Odore di freddo, pioggia e fumo.

di thesoulofthewind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jude Seen ***
Capitolo 2: *** Confronti ***
Capitolo 3: *** Sfoghi ***
Capitolo 4: *** Alcol ***
Capitolo 5: *** Dubbi ***
Capitolo 6: *** Demian ***
Capitolo 7: *** Unclear ***



Capitolo 1
*** Jude Seen ***


“non è nostro compito quello di avvicinarci, così come non si avvicinano tra loro le stelle e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro e d’imparar a vedere ed a rispettare nell’altro ciò ch’egli è: il nostro opposto e il nostro complemento. Hermann Hesse, Narciso e Boccadoro.



Parte 1.

Cara Mamma, immagino saresti davvero contenta di me ora, se mi vedessi. Sean e Rose sono due persone stupende, sul serio. Credo che stavolta starò bene, non dovrò fare come al solito. Ti scrivo solo ora perché fino ad adesso non conoscevo la zona, e quando sono arrivato ci ho impiegato un po’ a trovare le parole giuste per dire a Rose che ti scrivo. Inaspettatamente lei ha sorriso, e mi ha accompagnato subito in una cartoleria vicino a casa. È una donna davvero gentile. Di quella gentilezza che si vede dagli occhi, dalle rughe di espressione hai lati della bocca, per i troppi sorrisi. Quel tipo di bontà che ti attraversa come un dato di fatto. Una volta arrivati a casa mi ha chiesto da quanto tempo ti scrivo, invece di chiedermi il motivo. Lei sa,  e ho apprezzato il fatto che non abbia rigirato il coltello nella piaga. Sean occupa un posto neutro in questo discorso. Sono qui da una settimana, ma già Sean si comporta in modo piuttosto intimo con me. Una sera, mi ha mostrato la Stanza Dei Trofei. Ovvero, un’enorme stanza posta al piano superiore con i trofei vinti da lui e suo figlio. Già. Rose e Sean, seppur essendo molto giovani, hanno già avuto un figlio. Quando l’ho scoperto sono rimasto piuttosto sorpreso. Ha ventidue anni, per giunta. Non ho chiesto, ma immagino che Rose sia stata una ragazza madre.  Per quanto ne so ha iniziato l’università da tre anni. Giurisprudenza, come il padre. Non l’ho mai visto. Ha fatto una vacanza studio in un’altra città, e ne ha approfittato per farsi un viaggetto con degli amici. Tornerà i primi di Settembre. Rose mi ha detto che si chiama Aidan, come suo nonno. Tre giorni dopo che mi hanno parlato di lui, ho trovato il coraggio di chiedere a Rose perché ha voluto me, se già un figlio lo aveva. Ha fatto una faccia che poco le si addiceva, come se portasse un grosso peso addosso. Ha avuto una malattia. Non ha potuto avere altri figli per anni. Alla fine, tre anni fa, Sean ha proposto l’idea di un’adozione. Così, dopo tutto quel tempo, mi avevano portato a casa. È una storia triste. Vedere il viso di Rose così dilaniato dal dolore, mi ha fatto piangere. Sono sempre stato troppo sentimentale. Me lo dicevi sempre, vero? Tu non sbagli mai. Solo una volta, ma sai che non sono capace di portare rancore. Mancano cinque settimane all’inizio della scuola. Frequenterò la quarta superiore in un altro istituto. L’ultima mia scuola è fin troppo lontana, impossibile da raggiungere. La cosa che odio di più è che non conosco nessuno qui, Mamma. Rose mi ha proposto di invitare qualche vicino a casa. Ci sono un paio di ragazzi pressappoco della mia età, qui intorno. Potrebbero usare la piscina. Già, abbiamo una piscina! Di quelle grandi, interrate. Con lo stipendio da avvocato di Sean e da fotografa di Rose, hanno messo su una bella casetta. La verità è che sono abbastanza preoccupato su tutto. È tardi, ma proprio non riesco a dormire. Questo pomeriggio sono arrivati anche dei parenti di Sean. Mi hanno guardato storto all’inizio, credo a causa dei miei capelli. Lasciano sempre tutti un po’ interdetti, a primo impatto. Hanno pure voluto sapere per quale motivo fossero così! È stato divertente vedere le loro facce mentre gli raccontavo di come Finn, quando stavo ancora alla casa famiglia, mi mescolò del decolorante nello shampoo. Ancora più divertente è stato raccontagli di come la mia tutrice, una volta visto il danno, mi portò dalla parrucchiera. Quella si era fatta una gran risata, e infine aveva optato per tagliarli tutti, e farli ricrescere. Al mio rifiuto, aveva deciso di tingerli per farli sembrare più uniformi, per rendermi meno spaventoso. L’effetto mi era piaciuto tantissimo. Troppo. Finii per tingermi i capelli di bianco per il resto della vita. Avevano riso tutti a questo punto, e poi si erano spenti. La cosa mi aveva messo inquietudine addosso, e alla fine la conversazione era svoltata altrove. Per fortuna, altrimenti non avrei più avuto aneddoti interessanti da raccontare. Sono una persona piuttosto noiosa. Ora devo andare. Domani cercherò di parlare con qualcuno, non posso stare a casa tutto il giorno, almeno secondo Rose.
Aspettandoti, Jude.
 
 
Quattro settimane dopo


Il telefono vibra fastidiosamente sul comodino, troppo distante dal letto per essere afferrato. Tanto so già chi è. Davis dovrebbe rivedere la sua tabella oraria. Saranno le sette di mattina. Non ho nessunissima voglia di svegliarmi alle sette, in estate. È socialmente inaccettabile. Il telefono si ferma. Dopo tre minuti ricomincia, per la quinta volta. Il tonfo che faccio cadendo dal letto è notevole, ma alla fine recupero l’aggeggio. Apro la chiamata, ma non sento il bisogno di dire nulla. Non che ne abbia la possibilità. –Jude Seen di merda devi piantarla di andare a dormire così tardi. Sento la puzza del tuo sonno da casa mia, razza di..- -ti voglio bene anche io.- la mia voce suona biascicata, dettata dal sonno. –ma sono le sette di mattina, quindi, ti prego, non offenderti se chiudo la chiamata.- detto questo, lascio cadere il cellulare sul letto, interrompendo la chiamata. Mi passo una mano sul viso. Ormai non riuscirò a riprendere sonno, Cristo. Esco e mi faccio una doccia.
Quando torno lancio un urlo ben poco virile, alla vista di Davis seduto sul mio letto, che mi passa in rassegna la rubrica. Quando sente il mio urlo, alza lo sguardo e mi lancia un sorriso simile a quello di Satana. –I tuoi urli da ragazza mi attizzano.- arrossisco di botto, per poi lanciargli addosso l’asciugamano che usavo per i capelli addosso. –esci di qua, subito.- lui fa una smorfia, ma la mia la sovrasta. –okay Judy, ti lascio la tua privacy tesoro.- -Judy? Sul serio?.- lui mi fa una linguaccia poi va via, sempre con in mano il mio cellulare come fosse suo, e andando presumibilmente in salotto. Sospiro e mi vesto.
 
-ehi, chi è questa figa?- mi mette il cellulare davanti alla mia tazza di cereali, per attirare la mia attenzione. Sulla schermata vedo la foto di Sarah, una mia amica della vecchia scuola. –è un’amica- il suo sorriso inizia a inquietarmi di più ogni giorno che passa. –solo un’amica, Judy?- fa la faccia da maniaco sessuale, anche se crede di somigliare a qualche sexy attore televisivo. –già- gli tolgo il cellulare di mano –è solo un’amica, credimi.-
 Certo che è solo un’amica, Jude. Tu sei gay.
-beh,- dice il mio strambo vicino di casa, alzandosi dal tavolo della cucina per buttarsi sul divano. –rimane una gran figa.- ride, e rido anche io, perché la sua stupidità non ha limiti. Mi chiedo come faccio ad essere suo amico. Lo raggiungo in salotto, e dopo averlo guardato male do vita hai miei pensieri. –com’è che sei mio amico..?- Lui fa un sorrisetto, poi mi fa una faccia buffa. –era una giornata molto calda, ho visto la piscina e..- gli lancio un’occhiataccia. Lui ride. –dai, lo sai che ti adoro.- adesso ridiamo entrambi. Veniamo interrotti dalla porta che si apre. Rose è raggiante, oggi. Si avvicina e mi da un buffetto sulla guancia. Davis fischia. –chi non muore si rivede, Davis.- -ma non sono morto, signora!- lei sospira. –già, lo so. Sei sempre qua.- poi sorride e inizia a scaricare grossi scatoloni sull’entrata.
-che succede?- dico. –Aidan. Arriva domani mattina, e volevo sistemare i mobili nuovi in camera sua. Così per una volta non farà il muso. Ah, se per te va bene domani ceniamo fuori, così festeggiamo il suo ritorno e il vostro incontro.- annuisco, ma senza troppa convinzione. Sono piuttosto agitato. Da quel che mi ha detto Davis, che abita vicino a noi da molto tempo, è un tipo strano. Mi ha detto che più di una volta lo ha inquietato, e che frequentava il suo stesso istituto, che poi sarà lo stesso per me, prima di andare all’università. Tipico ragazzo popolare, voti nella media e un’alta fama sportiva. Canne dietro la scuola e feste sfrenate il sabato sera. Caratteraccio. Ho visto qualche sua vecchia foto, ma sinceramente non ho mai neppure cercato il suo profilo facebook. Tutto ciò che so viene dai racconti del mio strambo e rosso amico (perché si, i suoi capelli sono degni di un Weasley) e dei miei adulti speciali. Chiamarli genitori mi è impossibile. –ehi judy, una partita?- Ci pensa Davis a distrarmi, passandomi il controller.
Dopo aver passato l’intero pomeriggio a giocare ai videogiochi, Davis fa una faccia strana. Non strana, ma la definirei diversa. Sembra stanco. Eppure non abbiamo proprio fatto nulla. Poi si accorge che lo guardo e mi sorride come sempre, e io non posso fare a meno di pensare a quanto esso sia bugiardo. Ritorna al videogioco, mentre io mi ripeto che la gente a volte ha bisogno di non essere capita.
Perché se davvero lo capissi, e lui vorrebbe che io lo comprenda, non sorriderebbe così. Ma non importa.
-okay, sto nuotando nel mio sudore.-
-che schifo.-
Storto il naso, cosa che faccio sempre quando penso a qualcosa di disgustoso. Davis ride. –e lo stai facendo anche tu, Judy. Piscina?-
-non aspettavi altro da tutto il pomeriggio, vero?- -che cattivo, comunque si, tesorino.- sbuffo e lui corre fuori, mentre in contemporanea si sfila la maglia che ha addosso. Io rido, poi lo seguo. Il tuffo che fa bagna inevitabilmente anche la mia maglia, che mi sfilo. Piano, tastando prima l’acqua con un piede, entro. Odio l’acqua fredda, ma fortunatamente è abbastanza tiepida. Come al solito il rosso mi punta un dito addosso, con lo sguardo di un medico. –ma tu mangi qualcosa, Jude Seen? Sei bianco come un cencio.-
Alzo gli al celo, la solita solfa.
-mangio e tu lo sai, D.- -eppure sei bianco come una ragazzina perennemente a dieta. Sei troppo magro.-
Lo fisso, poi fingo una faccia offesa. –sai distruggere la mia autostima in pochi secondi, ogni volta.- lui sorride. –è il mio intento.-
Rimaniamo a nuotare e annegarci a vicenda per qualche ora, poi verso le otto Mia si affaccia al cancello di casa, e poi ci saluta. I capelli dello stesso colore del fratello sono legati in una treccia lunga. –Entra!- gli dico, sorridendole. Ha la mia stessa età, gemella di Davis. Non ci frequentiamo molto, ma è davvero simpatica. Lancia un’occhiataccia al mio amico. –mamma si sta chiedendo dove sei andato a finire, idiota. È pronta la cena da mezzora, e non rispondi al telefono.- -cazzo.- vedo il mio amico schizzare fuori dalla piscina e asciugarsi alla bell’e meglio infilandosi la maglietta. –devo scappare, Judy. Buona fortuna con l’universitario.- rido, ma sono nervoso.
 
Dopo cena mi chiudo in camera. Inizialmente voglio scrivere a mia madre, poi mi rendo conto che sono più propenso a buttarmi a letto. Tiro fuori il libro che sto leggendo ultimamente, e inizio a leggere rannicchiato tra le coperte. Sto per finire la pagina quando sento il motore dell’auto del ragazzo di Mia, che puntualmente la carica, le fa fare un giro per il quartiere, e infine si piazza dietro i cassonetti per permettere hai passeggeri di pomiciare per un oretta. Non sono un guardone, ma semplicemente è evidente. Non ho neppure mai visto il ragazzo, anche se so già che non merita Mia. Lo spiega il semplice fatto che le suona dal clacson, invece di andare alla porta, presentarsi ai genitori e tutta quella roba li. Comunque sia, ognuno sceglie le battaglie da intraprendere, Mia ha scelto lui. E va bene così.
Vado a dormire solo verso le tre, quando Sean viene a dirmi che sarebbe il caso di smettere di leggere. Immagino che avrebbe preferito un figlioccio più simile a lui, sportivo magari. È troppo gentile per farmelo pesare. Mi da un bacio colmo di sonno, e poi se ne va. E io sono nervoso, perché senza il libro  a riempirmi la mente non posso pensare ad altro che ad Aidan. Aidan Groove. Prossimo non-fratello. Carattere orribile. Bene. Solo il fatto di avere cognomi diversi segna la nostra prematura disarmonia. Sono davvero preoccupato.
 
 
 
Stamattina nessuna chiamata mi sveglia. Forse è per questo che lascio il letto solo a mezzogiorno. Sono distrutto. La verità è che passo la notte a rotolare nelle coperte, a sentire caldo, a pensare pensare e pensare fino alla mattina, quando mi viene sonno. L’universo è crudele. Mi infilo una maglia a caso, e dei jeans lunghi. Sfortunatamente sono gli unici puliti. Solo muovere le dita mi fa sudare. Non mi faccio neppure una doccia, sono troppo stanco. I capelli sono un disastro, e mi cadono sugli occhi continuamente. Afferro il cellulare e mi muovo apaticamente verso le scale. In cucina afferro una mela e mi butto distrattamente sul divano, mentre scorro i messaggi che mi sono arrivati fin ora. Diciassette sono di Davis, due di Sarah, uno di Rose. Lo apro. Mi chiede come va con Aidan, che dovrebbe essere appena arrivato.
Aidan.
Alzo gli occhi, e un ragazzo è seduto sull’ala del divano di fronte a me. Mi scruta truce.
-a me non lasciavano mangiare sul divano.- è tutto quello che dice, poi ritorna a fissare il suo cellulare. Rimango intorpidito a fissarlo per almeno altri cinque minuti, poi mi alzo.
-effettivamente, non so che farebbero se mi vedessero farlo. Sono Jude.-
-lo so.- si alza e sale le scale.
Probabilmente diretto nella sua stanza. Tutto come se non ci fosse mai stato. Prima che possa scegliere anche solo l’idea di smuovermi da li, suonano alla porta. Prima che io vada ad aprire entra Davis, con il suo sorriso da Satana buono. Mi osserva per qualche minuto, poi mi ruba la mela dalle mani, e infine ride. –hai visto Aidan.- la sua non è una domanda. Mi lascio cadere accanto a lui sul divano.
-com’è?-
-io proprio non lo so.-
E il rosso ride ancora.
 
 
 
 
Sono nella mia stanza e mentre mi vesto, ascolto il motore dell’auto del ragazzo di Mia, penso alla strana stanchezza immotivata del mio amico, sento bussare alla porta. La apro, e Sean mi sta fissando.
-Aidan mi ha detto che avete parlato.- lo faccio entrare, mentre infilo una maglietta grigia neutra. –parlare è una parola grossa- -già.- sean si passa una mano tra i capelli, ormai radi. –è un ragazzo complicato. Non farti paranoie, lo adorerai.- sorrido, ma dentro di me so che si sbaglia. Quel ragazzo è rimasto barricato in camera sua tutto il pomeriggio, tranne verso le cinque che è uscito in giardino a fumare. Neppure un rumore è uscito dalla sua stanza, che è attaccata alla mia, al terzo piano della casa, assieme alla Stanza Dei Trofei. I miei non-genitori stanno nel piano sotto il nostro, mentre il resto della casa si colloca come un enorme appartamento al piano terra. Giardino con prato e piscina integrato. È davvero bella, ma non posso fare a meno di pensare a quanta solitudine possa portare, una casa così grande, ad una coppia con il figlio sempre in viaggio. Sean mi sorride, poi esce e se ne va. Lo sento entrare nella camera di Aidan, e già me lo immagino ripetere le stesse cose a lui, ma parlando di me. Sorrido impercettibilmente, poi infilo dei jeans neri, lunghi, strappati alle ginocchia. Mi lavo la faccia nel bagno in corridoio, cerco di dare un senso hai miei capelli. Sono sempre troppo lunghi, ma proprio non riesco a tagliarli. Mi rendo conto che non ho idea di come sia fatto il mio nuovo non-fratello. Usava il cellulare, non mi ha mai neppure degnato di uno sguardo. So solo che ha i capelli neri, come la madre. Ed è alto. Molto, molto più alto di me. Esco dal bagno, infilo le converse nere e corro giù dalle scale. Rose e Sean mi sorridono, ma non vedo Aidan. –che carino che sei.- Rose mi da un buffetto sulla guancia. Sorrido. A volte penso che tutta questa gentilezza sia finta, che entrambi stiano solo tenendomi buono per paura che crolli. È ovvio che sanno, ma non ne parlano mai. Mi chiedo se anche Aidan sa. Li seguo mentre usciamo, e vedo un’auto nera, mai vista prima. Dalla forma allungata, lucida. Sembra una di quelle macchine sportive, ma non me ne intendo.
-tu vai con Aidan eh? Dai che ti aspetta. Noi siamo dietro di voi.- e poi entrambi scappano via, salendo nella loro auto. Mi si gela il sangue. Vogliono farci conoscere, è palese.
Raggiungo l’auto in panne, e salgo sul sedile del passeggero. Faccio un respiro profondo.
-beh…ciao.-
Silenzio. Cristo, ma per me non sa parlare. Anzi no, forse semplicemente è uno stronzo. Fa partire l’auto. Dopo venti minuti apre la bocca.
-avevo un nonno col tuo stesso colore di capelli.-
Poteva tenerla chiusa, quella bocca. Mi giro a guardarlo per la prima volta. Di profilo posso notare la sua mascella marcata, la pelle ambrata, simile al padre. I capelli nerissimi sono lisci, e le labbra rosee. Il labbro inferiore è sporgente in modo erotico. Okay, tralasciando la mia versione tratta dalla mia mente bacata, ha le ciglia lunghe e nere. Gli occhi.. non ne capisco il colore. Possono essere verdi, come marroni, come gialli. Indossa una camicia bianca, sopra ad un jeans nero. Sobrio, direi. E maniacale. Ogni cosa in auto è pulita, i capelli pettinati e il modo in cui tiene le mani sul volante incute un certo bisogno di controllo. I suoi occhi, prima intenti a fissare intensamente la strada davanti a se, ora mi fissano.
Aspetta, cosa?
-hai intenzione di scendere, Jack Frost?-
Sento le guancie scaldarsi in modo imbarazzante. Scelgo di scendere dall’auto prima che se ne accorga, anche se dal sorrisetto che ha in faccia so che ha notato la cosa.
 
