Can you feel the love tonight?

di Lovelymoon22
(/viewuser.php?uid=829808)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Let's start! ***
Capitolo 2: *** Good morning...or not? (parte 1) ***
Capitolo 3: *** Good morning...or not? (parte 2) ***
Capitolo 4: *** News ***
Capitolo 5: *** Memories and fever of love ***
Capitolo 6: *** Preparations ***



Capitolo 1
*** Let's start! ***


Let's start!


Peggy era appostata sotto il divano della sala professori, il suo dittafono sotto braccio, l’espressione concentrata per captare qualsiasi rumore esterno. Da un po’ di tempo aveva come il sospetto che i professori stessero macchinando qualche altra trovata per alleggerire le ore di noiose lezioni lì al Dolce Amoris. Non era un evento per far raccattare denaro alla scuola, di questo ne era certa. Visto che tra i fascicoli non era riuscita a trovare un bel niente aveva deciso di appostarsi in sala professori e provare a spiare qualche conversazione piccante che potesse portarla al nocciolo della questione.
Dei passi.
Peggy si leccò le labbra soddisfatta. Qualche preda stava per abboccare.
Come immaginava, da brava giornalista professionista, la porta della sala si aprì e vide da sotto il suo nascondiglio tre paia di piedi. Solo con un’occhiata capì di chi si trattava. La Preside, il professor Faraize e la nuova –odiosa- professoressa di chimica, la Delanay. Peggy si schiacciò ancora di più contro il pavimento, cercando di non far rumore. Fortuna che aveva sviluppato un fisico abbastanza elastico che le permetteva di infilarsi un po’ ovunque. Era il tipico adattamento-giornalistico da spionaggio, come lo chiamava lei.
«Allora, signora Shermansky, voleva parlarci del nuovo evento che ha intenzione di fare al liceo?» domandò Mr Faraize con voce pacata e tranquilla.
Bingo!, esultò interiormente Peggy. Accese il dittafono per avere una copia della conversazione.
«Sì, come ben sapete mi piacerebbe organizzare qualcosa prima delle vacanze natalizie, mi sembra una cosa carina e adatta per far svagare un po’ gli studenti.» disse la Preside.
«Personalmente, Preside, non credo che ci sia poi così tanto bisogno di svago…gli alunni si applicano pochissimo nella chimica.» disse la Delanay con la sua voce più irritante.
Chiudi quella boccaccia!, ringhiò Peggy desiderando balzare fuori e stritolarla col filo del dittafono.
La Preside ribatté con una mezza risata. Stranamente era di buon umore, forse qualche sventurato studente le aveva riportato un Kiki fuggiasco per la milionesima volta?
«Credo sia giusto offrire loro un po’ di svago, infondo si impegnano tanto per questo liceo, come con il concerto, o la recita scolastica…»
«Eventi che sfortunatamente mi sono persa.» commentò non troppo forte la Delanay.
«Io trovo che sia una bella idea.» disse il professor Faraize. «E cosa aveva pensato, Preside?»
«A un ballo scolastico.» disse lei.
Un ballo scolastico?!, gli occhi di Peggy si illuminarono alla notizia. Guarda, guarda, questo sì che è un vero scoop!
«Ma non saprei dove trovare uno spazio sufficiente…forse in cortile ma con le temperature che ci sono a Dicembre non è un’ottima idea.»
«Che ne pensa della palestra, signora Shermansky?» propose Faraize esitante, sollevando l’indice.
«Ottima idea, Faraize!» annuì lei.
La professoressa Delanay non sembrava entusiasta della cosa, teneva le braccia incrociate e l’espressione era corrucciata.
«Avvertirò anche Boris, allora.» disse Mr Faraize allegramente.
«Bene.» la Shermansky parve piuttosto soddisfatta. Era evidente che le piaceva quando le cose andavano come stabiliva lei. «Avvertirò a breve gli studenti quando avremo tutti i particolari più chiari. Fino ad allora, non fatene parola.»
«Certo.» annuirono gli altri due.
La porta si chiuse. Erano tutti usciti. Peggy sgusciò fuori dal suo nascondiglio con un po’ di difficoltà. Premette il tasto del dittafono per bloccare la registrazione, si spazzolò via la polvere dal suo completo verde e dai capelli e sogghignò soddisfatta.
Aveva una notizia più che succulenta tra le mani e non vedeva l’ora di vederla pubblicata sul giornale del liceo.
«Scusi, signora Preside, ma questo scoop non posso proprio lasciarmelo sfuggire.» ridacchiò tra sé e sé sfrecciando fuori dalla sala il più rapidamente possibile e senza farsi vedere.



Salve! ^-^
Vi do il benvenuto nell’introduzione di questa fanfiction interattiva che da un po’ di tempo mi ronzava in mente. Ho deciso di cominciarla con queste breve pezzo di Peggy versione ninja/Geronimo Stilton che viene a scoprire questo 'scoop' ma nei prossimi capitoli la mia intenzione era quella di usare la prima persona ad ogni POV dei vostri personaggi.
Premetto subito che non sarà una storia infinitamente lunga ma che appunto tratterà di questo particolare evento che si terrà al Dolce Amoris: un ballo scolastico. Un ballo in cui le vostre fantasie sui nostri figh…ehm, ragazzi preferiti potranno avverarsi (sbav *Q*).
I ragazzi disponibili sono i seguenti (con accanto la loro età):

-Nathaniel (17 anni)
-Castiel (17 anni)
-Kentin (17 anni)
-Lysandre (17 anni)
-Armin (17 anni)
-Dake (17 anni)
-Dajan (18 anni)
-Jade (18 anni)

Le ragazze avranno tutte 17 anni tranne Violet, Karla e Iris che avranno 16 anni e ovviamente Nina che avrà 13 anni.
Ho scartato Leigh perché non sapevo bene come inserirlo nel contesto ed inoltre lui e Rosalya mi piacciono molto insieme.
Inoltre preferirei che non si superassero i dieci inscritti.
Di seguito, la lista da compilare del vostro personaggio. Vi chiedo di spedirmela via Messaggio Privato ma di scrivermi il ragazzo che vorreste prenotare all’interno della recensione:

Nome:
Eventuale soprannome:
Età:
Data di nascita:
Aspetto:
Carattere:
(sia pregi sia difetti)
Cosa le piace: (cibi, materie, hobby ecc)
Cosa non le piace: (cibi, materie, cose da fare, eventuali paure ecc)
Amici:
Nemici:
Ragazzo che ama:
Famiglia:

Curiosità: (in questo punto vorrei che descriveste il primo incontro con il vostro ragazzo o comunque il motivo per cui vi siete innamorate di lui)

Vi chiedo di essere dettagliate nella descrizione del vostro personaggio in modo da renderlo il più fedele possibile a come ve lo immaginate ^^
Spero che la storia vi abbia almeno un po’ incuriosito e se avete bisogno di ulteriori notizie o chiarimenti ditemelo nelle recensioni. ^-^
A presto,

Lovely

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Good morning...or not? (parte 1) ***


Good morning…or not?

(Parte 1)


POV Karole

Si dice che il buongiorno si vede dal mattino. Be, quella era una mattinata decisamente grigia quindi teoricamente il mio umore doveva essere anche grigio.
Come sempre, avrebbe sottolineato candidamente Alexy se fosse stato lì e se fosse stato in grado di leggermi nella mente. Alcune volte sembrava quasi che ci riuscisse, quel ragazzo era spaventosamente empatico con gli altri. Per me, che ero Miss Cubetto di Ghiaccio del Dolce Amoris, il suo rapportarsi con gli altri ad uno schiocco di dita era una cosa sconosciuta ed incredibile.
Mi sollevai lentamente dal mio letto.
06:00, indicava l’orologio sul mio comodino.
Era ancora presto per andare a scuola tuttavia a me piaceva svegliarmi prima per poter andare a fare un po’ di jogging al parco ma quella mattina sembrava impossibile. Le nuvole grigie serpeggiavano nel cielo, non c’era una singola chiazza di azzurro e sembrava che dovesse cominciare a piovere da un momento all’altro.
Maledizione!
Schioccai le labbra, per esprimere il mio disappunto, sbirciando la strada dalla finestra della mia stanza. Il terreno sembrava bagnato. Aveva piovuto durante la notte.
Feci rapidamente colazione e mi diressi verso il bagno, stropicciandomi un occhio. Il bello del vivere da soli era proprio quello: avevi le tue regole, i tuoi orari, i tuoi tempi. Inoltre, passare dall’inferno vissuto con mio padre ad una vita serena da emancipata era un miglioramento consistente.
Castiel sarebbe venuto a prendermi col suo motorino soltanto alle sette e mezza –se tutto andava bene, considerato il fatto che il ragazzo rosso tinto se ne fregava della puntualità, quindi potevo fare con tutta calma.
Mi feci una doccia e poi mi asciugai i capelli con il phon. Mi piacevano i miei capelli. Erano corvini, lunghi fino a metà schiena e vagamente mossi alle punte. Sollevai lo sguardo sullo specchio. Sotto i miei occhi celeste splendente allungati non c’era ombra di occhiaie o altre cose che lasciassero pensare che avessi passato una nottata in bianco. Ero sempre stata una ragazza carina, forse solo troppo alta e troppo magra. La mia statura era considerevole –non prendiamoci in giro, un metro e ottantacinque è parecchio per una ragazza- ma da quando ero stata notata da quell’agenzia straniera –tedesca o inglese? Non ricordavo neanche più- avevo iniziato a diventare sempre più consapevole di come la mia statura e il mio corpo potessero farmi sentire bella.
In poche parole, potevo definirmi una modella alle prime armi.
Sorrisi soddisfatta appena finii di truccarmi e dandomi l’ultima spazzolata sulle ciglia con il mascara. E pensare che la signorina Ambra-Oca-Starnazzante si credeva la Reginetta del liceo.
Mi vestii rapidamente sempre con quel miscuglio tra casual e raffinato che su di me stava molto bene. Fortunatamente al Dolce Amoris non c’erano grandi restrizioni sull’abbigliamento (bastava guardare Melody che veniva a scuola con una gonnellina stretta e corta sperando di poter far girare almeno un po’ la testa al delegato –che illusa, come se Nathaniel il perfettino avesse tempo da perdere a pensare a lei, quel ragazzo pensava solo allo studio, solamente di recente si era svegliato un po’- oppure Kim col suo abbigliamento un po’ trasandato) quindi ogni mattina avevo un’ampia scelta davanti ai miei occhi.
Quando sentii suonare al citofono uscii di casa e vidi una moto fiammante parcheggiata proprio accanto al marciapiede di fronte casa mia. A cavallo della moto c’era un ragazzo, seduto scompostamente, che tirava boccate alla sua sigaretta facendo salire aloni di fumo nell’aria. Aveva i capelli rossi ma sapevo che erano semplicemente tinti, il suo colore naturale era il nero scuro.
Mi avvicinai a lui, sorridendo: «Buongiorno, Castiel. Stranamente in orario oggi.»
Il ragazzo mi rivolse un’occhiata annoiata. Prima di rispondermi –da bravo gentleman, diciamo- sbuffò del fumo fuori dalla bocca e poi disse: «Demon mi ha svegliato con i suoi lamenti stamattina, aveva una pisciata urgente. Questi dannati cani e i loro problemi di incontinenza…»
Alzai gli occhi al cielo seccata: «Smettila di fare la parte del burbero scorbutico scommetto che appena hai sentito Demon piagnucolare ti sei svegliato subito e ti sei allarmato, piagnucolando più di lui.»
Castiel mise su la sua tipica smorfia infastidita che però mi fece capire che avevo fatto centro.
Che stupido prevedibile, ridacchiai tra me e me.
«Non me lo faccio dire da te, Ciclope.» sbottò lui irritato.
Il mio sopracciglio ebbe un incontrollabile scatto verso l’alto e gli lanciai un’occhiata furiosa sperando di vederlo sgretolarsi in cenere davanti ai miei occhi per poi voltarmi e fare per andarmene. Detestavo quel soprannome ridicolo e osceno che mi aveva affibbiato!
Lui però mi afferrò il braccio e mi obbligò a montare sulla moto, dietro di lui.
«Che razza di permalosa che sei.» sbuffò, gettando via la sigaretta ancora accesa. «Stavo solo scherzando.»
Stavolta fui io a mettere il broncio. Lui non ci fece caso e mi porse il casco. Era nel tipico ‘stile castieliano’, rosso col simbolo del suo gruppo preferito, i Winged Skull.
«Scusa, e tu?» chiesi guardandolo con cipiglio serio. «Se ci fermano e ti prendi una multa sono cavoli tuoi.»
«Non ci fermano, scema, il liceo è qui vicino.» mi fece notare lui. «Ho scordato il mio a casa e preferisco che sia tu ad indossarlo altrimenti Lysandre chi se lo sente se ti spacchi la testa.»
Al sol sentire pronunciare il nome di Lysandre diventai tutta rossa e sperando di nascondere l’imbarazzo mi ficcai rapidamente il casco in testa e mi aggrappai forte al ragazzo, che mise in moto.


POV Emily

Svegliarsi a suon di richiami non era certo il modo più bello di cominciare la mattinata ma era anche vero che se non fosse stato per gli ‘Emilyyyy!’ della mamma sarei rimasta a letto tutta la mattina –e forse, non lo escludo, anche tutto il pomeriggio.
Mi svegliai aprendo un occhio e sentii l’ennesimo «Emily, sveglia, la colazione è pronta!» della mamma.
La mia stanza era un casino, un vero e proprio casino. Sulla scrivania erano allineate file e file di fumetti, manga e alcune riviste della nonna che rappresentavano vecchie signore con i bigodini. La radio era spenta ma diversi CD erano appoggiati su di essa. L’unica cosa apposto sembrava essere il mio libro preferito, ‘Persuasione’ di Jane Austen, che si trovava sul comò esattamente come ogni sera. Era il libro che avevo letto più volte, una fonte di ispirazione per me. Afferrai i calzini buttati ai piedi del letto, me li infilai –uno me lo misi al contrario- ed entrai in cucina.
Papà non c’era, era al lavoro. Quindi in cucina c’erano solo mia madre che stava preparando il biberon con il latte per il mio fratellino David e mia nonna che stava tranquillamente bevendo il suo cappuccino.
«Buongiorno.» riecheggiò per la cucina.
Mi scaldai il latte e feci una sostanziosa colazione. Mio fratello, intanto, aveva deciso che il suo nuovo gioco preferito sarebbe stato lo shake del biberon e non faceva altro che scuoterlo come se fosse una specie di maracas.
«Hai i capelli che sono peggio di un nido di rondini.» mi fece notare mia madre, cercando di appiattirmeli con le mani. In effetti quella mattina i miei capelli ricci avevano deciso di gonfiarsi il più possibile. Avevo i capelli castani e ricci ma non mi piacevano molto quindi me li ero schiariti con lo shatush e me li piastravo ogni mattina.
Sbuffai esasperata, sostituendo le mani di mia madre con le mie.
«Vado a sistemarmeli.» borbottai alzandomi e rinchiudendomi in camera mia. Dopo essermi lavata dedicai una quindicina di minuti ai capelli per piastrarli come si deve e poi mi vestii, gettai un manga a caso nello zaino, così se mi fossi annoiata durante le ore di lezione avrei avuto qualcosa da fare, e poi uscii di casa.
Presi l’autobus. Non mi piaceva per niente l’autobus quando era affollato, ma non potevo farci niente, non abitavo abbastanza vicino alla scuola da poterci andare a piedi. Mi ritrovai schiacciata tra un grassone che odorava di kebab e un uomo smilzo e dal naso aquilino che guardava continuamente l’orologio in una sorta di tic nervoso. Presi il telefono dalla tasca e mandai un rapido messaggio a Kim per avvisarla che ero quasi arrivata e della terribile situazione schiacciata in cui mi trovavo.
Finalmente, scesi dal bus boccheggiando.
«Ariaaa!» invocai, spalancando le braccia, respirando dal naso e gonfiando il petto come una specie di tacchino.
«Ma che accidenti stai facendo, piccoletta?»
Una voce mi fece sussultare. Mi voltai di scatto e vidi il viso di Kim ad un palmo dal mio, che mi fissava con le sopracciglia alzate e un’espressione incuriosita in viso. Si era dovuta abbassare di almeno una decina di centimetri per raggiungere il mio volto.
Kim era incredibilmente alta, la sua pelle era scura e i capelli neri erano corti con dei ciuffi più lunghi in corrispondenza delle tempie. Era davvero bellissima, mi ricordava quasi una sorta di pantera.
«Sei tu, Kim! Buongiorno!» trillai io.
«Buongiorno anche a te. Lieta di vedere che sei sopravvissuta al suino-kebab.»
Diedi in una risatina imbarazzata, grattandomi la guancia con l’indice.
«E Violet?» chiesi, quindi.
«Ci aspetta alle serre, dai, vieni.» Kim mi afferrò per il braccio, trascinandomi con sé. Attraversammo il cortile e svoltando verso sinistra ci siamo dirette alle serre dove si svolgeva anche il club di giardinaggio. Violet era lì, seduta in un angolino, col suo blocco da disegno tra le mani. Violet era più piccola di me e Kim di un anno, era una ragazza davvero graziosa dai capelli viola –il nome diceva tutto, quindi- non troppo lunghi e con alcune ciocche legate in delle treccine.
«Ciao, Violet. E’ molto che aspetti?» chiesi mentre Kim le strofinava gentilmente la mano sulla testa.
«Non molto, no.» rispose lei, col suo solito tono di voce delicato e quasi vago. «Dobbiamo aspettare qui anche Karen e Sky, stanno per arrivare.»
«Voi siete riuscite a fare i compiti della Delanay?» chiesi incerta.
Quella donna era incredibilmente severa, quando passava accanto al tavolo da lavoro mio e di Charlotte diventavo rigida come un pezzo di legno e la mia sudorazione aumentava. Come se non bastasse la mia compagna di lavoro –il mio binomio, come diceva la Delanay- era una delle scagnozze di Ambra.
«L’ho fatto tutto a cavolo.» mi confessò Kim, sistemandosi meglio il berretto sulla testa. «Chiederò a Melody di controllarlo prima dell’inizio della lezione.»
Stavo per ribattere, quando la mia attenzione fu rapita da tutt’altro.
Un ragazzo stava attraversando la serra. La sua chioma verde brillante era impossibile da non riconoscere. Il cuore mi balzò in gola. Era Jade, il ragazzo che una volta, dopo essermi presa una storta proprio lì, alle serre, mi aveva portata in infermeria.
Lui dovette sentirsi osservato perché voltò il capo nella nostra direzione e i nostri occhi si incrociarono. Arrossii senza poterne fare a meno ma non feci né un cenno di saluto né niente. Jade, invece, mi sorrise e poi riprese a camminare, uscendo dalle serre.
Che figuraccia!


POV Alina

Quei nuvoloni grigi non promettevano niente di buono.
Era Dicembre e di conseguenza ogni mattina era sempre la stessa storia. Mi affacciavo alla finestra con la speranza di vedere un piccolo spiraglio di sole e poi mi ritrovavo davanti un cielo morto che prometteva soltanto pioggia. Ed io detestavo quando pioveva perché per me nuvoloni più pioggia è uguale fulmini. E io avevo paura dei fulmini, se sentivo un singolo fulmine ero capace di nascondermi nell’armadio finché non finiva tutto. Agguantai il cellulare poggiato sul comodino e premetti freneticamente i pollici sui tasti, andando a controllare il meteo di oggi. Niente temporale, solamente una lieve pioggia.
Cacciai un sospiro di sollievo e mi alzai, rapidamente. Andai in cucina ed ingurgitai il mio latte il più velocemente possibile.
«Lilla, mangia con più calma!» mi ammonì mia madre, temendo probabilmente che mi strozzassi. Io le indicai in un gesto disperato l’orologio; avevo perso tempo con tutta la storia della fifa per i temporali quindi dovevo sbrigarmi. Ren era già nella sua stanza a vestirsi.
Mi preparai anch’io e quando uscii dalla mia camera mi ritrovai davanti Ren che con le braccia incrociate e il piede che picchiettava nervosamente sul pavimento mi rivolse una smorfia contrariata.
«Sono pronta, sono pronta.» borbottai.
Diedi un rapido bacio a mia madre e poi scesi di casa. Da quando papà era morto mi sentivo come in dovere di occuparmi meglio di mia madre, di dimostrarle più affetto e di essere responsabile. Era una delle poche persone con cui ero sempre dolce, a parte Iris, la mia migliore amica, ma con Iris non potevi non essere gentile visto che ti rivolgeva sempre quel gran sorriso radioso. E poi ovviamente ero molto aperta anche con i gemelli, Alexy e Armin, ma con loro non potevi fare altro che divertirti.
Anche Ren, dopo la morte di mio padre, era diventato molto più responsabile. Forse perché si sentiva un po’ l’uomo di casa ed inoltre era il più grande tra noi due –io quindici anni, lui diciannove. Mi faceva ancora male parlare della perdita di mio padre ma probabilmente sarebbe stata l’unica ferita che non sarei mai riuscita a ricucire. Faceva troppo male.
Mentre camminavo, affiancata da mio fratello, che mi stava dicendo qualcosa sul compito di storia che aveva avuto –materia che tra l’altro odiavo con tutta me stessa- mi soffermai per alcuni istanti sulla mia immagine, riflessa sulla vetrina di un negozio. Ero una ragazza abbastanza alta per la mia età e avevo lunghi capelli castano mossi ma la cosa che più mi piaceva di me erano gli occhi grandi e azzurri. Tutto sommato potevo ritenermi una ragazza carina, ero piaciuta a diversi ragazzi nella mia vita. Eppure ero andata ad innamorarmi del ragazzo più cretino sulla faccia della Terra. 
«Alina?»
«Eh?»
«Buongiorno.» commentò mio fratello, per sottolineare quanto avessi la testa tra le nuvole. «Eri di nuovo nel tuo mondo?»
«Non sei il solo che può permettersi di avere un suo universo, sai?» ribattei io, piccata. «E poi lo sai che a me storia fa schifo.»
«Penso che dovresti rivalutarla, è una materia molto interessante.» disse Ren.
Mi permisi di inalberare un’espressione più che scettica a cui lui rispose con una risata. Chiacchierando, chiacchierando –o meglio discutendo sui pro e i contro della storia, che a mio parere erano tutti contro e non esisteva alcun pro- arrivammo davanti al Dolce Amoris.
Mio fratello mi scompigliò affettuosamente i capelli: «Ci vediamo all’uscita, Alina, e sta tranquilla per il tempo.» disse, accennando al cielo grigio. «Niente temporali, oggi.»
Gli rivolsi un sorriso per rassicurarlo e poi dissi: «Tranquillo, fratellino, tu piuttosto, non farti beccare ancora a pomiciare con Angelique.» ebbi appena il tempo di vedere le guance di Ren andare a fuoco che mi dileguò con una risatina.
Mi piaceva tantissimo metterlo in imbarazzo –sì, che amore di ragazza…
Trovai Iris ad aspettarmi in un angolino del cortile: «Buongiorno, Iris.»
«Oh, buongiorno, Alina.» salutò allegramente Iris.
Iris aveva dei meravigliosi capelli arancioni legati in una treccia e nonostante fosse più grande di me di un anno era più piccola di statura.
«Buongiorno, Alina!» una voce mi fece accapponare la pelle.
Mi voltai e vidi molto distante, circondato da un gruppo di amici, Dake, il nipote di Boris, che si era trasferito da poco alla nostra scuola. Tuttavia, io lo conoscevo già, poiché lo avevo incontrato durante un viaggio in Australia. Dake aveva la pelle abbronzata e i capelli biondi legati in una coda dietro la testa. Il ragazzo aveva il braccio alzato e mi stava rivolgendo un sorriso.
«B-buongiorno.» borbottai io, arrossendo, forse anche troppo piano perché lui potesse sentirmi.
Il ragazzo ridacchiò, mi fece l’occhiolino e poi si allontanò con gli amici che mi lanciarono occhiate confuse.
«Era il nipote di Boris, vero?» chiese perplessa Iris. «Siete amici?»
«No, no, no, affatto!» gracchiai io terrorizzata, gesticolando e scuotendo freneticamente il capo. «C-conoscenti.» le agguantai il braccio ed esclamai, tirandola via. «Dai, Iris, vieni, andiamo a cercare Alexy e Armin!»


