoccupi di qualcosa e più ti infastidisce. Non potresti ignorarla e basta?»
Eli fu sul punto di rispondere che l'avrebbe fatto volentieri se fosse stato possibile, ma Chiara s'intromise nel discorso più in fretta.
«Però! Non pensavo sarebbe venuto il giorno in cui Luca sarebbe stato tanto perfido. Fino a ieri tu non eri quello che voleva darle una possibilità?» domandò interessata.
Gli occhi di tutti e tre si posarono sul lupo mannaro, che inclinò un orecchio all'indietro e sbuffò appena. Era una cosa che in genere faceva quando tentava di nascondere un'emozione – non che fosse poi così difficile nascondere le emozioni per uno con la faccia da animale. «La possibilità l'ha avuta, no? Eli non è perfetto. Finora ha fatto solo un paio di passi falsi e lei ogni volta si è chiusa a riccio e non gli ha nemmeno dato la possibilità di scusarsi o di spiegarsi meglio. Non vale la pena perdere tempo con qualcuno che non è nemmeno disposto a starti a sentire fino alla fine».
Isa storse la bocca. «Beh, su questo hai ragione... ma lei è in una situazione difficile. Sicuramente è ancora sconvolta per quello che le è successo».
«Avrai anche ragione tu» convenne Luca «ma il fatto di essere orfana non ti rende più simpatica. Se Eli deve impegnarsi per andare d'accordo con lei, non vedo perché debba essere l'unico a farlo. Avrà senso provarci ancora quando anche Bianca si impegnerà sul serio, ma fino ad allora sarà tutto fiato sprecato».
Le sue parole caddero nel silenzio. Luca si alzò e fece un paio di passi per piazzarsi davanti alla panchina, probabilmente per evitare che Eli continuasse a schiacciare Isa contro lo schienale. «Beh? Che avete da fissarmi così?» incalzò.
«Oggi sei proprio spietato, Luca» osservò Isa. «In questi casi di solito sei tutto dolce e comprensivo! A dire il vero ero convinta che avresti preso le parti dell'umana».
Anche Eli era stupito. Conosceva Luca da poco tempo – giusto dall'inizio del liceo – ma aveva imparato presto a capire com'era fatto e come si comportava in genere. In genere era sempre molto deciso e istintivo e non esitava a dire da subito quello che pensava fosse giusto, ma allo stesso tempo era una persona molto dolce e facile da intenerire. Considerato che Bianca era orfana, il vampiro si era aspettato che Luca si impegnasse a giustificare qualsiasi suo comportamento.
«Non fraintendetemi, sono convinto che Eli abbia sbagliato e che dovrebbe chiedere scusa a Bianca appena torna a casa» replicò prontamente il lupo mannaro. «Sul serio, Eli, non potevi scegliere una risposta peggiore. Come se non fosse già una situazione abbastanza triste, per lei!»
Eli sbuffò. Non gli piaceva granché quando Luca si comportava da “mamma” come in quel caso, ma doveva anche ammettere che un po' gli era simpatico pure per quello.
«Però se lei si comporta in un modo che non ti va giù, non dovresti costringerti a sopportarla. Di questo passo finirai per restare di malumore fino al diploma» concluse l'amico con semplicità.
Il ragionamento filava, ma Eli si disse che sarebbe stato molto più facile a dirsi che a farsi. L'idea di dover incontrare ancora quella Bianca gli stava facendo perdere ogni voglia di tornare a casa.
«Hai voglia di fare un giro, più tardi?» borbottò Eli.
Luca capì all'istante, come sempre. Drizzò le orecchie e fece guizzare fuori la lingua per un istante. «Ma certo. Andiamo a fare un giro. Voi venite, ragazze?»
Isa e Chiara si lanciarono un'occhiata d'intesa che i due ragazzi conoscevano fin troppo bene: quella carica di sottointesi che solo un'altra ragazza avrebbe potuto comprendere. Eli aveva rinunciato da parecchio a tentare di capire cosa volessero dire quegli sguardi; gli bastavano giusto per intuire che cosa avrebbero detto subito dopo. Le sue previsioni si avverarono:
«Io e Isa abbiamo altri progetti per oggi» dichiarò Chiara con un sorriso. «Voi divertitevi anche per noi. Magari domani».
«Sì, magari domani» le fece eco Isabella con un ampio sorriso.
Il lupo mannaro piegò un orecchio, decisamente poco convinto. Il vampiro non lo biasimava: quel “magari domani” se l'erano sentiti rivolgere più di una volta, ormai.

Dopo la scuola Eli e Luca accompagnarono Heidi solo fino a un certo punto, per poi congedarsi. La bambina posò brevemente i propri occhi verdi su entrambi.
«Guarda che tornare più tardi non ti serve a niente».
«Serve ad avere qualche ora di pace in più prima di incontrare di nuovo quella là» sibilò Eli scontroso.
Luca mosse appena la coda. «Ci vediamo domani, Heidi».
Lei sorrise di rimando in direzione del lupo mannaro, poi si avviò da sola in direzione della villa. I due ragazzi si allontanarono per conto loro.
«Mi sembra che a Heidi piaccia, questa Bianca» osservò Luca dopo un po'.
«Per favore, almeno per un po' evita di parlare di lei. Sono due giorni che non si fa di parlare di Bianca. Bianca, Bianca, Bianca!» si lamentò Eli. «Non ti viene in mente nient'altro?»
Luca rimase silenzioso per quasi un minuto mentre camminavano. Stavano scendendo dalla collina, diretti verso il centro di Montenebbia. Da qualche parte, in quel paese, doveva trovarsi la casa del lupo mannaro, ma Eli non poteva dirlo con certezza, non essendoci mai stato.
«Va bene, parliamo d'altro. Che è successo con Elia?» domandò Luca.
Per il vampiro fu come fare una doccia gelida; sentire quel nome lo fece rabbrividire leggermente – cosa piuttosto rara per uno della sua specie. Sbirciò l'amico di sottecchi, rispondendo solo dopo qualche secondo. «Un altro argomento ancora, magari?» propose esitante.
«Eli, non puoi cercare di evitare tutti gli argomenti che ti stanno scomodi. Mi sta bene non parlare di Bianca perché se n'è parlato anche troppo, ma almeno dimmi di Elia. Avanti!» lo spronò l'altro con decisione, guardandolo. «Sputa il rospo, una buona volta! Lo sai che a me puoi dire tutto quello che vuoi».
Lui esitò, per nulla convinto. Si trattava di un argomento delicato, molto più di quanto potesse esserlo la faccenda di Bianca.
Elia era un mezzo folletto, figlio di un folletto vero e proprio e di una fattucchiera, che frequentava la Scuola Notturna. Alto e smilzo, capelli castani con una piega interessante che lo faceva assomigliare a un porcospino, piccole orecchie a punta e sorriso smagliante; si riconosceva a colpo d'occhio.
Eli l'aveva conosciuto durante la pausa dalle lezioni, quando Elia aveva tentato di intrecciargli di nascosto i capelli per fargli uno scherzo; dopo dei primi momenti in cui il vampiro semplicemente non riusciva a sopportarlo, erano diventati molto amici. Poco più di un mese prima dell'arrivo di Bianca, però, avevano cominciato a vedersi sempre più raramente, fino a perdersi completamente di vista.
Luca teneva il muso puntato verso il suo viso. «L'ultima volta mi hai detto solo che non te la sentivi di parlarne, ma sei rimasto giù di corda per giorni... e anche adesso non sembri di umore granché migliore».
Eli sospirò a fondo, pur non avendo davvero bisogno di respirare. Luca era il suo migliore amico: doveva dirlo almeno a lui. Si chiedeva cosa avrebbe pensato di lui una volta sentito quello che era successo, ma il punto di essere migliori amici era proprio quello di non temere nulla l'uno dall'altro. Per di più, per quanto Luca sembrasse aggressivo in certe situazioni, era l'unico cui sentiva di potersi confidare in tutto e per tutto.
Cercò di ripeterselo mentalmente mentre si faceva forza e rispondeva.
«Ho cercato di baciarlo».
La voce gli uscì più sicura e ferma di quello che si sarebbe aspettato, ma una volta detto avvertì un'insopportabile stretta al cuore. Il lupo mannaro restò a guardarlo in silenzio, cosa di cui Eli gli fu immensamente grato. Smisero di camminare entrambi.
«Non so neanche io cosa mi sia preso. Tu mi conosci, non sono il tipo da cercare il contatto fisico con nessuno» continuò. Le parole gli si stavano accavallando nella mente, come un fiume in piena, mentre teneva lo sguardo fisso sull'asfalto. «Eravamo andati al bosco. Lui mi ha portato in un posto bellissimo sopra un albero. Poi... non so cosa sia successo. Mi guardava, io lo guardavo e... e all'improvviso...» raccontò, ritrovandosi ad annaspare.
Il ricordo era ancora vivido, anche se era passato già un mese. Gli occhi di Elia, di solito così scuri e profondi, riflettevano la luce del cielo stellato più bello che avesse mai visto. Era stato in quel momento che Eli aveva tentato di avvicinarsi, guidato da un bisogno improvviso e insensato di avvicinare le labbra alle sue. La sola idea di aver perso il controllo dei propri pensieri e del proprio corpo in quella maniera lo terrorizzava; era come se i suoi pensieri, in un singolo istante, avessero deciso di uscire allo scoperto tutti in una volta.
«Eli...» mormorò Luca in tono tranquillo, riportandolo alla realtà. «Tutto ok. Ho capito».
Eli si strofinò gli occhi a due mani. Si sentiva improvvisamente stanco. «Comunque è successo quello che ti puoi immaginare da solo: lui mi ha spinto via e mi ha dato uno schiaffo». D'istinto si massaggiò la guancia, come se percepisse ancora l'impronta della mano di Elia sulla pelle.
«Uno schiaffo?!» ripeté Luca sbigottito. Mostrò i denti. «Che stronzo! Neanche volessi morderlo!»
«No, non dire così... aveva ragione lui, non credi?» mormorò Eli. «E poi si è subito scusato, ma è finita lì. Mi ha proposto di parlarne, ma non c'era molto di cui parlare, no?»
Fece qualche lento passo in avanti. Sentì le unghie di Luca graffiare l'asfalto dietro di lui mentre riprendeva a camminare. Si sentiva talmente in imbarazzo e vulnerabile da non riuscire nemmeno a guardarlo negli occhi.
«Tu non hai fatto niente di sbagliato» disse Luca piano.
«Sì che l'ho fatto, Luca. Ho rovinato...»
«No, Eli, fammi finire di parlare» insisté Luca alzando il tono di voce. Continuò, più tranquillo: «lui ti piaceva, no?»
Eli si fermò di nuovo. Restò di spalle e con il capo chino, con i capelli che gli coprivano il viso e lo nascondevano alla vista. Non avrebbe saputo dire dove trovò il fiato per rispondere.
«...sì».
Sentì il corpo grande e caldo di Luca aderire a contatto con la sua gamba; la sua mano sinistra trovò una folta pelliccia sotto le dita.
«Allora ne è valsa la pena. Se lui ti piaceva, allora dovevi per forza provarci. Anche se l'hai fatto senza rendertene conto, sicuramente l'hai fatto perché ne avevi bisogno».
Ormai Eli non si sentiva particolarmente triste per quello che era accaduto. I primi giorni erano stati davvero uno strazio, per lui, ma ormai sentiva di aver esaurito perfino la tristezza. L'unica cosa di cui sentì di pentirsi, in quel momento, era di non averne parlato subito con Luca.
«Come fai a dire sempre la cosa giusta?» domandò piano.
Il lupo mannaro sbuffò. Eli lo sentì ridere leggermente.
«Mi sopravvaluti, come al solito. Solo con te sono bravo».
Il vampiro rise. «Finirai per diventare il mio psicologo, di questo passo».
«Io pensavo di esserlo già».
«Deficiente!» sbottò Eli ridendo. Luca si scansò appena in tempo per evitare la sua sberla.
«Comunque adesso ho capito perché avete cominciato a evitarvi come la peste».
«Se non fosse andato all'estero con la sua famiglia, credo che sarei impazzito del tutto».
Ricominciarono a camminare.
«Non dirlo a Chiara e Isa» aggiunse il vampiro dopo un po'.
«Beh, in realtà Chiara diceva che secondo lei era andata esattamente così. Non ha usato la chiaroveggenza» si affrettò ad aggiungere Luca vedendo l'espressione di Eli. «Ha solo tirato a indovinare. Isa ha preso per buona l'idea di Chiara, ma secondo lei era Elia il respinto».
«E tu che ne pensavi?» domandò Eli rassegnato. Poteva vantarsi di nascondere bene le emozioni, ma in quella situazione era stato stupido credere che nessuno si sarebbe insospettito. Chiara non era solo una maga, era anche molto furba... e Isa era una gran romantica.
«Io ero solo sicuro che Elia ti aveva fatto qualcosa di male, visto come stavi in quel periodo. Ti ho chiesto tante volte cosa fosse successo, ma visto che non me ne parlavi mai mi sono accontentato di quello. Mi bastava che Elia la pagasse».
«Non hai fatto niente, però, vero?»
Luca aveva inclinato le orecchie all'indietro. «Non sono abbastanza “lupo” per sbranare nessuno, tranquillo. Poi sarebbe uno shock per l'altro Luca se si ritrovasse il sapore del sangue in bocca».
“L'altro Luca” era Luca in forma umana. I lupi mannari non erano tutti uguali; a seconda dell'età in cui venivano trasformati, la situazione, l'agente (il mannaro che aveva dato il morso) e la fase lunare, poteva venire fuori un lupo mannaro diverso. Luca, ad esempio, rimaneva trasformato in un lupo dal sorgere al calare della luna, quindi approssimativamente per dodici ore. Se da lupo mannaro riusciva a ricordare alla perfezione la propria identità e a mantenere una coscienza umana, da essere umano dimenticava completamente qualsiasi cosa avesse detto o fatto durante la trasformazione.
Eli non aveva mai visto l'altro Luca, quindi per l'altro Luca Eli era un perfetto estraneo. Il lupo mannaro era sempre categorico a riguardo: non voleva mai che Eli provasse a incontrarlo quand'era umano, né gli permetteva di andare a casa sua; riteneva importantissimo mantenere le due parti di se stesso ben separate. Per quanto al vampiro la cosa non andasse a genio, aveva deciso di accettare la cosa in nome della loro amicizia.

Finì per trascorrere quasi tutta la notte con Luca, andando in giro e parlando del più e del meno. Eli non era un gran chiacchierone e Luca evitava sempre con cura di parlare di sé più del necessario, ma alla fine si erano fatte le quattro del mattino in un batter d'occhio; Eli era dovuto tornare a casa per evitare di restare fuori alla luce dell'alba.
Una volta messo piede in casa, vide subito la nonna e i suoi genitori vicino all'ingresso. Sembravano proprio aspettare lui, cosa che non prometteva niente di buono. Avevano un'occhiata molto penetrante – altro indizio molto negativo. Non tentò nemmeno di scappare: in quei casi non c'era mai via di scampo.
«Eli, è il caso che scambiamo un paio di parole» cominciò Sonja, gli occhi blu che emettevano un lieve bagliore.
Il ragazzo guardò i tre uno per uno, in attesa. Sapeva già che non avrebbe avuto il permesso di replicare, inoltre lo sguardo ambrato di Alec Orlando De Vile gli impediva di ragionare come voleva. Rimase in silenzio e annuì leggermente, a lasciar intendere che avrebbe ascoltato.
«Questa sera Bianca era semplicemente sconvolta. Ha saltato il suo primo giorno di lezioni ed è rimasta in camera sua per tutto il tempo» disse Sybil in tono triste.
Quindi era già diventata la sua camera. Eli strinse le labbra nel tentativo di non mostrare le zanne.
Ad Alec la cosa non sfuggì. «Non guardarci in quel modo, Eli».
Lui chinò automaticamente il capo, guardando per terra per un paio di secondi. «Sì, papà».
«Oggi ha saltato il suo secondo pasto e non sembra aver intenzione di uscire. Agli umani non fa bene rimanere a digiuno per tutte queste ore» continuò Sonja, guardando suo figlio come se fosse stata la causa di tutto quanto. «Devi capire che quella povera ragazza ha perso i genitori da poco. Se la tratti in quel modo non sarà mai in grado di superare la cosa».
Eli aggrottò la fronte, irritato. «Non le ho impedito io di mangiare. Sono rimasto fuori tutta la notte, ha avuto tutto il tempo che voleva per andare in cucina senza dovermi incrociare. E comunque come fate a dire che è colpa mia se non va a scuola? Ve l'ha detto quella lì?»
«“Quella lì” si chiama Bianca, Eli. È stata Heidi a raccontarmi tutto» replicò Alec.
Il ragazzo rabbrividì leggermente all'idea, ritrovandosi senza altro da dire. Sybil ne approfittò per continuare – sembrava che quei tre si divertissero a finire l'uno i discorsi dell'altro, quando sgridavano qualcuno. Probabilmente per risultare più intimidatori.
«Abbiamo deciso di punirti per il tuo comportamento, sperando di evitare ulteriori incidenti come quello di oggi».
Se lo aspettava, ma cominciò a preoccuparsi seriamente. In famiglia si amava infliggere punizioni, specialmente se il punito non aveva alcun modo di evitare la cosa. Più lunga e odiosa era la punizione, più i castigatori si divertivano... e dal momento che Bianca era la preziosa bimba umana di Sybil, era probabile che sarebbe stata una punizione su misura per sfasciargli i nervi.
Era stato punito solo un'altra volta in vita sua e sapeva per certo che sarebbe stato orribile. Tuttavia, con suo padre che lo guardava fisso, non aveva modo di ribellarsi.
«D'ora in poi il tuo tempo passato fuori casa sarà interamente nelle mani di Bianca».
Sperò di aver capito male. Batté le palpebre, confuso, mentre la nonna gli sorrideva amorevole, gli occhi viola curvi in due mezzelune lucenti.
«Se uscirai da questa casa, sarà per andare da qualche parte insieme a Bianca. Se passerai il tempo fuori casa a fare qualcosa con i tuoi compagni di scuola, sarà perché Bianca è lì con te a permettertelo. Fuori da queste mura dovrete essere inseparabili» spiegò Sonja in tono sognante, come se stesse parlando della trama di un romanzo rosa. «In questo modo imparerai a conoscerla meglio e a rispettarla».
«No. No, no, no» fece Eli a mezza voce, guardando smarrito il bel viso di sua madre. «Non voglio stare tutto il tempo appresso a quella lì!»
Fu come parlare al vento. Il sorriso di Sybil si allargò in maniera sinistra mentre concludeva il discorso. «Peccato, perché è così che abbiamo deciso, io e i tuoi genitori. Ti dirò di più: sarà Bianca a decidere quando finirà la tua punizione».
Non capiva. Il vampiro guardò smarrito sua nonna, in attesa che continuasse a parlare.
«Per restituirti la libertà, Bianca non deve fare altro che venire da noi e dirci chiaramente che ti ha perdonato. Ovviamente dev'essere un perdono sincero: riusciremo a capire se pensa davvero quello che dice oppure no». Sybil lanciò un'occhiata a Sonja, i cui occhi brillarono di blu ancora più intensamente per qualche secondo.
Eli si sentiva sprofondare sempre di più. Quella condizione era la più ingiusta: sapeva per certo che Bianca Petresi avrebbe preferito lasciarsi esplodere e raggiungere i genitori, piuttosto che concedergli il perdono. Il che significava che sarebbe stato costretto a passare giorni, settimane, mesi interi gomito a gomito con l'intrusa.
Sbirciò gli occhi del padre. Alec Orlando De Vile teneva il suo sguardo ambrato fisso sul suo unico figlio maschio, con l'aria di chi non ammette repliche di nessun genere. Eli sospirò.
Era inutile. Non poteva opporsi alle decisioni di suo padre. Era costretto a ubbidire.
«Posso andare adesso? Vedo se riesco a convincerla ad andare a mangiare».
La mamma e la nonna parvero subito rincuorate. Tutti e tre gli fecero finalmente largo per raggiungere le scale. Mentre le saliva, Eli ebbe l'impressione che fossero più numerose e ripide del solito.