 
 
-hai trovato un appartamento?-
Sean sta mangiando un piatto di spaghetti, mentre cerca di far parlare il figlio. Aidan scuote la testa.
-pensavo di restare a casa per un po’. Inoltre ho preso una pausa dall’università. Non fare quella faccia. Studierò  a casa per finire la sessione d’esami. Semplicemente voglio prendermi una pausa, ho studiato per tutta l’estate.-
Dal canto mio, tengo il viso basso, fissando il mio piatto di pasta alla carbonara. È la prima volta che assaggio il cibo italiano, e devo dire che mi piace. Non trovo il coraggio di alzare il viso. Lui è di fronte a me, ogni volta che finisce di parlare mi lancia un’occhiata penetrante. Lo so, lo percepisco dal pizzicore che sento in viso. Mi trafigge. La voce è distaccata e matura, con qualche nota più fredda del dovuto. I miei non-genitori sembrano abituati alla cosa. Nessuno mi ha ancora interpellato, e non so se la cosa sia positiva o negativa. L’unica consapevolezza che mi rimbomba nella testa è la sensazione di non centrare nulla con queste persone.
Mi chiedo se Aidan sappia di me, se sappia. Spero di si, perché non mi va proprio di doverne parlare. Sono stato così felice quando ho capito che i servizi sociali avevano detto tutto a Rose e Sean, non avrei potuto parlarne. Non ci sono mai riuscito. Non so neppure io cosa direi, se qualcuno me lo chiedesse. Non saprei proprio nulla, anche se si tratta di me. Ironico.
-..com’è che era il suo cognome?-
Alzo lo sguardo. Sono certo che quello di Aidan non sia un sorriso, è un ghigno in piena regola. Sarcastico, quasi cattivo. Rose sussulta. Sean rimane fermo, immobile, e fissa con sguardo di rimprovero il figlio. Hanno paura che mi abbia ferito. Lo ha fatto, ma va bene così. Lo so che non centro nulla con loro, e anche lui lo sa. È perspicace.
-Seen. Jude Seen.-
-ti presenti sempre alla James Bond?-
Una risata amara gli esce dalle labbra, poi prende il bicchiere e sorseggia della birra rossa. Piano. Vedo i suoi occhi scrutarmi, mentre il pomo d’Adamo sale e scende con mosse fluide.
Sento un tremore alle ginocchia.
-no, solo quando penso che la gente debba sentirlo due volte. Ho pensato che potesse sfuggirti,sai.-
Il suo viso si blocca per un attimo mentre poggia il bicchiere. Inespressivo.
Per tutta la serata sto ad ascoltare Adian e il padre discutere su le ultime partite fatte dal primo, su come quest’anno la squadra della mia nuova scuola potrebbe vincere il campionato di lacrosse. Non ho mai giocato, ma sembra che Aidan sia una sottospecie di campione. Rose mi inserisce nel discorso, e finiamo per parlare di macchine fotografiche e serie tv che la incuriosivano. Mi piace Rose. La sua voce sa rilassarmi. Noto che evita ogni argomento possa impensierirmi. Mi dispiace pensare al giorno in cui dovrò sparire e proteggerla.
Con quel pensiero mi faccio venire un piccolo sorriso rilassato. Non importa se mi troverò male con Aidan. Si tratta di una sistemazione passeggera, poi scomparirò dalla sua vita.
La serata finisce così, e alla fine mi ritrovo sui sedili posteriori dell’auto di Sean. Aidan ha detto che passerà a salutare degli amici, non torna con noi. Meglio.
Quando torno sono le dieci e mezza, e decido di scrivere a Davis. L’ho ignorato tutta la sera.

A Davis Weasley:
serata da schifo. L’universitario è simpatico come una scopa nel culo
22.33

Da Davis Weasley:
Pensavo ti piacessero le cose nel culo, mio piccolo amico checca.
22.40

A Davis Weasley:
Vaffanculo, bastardo. Diobono, perché sono tuo amico? e poi io non sono gay.
22.40

Da Davis Weasley:
se tu non sei gay i miei capelli sono neri. E poi tu mi adori, è per questo che siamo amici. Ah, e per la piscina.
22.42

A Davis Weasley:
‘fanculo. Senti domattina mi accompagni a prendere delle cose? La scuola inizia lunedì e io non ho ancora comprato la cancelleria. E non ho nulla, e non ho la più pallida idea di dove prenderla. Lo fai?
22.45

Da Davis Weasley:
okay Judy, ragazzina. Ora vado, ho voglia di guardami Percy Jackson. Buonanotte J
22.46

A Davis Weasley:
non chiamarmi Judy, ne ragazzina. Devi piantarla con quel film, davvero. È un offesa per ogni fan del libro. Potresti smettere di essere mio amico per questo, finto Weasley.
Buonanotte J
22.50
 
Quando mi infilo a letto sono le 23.30, così prendo un libro e inizio a leggere fino alle 3.15, l’ora in cui sento la porta di casa aprirsi e Rose (evidentemente era rimasta ad aspettare in salotto) urlare a Aidan che era uno stupido. Quando lo sento entrare nella sua stanza, capisco il motivo per cui un ragazzo così attento all’autocontrollo cammini in modo così scostante, appoggiandosi al muro. È ubriaco. Ubriaco fradicio.
Pieno di quesiti mi metto a dormire, spegnendo la lampada.
 



Angolo Autrice: 
ciaoo. spero la storia sia piaciuta, o per lo meno sia stata letta. Sono consapevole che il capitolo è un pò lungo, ma a me piace così. Se la lungezza è un problema, fatemelo presentee. Sul passato di Jude si saprà molto di più andando avanti con la storia, e anche la personalità di Aidan sarà più approfondita man mano si andrà avanti. Spero di avervi incuriosita! una buona parte dei capitoli sono già pronti, e posto ora causa esami (già, perchè la matematica me la devo studiare pure d'estate) e.. beh, basta così. è  la mia prima storia orginale su una coppia omosessuale, quindi formare le personalità di ogni personaggio è stato difficile, perchè tutte complesse e in cambiamento. Non ho potuto non affezzionarmi ad ognuno di loro, scrivendo questa storia :) spero per voi sia lo stesso. 
Dovrei postare ogni settimana, e per cose da correggere che avete notato o semplicemente per dirmi che ne pensate di questa cosa, lasciate un commentino! 

-TheSoulOfTheWind. 

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Capitolo 2
*** Confronti ***


‘Non sapeva cosa avrebbe voluto: capiva solo quant’era distante, lui come tutti, dal vivere come va vissuto quello che cercava di vivere.’
–Italo Calvino, La giornata d’uno scrutatore.


 

Parte 2.

Cara Mamma, sono successe così tante cose nell’ultima settimana che ho deciso di scriverti seguendo una sequenza mentale dei punti più importanti da raccontarti. Innanzitutto, volevo dirti che alla fine mi sono trovato degli amici. Davis, che per quanto sia fastidioso e invadente, è molto simpatico. Ha i capelli rossissimi come papà, solo più basso e meno muscoloso. Appena l’ho visto ho pensato alla novella di Rosso Mal pelo, quella del ragazzo che veniva trattato male da tutti e disprezzato dalla famiglia per il colore dei capelli, che si diceva portasse male. Alla fine, era diventato davvero così. Penso che tutto lo stress provato per quell’emarginazione l’abbia indurito, assieme alla morte del padre. L’ho detto a Davis, ma essendo un vero caprone, non sapeva di cosa stessi parlando. Non legge molto, quindi immagino che non abbia mai toccato le novelle di Verga. Ma sto divagando. Sua sorella è simpatica quanto lui, solo più dura. Sono gemelli, ma data l’irresponsabilità di Davis immagino che sua madre la veda come maggiore, e lei si comporta da tale. Sono carini, si vogliono bene, anche se non si vede. Mamma, Davis sta passando un brutto periodo. Non mi ha detto nulla, e non mi ha dato motivi concreti per pensarlo. Ma sono certo che stia almeno un po’ male. Da qualche giorno, ha gli occhi segnati da borse, come se stesse troppo tempo sveglio. Le sue spalle sono incrinate. Più di una volta ho immaginato un macigno di pietra su di esse, con l’ombra scura che copriva il suo sorriso. Fa più pause tra una risata e l’altra, e gli lacrimano gli occhi quando lo fa. Ho letto da qualche parte che, se una persona è sopraffatta dal dolore, o dalla tensione, non riesce più a recuperare un certo controllo. Ride, e non la finisce più. Ride finche gli fa male lo stomaco e vorrebbe vomitare. Piange, mentre lo fa. L’ho visto commuoversi davanti ad un film, che avevamo visto almeno cento volte. Sono preoccupato per il mio amico, ma non posso farci nulla. Siamo sulla stessa barca. Lui non mette il naso nel mio dolore e io non lo metto nel suo. È una strana e contorta forma di rispetto, me è alla base della nostra amicizia. Gli ho detto della mia omosessualità. In realtà, me ne ha parlato lui. Mi ha guardato e mi ha detto, rosso in viso: -l’amico di mia sorella è gay. Potrei fartelo conoscere.- e poi ha interrotto il contatto visivo, iniziando a parlare di quanto avesse caldo. È fatto così. Ieri, mentre stavamo in piscina, l’universitario è sceso per la prima volta dalla sua stanza. Ha tirato fuori un libro e ha passato il pomeriggio a sottolinearlo in cucina. Per tutta la settimana era rimasto in camera, usciva di notte, tornava tardi. Ho iniziato a imparare anche il rumore della sua auto, e la vibrazione emessa dalla sua voce. È tre sere di seguito che torna salutando, all’entrata, una ragazza diversa. Pomiciano un po’ in auto, e poi via. Immagino sia stressato. Anche lui ha le spalle incurvate mamma. Il suo macigno è pesante. Ma non capisco di che materiale è. Cosa gli succede? Parlerà mai con me? Dopo la cena non ci siamo neppure più guardati negli occhi. Per ultimo punto, volevo farti sapere che la prima settimana di scuola è andata bene. Non sono nella stessa classe di Davis, ma va bene comunque. Sua sorella inizialmente è stata la mia compagna di banco, poi ci hanno spostati. C’è un ragazzo, Ed, che mi sta molto simpatico. Gioca a lacrosse, e mi ha detto che il mio nuovo non-fratello era il suo idolo da giovane. Alla fine, aveva preso il suo posto. Ho guardato i suoi allenamenti, e gioca davvero bene. È una persona superficiale, Ed. mi piace, tutti hanno bisogno di un amico semplice, anche superficiale. Non ti fa pensare, ti fa conoscere modi più semplici del tuo di vivere e vedere le cose. Io vedo un libro, e penso allo studio che mi spetta, al fatto che potrei prendere un brutto voto se mi interrogano sul suo interno, che devo mettermi sotto o non finirò più. Lui risolve il tutto con un sonoro ‘che palle’ e prende il suo aggeggio per lacrosse, e va a giocare con Sam. Samuel, il suo migliore amico di quinta. Simpatico anche lui, lo sguardo pragmatico da giocatore attento. Poi c’è Meredith, Meddie. Le voglio bene. Mi ha braccato dal primo giorno di scuola, è la ragazza si Sam. Possiamo dire che è quel tipo di ragazza che ti regala un raggio di sole appena la guardi. Stanno bene insieme. Mi piace tanto. Beh. Non ho molto altro da dire. Ho smesso da tempo di aspettare tue risposte. So che è complicato. Però ti aspetto, mamma.
Jude.



 
 
Chiudo la busta e la vado ad imbucare subito dopo. Davis mi chiama. Vuole sapere se ho un po’ di tempo. Certo che si. Mi dice di aspettarlo davanti alla cassetta per imbucare la posta. Lo faccio, intanto ascolto un po’ di musica sul cellulare. Non ho un vero genere musicale preferito. Ascolto soprattutto tracce. Basi di canzoni, di film. Le parole ce le metto io, in base a come mi sento. Oggi mi risulta particolarmente difficile pensare. Mi sento tante cose. Davis mi suona il clacson da sopra il suo fuoristrada. È una di quelle macchine prese con i risparmi dei turni part-time di Luglio. Devo dire che è bello avere un auto, così siamo più indipendenti. Mi metto accanto a lui. Mi passa una sigaretta, che non accetto. Non mi piace particolarmente fumare. Non ha senso, anche se lui lo fa spesso. Molto spesso. Anche ora, mentre guida. Non stiamo andando da nessuna parte. Nell’ultimi tempi è una cosa che facciamo spesso. Ne ha bisogno. Deve andarsene, via, il prima possibile, per poi tornare con la consapevolezza che c’è tutto un mondo, che può partire quando gli gira. La verità è che non può. La verità è che non ha una cosa specifica da cui andare via. Non ha nulla di specifico da cui tornare. A volte penso a quanto deve sentirsi perso. Si vede dalla voce che ha oggi. Mi sta parlando dell’ultima partita di baseball vista alla tv, ma ha la voce roca. Deve aver serrato le labbra da tanto tempo. I vestiti odorano di freddo. Deve essere in giro da molto più tempo di quello che lascia pensare. –e poi mio padre si è esaltato, mi ha abbracciato e mi ha pagato una birra. È stato abbastanza imbarazzante vederlo saltare per tutto il locale davanti a ragazzini sfegatati di baseball, ma devo ammettere che la birra era buona. La prossima volta ci andiamo insieme, segui troppo poco sport. La piscina non potrà bastare per sempre a tenerti me come amico.-
 mi fa l’occhiolino, sorride. Io rido, poi accendo la radio, col volume basso.
-come va a casa?-
-non male. Rose e Sean sono stupendi davvero, e di Aidan non posso dirti nulla. Da quel pomeriggio ora sta sempre in cucina a studiare. A volte credo di essere invisibile, e penso che a lui piaccia vedermi mentre mi faccio pare mentali. A volte credo che un giorno venga da me e mi dica ‘ehi, sai. Sono cieco. Non ti guardo ne parlo mai perché non ho idea di dove tu sia.’ E sono sicuro che non mi dispiacerebbe neppure un po’.-
Ride. E lo faccio anche io, ovviamente. Sprechiamo benzina parlando del più e del meno, e quando ci rendiamo conto che si è fatto davvero troppo tardi, decidiamo di tornare a casa.
-che fai domani?-
-vengono quelli del servizio sociale a controllare come sto. Sai, per il fatto che non posso trattenermi sempre a lungo.-
-prima o poi dovrai spiegarmi questa cosa.-
-domani.-
-lo dici sempre, Judy.-
-non chiamarmi cosi!- gli urlo, mentre scendo dal fuoristrada e rido. Lui tira giù il finestrino.
-guardalo, il ragazzo dai capelli bianchi e gli occhi grigi. Mia sorella mi ha detto che sei la cotta segreta di una dozzina di ragazze, peccato che più che sexy pensano tu sia tenero. Sembri un ragazzino, con quel fisichetto li.-
-Dio D., come sei gentile. Và cortesemente a fare in culo.-
Mi lancia un sorrisone alla Satana buono.
-certamente.-
Poi alza il volume della radio e parcheggia. Prima di entrare in casa mi urla qualcosa. Non ascolto, ha tanto il sapore di cazzata.
 
 
 
Per il momento nulla di troppo insopportabile. Come al solito, Aidan e Sean parlano di studio, passano allo sport e poi di nuovo alla scuola. Ogni tanto parlano dei risultati scolastici di entrambi, e mentre Rose si siede a tavola mi viene chiesto come sta andando a me lo studio. –non male.. l’ultimo test che ho fatto è andato bene, e …-
 -io esco a fumare.- senza dire nient’altro il mio non-fratello si alza ed esce
. Rose sospira sonoramente. Sean sorride. –te l’ho detto. È complicato. Non è male come sembra. Dicevi?- così ricomincio a parlare, ma le parole escono dalla mia bocca distrattamente, con tono atono. La mia mente è in pieno lavoro. Sono arrabbiato. Cerco di reprimere la voglia di andare da quel figlio di buona donna e urlagli in faccia che è uno stronzo. Ma non sono così, io. Finisco il mio cibo, poi dico di aver sonno e scappo il camera. Inaspettatamente mi ritrovo a notare che stasera il ragazzo di Mia non è passato. Non ho voglia di scrivere, e neppure di leggere. Decido di fare una doccia. Quando esco, c’e Aidan che mi guarda infastidito, appoggiato al muro del corridoio. Mi fissa apertamente, senza censure.
-che c’è?- sogghigna, poi si alza e fa per andarsene. Oh, no. Aidan adesso hai rotto il cazzo. Sento una rabbia assurda ribollirmi dentro. Lo seguo, entro nella sua camera mentre lui mi guarda per un momento sorpreso, poi infastidito.
-che cavolo fai? Esci. Subito.-
Lo fisso come a fatto prima lui con me, e mi metto contro il muro nella stessa posizione in cui si è messo in corridoio. Lui ghigna. Poi si siede a letto.
-non sono il fratellone dal quale prendere esempio, bimbetto.-
-infatti, tu non sei mio fratello.-
-ne tu il mio.- il suo tono non è più sarcastico. È davvero duro, freddo. Gelido.
Mi sta guardando. Mi rendo conto solo ora che stiamo avendo uno scontro diretto, per la prima volta da settimane.
-vattene, ti dispiace? Non sei una bella vista.-
Ingoio a vuoto. Faccio per andarmene, ma mi fermo sulla porta. Senza rendermene conto la chiudo, e mi giro verso di lui.
-si può sapere qual è il tuo cazzo di problema?-
Lui fa finta di pensarci un attimo. –tu.- dice, dandomi le spalle per chiudere la finestra. Si gira, è molto più alto di me. –non mi piaci, in genere non mi piacciono mai i capricci dei miei genitori.-
-cosa cazzo dici? E non mi hai mai parlato, non puoi giudicare.- -ora stiamo parlando. E ti comporti in modo così fastidioso, bimbetto. Vai via?-
Dio, mi fa andare fuori di testa. –ma sei idiota? Senti.. tua madre ci sta male per il tuo comportamento, e io le voglio bene quindi..- sogghigna. –le vuoi bene? Non la conosci neppure. Ne lei te ne vuole. Prova semplice pena.- serro i pugni.
-perché mi dici queste cose?- la voce mi esce debole. Non sembra mia. Sono semplicemente stanco. Improvvisamente sfinito.
-perché devo aprirti gli occhi. Mia madre ha fatto così tanti errori con me, che adesso vuole rifarsi con te. Non scambiare il suo modo di trattarti per amore. Le fai pena, ha bisogno di sentirsi buona, tutto qui.-
Lo guardo truce. O almeno, ci provo. Mi confonde, e sono stanco.
-perché mi dici queste cose?- lo ripeto.
Lui mi guarda, pragmatico. Apre la bocca per dire qualcosa, poi la chiude.
-che errori ha fatto con te?-
Mi fissa. Gli occhi ora sembrano verdi, ma sono certo che se li guardassi in un’altra angolazione potrebbero essere marroni, azzurri, gialli. Li ha spalancati. Poi li ha abbassati. Infine ha preso a fissarmi. Capisco che si è tradito con le parole. Non voleva farmi capire qualcosa che, se si mettesse a rispondere a quella domanda, apprenderei da solo.
-senti. È probabile che io rimanga qui ancora per poco. Non ti preoccupare.-
Mi è impossibile non sentirmi in qualche modo di troppo, o in torto. Sento tutto l’odio che mi proietta addosso, la sua repulsione verso di me è palpabile, cieca. Profonda. Non dico altro. Non riuscirei neppure a farlo, perché sento che se non esco immediatamente da questa stanza starò male. Sono sempre stato una persona particolarmente sentimentale. Esco, mi chiudo la porta alle spalle e sento che il rumore dei miei passi mi arriva attutito. Troppi pensieri cupi. Rose mi vede, mi dice qualcosa. Annuisco ed entro in camera. Non mi importa ora sapere che aveva da dirmi. Sono davvero troppo stanco.
 