POV Sheila

«Ahio!»
Sentii un’improvvisa fitta alla guancia che mi obbligò a spalancare gli occhi e a strizzarli forte. Sobbalzai, mettendomi a sedere. Ero sul mio letto. Nella mia stanza. Ma c’era qualcosa che non andava. Sentivo una strana presenza alla mia destra. Spostai lentamente lo sguardo e vidi il viso di mio fratello, vicino al mio e mi stava pinzando la guancia con pollice ed indice.
Rimasi zitta a fissarla per alcuni secondi e lui ricambiò l’occhiata, restando in silenzio. Dopo essere stata certa che quello non era un sogno ma era veramente quell’idiota di Erik lanciai un grido stridulo e gli sferrai un calcio sotto il mento che lo fece ribaltare all’indietro con un gemito di dolore.
«Che cavolo fai, cretina!» mi gridò lui.
«Ti pare normale svegliarmi in una maniera del genere?!» strillai io in risposta, coprendomi col piumone.
Lui mi fissò dal pavimento, massaggiandosi la mandibola. Sbuffò seccato e si alzò. Si portò una mano al fianco mentre con l’altra si sistemava i capelli castani. Solo in quel momento notai che era già vestito di tutto punto e aveva persino lo zaino in spalla.
«Dove vai?»
«Ad una conferenza stampa.» mi fece lui, ironico. «Secondo te, scema? Vado a scuola, mi incontro con un mio amico.»
Battei le palpebre mentre lui usciva rivolgendomi un ghigno: «Ti conviene sbrigarti.»  picchiettò l’indice sul polso destro come ad indicare un orologio immaginario. «Sono già le sette e trenta e Armin e Alexy saranno sotto casa tra dieci minuti. Buona fortuna, sorellina.» dopodiché uscì ridacchiando tra sé e sé.
Brutto stron… no, le imprecazioni era meglio lasciare per dopo. Mi alzai di scatto e raccattai in fretta una brioches, ficcandomela in bocca. I miei non c’erano, erano entrambi al lavoro. Solitamente era la sveglia a dirmi di alzarmi, ma probabilmente quel giorno non l’avevo sentita e Erik aveva deciso di divertirsi un po’. Mentre mi lavavo i denti alla velocità della luce, facendo un miscuglio tra acqua, collutorio e dentifricio lanciai un’occhiata fuori dalla finestra.
Il cielo era completamente scuro, la città era ombrosa e fredda. Sorrisi spontaneamente. Amavo il freddo. Mi piaceva, forse perché si addiceva abbastanza al mio carattere. Controllai l’ora dal telefono, poggiato in bilico sul lavandino.
Le sette e trentasette. Solo altri tre minuti!
Sputai con malagrazia ciò che c’era nella mia bocca, mi sciacquai e poi spalancai l’armadio. Agguantai i primi vestiti che trovai, mi ficcai un cappello sui capelli biondi e lisci, lunghi fino alle spalle.
Appena ebbi finito di infilarmi le scarpe suonò il citofono. Scesi le scale e mi ritrovai davanti Armin e Alexy. Il primo aveva il naso incollato alla sua console portatile mentre il secondo mi rivolse un gran sorriso e agitò la mano nella mia direzione.
Armin e Alexy erano gemelli. Entrambi molto allegri e simpatici. Tuttavia erano anche molto diversi tra di loro. Armin aveva i capelli scuri e gli occhi azzurri mentre Alexy aveva i capelli celesti e gli occhi di un fucsia brillante. Inoltre, ad Alexy piacevano i ragazzi e non le ragazze –un vero peccato, visto che aveva diverse ammiratrici.
«Buongiorno ragazzi.» dissi con voce neutra lanciando, però, un’occhiatina di sfuggita ad Armin che continuava a giocare.
Mi piaceva molto Armin, era un ragazzo divertente. Ero letteralmente cotta di lui ma non avevo il coraggio di dirglielo, inoltre col mio atteggiamento sempre acido e aggressivo ero certa che non gli sarei mai piaciuta.
«Buongiorno, Sheila!» trillò Alexy, strizzandomi contro di lui.
Ad un gesto del genere, normalmente, mi sarei irritata ma se era Alexy a farlo non potevo proprio commentare con qualche battuta cattiva, soprattutto sapendo quanto fosse sensibile.
«Alexy, lasciala un po’ respirare.» disse Armin, infilandosi in tasca la console e sorridendomi sghembo.
Io amavo le giornate invernali, soprattutto se cominciavano col malizioso sorriso di Armin.
«Sheila, non indovinerai mai cos’è successo ieri!» esclamò Alexy, saltellante.
Mi limitai a prendere il mio telefono e a dire un «Mh?» distratto per invogliarlo ad andare avanti.
«Una cosa stratosferica!» disse lui.
«Orrida.» si intromise Armin con una smorfia.
«Sensazionale!»
«Terribile.»
«Mitica
«Atroce
«Armin è venuto a fare shopping con me!» disse alla fine Alexy, sollevando le braccia al cielo per rendere più evidente il suo entusiasmo.
Io, che fino a quel momento, avevo concentrato lo sguardo sul mio telefonino, sollevai lo sguardo e sgranai gli occhi grigi.
Possibile che avessi appena sentito le parole Armin e shopping nella stessa frase?
Mi voltai verso l’interpellato per chiedere conferma con lo sguardo.
Lui annuì, tetramente.
Si portò una mano al cuore e sollevò l’altra: «Ebbene sì. Un momento di silenzio per la morte dell’Armin che conoscevate, dopo un’esperienza tanto spaventosa non sarò più lo stesso.»
Non riuscii a resistere e mi scappò una risata.
«Sei sempre il solito esagerato.» sbottò Alexy infastidito, incrociando le braccia.
«Come cavolo hai fatto a convincerlo?» chiesi io guardando Alexy ancora con gli occhi troppo curiosi ed interessati. Aveva sicuramente utilizzato metodi di tortura altamente sofisticati, anche se immaginare un tipo carino e coccoloso come Alexy che torturava qualcuno era difficile.
«Gli ho sequestrato la PSP, sai quanto ama quell’aggeggio.» disse Alexy soddisfatto. Poi, però, guardò contrariato il telefonino che reggevo tra le mani. «Be, forse non sei la persona più indicata a cui dire questo tipo di cose.»
Permalosa com’ero, reagii subito, gli afferrai il cappuccio della felpa e glielo infilai sulla testa costringendolo a chinare la nuca: «Ed io non me lo faccio dire da uno che va in giro con le cuffie!»
Lui ribatté, ridacchiando e levandosi il cappuccio di dosso: «Quella è moda, mo-da! Non puoi capire, nanetta!»
«Attento Alexy, questa qui è una ragazza violenta.» disse Armin, circondando le spalle del gemello con un braccio ed indicandomi col pollice. Io, per tutta risposta, cercai di azzannargli quest’ultimo neanche fossi un piranha.
Armin riuscì ad evitare il mio falso-attacco ed esclamò: «Oh-oh! Che i pollici mi servono, come credi che abbia completato tutti i livelli di tutti i videogiochi presenti su questo gioiellino?» mi fece, uscendo la PSP dalla tasca e sventolandomela sotto il naso.
Le sue solite domande retoriche.  
«Piuttosto preferisco quando usi le tue energie per farla pagare ad Ambra, la rissa dell’altra volta è stata grandiosa.» commentò, ridacchiando e rinfilandosi la PSP in tasca.


POV Victor

Sin da piccolo ero sempre stato facilmente influenzato dal clima e dalla temperatura. Se era una giornata soleggiata il mio volto appariva inevitabilmente più luminoso e sorridente, nonostante il mio aspetto ‘vampiresco’, con quegli occhi rossi e i capelli neri leggermente spettinati, mi facesse stonare con l’ambiente luminoso circostante. Mentre se il cielo era scuro e nuvoloso le mie labbra sarebbero state più propense a prendere una piega all’ingiù.
Ecco, quel mattino di Dicembre, il cielo era cupo e deprimente ed era un po’ come mi sentivo io.
Mi vestii in maniera lenta e annoiata, per poi prendere la mia fidata Nikon, la mia macchina fotografica, e attaccarla alla cintura dei jeans. Per me la mia Nikon era un po’ come la PSP per Armin o le cuffie per Alexy o la chitarra per Castiel: senza mi sentivo incompleto, non c’era un singolo giorno in cui non la portassi con me. Avevo ereditato questa passione da mia madre, californiana trasferitasi in Francia per amor di mio padre, il suo lavoro era la fotografa.
Mi diressi in camera di mia sorella e bussai diverse volte. Stranamente non mi rispose nessun mugolio. Quindi entrai.
La scena che mi si parò davanti era assurda.
Andrea, la mia sorellina più piccola di me di un anno, era sdraiata a terra davanti al televisore –sì, quella matta s’era fatta comprare un televisore da mettere in camera. Era addormentata, la bocca spalancata, gli occhiali storti sul naso e tra le mani aveva ancora il joystick.
La prima cosa che feci fu…no, non fu svegliarla. Sollevai la macchina fotografica e le scattai una foto. Il flash, tuttavia, le fece aprire gli occhi. La ragazza si guardò intorno, poi balzò a sedere strillando: «No! Avevo quasi terminato la partita con Haruki!»
Andrea era una vera fissata di videogiochi e, soprattutto, di dating-game. In qualche modo, mi ricordava parecchio una versione femminile di Armin.
«Non è giusto, non è giusto, non è giusto!» stava gridando mia sorella, maledicendo tutto ciò che le capitava a tiro.
Io sospirai e poi dissi, con la mia voce più calma: «Andrea, preparati per la scuola. Veloce.» ed uscii.
Andrea era abbastanza obbediente. Non rispondeva più di sé stessa soltanto se la allontanavi dai suoi amati videogame o dal computer, in quel caso poteva diventare quasi letale.
Fortunatamente io non ero un ragazzo che amava i conflitti quindi mi limitavo semplicemente ad ignorarla quando diventava troppo lagnosa.
Prendemmo l’autobus. Mi parve di vedere una ragazza della mia classe schiacciata tra due signori. Emily, se la memoria non mi ingannava. Tuttavia, in mezzo a tutta quella folla non riuscii a salutarla. Pazienza.
Io e Andre scendemmo alla fermata, proprio davanti alla scuola. Era una fortuna che per arrivare al Dolce Amoris ci fossero parecchi autobus che si fermavano proprio di fronte, altrimenti non saprei proprio come avremmo fatto a frequentare l’istituto visto che casa nostra era troppo distante e i nostri genitori non potevano accompagnarci.
«Andrea, io aspetto Alexy e Armin, tu che fai?» chiesi, verso la mia sorellina che si stava guardando freneticamente intorno, forse in cerca di qualche amica. «Aspetti con me?» domandai, e non potei non fare un piccolo sorrisetto. Sapevo che Andrea aveva una specie di cotta-venerazione per Armin, infatti, a quella proposta arrossì imbarazzata.
«No, no, Victor. Vado a cercare qualche mia amica.» diede in una risatina nervosa e poi mi salutò, scappando via.
Chissà se Armin era consapevole dell’effetto che faceva su alcune donne. Io non ero particolarmente interessato alle ragazze. Mi interessavano solo per puro scopo ‘estetico’, quando vedevo una bella ragazza non potevo non scattarle una foto ma finiva lì. Armin e Alexy arrivarono poco dopo insieme ad un’altra ragazza, Sheila, una ragazza bassina, con le lentiggini ed i capelli biondi. Era anche una tizia piuttosto aggressiva e sicura di sé e quindi completamente incompatibile con il mio carattere che era tutt’altro che aggressivo.
«Buongiorno, Victor!» salutò Armin. «Hai visto Xavier, per caso?»
«Non ancora, no.» risposi io, scuotendo il capo.
Sheila mi rivolse un’occhiata annoiata. Probabilmente non rientravo molto nelle sue simpatie. La cosa era abbastanza reciproca, anche se io non avevo né nemici né persone che detestavo particolarmente lì al Dolce Amoris.
«Victor, ti prego, puoi farmi vedere un attimo i tuoi compiti di chimica?» implorò Alexy, congiungendo le mani. «Non puoi rifiutare la richiesta d’aiuto del tuo binomio.»
«Nessun problema, caro binomio.» dissi io, estraendo il compito dallo zaino. «Ecco qui.»
«Non parlate di binomi.» sbottò Armin esasperato. «La Dilonay ha qualcosa che non va per aver accoppiato me con Ambra.»
«Delanay.» lo corresse Sheila piccata. «Forse ha trovato qualcosa in voi in comune. Pensaci bene, Armin, ti sei comportato come una brutta rospa ricciuta ultimamente?»
Armin la scrutò, con il sopracciglio inarcato: «Non provare a stuzzicarmi, nanetta.»
Lei simulò uno sbadiglio: «Che paura.»  
Osservai quei due, interessato, mentre Alexy mi chiedeva alcune cose sul compito. Ecco, Sheila era un altro tipico esemplare femminile completamente perso per Armin.
Il ragazzo se n'era accorto? Probabilmente no.
A guardare quei due che litigavano giocosamente mi venne in mente la piccola figura di Violet ed inspiegabilmente mi chiesi se fosse già arrivata a scuola.



_____________________________
Tadaaaaa! ^^
Salve a tutte ed ecco a voi il primo capitolo della FF interattiva che ho intenzione di realizzare. Come potete vedere, in questo capitolo NON ci sono tutti i vostri personaggi ma solamente cinque, poiché, essendo voi undici iscritte, il capitolo sarebbe stato troppo lungo e ho deciso quindi di spezzarlo in due per cui nel prossimo capitolo compariranno gli altri sei.
L’ordine con cui compaiono i vostri OC non è casuale ma ho scritto di ciascuno in base all’ordine in cui mi sono arrivate le schede.
I primi OC che sono comparsi e che abbiamo conosciuto sono Karole, Emily, Alina, Sheila e Victor. Spero vivamente di aver reso i vostri personaggi come ve li eravate immaginati, per me è molto importante ^__^
Se avete degli appunti da farmi fatemeli presente :D 
Questo è stato soltanto un piccolo capitolo introduttivo in cui c’è una sorta di ‘morning routine’ dei vostri personaggi e il prossimo capitolo sarà simile ^^ xD Ho citato la Delanay e il fatto dei ‘binomi’ perché è una cosa che mi ha davvero scioccata specie la coppia Armin/Ambra che non vedo in quale universo potrebbero essere compatibili per fare squadra in qualcosa ma vabbé xD
Un ringraziamento speciale a tutte voi che vi siete iscritte e a coloro che seguono la storia farò del mio meglio per scrivere una ff carina e divertente. **
A presto,

Lovely

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Good morning...or not? (parte 2) ***


Good morning…or not?

(parte 2)


POV Karen
«Kyaaa! Sono spaventosamente in ritardooo!»
I miei strilli rimbombavano per la strada, facendo voltare ogni tipo di passante. Vidi i visi rugosi di alcuni vecchietti, l’espressione contrariata di una donna con la busta della spesa e un bambino delle elementari scoppiò a piangere al mio passaggio.
Ma che…
Passai per il parco, l’unico modo in cui mi sarei potuta salvare le chiappe e non fare tardi alla prima ora di lezione. Non ero una ragazza che amava particolarmente lo sport quindi avrei fatto volentieri a meno di quella corsetta mattutina ma la sveglia non aveva suonato –dannato aggeggio elettronico.
Il ciuffo nero mi sbatacchiava davanti agli occhi obbligandomi a dover gettare il capo all’indietro ogni cinque secondi come se già non bastasse la borsa a tracolla ad intralciarmi.
Sollevai il naso per controllare il cielo. Alcuni nuvoloni mi sorrisero impertinenti come a dire ‘Corri che è meglio, o qua ti fai un bel bagno ’. Adesso anche le nuvole si burlavano di me, bene, come se non bastasse già quel deficiente di Castiel!
Riportando lo sguardo sulla strada riconobbi la schiena di un ragazzo. E non un ragazzo qualunque! Era Lysandre!
Era assolutamente impossibile che un ragazzo come lui passasse inosservato. Aveva i capelli bianchi tinti d’argento sulle punte e si vestiva in modo molto particolare; stile vittoriano, diceva lui.
Stranamente mi resi conto che il ragazzo non era affannato come me ma camminava tranquillamente, osservando il paesaggio.
Lo affiancai, salutandolo: «Buongiorno, Lysandre.»
«Oh? Buongiorno Karen.» mi rispose lui con un sorriso. «Bella mattinata, eh? Il cielo grigio spesso mi suggerisce parole per nuove canzoni.»
Lo guardai perplessa. Sul suo volto non c’era il minimo accenno di stress, nessun segno che potesse suggerire un suo turbamento per l’imminente ritardo.
«Mh…Lysandre, scusa, ma…come mai sei così rilassato? Siamo in ritardissimo!» gemetti, nervosa.
Lui si concesse una vaga espressione perplessa: «Ma no, Karen, cosa dici. Siamo in perfetto orario, guarda.» mi porse il polso ma quando guardai non c’era proprio un bel niente se non la manica del suo abito. Alzai le sopracciglia e battei le palpebre confusa.
Lui ritrasse il braccio imbarazzato: «Ops. Scusami, a quanto pare ho dimenticato l’orologio a casa…»
Mi trattenni dal darmi uno schiaffo sulla fronte. La memoria corta di Lysandre era parecchio nota a scuola.
Gli sventolai il mio orologio da polso sotto il naso: «Guarda qui, le otto meno cinque!»
E ora che ci pensavo, proprio perché era così tardi…perché diavolo stavo discutendo dell’orario con Lysandre?!
Lui si portò la mano al mento, pensieroso. Dopodiché disse: «Solo un attimo.» frugò nelle tasche e poi tirò fuori un telefonino. Vedere un tipo vestito in stile vittoriano con un cellulare in mano faceva un effetto stranissimo. «Vedi?» mi mostrò lo schermo del telefono che segnava le 07: 33. «Perfettamente in orario.»
«Ma come…?» feci io perplessa. Poi capii. Doveva essere stata un’altra bravata della mia sorellina di dieci anni, Aileen, vivace e sempre pronta a giocarmi qualche scherzetto. «Aileen…» ringhiai tra i denti, fumando per la rabbia, immaginando già il suo sorrisetto soddisfatto sul faccino troppo angelico e paffuto.
«Ora che abbiamo risolto questa incomprensione» intervenne Lysandre col suo solito tono di voce pacato che stonava perfettamente col mio umore attuale. «ci avviamo insieme verso scuola?»
«Direi proprio di sì.» dissi io, sorridendogli cortese.
Ad Aileen avrei pensato dopo…eh-eh!
Passeggiare con Lysandre era molto piacevole. La sua voce era sempre calma e rilassata, non come il tono ringhioso e sgradevole di Castiel. Davvero non capivo come facessero quei due ad essere migliori amici, erano completamente diversi…
Arrivammo a scuola dopo aver chiacchierato piacevolmente. Dopodiché lo salutai e raggiunsi le serre dove sapevo avrei trovato tutte le mie amiche. Violet, Kim, Emily e Sky. Erano tutte ragazze molto dolci e simpatiche. Io e Kim eravamo le due con i caratteri più forti ma lei era molto meno vendicativa e ambiziosa di me.
Come immaginavo erano tutte lì. Mancava solo Sky che sicuramente sarebbe arrivata a breve.
«Ehi, Karen!» mi salutò Kim, porgendomi il cinque che io battei con entusiasmo.
«’Giorno a tutte!» esclamai allegramente. «Tutto bene?»
«Sì, sì.» disse Emily vivacemente. «Stavamo discutendo dei compiti della Delanay.»
«Che argomento doloroso.» commentai io. Mi piacevano molto le esperienze in laboratorio ma la Delanay mi faceva ogni volta ricredere.
«Aspettiamo Sky in cortile?» chiese Violet.
La sua proposta fu approvata da tutte e raggiungemmo il cortile, chiacchierando spensierate. Fu in quel momento che ci passarono davanti Lysandre, che mi rivolse un piccolo sorriso e una sorta di galante e appena accennato inchino col capo, Karole, una ragazza un po’ vanitosetta che non mi ispirava affatto simpatia, ed infine…Castiel. Quest’ultimo, anziché ignorarmi come fece Karole, si voltò verso di me con un ghigno: «Buongiorno, tavola da surf
Il mio viso diventò prima rosso, poi bordeaux ed infine di uno sgradevole color prugna. Strinsi i pugni e cercai di slanciarmi su di lui per staccargli a morsi la testa. Castiel si divertiva particolarmente a dare nomignoli alle persone ma quando mi ricordava quanto poco seno avessi mi faceva veramente perdere le staffe.
Fortunatamente per lui e sfortunatamente per me, Kim ed Emily mi agguantarono impedendomi di ridurlo in poltiglia.
Lui ridacchiò divertito dandomi un buffetto sulla testa –neanche fossi il suo cane Demon- e allontanandosi.
Non riuscivo a credere di essermi innamorata di un tale idiota!