Bussò alla camera da letto di Bianca per ben cinque volte prima di sentire la sua voce da dietro la porta in legno.
«Chi è?»
Dal tono sembrava irritata. Dovrei essere io quello arrabbiato, qui... pensò Eli, irritato. Decise di lasciar correre.
«Sono io» rispose.
«“Io” chi?»
«Eli».
«“Eli” chi?»
«Eli De Vile, quello che sfonderà la porta a calci tra dieci secondi esatti se non sarai tu ad aprire per prima».
«Mi piacerebbe vederti che ci provi».
Eli si prese quei dieci secondi di tempo per respirare a fondo e tentare di calmarsi. Non ricordava nessuno di tanto odioso sia negli atteggiamenti che nel modo di comportarsi come trovava odiosa Bianca. Avrebbe tanto voluto dissanguarla e poi vomitare fino all'ultima goccia per ripicca, ma purtroppo la nonna ci sarebbe rimasta male... e l'avrebbe punito, ovviamente.
Al nono secondo di tempo fu Bianca stessa ad aprire la porta, dopo un fastidioso rumore di chiave girata in una toppa usata troppo poco.
Si era aspettato occhi gonfi e solchi di lacrime su quel viso così scialbo, invece Bianca sembrava rilassatissima. In effetti aveva l'aria di chi ha passato la notte a sonnecchiare.
«Che vuoi da me?» domandò sulla difensiva. «Se è per la punizione, io non c'entro. Hanno deciso tutto da soli! Io ho provato a dirgli che non volevo, ma non mi hanno voluto ascoltare!»
La notizia lo sorprese. Si era detto che Bianca doveva trovare l'intera situazione parecchio divertente, invece non era così. «Fidati, quando si tratta di punizioni non ascolterebbero neanche il Lord Italiano in persona. A me però hanno detto che la punizione finirà quando tu mi avrai perdonato. Lo sapevi?»
Lei si afferrò le punte dei capelli castani, che finalmente erano stati ben pettinati e messi in ordine per darle un aspetto decente. «Ho provato anche a dirgli che ti avevo già perdonato, ma Sonja...»
«Come sarebbe?» domandò Eli, confuso. «Mi hai già perdonato?»
Per qualche motivo Bianca arrossì lievemente; a Eli parve quasi di sentire il flusso di sangue caldo che si concentrava sulle sue gote, all'altezza del naso a patata. «Sì, certo. Insomma, me la sono presa, ma poi ho pensato che devo essere stata io a farti perdere la pazienza». Strinse le labbra. «E comunque, senza offesa, ma l'idea di passare la maggior parte del tempo con te non mi va così tanto a genio. Speravo di poter risolvere il problema alla radice da subito».
Eli annuì lentamente. Non ci aveva pensato, ma quella punizione aveva doppia valenza: Bianca avrebbe dovuto passare tutto il tempo con un vampiro che le aveva dimostrato in più di un modo quanto poco apprezzasse la sua compagnia.
In quel momento Bianca continuava a guardarlo fisso in viso. Non sembrava irritata o altro, quanto in attesa. Eli si ricompose.
«Bene, anche io vorrei risolvere il problema prima possibile. Perciò cerchiamo di andare d'accordo e di non pestarci i piedi a vicenda».
Lei inarcò le sopracciglia in una maniera che gli ricordò molto Isabella. «Volevi dirmi soltanto questo?»
Il vampiro la guardò senza capire. Bianca alzò gli occhi al soffitto e scosse la testa, sorridendo rassegnata. «Lascia stare, Eli. Domani verrò a scuola anche se tu dovessi ricoprirmi di insulti fino in classe, perciò goditi le tue ultime ore di libertà».
Lo salutò con un cenno vago della mano e gli chiuse la porta in faccia.
Eli storse il naso per quel congedo, ma scelse di lasciar perdere e di rimandare alla notte seguente. Per il momento la cosa da fare era andare a chiudere tutte le persiane in vista del sorgere del sole. Mentre si avviava verso la camera da letto, però, si chiese cosa volesse dire Bianca. C'era forse qualcos'altro che avrebbe dovuto dirle, ma di cui si era dimenticato?
Il pranzo? No, non credo. Ma allora cosa?
Eli non se ne sarebbe ricordato fino al giorno successivo.






Finalmente il quarto capitolo!
Avevo detto (se non ricordo male) che non prevedevo di scrivere una fiction troppo lunga, ma ho l'impressione che raggiungerò tranquillamente il decimo capitolo.
Come al solito, vi invito a farmi sapere cosa ne pensate scrivendomi una recensione oppure per messaggio. Al prossimo capitolo.
Ignis

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Capitolo 5
*** La scuola dei mostri ***


05. La scuola dei mostri

La sera seguente non ci furono intoppi: Eli si svegliò perfettamente riposato e riuscì a bere la propria razione di sangue senza sentire il bisogno di lanciare frecciatine a Bianca riguardo la sua colazione a base di cappuccino e biscotti. Quella sera Katrina e Angela passarono per la cucina per bere le loro razioni di sangue, ma nessuna delle due parve interessata a parlare con Bianca. Fino a quel momento il De Vile più contrario alla presenza dell'umana era stato Eli, ma questo non toglieva che anche Angela e Katrina non dovevano essere granché entusiaste della novità. La maggiore mostrò una cortesia molto costruita che celava una gran voglia di ignorare la nuova arrivata il più possibile – come stava facendo sin dal suo arrivo, in effetti – mentre Katrina si limitava a rispondere se interpellata. Dal canto suo, Bianca sembrava intimidirsi parecchio quando si trovava in presenza di qualsiasi vampiro al di fuori di Eli o Bianca, quindi non osava aprire bocca quasi mai, a meno che la curiosità non avesse la meglio.
Quelle che le stavano dando un benvenuto più caloroso in famiglia erano Sybil e Heidi. La prima l'aveva presa sotto la sua ala come una zia affettuosa, mentre la seconda la trovava divertente e basta. Era probabile che con il passare dei giorni e con l'abitudine l'interesse di Heidi si sarebbe estinto del tutto, come succedeva spesso alle bambine della sua età.
Bianca parve finalmente rilassarsi solo quando uscirono di casa. Sospirò profondamente, guardando verso il cielo.
«Finalmente. Credevo che non avrei più visto il cielo».
«Sei tu che ieri hai deciso di restare dentro» osservò Eli, in tono controllato per non farla mettere sulla difensiva. «Ti passo io gli appunti delle lezioni, ma oggi cerca di fare da sola».
L'attenzione di Bianca parve ridestarsi. «Oh, a proposito, che corsi ci sono alla Scuola Notturna? Ho dimenticato di chiederlo a Sybil. Io prima facevo il liceo classico, ma mi è sembrato di capire che dove andremo non è esattamente un liceo».
Eli si strinse nelle spalle, portandosi una lunga ciocca nera dietro l'orecchio. «Non mi sono mai informato sulle scuole diurne, ma un mio amico una volta mi ha detto che la Scuola Notturna assomiglia a un liceo a indirizzo molto neutro, in cui studiamo un po' di tutto ma non approfondiamo niente in particolare».
«Ah».
La faccia di Bianca era indecifrabile. La conversazione sarebbe morta lì se Heidi non si fosse inserita.
«Gli umani hanno tante scuole diverse, quindi? Come mai?» chiese, curiosa.
«In ogni scuola le materie si studiano di più o di meno a seconda dell'indirizzo. A me piacciono molto la letteratura e le lingue come il greco e il latino, per esempio, per questo ho scelto il liceo classico... mentre qualcuno a cui piacciono di più la matematica e le scienze può andare al liceo scientifico, e così via. Ci sono tanti tipi diversi di liceo e anche tipi diversi di istituto tecnico».
Eli non trovava molto sensata quell'organizzazione: secondo lui sarebbe stato più comodo creare un unico liceo e permettere agli studenti di gestirsi l'orario e le lezioni come preferivano, senza doverli dividere per forza in scuole completamente differenti.
«E che differenza c'è tra un liceo e un istituto tecnico?» chiese ancora Heidi, gli occhi verdi fissi sull'umana che aveva accanto.
Bianca, invece di rispondere, si avvicinò di più ad Eli e si aggrappò alla stoffa del suo maglioncino blu scuro. Il vampiro la squadrò torvo per quel gesto.
«Che stai facendo?» domandò in un sibilo. Si liberò dalla sua presa con un gesto brusco e la ragazza si nascose dietro di lui.
«C'è un cane enorme che viene verso di noi...!»
Inizialmente Eli non capì, ma subito dopo scorse la figura di un lupo che si avvicinava. Ovviamente era Luca, che li stava raggiungendo per fare il percorso insieme.
«Veramente è un lupo» precisò Heidi, per poi rivolgere un gran sorriso al lupo mannaro, che ormai li aveva raggiunti. «Buongiorno! Luca, lei è l'umana!»
Lui sbuffò, che era il massimo che riusciva a fare come risata. Poi, come rendendosi conto di qualcosa, si mise seduto sull'asfalto, senza dire una parola.
Nonostante tutto, Bianca continuava a rimanere nascosta dietro Eli. «Ti prego, mandalo via!» lo implorò con voce tremante.
«Perché dovrei mandare via Luca?» domandò il vampiro in tono indignato, scostandosi da davanti a lei. «Vattene via tu, piuttosto! È così che gli umani trattano la gente?»
«Gente?» fece la ragazza. «Vuoi venire a dirmi che i vampiri parlano con i cani? E poi che razza di nome è Luca per un cane?»
«Che razza di nome è Bianca per un'umana, invece?» ribatté a tono Luca, inclinando le orecchie all'indietro.
Bianca strabuzzò gli occhi. «Ha parlato!» esclamò, sbalordita. «Ha parlato!» ripeté, guardando i due vampiri accanto a sé. «L'avete sentito?!»
«Scusami, forse avrei dovuto spiegarle tutto prima» mormorò Eli costernato, rivolto all'amico.
Il lupo si rimise in piedi. «Nessun problema, dico sul serio. Sì, Bianca, ho parlato».
«Come fa a sapere il mio nome?!» domandò lei nell'orecchio di Eli, che la spinse via infastidito.
«Gliel'ho detto io. Vuoi darti una calmata? Mi stai mettendo in imbarazzo!»
Il vampiro non riusciva davvero a capire dove fosse il problema. Bianca stava trattando Luca come un appestato, e per quanto Luca potesse essere tranquillo per essere un lupo mannaro, questo non faceva di lui una persona molto paziente – anzi, era il genere di ragazzo pronto a saltare su per le ingiustizie. A giudicare dal modo in cui stava appiattendo le orecchie contro la nuca, poi, la situazione stava prendendo una piega sempre meno felice.
«Guarda che Luca non è un cane, è amico nostro! Tu quindi non puoi trattarlo così male!» protestò Heidi, imbronciata.
Passarono vari secondi, durante i quali Bianca rimase senza parole e guardò fratello e sorella come se fossero fuori di testa. «Ma...!»
«Chiedi scusa a Luca adesso e forse potrai ancora salvarti la faccia» la incalzò Eli in tono duro.
Luca non disse nulla, ma le sue orecchie tornarono lentamente a rivolgersi in avanti: in qualche modo, anche se Eli non avrebbe saputo dire come, avevano evitato il peggio.
Passarono altri secondi di silenzio. Bianca non si nascondeva più dietro il vampiro, ma era come pietrificata e non accennava a parlare. Dopo qualche attimo in più di pazienza, il lupo mannaro sospirò.
«Lasciamo perdere. Di questo passo faremo tardi. Stammi a sentire» si rivolse alla ragazza «io non sono un cane, ma non sono neanche esattamente un lupo: sono un lupo mannaro. Dal sorgere al tramontare della luna mi trasformo e divento così. Per il resto sono tale e quale a un essere umano, in un certo senso».
Le spalle dell'interpellata si rilassarono, ma lei non sembrò ancora incline a calmarsi completamente. «Potevate dirmelo prima! Mi è venuto un infarto!»
«Oh, non esagerare. Perché, hai paura dei cani?»
«Di quelli grandi» specificò lei. «E il tuo amico assomiglia terribilmente a un cane gigantesco».
I due vampiri guardarono l'umana con tanto d'occhi. Eli in particolare era agghiacciato: quella era una svolta che decisamente non aveva calcolato. Non riusciva a capire come qualcuno potesse avere paura dei cani, ma soprattutto non capiva come una persona simpatica e socievole come Luca potesse fare paura a qualcuno.
Quest'ultimo aveva esaurito la propria pazienza, ma scelse accuratamente di non mettersi a ringhiare e di non fare scenate davanti alla cinofobica. «Va bene, ho capito. Io vado avanti da solo. Ci vediamo in classe, Eli».
Prima che il ragazzo potesse fare nulla per fermarlo, l'amico si era già voltato per percorrere la strada deserta alla massima velocità consentita dalle sue zampe da lupo.
«Aspetta, non andare via da solo!» esclamò Heidi invano.
Quei giorni erano gli unici in cui Luca poteva permettersi di passare più tempo in giro con Eli senza trasformarsi in un essere umano. Erano poche ore preziose che in genere i due si impegnavano a trascorrere insieme il più possibile. Poi era arrivata Bianca, aveva cominciato a trattare Luca come chissà che creatura mostruosa e giustamente lui si era offeso.
Il vampiro fulminò la ragazza con lo sguardo. «Non potevi proprio evitare, eh?»
Lei rimase interdetta. «Perché, che ho detto?»
Esasperato, Eli lasciò che fosse Heidi a tentare di spiegarle quanto fosse sbagliato parlare male di qualcuno davanti a lui, che si trattasse di un lupo mannaro o di qualsiasi altra creatura senziente. Secondo il ragazzo, se Bianca non era capace di intuirlo da sola, non era nemmeno sensato provare a farglielo capire.

Entrambi i De Vile si resero conto in fretta che gestire un'umana come nuova compagna di scuola sarebbe stato più complicato del previsto: dovettero accorgersene non appena arrivarono in vista della Scuola Notturna – che Bianca, una volta ritrovata la tranquillità, commentò con un «che tristezza, sembra un obitorio!» nonostante nessuno dei due vampiri avesse chiesto il suo parere.
Come forse avrebbero dovuto immaginare, infatti, tutti gli studenti che incrociavano si mostrarono subito molto interessati alla nuova arrivata. Nella Scuola Notturna del resto c'erano sì e no un paio di centinaia di studenti e non era un'esagerazione dire che si conoscevano tutti quanti almeno di vista; una nuova arrivata saltava all'occhio e l'indole naturalmente curiosa dei fattucchieri, che rappresentavano quasi la metà del corpo studentesco, portò ben presto il piccolo trio a essere circondato da persone che volevano vedere l'umana, conoscerla, parlarci.
In un primo momento Bianca accolse senza problemi quelle attenzioni. Per la maggior parte era gente socievole che era puramente interessata a lei, anche se in maniera superficiale; Eli immaginò che dovevano essere riusciti a raggiungere il suo ego e a lusingarlo a dovere.
Le cose filarono lisce finché Bianca ebbe solo a che fare con fattucchieri e folletti, almeno. I primi avevano un aspetto tale e quale a quello umano, anche se un po' stravagante, e probabilmente i lineamenti ferini e le orecchie a punta dei secondi non erano sufficienti a impressionare la ragazza. Quando però si avvicinarono i primi gargoyle, Eli si ritrovò di nuovo a farle da scudo contro la nuova minaccia.
«C-che roba è, quella? Una specie di demone? Mandalo via!» lo implorò Bianca con voce angosciata.
Il gargoyle più vicino sentì tutto e si offese. «Che vuole dire?» domandò con voce chiara e acuta a Heidi, sua compagna di classe. La bambina si strinse nelle spalle: lei si era abituata fin da piccola a vedere quegli esseri dall'aspetto non proprio gradevole, con pelle che andava dal grigio chiaro al nero intenso e artigli affilati, ma non aveva idea che per un'umana che non ne aveva mai visto uno poteva essere un'esperienza scioccante.
Nonostante tutto, Eli cercò di rimediare alla situazione in qualche altro modo. «Bianca, lascia andare i miei capelli e datti una calmata. Nessuno ti farà del male qui, cerca di rilassarti».
Lei ovviamente non lo ascoltò. «Prima il lupo che parla, ora il demone! Che diavolo aveva in mente Sybil? Questo posto è una gabbia di mos...»
Intuito il pericolo, Eli si affrettò a coprirle la bocca con la mano, cingendole al tempo stesso le spalle con il braccio per impedirle di muoversi. Non fu un'esperienza molto piacevole per lui: la pelle del viso di Bianca era grasso e butterato, la consistenza della sua carne attorno alle spalle fin troppo soffice. Le lanciò un'occhiataccia di avvertimento, ma la luminescenza naturale dei suoi occhi gialli servì solo a farla agitare ancora di più. Scelse quindi di rivolgersi agli studenti più vicini.
«L'umana non è abituata a vedere niente che non sia umano, lasciatela respirare!»
Nessuno accennò a muoversi. Al contrario, qualcuno rispose:
«Sei tu che la stai soffocando, De Vile! Lasciala andare!»
«Già! Ai vampiri non è permesso mordere a scuola! Lasciala!»
Invece di vederli togliersi di mezzo, Eli si sentì agguantare per le spalle dalle mani coriacee di un gargoyle. Allo stesso tempo, qualcuno gli stava afferrando le mani per staccarle da Bianca; sentì addirittura delle dita affusolate aggrapparsi ai suoi lunghi capelli neri per farlo arretrare.
Bianca si ritrovò libera, ma invece di sfruttare la situazione per raggiungere la scuola, guardò Eli come una bestiolina in trappola.
Il vampiro non era mai stato una persona molto paziente. In famiglia gli unici con quelle qualità erano la nonna e la mamma – la prima perché troppo vecchia per arrabbiarsi spesso, la seconda per indole naturale. Tutti gli altri avevano la tendenza ad essere insofferenti, specie quando le cose non andavano come previsto. Se però Heidi approfittò del momento per sgattaiolare via insieme ai propri compagni di scuola, per nulla intenzionata a risolvere la situazione, Eli non aveva la stessa scelta: se avesse abbandonato Bianca in quel momento, quest'ultima non gli avrebbe mai concesso il fatidico “perdono” che lo avrebbe liberato dalla punizione. Per quanto detestasse dover aiutare l'umana che aveva offeso il suo migliore amico, era l'unica scelta che aveva per potersi sbarazzare alla svelta di quel castigo.
«Allora, l'hai già fatta diventare donatrice?» domandò una voce fastidiosamente vicina al suo orecchio.
«Ehi, ma non ce la presenti nemmeno? Dannati vampiri, volete sempre tenervi tutto voi!» protestò un altro, tirandogli leggermente delle ciocche corvine per attirare la sua attenzione.
Ormai più che irritato, Eli si portò la chioma corvina sulla spalla e lanciò un'occhiata assassina dietro di sé, scoprendo i denti. Per quanto tutti sapessero che a scuola chi faceva del male a qualcuno era severamente punito, nessuno osò farsi avanti per mettere alla prova ulteriormente la pazienza del vampiro: le ragazze lo guardarono intimorite, i ragazzi s'imbronciarono ma si distanziarono. Senza perdere altro tempo, il giovane De Vile raggiunse Bianca – che nel frattempo era stata circondata da un gruppo di folletti e li guardava con aria spaesata – per agguantarle il braccio e trascinarsela dietro, mentre si dirigeva verso l'entrata a grandi passi.
Con gli occhi gialli di Eli che mandavano bagliori inquietanti e le sue zanne bianche ben scoperte, riuscire a entrare non fu complicato. Il ragazzo cominciò a rallentare l'andatura solo quando ebbero percorso una decina di metri nell'atrio d'ingresso. A quel punto lasciò il braccio di Bianca per farle recuperare la sensibilità alla mano: a giudicare dalle pulsazioni che aveva sentito invadergli il palmo, doveva averle bloccato la circolazione per quanto l'aveva stretta forte.
Bianca aveva i capelli spettinati, tanto per cambiare, e uno sguardo del tutto stralunato. Osservò Eli come se lo stesse vedendo per la prima volta in vita propria.
«Non dormire» tagliò corto Eli. «Senti, credevo che la nonna ti avesse detto qualcosa su chi avresti potuto incontrare a scuola, ma a quanto pare non è così. Non ti aspettavi proprio di vedere dei gargoyle?»
Con qualche secondo di ritardo, Bianca alitò una risposta. Le si era seccata la gola. «Immaginarseli è un con...» tossì «immaginarseli è un conto, ma trovarseli davanti sul serio è completamente diverso! Quanto pensi che ci abbia messo ad abituarmi alle zanne di Sybil?»
«Sei senza spina dorsale» bofonchiò lui in tono critico. Poi, notando lo sguardo di Bianca, aggiunse: «ti comunico che c'è qualche decina di gargoyle nella scuola e parecchi folletti. Almeno coi fattucchieri spero che tu non abbia problemi!» Nel frattempo fece un cenno verso un corridoio laterale che portava alla loro aula. «Andiamo».
Lei, anche se offesa, lo seguì. «Io credevo che sarebbero stati quasi tutti vampiri... non me n'ero fatta un grosso problema, visto che a voi in qualche modo mi sono abituata».
Eli rise divertito. «Gli unici vampiri in tutta la scuola siamo io, Heidi e i due figli dei Pescosolido. Non ci sei andata neanche vicino».
Bianca parve improvvisamente terrorizzata all'idea di stare troppo lontana da lui: gli si aggrappò al braccio. «E quanti lupi mannari ci sono? E diavoli, e altri mos...»
Grazie a qualche miracolo Eli riuscì di nuovo a tapparle la bocca in tempo. «Non dire più quella parola, ti dispiace? È molto offensivo da dire e puoi star certa che nessuno ti ringrazierà del complimento. Renditi conto che qui siamo tutti persone, esattamente come te. Vedi di scendere dal tuo piedistallo». Le liberò le labbra.
Bianca borbottò qualcosa sul non sentirsi superiore a nessuno.
«Per rispondere alla tua domanda, gli unici altri che mancano alla lista sono fattucchieri, maghi e folletti. Di fattucchieri e folletti ce ne sono parecchi, anche nella nostra classe... di maga ce n'è una sola in tutta la scuola. Anche di lupo mannaro ce n'è soltanto uno».
Raggiunsero la classe: Eli entrò per primo, ma esattamente come due giorni prima fu preso subito d'assalto.
«Eli, togliti di mezzo e faccela conoscere!»
«Giusto, levati!»
Il vampiro si limitò a fare un passo di lato per permettere a Bianca di entrare. La ragazza sembrava molto intimidita dalla situazione: malgrado la sua stazza parve farsi più piccola.
«C-ciao... io sono Bianca» spiccicò con un filo di voce.
Una delle ragazze della classe le tese la mano per stringere la sua. «Piacere, io sono Miriam!»
«Io sono Giada!»
«Andrea, piacere!»
La nuova arrivata trasse un lieve sospiro di sollievo. Soddisfatto, Eli si disse che da lì in poi avrebbe potuto continuare per conto proprio: in classe non c'era la mole di studenti che avevano incontrato all'entrata e sicuramente sia Bianca che i fattucchieri sapevano come socializzare senza spaventare a morte il prossimo. Con lo sguardo vagò subito nell'aula per cercare Luca.
Il lupo mannaro si era accomodato come sempre al proprio posto in fondo all'aula, a debita distanza da tutti gli altri. In quel momento era sdraiato per terra con la testa appoggiata sulle zampe. Quando il vampiro lo raggiunse si limitò a drizzare le orecchie.
«Ehi» fece Eli quieto.
«Non sarei dovuto andare via in quel modo, mi dispiace» disse subito Luca, guardandolo. «Mi sono offeso e...»
«Lascia stare, Luca! Non hai fatto niente di male. Sono io che non le ho parlato di te e non le ho spiegato meglio che tipo di studenti si possono trovare a scuola» lo interruppe lui in tono fermo. Guardò in basso, un po' in imbarazzo. «È a me che dispiace».
Luca sollevò la testa, continuando a guardarlo fisso. «Ma no, non dire così. Eli, tu cerchi sempre di tenere tutto sotto controllo... ma allo stesso tempo sei abituato anche a prenderti colpe che non hai. È successo e basta, no? Non devi stare tanto a preoccupartene». Mosse lievemente la coda, in un chiaro segno di tranquillità. Non era più arrabbiato, forse solo un po' dispiaciuto. «Non è nemmeno colpa di Bianca: ha paura dei cani, non può farci niente... e io sono un cane bello grosso, secondo il suo punto di vista. Le basterà non fare la strada insieme a noi nei prossimi giorni e starmi lontano, no?»
L'idea inizialmente fece sorridere Eli, che avrebbe volentieri fatto a meno di periodi di tempo extra con Bianca – ed era sicuro che anche lei ne sarebbe stata contenta. Subito dopo il sorriso s'incrinò.
«Sai, credo che non sarà così semplice, purtroppo». Non sapeva come spiegarsi. Sentì lo sguardo penetrante di Luca su di sé e capì che sarebbe stato inutile tentare di indorargli la pillola. «Ieri, quando sono tornato a casa...»
Gli raccontò della punizione e dei termini per poterne uscire. Inevitabilmente, il lupo mannaro si fece minaccioso.
«Lo sapevo, va sempre a finire così. Quand'è che riuscirai a tenere a bada la tua boccaccia?» protestò irritato.
«Mi dispiace! Come potevo immaginare che per la nonna fosse così importante?» tentò di difendersi Eli.
«Ha invitato un'umana a vivere in una famiglia di vampiri pur di non lasciarla da sola. A me pare che le importi parecchio!» Luca sbuffò, arrabbiato. «E immagino che anche tentare di sfuggire alla punizione di nascosto sia fuori discussione».
Quello era un punto su cui erano tornati altre volte in passato, ma che ancora non erano riusciti a superare. Eli strinse le labbra, dispiaciuto. «Lo sai che non dipende da me».
«Sì, lo so. Se mi dessero un euro per ogni volta che te l'ho sentito dire, a quest'ora sarei ricco sfondato». Il tono di Luca si era fatto cupo. «Vai a sederti, è arrivata la Geranio».
Eli si voltò verso la classe e notò che i suoi compagni si erano già tutti seduti. Bianca si era accomodata nel banco accanto al suo, mentre Chiara e Isabella lo sbirciavano con un sorrisetto.

