IL RISVEGLIO DEI CAVALIERI

di BALERION1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UN GIORNO SPECIALE ***
Capitolo 2: *** VECCHIE CONOSCENZE ***
Capitolo 3: *** FINE DELLA TREGUA ***
Capitolo 4: *** L'ANTICA GUERRA ***
Capitolo 5: *** L'INCONTRO E LO SCONTRO ***
Capitolo 6: *** L'OMBRA BENEVOLA ***
Capitolo 7: *** IL BRIVIDO DELLA CACCIA ***
Capitolo 8: *** MOMENTI DI QUIETE E DI CURE ***
Capitolo 9: *** MIRAGGIO DI UNA NOTTE DI LUNA PIENA ***



Capitolo 1
*** UN GIORNO SPECIALE ***


Il sole sorge dando inizio a un nuovo giorno. I suoi raggi si posano sulle foglie e l’erba nei pressi del pozzo Mangia-ossa.
Lo stesso che ha permesso a una ragazza di viaggiare attraverso il tempo e una volta terminata la sua avventura scelse quale epoca sarebbe stata la sua casa.
Da allora il pozzo si è chiuso per sempre.
O almeno così si ritiene.
Da qualche parte, in un luogo imprecisato, qualcuno sta cercando di usare il pozzo per tornare in questo tempo.
Un fatto inatteso che darà inizio a una nova grande battaglia. E quel giorno, solo un gruppo di eroi potrà sconfiggere il male.
 
Un giorno speciale
 
E’ una giornata splendida al villaggio di Musashi: il sole splende, soffiano da Est i venti primaverili e la vita procede spensierata per gli abitanti.
Poco lontano, nel bel mezzo della foresta, qualcosa si sta preparando per la caccia. Appostato tra gli alberi, il cacciatore cerca di individuare la sua preda e di rimanere nascosto, cosa non facile con quel suo abito rosso vivo e i lunghi capelli bianchi. Un movimento rapido tra l’erba attira la sua attenzione e immediatamente scatta all’inseguimento.
L’inseguitore riesce a stare al passo, seppur eccezionalmente rapido, di quella macchia color viola che continua a saltare di ramo in ramo, tentando di confonderlo per poi sparire nel folto dell’erba alta. La piccola creatura viola sembra averlo seminato e si mette a correre a grande velocità nella parte più profonda della foresta, fino a raggiungere un piccolo spiazzo erboso dove si trova il grande albero secolare, Goshinboku. Senza esitazione, partì di corsa per poi sferrare un salto poderoso dritto sull’enorme albero. Poco prima che potesse solo sfiorarlo con un dito, sentì qualcosa afferrarla per i fianchi, ritrovandosi immobile a mezzaria.
“Mettimi giù! Questo non è leale!”.
Il ragazzo girò la sua piccola preda, per potergli parlare a quattrocchi. Con quegli occhi color ambra e le orecchie da cane, poteva essere solo Inuyasha. Lei lo folgorò con uno sguardo adirato, per poi distoglierlo altrove in modo da non incrociare il suo.
“Hai imbrogliato! Ti ho detto che non dovevi trattenermi così.”.
“Se non ti avessi afferrata, saresti sicuramente andata a sbattere contro l’albero.”.
“Non è vero!”.
“Invece si!”.
“Invece no!”.
Continuarono a discutere per qualche secondo. Finche, mentre si guardavano negli occhi, ringhiando scontrosi, pian piano sui loro volti s’intravide l’ombra di un sorrisetto. Continuo a crescere, accompagnato da alcuni sogghigni, fino a divenire in un’allegra risata. Il mezzo-demone si mise a girare su se stesso, ridendo all’unisono insieme a lei: la piccola Aiko.
Anche lei è un mezzo-demone, ma non una qualunque: essa è l’ultima arrivata nella famiglia di Inuyasha. Proprio come lui ha lunghi capelli bianchi, orecchie da cane, e un carattere irrequieto, che si scalda facilmente. L’unica differenza tra i due è il colore dei suoi occhi, simili a due topazi viola.
Dopo qualche minuto, passato a stuzzicarsi a vicenda, i due udirono da lontano la voce di Kagome.
“Inuyasha, Aiko. E ora, venite!”.
“Arriviamo! Andiamo piccola.”.
“Si papà”.
E così padre e figlia, che si era messa sulle sue spalle, si diressero verso il villaggio, la loro casa, avvolti nei raggi del sole mattutino.
 