POV Sky

Non avevo nulla contro le giornate invernali, assolutamente, solo che, essendo un’amante dei gelati, preferivo senza alcun dubbio l’estate. Niente scuola, niente temperature polari e soprattutto…ge-la-ti!
Tuttavia, una cosa positiva dell’inverno era che i miei capelli erano molto più gestibili. Solitamente d’estate, col caldo, i miei capelli ricci e ramati tendevano a raddoppiare di volume mentre durante il periodo più freddo erano un po’ più gestibili e li legavo sempre in due codine basse che mi scendevano sulle spalle. Avevo diciassette anni, ma a causa della mia statura abbastanza bassa, degli occhi grandi e ambrati e il mio visetto un po’ infantile spesso mi davano molti anni in meno, talvolta anche quattordici anni. Nonostante tutto, ironia della sorte, io ero nata in inverno.
Quel mattino, io e mio fratello, aspettammo Dajan vicino al bar poco distante dal Dolce Amoris.
Io e Mark abitavamo da soli in un piccolo appartamento. Lui era maggiorenne quindi non c’erano problemi. Mia madre e mio padre lavoravano spesso fuori città e quindi dovevamo un po’ arrangiarci tra di noi. Nonostante ciò non avevo un rapporto conflittuale con i miei, anzi, ero sempre molto contenta quando tornavano per venirci a trovare.
«Sky, come stai andando in chimica? I tuoi voti migliorano?» mi chiese Mark. Era sempre molto protettivo con me, forse proprio perché a causa della mancanza di mamma e papà sentiva anche la responsabilità di vegliare su di me.
Lo guardai incerta, giocherellando con una ciocca di capelli: «Dipende da come la vedi…»
«Niente risposte evasive.» mi ammonì lui.
«Va un po’ meglio ma ancora non benissimo.» risposi quindi. «Ma due miei compagni mi stanno aiutando molto a vederci più chiaro.» e mi riferivo a Melody e Nathaniel che spesso e volentieri mi spiegavano alcune cose che non avevo capito. Nessuna delle mie amiche purtroppo era molto brava in chimica…
«Sono bravi?» mi domandò lui quasi ansiosamente.
«Uno è il delegato degli studenti.» dissi io, rivolgendogli un gran sorriso per fargli capire che ero in ‘buone mani’.
«Nathaniel?» Mark parve subito più sollevato. «Ah, bene allora.»
Gli rivolsi un sorriso allegro ma in quel momento sentimmo un richiamo.
«Ehi!»
Ci voltammo entrambi e vedemmo Dajan avvicinarsi. Dajan era incredibilmente alto, scuro di pelle e si vestiva sempre in maniera molto sportiva. Sia lui ché mio fratello facevano parte del club di basket e giocavano nella stessa squadra.
«Dajan!» esclamò Mark quando il ragazzo ci raggiunse.
«Buongiorno. ‘Giorno, Sky.» fece lui nella mia direzione, regalandomi un sorriso.
«Buongiorno.» risposi io arrossendo ma sorridendogli. Mi infilai subito tra loro due. Mi ero innamorata di Dajan praticamente appena lo avevo visto, era stato il tipico colpo di fulmine. Eravamo diventati molto amici ma ancora non ero riuscita a dichiararmi. Le mie amiche, Kim, Violet, Karen ed Emily sapevano perfettamente della mia ‘cotta’ e mi invogliavano spesso a confessargli i miei sentimenti ma io ogni volta cercavo di cambiare argomento o di svignarmela. Era una cosa troppo imbarazzante!
Arrivammo a scuola e Mark e Dajan mi salutarono; quest’ultimo lo fece accarezzandomi la testa e facendo saltare al mio cuore diversi battiti.
Stavo ancora contemplando la schiena di Dajan che si allontanava, quando sentii delle voci: «Sky!»
Non feci neanche in tempo a voltarmi che due paia di braccia mi afferrarono e riconobbi i volti di Karen ed Emily. Entrambe mi strinsero, e strofinarono le loro guance sulle mie, teneramente.
Violet ci fissò confusa, battendo le palpebre, un’espressione di vago stupore sul viso. Mentre Kim sospirò divertita e afferrò le due per la collottola allontanandole da me per farmi un po’ respirare.
«Buongiorno, ragazze.» ridacchiai allegramente.
«Sei in ritardo.» mi accusò Emily.
«Ma sei perdonata.» aggiunse Karen. «Ti abbiamo vista col tuo Dajan.» aggiunse, sporgendo le labbra verso di me e simulando il rumore di degli sbaciucchiamenti.
Diventai tutta rossa e farfugliai: «N-non è come credete!»
«A nooo?» insistette Karen.
Scossi freneticamente il capo mentre Emily rideva divertita.
Karen si divertiva sempre a stuzzicarmi riguardo quella faccenda di Dajan perché sapeva che inevitabilmente avrei iniziato a farneticare come una stupida. Solitamente ero una ragazza molto tranquilla ma se c’era lui di mezzo andavo in iperventilazione.
«Ma piantala!» la rimproverò bonariamente Kim, afferrando Karen per le spalle, spingendola verso l’entrata di scuola e strizzandomi l’occhio per rassicurarmi.
Alla prima ora avevamo il professor Faraize. Non potei non tirare un sospiro di sollievo al pensiero del viso bonario del prof; di certo una lezione di storia era molto meglio di una di chimica con la Delanay


POV Greta

«…e quindi gli ho detto ‘Penso che un po’ più di pizzo in quel punto sia meglio’ e lui mi ha dato retta perché Leigh si fida moltissimo dei miei gusti, dice che ho un ottimo senso estetico.»
Era da circa quindici minuti che Rosalya non faceva altro che parlare di Leigh, del negozio e di un certo nuovo abito che avevano confezionato.
Rosalya era una ragazza estremamente sui generis. In maniera positiva ovvio. Era sempre allegra, spigliata e molto chiacchierona. Era stata la mia prima amica al Dolce Amoris. Essendo io una ragazza parecchio riservata ed introversa non mi era semplice fare amicizia ma grazie a lei ero riuscita ad aprirmi di più.  Era una ragazza bellissima, con lunghi capelli bianchi e felini occhi gialli.
«Rosalya.» la interruppi pazientemente. «Mi sono fermata alla prima frase che hai detto.»
Rosalya mi guardò contrariata, incrociando le braccia: «Ma insomma, Greta, è perché non presti attenzione!»
O forse perché sei tu che parli a raffica…
«Comunque, cambiando argomento.» la ragazza lanciò un’occhiata astiosa ai miei capelli castani che avevo costretto in una treccia. «Non capisco perché ti ostini a legarti i capelli, stai così bene quando sono sciolti…»
«Sono molto più comodi così…» replicai io, prendendo la treccia tra le mani. «Non mi piace quando mi finiscono i capelli davanti agli occhi mentre studio.»
«Come credi che farai colpo su Nathaniel se continui così?» sbuffò Rosalya, facendo sventolare i capelli, colpendoli con la mano.
Nathaniel?!
Distratta improvvisamente da quel nome misi male il piede ed inciampai in un tombino. Fortunatamente, Rosalya mi afferrò con prontezza altrimenti mi sarei ritrovata con il mento sfregiato…
«N-non nominare Nathaniel così all’improvviso!» gracchiai io, rimettendomi dritta e lanciandole un’occhiataccia con i miei occhi chiari.
Rosalya ribatté: «Ma non è possibile che ogni volta che lo nomino rischi di romperti la testa!»
Per tutta risposta la ignorai, superando i cancelli del Dolce Amoris e attraversando il cortile, con lei alle calcagna.
Mi piaceva tantissimo Nathaniel ma sotto un certo punto di vista mi sembrava quasi irraggiungibile…era così perfetto…fisicamente sembrava quasi il principe azzurro di cui si leggeva nei libri ed inoltre aveva un carattere molto gentile e disponibile. Timida com’ero, solitamente non riuscivo a spiccicare granché in sua presenza e frustrata da tutto ciò alla fine mi ero confessata con Rosa. Anche se ripensandoci in situazioni come questa mi chiedevo se avessi fatto bene…
«Tra l’altro non capisco bene cosa ci trovi.» stava dicendo Rosalya, accanto a me, mentre camminando per i corridoi ci avvicinavamo ai nostri armadietti. «Insomma, è senza alcun dubbio un bel ragazzo ma io preferisco gli uomini più misteriosi e silenziosi. Anche se ammetto che negli ultimi tempi è diventato molto più simpatico.»
In effetti, da quando si era emancipato dai genitori che lo maltrattavano, Nathaniel era parecchio cambiato. Aveva sempre mantenuto dei lati del suo carattere ma al tempo stesso cominciava a pensare meno allo studio e a godersi dei momenti di svago con gli amici –avevo saputo che era andato a casa di Armin a giocare con lui, Kentin, Xavier e Dominique ai videogiochi- ed inoltre era anche più spigliato.
«Io non ti chiedo mica perché ti sei innamorata di Leigh…» le feci notare.
«Be, non me lo chiedi semplicemente perché è evidente che Leigh è perfetto.» cinguettò lei. Come al solito la sua testa se ne andava tra le nuvole quando si parlava del fidanzato.
«Non credo che tu sia molto oggettiva.» ribattei io, inarcando un sopracciglio e ridacchiando.
Rosalya stranamente mi diede ragione: «Be, sì, forse hai ragione…» aprì l’armadietto e prese i libri per la lezione del professor Faraize.
Io feci lo stesso mentre dicevo: «Comunque, non so bene perché lui mi piaccia, è quel tipo di cosa che non ti sai spiegare, a volte mi chiedo perché proprio…»
«Nathaniel!»
Per poco non mi strozzai con la saliva a sentire di nuovo il nome di lui pronunciato per la seconda volta dalle labbra della mia amica –caspita, avevo dei seri problemi col suo nome!
«Rosa, ti ho appena detto di non nominar…» quasi strillai io, voltandomi verso di lei furiosa, visto che per colpa sua stavo quasi per morire strangolata. Ma con mia enorme sorpresa, Rosalya mi tirò uno schiaffo sul braccio e fece una specie di verso allarmante come un «Mhmhhh!».
La guardai confusa e poi impallidii. Mi voltai come nelle peggiori scene da film horror, sudando freddo, le labbra contratte. Ebbene sì, Nathaniel si era appena fermato dietro di me e mi guardò con una lieve espressione stupita.
«AH!» strillai io, facendo un saltello indietro e rischiando di pestare il piede di Rosalya che mi spintonò per non farmi cadere su di lei.
Nathaniel sollevò le sopracciglia e ridacchiò: «Ops, scusate ragazze, non volevo spaventarvi. Buongiorno.»
«Ma no, Nathaniel, scusaci tu. Eravamo immerse in altri discorsi e non ci siamo accorte di te.» disse Rosalya, lanciandomi una breve occhiata inceneritrice visto che continuavo a fissare Nathaniel con una faccia da ebete.
«Volevo solo chiedervi se avete visto Melody, devo prestarle degli appunti che mi ha chiesto.» spiegò lui, mostrandoci un fascio di fogli su cui erano scritte alcune cose con una calligrafia ordinata e facilmente comprensibile.
«Non l’ho ancora vista.» disse Rosalya, scrollando le spalle. «Prova a chiedere a Karla, so che vanno abbastanza d’accordo.»
«Sì, peccato che io non possa dire la stessa cosa.» borbottò lui, passandosi una mano tra i capelli biondi con aria seccata al sol pensiero di quella vipera di Karla.
Istintivamente mi portai la mano al cuore per calmare i battiti.
I capelli no, non toccarti i capelli dannazione!
«Greta, stai bene?» Nathaniel aveva portato lo sguardo dorato su di me, l’espressione preoccupata. «Hai una faccia strana…»
Sobbalzai e diedi in una risatina quasi isterica: «No, no, Nathaniel, sto bene…»
«E’ che ha dormito poco stanotte.» si inventò di sana pianta Rosalya per poi afferrarmi per il braccio e tirarmi via dicendo: «Scusaci, Nathaniel, dobbiamo andare.»
Cercai di racimolare tutta la mia forza, voltai il capo e gli gridai dietro: «Scusami!»
Lo vidi rivolgermi un gran sorriso. 


POV Xavier

Abbandonato da tutti.
Ecco come mi sentivo quella fredda mattinata di Dicembre.
Alexy e Armin mi avevano snobbato per andare a prendere Sheila, quella biondina fredda e acida che aveva massacrato di botte Ambra qualche giorno fa -contenti loro. Dominique abitava troppo lontano per poterci incontrare e Dajan, come ogni mattina, si sarebbe incontrato con Mark e Sky-la-bambolina come l’avevo soprannominata io. 
Quindi mi ero ritrovato solo. Avevo provato a chiedere un ultimo supplicato aiuto a mio fratello Jordan che però aveva già un appuntamento con non ricordo quale ragazza della nostra classe.
Possibile che mi avessero tutti scaricato per delle donne? Ebbene sì.
Quindi scesi di casa col mio skate sottobraccio, mi schiaffai le cuffie nelle orecchie e filai verso il parco. Amavo andare sullo skateboard. Non era scomodo come guidare una macchina, eppure ti consentiva di muoverti rapidamente facendoti divertire e sembrare un gran figo agli occhi delle ragazze.
Un lieve venticello freddo mi scompigliava i capelli castano chiaro.
Natale si stava avvicinando sempre di più e io non vedevo l’ora di poter chiudere i libri e gettarli in un cassetto per quelle due-tre settimane di pacchia.
L’unica cosa che mi sarebbe mancata probabilmente sarebbero state le partite al club di basket con Dajan e Mark. Ed il sorriso di Iris. Pensando al volto luminoso della ragazza rischiai di andare a schiantami contro una panchina ma riuscii prontamente ad evitarla.
«Fiuu…» cacciai un sospiro di sollievo, passandomi il braccio sulla fronte.
Pericolo scampato.
Nuova regola per quando si va sullo skateboard: mai pensare ad Iris, mai.
Riuscii ad arrivare con ben dieci minuti di anticipo dall’inizio delle lezioni a scuola. Con una sgommata mi fermai proprio davanti ai cancelli dove vidi i gemelli ad aspettarmi insieme a Victor, un ragazzo piuttosto sulle sue, e Sheila.
Agguantai lo skater e li raggiunsi, con un gran sorriso.
Armin era il mio migliore amico. Nonostante fosse di un anno più piccolo di me mi trovavo molto bene con lui e spesso andavo a casa sua per giocare insieme a qualche videogioco. Essendo amico di Armin andavo anche abbastanza d’accordo con Alexy, senza però avere chissà quale rapporto…quel ragazzo era decisamente troppo esuberante.
«Ehi, buongiorno!» esclamai, porgendo il pugno ad Armin.
«Xavier, era ora!» ribatté lui, salutandomi.
Guardai gli altri tre. Alexy mi rivolse un sorriso luccicante, Victor si limitò a dirmi un «Buongiorno» parecchio senza tono e Sheila si limitò a fissarmi con aria annoiata.
Ma che simpatica!
Afferrai la sciarpa che Armin portava al collo, tirandolo verso di me e sibilandogli all’orecchio: «Quindi è per lei che mi hai abbandonato stamattina?»
«Daiii, non è male come credi!» ribatté lui.
«Ah no? E’ peggio?» chiesi io lanciando un’occhiata alla bionda che stava dicendo qualcosa ad Alexy.
Armin commentò con una risata divertita.
Non mi piacevano le ragazze tutto ghiaccio, potevano essere belle quanto volevano ma non vedevo quale tipo di conversazione si potesse avere con una tipa che ti fissava come se volesse vederti affogare nella lava più rovente…
Meglio una ragazza sociale, solare, simpatica…tutto con la ‘s’, sì, scusatemi, sono un tipo ripetitivo…
«Che materia avete alla prima ora?» chiesi ad Armin.
«Storia con il vecchio Faraize.» mi rispose lui allegramente.
«Beati voi, meglio di quella befana della Delanay. E pensare che chimica è la mia materia preferita…quella lì mi leva tutto il piacere.» dissi, storcendo il naso.
C’era da dire che perlomeno la Delanay era capace di riconoscere quando un alunno meritava e mi aveva fatto diverse volte i complimenti per il mio operato. Tuttavia, certi suoi modi di fare non mi andavano proprio giù…
Improvvisamente fui ridestato dai miei pensieri dal rumore di un flash. Sollevai lo sguardo e mi accorsi che Victor aveva sollevato la sua macchina fotografica e che puntava l’obiettivo verso il cortile. Sbirciai, incuriosito.
E per poco non mi prese un colpo!
Iris veniva tirata per il braccio da un’altra ragazza con dei lunghi capelli castano mossi. Se la memoria non mi ingannava quella doveva essere Alina, la migliore amica di Iris.
«Ma Alina! Armin e Alexy solitamente sono ai cancelli a quest’ora!» strillava Iris, cercando di opporsi alla stretta dell’amica.
«Eh…ehm…c-credo che forse è meglio entrare o faremo tardi alle lezioni…li andremo a salutare dopo.» ribatté Alina lanciando un’occhiata dall’altro lato del cortile. Seguii il suo sguardo e vidi Dake uscire dalle serre con qualche amico. Forse voleva evitarlo?
Le due sparirono dentro la scuola e vidi Victor abbassare lo sguardo sulla macchina fotografica e controllare com’era uscito lo scatto.
«Ehi» feci io senza pensare, sporgendomi sulla sua spalla per vedere la foto. «non è che puoi fare una copia anche per me?» 


POV Dominique

La città era straordinariamente rumorosa anche di primo mattino. Era il momento in cui i negozi venivano pian piano aperti, le persone più mattiniere uscivano dalle case per andare a fare la spesa o per portare i cani a fare la pipì delle sette e trenta, altri si recavano al lavoro, i bambini e i ragazzi si dirigevano a scuola e poi c’erano quelli che, come me, andavano al Liceo Dolce Amoris a cavallo della nuova moto che mi avevano regalato i miei.
Mi piacciono le moto, mi piace il senso di libertà che si prova a guidarne una, il vento tra i capelli e sul viso…
L’avevo chiamata Evangeline, perché sì, quella creatura ruggente era così bella da meritare un nome. Guai a chi me la toccava. Helena, la mia sorellina più piccola di un anno, mi prendeva sempre in giro per questa faccenda ma io avevo molti altri motivi per prendere in giro lei come ad esempio la sua insensata paura del buio.
Sfrecciavo per le strade, il casco in testa. Gli alberi erano spogli e avevano una spiacevole aria tetra che mi causava uno strano senso di malore. Non ero tagliato per l’inverno. La mia stagione era l’estate! E a suggerirlo c’era anche la mia pelle abbronzata e la mia passione per il surf.
L’unica cosa positiva dell’inverno erano le vacanze di Natale che comunque non potevano competere con quelle estive ma per lo meno mettevano una pausa alla routine scolastica.
Arrivai nei pressi del liceo e parcheggiai la moto vicino ad un cartellone pubblicitario. Poco distante vidi parcheggiata anche la moto di Castiel. Carina, sì, ma non poteva competere con Evangeline…
I miei amici erano tutti vicino ai cancelli della scuola. C’era Xavier, il più alto e anche l’unico che frequentava il mio stesso anno, i gemelli Armin e Alexy, Victor e Sheila –anche se con questi ultimi due non avevo chissà quale grande rapporto, specie con la ragazza.
«’Giorno a tutti!» esclamai avvicinandomi e agitando la mano allegramente.
«Ehi, Domi, era ora!» disse Xavier.
Per tutta risposta io lo guardai male. Detestavo quando il mio nome veniva abbreviato e i ragazzi lo sapevano bene.
«Preferisci Dom?» chiese Armin malizioso.
«Sto per darvi un pugno.» replicai io con voce cristallina facendoli ridacchiare.
Alexy stava leggendo con foga dei fogli, la lingua tra le labbra, la fronte corrugata per la concentrazione. Chissà perché qualcosa mi diceva che si trattava del compito della Delanay…da quando era arrivata, la nuova professoressa aveva sparso il terrore per il liceo e spesso passeggiava avanti e indietro per i corridoi, controllando il comportamento degli alunni.
Che piaga!
«Ehi, Alexy, in difficoltà per chimica?» domandai quindi, ispezionando i fogli con gli occhi verdi.
«Sì…» ammise Alexy frustrato. «Stavo cercando di capirci qualcosa di più dagli appunti di Victor…»
«Ma cavolo!» sbottò Armin seccato, smanettando il telefono nervosamente. «Dove diavolo è finito?»
«Chi?» chiedemmo io e Alexy all’unisono.
«Kentuccio, no?» rispose Armin. «Non lo riesco a rintracciare. Vai a vedere che si è andato a ficcare in qualche angolo con Mey.» sospirò, scuotendo il capo. Notai che Sheila gli rivolse un’occhiata parecchio guardinga, azzardandosi persino ad alzare lo sguardo dal suo amatissimo cellulare.
Xavier, invece, non sembrava preoccupato dal lieve ritardo di Kentin. Sapevo che a lui non andava molto a genio. A me in realtà sarebbe potuto anche stare simpatico se solo non ci fosse stato un piccolo problema: Helena. Aveva una specie di fissa per Kentin, o per lo meno quando era con le sue amiche e si arrivava a parlare di lui iniziava a ridacchiare come una scema.
E quindi, da bravo fratello maggiore, non riuscivo a trovare molto simpatico il ragazzo che faceva andare il cervello di mia sorella in blackout.
Mentre Alexy suggeriva ad Armin di provare a chiamare Meylyn io mi concessi una breve occhiata al cortile dove vidi passare Kim assieme alle sue amiche. Kim era una ragazza estremamente bella, atletica e di carattere. Mi era piaciuta subito come amica ma poi la faccenda si era evoluta ed ero caduto anch’io nella trappola dell’amore. Ancora non riuscivo a crederci visto che spesso mi divertivo a flirtare con le ragazze –soprattutto quelle molto frivole.
La ragazza sbirciò nella nostra direzione, mi riconobbe e mi rivolse un gran sorriso genuino.
E questa volta fu il mio cervello ad andare in blackout.
«Be, allora io e Dominique iniziamo ad andare.» disse Xavier, circondandomi le spalle con un braccio e trascinandomi via, probabilmente verso il laboratorio di scienze.
«Amico, sei davvero sensibile al fascino della Pantera.» osservò Xavier. ‘La Pantera’ era il nome in codice che aveva affibbiato a Kim e io trovavo che le si addicesse parecchio.
Scrollai le spalle: «E’ l’unica che mi fa questo effetto, solitamente erano le ragazze che non parlavano più davanti a me…» ammisi io.
«Se non è amore questo…» commentò saggiamente Xavier, solidale.


POV Meylyn

«Buongiorno, Mey!»
Appena aperta la porta di casa, la prima cosa che mi ritrovai davanti fu il meraviglioso sorriso di Kentin.
«Mh…» mi lagnai io, guardandolo con occhi disperati. Mi aggrappai alla sua camicia e gracchiai in tono lamentoso. «Kentiiin…»
«Che è successo?» chiese lui confuso.
«Non trovo il cellulare!» esplosi io, allontanandomi da lui e rientrando dentro casa, gesticolando. «L’ho cercato ovunque! Ovunque ti dico! Nell’armadio, nei cassetti, in cucina, persino nella vasca da bagno! Non lo trovo! E mio padre mi ammazza se non lo riesco a trovare, hai idea di quanto costi? Ma perché?! Lo dicevo io che dovevo riordinare la mia stanza…uff…»
Non potei completare il mio sproloquio perché sentii la mano di Kentin sfiorarmi…sfiorarmi…
Il mio viso si trasformò improvvisamente in una pentola a ebollizione. M-mi aveva davvero toccato il sedere?!
Mi voltai di scatto, strillando: «C-c-che diavolo fai si può sapere?! Razza di depravato! Ed io che ti stavo parlando di un problema serio! T-tu…tu…!»
Stavo quasi per saltargli addosso e riempirlo di pugni –era un diversivo solo per nascondere l’imbarazzo e distrarmi altrimenti mi sarei sciolta come un gelato al sole nel giro di pochi minuti…- quando lui sollevò qualcosa davanti al mio naso, sogghignando.
Battei le palpebre e poi identificai l’oggetto.
Era il mio telefono!
Lo presi tra le mani, a bocca aperta: «Ma come…?»
«Era nella tasca posteriore dei jeans.» mi spiegò lui ridacchiando.
«Oh.» riuscii solamente a dire io rendendomi conto di aver appena fatto due figuracce di fila col ragazzo che mi piaceva.
Lo avevo accusato di essere un pervertito quando le sue intenzioni erano più che candide ed inoltre avevo fatto la parte della povera rimbambita che perde tutto e poi ha l’oggetto perduto sotto il naso –neanche Lysandre ne sarebbe stato capace…
A salvarmi dalla mia imbarazzante condizione ci pensarono Cherry e Coco che corsero a fare le feste a Kentin.
«Ehi!» Kentin si piegò sulle ginocchia, accarezzando la testa di Coco e di Cherry che si presero tutte le sue attenzioni ben volentieri. «Buongiorno anche a voi due.»
Ero sempre stata una grande amante degli animali e alla fine ero riuscita a convincere mia madre e mio padre ad adottare un gatto ed in seguito, da poco, anche un cucciolo di shetland. Probabilmente avevo inconsciamente cercato di compensare il vuoto che mi aveva lasciato la partenza dei miei fratelli, Theodore e Cedric, per la Russia tramite i due animali.
«O-ok, possiamo andare…» dissi io, salutando Coco e Cherry con una carezza e uscendo di casa seguita da Kentin che stava ancora sorridendo divertito di fronte al mio imbarazzo.
Chiusi la porta a chiave –visto che i miei erano fuori per lavoro toccava a me farlo- e poi scesi le scale del condominio assieme a Kentin.
Kentin era il mio migliore amico dai tempi delle medie anche se allora era completamente diverso. Il Ken delle medie era più basso, gracilino, indossava degli occhiali spessi e troppo grandi per la sua faccia e portava un bizzarro taglio a scodella mentre il Ken di ora –anzi Kentin visto che non voleva più essere chiamato in quel modo- era tornato dalla scuola militare più forte, più sicuro, più alto e con un look completamente rifatto –e sta volta non c’era lo zampino di Rosalya. 
Comunque, sia il Ken di prima sia il Ken di ora avevano mantenuto i loro meravigliosi occhi verdi e i capelli castani. Ed entrambi avevano la loro capacità di far battere il mio cuore all’impazzata.
Per me Ken era sempre Ken.
Fisicamente parlando ci assomigliavamo anche molto…stessi occhi, stessi capelli…a volte ci scambiavano persino per fratelli e la cosa mi dava parecchio fastidio.
Ci avviamo per il parco come ogni mattina, camminando a passo abbastanza spedito visto che erano già le sette e quarantacinque. Fortunatamente la scuola non era lontanissima.
Mentre chiacchieravo con Kentin del più e del meno, cercando di vincere l'imbarazzo per ciò che era avvenuto poco fà, sentii squillare il telefono. Lo tirai fuori dalla tasca dei jeans e risposi:  «Pronto?»
«Volete spicciarvi voi due sì o no?» la voce di Armin mi rimbombò nelle orecchie e fui costretta ad allontanare il telefono ad una distanza di sicurezza. «Potete fare i piccioncini anche più tardi, di prima mattina non è proprio il caso, se facciamo tardi il professor Faraize…»
«Ciao ragazzi!» si sentì canterellare la voce di Alexy.
«…ci farà passare un brutto quarto d’ora.»
«Da quando ti preoccupi del professor Faraize?» ribattei io, inarcando un sopracciglio.
«Da quando mio padre mi ha detto che mi leverà la console se sente di nuovo dai prof che non mi impegno nello studio.» sbottò Armin in risposta. Trattandosi di Armin tutto filava…
«Kentuccio prendi la tua donzella e correte subito qui!»
Mi voltai verso Kentin che era diventato viola dalla rabbia.
Oh-oh…
«Non mi chiamare così!» sbraitò infatti, afferrando il telefono e strappandomelo dalle mani.
Le risate di Alexy e Armin risuonarono dall’altro lato mentre Kentin era schiumante di rabbia. Decisi di sfilargli in fretta il cellulare prima che lo frantumasse tra le dita.
«Non te la prendere, Kentin ,lo sai che scherzano.» dissi io con un sorriso, chiudendo la chiamata.
Lui mi fissò con un broncio tenerissimo, poi mi afferrò la mano e disse: «Sarà meglio sbrigarci.»
Già di mio ero un’imbranata colossale, figurarsi se poi dovevo camminare distratta dal calore della mano di Kentin...per me era un’impresa come poche. Tuttavia non ebbi la forza –né la voglia- di staccarmi dalla sua presa quindi lo lasciai fare, osservando le nostre mani congiunte
Fortunatamente riuscii ad arrivare davanti ai cancelli del Dolce Amoris sana e salva e venni strizzata in un abbraccio da Alexy.
«Meeey!»
«Era ora.» disse invece Armin corrucciato.
Io lo guardai facendogli la linguaccia: «Armin non darti tante arie per una volta che sei arrivato in orario!»
«E’ vero fratellino, di solito devo buttarti io giù dal letto.» rincarnò la dose Alexy.
«Non vale, voi siete in maggioranza!» esclamò lui, incrociando le braccia e guardandoci storto.
«E’ la tattica di battaglia che funziona meglio, caro Armin.» disse Kentin soddisfatto, evidentemente contento che Armin venisse preso di mira. Vendicativo nel midollo, ma io non potevo proprio parlare.
«Tu zitto, Kentuccio.» disse Armin con un ghigno facendolo puntualmente incupire.
«Ehm-ehm» tossicchiò Sheila, una ragazza bionda che andava pure abbastanza d’accordo con i gemelli. «Vogliamo sbrigarci? E’ ora di entrare.»
Salutai con un «Buongiorno» anche lei e Victor che mi risposero piuttosto distrattamente. Be, in effetti erano dei tipi un po’ strani…
Ci dirigemmo quindi dentro l’edificio seguiti dal driiiin della campanella che avvisava gli alunni dell’inizio delle lezioni.