 
 
 
 
Siamo sul divano tutti e quattro, Rose indossa un vestito lilla che le evidenzia i capelli scuri e gli occhi verdi. Sean è elegante, e siede sul divano accanto alla moglie con un sorriso. Aidan è li, ma non c’è veramente. Indossa gli abiti di ieri, fissa il vuoto per cinque minuti, guarda la signorina Harmony parlare con i suoi genitori, poi ritorna a fissare il vuoto. È annoiato, pensa ad altro. Quando lo fa la sua fronte forma delle piccole rughette vicino alle sopracciglia. Anche quando pensa a cose cupe è sexy. Peccato abbia un comportamento di merda.
-Jude ha già avuto una crisi?- chiede ad un certo punto la donna, pronta a scrivere la risposta sulla cartellina che si porta appresso. Vedo gli occhi di Aidan scattare ad osservare sua madre. Lei scuote la testa, convinta. La signorina si gira verso di me.
-quindi non hai ancora avuto nessun tipo di problema? Non hai avuto bisogno delle pillole?- annuisco. Odio parlarne.
-va bene. Posso parlare con voi in privato, perfavore?- Rose e Sean annuiscono, e io e scappo in camera il prima possibile. Sono stanco, mi succede troppo spesso. Pensare alle crisi mi fa stare male. Ora so che l’assistente sociale parlerà di quello che faccio hai miei nuovi non-genitori ogni volta verso il primo mese e mezzo di permanenza in una casa. Penseranno che sono una brutta persona, vorranno mettere le distanze. Oppure, peggio, vorranno tenermi buono, amarmi per farmi stare con loro. Non lo capiscono che sono una piccola bomba ad orologeria con i capelli bianchi. Proprio non lo capiscono. Nessuno lo fa. Inizia a salirmi uno strano senso di pienezza nello stomaco. Arriva alla gola. La attanaglia, e ora voglio solo vomitare. Spiaccico la faccia contro il cuscino, con tutta la forza che ho, e quando sento il naso farmi male la smetto e mi rannicchio nelle coperte. È l’ansia. Anzi, sono io. Perché non ricordo neppure più quando è arrivata, per me è come se ci sia sempre stata. L’ansia sono io. Le ginocchia mi tremano, e mi stringo più forte contro me stesso. La schiena fa male, piegata così a coprirmi il corpo, ma non mi smuovo. Aspetto. Mi accorgo solo dopo un lasso di tempo che, mentre piccole scie di tristezza mi rigavano le guancie Adian ha aperto la porta. Si è bloccato a fissarmi. È rimasto per un tempo interminabile. Non ho visto i suoi occhi, ma sono certo che mi guardavano in modo apatico. Come se non guardassero me. La porta si è chiusa e lui se ne andato.
È strano. Che ore sono? Quando mi alzo dal letto la casa è silenziosa. Guardo il cellulare. È mezzanotte. Non è possibile, non mi ero neppure accorto. Eppure ero a letto dalle quattro, giusto? Sento la gola secca. È ruvida, come la mia lingua. Scendo in cucina e mi verso un bicchiere d’acqua. Sto male. Mi sento debole. Afferro una mela e mi siedo a tavola. Sento solo il mio respiro e il rumore dei morsi che do al frutto. Alzo lo sguardo, e davanti a me c’è mamma. Mi sta sorridendo. Le sorrido anche io, e le mi dice che mi vuole bene. Annuisco, e gli dico che gli voglio bene anch’io. Che aspetto che risponda alle mie lettere, e le chiedo perché non sento nulla quando si avvicina ad abbracciarmi. Poi non c’è più, e immagino sia andata a lavoro di già. Ci va sempre troppo presto. Penso che mi mancano i suoi capelli biondi e gli occhi grigi, come i miei.
L’odore di fumo mi fa riprendere lucidità, e vedo Aidan che mi guarda, intento a sfilarsi il giubbotto. Deve essere appena tornato dalla sua uscita serale. Sta fermo davanti a me e poi decide di sedersi. Mi scruta.
-hai dormito tutto il giorno.- dice.
-immaginavo.-
Mi guardo i piedi scalzi, poi lo vedo alzarsi e lanciarmi una scatolina bianca. La apro. Capisco cosa è ancora prima di leggerne l’etichetta. Ingoio una pasticca in silenzio, aiutandomi con dell’acqua. Sento che i miei capelli sono un casino. Lui non cambia espressione e torna a sedersi.
-non vedo l’ora che tu te ne vada, bimbetto di merda. Non ti azzardare a fare di nuovo una cosa del genere, perché non ti coprirò più con mamma e papà.-
Lo fisso.
-cosa gli hai detto?-
-che eri stanco. Che mi avevi chiesto un libro e che avevi detto che avresti studiato fino a sera. Gli ho detto che ti avrei portato la cena. È evidente che non l’hai mangiata.-
Scuoto la testa.
-perché?- chiedo. La mia voce è irriconoscibile. Sembra una corda che stride.
-perché tendo a proteggere le persone a cui voglio bene.- spalanco gli occhi. Intende me? Vuole proteggermi? Mi..vuole bene?
-non ti permetterò di andartene e incasinare ancora di più la mia famiglia. Vedi di farti passare questa crisi adolescenziale.-
Ah. Vuole bene a loro. È evidente, palese, ovvio. Eppure sembra così gelido. I suoi occhi non hanno mai, neppure una volta, fiammeggiato così tanto. Mi rendo conto che combatterà con tutte le sue forze pur di proteggere i suoi genitori da quello che tendo a diventare. L’avevo sottovalutato. Avevo sottovalutato anche la sua capacità di studio. Con me ha fatto un lavoro eccellente.
Annuisco piano. Già so che alla fine di tutto, lui mi odierà più di quanto faccia ora. È inevitabile.
-Jude.-
È la prima volta che dice il mio nome. Perché il mio cuore è volato hai piedi e poi è tornato su, sempre battendo all’impazzata? Le mie membra congelate sono contratte. Mi sta fissando. La voce non è atona. Per la prima volta vendo qualcosa in quei vetri dei suoi occhi.
-quando tutto questo finirà, mi avrai odiato molto più di quanto mi odi ora.-
Poi se ne va, portandosi dietro l’odore di freddo, pioggia e fumo.
Ora so che abbiamo almeno un pensiero in comune.
E siamo già legati.
È inevitabile. 


Angolo Autrice: 
ecco il secondo capitolo! in settimana dovrei pubblicare già il terzo, comunque. 
ringrazio chi ha letto e commentato, anche chi ha letto e basta! mi fa molto piacere ricevere messaggi o commenti,(sia positivi che negativi quindi non fatevi scrupoli!) in questo capitolo abbiamo il primo confronto diretto tra i due protagonisti, e la faccenda Devis-tristezza appena accennata, che presto verrà svelata. tra pochi capitoli tutto prenderà la giusta piega, per il momento siamo hai capitoli di passaggio. Grazie davvero a tutti, 

-TheSoulOfTheWind

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Capitolo 3
*** Sfoghi ***


‘Nascondi ciò che sono
E aiutami a trovare la maschera più adatta
Alle mie intenzioni.’

 W. Shakespeare,Viola: da La Dodicesima Notte, atto I, scena II.



Parte 3.

Cara mamma, qui le cose sono un casino. Dopo che Aidan mi ha visto ricadere nell’ansia, mi sta col fiato sul collo. Fa di tutto pur di non cambiare il rapporto tra i genitori, ha paura di qualcosa di indefinito, assurdo. Mi sono sforzato, ma proprio non riesco a starci dietro. Ha una testa brillante, ma chiusa a doppia mandata. Ho detto a Rose che sto bene. Che non ho più crisi, e sono sereno. Infatti, da un lato era vero, quando l’ho detto. Le cose sono cambiate. Sabato sera io e Davis siamo tornati un po’ tardi dall’uscita con Sam e Ed, e quando siamo andati in camera mia abbiamo trovato Aidan seduto sulla mia scrivania. Ha letto alcune delle mie lettere per te, quelle che una volta scritte ho deciso di non inviartele. È stato brutto. Davis si è defilato, e io l’ho osservato guardami per altri dieci minuti. Ero come congelato, mamma. Aidan ha capito la mia spossatezza. Non mi ha detto nulla, se né andato. Ho controllato, e sono sicuro che le ha lette tutte. C’era un motivo se non le avevo spedite: erano terribilmente personali. Così personali che non sono riuscito ad inviarle a te, Cristo! È un vero casino. Alcune sono state scritte nel periodo della mia prima fuga, altre risalgono a quando ci hanno separati. Maledizione, la maggior parte di esse sono deliranti. Dopo quell’episodio sono stato sopraffatto dalla paura. Ora è come se gli avessi dato i  miei pensieri, mamma. Credo sia solo aspettando il momento giusto per colpirmi. Lo farà, giusto? Stamattina a colazione mi ha fissato truce, poi è andato in camera sua per l’intera giornata. Sono terrorizzato, e non so  neppure esattamente da cosa. Anzi, da chi. In quel caso le mie idee sono abbastanza chiare. Oltre a questo non è successo nient’altro. Ora che inizia l’inverno Rose è stata chiamata da molte agenzie per la rappresentazione di vari paesaggi per hotel montani. Lavora molto e dorme poco.
Aspettandoti, Jude.
 
 
Cara mamma, avevo ragione. Stasera sono tornato da un’uscita con dei miei amici, e c’era Aidan ad aspettarmi in camera mia. Rose non c’era, e nemmeno Sean, che avevano avvisato il loro ritorno verso il tardi, probabilmente causa cenetta romantica. Sono rimasto congelato sul posto, e per cinque minuti buoni ci siamo fissati, lui apatico, io interdetto. Alla fine ha fatto una delle sue battute sprezzanti, facendomi capire che mi stava aspettando da un po’, inserendo anche una buona parte di insulti non  troppo pesanti. Come pensavo, lui sa. Sa tutto, sa pure che sono gay. Mi ha detto che da adesso mi terrà ancora più sotto controllo, che sono una bomba ad orologeria. Lui ha afferrato bene il concetto. Mi ha detto che devo iniziare a trovare una nuova sistemazione, e mi ha chiesto quando ho intenzione di fare quello che faccio solitamente. Ma quello che più mi ha fatto male è stato il suo tono. Atono, senza emozioni. mi ha detto che sono uno stupido a continuare a scriverti, che dovrei odiarti. Mi ha letto ad alta voce il verbale emesso dal giudice alla mia consegna hai servizi sociali. Non ho mai avuto la forza di leggerlo. Ho rimosso tutto. Avevo, rimosso ogni cosa. La sua voce continuava imperterrita, atona, gelida, costante come la morte. Mi scorreva tra i pensieri facendomi andare fuori di testa. Non riuscivo più a reggere. Ho avuto una ricaduta. E lui ha tutta la colpa, mamma. Non mi ha neppure chiesto scusa. Sono svenuto e quando mi sono svegliato ero nel mio letto, lunedì mattina. Inevitabilmente il fatto non è passato inosservato, e Rose è andata fuori di testa. Aidan non ha detto nulla. Assolutamente niente.
Forse questo fa ancora più male.
Aspettandoti, Jude.
 
 
 
 
 
 
Da Davis Weasley:
svegliati buono a nulla.
8.30
Da Davis Weasley:
brutto idiota. Sono venuto a casa tua per chiamarti, ma camera tua è chiusa a chiave. L’universitario spaventoso mi sta fissando. Che tu sappia è discendete da Medusa? Ho come l’impressione che se lo guardo negli occhi mi pietrificherà per sempre.
8.45
Da Davis Weasley:
sono andato a casa, mi ha detto che stai poco bene. È domenica cazzo. Proprio oggi dovevi stare male? E io con chi ci vado a vedere la partita? Considera la nostra relazione chiusa, Judy.
9.03
Da Davis Weasley:
scherzo, ehi. Rispondimi. Sono preoccupato.
9.30
Da Davis Weasley:
è tutto il giorno che non ti fai sentire. Inizio a pensare che Aidan ti abbia ucciso e occultato il cadavere.
20.50
Da Davis Weasley:
voglio sperare che domani sarai a scuola. In caso contrario farò irruzione in casa tua, magari con un arma. Se sei morto fammelo sapere, sono sensibile al sangue.
23.20
 
 
 
-che hai da dire in tua discolpa?-
Davis mi ha piazzato lo schermo del telefono in faccia. Arrossisco  per un millesimo di secondo, poi l’ho prendo di scatto. –stavo male. L’hai detto tu stesso…-
-e quindi spegni il telefono senza avvisare il tuo migliore amico? tsk. Che amico che mi devo trovare-
Giro gli occhi al celo, sbuffando. –insomma eddai, avrei dovuto scriverti mentre vomitavo? Perché non ci tenevo a far cadere il cellulare in un water stra colmo del cibo di sabato sera.-
Mento, ma non posso fare altro. Alcune bugie vanno bene.
-beh. Ora stai bene, no?-
Davis mi fissa, appoggiato al mio banco. I capelli rossi sono più disordinati del solito e indossa la giacca verde e bianca della squadra scolastica.
-certo.- sospira, poi mi sorride per la prima volta nella mattinata.
-ho davvero quasi creduto che mister allegria ti avesse ammazzato. Beh, devo rivedere le mie considerazioni sul suo conto.-
Ride, e rido anche io. La sua, come sempre, è una risata stanca. Prima o poi dovrò capire.
-forza vai brutto idiota, che la lezione sta per iniziare.-
Maddie arriva sorridente, e si siede accanto a Samuel. Mi salutano entrambi, ma sembrano impegnati a fissarsi di sottecchi come se non fosse ovvio che nascondono qualcosa. Probabilmente è successo qualcosa di… personale, poco fa. Non voglio indagare.
-okay, e brutto idiota sarai tu.-
Esce mandandomi un bacio con la mano, in modo talmente ridicolo che il professore, quando lo vede, ride anche lui di gusto. Samuel lo segue a ruota, lanciand sguardi sognanti a Maddie.
-poi voglio i dettagli-
Le sussurro, sporgendomi appena verso di lei. Arrossisce.
 
 
 
 
-potresti non fumare in auto, cavolo?-
Mi sporgo oltre il finestrino, con il naso intasato dall’odore amaro del fumo passivo che ormai ha occupato l’abitacolo del fuoristrada.
-non ci penso neppure, Judy. E mostra un po’ di gratitudine!-
Lo dice ridendo, mentre fa inversione nel parcheggio della scuola.
-è una fortuna che tu sia uno sfigato che non fa sport, ragazzina. Puoi parcheggiare il tuo culo sulla mia auto gratuitamente.-
-tranne i giorni degli allenamenti.-
-tranne i giorni degli allenamenti. Ingrato.-
E ride. Una risata leggera, non stanca. Sorrido.
-non sorridere come fossi il tuo ragazzo, brutto idiota.-
-io non…- ride, impedendomi di finire la frase. Non che io possa finirla, al momento. Un’auto nera sportiva è dall’altra parte del parcheggio, appostata ad aspettare qualcuno. Il sorriso mi sparisce, quando mi rendo conto di star riconoscendo la macchina. E che macchina!
Dai, Jude. Basta adesso. Su. È solo un abbaglio.
il finestrino si abbassa. è…..oh.
-quello non è Aidan?-
Si. Lo è.
Mi giro rigidamente verso il mio amico.
-ehi, eh..sembri uno zombie. Lo sai? Che cazzo…mi stai ascoltando?-
No. Non può star aspettando me. Insomma, no. Non posso vederlo. Non voglio. Non posso farlo senza farmi tornare in mente….no. lo odio. Non ho nulla da spiegare.
-ehi, guarda che si sta avvicinando. Scendi e vai? Oh?-
Sbatto due o tre volte le palpebre, sentendo gli occhi pizzicare.
-vai.-
-cosa?-
-porca puttana, portami via da qui, cazzo.-
Davis mi fissa negli occhi per qualche minuto. Poi mette in moto e siamo in strada.
 