Sono passati otto anni da quando Kagome ha attraversato il pozzo per l’ultima volta, decidendo di vivere nel passato al fianco di Inuyasha per sempre.
Dopo il suo ritorno, lei e lui si sono sposati e adesso vivono al villaggio, insieme ai loro tre figli.
Masaru, il figlio maggiore di otto anni. Con i suoi capelli corti e neri e gli occhi castani, ha lo stesso aspetto di Inuyasha in forma umana, tuttavia è più simile a Kagome nel carattere. Gli piace imparare tutto il possibile sul mondo che lo circonda, e per questo fa molte cose insieme a sua madre: che sia raccogliere le erbe medicinali, aiutare gli abitanti del villaggio o preparare pranzi deliziosi. Ha ereditato i poteri spirituali di sua madre. Solitamente veste: giacca verde, pantaloni marroni, calze, sandali e un borsello sotto il braccio sinistro.
Yoshihiro, per gli amici Yoshi, sei anni. I suoi occhi color ambra e l’olfatto sviluppato sono tipici di Inuyasha, mentre da Kagome ha ereditato il colore dei capelli e il dono della chiaroveggenza. Ha una personalità allegra e spensierata, adora mangiare e divertirsi in compagnia degli amici. Indossa camicia gialla a maniche corte, pantaloni arancioni, calze e sandali.
In fine c’è la piccola Aiko, la più giovane di quattro anni ma, nonostante sia piccola, ha un carattere irascibile e permaloso, tipici di qualcuno che tutti conoscono. Essendo una mezzo-demone vera e propria possiede sia la forza, l’agilità e gli artigli, come Inuyasha, sia la perdita dei poteri nelle notti di luna nuova, in cui il suo aspetto è più simile a quello di Kagome.
Tutti insieme ora vivono le loro giornate allegramente e finalmente Inuyasha ha trovato la sua famiglia. Tutti nel villaggio lo considerano una specie di protettore, e grande amico. Quando non è impegnato a sconfiggere altri demoni o a proteggere il villaggio, passa il tempo giocando con i bambini e dedicando il suo affetto a Kagome.
La vecchia Kaede, dopo aver insegnato tutto quello che Kagome doveva sapere sugli esorcismi, le erbe curative e altre cose essenziali per vivere nella nuova epoca, è partita per un ultimo viaggio, assieme a Kikyo. Adesso la ragazza è la nuova sacerdotessa del villaggio. Tutti la amano, la rispettano, quasi come facevano sessant’anni fa con Kikyo. Non essendoci più stati attacchi al villaggio negli ultimi tempi, lei non si occupa più dello sterminio di demoni. Pero si tiene in forma, esercitandosi con l’arco in una sorta di poligono di tiro costruito poco lontano dalle case. E’ anche una buona occasione per far imparare a Masaru a scagliare le frecce magiche.
“Ah, eccovi qua. Allora chi ha vinto?”.
Inuyasha rispose per primo, alzando orgogliosamente il braccio destro e indicando se stesso.
“Due volte la piccola, ed io quattro. Non c’è alcun paragone.”.
“Solo perché hai imbrogliato!” ringhio la piccola, mentre fulminava con lo sguardo suo padre, per poi rivolgersi alla madre con una faccia triste e sconsolata.
“Lui mi ha afferrata in volo, mentre stavo per toccare l’albero. E ha detto che mi sarei di sicuro schiantata contro il tronco.”.
La ragazza prese in braccio la piccola, che mugugnava malinconica, per consolarla. Poi rivolse contro il marito uno sguardo feroce che lo fece indietreggiare dalla paura.
“Inuyasha sei proprio perfido! Prendertela così con una piccola, povera bambina indifesa.”.
“Ei!! Guarda che non c’è una regola che dice che non posso afferrarla al volo.” le rispose, mentre cercava di riprendersi, dopo essere stato spiazzato in quel modo “E comunque lei si è divertita lo stesso.”.
In quel momento Kagome rabbonì il suo carattere, come se la reazione di prima fosse solo una messa in scena per stuzzicarlo.
“Ma certo, so che non faresti una cosa simile a un bambino.”.
Lei gli si avvicinò lentamente, con fare affettuoso, quasi lo avesse subito perdonato di tutto. Restarono impassibili, l’uno a guardarsi negli occhi dell’altra, come sul punto di baciarsi, quando sentirono una voce ridacchiante provenire sopra di loro.
“Sembrate proprio una coppia di sposini. Quand’è che fate le cose che fanno i grandi quando sono soli?”.
Entrambi si allontanarono di due metri l’uno dall’altro in preda all’imbarazzo. Solo dopo qualche secondo di titubanza Kagome si degnò di rispondere.
“Yoshihiro! Ma chi ti ha insegnato queste cose?!”.
Il ragazzino saltò giù dalle travi del tetto atterrando in piedi, lui amava arrampicarsi ovunque.
“E’ stato lo zio Miroku. Mi ha spiegato che quando un uomo e una donna si amano, fanno alcune cose insieme. Pero non ha detto cosa.”.
Rispose con aria innocente, come se non sapesse nulla di tutto ciò. Inuyasha storse il labbro, nervosamente, mentre nella sua mente pensava al monaco con quel suo vecchio vizio.
“Quel Miroku. Ma quando si deciderà a cambiare.” pensava fra se e se.
Poi una seconda voce si fece sentire, interrompendo quel momento imbarazzante.
“Mamma! E’ quasi pronto.”.
Era Masaru. Si era offerto di aiutarla per i preparativi, insieme al fratello minore.
“Sì, arrivo!”.
 