______________________
Ciao a tutte! :D
Finalmente riesco a pubblicare il secondo capitolo di questa FF, sono troppo contenta! Scrivere di undici personaggi diversi non è stato facile quindi vi chiedo di segnalarmi se qualche cosa non vi è proprio piaciuta. Logicamente questa è stata solo l’introduzione degli OC quindi nei prossimi capitoli cecherò di sviluppare ancora meglio il carattere ma credetemi non è stato facile xD
Dico solo che mi sono divertita da morire a d immedesimarmi nei ragazzi e a scrivere i loro POV xD ed inoltre tutte le scenette imbarazzanti-comiche mi sono piaciute molto come 'condimento ai fatti' perché sono del parere che questo tipo di scene sono le migliori in qualsiasi storia :'D
Come avrete notato sono comunque comparsi anche gli OC dello scorso capitolo e sono contenta che alla fine gli ho fatti entrare tutti in scena **
Ora…ho un’altra piccola cosa da chiedervi. Mi serve che mi mandiate via Messaggio Privato la descrizione di come deve essere vestita/o il vostro OC al ballo e anche magari se ha un’acconciatura particolare. Se può aiutarvi potete anche mandarmi una foto del completo per avere più o meno un’indicazione. Ci tengo  a precisare che l’abito NON deve essere lungo perché comunque stiamo parlando di una semplice festicciola sgangherata tra liceali quindi l’abito lungo mi sembrerebbe troppo ‘pomposo'. Abiti corti, pantalone/ maglia elegante…scegliete voi ^^
Vi ringrazio moltissimo per tutte le vostre recensioni, per chi ha messo la storia tra le preferite/ seguite e per i vostri complimenti, mi rendete molto felice **
Ora vi lascio e vi saluto,
Al prossimo capitolo, my dear

Lovely


 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** News ***



News



POV Karole

Le lezioni del professor Faraize non erano particolarmente spiacevoli né particolarmente noiose ma l’aspetto bonario del professore tendeva a far abbassare la guardia agli studenti che quindi spesso si distraevano durante le sue ore. Io non ero molto interessata alla storia ma tentavo comunque di seguire la lezione benché preferissi le materie scientifiche che si adattavano di più alla mia mente razionale e calcolatrice. Tuttavia, avendo come compagno di banco l’adorabile Castiel mi era parecchio difficile non distrarmi ogni cinque secondi.
Il ragazzo passava parecchio tempo a russare sul banco ma quel giorno aveva un’irresistibile desiderio ‘tormentatore’ e non faceva altro che tirare palline di carta a Karen, la ragazzetta acqua e sapone che sedeva accanto a Lysandre.
«Ma la vuoi piantare?» gli sibilai, visto che il suo continuo sghignazzare mi distraeva.
Lui non mi diede neanche ascolto e continuò a punzecchiare la ragazza che gli lanciava occhiate rabbiose e omicide. Non potei non lasciar cadere gli occhi su Lysandre che, invece, aveva gli occhi puntati sul suo libro.
Lui non era come Castiel. Era sempre così calmo e pacato, disponibile e gentile.
Mi mordicchiai il labbro. Chissà se mi avrebbe mai notata…
Dai suoi gesti temevo che mi considerasse soltanto come una grande amica e la cosa mi rendeva estremamente insicura. Quando c’era lui di mezzo diventavo davvero un agnellino docile e timoroso e ciò mi destabilizzava.
Mentre osservavo il suo viso, il ragazzo sollevò gli occhi bicromatici su di me e io ebbi un piccolo sussulto. Beccata!
Sentii le mie guance arrossarsi ma Lysandre si limitò a sorridermi e ad accennare a Castiel con un’aria un po’ esasperata. Io  gli sorrisi divertita e poi lui ritornò a seguire la lezione.
Sospirai, lasciando uscire tutta la tensione che si era accumulata in me con un solo suo sguardo. E pensare che solo un anno fa non avrei mai detto possibile che i suoi occhi mi facessero un tale effetto…

Lysandre e Castiel erano miei amici dal primo anno di scuola e dovevo loro molto. Era stato solo grazie al loro aiuto se ero riuscita ad emanciparmi da mio padre e a trovare quella serenità mai avuta nella mia vita. Erano due preziosi amici per me, quelli di cui mi fidavo più ciecamente, gli unici con cui riuscivo ad aprire una parte di me tenuta chiusa con un lucchetto agli occhi degli altri.
Era il primo giorno di vacanze natalizie e io e Castiel ci eravamo dati appuntamento da Starbucks per berci una bella cioccolata in santa pace e poter chiacchierare del più e del meno.
La strada era coperta di neve e il fiato della gente si condensava in nuvolette di vapore. Avevo le mani infilate nelle tasche del cappotto, la sciarpa attorcigliata attorno al collo che mi copriva la bocca solleticandomi il naso.
Osservavo le vetrine dei negozi lasciando scorrere il mio sguardo di ghiaccio su Babbo Natale sorridenti, luci e lucine variopinte e alberi di Natale abbelliti con palle colorate.
Non avevo molti bei ricordi del Natale…
Non avevo mai avuto regali…
Non avevo mai creduto a Babbo Natale…
Era sempre stato un giorno come un altro, in cui venivo riempita di botte da mio padre e sentivo piangere mia madre da dentro la porta del bagno.
Arrivai davanti alla mia meta e con mia sorpresa vidi che assieme a Castiel c’era anche Lysandre. Mi soffermai su quest’ultimo. Persino il suo cappotto invernale richiamava lo stile vittoriano…assurdo!
Mi portai una mano alle labbra per nascondere una risatina e li richiamai: «Castiel! Lysandr…argh!»
Un secondo prima ero in piedi e camminavo a passo spedito verso i due ed un secondo dopo mi ritrovai a scivolare su una lastra di ghiaccio. Ero convinta che mi sarei sfracellata al suolo quando sentii un paio di braccia agguantarmi appena in tempo.
All’inizio vidi solo buio, poi mi resi conto che avevo serrato gli occhi per paura dell’impatto. Gli aprii e…
TU-TUM!
Il viso di Lysandre era a pochi centimetri di distanza dal mio e i suoi occhi bicromatici mi fissavano. Sentii uno strano calore diffondersi sul viso, sulle guance, sulle orecchie, sul collo…era come se fosse improvvisamente arrivata l’estate.
Ero arrossita?!
«Stai bene?» mi chiese Lysandre gentilmente.
Rimasi a guardarlo con la bocca spalancata per un po’, poi mi ripresi, mi allontanai da lui con uno scatto sistemandomi freneticamente il cappotto rosso e vaporoso, sperando di riprendere al più presto un colorito normale.
Sentivo di sottofondo le risate di Castiel e i suoi commenti sull’accaduto.
«Che razza di imbranata!» stava dicendo, ridacchiando.
Se fossi stata in condizioni normali probabilmente gli avrei strappato la lingua di bocca e l’avrei fatto pentire amaramente delle sue parole ma in quel momento riuscivo a sentire solo i battiti impazziti del mio cuore.
«T-ti ringrazio, Lys…Se fosse stato per Castiel sarei di faccia a terra.» riuscii a dire.
«Non c’è di ché.» ribatté lui, galante come al solito.
Riuscii a rivolgerli un sorriso piuttosto stiracchiato e poi mi diressi verso Castiel. Gli passai accanto e il ragazzo ebbe un sobbalzo, forse per paura che gli tirassi un calcio negli stinchi come vendetta.
Ma io mi limitai a lanciargli un’occhiata: «Dobbiamo parlare.»


Quel ricordo viveva in me più vivido di qualunque altro. Era stata la prima volta in cui avevo sentito il mio cuore accelerare i battiti e il mio viso incendiarsi, sconvolto dai sentimenti.
Scossi il capo, facendo ondeggiare i capelli e riportando la mia attenzione sulla lavagna.


POV Sky

Driiin! Driiin!
La campana suonò, annunciando l’inizio della ricreazione. Due ore col professor Faraize non erano neanche lontanamente pesanti quanto una singola ora di chimica. Inoltre, la mia compagna di banco era Kim il ché rendeva le cose molto più piacevoli.
Karen ed Emily si avvicinarono. La prima aveva una smorfia ringhiosa stampata in viso ed era facile intuire il perché. I capelli neri erano puntellati da palline di carta bianche, impigliate tra una ciocca e l’altra.
«Belli i capelli. Un nuovo look, tavola da surf?» fece Castiel sogghignando mentre si alzava dalla sedia e si dirigeva verso l’uscita della classe con Karole e Lysandre.
Il sopracciglio di Karen ebbe un pericoloso scatto, infatti la ragazza si voltò e ruggì, schiumante di rabbia: «Di chi credi che sia la colpa, eh?!»
«Ma quanti anni hai, Castiel?» sbuffò Emily, le mani sui fianchi.
«Gli stessi tuoi, cara, e se non ci credi posso anche farti vedere il mio certificato di nascita.» disse Castiel ammiccante, per poi superarci.
Mi stava davvero antipatico Castiel! Non sopportavo che prendesse continuamente in giro Karen né quei suoi modi di fare da ragazzaccio anche se Kim mi aveva spiegato che secondo lei quello era il classico comportamento di un maschio della specie ‘Castiel’ quando era interessato a una ragazza, quindi secondo lei a Castiel piaceva Karen…
Chissà qual era il comportamento di un ragazzo della specie ‘Dajan’ quand’era interessato a una ragazza…mi sarebbe tanto piaciuto saperlo…
Mi alzai, raggirai il banco e mi avvicinai a Karen, spazzolandole via le palline di carta dai capelli.
«Sky, ma quanto sei adorabile!» cinguettò Karen dopo che le ebbi finito di pulire i capelli, stringendomi a sé e spupazzandomi tutta come se fossi un peluche.
«Si può sapere perché devi fare sempre così?» domandò Kim divertita, massaggiandosi la fronte.
«Che dite, andiamo in cortile? Finora non ha ancora piovuto, approfittiamone!» disse Emily con energia ma fu bloccata da una voce squillante: «Che nessuno si muova!»
Ci voltammo tutte e quattro e sgranammo contemporaneamente gli occhi. Peggy aveva chiuso di scatto la porta, rischiando di schiacciare il naso di Castiel, e poi, con un balzo, era salita sulla cattedra e ci osservava tutti dall’alto.
«E’ impazzita?» mi scappò detto.
«No, che non sono impazzita, nanetta!» sbottò Peggy, puntandomi contro il microfono del suo dittafono.
«Peggy, scendi immediatamente!» esclamò Nathaniel avvicinandosi alla cattedra con aria autoritaria. «Potresti farti male o danneggiarla!»
«Zitto, delegato, quello che devo dirvi vale molto di più della cattedra e della mia stessa vita!» esclamò Peggy con aria teatrale, portandosi una mano al petto con enfasi.
«Concordo con Sky, hai qualche rotella fuori posto.» disse Castiel, guardandola male.
Peggy parve decidere che la cosa migliore da fare fosse ignorare i nostri commenti perché non degnò Castiel nemmeno di un’occhiata. Io, d’altra parte, non riuscivo a capire che diavolo avesse in mente. Aveva trovato qualche nuovo scoop?
La ragazza tossicchiò: «Ho un annuncio molto importante da fare.»
«Sbrigati a parlare, allora.» intervenne Ambra seccata, dando uno scossone ai lunghi capelli ricci e biondi. Ecco, mi sembrava strano che non avesse ancora parlato…
«Bene!» Peggy sembrava fremere di eccitazione. E devo ammettere che riuscii a trasmettere la sua foga anche a me: morivo dalla voglia di sapere cos’avesse da dire di così importante. Tutta la classe trattenne il fiato e poi… «Sarete felici di sapere che al Dolce Amoris si terrà un ballo scolastico!»
«Che?!» esplodemmo tutti all’unisono.
Un ballo?!
Non riuscivo a crederci ma dalla sua espressione fiera non poteva proprio essere uno scherzo. Persino Ambra, Charlotte e Lì sembravano sconvolte dalla cosa.
Rosalya prese parola per prima: «Sicura di quello che dici?»
«Ovvio. Io non do mai notizie senza esserne sicura al centouno percento! Potete leggere anche l’edizione di oggi sul giornalino scolastico, lì è scritto tutto, nero su bianco.» disse Peggy allegramente.
«Questo non lo sapevo nemmeno io…» disse Nathaniel stupito. Effettivamente era strano che la Preside non ne avesse parlato al delegato degli studenti ma forse preferiva che la cosa rimanesse segreta…anche se con Peggy in circolazione era impossibile che le notizie non venissero scoperte prima del tempo.
«A quanto pare i professori preferivano farci una sorpresa.» disse Peggy, scrollando le spalle. «Ma dopotutto non cambia niente se ve l’ho detto un po’ prima, lo avremmo saputo in ogni caso.»
Quindi era vero? Ci sarebbe davvero stato un ballo al Dolce Amoris?
I miei pensieri ricaddero su Dajan. Forse avrei potuto ballare con lui…!


POV Emily

Non riuscivo ancora a credere alle parole pronunciate da Peggy. A scuola erano stati organizzati un sacco di eventi improbabili come la corsa di orientamento, la recita e persino il concerto realizzato da noi studenti eppure mai avrei pensato ad un ballo. Inoltre, la Preside non si era mai dimostrata molto contenta di sborsare soldi però forse si era resa conto che anche noi alunni ci impegnavamo tanto per la scuola.
«E dove dovrebbero organizzarlo questo ballo?» chiese Castiel, le braccia incrociate. «Perché non mi venire a dire che lo faranno in qualche aula, sarebbe una cavolata troppo grossa…»
«Io non dico cavolate!» ribatté Peggy con rabbia.
«A no? Eppure quello che scrivesti una volta su me e Ambra era una cavolata…» commentò Castiel facendo arrossire Ambra e indispettire Peggy.
«Quei tempi son finiti, ora racconto solo le verità.» proclamò Peggy con forza. In effetti ero venuta a sapere da Meylyn che lei e Rosalya avevano trovato Peggy in lacrime nel sottoscala, pentita di tutte le sue malefatte, soltanto un mese prima. Ed effettivamente, da allora, la ragazza non aveva più scritto cose false e cattive sugli altri. Era un piacere vedere che si fosse migliorata anche se c’erano ancora persone che non la sopportavano molto –Karen in primis.
«La festa si terrà nella palestra.» proseguì Peggy. «E ci saranno bevande, spuntini di vario genere…ma per le decorazioni e la musica non so ancora niente.»
La voce di Nathaniel intervenne a spezzare la situazione di quasi-silenzio che si era creata –quasi perché c’erano i rumori della console di Armin di sottofondo: «Sì, ora potresti scendere dal banco, per favore
«E va bene, va bene.» sbuffò Peggy scendendo con un balzo dalla cattedra –per un attimo temetti che si sfracellasse al suolo ma lei ricadde a terra, piegando le ginocchia. Dopodiché ci fissò tutti con i suoi occhi blu: «Allora, cosa ne pensate delle mie news?»
Ci furono alcuni attimi di silenzio poi la voce di Alexy esplose: «Fantastico!»
Voltai lo sguardo verso il ragazzo dai capelli celesti, gli occhi sgranati per la sorpresa. Poi effettivamente mi resi conto che un tipo eccentrico come lui non poteva che essere entusiasta di un’idea eccentrica come quella di un ballo.
«Questo è lo spirito giusto, Alexy!» trillò Peggy, sollevando il pugno. Alexy la imitò continuando a saltellare, tutto contento.
«Che gran mucchio di cavolate.» sbottò invece Castiel. «Ora immagino che possiamo anche uscire dalla classe.» disse irritato all’indirizzo di Peggy, dopodiché borbottò un ‘andiamo’ a Lysandre e Karole e tutti e tre uscirono dall’aula.
Non sapevo neanche io che caspita passasse per la mente del rosso –tinto, aggiungerei- quel ragazzo era davvero troppo rude e rozzo per piacermi in quel senso ma come persona dovevo ammettere che mi incuriosiva molto, forse perché non riuscivo mai a capire cosa gli passasse per la testa. Mi voltai verso le mie amiche. Kim e Sky stavano borbottando sul ballo tra di loro. Sky sembrava anche parecchio nervosa e Kim le dava delle pacche sul capo per rassicurarla.
Il mio sguardo, però, si soffermò su Karen che stava osservando il punto in cui erano svaniti Castiel, Lysandre e Karole con una strana espressione. E il piccolo tarlo del dubbio si insinuò in me. Karen non ci aveva mai parlato delle sue situazioni sentimentali, né io l’avevo fatto. L’unica che era stata abbastanza coraggiosa da dire ad alta voce chi le piacesse era stata Sky –cavolo, quella ragazza era la più mingherlina di tutte noi eppure era davvero forte!
Forse era il caso che parlassi con Karen? Aveva un’aria davvero tormentata…
Ma in quel momento sembrava impossibile avere una conversazione tranquilla visto che tutti avevano creato una specie di grande cerchio e parlottavano tra di loro. Glu unici che non si erano uniti alle chiacchiere erano Ambra, Lì, Charlotte e Victor che uscirono dalla classe –le prime tre chiacchierando eccitate, l’altro in rigoroso silenzio. Chi capiva Victor era bravo…
«Sarà mitico, ne sono certo! Sicuramente ci sarà un DJ professionista e magari qualche super alcolico!» stava dicendo Alexy, tutto esaltato.
«Ehm…no, non credo.» disse Melody educatamente, grattandosi la guancia con l’indice, incerta.
«Credo che sarebbe meglio aspettare che i professori ci diano ulteriori informazioni.» disse Nathaniel, la mano poggiata su un banco.  
«Non ti fidi delle mie notizie, Nathaniel?» disse piccata Peggy, subito pronta a difendere il suo lavoro da giornalista. Mi scappò una risatina a vedere la sua espressione indispettita.
«Non sto dicendo questo, Peggy.» disse lui pazientemente. «Ma come hai detto anche tu, non sappiamo ancora diverse cose, come ad esempio la questione delle decorazioni e della musica…»
Nathaniel non aveva tutti i torti, quindi presi parola: «In effetti è vero, sarebbe meglio aspettare che i professori ci facciano sapere meglio.»
Rosalya mi strizzò l’occhio: «Sarà, ma io non vedo l’ora di poter cucire un bel po’ di vestiti per l’occasione!»
Le risposi con un gran sorriso ma Karen le lanciò una smorfia di disapprovazione e anche Kim non sembrava entusiasta. Sapevo bene che loro due preferivano gli abiti comodi e sportivi a quelli troppo eleganti e tutti fronzoli.
«No, grazie, dopo quanto ci hai fatto pagare gli abiti della recita non ci tengo proprio.» ribatté Peggy.
Rosalya si scaldò immediatamente: «Cosa vorresti dire? Quelle erano opere d’arte, era logico che il prezzo fosse elevato!»
«Preferirei comunque venire al ballo con delle pezze addosso piuttosto che pagare cifre del genere…» ammise Peggy, imbronciata.
«Che orrore!» sfuggì a Rosalya, arricciando il nasino un po’ all’insù. Era evidente che l’idea di un abito di pezze la facesse rabbrividire.
I miei pensieri corsero a Jade, il bel ragazzo delle serre, e desiderai più intensamente che mai di essere stupenda la sera del ballo…


POV Victor

Un ballo, eh?
La cosa non mi aveva né esaltato né terrorizzato come gli altri, era soltanto una piccola novità da aggiungere alla continua routine quotidiana. Tuttavia, sarebbe stata un’ottima occasione per scattare qualche bella foto alla palestra decorata e alle ragazze e ai ragazzi vestiti per l’occasione. Mi sembrava quasi di sentire la mia fedelissima Nikon fremere per l’emozione e il desiderio di scattare quell’evento. Amavo fare foto proprio per questo. La fotografia non era semplicemente il gesto di alzare la macchina e premere un tasto, no, c’era molto di più: in una foto potevi racchiudere le emozioni che un paesaggio sapeva darti, potevi imprimere un ricordo in un’immagine, una persona cara per poterla avere sempre con te…
Era un qualcosa di magico.
Mentre camminavo per i corridoi, le mani in tasca, mi resi conto delle varie occhiate che mi lanciava la gente. Nonostante fossi uno che preferiva passare inosservato, puntualmente ritrovavo qualcuno che mi metteva gli occhi addosso. Alcune ragazze mi fissarono intimorite mentre delle altre presero a ridacchiare e a bisbigliare al mio passaggio. Mi limitai a lanciare loro un sguardo apatico ma non potei non sgranare un po’ gli occhi alla vista di una chioma violetta che usciva da un’aula.
Violet, piccola e graziosa, si dirigeva verso di me, lo sguardo rivolto a terra perso nei suoi pensieri.
«Violet!» mi uscì spontaneo chiamarla.
«Oh?» Violet sollevò gli occhioni nella mia direzione e parve vagamente sorpresa. «Ciao, Victor.»
«Che fai?» chiesi io, stupito di vederla fuori dall’aula. Solitamente era raro trovarla per i corridoi. O era in classe o la trovavi in qualche angolo delle serre.
«Ho dimenticato la merenda e sto andando al distributore a comparare qualcosa.» mi spiegò lei con la sua voce delicata e quasi distaccata. «E tu?»
«Pensavo di andare un po’ in cortile.» dissi io.
«Ok, allora io vado.» disse lei, sorridendomi timidamente. Fece qualche passetto per andar via, poi si girò. «D-dopo le lezioni potresti aspettarmi in cortile? Vorrei farti vedere alcuni disegni…»
Io sollevai il pollice e le sorrisi gentilmente: «Certo.»
Lei sorrise di nuovo, con più gioia e poi si allontanò. Istintivamente, sollevai la macchina fotografica e le scattai una foto. Anche se era di spalle era lo stesso molto bella, la sua figura esile e i capelli accesi le davano quasi un tocco fatato. In effetti, la prima volta che l’avevo incontrata era stato in mezzo ai fiori e mi era veramente sembrata una fata…

Passeggiavo per il cortile, la mia Nikon sempre a portata di mano. Era il mio secondo anno di liceo al Dolce Amoris e avevo praticamente fotografato ogni centimetro quadrato di scuola. Tuttavia ero del parere che all’improvviso potevo sempre scorgere qualche soggetto bello da immortalare che mi era sfuggito, proprio come accadde quel giorno.
In un angolino appartato del cortile scorsi una sagoma piccola e quiete che se ne stava per i fatti suoi all’ombra di un albero. Mi avvicinai piano, calpestando l’erba che scricchiolava sotto le scarpe. La figura si rivelò essere una ragazza dai capelli violetti che stava disegnando su un grande quadernone. Aveva i tratti del viso dolci e piacevoli ed era concentratissima sul suo operato.
Era incantevole, in poche parole.
Sapevo che ne sarebbe uscita una splendida foto: una figuretta fatata che disegnava all’ombra di un albero, circondata dai fiori selvatici che crescevano nel cortile.
Click!
Scattai la foto senza indugiare ma la ragazza se ne accorse e sollevò lo sguardo su di me. Sussultò, si strinse nelle spalle e diventò tutta rossa, nascondendosi dietro il quadernone. Mi venne spontaneo sorridere e mi avvicinai.
«Scusami.» dissi soltanto, chinandomi alla sua altezza, piegandomi sulle ginocchia. Lei mi scrutò con gli occhioni viola da dietro i fogli da disegno, battendo le ciglia.
«Non ti mangio mica.» dissi io con voce atona, nascondendo a meraviglia la curiosità che provavo verso di lei. Presi il quadernone nella mano, abbassandolo, e potendo quindi ammirare tutto il suo viso da vicino.
Per la prima volta in vita mia mi venne spontaneo pensare che quella ragazza era davvero carina, non era solo bella da immortalare nell’obiettivo.
Abbassai lo sguardo sul disegno e mi stupii della sua bellezza. Era quasi finito e in quel foglio era stato racchiuso il cortile, affollato di ragazzi. Sembrava una vera e propria fotografia!
«E’ molto bello.» dissi io, osservandolo più da vicino. Era incredibile che un’immagine talmente perfetta della realtà fosse stata creata da quelle piccole mani e non scattata da una macchina fotografica.
«Grazie.» disse lei, timidamente.
«Mi chiamo Victor.» dissi quindi, porgendole la mano. «Tu come ti chiami?»
«Violet!» rispose lei, con un sorriso.
Una fata in tutto e per tutto…portava anche il nome di un fiore…


Cercai di liberarmi freneticamente di quei ricordi che mi avevano fatto girovagare senza meta per il liceo –probabilmente anche con una faccia da idiota stampata addosso- e andai a cercare mia sorella Andrea per sapere com’erano andate le lezioni delle prime ore.