«Pensavo peggio, come primo giorno» confessò Bianca tre ore più tardi, durante la pausa. «Mi ero immaginata un sacco di cose che avrei dovuto imparare sulle altre razze...»
«Del tipo?» domandò Chiara con curiosità. «Una lezione sull'igiene dentale dei vampiri? Educazione civica per le comunità di folletti? Approfondimenti sui culti e le credenze dei fattucchieri?»
Avevano appena seguito una lezione di matematica, una di storia e una di letteratura italiana; in quel momento se ne stavano attorno al banco dell'umana. Bianca era stata “presa in ostaggio” da Isabella e Chiara, che erano tra i più interessati a volerla conoscere, e in quel momento era impegnata a parlare con loro due e con altri due compagni di classe, Valentino e Andrea. Eli se ne stava poco distante e ogni tanto guardava Luca, che sembrava intenzionato a starsene alla larga per tutto il resto della pausa. Il fatto che il suo migliore amico fosse arrabbiato e che la causa di tutto invece se ne stesse tranquilla a chiacchierare con gli altri non fu un toccasana per l'opinione che il vampiro aveva della nuova arrivata, anzi: contribuì a fargliela apparire ancora più odiosa e superficiale.
Se non altro, Bianca aveva smesso di dire “mostro” e stava cominciando a comportarsi normalmente. Con i fattucchieri e con Chiara non pareva avere nessun problema, ma probabilmente continuava a considerarli dei semplici esseri umani. Non che per qualcuno la cosa fosse un problema: rendeva il tutto più semplice e basta. Per il momento i gargoyle avevano afferrato il messaggio e se ne stavano in disparte: Bianca si sarebbe avvicinata a loro quando se la fosse sentita.
«Ora ti va di spiegare che hai fatto di male a Luca?» domandò finalmente Isa, ravvivandosi le ciocche verdi. «Se n'è rimasto laggiù per tutto il tempo, e dire che anche lui era molto curioso di conoscerti».
Bianca non rispose: abbassò lo sguardo sulle proprie mani e arrossì per l'imbarazzo. Chiara e Isa guardarono interrogative Eli. Lui si mise a braccia conserte.
«L'ha preso per un cane che parla e l'ha trattato da animale». Aspettò prima di continuare, dato che i compagni di classe erano subito scoppiati a ridere prima ancora che potesse finire la frase. «Sapete com'è fatto: non credo se la sia davvero presa così tanto, ma prima vuole delle scuse».
«Perché? Non è mica colpa mia!» ribatté Bianca prontamente. «Scusa tanto, ma vedermi davanti un animale gigantesco che mi parla mi ha fatto spaventare! Che ne sapevo io?»
Eli non lo vide, ma sentì le unghie di Luca che graffiavano leggermente il pavimento mentre questi usciva dall'aula, diretto in cortile.
«Sicuramente, ma adesso che non sei più spaventata ti sei resa conto di averlo trattato male, giusto?» fece Isa, mentre cercava di smettere di ridere.
Lo sguardo di Bianca era ancora vacuo: non capiva. «No, non mi sembra di aver fatto niente di male... perché? Che ho detto?»
L'espressione prima tranquilla di Isabella si tinse di sconcerto. Chiara sembrò solo ancora più divertita.
«Guarda che Luca non è mica un animale. È un ragazzo-lupo!» cercò di farle notare Andrea. «Non è mica colpa sua se ha quell'aspetto!»
«È un lupo mannaro. Un po' animali lo sono tutti quanti, dopo che vengono morsi... non ha mica tutti i torti» osservò Valentino. «C'è un motivo se sta da solo in fondo alla classe».
«Un motivo che non dipende da lui!» ribatté Isabella. «Ci sarà rimasto malissimo, povero Luca!»
Bianca si strinse nelle spalle. «Non siamo tenuti a diventare amici e non credo che avrò lo stesso problema con altri. Quello è l'unico lupo mannaro della scuola, giusto? Me l'ha detto Eli».
Il sorriso di Chiara si allargò mentre guardava il vampiro. «Tu non dici niente? Vuoi lasciare che la nuova ragazza umana parli del tuo migliore amico in questo modo?»
Solo in quel momento Eli si rese conto di aver assunto un'espressione truce mentre guardava Bianca. Quest'ultima ricambiò l'occhiata con una mortificata, come se fosse appena caduta dalle nuvole. «Amico?»
«Ci puoi scommettere! Eli e Luca stanno quasi sempre insieme! Vengono a scuola insieme, passano la ricreazione insieme, tornano a casa insieme e spesso e volentieri trascorrono la nottata andando in giro insieme» elencò Isa sollevando le dita punto per punto. «Anzi, è strano che oggi se ne stiano ognuno per conto proprio».
«Io non lo costringo mica a stargli lontano...» cominciò Bianca, per poi esitare. «Oppure... oppure sì?»
Eli scosse la testa. «No, non sei tu a costringermi. Preferirei comunque che tu ti scusassi con Luca per come ti sei comportata e cercassi di andarci d'accordo. È davvero così difficile per te?»
Bianca sospirò stancamente, cominciando a torcersi le mani per il nervosismo. Sembrava davvero che stesse avendo chissà quale lotta con se stessa, cosa che Eli non riusciva a comprendere: cosa poteva esserci di tanto difficile nel porgere le proprie scuse quando si aveva sbagliato?
«Mi dispiace, non ce la faccio. Io ho il terrore dei cani, penso che non riuscirei nemmeno a stargli davanti per più di cinque minuti senza morire di paura».
Ormai era ufficiale: Eli la odiava. Le lanciò un'occhiataccia intimidatoria che la fece rabbrividire, poi distolse lo sguardo e si rifiutò di guardarla per tutto il resto dell'orario scolastico.

Una volta fuori dalla scuola, Eli e Bianca fecero il tragitto fino a casa per conto proprio. Heidi era andata a passare la notte con uno dei suoi compagni di scuola, quindi sarebbe tornata indietro accompagnata da genitori di altri.
Tra il vampiro e l'umana si era creato un silenzio gelido. Alla fine Bianca non aveva rivolto la minima parola di scuse a Luca, e quest'ultimo aveva deciso di tornare a casa da solo per evitare di spaventare ulteriormente la ragazza. Eli ancora una volta si era visto costretto a restare accanto a Bianca.
«Io credevo che vampiri e lupi mannari si odiassero, come nei romanzi» osservò lei a un certo punto, rompendo il silenzio.
Eli si sforzò di mantenersi cortese, anche se non amichevole. «In un certo senso è vero. I lupi mannari non hanno una vera e propria società, in effetti... c'è un branco nella zona, ma si ghettizzano da soli; non è comunque quello il problema. Molte persone evitano i lupi mannari proprio per la loro parte animale, quindi li considerano animali in tutto e per tutto. In questo modo i lupi mannari che si comportano come delle bestie finiscono per penalizzare anche i lupi mannari che invece si comportano in maniera civile, come Luca. Per la maggior parte dei vampiri in effetti un lupo mannaro non è più né meno che un cane che parla, come hai detto tu». La guardò minaccioso. «Infatti i miei non sanno che io sono amico di Luca: pensano che siamo solo nella stessa classe e vorrei che continuassero a pensarla così. Prova a parlare di lui con qualcuno che non sia io o Heidi e giuro che te la farò pagare cara».
Bianca storse il naso. «Per chi mi hai preso? Non sono così cattiva come pensi tu, guarda che ho capito! Puoi stare tranquillo».
Tornò il silenzio, rotto solo dai loro passi. Fu di nuovo Bianca a romperlo.
«Guarda che puoi andare da Luca, se vuoi. Io intanto mi trovo qualcosa da fare qui in giro, oppure mi chiudo nella serra che c'è in giardino, e quando torniamo a casa possiamo dire di aver passato la giornata insieme» propose.
Il vampiro fu sorpreso di sentire quella proposta, ma si vide costretto a rifiutare. «Non posso. Papà mi ha ordinato di restare sempre vicino a te, quando siamo fuori casa».
Bianca lo guardò come se stesse parlando con un imbecille. «Beh... sì. È questo il punto. Noi facciamo finta di fare come dice, lui è contento e noi non dobbiamo torturarci. Capito?»
Gli stava suggerendo di mentire, né più né meno. Eli sorrise mestamente. «Immagino che le famiglie umane siano completamente diverse da quelle dei vampiri. Quando mio padre mi ordina di fare qualcosa, io non posso disubbidire. Ogni sua parola per me è una legge che non posso infrangere in nessun modo, capisci? Perciò se lui mi dice che fuori casa io devo stare insieme a te, non posso andarmene per conto mio da qualche altra parte. Adesso ti è chiaro?»
Era quello il motivo per cui le punizioni gli pesavano così tanto. Non aveva potuto inseguire Luca quando quella sera si era allontanato a tutta velocità verso la scuola, né era stato capace di passare la ricreazione insieme a lui. La parte peggiore era che il suo amico sapeva ogni cosa e nonostante tutto lo perdonava.
Bianca finalmente parve comprendere. «Accidenti! Sarebbe molto più comodo se potessi perdonarti subito!»
«Se i miei dicono che il tuo “perdono” non è valido, vuol dire che non è sincero. Dimmi soltanto cosa devo fare per farmi perdonare, quindi, così saremo tutti e due liberi prima possibile».
Eli continuava a guardare la cosa da un punto di vista pratico: se si fosse comportato in modo da essere accettato da lei, finalmente sarebbe stato libero di tenersene lontano. Ancora però non capiva cosa doveva fare per riuscire a risolvere il problema: quella era una cosa che solo Bianca poteva spiegargli.
«Anche se me lo chiedi, non mi viene in mente niente di particolare...» borbottò la ragazza, a disagio. Ricominciò a torturarsi le dita. «A me basta che tu la smetta di trattarmi come uno scarafaggio, o come una violatrice di domicilio».
Eli intuì che per arrivare a tanto ci sarebbe voluto parecchio lavoro ancora. «Va bene».
«No, non va bene. Guarda che non ho deciso io di venire a vivere a casa vostra. Che posso farci se la mia è andata a fuoco? Mi sento già abbastanza un'intrusa senza che ti ci metta anche tu».
Eli chiuse gli occhi e si passò lentamente le mani sugli occhi. «Ho capito. Non sono stato giusto con te e me ne rendo conto. Ti chiedo scusa».
Bianca non disse più niente. Eli aprì gli occhi e si rese conto di essere fissato.
«So di essere stupendo, ma quel tuo modo di guardarmi fisso è davvero inquietante» le fece notare.
Bianca avvampò e inchiodò lo sguardo a terra. «S-senti chi parla! I tuoi occhi sembrano due lampadine! Non vorrei proprio incontrarti in un vicolo buio».
«Sì, sì, sì. C'è altro?»
«Vorrei che tu fossi più paziente con me. Per esempio, per me non è così facile abituarmi all'idea che i lupi sono persone e che posso trovarmi davanti un animale parlante, va bene? Se vedo qualcosa che non conosco tu spiegamela, ma non trattarmi come se fossi stupida. È una cosa che non sopporto».
Improvvisamente il fatto di non considerarla più un'intrusa non gli sembrò un ostacolo così insormontabile. «D'accordo. Qualche altra richiesta?»
Bianca annuì. «Non ti chiedo di diventare il mio compagnuccio di giochi né altro del genere: mi basta che tu mi aiuti ad ambientarmi. Mi farò io degli amici con cui passare il tempo e troverò qualcosa da fare che non richieda la tua presenza... ma non sono abituata a vivere di notte e non so come trovare questo tipo di cose. Perciò ti propongo questo: quando saremo insieme io mi sforzerò di essere meno ironica possibile e di fare la brava umana... e prometto anche di cercare di fare amicizia con Luca senza spaventarmi, ma tu in cambio aiutami ad abituarmi al tutto. Più mi ambiento, meno avrò bisogno del tuo aiuto, giusto? Ci guadagniamo entrambi».
Come patto non gli sembrò affatto male. Eli sorrise. «Si può fare. Mi dispiace solo che non sia il genere di cosa che si possa risolvere in un giorno o due. Temo che resteremo in punizione per una settimana o due, come minimo».
Bianca rise. «Non dire così! Bisogna pensare positivo».
Tornarono a casa così. Eli non era dell'umore di passare la notte in cerca di divertimenti con Bianca, non dopo quello che era successo con Luca, ma almeno avevano entrambi i loro buoni propositi. Si sarebbero impegnati a uscirne, in qualche modo.






Eccomi qui con un capitolo leggermente più lungo rispetto ai precedenti. La storia deve ancora ingranare come si deve, me ne rendo conto, quindi prometto di impegnarmi di più per i prossimi capitoli! Nel frattempo vorrei comunque sapere cosa pensate di ciò che è successo fin qui. Quali sono i personaggi che vi ispirano di più, e quali i personaggi che sentite già di odiare? Pensate che Eli smetterà mai di detestare Bianca con tutto il cuore? E lei smetterà di considerare Luca alla stregua di un animale?
Mi interessa molto conoscere i vostri pareri, perché (come avrete notato) ho un disperato bisogno di migliorare. Spero che mi farete sapere in molti le vostre opinioni. Nel frattempo vi saluto: al prossimo capitolo!
Ignis

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Capitolo 6
*** L'uscita ***


06. L'uscita

I successivi due giorni furono tranquilli, cosa che permise ad Eli di riposarsi dallo stress insopportabile che comportava il dover badare a Bianca, e in una certa misura anche di abituarsi all'idea di averla intorno. Due giorni non erano assolutamente un tempo sufficiente per far diventare quella convivenza un'abitudine, ovviamente – anzi, il vampiro era ancora fermamente convinto che non si sarebbe abituato mai – ma gli servirono per mettere da parte il malcontento e ad andare incontro alle richieste di Bianca.
La sua priorità ormai era di farsi perdonare, quindi si impegnò a comportarsi meglio che poteva. Si risparmiò le frecciatine, le spiegò ciò che non conosceva con calma e senza lasciarsi andare a reazioni esasperate. Smise addirittura di lamentarsi del sarcasmo della ragazza, che ormai si era rivelato essere l'elemento principale del suo carattere.
Per la scuola notturna il loro rapporto si era in qualche modo stabilizzato, anche se non nel modo che probabilmente Sybil si era immaginata. Se la nonna si era prospettata l'immagine di Eli e Bianca che finivano per diventare migliori amici a furia di starsene appiccicati, entrambi avevano trovato dei modi alternativi per stare vicini senza doversi per forza dare retta: durante il tragitto fino a scuola o da scuola a casa, Bianca parlava con Heidi ed Eli interveniva davvero poco; a ricreazione l'umana si metteva a chiacchierare a più non posso con Isabella, che alla fine l'aveva presa in simpatia, con qualche intervento sporadico di Chiara, mentre il vampiro passava il tempo col suo migliore amico.
La questione “Luca” non si era ancora risolta del tutto. Alla fine Bianca era riuscita a scusarsi con lui, ma quest'ultimo si era limitato ad accettare le sue scuse e non le aveva più rivolto la parola. Quando Eli gli chiese il perché di quel comportamento, Luca non lo convinse molto.
«Non voglio farle pressioni per conoscerci, se ha paura dei cani. Si avvicinerà da sola quando se la sentirà, ma per il momento non voglio forzarla».
Aveva risposto in quel modo, ma quando il venerdì Bianca si era fatta coraggio e aveva tentato di invitarlo a fare il percorso di ritorno insieme, Luca aveva troncato la sua buona volontà con un “non fa niente” per poi andarsene senza ascoltare una sola parola di più. Tanto per rincarare la dose, Bianca non aveva preso affatto bene quel rifiuto.
«Io ci ho provato, hai visto anche tu! Se Luca vuole fare la vittima non è colpa mia!» si era difesa quando era andata a riferire a Eli.
Lui non aveva potuto darle torto. In quei due giorni non aveva più sentito la mancanza di Luca, dato che lo incontrava comunque a scuola, ma nulla ormai avrebbe potuto impedire al lupo mannaro di unirsi a loro nei tragitti tra casa e scuola. Ormai stava evitando Bianca deliberatamente.