 
Per un po’ entrambi stiamo in silenzio. Ringrazio mentalmente Davis per deviare strada, non posso andare a casa ora. Mi rendo conto che il mio comportamento sia piuttosto ambiguo. Lui sicuramente è in pensiero, e sento i suoi occhi posarsi sulla mia schiena tesa più volte, prima di fermarci.
Non mi serve neppure alzare gli occhi per sapere che  mi fissa, e che siamo nel parcheggio sotterraneo di un ex centro commerciale fuori città, ormai ridotto ad un edificio decadente. Ci andiamo quando abbiamo una brutta settimana. Deve aver capito tante cose.
-se mi fissi mi metti a disagio.-
La mia voce è rauca, come se non avessi parlato per mesi.
-non ti metto a disagio, andiamo, Jude. Che cazzo…mi guardi?-
Con un sospiro alzo lo sguardo, mi giro sul posto e infine lo guardo nei suoi occhi verdi-nocciola ora indecifrabili.
-ti guardo.-
-ma non mi vedi.-
Lo fisso, stavolta ha centrato il segno. La crepa della mia bariera brucia un po’.
-senti. Forse..-
-sono i miei genitori.-
Lo fisso, ancora più intensamente di prima. Lui guarda davanti a se, accendendosi una sigaretta con urgenza.
-si stanno separando. Mia madre si fa mio zio paterno, e mio padre lo sa. E so pure io. Ridicolo? Tanto.-
Si passa una mano tra la zazzera rossa che ha al posto dei capelli, per poi prendere una boccata d’aria così a lungo che inizio a pensare che non voglia dire nient’altro.
-mia sorella non sa nulla. Mia madre non ha idea che mio padre sappia e lo stesso vale per lui nei miei confronti. Sento che andrò fuori di testa, Judy.-
Mi fa un sorriso, piccolo, inclinato. Un sorriso amaro.
-non..non riesco più a guardare mia madre in faccia. Certe sere vorrei urlare a mio padre di fare qualcosa, cazzo. Qualunque cosa sarebbe meglio di questa indifferenza. Lo capisci? Mi si accappona la pelle solo al pensiero di tornare in quella casa. All’idea di una quotidianità così finta e malata.-
Io lo sto ancora fissando. Non mi aspettavo una cosa del genere, e neppure un’apertura tale. Si confida.  
-e piantala di guardarmi così. Lo so, può succedere. due matrimoni su cinque vanno a puttane, lo sapevi? Internet è una gran cosa.-
Si lascia cadere sul sedile, fiacco.
-e la sai la cosa peggiore?-
Scuoto la testa.
-amo mio zio. La cosa peggiore, è che non posso odiarlo per questo. E cazzo, so che sarà dieci volte più felice con lui che con papà. Mio padre non è tagliato a fare il marito.-
Più continua a parlare più la voce si affievolisce.
-spero che si diano una mossa col divorzio.-
L’ultima frase sembra quasi un sussurro. Prende un lungo tiro dalla sua sigaretta. Poi mi guarda.
Ha gli occhi rossi per le lacrime trattenute, e sorride. Sorride sincero.
-beh, credo sia arrivato il tuo turno.-
Mi passa la sigaretta, sorpreso dal vedermi afferrarla e trarne un lungo tiro, imitandolo. Tossisco un pò. Guardo dritto davanti a me.
È il momento.
-quando mi hanno spiegato che mamma non tornava, mi hanno detto questo: ‘ora sei al sicuro, mamma e papà non possono più farti niente.’ Ordini restrittivi. Mio padre in prigione, a vita. Immagino che per ogni bambino con genitori del genere fosse un sollievo, ma io non mi sono mai più sentito al sicuro.-
Ora è lui che fissa me. So per certo che le lacrime sono già sulle mie guancie. Sono fatto così. Vorrei solo che lui non potesse vedermi, ora.
-mio padre era uno spacciatore. Inevitabile la vita di merda riservata a mia madre. Aveva preso a drogarsi, e una volta che papà ha perso tutto ha preso a prostituirsi. Avevo sei anni, ogni volta che la vedevo sulla strada, tornando da scuola. Quando i lividi provocati da mio padre non le permisero più di fare quella vita, passammo tanto tempo insieme. Le volevo così tanto bene. Passavamo le giornate al parco, non mi faceva neppure fare i compiti o studiare. Diceva che dovevo vivere.-
Mi sento singhiozzare, ma sono così fuori di me che potrei sbagliarmi.
-mio padre spariva per mesi, tornava, la violentava e andava.si prendeva i pochi soldi che racimolavamo.  A sette anni presi a smettere di andare a scuola. Forse per questo le maestre iniziarono a insospettirsi. Ci crederesti se ti dicessi che non ricordo il nome di mio padre? So il cognome. Che è il mio. E mi fa così schifo, Cristo. Ho mai avuto cugini? Nonni? Non lo so. Non voglio saperlo. Essere..essere portati in una casa famiglia a otto anni è una strana sensazione. Sentivo freddo, pure in agosto inoltrato.-
Denis mi sta osservando, sta tenendomi una mano. Sento le nocche ruvide.
-le psicologhe dicono che ho visto scenari orrendi, che mi hanno intaccato la psiche. Io non ricordo nulla. Solo il suo sorriso, e la voce di lui. È un po’ come se i miei veri e nitidi ricordi.. appartengano alla mia età di otto anni. Ho attacchi di panico. Sto male, e spesso non so perché. Sono come ipersensibile. Ho tenuto.. tenuto dentro così tanto dolore da ingigantire ogni cosa. Ogni emozione forte mi fa .. come lo spiego? Come diamine.. io non.. porca puttana..-
Tiro su con il naso, e improvvisamente sento di aver bisogno di andare fino in fondo.
-Aidan l’ha capito. Immagino che, dopo aver imparato tutto questo da dei fottuti fogli, pensa di conoscermi. .Mi ha.. lui.. io non lo so. Mi ha ferito. Eppure non sono arrabbiato. Non sono..-
Rido. Una risata rauca, così brutale da essere peggio di un urlo disperato.
-coerente. Non c’è nulla di coerente.-
Faccio una lunga pausa. –di solito, a questo punto, mi allontano da tutto. Da tutti. Loro sanno, e io non voglio sapere. Semplicemente scappo. È..la cosa che so fare meglio.-
Lo vedo agitarsi.
-sto qui da tempo. Forse troppo, continuo a ripetermi che è arrivato il  momento… Aidan ha paura che faccia male ai suoi genitori. Non capisce che sono…-
La vibrazione del mio cellulare mi fa sobbalzare, terrorizzato.
Improvvisamente sento un fortissimo freddo.
 
-pronto.-
-Jude? Cavolo. Perché non mi hai detto che arrivavi più tardi? Esco a cena con Sean e i suoi, okay? Aidan è a fare qualcosa con qualcuno, ti dispiace stare solo?-
-no..no, tranquilla. –
-stai bene? Vuoi venire con noi tesoro?-
-no tranquilla! Ho tanti compiti arretrati, stasera devo proprio mettermi sotto.-
-oh, okay! Attento, troppo studio ti fa male! A dopo, eh?-
-a stasera, divertiti.-
 
Metto giù, fissando per un attimo la foto di Rose sul suo contatto. Sorrido impercettibilmente.
-direi che è meglio non fare più questa..cosa.-
Denis è sarcastico. Mi sorride. A volte mi chiedo se le mie spalle siano incurvate come le sue, a causa del peso che portiamo.
-lo dico anche io.-
Ridiamo, poi mette in moto. La musica troppo alta e i finestrini troppo bassi.
 
 
Faccio per girare le chiavi nella toppa, ma trovo la porta già aperta. È evidente che Aidan sia già a casa. Faccio per andare via, magari a fare una visita disperata al mio rossissimo amico, quando mi immobilizzo.
-non pensarci neanche, bimbetto.-
Aidan è sulla porta. Mi guarda, indugia  sui miei occhi ancora un po’ arrossati dal pianto e poi fa un sorrisetto che di amichevole ha ben poco.
Ti prego no.
-entra.-
Non lo dice con cattiveria, ma la sua voce mi strega. Devo obbedirgli, quindi entro. Chiude la porta dietro di se, per poi incrociare le braccia al petto.
-oggi non mi hai visto?-
-ti ho visto.-
Il sorrisetto sparisce, lasciando due labbra strette e fredde.
-non sei sceso.-
-già.-
Lo vedo di tuoi occhi che non ne sei sorpreso, Aidan. Lasciami andare, cosa vuoi? Per favore.
-stavo cercandoti per chiarire, idiota.-
-lo so.-
Ho un tono neutro. Non posso provare emozioni ora, non posso reggerle.
-cazzo, ti ho parato il culo con i miei perché hai fatto la ragazzina in crisi per quasi due giorni, sai?-
-lo so.-
Alza un sopracciglio. La mascella delineata si contrae, e inizia a mordicchiarsi l’interno delle labbra.
-sei stupido? Voglio parlare con te.-
Lo stai facendo, ma non stai arrivando a nulla.
Si passa una mano sul viso. Con questa angolazione i suoi occhi sembrano quasi lilla.
-forse ho sbagliato nel informarmi in quel modo su.. tua madre. Ho letto le lettere, e tu sai che io so ogni cosa. Non so quale sia il tuo problema, ma non puoi andartene anche questa volta. -
-non avresti dovuto fare proprio nulla. Posso andarmene se voglio. Tu non capisci, tu non sai un cazzo, fottuto figlio di papà di merda. Non sai nulla. Nulla! E se ti azzardi a parlare di mia madre ancora io ti…-
-non ti azzardare a minacciarmi in casa mia.-
Lo fisso. Ci fissiamo entrambi, poi lui apre un po’ gli occhi. Capisce quello che ha detto.
-già. La tua, di casa. Me ne andrò il prima possibile. Magari in una senza universitari insoddisfatti che se la prendono con me, solo perché sono gelosi. Se stai buttando via la tua cazzo di vita nel cesso, non prendertela con la mia!-
-non so di cosa tu stia parlando.-
-del fatto che hai mollato l’università di nascosto. Non sono scemo neppure io. Immagino già la tua vita.-
Non ho piu freni ormai.
-figlio perfetto, ma che una ragazza di sedici anni non vuole tra i piedi. Vita già tutta programmata, l’università già decisa dai tuoi a dieci anni. Ne un briciolo di rispetto, ne un briciolo di gusto personale. Ora ci manca solo che sei gay ma dato che tuo padre non ha deciso questo ti scopi quelle troie che ti porti fuori casa di continuo! Sono davvero io la persona ‘squilibrata’, come mi dicevi sabato? Rispondimi, razza di..-
Uno schiaffo in piena faccia. Il mio corpo trema ancora per la rabbia che stavo riversando su di lui, in parte meritata in parte no. Potrei vomitare adrenalina.
-almeno mia madre non è una puttana.-
E poi se ne va. Non torna. Dopo ore, è ancora da qualche parte per strada, e io non ceno. Vomiterei. Mi limito a mettermi a letto.
Sono le 20.54.
 
 
Mia mamma mi sta baciando. Le sue labbra sono fredde sulla mia guancia. Mi dice che va tutto bene, che mi ama. Mi dice che deve andare ora, come al solito, e io annuisco. Sto colorando delle figure, ho le dita sporche di pennarello. Pennarello verde, perché lei ama il verde. Poi apre la porta, ma invece di uscire entra, e sembra avvicinarsi. I capelli non sono più biondi. Sono neri. Non..non sono più a casa.
Aidan mi guarda per qualche secondo, poi si stende sul mio letto. Non ha neppure tolto la giacca. Sa di freddo, di pioggia e di fumo. Solito. I suoi capelli sono sul cuscino, nerissimi.
-avevi ragione. Avevi ragione su tutto.-
Mormora, eppure sembra così deciso.
-lo so.-
-quelle cose su tua madre..-
-lo so.-
Si ferma un attimo. Sembra aver smesso di respirare. Poi mi guarda.
-ma non devi andartene.-
-okay.-
È colpito. Colpito dalla mia arrendevolezza, colpito da come la mia voce sembra graffiarmi la gola, colpito da altro. Non saprei dire cosa.
-bene.-
Mi sta studiando. I suoi occhi, ora lucenti e verdi, percorrono il mio profilo.
-hai le spalle curve. Anche io. Anche Davis. Così tante persone ce le hanno. È stomachevole.-
In un primo momento sta per ridere, sicuramente da una parte della sua testa l’insulto velato che vorrebbe dirmi sta prendendo forma. Poi lo fisso. Grigio contro verde. E vince. Sento i suoi occhi ingoiare i miei in una morsa nauseabonda.
-dormi, Jude.-
E lo faccio.
 
 

Angolo Autrice: 
ciaooo :) ebbene si, sono tornata. (dan dan DAAAN.) E anche il terzo capitolo è stato pubblicato. Sono piccoli traguardi :)) comunque sia, il quarto è già pronto! fatemi sapere se volete che i capitoli siano pubblicati con più velocità, o se avete altro da dire come sempre accetto tutto. Ringrazio chi legge e commenta, -davvero, altrimenti avrei smesso di pubblicare, conoscendomi, mi sarei buttata giù.- chi ha aggunto la storia nelle seguite\ricordate\preferite e anche i lettori silenziosi! 

ps. anche voi avete iniziato la scuola? io proprio oggi, e sono già dannatamente stufa :( 

-TheSoulOfTheWind

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Capitolo 4
*** Alcol ***




Un ringraziamento speciale a Elena,
che mi ha ricordato che i Broken Iris esistono,
motivo per qui ho subito un'ondata di ispirazione.


Nota: 
il capitolo è venuto più lungo del solito, e ho scritto una scena che probabilmente sarebbe da quadratino rosso, che potrebbe infastidire qualcuno. Se questo accadesse per favore fatemelo presente così io possa cambiare la storia da arancione a rosso, senza essere bannata. ù.ù
buona lettura!


Parte 4.

‘I sogni sono veri mentre hanno luogo. E non viviamo forse in un sogno?’Alfred, Lord Tennyson. 



Sento il suo odore. È così forte. Da uomo. 
Ha le labbra chiare, quasi quanto le mie. Sono tutte frastagliate, sul labbro inferiore c’è un taglio notevole. Le tiene socchiuse, fa uscire il respiro che mi arriva sulla nuca. Quando mi ha abbracciato così? Le mie guancie pizzicano d’imbarazzo. Sono quasi sicuro che, quando questa cosa sarà finita, annuserò il cuscino. Il suo odore è così forte. Illuminati così dal sole i suoi capelli sono ancora più neri, e mi piacerebbe vedere che colore sarebbero, in questa angolazione, i suoi occhi. Magari azzurri. Durante la notte si è tolto la giacca, ora indossa solo una maglia e un paio di jeans. Solo io sono in pigiama. Come ci siamo finiti così? Percorro con gli occhi tutto il suo corpo, poi la coperta. Inizio a guardarmi un po’ in giro per la stanza, abituandomi al sole che filtra dalla finestra, colpisce noi, la mia scrivania e anche l’orologio appeso sul muro. 
Oh. Cazzo. 
Mi alzo dal letto di scatto, dando una testata ad Aidan che si alza bestemmiando. 
Oh, cazzo. 
-che cazz..-
-sono le dieci, porca puttana.- 
-e tu hai scuola.- 
Dice, tornando a sdraiarsi. 
-gia!- 
Urlo, per poi maledire la mia sveglia, il sonno pesante e la lavatrice per non aver ancora finito di lavare i vestiti. Inizio a spogliarmi, frenetico. 
-appunto. TU. Perché cazzo hai svegliato anche..-
Si blocca, e sinceramente non mi importa del motivo. Ora che sono vestito, devo solo capire dove cazzo ho messo il cellulare e l’abbonamento della corriera, dato che Davis sarà a scuola. 
Mi giro, e noto che Aidan mi sta fissando. Aspetta, cosa? i suoi occhi saettano lontano dalla mia figura, inaspettatamente. 
-che cosa c’è? ho qualcosa in faccia?- 
Lui sembra strozzarsi. Dio, che ragazzo complicato. Sbuffo, per poi prendere la tracolla e il cellulare. 
-che stai cercando?- 
-l’abbonamento.- 
Dico, piuttosto infastidito. Lui fa un sonoro sbadiglio. 
-se mi dai dieci minuti ti porto io, qualcuno deve pur firmare il tuo ritardo e se finisci nei guai con Mà poi ci vado anche io.- 
Sta biascicando, tiene un braccio a coprirsi gli occhi. 
-davvero? Perfetto!- 
Mi ravvivo i capelli e faccio per scendere, poi mi rendo conto che lui si è riaddormentato. 
-Aidan!- 
-avevo detto dieci minuti porca troia!- 
-beh, io dieci minuti non li ho!-
***
-Ritardo per problemi famigliari, Seen?- 
-lei non ha idea di che problemi, prof.-
***

Cara mamma,
è possibile non sapere come ci si sente? Mi sento un po’ una macchina. Le cose succedono, e io non so cosa mi fanno provare. Aidan è strano, ultimamente. È una settimana che dopo cena entra in camera mia, mentre ci sono anche io, e si siede sul letto. Io sto leggendo o studiando, e lui sembra non interessarsene. Osserva la stanza, osserva me, legge, fa alcune domande. Ieri sera mi ero ridotto alle dieci a studiare scienze, e lui era seduto sul mio letto a gambe incrociate. Ha dato un’occhiata hai libri che tengo sulla scrivania, e poi a citato un verso. 
Ha detto: ‘ volevo solo cercare di vivere ciò che spontaneamente veniva da me. Perché fu tanto difficile?’ 
Sorrisi, senza farmi vedere. Era una delle mie citazioni preferite, quella. Mi chiedo se lui lo sappia. Non aggiunse nient’altro, e io andai a dormire. Subito dopo, lui se ne andò. Non ho ancora capito cosa ci trova in quei piccoli pezzetti di tempo. Credo che il nostro piccolo litigio abbia sigillato in noi uno strano contratto. Non saprei dirti di che natura. Denis, dal canto suo, sta alla grande. Forse doveva solo parlare con qualcuno della sua situazione, forse no. Ma sta meglio. Non ho indagato. A scuola va abbastanza bene, ma è normale. Non ho più  nulla da dirti, ti aspetto. Nonostante tutto. 
Jude. 





Rileggo la lettera, la rigiro un paio di volte tra le mani. Aidan sta sul mio letto, la guarda. 
-sei troppo…vorrei dire strano. Sei.. non lo so. Troppo qualcosa.- 
Non capisco cosa intende, ma non importa. Si alza, mi lancia la giacca. 
-datti una mossa.- 
E esce. Raccatto la mia roba, lettera compresa, e lo seguo giù dalle scale. 
Il viaggio in auto è come al solito silenzioso. La musica della radio quasi non la sento. Penso, con tutti i sensi possibili. 
-perché?-
Lui sta zitto, poi mi guarda di sfuggita. 
-cosa?-
-perché fai.. come se ti importasse?- 
Fa una faccia strana, un cipiglio sul volto. Non risponde. Sembra sia la cosa che gli riesce meglio. 
Inizia a piovere, e i tergicristalli si azionano. Sento l’impellente bisogno di parlare. 
-cosa hai pensato quando mi hai visto?- 
Non so perché lo dico. Io non lo so. 
Lui sembra a disagio, anche se è difficile dirlo. Lui è una maschera. 
-ti ho odiato. –
E la conversazione finisce così. Senza i perché, i come, le scuse o altro. Lui è sincero con me. Io lo sono con lui. Non c’è nulla da dire. Entrambi sappiamo che le risposte arriveranno da se, senza fretta. 
Imbuco la lettera, torno in auto. Ho i capelli bagnati, e ho freddo. Accende il riscaldamento dell’auto costosa. Gli sono grato. Lui lo sa, non devo dirlo. 