POV Meylyn

«Un ballo…UN BALLO, vi rendete conto?!» stavo farfugliando disperatamente, mangiucchiandomi le unghie, mentre io, Alexy, Armin e Kentin uscivamo dalla classe per dirigerci nei pressi del sottoscala.
«Certo che ce ne rendiamo conto!» esclamò Alexy, tutto entusiasta, saltellando vicino a me. «E chi l’avrebbe mai detto che i prof avrebbero avuto un’idea così geniale!»
«Geniale?» quasi strillai io, afferrando Alexy per il colletto della maglia. «Hai idea di cosa significa?!» gli sputacchiai in faccia, con tanto di tremolio della palpebra inferiore.
Non ero per niente brava a mascherare le mie emozioni, specie se ero così sconvolta. Avrei potuto immaginare di tutto, avrei potuto accettare di tutto –dopo la recita ero certa che non mi sarei fatta intimidire più da niente!- ma poi Peggy mi sparava quella cosa del ballo…
Ero una ragazza che, per quanto turbolenta, non amava i posti troppo rumorosi –ad esempio, al concerto tenutosi a scuola avevo rischiato di sentirmi male se non fosse stato per Kentin che mi aveva portato un po’ fuori a prendere aria- ed inoltre detestavo gli abiti eleganti –o almeno era questo che urlava la mia felpona e i miei jeans consunti.
«Significa che balleremo, canteremo e ci divertiremo!» ululò Alexy che, nonostante la mia presa salda, non si era lasciato intimidire e continuava ad avere un enorme sorriso.
Feci una smorfia e lo lasciai andare, sospirando frustrata.
«Mey, non hai motivo di essere così preoccupata.» mi consolò dolcemente Kentin facendomi ammorbidire un po’.
«Giusto, è soltanto una festa.» disse Armin, più rilassato di quanto immaginassi.
«Credevo che a te non piacessero questo tipo di cose…» feci io, confusa, inarcando le sopracciglia. L’ultima volta, quando avevamo organizzato un picnic di classe non era voluto venire, nonostante Alexy lo avesse tormentato tanto.
«Non mi piace stare all’aperto» disse lui, scivolando a terra e sfilando la console dalla tasca posteriore dei jeans. «ma visto che si terrà in palestra è tutto okay. Non ho mai detto che non mi piace divertirmi, al contrario di qualcun altro.» mi punzecchiò.
«Non è che non so divertirmi.» dissi imbronciata mentre anche io, Alexy e Kentin ci sedevamo a terra, vicino alla porta chiusa a chiave che portava al sottoscala. Ci ero stata diverse volte perché andavo di tanto in tanto a suonare insieme a Castiel e Lysandre visto che avevo una buona dimestichezza con la chitarra. «Solo che non amo l’idea di dovermi vestire come una specie di Barbie, di usare tacchi o robe del genere…» spiegai, rabbrividendo al sol pensiero.
«Ah-ah, tranquilla Mey. Mi occuperò io stesso del tuo guardaroba.» disse Alexy abbracciandomi, sperando di risollevarmi il morale. Peccato che quel suo commento mi fece andare ancora di più nel panico. Purtroppo conoscevo bene i gusti strani di Alexy e Rosalya in fatto di vestiti –soprattutto quest’ultima non faceva altro che propormi abiti troppo corti o con decolté esagerati.
Kentin dovette accorgersi della mia faccia poco rilassata perché ridacchiò e disse, accarezzandomi il capo: «Sono sicuro che sarai molto carina quel giorno.»
Quel commento bastò per far incendiare il mio viso e il mio cuore. Il commento di Kentin mi spingeva quasi a rivalutare l’idea del ballo…magari non sarebbe stato poi così malvagio, magari sarei riuscita a passare più tempo con lui e poi, chissà, a sentire un agognato ‘sei bellissima stasera’.
Mentre nella mia testa stavano avvenendo i peggiori filmini mentali della storia, sentii la voce di Alexy dire: «E secondo te io come sarò?»
Lo aveva detto in modo scherzoso ma avevo capito che il mio amico provava un certo interesse per Kentin. Ma era un qualcosa di praticamente impossibile visto che era abbastanza chiaro che Kentin aveva altri interessi…
«Orribile, come al solito.» scherzò Kentin facendo indispettire Alexy. «Sono curioso di vedere con quale abito stravagante verrai alla festa, da te ci si può aspettare di tutto…»
«Non dirlo neanche per scherzo!» intervenne Armin, staccando per un attimo gli occhi dalla console. «Sicuramente vorrà far indossare anche a me qualche vestito strano di sua invenzione.»
«Che ci sarebbe di male?» sbottò Alexy, cacciando fuori il labbro come un cucciolo offeso. «Sempre meglio che venire al ballo in mutande, visto che tu non hai neanche idea di cosa sia la moda
Ad Armin, il commento, parve scivolare sulla pelle come se niente fosse. In effetti, io e lui in quel senso ci assomigliavamo molto…a nessuno dei due importava dei vestiti.
«Stavo pensando di fare un bel gruppetto di ‘shopping’ per il ballo, che ne pensi, Mey?» disse Alexy. «Sarebbe carino poter scegliere i vestiti tutti insieme, no?»
«A Rosa piacerà di certo l’idea.» dissi io che già mi immaginavo Rosalya tutta pimpante e scatenata all’idea di un mega-gruppo scolastico all’assalto di negozi di vestiti.
Un sogno per lei, un incubo per me in poche parole…
Ricordavo ancora distintamente quella volta in cui avevo avuto la sfortunata idea di accettare l’invito a casa di Rosalya e ricordavo ancora più nitidamente gli aggeggi diabolici che mi aveva infilato tra i capelli –bigodini, pinze, pinzoni e ferrettini- e i vestiti attillati in cui mi aveva schiaffata.
Brr…
«Tu verrai, vero, Meylyn?» chiese subito Alexy.
Stavo per dirgli che no, non sarei andata assolutamente perché io odiavo quel genere di cose ma gli occhioni con cui mi stava fissando mi fecero desistere dal mandarlo a quel paese. Come facevo a dire di no ad Alexy?
«Mh…va bene…» borbottai non troppo convinta.
Alexy esultò, stampandomi un bacio sulla guancia che mi fece sospirare rassegnata. Era proprio vero, non si poteva dire di no ad Alexy…
«E voi?» chiese Alexy a Kentin e Armin.
Il primo cercò di nascondersi dietro di me per sfuggirgli, facendomi ridacchiare. Il secondo invece lo guardò malissimo e poi riprese a giocare.
Alexy sbuffò e disse, incrociando le braccia: «E va bene, ho capito. Ma non venite da me a piangere quando non saprete cosa indossare quel giorno!»




_________________________________
Hi girls! :D
Ebbene sì, ho pubblicato! ** Credetemi, non so nemmeno io come ho fatto perché, come ben sapete, mio padre mi aveva levato il computer e il telefono e sono riuscita per un pelo a inviare a tutte l’avviso in cui vi avvertivo che non sapevo quando avrei pubblicato –grazie all’aiuto di mia cugina che ringrazio tanto. **
Oggi ho riavuto il libero accesso al computer e mi sono messa sotto a scrivere per poter pubblicare il capitolo il rpima possibile *^* Sono soddisfatta di me stessa u.u
Spero davvero che il capitolo vi piaccia! ^^ Nel prossimo compariranno gli altri 6 POV.
Inoltre, come avrete notato, ho messo in due POV i ricordi del loro primo incontro con i loro innamorati e pian piano farò la stessa cosa con tutti gli altri 9 OC ^^
!! Invito tutte le ragazze che non mi hanno ancora inviato l’abito per il loro personaggio di farlo il più presto !!
Inoltre, ho un’altra cosa da segnalarvi.
Se qualcuna di voi ha già in mente la serata del ballo del proprio OC –quindi chessò, il tempo che trascorre col proprio boy/girl ecc…- può mandarmi la descrizione della serata via Messaggio Privato altrimenti mi occuperò io di inventarmi la serata per il vostro OC ;D
Visto che a spiegare le cose faccio schifo, se qualcosa non vi è chiara segnalatemelo nella recensione xD
Ultimissima cosa –giuro xD- è questa:
su Rinmarugames mi sono un po’ lasciata prendere la mano e mi sono divertita a realizzare come potevo i vostri OC xD e mi piacerebbe condividerli con voi (chiedo venia è solo una cavolata che mi è uscita così mentre stavo giocando xD)
- Alina: http://postimg.org/image/6c2g5ve55/
- Dominique: http://postimg.org/image/vw2zi9imj/
-Emily: http://postimg.org/image/57h7ven0r/
-Greta: http://postimg.org/image/hj66tn22h/
-Karen: http://postimg.org/image/k3triaivp/
-Karole: http://postimg.org/image/mya3765xb/
-Meylyn: http://postimg.org/image/t7lywywlv/ (con tanto di Cherry e Coco sulle spalle xD)
-Sheila: http://postimg.org/image/64t1xyo9l/
-Sky: http://postimg.org/image/osqnnc9vz/
-Victor: http://postimg.org/image/nxqwkxpi1/ (con la sua inseparabile macchina fotografica :’D)
-Xavier: http://postimg.org/image/96rjew7zr/
Eh eh…già xD Mi sono divertita tantissimo a farli **
Grazie ancora a tutte per le recensioni (vi amo troppo, non avete idea di quanto mi rendete felice, mi strappate sempre un sorriso :D **) e grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
Detto questo, vi saluto!! :D
Al prossimo capitolo, dear <3

Lovely

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Memories and fever of love ***



Memories and fever of love


 
POV Alina
 

Approfittai dell’intervallo per dirigermi verso il bagno delle ragazze, dopodiché mi sarei incontrata con Iris nel cortile. Nella mia classe non avevo molte amiche, semplicemente cercavo di andare d’accordo un po’ con tutte senza legarmi particolarmente a nessuna. Non riuscivo davvero a sentirmi a mio agio con le altre ragazze. Avevo di mio un carattere abbastanza chiuso e nessuna di loro aveva mai tentato di vedere oltre l’Alina timida e introversa –a differenza di Iris.
Entrai nel bagno e sentii delle voci provenire dall’ultimo cubicolo. Vidi la chioma ricciuta di Ambra fuoriuscire dalla porta aperta. Mi infilai, quindi, nel primo cubicolo libero, senza farmi vedere. Non avevo proprio voglia di incontrare quella tizia antipatica di prima mattina. Non avevamo mai avuto grandi conversazioni, giusto qualche battibecco, ma sapevo bene che Ambra era una ragazza che sapeva andarci giù pesante se voleva.
Sentii la sua voce squillante attraversare il bagno: «Ma dico, ve lo sareste mai aspettato? Un ballo al Dolce Amoris. Chissà cosa ne verrà fuori…»
Cosa?!
Mi morsi la lingua per non lasciarmi sfuggire il grido di sorpresa che mi solleticava sulla lingua.
Un ballo al liceo?! Non ne sapevo niente….
«Considerando che questa scuola è a corto di denaro non mi esalterei più di tanto.» disse Charlotte con voce atona.
«E’ vero…» sospirò Lì. «A questo punto sarebbe molto meglio andare in discoteca e non una cavolata del genere.»
«Però ci pensate…vedremo una sfilata di rospe infilate in stracci da plebaglia.» la risata di Ambra riecheggiò forte nel bagno seguita da quelle delle altre due. Mi trattenni dall’uscire e riempirle di ceffoni.
«E poi magari questa sarà l’occasione buona per far vedere a Castiel quanto valgo
Ero certa che il suo ‘valore’ non stesse molto nella sua personalità ma piuttosto nelle sue ‘doti’ o almeno era questo che lasciava intuire il tono della sua voce.
Le sentii uscire dal bagno, ridacchiando. Mi sfuggii uno squittio disgustato. L’unica cosa utile che avevo sentito era la notizia del ballo…ma dato che era uscita dalla bocca di Ambra diffidavo parecchio, e se era qualche altra sua cavolata? Avrei chiesto meglio ad Iris.
Uscii dal mio cubicolo, mi lavai le mani e poi aprii la porta del bagno. Non feci neanche in tempo a guardarmi intorno per vedere se il trio delle streghe si era allontanato che una voce mi fece sobbalzare.
«Hey!»
Voltai di scatto la testa verso destra e ritrovai Dake a poca distanza da me, poggiato al muro, le mani infilate dentro le tasche del pantalone.
«Eh?» farfugliai, facendo un passetto indietro per allontanarmi un po’. «C-che vuoi?»
«Ma come…io ti seguo e aspetto qui fuori tutto questo tempo solo per parlare con te e tu mi accogli con un ‘che vuoi’? Non va bene, sai?» fece lui, in tono giocoso.
Si staccò dal muro e mi fronteggiò. Era spaventosamente più alto di me e mi fissava con quei suoi occhi verdi lampeggianti –mi sentivo quasi un topolino in trappola.
«Perché mi stavi cercando?» chiesi io.
Conoscevo abbastanza bene Dake da sapere che non faceva mai niente per niente.
«Be, volevo chiacchierare un po’, no? E’ da parecchio che non parliamo.» disse lui, dispiaciuto. «Eppure mi era sembrato che durante il tuo soggiorno in Australia andassimo abbastanza d’accordo…»
«Sogni!» fu la mia rapida risposta mentre mi stringevo nelle spalle. Era vero che avevamo fatto diverse passeggiate insieme ma non eravamo mica amici!
«I tuoi occhi mentono.» mi fece notare lui e io, prontamente, scostai lo sguardo dal suo viso, facendolo ridere. «Sai, io ti ho trovato carina sin da subito.»
«Non dire fesserie!» ribattei subito io, arrossendo e voltandomi imbarazzata. «Vai a importunare qualcun altro, Dake!» sibilai, per poi allontanarmi da lui a passo di marcia, sentendolo ridacchiare alle mie spalle.
Mi piaceva molto Dake. Era sicuramente un bel ragazzo ma mi ero innamorata di lui durante le mie vacanze in Australia; nonostante la sua fissa per le ragazze mi faceva sempre ridere ed era comunque molto gentile e disponibile con me. La più grande scemenza mai fatta nella mia vita. Non riuscivo a fidarmi completamente di lui. Avevo paura che mi prendesse in giro e che mi usasse solo per il tempo che gli serviva a divertirsi…e la cosa mi avrebbe ferita troppo.
Dopotutto, anche la prima volta che lo avevo conosciuto mi aveva praticamente trattata come una delle tante…
 
Mia madre aveva avuto l’ottima idea di organizzare una vacanza estiva in Australia. Era stato un bel modo per svagarsi un po’, per visitare un paese diverso dalla Francia e diverso dal paesello sgangherato in cui abitavamo. Avevamo prenotato delle camere in un hotel che dava proprio sulla spiaggia –solo a ripensare a quanto ci era costato il viaggio mi venivano le vertigini ma ne era valsa la pena. Io e Ren avevamo noleggiato un gommone e lo usavamo sempre per fare piccole escursioni in alto mare facendo comunque attenzione a non allontanarci troppo e a seguire la mappa. Dopotutto si parlava dell’Australia…bisognava sempre fare attenzione a dove si andava visto che c’erano animali di ogni tipo –tutti potenzialmente velenosi.
Il giorno in cui incontrai Dake, Ren si era infilato nella tuta da sub e mi aveva lasciato da sola sul canotto dicendo che sarebbe andato a nuotare un po’ più in là e raccomandandomi di non scendere.
Mentre me ne stavo tutta sola sul gommone a prendere il sole sentii un rumore strano e voltai il capo. Più in là c’era un ragazzo che stava facendo surf. Mi sporsi in avanti per guardarlo. Aveva la pelle abbronzatissima e costellata da tatuaggi e i capelli biondi. Ero così concentrata a guardare le sue acrobazie che…puf! Caddi in acqua con un piccolo tonfo.
Sentii una botta alla testa, dovevo aver sbattuto su qualcosa…forse su qualche parte del gommone.
Riemersi boccheggiando. Fortunatamente sapevo nuotare abbastanza bene e cercai di risalire sul gommone con scarsi risultati.
«Tutto bene?» il ragazzo che poco prima stava facendo surf mi si era avvicinato, seduto sulla tavola.
«Sì.» dissi io, sulle mie. «Tutto apposto.»
«Non sembra.» osservò lui, indicandosi la fronte. «Ti esce un po’ di sangue.»
«Oh?» feci io allarmata, portandomi una mano alla fronte. In effetti le dita si macchiarono di qualche goccia rossa.
«Non sembra grave, tranquilla.» mi rassicurò. Tese le braccia verso di me e cercò di prendermi ma io mi scansai.
«Ce la faccio anche da sola!»
«Che razza di testarda…» sospirò lui ridacchiando,  riuscendo alla fine ad agguantarmi e aiutandomi a salire sul gommone. «Ma sei molto carina e per questo ti perdono.»
«Come scusa?» voltai il capo verso di lui, ormai al sicuro sul gommone.
Ma ogni qualsiasi altro tipo di protesta venne smorzata da un suo tocco gentile. Mi aveva sistemato una ciocca di capelli castani dietro l’orecchio e si era fatto più vicino.
Lo stupore iniziale si trasformò in imbarazzo più totale e in preda ad un momento di terrore, agguantai uno dei remi e cercai di tirarglielo in testa. Lui lo scansò prontamente e si allontanò ridendo divertito.
«C-come ti permetti?!» gracchiai.
Ma il ragazzo si stava già allontanando, cavalcando la sua tavola da surf e dicendo: «Mi raccomando, disinfetta la ferita. Ciao ciao!»
 
Dopo averlo conosciuto meglio avevo quasi sperato di piacergli ma poi mi ero resa conto che usava questi trucchetti con tutte. Mi asciugai frettolosamente gli occhi lucidi con le mani e mi diressi rapidamente verso il cortile, sperando che Iris potesse aiutarmi a distrarmi.
 

