La verità a volte fa male

di binca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** capitolo 27 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


°°°
Ciao a tutti, ho iniziato a scrivere questa storia a Febbraio del 2010, ma poi per motivi che non vi sto a raccontare ho deciso di smettere. Nonostante ciò però, tanti sono stati i messaggi privati delle persone che mi hanno pregato di continuarla o di riprenderla in mano e così, a distanza di quattro anni… mi sono decisaJ
Spero vi faccia piacere! Un bacio Binca.
°°°

 


PROLOGO
 
Era una bella serata d'agosto e mi trovavo sugli scogli a guardare la luna che rischiarava il cielo, le piccole stelle brillavano sopra la mia testa di una luce nuova, almeno ai miei occhi, dato che non le avevo mai viste a quell'ora .  
Sbadigliando mi guardai intorno posando il mio sguardo sull'orologio che mi aveva regalato Leonardo, rendendomi conto solo in quel momento che erano già le tre del mattino. Sospirai rassegnata, non avevo nessuna voglia di tornarmene nella mia stanza, troppe domande mi frullavano per la mente, ma sopratutto, cosa ci facevo li a quell'ora della notte da sola, con una semplice camicia da notte?
Rabbrividii. Le lacrime continuavano a rigarmi il viso impedendomi di pensare seriamente ai problemi frequenti che ormai mi seguivano ovunque.
Non è sempre facile scoprire la verità su una persona a cui si tiene e lo è ancora di meno se quello che si scopre è grave, ma il mio problema non era quello, il mio problema era esserci finita dentro senza rendermene conto. Ero sempre stata una ragazza tranquilla, una di quelle che preferiva starsene a letto a leggere un bel libro invece che uscire per andare a sballarsi con gli amici. Mi ero ubriacata una volta sola nella mia vita, avevo fumato due sigarette in tutto soffocandomi con il fumo e non ero mai stata capace di fare niente di più, motivo per cui ancora non riuscivo a  capire come fosse possibile che nel giro di due mesi la mia vita si fosse capovolta.
Con quelle riflessioni, presi il cellulare incerta sul da farsi, sicuramente però, questo lo capivo, avevo bisogno di parlarne con qualcuno. Con il cuore che batteva a mille guardai lo schermo illuminato e rimasi immobile davanti alle ventitre chiamate senza risposta di Leonardo. Era passata mezzora dall'ultima volta che avevo estratto l’aggeggio elettronico dalla tasca e due ore da quella prima. Entrambe le volte lo schermo era pieno di chiamate perse. Sapevo che avrei dovuto rispondere,  ma continuavo a non farlo sperando che prima o poi smettesse di chiamarmi e con quell’idea in testa, feci l’unica cosa che in quel momento mi sembrava sensata.
Velocemente cercai nella lista il numero di Mara. Un bip, due bip, tre bip.
"Ale ?" Sobbalzai, era da tanto che non sentivo la sua voce.
" Hey, mi chiedevo se domani posso fare un salto da te... "
"Certo che puoi venire, ma potevi anche aspettare domani mattina per chiedermelo, non credi?"
"Hai ragione, ma non sapevo chi altro chiamare ..." per qualche secondo l’unico suono che sentii fu quello del mare che si stagliava sulle onde e poi, finalmente, la voce della mia amica investì il mio orecchio, quasi in un sussurro.
" Leonardo?"
" Si, so la verità ".
Nuovamente un silenzio tombale mi investì. Sapevo che stava ragionando sulla mia frase e sapevo ancora meglio che appena avesse capito cosa intendevo dire, sarebbe restata a bocca aperta, infatti, come immaginavo, pochi secondi dopo un urlo mi assordò.
" Tu cosa!?"
" Io so la verità … "
" Dove sei? Vengo subito".
Guardai di nuovo l'ora. Le quattro del mattino, orario notevole per uscire di casa e correre dall'amica in difficoltà. Avrei voluto dirle di non venire, avrei voluto dirle che forse era meglio se mi lasciava sola, se si allontanava definitivamente da me, ma quella era la mia migliore amica e sapevo che non l’avrebbe mai fatto così,  mi ritrovai a farfugliare un : "Sono in spiaggia sugli scogli. Ti aspetto qui". Seguito subito dopo da un: "Ok arrivo il prima possibile."
Buttai giù sorpresa. Ero consapevole di poter contare sempre e comunque su Mara, ma ero un po' riluttante ad aprire bocca. Sapevo benissimo che se solo avessi avuto il coraggio di parlare, la mia vita, la sua vita, la vita dell'intera famiglia del mio ragazzo sarebbe cambiata.
Ancora assorta nei miei pensieri non feci caso alle braccia robuste che mi circondarono la vita.
«Amore, io te lo avevo detto che saresti scappata sapendo la verità» mormorò Leonardo al mio orecchio baciandomi il collo.
 «Non sto scappando, ho solo paura di non essere alla tua altezza, di non riuscire ad aiutarti» risposi con una voce, me ne resi conto troppo tardi, fin troppo acuta rivolta a quella figura muscolosa che ne aveva passate così tante .
«Amore stai già facendo tanto per me, forse addirittura troppo».
«Non ti drogheresti se fosse così».
«Non è vero e questo lo sai meglio di me». Tremando mi girai verso di lui guardandolo negli occhi. Quegli occhi azzurri che mi incantavano ogni volta, quegli occhi azzurri sempre velati dal dolore mentre il mio cuore mancava dei battiti obbligandomi a spostare lo sguardo. I capelli biondi come al solito spettinati,  erano difficili da identificare nel buio della notte, ma nonostante ciò, riuscivo a riconoscere i suoi lineamenti. Tremai nuovamente a quella vista e mi persi fra le sue braccia formulando fra i singhiozzi quelle parole che fino a pochi minuti prima non credevo di essere in grado di dire.
«Ti amo Leo. Scusa se sono scappata così, ma ero davvero terrorizzata per quello che mi hai detto sto pomeriggio».
«Lo so amore. Ti avevo detto che era meglio aspettare».
Lo guardai di nuovo accarezzandoli il viso per poi appoggiare la testa al suo petto e cullata dal suo respiro, mi addormentai sulla spiaggia.

 
CIAO:)
SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO!
NATURALMENTE SCOPRIRETE TUTTO NEI PROSSIMI CAPITOLI, E LE IDEE SI FARANNO PIU CHIARE :)
UN BACIO FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE 
CIAOOO^^
 
 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


CIAO A TUTTI, ECCOMI QUI CON IL CAPITOLO DUE :D
SPERO VI PIACCIA!

 



CAPITOLO DUE
 
QUALCHE SETTIMANA PRIMA
 
«Mara»  esclamai correndo incontro alla mia amica, una ragazza dai lunghi capelli biondi che mi osservava dal bordo opposto della piscina, con un immenso paio di occhiali da sole sulla testa, comodamente sdraiata sul suo sdraio. Erano mesi che non ci vedevamo, col fatto che lei viveva in Sardegna ed io a Verona, i momenti da passare insieme erano davvero pochi, ma come ogni estate avrei trascorso le intere vacanze con lei nel villaggio vacanza di suo padre.
«Ale, da quanto tempo, non vedevo l’ora di averti qui» disse una volta che mi accomodai nella sdraio accanto alla sua.
«Siamo in due, e adesso addio scuola e ... »
« Buongiorno ragazzi!» Urlo la mia migliore amica ricevendo un' occhiataccia da tutte le persone che si trovavano nelle vicinanze, mentre io scoppiavo a ridere come una matta.
«Ho la sensazione che tu abbia voglia di divertirti questa estate» riposi ridendo, mentre lei si alzava e prendendomi per un braccio annuiva correndo poi in direzione del mare. Felice  mi guardai intorno. Non era cambiato niente dall’ultima volta che ero stata li.  Le palme, le sdraio, il bar, tutto era stato lasciato uguale e questo mi rendeva carica di felicità.
«Hai intenzione di metterti con qualcuno in queste settimane?» Mi domandò dopo un po’, mentre io mi stringevo nelle spalle portando la mia mente a focalizzarsi sul ragazzo a cui non avevo smesso di pensare per tutto l’anno.
«Vorrei riprovare a stare con Leonardo, ma non so come potrebbero andare le cose. Non so se mi spiego».
«Non lo vedi da un anno, non credo ce l’abbia ancora con te. E comunque, se tu ti metti con Leo io ci provo con Lorenzo, non so perché, ma il suo amico ha un qualcosa di accattivante e dato che mio padre li ha assunti tutti e due come insegnati di giochi acquatici saranno sempre in giro». Sorrisi a quelle parole. Mara era sempre la stessa, storie serie non ne aveva mai avute più che altro perché nessun ragazzo era riuscito a farla innamorare veramente. Assorta nei miei pensieri mi ritrovai a vagare in direzione della capanna dove i due ragazzi lavoravano bloccandomi di colpo ad osservare il mare li davanti.
«Sbaglio o quelli che fanno surf sono loro?» Chiesi con il cuore che batteva a mille mentre Mara ruotava la testa di novanta gradi rimanendo a bocca aperta alla vista di Lore e Leo a petto nudo con la tavola da surf in mano. Per tutto l’anno avevo immaginato quel momento, come sarebbe stato rivederlo, che cosa avrei provato, quelle erano le domande che giorno dopo giorno si formavano nella mia mente, ma ora che era li davanti a me, nessun pensiero passava più per la mia testa
«Sono bellissimi come sempre».
«Già,  sono d’accordo con te ma cos'à Leo sulla schiena?»
Alle mie parole Mara cercò di guardare meglio, notando sulla spalla destra del ragazzo, una cicatrice molto grande..
«Non ne ho idea comunque che ne dici di andare da loro?» Domandò anche se, per i miei gusti, suonava più come ordine.
Spaventata la seguii in direzione del chiostro dove una decina di oche dai capelli biondi e dal seno rifatto, osservavano con gli occhi a cuoricino il ragazzo di cui ero innamorata. Sbuffando tornai a litigare con la mia mente. Chi sa se Leo e Lore si ricordavano di noi. Tutto sommato era passato un anno e pel loro , eravamo solo ragazze che trascorrevano l’estate in un villaggio vacanza.
«Ciao ragazzi» esclamò Mara raggiante, scavalcando tutte le ochette che aspettavano di poter pavoneggiarsi con i due. Stavo per trascinarla via imbarazzata quando entrambi  si girarono e ci squadrarono a lungo per poi fare un sorriso degno di nome e abbracciarci.
«Mara , Alessia» mormorò il bruno. Lorenzo non era male, i capelli castani erano tagliati corti e la pelle abbronzata gli dava un aria da duro quale, almeno per come l’avevo conosciuto io, non era. Il mio sguardo però istintivamente tornò a posarsi sul biondo. Sentivo gli occhi azzurri di Leonardo posati su di me e questo mi metteva in agitazione. Per una ventina di minuti parlammo del più o del meno, ma poi, dato che entrambi i ragazzi erano bagnati ci incamminammo verso le capanne.
«Mara , vieni con me?» Domandò il moro facendo comparire uno strano sorriso sul viso della mia amica, che lo seguì senza aprire bocca. Leo intanto mi osservava in silenzio.
«Prova ancora qualcosa per lui?»
«Si, credo di si». Mormorai trovandomi a pochi centimetri da lui. Cazzo, quanto era figo! Perchè a Verona non c'erano ragazzi del genere? I capelli dorati ricadevano davanti ai suoi occhi dandogli un aria da ribelle, mentre le goccioline gli scendevano per tutto il corpo. La tartaruga che l’anno precedente era appena visibile ora era formosa così come i muscoli del braccio e questo lo accertai nel momento esatto in cui mi si piazzò davanti appoggiandosi alla capanna con la mano, mentre io, schiena al muro, abbassavo lo sguardo.
Era a cinque centimetri da me, sentivo il suo respiro affannato sul mio collo, ma non avevo il coraggio di guardarlo.
«E tu,  provi ancora qualcosa per me?» Chiese mettendomi le mani in torno alla vita
Rimasi immobile. Quella domanda proprio non me l'aspettavo  e con un groppo in gola, mi decisi a rispondere.
«Si, mi piaci ancora» sussurrai.
«Anche tu. L'anno scorso per colpa mia è finito tutto».
«Appunto e non voglio che questo succeda di nuovo.  Non sei mai stato sincero con me e io in una relazione voglio la sincerità».
« Lo so Ale, lo so, ma ti prometto che se mi dai un altra possibilità sarò sincero».
«Lo prometti? » Chiesi guardandolo fisso negli occhi.
«Si» sorrisi a quelle parole e lo baciai.
«Mi sei mancata cucciola»
«Anche tu» sussurrai sprofondando nel suo abbraccio assorta nei miei pensieri chi sa se sarei riuscita a scoprire la verità sulla sua vita, chi sa se sarei riuscita a spiegarmi perchè tutti i ragazzi del posto, per fino quelli più grandi avevano paura di lui... Dovevo scoprirlo pesai dentro di me. Entro quell’ estate, devo scoprire la verità!
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** capitolo tre ***


Ciao a tutti Eccomi ancora qui, spero che il terzo capitolo vi piaccia ^^ aspetto numerosi consigli! Un bacio e buona lettura **



 
CAPITOLO TRE
 
Era mezz’ora che mi trovavo sulla sdraio fra le braccia di Leonardo, l’imbarazzo iniziale aveva velocemente lasciato il posto alla felicità e ora me ne stavo tranquilla con le labbra posate sulle sue. Non che mi fossi del tutto calmata sia chiaro, ogni volta che una persona del posto passava davanti a noi, un’espressione tormentata appariva sul suo viso. Quella cosa l’avevo già notata l’estate precedente. Sembrava che Leonardo non fosse ben visto, e il solo provare a chiedergli spiegazioni diventava complicato.
«Hei piccioncini» ci chiamò Mara spuntando dal nulla mano nella mano con Lorenzo.
Sorrisi, pure lei non c’aveva messo molto a rimettersi con il moro, ma ora che ci pensavo, la loro era stata una storia finita per dovere più che per piacere, dovuta alla lontananza. Scossi la testa a quel pensiero e dopo aver lanciato un’occhiata d’intesa alla mia amica, mi risistemai fra le braccia di Leonardo che parlottava tranquillo con Lore.
«Hey Bro, so che queste due non mangiano se non un insalata, ma io avrei un certo languorino, che ne dici di andare al ristorante sulla spiaggia?»
«Accetto» esclamò il biondo prima che io o Mara potessimo dire qualcosa. Non era vero che mangiavamo solo insalata, anzi, io odiavo l’insalata! Stavo per dirlo, quando mi ritrovai sulle spalle di Leonardo, esattamente nella stessa posizione di Mara, anchessa con i capelli tutti spettinati, gli occhiali da sole in mano e uno sguardo omicida negli occhi.
Ben presto però, se all’inizio avevamo urlato, iniziammo a ridere come pazze. Sotto il solo cocente, la gente ci guardava stupita e molte ragazze del posto si fermavano per indicarci assorte nei loro pensieri.
«Ma si può sapere che hanno?» grugnii inviperita dopo aver oltrepassato l’ennesima biondina in minigonna.
«Lasciale perdere va...» sbuffai e decisi di ascoltarlo baciandoli dolcemente il collo. Ormai sia io che Mara, eravamo abituate ad essere assalite dalle paesane che volevano avere la certezza che i ragazzi fossero occupati. A quanto pare, in quel piccolo paese di Sardegna erano tutte interessate a loro.
 
***
 
Mi trovavo sulla spiaggia già da qualche ora. Il pranzo era stato ottimo e finito quello, tutti e quattro eravamo andati a farci una nuotata per poi distenderci sulla sabbia intenti a perderci nei nostri pensieri.
«Vi dobbiamo dare una bruttissima notizia» Mormorò Leo all'improvviso rompendo il silenzio cristallino che si era creato.
«Cioè?» Domandai preoccupata tirandomi a sedere.
«Domani dobbiamo lavorare tutti e due» disse indicando l’amico «quindi possiamo vederci solo la sera».
«Uffa» mormorai seguita a ruota da Mara, ma allo stesso tempo contenta che il problema fosse solo quello. Normalmente se Leo se ne saltava fuori con frasi del genere, spariva per giorni senza dare spiegazioni a nessuno.
«Ci dispiace ma ci faremo perdonare, promesso, vi do la mia parola» a quelle parole, io, seguita a ruota dagli altri due, scoppiai a ridere come una pazza, guardando l'espressione seria con cui Lorenzo, l'aveva detto, soprattutto tenendo in considerazione la sua poca capacità di mantenere le promesse.
«Amore se lo dici tu siamo proprio a cavallo» lo prese in giro la bionda mentre Lore dal canto suo, munitosi di finto broncio se la caricava in spalla per poi correre in direzione dell’acqua cristallina.
Risi a quella scena e mi accoccolai di più a Leo. Mi sentivo davvero completa, cosa che non mi accadeva da parecchio tempo. Intimorita da quel pensiero, rabbrividii per poi alzare lo sguardo e baciarlo dolcemente. Per qualche minuto restammo così, labbra contro labbra, sorriso contro sorriso fin quando le mie mani, non cominciarono ad accarezzare il suo torace fino a perdersi sulla sua maglietta. Sbuffai fra me e me. Io ero in costume, Mara pure, Lorenzo in pantaloncini e Leonardo completamente vestito. Non era giusto, da quando c’eravamo dati il primo bacio, si era infilato la prima maglia a portata di mano e non se l’era più tolta, cosa che aveva fatto anche tutta l’estate precedente con la scusa di avere il raffreddore. Stavo per sfilargliela, quando un pensiero si fece strada nella mia mente.
«Leo, non ti togli la maglietta per via della cicatrice?» Chiesi all’improvviso ricordandomi di ciò che avevo visto quella stessa mattina sulla sua schiena. Sotto di me, sentii il suo corpo irrigidirsi.
«No... è una cazzata e poi tu quando l’avresti vista?»
«Questa mattina, comunque come te la sei procurata?»
« Lascia stare, è imbarazzante» disse con una voce talmente mogia e preoccupata che decisi di lasciar perdere. Vederlo stare male non era la cosa migliore.
Stavo per dirgli che andava tutto bene e che non si doveva preoccupare quando gli altri due, congelati come non mai, uscirono dall’acqua.
Sorrisi a Mara e le passai un asciugamano facendole segno di sedersi vicino a me. Vederla li, con la sua chioma dorata tutta spettinata mi piaceva. Adoravo stare con la mia best friend e il fatto di poterci passare un intera estate era elettrizzante.
Contenta mi misi a parlare del più e del meno, fin quando, un ragazzino sui quattordici anni con i capelli ricci e neri che non avevo neanche visto avvicinarsi, si schiarì la gola. «Leo, hai una da farmi fare un tiro» Chiese, mentre i due ragazzi per tutta risposta,  gli lanciarono un’occhiataccia talmente cattiva che il ricciolino li guardò per qualche secondo finendo col sussurrare una specie di lamento.
«Mi dispiace, scusate, pensavo che anche loro...» stava per aggiungere qualcos'altro ma Lore, visibilmente incazzato si alzò in piedi fronteggiando il malcapitato.
«Hai intenzione di farci perdere altro tempo pidocchio, io non so chi tu sia, ma i conviene levare la tenda e andartene» sibilò, mentre il ragazzino ancora più terrorizzato di prima se possibile, girava sui tacchi allontanandosi svelto.
«Era proprio necessario trattarlo così?» Esclamammo io e Mara una volta che si fu allontanato abbastanza mentre i due, dopo essersi lanciati un’occhiata annuirono.
«Forse abbiamo un po’ esagerato, ma non sopportiamo i ragazzini».
«Bello a sapersi, comunque da quant’è che fumi tu?» Domandai accigliata seguita a ruota dalla mia amica.
Anche questa volta i due ragazzi si lanciarono un’occhiata veloce per poi sorridersi fra loro e risponderci con tanta calma e tranquillità.
«Hem... Fumiamo da ottobre più o meno... Possiamo dire che ci rilassa».
A quelle parole li guardai attentamente. Per i miei gusti non stavano dicendo la verità, c’era qualcosa nel loro sguardo, nei loro occhi, che non mi convinceva.
 
***
 
Mi trovavo in camera mia distesa sul letto intenta a guardare il soffitto di quel fantastico albergo che gestiva il padre di Mara, quando un rumore di vetri infranti mi fece trasalire. Spaventata mi rizzai a sedere guardandomi intorno. A prima vista, non c'era niente di strano se non i cocci infranti, ma poi, dopo una seconda occhiata, mi trovai a contemplare un sasso accartocciato in un foglio di carta. Sorpresa da tale vista mi avvicinai per poi raccoglierlo e rigirarmi lo strano pacchetto fra le mani con non poca curiosità.
Una scrittura minuta scritta sicuramente da una mano femminili, ricopriva l'intera pagina.
Questa volta molto più insicura, lessi il biglietto restando decisamente a bocca aperta. Stavo per rileggerlo quando Mara uscì dal bagno avvolta nell’accappatoio.
«Hey che succede? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma».
«Forse sarebbe stato meglio, qualcuno sta cercando di spaventarmi» sussurrai impietrita mentre la bionda mi guardava senza capire, così, senza darle il tempo di fare domande, presi la lettera che avevo in mano e cominciai a leggere:
 
"Ciao, non ti posso dire chi sono per il semplice motivo che ho paura delle conseguenze. Noi non ci conosciamo, ma volevo mettere in chiaro alcuni punti.
1 : Stai alla larga dal tuo FIDANZATO!
2 : E’ meglio evitarlo,non so se te ne sei accorta, ma tutti in paese lo evitano è uno di quelli che dovrebbe crescere e passare l'intera vita in prigione!
3 : La sua famiglia è pericolosa !
4 : E' un puttaniere drogato e alcolizzato.
 
Discreti saluti :
la tua salvatrice
 
 
Rabbrividii nuovamente e lasciai che mille dubbi e mille paure riempissero la mia mente. Chi poteva essere? Nessuno si poteva permettere di valutare ne me ne il mio ragazzo in quel modo e mentre mi stropicciavo gli occhi lasciandomi andare sul letto, la voce di Mara mi fece sobbalzare.
«Questa faccenda non mi piace per niente…»
«Leonardo drogato?» Chiesi con le lacrime agli occhi, scuotendo la testa per far andare via quell’idea malsana.
«E fai bene. Non devi credere a delle smorfiosette gelose che ti vogliono solo rubare il ragazzo. Non ti preoccupare lo avranno fatto solo per quello».
«Già, forse hai ragione, comunque aspetta che rispondo al telefono» dissi indicando la cornetta lampeggiante sul comodino. Ogni sera infatti, il portiere chiamava per chiedere cosa desideravamo per cena, e come immaginavo, fu proprio la sua voce a cullarmi.
«Salve signorina. Sono il portiere d'albergo, c'è una ragazza che continua a chiedermi se può parlare con lei: dice che è molto urgente, glie la passo?»
«Si certo Wiliam» risposi sorpresa. Chi poteva essere, non conoscevo nessuno in quel posto a parte le tre persone con cui avevo passato la giornata.
«Ok scusi ancora del disturbo e arrivederci ci sentiamo fra poco per discutere della cena».
«Arrivederci».
Neanche il tempo di girarmi e spiegare a Mara chi mi aveva chiamato che il telefono ricominciò a squillare, così, spazientita risposi in modo brusco.
«Chi è?»
«La tua salvatrice» rispose una voce sconosciuta dalla parte opposta della linea. «Stai alla larga dal tuo ragazzo è pericoloso» continuò, mentre la paura dentro di me lasciava il posto alla rabbia.
«Ma si può sapere chi cazzo sei? Io non ascolto psicopatiche e Leo è sempre stato più che gentile con me». Dalla parte opposta ci fu un sospiro e poi, la voce mi riempì nuovamente le orecchie.
«Se non mi credi, questa sera alle undici e mezza, vai alla scogliera della spiaggia nord.... Ci sentiamo questa notte».
Stavo per rispondere ancora più incazzata che non ero ai suoi ordini quando un bip mi fece capire che dall'altra parte della linea non c'era più nessuno. Lentamente e silenziosamente, mi girai verso Mara che mi osservava con un sopraciglio alzato.
«Best, questa sera andiamo alla spiaggia, dobbiamo controllare una cosa».
«Vuoi credere ad una pazza?»
«Sembrava convinta, e controllare non ha mai fatto male a nessuno».
«Sei sicura? Mi sembra veramente una cazzata...»
«Si. Questa sera noi andiamo alla spiaggia nord a controllare, credo sia la cosa giusta da fare».
«Se lo dici tu».
Annuii. Sapevo che Mara non era molto d’accordo con me, ma non me ne importava. Sentivo che era giusto seguire i consigli di quella ragazza anche se non sapevo spiegarmi il perché, così accesi la tv e cominciai a guardare un film in compagnia della mia migliore amica che se ne stava in silenzio a guardarmi senza veramente seguirne la trama.

 
CIAO RAGAZZI!!
SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTOJ
FATEMI SAPERE ^^
BACIOOOO

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


CIAO A TUTTI **
ECCOMI QUI CON UN NUOVO CAPITOLO
SPERO VI PIACCIA ^^
FATEMI SAPERE CIAOOO




 
CAPITOLO QUATTRO
 
Indolenzita mi stiracchiai sul grande divano arancione rendendomi subito conto del guaio appena commesso.
«Mara che ore sono?»
«Le undici e venti.... » Rispose una voce assonnata mentre io mi rizzavo a sedere all’improvviso. Se non altro non avevo mancato l’appuntamento e se avessi fatto veloce probabilmente ce l’avrei anche fatta.
«Dobbiamo essere in spiaggia fra meno di un quarto d'ora, sbrigati che non possiamo arrivare in ritardo».
«Ok.. » sussurrò lei. Decisamente meno interessata di me a recarsi in quel luogo al buio della notte, bofonchiò qualcosa di incomprensibile per poi  mettersi le scarpe e alzarsi dal letto.
Quella sera c'era un fantastico cielo stellato, infatti, nel momento esatto in cui alzai lo sguardo per ammirarlo, il mio cuore fu colmato di sensazioni come tranquillità e felicità che per qualche secondo riuscirono a sopraffare quel senso di angoscia che mi perseguitava da tutta la sera.  Rabbrividii al freddo della notte mentre un batticuore frenetico faceva da colonna sonora ai miei pensieri. Una passeggiata sotto le stelle e la paura della verità. Quella verità che fa paura, quella notizia che ti spegne, quella nuova luce che brilla dentro me e traspare dai miei occhi in una nuova lucentezza di paura allo stato puro, quello stava succedendo mentre mi aggiravo nella pineta della spiaggia nord.
«Ale guarda» disse all'improvviso Mara fermandosi di botto «Sbaglio o quello è il ragazzo che ha chiesto a Leo una sigaretta?»
Attentamente, mi concentrai sulla figura incappucciata che si avvicinava alla baia. Non che con quella luce riuscissi a scorgere molto, ma la camminata e il modo di fare incerto mi ricordarono subito la figura del quattordicenne.
«Si, mi sembra lui...»
«Comincio a pensare che quella ragazza misteriosa, non abbia tutti i torti, qui c'è qualcosa di strano».
«Lo so, fin da quando le ho parlato una brutta sensazione si è impossessata di me».
Detto ciò, a braccetto come al solito, ci affrettammo a seguire lo strano ragazzino cercando di non fare il minimo rumore, finche lo sorgemmo fermarsi a guardare l'orologio davanti al piccolo molo.
Incerta feci segno a Mara di seguirmi dietro una duna e mentre il vento freddo della notte mi entrava dentro i vestiti fino ad arrivare alle ossa, due figure incappucciate entrarono nella nostra visuale.  Come già mi aspettavo, subito si diressero verso il terzo che spaventato estrasse dei soldi dalla tasca ricevendo in cambio della carta stagnola, piena sicuramente di quella sostanza che mai avrei creduto Lorenzo e Leonardo potessero vendere e ancora meno fumare.
Sia io che Mara, eravamo a bocca aperta. A quanto pare, la ragazza misteriosa, non aveva detto bugie e questo mi faceva ancora più male.
Non mi piaceva per niente il fatto il mio ragazzo mi mentisse.
Non mi piaceva per niente il fatto che fumasse.
Non mi piaceva per niente il fatto che spacciasse, ma soprattutto, non mi piaceva la semplice idea che si drogasse.
Tremante e con le lacrime agli occhi mi girai verso la bionda perdendomi in uno sguardo lungo, senza pensieri, in uno sguardo vuoto e terrorizzato allo stesso tempo.
«Io non voglio stare con un drogato» sussurrò lei all'improvviso.
«Neanche io, che facciamo adesso?»
«Non so, non voglio perderlo però. Dobbiamo provare a parlarci».
«Non credo che servirà a molto, ma se credi che sia utile per me va bene».
Detto ciò, nel più totale dei silenzi ce ne tornammo in camera, ognuna con le proprie idee in testa. Ero sempre stata contraria a qualsiasi tipo di sostanza, sempre attenta a chi frequentare e ora mi trovavo innamorata persa di un ragazzo che molto probabilmente, faceva più di quanto quella sera avevo visto. Al buio della camera mi misi sotto le coperte del letto di Mara senza però dire una parola, avevamo entrambe bisogno di ragionare da sole, ma allo stesso tempo di sentirci vicine.
 
***
 
«Amore ci sei?»
Sbadigliai e aprii un occhio. Qualcuno stava bussando alla porta, ma solo dopo qualche secondo mi resi conto di chi si trattava.
«Alessia, Mara so che siete li dentro, aprite» ripetè ancora Lorenzo battendo con forza sulla porta.
Rabbrividii e mi tirai a sedere.
Volevo davvero vederlo?
Volevo ancora stare con lui?
Avevo paura?
«Ale, mi sa che dobbiamo aprire. Per lui state assieme, la situazione nella sua testa è quella di ieri pomeriggio e non ha la più pallida idea delle emozioni che ti frullano nella testa».
«Lo so, ma mi fa strano. E’ uno spacciatore». Stava per rispondere quando Leonardo bussò nuovamente alla porta, questa volta con più foga.
Silenziosamente, mi avvicinai alla porta e l'aprii. Leo con un costume rosa a V, i suoi muscoli ben scolpiti e un asciugamano in spalla, mi osservava con un bel sorriso stampato in faccia. Impietrita tornai a guardare il suo costume, perché diavolo non indossava i pantaloncini? Scossi la testa a quel pensiero e mi concentrai sulle sue parole.
«Buon giorno dormigliona, ti sei appena svegliata?»
«Già, scusa se ci ho messo tanto... »
«Tranquilla, che dici di darmi un bel bacio a questo punto?»
Tremai leggermente, non ne avevo nessuna intenzione.
Non avevo intenzione di stare un momento di più con lui, ma cosa potevo dirgli?
"Sei troppo grande " no, decisamente no, io avevo sedici anni e lui diciotto e questo significava che grande distanza d'età non esisteva.
«Leo, è al tua ragazza?» Presa alla sprovvista da quelle parole, mi dimenticai del mio piano ed  abbassai lo sguardo, trovandomi ad osservare un bambino di circa sette anni.
«Marco, chiuditi quella bocca se non vuoi che mi incazzi».
«Ma io non ho fatto niente sei cattivo».
«Zitto» sibilò per poi girarsi verso di me e con aria scocciata pronunciare le seguenti parole: questo è mio fratello…
Sorrisi e abbassai nuovamente lo sguardo. Era un bel bambino, capelli castano scuro, occhi azzurri, tutto il contrario di suo fratello, il quale aveva capelli biondi, alto, robusto, ma magro e l'unica cosa uguale al piccolo, occhi d’un azzurro metallico.
«Ciao»  dissi, mentre lui mi guardava silenziosamente. Si vedeva che non si aspettava che gli parlassi anche se non capivo proprio perchè.
«C…ciao... » sussurrò poco dopo abbassando lo sguardo.
Sorrisi e tornai a concentrarmi su Leonardo che incerto saltellava da un piede all’altro.
«Senti Ale, so che è chiederti molto, ma io devo lavorare e ho bisogno che qualcuno tenga mio fratello, potresti farlo tu?»
«Certo, per me non c'è nessun problema»  mormorai  poco convinta, mentre il piccolo si faceva largo nella mia camera senza neanche salutare, a quanto pare, grande e piccolo, non avevano un buon rapporto.
«Grazie amore, a dopo» continuò il mio ragazzo baciandomi a stampo, prima di scappare via.
Titubante rientrai in stanza, senza trovare nessuna traccia del piccolo. Spaventata mi guardai intorno, ma dato che in camera da letto decisamente non era, mi convinsi che forse era meglio cercarlo.
Con mia grande felicità, lo trovai pochi minuti dopo seduto dentro la doccia e rimasi sorpresa dal modo in cui era vestito, cosa che prima non avevo notato. Anche se la giornata era caldissima già di prima mattina, indossava due maglioni azzurri e dei jeans lunghi.
«Quanti anni hai?» Chiesi tanto per dire qualcosa, porgendogli una mano per farlo uscire dalla doccia.
«Otto» sussurrò anche questa volta con molta incertezza sedendosi sul letto a gambe incrociate.
«Ma sei grandissimo allora! Senti un po’, che ne dici di andare alla spiaggia così ci beviamo un bel succo di frutta e andiamo a farci un bagno?»
«Ok, però non mi posso cambiare».
«E perchè no? In spiaggia si indossano i costumini, non i maglioni».
«Si, ma Leonardo ha detto che non posso... »
«Va beh, ma in questo momento sono io la babysitter e non è tuo fratello a dettare le regole, quindi forza, vai in bagno a metterti il costumino».
A sentire le mie parole annuì e si diresse verso l’altra stanza con un’espressione non troppo convinta. A quanto pare, era un bambino obbediente e gli risultava difficile non ascoltare gli ordini del fratello. Dovevo ammettere però, che era proprio un bel bambino, e anche se era completamente diverso da Leo, sarebbe diventato presto un bel ragazzo. Ancora immersa nei miei pensieri non mi accorsi della figura minuta che era uscita dal bagno.
«Così va bene?»  Chiese riluttante.
Sorridente alzai lo sguardo per dirgli di si, ma mi bloccai agghiacciata davanti allo spettacolo terrificante che avevo davanti. Il piccolo era magro e lanciato, le gambe lunghe e magre erano abbronzate e il tutto dimostrava che era sano e pimpante, ma decine e decine di lividi accompagnati da graffi ricoprivano tutto il suo corpo
Lentamente mi avvicinai per osservarlo più da vicino. Senza ombra di dubbio erano abbastanza vecchi, dato che molti graffi e ferite stavano sparendo.
«Alessia» sussurrò preoccupato «posso tenermi la maglietta, se no tutti mi guardano come fai tu... »
«Io, io credo di si, ma mettiti una maglia a maniche corte non un maglione…» sussurrai ancora sotto shock. Come diavolo si era procurato tutte quelle ferite? Com’era possibile che si fosse fatto così male?
«Ascolta un attimo, si può sapere che ti è successo?» domandai una volta che si risedette sul letto. Sapevo che forse avrei dovuto farmi i fatti miei, se Leonardo gli aveva detto di non togliersi la maglietta probabilmente sapeva, ma ero curiosa. Stavo per domandarglielo nuovamente quando notai i suoi occhi cambiare colore ed espressione in un attimo. Il terrore misto al tormento si impadronì di lui facendolo cadere in confusione.
«Io… io.. io non… io non posso»  sussurrò prima di scappare dalla veranda.

 
HEY
ALLORA COSA NE PENSATE?
SPERO VI SIA PIACUTO ^^
UN BACIONEEE

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


CIAO A TUTTIJ
ECCOMI QUI CON UN NUOVO CAPITOLO
ASPETTO I VOSTRI PARERI MI RACCOMANDO <3
UN BACIONE CIAOOOO




 
CAPITOLO CINQUE
 

«Marco»  urlai per l'ennesima volta asciugandomi la fronte sudata con il dorso della mano . Era più di un'ora che lo cercavo, ma sembrava che si fosse volatilizzato nel nulla e mentre goccioline di sudore si formavano su tutto il mio corpo, per via del sole estivo della Sardegna, che alto riscaldava  l’intera spiaggia, ragionavo con le lacrime agli occhi su quello che era successo.
Avevo la strana sensazione che quei lividi non se li fosse fatto cadendo dalla bicicletta. Dal modo in cui aveva reagito, era più che chiaro che se ne vergognasse, tanto da arrivare a scappare.
«L'hai trovato?»  Chiese Mara raggiungendomi sugli scogli, mentre io con spaventata, scuotevo la testa.
«No, dove può essere andato è solo un bambino dopotutto».
«Appunto, i bambini sono bravi a nascondersi se non vogliono essere trovati. Facciamo così, io vado in città e tu setacci la spiaggia ok?»
Annuii e con le lacrime agli occhi mi diressi verso la spiaggia Nord, dove un gruppo di persone discuteva amabilmente.
«Mi chiedo chi è il genitore che permette ad un bambino così piccolo di nuotare da solo così lontano» sentii dire da una signora sulla settantina, che con la sua borsa di spago intrecciato e il suo immenso cappello alzava le spalle in maniera quasi anormale.
«Povero bimbo, sono sicuro che è sfinito» rispose un altro, mentre io, mi avvicinavo non tanto per entrare nella conversazione, ma semplicemente per chiedere aiuto.
«Scusate se vi disturbo, ma il fratellino di un mio amico è scappato, è biondo ed ha all’incirca otto anni. Per caso l'avete visto?»
Una volta che ebbi finito, l’intero gruppo di anziani si girò vero di me, guardandomi con un’espressione tanto strana, che dentro di me, mi chiesi perché diavolo ero andata a rivolgerli la parola.
«Il fratello del tuo amico aveva una maglia rossa?»
Sobbalzai a quelle parole, quando Marco era scappato, aveva preso dal letto la maglia dei pompieri che prima indossava sotto il maglione.
«S.... Si, l’avete visto?»
«Lo stiamo tenendo d’occhio da un bel po’» continuò il vecchio mentre io lo guardavo con un sopraciglio alzato senza capire che cosa intendesse.
«In che senso?»
«Il bambino è li» rispose incerto indicando il mare con un dito raggrinzito. Con il cuore che batteva a mille mi girai verso l’enorme distesa cristallina, cercando di identificare il piccolo nella direzione che indicava l'uomo. Non che si vedesse tanto, ma dopo una manciata di secondi, molto più in la di quanto mi sarei aspettata che un essere umano potesse arrivare, intravidi il bambino.
«E' da circa quaranta minuti che continua a nuotare, ma già dopo la scogliera lo si vedeva lottare con difficoltà contro le onde e la corrente del mare aperto»
Con le lacrime agli occhi, il cuore che batteva a mille, la paura che succedesse qualcosa al piccolo e le gambe molli, dopo aver lanciato un’ultima occhiata ai signori, mi tolsi il pareo e il più velocemente possibile entrai in acqua, nuotando verso il puntino indistinto che continuava a scomparire inghiottito dalle onde. Il freddo era soffocante, nonostante il sole battesse forte sull’intera isola, la profondità dell’acqua e la grandezza del mare rendevano il tutto un ammasso bagnato e ghiacciato. Sentivo le mie braccia toccare con ritmo sempre uguale l’acqua e più mi avvicinavo, più sentivo la corrente fare pressione, ma le urla d’aiuto di Marco, che inizialmente non avevo sentito per la troppa lontananza, ora cominciavano a perforare i miei timpani rendendomi ancora più difficile la situazione. Avevo paura, ero sempre stata una gran nuotatrice, ma mi chiedevo come io, ormai stremata, sarei riuscita a riportare indietro un'altra persona e mentre facevo questi ragionamenti, mi resi conto che le urla del bambino erano sempre più indistinte, fino a quando si spensero del tutto. Presa dal panico mi lanciai verso di lui con tutte le mie forze e, con l’adrenalina nelle vene, in cinque bracciate riuscii ad avvicinarmi tanto da vederlo essere trascinato in basso da un’onda. Terrorizzata che potesse annegare, mi immersi completamente. La pressione era forte, la corrente cercava di tagliarmi la strada, ma con tutta la buona volontà che avevo in corpo, dopo una dura lotta contro l’acqua, riuscii ad afferrare il polso del piccolo e sbattendo i piedi e annaspando riportai entrambi all’aria.
Subito con mia grande felicità, mi resi conto che il piccolo non era svenuto, motivo per cui, lo feci attaccare alle mie iniziando a battere i piedi verso riva. Non sapevo quanto ci avrei messo. Sentivo solo la stanchezza entrarmi dentro, fino alle ossa e quando ormai credevo di non farcela più, toccai con mani tremanti la sabbia dorata della spiaggia. Tramortita distesi il piccolo sulla sabbia, stando ben attenta a non fargli male e una volta fatto ciò, feci lo stesso per riuscire a riprendere fiato.
Ero felice di averlo salvato, se non mi fossi buttata, Marco probabilmente sarebbe morto e avere un bambino sulla coscienza, proprio non mi sembrava il caso.
«Brutto cretino deficiente, si può sapere che ti è preso? Sei un boccia stupido e immaturo» Urlò una voce che non riconobbi subito dopo circa venti minuti che io e il piccolo guardavamo il cielo in silenzio. Stavo per mettermi a sedere per cercare di capire chi fosse, quando la stessa figura, si piegò su di me per darmi un bacio in fronte.
«Amore stai bene?» Chiese Leo abbracciandomi forte.
«Si, credo di si. Mi dispiace, non avrei dovuto farlo scappare è stata tutta colpa mia».
«No, non è stata colpa tua è solo colpa di questo deficiente» sbraito con un tono che mi fece rabbrividire prendendo il fratellino in preda alle lacrime per un braccio e dandogli una sberla tanto forte da farlo finire nuovamente carponi sulla sabbia.
«Leonardo fermati» urlai scandalizzata dalla scena a cui avevo appena assistito.
«Gli sto dando solo un assaggio di quello che gli capiterà dopo» rispose il ragazzo spingendo nuovamente il fratellino a terra. Si vedeva  che Marco era spaventato, e non essendosi ancora ripreso del tutto dalla gran fatica, non aveva neanche le forze di difendersi, così, con l’unico barlume di lucidità e di rabbia che mi rimaneva, mi misi in mezzo.
«No tu non fai proprio niente . E' solo un bambino e tu non devi più provare a toccarlo»  urlai mettendomi davanti al piccolo. Stavo ancora parlando, quando una sberla fortissima, che sicuramente non sarebbe stata indirizzata a me, mi colpì in pieno volto facendomi perdere l’equilibrio. «Oddio amore scusami, non volevo beccare te».
«Stammi alla larga, sei un drogato violento, ecco cosa sei! Con me hai chiuso e Marco se ne starà con me per tutte e due le settimane che i tuoi genitori sono via e ti giuro che se ti avvicini chiamo la polizia, sono stata abbastanza chiara?»
Per qualche secondo Leonardo mi guardò in silenzio, forse concentrato sulle mie accuse, o forse sul fatto che l’avessi appena chiamato drogato, non che mi importasse molto, in pochi giorni era riuscito a far sparire tutto l’amore che provavo per lui, e per come la pensavo io, il che non era tanto male.
«Piccolo deficiente, per colpa tua ho perso anche la ragazza » ringhiò in direzione del piccolo che ancora tremava attaccato saldamente a me.
Cercando di tenerlo il più lontano possibile da Leonardo lo feci alzare e mano nella mano, o meglio sorreggendolo visto che non stava neanche  in piedi, lo portai nella mia camera d'albergo per fargli fare una bella dormita.