Oggi è un giorno speciale per il vecchio gruppo di amici: hanno deciso di organizzare un raduno per ricordare lo stesso giorno, undici anni fa, in cui si sono incontrati per la prima volta. Kagome ha preparato un pranzo con i controfiocchi, utilizzando alcune delle sue ricette più deliziose. Era un po’ di tempo che pensava di utilizzarle per un’occasione speciale, come questa. C’è aria di festa, resa ancora più evidente dalle decorazioni appese qua e là.
I primi ad arrivare sono Miroku e Sango con i loro tre figli: le gemelle Nanami e Nozomi, entrambe di undici anni, e Touya, il fratellino di otto anni.
“Inuyasha, divina Kagome. Che bello rivedervi.” salutò il monaco con un caloroso saluto, che solo i veri amici sanno riconoscere.
“Buon giorno Sango, e anche a tè Miroku.”.
“Sai, stavamo giusto parlando di te. Di quello che insegni ai nostri ragazzi.” aggiunse, mentre lo puntava con una faccia da rimprovero.
Miroku restò di sasso, cercava di nasconderlo, ma sapeva bene di cosa si trattava. La sua dolce moglie non disse nulla, bastò guardarle in viso la sua espressione imbronciata per capire cosa pensasse “Miroku sei sempre il solito!”.
I ragazzi non si accorsero di nulla, mentre salutavano i loro amici, che consideravano come parte della famiglia, tipo dei cugini.
Le gemelle, come loro abitudine quando venivano a far visita, cominciarono a stuzzicare la piccola Aiko.
“Come sta la nostra Aiko?” inizio la frase una, “Facciamo una pettinatura nuova oggi?” per poi finire l’altra.
“Ei! Io non sono una bambola!!”.
Ogni volta, non sanno resistere alla vista di quel suo visetto dolce e di quelle orecchie.
Sono la copia esatta della mamma, ma al suo contrario non hanno lo stesso carattere forte e agguerrito. Preferiscono fare le cose con calma, controllo e giudizio, cercando di risolvere i problemi senza ricorrere alla violenza, come il loro padre. Hanno anche una grande stima per Kagome, per via dei suoi grandi poteri e della sua alta posizione di sacerdotessa. Di fatti, vorrebbero essere come lei da grandi, due sacerdotesse.
Mentre il piccolo Touya è ben diverso da loro: ha preso da Miroku l’aspetto fisico, mentre da Sango una personalità ribelle, impavida e sempre pronta all’azione. Sfortunatamente, sembra aver ereditato da suo padre anche l’interesse per le ragazze, specialmente se più grandi. Se si considera che ha come padre un vero e proprio donnaiolo, sono previsti battibecchi all’orizzonte. Data la sua natura incline all’azione, è desideroso di crescere e diventare uno sterminatore, come suo zio. Quando Miroku o Inuyasha sono chiamati per risolvere alcuni problemi con i demoni, lui tende a seguirli di nascosto per vederli all’opera.
Negli ultimi tempi, Sango si è lasciata alle spalle il suo passato di sterminatrice, per fare la madre a tempo pieno. Con tre figli, la vita in famiglia è abbastanza impegnativa. Ciò nonostante, sa ancora cavarsela con Hiraikotsu, l’enorme boomerang fatto in ossa di demone.
Al contrario, Miroku continua a usare i suoi poteri per aiutare le persone, naturalmente a pagamento. E, ogni tanto, il suo vecchio vizio da donnaiolo si ripresenta. Ovviamente non chiede più alle belle donne di fare un figlio con lui, ma le vecchie abitudini sono dure a morire.
“Allora Yoshi, giochiamo?!”.
“Puoi scommetterci!” rispose, contraccambiando il suo sguardo ardito.
I due andavano molto d’accordo insieme. Il loro gioco preferito, oltre a nascondino, era la finta lotta con i giocattoli di legno intagliato, raffiguranti vari tipi di demoni.
Mentre tutti erano distratti, d’improvviso Masaru scorse all’orizzonte una piccola nuvola di fuoco verde, che si stava avvicinando a grande velocità. Il naso di Inuyasha fiuta l’aria, scorgendo un odore famigliare. Anche senza di esso, sia lui che i presenti sapevano bene di chi si trattava. Fermatasi a meno di un metro da loro, dalla nuvola iniziarono a uscire tante piccole scintille, come fuochi d’artificio, per poi esplodere in una coltre di coriandoli colorati.
Alle loro spalle sentirono la voce di un loro amico che non vedevano da un pezzo “Ciao a tutti!”.
Videro un ragazzo alto e bello, sui diciotto anni, con i capelli arancioni avvolti in una lunga coda con un fiocco blu. Portava una giacca azzurra con ricamate delle foglie argentee, sotto l’armatura, e pantaloni blu. Aveva anche dei parastinchi, alti metà gamba, con calzature da ninja azzurre e bracciali del medesimo colore con guanti bianchi. Solo il viso e la lunga coda da volpe erano gli stessi di quando Shippo era piccolo.
Voleva offrire un piccolo spettacolo ai bambini, con uno dei suoi trucchi. Il suo intento riuscì perfettamente, guadagnandosi un meritato applauso da parte loro. Anche se questo era solamente un assaggio dei suoi nuovi poteri di demone. Difatti in tutto questo tempo ha continuato ad allenarsi per diventare un potente demone volpe. Ora che ha terminato tutti i suoi esami, viaggia in lungo e in largo, dove gli pare, in cerca di nuove avventure da vivere. Senza perdere l’occasione di offrire un bello spettacolo o dare lezioni ad altri piccoli demoni.
A volte torna al villaggio, e quando succede Inuyasha è sempre pronto a litigare, ma adesso ha imparato a difendersi, e non è più tanto indifeso quanto prima.
Mentre si faceva congratulare da tutti, Inuyasha non perse l’occasione di prenderlo in giro.
“Fai ancora questi giochetti da bambini? Vuol dire che non sei poi così cresciuto, come dici.”.
Il ragazzo si girò irritato verso di lui. Tirò fuori un flauto di legno intagliato, e ci soffiò dentro. Tuttavia nessuno sentiva niente, nemmeno una nota, a parte Inuyasha: di punto in bianco si era messo a fare una sorta di danza strampalata.
“Ma che diavolo?! Ei Shippo falla finita, o giuro che ti spezzo in due!” gli ringhiava mentre non capiva cosa stesse succedendo al suo corpo.
“Inuyasha non parlare in questo modo di fronte ai bambini!” lo rimproverò Kagome all’istante.
Miroku fece un sospiro annoiato “E’ inutile, ogni volta con quei due è sempre la stessa storia”.
“Ho l’impressione che non la finiranno mai di litigare.” aggiunse Sango.
I bambini stavano morendo dalle risate nel vedere Shippo manovrare Inuyasha come fosse una marionetta. La scena terminò quando gli fece fare un salto mortale all’indietro, che pero sbagliò atterrando di testa. Così Shippo allontanò il flauto dalle labbra per restituire al ragazzo la battuta sogghignando.
“Almeno io non mi metto a fare cere stupidaggini davanti a tutti.”.
Tutto quel clamore s’interruppe bruscamente, quando si udì un gran tonfo. In men che non si dica Inuyasha si era già rimesso in piedi, ora si ergeva sul quel ragazzino burlone che lo aveva ridotto a una marionetta, e gli diede un pestone in testa.
Si sollevò una strana nube di fumo verde, che quando si diradò rivelò un grande segreto: in realtà Shippo era veramente ancora un bambino, aveva usato la magia per apparire più grande. Nessuno ricorda più quando ha cominciato, ma da allora non ha potuto fare a meno di apparire in questa forma. Probabilmente, stanco di essere sempre trattato da bambino, ha pensato che sembrando cresciuto avrebbe ottenuto quello che gli mancava: reputazione, rispetto e, possibilmente, una ragazza.
Ancora intontito dal colpo in testa, Inuyasha lo prese per la coda, in modo che potesse dargli anche il resto della lezione.
“Inuyasha!!”.
Come un fulmine a ciel sereno, Kagome lo interruppe prima che potesse compiere la sua vendetta. Lui si girò lentamente con aria impaurita, ben sapendo cosa stava per succedere. Rimase però sorpreso nel vedere la sua espressione calma e soave. Si aspettava di vedere nei suoi occhi la furia di una belva inferocita, invece niente. Rimase totalmente spiazzato.
Lei gli si avvicinò tranquilla e inizio a parlargli gentilmente.
“Per favore non fargli del male, era solo un gioco. Cerca di perdonarlo, almeno per questa volta.” insistette, prendendolo delicatamente per mano.
“Ok. Va bene.” annui lui, ancora confuso da quella reazione.
Mise a terra Shippo. Anche Miroku e Sango rimasero stupiti nel vedere quella scena. Erano convinti che Kagome si sarebbe avventata sul ragazzo come un tornado impetuoso. Il monaco ebbe un dubbio: che il loro amore fosse così grande, che persino Kagome ha cambiato il suo modo di fare nei confronti di Inuyasha. Intanto il mezzo-demone si voltò rilassato, pensando di averla scampata.
“Però. Pensavo che ti saresti arrabbiata, come al solito, in vece…”.
Non ebbe il tempo di finire la frase che la voce di Kagome tornò a tuonare, pronunciando due sole parole: “A CUCCIA!!!”.
Il rosario mistico si attivò facendo schiantare a terra il povero ragazzo, che rimare rantolante di dolore, mentre si sollevava una nube di polvere. A quel punto sui volti dei presenti l’espressione sorpresa di poco fa svanì in una smorfia sarcastica, e Miroku dovette ricredersi sul suo pensiero.
“Ma che razza di modi! E pensare che poco fa avevo detto che non avresti potuto fare male a un bambino! Inuyasha sei uno stupido!!”.
Terminò il discorso, distogliendo lo sguardo irritato da quella macchia rossa stesa al suolo.
“Kagome, che sta succedendo?”.
Una voce femminile si fece avanti, interrompendo quella spiacevole situazione. Era diversa, e anche il suo aspetto era cambiato negli anni, ma tutti seppero riconoscerla: Rin. In attesa che tutto fosse pronto si era recata in un prato di fiori, nelle vicinanze del villaggio, pensando di coglierne qualcuno e usarli per decorare la tavola.
La sacerdotessa la salutò allegramente la ragazza, per poi rispondere annoiata alla domanda.
“Ah, ciao Rin. Ehm, niente di particolare.”.
Poi la ragazza notò una figura rossa infossata nel terreno e capì subito.
“Ho raccolto questi fiori, per abbellire il centro del tavolo.”.
Le fecero tutti i complimenti per l’idea e la scelta dei fiori. Quando poi Kagome si ricordò che era ormai l’ora, e invitò tutti a entrare. Tutti a parte Inuyasha, ancora con la faccia a terra che tentava di rialzarsi.
Si misero a contemplare il duro lavoro di Kagome. Aveva preparato le sue specialità più prelibate insieme a Masaru, mentre Yoshi si era occupato di sistemare la tavola insieme a Rin.
Adesso lei ha diciotto anni, ed è diventata una splendida giovane donna: alta, ha lineamenti eleganti e raffinati, corpo magro e snello, capelli piuttosto lunghi e un fiore bianco al posto della ciocca di capelli. Vivere al villaggio le ha permesso di imparare a comportarsi educatamente. Di tanto in tanto assiste Kagome nella preparazione di medicine e nelle pratiche di esorcismo. Le sole due cose cui non ha rinunciato sono l’abitudine di andare in giro scalza e i sentimenti per una persona a lei molto cara.