POV Karen
 
Riuscii con una scusa a scappare dalla classe che si stava facendo improvvisamente troppo opprimente. Stavano tutti parlando del ballo e uno strano senso di malinconia mi aveva preso quando mi ero resa conto di aver associato subito la parola ‘ballo’ con Castiel. Non riuscivo davvero a crederci! Veramente avevo desiderato ballare con quel troll idiota?
Attraversai il corridoio freneticamente, senza distinguere le figure che mi passavano accanto e trovai finalmente riparo sulle scale che portavano al primo piano dove si trovava l’aula di scienze. Mi sedetti, rannicchiandomi. Fortunatamente di lì non passava mai nessuno. Volevo stare un po’ tranquilla.
Il ghigno irriverente di Castiel mi trapanava la testa, insistente, ed arrivai a scuotere il capo come una specie di cane sperando di scacciarlo –tutto inutile.
Ero certa che non gli sarei mai potuta piacere e la cosa mi faceva stare ancora più male. L’idea di dichiararmi non mi sfiorava neanche la mente perché, effettivamente, a me la situazione che si era creata tra di noi piaceva molto. Ci punzecchiavamo, scherzavamo, anche se a volte alcuni suoi comportamenti mi davano sui nervi ero comunque contenta che avessimo un certo rapporto che ci permetteva di parlarci. Fortunatamente, il mio orgoglio e la mia abilità nel mostrare una faccia più forte di quanto fossi mi aiutavano a proteggermi. Ma con Castiel era davvero difficile mascherare i miei sentimenti perché erano troppo forti…
«Dannato Pomodoro…» sibilai tra me e me.
Mi infilai una mano tra i capelli scuri, pettinandoli e ne sfilai una pallina di carta che forse Sky non era riuscita a togliermi. Mi morsi il labbro e la sollevai davanti agli occhi, stringendola tra pollice e indice. Per un folle istante desiderai quasi infilarla nella tasca e tenerla con me -era pur sempre qualcosa di Castiel- ma poi mi resi conto del mio pensiero melenso e arricciai il naso disgustata.
«Karen.»
Una voce mi fece abbassare le dita con la pallina stretta tra di esse e mi ritrovai davanti Emily che mi fissava con gli occhioni verdi, le mani intrecciate dietro la schiena.
«Hey.» dissi io, gettando via la pallina con un gesto seccato.
Emily accennò al posto accanto a me: «Posso?»
«Certo.»
La mia amica prese posto accanto a me e domandò: «Come mai tutta sola? Ti ho vista sparire all’improvviso…»
«Avevo bisogno di…pensare
«Mh.» Emily parve riflettere un po’. Mi chiesi cosa le passasse per la mente. Solitamente era sempre diretta se aveva bisogno di parlare mentre in quel momento pareva in difficoltà.
«Vedi…» esordì. «Ho notato una cosa oggi.»
La guardai confusa e lei in risposta mi sorrise.
«Uhm…nel tuo sguardo, mentre guardavi Castiel.»
EH?!
Sentire il nome di Castiel pronunciato dalle labbra della mia amica mi fece sobbalzare il cuore. Possibile che Emily avesse capito che mi piaceva? Come mi sarei dovuta comportare allora?
«M-ma no, Ems…cosa…?» farfugliai, arrossendo.
«E’ tutto apposto.» mi interruppe lei, sollevando una mano. «Non devi vergognarti perché…» Emily trattene un attimo il respiro, poi disse tutto d’un fiato: «Anche a me piace un ragazzo
Battei le palpebre sorpresa.
Davvero anche Ems aveva una persona speciale? In qualche modo la cosa mi fece sentire quasi sollevata.
«E chi è?» domandai subito, curiosa.
«Eh-eh.» Emily fece svettare l’indice in aria con l'espressione impettita. «Te lo dico solo se tu ammetti che ti piace Castiel!»
A quelle parole la guardai storto e mi imbronciai, ribattendo: «Che sadica che sei!»
Lei in risposta ridacchiò. Ma sì, infondo mi avrebbe fatto bene condividere questo macigno con qualcuno e poi ero davvero curiosa di scoprire chi fosse il ragazzo che piaceva ad Emily! Dopotutto ci voleva l’approvazione di Mamma Karen! Nonostante non fossi una tipa da troppe smancerie, mi preoccupavo sempre molto per le mie amiche.
«E va bene…» sospirai. «Mi piace l’idiota rosso tinto, così va bene?»
Emily si portò una mano alle labbra per nascondere la risata: «Me lo farò bastare. Okay, allora…» anche lei si prese alcuni secondi per prepararsi. Infondo non era facile ammettere i propri sentimenti ad alta voce. «Mi piace Jade!»
La guardai vacua. Poi ricordai. Jade era quel ragazzo che si occupava del club di giardinaggio, di un anno più grande. Lo avevo visto alcune volte quando io e Violet passeggiavamo per le serre.
«Lui?!» mi stupii, facendola arrossire. Be, a prima vista sembrava un bravo ragazzo, aveva un’espressione dolce e gentile. Approvato! «Sembra carino.» dissi solo.
«Lo è!» cinguettò lei, con fermezza. «E’ fantastico! E’ molto gentile, nonostante io non riesca neanche a spiccicare parola davanti a lui! Sai, è da un bel po’ che mi piace ma mi vergognavo a dirlo e…» improvvisamente si tappò la bocca. Sì, Emily diventava parecchio logorroica alcune volte. «Parlavamo di te e Castiel!» disse.
«Mh…dicevi di Jade?» dissi, innocente, sperando di potermela cavare in quel modo.
«Non provare a fregarmi.» disse lei divertita, incrociando le braccia. «E’ da parecchio anche a te?»
«Sì.» ammisi. «Ma non credo di avere molte speranze…»
«Io penso di sì, invece.» Emily fece uno strano sorriso. «Ti aiuterò io.» mi strizzò l’occhio e io la guardai con la bocca aperta.
«Ma…» cercai di farle cambiare idea. «Ti ho detto che non ce n’è motivo, davvero…non fare la testarda!»
«Sei tu la testarda!» ribatté Emily, facendomi la linguaccia. «Stai sempre a occuparti degli altri, lasciati aiutare per una volta.»
Esitai. Il mio orgoglio mi impediva di accettare un aiuto in una situazione del genere –a parte poi per l’imbarazzo generale all’idea di discutere su strategie per farsi notare da Castiel. Però mi fidavo delle mie amiche ed Emily mi stava porgendo una mano –e si era aperta anche con me, cosa non da poco.
«E va bene.» sospirai infine facendola gioire e alzare i pugni in aria. «Ma anch’io ti darò una mano con Jade!» stabilii subito, alzandomi di scatto con aria decisa. Ovviamente non me ne sarei stata con le mani in mano!
«Bene!» anche Emily si alzò.
Le due Cupido erano pronte all’azione!
 

POV Sheila
 
«E’ proprio così ti dico!» mi stava dicendo Andrea, una mia compagna di classe, sventolandomi il giornalino scolastico davanti agli occhi. «Ci sarà un ballo al Dolce Amoris! Lo faranno in palestra. E’ tutto scritto qui.»
«Immagino che l’autrice sia Peggy.» dissi io, conoscendo bene le capacità investigative della giornalista.
«Esattamente.» annuì Andrea. «Mi chiedo se mio fratello Victor ne sia già al corrente…»
Mi limitai a svoltare l’angolo, lo sguardo attaccato allo schermo del cellulare.
Un ballo…che idea stramba che avevano avuto i prof…
Probabilmente era l’ultima cosa che si aspettavano gli studenti ma in effetti il ballo studentesco era un classico in molti film americani –forse la Preside voleva modernizzare un po’ la scuola.
Mentre Andrea, accanto a me, faceva un sacco di supposizioni su come sarebbe potuto essere il ballo –gettando a caso similitudini con alcuni dating-game a cui aveva giocato- vidi Ambra con le sue fedelissime cagnoline, Charlotte e Lì, che attraversavano il corridoio. La bionda mi lanciò un’occhiata spaventata e mi superò di fretta e io non potei trattenermi dal sogghignare. Dopo quella volta che l’avevo presa a capelli, Ambra non mi si avvicinava più –anzi, mi evitava come la peste.
Vedere la sua faccia intimorita era una goduria assurda.
«Ahah! Hai visto che faccia ha fatto Ambra quando ti ha visto?» ridacchiò Andrea divertita.
Io annuii soddisfatta e stavo per dire qualcosa quando, improvvisamente, Andrea stese un braccio davanti a me, facendomi arrestare di colpo.
«Ahio!» proruppi io.
Lei si portò l’indice alle labbra e mi intimò di fare silenzio: «Ssst!»
«Uh?» feci io confusa guardandola mentre si sporgeva con aria circospetta oltre l’angolo del corridoio.
«Che diavolo fai?» sbottai io, inarcando le sopracciglia e guardandola come se fosse impazzita –il ché effettivamente era vero! Quale persona normale si comportava in quel modo?
«Non trovi che sia perfetto?» farfugliò Andrea, gli occhi persi verso qualcosa.
Desistetti dal prenderla a ceffoni per farla ritornare in sé solamente perché morivo dalla curiosità di capire di cosa stesse parlando. Mi sporsi un po’ anch’io ed ebbi un piccolo sussulto –o meglio, fu il mio cuore a sobbalzare.
Eravamo nei pressi del sottoscala e Armin, Kentin, Alexy e Meylyn erano seduti a terra a fare merenda. Il mio sguardo si concentrò magneticamente sul primo che, con mezzo panino ficcato in bocca, stava premendo freneticamente i tasti della PSP.
«Victor mi ha detto che ha completato facilmente tutti i livelli di qualsiasi videogioco.» mi bisbigliò Andrea. «Ed inoltre è anche un ragazzo carino! Armin è a dir poco fantastico!»
A quella parole scattai. Mi rimisi dritta e mi voltai verso di lei, nervosa.
«Stai dicendo che ti piacerebbe metterti con lui?» chiesi, agitata.
Andavo molto d’accordo con Andrea. Avevamo parecchi interessi in comune, a partire dai videogiochi. Era una delle poche che mi piaceva davvero della mia classe. Ma se a lei piaceva Armin…come mi sarei dovuta comportare?
«Mettermi con lui?» ripeté lei, sgranando gli occhi. Ci rifletté un po’ su. «Non penso. E’ un po’ come un idolo per me, capisci?»
Le restituii uno sguardo perplesso: «Mh…no.»
«E’ come se lui fosse una statua.» spiegò Andrea, gesticolando. «Bellissima da ammirare ma di cui non voglio privare gli altri.»
La fissai per un po’ senza dire nulla. Era un po’ il sentimento che si provava per cantanti o attori…si adoravano, invidiavano, ammiravano senza volersene ovviamente appropriare. Ora capivo meglio i sentimenti di Andrea.
«Tu e tuo fratello parlate sempre e solo di arte.» osservai, divertita.
Nonostante Victor non rientrasse nelle mie simpatie, mi piaceva osservare il luccichio nei suoi occhi quando scattava una foto. Era un po’ lo stesso che aveva Armin quando giocava o Alexy quando parlava di vestiti.
«Mh…sì, sarà una predisposizione genetica.» disse Andrea con leggerezza.
Quindi Andrea considerava Armin una sorta di idolo.
E io? Io lo ammiravo e basta? Sapevo già la risposta. No.  
No, perché io –in un importante spazietto del mio cuore- nutrivo la speranza di poter diventare la sua ragazza un giorno, di venir notata da lui non più solo come un’amica.
Eppure, la prima volta che lo avevo conosciuto stavo per prenderlo a calci negli stinchi…
 
Era appena uscito l’ultimo videogioco di Assassin’s Creed. Lo volevo. Doveva essere mio. Mi ero recata il prima possibile nel mio negozio di videogame di fiducia: ormai il commesso mi riconosceva sempre e mi salutava appena entravo, proponendomi i nuovi giochi appena usciti. Ma io quel giorno sapevo con certezza cosa volevo. Cercai freneticamente tra gli scaffali finché non lo avvistai. Era su uno scaffale a pochi metri da me, sul ripiano più alto, isolato.
Era rimasta una sola copia!
Mi avvicinai a passo spedito e tesi il braccio per prenderlo, sollevandomi sulle punte. Lo avevo già tra le dita quando un’altra mano si intromise, agguantandolo contemporaneamente.
Fulminai lo sconosciuto con uno sguardo. Era un ragazzo, alto, coi capelli scuri e gli occhi di un limpidissimo azzurro.
Era davvero carino ma non mi lasciai incantare. Il videogioco aveva la priorità!
«L’ho visto prima io!» ringhiai.
«Dipende dai punti di vista.» ribatté lui con un sorriso beffardo.
In tutta risposta diedi uno strattone e tirai il videogioco verso di me, rischiando di fargli perdere l’equilibrio.
«Oh!» sbottò lui irritato e tirando il videogioco a sé con più forza.
Andammo avanti così per un bel po’ di tempo finché non cercai di dargli una ginocchiata sotto il mento.
Lui mi schivò e sbottò: «Cavolo!» mollò il videogioco così all’improvviso che io, non aspettandomelo, caddi di sedere a terra.
Lui sghignazzò, guardandomi dall’alto: « E’ stato un piacere lottare con te ma visto che sono un gentiluomo te lo cedo.»
Lo guardai con le sopracciglia sollevate per lo stupore. Probabilmente, se fossi stata io, sarei stata capace di continuare a lottare anche per tutto il giorno pur di averlo. Era stato un gesto carino da parte sua cedermelo.
Il ragazzo si voltò, sollevando la mano in segno di saluto: «Ci vediamo in giro, nana. Goditi il gioco.»
Rimasi lì a terra a guardare la sua schiena che si allontanava, col viso rosso per l’imbarazzo: «Poteva almeno aiutarmi a rialzarmi!»
 
Era stato così che avevo conosciuto Armin. Quando a scuola avevo fatto amicizia con Alexy e poi lo avevo rincontrato non avrei mai potuto immaginare che avrebbe cominciato a piacermi visto che appena lo avevo incontrato mi era sembrato un brutto maleducato ladruncolo di videogiochi altrui.
Sospirai mentre guardavo Meylyn che gli sia avvicinava e gli chiedeva alcune cose sul gioco. Sentii una specie di morsa allo stomaco: gelosia? Probabile.
Mi voltai e feci dietrofront per allontanarmi da lì, seguita da Andrea.
 

POV Xavier
 

Nei giorni che seguirono, a scuola non si fece altro che parlare del ballo che si sarebbe tenuto a breve, prima dell’inizio delle vacanze natalizie. Io avevo scoperto dell’evento leggendolo sul giornalino scolastico che una mia compagna di classe mi aveva gentilmente prestato –bastava un sorriso e le ragazze erano capaci di buttarsi da un burrone per te…che strane creature! Non sembrava essere una cosa di grande portata quindi non mi aspettavo nulla di ché se non una semplice festicciola tra ragazzi. Avevo saputo che Peggy era stata chiamata nell’ufficio della Preside e che era stata rimproverata per aver divulgato senza permesso notizie ‘top secret’ ma comunque non aveva avuto alcuna punizione –infondo divulgare le notizie era pur sempre il suo lavoro.
Il giorno dopo la diffusione della notizia, la Preside annunciò ufficialmente del nuovo evento che si sarebbe tenuto ma senza scatenare alcun tipo di stupore dato che ormai lo sapevano tutti.
Mancavano circa dodici giorni al ballo e sentivo già le ragazze parlottare tutte emozionate tra di loro per discutere su cosa indossare. La lezione del professor Faraize passò più inosservata del solito. Quanto a me, io odiavo storia, quindi me ne stavo con la fronte appoggiata sul banco in dormiveglia. Dominique, seduto accanto a me, stava scribacchiando qualcosa sul suo foglio mentre mio fratello Jordan era intento a chiacchierare e ridacchiare come un ebete con la ragazza che gli piaceva -anch’io mi comportavo così con Iris? Oddio…
«Hem-hem, adesso ragazzi, vorrei sfruttare questi ultimi dieci minuti per parlare dei preparativi per il ballo.» disse Faraize esitante ma appena si sentì la parola ‘ballo’ tutte le teste scattarono su e lo guardarono. Persino io fui costretto a poggiare il mento sulle braccia e guardarlo annoiato per sentire quale altra cosa avessero in mente i prof.
«Come ben sapete, questo liceo non dispone di molti fondi.» esordì Faraize, sollevato del fatto che tutti lo stessero ascoltando. «Per cui abbiamo bisogno del vostro aiuto per allestire la palestra con festoni, cibi…»
«Uff…» sbuffò Mark dietro di me.
Immaginavo cosa lo infastidisse. Probabilmente, con tutta quella storia dell’usare la palestra per il ballo, il club di basket sarebbe stato sospeso.
«Quindi abbiamo bisogno di volontari.» spiegò Faraize interrompendosi subito dopo perché diversi sbuffi e lamenti si levarono dalle bocche di alcune persone. «Ragazzi, vi prego, sarà un motivo per stare insieme e divertirci! Allora? Chi di voi vuole partecipare?»
Mi portai le mani dietro la nuca e cominciai a dondolarmi sulla sedia, osservando il soffitto. Logicamente non avevo alcuna intenzione di partecipare, non era affare mio se la scuola non aveva fondi per organizzare il ballo come si deve, avrebbero dovuto pensarci prima.
Lanciai uno sguardo a Jordan come a chiedergli con lo sguardo ‘tu che farai?’. Ma anche lui non sembrava entusiasta all’idea di aiutare, tant’è vero che nascondeva le mani sotto il banco. Ridacchiai divertito ma la risata mi si strozzò in gola quando vidi Dominique accanto a me che alzava la mano.
«Prof, sono disponibile a dare una mano.»
«Eh?!» gracchiai io senza riuscire a trattenermi, facendo ricadere la sedia in avanti con un tonfo.
«Oh perfetto, Dominique!» esclamò Mr Faraize entusiasta, appuntando il nome del mio amico su un foglio.
«Ma che cavolo ti salta in testa?» sibilai io a Dominique che esibiva un sorriso tranquillo.
«E dai, non è male come idea, no? E poi sicuramente mia sorella si offrirà ad aiutare e voglio tenerla d’occhio.» spiegò lui con franchezza ma potevo capire dai suoi occhi che c’era anche un altro motivo che probabilmente non voleva dirmi.
Ma era abbastanza semplice da indovinare. C’era sicuramente la Pantera di mezzo.
«E poi sicuramente anche Iris vorrà partecipare all’iniziativa, conoscendola.» proseguì lui con un’espressione maliziosa.
Gli rivolsi un’espressione contrariata. Quell’idiota stava cercando di convincermi a partecipare…e ci stava anche riuscendo molto bene. L’immagine di Iris stava già cominciando a fluttuarmi nella testa facendomi perdere la lucidità. Sì, sicuramente avrebbe preso parte visto il suo continuo desiderio di rendersi utile e aiutare gli altri. Conoscevo Iris da parecchio tempo ed eravamo andati subito d’accordo.
 
La prima volta che l’avevo conosciuta era stato in un negozio di musica. Ci ero andato per comprarmi un CD nuovo: quelli che avevo non mi bastavano mai. Mentre camminavo tra gli scaffali in cerca di quello che volevo comprare, vidi un’appariscente chioma arancione legata in una treccia. Apparteneva ad una ragazza piccola di statura –come piacevano a me- e dai luminosi occhi chiari.
Era molto carina e da bravo ragazzo con gli ormoni a mille non riuscii a levargli gli occhi di dosso. Volevo assolutamente trovare un pretesto per conoscerla, così la tenni sotto controllo, presi il CD che stavo cercando e poi mi avvicinai silenziosamente, fingendo di osservare uno scaffale di cuffie e album di musica classica.
Notai che aveva preso una confezione con delle corde per la chitarra e pensai che fosse un buon modo per approcciare.
«Corde per la chitarra?» feci, cercando di apparire vagamente interessato. «Sai suonarla?»
«Abbastanza, sì.» mi disse lei, gentilmente. «Le stavi cercando anche tu?»
«No, no. Non ho mai provato a suonarla, anche se è uno strumento che mi piace molto.» ammisi.
«Mio fratello è bravissimo.» mi spiegò lei, genuinamente. «Sono per lui, io sto imparando da poco.»
«Figo!» commentai io.
Ci fu un breve momento di pausa, poi mi buttai.
«Io sono Xavier.»

«Io mi chiamo Iris.» disse lei sorridendomi un po’ timidamente.
 
Sospirai rassegnato e poi ringhiai: «Questo è un colpo molto molto basso, caro Dom.»
Cercai di prendermi una piccola rivincita abbreviando il suo nome, infatti vidi le sue labbra prendere una piega infastidita.
Dopodiché sollevai appena la mano con una smorfia: «Mi unisco anch’io…»
«Xavier!» si stupì il professor Faraize per poi annotare allegramente anche il mio nome.
Dopo di me si unirono anche Dajan, un gruppetto di ragazze e Mark.
Alla fine, il professor Faraize pareva abbastanza soddisfatto e se ne uscì dalla classe con un gran sorriso in faccia, augurandoci buona giornata.
 
 
POV Dominique
 
«Perché diavolo mi hai costretto a farlo?» mi ringhiò Xavier alla fine delle lezioni mentre ci dirigevamo assieme verso la palestra. Volevamo fare un’ultima partitina di basket prima che il club chiudesse e la palestra venisse ingombrata da tavoli, fiocchi e casse per la musica. Lì ci aspettavano anche Mark e Dajan che si sarebbero uniti a noi. In realtà, quest’ultimo non mi stava particolarmente simpatico ma se avevo l’opportunità di stracciarlo durante una partita non dicevo mai di no.
«Non ti ho costretto a fare un bel niente.» ribattei io sornione. Ed era così. Non gli avevo mica imposto di prendere parte all’iniziativa, aveva fatto tutto da solo –io gli avevo solamente dato una spintarella.
«Sfrutti i miei punti deboli, non si fa così, vecchia volpe.» ribatté lui, ancora imbronciato.
«Eh dai, Frost, non te la prendere.» esclamai io, strizzandogli l’occhio e appellandolo col soprannome con cui lo chiamavo a volte. «Non sarà così pesante come immagini.»
«Mi spieghi perché cavolo ti sei proposto?» domandò Xavier, guardandomi con aria indagatrice.
Esitai. In realtà, se fosse stato per me, neanch’io avrei preso parte a quella cosa ma immaginavo che Kim –sempre scattante e attiva com’era- avrebbe sicuramente preso parte all’iniziativa assieme alle amiche. Quindi mi ero voluto buttare anch’io in quella cosa nella speranza di vederla.
«Così.» dissi alla fine scrollando le spalle ma lui mi guardò con un’espressione scettica. Immaginavo che avesse già capito tutto, Xavier era fin troppo perspicace. «Non pensarci troppo. Ti voglio bello cooperativo e scattante per la partita. Non vedo l’ora di stracciare Dajan…»
«Non capisco cos’hai contro di lui.» osservò Xavier, le sopracciglia sollevate per lo stupore. Sì, dimenticavo sempre che lui e Dajan erano buoni amici…
«Nulla in particolare.» risposi. «Ma sai bene quanto odio perdere…»
Ero sempre stato un tipo permaloso e orgoglioso quindi una sconfitta –in qualsiasi campo- mi irritava particolarmente ed era anche abbastanza difficile che ammettessi di aver perso, era un atteggiamento che avevo avuto sin da piccolo e per il quale le maestre e i miei genitori mi rimproveravano sempre.
Entrammo in palestra. Ampia e spaziosa, con un campo da basket ben delineato e i cestini da canestro rispettivamente uno a destra e uno a sinistra. Dajan e Mark erano già lì, il primo con un pallone sottobraccio. Con mio stupore, però, c’erano anche altre tre figure che chiacchieravano con i due ragazzi.
Man mano che ci avvicinavamo le riconobbi e il mio cuore fece una capriola. Kim, Sky e Violet –ordinate per altezza. Che accidenti ci facevano lì?
«Ehi!» salutammo io e Xavier contemporaneamente. Lanciai un’occhiata a Kim di sfuggita cercando di non farmi vedere. Ogni volta mi stupivo di quanto potesse essere bella e attraente la sua pelle color cioccolato.
«Ragazzi, finalmente!» esclamò Mark allegro.
«Come mai ci siete anche voi?» chiese Xavier verso le tre ragazze.
«Sky ci ha chiesto di accompagnarla a vedere la partita di suo fratello.» spiegò Kim, indicando la ragazza con le codine ramate con un cenno del pollice.
Mark intervenne, divertito: «Era soltanto un amichevole, Sky, non dovevi prenderti il disturbo.»
«Uhm…ma lo sai che a me piace guardarti giocare.» disse lei, lanciando però un’occhiatina a Dajan.
Ovviamente mi sorse un piccolo dubbio. Possibile che la ragazza fosse venuta per vedere Dajan? Le ragazze, dopotutto, avevano una mente così diabolica. Be…io non potevo proprio parlare visto che mi ero offerto di aiutare con le decorazioni solo perché speravo di avere un occasione di vedere più spesso Kim.
Povero ingenuo Mark che credeva di essere sempre al centro dei pensieri della sua innocente sorellina. Io almeno su Helena non avanzavo certe pretese, sapevo benissimo che aveva costantemente la testa occupata da Kentin.
«Oh be, meglio così, no? Avere il pubblico vivacizza il tutto.» commentai io, ammiccando verso le tre ragazze.
«Specie se sono tre fantastiche cheerleader.» mi diede man forte Xavier facendo arrossire timidamente Sky e Violet.
Kim, invece, roteò gli occhi e disse: «Sì, sì, certo. Voglio proprio vedere se sapete muovere quelle gambe bene quanto parlate.»
Una provocazione in piena regola!
«Non hai ancora visto niente, cara Kim.» disse Xavier con un ghigno deciso. 
«Okay, allora, cominciamo?» chiese Dajan con energia.
«Sì!» rispose Xavier carico di energia, sfilandosi la felpa e gettandola sulle panchine, mettendo in mostra i muscoli tonici dovuti al periodo in cui praticava pugilato. 
«Dateci dentro!» esclamò Kim con vigore regalandomi una strizzatina d’occhio che mi infuocò le viscere. Improvvisamente mi sentii in grado di poter fare anche mille canestri di fila.
«Buona fortuna.» disse invece Sky a Dajan che le diede delle pacchette sulla testa dicendo: «Grazie, Sky. Vedrai che vinceremo!»
Questo è tutto da vedere…
Violet si limitò a sorriderci gentilmente e poi le tre presero posto sugli spalti.
Sta a guardare Kim!
 