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


CIAO A TUTTI
RINGRAZIO DI CUORE TUTTE LE PERSONE CHE SEGUONO LA STORIA E LA COMMENTANO
BUONA LETTURA!



+
 
CAPITOLO SEI
 
Era passata più o meno un'ora da quando Leonardo mi aveva dato una sberla e il viso mi faceva ancora male. Sospirando guardai Marco che dormiva beato sul mio letto. I capelli biondi erano ancora tutti bagnati, ma non avevo fatto in tempo ad asciugarglieli che era crollato nel sonno morto dalla stanchezza. Non che me ne sorprendessi, dopo la lunga battaglia contro le onde e le mille emozioni provate in spiaggia, mi sarei sorpresa del contrario, ma oltre ciò, si vedeva finalmente sul suo viso, un’espressione serena.
«Ale va tutto bene?»
Mi chiese Mara poco dopo, sedendosi sul letto con una tazza di camomille fumante. Scossi la testa a quelle parole e mi persi nel suo abbraccio. Cos'era successo al ragazzo perfetto che mi aveva coccolato solo due giorni prima? Com’era possibile che avesse trattato il fratellino in quel modo?
Perché era diventato così violento, forse per via della droga?
«Mara, mi sento malissimo. Basta guardare quel bambino e le lacrime tornano. Si può sapere che gli è preso?»
«Non lo so, ma non è colpa tua, anzi, hai fatto la cosa giusta portandolo via è troppo piccolo per subire una cattiveria simile».
«Si hai ragione, comunque ti dispiace se mi faccio una dormita, sono veramente stremata».
«No tranquilla, io vado in piscina a prendere un po’ di sole» e con quelle parole, mi abbracciò nuovamente e poi uscì dalla camera salutandomi con la mano.
Sorrisi, un sorriso amaro e per niente felice. Avevo bisogno di starmene da sola, di ragionare su ciò che stava accadendo alla mia vita, ragionare su quello che volevo e non volevo fare. Marco non era n mio parente, se Leonardo avesse voluto riprenderlo, avrebbe potuto farlo e io non avrei avuto voce in capitolo, ma speravo che ciò non succedesse e mentre pensavo ciò, mi addormentai.
 
2 ORE DOPO
 
«Alessia ... » mormorò il bambino scuotendomi incerto. A quel suono, piano piano aprii le palpebre, Marco mi stava guardando con i suoi grandi occhioni blu, mordicchiandosi di tanto in tanto il labbro inferiore.
«Mi dispiace, è che non volevo mi vedessi così».
Sospirai e lo abbracciai dolcemente.
Era così piccolo!
I suoi bellissimi occhi azzurri mi studiavano attentamente aspettandosi molto probabilmente una sfuriata.
Sempre abbracciandolo lo presi in braccio, tutto sommato non era così pesante e mentre lo abbracciavo forte, per riuscire a tranquillizzarlo, la sua voce, incrinata dal panico, mi distrasse.
«Cosa stai facendo?» domandò, mentre io lo guardavo senza capire dato che ero ferma e zitta seduta sul letto con il bambino in braccio.
«Di che parli?»
«Cosa stai facendo?» Chiese di nuovo con la voce piena di paura
«Marco si può sapere di che parli?»
«Cosa stai facendo ? Perche mi hai seduto sopra di te?» Chiese cominciando a tremare, mentre io lo guardavo decisamente a bocca aperta.
«Ti ho preso in braccio, non potevo ?» Domandai preoccupata di aver fatto qualcosa che non andava dato che il piccolo sembrava decisamente terrorizzato.
«Cosa ... cosa vuol dire prendere in braccio?»
A bocca aperta dallo stupore lo guardai intensamente. Gli occhi velati dalle lacrime che cercava di trattenere rivelavano il suo terrore e assieme al tremolio mi garantivano che non stava scherzando, non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire prendere o tenere in braccio qualcuno.
Ciò era strano.
Quale bambino non era mai stato preso in braccio?
Per quale strana ragione era così agitato?
«Sai cosa vuol dire volere bene?» chiesi dopo un po’.
«Si, però nessuno vuole bene a me» sussurrò fra i singhiozzi non riuscendo più a trattenere le lacrime.
«Non ci credo, il papà e la mamma ti vogliono bene di sicuro!»
«No! Papà se ne è andato perchè non ci voleva bene. Non sta più con la mamma e lei resta sempre chiusa in camera».
Impietrita e ancora più sorpresa di prima aspettai che continuasse il discorso, cosa che sfortunatamente non successe. La rabbia che aveva usato per rispondermi era tanta, si vedeva che aveva un odio represso nei confronti dei genitori e forse capire il perché non sarebbe stato male.
«Come mai se ne è andato?»
«Perchè la mamma lo ha mandato via, si comportava male, ma io ti ho chiesto cosa vuol dire l'altra parola».
«Giusto giusto, hai ragione beh, prendere in braccio vuol dire... non so bene come spiegartelo... quando si vuole tanto bene a una persona, per dimostrarglielo puoi baciarla, coccolarla e se è più piccola anche prenderla in braccio».
«Quindi tu mi vuoi bene?» sussurrò sull’attenti.
«Certo che ti voglio bene, se no non sarei venuta a salvarti in mare».
«Nessuno me lo aveva mai detto»  mormorò incerto per poi abbracciarmi in modo impacciato, mentre io gli accarezzavo i lunghi capelli biondi.
Era assurdo. Non riuscivo a capire perché un così bravo bambino non fosse amato e coccolato. Forse era per quello che Leonardo si drogava, magari anche lui aveva bisogno di attenzioni, non avendole mai ricevute.
Rabbrividii a quell’idea e continuai ad accarezzare il bambino che silenziosamente piangeva a contatto con la mia spalla.
Non era giusto.
Tutti dovevano beneficiare dell’amore di una famiglia o almeno di qualcuno!
Sbuffai e gli baciai la fronte. Ci avrei pensato io e renderlo felice, in quelle due settimane, mi sarei data da fare per renderlo il bambino più felice del mondo.
 

 
CIAO!
SO CHE QUESTO CAPITOLO E’ STATO CORTO, MA SPERO VI SIA PIACIUTO LO STESSO
UN BACIO!

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


CIAO A TUTTI, SCUSATEMI PER IL RITARDO MA SONO STATA DUE SETTIMANE IN SCOZIA CON LA SCUOLA E SONO TORNATA SOLO QUESTA NOTTE..
SPERO COMUNQUE CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA
UN BACIO CIAOOO



 
CAPITOLO SETTE

 
«Marco sei sveglio?» chiesi accarezzando la schiena del piccolo con una mano, mentre con l’altra mi stropicciavo gli occhi. Per qualche secondo restai in quella posizione, fino a quando mi ritrovai con la guancia umidiccia e la faccia del biondino a pochi centimetri dalla mia.
«Si, mi hai svegliato tu» sorrisi e ricambiai il bacio, poggiando le labbra sui suoi capelli morbidi. Erano passati sei giorni dalla brutta esperienza del quasi annegamento, sei giorni dall’ultima volta che avevo visto Leonardo, sei giorni dove il bambino era stato con me senza lasciarmi neanche un secondo. Inizialmente avevo avuto paura che il mio caro fidanzato o meglio dire ex, facesse qualcosa per riprendersi il fratello o fargliela pagare, ma la stessa sera dello schiaffo, mi era arrivato un messaggio con la scritta: “fai quel che vuoi di mio fratello, mi togli solo un peso” e così, avevo iniziato a prendermi cura del bambino.
Nonostante nei primi giorni fossi molto incerta, pian piano avevo iniziato ad affezionarmi a quel tornado biondo e sapevo che lo stesso valeva per lui. Insisteva per darmi la mano ogni volta che uscivamo di casa, dormiva con me e dopo aver preso quel minimo di sicurezza, aveva iniziato a saltarmi in braccio e ad abbracciarmi nei momenti meno opportuni.
«Andiamo a fare colazione in spiaggia? »
«Te lo sei meritato?» Domandai sconsolata, mentre il piccolo annuiva. Sapevo che non sarei mai riuscita a dirgli di no, bastava un suo sguardo e qualsiasi cosa mi chiedesse veniva fatta. Come sempre quando uscimmo mi prese per mano, mentre con la mente entrambi ci soffermavamo a guardare la moltitudine di nuvole a pecorella che riempivano il cielo. Adoravo la Sardegna, acqua trasparente, dialetto incomprensibile, odore di sale, luci ovunque, pescatori intenti a districare le reti, era tutto fantastico. Divertita comprai il gelato al cioccolato per Marco e bevetti il mio caffè per poi sedermi sulla baia. Ero ancora intenta ad osservare i gabbiani svolazzare qua e la, mangiandosi di tanto in tanto qualche pesce, quando all’improvviso mi trovai circondata da tre ragazzini sui tredici anni in sella a delle bici da salto decisamente favolose.
«Marco, sai che oggi torna tua mamma vero?» Ghignò il più grande, probabilmente il capo del gruppo, prima che potessi dire qualcosa. Non che essere accerchiata da tre soggetti alti un metro e mezzo mi desse fastidio, ma dall’espressione di Marco capivo che c’era qualcosa che non andava ed infatti, dopo aver stretto con forza il gelato, il piccolo alzò la testa per rispondere a tono.
 «N, io voglio stare con Alessia e non sono fatti tuoi se la mamma torna o no».
«Invece mi interessa eccome, mi manca vederti passeggiare da solo fuori casa. Comunque non rimarrai mai con questa, serve qualcuno che badi a tuo fratello».
Detto ciò, rimise il piede destro sul pedale della bici e partì alla volta del mare seguito dai suoi amici. Vedevo gli occhi di Marco farsi lucidi, ma non riuscivo a capire il senso della frase detta dal ragazzino. Marco doveva badare a suo Leonardo o c’erano altri membri della famiglia di cui non ero a conoscenza?
Incerta cercai di abbracciare il piccolo per calmarlo, ma nel momento esatto in cui lo sfiorai, si ritrasse, quasi si fosse bruciato, allontanandosi il più possibile da me.

 
***
 
Erano le otto e mezza e silenziosa camminavo per le vie del piccolo paesino seguita da Marco. Dopo che quella mattina si era scostato da me, non mi aveva più rivolto la parola se non per rispondere a mono sillaba alle mie domande, e così, dopo un  po’, avevo optato per lasciargli i suoi spazi. Incerta guardai il telefono, rileggendo per l’ennesima volta l’indirizzo che mi aveva inviato Mara solo pochi minuti prima chiedendomi se avevo voglia di raggiungerla ai gonfiabili, dove stava facendo compagnia ad una sua amica.
Probabilmente se fosse stata un’altra serata non avrei accettato, ma quel giorno, dato il comportamento distaccato di Marco, non avevo molto altro da fare e così, svoltai l’angolo per raggiungere la mia amica.
I gonfiabili del paese non erano tanti, c’erano un paio di castelli, uno scivolo, un trenino e un tappetino elastico, ma i bambini che andavano in villeggiatura li, non si lamentavano neanche un po’ e anzi, pregavano i genitori per farsi portare.
«Hey!» Esclamai una volta che mi fui avvicinata abbastanza ricevendo un abbraccio da Mara e un’occhiata amichevole dall’altra.
«Ciao io sono Martina è un piacere conoscerti» si presentò subito dopo porgendomi la mano.
«Il piacere è tutto mio, ho sentito molto parlare di te, comunque io sono Alessia e lui è Marco».
«So perfettamente chi è. Ciao Marco» sibilò fredda guardando negli occhi il bambino mentre il mondo intorno a noi si fermava. Ora che ci pensavo bene, dal momento esatto in cui eravamo arrivati, un’espressione glaciale era apparsa sul viso del biondino, ma dato la brutta giornata che aveva, ero convinta fosse per quello.
«Ciao Martina Rulez!»
«Deficiente, se mi chiami un'altra volta così mi incazzo» continuò, mentre io facevo mente locale per ricordarmi cosa volesse dire la parola “rulez”. Se non ricordavo male, da quello che mi aveva spiegato Leonardo l’estate precedente, Rulez era un termine americano slang che veniva usato per elogiare o per esprimere preferenza o approvazione per qualcuno o qualcosa motivo per cui, guardando la stazza corpulenta di Martina, probabilmente Marco usava per prendere in giro. Stavo per chiedere al bambino se avevo indovinato, quando, con la sua aria da sfida, avvicinandosi alla ragazza ripetè le stesse identiche parole facendogli la linguaccia.
«Martina Rulez è la più bella» esclamò togliendosi le scarpe ed entrando nei gonfiabili, mentre la ragazza lo rincorreva urlando come una pazza per ricordargli che non aveva il biglietto.
«Martina, Martina aspetta, lo paga Alessia il biglietto!» Le urlò dietro Mara con una faccia sorpresa come non mai.
«Ma che sta succedendo?» Chiesi poco dopo continuando ad osservare i due in lontananza urlare frasi senza senso, probabilmente con quel dialetto che io non capivo.
«Ma che ne so io, non l'ho mai vista così. Pensavo non sapesse neanche urlare. Comunque adesso arriva sua mamma e ce ne andiamo io te e Marco a mangiare una pizza».
Annuii a quelle parole rendendomi conto che nel frattempo, fortunatamente, la psicopatica si era fermata ed era tornata a fare il suo lavoro fino a quando, una signora dai capelli rossi tagliati molto corti le scompigliò i capelli.
«Ciao tesoro».
«Mamma».
«Sbaglio o quello è Marco?» Chiede la donna con una faccia per niente educata.
«Si... è lui».
«Fantastico... beh è ora di chiudere! Sono già le nove, dobbiamo andare a casa».
La mezzora successiva la passammo ad accompagnare bambini mai visti, dalle rispettive mamme, mentre Marco continuava a saltare felice da per tutto. Mi piaceva quel posto, c'era una certa tranquillità che in città o in altri posti non si trovava.
«Piccolo vandalo, chiedi subito scusa!» Sentii urlare all'improvviso, mentre una mamma sui trent’anni mi ringraziava fin troppo calorosamente di avergli riportato il figlio al ristorante. Velocemente me la scrollai di dosso e mi incamminai verso la ringhiera dalla quale provenivano le urla. La mamma di Martina, sembrava un peperoncino da quanto era rossa, mentre il piccolo faceva finta di niente con aria da menefreghista.
«Mi hai sentito?» Grugnì di nuovo la donna.
«Si, ma non ti ascolto e se vuoi che ti risponda ti dico NO!»
«Piccolo monello dovrebbero mandarti in collegio così forse impari l’educazione».
Continuò facendomi arrabbiare. Non trovavo giusto che un adulto dicesse parole del genere ad un bambino, motivo per cui mi avvicinai ancora di qualche metro per capire cosa fosse successo di così tanto grave e dopo aver preso Marco per una braccio, mi accucciai per poterlo guardare fisso negli occhi.
«Si può sapere che hai fatto?»
«Ho lanciato un sasso contro il ristorante» rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«E perchè lo avresti fatto?»
«Perchè ne avevo voglia e poi lei come sua figlia mi sta antipatica». Con un sopraciglio alzato guardai Marco, quella risposta proprio non me l’aspettavo. Nei giorni precedenti mi ero resa conto che non aveva molte regole, ma arrivare a tirare un sasso contro un ristorante, non mi sembrava educato e tantomeno corretto. Come se non bastasse, intorno a noi si era formato un gruppo di persone che attratte dal trambusto, guardavano la scena con interesse aspettandosi che facessi qualcosa da un momento all’altro. Sconsolata sospirai e posai lo sguardo sulla mia amica, ma tutto quello che Mara riuscì a fare, fu  indicarmi il bambino con un’espressione non troppo felice. A quel punto non è che potessi fare molto. Marco era sotto la mia responsabilità e toccava a me parlargli.
«Chiedi scusa immediatamente, vai a raccogliere il sasso e andiamo a casa, forza» dissi con la voce più arrabbiata possibile sempre tenendolo per un braccio
«No e smettila di umiliarmi davanti a tutta questa gente» ribattè il piccolo rabbioso.
«Io non ti mollo finche non fai quello che ti ho detto».
«Io non chiedo scusa!»
«Perfetto e allora restiamo così tutta la notte» detto questo mi appoggiai alla staccionata e cominciai a parlare con Martina e Mara che non la smettevano di spostare lo sguardo da me alla piccola peste. Forse stavo esagerando, forse non avrei dovuto reagire così, ma la risposta del bambino mi aveva fatto infuriare. Allo stesso tempo però, vedevo la rabbia di Marco crescere a vista d'occhio, probabilmente quella era la prima volta che qualcuno lo sgridava. A casa sua niente regole, niente punizioni, niente orari, niente di niente e questo me l’aveva raccontato in una di quelle mattine, che dopo aver fatto il bagno in piscina, c’eravamo sistemati sulle sdraio.
Sbuffai e continuai ad osservarlo. Cercava in tutti i modi di liberarsi, ma la mia stretta era ben salda e infatti dopo una decina di minuti si accovacciò anche lui ai piedi della staccionata, mentre una decina di persone, a mio parere tutte del posto, aspettavano il seguito.
«Lasciami andare!» Sbottò all'improvviso trattenendo a stento le lacrime.
«No, lo farò solo quando ti deciderai a chiedere scusa».
«Tu non sei nessuno, lasciami andare! Non mi puoi dare regole, io faccio quel che voglio».
«O no signorino, oggi sei sotto la mia responsabilità e questo vuol dire che devi fare quel che dico io, quindi muoviti a chiedere scusa che mi sta venendo fame».
«No!»
A sentire tale risposta, mi girai nuovamente verso Mara e Martina facendo finta di non aver sentito.
Non dovevo cedere. Non sarebbe stato per niente educativo ma il tempo passava lentamente, eravamo li da poco più di un'ora e sinceramente cominciavo ad annoiarmi, stavo per cedere alla tentazione di rinunciare, quando il biondino si alzò e guardandomi negli occhi con una smorfia non molto cortese mi trascinò davanti alla mamma di Martina senza accorgersi che lo avevo già liberato dalla stretta pochi passi prima.
«Scusa ... » sussurrò imbarazzato, per poi correre su per le scale del ristorante e scalciare un sasso dalle dimensioni di una noce giù per la gradinata.
Alla fine quel sassolino non avrebbe fatto male neanche ad una mosca, ad averlo saputo prima, magari non avrei reagito in quel modo. Incerta mi avvicinai al piccolo per dirgli che aveva fatto la cosa giusta, ma neanche il tempo di salire il primo gradino, che lui con un salto scavalcò la ringhiera e corse verso casa.
Sbuffai, dovevo ricordarmi che ogni volta che c’era un problema Marco scappava.

 
ECCOMI NUOVAMENTE QUI
CHIEDO NUOVAMENTE SCUSA DEL RITARDO, MA IN GITA NON SONO RIUS CITA A SCRIVERE <3
UN BACIO A TUTTI E ALLA PROSSIMA 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


CIAO 
ECCOMI QUI CON UN NUOVO CAPITOLO ^^
SPERO SIA DI VOSTRO GRADIMENTO
UN IMMENSO BACIO


 
CAPITOLO OTTO
 
«Vattene!» Urlò per l'ennesima volta il bambino lanciandomi una felpa addosso. Schivandola cercai di avvicinarmi al letto. Fortunatamente questa volta, invece di correre verso il mare si era rifugiato nella mia camera d’albergo coricandosi a letto e cercando di tenermi il più lontano possibile.
«Marco lasciami parlare».
«Vattene, io ti odio».
«Marco, adesso tu mi ascolti».
«Non voglio vederti, pensavo fossi buona».
«Io sono buona e lo sai».
«Non è vero, e se non te ne vai tu, me ne vado io» detto questo si alzò, prese le sue cose e uscì lanciandomi un’occhiata carica d’odio.
Rassegnata mi distesi sul letto e ispirai profondamente. Quel bambino era davvero scalmanato. Era ancora arrabbiato per la storia del sasso e tutto sommato, dovevo dargliene atto, era stata abbastanza imbarazzante come scena, ma allo stesso tempo ero convinta di aver fatto la cosa giusta, lascargliela passare liscia non sarebbe stato educativo.
Ancora immersa nei miei pensieri sobbalzai al bussare della porta.
«Chi è?» Chiesi immaginando fosse il piccolo mentre una voce tutt’altro che da bambino inondava la camera.
«Sono Leonardo, apri».
Sobbalzai, era proprio Leonardo?
Senza neanche rendermene conto sentii il mio cuore iniziare a battere a mille, nonostante non volessi ammetterlo mi era mancato. Negli ultimi giorni ci avevo pensato parecchio, tutto sommato fumava solo qualche canna, non è che facesse uso di eroina, motivo per cui, forse ero disposta anche a passarci sopra. E’ vero, ero sempre stata contraria alla droga di qualsiasi genere, ma amavo Leonardo, lo amavo davvero e la sola idea di perderlo mi distruggeva.
«Ale posso entrare?»
«No…» sussurrai per niente convinta.
«Daiii ti prego, devo solo parlarti».
«E va bene!» Fu questa volta la mia risposta. Non ero convinta di star facendo la cosa giusta, ma il mio cuore mi consigliava di abbracciarlo e così, con mani tremanti, abbassai la maniglia.
Neanche il tempo di invitarlo ad entrare che i suoi occhi andarono a cercare i miei facendomi rabbrividire. Era bellissimo,  i bicipiti scolpisti in compagnia della tartaruga mi invitavano a poggiare le mie mani sulla sua pelle nuda e abbronzata, ma mi tenni a debita distanza abbassando lo sguardo e trovandomi ad osservare i suoi piedi anche quelli dannatamente belli.
«Che ci fai qui?» Chiesi con voce incrinata.
«Sono qui per due cose: Oggi torna mia mamma e Marco deve andare via con lei, detto ciò ti devo le mie scuse, mi dispiace per quello che ho fatto, so che non dovrei fumare quella roba, ma mi rilassa. Ti prometto però, che se mi aiuterai cercherò di smettere».
Tremante alzai un po' lo sguardo e lo osservai attentamente, sembrava sincero, dannatamente sincero, maledettamente sincero. Gli occhi lucidi, i capelli tutti spettinati, i bermuda abbassati, sembrava un dio greco, era veramente bellissimo, e nonostante non volessi ammetterlo, sapevo già quale sarebbe stata la mia risposta.
«Non... Non lo so.. »
«Ale io ti amo e mi dispiace davvero tanto fidati».
Sorrisi fra me e me e lo guardai di sbiego, riuscivo a controllare difficilmente la mia voglia di saltarli addosso.
Il mio sguardo posato su quella figura in quel momento tanto spaventata si faceva sempre più insistente assieme alle idee, ai pensieri che invadevano la mia mente e poi lo capii: non potevo abbandonare quegli occhi mega galattici talmente belli e pieni di vita che mi mettevano in perenne imbarazzo appena li guardavo.
Quell'aria seria che non lo abbandona mai, la catenina con il dente di squalo che lo rendeva un badboy insieme all'orecchino blu che aveva al logo sinistro !
I capelli castani con sfumature bionde sempre spettinati e ribelli.
Non potevo resistere ancora tutte quelle emozioni erano troppo forti e  S
senza pensarci due volte mi lanciai fra le sue braccia e mi persi a respirare il suo profumo dannatamente buono.
«Ti amo» sussurrai prima di essere cullata dolcemente dalle sue labbra.
«Mi dispiace, mi dispiace tanto, non volevo prendere a botte mio fratello».
Sospirai a quelle parole mentre lo abbracciavo. Lui non sapeva che l'avevo visto spacciare, che sapevo che faceva uso di erba. Certo, gli avevo urlato dietro che era un drogato, ma comunque, almeno per i miei gusti non aveva capito il senso della frase.
Avrei tanto voluto chiedergli perchè lo facesse, ma non ne avevo la forza, non ne avevo nessuna intenzione, più che altro perchè non volevo rovinare quel momento magnifico.
«A proposito, dov'è mio fratello?»
«Abbiamo litigato ed è scappato, quando hai bussato stavo per andare a cercarlo» sussurrai incerta mentre Leo annuiva passandosi una mano fra i capelli.
«Il motivo della litigata?»
Velocemente gli raccontai della scenata ai gonfiabili, mentre lui mi ascoltava con interesse.
«Credo che mio fratello non abbia mai detto scusa in vita sua.. » rispose infine mentre io gli lanciavo un’occhiataccia.
«Chi sa perché lo sospettavo».
«Va beh, oltre ciò comunque, per quanto mi riguarda hai fatto bene».
«Se lo dici tu».
«Ne sono convinto e adesso vieni, andiamo a cercarlo» detto ciò mi prese per mano incamminandosi verso la spiaggia dove poco dopo trovammo il bambino seduto su un muretto.
Quella scena era dolce dovevo ammetterlo, con i lacrimoni che gli scendevano dagli occhi continuava a lanciare sassolini nell’acqua completamente ignaro della nostra presenza. Stavo per avvicinarmi ed abbracciarlo quando il mio caro fidanzato lo chiamò.
«Marco» a quel richiamo per qualche secondo il piccolo restò immobile per poi girarsi verso il fratello e dopo essersi asciugato gli occhi, corrergli incontro.
«Leo, mi sei mancato tanto».
«Anche tu terremoto, sono venuto a cercarti per dirti che oggi torna la mamma».
«Lo so, ma non voglio andare».
«Devi andare, se ci vai senza fare storie ti prometto che farò un salto ogni fine settimana».
«Lo giuri?»
«Si e adesso andiamo in albergo».
A quelle parole il piccolo annuì mentre io lo guardavo a bocca aperta. Nonostante quello che era successo la settimana prima, sembrava che a nessuno dei due interessasse, erano pacifici e senza un briciolo di rabbia o di romorso.
«Ciao Ale » sentii dire poco dopo trovandomi la mano imprigionata in una piccolina e morbidosa.
Sorrisi in direzione di Marco e gli scompigliai i capelli, mi piaceva proprio quel bambino.
«Ciao piccolo, cosa hai voglia di fare?»
«Andiamo su quel ristorante in spiaggia dove si mangia il pesce fritto, così Leonardo mi compra anche il gioco a forma di pesce?» Chiese speranzoso mentre il mio fidanzato mi lanciava un’occhiata divertita.
«Per me va bene» risposi attirandolo a me per poi fare la stessa cosa con Leo in modo da essere abbracciata dalle due persone che in poco tempo, si stavano impadronendo del mio cuore
 
CIAO
SO CHE IL CAPITOLO E’ CORTO, MA VEDRETE CHE IL PROSSIMO SARA’ MOLTO MEGLIO
 STIAMO ENTRANDO NEL NUCLEO DELLA STORIA;)
UN BACIO ALLA PROSSIMAAA  <3
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


CIAO
ED ECCOCI AL NONO CAPITOLO DELLA MIA STORIA
SPERO VERAMENTE CHE VI PIACCIA
FATEMI SAPERE!





 
CAPITOLO NOVE
 
 
Comodamente adagiata fra le braccia di Morfeo, il Dio dei sogni, grugnii al suono del campanello. Non sapevo da quanto stavo dormendo e a dir la verità, non mi ricordavo neanche di essermi addormentata, ma quel suono era chiaramente un campanello, segno evidente che mi dovevo svegliare.
Sbuffai e maledendo la persona che aveva avuto la brillante idea di venire a svegliarmi aprii gli occhi, mentre una luce fortissima mi invadeva. A quel punto pensai che forse era meglio controllare l’orario restando decisamente a bocca aperta davanti alla lancetta che puntava su mezzogiorno. Io non dormivo mai così tanto!
Ancora sorpresa e sconcertata andai ad aprire la porta trovandomi a contemplare la mia migliore amica in tutta la sua bellezza.
«Ciao Mara» sussurrai fra uno sbadiglio e l’altro.
«Ma che diavolo stavi facendo, sembri  appena uscita dal letto» esclamò senza troppi giri di parole, mentre io mi grattavo la testa impaciata.  
«Si ecco ... » risposi imbarazzata, mentre due grandi braccia mi cingevano la vita.
«Scusa Mara stavamo dormendo, ieri sera siamo tornati a casa molto tardi e Alessia era stanca morta» a quelle parole sobbalzai. Che diavolo ci faceva lui nella mia stanza ‘albergo proprio non lo sapevo, non mi ricordavo assolutamente di averlo invitato a dormire con me. Stavo per chiederglielo quando la mia amica si mise in mezzo.
«L...Leonardo, scusa posso parlare un attimo con Alessia da sola?» E senza aspettare risposta mi trascinò nella Hole dell'albergo.
Ero visibilmente imbarazzata , tutti mi guardavano male dato che me ne stavo in piedi davanti alla fontana in pigiama, tutta spettinata e assonnata, ma la faccia furente della mia amica mi invitava a stare zitta.
«Leonardo?» urlò all’improvviso, mentre io indietreggiavo di qualche passo.
«Mara ascoltami, so che può sembrare una pazzia, ma abbiamo fatto pace e io sinceramente voglio capirci qualcosa di più in tutta questa storia, sai quanto tengo a lui! »
«Si lo so, mi hai rotto per un anno intero! Leo di qua, Leo di la, Leo di su e Leo di giù, ma adesso che sai che razza di persona è credevo ti fosse passata».
«Voglio sapere la verità» sussurrai convinta delle mie parole.
«Ti do tre settimane di tempo per scoprire cosa combina, non un giorno di più. Se entro quella data non avrà messo la testa a posto, andrò da mio padre a dirgli che spaccia in modo da fargli perdere il lavoro e non fartelo più vedere». Spaventata da quelle parole mi appoggiai alla colonna che avevo alle spalle. Sapevo che Mara non stava scherzando motivo per cui, potevo solo che accettare.
«Per me va bene» dissi trattenendo le lacrime per poi incamminarmi verso la mia stanza.
Tutto sommato l'avevo detto fin dall'inizio che volevo capire perchè tre quarti della città aveva paura di lui, unico problema, tre settimane mi sembravano poche. Stavo per ornare da Mara per chiederle almeno un  mese, quando un bacio di Leo mi fece sobbalzare.
«Ciao amore, finito con la bionda?» chiese facendomi entrare in camera dove notai Marco dormire pacifico sul divano.
«Si non ti preoccupare, ma come mai hai dormito qui?» Domandai visibilmente imbarazzata mentre lui scoppiava a ridere.
«Ah già, tu non ti ricordi. Ieri sera ti sei addormentata in spiaggia e così ti ho presa in braccio e ti ho portata qui. Comunque adesso io devo andare a lavorare, quando Marco si sveglia raggiungetemi alla piscina ok?»
Annuii e gli diedi un veloce bacio a stampo per poi vederlo sparire oltre la porta bianca. Ero veramente su di giri, io di Leonardo ero veramente innamorata, e sarei stata disposta a tutto pur di aiutarlo. Anche se si drogava prima di mollarlo volevo capire perchè lo faceva.
«Ale» sentii mugugnare qualche minuto dopo da un ammasso di coperte in movimento.
«Hey piccola pesta, già sveglio?»
«Si» mormorò lui facendomi spazio sul divano. Sorrisi e gli arruffai i capelli castani, mentre un bel sorriso si dipingeva sul suo volto.
«Andiamo a fare colazione? »
«Io direi che possiamo anche andare a pranzo, mancano dieci minuti all’una» risposi lanciandogli una maglietta azzurra, mentre con l'altra mano digitavo il numero del ristorante per prenotare il pranzo in piscina.
«Oggi torna la mamma...» sussurrò poco dopo il piccolo non molto convinto.
«E non sei contento?»
«Si, anzi no. Io ho anche altri due fratelli oltre Leonardo».
«Davvero?» Domandai sorpresa, mentre il piccolo annuiva.
«Ma è bellissimo, e quanti anni hanno?»
«Allora, Leonardo è il più grande e ne ha diciotto, poi ci sono io che ne ho otto, successivamente c'è Filippo che ne ha tre e per ultimo Fabio che è nato da pochi mesi» disse contandoli sulla punta delle dita.
Sorpresa come non mai guardai il moretto ad occhi sgranati. Leonardo non mi aveva mai parlato della sua famiglia, ma pensandoci bene, cambiava sempre discorso appena il dialogo finiva sull'argomento .
«Marco, come sono i tuoi genitori?»
« Mia mamma è simpatica, mio papà invece è un puttaniere, un bastardo tutti lo odiano» .
A queste parole guardai il bambino a bocca aperta. Non sapevo che un bambino così piccolo potesse avere un linguaggio tanto volgare, ma decisi di lasciar stare il discorso e di continuarlo successivamente.
Stavo ancora pensando a ciò quando Marco si mise a cantare.
 
Non starò più a cercare parole che non trovo
per dirti cose vecchie con il vestito nuovo,
per raccontarti il vuoto che, al solito, ho di dentro
e partorire il topo vivendo sui ricordi, giocando coi miei giorni, col tempo...
 
Non avevo mai sentito quella canzone e per di più le parole mi sembravano molto difficili da comprendere sia per me che per il piccolo.
Ma a quanto pare mi sbagliavo di grosso dato che alla mia faccia sorpresa cominciò a ridere per poi calmarsi solo pochi minuti dopo.
«La conosci? »
«No direi di no...»
«La canta sempre Leonardo, è una delle sue canzoni preferite. Vuoi che te la insegni?»
«Se ne hai voglia si dai, perché no».
«Allora in pratica la prima strofa dice che non ti ripeterà più le stesse cose che ti ha già detto mille volte per cercare di spiegarti il motivo dei suoi stupidi errori se tu non vuoi dimenticare il passato e continuare a vivere basata sui ricordi, giocando con i suoi sentimenti che ogni giorno ferisci».
«G.. Già»  risposi decisamente sorpresa e affascinata, ora che il piccolo mi aveva spiegato il significato, dovevo ammettere che non era niente male.
«E’ bella vero? Comunque dopo fa così:
 
O forse vuoi che dica che ho i capelli più corti
o che per le mie navi son quasi chiusi i porti;
io parlo sempre tanto, ma non ho ancora fedi,
non voglio menar vanto di me o della mia vita costretta come dita dei piedi...
 
«Mmm è difficile direi..»
«Si ma io più o meno so il significato».
«Sentiamo allora».
«Dice che non ha senso aprire la bocca e parlare solo per fargli prendere aria.. E che non ha neanche senso che la sua vita sia già programmata…»
«Si, verissimo anche questo pezzo o almeno verissime le parole che usi per spiegarla».
«Leonardo me le spiega bene. Dice che queste sono le fondamenta della sua vita».
 
Queste cose le sai perchè siam tutti uguali
e moriamo ogni giorno dei medesimi mali,
perchè siam tutti soli ed è nostro destino
tentare goffi voli d' azione o di parola,
volando come vola il tacchino...
 
«Le sue fondamenta di vita?» Domandai sorpresa osservando con attenzione il bambino.
«Per quello che ci fa papà, ma non posso dirti di cosa si tratta perchè se no si arrabbiano tutti».
«E allora non dirmelo, non ti preoccupare»  risposi sorridendo, ma per niente convinta delle mie parole.
«Grazie, comunque non mi ricordo più cosa vuol dire da adesso in poi. Però se vuoi te la canto da qui».
«Va bene!» E con queste parole mi distesi sul letto pronta a sorbirmi un concertino per mia fortuna in miniatura, assaporando tutte le parole di quella canzone così strana.
 
Queste cose le sai perchè siam tutti uguali
e moriamo ogni giorno dei medesimi mali,
perchè siam tutti soli ed è nostro destino
tentare goffi voli d' azione o di parola,
volando come vola il tacchino...


Non posso farci niente e tu puoi fare meno,
sono vecchio d' orgoglio, mi commuove il tuo seno
e di questa parola io quasi mi vergogno,
ma c'è una vita sola, non ne sprechiamo niente in tributi alla gente o al sogno...

Le sere sono uguali, ma ogni sera è diversa
e quasi non ti accorgi dell' energia dispersa
a ricercare i visi che ti han dimenticato
vestendo abiti lisi, buoni ad ogni evenienza, inseguendo la scienza o il peccato...

Tutto questo lo sai e sai dove comincia
la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia
perchè siam tutti uguali, siamo cattivi e buoni
e abbiam gli stessi mali, siamo vigliacchi e fieri,
saggi, falsi, sinceri... coglioni!

Ma dove te ne andrai? Ma dove sei già andata?
Ti dono, se vorrai, questa noia già usata:
tienila in mia memoria, ma non è un capitale,
ti accorgerai da sola, nemmeno dopo tanto, che la noia di un altro non vale...

D' altra parte, lo vedi, scrivo ancora canzoni
e pago la mia casa, pago le mie illusioni
fingo d' aver capito che vivere è incontrarsi,
aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare,
bere, leggere, amare... grattarsi!

 
Sorrisi e gli baciai i capelli ancora concentrata sulle parole che mia aveva detto prima. Perché odiava così tanto suo papà, ma soprattutto cos’è che quell’uomo faceva ai suoi figli?
 