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Capitolo 2
*** VECCHIE CONOSCENZE ***


Vecchie conoscenze
 
Lontano a Est, tra le montagne, sta per svolgersi una grande battaglia. Un’orda di demoni formica sta scendendo dalla parete rocciosa, intenta ad attaccare un villaggio umano. Erano sempre più vicini, quando a un tratto una sfera di luce bianca si diresse verso di loro. Una tempesta di fulmini verdi fuoriuscì da quella sfera luminosa che volteggiava su di loro, e li colpì con un impatto violentissimo. In pochi istanti, tra urla e tormenti, i demoni si disintegrarono completamente. Poi la sfera di luce si diresse più in alto verso la cima del monte, dove la vera lotta doveva ancora iniziare.
Atterrò nel mezzo di una piazzola rocciosa. Tutt’intorno c’erano altri di quei demoni dalle sembianze di enormi insetti, che ringhiavano e imprecarono contro quell’essere che aveva annientato i loro fratelli. Uno di loro, più grande degli altri, si fece avanti con voce roca e furibonda.
“Chi sei tu?! Miserabile!!”.
Come risposta una voce di ghiaccio fendette l’aria come una lama di rasoio, poi alzò quel suo sguardo glaciale. “ Non sono certo tenuto a rispondere a un essere insignificante come te.”.
Il mastodontico demone, furioso per quella risposta, caricò a mandibole e chele spalancate. Il guerriero, con un rapido e fluido movimento, sferzò il corpo del nemico, ferendolo al petto. All’inizio sembrò non aver avuto effetto. Ma quando meno se lo aspettò, finì dissolto in una nube velenosa. Alla vista di ciò, l’immensa orda arretrò in preda al terrore. Tutti si chiedevano chi fosse costui. Con quel portamento e quel modo di muoversi, poteva essere solo lui: Sesshomaru, il glaciale principe dei demoni.
Ben presto la paura si trasformò in odio e l’esercito di demoni passo all’offensiva. Arrivarono a frotte da tutte le parti, fuoriuscendo dai cunicoli scavati nella roccia. Il demone bianco non ebbe nessun cenno di preoccupazione e, con un gesto della mano destra, fece scoccare la sua frusta di luce. Quei suoi movimenti serpentini erano cosi eleganti e rapidi, mentre faceva a pezzi decine di demoni alla volta, sotto lo sguardo di quei suoi occhi ambrati privi di qualsiasi emozione.
Non è cambiato un gran che in tutti questi anni: il suo carattere freddo e distaccato e i suoi modi di fare sono sempre gli stessi. Ha vagato in lungo e in largo alla ricerca di avversari potenti da sconfiggere. Secondo la sua parola perché non vuole che ci siano altri demoni potenti oltre a lui o per diventare ancora più forte. Secondo Kagome la sua intenzione reale e di impedire che questi attacchino gli umani, anche se lui non lo ammetterà mai. Finora nessuno è riuscito a resistergli a lungo. Con Bakusaiga al suo fianco, centinaia di migliaia di nemici hanno dovuto piegarsi di fronte a lui. Come sempre al suo seguito ci sono il fedele Jaken, il piccolo demone Kappa, e Ah-Un la cavalcatura a due teste. Anch’egli è rimasto lo stesso: ruffiano, devoto, e fifone. Riparato su di un’altura, con Ah-Un, faceva il tifo per il suo signore.
“Ah, ah, ah, stupidi demoni. Nessuno può tenere testa al potentissimo, nobile Sesshomaru! Tremate, di fronte alla sua potenza immane, e…”.
Non ebbe il tempo di finire la frase, che si accorse che i demoni si stavano arrampicando sulla roccia per raggiungerlo. Fortunatamente sapeva come rispondere. Con tono chiaro e fermo, invocò il potere del bastone delle teste.
“Nintojo!!”.
Fiamme roventi partirono dal bastone e andarono a incenerire tutti i nemici. Fece un attimo di pausa per autocongratularsi, quando si accorse che ne stavano arrivando altri.
Intanto il demone-cane stava andando avanti a decimare nemici, a colpi di frusta e di Dokkaso, gli artigli velenosi. Durante un momento di distrazione, un altro demone formica gigante tentò di prenderlo alle spalle. Un tentativo che sarebbe andato sicuramente a vuoto, poiché Sesshomaru se ne era già accorto. Era intento a girarsi di scatto per poi ridurlo in pezzetti, ma a un tratto il suo fiuto eccezionale captò un odore famigliare, appena giunto per prendere parte alla lotta. Due dischi dentati, partirono sibilando nell’aria. Andarono a colpire il gigantesco nemico da entrambi i fianchi, tagliandolo in tre parti. Una volta tornati indietro, ebbe modo di vedere in volto il secondo dei due ragazzini umani che aveva incontrato anni fa: Kohaku, fratello minore di Sango.
Aveva sentito in giro di quel nido di demoni che stava causando un sacco di vittime tra gli umani. Così vi si è recato, con Kirara, per occuparsi della loro eliminazione.
Atterrato proprio in fianco a lui e lo salutò “Signor Sesshomaru.”.
“Kohaku.”.
Poi dopo una breva pausa gli rispose, come per dire di togliersi dai piedi. Probabilmente riferendosi all’intervento di poco fa, non necessario.
“Questi sono i miei avversari, non intrometterti!”.
Il ragazzo gli si avvicinò, ignorando l’avvertimento del demone. La maschera in volto attutiva il tono della sua voce “Mi pare che ci siano abbastanza prede per entrambi.”.
Sesshomaru mise un ringhio seccante contro di lui, nonostante la calma apparente che aveva in volto.
“Non ho bisogno del tuo aiuto!”.
Sembrava quasi che volesse indurlo ad andarsene. In realtà non gli dispiaceva che fosse lì, anzi avrebbe avuto modo di vedere i suoi progressi.
Dall’ultima volta che si erano incontrati, quando lo aveva preso sotto la sua protezione, i due si erano incrociati altre volte in battaglia. Perciò adesso il demone ne tollera la presenza, riconoscendo la sua bravura nel combattere nonostante sia un essere umano. Potrebbe darsi che vi sia affezionato. Forse, in fondo, qualcosa in lui è cambiato.
“Lo so perfettamente.” gli rispose con tono calmo e rilassato, del tutto incurante dell’apparente espressione minacciosa del demone-cane.
Finita la breve riconciliazione, lo sterminatore si schierò in posizione d’attacco.
Da ragazzino inesperto di undici anni, ora è diventato un giovane adulto abile e preparato nell’eliminare ogni genere di demone o spirito maligno. Ha compiuto numerosi viaggi per addestrarsi e imparare le varie tecniche dei migliori clan addetti all’eliminazione dei demoni. Raggiungendo anche una certa fama, per i suoi servizi e la sua abilità. Per contro Kirara è rimasta la stessa.