POV Greta
 
«Greta, sai già cosa indossare per il ballo?» mi domandò Rosalya con aria da investigatrice mentre ci avviavamo verso il cortile, alla fine delle lezioni.
La mia amica era forse una delle più su di giri per tutta quella storia del ballo natalizio e già stava fantasticando su quale vestito avrebbe potuto sfoggiare quel giorno.
«Ehm…a dire il vero no.» dissi io, stringendomi nelle spalle. «Ma dopotutto manca ancora un po’ di tempo, no?»
«Dodici giorni.» puntualizzò Rosalya con sguardo truce. «Non vorrai arrivare a scegliere all’ultimo giorno spero!»
«Ma no, no.» la rassicurai io. «E poi, con te nei paraggi, è difficile arrivare all’ultimo giorno…» borbottai incerta, visto che non faceva altro che schiaffarmi riviste di moda sotto il naso a ogni ora di lezione –escluse quelle della Delanay in cui non volava neanche una mosca.
Rosalya stava per ribattere –figurati se mi lasciava avere l’ultima parola- quando una voce la interruppe.
«Ragazze
Ci voltammo nello stesso istante con cipiglio confuso e vedemmo un colorato e pimpante Alexy avvicinarsi a noi, seguito da una ragazza dai capelli così lunghi che le coprivano tutta la schiena, Meylyn.
«Oh, ciao!» salutai io.
Rosalya strinse Meylyn in un poderoso abbraccio. Io, Rosa e Meylyn formavamo una specie di trio che spesso se ne andava in giro insieme. Praticamente lei e Rosalya erano le sole con cui ero riuscita a legare di più.
Alexy batté le mani per richiamare l’attenzione ed esclamò: «Abbiamo un’offerta molto interessante da proporvi.» e lì piegò gli angoli della bocca all’insù per formare una specie di preoccupante sorriso.
«Sarebbe?» domandò Rosalya mentre Meylyn sospirava rassegnata ed io non potei fare a meno di chiedermi il perché.
«Una mega uscita al centro commerciale!» tuonò Alexy spalancando le braccia.
Io e Rosalya emettemmo due «Eh?!» parecchio diversi. Il mio era stupito, il suo era emozionato. Meylyn lanciò un’occhiata intimidita alla ragazza dai capelli bianchi e fece un passetto verso destra per allontanarsi. Cercai di non ridere, mordendomi il labbro. Sapevo bene che a lei non piacesse affatto andare in giro per negozi e questo spiegava anche il suo precedente sospiro.
«Ma è un’idea fantastica, Alexy!» esplose Rosalya, afferrando le mani del ragazzo con l’aria di una bambina che ha appena vinto un peluche gigante.
«Vero, eh?» disse lui soddisfatto. «Immagino che tu sia dei nostri, Rosa.»
«Assolutamente sì!» cinguettò lei, lasciando le mani del ragazzo e continuando a fremere per l’entusiasmo.
«E tu sei d’accordo con tutta questa storia?» bisbigliai io a Meylyn.
«Mi hanno incastrata.» mi sibilò lei in risposta con aria affranta.
«E tu, Greta?» mi domandò Alexy, spostando i suoi occhi fucsia su di me.
«Mh…okay…» feci io, alzando le spalle. Era pur sempre un modo per cominciare la caccia al vestito per il ballo. «Stavate pensando ad un gruppo molto grande?»
«Più persone possibili. Sarà divertente, vedrete!» esclamò Alexy più infervorato che mai. Mi chiedevo se un negozio ce l’avrebbe fatta a contenere una tale mole di gente…
«Hai sentito, Meylyn?» esclamò Rosalya verso la ragazza. «Potremo scegliere insieme il tuo vestito. Vedrai sarà fantastico, inoltre trovo che il pizzo ti stai davvero bene.»
Vidi chiaramente la faccia di Meylyn sbiancare. A salvarla, però, fu Alexy che indicò un punto più lontano.
«Oh, guardate, laggiù ci sono Nathaniel e Melody! Andiamo a chiedere anche a loro!»
A sentire il nome di Nathaniel, deglutii. Effettivamente i due stavano chiacchierando tranquillamente mentre si dirigevano verso l’edificio scolastico. Probabilmente sarebbero rimasti a  scuola ancora un po’ per riordinare la sala delegati…
Ci avvicinammo –io nascondendomi dietro Alexy e Rosalya.
«Ehilà!» salutò Alexy, sollevando una mano in cenno di saluto.
«Ciao, ragazzi.» salutò Melody gentilmente. «Avete bisogno di qualcosa?»
Assottigliai lo sguardo vedendola. Non mi stava affatto simpatica Melody anche se sapevo già che era la gelosia a parlare; quella ragazza non faceva altro che stare appiccicata a Nathaniel giorno e notte. E se qualcun'altra gli si avvicinava esibiva il suo ringhio minaccioso migliore.
«In effetti sì!» canterellò Alexy.
«Alexy stava pensando di fare un mega gruppo di shopping.» spiegò Rosalya, pratica e diretta come sempre. «Ci state?»
«Uffa, Rosalya, volevo essere io a spiegarlo…» sbuffò Alexy immusonito facendo ridere me, Meylyn, Melody e Nathaniel.
Cercai di non soffermarmi troppo su quest’ultimo altrimenti sapevo che avrei avuto un colpo al cuore e non mi andava proprio di cadere a terra come uno stoccafisso davanti a lui.
«Per me va bene, è un’ottima idea.» annuì Melody. «Non avete nulla in contrario se lo chiedo anche a Karla, vero?»
Karla era una delle scagnozze di Ambra, non tra le più fedeli ma era comunque una sua seguace. Tuttavia non nutrivo particolare risentimento verso di lei. Meylyn invece non sembrava affatto contenta della proposta.
«Come vuoi tu, Melody.» disse infine, molto diplomaticamente, Alexy. Poi spostò lo sguardo sul biondo. «E tu, Nathaniel?»
«Io?» lui parve piuttosto stupito, poi ridacchiò scuotendo il capo. «No, no. Lo shopping non è proprio il mio passatempo preferito.»
«Uff…peccato.» sbuffò Alexy. «Ma allora cosa metterai il giorno del ballo?»
Nathaniel scrollò le spalle.
Come fa ad essere tanto perfetto anche quando alza le spalle?!, gracchiò una voce nella mia testa.
«Mio padre mi faceva indossare un sacco di camice e cravatte quindi mi inventerò qualcosa.» disse infine.
«E’ davvero un peccato.» commentò Rosalya con un’espressione maliziosa. «Ho sempre detto che se fossi stato una ragazza saresti stata una modella perfetta!»
Quell’osservazione fece arrossire Nathaniel che sbottò imbarazzato: «Ma quando la pianterai di dire cavolate?»
E tu quando la pianterai di essere così adorabile?!, avrei voluto strillargli io visto che il mio cuore aveva iniziato a battere più rapidamente quando le sue guance si erano tinte in maniera così deliziosa.
«Allora noi andiamo.» disse Nathaniel. Mi lanciò una breve occhiata che mi fece avvampare e poi salutò: «Ci vediamo.»
Melody ci rivolse un sorriso e poi si allontanarono.
Rosalya fece scrocchiare le nocche, con un’espressione decisa: «Bene, Meylyn, cosa stavamo dicendo del vestito…?» ma quando ebbe voltato lo sguardo, Meylyn non era più accanto a lei ma stava correndo fuori dai cancelli, trascinando disperatamente Alexy per il polso.
«Scappa Alexy, e non ti voltare!» la sentimmo gridare.
«Tanto non puoi sfuggirmi!» le ruggì dietro Rosalya per poi sbuffare seccata, le mani ai fianchi: «Quella ragazza! Io voglio solo che sia più bella che mai e lei mi ripaga così…»
Io la consolai con una risatina: «Dai, Rosa, lo sai com’è Meylyn. E comunque sappiamo tutti che vuoi solo aiutarci.»
Dopodiché ci dirigemmo anche noi verso i cancelli e mi voltai un’ultima volta verso la scuola. Vidi Nathaniel e Melody sulla soglia dell’edificio e con mio enorme stupore anche lui rivolse uno sguardo a me.
I nostri occhi si incrociarono e io mi ritrovai come paralizzata. Non so come riuscii ad alzare una mano e fargli un cenno di saluto, sorridendogli timidamente.
Anche da lontano vidi il sorriso e il cenno che Nathaniel mi restituì.
E improvvisamente quella giornata divenne meravigliosa…
 
 
 

________________________________
Sciau a tutte quante ed ecco a voi il nuovissimo capitolo!
Spero davvero che vi piaccia, non so neanche io come cavolo ho fatto a pubblicare in tempo visto che per circa tre giorni non mi sono riuscita ad avvicinare al computer visto che era arrivata mia cugina! ^^’’ Ma alla fine ce l’ho fatta ** e mi stupisco di me stessa u.u Vi dico solo che non so quando sarà il prossimo aggiornamento perché dovrebbe venire un'altra mia cugina a dormire da me e presto verranno anche i miei zii ma spero comunque di pubblicare a breve **
In questo capitolo come vedete abbiamo un salto temporale poiché dal POV di Xavier sono passati alcuni giorni da quando la notizia del ballo è stata divulgata. Inoltre Alexy comincia a mettere in moto la sua idea del mega-gruppo di shopping –portandosi dietro la povera Mey lol – ed inoltre nel prossimo cappy ritroveremo i nostri cari PG intenti a decorare la palestra per il gran giorno!
Mi sto emozionando pure io insieme a loro. **
Non smetterò mai di ringraziarvi per le recensioni, siete troppo dolci <3 e anche un grande grazie a chi ha aggiunto la storia tra le preferite/ seguite/ ricordate!
A presto e al prossimo capitolo,
 
Lovely

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Preparations ***


Preparations


 
POV Karen

La palestra non era mai stata affollata come quel giorno. Ragazzi e ragazze di ogni età cercavano di fare del loro meglio per abbellire quel luogo spoglio e pieno di dolorosi ricordi –le ore di educazione fisica non erano tra le più piacevoli…
Io, Sky, Kim, Violet ed Emily ci eravamo subito proposte per dare una mano e tutte insieme ci davamo da fare con i festoni, specie fiocchi decorativi per il tavolo con il cibo.
Avevo anche colto la palla al balzo visto che Lysandre, sempre molto pacatamente, e la professoressa Delanay avevano convinto Castiel a partecipare all’allestimento della palestra –‘obbligato’, nel caso della Delanay.
Castiel e Lysandre si occupavano della preparazione del palco per il DJ poiché erano quelli che se ne intendevano di più di musica insieme ad Alexy e Meylyn.
Non potevo fare a meno di sbirciare continuamente in direzione del ragazzo, mentre sistemavo i nastri rossi che ci aveva consegnato il professor Faraize in modo che prendessero le sembianze di dei fiocchetti. Nonostante fosse ormai parecchio tempo che coltivavo quell’amore per Castiel, mi stupivo ogni volta di più quando il mio cuore aumentava i battiti alla sua vista. Non che non fosse attraente, era un bellissimo ragazzo, tant’è vero che molte ragazze stravedevano per lui –lui e Nathaniel si contendevano il primo posto per il podio del ‘più bello del Dolce Amoris’- ma non avrei mai creduto che mi sarei innamorata di un ragazzo talmente burbero e cretino.
 
Siamo stati come cane e gatto sin dall’inizio della scuola. Non lo sopportavo davvero, specie quel sorrisetto malizioso che mi rifilava ogni volta che mi faceva incavolare. Ogni giorno, in classe, si potevano ammirare i nostri show comici –così chiamati da Kim. Non avrei mai, e dico mai, creduto che avrei potuto provare per lui qualcosa di simile all’amore –mai, ci tengo a sottolinearlo. Ma era accaduto tutto tre mesi dopo l’inizio del mio primo anno di liceo. A parte i litigi con Castiel, andavo d’accordo più o meno con tutti in classe tranne Ambra e le sue scagnozze, Charlotte e Lì, e Peggy la pettegola. Insomma, andava tutto a gonfie vele.
Ero uscita di casa, le cuffie nelle orecchie con una canzone pop a tutto volume. Camminavo senza meta per i negozi del centro, osservando le vetrine con aria poco interessata. Era la fine di novembre e i primi fiocchi di neve avevano ricoperto di un sottile strato bianco i marciapiedi e le strade della città. Mi piaceva tantissimo la neve; amavo ascoltare lo scricchiolio degli scarponi, vedere i bambini costruire pupazzi e soprattutto giocare a battaglie di palle di neve.
Mi diressi verso il parco, schioccando le labbra a ritmo di musica. Stranamente era quasi vuoto. Un immenso spazio verde rivestito di un sottile velo bianco vivacizzato semplicemente da qualche corridore temerario che sfidava il freddo per allenarsi e da qualche genitore con i figli. Tra quella quiete individuai una chioma rosso splendente impossibile da non notare.
Castiel.
Che diavolo ci faceva lì al parco?
Mi levai gli auricolari, infilandoli in una tasca e lo fissai da lontano, incuriosita. Non era solo. Il ragazzo era piegato sulle ginocchia e stava accarezzando un enorme cagnone nero con qualche macchia marroncina in alcune parti del corpo –come muso, petto e zampe. Aveva un’espressione che non gli avevo mai visto: rideva di cuore e i suoi occhi erano colmi di dolcezza.
Sentii i battiti del cuore aumentare improvvisamente e le guance arrossarsi. Che accidenti mi prendeva così all’improvviso? Perché il mio cuore aveva iniziato quella danza frenetica?
Deglutii, sentendo la gola secca. Ero malata, ero sicuramente malata. Avevo la febbre, sì…la febbre…
Mi portai una mano sulla fronte ma sembrava tutto apposto. Eppure mi era parso che la temperatura fosse improvvisamente salita…
«Ehi, tavola da surf, cosa ci fai qui?» la voce di Castiel mi trapassò le orecchie. Si era alzato in piedi e nonostante fossi abbastanza distante mi aveva vista e mi aveva rivolto un ghigno.
«Non chimarmi così.» dissi frettolosamente ma senza la solita rabbia.
L’espressione di Castiel si fece più seria e mi si avvicinò, seguito da Demon. Abbassò il capo alla mia altezza e si fece spaventosamente vicino.
«Stai bene? Non hai una bella cera…»
Strabuzzai gli occhi e farfugliai: «Sto…sto bene!»
Ma lui alzò una mano e cercò di poggiarla sulla mia fronte ma io, terrorizzata, mi tirai indietro e caddi di sedere a terra, sulla neve.
Castiel rimase con la mano a mezz’aria, sorpreso, poi scoppiò a ridere: «Che razza di scema, cosa credi, che mordo?»
«Conoscendoti…» sbottai io.
Il cane di Castiel mi si avvicinò e mi leccò la guancia, facendomi spalancare gli occhi dallo stupore. Poi ridacchiai divertita e gli diedi una pacca sul dorso.
«Gli piaci…» osservò Castiel, chinandosi di nuovo e osservandomi mentre accarezzavo il cane sulla testa.
«Come si chiama?»
«Demon.»
«Chissà perché non mi stupisco…» commentai. Un nome degno di Castiel!
«Mi stupisco io che tu non sia scappata alla vista di un tale bestione.» ribatté lui. «A molte ragazze fa paura.»
«E’ carino, invece.» dissi io. Okay, era un cane molto grande ma aveva due occhioni così dolci…All’apparenza poteva sembrare aggressivo ma era davvero un tenerone. Ciò che dissi dopo mi salì spontaneo: «Ti somiglia molto.»
«Tu credi?» fece Castiel fingendo indifferenza. «Tutti i cani somigliano ai padroni, no?»
«Quindi significa che se io piaccio a lui infondo piaccio anche a te?» domandai io maliziosa, aspettandomi una delle sue rispostacce.
Invece vidi con mia sorpresa la bocca di Castiel stendersi in un sorrisetto: «Forse…»
 
«Karen?» la voce di Emily mi riportò alla realtà.
Battei le palpebre e alzai lo sguardo sulle mie amiche.
«Eh?»
«Che ti prende?» chiese Kim con aria preoccupata.
«Nulla, nulla.» mi affrettai a dire.
Emily, però, non mi staccò gli occhi di dosso. Mi afferrò per il gomito quando le altre non stavano guardando e mi attirò a sé, sibilandomi: «Allora? Avanti, va da Castiel!»
«O-ora?!» gracchiai terrorizzata, rossa come un peperone.
«Sì, ora
Io ed Emily ci eravamo incontrate a casa sua e avevamo cercato su Internet e su tutte le riviste a nostra disposizione qualche consiglio che potesse aiutarci a farci notare da Jade e Castiel. Uno dei consigli che avevamo trovato era: ‘Usa molto profumo ’. Così quel mattino mi ero messa il profumo di mia madre sperando di poter vedere una qualche reazione di Castiel a quel cambiamento.
«O-okay…» mi alzai e mi diressi verso il palco del DJ, voltandomi più volte a guardare Emily che mi strizzò l’occhio e sollevò i pollici con aria di incoraggiamento.
«Ehi.» esordii, fermandomi lì.
Castiel era occupato con alcuni fili delle casse e non mi degnò di un’occhiata.
«Come va?» proseguii.
«Oh, Karen!» Meylyn mi sorrise. «Abbastanza bene, dobbiamo solo sistemare le casse e procurarci le ultime attrezzature.»
Lysandre aggiunse: «Alexy è andato a chiedere alla Preside se dispone delle attrezzature mancanti.»
«Oh, bene, bene.» dissi io sorridendo forzatamente e lanciando un’occhiatina a Castiel, poco distante da me, che continuava a non alzare lo sguardo, impegnato nel suo lavoro.
Rimasi lì a chiacchierare per un po’ con Lysandre e Meylyn che poi si allontanarono un attimo per andare alla ricerca di Alexy.
«Che cosa hai combinato?» sbottò improvvisamente Castiel, alzando finalmente lo sguardo su di me.
«Come scusa?» ribattei io, confusa.
«Hai un odore…strano.» disse lui, storcendo il naso.
Se n’era accorto!
«Ah…ehm…s-stamattina ho pensato di mettermi un po’ di profumo…» riuscii a balbettare, arrossendo, fingendo indifferenza.
Perché dovevo diventare balbuziente proprio davanti a lui?! Perché?!
Castiel mi guardò un secondo poi disse: «Non mi piace. Copre il tuo profumo naturale.»
«Oh?» in quel momento stavo completamente friggendo. «C-cosa vuoi dire?»
«Credo sia l’odore del tuo shampoo, è buono.» disse lui, riabbassando lo sguardo sui cavi. Non potevo più vedergli il viso, nascosto dai capelli. «Meglio della roba che ti sei messa oggi. Ora vai, ho bisogno di concentrazione.»
Mi morsi il labbro e mi allontanai, stranamente felice.


POV Greta
 
«Ehi, Greta!»
«Uh?» feci, sorpresa da quella voce che mi aveva improvvisamente chiamato.
Ero in palestra, circondata da lunghi tessuti di svariati colori che dovevamo usare per abbellire la palestra. Erano un po’ come delle tende che avremmo dovuto appendere dopo averle decorate con varie scritte e brillantini –mi sembrava quasi di essere tornata alle elementari quando facevamo lavoretti di ogni tipo usando colla, matite e forbici dalla punta assolutamente arrotondata.
Mi voltai ed ebbi un sussulto. Nathaniel era davanti a me, mi sorrideva e aveva tra le mani una scatola di cartone piena di palloni da basket.
«Nathaniel!» dissi con voce più acuta. Rosalya, che era a poca distanza da me, china su una stoffa mi lanciò un’occhiata rassegnata. «Co-cosa ti serve?»
«Potresti portare questo nel sottoscala, per favore?» domandò, accennando alla scatola. «Dobbiamo spostare queste cose per fare spazio all’interno della palestra e mi serve un aiuto.»
Annuii subito, forse con un po’ troppa foga: «S-sì, okay, ti aiuto allora.» tesi le braccia meccanicamente per farmi dare la scatola. Quando lui trasferì il pacco dalle sue mani alle mie, le nostre braccia si sfiorarono ed io, per poco, non feci cadere tutto a terra per l’emozione.
«Sicura che ce la fai? Ti do una mano a portarlo, se non riesci…» disse lui gentilmente, forse pensando che lo scatolone fosse troppo pesante per me e che fosse quello il motivo per cui stava per sfuggirmi la scatola dalle mani.
«No, no, non preoccuparti.» dissi io, rapidamente.
«Okay, allora comincia ad andare, io ti raggiungo subito.» disse il biondo, girandosi e dirigendosi verso un angolo di palestra in cui erano ammucchiate scatole di varia grandezza.
Mi diressi verso l’uscita, dopo aver ricevuto un incoraggiamento da parte di Rosalya.
Scivolai di nuovo all’interno della struttura scolastica, camminando cautamente per il corridoio principale per evitare che qualche palla rimbalzasse fuori.
Il viso di Nathaniel, sorridente, mi fluttuava nella mente. Solitamente non mi piaceva svolgere cose che altri mi avevano ordinato o chiesto di fare ma per lui avrei fatto qualsiasi cosa –non che sia chissà quale fatica trasferire nel sottoscala una scatola di cartone…
Nathaniel era un ragazzo così gentile che era difficile dirgli di no…
 
La prima volta che lo avevo conosciuto era stato in biblioteca. Mi piaceva particolarmente quel posto per il silenzio e per la quiete che vi regnava. Inoltre era un vero paradiso per me, amante di computer e libri. La biblioteca del Dolce Amoris, infatti, disponeva anche di diversi pc un po’ malmessi che a volte gli studenti usavano per approfondire le ricerche.
Quel giorno mi ero recata lì per navigare un po’ su iIternet e fare svariate ricerche. Non so per quale motivo, ma sembra che io abbia una predisposizione genetica nell’attirare virus informatici. Forse questo dipendeva dal fatto che spesso schiacciavo su cose a caso, presa dalla curiosità e dalla voglia di sperimentare. Anche quel giorno, il computer andò nel pallone e lo schermo si bloccò. Cercai di cliccare diversi tasti, di sussurrargli incoraggiamenti finché non arrivai al limite e cominciai a tuonargli contro insulti. 
«Ehi!» mi interruppe una voce.
Mi girai, il viso rosso di rabbia. Un ragazzo, alto, bellissimo, biondo. Indossava una camicia e una cravatta blu. Lo avevo visto di sfuggita in sala delegati e mi avevano detto che era il delegato degli studenti –non mi ci ero mai soffermata più di tanto con lo sguardo, però.
Improvvisamente desiderai sotterrarmi per la vergogna.
«Ti pregherei di abbassare la voce, qui siamo in biblioteca.» disse il ragazzo con voce seria e un po’ dura.
Arrossii per l’imbarazzo e nonostante volessi pigolare un ‘certo, chiedo scusa’ non mi uscì neanche mezza parola.
Tuttavia, il giovane portò lo sguardo dorato sullo schermo del computer e aggrottò le sopracciglia: «Ci sono problemi?»
Racimolai tutta la forza che avevo e dissi: «Credo si sia bloccato…»
I lineamenti del ragazzo si addolcirono facendo fare al mio cuore un’altra capriola: «Avresti dovuto dirmelo prima, ti avrei aiutata subito.» si chinò al livello dei fili del computer e disse: «In due è meglio ché in uno, no?»
«Mh…sì, credo.» borbottai io, fingendomi distaccata mentre in realtà stavo friggendo per l’agitazione.
«Comunque sono Nathaniel, il delegato degli studenti.» disse lui, porgendomi una mano dalla posizione accucciata in cui si trovava. Torreggiavo su di lui ma la cosa non mi dava affatto sicurezza.
«Greta.» dissi solo, stringendo la sua mano.
 