CIAOOO
ECCOCI QUI CON LA FINE DI UN ALTRO CAPITOLO
SPERO VI SIA PIACIUTO!
FATEMI SAPERE UN BACIO CIAOOO

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


CIAOO! ECCOCI CON UN NUOVO CAPITOLO PIENO DI COLPI DI SCENA;) SONO SICURA CHE VI PIACERA’ BUONA LETTURA <3

 
 
CAPITOLO DIECI
 
«Amore» chiamai vedendo Leonardo in lontananza,  mentre a mano di Marco mi facevo strada verso di lui.
La piscina come al solito era piena, ma non ci feci molto caso e mi distesi sulla prima sdraio libera che trovai, mentre il piccolo continuava ad insistere per andare in acqua.
«Ti ho detto di no, hai appena mangiato»  sbottai esasperata facendogli segno di sedersi affianco a me.
«E chi se ne importa, voglio fare il bagno» continuò lui pestando i piedi per terra.
Grugnii, quando ci si metteva era veramente testardo. Fortunatamente il suo caro fratellone ci raggiunse proprio in quell’attimo, baciandomi per qualche secondo prima di prestare l'attenzione al moretto.
«Che succede?» Domandò subito dopo intimandolo a fermarsi immediatamente.
«Voglio fare il bagno!»
«E perchè non lo fai?»
«Perchè Alessia dice che non posso visto che ho appena mangiato, ma non è giusto».
A quelle parole Leo si girò a guardarmi, mentre io lo fulminavo con gli occhi. Sapevo che era incerto sul da farsi, ma non me ne fregava niente. Non era giusto che dopo aver detto una cosa al bambino, essa venisse subito cambiata da un’altra persona, se no si giocava a fare il poliziotto buono e quello cattivo.
«Beh Marco, se è così è meglio aspettare che poi magari rischi di sentirti male» continuò per nulla convinto, ritrovandosi con le labbra umide per via di un mio bacio.
«Sei cattivo però».
«Ascoltami terremoto, visto che non voglio fare il fratello cattivo, che ne dici di andare al cinema mentre aspetti di poter fare il bagno?»
«Davvero posso andare?»
«Se ti porta Alessia si, dovrebbe esserci una notte al museo due» e con queste parole se ne andò lanciandomi il portafoglio sulle gambe, così, a mando di Marco mi incamminai verso il grande edificio. All’interno del villaggio vacanza infatti, c’era un piccolo cinema dove venivano riprodotti i film degli anni precedenti in modo da far stare buoni i bambini che campeggiavano li per una o due settimane.
Quel film l'avevo visto un milione di volte, ma se serviva per tenere calmo il mio accompagnatore, l'avrei guardato e riguardato all’infinito. Come se non bastasse Marco era felice, da quel che avevo potuto capire non erano tante le volte dove andava a vedere un film e così era molto più eccitato del previsto, motivo per cui dopo avergli comprato una pepsi gigante ed un pacchetto di caramelle, ci incamminammo all’interno della sala.
Quel film alla fine non era male, nonostante l’uno fosse decisamente migliore, dove il protagonista Larry Daley (Ben Stiller), sognatore in bolletta le cui stravaganti idee non hanno mai avuto successo, si trova ad avere un disperato bisogno di lavoro. Divorziato e disoccupato, rischia di perdere la custodia congiunta del figlio Nick, pertanto è costretto ad accettare controvoglia il lavoro di guardiano notturno al Museo di Storia Naturale di New York. Larry ha sempre pensato di essere destinato a grandi cose e vorrebbe riconquistare la stima di suo figlio, ma non ha idea di quanto enorme e mozzafiato sarà la sfida che lo attende. Durante la prima notte di lavoro, Larry viene lasciato solo nell’enorme e minaccioso museo, con in dotazione una enorme torcia elettrica e un consunto manuale di istruzioni. O meglio, Larry pensa di essere solo, perché nottetempo tutto ciò che è contenuto nel museo prende magicamente vita.
Insomma, io quel film lo conoscevo a memoria e mi stavo anche divertendo, tutto sommato due risate non facevano mai male.
Stavo ancora sghignazzando quando le luci si accesero per indicare la fine del primo tempo e solo in quel momento, quando mi girai sorridente, mi accorsi che Marco stava singhiozzando.
Incerta lo presi in braccio e gli asciugai le lacrime con un dito. Che cosa dovevo fare non lo sapevo. Tutti gli altri bambini erano tranquilli che se la ridevano e lui piangeva senza un motivo ben preciso.
«Hey piccoletto, mi dici cosa succede?» Chiesi con cautela baciandoli dolcemente la testina. Per qualche secondo il bambino restò muto, concentrato nel suo silenzio rotto soltanto dai singhiozzi, fin quando, con voce tremante non si decise a rispondere.
«Quell'attore assomiglia a mio papà…» sussurrò lasciandomi esterefatta. C’era decisamente qualcosa che non andava, e più i giorni passavano più me ne convincevo.
«E perchè piangi?»
«Ti ho detto che mio papà è uno stronzo».
«Si ma perché?»  Insistetti questa volta convinta di andare fino infondo.
«Perchè ci ha abbandonato senza dirci nulla, saltandosene fuori con altri nove figli sparsi in giro per il mondo di cui noi non conoscevamo l’esistenza e come se non bastasse, dopo aver divorziato dalla mamma, ha sposato altre donne». In silenzio ragionai su quello che aveva detto, rendendomi conto solo a scoppio ritardato del numero menzionato.
«Nove figli? Tu hai nove fratellastri?»
«Si, forse anche di più e adesso lui vive all'isola D'Elba, in una villa sul mare».
«E tu lo vedi mai?»
«Qualche volta, ma adesso basta, non voglio più parlarne» e con queste parole, si alzò dalle mie gambe ed uscì dal cinema dirigendosi verso la piscina, dove senza fare tante domande si buttò dentro.
Ancora sorpresa dalla miriade di informazioni, mi sedetti sul bordo intenta a contemplare l'acqua gelida.
«Hey amore tutto bene?» Domandò pochi secondi dopo una voce che conoscevo fin troppo bene. Sorrisi e mi girai verso Leo ritrovandomi con le labbra umide.
«Sisi, Marco è in piscina».
«Ottimo» sorrisi e mi appoggiai a lui, mentre ricominciava a parlare.
«Senti, sono stato un cretino l'altro giorno a prendere a botte Marco, credimi non avrei voluto farlo».
«Perché tiri nuovamente fuori questo discorso?»
« Perché ecco, mi chiedevo, se ti prometto che non lo farò più, tu mi giuri di non abbandonarmi mai?» Domandò con voce tremante, mentre il sorriso mi si smorzava in gola.
Non avrei mai potuto giurare una cosa del genere per il semplice fatto che se in tre settimane non avessi capito il motivo della droga, avrei dovuto mollarlo.
Di certo però in quel momento non potevo andarglielo a dire così, con voce tremante sussurrai un SI, mentre le mie dita si intrecciavano vigorosamente fra loro.
«Brava la mia principessa e adesso vieni che ti presento mia mamma» rispose baciandomi il collo e prendendomi in braccio, mentre io divertita ma allo stesso tempo spaventata lo intimavo a mettermi giù. Sbuffai, c’erano momenti dove si comportava veramente come un ragazzino, ma alla fine era dolce e forse in quegli attimi lo amavo più del solito. Stavo ancora fantasticando su ciò, quando mi resi conto che da li a pochi minuti avrei conosciuto la donna che l’aveva partorito e beh, non sapevo veramente cosa dire. Sfortunatamente però, neanche il tempo di formulare a voce alta questi pensieri che una signora bionda, quasi del tutto uguale a Marco, mi sorrise cordialmente.
«Ciao, tu devi essere Alessia giusto?»  Domandò cordialmente porgendomi la mano che le strinsi con fin troppo imbarazzo.
« Si sono io, piacere di conoscerla».
«O su via, dammi pure del tu! Non sono così vecchia» sospirai, odiavo gli adulti che dicevano cose del genere, sopratutto perchè non mi mettevano assolutamente a mio agio, anche se sapevo fin troppo bene che lo facevano proprio in virtù di ciò. Scossi la testa e tornai a guardarla. Indossava una semplice maglia rasa fosforescente a maniche corte ed un paio di pantaloni corti, non che fosse grassa, ma non era neanche magrissima e i capelli arrivavano alle spalle in ciuffi disordinati.
«O..Ok..» risposi dopo un po', anche se sembrava che ormai nessuno badasse più a me, con mio grande sollievo infatti, madre e figlio stavano parlando fra loro, vedevo che Leonardo stava cominciando a spazientirsi, ma quando cercai di ascoltare il discorso, qualcosa mi colpì alla gamba.
Seccata mi girai per mandare a quel paese chi mi aveva urtato, ma restai meravigliata di trovarmi ad osservare due bambini biondi con quattro grossi occhi azzurri.
Il più grande doveva aveva circa tre anni e mi osservava impaurito, mentre cercava di spostare un passeggino più grande di lui che appunto, conteneva il secondo piccoletto. Sorrisi e continuai a scrutarlo. I capelli biondi erano lisci e scendevano tranquilli sul suo viso chiaro, un ciuccio fin troppo grande stretto fra i denti e le gote rosse per via dello sforzo.
Stavo per parlargli quando Leonardo si girò, probabilmente per chiedermi qualcosa, trovandosi di fronte il piccolo. Fu un attimo, il piccolo lasciò la carrozzina ai miei piedi e corse fra le braccia del mio fidanzato.
«Ciao Fili!» Esclamò afferrandolo e sollevandolo giocosamente per poi mettersi a fargli fare l'aereoplanino fra le risate generali.
Il mio sguardo però, istintivamente tornò sul più piccolo della famiglia e senza permesso o altro lo presi in braccio.
Adoravo i bambini piccoli e lui doveva avere all’incirca quattro o cinque mesi.
«Amore, loro sono i miei fratelli: Filippo e Fabio».
«Ciao» risposi scompigliando i capelli a Filippo che mi osservava con interesse, mentre una valanga d'acqua mi investiva.
Marco infatti ci aveva raggiunto non molto sorridente. Con occhi di ghiaccio, mi sfilò il neonato dalle braccia e lo baciò dolcemente abbracciando subito dopo Filippo.
«E’ mio fratello» sibilò in cagnesco per poi allontanarsi lasciandomi con un palmo di naso.
 
CIAOOO
FINALMENTE COMINCIAMO AD AVVICINARCI AL CENTRO DELLA STORIA, DOVE NE SUCCEDERANNO DI TUTTI I COLORI;)
SPERO VIVAMENTE CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO!
FATEMI SAPERE MI RACCOMANDO!
UN BACIO CIAOOOO

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


 
CIAOO 
VISTO CHE VELOCE CHE SONO STATA A PUBBLICARE QUESTA VOLTA?:)
SPERO CHE SIA TUTTO DI VOSTRO GRADIMENTO E UN GRAZIE SPECIALE A
principe delle stelle,  Merder E sweetmaggy
CHE COMMENTANO TUTTI I CAPITOLI 
BUONA LETTURA!




 
 
CAPITOLO UNDICI
 
Sbadigliando aprii un occhio posando lo sguardo sulla parte sinistra del letto rigorosamente vuota. Era la seconda giornata che passavo senza Marco e dovevo ammettere che mi mancava più del previsto. Dopo aver fato la conoscenza di sua mamma, infatti, il bambino se ne era tornato a casa senza neanche salutarmi. Immaginavo che tale comportamento fosse dovuto al fatto che avessi preso in braccio Fabio, ma non riuscivo proprio a capirne il motivo. Leonardo dal canto suo, era davvero dolce e tutto sommato non mi sembrava neanche tanto strano. Negli ultimi giorni si era comportato come un fidanzato modello e fra me e me speravo avesse smesso di farsi le canne. Sorrisi a quel pensiero e mi rizzai a sedere.
Quel pomeriggio con mia immensa gioia mista ad imbarazzo, saremo andati a casa sua, dato che più volte avevo ricevuto l'invito. In realtà non sapevo come comportarmi. Se Marco fosse stato ancora arrabbiato con me, forse avrei dovuto trovare un modo per farmi perdonare, ma a quello c’avrei pensato dopo, ero davvero curiosa di vedere casa loro, e poi magari, sarei anche riuscita a scoprire qualcosa di nuovo su loro padre.
Stavo ancora pensando a ciò, quando il cellulare cominciò a vibrare all'interno della mia tasca.
Sorpresa che qualcuno mi potesse chiamare a quell'ora del mattino, dato che erano solo le sei, guardai lo schermo luminoso sul quale spiccava la scritta "NUMERO SCONOSCIUTO".
Sbuffando schiacciai il tasto verde immaginando fosse Mara, dato che passava le serate a fare scherzi telefonici, magari si era dimenticata di togliere il privato.
«Pronto, chi parla?» Domandai con la voce ancora assonnata.
«La tua salvatrice naturalmente» rispose una voce che ormai conoscevo bene lasciandomi di stucco.
«Ancora tu, si può sapere che cosa vuoi?» Urlai decisamente arrabbiata.
«Voglio che stai alla larga da Leonardo, lo dico per il tuo bene, te l'ho già detto».
Grugnii e pregai in cuor mio che quella chiamata come la precedente fosse solo frutto della mia immaginazione.
«E se io non volessi ascoltarti?» Chiesi seccata.
«Semplice, ti importunerò finche non mi ascolterai. E' pericoloso, molto pericoloso, la sua famiglia è pericolosa».
Sbuffai nuovamente e decisi di fare la cruciale domanda, magari sarei riuscita a scoprire qualcosa.
«E perchè sarebbe così pericolosa? »
«E' un drogato, suo papà un alcolizzato per non dire di peggio e sua mamma subisce senza dire niente» detto ciò, mise fine alla chiamata lasciandomi di stucco.
Di sicuro c'era qualcosa che non andava, ma a dirla tutta, in quel periodo c'era sempre qualcosa che non andava, partendo dal fatto che la famiglia di Leonardo non aveva una bella reputazione. Tremante ed imbarazzata decisi di andare a cercare Mara che molto probabilmente era in giro con Lorenzo, per mia fortuna i due si erano rimessi assieme e questo mi faceva molto piacere dato che fin da bambina avevo sempre immaginato come sarebbe stato avere migliori amici in comune.
Adoravo Lore e naturalmente lo stesso valeva per Leo dato che erano amici fin dall'infanzia. Passai le seguenti ore mattutine a cercare la mia migliore amica, ma di lei nessuna traccia, così me ne tornai in camera per cambiarmi pronta alla serata con Leonardo.
 
***
 
Da quando Marco se n’era andato, la mia giornata era sempre la stessa: mi svegliavo, mandavo un messaggio a Leo che veniva a prendermi, facevamo colazione assieme, andavo in giro per il paese mentre lui lavorava, quando mi ero stufata tornavo in albergo, mangiavo, aspettavo che Leo tornasse e infine andavamo a farci un giretto. Così quando arrivarono le quattro del pomeriggio, mi trovavo pronta e profumata davanti alla fontana, nostro tipico punto di ritrovo. Ero davvero emozionata di andare da lui e sopratutto contenta di rivedere Marco, quel mostriciattolo mi era davvero mancato. Ero ancora seduta sul bordo quando il rombo di una moto mi fece trasalire. Sobbalzai ed alzai lo sguardo, trovandomi il mio caro fidanzato davanti.
«Ciao amore» mi salutò facendomi segno di salire sulla moto, che da quel che avevo capito si era comprato da solo e mi strinsi dolcemente a lui, ero davvero all'ultimo cielo. Felice ispirai profondamente l'odore del suo sciampo, mentre un turbine di emozioni diverse si disperdevano per il mio corpo. Andare in moto mi era sempre piaciuto, avere l’aria addosso, la mente leggera e sfrecciare vicino alle macchine a velocità supersonica, ma ciò che mi piaceva di più, era stare abbracciata al biondo.
Quando venti minuti dopo arrivammo nel paese natale del ragazzo, poco distante da quello dove c’era il villaggio vacanze di Mara, mi resi subito conto che tutti gli occhi erano puntati su di noi. Se già intorno all’albergo la gente ci guardava male, li era davvero imbarazzante. Sentivo Leonardo irrigidirsi sotto il mio abbraccio, ma non dissi niente e continuai a guardarmi intorno, mentre lui si fermava di botto davanti ad un ragazzo riccio, che ci si era parato davanti .
«Leonardo» sibilò il tipo che doveva essere alto all’incirca un metro e ottantacinque con dei grossi e visibili muscoli sulle braccia. Indossava una semplice maglia rossa che gli stava fin troppo attillata e fra le labbra stringeva una sigaretta accesa quasi finita. Per qualche minuto nessuna parola uscì dalla bocca dei due, ma si vedeva chiaramente dagli sguardi che si stavano lanciando che qualcosa non andava.
«Giuseppe.. » Rispose poco dopo Leo sotto il mio sguardo indagatore, con un tono che non prometteva niente di buono.
«Cosa ti porta da queste parti? E' da tanto che non ti fai vedere... » continuò il riccio passandosi le dita, piene di anelli, fra i capelli.
«Non credo che questi siano affari tuo, e ora se non ti dispiace lasciami passare».
«O su Leonardo, non ti scaldare tanto, volevo solo sapere se la tua puttanella la dietro era disposta a fare un giro con me, dopo che te la fossi sbattuta per bene in quella topaia che chiami casa».
A queste parole sentii il corpo a cui ero abbracciata irrigidirsi di colpo e senza avere il tempo di capire cosa stesse succedendo mi trovai ad osservare il nostro interlocutore sdraiato a terra, mentre un liquido rosso gli usciva dal naso facendomi rabbrividire.
«Prova un altra volta a parlarmi e questo in confronto a quello che ti farò sarà solo e semplicemente un assaggio, hai capito lurido animale? Devi girarmi alla larga e se ti scoro nuovamente a mettere gli occhi sulla mia ragazza, sei morto» dichiarò scandendo bene le parole, mentre io mi facevo piccola piccola. Non avevo mai visto Leonardo così incazzato. Le vene del collo pulsavano in una maniera incontrollata, così come quelle del braccio destro, stretto intorno alla gola del riccio.
«Hai capito bene?» Sbraitò nuovamente.
 «I..Io si.. Ho capito... »
«Bene sono felice ed ora, se non ti dispiace, noi ce ne andiamo» detto questo, salì nuovamente a cavalcioni della moto diretto a casa. In silenzio mi strinsi a lui senza avere il coraggio di porferir parola. Che cosa era successo? Un minuto prima era accanto a me e quello dopo stava minacciando un ragazzo decisamente più grosso di lui che nonostante questo, si era fatto sottomettere. Ero ancora immersa nei miei pensieri quando ci fermammo davanti ad una casa gialla con un bel giardino. Un po' più rilassata scesi dalla moto osservando Filippo che giocava con la terra. Quando ci vide i suoi occhi si spalancarono, prima di correre incontro al fratello che lo prese al volo facendogli il solletico sulla pancia.
Sorrisi a quella scena e spettinai i capelli al piccolo dirigendomi verso la porta . Ridendo salimmo le scale, ma più salivamo e più tutto diventava vecchio e logoro, le scale di legno facevano rumori sinistri e alle pareti grigie e scrostate decine e decine di ragni avevano optato per costruire la loro casa, ricoprendo quasi l’intero muro di ragnatele. Mentre il mio cuore batteva all'impazzata, ci fermammo davanti alla porta dell'ultimo piano, la porta che avrebbe dovuto essere della soffitta. Molto probabilmente dovremo prendere qualcosa da bere che tengono al fresco qua su pensai fra me e me, mentre i due fratelli ridevano ancora fra loro.
Ero ancora concentrata nei miei pensieri, quando mi resi conto che quella porta, era la porta della loro casa.
Titubante entrai con calma e mi guardai in torno, mi trovavo in una piccola stanza. Un divano letto era appoggiato alla parete sinistra e di fronte, per lungo, c’era un’immensa credenza di legno abbellita con foto e disegni. Poco più in la, oltre alla Tv, c’era una stufa poggiata sopra una lavatrice accompagnata da un tavolo e da quella che doveva essere la cucina. Sorrisi a Marco che mi stava salutando con la mano concentrato come non mai in una partita alla playstation, mentre Leonardo lo fulminava con gli occhi.
«Marco è tua quella play?» Domandò in tono accattivante, mentre entrambi i fratelli si immobilizzavano di colpo.
«N.. no.. »
«Bene e allora perchè la stai usando se non è tua?»
«La mamma ha detto che quando non ci sei posso... » sussurrò il bambino con un tono di voce quasi impossibile da percepire.
«E da quando in qua è la mamma che comanda?»
«Da.. mai.. »
«Ecco bravo, ora spegni tutto e mettila via».
«Leo ti prego, posso finire la partita almeno?»
«No» urlò Leonardo avvicinandosi minaccioso, mentre Filippo si nascondeva dietro le mie gambe lasciandomi perplessa.
«Va bene.. la spengo..»
«Così va meglio» detto questo il piccolo si alzò e scollegò alcuni fili. Si vedeva chiaramente che stava trattenendo le lacrime.
Silenziosamente e per niente convinta dato l’atteggiamento dell’ultima volta, mi avvicinai a lui ricevendo un mega abbraccio, motivo per cui,  me lo presi in braccio cominciando a fargli il solletico ricevendo una miriade di baci. Quel mostriciattolo mi era veramente mancato.
«Vuoi che ti faccia vedere la casa?» Esclamò all’improvviso tirandosi a sedere.
«Si cero» detto questo seguii il bambino un po' impaurita. Non ero sicura di quello che avrei visto, la casa essendo una soffitta era veramente piccola, ed ero curiosa di conoscerne il resto. Titubante contai i passi che feci per attraversare la stanza. Sei semplici e stupidi passi che contemplavano il salotto, la cucina e probabilmente anche una camera dato che quello su cui ero stata seduta per dieci minuti, era un divano- letto tutto insieme.
Scossi la testa a quel pensiero e accarezzai i capelli morbidi del bambino ritrovandomi davanti ad un letto matrimoniale. Sorrisi fra me e me, se non altro l’ambiente era grazioso ed accogliente. Come la stanza precedente, al muro erano attaccati una miriade di foto e di disegni. Sorrisi alla vista di un Leonardo in divisa da calcio e passai oltre ritrovandomi in bagno, una piccola stanza che sarà stata massimo due metri quadrati. Nonostante ciò però, vedevo negli occhi del bambino un’ombra di orgoglio tale che non proferii parola neanche alla vista di una piccola culla all’interno dello sgabuzzino. Non sapevo davvero cosa pensare. Non riuscivo a capire come una famiglia composta da cinque persone potesse vivere in un buco del genere o forse io, ero semplicemente una ragazza viziata della buona borghesia, abituata alla vita domestica comoda.

 
CIAO
E COSI’ AVETE VISTO IN CHE SITUAZIONE VIVE LEO QUANDO NON E’ A LAVORARE. NON SO SE AVETE NOTATO CHE IN CASA, CONTANDO IL DIVANO LETTO, CI SONO SOLO DUE LETTI..
VOI CHE NE PENSATE?
RIUSCIRESTE A VIVERE IN UN BUCO DEL GENERE?
FATEMI SAPERE!
UN BACIO
 
 

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


CIAOOO
 ECCOCI NUOVAMENTE INSIEME, SPERO CHE LA MIA STORIA COMINCI AD APPASSIONARVI! FATEMI SAPERE EEE SPERO CHE LA LETTURA SIA DI VOSTRO GRADIMENTO!


 


 
CAPITOLO DODICI
 
Seduta sul divano letto, nel più totale dei silenzi, continuavo ad osservare quella famiglia tanto misteriosa bersi una cioccolata calda aspettando impaziente l’arrivo di loro mamma. Dopo che Marco mi aveva fatto vedere la casa, infatti, mi ero accomodata sul materasso, mentre il mio fidanzato, si dava da fare per preparare quella che doveva essere una merenda. Sorrisi e spostai lo sguardo da un fratello all’altro. Dovevo ammettere che Marco in quella famiglia, non c’entrava proprio niente. Mentre tutti i capelli degli altri erano  biondi, i suoi andavano a catturare un castano mielato. Pure la carnagione era diversa, se tutti gli altri erano abbronzati la sua pelle dava più sul bianco, motivo per cui un’unica cosa lo accomunava con i fratelli: tutti e quattro avevano gli occhi di un azzurro talmente profondo e vivo da farmi volare le farfalle nello stomaco. Grugnii quando dopo dieci minuti Leonardo mi mise fra le braccia Fabio, che continuava a piangere da quando si era svegliato dopo un sonnellino durato all’incirca tre ore. Era chiaro che quel gesto a Marco non fosse piaciuto più di tanto, nel momento esatto in  cui avevo sfiorato il neonato, infatti, un ombra di rinnego era apparsa sul suo viso, ma prima che potesse dire qualcosa, Filippo lo interruppe.
«Leo io ho fame».
«Lo so Fili, ma bisogna aspettare la mamma, conosci le regole».
«Sono le nove e mezza però» sbottò Marco in risposta osservando attentamente le lancette dell'orologio appoggiato sopra la televisione. A quelle parole saltai in piedi lanciando uno sguardo omicida al mio ragazzo.
«Leo, io adesso come faccio? Il villaggio vacanza chiude alle dieci e anche se ci muovessimo adesso, non faremo mai in tempo».
«Mi sa che dobbiamo dormire qui e poi domani ti riporto in Hotel.. » incerta annuii. Non che fossi così felice della cosa, a dire il vero mi chiedevo pure dove avrei dormito, ma sfortunatamente il padre di Mara ci impediva di uscire dall'Hotel oltre una certa ora. Potevamo andare a dormire quando volevamo, ma solo ed esclusivamente se giravamo dentro il villaggio vacanza e quello era decisamente un problema.
«Leo ti prego prepari da mangiare»
«Ma cosa sei, morto di fame?»
«Si, sto morendo di fame te l'ho detto. Dai ti prego» continuò Marco facendo il visino da cane bastonato mentre un sorrisetto divertito appariva sul mio viso.
«E va bene, ma falla finita» bofonchiò il maggiore mentre gli altri due cominciavano a battere le mani tutti felici.
Sorrisi alla scena e osservai i bambini apparecchiare la tavola, senza ombra di dubbio quella era una famiglia che si aiutava e trovavo il tutto, dovevo ammetterlo, veramente dolce.
 
***
 
Felice masticai l’ultimo boccone di pasta al pesto quando il rumore della serratura mi fece voltare. Sbuffai a quel suono ed osservai Filippo correre incontro a sua mamma, che lo salutò con un bacio sulla guancia per poi girarsi verso di noi ed osservarci in maniera interrogativa.
«Leonardo che piacere vederti. Lo stesso vale per te naturalmente, Alessia, se non ricordo male...»
«Si ricorda bene» mormorai incerta, mentre lei annuiva.
«Che ci fate qui» domandò dopo un attimo di esitazione osservando il figlio maggiore dall’alto al basso.
A quelle parole alzai un sopraciglio. Se non sapeva che ci trovavamo li, voleva dire che per lei era normale lasciare i tre bambini a casa da soli, cosa che non concepivo dato che anche il più grande dei tre aveva bisogno di essere seguito non avendo neanche dieci anni. Per non parlare poi di Fabio che non sapeva neanche stare seduto da solo.
Ancora incerta seguii con poco interesse la fine della conversazione. Quella famiglia era sempre più assurda, e più trascorrevo il tempo con loro, più me ne rendevo conto.
«Avevo promesso a Marco di venire a trovarlo…» sbuffò Leo scompigliando i capelli del bambino che tutto contento annuiva.
«Adesso che l'avete fatto potete anche andare no?»
«Veramente questa notte dormiamo qui…»
«Ma non ci sono abbastanza letti!» Protestò lei indicando la camera che si trovava alle sue spalle mentre il maggiore si stringeva nelle spalle.
«Vorrà dire che io dormo con Filippo e Marco con Bianca».
Sorrisi a quelle parole. Ormai era un abitudine dormire con quel bambino. Anche nei giorni i cui gli avevo fatto da baby-sitter, non c’era stata notte dove non si fosse intrufolato sotto le mie coperte per farsi abbracciare, e così, ripensando a quei momenti, annuii ricevendo un’occhiataccia dalla donna.
«Beh, se è così…»
«Si mamma, non ti preoccupare... »
Annuii osservandola mangiare un boccone di pasta dal piatto di Filippo, capivo che quella non era la situazione migliore per stringerci amicizia, e a dirla tutta mi vergognavo parecchio di essermi autoinvitata a casa sua senza invito, ma sinceramente avrebbe anche potuto comportarsi un po’ meglio. Speravo ardentemente lo facesse, quando all’improvviso, dopo aver buttato giù l’ennesimo boccone, lanciò la borsa ai piedi del letto per poi ricominciare a parlare.
«Sentite, io sono stanca morta vado a dormire…»
«Ok » rispose tutti senza degnarla di una sguardo .
«Filippo non a letto più tardi delle due intesi?» Domandò, mentre io la guardavo a bocca aperta. Aveva veramente ordinato al figlio di tre anni di andare a letto verso le due di notte, era impazzita? Ancora sorpresa per l'ennesima stranezza guardai Marco che aspettava impaziente di dire la sua.
«Che vuoi?» Domandò la donna dopo aver osservato il bambino.
«Posso uscire un po'?»
«Si si esci pure, ma ti voglio a casa per mezzanotte non più tardi».
«Ma è prestissimo!»
«Non mi interessa, o a mezzanotte o niente. Dopo puoi andare a dormire quando vuoi, ma ti voglio a casa per quell'ora» detto questo si chiuse la porta alle spalle lasciandomi di stucco. In dieci minuti che era arrivata mi aveva lasciato sorpresa e a bocca aperta più di sette volte. Ero ancora immersa nei miei pensieri, intenta a chiedermi dove diavolo fossi finita, quando Marco, sbuffando prese una felpa ed uscì di casa senza neanche salutare.
«Amore ... » sussurrai incerta bevendo un goccio di coca-cola ghiacciata per tranquillizzarmi.
«Che succede cucciola?»  Domandò lui con una faccia interrogativa mentre io quasi cadevo dalla sedia.
«Stai scherzando spero? »
«Io, no perché?»
«Sto parlando del fatto che lasci uscire tuo fratello di soli otto anni da solo in piena notte».
«Se mia mamma gli ha dato il permesso non vedo cosa c'è di strano e comunque anche io sono sempre uscito la sera» decretò per poi accendersi una sigaretta in tutta tranquillità. Furente lo guardai ad occhi sgranati. Li c'era decisamente qualcosa che non andava, quella situazione era quasi un caso da servizi sociali.
«Ha solo otto anni» urlai fuori di me dalla rabbia.
«Lo so, ma cosa ci vuoi fare: segregarlo in casa fino ai diciotto?
«Non dico questo, ma non può girare da solo di notte».
«Senti, qui non siamo in una grande città. La vita in un paesino di mare è completamente diversa da quella a cui sei abituata tu. Io sono sempre uscito la sera, mia mamma mi ha sempre lasciato fare e adesso fa lo stesso con Marco, non vedo che problema ci sia» sbuffò fra un soffio di fumo e l’altro, mentre io incapace di rispondere mi sedevo sul divano-letto. Era assurdo, se Leonardo spacciava c’era un motivo e ora cominciavo anche a capire quale fosse. Forse la mia salvatrice segreta non aveva tutti i torti, quella famiglia era guasta e bisognava decisamente rimediare prima che succedesse qualcosa di talmente grave da essere impossibile rimediare.
Con quel pensiero, una volta aver capito che Leonardo non aveva nessuna intenzione di fermare il bambino, molto probabilmente perché non si rendeva conto della situazione, aprii la porta e mi lanciai giù per le scale.
«Ale, si può sapere dove stai andando?» Mi urlò dietro il biondo, mentre la rabbia continuava a crescere dentro di me.
«Da Marco» sibilai spalancando il portone d’entrata per trovarmi finalmente all’aria aperta.
«Non puoi lasciarlo in pace? Non credo che abbia molta voglia di vederti quando se ne va in giro con i suoi amici. Se avesse voluto trascorrere la serata con te, non sarebbe uscito».
«Senti» urlai fermandomi di colpo e avvicinandomi a lui «io non ho mai potuto uscire la sera da sola e quelle poche volte che succedeva il coprifuoco era massimo alle nove. Per di più ti sto parlando della prima media non della terza elementare, non è normale che tuo fratello giri da solo a notte fonda, città o paesino che sia».
«Amore lo so... ma... »
«Niente ma! Ho perso di vista tuo fratello per neanche mezzora e ha rischiato di affogare. Ti sembra che possa stare tranquilla? E’ un bambino Leo, solo un bambino».
«Non sei sua mamma! Quando ha rischiato di affogare è stato solo un incidente».
«Incidente, l’avresti chiamato incidente se fosse morto e sparito fra le onde? Non mi interessa cosa fai tu, per quanto mi riguarda puoi anche andare a giocare alla playstation, ma io vado a cercare tuo fratello» strillai posando i miei occhi nei suoi. Vedevo che era sorpreso, di sicuro non si aspettava una reazione simile da parte mia. Si vedeva lontano un miglio che per lui il fatto che il fratellino uscisse a quell'ora della notte non era un problema e neanche una novità , eppure lo era per me e questo particolare non mi lasciava per niente tranquilla. Nonostante tutti lo trattassero da grande, Marco era solo un bambino e io l’avevo appreso fin troppo bene nei giorni in cui aveva vissuto con me. Non mi interessava se gli altri non lo capivano, se l’intera famiglia lo lasciava libero di vagare nel buio, io non l’avrei fatto. Stavo per andarmene quando un sospiro mi fece alzare lo sguardo.
«Sei veramente tremenda quando ti ci metti, ma mi rifiuto di far girare te da sola in questo posto, altro che Marco. Se Giuseppe ti vede senza di me non so cosa potrebbe farti »
Sorrisi soddisfatta. Non che fosse proprio la risposta che mi aspettavo, ma se non altro Leo era disposto a venire con me. Stavo per incamminarmi verso le vie più frequentate quando scorsi i due più piccoli della famiglia seduti sulle scale.
«Che ne facciamo di Fabio e Filippo? »  Domandai incerta ricevendo un’occhiataccia.
«Vengono con noi naturalmente» e dette queste parole prese un fratello in braccio e l’altro a mano facendomi segno di seguirlo.
Era una bella serata, per la strada coppiette felici ridevano e si fermavano di tanto in tanto per mangiare un gelato o per guardare le vetrine illuminate. Com’era tutto diverso da casa mia. Io che ero abituata alle macchine, allo smog, ai giri in centro, mi ritrovavo a girovagare sul lungomare in cerca di un bambino.
«Alessia?» Sentii dire all’improvviso da quell’esserino che tenevo a manina.
«Cosa c’è Fili?»
«Ma tu e mio fratello vi sposerete?» Domandò con fare convinto, mentre io scoppiavo a ridere e gli scompigliavo nuovamente i capelli biondi.
«Non lo so piccolo. Potrebbe essere, ma non ne sono sicura e adesso che ne dici di una bella granita? »
Per tutta risposta il bambino si mise a saltellare tutto felice sempre tenendosi aggrappato alla mia mano, mentre io tornavo a perdermi nei miei pensieri.
Quelle parole avevano scatenato in me come la sensazione che qualcosa stesse per accadere, avvertivo un'assurda forma di paura, agitazione, come se un pericolo imminente si stesse avvicinando. Percepivo il ritmo del battito cardiaco accelerare,  la mente cominciare a vagare alla ricerca di una soluzione ad un qualcosa di misterioso.
«Amore ti senti bene?» Domandò Leonardo baciandomi la fronte e porgendomi la mia granita preferita: menta, liquirizia e anice.
«Hem.. s..si.. »
«Sicura?»
«Non lo so, ho una strana sensazione».
«O su dai, non dirmi che sei anche veggente adesso».
Risi divertita a quelle parole, dandogli un leggero colpo sulla testa ericevendo in cambio una linguaccia.
«Non darmi più della veggente brutto idiota».
«Io non sono idiota».
«Nooo, poco solo».
«Va bene io sono idiota e tu sei una veggente allora».
«Ci sto!» Risposi, mentre lui mi prendeva per mano e mi faceva il solletico in compagnia di Filippo.
Dovevo ammettere che nonostante tutto, quella serata si stava rivelando veramente meravigliosa.
Ero ancora intenta a ridere e scherzare, quando all’improvviso scorsi Marco in compagnia di alcuni ragazzini, decisamente più grandi di lui.
Incerta guardai Leonardo, constatando allo stesso tempo che il più piccolo della famiglia era sprofondato nel mondo dei sogni.
«Leo che cos'ha in mano Marco?» Domandò Filippo corrugando gli occhietti per osservare meglio il fratello. Interessata seguii il suo sguardo soffermandomi ad osservare una bottiglia di birra mezza vuota.
«Dovevamo stare tranquilli vero?» Sibilai in direzione del mio ragazzo che mi guardava spaesato.
«Forse avevi ragione tu... »
«Ma davvero?» Sbuffai e mi incamminai verso il gruppetto, venendo osservata da capo a piedi da tutti. Quella situazione non mi piaceva, percepivo lo sguardo dei presenti farsi sempre più pesante, cosa che decisamente odiavo, così, facendomi coraggio, cominciai a parlare.
«Marco vieni qui per favore» mormorai come se potesse servire a qualcosa.
«E perchè dovrei?»
«Perché è ora di tornare a casa».
«No! La mamma ha detto che posso stare fuori quanto voglio o almeno fino a mezzanotte».
«Si ma non mi sembra ti abbia dato il permesso di bere».
«Ciò non togli che io non possa stare fuori fino all’ora prestabilita » urlò il piccolo maledicendomi con lo sguardo.
Stavo per rispondergli quando una voce mi costrinse a girarmi.
«E’ così complicato capire che non ti vuole in mezzo ai coglioni?» Chiese Giuseppe, il ragazzo che poco prima Leo aveva pestato, avvicinandosi a me.
«E si può sapere cosa vuoi tu e soprattutto perché giri con bambini che hanno almeno dieci anni meno di te? » Ribattei a tono mentre lui beveva un altro sorso di birra.
«Tu giri con un problema ambulante, io tiro su dei ragazzini e gli insegno a vivere. Qualche problema?»
«Si molti, fai quel che vuoi con gli altri, ma lascia Marco fuori dai tuoi affari ricciolino di merda» sibilai con fare incazzato senza neanche rendermene conto. Non sapevo perché lo avevo fatto. La rabbia mi aveva impedito di ragionare e con la stessa velocità con cui mi erano uscite quelle parole, mi ritrovai distesa a terra con la faccia dolorante.
«Non azzardarti più ad offendermi lurida puttanella, che un catorcio umano come te, non dovrebbe neanche starmi vicino».
Stavo per ribattere, nonostante lo zigomo mi facesse male, quando Leonardo si parò davanti a me decisamente arrabbiato. Neanche il tempo di realizzare la cosa che sul viso di Giuseppe si disegnò una maschera di terrore.
«Marco mi puoi spiegare perché giri con questo tizio? » Chiese in direzione del fratello.
«Io ecco, si insomma, perché è figo, tutti vogliono girare con lui».
«Bello a sapersi, dopo dovremo parlare di questa cosa ma aspetta un secondo, caro Giuseppe,si può sapere che cazzo hai detto alla mia fidanzata? » Sibilò con voce pacata il biondo aiutandomi ad alzarmi, per poi girarsi verso il riccio.
«Io, io nulla…»
«Nulla eh, e allora spiegami perché la mia ragazza era a terra».
«Io ecco…».
«Tu un cazzo, lurido figlio di puttana, ti avevo detto di girarmi alla larga, ma a quanto pare le mie parole non ti sono entrate bene in testa, vediamo di rinfrescarti la memoria» mormorò dandogli un pugno da record che fece finire il malcapitato faccia a terra. In preda ad un raptus omicida, fregandosene della cerchia che gli si era parata attorno, continuò a scagliare una serie di calci all’addome mentre Giuseppe si proteggeva come meglio gli riusciva.
«Avvicinati ancora ad una persona della mia famiglia e giuro che ti vengo a cercare!» Continuò tirandolo in piedi per poi obbligarlo a rannicchiarsi nuovamente a terra con un ennesimo pugno.
«E per la cronaca, non esiste che mio fratello pensi che tu sia più figo di me» detto ciò, gli sputò in faccia e come se niente fosse, si staccò dal riccio e dopo aver preso per mano Marco e fatto segno a Filippo che teneva in braccio Fabio, di avvicinarsi, si incamminò verso casa nel più totale dei silenzi.
 