Dopo il breve saluto, entrambi i combattenti si prepararono per lo scontro. Il ragazzo sguainò la sua katana, poi i due si lanciarono all’attacco in direzioni opposte. Kohaku caricò uno dei nemici che gli si parava di fronte, la sua lama sferzò l’aria fino a incrociarsi con il corpo del nemico. Contro un demone formica, una spada comune non avrebbe intaccato la sua corazza e avrebbe finito per rompersi. Tuttavia quella di Kohaku aveva un potere nascosto che si poteva scorgere esaminandola attentamente. Sulla lama era cosparso un veleno speciale, ideato da un vecchio amico di famiglia, che aveva riparato l’arma di sua sorella tempo fa. Questo veleno sugli umani non ha particolare effetto, ma per i demoni è letale: brucia e corrode le carni più coriacee e le ossa più dure. Di fatti, appena la spada incrociò il corpo del nemico, essa lo tranciò facilmente, come un coltello nel burro. Era sorprendente vedere quel umano muoversi così agilmente, ed eliminare quegli insetti uno a uno. Intanto Kirara, gettatasi anche lei nella mischia, non si dava tregua ad assalirli con zanne e artigli. Grazie agli anni di esperienza, ora è in grado di controllare le sue fiamme, creando cerchi infuocati per ustionare e far indietreggiare gli avversari.
Dopo circa quindici minuti di lotta, Kohaku pensò che fosse ora di fare sul serio. Chiamo a se la sua fedele compagna e, una volta salito in groppa, sciolse dalla schiena la sua Kusarigama, una specie di enorme falce frastagliata, fatta in ossa di demone, cui era attaccata una catena. La fece roteare sulla testa per poi lanciarla contro l’orda. Decine di nemici furono smembrati in quel vortice affilato, prima di essere richiamata dal suo portatore. Giusto in tempo, giacché un demone si era arrampicato su di un picco e stava per sferrare un attacco alle sue spalle. La sorpresa pero arrivo prima dal ragazzo: mentre teneva la grossa arma con la mano destra, con la sinistra lanciò la parte opposta della catena verso il demone. Lo prese per una zampa, poi con uno strattone di Kirara lo scagliò in aria, sopra di lui. Finì tranciato in due, dalla falce ossea dello sterminatore.
Ci vollero altri cinque colpi di Kusarigama e di Dokkaso per sgomberare totalmente il campo. Sembrava che fosse finita. Rimaneva pero un’ultima cosa da fare: uccidere la regina.
Non ci fu bisogno di stanarla perché, sentito gli atroci tormenti dei suoi figli, aveva già lasciato la parte più profonda e protetta del nido per affiorare in superficie e vendicarsi sui due intrusi.
Lei era enorme: grande almeno il doppio dei soldati, che a loro volta erano il doppio degli operai. Inoltre aveva le ali.
“Voi maledetti. Come avete osato!!” rivolgendo tutto il suo odio verso di loro “Prima di uccidervi, vi farò strisciare ai miei piedi!”.
Detto questo, si precipitò verso di loro dall’alto. Entrambi la schivarono agilmente. Kohaku tentò di colpirla con la sua arma, ma questa rimbalzò senza provocare alcun danno. La regina si voltò verso lo sterminatore e spiccò un balzo per ghermirlo, ma lui riuscì a spostarsi in tempo. A quel punto entrò in scena Sesshomaru.
“Levati di mezzo Kohaku, non sei all’altezza di questo.” criticò l’attacco andato a vuoto del ragazzo.
Ricorse alla sua frusta di luce, tuttavia anche questa fu inefficacie. Ora la regina si rivolse a lui. Lo schernì con le parole poi sputò dalla bocca un acido verdastro. Anche sta volta mancò l’obiettivo, andando a centrare il picco su cui si trovava Jaken. Riuscì a scampare a quella morte certa, ritrovandosi in cielo con Ah-Un, ancora paralizzato e scosso dalla paura mentre guardava la roccia venire sciolta dall’acido. Kohaku si fece avanti caricando a tutta velocità. Presa dall’ira, anche la regina dei demoni formica partì all’attacco. Pochi metri prima di scontrarsi, Kirara cambiò traiettoria verso l’alto, schivando. Era quello che voleva lui: sapeva che anche se la sua corazza era impenetrabile, le sue ali, come quelle di un insetto comune, non avrebbero avuto la stessa resistenza. Il giovane sterminatore scagliò ancora una volta l’enorme falce ossea ma questa volta colpì in pieno il nemico, riducendone le ali a brandelli, come fossero di carta. Il gigantesco demone gridò di dolore e rabbia, mentre precipitava al suolo. Cadendo scosse la terra, producendo un grande tonfo, talmente forte da causare delle piccole frane tutt’intorno. Ciò nonostante, la caduta non sembrò avergli procurato un gran danno, ma senza ali adesso era più vulnerabile.
Ancora una volta rivolse ai due le sue grida di vendetta. Sesshomaru si avvicinò, ignorando quelle che lui chiamava ‘’grida insignificanti’’. E ancora una volta, rimproverò Kohaku.
“Ti ho già detto che non ho bisogno del tuo aiuto!”.
A questo punto capì che era il momento. Accosto la mano desta al fianco sinistro e da li estrasse Bakusaiga, la zanna dirompente. Senza indugio sollevò il braccio, pronto per scagliare il colpo.
“Sarai tu a morire, maledetto impudente!” gli ruggì contro la regina, sparandogli un altro dei suoi colpi acidi.
Che gesto inutile, stava pensando tra se il potente demone-cane. Con un movimento rapido, fendette l’aria, sprigionando un’energia impressionante dalla sua Katana. La luce oltrepassò l’attacco nemico, disperdendolo come se niente fosse. Poi andò a colpire l’enorme regina che, emettendo le sue ultime grida, si disintegrò in pochi istanti.
La battaglia era davvero finita.
Jaken si congratulò, giunto a terra, col suo padrone, ovviamente ora che non c’era più pericolo. Si pavoneggiava come se fosse lui il vincitore “Complimenti padrone, li avete sistemati tutti. Ma ovviamente non c’è da stupirsi, poiché voi siete il demone più potente del mondo.”.
Kohaku s’intromise, esponendo la sua opinione. Aveva una voce calma, quasi sollevata, per aver impedito che si compisse un altro massacro.
“Comunque, quei demoni non saranno più un problema. E’ questo che conta.”.
“Fa silenzio tu!! Non avevi alcun diritto di interferire nello scontro di padron Sesshomaru. Questa era la sua battaglia, e l’ultima cosa di cui avrebbe avuto bisogno è l’aiuto di un umano!!!”.
“Jaken, sta zitto!”.
Al solo sentirlo gli vennero i brividi dalla paura. Titubante, trovò la forza per parlare, in soggezione di fronte al suo signore.
“Perdonatemi padrone.”.
Poi il demone si mise a scrutare il cielo con lo sguardo vuoto.
“Erano solamente dei miseri insetti. Questa battaglia è stata solo una perdita di tempo.”.
Sembrava piuttosto amareggiato, quasi annoiato. Il suo desiderio di diventare più forte lo spingeva a lottare contro avversari potenti, sperando di incontrare un degno rivale. Fino ad ora pero ha trovato solo delusione. Nessuno che fosse degno della sua forza. Ormai questo modo di vivere lo stava annoiando. C’era una cosa tuttavia che era rimasta impressa nella sua mente per anni. Non riguardava né combattere, né diventare potente, bensì qualcosa di più profondo. E si trovava proprio nella direzione in cui stava guardando.
 