L'arrivo del sabato fu un sollievo per Eli. Al risveglio dalla propria bara si consolò all'idea di poter passare l'intera giornata a fare quello che preferiva senza essere per forza limitato dalla presenza di Bianca: dovevano stare insieme solo se uno dei due usciva di casa, dopotutto, e lui aveva tutta l'intenzione di restare dentro a rilassarsi, possibilmente davanti a un libro o nel sistemare gli appunti con la radio accesa.
I suoi progetti andarono in fumo quando fece per scendere le scale. Bianca lo intercettò proprio lì.
«Buongiorno, Eli!» lo salutò la ragazza con un sorriso decisamente più amichevole del normale.
Tanto bastò per insospettire il ragazzo. Le rivolse un'occhiata penetrante. «Buonasera, Bianca» la corresse. «Che cosa ti serve?»
Lei lo guardò interdetta, poi distolse lo sguardo, tenendo un tono vago. «Andiamo, solo perché ti saluto non significa mica che mi serva qualcosa!»
Eli annuì. «Hai ragione. Quindi che cosa ti serve?»
Dopo un paio di secondi in cui Bianca tentò di sostenere il suo sguardo, l'umana dovette desistere. «Perché non ti si può nascondere niente?» si lamentò.
«Veramente mi dicono tutti che è facilissimo nascondermi le cose, sai? Solo che tu sei davvero negata» la rassicurò Eli. «Qual è il problema?»
Si stava comportando in maniera più gentile, con lei, in modo da liberarsi presto dalla punizione. Negli ultimi due giorni era stato più angelico che mai con Bianca, ma quando al sorgere del sole la ragazza andava a riferire a Sonja di aver perdonato Eli, la donna le diceva prontamente che non era affatto così. In condizioni normali Eli avrebbe sfogato volentieri le proprie frustrazioni su quell'umana così rancorosa, ma si rendeva conto che fare così avrebbe solo peggiorato la situazione.
Nel frattempo si mise a scendere le scale, con Bianca che lo seguiva.
«Ecco, il fatto è che è sabato sera. Gli umani in generale escono il sabato sera, quindi...»
«Lo so, lo so. Non posso farci niente se ti annoi» tagliò corto Eli. «Noi due non siamo neanche così tanto amici, quindi non ti accompagno da nessuna parte se non hai in mente qualcosa di preciso da fare».
«Non fare l'antipatico! So già dove potremmo andare» protestò Bianca. «A Vallata Nuova c'è la cena di classe dei miei compagni di liceo. Vorrei andare a trovarli».
Il vampiro ragionò in fretta. L'idea non gli piaceva affatto: non era il tipo da allontanarsi troppo da casa e se lo faceva non andava a farsi i bagni di folla umana. Bianca gli aveva appena proposto di fare entrambe le cose.
«Non sono più i tuoi compagni di classe» osservò, cercando di farla desistere. «Poi potete sempre sentirvi per telefono o per Internet, se ti mancano tanto».
Scese le scale, si diresse verso la sala da pranzo. Bianca non si arrese.
«Lo sai anche tu che qui non c'è traccia di connessione Internet! Non c'è nemmeno campo per il cellulare».
«Puoi usare il telefono fisso, no?»
«Si può sapere perché non ti va l'idea che io vada a una cena di classe?»
«Che succede?» domandò Angela vedendoli entrare. Si era acconciata i capelli in una bella coda di cavallo e li guardava fisso. Del suo pasto quotidiano non c'era traccia, semplicemente perché non ne aveva bisogno: entro breve avrebbe incontrato il suo ragazzo e si sarebbe nutrita da lui.
Mentre Bianca si irrigidiva, non ancora abituata a trattare con Angela, Eli non si scompose e si prese la sua bottiglia di sangue dal bancone, per poi andare a sedersi al solito posto.
«Niente, una festa di umani a Vallata Nuova. Lei ci vuole andare, io invece no».
Katrina, seduta al proprio posto a tavola, fece un sorriso di scherno. «Guastafeste come al solito! Che male ti fa andarci?»
«Già, che male ti fa andarci? Spiegami» rincarò l'umana, sorridente.
In realtà Katrina stava parlando più per scocciare Eli che per sostenere Bianca, ma in quella situazione per lui non faceva molta differenza. Sospirò.
«Dovrei andare in mezzo agli umani come se nulla fosse? Si faranno un sacco di domande su di me, non mi sembra una buona idea. In più papà non mi lascia andare lontano da casa da solo per stare in mezzo agli umani, lo sai».
Bianca soffocò una risata di scherno, guardandolo divertita.
«Questo perché due anni fa sei rimasto fuori troppo a lungo e sei quasi saltato alla gola di un tizio. Ormai hai imparato la lezione e puoi cavartela da solo» disse Katrina, mentre si versava altro sangue nel bicchiere. «Un cervello ce l'hai! Se ti fanno domande strane e devi rispondere per forza, una scusa la trovi di sicuro. Secondo me l'unico problema che avete è il modo per arrivarci, alla festa».
Mentre Eli si versava da bere, Bianca non aveva ancora accennato a voler mangiare qualcosa. Guardò Katrina implorante. «Non potresti accompagnarci tu? Qui avete giusto due macchine e una è tua!»
La vampira scosse la testa con decisione. «Niente da fare! Oggi devo andare a prendere due della crew e caricare l'attrezzatura». Poi sorrise melliflua. «Non sperare di poter chiedere a papà! Il sabato sera lui e mamma preferiscono andare in qualche posto romantico da soli».
La ragazza avvampò così violentemente che Eli ebbe l'impressione di sentire il calore del sangue fluirle tutto al viso anche a distanza. «N-non volevo chiederlo a lui...» borbottò imbarazzata.
«Posso portarvi io» s'intromise Angela, che aveva seguito tutta la conversazione.
Eli le scoccò un'occhiata scettica. La maggiore delle sue sorelle poteva sembrare la più matura, ma in pratica giocava a fare la mantenuta di un ragazzone ricco e stupido, estorcendogli favori, regali e sangue in cambio di una verginità che il poveretto non aveva ancora ottenuto. Sicuramente quel tizio non avrebbe avuto niente da obiettare nel dare uno strappo a qualcun altro, ma Eli avrebbe preferito raggiungere Vallata Nuova a piedi piuttosto che assistere allo spettacolo di quell'umano che si lasciava fregare dalle moine di Angela.
«Non mi pare una buona idea» mormorò Eli a mezza voce. Bastava però guardare l'espressione felice di Bianca per capire di non avere più voce in capitolo.
«Grazie, Angela, mi faresti davvero un regalo!» esclamò tutta contenta.
La vampira rispose con un sorriso radioso che costrinse il fratello minore a distogliere lo sguardo e che fece scoppiare a ridere Katrina. «Di nulla! A me e a Diego fa piacere renderci utili».