CIAO A TUTTI!
CHE NE PENSATE **
A ME QUESTO CAPITOLO PIACE UN SACCO :p
FATEMI SAPERE!!!
CIAOOO

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


CIAO A TUTTI!
SCUSATEMI PER IL RITARDO MA NON STAVO MOLTO BENE
COMUNQUE OGGI ECCOMI QUI, NON MI DILUNGO ANCORA, PENSO SIA MEGLIO LASCIARVI AL CAPITOLO!
BUONA LETTURA




 
CAPITOLO TREDICI
 

 
Sbadigliando mi stiracchiai rumorosamente nel letto, stando ben attenta a non svegliare l’esserino che dormiva al mio fianco. Era passata circa una settimana dalla sera in cui avevo dormito a casa di Leo e di cose ne erano successe parecchie. Dopo che Leonardo aveva picchiato Giuseppe eravamo tornati a casa in silenzio e solo una volta in cucina, era avvenuta la lite fra i due fratelli basata principalmente sull’orgoglio ferito del maggiore che si era sentito inferiore ad un ragazzo qualsiasi. Potevo capire che il fatto che Marco preferisse un estraneo gli desse fastidio, ma urlare come un pazzo e smontare mezza casa, non pensavo fosse la cosa migliore del mondo, ma comunque me ne ero restata in disparte con i due piccoli. Fortunatamente la vicenda si era conclusa con un abbraccio di gruppo e un bacio della buona notte.
Silenziosamente mi stiracchiai osservando la figura minuta che dormiva all'altra estremità del letto. Sorrisi ai capelli castani chiaro e senza fare il minimo rumore mi rizzai a sedere prendendo il cellulare che come immaginavo conteneva parecchi messaggi della madre dei quattro fratelli.
Gli lessi velocemente con un sorrisetto divertito sulle labbra, la fantomatica sera, appunto, la donna dopo non essersi assolutamente curata della lite che avveniva in casa sua, mi aveva bloccata in un angolo pronunciando le parole più toccanti e difficili da sentire nella mia vita:“mio figlio vuole più bene a te che a me”. Ora, una madre può pensare quello che vuole, ma arrivare a spiattellarlo in faccia alla fidanzata del figlio maggiore, come fosse la cosa più naturale del mondo non mi sembrava giusto. Fatto sta che il discorso a seguire era stato una sorta di papiro su quanto Marco tenesse a me e su quanto fosse cresciuto senza regole. Morale della storia mi chiedeva di tenerlo d’occhio dato che lei doveva lavorare e di aiutarlo a fare i compiti se no quell’anno sarebbe stato bocciato. A dire il vero, mentre mi diceva tutto ciò, io continuavo a ripetermi la frase che era uscita pochi minuti prima dalla sua bocca nella mia testa
Non sapevo perché ma mi aveva ferito. Sapevo che avrei dovuto esserne felice, ma ciò andava a compromettere, almeno secondo me, la felicità di un bambino.
Sospirando chiusi gli occhi sprofondando nei ricordi della mattina seguente alla richiesta dello studio, dove alle dieci del mattino mi trovavo nella cucina di casa loro pronta per affrontare il mio compito. Aiutare Marco a fare i compiti non sembrava un problema, ero abituata a fare ripetizioni ai bambini delle elementari anche a casa, motivo per cui mi ero preparata con il mio astuccio pieno di colori a coinvolgerlo nel suo compito. Indaffarata avevo lasciato Leonardo dormire, dopo averlo osservato per parecchi minuti poggiata sullo stipite della porta. Nonostante fosse estate dormiva sotto il piumone a pancia in su, una semplice maglia gialla a maniche corte ed un paio di mutande erano tutto il suo pigiama. I capelli biondi gli ricadevano sul viso, volto verso la finestra, le braccia sotto la testa e un’espressione da angioletto. Svegliarlo sarebbe stato veramente cattivo e poi, al contrario di quello che pensavo inizialmente, far fare gli esercizi a Marco non era assolutamente una cosa semplice dato che non sapeva fare quasi niente e se Leo fosse stato sveglio, i suoi baci e il suo cercare attenzioni mi avrebbero distratta. Nonostante questo però, all’una pensai fosse arrivato il momento di farlo alzare e così, dopo aver corretto l’ennesima operazione sbagliata, mandai il piccolo in camera. A dire il vero avrei potuto andare anche io a svegliarlo, ma ero imbarazzata e così avevo lasciato perdere godendomi la scena del moretto che saltava sul letto del maggiore. Con mia immensa sorpresa però Leonardo, invece di ridere e fargli il solletico, appena ebbe aperto gli occhi, gli lanciò un’occhiataccia sibilando le seguenti parole: "Vai a farmi la colazione" per poi alzarsi e senza neanche salutarmi, dirigersi in bagno.
Sbigottita e triste ero tornata in cucina per osservare Marco super concentrato nel preparare un cappuccino ne troppo caldo ne troppo freddo. Si capiva che non era la prima volta che gi toccava fare ciò, la destrezza con cui riempiva la tazza e con cui tirava fuori gli ingredienti dalle mensole era perfetta. Per come la pensavo io però, sarebbe stato Leo a dover fare la colazione al bambino e non viceversa. Non avevo avuto neanche il tempo di finire la mia ipotesi che il mio caro fidanzato mi aveva baciata a stampo per poi mettersi l’ultimo biscotto in bocca ed uscire di casa.
Devo ammettere che con quel gesto mi aveva proprio fatto arrabbiare, l’indifferenza con cui mi aveva trattata e il ringraziamento nullo nei confronti di Marco erano stati la goccia che aveva fatto traboccare il vaso ed infatti mi ero girata verso il piccolo domandandogli se magari il mio caro fidanzato era arrabbiato o chi sa cosa, ma la risposta che ricevetti mi lasciò parecchio basita: Guarda che io faccio sempre così anche quando c'è scuola. La mamma si sveglia alle cinque del mattino per andare a lavorare, io mi alzo alle sette, sveglio Leo e gli faccio la colazione portandogliela a letto così lui ha tempo di stiracchiarsi per bene, poi lui se ne va ed io resto a casa da solo con Fabio e Filippo. Alle otto e trenta arriva il pulmino della mia scuola, se voglio vado, se non voglio, non vado. Le volte che lo prendo torno a casa per l’una e mezza e ad aspettarmi ci dovrebbe essere Leonardo, ma lui non arriva mai perché si ferma fuori con i suoi amici. Normalmente torna verso le cinque tutto sudato e mezzo strano, quando è così sia io che Filippo abbiamo imparato che è meglio lasciarlo in pace motivo per cui, quando mi chiede se ho mangiato gli rispondo di si e così lui dorme, ed esce di nuovo lasciandomi solo con i due piccoli e quando la mamma mi chiede che cosa mi ha fatto da mangiare, mi invento le cose più strane perché se no le prendo".
A bocca aperta avevo guardato il moretto che si sbocconcellava un biscotto come se niente fosse. Prima i tutto mi chiedevo chi diavolo restasse a casa con Fabio e Filippo se lui non c’era, ma soprattutto la domanda che più mi balenava nella mente era: se Leonardo doveva preparargli pranzo e cena ed invece non lo faceva, il piccoletto cosa diavolo mangiava!? E quando glie lo chiesi, la risposta arrivò serena come se niente fosse, mangiava merendine tutto il giorno.
In quel momento avevo iniziato a rendermi veramente conto della schifo di famiglia in cui viveva. Padre assente, madre pure o almeno senza potere sui figli, fratello maggiore drogato, e i tre piccoli senza controllo da parte di nessun adulto. Probabilmente se non ci fossi stata così immischiata, avrei chiamato i servizi sociali, ma sapevo di non poterlo fare e così avevo fatto l’unica  cosa in mio potere: invitarlo a stare da me in albergo.
 
***
 
Senza ombra di dubbio, quelli erano stati giorni abbastanza movimentata dove la madre si era opposta più volte di lasciarlo da me per il semplice motivo che non aveva più il babysitter per Fabio e Filippo.
Marco però, dopo pianti interminabili, era riuscito ad averla vinta e ora, per la mia felicità, dormiva abbracciato alla mia maglia.
Da un paio di giorni avevo addirittura notato che parlava nel sonno sussurrando più o meno sempre le stesse frasi del tipo : "No, no, basta, basta" o cose del genere, lasciandomi abbastanza intimorita dato che dalla faccia che faceva si capiva che erano incubi quelli che gli passavano per la testa.
«Ciao amore!» Mi salutò Leonardo cogliendomi di sorpresa entrando dalla finestra semiaperta.
«Hey, cosa sei Tarzan?»
«Non avevo voglia di passare per la finestra, comunque hai voglia di fare colazione? Mara e Lorenzo ci stanno già aspettando».
Incerta mi girai verso Marco ancora immerso nel mondo nei sogni.
«E lui scusa?»
«Scrivigli un biglietto tanto non è che ci mettiamo una vita».
Annuii poco convinta e dopo aver eseguito i suoi ordini lo seguii verso la sala colazione riempiendomi il piatto con affettati di ogni tipo. Adoravo il salato, fosse stato per me dalla faccia della terra si sarebbe potuto abolire la maggior parte dei piatti dolci, ma sapevo che la maggior parte della popolazione umana mi avrebbe ucciso così mi accontentai di afferrare l’ultima fetta di pizza e di recarmi al nostro tavolo dove gli altri due ci aspettavano intenti a baciarsi.
Quando però Mara mi vide, mi corse subito in contro per abbracciarmi, da quando era tornata con Lorenzo sembrava più tranquilla e serena.
«Ciao Alessia, come va?»
«Tutto bene te?»
«Mmm... bene dai! In questi giorni non ho mai lasciato Lore da solo. Il tuo consiglio mi è servito, tenerlo al guinzaglio senza che se ne accorga, ma non abbandonarlo nel momento del bisogno, soprattutto se lo amo».
Sorrisi, sembrava passata un'eternità da quando avevamo beccato i due ragazzi sulla spiaggia, negli ultimi giorni sembravano talmente bravi e carini che me ne ero quasi dimenticata. Come se non bastasse pure la mia salvatrice misteriosa non si era più fatta sentire, anche se dovevo ammettere che dopo tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni, una bella chiacchieratina con lei me la sarei fatta, soprattutto perché sembrava conoscere più cose lei su Leonardo e la sua famiglia di qualsiasi altra persona.
Ma nonostante questo, finalmente mi sentivo libera e soprattutto rilassata, pronta per godermi una bella vacanza fra mare ed ombrelloni colorati. E’ vero, Leonardo ne combinava sempre di tutti i colori a partire dalla colazione che faceva preparare a Marco, ma alla fine si era scusato e a me andava bene così.
«Avete voglia di andare in centro a mangiare pesce fritto?» Domandò all'improvviso il mio caro fidanzato, mentre tutti e tre rispondevamo si.
Sembrava una bella idea e comunque io amavo il pesce fritto quindi non sarei mai stata in grado di dissuadere la proposta.
 
***
 
Quando le campane del paese vicino si misero a suonare, mi resi conto che si erano già fatte le undici, non mi ero neanche accorta di aver passato così tanto tempo nella Hole dell'albergo, spaparanzata comodamente fra le braccia di Leonardo intenta a parlare del più e del meno con i miei amici. Mi piaceva stare con loro, come già appurato l’estate precedente, il tempo in loro compagnia volava, ma io avevo la responsabilità di Marco e così mi alzai e mi diressi verso la camera da letto, sperando ardentemente che non si fosse svegliato. Sfortunatamente però quando aprii la porta,restai a bocca aperta. Il moretto mi guardava con occhi sgranati, mentre fra le labbra reggeva una sigaretta quasi finita.
«Marco si può sapere che stai facendo?»
«Io... N... niente ... »
«Quella non è niente, spegnila subito» sibilai incazzata.
«Ma... »
«Marco» urlai prima di dirigermi verso di lui e prenderlo per un braccio.
Ero davvero furiosa.
Il bambino era rannicchiato sul letto e mi osservava senza osare proferir parola. Fortunatamente Leonardo non era ancora venuto a chiamarmi se no gli avrei fatto una bella scenata soprattutto ora che nella mia testa frullava l'idea che la colpa di tutto fosse sua. Ero fuori di me, non avevo mai visto un bambino di otto anni fumare e mai avrei immaginato di vederne uno nella mia vita. Sapevo che le generazioni si stavano velocizzando, ma girare con i pacchetti di sigarette in terza elementare lo trovavo eccessivo.
«Si può sapere cosa pensavi di fare?» Domandai cercando di mantenere il controllo.
«Io… Io lo faccio sempre.. » rispose incerto abbassando gli occhi.
«Lo fai sempre?» Urlai in cagnesco «Cosa diavolo significa che lo fai sempre?»
«Che lo faccio quando ho voglia e nessuno mi vede... »
Annuii avvicinandomi a quella figura così terrorizzata.
«La mamma lo sa?»
«No... »
«E chi lo sa?»
«Penso che Leo mi abbia visto una volta, ma non dirglielo ti prego» farfugliò il bambino scoppiando a piangere mentre io lo guardavo triste. Da una parte avrei voluto coccolarlo, ma dall’altra sapevo che dovevo sgridarlo.
«Nessuno ti ha mai detto che fumare fa male?»
«Si, ma anche Leo lo fa».
«Questo lo so, però lui è già grande, mentre tu sei piccolino capisci?»
«Perchè fa male?» Domandò osservando il mozzicone poggiato sul comodino.
«Vedi Marco, fumare è una di quelle cose come andare a lavorare che fanno solo i grandi. Se fumi rischi di stare male fra un po' di tempo e direi che non è una bella cosa giusto?»
«Giusto... »
«Quello che sto cercando di dirti è che c'è un'età per tutto anche se certe cose sarebbe meglio non farle mai».
«Si ma a ma piace fumare».
«Preferisci smettere di fare una cosa che ti piace o andare in ospedale fra qualche anno?»
«Smettere... » sussurrò mentre io lo abbracciavo da dietro.
Sapevo di aver esagerato, una persona su dieci che fuma sta male, e a dire il vero se ci pensavo bene solo pochi miei amici non avevano quel vizio, ma Marco essendo piccolo doveva smettere ed ero fin troppo soddisfatta della mia idea, motivo per cui lo feci vestire ed insieme, come se niente fosse ci incamminammo verso la Hole.
 
***
 
Con una granita in mano osservavo il porto, mentre Leo mi baciava la guancia tutta accaldata. Dovevo ammettere che faceva veramente caldo, ma la bella giornata appena trascorsa si stava rivelando magnifica. Tutti e cinque assieme infatti, osservavamo il bellissimo paesaggio che ci si parava davanti. Il mare con i suoi riflessi, i gabbiani che ci volavano sopra e i pescherecci che tornavano a casa.
Marco era super contento di essere venuto con noi e continuava a non volersi staccare un attimo dal fratello maggiore.
Quella vista mi piaceva, tutti stavamo bene ed il pranzo era stato davvero ottimo. Ero ancora intenta ad osservare il panorama quando una voce mi distrasse.
«Scusate se disturbo.. » disse un ragazzino sui tredici anni parandosi alle nostre spalle. Era vestito di tutto punto, una sciarpa leggera legata al collo ed i capelli spettinati e tinti.
«Possiamo fare qualcosa?»
«Hem.. si.. insomma... Leonardo, questa sera c'è una festa e chiedono se puoi portare un po' di roba .. » sussurrò mentre la rabbia si impadroniva di me.
 
CIAOO
COSA NE PENSATE DEL CAPITOLO?
UN PO TROPPO RIFLESSIVO?
FATEMI SAPERE UN BACIO CIAOOO <3
 
 

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


CIAO A TUTTI
LO SCORSO CAPITOLO VI HO LASCIATO NEL BEL MEZZO DELLA SITUAZIONE ;)
VEDIAMO SE RIESCO A FARMI PERDONARE <3

PS: COSA NE PENSATE DELLA NUOVA COPERTINA DELLA STORIA?

(L’HO AGGIUNTA ANCHE AI VECCHI CAPITOLI) COSI’ POTETE FARVI UN IDEA ANCHE DI MARCO, IN ALTO A SINISTRA E DI FABIO E FILIPPO IN BASSO A DESTRA :D
BUONA LETTURA!



CAPITOLO QUATTORDICI
 
«Alessia cazzo fermati» urlò Leonardo per l'ennesima volta, mentre a mano di Marco e seguita a rotta di collo dalla mia migliore amica, correvo a per di fiato in direzione di un autobus qualsiasi per tornare in albergo.
La domanda del ragazzino mi aveva fatto aprire per bene gli occhi facendomi pensare, o meglio tornare alla mente, il fatto che Leonardo si drogasse ma che soprattutto spacciasse.
Tutta quella situazione mi faceva paura e anche se in quel momento non avevo nessuna intenzione di darlo a vedere, ci stavo male. Conoscevo tanti ragazzi che si facevano le canne, e quello potevo anche sopportarlo, ma la sola idea che coltivasse piantine in casa o chi sa cosa, non riuscivo a digerirla.
«Alessia» urlò nuovamente, cercando di raggiungerci senza troppi risultati, dato che la mia fuga era stata talmente improvvisa da lasciarlo incerto per parecchi secondi. Decisi di fregarmene e finalmente salii sul pullman sotto lo sguardo esterrefatto di Marco che mi scrutava senza capire il motivo di tutto quel casino. Sorrisi nella sua direzione e senza dire niente, l'abbracciai forte. Quel bambino ne doveva affrontare ogni giorno una di nuova e non era giusto. Alla sua età, avrebbe dovuto continuare a giocare con i pupazzetti e con le macchinine ed invece, si doveva prendere cura di due fratelli più piccoli ed assecondare in tutto e per tutto il maggiore. Non lo trovavo assolutamente giusto, era nato in una famiglia di merda, lui come i suoi due fratellini.
«Ale ma perchè siamo scappati?»
«Perchè Leo si è comportato male…» risposi incerta, mentre il moretto annuiva con fare solenne.
 
***
 
Chiusa nel bagno della mia stanza d’albergo mi spazzolai nuovamente i capelli biondi, intenta a ragionare sui pensieri degli ultimi minuti
«Mara» sussurrai poco dopo, mentre la mia amica faceva capolino dalla porta comodamente imprigionata nel suo pigiama con gli orsacchiotti.
«Si?»
«Voglio andare a quella festa...» per qualche secondo nessuna delle due parlò, lei probabilmente intenta a capire il senso delle mie parole ed io attenta alla sua reazione.
«Scherzi?» Chiese poco dopo mentre io scuotevo la testa.
«Voglio andare alla festa, voglio vedere fino a che punto è capace di spingersi Leonardo» dissi convinta delle mie parole. Era tutto il pomeriggio che ci pensavo. Se Leo si fosse fatto solo qualche canna, probabilmente avrei anche potuto passarci sopra intimandolo a smettere di spacciare se non altro.
«Ci saranno drogati, birra, alcol e chi sa cosa…»
«Ci sarà di tutto lo so, ma voglio andarci, che tu mi accompagni o meno».
«Non provare a farmi venire i sensi di colpa» grugnì con un mezzo sorriso in volto, mentre io le facevo una linguaccia. Sapevo che non mi avrebbe mai abbandonata e così decisi di prenderla in giro.
«I sensi di colpa?»
«Ma ti pare che ti lascio andare da sola ad una festa del genere?» Domandò con una voce isterica, mentre io annuivo aprendo la porta dell'armadio. Non ero mai stata un tipo da feste, ma a quella, ci dovevo assolutamente andare. Nel senso che volevo assolutamente vedere fino a che punto si sapeva sporgere il mio RAGAZZO\EX ragazzo dato che non avevo ancora deciso se mollarlo o meno.
Sbuffai e mi diressi verso l’armadio venendo interrotta dal bussare ininterrotto di Marco che fino a quel momento se ne era stato in terrazza a giocare con L’ipad. Fortunatamente dopo essere scappati dal centro in autobus, Leonardo mi aveva chiamata una ventina di volte, ma io l’avevo liquidato dicendogli che ero arrabbiata e che avevo bisogno di qualche ora per farmi sbollire la rabbia, motivo per cui, ci saremo visti il giorno seguente. Nonostante lui non fosse veramente a conoscenza del motivo della mia arrabbiatura, confidavo che un’ipotesi se la fosse fatta e così, dopo averlo liquidato per bene avevo mandato il bambino a giocare.
«Cosa fai?» Mi domandò una volta essersi seduto a gambe incrociate sul letto.
«Io cerco un vestito e tu signorino?»
«Io ti aiuto».
«Io penso che dovresti andare a letto, sono già le dieci di sera» dissi indicando l’orologio alla sua sinistra.
«Non ho sonno, lasciami ancora dieci minuti poi vado te lo prometto» esclamò con occhi imploranti, mentre io scuotevo la testa mormorando una specie di "Ma si dai, fai come vuoi"
Ero talmente emozionata per la serata che non avevo neanche voglia di discutere e poi, nonostante poi dormisse fino alle undici di mattina, si vedeva che il piccolo non era stanco motivo per cui, mi feci aiutare a scegliere il vestito optando per un pezzo di stoffa bianco e blu senza spalline che mi ricadeva attillato fino al busto e poi un tantino più largo giù. Finita la scelta, lo aiutai a mettersi il pigiama e poi lo misi sotto le coperte informandolo che avrei mandato un cameriere a vedere come stava e soprattutto se dormiva ogni ora. Se alla sua età i miei genitori mi avessero lasciato in una camera d’albergo di notte, probabilmente sarei morta di paura, ma Marco era diverso da tutti gli altri bambini e nonostante un po’ mi dispiacesse, continuavo dentro di me a ripetermi che lo lasciavo solo per una buona causa. Sorridente gli baciai la nuca rendendomi conto che si era addormentato, mentre Mara mi osservava rapita.
«Saresti un'ottima mamma sai?» Mormorò una volta che fummo uscite dal villaggio vacanza, mentre le luci dei lampioni miste a quelle delle stelle ci mostravano la strada.
 «Dici?»
«Decisamente. Ho visto come tratti Marco, ti ci vorrebbe un fratellino».
Annuii.
Quello era sempre stato il mio sogno, ma ora che ero cresciuta, mi rendevo conto che non si sarebbe mai avverato. Per anni avevo scritto sulla letterina a Babbo Natale di desiderare un nuovo membro della famiglia, ma mai tutto ciò si era avverato e così, col passare degli anni, avevo imparato a giocare con i fratelli minori dei miei amici, ma mai avrei pensato di affezionarmi tanto ad uno di loro come stava succedendo con Marco. Una volta concluso quel discorso, nel silenzio più totale, ci inoltrammo nel buio della notte in direzione di una villa sul mare posta alla fine di una strada poco illuminata, Mara nel suo vestito rosso ed io nel mio blu, costituito solo ed esclusivamente da paiett.
 
***
 
«E sta attenta» mi urlò in faccia un ragazzo rovesciandomi metà bicchiere di mirra addosso, mentre io, dal canto mio mi appiccicavo sempre più al muro. Era circa mezzora che ci trovavamo alla festa e dal momento esatto in cui eravamo arrivate mi ero sentita fuori posto. Tutte le ragazze li dentro indossavano sandali con un tacco altissimo, cosa che mi ero rifiutata di mettere optando per una semplice e comoda ciabatta da mare, il trucco eccessivo sui loro visi che si scioglieva per via del caldo e dell’alcol e i vestiti troppo piccoli e attillati per essere identificati come abiti erano presenti ovunque. Birre e cocktail erano stati bevuti e poi abbandonati in giro per la casa e così, per cercare di mischiarmi alla massa, o almeno fingere di esserci dentro, ne presi uno mezza vuoto passandone un'altro a Mara che mi lanciò un'occhiataccia, mentre io le facevo un mezzo sorriso e cercavo Leonardo o uno qualsiasi dei suoi amici per tutto il salotto.
A pensarci bene, per quanto ne sapevo io, gli spacciatori si trovavano sempre ai piani superiori così, con fin troppa paura dopo aver chiesto alla mia amica di controllare il giardino e il piano terra, mi incamminai su per le scale. Sentivo gli occhi dei ragazzi troppo sbronzi per dire qualcosa fissi su di me e questo mi dava fastidio. Decisi di far finta di niente e continuai la mia salita mentre un tipo grande e grosso faceva qualche fischio in direzione delle mie gambe che a quanto pare gli erano piaciute più del previsto, cosa che mi fece diventare rossa come un peperone. Ancora imbarazzata oltrepassai un gruppo di ragazzi intenti a fumarsi qualche canna, scavalcai una ragazza distesa per terra che per qualche secondo pensai fosse morta e finalmente, spalancando la quarta porta del corridoio, trovai Leonardo completamente ubriaco e mezzo fatto sdraiato su un letto intento a baciarsi una ragazza sicuramente più grande di lui.
Incazzata come poche volte nella mia vita mi ci avvicinai tirando per i capelli l'intrusa che tutto d'un tratto si girò a guardarmi.
«Chi cazzo sei?» Domandò afferrando il mio polso, mentre al buoi della stanza intravedevo una fede poco visibile.
«Chi cazzo sei tu?» Urlai in risposta, liberandomi dalla sua stretta, mentre lei si alzava da Leonardo per pararsi davanti a me. Subito mi resi conto che era quasi venti centimetri più alta di me, una massa di capelli ricci e neri e un chilo di rossetto rosso sulle labbra, quella doveva avere almeno vent’anni.
«Sono la padrona di casa e io non ti ho invitato».
«Non me ne frega un emerito cazzo se mi hai invitato o no, quello è il mio ragazzo e tu sembravi un polipo in calore» sibilai a denti stretti.
Per qualche secondo la tipa davanti a me assunse un'espressione strana, poi scoppiò a ridere sotto la mia faccia esterrefatta.
«Hahahha questa è bella, hahahha Leonardo sarebbe ahahhaha il tuo ragazzo hahahahha si si, certo come no hahahah, magari te lo sei fatto una volta e poi lui ti ha lasciata li,sei proprio pazza hahah».
Incredula guardai quella ragazza incapace di dire qualcosa, mentre Leonardo ancora disteso comodamente sul letto con gli occhi rossi e le pupille fin troppo dilatate, probabilmente per colpa delle troppe sostanze assunte quella sera, ci degnava della sua presenza o più precisamente della sua voce.
«Vanessa, lei è davvero la mia ragazza» biasciò con la testa poggiata sul cuscino e una mano sulla fronte. Non era decisamente preso bene, ma era comunque bellissimo.
«La.. la tua ragazza?» Mormorò incredula mentre io le sfoderavo il mio sorriso migliore.
«Si troia,  lui è il mio ragazzo e ora vedi di sparire».
«Come mi hai chiamata?»
«Troia, c'è qualche problema?» Chiesi, mentre lei per tutta risposta si scagliava sui miei capelli cominciando a tirarmeli talmente forte da farmi urlare.
Era decisamente una situazione assurda.
Mi sembrava di essere dentro quei film americani che adoravo guardare in compagnia di Mara: la ragazza sfigata che si innamora del quarterback, lui  che ne combina una delle sue e lei che per riprenderselo deve affrontare le cose più assurde, si, quella era proprio la mia vita.
Stavo ancora pensando a ciò quando sentii il male sparire e mi trovai ad osservare un ragazzo sui diciotto anni decisamente alto per la sua età, che teneva fra le braccia la così detta padrona di casa.
«Vanessa, Vanessa calmati» gridò, cercando di calmarla, mentre lei imperterrita continuava ad urlare frasi poco carine nei miei confronti.
«Hem... » mormorò il ragazzo guardandomi dall'alto in basso «scusa mia sorella ma sai, mia mamma vuole che quando faccio feste ci sia un'adulta responsabile in casa e quindi mi tocca sorbirmela».
«Bella seccatura ... » sussurrai più a me stessa che a lui facendolo scoppiare a ridere. Non era male, in testa aveva una massa di capelli neri e ricci, due occhi verdi e un sorriso grande e rassicurante per non parlare poi del fisico da gara che si scorgeva sotto la maglietta attillata. Scossi la testa a quel pensiero e tornai a concentrarmi sulle sue parole.
«Già.. comunque tu sei?»
«Ah si giusto, io sono Alessia la sua ragazza...» dissi indicando Leo che stava vaneggiando alla grande avendo una conversazione animata col letto sulla differenza tra elfi e fatine.
«Scherzi vero?»
«No…»
«Beh, non sono l’unico ad avere una bella seccatura allora, fra Leonardo e mia sorella c’è una bella guerra».
«Cosa intendi?» dissi ridendo.
«Dico solo che ti conviene tenerlo al guinzaglio. Non per farmi gli affari tuoi, ma questa sera l'ho visto con circa sei o sette ragazze diverse».
«Sei o sette?»
«Si, mi dispiace, ma dimmi un po', come mai una così bella ragazza sta con un esemplare del genere?»
«Hai presente quella parolina chiamata amore?»
«Mmm si, credo di averne sentito parlare, comunque stai attenta. Non è un bravo ragazzo».
«So che non ha una bella reputazione ma... »
«Niente ma, fidati di me. Comunque adesso vado a portare di la mia sorella ciao Alessia».
«Hem ciao…»
«Riccardo» urlò prima di sparire nel corridoio, mentre io mi giravo a guardare Leonardo.
La vista che avevo davanti non era delle migliori. Leo era completamente distrutto e ne avevo avuto conferma quando i suoi occhi si erano impiantati sui miei. Aveva le pupilli dilatate e l'iride di un colore rosso fuoco circondati da due occhiaie pazzesche.
Rabbrividii e mi sedetti vicino a lui. Indossava una semplice camicia nera, mezza sbottonata, i pantaloni bianchi erano sporchi di birra e la collanina col dente di squalo che sempre teneva al collo era tutta impiastricciata.
«Non credevo fossi così … » mormorai incerta, mentre lui per tutta risposta mi osservava silenzioso. Ero spaventata e non sapevo cosa fare. Io ero una sfigata! Non ero mai stata ad una festa del genere e non avevo mai avuto a che fare con gente ubriaca, come avrei potuto aiutarlo se si sentiva male? Sapevo che era stupido farsi tutte quelle paranoie, sapevo che il 99 per cento dei ragazzi il sabato sera beveva, ma io avevo appena scoperto che Leo mi aveva tradita con ben sette persone diverse.
«Così come?» chiese dopo un po' passandosi una mano sui capelli sudati.
«Così stupido da rovinarti la vita».
«Io mi rovino la vita, ne sei davvero sicura?»
«Passi le tue serate a devastarti, che cosa hai preso questa sera? Erba o anche altro?»
«Nulla di che, due pasticche due o tre canne e un po’ d’alcol. Come se adesso essere drogati volesse dire rovinarsi la vita. Sai, ho capito tu come sei!» Biasciò mangiandosi metà delle parole.
«Ah si? E come sono sentiamo» ringhiai, mentre Mara faceva il suo bell'ingresso nella stanza ed assisteva silenziosamente alla conversazione.
«Sei la tipica ragazza con la testa sulle spalle, che va bene a scuola, che è educata, brava, che non combina mai guai, che non ha mai fatto niente di male».
«Senza ombra di dubbio sono una ragazza con la testa sulle spalle al contrario di te».
«Al contrario di me? Ma senti quel che dici o sei anche stupida?» Urlò in risposta, mentre io lo guardavo incerta. I suoi occhi così belli erano fissi nei miei, ma non potevo distrarmi così.
«Quel che dico è solo la verità.Tu sei il tipico ragazzo senza la testa sulle spalle, che va male a scuola, anzi non ci va proprio, maleducato, stronzo, che combina sempre guai, che si droga, che ruba, che non rispetta mai le regole, che crede che tutte le ragazze cadano ai suoi piedi, che pensa solo a divertirsi…»
«Sai una cosa, forse hai ragione. Io sono il tipico ragazzo cattivo, ma sbaglio o sei tu che hai voluto metterti con me?»
A quelle parole rabbrividii. Era talmente bello che l'unica cosa che avrei voluto in quel momento era abbracciarlo forte e baciarlo all'infinito, senza più lasciarlo andare. I muscoli delle braccia tesi, la vena del collo gonfia, i capelli biondi tutti spettinati.
«Io ti amo Leonardo» sussurrai con le lacrime agli occhi, mentre un sorriso di sgherno appariva sul suo viso.
«Wow, la pecorella che si innamora del lupo».
«Forse perchè il lupo sa farsi desiderare, ma soprattutto perchè il lupo quando vuole sa essere dolce e non comportarsi come un coglione».
«Beh allora mi sa che dovrai prendermi con entrambi i caratteri» mormorò, afferrandomi per i fianchi, mentre come se niente fosse, mi lasciavo trasportare dalle sue forti braccia fino al letto.
Non avevo nessuna intenzione di perderlo anche se era un cattivo ragazzo. Probabilmente se i miei genitori avessero saputo che razza di tipi frequentavo, mi avrebbero segregato in casa, ma l'importante era non farglielo sapere. Non volevo lasciarlo solo nel momento del bisogno, forse ero ancora in tempo per fare qualcosa.
«Non voglio stare con un drogato…» mormorai al suo orecchio.
«E cosa dovrei fare?»
«Smettere di esserlo».
«Hai mai provato?» Domandò con il tono più naturale del mondo, mentre io lo osservavo incerta.
«Ma sei stupido o cosa?»
«Non sono stupido, ti ho solo fatto una domanda».
«Ma certo che no».
«Ecco e allora non hai la più pallida idea di cosa significhi» grugnii e gli diedi una sberla, mentre lui mi prendeva per i polsi.
«Ale io ti amo…è la prima volta che lo dico e mi sento una merda per aver baciato le altre questa sera, ma quando vengo a queste feste non sono padrone delle mie azioni».
«E allora smettila di drogarti».
«Devo farlo vero?» Annuii e mi riattaccai al suo collo neanche fossi un koala.
«Me lo prometti?»
«Ci proverò… » detto questo cominciò a baciarmi mentre l’odore di alcol si impadroniva del mio naso, sotto lo sguardo accusatorio di Mara.

 
 
CIAOOO
COSA NE PENSATE DEL NUOVO CAPITOLO?
SONO SUCCESSE UN SACCO DI COSE…
FINALMENTE LEONARDO E ALESSIA HANNO PARLATO, MA ORA COSA SUCCEDERA :D
STA A VOI SCOPRIRLO!
FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE CIAOO
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


CIAOOO **
SCUSATEMI SE IL CAPITOLO E’ CORTO, MA SE AGGIUNGEVO COSE NON RIUSCIVO A DARGLI COSI’ TANTA IMPORTANZA QUINDI SPERO NON MI UCCIDIATE, VEDRETE CHE IL PROSSIMO SARA’ BELLO LUNGO!
BUONA LETTURA!
 




CAPITOLO QUINDICI
 
Stufa mi spalmai un altro po’ di  crema solare sulle spalle osservando Leonardo seduto comodamente sul suo trono da bagnino. Erano già trascorsi due giorni dalla festa, giorni in cui il mio ragazzo si era trattenuto da toccare qualsiasi sostanza. Spesso mi parlava del bisogno di avere una dose, ma seccata me ne andavo mandandolo a quel paese sotto gli occhi sbigottiti di Marco che ancora non era riuscito a capire cosa stava succedendo a me e al fratello e soprattutto perché quest’ultimo non reagisse mandandomi a quel paese. Con questo pensiero osservai l’orologio. Il bimbo sarebbe uscito solo due ore dopo dal mini-club dove ultimamente aveva iniziato a recarsi, motivo per cui avevo ancora tempo per starmene in santa pace. Avevo appena chiuso gli occhi quando una voce mi fece trasalire.
«Alessia» esclamò all'improvviso Lorenzo correndomi incontro.
«Hey» lo salutai allegramente.
«Sai dov'è Mara?» Mormorò incerto.
Scossi la testa negativamente. Quei due dopo la festa non si erano più parlati. Al contrario di me, la mia cara migliore amica, si era rifiutata di parlare ancora con il ragazzo e ora passava la maggior parte della giornata ad evitarlo.
«Sei sicura?»
«Lore, non so proprio cosa dirti. Si sta allontanando anche da me in questo periodo».
«Si, ma io come faccio? Voglio parlarci, ho bisogno di parlarci».
«Forse avresti dovuto pensarci prima di andare a letto con la prima ragazza disponibile» dissi con un mezzo sorriso. Nonostante io avessi perdonato Leo, che per la cronaca aveva fatto un orgia di gruppo, non avevo ancora digerito tutta la faccenda e potevo ben capire la rabbia della mia amica.
«Ero completamente ubriaco quella sera e se tu non avessi avuto l'idea geniale di venirci a spiare, non sarebbe successo niente».
«Se la pensi veramente così, allora forse non ti sei veramente pentito di averla tradita» e con queste parole, presi la mia borsa e mi incamminai verso la spiaggia.
Era una brutta giornata. Grandi nuvoloni si stagliavano sulla mia testa, così incerta mi sedetti sulla sabbia umida ed osservai il mare, coprendomi il più possibile con la felpa che avevo addosso, perdendomi nei miei pensieri.
Ricordavo perfettamente la prima volta che avevo visto Leonardo, più di un anno prima da quella posizione. All’epoca indossava un paio di pantaloncini verdi ed un costume rosa abbastanza visibile anche da lontano.
Subito, la sua figura mi aveva incantato e da quel giorno, avevo cercato in tutti i modi di avvicinarmi a lui.
Ancora con quel pensiero, estrassi carta e penna dalla borsa cominciando a scrivere un tema senza troppo senso basandomi sul racconto letto quella mattina sul libro di Marco :
 
“Se non fosse così vasto, così infinito.
Se non fosse così aperto, così chiuso.
Così trasparente baciato dal sole, così scuro avvolto nella coperta di buio che la luna gli butta sopra ogni sera. Con quel sapore unico, che sa di te. Non lo amerei così, non ti amerei così.
Sono qui.
Sul nostro molo.
Il mare, lontano sullo sfondo, pare baciare il cielo srotolando tappeti di onde che di tanto in tanto sputano macchie di schiuma bianca increspandosi con il vento. Le correnti sembrano pennellate di azzurro gettate a caso sulla tela da un inesperto artista con uno straordinario senso dell’insieme.
Respiro a pieni polmoni e mi lascio bagnare dall’acqua polverizzata che le onde, infrangendosi sugli scogli, mi gettano sul viso.
Seduta su questa spiaggia, lo sguardo si perde tra il blu davanti a me e il verde di ciò che sta ai confini della fotografia davanti ai miei occhi. La sabbia che un tempo è bianca e in questo tempo è grigia, umida, fresca da toccare è ferma e in movimento e ci guarda e mi guarda ed è custode gelosa dei nostri segreti, dei nostri intimi abbracci. Si lascia prendere, dal suo mare, come io vorrei lasciarmi prendere da te e lo accoglie, con la sua riva, come io vorrei accogliere te.
Ti aspetto. Ti vedo. Ti sento. Ti respiro.
Bagno le mani nell’acqua gelida per sentirti. Toccare l’acqua è come toccare te. Come se potesse fare da potente conduttore di sensi. Tocco l’acqua e il mio tocco so, sono certa, arriva fino a te.
Una volta , ricordi ?
 Dicesti che il paradiso è qui, ora. E lo dicevi guardando il mare, da questa banchina; lo dicevi guardando il mare, anche se non l’avevi davanti agli occhi. Tu il mare sei capace di guardarlo anche se ti trovi in pieno deserto. Perché il mare è parte di te. E’ parte del tuo paradiso, è oggi.
Non dopo, non chissà dove, non chissà quando.
Ora.
Ieri.
Andato.
 Fuggito.
Scappato dalle mani. Come quando cerchi di afferrare l’acqua: se non le fai una culla, con le mani, lei scappa. Non ci sta. Non sta dove non c’è cura ed attenzione per farla rimanere. Quando ti conobbi tu eri una mano abituata ad afferrare l’acqua, dolce, salata, pulita, sporca. Ciò che contava era bagnarsi le mani, non portare l’acqua alla bocca per dissertarsi. Eri una mano frettolosa, impavida, sfrontata. Non ti curavi di quanto bisogno potessi avere dell’acqua. E la facevi scappare, scivolare, fuggire. Con me sei stato culla. Ho dormito tra le tue mani calde che si sono dissetate con l’acqua che le offrivo. Con me, le tue mani, finalmente, hanno avuto un senso.
Si sta alzando il vento.
Forte.
Freddo.
Pungente.
Alzo il bavero della giacca di velluto che abbiamo comprato insieme, quella beige a doppio petto, quella che non mettevo mai, che sembrava non mi piacesse, che ti aveva fatto arrabbiare ,eccome, perché stava sempre chiusa nell’armadio. Mentre tu dicevi che sembrava fatta per me. Dicevi che assomigliavo ad una versione terrena di un marinaio con la gonna. Ora l’ho sempre su. Non è caldissima, non molto pesante ma ha il tuo odore e i tuoi pensieri addosso. E questo mi basta."



 
Una volta che ebbi finito di leggere rimasi immobile con il foglio piegato fra le mani. Amavo Leonardo questo era certo, ma cosa sarebbe successo se si fosse drogato ancora?
Come avrei reagito se l’avessi trovato ubriaco che girovagava per le vie del paese?
Cosa sarebbe successo a fine vacanza?
Più ci pensavo più domande si formavano nella mia mente. Forse avrei dovuto ascoltare Mara, forse avrei dovuto lasciar perdere tutti i problemi che si stavano accumulando sulle mie spalle, forse avrei dovuto tornare ad avere una vita normale, da vera e propria sfigata.
Non sapevo se quella sarebbe stata o meno la cosa giusta da fare, ma li, guardando il mare di una cosa mi ero convinta.
Giusto o sbagliato che fosse, io Leo non l’avrei lasciato.
 
CIAO
COSA NE PENSATE?
FINALMENTE ALESSIA, METTENDO I SUOI PENSIERI SU CARTA RIESCE A CAPIRE COSA PROVA VERAMENTE PER LEO.
VOI COSA FARESTE?
FATEVI SENTIRE
CIAOOO
 
 

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Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


CIAOOO
E COSI’ FINALMENTE E’ INIZIATA LESTATE ^^
AUGURO A TUTTI QUELLI CHE HANNO L’ESAME BUONA FORTUNA E VI LASCIO AL CAPITOLO
DOVE SALTERA’ FUORI UN NOME MOLTO IMPORTANTE PER LA NOSTRA STORIA
VEDIAMO SE SONO RIUSCITA AD INCURIOSIRVI ABBASTANZA :p
BACIOOO



 
CAPITOLO SEDICI
 
 
 
Erano le due di notte, seduta sulla poltrona della camera osservavo rapita i due fratelli dormire abbracciati, entrambi con un sorriso da angioletto stampato sul viso.  Come quella mattina a casa sua, Leonardo dormiva in mutande, i capelli castani spettinati ed il viso di Marco poggiato sul suo cuore. Sorrisi e cercando di fare il minimo rumore aprii la porta che dava sulla spiaggia uscendo con una semplice camicia da notte.
Fortunatamente il mal tempo era svanito, riportando nella piccola cittadina marittima un caldo asfissiante. Accaldata attraversai le file di ombrelloni per arrivare al mare, dove immersi i piedi per calmarmi un po’. Erano giorni che Leonardo non si faceva le canne, l'avevo tenuto d'occhio minuto dopo minuto, senza mai lasciarlo un attimo da solo e anche se a volte quel mio comportamento apprensivo e appiccicoso gli dava sui nervi, non si lamentava troppo.
Era innamorata di lui più di qualsiasi cosa al mondo e proprio per questo, non ero stata capace di lasciarlo andare. Tutti mi dicevano che sarebbe stato meglio non uscire con un drogato perchè sarei finita come lui, ma non era vero!
Io volevo solo e semplicemente allontanarlo da quel circolo vizioso in cui era entrato. Nonostante la sua dipendenza da sostanze, ero disposta a stargli vicino, momento difficile dopo momento difficile, soprattutto quando sentiva il bisogno costante di una canna o di un bicchiere di vodka.
Quando aveva voglia si arrabbiava, più volte ero rimasta impietrita davanti ad i suoi modi bruschi. Frasi terribili tutte contro di me uscivano dalla sua bocca una dietro l’altra, ma mai mi ero scoraggiata e con cautela cercavo di calmarlo con parole dolci e quando mi era possibile avvicinarmi, anche qualche bacio. Non volevo essere come Mara, anche se era la mia migliore amica, lei era scappata dal problema, aveva abbandonato Lorenzo sapendo perfettamente di esserne innamorata e questo io non lo trovavo giusto.
Da quando avevo cominciato ad esplorare il mondo dei ragazzi, mi ero accorta che i principi azzurri non esistevano, ma poi, per essere più sinceri, c'era anche da dire che ero sempre stata attratta dai cattivi ragazzi, dai BadBoy come mi piaceva chiamarli. Ancora piena di mille pensieri, mi incamminai nuovamente verso la mia camera intenzionata a dormire almeno tre o quattro ore.
 