Nel frattempo, alla festa tutti si stavano divertendo. I piatti che Kagome aveva preparato erano da leccarsi i baffi. Inuyasha non riusciva proprio a moderarsi, tantè che rubò persino il cibo dal piatto di Shippo, come suo solito. Questo gli costò un altro scherzo da parte del demone volpe, che per poco non gli fece ricevere un altro pugno in testa. Sarebbe stato un bel guaio, perché sapeva cosa lo aspettava se l’avesse fatto. Kagome sapeva come farsi rispettare da suo marito. Così scoppiò una risata generale per il povero Inuyasha che non poteva fare altro che subire le angherie di Shippo. A un certo punto Kagome notò che Rin era stranamente assente, come se avesse altro per la testa.
La sacerdotessa si accostò per parlarle e la ragazza si voltò verso di lei.
“Rin, qualcosa non va?”.
“N… no, niente.”.
La sua risposta titubante non era per niente credibile, e Kagome lo aveva capito.
“Tranquilla. Non devi avere timore di parlare con noi. Se hai qualcosa da dire, puoi farlo tranquillamente. Siamo qui apposta per aiutarti.”.
Sentendosi rassicurata da quelle parole, Rin prese un profondo respiro e iniziò a raccontare.
“Ecco il fatto è che io… io….”.
Proprio quando stava per giungere al punto, s’interruppe. Solo dopo alcuni secondi, in cui tutti stavano ad osservarla con ansia, trovò la forza per parlare.
“Ho deciso di chiedere al signor Sesshomaru di prendermi come sua sposa!”.
Per un momento rimasero impassibili, poi increduli. Solo Kagome non rimase di sasso dalla notizia, esprimendo le sue congratulazioni per quella decisione, lei stessa comprende quanto sia meraviglioso sposarsi con l’uomo che si ama. Ben presto anche gli altri si congratularono con lei, in effetti anche loro se lo aspettavano che questo giorno sarebbe arrivato prima o poi. Il sorriso si dipinse sui volti dei presenti, ma Kagome intuì che non era solo quella la causa del suo malumore.
“Aspetta. C’è qualcos’altro che ti preoccupa. Ho indovinato?”.
“Sì. Il fatto e che: voi sapete com’è fatto e come la pensa sugli umani. Ho paura che lui decida di non accettare.”.
Subito si resero conto della gravità del problema. Dal loro primo incontro, quando lei era solo una bambina, è stato amore a prima vista. A quell’età non ci si sofferma a pensare ai problemi del futuro. Credeva che il demone avrebbe provato gli stessi sentimenti per lei per sempre. Ma adesso le cose sono cambiate, Rin è grande, ha diciotto anni, e deve fare i conti col fatto che il suo amato detesta gli esseri umani. Da qualche tempo questo fece vacillare le sue speranze, e ora non sa più cosa pensare, temendo che possa avverarsi il peggio.
Il suo senso di amarezza era così forte da essere palpabile. Kagome le mise una mano sulla spalla cercando di tranquillizzarla. Come genitore il suo istinto di madre la portò a sostenerla.
“Non preoccuparti. Sono certa che Sesshomaru saprà prendere la decisione giusta. Nonostante i suoi difetti, io ho fiducia in lui, e tu devi fare lo stesso. Devi avere fede nel suo cuore.”.
A sentire quelle dolci parole, Kagome riuscì a riaccendere il sorriso sulle sue labbra, e una luce di speranza dissolse le nuvole che albergavano nei suoi pensieri.
“E se si azzarderà a rifiutare, ci penserò io a fargli cambiare idea. Gli insegnerò che non si tratta così una ragazza!”.
Commentò ardita più che mai. Era come se nei suoi occhi si fosse acceso un incendio di passione e un istinto di protezione verso la ragazza. Quella risposta scatenò una risata che coinvolse anche gli amici, e le paure che Rin portava nel cuore sembrarono scomparire.
 