-cosa sta succedendo?- Denis indica con lo sguardo l’auto di Aidan che se ne va. Mi ha portato a scuola. 
-di che parli?- 
-ti guarda in modo strano. Che è successo? Cosa hai..-
-lascia stare, non è davvero successo nulla. È lui che è strano.- 
La storia finisce li. Mi guarda, sento che sta per aggiungere qualcosa. Si blocca, probabilmente capisce che le cose sono dannatamente strane. 
-senti, ma sul serio non ci sarai per il mio compleanno?-
Sospiro, abbastanza stizzito. –già, insomma, sai.. non posso evitarlo.- -Diobono, faccio una mega festa di compleanno e il mio migliore amico non c’è-
Sbuffa, portandosi una mano tra i ciuffi rossicci. –che poi, sarà una palla mortale anche per te. No?- -assolutamente. Non conosco nessuno, tra l’altro. Solo alcuni, ma poco.- 
Già. Non penso di essere pronto per una piccola vacanza invernale dai miei parenti acquisiti. 
-eehi!- Mia ci sta correndo incontro, con la lunga e solita treccia rossa che le ricade su una spalla. 
-Jude, sono appena entrata in classe, e mi hanno detto che il professore delle prime due ore è assente. Se ce ne andiamo subito, possiamo salare scuola con questa scusa.- la sua faccia è buffamente convinta, neanche stesse architettando un piano diabolico. Sorrido. 
-va bene, tu che fai?- -diamine- ride il rosso –ovvio che vi seguo a ruota. Biologia può farsi fottere.- 
Quando poi siamo fuori dal cancello, si gratta il collo come se stesse pensando. 
-in fondo, in quella materia sono così insufficiente da non poter più sperare in una sufficienza.- 
Mi schiaffo una mano sul viso, e lui mi mette un braccio sulle spalle. Mia se n’è andata con un paio di amiche, allora ci dirigiamo verso la sua auto. 








-non puoi fare sul serio!- mi sto sgolando per farmi sentire da Davis, che pare impazzito.
Muove la bocca per dire qualcosa ma, a causa della musica al massimo e i tutti i finestrini abbassati non sento nulla. 
-cosa hai detto?!- 
Si gira, mi fa un sorriso da Satana in piena regola, e schiaccia maggiormente sull’acceleratore. 
Stiamo andando fin troppo veloce, anche se la strada è completamente deserta e solitamente non utilizzata. Il vento mi fa fischiare le orecchie e il rumore dell’asfalto sotto le ruote si confonde con la musica. 
-ho detto,- dice, mentre tiene le mani salde sul volante, spingendo l’acceleratore più forte che può. –che sei invitato a lasciarti andare, coglione!- 
E ride. Una risata cristallina, come i suoi occhi. Sono così vivaci da sembrare cristalli, mandano luce propria, niente a che vedere con quelli che ero ormai abituato a vedere. Mi fanno star bene anche a me. Ci stiamo guardando negli occhi, ma poi lui si gira di scatto, ritornando a guardare la strada davanti a se. Senza rendermene conto sto urlando. Il vento mi arriva dritto in faccia, facendo male, sento i capelli sferragliare in tutte le direzioni, sento una sensazione che proviene da fuori arrivarmi dentro. Mi sento così bene. Non so neppure cosa sto urlando. Le parole escono da me in autonomia, io non centro nulla. È tutto stupendo. 






La macchina del ragazzo di Mia è arrivata, l’ho sentita. È più tardi del solito, comunque. Vabbè. A cena stasera è stato strano, Rose era tesa, e anche Sean. È probabile che sia per questo che ora stanno litigando. Comunque non sento un gran che, ho chiuso la porta. Sto per mettere le cuffiette, così da non sentire. Mi hanno sempre spaventato un po’, i litigi. Eppure mi danno una strana sensazione di stabilità. Insomma, non significa che entrambe le due persone vogliono risolvere un problema, invece di ignorarlo? È naturale, credo che faccia quasi bene ad una coppia. Aidan non si è presentato a cena, non mi sorprende. È due giorni che non si fa vedere a casa, ma nessuno mi dice che sta succedendo. Evidentemente non vogliono turbarmi. Dovrei essere un po’ arrabbiato? Io sono solo grato. È probabile che mi stiano allontanando da brutte sensazioni. Cavolo, ho appena realizzato che è abbastanza tardi. Di solito a quest’ora inizio a girarmi nel letto cercando il sonno. Beh, comunque sia ora proprio non ho voglia. Sto ascoltando Forevermore dei Broken Iris. Piacciono molto a   Maddie. 

Da Davis Weasley:
ho un’idea.
1.00pm. 
Da Davis Weasley:
so che sei sveglio, dai. È super importante
1.00pm. 
A Davis Weasley:
cosa c’è? Le tue idée super importanti non mi piacciono. 
1.01pm.
Da Davis Weasley:
questa ti piacerà! So come farti venire alla mia super festa di compleanno. Il doppio senso è intenzionale ;)
1.01pm. 
A Davis Weasley:
oh mio dio, ti sparo. 
1.01pm.
Da Davis Weasley: 
dico davvero! Basta che faccio la festa prima che parti. In fondo, se la faccio venerdì sera invece di sabato, dato che la festa finirà piuttosto tardi, sarà come se parte di essa sia sabato! Ho una mente geniale. 
1.02pm.
A Davis Weasley:
beh, geniale, se non fosse che ci arriverebbe una bimba di cinque anni. Il locale può spostare a venerdì?
1.03pm.
Da Davis Weasley:
beh, no. Per questo la faremo a casa tua!
1.03pm. 
A Davis Weasley:
ovvio. Perché io sono d’accordo a tutto quello che dice la mia mogliettina rossa, giusto?
1.03pm.
Da Davis Weasley: 
ma tu hai la piscina! E la casa è enorme. Susu! Rose sarà sicuramente d’accordo. Guarda che se mi deludi divorzio. 
1.04pm. 
Ridacchio, mettendo via il cellulare. Porre resistenza non servirebbe a nulla. Mi si illumina lo schermo, con la buonanotte del mio migliore amico. 





-cioè, mi stai dicendo si?!- Davis saltella per i corridoi e la mensa da tutto il giorno, dopo che gli ho detto che per Rose va bene. Infondo, lei e suo marito saranno via, e se c’è almeno un adulto consenziente alcuni potrebbero fermarsi a dormire. Immagino rimarrà chi sarà così ubriaco da non poter neppure camminare, anche se questo non l’ho detto a lei. –certo, ma l’organizzazione è compito tuo.- -i tuoi?- chiede Samuel, intento a finire le sue patatine con aria assonnata. Non me la sento di correggere quel ‘tuoi’. –dicono che se c’è un adulto mi lasciano.- -…..e quell’adulto è un ragazzo alto 1.80 con occhi omicidi?- sospiro. 
-esatto.- 
-e chiamano quel futuro detenuto consenziente?!- 
Ridacchio mentre finisco la mia coca-cola. Davis ha una faccia stralunata. –Aidan Groove.- pensa ad alta voce. Ed e Sam sorridono. –dici che potremo chiedergli consigli sulla lacrosse?- 
Alzo le spalle. È improbabile che Aidan si faccia vedere. 
-oh, Jude.- Davis richiama la mia attenzione sventolandomi una patatina fritta con super-olio della mensa in faccia. –mi vieni ad aiutare a comprare la roba? Pensavo di avere tutto ieri per preparare tutto, ma se è domani sera dobbiamo comprare un sacco di roba.- -si. Okay- così ti prendo pure il regalo.



Davis sta impilando un sacco di alcolici nel carrello che sto tirando. Potremmo sfamare una mandria di alcolisti anonimi dopo i loro quaranta giorni di sobrietà imposta. La gente ci sta prendendo per depravati, a giudicare dalle occhiate minacciose di certe vecchiette. 
-vodka alla fragola?- chiedo, realmente sorpreso. –l’hai mai bevuta?- -si, e fa schifo, ma magari a qualcuno piace. – alzo gli occhi al celo dopo questa frase, ma sto zitto. Almeno non mi tocca pagare. Quando siamo in coda alla cassa, vedo una cosa che attira la mia attenzione. Perché non ci ho pensato prima? 
Con una scusa mi dirigo quasi subito nel reparto sport del centro commerciale, pregando internamente di trovare quello che cerco. 
Alla fine, eccole. C’è un intero scomparto per articoli da lacrosse, dove trovo delle racchette. Ci sono di mille misure, alla fine trovo quelle che cerco. Si trovano all’interno di una custodia, sono tre. Esattamente come nel disegno dell’esposizione alla cassa. Afferro il tutto, più qualche capo d’abbigliamento per questo tipo di sport. Ho abbastanza soldi con me, quindi vado alla cassa opposta a quella dove mi aspetta Davis, pago il tutto e gli scrivo che lo aspetto alla macchina. Quando esco attento a non farmi notare da lui, il vento freddo dell’inverno mi invade il corpo, e mi scuoto tutto in un brivido. Apro l’auto, nascondo i sacchetti sotto la mia roba di scuola e accendo il riscaldamento. Con la fila che c’era, Davis ci metterà un po’. Sulla strada che mi sta davanti un sacco di macchine passano senza fermarsi, tutte illuminate nel buio. Beh, non esattamente buio. Sono le sette, ci è venuto un po’ tardi. Sono quasi sicuro che se mi concentro posso sentire il rumore delle ruote sull’asfalto. Sorrido, perché dopo quella volta con Davis quel rumore ce l’avrò sempre nelle orecchie, è il nostro suono. In quel momento, mi sono sentito in grado di prendere la mia vita per le redini. Mi rilasso sullo schienale. Quando siamo quasi a casa il tono di Davis diventa un po’ duro. –come va con Aidan? Non lo sento più nominare.- -non lo so, credo vada.- lui mi guarda di sfuggita. Capisce che quel ragazzo mi accende una nube assurda dentro, che vortica, e vortica. Sa che mi fa male, a volte, il suo sguardo duro. Il suo modo di fare distaccato, come se mi facesse un piacere a vivere. Mi fa sentire a disagio, sbagliato, ma anche apposto. Con lui mi sento apposto. Se son senza la sua presenza, la nube turbina. A volte anche forte. A volte si scarica nel mio petto quando si avvicina lui, per poi calmarsi e appagarmi. Non lo so. 
-davvero, non lo so.- 


Cara Mamma, stavo pensando ad una cosa. le persone ci seguono sempre, ovunque andiamo. Giusto? Stavo studiando biologia. La biogenesi è la legge che dice che ogni essere vivente nasce da un altro essere vivente, mamma. Ed è vero. Tutti nasciamo per persone, con persone. Cresciamo come persone, con altre di esse, e ovunque andiamo ci sono anche loro. Forse quando una persona dice ‘io sono una persona’ ha ragione, ma solo in parte. Io direi, ‘io sono delle persone.’ Perché, ovunque vado, loro ci sono. Qualunque cosa faccia. Sempre. Sempre. Veniamo irrimediabilmente influenzati da esse, impariamo le loro abitudini, siamo una piccola percentuale di molte persone che conosciamo. Condividiamo con loro anche dei ricordi, siamo tutti così legati… mamma. Ho capito cosa significa essere un’altra persona. Sono Jude. Sono una parte di te, sono una parte di Aidan, di Davis, anche di papà. Di Rose, di Sean, di tutti i bambini della casa famiglia. Dei miei insegnanti.. forse sono solo un po’ matto. Comunque, stasera ci sarà la festa di Davis, e spero davvero gli piaccia, è importante per lui. Volevo dirti che non fa  nulla se non rispondi, non preoccuparti. Ho appena realizzato che, se leggi e non rispondi, stai sicuramente male, oppure sei impossibilitata. Credo che ti sentiresti in colpa, se mi spettassi un qualche cosa da te. Quindi, tranquilla. 
Jude. 


Chiudo la lettera e la infilo nella busta che metto nel mio comodino. Davis ha sistemato tutto per stasera, e ora è a casa sua a farsi una doccia credo. Beh, io mi sto decidendo su cosa mettermi. Alla fine infilo un paio di jeans  con due taglietti alle ginocchia, un maglione celeste. I miei capelli cadono disordinatamente con un ciuffo al lato del viso, ma va bene. Ormai ho smesso di cercare di dagli un senso. Infilo un paio di converse e mi butto sul letto. Sto scrivendo il biglietto per Davis. 
urlalo. 
N.B: buon compleanno.’

Chissà se capirà quel ‘urlalo’. Spero lo faccia. 




-non credi che la musica sia un po’ troppo alta?! I vicini mi denunciano.- 
Davis sta ridacchiando, portandosi per l’ennesima volta il bicchiere con l’alcol alla bocca, mentre mi rassicura. –tranquillo, li avevo avvisati!- sembra un po’ brillo. Come il resto della gente, da altr’onde. Corpi ammassati per la casa ballano, anche se il termine dimenarsi è più adatto. C’è gente pure in cortile, alcuni si sono pure appropriati della piscina. Cerco di non notare le coppiette che fanno avanti e indietro verso le camere da letto, mentre alcune optano per i pomicia menti sparsi. È abbastanza tardi, saranno quasi tutti mezzi ubriachi. Io no. Sorseggio un pochino una birra ogni tanto, ma non amo l’alcol. Tutti i miei amici scherzano sul divano, e fin’ora sono rimasto anche io con loro. Ora mi alzo, voglio controllare come vanno le cose in cortile. Rimango spiazzato dalla strana sensazione che mi congela le gambe, quando vedo Aidan in giardino circondato da un paio di ragazze. Scherza con dei ragazzi, inoltre. Sembra un’altra persona. Sto ancora immobile li a guardarlo, quando sento Samuel dietro di me che mi incita a spostarmi. Tiene sulle spalle Davis, e appena lascio la libera uscita, corre per il giardino urlando qualcosa. Forse lui è più che mezzo ubriaco. Rido, perché tutti sembrano stare bene. Cavolo, sto bene anche io. 


Il grosso della festa è andata. Così si può dire. Ora ci sono davvero meno persone, la musica è un po’ più bassa. Alcuni chiacchierano in giardino, altri sul divano, ma nessuno balla o altro. Immagino siano tutti stanchi. L’effetto dell’alcol sta svanendo sulla maggior parte delle persone, alcune vedendo quanto è tardi si congedano amichevolmente. Dopo neppure un’ora, siamo rimasi in pochi. Io, Davis, Mia, Sabrina –un’amica di Mia, Samuel, Ed., Maddie, Danielle –una ragazza oggettivamente molto carina, con la quale Davis sembra provarci spudoratamente, suo fratello, Jean, e poi due o tre ragazze di cui non so esattamente il nome, ma so per certo che si sono portate una dopo l’altra in camera Aidan, che per la cronaca sta seduto in terra in un angolo del salotto, tracannando vodka con sguardo torvo. Ha la faccia strana, cioè, più strana del solito. Non beve come gli altri. Beve per svuotarsi la testa, desidera stare bene almeno un po’, accettando la condizione di aver un enorme mal di testa il giorno dopo. Come me, da altronde, quando l’ho visto andare disopra con quelle due. Io.. non lo so. È tutto un casino. È un casino anche quando Danielle accompagnata da Mia urla a squarcia gola che vuole giocare al gioco della bottiglia, ed è ancora più un casino quando tutti accettano entusiasti. Immagino di non potermi opporre. Lo vorrei. 



-Sabrina!- urla Jean, quando la bottiglia finita di liquore va a indicare la ragazza che deve baciare. Lei ridacchia un po’, arrossendo, per poi sporgersi e baciandolo. Quando i due si lasciano un po’ andare, tutti assieme iniziamo a fare versi da film pornografico, e i due capiscono che non è il caso. Aidan sta seduto vicino alla ragazza che ho potuto appurare si chiama Clarissa, e ci parla fitto, mentre tracanna una birra. Non so di cosa stanno parlando, ma a lei sembra piacere. Mi vene la nausea. 
-okay, okay. Ora giro io.- Davis afferra la bottiglia, facendole fare un giro sul pavimento. Quella sta girando inmezzo a tutti noi, riflette degli sprazzi di luce, ci fa trepidare d’attesa. È anche un gioco abbastanza stupido, ma infondo, chi se ne frega? 
Deciso che me ne frego io, quando la bottiglia decide che devo baciare Mia. Che senso. –con la lingua, Jude!regolamento!- urla Samuel. ‘oddio non sta succedendo che schifo oddio’ sembra invece essere diventato il nuovo mantra di Davis. 
Lei si avvicina, le metto una mano sulla spalla e la bacio. Uno sfioramento di lingue veloce, sotto il controllo di due occhi dal colore imprecisato che mi scavano. 
Faccio appena in tempo a staccarmi per vedere Aidan che prende di sorpresa Clarissa e la bacia con trasporto. 
Il gioco va avanti per un bel po’ di tempo, tutti abbiamo parcamente quasi baciato tutti,dal momento che siamo pochi. Il momento in cui Davis mi ha baciato lo ricorderò per sempre, giusto qualcosa per qui morire dalle risate. Mi ha pure starnutito in faccia. 
-okay, dai. Universitario, tocca a te. Penultimo giro.- annuncia Mia, guadagnandosi un’occhiataccia da Aidan al nomignolo. Anche se di malavoglia, inizia a far girare la  bottiglia. Immagino che se non fosse così ubriaco non avrebbe neppure partecipato, fin dall’inizio. 


-oh mio dio! Incesto!- urla estasiata Mia, ridendo con le altre ragazze. Io sto fissando la bottiglia, inerme. 

Le labbra di Aidan sono calde. Le avevo immaginate fredde, in verità. Chissà, sarà merito dell’alcol. Sono calde e umide, la lingua pure, e mentre mi bacia la sento passare sui miei denti. Prima che me ne accorga le mie mani sono ancorate alle sue spalle, le gambe scosse da fremiti. Scopro che i suoi denti sono appuntiti, più a fondo, ed è piacevole passarci sopra la lingua. Ritiro la lingua quando prende a mordermi il labbro inferiore, e sorrido un po’. Lui si accorge che sto sorridendo, e apre gli occhi. Lo faccio anche io, e lui mi spinge via. Si scosta, e in poco tempo si è riseduto accanto a Clarissa. Io mi risiedo, e mentre il gioco va avanti e lui riprende a baciare disperatamente le labbra della ragazza accanto, forse per togliersi il mio sapore, io cerco in tutti i modi di trattenerlo sulle labbra. 