***
 
«Ale il telefono» esclamò Marco all'improvviso, mentre io grugnivo e mi tiravo la coperta fino alla fronte.
Avevo decisamente sonno.
«Amore rispondi dai…» mugugnò anche Leonardo facendomi sbuffare.
Era la quinta volta che quel maledetto telefono squillava e tutto ciò voleva dire che c'era un'emergenza. Ancora nel mondo dei sogni, mi alzai a sedere sul letto appoggiando la testa sul cuscino, incapace di tenermi dritta per la troppa stanchezza, mentre una voce, poco conosciuta ma facile da identificare mi faceva sobbalzare.
«Ciao ti ricordi di me, sono la tua salvatrice» esclamò la ragazza facendomi irrigidire di colpo. Ero convinta che quella psicopatica fosse sparita dalla situazione ed invece era nuovamente pronta a rompere le palle.
«Che vuoi?» Domandai brusca.
«Oh niente, solo informarmi se hai lasciato Leo o no. E’ da un po' che non lo vediamo in giro e ci chiedevamo che fine avesse fatto» rispose, riferendosi probabilmente ai suoi amici, mentre io decisamente sveglia cominciavo a far salire la rabbia.
«Non ha fatto nessuna fine mia cara, è qui con me e non usa più sostanze dalla festa che si è tenuta in spiaggia qualche settimana fa».
«Oh, la festa dove io e lui ci siamo baciati?» Chiese entusiasta, lasciando trapelare l'agitazione dalla voce.
«Probabilmente si, ma sono sicura che era così fatto da non accorgersi minimamente di te».
«Dici? Io non ne sarei tanto sicura» grugnii e contai fino a dieci prima di urlarle contro tutto quello che mi passava per la testa.
«Ma chi cazzo ti credi di essere? Leonardo è il mio ragazzo e tu devi lasciare in pace me, lui e tutti i nostri amici sono stata chiara!?»
«Io ti sto solo aiutando».
«Aiutando, tu mi stai rovinando la vita».
«Io non credo, ti ho informato che stavi con un drogato, ti ho mandato un ragazzino per informarti della festa, ti ho informato sulla sua famiglia,sbaglio o non ti ho mai dato informazioni false?»
«Sarà anche vero, ma almeno spiegami perchè fai tutto questo» chiesi, mentre dalla parte opposta ella linea si creava un silenzio tombale. Forse avevo toccato il tasto giusto.
«Perchè non voglio che tu faccia la stessa fine di Jessica.. »mormorò poco dopo con una voce strana, riattaccando prima di darmi la possibilità di parlare.
Sorpresa restai per qualche secondo con la cornetta in mano.
Chi sa a cosa si riferiva, avrei tanto voluto saperlo, ma quello non mi sembrava il momento migliore per fare domande, e poi Leonardo e Marco erano talmente sereni che mi sarebbe dispiaciuto rovinare quella quiete.
Ormai sveglia tornai velocemente nel lettone accoccolandomi dolcemente al mio ragazzo che mi guardava con espressione interrogativa.
«Chi era cucciola?»
« Solo mio padre, è preoccupato perché sei più grande di me» sussurrai  sperando che se la bevesse, cosa che a quanto pare successe, perchè per tutta risposta si mise a giocherellare con i miei capelli mentre io mi riaddormentavo sopra di lui nel giro di qualche minuto.
 
***
 
«Prendimi!» Urlò Marco nel bel mezzo della piscina, facendomi una linguaccia, mentre io dopo aver salutato Mara mi buttavo a bomba nella piscina.
La fortuna di avere la migliore amica figlia del proprietario infatti era il fatto di poter usufruire di qualsiasi luogo dell'hotel non ancora accessibile al pubblico, proprio come quella piscina con idromassaggio che sarebbe stata aperta solo a metà agosto, quando il villaggio vacanza si sarebbe riempito del tutto. Risi alle facce buffe di Marco e nuotai velocemente verso il bambino che con gridolini di gioia cercava di scapparmi.
«Aiuto» urlò ridendo come un pazzo .
«Chiedi aiuto eh? Mmm, mi sa che non lo avrai, io sono lo squalo cattivo» dissi facendo un balzo per prenderlo al volo ed abbracciarlo forte, mentre lui per tutta risposta mi dava un bacio sulla guancia prima di scalciare per liberarsi.
«Vuoi andartene eh?»
«Siiii»
«Ma io come faccio, prima ti devo mangiare tutto» e con queste parole mi misi a morsicchiarlo ovunque, mentre lui sprofondava sott'acqua dal ridere.
Era la prima volta dopo la festa che lasciavo che Leo andasse in giro da solo, ma mi sembrava abbastanza giusto che tutti riprendessimo a fare la nostra vita e così avevo accettato di portare Marco in piscina.
«Ale, ma tu ami mio fratello?»
«Certo piccoletto, che razza di domande fai?» Chiesi smettendo all'improvviso di giocare.
«Così, volevo solo saperlo» e detto ciò riprese a nuotare, mentre io divertita e un po' incerta dalla domanda, lo rincorrevo. Adoravo quel bambino, più tempo passavo con lui più mi rendevo conto di quanto dolce fosse. Stavo ancora pensando a ciò quando le sue braccia mi circondarono il collo
«Vorrei tanto che fossi mia sorella» disse continuando a stringermi forte, mentre un groppo mi si formava in gola.
«Anche io lo vorrei» sussurrai con un groppo in gola prendendolo fra le braccia e spostandoli i lunghi capelli castani per poterlo osservare bene negli occhi.
«Piccoletto»
«Si?»
«Tu conosci tutte le amiche di tuo fratello?»
«Più o meno perchè?»
«Niente, solo che mi chiedevo, non è che conosci una certa Jessica?» Domandai incerta.
La chiamata che avevo ricevuto quella mattina dalla mia salvatrice, era ancora fin troppo vivida nei meandri della mia testa e questo mi dava fastidio dato che non riuscivo a divertirmi come avrei voluto.
Subito però mi resi conto di aver sbagliato. Nel momento esatto in cui avevo pronunciato quel nome, Marco era diventato muto, un’espressione terrorizzata fissa sul suo viso e il respiro affannato.
Che cosa avevo chiesto di così sbagliato?
Perché due volte che avevo sentito quel nome, due volte la gente aveva cambiato umore?
«Allora ?» Chiesi sulle spine ricevendo un’occhiata gelida.
«Perchè vuoi saperlo?»
«Mi hanno parlato di lei».
«Chi è stato?»
«Una ... una mia amica... »
«Bella cretina e comunque non credo ti debba interessare» rispose secco, mentre io lo guardavo con un sopraciglio alzato. Non ero abituata a sentirlo rispondere così. Addirittura quando mi aveva parlato di suo padre o delle cattiverie subite da Leonardo non si era mai chiuso a riccio in quel modo.
«In che senso non mi deve interessare? E’ un’amica di Leo e io sono la sua ragazza».
«Non centra niente con Leonardo! Se vuoi saperne qualcosa devi chiedere a Lorenzo, ma stai attenta, parlare di lei non è mai una buona idea non si sa mai che cosa potrebbe succedere e comunque non dire a mio fratello che te ne ho parlato, se no le prendo» detto questo nuotò in direzione del bordo, uscì dall’acqua, prese l’accappatoio e si incamminò in direzione delle nostra stanza, lasciandomi con un palmo di naso ed una domanda che mi divorava dall’interno: chi era Jessica?

 
HEY!
ALLORA COSA NE PENSATE DI QUESTO CAPITLO?
MMM
SPERO VI SIA PIACIUTO :o
ALLA PROSSIMA **
 
 
 

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Capitolo 17
*** capitolo 17 ***


CIAO A TUTTI ^^
ECCOMI QUI CON UN NUOVO CAPITOLO CHE SPERO SIA DI VOSTRO GRADIMENTO!

DOMANI PARTO PER LONDRA IN COMPAGNIA DEL MIO MIGLIORE AMICO (IL MIO RAGAZZO FRA UN PO’ MI UCCIDE) INSOMMA, OLTRE AI FATTI MIEI CHE NON SO QUANTO VI INTERESSIONO, VOLEVO DIRVI CHE PER UNA SETTIMANA NON POTRO’ AGGIORNARE
QUINDI SPERO DI LASCIARVI FELICI E CONTENTI CON QUESTO NUOVO CAPITOLO E PROMETTO CHE APPENA TORNO PUBBLICHERO’ QUELLO NUOVO!
BUONA LETTURA

 


 
CAPITOLO DICIASSETTE
 
Grugnii, mentre sul burro incidevo il nome Jessica.
Era passato esattamente un giorno da quando avevo chiesto informazioni a Marco e da qual momento, forse per via della sua risposta brusca, non ero più riuscita a togliermela dalla testa.
Le avevo provate davvero tutte, avevo cercato sui registri degli alberghi, su facebook, ma fra gli amici dei due ragazzi, non appariva nessuna persona con quel nome e più indagavo, più il mistero si infittiva, più mille dubbi si impossessavano di me. Probabilmente era una Ex di Lore
allora perchè sia la ragazza misteriosa sia Marco si erano tanto chiusi a riccio quando avevano pronunciato quel nome? Era assurdo, avevo perdonato a Leo tutto, il fatto che mi avesse tradito, il fatto che si drogasse, il fatto che avesse umiliato Marco e non mi pentivo di farlo, perché ora mi rendevo conto che beh, lo aveva fatto per i problemi con la famiglia o perché probabilmente si era appena fatto una canna, ma l’idea che Jessica centrasse qualcosa con lui mi mandava fuori di testa.
Sbuffai e tutto d'un tratto mi alzai in piedi, mentre una mano mi afferrava per i fianchi.
«Hey amore, come mai così nervosa?» Domandò Leo con un bel sorriso stampato in faccia.
«Ecco io...»
«Oh lasciamo perdere dai, ti va di venire a nuotare?»
«Non devi lavorare?»
«Il padre di Mara mi ha dato un giorno libero, da quando ha visto che vado in giro con voi è molto, ma molto più gentile».
«Dici davvero?»
«Si,vieni o no? »
«Certo» detto questo lo seguii sorridente.
Marco era al baby club come ormai d’abitudine quindi mi legai velocemente i capelli ed uscii dalla zona ristorante.
 
***
 
«Baciami» esclamò Leonardo divertito, spingendomi sempre più verso il muro della piscina.
«No»
«Dai, dai, dai!»
Risi e spostai la testa di lato facendogli la linguaccia, mentre lui per tutta risposta metteva il broncio, neanche avesse due anni. Era bellissimo vederlo con i capelli tutti bagnati e gli occhi azzurri e lucidi.
«Guarda che io Piangio!» continuò strusciando la sua testa contro il mio braccio come fosse un cagnolino.
«Piangi?»
«No. Io piangio!»
«Ah va bene, tu pianghi».
«Esattamente» detto ciò si mise a singhiozzare come un cretino sotto il mio sguardo allibito.
Dovevo ammettere che era un buon attore!
Lentamente, spostai il mio sguardo sulle sue spalle coperte da una maglietta rossa.
«Perchè non ti togli la maglia?» Chiesi aggrappandomi alle sue apelle mentre con le gambe mi avvinghiavo al suo corpo.
«Te lo dico solo se mi dai un bacio»
Sorrisi e feci come mi era stato ordinato, mentre un sorriso megagalattico appariva sulla sua faccia. Era ancora più bello quando sorrideva.
«Allora, mi dici come mai non la togli neanche in acqua?»
«Perchè ... » mormorò incerto  «Io... si.. io mi vergogno... » e con queste parole si ributtò sott'acqua lasciandomi perplessa.
Leonardo non era decisamente tipo da vergognarsi qualsiasi cosa succedesse.
Storsi il naso e mi misi all'inseguimento, riuscendo ad afferrarlo pochi secondi prima che uscisse dall’acqua.
«Ti vergogni?» Ripetei incerta, mentre lui annuiva con lo sguardo basso.
«Ma ti vergogni di che?» Ero incerta, sapevo che aveva un fisico spaziale e allora perché non voleva metterlo in mostra?
«Affari miei…»
«Beh direi di no, sono la tua ragazza, vorrei sapere cosa da tanto fastidio alla persona che amo» per qualche secondo ci fu un silenzio tombale poi finalmente, si decise a rispondere.
«Se giuri di non fare domande me la tolgo... »
«Domande ? Perché dovrei?»
«Lo vedrai… »
«Leo così mi spaventi ... » sussurrai incerta.
«Dopo ti spaventerai ancora di più».
«Ma.. »
«Me lo giuri o no?»
Annuii sorpresa, mentre lui, per tutta risposta mi dava un'ultima occhiata prima di sfilarsi l'indumento.
Pensando di trovarci chi sa che cosa, lo guardai con un po' di paura, ma non scorsi niente se non un perfetto fisico accompagnato da una tartaruga abbronzata e muscolosa.
«Ti vergogni della tartaruga? » Chiesi con un sopracigli alzato, sapendo di aver detto una gran stronzata, infatti il mio caro fidanzato mi guardò come se fossi scema prima di cominciare a ridere come un pazzo.
«No.. hahaha devi guardare hahahah la schina.. » disse girandosi quel tanto da permettermi di vedere una cicatrice che diagonalmente, partiva dalla spalla ed arrivava fino a giù.
«Come..come...come hai fatto?» Sussurrai senza riuscire a togliere gli occhi di dosso alla ferita, senza ombra di dubbio abbastanza vecchia, larga circa un pollice. Ora che ci pensavo l’avevo notata il primo giorno di vacanza, ma dopo quell’occasione non ci avevo più fatto caso dimenticandomelo pure. Eppure, ora che la vedevo da vicino mi rendevo conto che era molto più lunga e grande di quanto pensassi. Rabbrividii pensando a quanto doveva aver sofferto e con incertezza posai un dito sulla pelle bianca tracciando tutto il suo contorno.
«Io..avevi promesso di non fare domande» mormorò Leo incerto rabbrividendo al mio tocco.
«Si lo so...»
«Me lo avevi promesso, chiedimi qualsiasi altra cosa, ma non della cicatrice. Sei la prima ragazza a cui la faccio vedere e mi è già costato molto».
«Dici davvero?»
«Si quindi su, chiedimi la prima cosa che ti viene in mente e ti prometto che ti risponderò il più sinceramente possibile».
Annuii, quelle parole cadevano proprio alla perfezione. Dopo aver passato le ultime ore a spaccarmi la testa per scoprire chi era Jessica, il mio caro fidanzato se ne saltava fuori così, motivo per cui, dopo aver messo da parte i ragionamenti sull’esistenza o non esistenza del destino aprii bocca.
Volevo assolutamente conoscere la verità.
«Chi era... » sussurrai bloccandomi di colpo, mentre un’altra idea si impadroniva di me.
«Chi era chi?»
«Hem io... ecco.. volevo chiederti, chi era tuo padre?»
A quelle parole Leonardo mi guardò ad occhi sgranati riprendendosi fortunatamente subito. Sapevo di averlo sorpreso, a dire il vero, avevo sorpreso anche me stessa, ma da quando frequentavo quella famiglia ne erano saltate fuori sempre di nuove, quindi forse era stato meglio tornare sui miei passi.
«Allora, chi era?» Ripetei ricevendo un’occhiata incerta.
«Beh ecco, mio padre si chiamava Mattia».
«Bel nome».
«Al diavolo il bel nome, mi dici perché mi hai fatto questa domanda?»
«Tu non ne parli mai e a casa non l’ho mai visto quindi ero curiosa».
«Solo questo?»
Annuii tralasciando le frasi che Marco mi aveva detto qualche settimana, data la sua espressione non mi sembrava il caso di proferir parola ed infatti, una volta averlo tranquillizzato, un espressione di solievo  apparì sul suo viso.
«Se le cose stanno così, direi che non c'è altro da dire, io voglio molto bene a mio padre».
«Più che a tua madre? »
«Si, ma adesso cambiamo discorso va».
Annuii.
I misteri stavano venendo a galla uno dopo l'altro. Perché Marco odiava tanto suo padre se Leonardo lo ammirava?
Chi era dalla parte del vero e chi del falso?
E ancora una volta, chi era Jessica?
 
***
 
«Ciao Alessia» mi salutò Lorenzo, mentre senza chiedere, mi sedevo sul suo letto.
«Lore»
«Che ci fai qui?»
«Mmm, avevo bisogno di parlarti».
«Oh beh, sarei venuto io questa sera».
«Come mai?» Domanda sorpresa.
Cinque minuti prima, stavo andando in camera mia e tutto d'un colpo mi era venuta voglia di andare a parlare con il diretto interessato per capire qualcosa di più su Jessica. Alla fine Marco mi aveva detto di fare così e quindi che male c’era a provarci?
«Volevo chiederti una mano per riconquistare Mara».
«Mara?» Risposi distrattamente.
«Si, quella ragazza alta, con gli occhi castani, la tua migliore amica hai presente?» Risi e annuii.
«Che posso fare per te?»
«Mi manca un sacco, vorrei solo e semplicemente tornare ad abbracciarla fra le mie braccia».
«E pensi che questo sia possibile?»
«Io lo spero… »mormorò abbassando lo sguardo.
«Smettila di drogarti».
«E' difficile…»
«Anche Leo ci sta riuscendo e comunque Mara è molto ma molto più severa di me su questo argomento».
«Dici davvero?»
«Si Lore».
«Io non so che dire».
«Beh, intanto potresti dirmi il motivo per cui ti droghi, sarebbe un bell'inizio».
«E' difficile anche questo...»
«Centra per caso una certa Jessica?» Domandai, rendendomi conto subito dopo di aver sbagliato.
Il ragazzo infatti, da rilassato era diventato un pezzo di marmo.
Le mani strette a pugno e la respirazione irregolare accompagnate da delle goccioline di sudore che gli scendevano dalla fronte abbronzata.
«Lorenzo oddio, ti senti bene?»
«Come sai di lei?» Mormorò con le lacrime agli occhi.
«Io, io non lo so, ho solo sentito il suo nome... »
«Come sai di lei!» Urlò piangendo, mentre io lo guardavo sbigottita.
«Lorenzo calmati».
«Come cazzo sai di lei?» Urlò ancora dando un pugno al muro, mentre la sua mano si riempiva di sangue.
«Io non lo so» risposi spaventata, mentre lui continuava ad urlarmi dietro.
«Vattene, sparisci, non voglio più vederti».
Annuii correndo verso la porta e prima di potergli lanciare un'ultima occhiata mi trovai in giardino, con il cuore a mille e la mente sempre più confusa.

 
 
ECCOCI CON LA FINE DEL CAPITOLO :p
MMM AMMETTETE CHE LA CURIOSITA’ VI STA DIVORANDO :D

“CHI E’ JESSICA? PERCHE' LEONARDO DICE DI VOLER PIU' BENE A SUO PADRE CHE A SUA MADRE?” VI CHIEDERETE **
DAI ANCORA POCO E LO SCOPRIRETE :P
BACIO A PRESTO <3

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Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


ECCOMI QUI DOPO LA MIA SETTIMANA A LONDRA
ALLORAAA… PRIMA DI TUTTO MI SCUSO IMMENSAMENTE PER LA CONFUSIONE CHE VI HO CREATO CON I NOMI, MA NON SO PERCHE’, IL MIO PC SI OSTINA A NON CAMBIARE CERTE PAROLE E QUINDI IN CERTE PARTI DELLA STORIA, I SALVATAGGI NON FUNZIONANO… MOTIVO PER CUI, IL PERSONAGGIO DI LORENZO, A VOLTE DIVENTA GIOVANNI…
SPERO DI AVER CORRETTO TUTTO QUESTA VOLTA, MA SE TROVATE ALTRI ERRORI DEL GENERE, VI PREGO DITEMELO… DETTO CIO’ BUONA LETTURA
 



CAPITOLO DICIOTTO
 
Seduta a gambe incrociate sul letto matrimoniale continuavo a passarmi una mano fra i capelli ancora spaventata per ciò che era successo pochi minuti prima. La faccia di Lorenzo mi aveva terrorizzata e ora non vedevo l'ora di capirci qualcosa di più motivo per cui aspettavo impaziente che Leo tornasse in albergo. Cominciavo a pentirmi di non avergli chiesto subito della ragazza invece di soffermarmi su suo padre, ma chi avrebbe mai pensato che il solo pronunciare quel nome avrebbe causato tutti quei problemi?
Ancora incredula mi girai ad osservare Marco che stava dormendo bello tranquillo nel letto affianco al mio regalandomi un senso di tranquillità. Nonostante questo però rabbrividii ripensando a quando il giorno precedente, anche lui come Lorenzo aveva reagito in maniera strana al nome Jessica.
«Amore mi apri?» Domandò una voce maschile dalla parte opposta della porta neanche dieci minuti dopo, mentre io sobbalzavo quasi fossi stata colta a rubare.
«Si one second» mormorai sollevata che fosse arrivato, detto ciò balzai giù dal letto e una volta che il mio caro ragazzo mi fu davanti, lo abbracciai forte senza nessuna intenzione di farlo andare via.
«Hey che succede?» Chiese sorpreso, mentre io me ne fregavo delle sue parole e a piccoli passi mi incamminavo verso il letto sempre tenendogli la mano. Ero contenta di averlo vicino, mi sentivo al sicuro. C’era poco da fare, qualsiasi cosa succedesse, Leo riusciva sempre a tranquillizzarmi.
«Cucciola, mi dici che diavolo sta succedendo?»
Scossi la testa.
Stare fra le braccia di Leonardo mi faceva stare al sicuro più di qualsiasi altra cosa. Perché avrei dovuto rovinare quel momento?
«Dai, so che c'è qualcosa che non va, ormai ti conosco».
«Non voglio parlarne …» mugugnai spaventata. Cosa sarebbe successo se anche lui avesse reagito come l’amico.  Marco mi aveva detto di stare attenta a quel nome e allora perché ero così curiosa di sapere la verità?
«Oh su…»
«Ho.. ho.. ho parlato con Lorenzo… »
«Ah, e cosa vi siete detti?»
«Abbiamo parlato di Jessica». Dissi abbassando lo sguardo, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia. Poi successe tutto nel giro di cinque secondi. Sentii i muscoli di Leo contrarsi, il tuo respiro farsi irregolare, avevo paura che potesse avere la stessa reazione del suo amico, ma mi sbagliavo.
Con gli occhi spalancati mi guardava senza nessuna intenzione di parlare, le mani erano strette attorno ad un cuscino. Per qualche secondo restò così, immobile, poi guardandomi fisso negli occhi, pronunciò sette semplici parole che non capii subito.
«In che stato era quando l'hai lasciato?»
«S..spaventato, impazzito quasi... » mormorai incerta mentre Leo mi prendeva per una mano trascinandomi fuori dalla stanza.
«Muoviti, potrebbe fare qualche cazzata!» E con queste parole si mise a correre come un pazzo. Avevo paura, il vento mi scompigliava i capelli e le gambe mi facevano male, ma nonostante volessi fermarmi non avevo il coraggio di chiedere a Leo di rallentare. Sopra le nostre testa la luna splendeva piena, illuminando l’intera pineta.
Sentivo il respiro del mio ragazzo farsi irregolare, la paura crescere anche dentro di lui, mentre spaventato continuava a guardare l’orologio, senza che io ne capissi il perché.
Scossi la testa e socchiusi gli occhi. C’era qualcosa che non andava, ma sembrava che nessuno avesse intenzione di dirmi quale fosse il problema.
 
***
 
Eravamo davanti alla porta di Lorenzo da circa cinque minuti, tempo in cui il ragazzo, non aveva mai aperto la porta fregandosene apertamente dei pugni che Leo stava lanciando al suo portone.
Dovevo ammettere che come cosa era strana, normalmente Lore ci metteva neanche cinque secondi a presentarsi sull’uscio, ma quella volta sembrava proprio non avesse nessuna intenzione di onorarci della sua presenza.
«Forse non vuole parlarci...»Sussurrai dopo l’ennesimo calcio, ricevendo un'occhiataccia.
«O forse è svenuto o chi sa cosa...»
A quelle parole rabbrividii.
Cominciavo a capirci sempre meno di tutta quella faccenda, ma senza ombra di dubbio, Jessica doveva rappresentare qualcosa di importante per i due amici. Leonardo non mi aveva parlato per tutto il tragitto, e dopo la sua frase in camera, quella era la prima volta che aveva aperto bocca.
«Ale allontanati che adesso butto giù la porta!»
Disse a denti stretti, mentre io incredula annuivo quasi senza rendermene conto. Più che altro ero intenta a pensare che il mio ragazzo era fuori di testa. Potevamo tranquillamente aspettare che Lorenzo avesse voglia di parlarci, ma naturalmente per lui, la decisione più ovvia era dare ventimila spallate ad una porta di legno. Porta che secondo me, non avrebbe mai ceduto. Ero ancora convinta di ciò, quando con l’ennesima spallata, l’uscio si spalancò.
«Lore ci sei?» Chiese senza ricevere risposta.
Sbuffai, fantastico, noi gli avevamo distrutto l’entrata e magari lui era in spiaggia a farsi una passeggiata.
«Lorenzo» urlò nuovamente, prendendomi poi per mano cosa che accettai molto volentieri dato che l’appartamento era immerso nell’oscurità.
L'unica luce che si scorgeva era quella che proveniva da una porta chiusa, così con il cuore in gola, ci incamminammo verso di essa restando a bocca aperta.
Lorenzo era sdraiato a terra, la pelle tendente al blu e una scia di vomito alla sua destra.
Per un attimo pensai fosse morto, ma subito dopo mi resi conto che stava ancora respirando. Una bottiglia sconosciuta, infranta ai suoi piedi ed un odore raccapricciante che inondava la stanza.
«Che.. che.. che cos'ha?» Domandai, mentre Leo scuoteva la testa visibilmente terrorizzato, continuando a mormorare parole incomprensibili.
Ero terrorizzata, non sapevo cosa fare, avevo il terrore del male tanto che durante l’ora di scienze, svenivo in classe quando il professore spiegava, motivo per cui, trovarmi un tizio svenuto davanti era troppo per me. Sapevo che avrei dovuto aiutarlo, sapevo che avrei dovuto fare qualcosa, ma in quel momento, dovevo solo distrarmi per non svenire pure io. Senza sapere cosa fare mi guardai intorno, bottiglie di whisky erano appoggiate sul tavolo in compagnia di qualche pastiglia e qualche mozzicone, probabilmente di canna.
«Cazzo, cazzo, cazzo!» Esclamò Leo all'improvviso, correndo verso l'amico che cominciava a divincolarsi come un pazzo sul pavimento, mentre gli occhi roteavano senza sosta verso l'alto.
«Leo... » chiamai ormai piangendo. Ero terrorizzata, mi sentivo la testa leggera, ma subito mi ripresi, capendo che non potevo creare ulteriori problemi, e mi avvicinai tremando come una foglia quando intravidi una fuoriuscita di schiuma bianca dalla bocca del ragazzo.
«Leo ho paura» dissi sempre più terrorizzata.
«Ale calmati, dobbiamo aspettare che le contrazioni finiscano se no rischiamo di soffocarlo».
«Ma.. ma... »
«Credimi, so di cosa parlo. E' un overdose, ma non so quali sostanze abbia preso e ora, la cosa più importante è far si che non muoia sotto i nostri occhi!»
«Ma... »
«Ale fidati di me, ci sono già passato ed ora vieni qui!»
Annuii e feci come mi era stato ordinato con il cuore che batteva a mille.
«Ora devo ricordarmi i sintomi a seconda delle sostanze, ma mi devo concentrare, il tuo compito è dirmi se ce li ha o meno mentre li elenco».
«O..ok »
«Molto bene, da questo riusciremo a capire che sostanze ha preso».
«Perchè sei così esperto?» Chiesi continuando a piangere, mentre il mio ragazzo mi lanciava un’occhiataccia.
«Direi che non è il momento ideale per parlarne!»
«Si, giusto... » sussurrai, mentre lui si alzava, lasciando la testa del ragazzo fra le mie mani, mentre io cercavo di tenerla dritta e sollevata come gli avevo appena visto fare.
«Bene allora cominciamo, sintomi principali dell'overdose da eroina sono: la perdita di coscienza, le pupille a spillo, un colorito bluastro, la respirazione molto rallenta. Ha qualcosa di questi sintomi?»
«Si, ma le pupille non mi sembrano a spillo» urlai istericamente. Non avevo la più pallida idea di cosa volesse dire a spillo e per i miei gusti avremo dovuto chiamare un'ambulanza, ma quello non mi sembrava il momento migliore per chiederlo a Leonardo. Con i brividi che mi percorrevano tutto il corpo lo osservai camminare avanti e indietro per la stanza.
«Ok allora passiamo oltre, sintomi principali dell'overdose da cocaina sono: il tremore muscolare con possibile paralisi e la depressione delle attività respiratorie».
«Ha avuto le contrazioni fino ad un attimo fa, me l'hai detto tu!»
«Si infatti, eliminiamo anche questa! I sintomi principali dell'overdose da anfetamine sono: i tremori muscolari, la marcata confusione mentale, il delirio e le convulsioni, il collasso cardiocircolatorio».
«No, non mi sembra, lui poi è anche blu!»
«Porca puttana!» Urlò Leo nel panico più totale.
«Perchè non possiamo chiamare un’ambulanza?»
«Perchè lo porterebbero in ospedale e poi in riformatorio!»
«In riformatorio?» Chiesi accarezzando i capelli del mio amico.
«Si…»
«E allora che facciamo?»
«Prima dobbiamo capire che cosa diavolo ha preso.. Ce ne manca solo una, droghe più Alcol, prova a dirmi se è giusta».
«Ok amore… » sussurrai osservando Lorenzo che finalmente aveva smesso di contorcersi.
«Vomito, convulsioni, respirazione lenta, bassa temperatura corporea, può portare a pallore o colorazione blu della pelle, incoscienza, confusione, caduta, svenimento».
«Leonardo, le ha tutte».
«Cazzo, cazzo, cazzo» ripetè ancora lasciandosi cadere sul divano.
«Leo così mi spaventi, che succede?»
«Prendi il telefono, chiama il 118, immediatamente! Stai accanto a Lore e se si sveglia non incoraggiarlo a vomitare, perché ha i riflessi faringei indeboliti e ciò potrebbe farlo soffocare col proprio vomito» mormorò alzandosi nuovamente, per poi uscire dalla stanza.
«Dove stai andando?».
«Devo svuotare l’appartamento da tutte le sostanze che non dovrebbero essere qui».
Disse prima di sparire dalla mia vista.
Ero terrorizzata. Avevo un mio amico fra le braccia, che se avesse vomitato per chi sa quale motivo, avrebbe anche potuto morire. Il mio ragazzo conosceva a memoria i sintomi di tutte le sostanze vietate dalla legge, sapeva perfettamente cosa fare in caso di overdose e soprattutto, sapeva che Lorenzo nascondeva sostanze illegali nel suo appartamento.
Rabbrividii a quel pensiero, mentre per l’ennesima volta riflettevo sul fatto che io, non sapevo ancora chi fosse Jessica.

 
CIAOOO <3
ALLORA, COSA VE NE PARE DI LORENZO **
NON E' LA REAZIONE CHE VI ASPETTAVATE VERO? :p
DAI, ANCORA POCO POCO E SCOPRIRETE LA VERITA' SU JESSICA <3

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Capitolo 19
*** capitolo 19 ***


CIAOOO
ECCOCI ARRIVATI AD UNO DEI MIEI CAPITOLI PREFERITI ^^
CAPITOLO DOVE SI SPIEGANO TAAAANTE COSE!

DETTO CIO, COME MAI SIETE SPARITI TUTTI D:
AAAH VA BEH, ANCORA BUONA FORTUNA PER GLI ESAMI E A CHI LI HA GIA' FINITI AUGURO UNA FELICE ESTATE

VI LASCIO SUBITO ALLA LETTURA!
SPERO RECENSIRETE NUMEROSI <3
BACIOOO

 


CAPITOLO DICIANNOVE
 
Bianca come un lenzuolo me ne stavo seduta sulle scomode poltrone dell’ospedale. In compagnia di Leonardo mi trovavo li già da due ore, Lore era stato portato via d’urgenza e noi eravamo stati dimenticati. Stavo per aprire bocca, dato che ne io ne Leo l’avevamo ancora fatto, quando un dottore ci si avvicinò.
«Siete suoi parenti?» Chiese, mentre Leonardo scuoteva la testa.
«Ci sono suoi parenti?»
«No signore... Ci siamo solo noi... »
«Mi dispiace ma non posso dirvi nulla, avete i numeri dei suoi parenti?»
Deglutii, mentre Leonardo scattava all'attacco. Sapevo che era arrabbiato, da quanto eravamo li si era fumato un intero pacchetto di sigarette, aveva una mano sanguinante dopo che aveva preso a pugni un muro per la frustrazione e probabilmente gli doleva anche la spalla per aver scardinato la porta, ma essendo troppo orgoglioso, non l’avrebbe mai dato a vedere.
«Mi ascolti bene testa di cazzo, se non fosse stato per noi, ora lui sarebbe morto! Siamo gli unici amici che ha, sono stato chiaro?»
«Si ma…»
«Ma un cazzo porca puttana! Mi dica come sta il mio amico!» Urlò, mentre io cercavo di calmarlo senza troppi risultati.
Tutto sommato aveva ragione e dovette accorgersene anche il dottore perchè dopo qualche altro minuto, ci pregò di seguirlo nel suo studio. Ero agitata. Avevo visto Leonardo gettare nel water le sostanze più strane e immaginavo cosa ci avrebbe detto il dottore.
«Ragazzi, sapevate che il vostro amico faceva uso di sostanze?» Stavo per rispondere di si, quando Leonardo mi afferrò la mano e si mise in mezzo.
«No signore, per quanto ci riguarda eravamo al corrente che bevesse qualche bicchiere di birra, ma niente di più».
«Allora mi dispiace dissuadervi ragazzi. Il vostro amico ha il fegato quasi distrutto. Non sappiamo da quanto tempo si droghi, ma senza ombra di dubbio non era la prima volta».
«Ne è sicuro?» Domandò Leo incerto. Sorrisi fra me e me, era davvero bravo a mentire il che risultava utile in quell’occasione, ma mi chiesi quante volte l’avesse fatto con me.
«Al novanta nove per cento. Avrà sicuramente bisogno di andare in disintossicazione quindi già domani ci metteremo a cercare un bel centro». Annuii, quella mi sembra un ottima idea, ma neanche cinque secondi dopo quelle parole, notai il terrore negli occhi di Leonardo. Lo stesso terrore che avevo notato qualche ora prima, quando la polizia seguita dall'ambulanza era entrata nella stanza di Lorenzo informandoci che non sapevano se ce l'avrebbe fatta o no.
A quella vista rabbrividii. Se Leonardo era così spaventato ci doveva essere un motivo e così, con tutto il coraggio che avevo in quel momento aprii la bocca facendo uscire una singola sillaba.
«No».
«Come scusa?»
«Lui non andrà in nessun centro».
«Ma ragazzi, ha bisogno di cure, di assistenza».
«Non mi interessa, possiamo stare noi con lui, ventiquattro ore su ventiquattro» disse Leonardo che fortunatamente si era ripreso dal suo momento di mutismo.
«State scherzando vero?»
«No» sibilò Leo stringendomi la mano.
«E' difficile, quando avrà le crisi d'astinenza come pensate di fare?»
«Direi che prima di tutto sarebbe bene sapere che sostanze assume, se non ricordo male, i sintomi sono diversi fra cocaina ed eroina o sbaglio?» Domandò stringendomi la mano. Per qualche momento l’uomo davanti a noi restò zitto, studiando le nostre espressioni quasi volesse leggerci dentro, poi, dopo essersi grattato i capelli grigi tornò a posare il suo sguardo unicamente sul biondo alla mia destra.
«Vedo che sei informato ragazzo».
«Si. Ho parenti medici».
«Ah bene, comunque si, la crisi d'astinenza da cocaina non è così evidente come quella da Eroina che al contrario della prima, procura dolori fisici. Per questo motivo viene spesso sottovalutata. Ma a livello psicologico l'astinenza da cocaina ha strascichi lunghi mesi, che possono anche portare al suicidio».
«S.. suicidio?» Sussurrai spaventata. Perché diavolo avevo detto no al centro di disintossicazione? Che diavolo mi era saltato in testa?
«Si, per questo vi ripeto che non è facile controllare un tossico da soli. Durante l'astinenza da cocaina è assolutamente necessario farsi seguire da un esperto, ancor più quando la cocaina è associata ad altre droghe, farmaci o alcol».
«Come fa Lorenzo».
«Esattamente, sapete uno degli effetti secondari dell'astinenza da cocaina, sono i forti sensi di colpa. Pianti e confessioni si alternano, accompagnati a volte da idee suicide. Inoltre, durante le prime settimane, si è decisamente a pezzi, come so ogni cellula chiamasse a se la cocaina, in quel periodo non si è in grado di fare assolutamente nulla».
«E subito dopo c'è la ricaduta…» mormorò Leonardo talmente piano che sia io sia il medico facemmo fatica a sentirlo.
«Esattamente, sai anche cosa succede con l'eroina?» Domandò l’uomo, mentre il biondo scuoteva la testa imbarazzato.
«Non proprio, forse è meglio che ce lo spieghi lei».
«Certo. Vedete, al contrario della dipendenza da cocaina, la dipendenza da eroina è molto peggio e viene sviluppata con dosi elevate. Infatti, con la dipendenza fisica, il corpo si abitua alla sostanza e se viene interrotto bruscamente l'uso si presentano i sintomi di astinenza».
«E quali sarebbero?» Chiesi interessata. Non avevo molto chiara la differenza fra una sostanza e l'altra, ma intanto mi interessava sapere a che cosa portava prenderli anche per capire di cosa facesse uso Leonardo. Dopo gli avvenimenti delle ultime ore infatti, ero più che convinta che anche il mio caro fidanzato non si fosse dedicato solo alle canne.
«Beh, ce ne sono parecchi, agitazione, dolori molto forti ai muscoli ad alle ossa, insonnia, diarrea, vomito, brividi di freddo, pelle d'oca e tremolio alle gambe…»
«E dopo quanto avvengono?» Domandò Leo, anche lui fin troppo interessato.
«Quelli principali, raggiungono l'apice dalle 24 alle 48 ore dopo l'assunzione dell'ultima dose e si riducono dopo circa una settimana. Comunque possono persistere per alcuni mesi».
«Alla faccia, ma ditemi un po' ... » chiesi incerta «l'eroina è quella che si butta dentro con la siringa e la cocaina quella che si respira giusto?» per qualche secondo i due uomini all’interno della stanza si lanciarono un’occhiata sorpresa, poi, come se fosse la cosa più divertente del mondo, il medico si mise a ridere.
«Si esattamente e ora, se mi volete scusare, io devo andare da un'altro paziente. Pensate bene al fatto del farlo ricoverare».
A queste parole io e Leo annuimmo e ci incamminammo fuori dalla stanza.
«Ci conviene andare in albergo…»
«Dici?»
«Amore, fra un po' è già mattina e abbiamo lasciato Marco tutta la notte da solo» dissi stropicciandomi gli occhi dalla stanchezza.
«Hai ragione, comunque apri un attimo la borsa, Lorenzo ha scritto qualcosa prima di perdere i sensi, voglio capire cosa».
«E perchè dovrei aprire la borsa?»
«Beh semplice, ti ho messo dentro i fogli!».
«Ok.. Però dopo mi spieghi chi diavolo è Jessica…»
«Ok.. » e con queste parole mi fece segno di cominciare a leggere ciò che avevo fra le mani.
 
"Ancora whisky in questo bicchiere che ho svuotato già tre volte in pochi minuti.”  
 
Recitai a voce alta, immaginandomi la scena. Lorenzo che con una mano beveva e con l'altra scriveva. Ero stanca, gli occhi cominciavano a chiudersi da soli per via della stanchezza e volevo solo finire di leggere quei fogli per poter andare a dormire, così, dopo l’ennesimo sbadiglio ripresi la lettura.
 