Non più di una mezz'ora più tardi, Bianca scese le scale per raggiungere i due vampiri e uscire di casa. Si era messa dei jeans puliti e una bella maglietta con decori stilizzati, si era truccata e aveva anche sistemato i capelli, che una volta tanto le ricadevano pettinati e ordinati sulle spalle.
«Che hai da fissarmi in quel modo?» fu la prima cosa che chiese ad Eli quando li raggiunse.
Eli si strinse nelle spalle. «Niente, niente».
«Pensava alla varietà del tuo guardaroba» rispose invece Angela in tono acido. «Dei tuoi vestiti si saranno salvati quattro stracci in croce. Perché non ti sei lasciata comprare qualcosa da Sybil?»
Chiaramente in imbarazzo, la giovane non trovò nemmeno niente da rispondere: riuscì solo ad abbassare lo sguardo, contrita.
Con un gesto insofferente della mano Angela le diede le spalle e aprì finalmente il portone, facendo uscire entrambi. «Ho capito, ci penserò io. Salite in macchina e non fiatate».
Una volta fuori notarono subito la presenza di un SUV enorme fuori dal cancello, nero con decorazioni cromate sui parafanghi e attorno ai fari.
Appoggiato al cofano c'era un ragazzone alto e ben piazzato, con la pelle scura delle braccia ricoperta di tatuaggi tribali e i corti capelli neri inondati di gel; nonostante il freddo indossava una semplice maglietta a maniche corte e dei jeans leggeri. Parve sorpreso di vederli.
«Angela, non mi avevi detto di avere un'altra sorella! Questa non è Heidi, no?»
Eli prese Bianca per il polso e accelerò il passo, puntando dritto dritto verso il sedile posteriore della macchina. La ragazza, colta alla sprovvista, puntò i piedi per farlo rallentare.
«Dove mi trascini? Aspetta, devo almeno presentarmi!»
«Entra e basta, ti assicuro che non gli importa!»
«Tu che ne sai? Ci credo che a scuola ti sopportano solo tre persone in tutta la classe!» ribatté la ragazza, cercando di liberarsi.
Nel frattempo erano arrivati allo sportello. Eli aprì ed entrò, facendo cenno a Bianca di entrare.
«Senti, Eli, non posso entrare in macchina senza...» cominciò lei, prima di bloccarsi. Stava fissando Angela a occhi sgranati, la quale invece di salutare Diego a parole aveva pensato bene di avvinghiarsi a lui come una piovra e dargli un bacio appassionato.
«Muoviti!» la esortò il ragazzo da dentro l'automobile.
Bianca si riscosse solo dopo qualche secondo e finalmente entrò in macchina, rossa come un peperone. Era chiaro che non le era capitato molto spesso di vedere due persone baciarsi in quel modo dal vivo.
«Ci metteranno poco. Il tempo di salutarsi e per Angela di bere un po'» la rassicurò sbrigativo.
«Hai detto bere?» ripeté Bianca atona. «Nel senso che lo morderà?»
«È così che fanno i vampiri» rispose Eli. «Non preoccuparti, per uccidere uno come quello dovrebbero nutrirsi in tre contemporaneamente... e poi se sta con Angela da più di sei mesi significa che gli fa piacere».
Bianca annuì con ampi gesti del capo, stringendo le labbra con fare scettico. «Come no. Gli fa piacere, sicuro». Si voltò verso il finestrino dal lato della casa per un attimo, poi guardò subito dall'altra parte. «Devono proprio farlo fuori, davanti a tutti?»
«Chi vuoi che li guardi a quest'ora?» ribatté prontamente il vampiro.
«Hai capito quello che voglio dire!»
«Era per questo che non volevo andare in macchina con loro» sospirò Eli, spazientito. «Intanto abbiamo il nostro passaggio. Sarà meglio che valga la pena di andare a questa cena».
«Perché, avevi di meglio da fare?» chiese lei. «Tipo andare con Isabella a qualche rito propiziatorio o con Luca a ululare alla luna?»
«Sei simpatica come un raggio di sole negli occhi. No, volevo sistemare i miei appunti di scuola e leggere un libro».
«Ah, questo sì che è un programma divertente per il sabato sera».
Per l'ennesima volta, Eli dovette stringere i denti per evitare di rispondere male. Calò il silenzio, rotto solo da qualche battuta spinta che Angela e Diego si stavano scambiando fuori dalla macchina. Una volta finito di fare i loro comodi, entrambi si sistemarono ai posti davanti e finalmente l'auto si accese con un rombo cupo.
«È da un pezzo che non ci si vede, Eli! Come va?» domandò l'uomo mentre metteva in moto.
Eli aveva pochi motivi per non trattare male Diego: un paio di essi erano i suoi occhioni scuri e il suo accento del sud; un altro ancora era ciò che Angela avrebbe potuto fargli se lo avesse trattato male. Ciò non toglieva che quello fosse uno degli umani che sopportava meno.
«Non mi lamento» rispose asciutto.
«Finalmente ti sei trovato una ragazza! Lo dicevo io, ad Angela, che la tua era solo una fase».
Il vampiro fulminò con lo sguardo la sorella, che ovviamente lo stava ignorando. «Non è la mia ragazza» scandì.
«Timido come al solito, eh? Non ti devi mica vergognare».
«Non mi vergogno, ma non è la mia ragazza».
«Sul serio, andiamo solo a scuola insieme» s'intromise Bianca.
«Sicuro, sicuro» rispose Diego distrattamente. «Eli, il segreto è mostrarti sempre forte e sicuro di te. Tu sei il maschio alfa, chiaro il concetto? Quindi non devi nascondere di avere una ragazza, anche se magari non è una strafiga come Angela, altrimenti lei si accorge di non essere bella come crede e gli altri sfruttano la cosa per prenderti per il culo. Afferrato?»
«Che uomo!» trillò Angela deliziata.
Eli quasi si preoccupò che Bianca si fosse offesa per quell'ondata di maschilismo buttata fuori in così pochi secondi, ma voltandosi notò che la ragazza si stava solo sforzando il più possibile per evitare di ridere. Sentendosi rassicurato, sorrise.
«Seguirò il tuo consiglio. Grazie».
«Figurati! Fai bene a chiedere all'esperto!» rispose Diego con una risata leggera.
Il tragitto non durò più di una quindicina di minuti, ma fu un inferno per Eli e Bianca, che si sforzarono di ignorare il più possibile le battute squallide di Diego ogni volta che non erano impegnati a soffocare le risate. Tra loro non si scambiarono neanche una parola: Eli non aveva voglia di dire niente che potesse incoraggiare il film mentale che quel tipo si era fatto su loro due, mentre Bianca sembrava presa maggiormente dal paesaggio fuori dal finestrino.
Quando si fermarono, fu a breve distanza dal centro di Vallata Nuova. Le uniche persone che si vedevano erano un vecchietto nel cortile di casa sua e una che portava a spasso il cane: per il resto sembrava tutto deserto.
«Bene, siamo arrivati. Scendete» ordinò Angela in tono sbrigativo.
Bianca aprì subito lo sportello, ma Eli esitò. «Qui non vedo nessun ristorante».
«Lo trovate girato l'angolo! Bianca sa dov'è. Vero?» La vampira voltò gli occhi luminosi in direzione dell'umana, che si affrettò ad annuire in risposta. «Appunto. Divertitevi, io ripasso a prendervi tra otto ore».
Fu il turno di Bianca di sorprendersi: scese dalla macchina, imitata da Eli, ma non chiuse ancora lo sportello. «Otto? Entro le due se ne saranno andati via tutti di sicuro! Cosa dovremmo fare fino alle quattro del mattino?!»
Angela le rivolse un sorriso radioso e si passò le dita della mano sotto il mento, lasciando intendere che non le importava niente. Guardò Eli. «Non mordere nessuno o la nonna si arrabbierà con me».
Per tutta risposta il fratello chiuse la portiera con veemenza, suscitando una protesta sentita da parte di Diego. Subito dopo il motore rombò e l'auto si allontanò rapida, lasciando i due completamente soli.
La ragazza sospirò. «Forse non è stata una buona idea».
«Ormai siamo qui. Andiamo a questa cena e facciamola finita. Che ore sono?»
«Le nove e mezza... dovremmo fare in tempo ad andare» mormorò lei guardando lo schermo del proprio cellulare. «Le mie amiche dicono che per ora è solo arrivato l'antipasto. Andiamo!»
Cominciarono a incamminarsi.
«Per te non è un problema cenare con noi?» chiese Bianca dopo un po'.
«Ci pensi soltanto ora, cretina?» sbottò lui. «Quando provo a mangiare qualcosa che non è sangue, nella mia bocca il cibo si trasforma in cenere. Dirò che ho già mangiato e che non ho fame né sete, ma qualcuno potrebbe farsi delle domande».
«Tu però hai accettato lo stesso!» protestò lei, imbarazzata. «Potevi dirmelo! Sto con voi solo da pochi giorni, non riesco mica a ricordarmi tutti i bisogni dei vampiri!»
«Perché non è un grosso problema» replicò Eli tranquillo. «Posso sempre accompagnarti fino alla cena e poi andarmene per fatti miei. Da queste parti abita Chiara, quindi posso invitarla a passeggiare insieme o qualcosa del genere».
Ci fu un lungo silenzio durante il quale Eli aspettò da Bianca una risposta che non arrivava. Guardandola di sottecchi, si rese conto che sembrava ancora molto dispiaciuta: forse stava cominciando a incolparsi per quella situazione.
Per quanto al vampiro desse fastidio fare il cavaliere appositamente per tirare su di morale qualcuno, per lui era sempre importante comportarsi bene con quella ragazza, se voleva farsi perdonare. Perciò si schiarì un po' la gola e spostò lo sguardo sulla strada davanti a loro.
«Come hai detto tu, è sabato sera e uscire ogni tanto con gli umani può solo farti bene. Se proprio siamo costretti a non allontanarci, mi sembra giusto evitare di metterti i bastoni tra le ruote e lasciarti divertire, o no?»
Bianca sorrise leggermente, guardandolo. «Grazie. Lo apprezzo».
Una volta tanto sembrava che Eli avesse fatto la scelta giusta. Sentendosi incoraggiato, continuò: «Da quant'è che non li vedevi?»
«Da quando i miei sono morti. Quella sera ero uscita con le mie amiche». All'improvviso la ragazza si voltò dall'altra parte. «Non ho molta voglia di scendere nei dettagli. Però questa cena di classe l'avevamo organizzata già da un paio di settimane! Avevamo messo insieme i soldi per prenotare la stanza del ristorante e comprare tutto il cibo. Insieme a noi ci sono anche quelli della D, quindi dovremmo essere una cinquantina in tutto. Spero solo che non sentano il bisogno di compatirmi o altro: questa sera voglio soltanto farmi due risate e dimenticare i problemi».
Eli arricciò un angolo delle labbra in un sorriso. «Con me tra i piedi non sarà facile dimenticare i tuoi problemi» scherzò.
Inaspettatamente, Bianca si voltò verso di lui, guardandolo con sorpresa. «Ma no, Eli! Tu non sei un problema!» protestò. Dovette rendersi conto di aver parlato con un certo trasporto, perché arrossì violentemente e distolse di nuovo lo sguardo. «Insomma, Eli... avrai anche la personalità di un settantenne bisbetico, e se tu potessi usare gli specchi saresti pure il Narciso più Narciso che abbia mai conosciuto, ma non ti detesto mica! Ecco, voglio dire...»
Stava cominciando a impappinarsi. Il vampiro pensò bene di intervenire. «Lo prenderò come un complimento. Ma allora come mai non mi hai ancora perdonato?»
Bianca sospirò. «L'ho fatto, te l'assicuro! Però Sonja continua a dire che non è vero e non so perché».
«Mia madre ha il potere di percepire la verità nella voce delle persone. Non riusciresti mai a mentirle neanche volendo... quindi se lei dice che non mi hai perdonato, vuol dire che in realtà non l'hai fatto e non te ne rendi conto» spiegò Eli. «Forse una parte di te vuole continuare a punirmi. Ti risulta?»
Bianca non rispose; scelse invece di indicare un punto davanti a sé. «Siamo arrivati! Il posto è quello».
Si erano infilati in una strada parallela a quella principale del centro di Vallata Nuova. Il ristorante era aperto e illuminato, con davanti un ampio parcheggio. Fuori dal locale non c'era nessuno, segno che dovevano essere già tutti dentro. Mentre avanzavano Eli pensò ancora al modo in cui Bianca aveva eluso la sua domanda e si ripromise di parlargliene più tardi; dal canto suo, l'umana cominciava a mostrarsi nervosa.
«Non so se è stata una buona idea».
«Lo scopriremo subito. Andiamo, dai».
Eli le portò un braccio dietro la schiena per spingerla avanti, le sopracciglia aggrottate per il fastidio. Si era vestita meglio del solito e si era sistemata bene per la serata, ma evidentemente non era solo il suo aspetto esteriore a cambiare quando Bianca aveva a che fare con i suoi compagni di scuola. Aveva l'aria nervosa di chi sta per incontrare dei lontani parenti a cui teme di non piacere.
Vicino all'ingresso del ristorante c'era il bancone del bar, dietro al quale c'era un cameriere che chiese subito loro se fossero degli invitati alla cena di classe prima di indicare una porta al lato della prima sala. Finalmente Bianca accelerò il passo e si portò avanti per attraversare sia quella che il breve corridoio che conduceva alla sala privata.
Non era una sala molto grande, ma era stata sistemata bene. Era illuminata da diversi lampadari a muro, le finestre davano sulla piazza e su una strada lì accanto; l'arredamento rispecchiava lo stile vagamente rustico del ristorante, ma in un angolo era stato montata una specie di console da DJ improvvisata. Vicino ai muri era stata messa una lunga tavolata che curvava in un angolo per seguire la forma della stanza, mentre il resto era stato lasciato libero – probabilmente per ballare dopo cena. Quell'ultimo spazio era pieno almeno per una metà di ragazzi e ragazze dell'età di Bianca che parlottavano tra loro, segno che non era ancora arrivata l'ora di sedersi.
Fu allora che il vampiro cominciò a chiedersi se non ci fosse il rischio di venire buttato fuori. Dato che suo padre gli aveva vietato di allontanarsi da Bianca mentre erano fuori casa, non aveva potuto evitare di andare, ma allo stesso tempo era probabile che quei ragazzi non avrebbero accolto volentieri tra loro uno sconosciuto. Restò comunque silenzioso e attento mentre i presenti cominciavano a voltarsi e a notare la loro presenza.
La maggior parte di loro alla vista di Bianca restò sbalordita. Poi spuntarono i sorrisi, uno dopo l'altro, e l'umana fu presa d'assalto dagli abbracci e dai baci dei suoi compagni di classe – soprattutto le ragazze. Erano tutti in abiti semi-formali e probabilmente non si aspettavano che la loro compagna si sarebbe fatta viva, dopo un lutto così vicino. Chi non si era avvicinato subito a lei aveva semplicemente notato la presenza di Eli e si teneva in disparte per osservarlo bene.
«Bianca, sei sparita nel nulla! Dov'eri finita? Non ti ho più vista dopo il funerale!» protestò una ragazza mentre le baciava le guance e le rivolgeva un'occhiata di rimprovero. Per la linea, l'abbigliamento e quel modo particolare di inarcare il sopracciglio, al vampiro ricordò molto sua madre Sonja.
«Dove abito adesso non c'è wi-fi...» mormorò Bianca in risposta con un certo imbarazzo, voltando lo sguardo qua e là senza sapere dove posarlo. «Voi come state? Se non fosse stato per Manu non avrei saputo più niente della cena».
«Ah, infatti aveva detto che ti aveva invitata, ma non gli hai risposto! Pensavamo che non saresti più venuta» spiegò un'altra ragazza vestita completamente in abiti di jeans.
«Parla per te!» la rimbeccò l'amica accanto. «Io ero sicura che non ci avresti tirato il bidone. Le feste non te le perdi mai!»
Tra un chiacchiericcio e l'altro Eli perse del tutto la voglia di starli a sentire. Alla fine un paio di ragazzi gli si avvicinarono.
«Hai sbagliato stanza? Perché questa l'avevamo prenotata noi per stasera» disse quello più vicino, che per l'occasione aveva scelto di indossare una bella giacca nera con cravatta lilla e camicia bianca. Eli si prese un momento per osservarlo di sotto in su prima di rispondere.
«Sono il coinquilino di Bianca, mi ha chiesto lei di accompagnarla. Disturbo?»
«Per niente!» il tipo accanto, un pel di carota con gli occhi azzurri come Katrina, gli sorrise e gli porse la mano. «Io sono Giacomo. Hai detto di essere il coinquilino? Ma state insieme? Come ti chiami?»
«No, Bianca è venuta a vivere con la mia famiglia. Tra i nostri genitori c'era una bella amicizia» mentì Eli sbrigativo per liquidare le domande. «Mi chiamo Eli».
«Ilaria?» fece quello, strizzando gli occhi.
«No, no, Ilai. E, elle, i. Eli» scandì il vampiro, che ebbe la netta sensazione di stare parlando con un idiota. Sentiva quasi il bisogno fisico di chiedergli davvero se era così di natura o faceva lo stupido nel tentativo di sembrare più divertente, ma concluse che prendere in giro i presenti e farsi buttare fuori non fosse una grande idea.
In quel preciso istante Bianca lo raggiunse e gli appoggiò la mano nell'incavo del gomito sinistro. Dopo un momento di sconcerto, il ragazzo notò che stava guardando i suoi compagni.
«Vi dispiace se si unisce a noi? È qui solo per accompagnarmi, ha già mangiato per conto suo».
Passarono qualche minuto a rassicurare tutti che Eli non aveva intenzione di toccare cibo e a far esaurire a tutti le domande. Alla fine della discussione continuarono a chiacchierare per un po', trasportando la discussione fino a tavola.
Furono tre ore di inferno per Eli, che poté consolarsi solo del fatto che almeno Bianca si stesse divertendo molto – se neanche lei fosse riuscita a divertirsi avrebbe solo significato che quell'intera uscita era stata una perdita di tempo. Si erano seduti piuttosto distanti l'uno dall'altra, in modo che ciascuno potesse godersi la serata senza dover sopportare l'altro. Nel giro di poco tempo gli fu chiesto a che liceo andasse («Vado a una scuola serale, mio padre è il preside e mi fa frequentare lì»), da quanto conosceva Bianca («Da quando si è trasferita da noi, più o meno... i nostri genitori non ci hanno mai fatto incontrare prima, se non quando eravamo piccolissimi.»), se portava le lenti a contatto («No, è il mio colore naturale.») o la parrucca («Davvero, ci vuole poco per tenere bene i capelli!»), se era davvero davvero sicuro di non avere fame («Ho già mangiato a casa e mia nonna mi prepara sempre una montagna di cibo...») e, per finire, se davvero viveva a Montenebbia.
«Ho sentito che ci sono i branchi di lupi nei boschi lassù» osservò la ragazza che si era seduta accanto a lui, tale Cinzia. «E mio nonno mi ha sempre detto che là ci si nascondevano anche certe streghe».
Vagamente divertito, Eli le sorrise, guardandola con curiosità. «Tu credi a questo genere di storie?»
Lei s'imbarazzò e arrossì. «Ma no, lo so che sono tutte stupidaggini!»
«Io ho un amico di Montenebbia e dice che a volte vede i lupi girare per strada la notte. Dice che è per questo che in certe notti i suoi nonni non vogliono che esca fuori casa. Tu ne sai niente?» s'intromise il ragazzo seduto davanti a lui, che si chiamava Marcello – o era Marco? - e aveva un difetto di pronuncia della “s” che faceva desiderare a Eli di tappargli la bocca con il tovagliolo.
Nel sentire quelle parole, Eli pensò subito a Luca e per miracolo riuscì a non ridere. «Qualche volta li sento ululare. Casa mia è vicina al bosco e quello è uno dei loro territori di caccia. Così ho sentito, almeno».
Almeno in parte era vero. I lupi mannari si spostavano sempre entro poche decine di chilometri di distanza da Montenebbia da secoli, ma in realtà era possibile vederli o incapparvi anche in paesi vicini. In genere la gente li prendeva per cani, oppure li vedeva solo di sfuggita; era difficile che si mostrassero apertamente agli umani come se nulla fosse.
«Sul serio? Io non riuscirei a mettere il naso fuori casa!» esclamò Cinzia, guardandolo sconcertata. «Come fate a vivere lì?»
«È un quartiere tranquillo e a mio padre piaceva» rispose lui vago. Si astenne dal menzionare che la sua famiglia ci abitava da un paio di secoli.
«Io non riuscirei affatto a vivere in un posto isolato come quello, e poi mio nonno dice che là sono tutti superstiziosi e praticano la magia nera» commentò Marcello. «Bianca non ce la vedo proprio a viverci. Lei prima viveva a Vallata Vecchia, che sarà grande almeno il triplo».
«Grazie tante, Ma', quello è un buco! Ci vuole poco per essere più grande di Montenebbia!» commentò la ragazza seduta accanto a Cinzia, che aveva colto parte della conversazione.
I cinque ragazzi più vicini ad Eli ridacchiarono divertiti. Lui si sforzò di sorridere con garbo, ma si sentì un po' offeso dal loro modo di parlare. Si rendeva conto da solo che Montenebbia si poteva considerare più un gruppo di case che un vero e proprio paesino di collina, inoltre sapeva anche troppo bene quanto Bianca soffrisse sia la mancanza di una vita sociale decente, sia la mancanza di connessione wi-fi. Sentirselo dire in quel modo da quel gruppetto di umani con le labbra sporche di pizza, però, lo fece irritare più di quanto lui stesso non avrebbe potuto prevedere.
«Comunque, Eli, secondo me tu non ce la racconti giusta. Gli occhi ti brillano come se avessi delle luci sul fondo delle retine o qualcosa del genere. Guarda che se porti le lenti a contatto colorate non c'è mica niente di male a dirlo!» osservò Cinzia, sporgendosi appena verso di lui in un gesto che le permetteva di guardarlo meglio in viso, ma le permetteva anche di poter sfiorare il suo braccio in maniera innocente.
«Non sono lenti a contatto» ripeté paziente.
«Sicuro? Perché a me sembra davvero che...»
I loro discorsi furono interrotti dall'arrivo della cameriera e dalle ordinazioni per i dessert. Eli ne approfittò per guardare in direzione di Bianca per vedere come andavano le cose.
Bianca sorrideva leggermente, ma aveva le spalle rigide; probabilmente si sentiva a disagio per qualche motivo. Ciò che stupì di più il vampiro, però, fu il numero di sguardi che si ritrovò a incrociare: almeno cinque o sei dei compagni di classe di Bianca si erano voltati verso di lui per guardarlo, salvo poi distogliere subito lo sguardo.
Stavano parlando di lui. Eli non aveva sentito neanche un frammento dei loro discorsi, ma era chiaro che non si trattava di una coincidenza.
«Almeno il dessert prendilo, dai» lo incoraggiò Cinzia con un altro sorriso.
«Sono a posto, sul serio».
Fortunatamente nessuno insistette oltre, ma Eli si sentiva davvero fuori posto. Se possibile, se ne sarebbe andato volentieri prima.
Mentre aspettavano il dolce, il brusio dei convitati s'intensificò. Alla fine il discorso raggiunse le orecchie di Eli direttamente da Marcello/Marco.
«Bianca dice che dovete andare via prima perché i tuoi non vi lasciano stare fuori fino a tardi. Non potete fare un'eccezione? Sono appena le undici passate!»
Ovviamente era una bugia, visto che suo padre si accontentava che Eli non stesse fuori fino all'alba – giusto per evitare che suo figlio s'incenerisse. Il ragazzo riuscì comunque a intuire da solo cosa stesse succedendo e rispose di conseguenza.
«Mi dispiace, ma mio padre fa davvero paura quando si tratta di regole. Mi vedete, no? Questa è una semplice cena di classe di liceali, eppure ha voluto che venissi anche io con Bianca per farle da cane da guardia. Per la prossima volta cercherò di convincerlo ad essere più elastico».
Lo disse con il suo solito tono di voce un po' duro, quindi nessuno si sentì incoraggiato a ribattere. Qualche studente si alzò in piedi con Bianca per salutarla con un paio di baci sulla guancia, ed Eli si ritrovò a salutare allo stesso modo anche Cinzia, che sembrava più dispiaciuta del normale nel vederlo andare via.
Bianca affiancò il vampiro quasi subito. Aveva le guance rosse e sorrideva, ma il suo sguardo era un po' ansioso. Senza dire niente, Eli andò per primo verso la porta e uscì nell'aria fredda della sera, con la ragazza che lo seguiva a ruota.
Solo quando ebbero raggiunto una ventina di metri di distanza dall'ingresso del ristorante cominciarono a parlare.
«Sei scappata via» disse Eli. Non era una domanda.
«Sì, un po' mi dispiace, ma non riuscivo a sopportare la tensione. Hanno tutti cominciato a fare domande su di te. Per loro era troppo strano che tu non mangiassi niente e che avessi un aspetto così malaticcio, poi non sono riuscita a rispondere quando mi hanno chiesto il nome dell'istituto dove vado adesso». Bianca sospirò sconfortata. «Sarebbe facile se almeno potessi dire la verità e basta ai miei amici».
«Scusa se siamo vampiri».
«No, non volevo dire... dai, Eli, scusa. Non ti volevo offendere».
Il ragazzo scosse la testa. «No, la nonna ha detto che parlare di queste cose tra umani non è semplice. Non ti costringiamo a tenerlo segreto, ma se dirai dell'esistenza dei sovrannaturali alla persona sbagliata, gli unici a rimetterci sarete tu e lei».
«E come mai?» chiese Bianca guardandolo. Non c'era sfida nel suo sguardo, ma semplice curiosità. «Se dico a qualcuno che esistono i vampiri, loro vi prendono per mostri sanguinari e parte lo sterminio. Siete voi a rimetterci».
«No, noi sappiamo difenderci bene. In giro ci sono un sacco di vampiri col potere dell'ipnosi: bastano una notte o due per risalire a tutti gli umani con cattive intenzioni per trovarli e ripulirgli il cervello. Se poi a quella persona non crede nessuno e lo prendono per pazzo, finirà per allontanarsi da tutti e non sarà mai un vero problema. Se invece non ti crede e tu cerchi di insistere, sarai tu quella presa per pazza».
«E se invece mostrassi un video dove, che ne so, tu mordi qualcuno e gli succhi il sangue? Oppure uno in cui ti trasformi in pipistrello o cammini sui muri?» domandò ancora lei.
«Io bevo da un bicchiere» la corresse lui. «E ormai nessuno crede più neanche ai video veri. Pensano quasi sempre che si tratti di effetti speciali all'avanguardia».
Bianca fece una smorfia, ma annuì. «Hai ragione».
«Esatto. Quindi spero che tu abbia avuto qualche altra ottima ragione per andartene via così presto dalla festa a cui volevi tanto andare, oltre al fatto di non poter dire cosa mangiano i De Vile a colazione».
La ragazza esitò prima di rispondere. Era tutta la sera che sembrava nervosa. «Mi prenderai in giro».
«Questo lo decido da solo. Avanti».
«È che...» sospirò. «L'ultima volta che sono andata a una festa è stato una settimana fa. Quando sono tornata a casa, l'ho trovata distrutta dalle fiamme e i miei genitori ci erano morti carbonizzati».
Lo disse con la voce un po' incrinata, mentre gli occhi le si inumidivano. Tenne lo sguardo fisso a terra e nonostante tutto cercò di darsi un contegno.
«Lo so che è stupido, ma... avevo l'impressione che se non fossimo tornati subito a casa, sarebbe potuto capitare qualcosa di brutto. Ora che siamo fuori mi sento davvero stupida».
Eli non rispose subito. Era un po' sorpreso, perché per la prima volta Bianca si stava esprimendo in un modo che sentiva di capire. Sembrava assurdo, ma erano passati solo pochi giorni da quando Bianca aveva perso sia la sua casa che tutta la sua famiglia; alcune persone si riprendevano da traumi del genere solo dopo intere settimane o addirittura mesi – altre non si riprendevano mai, eppure lei si era impegnata per riprendere in mano la propria vita solo dopo pochi giorni di lacrime e depressione. Questo, però, non significava che per lei ciò che aveva perduto contasse poco: la dimostrazione stava nel terrore che provava all'idea di poter perdere anche quel nuovo tetto che si stava sforzando di chiamare casa.
Lei accennò una risata amara. «Scusa. Sono un'idiota, vero?»
«No». Eli sollevò la mano per accarezzarle piano i capelli. Fu un contatto breve, dato giusto per farle capire che era tutto a posto. «Sei normale».
Continuarono a camminare per un po', uno accanto all'altra, in silenzio. Bianca alla fine si riprese dal suo momento di tristezza.
«Allora, che facciamo adesso?»
«Sono le undici e mezza e mia sorella passerà tra cinque ore. In un'ora faremo anche in tempo a tornare a casa a piedi».
Bianca si lamentò. «Ma sei pazzo?! È tutta salita da qui! Salita su strade di collina al buio!» gli fece notare, indicando la strada che portava fuori dal paese.
«Spero che le tue scarpe siano comode, allora. Io ci vedo benissimo al buio» replicò lui in tono noncurante.
«Non ne dubito, i tuoi occhi sembrano due lampadine» ribatté lei seccata, suo malgrado cominciando a seguirlo.
«Prima andiamo, prima potremo andare a casa a riposarci e a fare di meglio».
Trascorsero altri due minuti di silenzio, prima che Bianca riuscisse a trovare una risposta decente da dare.
«Mi era sembrato che tu ti divertissi parecchio con Cinzia, però».
«Tu dici?» fece Eli vago, sorridendo nell'oscurità.
«Sì. Tanto perché tu lo sappia, ha già un ragazzo. Si chiama Giorgio, va all'università. E poi Cinzia non prende mai nessuno sul serio! Gli basta che uno abbia un bel faccino o dei bei capelli, e non so quanti ragazzi ha cambiato dallo scorso anno... si può sapere che hai da ridere?»
Non riuscendo più a trattenersi, il ragazzo si era messo a sghignazzare, passandosi una mano tra i capelli corvini. Le sorrise mellifluo nell'oscurità quando riuscì a calmarsi, la luce fosforescente dello sguardo che le illuminava debolmente la pelle del viso. «Non so se sentirmi più lusingato perché durante la cena hai guardato me e quello che facevo, oppure perché pensi che io abbia un bel faccino e dei bei capelli. La seconda cosa ovviamente si sapeva già, ma fa piacere sentirselo dire proprio da te».
Bianca prese a biascicare qualcosa di incomprensibile e finì per restare indietro di qualche passo. Alla fine articolò: «non cambiare argomento!»
«Perché, di cosa stavamo parlando? Io me ne sono già scordato» la stuzzicò Eli, sempre sorridendo.
Un gemito animalesco e rabbioso proveniente da dietro di lui gli comunicò che Bianca era davvero inviperita. «Sei impossibile, lo sai?!» sbuffò. «Già che c'eri, mi stupisce che tu non abbia usato una delle tue incredibili tecniche vampiresche per sedurla e portartela a letto, visto che ti fissava come una cucciolotta fedele».
Eli fece di nuovo una gran fatica per evitare di ridere. Bianca, che nel frattempo stava cercando di arrancare sulla strada leggermente in salita per raggiungerlo, sembrò ancora più offesa.
«Si può sapere cos'hai da ridere? Non ho detto niente di strano!»
«Secondo me sì. Ti sembro il tipo da fare cose del genere?»
Lei non rispose immediatamente, forse rendendosi conto di ciò che aveva detto. «In effetti non hai sgarrato neanche una volta per questa punizione, nemmeno quando eravamo a scuola. Fai troppo il bravo bambino per poter fare una cosa del genere».
Il vampiro annuì compiaciuto. «Finalmente qualcosa di me l'hai capita. Beh, la punizione è un altro caso ancora, come ti ho spiegato l'altra volta, ma non avrebbe senso per me fare quello che hai detto tu... per tre motivi diversi».
Bianca intrecciò le dita delle mani dietro la schiena e continuò a guardarlo, in attesa che continuasse.
«Numero uno» cominciò Eli sollevando un dito «io non ho ancora scoperto i miei poteri da vampiro. In genere è sempre un tipo di potere mentale e molto spesso è una forma di ipnosi. Mio padre, mia nonna e le mie sorelle Angela e Katrina, per esempio, sanno ipnotizzare in modi diversi; mia madre Sonja invece riesce a leggere alcune cose della mente degli altri».
«Oh. E tu?»
«Io avrei già dovuto scoprirli uno o due anni fa, ma secondo la nonna sono tardivo. Dice che se il potere si fa aspettare, vuol dire che è potente e che quindi si sblocca solo quando sono abbastanza maturo per usarli. Quindi niente incredibile tecnica vampiresca, mi dispiace».
Bianca si strinse nelle spalle. «Dicevo per dire, non ti ho mica preso per un supereroe. C'è altro?»
«Numero due» continuò Eli, sollevando un secondo dito. «Noi vampiri non facciamo sesso».
Ci fu un lungo silenzio.
«Hai sentito quello che ho detto, umana?» domandò lui dopo un po', non avendo ricevuto risposta.
«No. Cioè sì, ma... scusa, Eli, ma non ci credo. Come cavolo è possibile?» domandò Bianca scettica. «Il sesso è l'argomento preferito di un sacco di esseri umani e i vampiri non sono tanto diversi, o sbaglio?»
«No, va bene, mi sono espresso male. Non volevo dire che non lo facciamo mai, però non abbiamo la stessa concezione di “sesso” degli esseri umani».
«In che senso?»
Eli stava perdendo tutta la voglia di parlare di quell'argomento, ma non ebbe il coraggio di tirarsi indietro. «Il fatto è che per fare sesso come gli esseri umani bisogna bere quasi il doppio della normale razione di sangue, altrimenti il corpo non... risponde».
Ci fu un altro silenzio più breve. «Vuoi dire che sei impotente?» chiese infine lei.
«No, vuol dire che il mio corpo funziona in modo diverso da quello di un umano. Che cos'avete tutti quanti con l'impotenza, poi? Anche Isa ha detto così la prima volta che gliel'ho spiegato...» borbottò il vampiro in tono irritato.
«Va bene, scusa, scusa! Quindi vuoi dire che non avrebbe avuto senso portartela a letto, perché comunque non avreste potuto combinare niente, giusto?»
«Esatto. Molto spesso per i vampiri il sesso è solo una seccatura. La maggior parte di noi trova molto più eccitante mordere il collo di qualcuno che ci piace, tant'è che molte coppie di vampiri restano platoniche».
Bianca strizzò gli occhi e scosse la testa come a voler scacciare quella frase. «Sì, ok, ho capito, non ho bisogno di altri dettagli» tagliò corto. «C'erano tre motivi, giusto? Qual è il terzo? Che non puoi invitare a uscire una ragazza la prima sera che la vedi?»
«No. Il terzo motivo è che io sono omosessuale».
Calò un altro silenzio, stavolta anche più lungo e più gelido del precedente. Eli non aggiunse altro, convinto che non ci fosse bisogno di altre spiegazioni, quindi fu Bianca la prima a rompere il silenzio tra i due.
«Vuoi dire che sei gay?»
«Sì».
«E perché non me l'hai detto prima?» domandò in tono accusatorio.
Eli le rivolse un'occhiataccia. «Non vedo perché dovrebbe interessarti sapere verso che soggetti mi sento attratto sessualmente. Tu sei eterosessuale, giusto? Anche se lo sei, non mi pare che quando ci siamo presentati tu abbia specificato che i maschi ti eccitano».
«No, ma che c'entra? È diverso».
«In che modo?» incalzò lui guardandola. Non ricevendo risposta, scosse la testa tra sé e allungò il passo. «Cosa mi tocca sopportare! Non solo devo starti sempre dietro, ma ora scopro anche che hai l'apertura mentale di una porta blindata».
Quella novità lo irritava. Si era erroneamente convinto che Bianca, essendo un'umana libera dalle tradizioni scomode dei sovrannaturali, fosse di mentalità più aperta, invece non era così. Si pentì subito di aver parlato, anche mentre la ragazza cercava di tenere il passo per rispondere.
«Avanti, Eli, non essere arrabbiato! Non ti volevo offendere, è che non me l'aspettavo! E poi parli proprio tu di chiusura mentale, quando in casa non avete neanche il wi-fi».
Lui la ignorò accuratamente. «Essere abituata ad avere l'accesso a Internet non implica che tu sia mentalmente aperta... e non esserlo non significa avere una mentalità bigotta. Se hai altre considerazioni ottuse da fare, accomodati pure».
Improvvisamente si sentì molto arrabbiato con lei. L'avrebbe volentieri abbandonata sul posto: chi glielo faceva fare, dopotutto? Non aveva neanche capito con esattezza cosa avesse spinto Sybil ad accogliere quell'intrusa in casa, fatta eccezione per quel racconto strambo sul destino.
«Eli, aspettami!» protestò Bianca, che ormai era rimasta indietro di più di due metri. «Vuoi lasciarmi qui da sola?!»
Per tutta risposta Eli allungò il passo e si chiuse nel proprio silenzio, infilandosi le mani nelle tasche. Del resto non si sarebbe potuto allontanare, anche volendo: c'era sempre il divieto di allontanarsi troppo quando erano fuori casa. Per il momento però voleva soltanto illudersi di poterle stare lontano e dimenticarsi la sua faccia. Quella avrebbe dovuto essere una delle sue preziose serate di riposo, invece si era dovuto beccare quella piattola e l'aveva dovuta accompagnare alla festa. L'universo poteva forse essere più ingiusto?
Poi, all'improvviso, sentì l'umana emettere una via di mezzo tra uno strillo spaventato e un rantolo. Si fermò e la raggiunse subito, osservandola con attenzione.
«Che succede? Che hai visto?»
Lei si stava cingendo il busto con le braccia come per farsi piccola piccola. «Ho sentito un ringhio strano che veniva da là».
Puntò il dito verso il campo che costeggiava la strada. Eli lo passò a setaccio con lo sguardo, ma non vide niente; sapeva per esperienza però che poteva essere di tutto.
«Stammi vicino. Va tutto bene».
«Se va tutto bene, perché devo starti vicino?»
Il vampiro non rispose, limitandosi a circondarle le spalle con il braccio e a stringerla a sé mentre tornava ad avanzare con passo più lento.
«Devi calmarti. Respira più profondamente e smetti di tremare» le mormorò piano.
«Certo, figurati, non mi ci vuole niente».
«Bene: se riesci ancora a usare il tuo stupido sarcasmo vuol dire che non hai troppa paura. Passerà tra qualche minuto, tu continua a camminare».
Decise che rivelarle che poteva trattarsi di uno spettro o di un lupo mannaro non sarebbe stata una buona idea, soprattutto quando sentì di nuovo un ringhio basso provenire da un punto imprecisato dietro di loro. Restò rigido nella sua posa, tenendo stretta Bianca, finché non sentì che erano entrambi al sicuro. A quel punto lasciò la presa.
«Va bene, dovrebbe essere passato. Ti consiglio di ricominciare a respirare».
Lei sospirò pesantemente. «Ma che cos'era?»
«Non lo so, ma preferisco non averlo scoperto» tagliò corto lui. «Tu stai bene? Hai male da qualche parte?»
«No, a parte la spalla». Bianca si massaggiò la spalla destra. «Voi vampiri magari non avete la forza sovrumana che immaginavo, ma avete le ossa di pietra. Pensavo volessi conficcarmi le dita nella carne».
«Alcuni vampiri hanno una forza sovrumana. Generalmente abbiamo un potere mentale e uno fisico, o comunque almeno uno dei due. Katrina per esempio è davvero forte».
Ripresero a camminare come prima, ma stavolta Eli lasciò di nuovo che Bianca lo affiancasse.
«Tu, invece? Di nuovo quella storia del tardivo?» chiese lei.
«Io so trasformarmi in nebbia».
Lo disse con un tono che voleva suonare noncurante, ma in realtà Eli ne andava piuttosto fiero. Non tutti i vampiri sapevano usare la metamorfosi e davvero pochi di quelli in grado di mutare sapevano trasformarsi in una cosa del genere – la si poteva considerare una dote più unica che rara. Anche se non aveva mai avuto occasione di usarla, ne andava abbastanza orgoglioso.
«Davvero? Ma è una figata!» esclamò la ragazza colpita. «Mi fai vedere?»
«No. Perderei tutti i vestiti e non mi va di ritrovarmi nudo in mezzo alla strada» ribatté lui con decisione.
«Andiamo, solo un pochino!»
«Ho detto di no!»