Ma all’insaputa di tutti, altre nubi oscure si stavano formando all’orizzonte. Nessuno poteva pensare che a poca distanza da lì, stava per accadere qualcosa che avrebbe cambiato il corso del destino dei nostri eroi per sempre.

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Capitolo 3
*** FINE DELLA TREGUA ***


Fine della tregua
 
Dapprima avvertirono una grande aura provenire da Ovest. Fulmini e saette caddero nel mezzo della foresta, avvolgendo a spirale il pozzo mangia-ossa. Alla fine, dalle viscere della terra si sprigiono un enorme raggio di luce azzurra diretta verso il cielo, accompagnato da un gran fragore. Durò tutto in meno di un minuto, al termine del quale si udì uno strano ringhio sibilante che pero solo in due lo avevano udito.
 “Ma cosa!”.
Esclamo Shippo sorpreso. Seguito da Miroku
“Che sta succedendo?”.
Tra tutti, solo Sango ebbe modo di notare un particolare degno di nota.
“Proveniva dalle parti del pozzo.”.
Erano ancora a osservare increduli e quasi non si accorsero che Inuyasha spiccò un balzo e si mise a correre in quella direzione.
“Aspetta Inuyasha, dove vai!?” cerco di chiedergli Kagome.
 
Non era un fatto normale: dall’ultima volta che era stato utilizzato, il pozzo non si è più riaperto. Ma se quella luce proveniva davvero dal pozzo, significa una cosa sola: qualcuno o qualcosa lo aveva attraversato. Era questo il pensiero che Inuyasha aveva nella mente, mentre si avviava a tutta velocità. E c’era anche un altro fatto insolito: il raggio di luce emanava un’energia sconosciuta, né demoniaca o spirituale, quasi proveniente da un altro mondo.
In poco tempo giunse in una distesa erbosa libera dagli alberi, e al centro sorgeva l’antico pozzo, realizzato con il legno di un albero secolare. Non c’era nessuno, e nemmeno una traccia di tutta l’energia percepita fino a un attimo fa, come se si fosse volatilizzata.
Si avvicinò cautamente, pronto a reagire. Ma sembrava totalmente sicuro, e si calmò.
Poco dopo arrivarono anche Kagome, Sango e Miroku, tutti su Shippo trasformato in un pallone: ora sapeva controllare questa trasformazione, riuscendo a modellare il suo corpo, che si presentava più simile a un tappeto lungo e piatto.
Kagome si precipitò da lui.
“Inuyasha!”.
Pensando ancora all’evento di poco fa, Miroku formulò una domanda.
“Inuyasha hai visto qualcosa?”.
“No, purtroppo. Pero c’è uno strano odore qui.” indicando con la mano l’interno del pozzo “Che non ho mai sentito.”.
Anche Shippo provò a odorare l’aria “Che strano quest’odore ricorda quello di una lucertola o un serpente.”.
Sango elaborò una teoria migliore.
“Intendi forse dire l’odore di un rettile?”.
“Sì ma più intenso, e ha una fragranza molto particolare.” aggiunse Inuyasha.
Poi tutti girarono lo sguardo verso il pozzo con lo stesso pensiero in mente, solo Miroku ebbe il coraggio di dirlo.
“Pero una cosa è certa, se quella luce proveniva da qui, significa che il pozzo è stato riaperto.”.
Si guardarono attorno, in cerca di una qualunque presenza. Nonostante ciò non c’era anima viva nei dintorni, nemmeno una minima traccia del passaggio del responsabile.
Kagome ebbe uno strano presentimento. Shippo lo notò.
“Che succede Kagome? Avverti qualcosa?”.
“No, niente, era solo la mia impressione.”.
Non sanno di essere osservati.
 