L’alcol stasera è un amico invisibile che mi sostiene in questa casa vuota e silenziosa. Mi alzo arrivando vicino al mobile della cucina. E’ li, nel secondo cassetto che nascondo la mia roba, dentro i tovaglioli di stoffa, utilizzati solo per qualche festa natalizia. Prendo l’erba e mi rimetto a sedere. Un altro bicchiere non è male, il whisky mi riscalda il petto e mi da la sensazione di un fuoco acceso dentro. Caccio dal pacchetto delle Marlboro una sigaretta, la apro e riverso tutto il tabacco sul tavolo,lo mischio all’erba comprata nel pomeriggio da quello che è il mio pusher di fiducia. Nel rullare questa canna il mio sguardo è assente e discontinuo, l’alcol ha iniziato a fare il suo effetto. Allampo la mia fonte di sballo, e il fuoco dell’accendino mi sembra ingrandito, quasi un incendio. Aspiro e mando giù, è ottima roba, il sapore è buono e la gola pizzica, caccio fuori e osservo il fumo mentre si spande e immette il suo aroma in questa stanza.
Quando ero più piccolo odiavo queste cose. I miei amici erano tutti dei fattoni esagerati e li disprezzavo per questo. Ogni volta, il sabato sera, ero l’autista designato per questa mandria di drogati ubriaconi che non avevano neanche la forza di guidare per tornare a casa.
  • Perché non provi? Non ti farà niente un tiro - dicevano loro - No grazie sono contrario.”
 
«Sta raccontando la sua vita…» sussurra Leo stropicciandosi gli occhi con una mano.
«Dici?»
«Si, io c'ero in quel momento. Eravamo gli unici due che non toccavano nessuna sostanza».
«E poi che è successo?» Chiesi curiosa di scoprire nuove informazioni.
«Probabilmente se vai avanti a leggere lo scoprirai da sola».
Annuii e ripresi quella biografia che sembrava tanto triste quanto pericolosa.
 
" Ero deriso a volte, quando loro nel delirio mi prendevano in giro, dicendomi che non sapevo cosa mi stavo perdendo, ma io ero felice di non seguire la massa, di essere me stesso. Poi arrivò Lei.."
 
«Jessica…» sussurrò Leonardo lasciandomi a bocca aperta.
«J..Jessica, quella Jessica?»
«Si Ale, quella Jessica..»
Non ci potevo credere, stavo per scoprire la verità su quella ragazza tanto misteriosa.
Finalmente le mie domande sarebbero finire, e dopo un respiro profondo, ripresi a leggere.
 
"Poi arrivò Lei…e mi innamorai come una pera cotta. Alta, bionda, occhi azzurri. In una parola: Perfetta.
Entrò nel nostro gruppo soprattutto perché procurava tanta di quell’erba che poteva essere considerata una pusher. Una sera mi disse di provare, che non c’era niente di male, e così feci i miei primi tiri di canna.
Cinque minuti dopo ero già collassato… Ma non mi scoraggiai, ero deciso a conquistare quella ragazza e il mezzo era quella droga leggera. I sabati che seguirono andarono meglio per me,iniziai a capire lo sballo dei miei amici a vedere ciò che loro vedevano, a sentire ciò che loro sentivano. Riuscii a far convertire anche il mio migliore amico. L'unico oltre me che non aveva ancora provato nessuna sostanza.!"

 
«Amore eri tu?»
«Si .. ero io».
In silenzio gli presi la mano senza più avere il coraggio di dire niente. Stavo scoprendo tutto troppo velocemente, Jessica era stata la ex di Lorenzo, ma cosa era successo perché diventasse un tabù?
 
" Fu in quel periodo che iniziai a bere, sempre seguendo la mia comitiva. Le sere alternavo, a volte droga, a volte alcol, altre sere invece mischiavo tutte e due:ora ero io che dovevo essere riaccompagnato a casa con la macchina non avendo la forza di guidare.
All’ora ero un quattordicenne timido,che difficilmente riusciva ad approcciarsi all’altro sesso, poi però mi accorsi che con un po’ di vodka e una canna i miei freni inibitori partivano e diventavo il ragazzo più sfacciato che potesse esserci. Fu così che confessai il mio amore a Jessica, con la testa leggera e gli occhi persi nel vuoto. Era seduta sulla panchina del parco, aveva fumato e bevuto più degli altri quella sera ed io mi sono seduto accanto a lei. Iniziai a parlare della sua bellezza, di quanto mi eccitava a volte, dissi che ero pazzo di lei e che l’avrei voluta come fidanzata; per tutto il tempo tenne la testa bassa, sembrava non
ascoltarmi:
  • Ti amo - le dissi d’improvviso, non rispose, allora gridai più forte
  • Ti amo -  per paura che non avesse sentito… Si girò, mi guardo negli occhi, gonfiò le guance ed iniziò a vomitare anche l’anima ai miei piedi, io le tenni la fronte e poi svenne fra le mie braccia.
    Mi offrii io di riaccompagnarla a casa, era la scusa per rimanere soli. Ricordo ancora come aveva la testa appoggiata al finestrino mentre respirava profondamente, credevo che dormisse, ed invece sorprendendomi
    mi disse:
  • Veramente ti sei innamorato di me? - L’effetto della droga era svanito e Jessica iniziò a riprendersi. Ci fermammo ad una piazzola di sosta a parlare. Dio quanto parlammo quella sera ,riuscii finalmente a capire che non avevo bisogno di una spinta per aprirmi. Le dissi tutto e Lei meravigliosa mi osservava e sorrideva ogni qual volta mi usciva un - Sei bellissima, mi sono innamorato di te, vorrei fare l’amore - E lo facemmo, lì in macchina, su quella piazzola con solo qualche auto che passava. Se ripenso a quel momento posso definirlo il più bello della mia vita, la mia prima volta con una ragazza più grande, la ragazza dei miei sogni."
 
«Amore ma che è successo dopo?» Chiesi spaventata da quello che avrei potuto trovare andando avanti a leggere.
«Vai avanti. Non lo so neanche io precisamente».
« O…ok…» sussurrai facendomi velocemente due calcoli.
Lorenzo e Leonardo erano da poco diventati maggiorenni, ciò voleva dire che tutto ciò era successo neanche quattro anni prima. Rabbrividii pensando che io avevo solo un anno più di quando loro avevano iniziato a fumare e ripresi a leggere.
 
" Mi diedi una calmata quando mi misi insieme a Jessica, come fece lei. Ogni tanto la canna o la bevuta con gli amici ci scappava, ma non era più come prima. Mi sentivo rinato, pronto finalmente ad affrontare qualcosa di nuovo ed entusiasmante, il mio primo amore.
Ma cos’è la felicità? E’ un attimo, forse qualche giorno,e poi?

Poi accadde, quella sera non l’ho mai dimenticata, notti intere costellate da incubi che mi hanno perseguitato per anni.
Era la festa di Leonardo, uno dei miei migliori amici. Come regalo gli facemmo una torta con sorpresa. Quattordici canne collegate da un sistema di tubi che finivano in un boccaglio da cui poter aspirare.
Ci massacrammo tra alcol, fumo ed erba, e come al solito Jessica fu quella che si fece più di tutti.
Andai vicino al collasso, ma infine dovetti riprendermi a forza per accompagnare la mia fidanzata a casa.
Velocità alta, un semaforo non visto, macchina che mi prende in pieno di lato. Il mio motorino volò in aria, poi il buio. Quando mi ripresi mi trovavo a terra dolorante, ma tuttavia salvo, ero stato sbalzato lontano dal veicolo. Jessica invece era lì sotto, cercavano di tirarla fuori ma quando ci riuscirono era troppo tardi. La faccia del soccorritore che faceva quel no con la testa mi fece avere un brivido lungo la schiena, sentii in un attimo tutti i muscoli bloccarsi, poi svenni.
Al suo funerale rimasi dietro, in disparte,le scrissi solo una lettera che appoggiai su quella bara bianca. Sono riuscito a cavarmela per le conoscenze che aveva allora la mia famiglia; non si poteva venire a sapere che il figlio di un importante medico aveva procurato la morte di una ragazza perché drogato e ubriaco. Dopo qualche giorno andai da mio padre per chiedergli di cacciarmi dal giro, non mi volle ascoltare. Fu l’unica volta che chiesi qualcosa a lui, non l’avevo mai fatto, non avrei più provato…"

 

«E' stata tutta colpa mia…» sussurrò Leonardo, mentre le lacrime gli scorrevano una dietro l'altra sul viso.
«Amore, ma che diavolo stai dicendo?»
«Se non fosse stato il mio compleanno lei non sarebbe mai morta!» Urlò fra i singhiozzi, mentre io lo abbracciavo forte.
«Non è colpa tua!»
«Si invece. Sono passati più di quattro anni e ancora piango la notte, ho distrutto due vite! Quella Di Jessica e quella di Lorenzo».
«Ssh, non piangere sono sicura che lui non ti da la colpa».
«Vai avanti a leggere…» mormorò  per tutta risposta, mentre io annuivo. Non avrei mai pensato di vedere il mio ragazzo piangere, non avrei mai pensato che la ragazza che Lorenzo amava fosse morta, non avrei mai pensato, che per l’ennesima volta colei che si definiva la mia salvatrice, avesse avuto ragione un'altra volta. Jessica aveva fatto una fine orribile, e lei aveva paura che io potessi finire come lei.
 
"Anche il fumo ora inizia a dare i suoi effetti. La testa è leggerissima mentre mi alzo da questa sedia, non riesco più a percepire bene le distanze. Il battito cardiaco è lento e rilassato. Cammino verso quel cassetto, lo riapro, solo un po’ più sotto c’è la busta. Trecento euro di cocaina, la più pura che in questo periodo si possa trovare. La prendo e torno al mio posto, apro e ne riverso una porzione sul tavolo, arrotolo dieci euro in modo impeccabile e in una botta tiro su. Ultimamente mi brucia il naso quando lo faccio, deve essere infiammato. Mi guardo un attimo intorno, ho spento le luci perché il buio lo sento più mio, perché nell’oscurità posso nascondermi, perché la notte mi comprende più di quanto abbia fatto la mia stessa vita."
 
«Sono già tre sostanze che ha preso... » mormorai spaventata.
«Già... speriamo che la polizia non cominci a fare domande».
«Potrebbe?»
«Beh se fanno il collegamento con Jessica si».
«Vado avanti a leggere, non è il momento».
 
" Fu una sera, dopo parecchi mesi che Jessica non c’era più, che scesi di nuovo di casa. Andai a farmi un giro con un mio amico di nome Carlo, diceva che sapeva come fare per distrarmi, per farmi riprendere. Mi portò da una puttana, una di quelle dove andava sempre lui. Tutti lo sapevano che Carlo andava a prostitute e lui non lo nascondeva, anzi nelle sue sere sballate se ne vantava.. Non dissi di no, non ne avevo la forza e così consumai quel rapporto con le lacrime agli occhi ed il ricordo di quella notte alla piazzola.. Dopo fumammo un paio di canne insieme finche prima di riaccompagnarmi a casa cacciò una piccola busta con qualcosa dentro. All’inizio credevo fosse gesso, ma poi compresi che era cocaina. Non mi sottrassi neanche a quella, ero un burattino, ma la cosa strana fu che la sniffata mi diede un senso di sollievo più di quanto avesse fatto la scopata precedente. Da quel giorno mi venne la convinzione allora che era la coca che poteva farmi uscire da quello stato, che mi avrebbe aiutato a dimenticare. Per un anno andai avanti così, con quella polvere bianca che mi divorava, mi mangiava la carne da dentro. Persi ogni forma di appetito, ero dimagrito visibilmente, per notti intere non dormivo in quanto non ne sentivo il bisogno, non avevo più istinto sessuale.
Uno dei nostri sabato sera mi sparai una botta pesantissima, avevo le allucinazioni, ma non ero contento ,volevo di più e fu il solito Carlo a darmi quello che cercavo: Eroina.

Mi sparai l’endovena senza pensarci, non tenendo conto delle conseguenze.
All’ospedale i medici dissero che era stata un’overdose, che se fossi arrivato solo un minuto più tardi non ce l’avrei fatta. Mio padre pagò per il loro silenzio, poi quando mi dimisero mi parlò,con calma, ma con una tale freddezza che il sangue mi si raggelò nelle vene:
  • Ti mando in un centro,p ago tutto io, l’unica cosa che voglio è che quando finisci le cure fai le valigie e te ne vai di casa. Non voglio più vederti.”
 
«Il solito stronzo… » grugnì Leo mentre io annuivo
ì ìUn padre non avrebbe mai dovuto fare una cosa del genere ad un figlio
«Ma tu sapevi tutte queste cose?»
«Non tutte, continua a leggere…»
 
“Feci così, lasciai anche il liceo, lo scientifico non andava più bene per me, non prendevo una sufficienza da troppo tempo ormai. Non resistetti però, scappai dopo una settimana da quel centro di disintossicazione deciso a non metterci mai più piede. Trovai un lavoro presso una albergo e un monolocale in affitto,i miei soldi li spendevo in erba, alcol, fumo, cocaina o eroina. Non li prendevo mai insieme per paura che potesse di nuovo capitarmi un’overdose, ma mi uccidevo con quelle sostanze. Iniziai ad andare alla scoperta sempre più di nuove droghe, fu così che conobbi un piccolo amico di nome Crack. L’effetto non durava molto, massimo cinque minuti, ma su di me ebbe un peso maggiore rispetto alle altre sostanze. Andavo in crisi di astinenza quasi subito, ero diventato isterico, con una voglia sempre più grande di fumare quel veleno. Una cosa sola però la droga e l’alcol non riuscirono a togliermi, erano i miei pensieri. Anche nei momenti di poca lucidità la mia mente si perdeva nel passato, in speranze future, nel ricordo di Jessica. Niente era riuscito a farmela dimenticare. Ma un giorno,in spiaggia conobbi lei,Mara.
Per sbaglio imboccai il bagno delle signore per spararmi la mia endovena,comprata poco prima da un extracomunitario lì in giro. I suoi occhi,stupendi.
Per la prima volta guardando una ragazza non ebbi l’immagine riflessa di Jessica  
  • Sai che questo è il bagno delle ragazze ? -
  • Si - risposi io -  Ma ho visto una ragazza stupenda entrare che ti assomiglia e sono corso qui. - Come risposta le piacque e ci fermammo a mangiare qualcosa a un Mc Donald. Era la figlia del proprietario dell'albergo dove lavoravo io. Le parlai di me, dell’essere stato cacciato di casa. Mi ispirava fiducia quella sconosciuta del bagno, la prima con cui mi sono aperto dopo anni di oblio. Mi aiutò, ci vedemmo quasi ogni sera finche non ci fidanzammo, venne a stare da me. Cercai di smetterla con tutto, dare un taglio con il passato e ricominciare da Lei. In compagnia del mio migliore amico, mi chiudevo in camera e io come un bambino calciavo con i piedi a terra con la voglia repressa di quella dose.”
 
«Lei lo sapeva.. » mormorai bloccandomi di colpo.
«Che?»
«Lei sapeva che Lore aveva dei problemi e non mi ha mai detto nulla».
«Davvero?»
«Beh... da quel che dice Lorenzo nella lettera!»
«Amore calmati, vediamo di capirci qualcosa di più...»
«Si, ma io quell'idiota la uccido!»
 
“Sembravo rinato, le crisi iniziavano a scomparire e l’amore era l’unica droga di cui avevo bisogno. Solo che dopo l'estate finì e lei dovette tornarsene nella sua città natale con la promessa che l'estate dopo sarebbe tornata. Un giorno poi i miei amici vennero a prendermi sotto casa, dicevano che da quando mi ero fidanzato non avevo più tempo per loro, che li avevo abbandonati: E’ solo un’uscita.
Quella semplice uscita mi fu quasi fatale. Un mix di alcol, cocaina e eroina mi stava per portare all’altro mondo. Riuscii a nasconderlo alla mia ragazza, ma poche settimane dopo andai ad una festa in spiaggia e mi ubriacai del tutto. Quando Mara venne a saperlo, mi lasciò, disse che non poteva stare con una persona della quale aveva ora perso la totale fiducia. Ricordo perfettamente quando chiuse la porta della stanza d'albergo, con se portò il vento della speranza e mi lasciò solo con un dolore insostenibile da sopportare. Il mio rifugio fu di nuovo quello del passato, da solo non ce l’avrei fatta, mi sono drogato per andare avanti…
D’improvviso mi resi conto di non aver alcun amico vero. Erano solo i compagni delle serate da sballo, come amavano definirle loro. C’erano per la droga e l’alcol, ma non ci sono mai stati quando ho avuto veramente bisogno. Tutti tranne uno, Leonardo, ma anche lui era sotto l'effetto di sostanze e non avrebbe avuto senso chiedergli aiuto anche perchè come me, doveva affrontare la furia della fidanzata incazzata, ma almeno lui una ragazza ce l'aveva ancora.”

 
«Leonardo... » mormorai bloccandomi di colpo.
«Si? »
«Tu quanto ti droghi?» Chiesi spaventata da quello che avevo appena letto. La mia migliore amica era una stronza e me ne rendevo conto solo in quel momento.
Aveva abbandonato il suo ragazzo nel momento del bisogno ed ora, che cominciavo a sapere la verità su Leonardo ero più che convinta che abbandonarlo, sarebbe stata la scelta più stupida da fare.
Proprio per quello, quella domanda mi era sorta spontanea.
Ormai lo avevo capito, non era solo un discorso di canne, non era un discorso da prendere alla leggera: stavo con un vero drogato, un cocainomane o eroinomane e dovevo prendere una decisione seria, dovevo capire come poterlo aiutare.



 
HOLAAAAAAAA **
ALLORA, COSA NE PENSATE?
SIETE FELICI DI AVER SCOPERTO TUTTE QUESTE COSE SU JESSICA :p E SUL PASSATO DEI DUE RAGAZZI?
CREDETEMI, QUESTO E’ ANCORA NIENTE :P
FATEVI SENTIRE QUESTA VOLTA CHE SE NO MI AUTOCONVINCO CHE LA STORIA NON PIACCIA PIU D:
UN BACIONEEE <3

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Capitolo 20
*** capitolo 20 ***


CIAO A TUTTI
SPERO CHE IL NUOVO CAPITOLO VI PIACCIA!

FINALMENTE SCOPRIREMO LA FINE DELLA LETTERA DI LORENZO E SOPRATTUTTO COMINCEREMO A CAPIRE CHE RAZZA DI PERSONA E’ LEONARDO <3
BUONA LETTURA





CAPITOLO VENTI

 
Eravamo li da parecchi minuti ormai. Le mie mani sudate stringevano i fogli che aveva scritto Giovanni pochi secondi prima che cercasse di togliersi la vita.
Rabbrividii a questo pensiero e tornai ad osservare Leonardo con gli occhi lucidi, reggendo il suo sguardo completamente vuoto.
Si capiva che la mia domanda l'aveva colto di sorpresa, ma non mi interessava, volevo sapere, volevo aiutarlo.
«Che cosa prendi?» Ripetei senza ricevere risposta, mentre con il cuore in gola mi avvicinavo quel tanto da riuscire ad afferrargli un braccio e ad alzarli la manica.
Feci un respiro di sollievo quando constatai che non c'erano segni di aghi.
«Cosa stai guardando?» Sussurrò il ragazzo, mente io gli facevo un mezzo sorriso fin troppo imbarazzata. Quella situazione era complicate, non si era opposto quando gli avevo scrutato il braccio, ma uno sguardo divertito mi aveva investita.
«Niente… »
«Volevi vedere se mi buco, se mi faccio di Eroina?» Disse leccandosi le labbra.
Incerta annuii. Per qualche secondo restammo così, poi silenziosamente mi afferrò per un braccio facendomi sedere sulle sue gambe. Tremante lo guardai. I capelli biondi erano tutti sudati e appiccicati alla sua fronte, due occhiaie da record contornavano i suoi occhi e la vena del collo pulsava più del previsto
«Non sono il bravo ragazzo che credi»
«Si però non sei bucato e quindi... » cominciai con voce tremante, venendo, però, interrotta di colpo.
«Anche Lorenzo  non aveva le braccia rovinate a parte per il buco che si è fatto questa sera, eppure il medico ha detto chiaramente che aveva assunto quelle sostanze, ricordi?»
«Si, com'è possibile?» Chiesi spaventata, mentre un mezzo sorriso appariva sulle labbra del mio ragazzo. C’era qualcosa che non andava. Era troppo tranquillo, troppo sereno, ma la sua espressione ed il sorrisetto che aveva in viso, non portavano a nulla di buono.
«Credi che il padre di Mara ci avrebbe dato un lavoro se avesse visto che eravamo dei tossici, credi che ci avrebbe permesso di uscire con sua figlia?»
A quelle parole scossi la testa terrorizzata di poter scoprire altro.
«Sai Ale, è stata dura smettere di bucarci, ma l'importante per noi è continuare ad assorbire le sostanze senza cui il nostro corpo non riesce a stare. Certo, fumare l'ero non è la stessa cosa, ma è sempre meglio di niente».
«Io.. io non sapevo che si fumasse...»
«Oh si si fuma, tutte le droghe hanno diversi modi per essere assunte».
«Ma tu, tu cosa... »
«Mi stai chiedendo ancora di cosa mi faccio?»
«Si..»
«Non ti è ancora chiaro? Ti credevo più sveglia di così, ormai qualsiasi cosa arrivi io la prendo» rispose schietto schietto, mentre due lacrime non volute scendevano dai miei occhi.
«Non devi piangere amore…» disse dopo un po', abbracciandomi forte, mentre io per tutta risposta gli davo una sberla in pieno viso.
«E perchè no? La persona che amo si sta uccidendo con le proprie mani e io non posso fare niente per impedirlo».
«Mi dispiace vederti così.. »
«Ah davvero?» Urlai alzandomi dalle sue gambe mentre un vecchietto con una flebo attaccata ci passava vicino spaventato. Non sapevo cosa mi passava per la testa: odio, paura, delusione, amore, spavento. In che diavolo di guaio mi ero cacciata?
Leonardo era appena maggiorenne e io avevo compiuto sedici anni da poco e mi ritrovavo in una situazione più grande di me. Stavo per urlargli in faccia che era un cretino quando il mio caro fidanzato si decise a rispondermi.
«Si, mi dispiace deluderti».
«Beh se è davvero così allora smetti di farlo! Non come le altre volte però, devi farlo davvero».
«Ci penserò…»
«Leonardo» urlai ancora facendolo sobbalzare.
«Che cosa vuoi che ti dica, tu non hai idea di cosa significhi andare in crisi di astinenza. Già dovremo controllare Lore per i prossimi mesi e probabilmente ci arriverà pure la polizia o chi sa chi a casa per controllare come sta, vuoi che in crisi ci vada anche io così invece che sopportare gli urli, i pianti e chi sa cosa di uno, dovrai sopportare anche i miei?»
«Io non lo so, ma rispondimi a questo, se Lorenzo deve smettere di drogarsi perchè non puoi farlo anche tu?» Dissi con le lacrime agli occhi. Sapevo che probabilmente Leo aveva ragione, tenere buono Lore sarebbe stato un lavoraccio. Avevo visto una volta su un documentario che se qualcuno andava in crisi d’astinenza, poteva diventare anche violento e dubitavo che si sarebbe ripromesso di non darmi un pugno, con le lacrime agli occhi tornai a guardare Leo aspettando quella risposta che non tardò ad arrivare, risposta che mi deluse ancora di più.
«Perchè lui ha i medici e gli altri alle calcagna io no».
«Sei un'idiota».
«Che ci vuoi fare, sono fatto così!»
Scossi la testa tornando a posare lo sguardo sui fogli scritti dal mio amico.
«Dove eravamo rimasti?» Chiesi, sperando così di calmarmi almeno un po’.
«Al fatto che la tua cazzo di migliore amica è una stronza!»
Annuii prima di ricominciare a leggere.
 
“Passai giorni insostenibili, i soldi iniziarono a scarseggiare,le spese sembravano non bastare mai. Spendevo tutto in quelle cazzate, dalla semplice Marijuana fino alla cocaina e all’eroina. Sapevo però che dovevo anche mangiare, nonostante queste sostanze mi portassero la completa perdita d’appetito, ripresi a fare il bagnino e tutte quelle cose che consistevano nel mio lavoro, proprio sotto gli occhi di lei.
La rividi una sola volta, in piscina mentre nuotava pacifica. Il resto del tempo si nascondeva, evitava i posti dove sapeva di trovarmi...
Non ci volle molto che le persone che io avevo definito i miei compagni, sapendo dei miei problemi finanziari sparirono di colpo. Non potevo tornare da mio padre, sarebbe stata una sconfitta, ne volevo rientrare in quel centro, sarebbe stato come ricevere un colpo al basso ventre, come dire "Guardatemi sono un coglione drogato, pensateci voi a risolvere i miei problemi" Per qualche altro giorno le crisi d’astinenza crescevano e nessuno era più disposto a farmi credito tranne Leo. Ma il copione non cambiava. La mia solitudine era alleviata solo da quel mix micidiale che ha distrutto tutto. Ciò che mi faceva sopportare il dolore era anche un qualcosa che detestavo, mi aveva tolto ogni cosa ed io mi odiavo e mi odio perché non riesco più a farne a meno”.

 
«Perchè non sei venuto a chiedere aiuto?» Sussurrai mentre lui si stringeva fra le spalle cercando di prendermi la mano.
«Cosa avrei dovuto dirti, sono un drogato, ho bisogno di una mano per il mio amico coglione».
«Lo sai che ti avrei aiutato».
«No, non lo so, tu avresti solo detto disintossicati o qualcosa del genere!»
«E cosa vuoi che ti dica, ti vado io a comprare le dosi?»
«No, ma magari imprestarmi i soldi si!»
«Scordatelo» sibilai lanciandogli un'occhiata talmente cattiva che non aprì più bocca.
 
“Nel buio della stanza vedo luci. Verso un altro po’ di coca, tiro su senza esitazione. Aspetto l’effetto e mi rialzo prendendo l’eroina da una busta che avevo lasciato sul pavimento. Torno al tavolo, dopo aver preparato tutto stringo al braccio il laccio emostatico e mi faccio la siringa. Per due interi minuti non mi muovo, poi verso un altro bicchiere di whisky, che tracanno subito. Ho quasi finito la bottiglia. Metto un disco di Bob Marley, le note di Jammi mi entrano nella testa come un ronzio di mille zanzare. Stasera ho deciso, voglio la mia overdose definitiva, la solitudine ha vinto, non ho più la voglia di andare avanti. Stamattina sono andato a farmi un controllo per vedere se sono Sieropositivo. Se la risposta è positiva deve essere stato quel ragazzo di qualche mese fa con cui mi sono bucato. Non lo conoscevo nemmeno, ma ho usato la sua stessa siringa. Questa notizia è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, quella che mi ha portato alla mia decisione.
Mi alzo per l’ ultima volta, tremo sulle gambe mentre inizio a sentire il cuore che pian piano inizia ad accelerare. Arrivo al solito cassetto da dove caccio una pasticca di LSD, sarà quella che mi darà il colpo definitivo. Mi risiedo sulla sedia, bevo l'ultimo bicchiere seguito da una sniffata prima di prendermi quella pasticca fatale. Chiudo gli occhi, poi mando giù in un solo colpo. Ora devo solo aspettare.
In questi ultimi istanti mi viene in mente una canzone, una frase
:
…Perché un drogato è solo un malato di nostalgia...
 
 
Con gli occhi pieni di lacrime sentii la mano di Leo lasciare il mio polso. Sentii il suo respiro farsi irregolare, le nostre lacrime fondersi. Non era normale che piangesse, non mi sarei aspettata di vederlo piangere, ogni volta che succedeva era strano.
Sentivo di dover dire qualcosa, sentivo il cuore farmi male mentre martellava nel mio petto.
«Non è quello che penso vero?» Mormorai tremante senza ricevere risposta.
«Leo.. » Chiamai ancora.
«Non lo so... »
«Lui.. si lui... ha l'AIDS?»
«Potrebbe essere» disse come un autma continuando a guardare il muro azzurrino davanti a lui. Non risposi, incurante di qualsiasi rumore attorno a me.
Se Lorenzo era infetto, voleva dire che presto sarebbe morto e quello non sarei riuscita a sopportarlo. Era troppo. Nel giro di neanche un mese mi ero fidanzata, avevo praticamente adottato un bambino, una pazza psicopatica mi mandava messaggi minatori, il mio ragazzi si drogava, ero andata alla prima vera festa della mia vita e ora scoprivo che l’ex ragazzo della mia migliore amica forse stava morendo. Era davvero troppo
«Non piangere cucciola…»
«Io non ci riesco e poi sapere che anche tu... »
«Io non ho mai usato la siringa di un'altro!»
Annuii abbracciandolo ancora più forte.
Quella vacanza si stava tramutando in un incubo. Tremante mi convinsi a leggere le ultime parole di Lore. A quanto pare prima che la pastiglia avesse fatto effetto erano trascorsi parecchi minuti.
 
“E’ vero, quella canzone è vera, io dentro ho avuto sempre rimpianti. Nostalgia di una vita che non ho potuto avere ,di un amore che ho cercato e mai trovato, di una quotidianità che non c’è mai stata. Sempre a vivere allo sbando, senza più mete, senza più sogni da portare avanti, senza voler trovare qualcosa in più nella mia esistenza. Io questo qualcosa ho smesso di cercarlo da quando Jessica se n’è andata e ormai sono passati anni, ho vissuto credendo che l’unica risoluzione fosse estraniarsi dalla realtà. La droga mi ha aiutato a vivere, nonostante sia la cosa che io odio di più a questo mondo. Si dice che quando si muore si ha paura, io invece non ce l’ho, perché essa nasce dal fatto che si lascia sempre qualcosa a noi caro nel momento che ci si imbarca per l’ultimo viaggio. Io non devo lasciare niente invece a parte la solitudine. Tutto ciò che avrei avuto paura di perdere se l’è portato via Lei quando chiuse quella porta. Un tepore mi prende il corpo, i miei occhi si fanno sempre più pesanti, inizio a fare fatica a respirare. Le mie mani tremano e osservo queste braccia ormai consumate e scheletriche. Un’ultima immagine assale i miei pensieri: quel professore delle medie. Insegnava Italiano, parlava di ideali, parlava di vita e di libertà. Io lo ammiravo come fosse stato mio padre visto che un padre io non l’avevo mai avuto in realtà. Le sue parole mi segnarono dentro: Dopo il mio esame di terza fu a lui che dissi di voler fare lettere, perché volevo essere come lui, un uomo onesto, un uomo che aveva vissuto la sua vita con dignità, che si era sentito libero nelle sue scelte. Mi disse che sarebbe stata una sciocchezza il fatto che io sarei diventato un semplice professore di liceo, che nella vita potevo aspirare a ben altro, perché ero un ragazzo troppo intelligente per finire ad insegnare ad una mandria ignorante e senza voglia di studiare di alunni: Mi salta alla mente quella frase:
“Sei intelligente, hai grandi capacità, non finire come me”
Ma in fondo a cosa serve l’intelligenza se è sprecata in stupidità?

 
Rabbrividii mentre Leo si alzava e mi prendeva per mano.
«E' ora di andare a casa...»
«Ma che… »
«Ale ne abbiamo passate tante sta notte e poi c'è Marco da solo, abbiamo bisogno di riposare».
«Non ce la faccio a camminare, sono stanca morta» mormorai sperando di convincerlo a starcene li a dormicchiare, seduti sulla sedia della dala d’aspetto.
«Non ti preoccupare» fu invece la sua risposta mentre mi prendeva di peso per caricarmi in spalla, dove mi addormentai solo qualche secondo dopo
 
CIAO
ABBIAMO FINITO LA LETTERA DI LORENZO…

CHE NE PENSATE?
VI E’ PIACIUTA…
TUTTE QUESTE NOVITA VE LE ASPETTAVATE OPPURE VI HANNO SORPRESO?

FATEMI SAPERE!
UN BACIONEEE

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Capitolo 21
*** capitolo 21 ***


CIAO A TUTTI, SCUSATEMI PER L’IMMENSO RITARDO MA SONO STATA MALE E SUCCESSIVAMENTE PIENA D’IMPEGNI… NON SUCCEDERA’ PIU’ LO PROMETTO.
IN QUESTO CAPITPOLO HO CERCATO DI RIMEDIARE AGLI ERRORI CHE MI HA FATTO NOTARE 
 
Selvaggia_Aly99   SPERO  SPERO DI ESSERNE STATA ALL’ALTEZZA!
FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE!
BACIOOOO

 



CAPITOLO VENTUNO

 
Quando quella mattina o meglio, quel pomeriggio mi svegliai, Marco mi stava osservando in silenzio seduto sulla poltrona di fronte al letto. Non avevo la più pallida idea di come fossi arrivata li, ma soprattutto mi chiedevo quanto avessi dormito dato che il sole era già alto nel cielo.
«Hey piccoletto» lo salutai sbadigliando mentre il bimbo continuava ad osservarmi con i suoi occhioni.
«Vieni qui o hai intenzione di vivere sulla poltrona?» Chiesi, poi,  facendogli segno di raggiungermi sul lettone, mentre lui scuoteva la testa per niente convinto.
Sorpresa dalla risposta aprii bocca per domandare il perché, quando proprio in quel momento il telefono iniziò a suonare. Sbuffai ed alzai la cornetta restando sempre concentrata sul bambino che mi osservava in silenzio stringendosi le ginocchia al petto.
«Pronto» dissi ancora mezza addormentata.
«Ciao Alessia, sai chi sono vero?» Rabbrividii a quella voce e con tono tagliente mi affrettai a rispondere.
«Sei la mia salvatrice o almeno dici di esserlo…»
«Oh che brava, come va la vita?» Era strano, avrei voluto urlare di lasciarmi in pace, di non chiamarmi più, ma un'unica semplice frase mi uscì dalle labbra.
«So chi era Jessica...» sussurrai, mentre dall'altra parte del telefono si creava un silenzio tombale. Incerta posai i miei occhi sul viso di Marco dove una smorfia di puro terrore era appena apparsa sul suo viso, era assurdo. Avrei dovuto informarlo che non doveva più avere paura di nominare la ragazza, soprattutto adesso che tutti i misteri erano venuti a galla.
«Ci sei?» Domandai dopo qualche secondo.
«Hem si.. chi te lo ha detto?»
«Lorenzo in una lettera…» mormorai in risposta rendendomi conto solo in quel momento che tutta la situazione era strana. Com’era possibile che Lore in quello stato fosse riuscito a scrivere tanto bene? Scossi la testa concentrandomi sulle parole della mia salvatrice.
«Non ha tentato di fare pazzie vero? L’ultima volta ha scritto una lettera dove diceva che si sarebbe ubriacato, drogato e ammazzato e una volta finito ciò e messa già la penna ha messo in atto il suo piano». Rabbrividii, come diavolo faceva quella ragazza a sapere tutto prima ancora che la notizia trapelasse, come faceva a conoscere così bene il mio ragazzo ed il suo amico e soprattutto perché diavolo insisteva tanto ad allontanarmi da loro. Ora non c’erano più dubbi, finalmente capivo come mai la lettera fosse scritta tanto bene, come mai non ci fosse neanche una sbavatura, e quella risposta tanto ovvia, me l’aveva data la mia salvatrice, informandomi pure che ciò era già successo tempo prima.
«Ora che sai di Jessica, non credi sia il caso di lasciar perdere quelle persone?»
 «No, hanno bisogno di me e poi tu che ne sai, perché continui a mettermi in guardia?»
«Perchè io ci sono già passata e poi, non vorrei che ci fossero altri problemi» disse dopo aver fatto un grande respiro.
«Ascolta, so che Leonardo e Leonardo si drogano, so di Jessica so tutto quello che è successo, l'unica cosa che non so è chi sei tu e perchè sei così interessata alla mia vita».
«Credimi, io non voglio allontanarti da loro è solo che... oh lascia stare, ci sentiamo un'altra volta che adesso devo andare, pensa solo a cosa ci stai guadagnando a stare con Leo...» mormorò prima di buttare giù e lasciarmi con un palmo di naso.
Ancora con la cornetta appoggiata all’orecchio ripensai alle sue parole. Stare con Leo cosa significava per me? Avere un ragazzo ribelle da tenere al guinzaglio o semplicemente un qualcuno che riusciva a farmi battere forte il cuore.
Sbuffai e tornai con la mente a qualche giorno prima, dove, dopo aver messo a dormire  Marco. c’eravamo incamminati mano nella mano sulla riva del mare.
 
 
In silenzio, osservo il suo profilo, mentre la sua ombra, appena visibile, prende contorni strani per via della sabbia. All’improvviso mi fermo e lo guardo. Stiamo insieme, ma comunque lo sento distante. Pochi sono i momenti di vera intimità, quelli dove mi sento al sicuro insieme a lui, quelli dove mi fa sentire la sua principessa. Sono ancora immobile sulla spiaggia, quando lui si gira a guardarmi, con quel suo solito sorrisetto arrogante.
«Che succede?»
«Io, io ecco, ho bisogno di te» mormoro lasciandomi cadere sulla sabbia umida tirando il suo braccio in modo che faccia lo stesso. Subito, attorciglio le mie braccia intorno al suo ventre e resto li. Nulla intorno a me ha più senso. Il mare non esiste più e così i gabbiani, le dune di sabbia, gli ombrelloni. Tutto sparisce intorno a me, tutto se non lui.
Sento il cuore battermi a mille, mentre lui sorpreso mi bacia i capelli. Finalmente siamo insieme, finalmente dopo tanto tempo lo sento mio.
Resto immobile per qualche altro minuto, per poi staccarmi da quell’abbraccio un po’ goffo e guardarlo in faccia.
«Avevo bisogno di un vero appuntamento» mormoro, mentre lui mi guarda con un sopraciglio alzato.
«Intendi questo come appuntamento, dieci passi sulla spiaggia ed un abbraccio?»
Rido e lo bacio dolcemente.
«Il romanticismo non è una cena da 200 euro in un ristorantino romantico, è una pizza tra innamorati che la fanno freddare perché si guardano negli occhi» mormoro queste parole talmente convinta che Leo se ne sta zitto per un po’, poi prende il mio viso fra le sue mani e mi bacia dolcemente.
«Tu sei completamente pazza, ma è questo che amo di te. Comunque, solo ora mi rendo conto che in queste settimane non ti ho trattata come si deve, non ho lottato per sedurti, non ti ho viziata e non ti ho coccolata come un vero fidanzato dovrebbe fare» dice attirandomi dolcemente a se.
Sento il suo cuore battere forte, sento il suo respiro sul mio collo, sento le sue labbra sulle mie e le sue mani accarezzarmi dolcemente.
«Ho solo bisogno di questi momenti» sussurro ad occhi chiusi.
«Cercherò di donarteli, te lo prometto. Perché anche se sono un ragazzo chiuso, riservato e probabilmente piatto, ti amo davvero. So che le mie parole possono risuonare vuote, ma credimi. Sei davvero importante per me» sto per rispondere che lo amo anche io, quando lui si alza in piedi facendomi segno di restare ferma dove mi trovo. Lo vedo muovere qualche passo, accucciarsi e poi tornare sorridente verso di me con un fiore sgangherato in mano, il fiore più bello del mondo.
 