Arrivarono a casa sani e salvi, alla fine. Prima di entrare, Bianca trattenne il vampiro per la manica.
«Senti, Eli... grazie ancora per avermi portata alla festa, nonostante tutto».
Lui annuì appena senza dire niente.
«Ecco...» all'improvviso la ragazza parve a disagio. Lo guardò esitante. «Senti, per la cosa che mi hai detto...»
«Ah, giusto, grazie per avermelo ricordato». Eli la squadrò serio. «In famiglia non l'ho detto a nessuno. Ti sarei grato se non ne parlassi nemmeno tu. Per favore».
Lei parve stupita di quelle parole. Arrossì lievemente ed Eli percepì l'odore dolce del suo sangue mentre annuiva leggermente. «Certo. Nessun problema».
«Grazie». Il ragazzo però non aprì ancora il portone d'ingresso, continuando a guardarla. «Tu stavi per dirmi qualcosa?»
«No, niente, tranquillo». Bianca evitò il suo sguardo e scosse la testa. Eli non insistette e finalmente entrarono tutti e due.
A sorprenderli proprio all'entrata trovarono Isabella, che si era accomodata sui primi gradini delle scale ed era intenta a sfogliare un mazzo di carte. Quando sollevò lo sguardo, rivolse loro un gran sorriso.
«Bentornati, piccioncini! Siete andati a spassarvela, eh?»
Mentre Bianca diventava rossa come un peperone, Eli ci rise sopra e sorrise tranquillo a Isa, avvicinandosi a lei. «Spassarcela? Sono andato a un buffet ricchissimo e non ho potuto prendermi neanche un assaggio».
«Non è la stessa cosa anche quando sei a scuola?» domandò l'amica ridacchiando.
«Infatti anche la scuola è una tortura... ma sono un bravo ragazzo, io».
Si scambiarono un paio di baci sulle guance, poi Eli le fece strada verso il salotto. Fece un cenno sbrigativo a Bianca. «Vuoi restare impalata lì tutta la notte?»
Lei li guardò stupita. «Vengo anch'io?»
La fattucchiera rise di nuovo, ancora più forte di prima, tanto che Eli dovette farle segno di abbassare la voce. «Non è mica un party esclusivo! Avanti, vieni!»
Andarono in salotto. Eli si accomodò su una delle poltrone vicino alla televisione, mentre Isa si accovacciò sul morbido tappeto ai suoi piedi e sparse le carte davanti a sé. Era un mazzo di tarocchi completo di arcani maggiori e arcani minori.
L'unica umana presente, dopo un lungo momento d'indecisione, si sedette su un'altra poltrona lì vicino. «Non pensavo che saresti venuta. Non ci hai detto niente ieri... e come hai fatto a entrare?» domandò curiosa.
Isa drizzò la schiena e si batté il petto con fare orgoglioso. «Io sono un pezzo grosso! Non c'è porta che possa rimanere chiusa davanti a me!»
Eli scosse la testa e rettificò: «Isa è una delle mie amiche di vecchia data. Ogni settimana viene da me e si diverte a farmi delle predizioni senza senso».
La ragazza lo fulminò con lo sguardo a quelle parole. «Ehi! Le mie predizioni sono sicure al cento percento! È solo che non si avverano sempre subito, ecco. Per alcune ci vuole un po' di tempo».
«Cioè...?» fece l'umana, ancora confusa.
«Quando mi succede qualcosa di vagamente simile a ciò che Isa ha predetto, lei dice che la divinazione è stata un successo e che ciò che aveva visto era esattamente quello» spiegò lui con semplicità. «Allora? Cos'hai per me oggi?»
Isa gli rivolse un gran sorriso mentre con le mani continuava a sparpagliare le carte sul tappeto, mescolandole tra loro. «Ti piacerà! Ho inventato un nuovo metodo».
«Nuovo metodo? Come funziona?» domandò Bianca con curiosità.
«Ecco...»
«Te lo spiego io» s'intromise Eli. «I fattucchieri in generale si tramandano gli incantesimi e le magie di generazione in generazione, quindi sono tutte tecniche già inventate che funzionano alla perfezione. Isabella però si è messa in testa che i metodi dovrebbero cambiare da persona a persona secondo come si trovano meglio, quindi inventa di continuo nuove tecniche per fare le stesse magie. Ovviamente falliscono tutti».
«Guarda che ho ragione! Tu stai zitto, non sei mica un fattucchiere!» ribatté Isa in tono arrabbiato. «Diglielo anche tu, Bianca!»
«Ha ragione. La fattucchiera è lei, non tu» dichiarò l'altra con un'alzata di spalle.
Non avendo alcuna voglia di mettersi a litigare con due ragazze, Eli si appoggiò contro lo schienale della poltrona e si mise a braccia conserte. «Va bene, ho capito. Facciamola finita!»
Isa rise di nuovo. «Va bene, musone. Sai che c'è? Stavolta farò una predizione per Bianca. Lei sembra fidarsi molto più di te».
Eli scosse la testa, scettico. «Lei è un'umana. Ha la testa piena di scienza, fatti e così via. Ci crede anche meno di quanto ci creda io».
«Non è vero! Mentre tu in questi giorni a scuola stavi da una parte a tenere il broncio, io e Bianca parlavamo. Le piacciono tantissimo cose come tarocchi, chiromanzia e oroscopi!»
Era vero. Eli aveva accettato di essere più collaborativo, negli ultimi giorni, ma non si era interessato a conoscere di più Bianca né a seguire le sue conversazioni con Chiara ed Isa. Avrebbe dovuto prevedere, però, che con una fattucchiera e una maga non si poteva parlare che di magia.
Nei successivi minuti, le due ragazze passarono il tempo a mettere a punto la predizione. Isabella passò a Bianca un sacchetto di pietre di quarzo da tenere tra le mani, poi prese una boccetta e la segnò sulla fronte con un olio profumato. Alla fine radunò tutte le carte che aveva sparpagliato in un unico mazzo e da lì estrasse cinque carte. Ne dispose tre in fila, una sotto la seconda (verso Bianca) e un'altra sopra la prima (verso sé stessa).
«Questa linea è la tua vita. Passato, presente e futuro» spiegò Isa, indicandole le tre carte sulla linea centrale da sinistra verso destra. «Questa carta sotto il presente rappresenta l'atteggiamento che la predizione ti consiglia di mantenere nel presente in vista di ciò che ti attende nel futuro. Quest'altra carta sopra al futuro, invece, rappresenta i risultati che potrai ottenere se seguirai i consigli».
Cominciò a scoprire una carta alla volta. Alla posizione del passato rivelò il quattro di coppe, illustrato semplicemente con quattro calici dorati. Eli e Bianca attesero che Isabella dicesse qualcosa, ma la fattucchiera restò zitta.
«Aspetta, non mi spieghi che significa?» domandò la ragazza quando la vide posare le dita sulla carta del presente.
«Posso dirti cosa significa la carta, se vuoi: appagamento materiale, noia e insoddisfazione. In generale significa che oggettivamente non ti manca niente e vivi bene, ma allo stesso tempo conduci una vita noiosa e non sei in grado di sbloccarti da essa. Però il passato è una cosa che non riguarda né me né Eli; non ho intenzione di dire altro. Sicuramente tu hai capito da sola di cosa parlo».
Eli si voltò verso Bianca e scrutò la sua espressione. Quest'ultima si era rabbuiata, facendosi più seria.
La carta del presente rivelò “la torre”. Vi era illustrata una torre altissima e rotonda, circondata dalle fiamme, con delle sagome di persone in controluce che precipitavano verso l'abisso sottostante.
«La torre» mormorò Isa. «La tua vita sta cambiando in maniera radicale. Molti degli aspetti che credevi di conoscere e su cui facevi affidamento si capovolgono. Stai affrontando un periodo difficile che ti sta mettendo alla prova, ma tu devi farti forza e non lasciarti sopraffare».
Bianca era impallidita visibilmente e sembrava stesse trattenendo il respiro. Eli pensò bene di dire la sua.
«Se non altro, ha imparato a restare sveglia di notte. Magari un giorno si abituerà anche a dormire in una bara».
Questo riuscì a strappare a Bianca una risata. La ragazza gli lanciò un'occhiata divertita. «Non ho intenzione di dormire in una cassa da morto prima di aver tirato le cuoia!»
Risero tutti e tre ancora un po', poi Isa insistette perché tornassero a concentrarsi sulla predizione. Rivelò la carta sotto la torre, che raffigurava un globo latteo.
«La luna. Interessante» mormorò Isabella.
«Perché? Cosa devo fare?»
«Le carte non ti danno ordini, ma consigli sull'atteggiamento da prendere» disse Isa paziente. «La luna ti consiglia di agire di nascosto e in maniera indiretta. Usa la furbizia e l'astuzia, aggira l'ostacolo invece di abbatterlo direttamente».
A quelle parole Bianca diede un gran sospiro sconfortato e si lasciò cadere contro lo schienale. Eli e Isa la guardarono stupiti.
«Che c'è?» chiese la fattucchiera.
«Niente. Solo che il consiglio che mi hai dato è quello in cui sono più negata. Non sono affatto brava a fare le cose di nascosto! Al mio vecchio liceo i professori mi beccavano sempre quando cercavo di copiare».
«Non potevi studiare e basta?» domandò Eli in tono acido.
Mentre i due cominciavano già a lanciarsi occhiate in cagnesco, Isa si affrettò a fermare entrambi.
«Andiamo, calma! Mancano solo due carte».
Alla posizione del futuro rivelò una carta con sopra disegnate otto calici in ordine. Isa aggrottò la fronte e scoprì subito anche l'altra carta, che invece era un uomo con una corona in testa e una coppa decorata in mano.
«Ti piacciono proprio le coppe, eh? Di tre arcani minori che ti sono usciti, sono tutti di quel seme» mormorò Isa tra sé.
«Significa qualcosa?» domandò Bianca.
«No. Non in questa predizione, almeno». La fattucchiera si mise più comoda, a gambe incrociate. «Allora, l'otto di coppe indica un altro cambiamento. Stavolta però si tratta di un viaggio che intraprendi non perché non hai alternative, ma perché senti che è il momento di farlo. Lasci alle tue spalle una vita sicura per andare verso nuovi orizzonti». Indicò la carta sopra al futuro. «Questo invece è il re di coppe. Una persona dall'animo grande e compassionevole, con un'empatia che gli permette di comprendere i problemi degli altri e di aiutarli a risolvere. Diventerai una persona di cui gli altri si fideranno facilmente e i tuoi affetti saranno più forti e più intensi di quelli altrui».
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale sia Eli che Isa fissarono molto a lungo Bianca. Alla fine lei si strinse nelle spalle.
«Sai, Isa? Credo che Eli abbia ragione, dopotutto. In questi discorsi del futuro non mi ci vedo affatto».
Se da una parte Eli era contento che gli si desse ragione, dall'altra si sentì un po' offeso per Isabella. Gli dava una brutta sensazione sentire qualcun altro screditare le sue predizioni. «Perché dici così?»
«Non devi preoccuparti se adesso non riesci a capire. Succede spesso che le persone non le capiscano, quando le sentono per la prima volta» aggiunse Isa.
«Però io non mi vedo come una persona così empatica come dici tu... e non penso nemmeno che potrei diventarlo» mormorò Bianca con un mezzo sorriso. Si sporse in avanti per restituire a Isa il sacchetto con i quarzi. «Non sono neanche capace di nascondere le cose a nessuno. E poi non vi sembra che la carta del futuro sia assurda? Insomma, dopo aver avuto una scossa simile alla mia vita, non mi ci vedo proprio a partire di nuovo per l'ignoto».
Anche Eli dovette ammettere a se stesso che non sembrava una cosa sensata. Non gli veniva in mente nessun motivo per cui Bianca dovesse andarsene di nuovo – non nell'immediato futuro, almeno. Dopo aver perso la casa e i genitori doveva sentirsi già molto fortunata ad aver avuto un'accoglienza in casa De Vile, ma le carte dicevano che avrebbe abbandonato quella stabilità così fortunata per andare chissà dove.
Isa non parve granché offesa. Le sorrise. «Quando si ricevono predizioni inaspettate, si tende sempre a essere un po' scettici. Sono sicura che cambierai idea. Intanto io qui ho finito! Eli, vuoi una predizione anche tu?»
Lui scosse la testa. «Sarà per un'altra volta. Vi va, piuttosto, di andare da qualche parte?»
«No. Non dopo che mi hai fatto fare quella scarpinata infinita» borbottò Bianca. «Facciamo qualcos'altro. Che ne so... guardiamo un film. Facciamoci una maratona, magari».
Eli non amava granché guardare la televisione, ma alla fine le ragazze decisero di passare il tempo a guardare i vecchi film disponibili in casa. Quando come prima pellicola riesumarono un vecchissimo “Nosferatu il vampiro”, il ragazzo decise che era ora di lasciare le femmine per conto loro e di andare da solo a fare un giro.

Una volta fuori casa guardò l'orologio, che segnava l'una. Aveva ancora qualche ora prima di essere costretto a tornare dentro, ma non aveva niente di particolare da fare, per il momento. Decise di andare nella serra in giardino e di prendersi un po' di tempo per se stesso lì.
A sorpresa, ci trovò Sybil, che aveva lasciato le luci spente. Al momento era impegnata a carezzare pigramente i petali bianchi di qualche narciso autunnale. Quando notò il nipote, gli rivolse un bel sorriso e si riportò una ciocca bionda dietro l'orecchio.
«Siediti qui accanto a me. Com'è andata la cena?»
Eli non perse nemmeno tempo a chiedersi come facesse a saperlo. Si accomodò al suo fianco ubbidiente e lei cominciò subito a carezzargli e sistemargli i capelli. La lasciò fare.
«È andata bene, credo. Non sono abituato a stare con gli umani. Per me è stato strano, ma credo che Bianca si sia divertita».
«Bene. D'ora in poi però evita di farla tornare a piedi da così lontano. Gli umani sono più fragili dei vampiri... e sul tratto di strada che avete percorso stasera c'erano dei lupi mannari. Siete stati fortunati a non incrociarli».
Di nuovo, non avrebbe saputo dire come facesse lei a saperlo. Fatto stava che quella notizia aveva un che di allarmante.
«Mi dispiace. Avevamo ancora cinque ore prima che Angela tornasse a prenderci e non sapevamo cosa fare... quindi ho pensato fosse preferibile. Non volevo certo metterla in pericolo».
«Certo che no, piccolo mio». Sybil gli carezzò ancora i capelli con delicatezza. «D'ora in poi assicurati che non succeda più, però. Sento che la sua presenza in famiglia ci porterà qualcosa di davvero buono».
Quella frase non gli piacque. Aveva già capito che la nonna aveva portato Bianca a casa loro perché riteneva fosse qualcuno con un destino legato al loro, ma detto in quel modo sembrava che fosse interessata a lei solo dal punto di vista materiale.
Passò qualche minuto durante il quale Eli continuò a farsi lisciare i capelli. Sapeva per certo che Sybil l'avrebbe preferito con i capelli corti, ma sapeva anche che sua nonna trovava uno strano conforto nel pettinarglieli con le dita quando poteva. Ormai era abituato da anni a quella routine: poteva dire che quella vampira era una delle poche persone a potergli toccare liberamente i capelli senza farlo arrabbiare.
«Oggi sono tornata a indagare alla casa dei Petresi» mormorò la nonna dopo un po'. «Ho scoperto qualcosa di nuovo e vorrei dirtelo, ma devi anche promettermi che non lo dirai a Bianca».
Eli liberò i propri capelli dalle sue mani per guardarla con sospetto. «Perché?»
«Eli». Gli occhi viola di Sybil furono attraversati da un bagliore di avvertimento che si rifletté sulle piante nell'oscurità. «Fai come ti dico.»
Il ragazzo non poté rifiutarsi. Annuì.
«Bene». Sybil prese un bel respiro. «Ho cercato tutte le informazioni scoperte sul caso. Gli umani pensano che sia stata una fuga di gas, ma c'è traccia di fiamme di origine sconosciuta. Io penso che qualcuno possa aver appiccato il fuoco... ed è molto probabile che quel fuoco fosse magico».
Sulle spalle di Eli piombò un'opprimente sensazione di gelo. Se Bianca avesse scoperto che le origini delle fiamme erano sovrannaturali, non si sarebbe più fidata di nessuno: non di Isa, non di Chiara, non di Eli o di nessun membro della loro famiglia. Avrebbe anche potuto decidere di iniziare una caccia ai sovrannaturali, se le cose andavano male.
«Io continuerò a cercare informazioni e mi impegnerò per scoprire chi è il colpevole e perché l'ha fatto. Nel frattempo, voglio che tu protegga Bianca più che puoi. Non credo che qualcuno vorrà farle del male in maniera diretta, ma è importante che siamo preparati. È bene anche che tu mantenga il segreto, o potrebbe decidere di fare qualche sciocchezza. Hai capito?»
Eli annuì. Cos'altro avrebbe potuto rispondere, dopotutto? Se non ci fosse riuscita sua nonna, allora suo padre avrebbe potuto impartirgli ordini cui gli sarebbe stato impossibile disubbidire.
«È per questo che sono stato punito? La punizione era un modo per farmi stare sempre a contatto con Bianca senza farmi sapere la verità?»
«Non esattamente. Avevo dei sospetti che sono stati confermati stasera e volevo che Bianca fosse protetta, ma l'obiettivo principale della punizione era farvi andare d'accordo. Da adesso in poi sarai libero di andare dove preferisci, ma voglio comunque che tu la tenga d'occhio più che puoi. Non c'è bisogno di un controllo ossessivo, quindi la cosa non dovrebbe avere influenze sulle tue abitudini».
Il tono con cui aveva parlato non ammetteva repliche. Il vampiro annuì di nuovo, rilassando le spalle e guardando in basso. Non sapeva proprio cos'altro dire in risposta: aveva ottenuto la libertà dalla punizione, ma aveva anche ottenuto un enorme peso sullo stomaco.
«C'è altro?» chiese piano.
Sybil gli sorrise candida. «Solo una cosa. Farai bene a imparare in fretta a scegliere meglio i tuoi amici».
I pensieri del ragazzo corsero subito a Luca. Guardò la nonna di sottecchi. «Che cosa vuoi dire?»
«Oh, penso tu capisca benissimo quello che voglio dire, giovincello». Lo sguardo furbetto e il sorriso della vampira gli parvero improvvisamente terrificanti. La guardò alzarsi in piedi e allontanarsi senza riuscire ad aggiungere altro.
«Passa una bella serata, Eli. Assicurati di rientrare prima dell'alba se non vuoi ridurti in cenere».