Denis, Danielle, Samuel e Mandie decidono di rimanere a dormire. L’atmosfera è rilassata, e ormai si sta solo chiacchierando tranquillamente. Ho portato dei sacchi a pelo per tutti, mentre io dormirò in camera mia. Aidan è fuori, ha accompagnato a casa Clarissa e poi si è messo a fumare. È fuori, seduto da qualche parte probabilmente. 
-ehi.- Denis mi guarda, stando sulla porta della cucina, mentre io prendo un bicchiere d’acqua. 
-ehi- dico, sorridendo di rimando. 
-comunque, sei un deficiente. Si può sapere quanto hai speso?-
-ha importanza?- 
Lui ridacchia, poi mi lancia il bigliettino. 
-lo farò. Credo. Di urlare..dico.- 
Sorrido. Ha capito. 
-sicuro.- 
Lui sorride, imbarazzato. Lo capisco dal suo spostarsi da un piede all’altro. 
-grazie per la festa. Insomma.. grazie. Mi è davvero piaciuta.- 
-beh, era l’intento.- lui si guarda nervosamente attorno, poi torcendosi le mani si avvicina un po’. 
-come era?- sorrido ancora, ma stavolta verso nessuno in generale. –cosa?- lui mi schiaccia un piede. 
-sai, cosa.- 
-come posso esserne sicuro? Magari invece vuoi sapere se ho apprezzato il nostro sbaciucchiamento.- ridiamo entrambi, poi sospiro. 
-bello.- dico, e lui sembra preoccupato. –la storia non mi piace.- già. Neanche a me. 
Fa per andarsene, ma io lo chiamo indietro. 
-vedi non fare nulla con Danielle, sennò ti faccio pagare l’impresa d’igiene. – 
Esce facendomi il dito medio, ridendo. 


È abbastanza tardi quando decido che dovrei andare a dormire. Abbiamo guardato un film, e mentre mettevano il secondo mi sono reso conto di essere il quinto in comodo, dal momento che Davis e Danielle copulano come conigli e lo stesso Maddie e Samuel. Così gli do la buonanotte, e mi tolgo dalle scene. Ho addosso odore di alcol, e sono anche sudato, quindi decido di farmi una doccia calda. Mentre sto sotto il getto non posso fare a meno che mordermi le labbra. Perché il suo sapore non va via? A me Aidan non è mai piaciuto. O forse si? Che sia il motivo dell’agitazione, del fatto che le sue parole possono rompermi in due come nulla? Forse mi sto solo stressando, e in realtà non significava nulla. Dopotutto, domani sarà già tutto dimenticato. Mi ritrovo a fissare il vetro che s’appanna di vapore, e penso, penso, penso..
Quando sono asciutto e vestito mi lavo i denti, per poi chinarmi per sputare nel lavandino. Quando vado in camera, salto in aria nel vedere Aidan, con addosso ancora i vestiti, -non era andato a dormire?, Che mi aspetta. Ha uno sguardo glaciale, e puzza d’alcol. 
-cosa..-
-perché cazzo esisti?- 
Mi chiede, dall’angolo della stanza in cui sta. Sembra quasi stia ringhiando. Mi hai aspettato per questo?
-cosa stai..- 
-stai zitto! Cazzo. Odio pure la tua voce. – adesso si sta avvicinando. Inizio a sentirmi male. 
-ma che cazzo hai? Sei impazzito?- 
-no, cazzo. Sto benissimo. – 
Il calcio che lancia al mio letto prima di sedersi e prendersi il volto tra le mani la dice lunga. 
Sono ammutolito.
-io sto bene. Cazzo. Non pensare che io non stia bene. Sono stato bene fin ora. Posso continuare.- 
La sua voce è grondante di rabbia, di frustrazione. 
Non capisco quello che dice, sono troppo spaventato. 
-tu.. okay. Stai bene.- 
-ti ho detto di stare zitto.- ringhia. Non so cosa fare. Sto quasi per uscire, quando lo sento alzarsi e venirmi contro velocemente a grandi falcate. 
-tu….devi stare zitto.- la sua voce è un sussurro rabbioso. Ora ho paura. Con la sua altezza è dominante, e mi sento schiacciato contro la porta. Non mi sento, in realtà. Mi ci ha gettato lui contro. 
-Aidan che cazzo..- 
-sta zitto.- 
Dice, e poi mi torce i polsi contro il muro, e io mugolo di dolore. 
-mi fai male… Aidan, ehi. Sei ubriaco.. mi fai male.- 
Lui si blocca subito. Mi fissa, poi fissa le proprie mani. 
-scusa.- 
È decisamente ubriaco. 
Lo fisso, e lui adesso sta guardando me. I suoi occhi ora sono lilla, visti da qui. 
Ci fissiamo a lungo, poi piano lascia i miei polsi. Piano passa le dita sopra di essi, come una carezza, facendola salire fin sopra il braccio. 
-sono…sempre stato abbastanza forte da stare bene.- 
Sussurra, afferrandomi i fianchi con forza. 
Il modo in cui mi bacia è violento, mi morde il labbro inferiore per farsi spazio, va in profondità, scava nella mia bocca in cerca di dominio. Lo trova, quasi subito. Il suo sapore è così buono che mi ci perdo immediatamente, senza tenergli testa. Quando sento un rivolo di sangue scendermi dalle labbra, capisco che mi sta baciando con disperazione. Il sapore metallico intasa le mie papille gustative, e sporca le sue. Piano scende a baciarmi il collo, leccando via la scia rossa. Succhia, morde in più parti. Mi sento urlare per il piacere e ora per il dolore, sento i suoi denti e le sue labbra su di me. Mi prende in braccio quasi subito, quando capisce che non posso più reggermi in piedi. 
-cazzo- 
Ringhia, quando la mia testa si impiglia nel maglione, facendogli impiegare più tempo per levarmelo. Inizia a baciarmi il petto, sfiorandomi ovunque, lasciando i segni del suo passaggio quasi come volesse strapparmi via da quella pelle. 
Le mie mani vanno per riflesso al cavallo dei suoi pantaloni, slacciandoli. Ora i miei jeans sono allacciati, ora sono calati fino alle mie ginocchia. 

E mi prende lì. Con tutta la forza che ha. Si aggrappa al mio corpo, io mi tengo al suo, come avessi paura di cadere. Di sottofondo ai nostri versi c’è il rumore della mia schiena che sbatte contro la porta. Mi fa poggiare la testa sul suo incavo della spalla, e finalmente, sotto tutto quel odore di alcol lo sento. 
L’odore di freddo, pioggia e fumo. 
L’odore di Aidan. 


angolo autrice: Okay *scappa in un angolo imbarazzata per aver scritto una scena erotica* allora, non sono brava a scrivere questo genere di scene, sul serio. Sono ancora alle prime volte, ma abbiate pietà. Per il resto spero davvero di aver fatto un buon lavoro, anche se il testo è un pò troppo lungo (?) e ho mandato a un bel paese il bollino arancio. vabbeh. sono molto contenta delle persone che leggono e le recensioni mi fanno sempre sorridere! grazie a tutti e in particolare a Some Stay, che recensisce sempre e non manca mai di farmi sapere che ne pensa tramite messaggi privati! commentate, fatemi sapere che ne pensate e se avete bisogno di chiarmenti o conisgli da darmi tutto è ben accetto! 
-TheSoulOfTheWind. 

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Capitolo 5
*** Dubbi ***


Parte 5.

" E piangere senza sapere perchè aveva l'odore sgradevole dell'anticamera di un manicomio..." - Uscita per l'inferno, S. King.



-cazzo, Jude.-


Sembra che Aidan sappia dire solo questo, di continuo, mentre ringhia. È assurdo, sembra un animale affamato, e non mi da sosta. Ho la mente completamente staccata, non capisco nulla, non sento più le gambe. Mi sta prendendo in tutti i sensi, non riesco neppure a pensare. Ho la faccia prima schiacciata contro il cuscino, poi contro il materasso,  ora tra i suoi capelli. Non può fermarsi, e io non faccio assolutamente nulla, tranne stargli aggrappato quasi ne andasse della mia vita.
Forse è così.
La mia sveglia indica le sei di mattina, quando si alza e se ne va, senza dirmi una parola. Dal canto mio, non riesco neppure a guardarlo negli occhi.
 
Cara Mamma, ti scrivo di mattina presto, perché proprio non posso dormire. Non so con esattezza cosa dovrei scriverti. È tutto così confuso. Eppure, se solo chiudo gli occhi il suo odore è qui, la sua pelle bollente è sotto le mie dita. È così strano, ne bello ne brutto, solo strano. Abbiamo fatto sesso. Sicuramente del gran sesso e, sicuramente, è stato stupendo. Ma oltre a questo? Cosa dovrei pensare? Io non so neppure se mi piace.. e probabilmente non capisci nulla di quello che sto dicendo. Grandioso. Forse dovrò riprendere questa cosa più avanti, ora sento che mi tremano le mani.
Fin che non riscriverò questa lettera, Jude.
 
Faccio appena in tempo a sedermi sul letto, che mi addormento.
 
 
 
 
 
 
-tutto bene, Jude?- Rose è davanti a me, mi sta fissando. Piano indica la mia valigia. –tutto pronto?- annuisco e le sorrido. –tutto bene?- lo ripete, e io lascio scivolare la sua voce sulla mia schiena, mentre mi giro per chiudere il mio piccolo bagaglio. La sento scendere le scale.
Forse avrei dovuto mettere dentro meno cose, comunque. A giudicare dal peso mentre trasporto il tutto in auto. Poi mi siedo, evitando di pensare alla fitta che sento al contatto col sedile. Rose è in auto, e mi sorride voltandosi dalla sua postazione vicino al guidatore, Sean.
-Aidan ha detto che arriva, aspettiamolo.- dice poi lui, mentre io ripercorro mentalmente gli avvenimenti della giornata. Denis mi ha svegliato, abbiamo fatto colazione tutti insieme e poi se ne sono andati, augurandomi una buona mini-vacanza dai parenti. La mia prospettiva del viaggio è molto meno invitante di quanto lo fosse prima, ma vabbè. Infilo le cuffiette, sento una delle mie basi preferite risuonarci dentro, e appena mi rendo conto che le note s’accompagnano perfettamente al ritmo del respiro affannato di Aidan, la cambio, repentinamente. Sento uno strano calore alla gola, come se il mio cuore fosse lì, impazzito. È fastidioso. Appoggio la testa al finestrino, e cerco di occupare meno spazio possibile.
 
È capace. Che non sia la prima volta?
Sa dove mettere le mani, sa come distrarmi dalla punta di dolore che mi scuote un po’, sa esattamente cosa fare.
L’ha già fatto?
Mi tiene sotto controllo, come ogni cosa passa dalle sue mani. Mi lascio guidare, anche se, diversamente, non avrei scelta.
I suoi denti fanno un po’ male. Questo non l’ha mai fatto, credo. Un morso o due che sanno un po’ di punizione.
Punizione per che cosa?
-Jude.-
All’inizio non capisco. Sembra uno sbuffo, o un verso causato dalla forza dell’amplesso.
-Jude.-
La seconda volta lo capisco, e poi la terza, e la quarta. Ma io non rispondo.
-jude.-
 
 
Una spallata un po’ violenta mi fa risvegliare. Non che stessi dormendo, comunque. A volte i ricordi pretendono più attenzione. Inevitabilmente lasci una tua parte in essi, e non puoi dimenticartene, l’altra parte non smette mai di cercarla.
-cosa?- sbadiglio, mentre guardo Sean che sta scendendo dalla macchina.
-vuoi qualcosa?-
Indica con l’indice la stazione di sosta. –io e Rose prendiamo un caffè, la strada è ancora lunga. Vuoi mangiare qualcosa o..- -no, va bene così, ti ringrazio.- la mia voce è più coincisa e suona quasi detta per circostanza, come la voce di certe professoresse. Mi sorride in modo strano, poi raggiunge Rose all’entrata. A pochi metri da loro c’è Aidan, sta fumando una sigaretta. Inaspettatamente alza lo sguardo e mi vede. Riprende poi a fumare, senza alcun movimento a tradire la sua impassibilità. Ne un tremore, nulla. Come se non fossi neppure li. Devono passare alcuni minuti prima che finisca la sigaretta, la schiaccia col piede e si avvicina. Dal canto mio fisso il cellulare, la musica ora è fortissima nelle mie orecchie, tanto che per un momento tempo di non sentire neanche i miei pensieri. Sale in auto, prende il suo posto che ha occupato fino ad ora, e al mio naso sale l’odore di fumo che emana ora. Le sue mani, se ora mi toccassero, saprebbero di tabacco? L’odore rimarrebbe sulla mia pelle?
 
Sta muovendo le labbra, ed è probabile stia parlando. Alzo il braccio per togliere le cuffiette, ma con uno scatto mi blocca il polso. Al mio sguardo di domanda segue il suo freddo. Mi sta dicendo: -lascia perdere, sono troppo lucido per ripeterlo-
O probabilmente l’ho solo immaginato.
 
 
 
 
 
 
 
 
-quindi sei tu, Jude.-
Dopo essere arrivati, carichi di roba per una settimana, (seppur rimasti solo un paio di giorni), ci sono venuti in contro il nonno e la nonna di Aidan, il padre e la madre di Sean. Ci hanno aiutato a sistemarci nelle stanze, e alla fine siamo finiti tutti sul divano con una tazza di tè fin troppo zuccherata.
 
Cerco di bere il liquido giallognolo della mia tazza senza fare facce strane, data la dolcezza sproposita della bevanda. Aidan neanche l’ha toccato, si è fatto un caffè, ignorando gli sguardi di disapprovazione dei genitori. È ovvio che fosse un non so che di importante, questa storia del tè.
-si, è lui, mamma.-  la cosa bella delle loro conversazioni è che parlano con me indirettamente, io posso anche non rispondere, sono una comparsa. La donna anziana assomiglia molto a Sean. Lo stesso taglio degli occhi, stesso naso. La mascella pronunciata l’ha presa da suo padre, però. Come i capelli. Guardarli tutti assieme è rilassante. Madre, padre e figlio. La normalità, che fa anche un po’ bene.
Vogliono sapere tutto di me, vogliono che io sappia gran parte di loro. Parlano, e ad un certo punto sono quasi sicuro di non star più ascoltando. Poi mangiamo. A cena a casa di solito siamo in silenzio, un po’ perché siamo stanchi, un po’ perché tutti hanno paura di dire qualcosa di sbagliato, tirare le corde troppo fini di qualche cosa. stasera tutti parlano. Beth, la madre di Sean, parla con suo figlio. Si chiedono come è andata la settimana, il lavoro. Rose parla con il suocero, Philip, anche se non mi interessa un gran che quel che dicono. È sorprendente come queste persone resistano. Insomma, voglio dire, non si accorgono della tonalità asfissiante delle loro chiacchierate? Lavoro, casa, scuola, figli, salute, politica.. nessuno che espire quello che pensa. La cosa peggiore è che  neppure se ne accorgono. Come va la scuola di Jude? Bene, bene. Il lavoro? Bene, ottimo posto. Ma torno a casa tardi, e anche se non lo dico tutte le volte che guardo Jude penso di non esserci abbastanza per lui, perché lui è particolare, è delicato. Al contempo a volte vorrei rimanere a lavoro, per non vedere mio marito guardarmi così, e la consapevolezza del mio egoismo mi morsica da dentro, la paga è accettabile, va tutto bene.  Mi sento male.
Il mio sguardo vaga per un po’, fino ad essere richiamato da quello di Aidan. Lo riabbassa, fissando torvo il cibo che ha nel piatto. Non credo gli piaccia un gran che, oppure anche lui non ha più fame.
Quando accetto l’offerta di una doccia e salgo le scale, mi sento pieno di loro. Della loro parlantina, della loro settimana appena trascorsa, del piacere che ha Philip a giocare a scarabeo e dalle loro sfaccettature infravisibili sotto diverse luci. Sono stanco e pieno.
 
 
 
 
 
 
Quando entro il vapore mi avvolge, e l’acqua è già calda. Bollente. La sento sbattermi sulle spalle e bruciarmi la pelle, mi rilasso. L’abitacolo è stretto, e a lato ci sono alcuni shampoo e bagnoschiuma vari. È tutta la giornata che cerco di evitarlo, ma inizio a ripensare alla scorsa sera. Cosa è successo? Abbiamo fatto sesso. Incredibile. L’ultima tra le cose impossibili che potevano capitarmi.. è capitata. Cosa dovrei fare ora? Chiedere spiegazioni? Dubito Aidan me le voglia dare. Ma in fondo non è una cosa importante: non è significato nulla per entrambi. Solo sesso, lui era ubriaco e io semplicemente … cosa? non sono mai stato una persona egoista. Non avrei sfruttato la situazione solo per quello. Allora cosa? immagino che prima di chiedergli spiegazioni dovrei capire alcune cose. Forse più di alcune.
 
 
 
 
-non posso credere che tu l’abbia detto davanti a loro.-
Il tono di Sean sembra un ringhio. Sento i suoi passi andare avanti e indietro per la camera degli ospiti lasciata a me e a Aidan. Sto aspettando in corridoio, non ho idea di che fare. Appena uscito dalla doccia mi sono messo dei vestiti leggeri e sono salito in camera con l’intenzione di entrarci, ma ora non mi sembra il momento opportuno.
-e quando pensavi di farlo! Sono tuo pa..- il sibilo viene interrotto dalla porta che, a pochi metri da me, si spalanca, poi viene sbattuta con un tonfo sordo, e prima che me ne renda conto Aidan, dopo avermi scoccato un’occhiataccia è sceso dalle scale ed è uscito di casa. Realizzo che Sean è uscito solo dopo qualche attimo, e mi guarda come a chiedermi scusa. È esausto, ma mi da la buonanotte e se ne và.
 