 
 
Con gli occhi sognanti posai il mio sguardo sul fiore che in quel momento era appoggiato sul tavolino e poi tornai a concentrarmi su Marco che immobile continuava a seguire ogni mio movimento.
«Piccoletto, che hai?»
«N... niente».
«O su dai, vieni qui vicino a me».
«N... no... » sempre più stupita aggrottai un sopraciglio, ormai da qualche tempo Marco mi veniva sempre in braccio e quello che non riuscivo proprio a spiegarmi era perchè quel giorno non ne volesse sapere. Confusa mi alzai in piedi avvicinandomi a lui, in modo da potermi mettere in ginocchio di fronte al suo viso per guardarlo negli occhi ed accarezzargli i capelli.
«Dai, sputa il rospo, che succede?»
«Niente!» Affermo parecchio infastidito.
«Marco, ormai ti conosco. C'è qualcosa che non va e lo sappiamo tutti e due».
«Non posso parlarne» disse abbassando lo sguardo.
«Non vuoi o non puoi?»
«Tutti e due credo...»
Annuii e dolcemente gli misi una mano sulla spall,a mentre una smorfia di dolore attraversava il suo viso.
«Che c’è adesso?»
«Niente» mormorò alzandosi di scatto per allontanarsi da me.
«Marco, che succede?» Domandai nuovamente, afferrandolo per un polso con tutta la mia forza, mentre dai suoi occhi normalmente così limpidi, scendevano due grandi lacrimoni.
«Lasciami andare, mi fai male!» urlò lasciandomi esterrefatta. L’avevo visto cadere dalla bicicletta e distruggersi un ginocchio senza versare neanche una lacrime, com’era possibile che con un solo tocco sul braccio, scoppiasse a piangere in quel modo? Senza pensarci due volte sollevai la maglia a maniche lunghe, trovandomi davanti una moltitudine di lividi e graffi decisamente esagerata. Per qualche secondo restai immobile, poi, dopo aver capito che il bimbo non avrebbe parlato, mi decisi ad aprire bocca.
 «Hai intenzione di dirmi cos'è successo o no?»
«No!» Esclamò allontanandosi sempre di più dalla mia stretta.
«Cosa significa no, sei caduto dalla bici? Sei uscito quando io non c’ero e sei andato a fare arrampicata? Che diavolo hai combinato signorino?»
«Sono caduto dalla bici…» rispose con una voce strana, mentre io scuotevo tristemente la testa.
Ormai lo conoscevo troppo bene per bermi le sue bugie, motivo per cui, silenziosamente, senza intenzione di mettergli paura o altro mi avvicinai e gli accarezzai i capelli castani.
«Sai che a me puoi dire tutto vero?»
«Si.. »
«Allora?»
«Allora cosa?» Mormorò impacciato.
«Cosa è successo veramente?»
«Quello che ti ho detto, sono caduto dalla bici».
«Marco... » stavo per continuare, quando il bimbo mi abbracciò talmente forte da togliermi il fiato, mentre grossi lacrimoni continuavano a scendere dai suoi occhi. Sorrisi e lo strinsi fra le mie braccia.
«Ale, Giovanni starà meglio?» Chiese dopo un po’.
«Si piccolino, ma tu come lo sai?»
«Me lo ha detto questa mattina Leo… »
«Capisco…» sussurrai baciandogli i capelli. Era buffo, cercava tanto di fare il grande, ma poi quando ci si metteva era veramente un bambino.
Stavo per asciugargli i lacrimoni quando notai che la maglia era sporca di sangue. Sorpresa l’alzai trovandomi davanti uno spettacolo raccapricciante. La schiena del bambino era completamente rovinata. Lividi e graffi erano ovunque, il sangue impiastricciato aveva sporcato più o meno tutta la schiena e gli ematomi, grandi come tante noci non rendevano le cose più belle. Un graffio, decisamente più grande degli altri occupava l’intero dorso da un lato all’altro, in una diagonale perfetta.
«Che diavolo hai fatto?»
«Niente...»
«Marco, sicuramente non sei caduto dalla bici. Cosa è successo?»
«Non posso...» mormorò spaventato «non posso davvero».
Feci finta di niente e mi sedetti sul letto seguita a ruota dal bambino che mi osservava in silenzio quasi volesse dirmi qualcosa di troppo pericoloso da pronunciare. Ero sorpresa, non l'avevo mai visto in quello stato tranne il giorno dove aveva rischiato di morire annegato e questo mi faceva tornare alla mente i brutti ricordi di quella giornata. Incerta tornai a concentrarmi sul viso del bimbo. I suoi singhiozzi si erano fatti decisamente più forti, il labbro tremava così come tutto il resto del corpo e si vedeva chiaramente ch era nel panico.
«Shh... » sussurrai incapace di dire niente abbracciandolo forte forte.
Ero davvero esterrefatta, era chiaro che quello non fosse un volo da una bici, ma allora che cosa era successo? Era caduto da qualche parte?
Aveva fatto a botte, che diavolo era capitato al mio diavoletto?

 
CIAO A TUTTI!
SCUSATEMI SE SONO SPARITA PER TANTO TEMPO, MA COME VI HO DETTO HO AVUTO PARECCHI PROBLEMI.. TIPO LA MONONUCLEOSI -.-
CI SENTIAMO PRESTO <3
BACIOOO
 

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Capitolo 22
*** capitolo 22 ***


CIAO A TUTTI!

COME VA!?

COME PROCEDONO LE VACANZE?

SPERO CHE IL NUOVO CAPITOLO VI PIACCIA ^^

BUONA LETTURAAAA



 

CAPITOLO VENTIDUE

 

Quando mezz’ora dopo il bambino si svegliò, due grossi lacrimoni bagnavano ancora il suo volto. Incerta gli accarezzai i capelli baciandogli la testolina, mentre lui preoccupato se ne stava in silenzio a guardarmi. Era chiaro che fosse spaventato, gli occhi azzurri erano talmente spalancati che avrebbe potuto assomigliare ad un pesce palla, stavo per dirglielo, in modo da alleggerire un po’ la tensione, quando la sua bocca si aprì.

«Scusa Ale..» mormorò tremante, prendendomi alla sprovvista.

«Scusa di cosa? Qualcuno ti ha fatto del male».

«Si, ma solo perchè me lo meritavo».

«Piccolino, guarda che nessuno si merita una cosa del genere».

«Si invece, se si fanno cose brutte bisogna essere puniti».

Scossi la testa e lo abbracciai nuovamente facendo apparire un mezzo sorriso sul suo volto stanco.

Ero spaventata, quella era violenza su minori e ne ero certa, se solo in tutto l'albergo ci fosse stato un'assistente sociale o un giudice minorile, e qualcuno avesse visto il corpo del bimbo, probabilmente avrebbero iniziato ad indagare per poi intervenire.

«Marco, so che è dura rispondermi, ma chi è stato?»

«Io... io non so... se...»

«Io non ti voglio fare del male, lo sai».

«Me lo prometti?»

«Prometterti cosa?» Domandai senza capire.

«Che non farai niente di come si dice, avventati?»

«Vuoi dire avventato?» Risposi sorridendo, mentre il bambino annuiva serio.

«Te lo prometto piccolo».

Per qualche momento Marco restò in silenzio. Gli occhi fissi a terra, le mani che continuavano a muoversi da sole, uno sguardo preoccupato e probabilmente il cuore che gli batteva a mille.

«E’ stato... si insomma, è stato Leo con dei suoi amici...» sussurrò prima di ricominciare a piangere, mentre io immobile non sapevo assolutamente ne cosa fare, ne cosa dire. Leonardo aveva davvero fatto una cosa del genere a suo fratello?

Ma cosa diavolo gli era passato per la testa?

Non ci potevo credere. Io mi ero fidata di lui, gli avevo dato una seconda possibilità e lui aveva tradito la mia fiducia in quel modo. La famiglia per me era tutto, era un qualcosa di insormontabile, quel bambino per me stava diventando come un vero fratello e Leo faceva ciò?

Strinsi i pugni e abbracciai Marco baciandogli i capelli castani per l’ennesima volta.  Ero veramente senza parole, e mente il cuore di entrambi continuava a battere all’impazzata, ci addormentammo nuovamente, lasciandoci andare alle emozioni.

 

***

 

«Ale alzati!» Disse per l'ennesima volta Mara, mentre io la osservavo con un'espressione glaciale che non passò inosservata.

«La smetti di guardarmi così, che cosa sta succedendo?» Era troppo, Leo che picchiava Marco, Lore in overdose. Quella vacanza stava diventando la peggiore della mia vita e così, dopo che l’ultima goccia ebbe riempito il vaso, esplosi.

«Tu non devi neanche parlarmi, Lorenzo è in ospedale per causa tua» urlai accusatoria, svegliando Marco che ancora dormiva adagiato sulla mia pancia.

«Stai scherzano vero?» Sussurrò con voce tremante, mentre io scuotevo la testa disgustata.

«No mia cara, ha cercato di uccidersi perchè tu invece di aiutarlo sei scappata» sibilai in cagnesco, mentre la mia amica crollava a terra tenendosi la testa fra le mani.

«E' un drogato Ale, io non sapevo cosa fare, quando lo scorso anno ci siamo messi insieme non lo sapevo, ti giuro che l’ho scoperto insieme a te» tremante di rabbia ripensai alle parole nella lettera di Lore. Effettivamente aveva detto di essere riuscito a tenere nascosta a Mara quella parte della sua vita, eppure lei sapeva che lui soffriva e l’aveva abbandonato.

«Anche Leo lo è, ma io non l'ho abbandonato».

«Si, ma io non sono così forte».

Scossi la testa osservando il bambino che mi guardava silenzioso.

«Io non sono forte, qui è solo da decidere se aiutare la persona che ami o no…»

«Ma... »

«Tu sapevi tutto e non mi hai mai detto niente vero?»

«Credevo che fosse meglio così» mormorò tenendosi la testa fra le mani».

«Beh ti sei sbagliata.. »

«Ale ti prego, se c'è una qualsiasi cosa che posso fare ti aiuterò, te lo giuro».

«Dici davvero?» Domandai sorpresa, mentre lei annuiva.

Per qualche secondo restai in silenzio a guardarla, poi, dopo aver fatto un respiro profondo decisi di mettere insieme testa e cuore.

C'era solo una cosa da fare o almeno così mi pareva in quel momento.

Dovevo decisamente andare a parlare con la mamma di Leonardo. Era giusto che sapesse cosa stava succedendo ai suoi figli, era giusto che si rendesse conto del fatto che la sua famiglia stava cadendo a rotoli e che se non avesse fatto qualcosa, probabilmente gli assistenti sociali sarebbero intervenuti. Con quell’idea in testa, presi a manina Marco ed uscii dalla stanza pronta a spiegare tutta la faccenda alla mia migliore amica durante il viaggio che se non ricordavo male, sarebbe durato all'incirca due ore.

 

***

 

«Io non voglio…» piagnucolò il piccolo per l'ennesima volta facendomi sbuffare.

«E' la cosa giusta da fare, fidati» dissi in risposta scendendo dal pulman che ci aveva condotti fino al paesino.

Impaziente di togliermi quel peso che ormai portavo dentro da parecchie ore, mi guardai intorno rendendomi conto che era tutto come l'avevo lasciato qualche settimana prima.

La strada in salita dove vivevano i quattro fratelli, la fontana sulla destra, il cielo azzurro, tutto era tranquillo in quel luogo.

Anche questa volta però, con mia grande sorpresa, mi ritrovai a pensare che tutte le persone in strada, ci stavano guardando e a quanto pare, non fu un'impressione solo mia dato che con un sussurro, me lo fece notare anche Mara.

Seccata scossi la testa osservando impacciata il ragazzo che Leo aveva preso a pugni la volta precedente scappare il più lontano possibile da noi, dopo avermi osservata per qualche secondo.

Era assurdo, sembrava che l’intero paese non aspettasse altro che vedere comparire le nostre facce. Proprio come aveva detto la mia salvatrice, i vecchi si zittivano al nostro passaggio e i bambini più piccoli si scansavano appena vedevano Marco in lontananza.

«Andiamo ..?» Sussurrò lui dopo un po', mentre io annuivo e lo seguivo su per la salita fermandomi davanti alla casa gialla.

Stavo per aprire la porta quando un pianto disperato mi distrasse dai miei pensieri.

Incerta e sempre tenendo Marco a mano mi inoltrai nel retro della casa trovandomi ad osservare Filippo che cercava inutilmente di calmare Fabio seduto a terra.

«Hey!» Esclamò Marco, mentre il fratello si girava spaventato, rispondendo con quella vocina da bimbo che tanto mi piaceva.

«Maco...tu coa fai qui? »

«Sono venuto a trovarti» rispose il moro avvicinandosi per prendere in braccio il più piccolo della famiglia che si calmò all'istante. Chi sa perché sospettavo che quel gesto si fosse ripetuto parecchie volte, era stato chiaro, fin dalla prima volta dove avevo visto la famiglia al completo, che Marco trattasse i suoi fratellini quasi come fosse il papà.

«Bello!»

«Si.. Ma dov'è la mamma?» Continuò, mentre io e Mara osservavamo la scena in silenzio.

«Non so.. A lavolo fote!»

A quella risposta grugnii. Come diavolo faceva una madre a lasciare i suoi due figli più piccoli soli a casa senza nessuno che li controllasse, proprio non lo sapevo.

«Va beh, l'aspetteremo..vero Ale?» Domandò Marco dirigendosi verso la porta, mentre io annuivo prima di tornare a guardare il biondino ancora seduto a terra.

«Hey piccolo.. c'è qualcosa che non va?» Domandai incerta, osservando la sua faccina spaventata che annuiva. Filippo assomigliava in maniera impressionante a Leo, e ciò mi obbligava a riservargli ancora più attenzioni.

«Che succede?»

«Mi fa tato male...» mormorò indicando la gamba, mentre due grossi lacrimoni scendevano dai suoi occhi. Subito glie li asciugai, rendendomi conto che fino a quel momento, non mi ero accorta che pure lui e non solo Fabio stava piangendo.

Una volta calmato, lo presi in braccio pronta a portarlo all'interno del piccolo appartamento seguita da Mara che mi guardava senza capire.

Mi ero completamente dimenticata di dirgli che Leonardo aveva altri due fratelli e poi, la somiglianza che c'era fra lui ed i due piccoli, era decisamente impressionante al contrario di quella con Marco che sembrava uscito da un’altra famiglia.

Come se non bastasse poi, potevo capire la sua faccia sconvolta tanto quanto la mia alla notizia che i due piccoli, fossero da soli a casa.

Sbuffai a questo pensiero decisa a rispondere alle sue domande una volta lontana da li e mi affrettai ad attraversare l’uscio.

 

***

 

Immobile osservavo i tre fratelli giocare tranquilli.

Fili probabilmente si era storto la caviglia, ma nessuno sembrava davvero preoccupato e dopo essermi proposta per accompagnarlo in ospedale ricevendo delle urla di protesta da parte di tutti, c'avevo rinunciato mettendomi a fare panini alla nutella per tutti.

Erano ore che eravamo li ormai.

Io e Mara avevamo esplorato la casa da cima a fondo, guardando almeno tre volte tutti gli album fotografici, quando la porta dell’appartamento si spalancò all'improvviso rivelando la donna che stavamo aspettando.

«Ciao Mamma» urlò Marco che subito si alzò per andare ad abbracciarla.

Sorrisi alla scena e mi alzai dal letto in modo tale da poterle stringere la mano, nonostante questo però, il suo sguardo gelido mi fece rabbrividire.

«Che ci fate qui?» Sibilò in cagnesco.

Dovevo ammettere che da quando mi ero portata Marco all'albergo, non ero più nelle sue grazie, ma non glie ne davo torto.

Alla fine, era come se io e Leonardo avessimo rapito suo figlio, quello che alla fine gli serviva di più dato che avrebbe potuto, come aveva sempre fatto, fare da Babysitter ai suoi fratellini. Questo però non era giusto e in fin dei conti lo sapeva anche lei, tanto che alla fine ci aveva dato il permesso di portare il moro via con noi.

«Dobbiamo dirle una cosa...» mormorai in risposta, mentre Marco si avvicinava a me prendendomi per mano.

«E di cosa si tratta?»

«Di una cosa che molto probabilmente sarà difficile da accettare per lei..» dissi con la voce incrinata prima di girarmi verso il bambino.

«Alessia devo proprio?»

«Si piccoletto, alza la maglia» risposi, mentre lui annuiva facendo come gli era stato richiesto.

Una volta che se la fu sfilata, nella stanza calò il silenzio.

La faccia di Mara e della donna ancora immobile davanti a me, era di puro terrore, ma tutto sommato non gli potevo dare nessun torto.

La schiena di Marco era completamente sfigurata tanto quanto quella di Leonardo.

«Bambino mio, cos'è successo?» Domandò la signora avvicinandosi al figlio che la osservava impassibile.

«Niente mamma...»

«Come niente piccolo mio, deve essere successo qualcosa!»

«Non voglio dirtelo!» Urlò lui, correndo a nascondersi dietro le mie gambe, mentre io prendevo coraggio e mi mettevo a parlare.

«E' stato Leonardo assieme a dei suoi amici…» mormorai spaventata dalla reazione che avrebbero potuto avere quelle parole.

«Non è possibile.. No, non ci voglio credere» urlò lei allontanandosi.

«Mi deve credere, hanno lanciato dei sassi contro Marco, due lo tenevano fermo e uno lanciava» sussurrai ripetendo le parole che mi aveva detto il bambino poche ore prima.

«Nessuno farebbe del male a Marco».

«Loro lo hanno fatto».

«Sono sicura che è caduto da un albero».

«No signora, Marco è stato picchiato. Ora mi dispiace dirglielo, ma Leonardo fa uso di stupefacenti, ha bisogno di aiuto...»

«No, non è vero e adesso fuori da casa mia! Filippo porta tuo fratello a letto e spegnete la luce, non vi voglio più sentire fino a domani» urlò spingendoci fuori, mentre gli occhi di Marco si riempivano di lacrimoni. Che diavolo era successo?

Perché la donna aveva reagito in quella maniera?

Perché non voleva accettare la realtà?

 

CIAO A TUTTI!
COSA NE DITE DEL NUOVO CAPITOLO?

SPERO VI PIACCIA!

FATEVI SENTIRE IN TANTI <3

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Capitolo 23
*** capitolo 23 ***


CIAO A TUTTI ^^
COME VA LA VITA? SCUSATE IL RITARDO MA ERO IN VACANZA SENZA INTERNET, MA ORA CHE LE VACANZE SONO FINALMENTE (SE COSI SI PUO’ DIRE) FINITE, VI PROMETTO CHE SARO’ TUTTA VOSTRA ^^
 




CAPITOLO VENTITRE
 
 
Quando uscii dal piccolo appartamento, ero decisamente incazzata nera. Trovavo inaccettabile il modo di fare della donna, e la rabbia che sentivo ribollirmi dentro era talmente tanta che durante l’intero viaggio non aprii bocca, per paura di esplodere da un momento all’altro. Allo stesso modo il bimbo era seduto sulle mie ginocchia, nel totale dei silenzi, con gli occhi ancora spalancati e le manine strette saldamente al palo dell’autobus, mentre Mara, aveva trovato un posto lontana da noi.
Quando poco dopo arrivammo al villaggio estivo, comprai un gelato a Marco e lo convinsi a mettersi a letto. Era esausto, lo si poteva capire fin troppo facilmente, così gli baciai la testolina e gli lessi due pagine del suo libro preferito per poi incamminarmi verso la terrazza in compagnia dei miei pensieri. Grugnii tornando con la mente alla discussione che avevo avuto con la mamma di Leonardo qualche ora prima. Come poteva una madre essere così cieca?
«Hey, va tutto bene?» Sentii dire da una voce femminile dopo un po' che gironzolavo nell'atrio, trovandomi ad osservare la mia migliore amica proprio davanti a me.
«Più o meno…» Sussurrai, sedendomi ad un tavolo abbastanza isolato.
«Incazzata eh?»
«Parecchio…»
«Immagino, comunque mi è venuta un'idea, ho un'amica psicologa, che ne dici se parliamo con lei?»
«Di tutto?» Risposi incerta, mentre Mara scuoteva la testa vigorosamente.
«Sei completamente impazzita, se venisse a scoprire che frequentiamo tossico dipendenti andrebbe subito a raccontarlo a mio padre che farebbe il lavaggio del cervello a noi e licenzierebbe loro».
Annuii.
Effettivamente aveva ragione, ma avevo così tanti pensieri in testa che non c'avevo neanche pensato.
«E quindi cosa dovremo dirle?»
«Boh... tipo della mamma di Leo e di Marco se vuoi, chiederle come bisognerebbe comportarsi con genitori assenti».
«Dici che può servire a qualcosa?» Domandai incerta, ricevendo un'alzata di spalle.
«Non lo so, ma male non può fare» detto ciò mi prese per mano e mi trascinò verso un appartamentino lontano solo pochi metri.
 
 
***

 
Imbarazzata sorrisi per l'ennesima volta alla signora che si trovava davanti a me.
Doveva avere circa quarant'anni, ma di sicuro se li portava bene. I capelli castani erano sciolti sulle sue spalle ed un sorriso caloroso le occupava la metà della faccia.
«Allora ragazze, cosa c'è di così urgente da venire alle nove di sera a casa mia?»
«Beh ecco...» mormorai incerta, mentre Mara interveniva raccontando velocemente i punti della storia che ci servivano in quel momento.
Ero decisamente sorpresa di essermi lasciata convincere. Andare da una strizzacervelli non mi era proprio passato per la testa, ma quando pochi minuti prima la mia cara migliore amica me l'aveva proposto, l'avevo presa come un'ottima idea. Nonostante questo però, ora cominciavo decisamente a pentirmene.
«Fatemi capire…» disse la donna dopo un po' squadrandoci da capo a piedi «Questa signora si è rifiutata di credere che suo figlio venga maltrattato in casa dal fratello maggiore».
«Hem... circa…» sussurrai.
In realtà, mentre Mara parlava un dubbio si era creato nella mia mente: non ero certa che si fosse rifiutata di credere a quello o al fatto che Leonardo si drogasse e dato che non c'era stata opportunità di chiederglielo avevo i miei seri dubbi.
«Vedete ragazze» disse passando lo sguardo da me a Mara con una lentezza quasi esasperante. «In generale i problemi che si trova ad affrontare il genitore di fronte alla rivelazione di maltrattamenti da parte del figlio sono di difficile gestione. Ciò che si richiede è soprattutto un'attenta condotta da parte dell'adulto al fine di proteggere il minore dalla violenza subita».
«Vuole dire che bisogna chiedergli ogni giorno se sta bene?»
«Più o meno si. Spesso il minore vittima di violenza è troppo piccolo per tradurre in parole l'accaduto. Altre volte è costretto dall'abusante stesso a mantenere segreto l'accaduto o si chiude nel silenzio perchè si sente colpevole per l'accaduto».
«Si è quello che mi ha detto Marco questa mattina» mormorai incerta, ripensando alla conversazione avuta con il bimbo quella mattina.
«Che cosa ti ha detto di preciso?»
«Beh ecco, prima si è scusato.. »
«E poi?» Domandò la psicologa, mentre io ripensavo alle sue esatte parole.
«Se non ricordo male, ha detto : l’ha fatto solo perchè me lo meritavo».
«In effetti il bambino o l'adolescente deve fare uno sforzo molto intenso per vincere la tendenza a tacere circa una esperienza di cui si vergogna e di cui si sente in parte responsabile al di là di ogni elemento reale. Si tratta così di saper accogliere le parole del minore garantendogli il massimo spazio d'ascolto e protezione possibile».
«Direi che questo Alessia lo sta già facendo».
Annuii sorridendo in direzione di Mara, grata che finalmentesi mostrasse più tollerante nei miei confronti.
«Il bambino vittima di maltrattamento mostra spesso una sintomatologia composita, che pur non costituendo quindi una prova certa che vi sia stato un maltrattamento o addirittura un abuso ai suoi danni, certamente può rappresentare un segnale d'allarme per la famiglia».
«Mi scusi…» sussurrai forse troppo piano.
«Si?»
«Ce li potrebbe descrivere con calma questi sintomi?»
«Hem.. certo... »
«Grazie» Mormorai sorridendo sempre più imbarazzata. Avevo paura che quella non fosse la prima volta che Marco le prendeva e poi, chi sa se succedeva la stessa cosa anche con Filippo, e sinceramente se i bambini venivano picchiati volevo saperlo, almeno avrei saputo come aiutarli.
«Tenete conto che si manifestano due o più sintomi di quelli che sto per elencarvi e fate attenzione alle volte in cui, per via di un comportamento del bambino pensate o dite ‘CHE STRANO ….’, viene naturale ed e’ un importante campanello d'allarme».
«Ok.. » Disse Mara, mentre io annuivo pronta a prendere appunti.
«I sintomi possono essere la riduzione dell'autostima: per esempio il bambino dice ‘non sono capace, non io».
«Questo non mi sembra ce l'abbia e poicredevo che tutti i bambini lo dicessero».
«Circa,comunque andiamo avanti! Difficoltà ad amare o a dipendere dagli altri : e’ meno affettuoso, dice ‘faccio io, ci penso io’. Comportamenti aggressivi o distruttivi: piange o urla con facilità, cambia improvvisamente umore; se la prende con i suoi giochi preferiti, mette il muso o percuote con spinte le persone per lui importanti».
Rabbrividii a quelle parole mentre la mano di Mara andava a posarsi sul mio ginocchio.
Quelle cose Marco le faceva tutte e questo mi spaventava non poco. Stavo per interrompere la donna quando le sue parole mi preoccuparono ancora di più.
«Comportamenti di ritiro; paura di intraprendere nuove relazioni o attività’, e’ stranamente silenzioso, non sembra interessarsi ad attività che per un bambino della sua età dovrebbero essere solitamente graditi, non sembra incuriosito alle novità e alle nuove conoscenze».
«Scusi... » sussurrai nuovamente.
«Si?»
«Intende anche se vuole fare nuove esperienze solo se sono al suo fianco e non lo lascio mai andare?»
«Si.. Direi di si» Annuii. Cominciavo davvero a preoccuparmi.
«Abuso di droga o alcool (per gli adolescenti) Più in particolare il bambino sessualmente abusato può mostrare, oltre ai segni sopra elencati interesse inusuale verso questioni sessuali, per fare un esempio il bambino pone domande per capire se tra amore e sessualità c'e’ un nesso e se c'e’ sempre amore nella sessualità. Per ultimi troviamo i disturbi del sonno, gli incubi e il terrore notturno.
«Cazzo…»  mormorai all'improvviso, mentre tutte e due le persone accanto a me si giravano a guardarmi.
Avevo una brutta sensazione dovuta alle ultime parole della dottoressa, ma questa volta non riguardante Marco. Se quello che diceva era vero, e se io cercavo di mettere assieme tutti i punti, c'era qualcosa che non quadrava anche nella storia di Leonardo a partire dalla grande cicatrice sulla sua schiena. Il mio piccolino non era l’unico ad avere dei problemi e questo era chiaro, anche a Leo doveva essere successo qualcosa per essere diventato così meschino e violento, ma cosa?
«Ale, va tutto bene?»
«No o meglio, mi è venuta un'idea, ma te ne parlo dopo» sussurrai lanciando una di quelle occhiate che faceva chiaramente intendere che non volevo domande alla mia cara migliore amica.
«Come vuoi».
«Comunque mi scusi per l'interruzione..» dissi poi girandomi nuovamente verso la signora.
«Non ti preoccupare. Hai una faccia spaventata, vuoi che mi fermi?»
«No la prego, continui».
«Ok, come vuoi». Annuii a quelle parole cercando di calmarmi. Forse l'idea che mi era venuta era falsa, causata solo dagli avvenimenti accaduti negli ultimi giorni.
«Ansia, depressione e comportamenti di isolamento: il bambino vi sta’ sempre accanto, non vuole rimanere da solo con una certa persona, vi chiede di non lasciarlo solo ‘Tu mi starai vicino, non mi lascerai da solo?’ spesso e’ proprio questa frase-domanda che usa il bambino per comunicare il proprio problema».
«Questo è quello che le chiedevo prima..» dissi ripensando a come mi toccava mettere a letto il piccolo.
«Si, volevo spiegartelo meglio. Ci sarebbero tanti alti sintomi, ma non ha nessun senso elencarveli tutti..»
«Penso di essermi fatta un’idea abbastanza chiara e immagino che per Mara sia la stessa cosa».
«Come immaginavo e ditemi un po’, tutto quello che mi avete detto, non deve uscire da questa stanza vero?
«Diciamo che crediamo nel segreto professionale».
«Bene, allora vi dico cosa non dovete fare, almeno per avere delle idee, che ne dite?»
«Per noi va bene» detto ciò ripresi in mano la penna pronta a scrivere.
«Evitate di avere reazioni eccessive quando il bambino rivela l'accaduto, in quanto il bambino richiede aiuto e sostegno dall'adulto ha bisogno di essere coccolato non sgridato».
Sorrisi, fortunatamente con Marco avevo adottato la tecnica giusta ed infatti non avevo smesso un attimo di abbracciarlo e di coccolarlo. In realtà mi sembrava quasi impossibile, all’inizio non voleva neanche farsi toccare ed ora si accoccolava fra le mie braccia pregandomi di restare.
«Non forzate il bambino, permettetegli di parlare in pace. Non confrontate l'abusante con le dichiarazioni del bambino in presenza di quest'ultimo. E per finire non criticate in alcun modo il suo comportamento».
«Ok.. Quindi se parla bene se no amen?»
«Esattamente e mi raccomando, credete alle parole del bambino e non biasimatelo per l'accaduto. Dare messaggi positivi al piccolo per il fatto che ha trovato il coraggio di rivelare cosa gli e’ accaduto è importante».
«Tutto qui? »
«Si tutto qui e ora scusatemi, devo uscire a cercare mia figlia, non è che per caso l'avete vista, ha la vostra età più o meno».
Scossi la testa e mi alzai dal divano seguita a ruota da Mara, fatto ciò strinsi la mano alla donna ed uscii dall’appartamento più terrorizzata che mai.
 
CIAOOO ^^
ALLORA COSA NE PENSATE?
SECONDO VOI PERCHE’ LA MAMMA DI MARCO E LEO SI COMPORTA IN QUEL MODO?
UN BACIONE :p
 
 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


CIAO A TUTTI, SCUSATE IL RITARDO MA MIO MOROSO SI E’ TRASFERITO ALL’ESTERO PER L’UNIVERSITA’ E HO DOVUTO AIUTARLO A TRASLOCARE D:
SPERO CHE IL NUOVO CAPITOLO
VI PIACCIA ^^
BACIONEEEE





 
CAPITOLO VENTIQUATTRO
 
 
 
Sul terrazzo della casa osservavo il mare che in lontananza si stagliava sugli scogli. Le parole della psicologa mi giravano per la testa senza farmi dormire e così avevo deciso di uscire. Ancora due settimane e poi avrei dovuto tornarmene a casa senza più vedere ne Marco ne Leonardo per tutto l'anno. Ero triste, triste per quello che stava succedendo intorno a me e per quello che sarebbe successo nei giorni seguenti.
Come se non bastasse Mara al contrario di me sarebbe resta a vivere dal padre, con la promessa che si sarebbe impegnata molto nella scuola pubblica li vicino. La invidiavo, per la prima volta nella mia vita la invidiavo davvero tanto e sembrava che suo padre se ne fosse accorto, tanto che si era offerto di parlare con i miei genitori dato che se ci fossi stata anche io, sarebbe stato più tranquillo a lasciare la figlia girovagare per il paesino vicino, ma io avevo paura di un rifiuto dei miei e per quello, cercavo di trascinare i tempi il più possibile. Sapevo che sarebbe stato impossibile, per loro era già tanto che trascorressi li l’estate e non vedevano l’ora di farmi tornare a Verona.
Con quel pensiero in testa rabbrividii al freddo della sera tornando a rimuginare sugli avvenimenti del giorno appena trascorso.
Era buffo, ma volevo sapere a tutti i costi perchè Leonardo avesse fatto una cosa del genere al fratello anche perchè, le cose, per come la vedevo io stavano andando bene, ultimamente non facevano altro che abbracciarsi e darsi baci e allora perché era successo quello che era successo?
«Ale sei qui?» Sentii sussurrare dopo un po', mentre due braccia robuste ormai fin troppo conosciute, mi cingevano la vita.
«Hey… » fu la mia risposta senza togliere gli occhi dall'oceano.
«Dove sei stata oggi? Ti ho cercata tutto il giorno». Rabbrividii a quelle parole. Dirgli che ero stata da sua mamma non aveva senso, immaginavo che se non glie l’aveva detto lei mi conveniva decisamente starmene zitta per non parlare della visitina dalla psicologa.
Eppure in qualche modo dovevo tirare fuori il discorso di Andre, ma dato che lo sguardo del ragazzo era insistente, decisi di arrivare al punto della situazione con calma.
«Dovevo fare delle cose e mi sono dimenticata il telefono a casa, scusami...»
«Cose di che tipo?»
«Lascia stare…» mormorai, sperando che non insistesse troppo ed infatti fu così perché subito iniziò a baciarmi il collo con le sue labbra carnose. Il suo profumo della play boy che si impossessava di me, il cuore che mi batteva a mille, le gambe che mi tremavano. Non potevo continuare così, dovevo parlarci e chiudere quella storia una volta per tutte, anche se lo amavo, era ora di finirla.
«Leo, dobbiamo parlare»  sibilai girandomi improvvisamente.
«Di cosa?»
«Di Marco…» Sussurrai per non svegliare il bambino che dormiva a neanche cinque metri da noi, mentre il suo cellulare cominciava a vibrare.
Silenziosamente lo guardai negli occhi. Io avevo affrontato l'argomento, ma sembrava davvero che Dio o qualsiasi cosa ci fosse stata li su, in cielo, non volesse farmi sapere la verità.
«Amore scusami un attimo...» mormorò incerto, mentre io annuivo osservandolo allontanarsi.
Sembrava fosse davvero una faccenda importante e non avevo nessuna voglia di intromettermi data la sua espressione, così presi il cellulare e mi sedetti su una sedia di plastica aspettando il suo ritorno.
Eppure li, nel più totale dei silenzi riuscivo a comprendere delle parti di discorso che mi facevano rabbrividire. Non avevo la più pallida idea della persona con cui stava parlando, ma era chiaro che non fosse una persona gradita. Stavo per entrare a controllare Marco quando un urlo mi fece sobbalzare
"Non è vero, sei tu un puttaniere"  urlò ancora Leonardo per la centesima volta. Si sentiva che era incazzato e spaventato.
Quella voce glie l'avevo sentita usare solo quando avevamo parlato del ricovero di Lorenzo e tutto ciò mi risultava strano.
"Non è vero smettila " sentii urlare all'improvviso prima di vedere la figura del ragazzo scappare lontano non prima di aver lanciato il cellulare il più lontano possibile sulla spiaggia. Ancora più sorpresa scavalcai la veranda incamminandomi verso l'aggeggio elettronico.
Come se non bastasse, con mia grande sorpresa la chiamata non era ancora finita e così, con la voce tremante presi coraggio e me lo portai all'orecchio.
«Pronto ... ?» dissi incerta della risposta, mentre dall'altra parte una voce maschile mi fece rabbrividire.
«Chi sei, un'altra puttana come mia moglie?»
A quelle parole restai immobile per qualche altro secondo prima di spegnere il telefono e guardarmi intorno per cercare Leonardo.
Ero spaventata, il nome sul display indicava chiaramente che l'uomo con cui avevo appena parlato era il padre dei quattro bambini, ma perché mi aveva detto una cosa del genere, che diavolo stava succedendo?
 
***
 
 
«Ale!» Mi chiamò una voce all’improvviso facendomi sussultare ancora di più.
«Marco, che ci fai in piedi a quest'ora?»
«Ho sentito Leo scappare piangendo» si giustificò il piccolo prima di avvicinarsi a me per abbracciarmi forte forte.
«Era meglio se restavi a dormire, sono quasi le due di notte!»
«Ma che cos'è successo?» A quelle parole mi strinsi nelle spalle, incapace di dargli una risposta sensata. Non lo sapevo neanche io cos’era successo, come potevo rispondergli?
Leo aveva ricevuto una chiamata da suo padre e per tutto il tempo aveva inveito e urlato prima di scappare piangendo, cosa dovevo dire a quel batuffolo che mi osservava con i suoi grandi occhioni?
«Torna a letto piccoletto. Ne parliamo domani» Detto ciò lo presi a manina e lo condussi nel suo letto, mentre un'idea strana si impadroniva di me.
Se io non ero in grado di capire il mio ragazzo, forse qualcun'altro ne sarebbe stato capace e mentre gli occhi del bambino diventavano pesanti nonostante le protesta per voler rimanere sveglio, ben presto lo vidi crollare.
Una volta essermi accertata di ciò, con il cuore che batteva a mille presi il cellulare pregando che il numero non fosse privato e poi mi misi ad ascoltare gli squilli sperando che non fosse troppo tardi.
 
***
 
«Pronto?» Domandò una voce assonnata dall'altra parte della cornetta.
«Hem.. ciao, sono Alessia».
«Alessia, la ragazza di Leonardo? »
«Si…» risposi incerta.
«Come hai avuto il mio numero?» Chiese sorpresa, con una voce spaventata.
«Beh ecco, l'ultima volta che mi hai chiamata ti devi essere dimenticata di mettere il privato».
«Ah.. Beh che ti serve? »
Ascoltando quella frase mi zittii all'improvviso.
Ero incerta se chiederle aiuto o no, ma fino ad allora era stata la persona che sapeva più cose su Leonardo. Lei mi aveva fatto aprire gli occhi, lei mi aveva consigliato di parlare con Marco, lei aveva tormentato la mia vita da quando mi ero fidanzata, cercando sempre di aiutarmi anche se forse in maniera sbagliata.
«Ho bisogno del tuo aiuto. So che tu stai cercando di farmi allontanare da Leo però dici anche di essere la mia salvatrice e quindi…»
«Io non cerco di allontanarti da lui, voglio solo che tu non faccia troppi errori».
«Questo lo capisco ma.. »
«Senti, è tardi e non credo che tu mi abbia chiamato per discutere di questo giusto?» Domandò facendomi sorridere appena.
«Già... »
«Ecco e allora dimmi, che cosa c'è ?»
«Leo questa sera ha ricevuto una chiamata...»  mormorai incerta pentendomi subito di aver aperto quell'argomento con una persona che non avevo mai visto.
«E quindi?»
«E quindi lui è andato in paranoia, continuava a dire che non era vero e robe varie poi ha preso ed è scappato via».
«Non credevo lo facesse ancora...» Mormorò la ragazza dall'atra parte della cornetta lasciandomi di stucco anche perchè si sentiva che nella sua voce c'era molto dolore.
«Che intendi dire?»
«Io non so se è giusto dirtelo perchè qui non si parla più di lui, ma della sua famiglia...era suo papà…»
«Si, l'avevo intuito, c'era scritto anche sul telefono».
«Vedi, Leo sente suo padre poche volte ma quando succede è perchè quell'uomo lo chiama una volta al mese per dirgli sempre le stesse cose».
«E cioè?» Chiesi sulle spine.
«Se non ricordo male, le parole esatte sono : “Tua mamma è una puttana, una che va con tutti” e robe del genere e quando lui piange, gli dice : “Ecco vedi, piangi perche sai che è vero!” »
«Stai scherzando?» Ora tutto aveva un senso, le parole di Leonardo, la sua faccia arrabbiata e triste, il tono di voce che aveva avuto, il perché odiasse tanto parlare di suo padre.
«No.. » Mormorò la mia salvatrice per tutta risposta.
«Ma... tu come sai tutte queste cose?» Mi decisi finalmente a chiedere.
«Non ne posso parlare mi dispiace, comunque trovalo perchè quando succede ha sempre una ricaduta e so che stai cercando di farlo rigare dritto ora non chiamarmi più ti prego, buona serata» Detto ciò mi buttò giù, lasciandomi con un palmo di naso.
Mi stavo andando a cacciare dentro qualcosa che era più grande di me, ormai lo avevo capito, ma non potevo neanche più tirarmene fuori.
 
CIAO!
COSA NE PENSATE, FINALMENTE E’ ENTRATO IN SCENA ANCHE IL PADRE ^^

Chi è peggio?
Mammina o papino?

Fatemi sapereeeeeeee
 

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Capitolo 25
*** capitolo 25 ***


CIAO A TUTTI
ECCOCI QUI CON IL NUOVO CAPITOLO ^^
SPERO VI PIACCIA!




 
CAPITOLO VENTICINQUE
 
Spaventata guardavo Marco dormire pacifico nel suo letto.
Dopo che la ragazza misteriosa mi aveva detto quella frase, avevo cercato di richiamarla, constatando che aveva spento il cellulare. Nonostante questo però, ciò che davvero mi preoccupava era la reazione che aveva avuto Leonardo.
Mi rendevo conto che la chiamata con suo padre aveva fatto scattare qualcosa in lui e le parole della ragazza mi avevano messa in allerta, quando glie l’avevo detto si era spaventata, ma allora perché non aveva voluto darmi altre informazioni?
Speravo con tutto il mio cuore che non avesse nessuna intenzione di tornare a drogarsi, ma qualcosa nella mia testa mi diceva che molto probabilmente lo avrebbe fatto da un momento all'altro.
«Marco…» mormorai dopo un po' scuotendo il bambino che mi guardò con i suoi grandi occhioni.
«Che succede?»
«Sai per caso dove va Leo quando è triste?» Domandai incerta, mentre il piccolo si metteva a sedere tutto d'un colpo.
«Mi vuoi dire che cos'è successo?»
«Hem...»
«Ale dai, prima te l'ho chiesto e non mi hai, è mio fratello e io non ho tre anni».
Annuii incerta. Non sapevo se dirgli quello che mi passava per la testa fosse giusto, ma se volevo avere una possibilità di ritrovare colui che era ancora il mio ragazzo, dovevo parlare con Marco.
«Credo che abbia parlato con il tuo papà...» mormorai incerta, mentre gli occhi del bambino se possibile si ingrandivano ancora di più, lasciandomi perplessa.
«Devi trovarlo..» fu l'unica cosa che fu in grado di rispondermi anche lui, mentre io lo guardavo ad occhi sgranati. C’era qualcosa che non andava.
Qualcosa che la mia salvatrice e il piccolo sapevano.
Qualcosa che a me ancora non era chiaro.
«Marco, perchè devo trovarlo?»
«Perchè se no succederà qualcosa di brutto...»
«Brutto in che senso?»
«Non lo so, è sempre diverso, ma poi tutti piangono».
«Tutti chi?» Domandai sempre più confusa, mentre il bimbo con sguardo terrorizzato si accoccolava fra le mie braccia.
«La mamma, io, Leo. Ti prego Ale, devi trovarlo prima che succeda».
A quelle parole sospirai, decisa a fare come mi era stato detto.
«Ascoltami bene adesso» esclamai con una voce talmente incerta che il non si azzardò ad aprire bocca.
«Cosa c'è? »
«Adesso tu vai da Mara e stai buono da lei, ma promettimi che non gli dici dove sto andando e nemmeno cosa e successo ok?»
«Si... » sussurrò, mentre io correvo verso la stazione dei Taxi che fortunatamente si trovava a soli dieci minuti dal villaggio vacanza.
 