Con un ritardo di più di sei mesi, ecco un nuovo capitolo. Come al solito vi invito a farmi sapere i vostri pareri sulla storia, sui personaggi e sul mio stile di scrittura nelle recensioni o via messaggio privato. Al prossimo aggiornamento!
Ignis

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Capitolo 7
*** L'imboscata ***


07. L'imboscata

La domenica mattina, esattamente come aveva preannunciato Sybil, Sonja dichiarò che Bianca aveva completamente perdonato Eli.
Quest'ultimo era contento di potersi finalmente spostare da solo fuori casa, ma si chiese se fino a quel momento quella punizione fosse stata una farsa bella e buona. Era strano che qualcuno, anche una creatura incomprensibile come poteva esserlo una ragazza umana di diciotto anni, cambiasse idea al volo nei confronti di un'altra persona e la perdonasse da un giorno all'altro. Era anche vero, però, che fino a quel momento la signora De Vile non aveva detto niente riguardo i suoi criteri di valutazione, e nemmeno era chiaro cos'avesse visto nella mente di Bianca. Quando il figlio glielo chiese, lei si strinse nelle spalle: aveva un'espressione vagamente malinconica, come se quel risultato non la soddisfacesse completamente.
«Lo so, anche io l'ho trovato strano. Fino a ieri sera sentivo che il suo perdono era ancora piuttosto lontano, ma adesso pare essere del tutto arrivato a destinazione. Oggi hai fatto qualcosa di bello per lei?»
Eli scosse la testa. Tutto ciò che aveva fatto era accompagnarla a una cena di classe (ed era stato costretto), farla tornare a casa a piedi (cosa che Bianca non aveva apprezzato affatto) e lasciarle guardare un film più vecchio di Angela insieme a Isabella. Non capiva cosa fosse cambiato e aveva il timore che nemmeno la ragazza fosse consapevole di cosa fosse successo di preciso.
Si andò a richiudere nella propria bara prima che spuntasse il sole, ma con ancora molti dubbi per la testa.

La sera successiva si risvegliò perfettamente riposato. Come ogni giorno si risciacquò il viso e si vestì bene, poi scese al piano inferiore. In sala da pranzo trovò tutto al suo posto e quasi l'intera famiglia presente: i suoi genitori, Angela, Katrina e Heidi erano tutti seduti a bere la loro razione di sangue quotidiana. Di Sybil e di Bianca non c'era traccia.
«Buonasera» salutò suo padre, lanciandogli un'occhiata penetrante. «Vieni a bere».
Eli chinò appena il capo e si prese la sua bottiglia di sangue. Nel frattempo udì distrattamente Katrina che parlava alla madre del proprio lavoro, mentre Heidi sorseggiava rumorosamente la sua colazione con la cannuccia.
Si accomodò davanti a Heidi, come al solito, con le spalle un po' più rigide del solito.
«Nel caso te lo stessi chiedendo, Bianca è uscita presto, stasera. Ora che non deve più starti appresso, sta cercando di godersi più sole possibile» disse Angela distrattamente, per poi bere un sorso di liquido rosso dal suo bicchiere. Evidentemente quel giorno non avrebbe incontrato il suo ragazzo.
«Non me lo stavo chiedendo» rispose Eli tranquillo.
«È andata a passare del tempo con Isabella, o almeno così ha detto» continuò la sorella in tono noncurante. «Quindi non con un ragazzo. Puoi stare tranquillo».
«Non sono preoccupato» sottolineò lui.
«E allora perché quell'aria pensierosa?»
Eli strinse le labbra e non disse niente. Era più forte di lui: ciò che la nonna gli aveva raccontato il giorno prima l'aveva scosso. C'era la possibilità che qualcuno avesse preso di mira la famiglia di Bianca e che la morte dei suoi genitori non fosse stata un incidente, quindi gli venne naturale preoccuparsi un po' per lei. Per di più Bianca era una sempliciotta che si lasciava spaventare dai cani e dai gargoyle: gli veniva naturale chiedersi se fosse davvero in grado di cavarsela da sola, a dispetto di essere riuscita a farlo senza problemi quando ancora non viveva con loro.
Probabilmente Sybil si era occupata di tenerla d'occhio come poteva non appena era tramontato il sole.
Quando ebbero tutti finito di mangiare, Eli fece per andarsene in camera propria, ma fu intercettato da Heidi, che lo prese per un braccio.
«Che c'è?»
Heidi lo strattonò più forte, costringendolo a chinarsi verso di lei. La bambina gli si avvicinò all'orecchio.
«Bianca in realtà è andata a passare il tempo con Luca. Sono andati al bosco».
Per un attimo Eli si sentì pietrificare dalla notizia. Guardò Heidi con un certo sconcerto, sperando che stesse scherzando; nel vedere solo un'espressione composta sul suo visino capì che invece era tutto vero.
«Non è possibile. Di che... di che stai parlando?» mormorò incerto, guardandosi un attimo intorno per assicurarsi che nessuno della famiglia fosse abbastanza vicino da poterli sentire. «Bianca ha la fobia dei cani, non andrebbe mai da qualche parte da sola con Luca... e comunque non ne avrebbe motivo, perché non sono neanche amici. E perché al bosco, poi? E tu come fai a saperlo?»
Heidi sorrise. «Scusa, ma è un segreto».
La situazione si faceva sempre più assurda secondo Eli, che a quel punto si ritrovò senza sapere come comportarsi. Se nel profondo pensava fosse giusto che qualcuno potesse parlare liberamente in privato con qualcun altro, il fatto che le due persone in questione fossero Bianca e Luca lo disturbava. L'unico argomento di discussione che quei due potevano avere in comune era proprio lui e non aveva idea di cosa si sarebbero potuti dire.
Cominciò ad avviarsi di nuovo giù per le scale, verso il portone d'ingresso, ma Heidi gli si aggrappò al braccio per fermarlo.
«Aspetta, non puoi andare! Ho promesso a Bianca che ti avrei trattenuto!»
La cosa si faceva di momento in momento più sospetta. Eli aggrottò la fronte e si divincolò dalla presa, gli occhi più luminosi per l'irritazione. «Non sono affari tuoi! Impara a non fare promesse che non puoi mantenere, piuttosto. Segreto o non segreto, io oggi dovevo incontrare Luca e così farò».
Ignorò le proteste della sorella minore e uscì di casa con passo deciso, guidato più dall'ansia che da rabbia vera e propria.
Ripensandoci, il giorno prima Isabella aveva consigliato a Bianca di agire di nascosto. Bianca aveva detto di non saperlo fare, e in effetti quella era una sorta di dimostrazione di quel fatto, ma era anche vero che in teoria non doveva avere niente in particolare da dover fare di nascosto.
Senza contare che, stando a quello che gli aveva detto Sybil, quello non era un momento buono per lei per andarsene a zonzo da sola in posti oscuri come il bosco. Oltre all'alta probabilità di incontrare lupi mannari, c'era il rischio di finire vittima di un qualche brutto scherzo da parte di un folletto, o di incappare in uno spettro. Se per un vampiro restava un buon posto per passeggiare, era meglio che gli umani non ci andassero di notte.
L'unica consolazione di Eli al momento era che Bianca era andata a cercare Luca, quindi insieme a lui non avrebbe rischiato niente. L'unico pericolo era quello che si sarebbero detti: anche se a Eli non veniva in mente niente, non riusciva a togliersi quel pensiero dalla testa.
Arrivato a un paio di dozzine di metri dal sentiero che entrava nel boschetto, Eli scorse due figure che ne uscivano. Anche a quella distanza riconobbe immediatamente Luca, affiancato da una ragazza paffuta che non poteva che essere Bianca.
«...pensaci, va bene?» gli parve di udire da parte dell'umana.
Luca non disse nulla in risposta, ma non guardava lei. Aveva già il muso puntato verso Eli, le orecchie dritte e in ascolto.
Mentre il lupo mannaro restava dov'era, Bianca si affrettò in direzione di casa De Vile, incrociando Eli. Quest'ultimo la bloccò afferrandole un braccio.
«Che vi siete detti?» mormorò piano. Luca aveva l'udito troppo fino per farsi sfuggire un sussurro a una distanza così breve, ma Eli sperò comunque che non lo sentisse.
«Non sono affari tuoi» ribatté prontamente Bianca. «Volevo solo fare due chiacchiere con Luca. Perché, che problema c'è?»
«Non ha senso, ecco qual è il problema. Tu non lo odiavi?»
Bianca accennò una risata, guardandolo divertita come se avesse appena parlato di un'invasione aliena. «No che non lo odio! Mi faceva solo un po' paura, all'inizio. Adesso è tutto a posto».
«Così, da un giorno all'altro?» fece Eli, scettico.
«Senti, se non ci credi è un problema tuo, non mio. Adesso vuoi lasciarmi andare? Mi stai facendo male al braccio!»
Lui allentò leggermente la presa, ma non la sciolse. «Perché non mi hai chiamato?»
Bianca alzò gli occhi al cielo, esasperata. «Quanto sei pesante! Pensavo che saresti stato felice di poter uscire senza di me, ora che siamo liberi dalla punizione, ma non ti accontenti mai. Se proprio lo vuoi sapere, Heidi mi ha spiegato che oggi Luca aveva solo pochissimo tempo da poter trascorrere di notte, e che voi due volevate già vedervi. Ho pensato di fare un favore a tutti e di parlarci mentre il sole non era ancora tramontato».
Quell'ultimo ragionamento sembrò sensato a Eli. I vampiri non potevano uscire con il sole ancora sopra l'orizzonte, quindi Bianca aveva avuto tutto il tempo per parlare con Luca senza rubargli neanche un minuto. Quella sera, proprio come aveva detto lei, il lupo mannaro aveva solo poco tempo da poter trascorrere in forma animale: si trasformava solo dal sorgere al tramontare della luna, la quale anticipava il proprio ciclo di circa un'ora ogni giorno. La scorsa settimana Luca aveva potuto frequentare tutte le lezioni, ma per quella a venire sarebbe rimasto quasi del tutto assente.
All'improvviso il ragazzo sentì qualcosa di caldo, morbido e umido toccargli il palmo. Si voltò di scatto e vide Luca che gli leccava la mano con delicatezza.
«Andiamo, Eli, lasciala andare. Non c'è bisogno di farle un interrogatorio simile».
Ancora un po' imbronciato, Eli lasciò andare il braccio di Bianca. Lei gli lanciò un'ultima occhiata infastidita, poi rivolse un cenno di saluto a entrambi e si allontanò in tutta fretta.
«È come ha detto lei, comunque» disse Luca. «Non abbiamo parlato di niente di strano».
«Non vuoi dirmelo nemmeno tu?» chiese Eli piano, mentre si avviava verso il bosco. Luca lo seguì, gli artigli che grattavano appena contro l'asfalto e gli occhi dorati che seguivano l'amico costantemente, inespressivi come sempre.
«Certo che te lo dico, Brontolo. Mi ha chiesto di nuovo scusa per come si è comportata nei giorni passati e ha detto che si sarebbe impegnata a fare amicizia con me».
Eli inarcò le sopracciglia. «E per dirti una simile scemenza doveva uscire di casa di nascosto e venire a parlarti in privato? Poteva anche aspettare domani» osservò.
Luca mosse appena la coda, divertito. «Non si nota sempre, ma è molto timida e anche introversa. Fa una gran fatica a esprimere quello che sente... magari non voleva che tu fossi lì ad ascoltarla».
La risposta dell'amico non soddisfò il vampiro, che continuò a rimuginarci tra sé. Quella spiegazione era sensata, oggettivamente, ma i conti non gli tornavano. Bianca del resto aveva già pianto più di una volta davanti a lui e gli aveva parlato molto la sera precedente, mentre erano di ritorno dalla cena di classe: non capiva perché in quel caso si sarebbe dovuta vergognare che sentisse i suoi discorsi. Inoltre continuava a trovare strano che fosse uscita da sola per cercare Luca, con cui non aveva neanche fatto amicizia, solo per dirgli quelle cose.
Aveva il sospetto che sotto quell'incontro ci fosse di più di quanto non sembrasse. Allo stesso tempo, però, Luca gli camminava accanto col solito passo sicuro e gli parlava con voce ferma. Era vero che i lupi mannari erano imperscrutabili quando si trattava di emozioni, se non erano loro stessi a volerle mostrare, ma quello era pur sempre il suo migliore amico: se ci fosse stato dell'altro, sicuramente Luca gliene avrebbe parlato subito.

Arrivarono nel posto dove chiacchieravano di solito: un grosso albero verso i limitari a nord. Aveva delle radici abbastanza grandi da potercisi accomodare tranquillamente e davanti a esso c'era una discesa piuttosto ripida che portava a valle. L'aria nei paraggi era leggermente umida; di quella stagione sapeva di fango e di foglie.
Eli si accomodò su una delle radici, con la schiena contro il tronco, e raccontò a Luca quello che era successo il giorno prima. Si concentrò sulle reazioni degli umani nel vederlo ed evitò di parlare dei discorsi fatti a tu per tu con Bianca, pensando fosse meglio tenere privata quella conversazione. Il lupo mannaro, che si era disteso lì accanto, trovò divertente il fatto che nessuno avesse pensato che Eli fosse un vampiro, ma non se ne stupì.
«Te l'avevo detto, no? Gli umani sono assurdi. Credo che non riconoscerebbero un vero vampiro neanche se venissero morsi da uno di loro».
«Si sono insospettiti solo per i miei occhi, ma c'era molta luce e non si è notato molto che brillano» concesse Eli con un sorriso. «Non credevo mi avrebbero fatto tutte quelle domande. Sembrava di essere a un colloquio di lavoro».
«O a una cena con i parenti» suggerì Luca. «Secondo me credono che tu sia il ragazzo di Bianca».
Il vampiro rise di gusto. «Sì, certo! Che razza di rubacuori dovrebbe essere Bianca per trovarsi un ragazzo in un paesino sconosciuto nel giro di una manciata di giorni?»
Luca si mise seduto sulle zampe posteriori, continuando a guardarlo fisso. «Perché, tu sei così sicuro di poterti mettere con una ragazza nel giro di pochi giorni? Una come Bianca, con cui vai così poco d'accordo e perfino in lutto per i suoi genitori?»
«Io sono bello. Piaccio facilmente».
L'amico sbuffò e diede una spallata scherzosa contro la gamba di Eli. «Va bene, ma a parte questo, penso che l'avrebbe pensato chiunque. Bianca, che sembra così chiusa, riesce a intendersela così tanto con un ragazzo sconosciuto al punto da portarlo alla cena di classe, dove lui c'entra come i cavoli a merenda. Si scopre che vivono insieme e lei ha lasciato la sua vecchia scuola per andare alla stessa dove va lui...»
«Queste ultime cose erano inevitabili, però! Lo sai che ero in punizione» s'intromise Eli, sulla difensiva. Per qualche motivo cominciava a sentirsi a disagio e quel discorso gli piaceva sempre meno.
«Loro non lo sapevano, però» puntualizzò Luca. «Alla fine lei lascia la cena in anticipo per degli ipotetici ordini di tuo padre e tu l'accompagni fuori senza fare una piega. Scommetto che vi siete guardati un sacco di volte durante la cena, o non avresti capito la situazione. Alla fine ve ne andate soli soletti, per di più senza nemmeno farvi venire a prendere in macchina...»
Eli non disse niente, ma storse le labbra in una smorfia e aggrottò leggermente la fronte, mentre sul petto cominciava a sentire un peso fastidioso. Non poteva ribattere perché era tutto vero, ma gli dava fastidio sentirsi dire certe cose in faccia.
«Quello che voglio dire è che non è poi così impensabile, no? Stando a quello che mi hai detto, ti sei comportato proprio da fidanzatino... con tanto di passeggiata sotto le stelle, soli soletti e abbracciati...»
A quel punto il ragazzo scese dalla radice e si chinò sulle piante dei piedi davanti a Luca, guardandolo serio.
«Se è così, potevi dirci che a Vallata Nuova c'eri anche tu, e magari venire a salutarci invece di rimanertene al buio a ringhiare. A Bianca è quasi venuto un infarto per la paura».
Luca parve genuinamente sorpreso per un attimo. Poi piegò le orecchie di lato e distolse lo sguardo.
«Ma che dici? Non c'ero».
«E allora come mai parli di passeggiata sotto le stelle, se ti ho raccontato solo della cena?»
Le orecchie di Luca gli sparirono dietro la nuca. «Me l'ha raccontato Bianca».
«Oh, davvero?» incalzò Eli.
Ci fu un lungo silenzio. Quando fu passato troppo tempo, il ragazzo capì che Luca non sapeva come rispondere. Sorrise intenerito, appoggiandogli la mano sulla testa per accarezzarlo.
«Sei pessimo a nascondere le cose».
«Mi hai solo preso in contropiede» ribatté il lupo mannaro, sulla difensiva. «Scusami. Non avrei dovuto farlo».
«Che cosa? Restare nascosto ieri o cercare di mentirmi adesso?»
«Tirare fuori l'argomento, credo» borbottò l'amico a disagio. Gli si avvicinò di più e gli appoggiò la testa sulla spalla, scostando i capelli che la occupavano. «L'ho fatta suonare come se fosse una cosa sbagliata, ma non ho alcun diritto di venire a dirti come ti devi comportare con Bianca».
Eli scosse la testa e lo abbracciò stretto. Normalmente non abbracciava mai nessuno, ma per qualche motivo con Luca gli veniva naturale. Aveva la presenza di un migliore amico e allo stesso tempo l'aura rassicurante di un enorme peluche. Non poteva negare, comunque, che quella rivelazione l'aveva sorpreso. Sicuramente Luca era rimasto in disparte perché non si sentiva ancora a suo agio con Bianca, ma era strano pensare che fosse stato lì a guardarli per tutto il tempo – e magari a sentire i loro discorsi.
«Non importa, lo so che sei solo preoccupato per me». Sciolse l'abbraccio in fretta e gli diede un'altra carezza energica sul dorso, che ebbe l'effetto di far drizzare le orecchie al lupo mannaro. «Anzi, in questo caso è meglio dire che lo sei per Bianca. Non vuoi che si faccia l'idea sbagliata».
«Quindi ti sei accorto di piacerle!» esclamò Luca sorpreso.
Il vampiro annuì. In realtà era rimasto solo un vago sospetto all'inizio, ma gli indizi durante la sera passata erano aumentati.
«Con me si comporta in modo diverso rispetto agli altri della mia famiglia. È come se cercasse di entrare più in confidenza, anche a costo di litigare. All'inizio credevo che fosse solo il modo in cui si comporta con i ragazzi, o che magari pensasse solo che ero bello o cose del genere».
«Che pavone» commentò Luca. Eli gli diede una pacca scherzosa per ammonirlo, mentre si sedeva su una radice più bassa lì accanto.
«Ieri, poi, una delle sue amiche mi ha parlato un sacco e lei si è ingelosita. Ho cominciato a pensarci seriamente quando le ho detto della mia omosessualità».
Luca per un attimo arricciò le labbra e mostrò le zanne bianche, nervoso. «Avrai fatto bene? Non sai ancora se puoi fidarti di lei. Con me e le ragazze non ti sei sbottonato così in fretta».
«Mi sembrava giusto specificare... e non credo che lei sia il tipo da fare la spia con i miei. Non ne ricaverebbe nulla» spiegò Eli tranquillo. «Comunque, quando gliel'ho detto lei ha reagito malissimo. Non era la reazione di una che scopre qualcosa di inaspettato: sembrava più una che scopre di essere stata ingannata da una persona fidata».
Il lupo annuì. «Potrebbe ancora essere un fraintendimento, ma se la spiegazione fosse questa, avrebbe senso».
C'era però ancora qualcosa che non era stato chiarito. Eli guardò l'amico con curiosità. «Tu che ci facevi a Vallata Nuova, comunque?»
«Facevo un giro, visto che tu non c'eri» rispose prontamente Luca.
«Poi, da come parli, sembra che tu ti sia già accorto dei sentimenti di Bianca. Come hai fatto, se in questi giorni a scuola non vi siete quasi neanche guardati?»
«Vi ho visti a Vallata Nuova, no? Ho usato il mio intuito mannaro».
Eli rise di gusto. «Scusami, Luca, ma secondo me sei fin troppo dolce e innocente per fare lo Sherlock Holmes dei rapporti sociali».
«Ridi pure quanto vuoi, ma ho sicuramente un fiuto migliore del tuo!»
Continuarono a scherzare per un po', finendo per parlare di altro: le previsioni di Isa, il modo in cui il potere di Chiara cominciasse a rischiare di darle troppo alla testa, il bisogno di Luca di prendere in prestito gli appunti di Eli quando non sarebbe stato in grado di frequentare le lezioni.