Non faccio in tempo a infilarmi sotto le coperte che il telefono inizia a vibrare, è Denis.
<< ehi judy! >>
<< eehi. >>
<< come stai? È tutto il giorno che non ti sento. >>
<< Già. Il viaggio è stato sfiancante, cavolo. Siamo arrivati solo tre ore fa.
Comunque sto bene grazie, tu? >>
<< bene! Hai presente la figa di ieri sera? Ci esco sul serio domani. Insomma, stanno succedendo veri e propri miracoli. Io mi trovo una gnocca, Mia ha mollato lo stronzo della macchina e tu finalmente scopi. >>
<< c-cosa?! io non ho scopato. Cioè..non sono vergine ma.. che cazzo Davis, non inventarti certa merda>>
<< certa merda che fa rumore, intendi. Mi sorprende il fatto che gli altri non vi abbiano sentiti. Non è possibile, per andare in bagno bisognava ascoltare i suoni del..>>
<< okay! Basta così. Non è come pensi, io..>>
<< me l’avresti detto. Lo so.
Faccio finta di non sentirmi in colpa.
Siete andati avanti fino a mattina, che cazzo. Voglio delle spiegazioni, Judy.>>
<< non c’è.. nulla da spiegare. Credo. Non ha significato nulla. Era..ubriaco, e anche io. Entrambi non sapevamo neppure cosa facevamo… solo che è successo, e ora devo solo fare finta di nulla. Non.. dai, cazzo. Non parliamone più.>>
<< come vuoi, ma non mi arrenderò tanto facilmente. Comunque sia..>>
La porta sbatte, e Aidan entra, senza degnarmi di uno sguardo svuota a terra la sua borsa, nervosamente, e quando trova ciò che cerca –un pacchetto dimezzato di sigarette, si butta sul letto, pescando dalla tasca il suo accendino.
<< ti scrivo io okay? Ora meglio che vada. Devo.. sistemare la valigia. >>
<< okay, ma..>>
Non so esattamente perché riattacco, ma so che la presenza di Aidan mi getta la confusione addosso. Gli do le spalle, mentre inizio a piegare i vestiti utilizzati oggi e li metto nella valigia, che poi lascio ordinatamente sotto il letto. Tiro fuori il caricatore del cellulare che poi ripongo sul comodino. Mi scopro a perdere tempo, ora controllando il numero delle mie magliette ora quello dei jeans, pur di non girarmi verso di lui. Il suo letto è accanto al mio.
-cazzo. Piantala, idiota.- mi irrigidisco, ma mi sposto sul letto. Mi osserva. Quando lo guardo noto che ha già finito una sigaretta, schiacciata alla buona in un bicchiere. Se ne sta portando un’altra alla bocca, e l’odore ormai ha invaso la stanza. Non accenna ad aprire la finestra.
-non.. non fare lo stronzo, io non ti ho fatto niente.-
-già.- soffia, per poi tossire un po’. Lascia la sigaretta a metà e si alza, sfilandosi la maglietta. Poi, anche i pantaloni, rimanendo in un paio di boxer neri. Si stende sul letto di nuovo, riprendendo a fumare.
Rilassa il collo, e posso osservare il suo pomo d’Adamo muoversi su e giù, sensuale. Deglutisco a vuoto.
-questo non significa che mi devi fissare.-
Aggiunge, sprezzante.
Distolgo lo sguardo, così data l’ora mi metto sotto le coperte e gli do le spalle. Soffoco un sorriso quando spegne per me la luce.
Dopo una trentina di minuti ancora non dormo, e lui lo sa. Per questo apre la bocca.
-so che hai sentito. Probabilmente, molto poco. Non fare domande. Non sono fatti tuoi, hai capito?-
-non..ne avevo intenzione.-
Lo sento rilasciare una boccata di fumo.
-meglio.-
Il silenzio inizia a pungermi i polmoni, mi sento male.
Piano la sensazione svanisce.
Devono passare ore prima che succeda. Il mio impegno viene demolito quando il mio materasso si piega sotto il peso di qualcosa, o meglio, di qualcuno.
-ieri sera ero ubriaco.-
Dice, la voce strana. Roca, ma decisa.
-ora non lo sei.-
Mi passa le dita affusolate tra i capelli, apparentemente preso. Poi si blocca allontanandole, e mi fissa direttamente.
Sento la pelle scaldarsi su ogni punto da lui sfiorato, anche l’orlo del colletto sembra bruciare, quando lo scosta appena. Vuole vedere i segni che mi ha lasciato. Possessivo.
Li sfiora, l’espressione neutra. Poi si stende a pancia in su, accanto a me. Lo imito, non so bene perché. le punte delle sue dita toccano le mie, piano, ruvide al tatto. Le allontana subito dopo, e quando alzo lo sguardo vedo i suoi occhi fissarmi pragmatici, eppure fin troppo confusi.
-ero ubriaco.-
I suoi occhi si agitano, ma sono illuminati da una luce diversa, più calda.
-non sono…non pensarlo.-
-non lo penso-
-non ..pensare. –
-non lo fare.-
-non lo faccio.-
Quando le sue labbra toccano la mia fronte sono gelide, rabbrividisco.
-bene.- aggiunge poi.
Mi circonda con le sue braccia, il mio corpo si scioglie contro il suo petto scoperto.
Il suo fiato freddo mi arriva alle labbra, lo assaporo con tutte le mie forze.


N.D.A : 
okay, sono in ritardo. Molto, in ritardo. La scuola mi ha rubato un sacco di tempo, ho avuto poco tempo di aggiornare e ancora meno di scrivere, per questo, -non me ne abbiate- il capitolo è piuttosto corto! Prometto che il prossimo sarà molto più lungo, così da farmi perdonare :3 
bene, per il momento, anche se siamo ancora hai capitoli di passaggio sono successe alcune cose. Prometto che il resto dei capitoli non saranno noiosi come questo! 


cosa ha detto di sconveniente Aidan? cosa sta passando per la sua testa? e in quella di Jude? 


presto ci sarà l'introduzione più approfondita dei personaggi secondari che mi ero ripromessa di fare in questo capitolo, ma che temo rimanderò alla fine della situazione 'vacanze in montagna', che avevo accennato anche nello scorso capitolo. 
 ringrazio chi commenta, non commenta o scrive messaggi privati <3 

-thesoulofthewind. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 6
*** Demian ***





'Con le luci spente è meno pericoloso.' Nirvana, Smells Like Teen Spirit.




Parte 6



Credo di aver letto da qualche parte che, quando una persona è speciale, rilascia energia. Non energia vera e propria, credo. Più che altro quel tipo di energia che ti fa vibrare i polmoni e quella cosa che ci sta sopra, e a volte fa male, a volte ti fa un bene fottuto. Nel senso. In questo momento lo guardo, ha il viso rilassato, i suoi occhi chiari non mi trafiggono e non mi sento indifeso. I capelli  sono disordinati intorno al suo viso, come una aureola. In questo momento, l’energia che mi scalda lo stomaco mi piace, non è male. Il problema è quando li apre, e mi fissa, e io fisso lui. Quando parla, e le altre cazzate. Mi sento nudo e indifeso solo con lui, non riesco a capire il motivo, ma in quei momenti divento più aggressivo del solito. e comunque, il problema non è neppure questo in realtà. Ho sviluppato una certa ossessione, per questi momenti. Guardarlo tranquillo. È una cosa dannatamente strana, ma non credo di essere uno psicopatico. Semplicemente, il suo viso, i lineamenti, il respiro regolare.. mi rilassano. Mi rilassa guardarlo. Ho come una specie di attrazione, seppur odia ciò che rappresenta. I miei genitori, come cazzo hanno potuto? Li ho sempre amati, anche dopo quello. Anche se loro non volevano più vedermi, anche se ancora oggi si devono sforzare per guardarmi senza vomitare. Perché è sempre stato così, ma mai avrei immaginato volessero sostituire Demian. E odio ancora di più me stesso, perché li proteggo dalla bomba ad orologeria che è Jude, che se ne va sempre, che distrugge con la sua permanenza, che è così dannatamente come Demian. Come lui passa, si fa amare e sparisce devastando. Per questo odio Jude, non solo perché è un fottuto sostituto, ma perché gli è troppo simile. E io, comunque, cerco di proteggere i miei genitori, e cazzo, ho dimenticato di proteggere me.
È arrivato come una tempesta, mi ha disordinato i pensieri. L’ho odiato, ma sono impazzito per la sua vicinanza più volte. Sono una contraddizione, come lui, come tutta questa fottuta storia.
 
Quando si sveglia io chiudo gli occhi, fingendo di star dormendo. Non voglio dare spiegazioni, non voglio guardarlo più. Ormai sono quattro giorni che tra me e lui c’è questo caparbio silenzio. Stamattina dovremmo partire per tornare a casa, e spero davvero di poter fuggire da lui il prima possibile. Che senso ha avere quasi ventidue anni se  devo  fare delle stupide gite di famiglia? mi passo una mano sugli occhi sospirando, tanto sapeva che ero sveglio, e il pensiero di mio padre mi stava già innervosendo. Anche l’altra sera ha tentato di parlarmi, ed è finita come qualche sera fa. Non so neppure io perché ho detto di punto in bianco che ho lasciato l’università, però. Forse volevo solo stare a vedere la loro faccia, non che me ne freghi più di tanto. Sono così felice di aver lasciato legge. Mi ha sempre fatto schifo, ma, sempre per proteggermi ho deciso di accettare la proposta dei miei e andarmene il prima possibile dalla città. Comunque, penso che in quella casa ci starò ancora per poco. Questa settimana devo andare a vedere degli appartamenti in affitto, tanto per cominciare. Non so se è una buona idea lasciare quegli idioti a casa col moccioso, che non sa controllarsi, ma ne ho davvero bisogno. Ho messo da parte un bel po’ di soldi, e posso trovarmi un lavoro alla svelta. Non ho intenzione di studiare più, ne legge, ne altro. Il mio filo di pensieri si sta inceppando, sono fermo sull’ultima frase mentale da.. un po’. Esattamente da quando il coglione ha preso a spogliarsi. So perfettamente di essere bisessuale, seppur credo nessuno oltre agli amici stretti lo sappiano. Comunque mi dedico allo scopazzamento di sciacquette a caso, ogni tanto. Mi piacciono i ragazzi, lo so, ma gli istinti li devo sfogare in qualche modo. Sta di fatto che ora Jude si è sfilato la maglia del suo ridicolo pigiama, ed è di schiena, dandomi una visione per intero della pelle lattea di essa. È magro, le spalle sono strette e le braccia un po’ sottili, neanche lontanamente somiglianti alle mie. Mi ritrovo ad adorare l’accostamento dei capelli bianchi al collo pallido. Mi alzo, con una sorta di urgenza, come potesse svanire da un momento all’altro, e a grandi falcate silenziose arrivo alle sue spalle. lo sento irrigidirsi, troppo debole per ritrarsi. Ispiro l’odore dei suoi capelli, gli respiro sul collo e lui sussulta. Sono in trance, e tutto me stesso mi urla che lo odio, che è come lui, che è fottutamente sbagliato perché si, lo è, eppure sono così rincoglionito che non mi accorgo di nulla, e le mie dita sforano i contorni della sua figura, la vita, la colonna vertebrale. Sentirlo in balia di quei tocchi mi ricorda chi ha il controllo, che spaccio per mio, ma che in realtà dipende completamente da lui. Se ora avesse le palle di dirmi di fermarmi, lo farei, non potrei non farlo.
Mi sente rabbrividire, in fondo c’è davvero freddo, e sono solo con i pantaloni del pigiama.
-io ho.. ho freddo.- ha la voce rauca e insicura, quella che mi fa sentire potente.
-anche io ho freddo, Jude. Non azzardarti a metterla.- indico col mento la maglia a terra, sussurro tra i suoi capelli. Le mie dita non passano più piano sulla sua pelle, ma la artigliano ora, come intimorite lui potesse vestirsi e andare via da questo momento. Senza che me ne accorga ho accostato le mie labbra sopra la sua spalla, ho preso a depositarci sopra piccoli baci, varianti d’intensità, fino a lascagli dei segni nascosti lungo il collo e la spalla. Il sapore della sua pelle è droga, mi da alla testa.
-A-Aidan- mi chiama, mi blocco, freddo come un pezzo di ghiaccio, immobile. Cosa ha detto?
-cosa?- la mia voce non ha più un tono stronzo, mi mordo la lingua. Sembravo quasi ansioso di sapere qualcosa da lui, come se il mio nome detto così mi facesse questo effetto. Il punto è che lo fa.
Non risponde. Io lo lascio, mi allontano. Sui suoi fianchi c’è il segno di un graffio, probabilmente la colpa è mia. Ci diamo le spalle entrambi, piegati per cambiarci. Ha appena finito quando lo sento parlare.
-che cos’era quello?-
-quello cosa?-
Chiudo la valigia, infilando le ultime cose nello zaino a parte, buttando il tutto sul letto.
-quello.-
-sapevo che fossi stupido, ma davvero, se non sai che sono suc..-
-succhiotti.- mi si para davanti, uno strano bagliore negli occhi chiari. –so cosa sono. Non so cosa significano, però. Hai niente da dire?-
-muh.. nulla. Tu hai qualcosa da dire, moccioso?-
-ma come…-
Faccio un sorrisetto stronzo, infilando le scarpe e la valigia alla mano.
-esattamente quello che ho detto.-
Poi esco, deciso a non perdere più tempo del dovuto vicino a lui.

 
 
 
 
 
La prima cosa che faccio una volta a casa è farmi una doccia, preparami per uscire e scappare per qualche ora. Infilo una felpa e un paio di jeans, la giacca e salgo in auto. La luce dei lampioni illumina l’abitacolo a intervalli regolari, mentre mi avvicino al posto. sono seccato. Dan ha deciso di organizzare di vederci tutti al Sunshine, incurante del fatto che, per arrivarci in auto, a quell’ora, ci avrei messo più del solito. comunque, mi rilasso la schiena contro il sedile. Uscire con quei tre è diventata una routine, e in un certo senso è piacevole.
quando arrivo sono fuori dal locale, e mi salutano. Io faccio un grugnito di risposta. Dan, un ragazzo fin troppo alto e fin troppo muscoloso, mi sorride gentilmente, in modo così delicato che stona col resto. Tutto al contrario di Bane, che mi da una spallata, al quale rispondo con una smorfia. Lauren ridacchia, ma lei mi basta ignorarla. Non che mi stiano sul cazzo, anche se sinceramente un po’ si, semplicemente sono fatto così. Io li sopporto, loro sopportano me, e il nostro legame e più o meno forte.
-vogliamo entrare o no?- grugnisco, spingendo la porta del locale. Ora, non aspettatevi un gran locale. Non sono affatto il tipo. Odio la musica alta, odio avere tante persone sudate vicino e odio non vedere nulla oltre a stupide luci intermittenti. Odio profondamente le persone che frequentano le discoteche, odio le persone che bevono troppo e odio la droga. Ma immagino sia normale, per un maniaco del controllo come me. Per questo, se ricorro all’alcol ho toccato il fondo. Voglio sapere io cosa faccio, essere padrone di me stesso, non voglio non potermi controllare perche strafatto o ubriaco. È una cosa che mi fa venire voglia di sboccare.
Quando entro respiro odore di tabacco, birra e il rumore accogliente della televisione accesa. È un piccolo locale, probabilmente una discoteca poco conosciuta. C’è davvero poca gente, la pista da ballo è piena di tavoli con ragazzi e ragazze che chiacchierano, la musica si confonde alla tv a basso volume e è tutto piuttosto rilassante. Ci avviciniamo al banco degli alcolici.
-io una vodka alla menta- dice Dan. Ha questa passione, e io non gli dico nulla. Un po’ perché lo regge davvero bene l’alcol, un po’ perché non sono fatti miei. Io prendo una semplice birra e lo stesso fanno gli altri. Andiamo a sederci ad un tavolo in fondo, vicino al muro.
 
-allora, come è andata la vacanza coi tuoi?- Bane ghigna, sedendosi accanto a me.
-come dovrebbe andare? Una merda.- -esaustivo- ridacchia Lauren, portandosi i capelli rossi e spettinati dietro le orecchie.
Dan mi fissa, poi appoggia il bicchiere di vodka. –hai detto ai tuoi dell’università?- annuisco, e sento gli altri riempirsi di tensione. Ridacchio. –non mi hanno ucciso, no? Basta con quelle facce.-
Il primo a ridere è Dan, seguito a ruota dagli altri. Tentano di rimanere allegri, lo apprezzo.
-comunque, quando è che devi andare a vedere l’appartamento?-
-in teoria..- mi ravvivo i capelli – settimana prossima. Ma non so se è il caso, ora come ora. Devo trovarmi un lavoro..-
-assicurarti che il nuovo fratellino non combini casini..- lancio un occhiataccia a Bane, già ammonito da un calcio negli stinchi da Lauren, che prese la palla al balzo per cambiare argomento.
-ehi, sapete che mio cugino è stato preso a West Point?-
-che cosa?- Bane sembra essersi acceso come una lampadina. Uno dei suoi sogni era entrare in quella scuola militare, ma alla fine aveva optato per medicina. Non poteva andare così lontano, con la madre malata.
-già! Me l’ha detto ieri. Certo, mia zia non è un gran che euforica, ma è un traguardo importante!-  mentre i due parlano eccitati, noto Dan fissarmi, per poi torvarmi subito dopo un messaggio.
Da Dan Hawkins:
cosa ti è successo? Sei scosso.
A Dan Hawkins:
guarda che non sei ancora uno psicologo.
Da Dan Hawkins:
presto lo sarò. E poi, non sviare il discorso. È per il tizio, giusto? O meglio.. Demian.
A Dan Hawkins:
okay, ora vado cazzo.
Blocco il telefono, mi alzo e in tutta calma esco. Sento subito i passi di Dan che mi viene dietro, e mi trattengo dal bestemmiare.
-ehi, dai, cazzo! Ho detto bene? È per quello.- mi volto veloce, un pelo dal salire in auto. –e anche se fosse? Demian non è mai stato un affare tuo.-
-sai benissimo che tuo fratello era anche affare mio, Aidan. Ti prego, parliamone. Non l’abbiamo fatto per molto tempo, ma ora è il fottuto momento.-
Mi sento scosso al pensiero.
-tu non centri nulla. Sono stanco, vado via.-  salgo in auto, ma lui blocca la portiera.
I suoi occhi neri si scontrano con i miei.
-non dire che non centro nulla. C’ero io, là. So tutto, e ci sono stato non solo per lui.- chiude gli occhi, per poi riaprirli di scatto.
-sai che gli volevo bene.-
-è lui che non ne voleva a nessuno.-
-non..dire così, Aidan.- lo guardo negli occhi cercando di passare un po’ di odio per questo discorso pure a lui, e da quel che vedo funziona.
-non voleva bene a nessuno, cazzo. Hai capito? Neppure a me, neppure a te. A nessuno, non ha esitato a mandare ogni cosa a puttane, a rovinare la mia famiglia oltre a se stesso. E loro vogliono ricaderci, hai capito? Devo proteggerli, quei cazzoni.-
-stai sbagliando, le persone..-
-‘fanculo.-
Poi chiudo lo sportello, consapevole prima di arrivare a casa l’avrei chiamato scusandomi, avrei fumato e avrei guardato Jude dormire ancora un po’, tanto per assicurarmi di non avere incubi.