***
 
Ero spaventata.
Molto più spaventata di quanto non lo fossi già venti minuti prima.
Eppure, gli occhi di Marco mi avevano fatto capire chiaramente che c'era qualcosa che non andava e così, mi ero decisa a seguire l'unica pista che avevo.
Il bambino aveva detto che tutti piangevano e probabilmente, almeno per come la pensavo io, se qualcuno doveva piangere c'era bisogno di trovarsi qualcuno davanti e per questo ero più che convinta che Leonardo stesse andando da sua mamma. Non sapevo ne se tale intuizione fosse giusta, ne il perché Leo avrebbe dovuto recarsi nel piccolo appartamento, ma fare una prova non costava niente.
«Signorina è sicura di avere abbastanza soldi?»  Domandò il tassista dopo un po'.
«Duecento euro bastano che dice?» Risposi a denti stretti, sventolandogli davanti le quattro banconote da cinquanta che fortunatamente avevo in portafoglio.
«Si credo di si..» mormorò in risposta prima di far ricadere nella macchina un silenzio tombale.
Impaurita e infreddolita continuavo a guardare fuori dal finestrino con le lacrime agli occhi.
La mia vita stava andando a rotoli.
Lorenzo che rischiava di morire, un ragazzo drogato, un bambino che subiva maltrattamenti e chi sa che cosa, non sapevo quanto sarei riuscita a reggere ancora. Quando quell’estate ero partita per la Sardegna, ero convinta di trascorrere una stagione tranquilla, fra drink alla frutta, sdraio, balli serali e qualche bagno notturno, sicuramente non mi aspettavo di dovermi preoccupare di così tante cose.
Stavo ancora ragionando su ciò quando la macchina si fermò davanti alla casa gialla che ormai conoscevo da tempo.
A velocità supersonica scesi dal taxi, pagai l'uomo che mi fece un sorriso cordiale e poi corsi fino alla porta rendendomi conto che era aperta.
Così, con il cuore in gola cominciai a fare i gradini due a due prima di ritrovarmi davanti alla porta della soffitta con i battiti un po' troppo accelerati.
 
***
 
Immobile osservai la scena davanti a me senza riuscire a muovere neanche un muscolo. Nascosta dietro un grosso armadio, appoggiato sul pianerottolo davanti all’uscita, con il cuore in gola, le lacrime agli occhi, le gambe molli e la testa leggera.
«Mamma, mamma! Svegliati! Non lo farò più! Te lo giuro! Mamma!» Urlò Leonardo facendomi rabbrividire.
Dentro di me sapevo che non avrei mai dimenticato quel giorno, sua mamma per terra inerme, la mia paura che fosse morta e le mie lacrime che scendevano tutt'altro che silenziose nascoste solo dai singhiozzi di Leonardo molto più forti e vicini dei miei.
Ero terrorizzata.
Nonostante Leo l'implorasse, lei restava svenuta sul pavimento. Guardai quello che era il mio ragazzo con occhi velati abbassarsi anche lui in lacrime e scioccato tentare di rianimare la donna, mentre dalla sua bocca uscivano le stesse parole ormai da qualche minuto
«Non lo farò più, non voglio più quei soldi. Per favore, alzati!»
Sentendolo pronunciare quelle parole, tutti i tasselli cominciavano a tornare al loro posto.
Non riuscivo a credere a quello che aveva fatto! Non riuscivo a credere che fosse arrivato al punto di picchiare sua madre.
Ecco che cosa intendeva Marco quando mi aveva detto che ogni volta succedeva qualcosa di brutto. Ecco perché nei suoi occhi avevo scorto tutta quella paura.
Probabilmente, per l'ennesima volta Leonardo le aveva chiesto del denaro per bucarsi o chi sa cosa, giurandole che sarebbe stato l'ultimo buco, l'ultimo tiro. Solo in quel momento mi rendevo conto che lei sapeva, che quel pomeriggio quando io le avevo detto quella frase lei sapeva già tutto. Aveva fatto finta di niente, forse per non ammettere a se stessa che suo figlio era un drogato, forse perché non voleva problemi.
Incapace di fare un passo per aiutarla, con la sola idea in testa di non farmi vedere assolutamente dal mio ragazzo, mi rannicchiai ancora di più addosso all’armadio cercando di costruire la vicenda.
Era diventata ormai un'abitudine chiederle soldi per la droga.
Davanti ai miei occhi vedevo la scena che probabilmente si era svolta in quella casa pochi minuti prima.
Leonardo che le chiedeva dei soldi.
Il  "no" disperato di sua madre che aveva mandato il ragazzo su tutte le furie e il fatto che non fosse stato più in grado di controllarsi, di fermarsi.
Forse o meglio sicuramente le aveva dato due schiaffi con tutta la forza che aveva, proprio come aveva tentato di fare con Marco quando era arrabbiato, facendola svenire e con quell'idea lo vidi uscire correndo da quella casa dove vivevano in cinque!
Non che fosse brutta si intende, ma vivere in cinque se non addirittura sei in tre stanze con addirittura un gatto e un criceto, lo trovavo assurdo.
Sempre immobile mi avvicinai alla signora ancora stesa sul pavimento per controllare che fosse ancora viva e che non avesse gravi danni o altro facendo un sospiro di sollievo una volta accertatami di ciò.
Se non sbagliavo, come avevo già pensato pochi minuti prima, era a quello che si riferiva Marco e ciò significava che non era la prima volta che succedeva.
Terrorizzata dal sapere la verità presi un bicchiere d'acqua fredda e glie lo lanciai in viso facendo tossire la donna che mi guardò ad occhi sgranati. Forse quella non era stata l’idea migliore, ma era pure la prima cosa sensata da fare che mi era venuta in mente.
«G..Grazie... » mormorò la donna di fronte a me guardandomi con occhi velati di lacrime.
«Non c'è di che…»
«Sai, non credevo che avesse portato anche te, normalmente quando succede così preferisce stare da solo…»
«Infatti non sono venuto con lui, ma ho messo assieme alcune informazioni ed eccomi qui». Sussurrai, constatando che allora avevo ragione io, quella non era la prima volta che succedeva.
«Capisco, comunque mi dispiace per come mi sono comportata questa mattina».
«Non si preoccupi signora, io credevo non lo sapesse...» mormorai incerta, mentre lei scuoteva la testa contrariata. Se non altro sembrava non ci fosse nessun danno celebrale, nel momento esatto in cui le si erano aperti gli occhi, aveva iniziato ad essere attiva.
«Beh, è un po' difficile non saperlo quando mi chiede soldi almeno una volta al mese».
«Succede solo una volta?» Chiesi incerta. Mi pareva strano, se veramente era un tossico dipendente avrebbe dovuto chiedere soldi un giorno si e uno no come minimo, soprattutto pensando alla misera pega che prendeva dal padre di Mara.
«Una volta al mese gli vengono questi attacchi e diventa un'altra persona, ma non sono mai riuscita a capire il perchè».
Annuii, forse io un'idea in testa ce l'avevo.
«Se le dicessi che centra suo marito lei cosa mi risponderebbe?» Domandai cautamente. sperando di non averla offesa o chi sa cos'altro.
«Dico che potrebbe essere possibile».
«Dice davvero?» Dissi saltando in piedi, mentre lei annuiva non del tutto convinta.
«Si insomma, se la sentirebbe di parlarmene?» Tentai ancora dopo qualche minuto di totale silenzio, sapendo benissimo che stavo toccando un tasto pericoloso.
«Hai evitato che i miei figli più piccoli mi vedessero in questa situazione, direi che te lo devo».
Annuii e mi sedetti nuovamente sul divano\letto vicino a lei pronta per sentire quello che stavo cercando di scoprire da tutta un'estate.
«Vedi Alessia, c'è stato un periodo in cui il mio ex marito se ne è andato» mormorò posando lo sguardo sul pavimento, in modo tale che non potessi guardarla negli occhi.
«In che senso? »
«Nel senso che da quando ci siamo messi insieme, non ha fatto altro che andarsene ogni volta che io partorivo, lo ha fatto con la nascita di Leonardo, poi con quella di Marco e avanti così».
«Intende dire che se ne andava e poi ritornava?» Domandai confusa, mentre la donna annuiva.
«Esattamente, nonostante ciò però, la vera separazione c'è stata con la nascita di Filippo».
«Non di Fabio?» Chiesi incerta dato che il piccolino di casa era Feda e non Fili.
«N.. no... » mormorò parecchio sulle spine facendomi annuire.
C'era qualcosa sotto e lo capivo, ma già il fatto che mi stesse raccontando di suo marito mi bastava.
Non volevo esagerare, già me ne rendevo conto, quello era un grosso passo avanti.
«Allora stavo dicendo, Leonardo fin da piccolo ha sempre visto mio marito come un eroe. Voleva essere esattamente come lui, cioè, un bell'uomo con tanto fascino e sempre accerchiato da amici e belle ragazze».
«Descritto così non mi sembra una cattiva persona» esclamai convinta, mentre la signora scuoteva la testa.
«Mi dispiace dissuaderti Alessia, ma le sue amiche erano per lo più prostitute».
«Ah…»  sussurrai incerta lasciandola proseguire.
«Mio marito amava apparire, ricordo che possedeva una macchina sportiva molto appariscente: tutto ciò che un ragazzino desidera avere da grande. Leonardo si sforzava di essere come lui, ma avevano due caratteri troppo diversi. Lui era così esplosivo nella sua spontaneità con tutti, e Leonardo così riservato; per me era uno sforzo riuscire a capirlo».
«Uno l'opposto dell'altro insomma?»
«Possiamo dire che di carattere, il mio ex assomiglia molto a Marco».
«Si però so che di aspetto è uguale a Leonardo».
«Oh si, uguali in tutto e per tutto come due gocce d'acqua!»
«Si me lo avevano detto, dopo che successe?».
«Beh ricordo così bene come ne parlava, come si comportava quando parlava di lui. Io non so cosa ci fosse fra di loro, ma sicuramente qualcosa di morboso. Non faceva altro che parlare di suo padre e si chiudevano ore a giocare da soli in camera. Crescendo però è cambiato qualcosa. Dentro di lui c'era sempre quella brama di voler essere come gli altri, poiché si sentivi profondamente diverso. C'era costantemente quella penombra che lo perseguitava, un'ombra che cercava di soffocare con tutte le sue forze! Credo che si ricordasse di un passato molto più lontano, durante la sua adolescenza, un passato che lo portava all'affannosa ricerca di essere come gli altri e che lo aveva condotto ad una trappola quasi perfetta, che avrebbe segnato la sua vita».
«E poi?»
«E poi è successo che se ne è andato e io ho convinto Leonardo ad andare a scuola in un paese poco lontano da qui per allontanarlo dai pettegolezzi che ormai erano sulle bocche di tutti».
Annuii seguendo attentamente ogni suo movimento.
«Successivamente ha trovato un amico fantastico e successivamente una ragazza con cui è stato per qualche mese quest’anno».
«L’amico era Lorenzo?» Chiesi incerta, mentre lei annuiva.
Ero incerta, se Leo aveva avuto una ragazza significava che ce l’aveva avuta mente io ero a Verona, ma come mai io non ne sapevo niente?
«Si, comunque ora ho sonno. Se non ti dispiace vorrei andare a dormire».
«Si ok…ho solo un’ultima domanda, lei crede che sia stato con l’allontanamento di suo marito che Leo ha iniziato a drogarsi?»
«Ne sono più che convinta…»  Sussurrò cogliendomi di sorpresa.

 
CIAOOOO
ALLORA COSA NE PESATE DEL CAPITOLO
FATEMI SAPERE:D!

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Capitolo 26
*** capitolo 26 ***


CIAO A TUTTI ^^
ECCOMI QUI CON IL NUOVO CAPITOLO
IO FOSSI IN VOI ASPETTEREI CON ANSIA IL PROSSIMO HAHA
POI CAPIRETE PERCHE!

UN BACIONE ^^
E BUONA LETTURA




 
CAPITOLO VENTISEI

 
 
Scioccata dalle notizie appena apprese me ne stavo seduta sulla sdraio della mia terrazza, intenta a bere un the freddo, mentre le parole uscivano di filata dalla mia bocca, in direzione di Mara che ascoltava gli avvenimenti delle ore successiva nel più totale dei silenzi. La notizia che la donna sapesse della droga mi aveva scioccata, perché non aveva fatto nulla per aiutare suo figlio?
Con quale coraggio aveva difeso Leo vedendo la schiena distrutta di Marco? Stavo ancora parlando quando il mio telefono si mise a vibrare.
Feci finta di niente e buttai giù, non avevo nessuna intenzione di parlare con qualcuno, soprattutto se non sapevo a chi appartenesse quel numero.
Mi sentivo male, il mio cuore era spezzato in due e non trovavo giusto che la persona che amavo più di me stessa, stesse così male per qualcosa che ancora non riuscivo a spiegarmi. Ormai l’avevo intuito, suo padre centrava qualcosa, ma cosa?
Leonardo si sentiva inferiore a lui?
Per questo si drogava?
Ero veramente tanto confusa.
«Ale, dovresti parlare con la psicologa...»Mormorò Mara dopo un po' facendomi rabbrividire.
«Di nuovo?»
«Si, l’ultima volta è stata abbastanza utile» rispose, mentre io sbuffavo fra me e me, non del tutto convinta.
«Forse hai ragione…»
«Vuoi che ti accompagni?»
Annuii e presi la giacca.
Erano le dieci e mezza di mattina, i gabbiani volavano bassi sopra il mare e per fortuna Marco era al miniclub a fare le prove per il grande spettacolo che si sarebbe tenuto quella sera. Erano giorni che me ne parlava, e nonostante avessi cercato di mostrare il massimo interesse, continuavo a dimenticarmene.
Ero spaventata, non sapevo se dire alla psicologa che il mio ragazzo faceva uso di stupefacenti. Ero ancora immersa nei miei pensieri che non mi accorsi subito della ragazza della mia età che mi guardava ad occhi sgranati dopo aver aperto la porta. Capelli castani, occhi verdi, espressione sgomenta, decisamente mi ricordava qualcuno, ma non avevo la più pallida idea di chi.
«Hem...ciao. Noi cerchiamo la dottoressa».
«Oh si, io sono sua figlia» rispose dopo qualche secondo di smarrimento, mentre io fra me e me ragionavo che quella voce l'avevo già sentita.
«Tu sei sua figlia giusto? La ragazza che l’altra sera era in ritardo» esclamò Mara all’improvviso con un bel sorriso stampato in faccia, mentre la poveretta annuiva non del tutto convinta.
Probabilmente non le faceva piacere che gli affari suoi venissero raccontati a delle estranee e potevo anche capirla.
Stavo ancora cercando di capire a chi assomigliasse quella ragazza e perché la sua voce mi risultasse tanto familiare, quando la donna che stavamo aspettando, si fece strada verso di noi.
«Oh guarda chi si rivede, ciao ragazze».
«Salve!» La salutammo cordialmente prima di entrare nel suo studio, seguite dalla figlia.
«Vi da fastidio se faccio assistere anche Greta? Sapete, dopo essere rimasta incinta e aver affrontato diversi problemi con i tribunali minorili poco tempo fa, ha deciso di diventare psicologa proprio come me e quindi…»
«Hem certo, non si preoccupi!» Risposi mascherando la rabbia di avere quella tipa li. Non sapevo perché ma c’era qualcosa in lei che mi incuteva ansia e se già parlare con sua madre non era proprio la prima cosa che mettevo sulla mia lista dei desideri, sbandierare i fatti miei ai quattro venti non mi sembrava l’idea migliore. E poi dove diavolo era il bambino? E perché aveva avuto problemi con il tribunale dei minori? Sbuffai e tornai a prestare attenzione alla donna.
«Grazie mille e ora ditemi, che cosa c'è?»
«Beh ecco…» stavo per cominciare a parlare quando il mio cellulare si mise nuovamente a suonare.
Grugnii e questa volta decisi di rispondere dato che era lo stesso numero che mi aveva chiamato qualche minuto prima.
Così, con il cellulare in mano feci segno di scusarmi a tutte le persone presenti nella stanza e poi accettai la chiamata.
«Pronto?»
«Salve, parla Alessia?» Disse una voce calda.
«Hem si... e lei chi è? »
«Salve, sono un'infermiere, la sto chiamando dall'ospedale Otaig, avrei bisogno di poterle parlare a voce».
Spaventata non avevo la più pallida idea di cosa rispondere, mentre il mio cuore batteva a mille. Erano pochi i motivi per cui mi potevano chiamare da quel luogo, il primo in assoluto Lorenzo che ancora se ne stava in coma farmacologico, decisione dei medici che avevano deciso di ripulirlo da tutte le sostanze tossiche e così, con voce tremante mi decisi a porre la domanda cruciale.
«E' successo qualcosa a Lorenzo?»
«Lorenzo, chi è Lorenzo? Qui abbiamo appena ricoverato Leonardo».
«Che cosa?» Urlai saltando in piedi sotto gli sguardi sorpresi di Mara e delle altre due donne. Non ci potevo credere, che diavolo era successo?
Solo poche ore prima l’avevo visto correre fuori di casa sua con gli occhi colmi di lacrime.
«Signorina si calmi, qui c'è stata sua madre fino a qualche secondo fa, ma adesso è corsa via inseguendo un bambino».
A quelle parole buttai giù. Non volevo sentire più niente.
Mara mi guardava incerta, mentre la figlia della psicologa non sapeva più dove posare lo sguardo.
Si vedeva chiaramente che era nervosa e anche se volevo capire il perchè, non avevo nessuna voglia di indagare, o almeno non in quel momento.
«Mi scusi, dobbiamo andare, il mio ragazzo si è sentito poco bene» e con quelle parole presi la mia amica per un braccio e la trascinai fuori dall'edificio.
«Ale che diavolo sta succedendo?» Mi domandò una volta fuori, bloccandosi di colpo, mentre io la guardavo con gli occhi pieni di lacrime.
«Non lo so, ma devo andare in ospedale. Non so per che ora torno, ma ti prego, per le sei e mezza vai tu a prendere Marco e vestilo per lo spettacolo, prometto che cercherò di arrivare in tempo per la sua scena» dette queste parole, salii in taxi prima di dare la destinazione ospedale con un macigno nello stomaco.
 
***
 
Quando arrivai davanti all'imponente struttura ero decisamente fuori di me.
Le mie gambe tremavano e non sapevo come muovermi, ma me ne fregai e lentamente entrai.
Subito mi diressi al reparto dove giorni addietro avevano ricoverato Lorenzo, rimproverandomi di non essere ancora passata a trovarlo, ma dopo tutto, stava ancora abbastanza male.
Bianca come un lenzuolo mi incamminai verso il banco informazioni. Il cuore batteva a mille, le gambe erano molli, le braccia mi tremavano tutte e in viso dovevo avere un’espressione talmente seria e preoccupata che la segretaria, che a quanto pare si chiamava Bella, dato il nome sul cartellino, dopo avermi squadrata da capo a piedi per qualche secondo, si decise prestarmi attenzione.
«Ti senti bene?» Domandò la donna mentre annuivo impacciata.
 «Io sono qui per Leonardo...» stavo per dire il cognome quando fui bruscamente interrotta.
«Il drogato?» A quelle parole rabbrividii annuendo, mentre lei tornava a scrutarmi con interesse.
«Non è che lo sei anche tu vero? Sei così bianca, forse è il caso di farti fare qualche esame prima...»
«Mi ascolti signora» urlai cominciando a piangere «sono bianca perchè la persona che amo è qui da qualche parte e non so che cos'ha! Sono bianca perchè sono preoccupata, se vuole mi faccia delle analisi per convincersi che non sono una tossico dipendente, ma ora la prego, mi porti dal mio ragazzo. Siete stati voi a chiamarmi, io non sapevo neanche che si trovasse qui, ho preso un taxi e sono corsa in questo diavolo di posto che tanto odio, quindi la prego, mi aiuti».
A queste parole in tutto il corridoio scese un silenzio di tomba, mentre tutti gli occhi delle infermiere erano puntati su di me, come se me ne fregasse davvero qualcosa. Volevo vedere Leo, era l’unica cosa che mi interessava, volevo assicurarmi che fosse vivo, volevo sapere cosa diavolo era successo e una volta per tutte, volevo sapere il motivo per cui aveva iniziato a drogarsi!
«E' la prima porta a destra... » mormorò la donna incerta, prima di riprendere il discorso  «credo che adesso stia dormendo, ma se ti fa piacere resta pure con lui. »
Annuii a quelle parole e senza rispondere seguii le sue istruzioni prima di ritrovarmi davanti ad una porta bianca.

 
CIAOOOO 
ALLORA CHE NE PENSATE!?

VI E’ PIACIUTO IL CAPITOLO?
SECONDO VOI CHE SARA’ SUCCESSO A LEONARDO?
E A CHI ASSOMIGLIA GLORIA?
FATEMI SAPERE, UN BACIONE CIAOOO:D

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Capitolo 27
*** capitolo 27 ***


CIAO A TUTTI :D
ECCOCI QUI CON UN NUOVO CAPITOLO, SE QUELLO VECCHIO VI E’ PIACIUTO, CREDETEMI CHE QUESTO LO ADORERETE!!
VI LASCIO SUBITO ALLA LETTURA!
UN BACIONEEEE

 



 
CAPITOLO VENTISETTE

 
 
“Dodici piastrelle blu e sei piastrelle rosse” mormorai fra me e me, ricontando per l’ennesima volta i quadrati incastonati sul soffitto. Da quando mi ero precipitata in ospedale, avevo fatto in tempo a bermi tre bottigliette di the alla pesca, mangiarmi due merendine, andare a vedere come stava Lorenzo, contare una miriade di volta le piastrelle della stanza e fare una serie di partite a ruzzle, ma in tutto quel tempo, Leonardo non aveva dato segni di vita. Più volte i medici erano entrati nella sua stanza regalandomi una serie di occhiate comprensive che avrei tanto voluto evitare, addirittura qualcuno si era pure preso la briga di chiedermi se volevo qualcosa da bere e così, mi ero ritrovata con una cioccolata calda in mano, in una delle giornate più afose dell’intera estate. Come se non bastasse, nessuno si era ancora preso la briga di spiegarmi che diavolo stava succedendo, dopo che erano stati loro a chiamarmi, infatti,  continuavano a sostenere che per obbligo morale nei confronti del paziente avevano la bocca cucita. Stavo per alzarmi intenzionata a comprare l’ennesima bottiglietta di the alla pesca, quando all'improvviso una mano mi accarezzò i capelli.
Sobbalzai a quel tocco delicato e mi girai ad osservare il mio ragazzo.
I capelli biondi tutti attaccati alla faccia, due occhiaie da paura, un sorriso forzato e gli occhi azzurri completamente assenti.
«Leo» mormorai, mentre due grossi lacrimoni scendevano dai miei occhi.
«Shh amore mio è tutto a posto».
«Pensavo di averti perso» dissi ancora fra i singhiozzi, mentre lui continuava ad accarezzarmi il viso con le sue mani magre.
«Non me ne vado da te, te lo prometto».
Annuii a quelle parole e lo abbracciai forte prima di svegliarmi all'improvviso da quell'incubo.
Con gli occhi ancora velati di lacrime mi misi a sedere sul suo letto non prima di avergli dato una forte sberla che gli fece girare la testa dall’altro lato. Sapevo che probabilmente non avrei dovuto farlo, ma ero così arrabbiata, oltre che così spaventata, che non ero riuscita a trattenermi.
«Ora tu mi spieghi che cosa è successo».
«Io non.. »
«S U B I T O» sibilai a denti stretti guardandolo di traverso. Non mi interessavano più le solite risposte, volevo la storia per intero, volevo sapere la sua versione dei fatti, e dopo qualche secondo, con mia grande sorpresa, si decise a rispondermi.
«Ok ok... »
«Voglio tutta la verità» continua pronta ad ascoltare, mentre il ragazzo incerto cominciava a parlare posando lo sguardo sul pavimento, probabilmente convinto che fosse meglio non guardarmi mentre raccontava.
«Tutto cominciò in una calda e noiosa estate dopo la terza media. Io, fumavo già da un po', m io papà se ne era appena andato lasciandomi completamente solo in balia dei miei sentimenti. Ero molto arrabbiato, volevo andare a vivere con lui, me lo aveva promesso e non riuscivo a capire come fosse possibile che mi avesse abbandonato a casa con mia mamma, persona con cui non riuscivo ad andare d’accordo».
«Quindi avevi tredici anni?»
«Si, fatto sta che mia mamma stufa delle continue litigate che avvenivano fra i muri domestici, mi mandò qui a studiare, per allontanarmi dal mio paese e dai pettegolezzi frequenti che ormai erano sulle bocche di tutti».
«Quindi a tipo più di un'ora da casa tua?»
Annuì alle mie parole e dopo avergli stretto la mano, lo lasciai proseguire. «Settembre e eccomi trasferito a Domus De Maria, capirai bene la differenza fra il mio piccolo paesino alla cittadina dove siamo ora».
«Hem si, effettivamente…»
«Ecco... ormai senza amici da tanto tempo, dato che venivo ritenuto strano per via dei comportamenti tenuti alle medie, mi isolo. Le sere, tutti andavano in discoteca a ubriacarsi, ma terrorizzato alla sola vista della birra... »
«Come mai tutta questa paura?»
«Beh ecco, diciamo che mio papà con l'alcol non ci andava leggero, però preferirei non parlarne».
«S..si.. come vuoi». Risposi lasciandolo andare avanti, mentre un po' più addolcita di qualche minuto prima, gli accarezzavo i capelli biondi.
«Stavamo dicendo, terrorizzato dalla sola vista della birra mi rifiutavo di seguire gli altri, anzi, me ne andavo in giro per la città a studiare un po' le strade, i negozi ed è proprio li che lo incontrai, lo vedevo tutti i giorni e continuai a studiarlo per parecchio tempo, era uno dell'ultimo anno, di sicuro bocciato più volte. Lo vedevo fumare, ridere con i suoi amici, baciare ragazze, insultare professori. Continuai a seguirlo per giorni interi, iniziai a vederlo anche a scuola, aveva una fila pazzesca di ammiratrici, molti amici, tutti un po' strani, ma comunque tanti, sembravano simpatici, era il bello, il bullo della scuola, esattamente quello che avrei voluto essere io. Aveva il suo fascino e riusciva a conquistare l'attenzione di tutti quelli che volevano diventare qualcuno, proprio come il mio papà».
«Non eri popolare da piccolo» ipotizzai sorpresa.
«No.. facevo tappezzeria».
«Scherzi?» Chiesi incredula, mentre lui scuoteva la testa.
«Ero uno sfigato fino a quando non ho conosciuto Diego».
«Diego è il ragazzo di cui mi stai parlando?»
«Si, e pensa che in gruppo con lui c'era anche Lorenzo. Fatto sta che continuai a seguirlo, ormai era diventato quasi un passatempo e un giorno ecco che si accorse di me. Ricordo perfettamente quella serata, ci trovavamo in una piccola via illuminata solo da qualche lampione, in silenzio si girò verso di me, mi guardò negli occhi, mi squadrò attentamente e mi chiese una sigaretta, impaurito e felice che il ragazzo mi avesse notato glie la offrii con fare da duro e forse quello è stato l'errore più grande della mia vita».
«In che senso?» Domandai, ma Leo se ne fregò continuando la sua storia.
«Il ragazzo cominciò a portarmi in giro, ormai eravamo una cosa unica, mi presentò i suoi amici, mi convinse ad andare a parlare con la ragazza che mi piaceva. Tutto procedeva bene nella nuova scuola, mi ero ambientato, avevo trovato degli amici, mia mamma sarebbe stata felice, se non fosse stato per il fatto che avevo cominciato a girare con dei drogati. All'inizio andavo solo in giro con loro, io e Lorenzo facevamo gli autisti, gli portavamo a casa in motorino quando erano troppo fatti anche per stare in piedi... poi però arrivò Jessica con la sua amichetta, cominciai a fumare non solo sigarette, ma anche cannoni. La cosa mi prendeva, mi faceva sentire invincibile, mi faceva dimenticare tutto il male che mi aveva fatto mio papà…»
«Amore…» mormorai senza sapere perfettamente cosa dire. Si vedeva che stava male per quello che era successo e sicuramente lo era ancora di più rivangare i vecchi ricordi.
«Si? »
«Io... io ti amo...» mormorai baciandolo a stampo e facendo apparire un mezzo sorriso sul suo volto.
«Lo so, se no non saresti qui».
Annuii mentre lui mi prendeva una mano prima di continuare con gli occhi chiusi puntati sul soffitto.
«Quando mi facevo, la mia famiglia non esisteva più, i miei fratelli erano acqua passata, il piccolo non mi conosceva e il grande era meglio che mi dimenticasse, mentre mia madre era da tanto che non la sentivo e me ne fregavo, stavo meglio senza di lei».
«Non ci credo…»
«Si amore, in quei momenti la pensavo così e solo adesso mi rendo conto della crudeltà che mi circondava...»
«Ma... »
«Shh, lasciami continuare».
«Si ok scusa..» mormorai incerta, mentre lui riprendeva.
«Dopo un po’, la mia ragazza ha cominciato a sospettare qualcosa e poi essendo la migliore amica di Jessica sapeva perfettamente con che gente andavo in giro. Ha provato a parlare con me ma ho negato l'evidenza dei fatti. Ha provato a parlare con mia madre con l'unico risultato di essere definita una bugiarda. Così piano piano lei ci ha rinunciato, ha continuato a stare con me facendo finta di niente, eravamo innamorati e niente e nessuno poteva dividerci o almeno questo è quello che pensavamo.
«Adesso non c'è più…»
«Adesso ci sei tu e sei meglio di lei» disse baciandomi dolcemente.
«Ne sei sicuro?»
«Fidai di me, su questo non ti mento, lei mi ha abbandonato nel momento del bisogno. Comunque finche sono in grado, lascia che continui».
«Si amore» risposi abbandonando la sedia per distendermi vicino a lui.
«Il ragazzo a cui avevo offerto la sigaretta, Diego, che fino a poco tempo prima era il mio protettore, il mio migliore amico, cominciò a darmi degli ordini precisi, dovevo spacciare e ormai non solo canne. Nel giro di poco tempo ero diventato un vero tossico!
Sniffavo,  fumavo ma fortunatamente non mi bucavo. Ero solo all'inizio, ma comunque era arrivato il momento di diventare spacciatore»
«Ma avevi tredici anni!»
«Eh già, ma fidati, c'era un tipetto di undici che girava ed era uno degli spacciatori più ricercati».
«E tu, tu a che livello eri, cosa facevi?» Domandai con fin troppa foga, mentre un sorriso divertito appariva sul viso del mio ragazzo.
«Io cominciai a rubare. Il capo del club era diventato il mio idolo, qualsiasi cosa dicesse diventava legge e fu veramente un brutto colpo quando in uno dei giri serali si accasciò a terra davanti ai miei piedi, prima si contorse, poi svenne cominciando a vomitare sangue, per poi finire in overdose. Chiamai l'ambulanza, ma per il mio amico ormai era troppo tardi . Quella fu la prima volta che vidi morire un compagno».
Inorridita dalle sue parole non sapevo cosa dire. Trovavo spaventoso che un ragazzino di quell'età potesse vedere in faccia la morte e non avrei mai creduto che lui potesse aver avuto quel privilegio così orribile. Com’era possibile che non fosse impazzito?
Che non avesse avuto bisogno di uno psicologo?
Io al solo sentir raccontare quella storia avevo la pelle d’oca, perché lui no?
«E poi che successe?» Chiesi dopo un momento di esitazione.
«Beh, pochi giorni dopo la polizia è arrivata a scuola chiamata dal preside, ci furono delle ispezioni, tutto il resto della compagnia era già esperta in quel campo e sopratutto più grande, riuscirono a sfuggire.
Tutti tranne me.
Mi chiesero di rintracciare i genitori, gli diedi il numero di mio padre per non far scoprire a mia madre la brutta strada che avevo preso. Mio papà se ne fregò, disse alla polizia di mettermi in prigione o dovunque dovessero mandarmi».  Mormorò Leonardo rabbrividendo, mentre io sempre più esterrefatta lo abbracciavo forte. La storia forse era peggio di quella di Lorenzo e più andava avanti a raccontare più me ne convincevo. Per qualche minuto restammo li in silenzio, stretti uno all’altra, con l’unico rumore delle macchine dell’ospedale che rimbombava forte nelle nostre orecchie.
«Ale, io non ce la faccio a continuare, fa troppo male...» mormorò poco dopo, mentre io gli baciavo la fronte.
«Amore ce la devi fare, io sono qui con te a sostenerti e stai tranquillo che se hai bisogno io ci sono, se ti liberi da questo peso, sono sicura che starai meglio».
«Dici? »
«Ne sono sicura». Risposi, mentre lui annuiva prendendo un respiro profondo prima di continuare.
«In riformatorio visto che ero ancora troppo piccolo per il carcere la voglia della droga continuava ad esserci e di sicuro non sparì. In riformatorio di droga ce ne era e anche tanta, non mancava, anzi, era più facile trovarla.
«Ma non dovrebbe essere tipo super controllato?»
«Si dovrebbe, ma non è così».
«Ah... bello a sapersi».
«Già, unico problema, l'unico tipo di droga che trovi li, sono le siringhe, questo vuol dire che cominciai a bucarmi. Per mia fortuna però, dopo due o tre decisi di smettere o meglio per paura delle siringhe riuscii a disintossicarmi. Successivamente, per buona condotta, mi fecero uscire prima del previsto. Tornai a scuola e feci un' anno sereno fino a quando il desiderio della droga ricomparse principalmente causato dalla morte di Jessica e dai sensi di colpa nei confronti del mio migliore amico, visto che la torta di compleanno a base d’erba era la mia e cosi, senza tanti problemi riuscii a rientrare nel circolo vizioso».
«Quindi tu avevi smesso?»  Chiesi con un groppo in gola.
«Si, ma quando oltre a Diego è morta anche Jessica il mo mondo è crollato».
«Ci credo amore, ci credo è solo che eri così piccolo…»
«Lo so,  ma anche se ero piccolo, grazie all'amicizia che avevo instaurato con Diego prima che morisse, e grazie all’esperienza trascorsa in carcere minorile, diventai il nuovo capo del gruppo, venerato da tutti e comandato da neanche uno. Come se non bastasse a casa nessuno sospettava niente, i compiti in classe andavano bene per il semplice motivo che per una siringa regalata il compito mi veniva fatto da un altro. Ormai la droga era l'unica ragione di vita, la mia ragazza, quella di cui ti ho parlato prima, l'avevo persa alla morte di Jessica, lei dava la colpa a me, diceva che se sulla mia torta ci fossero state 14 candeline invece che quattordici canne, probabilmente la ragazza sarebbe stata ancora viva e probabilmente ha ragione».  Sussurrò asciugandosi una lacrima solitaria che gli stava scendendo giù per una guancia.
Tremai a quelle parole, potevo solo immaginare la disperazione di un ragazzino che si trova a veder morire una ragazza e come se non bastasse, si prendeva pure la colpa di tutto ciò.
Allo stesso tempo però capivo la disperazione dell’amica di Jessica, a qualcuno doveva dare la colpa, e probabilmente arrabbiarsi con Leo era stata la cosa più semplice, soprattutto dopo che aveva preso il comando della truppa, nonostante gli avvenimenti appena accaduti.
«Gli amici, gli amici erano solo quelli che facevano parte del mio gruppo di drogati, i tossici come me. Diventai lo spacciatore più ambito della scuola e diventai anche un vero e proprio dipendente, non potevo stare senza droga per un giorno, non ci riuscivo. A costo di rubare, di imbrogliare chiunque, dovevo farmi. Neanche la paura degli aghi ormai faceva più effetto, giorno dopo giorno ci scambiavamo le siringhe, le riusavamo, molti si ammalavano di AIDS, altri morivano per overdose. E poi…» mormorò girandosi verso di me con gli occhi lucidi.
«E poi?» Chiesi spaventata, visto che si era bloccato.
«E poi ho conosciuto te...» sussurrò, baciandomi dolcemente.
«Me, mi stai dicendo che tu fino a un mese fa eri un tossico completamente andato?»
«Si, e comunque credo di esserlo ancora. Fatto sta che certi si ammalavano, altri andavano in overdose e poi, all'improvviso è successo anche a me».
«Oggi…» mormorai, collegando all’improvviso tutti i tasselli, con il cuore in gola, mentre lui annuiva.
Ora capivo realmente che cosa ci faceva in ospedale, solo in quel momento compresi che non era Lorenzo l'unico a stare male, l'unico ad avere bisogno di una mano.
Leonardo forse era messo peggio di lui.
Con le lacrime agli occhi guardai il ragazzo che amavo, e per la prima volta nella mia vita mi resi conto realmente del casino in cui mi stavo invischiando.  Droga, spaccio, morti, overdosi.
Tutto quel mondo non mi apparteneva.
Io che fino a poche settimane prima passavo le mie giornate a guardare film rosa e a fantasticare sul principe azzurro.
Io che trascorrevo il tempo a sognare ad occhi aperti un futuro rose e fiori, come diavolo avevo fatto a ritrovarmi coinvolta in quel pandemonio?
«Che cos'è successo precisamente?» Chiesi non riuscendo più a trattenere la domanda, stringendomi ancora più forte a lui.
«beh ecco, dopo aver sentito mio papà al telefono ed averci litigato, sono scappato via e mi sono fatto neanche io so di cosa. Penso però di aver esagerato, non mi reggevo più in piedi, vomitavo. Sono entrato in un bar, tutti mi guardavano male, ho pregato un signore di chiamare un'ambulanza..»
«Quindi ci sei venuto di tua spontanea volontà in ospedale».
«Beh, se no morivo valuta te e poi,  poi volevo vederti un'ultima volta prima di farla finita».
«Sei un'idiota, continua comunque, che è successo dopo?»
«Sono stato in ospedale per parecchie ore, hanno chiamato mio papà ma ha risposto che non gli interessava niente e io sono andato in crisi, non volevo parlare, non volevo aprire bocca per farli rintracciare mia madre, soprattutto dopo quello che ho combinato poco fa...»
«Di quello ne parliamo dopo,  so già tutto, ma dimmi, hai dato il mio numero alla fine? So che è stata qua».
«No, io non glie l’ho dato. Non so come l'abbiano avuto. Fatto sta che poi anche senza il mio aiuto, l'hanno chiamata. E venuta con Marco e Filppo . Mia mamma piangeva, ma non mi interessava. In quel momento ero solo arrabbiato che fosse li, che mi vedesse in quello stato e poi continuavo a pensare a te».
«A me?»
«Si a te, non sapevo se mi avresti parlato ancora o no dopo quello che ho combinato».
«Capisco... e poi, perchè non è qui, che è successo?»
«Beh...io ero arrabbiato e fino a qualche ora fa, come ti ho già detto, non mi era neanche passato per l'anticamera del cervello di disintossicarmi. E' stato Marco quello che mi ha fatto pensare. Se ne stava li appoggiato alla porta, gli occhi rossi dal pianto, mi guardava sgomento senza capire cosa mi stava succedendo, mi guardava le braccia, impallidiva alla vista del fratello una volta perfetto, un esempio da seguire e ormai cosi brutto, trascurato. Mia mamma non parlava e il piccoletto si è avvicinato, mi ha guardato negli occhi e mi ha sussurrato in un orecchio di odiarmi, poi è scappato via.
«Stai dicendo che Marco ha fatto una cosa del genere?» Chiesi sgomenta , mentre il ragazzo annuiva.
Stavo per rispondere che non era da lui quando mi ricordai improvvisamente di un dettaglio importante. Che diavolo ci faceva Marco in ospedale se avevo dato a Mara il compito di andarlo a riprendere al miniclub solo quella sera?
Come diavolo aveva fatto ad arrivare li prima di me?
Come mai si era comportato così?
Incerta chiesi spiegazioni a Leo, ma lui, oltre che stringersi nelle spalle non fece altro, continuando a guardarmi con occhi stanchi.
«Non so come mio fratello sia arrivato qui, anche se scappare è una delle sue arti preferite, fatto sta che lo ha fatto anche dopo avermi urlato in faccia quelle cose ed infatti mia mamma lo ha rincorso».
Annuii incredula, quello era molto più di quanto mi aspettassi.
Avevo scoperto tutta la storia di Leonardo e questo mi metteva sia tranquillità sia paura.
Continuammo a parlare per un'altra ora, questa volta del più e del meno fino a quando mi addormentai fra le sue braccia.
Avevo ricevuto un carico di informazioni talmente grande che ancora non ero ben riuscita a mettere le cose al loro posto, ma una domanda, anche nel sonno, continuava a vagare solitaria.
Cosa diavolo dovevo fare io?

 
CIAO A TUTTI!!
COSA NE DITE DEL CAPITOLO?
NON VE LO ASPETTAVATE VERO? **

PENSO SIA UNO DEI MIEI PREFERITI, POTETE GIURARCI 
FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE <3

UN BACIONE CIAOOOO
 

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