Tra una chiacchiera e l'altra, le quasi quattro ore di tempo che avevano a disposizione si esaurirono; intorno alle undici di sera uscirono dal boschetto, diretti altrove.
«Allora, è domenica e non ci sono io a farti compagnia per il resto della giornata. Cosa pensavi di fare?» domandò Luca mentre si mettevano in strada.
«Andrò a casa a riordinare gli appunti e a studiare».
«Secchione».
Eli diede una ginocchiata contro il costato di Luca, facendolo barcollare di lato, ma quest'ultimo si riavvicinò tranquillamente.
«Pensavo comunque che è strano che ti abbiano liberato dalla punizione così presto. Conoscendo tuo padre, mi sarei aspettato almeno un paio di settimane di castigo, se non un mese intero».
Il vampiro si strinse nelle spalle, leggermente in imbarazzo. «Forse ho esagerato quando ti ho parlato di lui, ma non è terribile come può sembrare, sai? Alcune volte è perfino gentile».
«Wow, addirittura?» commentò Luca sarcastico.
«Va bene, dimmi che non stai prendendo anche tu il vizio di usare il sarcasmo per tutto».
«Solo quando ci sta davvero molto bene». Luca restò in silenzio per un po', poi si fermò di scatto e drizzò le orecchie. «Aspetta, fermati».
Eli si fermò subito e lo guardò attento. Il lupo mannaro teneva le zampe ben piantate a terra e il muso appuntito era sollevato in direzione del bosco. Sembrava una statua, tanto era fermo: in quei momenti sembrava molto più animale del solito.
«Sono loro» mormorò infine, piegando le orecchie all'indietro. «Andiamocene in fretta».
Con “loro” si riferiva ai lupi mannari. Eli sospirò e scosse la testa, rassegnato all'idea di doverli incontrare per forza; si riavviarono con passo spedito, ma se erano abbastanza vicini perché Luca potesse fiutarli, sicuramente anche loro due erano già stati individuati. Non gli restava che sperare di evitare il grosso di quella seccatura.
Mentre camminavano, si cominciarono a sentire i primi fruscii tra gli alberi, insieme a qualche latrato appena trattenuto. Luca si avvicinò al fianco di Eli. «Mi dispiace...»
«Non fare lo scemo, Luca, non è mica colpa tua» borbottò Eli spiccio.
«Ma guarda un po'!» esordì una voce più profonda. «I due scolaretti in luna di miele».
«Per quel cucciolone sarà l'ora della cagatina serale!» intervenne un'altra voce più in là.
Dall'oscurità cominciarono a spuntare diverse sagome a quattro zampe. I lupi mannari non erano necessariamente tutti uguali: alcuni non potevano parlare, altri erano anche grandi il doppio o il triplo di un lupo normale e altri ancora, durante la trasformazione, si ritrovavano anche la stessa mente di un lupo vero e proprio. Quelli, in particolare, formavano un branco di adolescenti particolarmente molesti che Luca preferiva sempre evitare a ogni costo.
Nel giro di pochi secondi, si ritrovarono con una decina di lupi che li seguivano alle spalle con passo moderato.
«Neanche un'occhiata da dedicare a questi pezzenti, De Vile?» ridacchiò uno con la voce roca appena dietro Eli. Il ragazzo lo riconobbe come Cristian, quello che una volta aveva tentato di entrare nel cortile di casa De Vile ed era stato preso a calci da Alec a mo' di ricompensa. «Che schifo. Voi vampiri pensate sempre di essere migliori di tutti».
«Però l'animaletto domestico se lo tiene! Ehi, Luca, come va a scuola? Hai fatto i compiti?» domandò un altro in tono petulante – a giudicare dal tono doveva essere Davide.
Eli si sforzò di restare zitto. Si consolava del fatto che i lupi mannari non fossero tutti così (Luca ne era la prova vivente) e si concentrò sul fatto che, se anche avesse cercato di rispondere a tono, ne avrebbe ricavato solo un battibecco inutile senza capo né coda.
«Ti fai fare il bagnetto dal tuo amico vampiro?» domandò un altro, affiancandosi al lato libero di Luca. Il pelo nero e la voce profonda appartenevano a Mattia, che era quello che aveva convinto tutti gli altri a prendere di mira Luca ogni volta che potevano. «Sulla pelliccia ormai non ti è rimasto neanche un pizzico di odore da mannaro. Praticamente sai di libri».
Avrebbero volentieri continuato a ignorarli se uno di loro non avesse deciso di spiccare un balzo e di addentare i capelli neri di Eli, costringendolo a fermarsi per evitare di perdere l'equilibrio.
«Non ci ignorare, chiappe gelate!» esclamò provocatorio il lupo sconosciuto.
Eli si piegò di lato per evitare che gli si strappassero i capelli, ma il suo sguardo si accese subito di un giallo minaccioso mentre scopriva le zanne bianche e acuminate. «Lasciami andare subito!» intimò in un sibilo.
Quello lo lasciò andare e si fece indietro, un po' intimorito, ma gli altri sembrarono solo più divertiti.
«Guarda un po'! Il principe De Vile ci onora della sua attenzione!» commentò Mattia sarcastico. «Meglio non sprecare l'occasione».
Il vampiro cominciava ad averne piene le tasche. Scosse la testa con insofferenza e si voltò di nuovo in direzione di casa propria, che ormai non era troppo lontana.
«Non ho tempo da perdere con voi. Luca, andiamocene».
Dal canto suo, l'amico aveva le orecchie basse e gli stava vicino senza parlare. Probabilmente era così spaventato che non riusciva a comunicare come al solito.
«Ehi, dove credete di andare?!» si sentirono gridare dietro. Eli vide chiaramente un paio di lupi piazzarsi accanto a lui e guardarlo con insistenza.
«Ti accompagniamo fino a casa, tranquillo. Dopodiché Luca sarà tutto per noi» gongolò uno dei due.
Ormai erano vicinissimi a casa. Eli lanciò un'occhiata a Luca, che sembrava impegnato a tenere le orecchie dritte e la coda lontana dalle zampe per non mostrarsi spaventato.
«Non c'è problema Eli, davvero. Ci vediamo domani a scuola».
«Sicuro! Se ti reggi ancora in piedi, almeno...!» lo canzonò Cristian. Alle sue parole gli altri lupi mannari latrarono allegri, concordi.
Non era chiaro cos'avrebbero fatto a Luca quando Eli fosse rientrato in casa. Un vampiro poteva anche essere un buon avversario per un lupo mannaro, ma Eli non era per nulla allenato alla lotta e sicuramente non avrebbe potuto nulla contro ben dieci lupi mannari tutti insieme. La stessa cosa valeva per Luca, a cui era stato concesso di studiare alla Scuola Notturna proprio perché si comportava in maniera educata e corretta con tutti.
Eli ragionò in fretta. Non aveva alcuna voglia di vedersela con tutti quei lupi, ma non gli andava nemmeno giù il fatto che Luca li affrontasse tutti da solo. Sentì gli occhi bruciare e la bocca più secca per qualche momento, preso dalla frustrazione... finché non gli venne un'idea.
Appena furono davanti al suo cancello di casa, i lupi gli lasciarono a malapena lo spazio per oltrepassarlo. L'anta del cancello era chiusa; mentre Eli vi si avvicinava per aprirlo, sentì chiaramente i lupi farsi più irrequieti. Luca, inconsciamente, gli si era schiacciato contro il fianco.
Fu allora che Eli, subito dopo aver aperto il cancello, raccolse tutta la forza che aveva e afferrò Luca per la collottola, trascinandolo con sé nel cortile anteriore.
Quelli che prima erano uggiolii appena accennati si trasformarono in ringhi e ululati di rabbia.
«Cazzo... venite fuori!» abbaiò irritato Mattia, zampettando impaziente davanti al cancello. «Luca! Appena esci di lì sei morto!»
Sarebbe stata solo questione di tempo prima che qualcuno della famiglia si accorgesse della loro presenza davanti casa e decidesse di farli sloggiare; non avrebbero potuto costringerli ad andarsene, ma in genere un vampiro centenario sapeva che mezzi usare per convincere qualcuno a bighellonare altrove. Nel frattempo, però, Luca era dentro casa De Vile: quella consapevolezza sembrava spaventare decisamente di più il lupo mannaro che il vampiro.
«Perché l'hai fatto? Avrei potuto seminarli correndo! Non dovevi trascinarmi qui dentro!» si lamentò Luca mostrando le zanne, più per paura che per rabbia. «Se i tuoi mi trovano mi trasformano in guanti di pelliccia!»
Eli gli appoggiò una mano sul muso, lanciandogli un'occhiata insofferente. «Puoi sgridarmi più tardi per averti risparmiato una bella batosta di gruppo. Adesso seguimi».
Attraversarono il cortile e si diressero sul retro – o meglio, Eli si diresse lì trascinando Luca per la collottola. Entrarono nella serra, dove Eli sperava di nascondere almeno in parte l'odore di Luca e dove si disse che non avrebbero trovato nessuno. Per sicurezza il ragazzo andò in fondo alla costruzione, vicino ai vasi di belladonna. Luca arricciava il naso, infastidito dall'odore e tanto nervoso da mostrare la base delle gengive tra un ringhio e l'altro.
«Eccoci» mormorò Eli con un sospiro lieve. «Tu resta qui. Sicuramente mia nonna o i miei genitori si accorgeranno del casino, se sono in casa, perciò smetti subito di ringhiare».
«Tu sei completamente pazzo» dichiarò Luca in tono vacuo. «E se non c'è nessuno in casa? Come vi occupate voi dei lupi mannari?»
«C'è Katrina che funziona a meraviglia contro gli intrusi, altrimenti ci pensano i miei».
Luca si stese a terra e si raggomitolò per farsi più piccolo. «Va bene. Quindi ora che faccio? Aspetto che venga la tua famiglia a farmi nero? Avrei più speranze di sopravvivenza se raggiungessi il branco».
«Non ti faranno del male se non sanno che sei qui» lo rassicurò Eli in tono fermo. «Aspetta e non muoverti. Non dovrebbero restare qui vicino ancora per molto... vado a vedere se qualcuno di casa può mandarli via».
Nel momento in cui fece per alzarsi, Luca gli addentò piano una manica.
«Non fare tardi».
Si bloccò e gli si chinò ancora accanto, perplesso. Un attimo dopo gli diede uno schiaffetto sul muso.
«Fifone. Non scappo da nessuna parte! Tu aspettami qui».

Fuori dal cancello c'erano ancora i lupi che saltavano di qua e di là, tenendosi a una distanza di circa un metro o due dal cancello – probabilmente non volevano far arrabbiare nessun padrone di casa, nel caso fossero stati presenti. Ignorandoli deliberatamente, Eli superò il portone d'ingresso e fece il giro delle stanze per vedere chi era presente, finendo per rintracciare solo Angela e Heidi intente a fare “chiacchiere tra donne” (testuali parole). Non che si aspettasse di trovarli tutti presenti, ma si sentì subito scoraggiato.
«Sì, mi sono accorta dei lupi. Se pensi che io abbia intenzione di mettermi a gestire quei sacchi di pulci per conto mio, ti sbagli di grosso. È Katrina quella forte, non io! Ci penseranno lei oppure mamma e papà a sistemare la faccenda» dichiarò la sorella maggiore non appena Eli accennò al discorso.
Heidi, che per ovvi motivi non avrebbe mai potuto affrontare un gruppo di dieci lupi mannari quasi adulti tutta da sola, specificò: «mamma e papà sono andati a divertirsi da qualche parte anche oggi, mentre Katrina è con gli amici a divertirsi. Ti conviene trovarti qualcosa da fare e aspettare che vadano via da soli».
Eli sospirò, indeciso se sentirsi sollevato all'idea che nessun De Vile avrebbe scoperto della presenza di Luca o piuttosto infastidito al pensiero che non ci fosse nessuno pronto a scacciarli.
«Senti che baccano» si lamentò Angela infastidita, sbirciando fuori dalla finestra. «Queste cose succedono raramente, ma sono una gran noia. Papà poteva sbarazzarsi di tutti loro in un batter d'occhio! Sai, organizzare un bello sterminio di lupi mannari... ma no. A lui dispiace sbarazzarsi di una specie inutile come quella. Che schifo. Se non altro la luna sta per tramontare, quindi tra poco non potranno più fare niente».
Solo a quel punto Eli si ricordò di quel dettaglio importantissimo. Sì, se la luna tramontava, molti lupi mannari tornavano al loro aspetto umano e diventavano inoffensivi... ma questo valeva anche per Luca. Per di più la forma umana di Luca non ricordava mai nulla di quello che succedeva durante le sue trasformazioni.
In poche parole c'era un umano sconosciuto che stava per risvegliarsi nudo come un verme in una serra di una casa che non conosceva.
«Non fare scemenze e aspetta che torni la nonna!» gli gridò dietro Angela mentre Eli se ne andava di corsa.

Prima di tornare nella serra, Eli pensò bene di procurarsi dei vestiti da prestare a Luca per quando si sarebbe ritrasformato: prese un maglioncino e un paio di pantaloni di una tuta, più delle scarpe da ginnastica e della biancheria, augurandosi che gli stesse bene tutto. All'idea di incontrare l'altro Luca si sentiva nervoso, ma anche stranamente emozionato; non aveva idea di cosa avrebbe pensato di lui e lo preoccupava la sua reazione, ma si sentiva un po' contento all'idea di poter finalmente vedere e conoscere quel lato di lui.
Dopo un lungo momento di esitazione, decise di provare a chiamare Bianca. Lei era l'unica in casa oltre a Heidi a sapere della sua amicizia con un lupo mannaro, dopotutto: avrebbe potuto essergli utile nel caso i suoi genitori fossero tornati prima del previsto.
La chiamata fu raccolta solo dopo parecchi squilli. Dopo le prime proteste da parte della ragazza perché Eli non aveva “usato WhatsApp, come tutte le persone normali?! Niente scuse, Isa e Chiara lo usano!”, il vampiro spiegò in fretta la situazione.
Si sarebbe quasi aspettato altre lamentele o un commento sarcastico, invece il tono di Bianca quando rispose fu mortalmente serio.
«Io ho la patente, posso accompagnarlo a casa in macchina... ne ho presa una per arrivare fino a casa di Chiara. Intanto restate nascosti. Come sta Luca?»
La domanda colse Eli di sorpresa. «Perché vuoi saperlo?»
Lei sospirò. «Scusa, non credevo fosse proibito chiedere. A dopo».

Tornato nella serra, vide Luca che se ne stava in piedi con aria visibilmente nervosa.
«Ci hai messo un secolo! Allora?» domandò subito l'amico.
«Mi dispiace, in casa ci sono solo Angela e Heidi e non possono fare niente» borbottò Eli in tono di scuse. «Ho chiamato Bianca. Era a casa di Chiara, ha detto che può riaccompagnarti a casa in macchina. Quanto manca al tramonto di oggi?»
Luca piegò le orecchie di lato. «Ormai pochissimo... non riuscirei a tornare a casa in tempo nemmeno se mi spuntassero le ali. Grazie lo stesso per il passaggio». Sbuffò. «Questa non ci voleva. Sarò terrorizzato quando mi ritrasformerò».
Eli abbassò lo sguardo a terra, senza sapere cosa dire. Luca non gli aveva mai permesso di incontrare la sua forma umana, nonostante le insistenze; continuava a dire che era meglio se il suo lato umano avesse saputo meno informazioni possibile riguardo la Scuola Notturna e tutti i sovrannaturali che la frequentavano.
«Se mi conosci anche da umano, almeno potremo evitare di trovarci nei guai di nuovo, se dovesse succedere ancora» osservò.
«No, sarebbe un disastro. Da umano sono già abbastanza terrorizzato all'idea di dovermi trasformare ogni giorno in un lupo per metà del tempo... se l'altro me stesso dovesse scoprire di andare ogni giorno in una scuola piena di gargoyle, fate e vampiri, finirebbe per chiudersi a chiave in casa ogni volta che sorge la luna». Gli occhi arancio-dorati di Luca fissarono quelli luminosi di Eli. «Mi raccomando, non devi farmi capire che sei un vampiro. Fai solo finta di avermi trovato nella tua serra e che sei disposto ad accompagnarmi a casa, tutto qui».
Quella presa di distanze suonava quasi innaturale per Eli, abituato com'era a parlare quasi di tutto con Luca. «Non mi sembra che mi trovi così pericoloso quando sei un lupo» osservò contrariato.
Luca abbassò le orecchie ancora di più e si sporse verso di lui un po' di più. «No, dai, non prenderla così male. Eli, sul serio, non è una questione personale... ma voglio evitare a tutti i costi che lui sappia qualcosa di questa metà della mia vita. Te lo chiedo come amico».
Più lo sentiva parlare, più gli sembrava una richiesta irragionevole. Perché tutta quella segretezza? Eli era piuttosto convinto che, nel caso in cui l'altro Luca avesse saputo della sua vita come lupo mannaro, si sarebbe tranquillizzato: non era uno che con la luna se ne andava in giro a maltrattare gente come Cristian o Mattia, ma uno che frequentava delle lezioni a scuola e si era anche fatto degli amici. Un tipo che forse tendeva a scoprire le zanne troppo spesso, ma che sapeva ascoltare e dare buoni consigli.
«Va bene, come vuoi» replicò Eli rassegnato. «C'è altro che devo sapere?»
«No. Se dovessero scoprirci i tuoi, però, capirebbero subito che sono un lupo mannaro e finiremmo tutti e due nei guai fino al collo» mormorò l'altro mesto. «Dovremmo trovare un'idea per...»
S'interruppe all'improvviso. Il corpo di Luca cominciò a tremare visibilmente, mentre il lupo cercava di raggomitolarsi su se stesso e cominciava a uggiolare.
«Luca, che succede? Luca!» cercò di chiamarlo Eli allarmato, senza ottenere risposta.
Non l'aveva mai visto trasformarsi, per ovvi motivi. A occhio gli sembrò un processo estremamente doloroso, oltre che inquietante da vedere: mentre il pelo cominciava a diventare sempre più corto, si potevano vedere con chiarezza le ossa e i muscoli contorcersi e modificarsi sotto la pelle. Luca emetteva dei lamenti appena accennati, come se stesse cercando in tutti i modi di trattenere la voce e di sopportare.
Era abbastanza disgustoso da far venire voglia di distogliere lo sguardo, ma il vampiro restò a fissare l'intero spettacolo, come ipnotizzato dalla scena. D'istinto mostrò le zanne e tese i muscoli, pronto a darsi alla fuga, ma allo stesso tempo si chiese se per caso non fosse doloroso per Luca dover subire quell'intero processo due volte al giorno, tutti i giorni. Se fosse stato al suo posto, si sarebbe sentito in pieno diritto di prendersela col mondo intero come facevano gli altri mannari più giovani.
Quando tutto il pelo fu sparito, Luca cominciò a mostrare sembianze più umane. Era più alto di Eli ma al tempo stesso meno in forma; sulla sua testa spuntò una chioma bionda e riccioluta come se fosse esplosa dal cuoio capelluto. Se ne stava steso su un fianco in posizione fetale e completamente nudo, sul viso un'espressione contratta che il vampiro non seppe definire.
Una volta finito tutto, l'umano aprì lentamente gli occhi e sciolse la sua posa rigida, guardandosi intorno con un paio di iridi azzurro cielo che si fecero quasi subito spaesate, alla ricerca di qualsiasi punto di riferimento familiare.
Eli era muto per lo stupore. Come aspetto umano per Luca si era aspettato un ragazzo un po' muscoloso, magari con folti capelli neri e carnagione olivastra, come a ricordare il tono grigio scuro del suo pelo e il suo tono muscolare da lupo; quello che aveva davanti invece era un ragazzo alto ma mingherlino, con gli occhi azzurri e i capelli biondi, che ricordava in maniera abbastanza fedele un putto troppo cresciuto precipitato dal cielo. Per di più assistere alla trasformazione era stato uno shock: sentiva che avrebbe rivissuto il momento nei propri incubi.
Il ragazzo non impiegò molto a individuare Eli. Il vampiro lo vide irrigidirsi di colpo, poi arrossire come un peperone, mentre il battito cardiaco raddoppiava in velocità.
«Dove sono? Tu chi sei?!» domandò allarmato, coprendosi d'istinto. «Che ci faccio qui?»







Niente di meglio (né di peggio) di un cliffhanger, giusto?
Qui Ignis, grazie per aver letto questo capitolo fino alla fine. Fatemi sapere cosa pensate della storia, dei personaggi e dell'ambientazione in una recensione o in un messaggio privato: tenete presente che cerco sempre di migliorarmi e anche quella che potrebbe sembrarvi una critica inutile potrebbe essermi di spinta per evolvere il mio stile! Se avete dei dubbi sull'ambientazione (probabilmente sì, perché sono una frana a far capire le cose, SIGH) chiedetemi pure e vi risponderò. XP
Al prossimo capitolo!
Ignis

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