«Guardate un po’ chi c’è!» una voce mi riportò alla realtà. Da sopra la montagna di palloni da basket riuscii ad intravedere Ambra, Lì e Charlotte, appoggiate agli armadietti.
Io ed Ambra non avevamo un ottimo rapporto e sapere che ero innamorata di un ragazzo con una sorella così pestifera mi deprimeva parecchio. Ogni volta, nelle mie fantasticherie su un improbabile matrimonio con Nathaniel, compariva Ambra che cercava di rendermi la vita difficile, odiandomi ancora di più per averle portato via il suo caro fratellone.
Cercai di ignorarle, superandole, ma Ambra mi afferrò per la spalla, trattenendomi.
«Che razza di maleducata, Gretina.» disse quell’arpia ricciuta, affondandomi le unghie smaltate nella spalla. Strinsi i denti, lanciandole uno sguardo di ghiaccio. «Non ci saluti nemmeno?»
Lì, con un gesto della mano, capovolse lo scatolone che reggevo tra le braccia e fece cadere tutti i palloni da basket a terra.
«Sei matta?!» sbottai arrabbiata da quel gesto insensato.
«Ascoltami bene.» sibilò Ambra, ignorando la mia protesta, piazzandosi davanti a me, le mani sui fianchi. «Gira al largo da mio fratello, okay?»
Battei le palpebre. Un po’ mi immaginavo che fosse quello il motivo. Ambra mi rivolgeva la parola solo per discutere di suo fratello.
«Non capisco di che parli!» sbottai io. Dopotutto io e Nathaniel andavamo d’accordo, sì, ma non eravamo certo intimi.
Intimi?, ripeté la mia pudica mente facendomi arrostire le guance per quel termine.
«Ahah non mi stupisco, Tonto-Greta!» disse Ambra con cattiveria. «Non voglio vederti più sbavare dietro Nathaniel, chiaro? Non hai la minima speranza con lui, ficcatelo bene in testa.»
Strinsi le labbra, amareggiata e irritata insieme.
«Spero che tu abbia capito, finalmente.» disse Ambra con un ghigno. «E’ stato un piacere.»
Si dileguò, ridacchiando, seguita da Lì che sghignazzava con lei, e Charlotte che si limitò a lanciarmi uno sguardo freddo. Tra me e quest’ultima scorreva una totale indifferenza reciproca.
Sospirai, rassegnata. Era inutile arrabbiarsi e lamentarsi, Ambra non sarebbe cambiata mai –e questa era una certezza assoluta, era un po’ come dire che la terra è tonda e che gira intorno al Sole.
Cominciai a raccattare i palloni, gettandoli nella scatola. Sentii dei passi e poi vidi Nathaniel che mi fissava sorpreso, uno scatolone pieno di corde per saltare tra le braccia.
«Greta?» appoggiò lo scatolone a terra e mi si avvicinò, osservando i palloni che ancora non avevo rimesso a posto. «Cos’è successo?»
«Tua sorella.» risposi io con voce atona.
«Oh.» Nathaniel si passò una mano sulla fronte. Mi dispiaceva per lui, si ritrovava sempre a dover rimediare agli sbagli di Ambra e a sentire ogni volta lamentele su quanto fosse pestifera –dopotutto lui era soltanto il fratello, i veri responsabili di quel comportamento erano i genitori. «Mi dispiace, non so più cosa fare con lei, eppure speravo che dopo tutta quella storia sui nostri genitori sarebbe cresciuta un po’…» borbottò.
«Lascia stare.» tagliai corto io, sorridendogli. «Non fa niente. Non ho neanche ben capito cosa volesse…forse doveva solo scaricare un po’ il nervoso su qualcuno…»
Ovviamente non gli avrei mai detto che sua sorella aveva insinuato che avevo una cotta per lui dato che era pura verità.
«Credo che sia solo gelosa.» disse Nathaniel, pensieroso, chinandosi per aiutarmi a raccogliere i palloni da basket.
«Gelosa? Ambra? Di me?» articolai sbigottita.
«Be sì. Dopotutto sei una ragazza molto carina e simpatica.» disse lui con leggerezza, gettando i palloni nella scatola.
«Uh?» mi sfuggì dalle labbra mentre sgranavo gli occhi per la sorpresa. Davvero mi aveva fatto un complimento?!
Nathaniel parve rendersi conto, forse dalla mia espressione facciale piuttosto stupida, di aver detto qualcosa di imbarazzante. «Ah…ehm…cioè…volevo dire che…s-sei una bella ragazza e quindi Ambra ti vede come una rivale…insomma, sì…» si strinse nelle spalle, si voltò, recuperò la sua scatola e disse, nervosamente: «A-allora, andiamo.» e mi precedette, dirigendosi verso il sottoscala.
Mentre lo seguivo, mi pareva di volare a un metro da terra, l’espressione felice e deliziata.
 

POV Xavier
 
E così, grazie al mio caro amico Dominique e ai suoi giochetti manipolatori mi ero ritrovato in palestra, con una boccetta di colla vinilica nella mano sinistra e un pacchetto di brillantini nella destra a decorare la tovaglia che avremmo usato per coprire il tavolo con le vivande.
Dominique era seduto a terra accanto a me e non faceva altro che lanciare occhiatine in direzione di Kim. Come avevo immaginato, lo scemo si era proposto solamente per poter stare più vicino alla sua Pantera preferita.
Ed io ero stato doppiamente scemo a farmi incastrare in quella cosa semplicemente per poter godere della visione di Iris per qualche ora di più al giorno.
La ragazza faceva parte del mio gruppo e chiacchierava con l’amica Alina mentre decorava una parte della tavola. Ero riuscito a scambiarci qualche parola ma nulla di più. Tuttavia, potevo ritenermi soddisfatto del nostro rapporto: andavamo d’accordo e scherzavamo tra di noi nonostante i momenti per farlo fossero pochi, forse perché avevamo un carattere simile. Magari un giorno sarei riuscito persino a farmi invitare a casa sua!
Mentre mi perdevo nei miei pensieri, Nathaniel si avvicinò a noi e disse, abbassando gli occhi su una lista: «Ragazzi, abbiamo bisogno di qualcuno che vada a comprare altro materiale. Servono: colla, brillantini, palloncini e della stoffa colorata. Chi si offre per andare?»
Iris sollevò la mano, sorridente: «Vado io. Il bazar non è molto distante, ci vorrà poco.»
Istintivamente, anch’io sollevai la mano: «Vado anch’io.»
Mi alzai, battendo via la polvere dai jeans con i palmi delle mani.
Nathaniel annuì: «Bene. Eccovi la lista.» me la porse, e poi si allontanò verso un altro gruppo. Poveraccio, chissà quanto lavoro aveva da fare…e io che mi lamentavo!
«Allora, andiamo?» esordii verso Iris che annuì, sorridente.
Dominique mi sussurrò un ‘in bocca al lupo’ mentre mi allontanavo ed io annuii in risposta.
Uscimmo dal cortile e ci avventurammo in città. Cercavo di decifrare la scrittura di Nathaniel, visto che mi ero già scordato che cosa dovevamo comprare. Era troppo piccola ed elegante per i miei gusti, la mia scrittura era larga e spigolosa, tant'é vero che molti professori si lamentavano di ciò. Forse era per questo che preferivo materiue più scientifiche, lì c'erano solo numeri...
«Cavolo!» sbottai dopo cinque minuti.
Iris ridacchiò, portandosi graziosamente una mano alle labbra e disse: «Hai bisogno di una mano?»
Esitai. Per questione di orgoglio non mi andava di dirle che non ero neanche capace di leggere una lista ma d’altra parte se non glielo avessi detto saremmo rimasti lì fino a domani ed avrei fatto ancora di più la figura dell’imbranato.
«Non riesco a capire la scrittura di Nathaniel.» mi arresi, quindi. «E’ peggio dei geroglifici.»
Lei rise –bè, almeno questo- e prese la lista tra le mani: «Fammi un po’ vedere. Io ci sono più abituata, mi presta un sacco di appunti.»
«E riesci a leggerli?» commentai io, stupito e ammirato.
Eh sì, me le sapevo scegliere le ragazze!
Iris fece spallucce: «Dopo un po’ ti ci abitui, specie se il giorno dopo hai una verifica importantissima di chimica che non puoi assolutamente sbagliare…»
«Chimica?»io ridacchiai con leggerezza. «Ma come? E’ semplicissima! E’ la materia in cui vado meglio!»  
«Davvero?!» stavolta fu il turno di Iris di guardarmi ammirata. Io sollevai il mento, soddisfatto, e annuii. «Fantastico! Mi potresti dare qualche ripetizione, allora? Io non ci capisco davvero niente…ti prego!» mi implorò, congiungendo le mani e guardandomi con sguardo implorante.
Come si faceva a dire di no a quei dolci occhioni azzurri?
«Vedrò cosa posso fare.» dissi.
«Oh, grazie Xavier!» esclamò lei, allegra, prendendomi il braccio e rischiando di farmi morire di infarto.
Quel gesto così amichevole e aperto non me lo aspettavo proprio, in genere erano le coppiette che facevano cose del genere…quindi Iris faceva spontaneamente con me cose da coppietta? Mi venne improvvisamente voglia di cantare a squarciagola per la felicità ma cercai di trattenermi.
Entrammo al bazar e comprammo tutto il necessario. Era incredibile come quel negozio avesse di tutto –tra gli scaffali trovai persino un cerchietto con delle orecchie di gatto e alcune pellicce sintetiche gettate in un angolo.
«Grazie mille.» sentii dire Iris, segno che aveva appena pagato il commesso. Uscimmo dal negozio e io presi le buste in mano al posto suo da bravo gentiluomo.
«Xavier, fa portare qualcosa anche a me.» protestò Iris. «Non vorrei che ti stancassi… »
«Ma no, non ti preoccupare, ho dei muscoli di ferro, io.» mi vantai giocosamente, porgendole un braccio. «Vuoi avere la conferma?»
Lei mi tirò un piccolo schiaffetto, ridendo: «Scemo!»
Era da un bel po’ che non scherzavamo così, ed io mi sentivo immensamente felice.
Avrei dovuto sdebitarmi con Nathaniel per il favore indiretto che mi aveva fatto!
 

POV Sky
 
Me ne stavo sdraiata a pancia in giù sul mio letto e leggevo un  bel romanzo rosa che mi aveva consigliato Violet. Era davvero molto bello e mi immedesimavo molto nella protagonista, anche lei innamorata del migliore amico di suo fratello. Ero sola a casa visto che i miei genitori erano –come sempre- fuori per lavoro, Mark era uscito con qualche suo compagno di classe e tutte le mie amiche erano occupate. Però, mi sollevava l’idea che il giorno dopo sarei andata a fare shopping insieme ad Alexy, Meylyn e altri nostri compagni. Karen, Kim ed Emily avevano cortesemente declinato l’invito mentre la piccola Violet era stata convinta ad accettare –non che fosse difficile convincere Violet a fare qualcosa visto che pareva andarle bene qualsiasi iniziativa.
Sentii improvvisamente suonare il campanello.
Mark era già di ritorno?
Saltellai fino alla porta, incespicando sui vari tappeti e cianfrusaglie lasciate a terra –per quanto ci provassimo, la casa non era mai completamente in ordine.
Aprii, dicendo: «Mark, hai già finito con…» ma mi bloccai.
Non era Mark. Ma Dajan, che si stagliava allampanato e sicuro di sé sulla soglia della porta.
«Dajan?» mi stupii, rimanendo con una mano attaccata alla maniglia della porta e la bocca semiaperta –come una scema, insomma…
«Ehi, Sky, tutto okay?»
«Sì…» dissi io, ancora sorpresa dalla visita. Dopodiché pensai alla maniera assurda in cui era conciata. Avevo i capelli ricci sciolti e in disordine ed indossavo un’orribile tuta super gigante di mio fratello. «Co-cosa ti serve?» dissi, cercando di non pensare troppo al mio ‘look’. «Mark non è qui, è andato con un vostro compagno di classe a…»
Ma Dajan mi interruppe rapidamente: «Sì, sì, lo so. Sono venuto per te.»
«Me?» dissi io confusa mentre sentivo le guance arrossarsi di vergogna mentre pensavo che ai piedi avevo anche delle orribili ciabatte mezze rotte di Winnie The Pooh…
«Sì. Mark mi ha detto che eri sola a casa, quindi…»
…quindi vuoi proprio farmi svenire qui, sulla soglia della porta, eh?
«…ho pensato di invitarti a prendere qualcosa da sgranocchiare, qui vicino c’è un bar davvero buonissimo. Ti va?» mi fece, indicando dietro di sé con il pollice.
Come potevo rifiutare? Non uscivo mai sola con Dajan, c’era sempre Mark in mezzo. Sembrava quasi che tutti i miei sogni si stessero realizzando.
Annuii con foga ed entusiasmo: «Sì, certo! Mi preparo subito, cinque minuti.»
Mi catapultai dentro casa e cercai rapidamente le cose più graziose che avevo nell’armadio. Mi infilai rapidamente nei vestiti. Un pantalone attillato e un maglione, e mi legai i capelli nelle mie solite codine –almeno erano più sistemati.
Alla fine, chiusi a chiave la porta di casa e seguii Dajan. Passeggiammo per un po’, chiacchierando piacevolmente. Dajan era un ragazzo dolce e spontaneo, chiacchierare con lui era davvero rinfrescante. Arrivammo ad un piccolo bar piuttosto grazioso con diversi tavolini di plastica ordinati davanti al bancone.
«Prendo io da mangiare, tu siediti pure.» mi disse il ragazzo. «Cosa vuoi?»
«Una coppa di gelato, grazie.» dissi io allegramente, sfilandomi la sciarpa dal collo.
Dajan sollevò le sopracciglia, sorpreso: «In pieno inverno?»
«Il gelato non ha stagione.» ribattei io in tono solenne.
Dajan ridacchiò rassegnato, facendo spallucce  e dirigendosi verso il barista. Mi sedetti ad un piccolo tavolino vicino ad una finestra e poi riportai lo sguardo sulle larghe spalle di Dajan.
Ricordavo benissimo la prima volta che l’avevo conosciuto…
 
Era stato al mio primo anno di liceo al Dolce Amoris. Mark aveva cominciato a frequentare il club di basket e mi aveva raccontato di trovarsi bene e di aver stretto amicizia con tutti i suoi compagni di squadra, soprattutto con un tipo di nome Dajan che io non ero ancora riuscita a conoscere.
Un giorno a casa nostra si tenne una sorta di ritiro per tutta la squadra di basket –Mark si era offerto di ospitare tutti da noi visto che i nostri genitori non c’erano quasi mai.
All’inizio non ero stata molto entusiasta della cosa visto che mi vergognavo a stare in casa con così tanti ragazzi –che mi avrebbero fatta sicuramente sentire la pecora nera del gruppo.
«Non devi preoccuparti, Sky, sono bravi ragazzi e inoltre ci penserò io a difenderti se dovessero allungare troppo la corda.» mi rassicurò Mark, con una carezza sul capo.
Quel giorno, quando suonarono il campanello, sentii Mark andare ad aprire e un mucchio di grida, risate e suoni di pacche sulle spalle. I maschi sono una cosa proprio…
Mi sfilai gli occhiali dalla montatura nera che usavo soltanto per leggere e andai alla porta, esitante.
Distinsi Mark che rideva con due ragazzi. Uno di quei due mi colpì subito. Era l’unico ad avere la pelle scura, eaveva i capelli legati in una coda dietro il capo. Inoltre era alto, altissimo –mi superava di un po’ meno di una trentina di centimetri.
Il ragazzo voltò il capo verso di me –fu il primo ad accorgersi della mia silenziosa presenza- e mi ritrovai i suoi occhi ambra nei miei, più o meno della stessa sfumatura.
Arrossii imbarazzata, stringendomi nelle spalle mentre il mio cuore galoppava sempre più velocemente nel petto e ronzarmi nelle orecchie.
Sentii improvvisamente l’ardente desiderio di conoscerlo, di sapere più cose possibili su di lui. Chi era? Come si chiamava? E perché un suo sguardo era riuscito a farmi contorcere le viscere?
«Ah, Sky!» esclamò Mark, verso di me. Tutti gli occhi dei presenti mi si puntarono addosso ma l’unico che mi imbarazzava veramente era quello del ragazzo dalla pelle scura.
«Ti ricordi Dajan, il ragazzo di cui ti ho parlato? Eccolo qua!» esclamò mio fratello allegramente, indicando il giovane che mi aveva guardata per primo.
Eh?! Lui è Dajan?!
 
Era un ricordo intenso e piacevole, forse fra i più belli che avevo. Nonostante non fosse accaduto nulla di significativo, le emozioni che aveva fatto scoppiare in me quell’incontro, quegli sguardi, erano forti e indelebili.
Vidi Dajan avvicinarsi al tavolo con in mano una cioccolata calda per lui e una bella coppa di gelato per me. Vi affondai il cucchiaino, deliziata, e me lo portai alla bocca.
«Allora, che programmi hai in questi giorni? Spero che non resterai chiusa a casa da sola tutto il tempo o sarò costretto a venire a farti compagnia ogni giorno.» disse Dajan, sorridendomi.
Io arrossii.
Non è che mi dispiacerebbe…  
«Domani andrò a fare shopping insieme ad alcune compagne e ad un mio compagno.» dissi quindi. Ero molto entusiasta per quell’uscita! «Andiamo a cercare degli abiti per la festa.»
«Ah sì?» Dajan pareva sorpreso. Poi disse: «Sarai sicuramente molto carina quel giorno!»
Il suo commento mi lasciò stupita e imbarazzata insieme. Non me lo aspettavo ma mi fece enormemente piacere.
«Oh…uhm, ti ringrazio.» riuscii a biascicare.
Lui ridacchiò, bevve un sorso di cioccolata e poi disse: «E comunque mi piacerebbe molto poter ballare con te. Che ne dici?»
A quelle parole, rischiai quasi di svenire di faccia sul mio gelato.
Ballo scolastico, quando ti decidi ad arrivare?

 
POV Sheila

 
Era il giorno tanto atteso, il giorno aspettato con tanta emozione ed entusiasmo, il giorno più bello di sempre…probabilmente sarebbero stati questi i miei pensieri se fossi stata Alexy o Rosalya.
Ma non lo ero. Io ero Sheila, la biondina bassa e dall’arrabbiatura facile tanto temuta del Dolce Amoris. Ed era abbastanza noto che io e lo shopping non andavamo esattamente di pari passo, soprattutto visto che Alexy e Rosalya mi volevano sempre far indossare abiti dai colori sgargianti quando io preferivo le tonalità scure. Tuttavia non avevo potuto dire di no davanti alla faccina da cucciolo che Alexy mi aveva propinato e mi ero fatta incastrare in quella folle idea.
Mi ritrovavo quindi al semaforo più vicino a casa mia, le mani infilate nel mio cappotto grigio, i capelli biondi schiacciati sotto il cappello e il naso arrossato per il freddo. Alexy mi aveva dato appuntamento lì ma era di ben dieci minuti di ritardo.
Grande!
Sbuffai, dando un calcio alla neve fresca che era caduta un’oretta prima e che aveva imbiancato le strade. Mi piacevano le basse temperature, mi ricordavano molto me stessa. Io ero la freddezza fatta persona anche se spesso tiravo fuori un carattere rabbioso e sicuro, oltre ché pungente e sarcastico –forse era per questo che io e Castiel andavamo d’accordo.
Mi accarezzai la spalla sinistra su cui sapevo essere tatuata una viverna, la mia creatura mitologica preferita. Era un po’ il mio simbolo di forza.
Tuttavia c’era un ragazzo che era riuscito a far sciogliere la mia maschera di freddezza, a far palpitare il mio cuore sempre troppo regolare e a sconvolgere i miei equilibri.
Armin…
«Armin…» sospirai io, sollevando lo sguardo sul cielo grigio che presagiva una nuova nevicata.
Chissà cosa stava facendo in quel momento…
Mi sentii improvvisamente colpire alla schiena da una palla di neve. Sgranai gli occhi. Mi voltai molto lentamente, l’espressione contratta in una smorfia furiosa, pronta a vedere il solito gruppetto di bimbetti che mentre giocavano facevano strage di passanti come me. Invece mi ritrovai a qualche metro di distanza Alexy affiancato da Sky e Violet. Queste ultime, vedendo la mia espressione, si nascosero dietro il ragazzo che invece mi rivolse uno smagliante sorriso e mi salutò agitando la mano ricoperta di granelli di neve e un po’ arrossata –la prova che era stato lui a lanciarmi la palla di neve!
«Alexy.» sbottai, camminando verso di lui a passo di marcia. «Mi hai bagnato tutto il giubbotto!»
«Non è una gran perdita. Questo coso è davvero orribile, lo sai?» mi disse, prendendo una manica tra le dita e sollevandomi il braccio per analizzare più da vicino il tessuto grigio.
Mi liberai bruscamente dalla presa, imbronciata: «Disse il tizio vestito da Arlecchino.»
«Almeno Arlecchino non è triste come questa roba.» disse lui.
Sempre con la battuta pronta, ovvio.
«Ehm…» fece Sky esitante, lasciando sbucare la testa ramata da dietro la schiena di Alexy. «Iniziamo ad andare, ragazzi?»
«Buona idea.» approvò Alexy lanciandomi un’occhiata divertita.
Voleva sfuggirmi, era chiaro.
Li seguii, annoiata.
«Quindi in quanti saremo, Alexy?» domandò Sky al ragazzo che cominciò a contare sulle dita: «Credo un po’ più di una decina.» sentenziò alla fine.
«E tu sarai l’unico ragazzo?» chiese Violet, timidamente.
«A quanto pare sì.» disse Alexy con una smorfia contrariata. «Quegli idioti non capiscono proprio niente…»
Un momento…se Alexy era l’unico ragazzo, allora…
«Vuoi dire che Armin non verrà?» domandai io di slancio, senza riuscire a trattenermi.
Alexy roteò lo sguardo su di me, sollevando le sopracciglia per il mio tono di voce acceso: «Be no. Lo sai che lui e lo shopping non vanno d’accordo e non ho potuto sequestrargli nulla visto che aveva già nascosto tutti i suoi giochi in chissà quale angolo della casa…» Alexy mi lanciò uno sguardo malizioso. «Perché, volevi che venisse anche lui?»
«N-no!» esclamai io, imbarazzata. «Era giusto per chiedere…» borbottai.
Violet mi lanciò uno sguardo vacuo mentre Sky sorrise comprensiva.
«Però hai chiesto proprio di lui!» continuò a punzecchiarmi Alexy, saltellandomi intorno. «Non è che per caso ti…»
«Oh, Alexy, guarda! Siamo arrivati!» lo avvisò Sky, riuscendo a distrarlo da me. Il ragazzo, infatti, esultò e accelerò il passo, trascinandosi dietro Violet che senza protestare si lasciò condurre all’entrata del centro commerciale.
Io e Sky li seguimmo.
«Grazie.» borbottai incerta a quest’ultima mentre entravamo dalle porte di vetro.
«Di nulla.» ribatté lei ridacchiando. «Tra ragazze innamorate ci si aiuta, no?» aggiunse, strizzandomi l’occhio e superandomi, accelerando il passo per raggiungere gli altri due.
Boccheggiai un po’, rossa in volto, poi cercai di riacquisire contegno, raddrizzando la schiena.
Possibile che persino Sky, una ragazza che conoscevo a malapena, si era accorta di ciò che provavo per Armin semplicemente vedendo la mia reazione al suo nome? Erano così evidenti i miei sentimenti?
Mi tormentai il labbro, confusa.
«Sheilaaa!» mi richiamò Alexy e affrettai anch’io il passo per raggiungerli.
Raggiungemmo il piccolo bar del centro commerciale e lì, sedute a due tavolini, c’erano almeno una decina di ragazze che parlottavano tra loro. Le uniche che riconobbi furono Iris, una ragazza abbastanza simpatica e solare della mia età e Karla, una specie di confetto rosa sempre del mio stesso anno. Poi c’era Alina, la migliore amica di Iris, più piccola di un anno. Ed infine, ovviamente, Rosalya che si alzò in piedi e agitò le braccia verso di noi.
«Niente male, eh?» disse Alexy, orgoglioso di tutta la gente che era riuscito a radunare.
«Gran bel lavoro, Alexy.» commentai io sarcastica, facendolo tuttavia gonfiare come un tacchino lo stesso.
Cercai di contare mentalmente quanti eravamo. Dodici.
Sarebbe stata una luuunga giornata…
 
 
 
_________________________
Salve a tutte! <3
Finalmente, dopo un periodo abbastanza lungo di assenza, sono tornata! Scusate davvero se ci ho messo così tanto ma non ho avuto molto tempo per scrivere con l'arrivo dei miei zii e il periodo in cui non sono stata a casa e l’ispirazione mi ha giocato brutti scherzi -.-‘’ Adesso sto pubblicando dal PC di mia cugina che me lo ha prestato e non la ringrazierò mai abbastanza! <3 <3
Spero che il capitolo vi piaccia, all’incirca credo che alla fine ne manchino altri quattro/cinque circa ed il ballo è prossimo! (Non vedo l’ora!) **
Nel prossimo capitolo ci sarà shopping sfrenato! Yay!!
Grazie ancora a tutte e ai vostri fantastici personaggi <3
A presto,
 
 
Lovely
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3196588