 
 
 
 
Una volta visto non sono riuscito a tornare più nella mia stanza. Ci ho provato per un bel po’, ma alla fine mi sono tolto i vestiti e sono entrato nelle coperte con lui. La mia pelle era ghiacciata, ma egoisticamente me ne infischio, troppo bisognoso di abbracciarlo. Non so neppure perché lo faccio, o altro. Apre piano le palpebre, e io accarezzo con la punta delle dita i suoi capelli bianchi, aspettando che riprendesse lucidità.
-che fai?-
-il mio letto è troppo grande.-
Lui annuisce, poi abbassa lo sguardo sulla mia pelle ambrata, un piccolo sorriso gli stira il volto.
-mi odi?-
-tanto. Tu?- -non più di tanto. Posso farlo se vuoi.-
-puoi..- ridacchio piano, lasciandomi cadere la testa sul cuscino. –ma ti senti quando parli?-
Si appoggia accanto a me, ma guarda come al solito il soffitto.
-puoi baciarmi se vuoi.- sussurra.
-cosa ti dice che io voglia farlo?-
-tutto, ma anche nulla. Sei strano, Aidan Groove.-
Ridacchio ancora, è strano per me vederlo spavaldo.
-io strano, ah?- mi rendo conto che sta ridendo, ed è un suono cristallino e piacevole. È la prima volta che rido con lui, e non di lui. non è così male.
-si. Ma fai dell’ottimo sesso.- arrossisce fino al collo.
-lo so, Jude.-
-anche io.-
Ridiamo di nuovo, insieme.
-ti odio. Davvero Jude, odio tutto ciò che rappresenti.- lui sta in silenzio, ovviamente non capisce.
-mi sono sempre fatto male, anche se dico che sono riuscito in un certo senso a stare anche bene. Tu sei la storia che si ripete, capito? Hai presente quando ti pungi con un ago prendendolo al contrario? La seconda volta, lo prenderesti al contrario?-
Lui mi fissa negli occhi.
-sono un po’ masochista.-
Che abbia, a modo suo, afferrato? E che senso avrebbe quella frase? Mi passo una mano sul viso, stanco.
-io non lo sono, Jude. È questo il punto.-
 
N.D.A:
eccomi qui con il sesto capitolo!! Questa volta abbiamo il POV Aidan, che spero sia piaciuto. Ho trovato interessante scavare un po’ nel personaggio di Aidan, ora che, a questo punto della storia, dovevo iniziare a schiarire un po’ le idee sugli altarini di tutti. Ogni tanto ci saranno questi POV vari, magari anche di altri personaggi! Personaggi nuovi! Tra qui un misterioso Demian, di cui scopriremo poco a poco la verità. Per ora sappiamo solo che è il motivo del comportamento di Aidan. Jude in questo capitolo non è molto presente, ma era necessario per la trama focalizzarmi su Aidan!! Fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate del capitolo e della nuova idea dei capitoli mirati sui personaggi, ringrazio tutti quelli che recensiscono, o commentano per messaggio privato. Mi fanno sempre piacere i consigli!!
 
-Thesoulofthewind
 
 
 

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Capitolo 7
*** Unclear ***






Ikigai(Giapponese): Il motivo per cui ci svegliamo la mattina, lo scopo della nostra esistenza.
 

 
Parte 7.
 
Cara Mamma, la mia vita sta prendendo una piega inaspettata. Non so come spiegartelo, forse sarebbe meglio non lo faccia. So solo che, in questo momento, credo di essere felice. Lo scorso mese sono andato a visitare i genitori di Sean, e poi il tempo mi è scivolato dalle mani. Avevo te nella mia testa, ma non sapevo ne come spiegarti ciò che sta succedendo ne come mi sento. Ora credo, comunque. immagino che l’aggettivo felice sia soddisfacente. Sai chi è Aidan. Per certi versi sai come è fatto, no? Scontroso, altezzoso, arrogante… una serie infinita di pecche, che però non c’è bisogno di sistemare. Comunque sia, è da un po’ che il nostro strano rapporto va avanti. I nostri corpi si amano in silenzio, e noi siamo estraniati da tutto. Almeno credo. Fino ad un mese fa avrei pensato questo. Adesso, se prima i nostri momenti mi piacevano, mi fanno letteralmente venir da vomitare. Solo pensarci, mi sale l’amaro in bocca. Il fatto è che io ci sono, li, con il suo corpo, capisci? Lui non lo so. Sembra esserci, davvero. Ma poi i suoi occhi e le sue parole, e i suoi gesti sgretolano questa parvenza. C’è, non c’è. certi momenti mi sento un necrofilo. Certe volte lo fa quasi meccanicamente, come se stesse facendo benzina a se stesso. Non può non farlo, se non va avanti, ma non significa che gli piaccia. Aspetta che il serbatoio sia pieno e paga, e riparte. Altre volte ha il serbatoio pieno, ma fa benzina comunque. e odio anche me stesso, oltre alla situazione. Io ormai ci sono dentro, credo. Ci sono dentro da quando ho deciso di rimanere qui, da quando mi sono lasciato toccare per la seconda volta. Non lo amo. È più una questione di priorità, è essenziale. Non posso immaginare una sola settimana senza il suo corpo caldo accanto al mio, ora come ora. Non posso farci nulla. Eppure sono felice, non so perché, ma di quelle felicità che ti pompano lo stomaco e il cuore, e che non ti fanno dormire,  che fa quasi male tanto è potente, e si placa solo al suo contatto. Non è amore, questo lo so. È essenzialismo.
Non so quale dei due sia più forte, comunque.
Aspettandoti, Jude.
 
 
 
 
-a che ora finisci oggi?-
La mia voce è un miagolio, mentre sono sotterrato dalle coperte. C’è così freddo di mattina, ormai. Lui è di schiena, si sta mettendo un maglione.
-non lo so. Gli orari sono abbastanza sballati. Perché?-
-scuola finisce prima, magari potevo passare a salutarti. Vado in centro con Denis. –
Lui liquida il discorso con un  gesto della mano. –come ti pare.- poi apre la porta.
So già cosa farà. Si laverà, si vestirà e andrà a lavoro. Un lavoro neanche tanto bello, tra l’altro. Fa il bar man, lui che odia l’alcol. Lo so perché me l’ha detto lui. un lavoro temporaneo, tanto per racimolare soldi in più per il nuovo appartamento. Non voglio se ne vada. So che sperare che mi porti con lui è un pensiero totalmente irrazionale. In più, l’ha detto anche lui, che vuole andarsene. Andarsene quanto lontano? Non mi ha mai risposto. Smette di guardarmi e si chiude la porta alle spalle.
 
 
 
 
 
-non posso credere che già s’avvicinano le vacanze di natale!- Ed sta sorridendo come un ebete, a braccetto con Samuel. Sono tutti eccitati per il natale. Lo sono anche io, già. Sarà il mio primo natale con i Groove! Denis sembra un po’ strano, ultimamente. Ieri, prima che Aidan arrivasse e mi raggiungesse a letto, ci siamo parlati al telefono. Suo padre ha parlato con suo zio, finalmente. Hanno discusso, a lungo, da quel che ha capito. È incredibile come le persone pensino che attraverso i muri non si senta nulla. Il punto è che suo padre ha deciso di mollare sua madre, il che è comprensibile, ma non per Denis. Non fraintendete: lui vuole questo divorzio, recare dolore in silenzio è una delle cose che più odia, e questa situazione lo fa. Il fatto è che suo padre, almeno da quel che Denis ha intuito dalla discussione, intende tenere allo scuro di questo sia lui che Mia. Non è arrabbiato, lo è stato, ma non lo è. solo non capisce, non vuole che i suoi debbano continuare a fingere, senza vivere liberamente la propria vita, o farsene una nuova. Si sente di peso, in mezzo. Questo mi dispiace, ma lui non lo sa. Non ne abbiamo più parlato, e lui per la maggiore fa finta di niente. Okay, beh, spero che l’aumento di sigarette improvviso non lo faccia ammalare. Comunque sia, mi sta sorridendo. –non so ancora cosa regalarti, ma penso proprio tu lo sappia già!-
-ah si? Cosa?- si mette più vicino al mio orecchio, fermandomi per un braccio. –magari spiegazioni riguardanti quei succhiotti.- arrossisco di botto, sistemandomi la sciarpa. –va al diavolo- sibilo, e lo sento ridere.
-di che state parlando?- Sam alza lo sguardo dal cellulare, girandosi verso di noi. –pensavamo di andare al bar infondo alla strada! C’è sempre vuoto nel tardo pomeriggio, e Jude ama quel posto. non è vero Judy?-
Fanculo.
Fanculo fanculo.
-quale? Quello dove lavora Aidan?- Ed e Sam hanno già gli occhi a cuoricino. Non posso credere che amino così tanto quel ragazzo solo per la sua bravura a lacrosse.
-già, esattamente.- e odio anche il sorriso da Satana che ha ora Denis.
Poco dopo siamo seduti al bancone, ma di Aidan non c’è traccia.
Quando torna dal retro e mi vede, mi guarda diretto negli occhi, poi si distacca e inizia a scribacchiare qualcosa su un post-it e lo attacca alla cassa. Quando ha finito si gira verso di noi.
-hai minorenni non posso dare alcolici.-
Fa per girarsi, ma Sam , Ed e Denis lo fanno girare.
-guarda che noi abbiamo 18 anni!-
-carta di identità?-
-ci conosci, ‘Dan-
Fa schioccare la lingua tra i denti, infastidito.
-voglio dimenticare la tua brutta faccia. E non chiamarmi Dan, m’incazzo.-
Denis ridacchia, poi gli mostra la carta.
-e cosa volete, di grazia?-
-è troppo presto per qualcosa di forte. Birra?- annuiscono tutti e tre.
Aidan non aspetta neppure la mia ordinazione. Gira tre di quei bicchieri enormi e s’allunga per afferrare una bottiglia dal liquido ambrato, e la versa all’interno. Poi ne prende un quarto e li poggia malamente verso di noi.
-che ci vuoi dentro, moccioso?-
-birra?-
-non hai dei dannati diciotto anni.-
Il suo tono, come al solito, mi desta un po’, lasciandomi a indugiare così a lungo che, spazientito, afferra il boccale e lo mette sotto il lavandino, riportandomelo pieno d’acqua.
Sotto le risate dei miei amici lo guardo sparire sul retro, e poi mettersi a fare l’inventario. Non avrei mai pensato che i pantaloni da barista gli avrebbero fatto un così bel culo.
 
-ohi, J. Credo che dobbiamo andare ora. Mia madre mi uccide se torno dopo cena.-
-okay- mente Sam e Ed s’infilano la giacca, Denis si avvicina con le mani in tasca a Aidan, che sta pulendo un tavolino. Lo vedo alzare lo sguardo, scambiare con lui qualche parola, anche se non capisco quale. Poi Denis sorride e con un gesto s’allontana, dopo aver lasciato una banconota sul tavolino.
-di che stavate parlando?-
-nulla di importante. Comunque, torni con lui.-
-cosa?- sono un po’ a disagio, credo.
-l’ha detto lui, comunque. dai, ragazzi! È già abbastanza tardi!- mi fa l’occhiolino mentre esce assieme agli altri due. Irritante.
È irritante anche dover stare al bancone a girarmi i pollici per quasi un’ora, mentre il locale piano a piano si popola di gente. Quando finisce il turno, mi si avvicina, ora cambiato. Indossa un paio di jeans, il magione di stamattina e un parka.
-datti una mossa.-
Esce e io lo seguo, dietro di lui. butta il borsone col cambio nel baule, poi sale in auto accanto a me.
-ti piace il cibo dei Mcdonald? –
Okay, mentirei se dicessi che con quel tono, quella domanda mi fece ridere. Quando finii, davanti alla sua faccia seccata, risposi che si, mi piaceva, e che no, non mi avrebbe dato fastidio se ci fossimo fermati al servizio Drive-in.
Così, quando lui ordinò un hamburger e io un Happy Meal con la sorpresa dei My Little Pony, toccò a lui ridere, il che fece ridere anche a me, perché la sua risata è stupenda.
 
 
 
 
 
 
-sei davvero un moccioso allora-
Aidan indica col mento il piccolo pony rosa che ho poggiato con cura sul cruscotto, sorridendo appena.
-beh, è tenero.-
-dal colore mi sa che è femmina.-
-per me è un maschio.-
Ci fissiamo  negli occhi, poi lui scoppia a ridere. Si passa una mano tra i capelli.
-sto passando il venerdì sera con un moccioso a mangiare cibo spazzatura in auto, Dio.-
-sei proprio caduto in  basso-
-molto in basso, già.- probabilmente avrei dovuto offendermi, ma non l’ho fatto.
Buttiamo la spazzatura e risaliamo in auto, quando inizia a suonargli il cellulare. Non so chi sia, ma lui riattacca. Mi vengono dei sospetti quando nel giro di due minuti il mio cellulare inizia a far partire Unclear dei Kodaline, e la musica riempie l’abitacolo. È Rose. Vedo Aidan stringere il volante fino a far sbiancare le  nocche.
<< ..ehi? >>
<< ehi! Tesoro, dove sei?>>
<< mi sono fermato a mangiare qualcosa con un amico, ti ho scritto un messagg..>>
<< Ah! Mi ero dimenticata, scusa. Senti, non è che sai dov’è quel disgraziato di mio figlio?>>
<< chi? Ahm.. no. Non ne ho idea. Probabilmente è da qualche parte con gli amici? >>
<< non importa. Torna a casa presto, okay? >>
<< okay, ciao>>
<< ciao tesoro! >>
-le hai mentito-
Sbuffo un po’, attaccandomi al finestrino appannato.
Immagino che odi i segni sui vetri, ma mi metto comunque a farci disegnini senza senso.
-già.-
-perché?-
Ci penso su. Perché?
-sei rilassato, per una volta non sembri mestruato-
Mi sorprendo delle mie parole,  io che di solito sto zitto e succube di lui. lo fisso un attimo, come a chiedergli scusa, ma lui ha un sorrisetto strano.
-sei.. meglio. Quando tiri fuori le palle, dico.-
-meglio? Quindi mi stai dicendo che sono già un figo ma potrei essere anche meglio? Wow, quel pony fa magie.-
-cazzo centra il pony ora?-
Rido, e lui mi guarda come se fossi pazzo. probabilmente lo sono.
Comunque sia, smette di parlare. È praticamente ovvio a tutti e due che non stiamo andando a casa, ma quando noto che non riconosco più l’ambiente mi sorge una domanda. Lui sta guidando in silenzio, e la radio è accesa, magari per spezzare un po’ la tensione.
-dove andiamo?-
-non lo so.-
-come non lo sai?-
-non lo so.-
-ma almeno sai tornare?-
-non lo so.-
-ma..-
Lui inchioda l’auto nella strada isolata che ha imboccato, hai lati ci sono degli alberi, non sembra neanche la stessa città.
-senti cazzo. Non lo so, non so un cazzo. Sta zitto per una dannata volta.-
Io semplicemente lo guardo, poi lui fa un respiro profondo e gira l’auto. Comunque si, sa tornare a casa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-perché non rispondi al cellulare? Dove eri?-
-a lavoro.-
-a lavoro fino a quest’ora?-
-esatto.-
-Aidan..-
-Mamma, basta. Okay? Ho quasi ventidue anni, non mi serve più il tuo permesso o altro.-
-okay ma..-
-settimana prossima mi trasferisco.-
-cosa?-
-esatto.-
-e dove andresti di grazia?-
-via, papà.-
-pensi di saperti mantenere?-
-certo, ho lavorato per un po’, e i soldi li ho. Non dovrai spendere per un cazzo.-
-Aidan!-
 
Le parole mi arrivano alle orecchie mentre tengo lo sguardo fisso sul mio piatto. Sono tornato a casa e abbiamo cenato, e dopo uno stallo generale Rose, Sean e Aidan si sono messi a parlare. È ormai tanto tempo che Aidan lavora, e ieri sera l’ho sentito parlare al telefono con un certo Dan, per l’appartamento appunto. Ma non immaginavo nulla del genere, e ora la consapevolezza che se ne andrà mi sta martellando nel petto.
Continua a martellare anche mentre salgo le scale, mentre mi rigiro nel letto. Abbiamo costruito qualcosa, io e lui, in tutto questo tempo. Con me è una persona diversa, ma con gli altri si diverte a ferire tutte le aspettative, a farsi odiare. Mi chiedo perché con me stia smettendo seppur lentamente.
 
                             1.05 a.m.
Da sconosciuto:
dormi?
A sconosciuto:
no
Da sconosciuto:
parliamo?
 
 
Mi alzo piano, sentendomi venire addosso freddo. Infilo una felpa e esco piano dalla mia stanza. La sua è appena qua accanto, e quando entro lo trovo seduto sul letto, ancora vestito.
-ehi- guarda da un’altra parte.
-ehi-
Mi siedo sul letto, in un angolino un po’ distante da lui. meglio così.
Aspetta un po’ di minuti, ma so dove vuole andare a parare.
-te l’avrei detto, comunque.-
-dove vai?-
-è.. difficile da spiegare. Ti ho già detto che voglio cambiare lavoro, no? Ho realizzato che senza preparazione non posso fare nulla. È da quasi tre settimane che ho organizzato. Non so perché non te l’ho detto. Credo.. non ne ho idea. Cazzo, non ho idea neppure del perché devo dare delle fottute spiegazioni a te! Cazzo..-
È strano. Gli tremano le mani. È una settimana che non ci tocchiamo, la voglia è tanta. Ma dopo quella volta, mi sono reso conto che i suoi ‘non lo so’ non erano riferiti alla strada. Tutt’altro. So che nasconde qualcosa da molto tempo, e sono abbastanza sveglio da sapere che, comunque sia, non posso prendermela. Il fatto che ora mi tratta come una persona meno merdosa di prima non significa un cazzo. Mi ripete che mi odia, e mi bacia, ed è incoerente, è confuso. So che se ne va. Credo di sapere che mi sta dicendo.
Quindi non sono sorpreso quando dice che s’è iscritto alla Seattle University. Non lo sono neppure quando dice che è consapevole del fatto che è molto lontano da Vancouver. Troppo, ma lo so anche io. E non mi sorprendo quando mi dice che farà lettere, che vuole almeno provarci. Che non vuole far sapere nulla hai suoi genitori, perché neppure lui sa se è una scelta giusta. L’appartamento non è altro che metà di quello di quello di chissà quale altro ragazzo, e i soldi sono tutti investiti nella retta.
-perché me lo stai dicendo?-
Lui mi fissa spaesato. Poi realizza che non lo sa neppure lui. semplicemente mi fissa, si avvicina. Mi guarda ancora un po’, gli occhi ora sembrano azzurri. La penombra della stanza mette in risalto la loro lucentezza.
-non lo so.-
-non sai mai niente.-
Le sue mani mi toccano una spalla. Sono calde, emanano un calore che mi fa rabbrividire.
-la mia incoerenza fa abbastanza schifo.-
-già.-
Mi alzo, lo guardo ancora un attimo, poi mi levo la felpa, sollevo le coperte e appoggio la testa sul suo cuscino, coprendomi.
Lui fissa ogni mio movimento, poi si leva le scarpe e i jeans, e si infila a letto anche lui. non ci sfioriamo.
È di fronte a me, e il suo respiro mi arriva alla fronte. Sento di nuovo quel tepore, suo e basta, che però mi fa rabbrividire. In questo momento, sento che se mi abbracciasse ghiaccerei all’istante. Soffocato, assiderato. Non so se lui lo capisce, ma alla fine rimane così, a distanza di sicurezza, fino alla mattina.
Non avevo mai sentito la mancanza di qualcuno che è accanto a me.
 
 
N.D.A:
bene, il finale non è gran che. Non so come dire… scusate?
Mi è uscito questo. Spero piaccia.
Ringrazio chi legge, recensisce o invia messaggi privati J
-TheSoulOfTheWind.

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