Improvvisamente dal cielo comparve una sfera di luce bianca. Si avvicinò rapidamente, proprio nella loro direzione. Arrivata a toccare terra, delicatamente si posò sul terreno e tutti videro apparire Sesshomaru con stupore. Restarono sorpresi, nessuno si aspettava l’arrivo del principe dei demoni. Lui si avvicinò al pozzo osservandolo attentamente per poi alzare lo sguardo. Si mise a scrutare i dintorni, come se sapesse che c’era qualcosa la fuori, qualcosa di terrificante.
Inuyasha si fece avanti per saperne di più “Ei Sesshomaru che ci fai qui?”.
“Che cos’hai visto?” chiese il fratello maggiore.
Lui si limito a dirgli della tempesta e il raggio di luce. Poi senza aggiungere niente si voltò con l’intenzione di andarsene.
“Aspetta Sesshomaru! Penso che tu sappia che sta succedendo. Perciò voglio saperlo anch’io!”.
Non lo degno nemmeno di uno sguardo e gli rispose freddamente, come da sua abitudine.
“Non ti riguarda.”.
“Che cosa?!”.
“Faresti meglio a preoccuparti per te stesso Inuyasha. Questa è una cosa che riguarda solo me!”.
Detto questo, si ritrasformo in una sfera di luce. E prima che Inuyasha potesse chiedere spiegazione, lui era già svanito.
“Ma tu guarda quel dannato!”.
“Beh, d’altronde lui è fatto così.”. Gli rispose Sango.
Un secondo dopo da dietro le spalle, i compagni udirono un fruscio. Era Rin, dopo aver visto la bianca sfera atterrare nel bosco, aveva corso per arrivare il prima possibile. Sapeva bene di chi si trattava. Rimase delusa di non essere arrivata in tempo.
Poi dal cielo videro arrivare anche Jaken e Kohaku. Sango fu felice di rivedere suo fratello dopo un po’ di tempo che non si faceva vedere e anche Rin saluto il piccolo demone, suo vecchio amico. Ovviamente a lui importava solo del suo padrone e chiese dove fosse. Inuyasha non perse tempo con i saluti, sollevò Jaken da terra e iniziò a interrogarlo.
“Perché Sesshomaru è venuto qua?! Dove sta andando?!”.
Kagome lo rabbonì a suo modo. E di nuovo il mezzo-demone si ritrovò con la faccia a terra.
“Adesso basta Inuyasha. VAI A CUCCIA!!”. “E mai possibile che debba sempre pensarci io?”.
“Per favore puoi dirci perché Sesshomaru si comporta così?”.
“Questi non sono affari vostri! Per quale motivo dovrei dirvelo?”.
Poi fu la volta di Rin. Anche se voleva mantenere il riserbo sulla faccenda, dovette cedere. Poiché avevano trascorso molto tempo insieme, il suo atteggiamento era diverso nei suoi confronti. Senza contare che temeva di essere punito dal suo padrone se non si fosse comportato bene con lei. Così, dopo un sospiro arrendevole, cominciò a confessare.
“Uff. E va bene ve lo dirò: non ho la minima idea di dove sia diretto padron Sesshomaru, né per quale motivo sia venuto qua. A pensarci bene, è da quando ha visto quella colonna di luce azzurra comparire in lontananza che si comporta stranamente.”.
“Una luce azzurra? L’avete vista anche voi?” chiese Miroku.
Fu Kohaku a parlare, questa volta.
“Sì. Eravamo alle montagne a Est. Avevamo appena sconfitto un’orda di demoni, quando e comparsa. Il signor Sesshomaru è rimasto fermo a guardare per qualche secondo, poi improvvisamente è partito in questa direzione.”.
Jaken confermò la versione del ragazzo. Il suo sguardo turbato rivelò che c’era anche dell’altro che doveva dire. Rin se ne rese conto è implorò l’amico di parlare.
“C’è qualcosa che non va Jaken?”.
“Be, ecco io….. ho visto qualcosa, che non credevo sarebbe mai potuto accadere.”.
Kagome lo incoraggiò a parlare. Lei e gli altri, erano tutti impazienti di ascoltare ciò che aveva provocato un così grande timore a Jaken. Non che fosse un tipo coraggioso, ma non lo avevano mai visto così preoccupato.
In fine si decise.
“Vedete, ciò che temo più di padron Sesshomaru è il suo sorriso. Si sa che quelle rare volte che sorride significa ‘’guai in vista’’. Nel momento in cui la strana luce è apparsa, ho visto il suo volto e….”.
Inuyasha tagliò corto, credendo di intuire la fine della frase.
“E quindi? Che cosa ha fatto si è messo a sorridere?”.
“No peggio. Io ancora non credo ai miei occhi. Sul suo volto era dipinto il terrore nella sua espressione più pura. Padron Sesshomaru era pietrificato dalla paura.”.
Questo fece impensierire tutti quanti. Nessuno poté crederci: Sesshomaru spaventato. Non si era mai sentita una cosa simile. Se la misteriosa luce aveva terrorizzato il potente Sesshomaru, sempre rimasto freddo e impassibile, perfino di fronte alla morte, potrebbe essere il presagio dell’arrivo di un’imminente catastrofe.
 
Improvvisamente tra gli alberi spira uno strano vento caldo, e con esso odore di bruciato. Inuyasha lo avverte, guardando in direzione del villaggio, vide il fumo e le braci invadere il cielo. Subito il gruppo ripercorre la strada di casa, preoccupati per i loro figli. Appena fuori dal bosco si trovarono di fronte uno scenario disastroso: case semi distrutte, alcune in fiamme e il riecheggiare nell’aria di urla di terrore e ruggiti imponenti. Quella visione riporto alla loro mente i ricordi di tutte le stragi cui avevano assistito anni prima. Scenari che non avrebbero mai sperato di rivedere, tantomeno a casa loro, con i loro figli intrappolati li.
Molti degli abitanti erano riusciti a mettersi in salvo, comprese le gemelle, ma ce ne erano altri che mancavano all’appello. Tra questi i figli di Kagome e il piccolo Touya.
“Bambine, cosa è successo?!”.
Nanami gli rispose ancora scossa.
“Ci sono dei mostri Papa!”.
“Mostri?” chiese Sango.
Nozomi parlò al posto della sorella.
“Sì. Sono spuntati fuori all’improvviso dal bosco e hanno iniziato a distruggere tutto!”.
Inuyasha non poté più aspettare. Si lanciò nel mezzo della confusione, assieme a Kagome. Nel frattempo gli altri, esclusa Rin, si diedero da fare per mettere in salvo le persone. I due genitori gridarono a squarciagola, cercando un qualche segno. Alla fine, nel mezzo della mischia, Kagome riuscì a trovare i bambini, nascosti in una casa. Li strinse forte a sé, rassicuratasi che stessero bene. Ma si rese conto troppo tardi di aver attirato l’attenzione di qualcos’altro. Dalle fiamme emerse un’enorme bestia simile a un gigantesco mastino dalla pelle color porpora, con la testa schiacciata, grandi denti sporgenti e una lunga coda armata di aculei. Il mostro si avvicinò lentamente, ringhiando e spalancando le fauci, pregustando il momento di uccidere. La ragazza era terrorizzata e senza le sue frecce non poteva fare niente per fermarlo. Con uno scatto fulmineo, la creatura partì a tutta velocita verso di loro. Stava per saltargli addosso, quando Inuyasha sbucò dal nulla e lo colpì con gli artigli proprio sulla testa.
“Presto Kagome, allontanatevi!”.
Entrambi gli avversari caricarono, l’uno contro l’altro, con gli artigli sfoderati. Il gigantesco cane mancò il bersaglio, mentre Inuyasha lo centrò in pieno alla zampa destra. Il colpo non ebbe alcun effetto e la creatura si girò spalancando le fauci. Allora non rimaneva che una sola cosa da fare per Inuyasha: estrarre Tessaiga. Il nemico indietreggiò nel vedere la vecchia spada arrugginita trasformarsi in una zanna enorme.
“Che c’è? Non mi dirai che hai paura?”. “In questo caso: preparati a morire!!”.
Schermì il suo avversario, per poi lanciarsi contro di lui a spada alzata.
 
Nel frattempo Kohaku, Miroku e Sango avevano portato in salvo le ultime persone. Quand’ecco comparire un altro mostro caniforme. Pensando di poterlo sconfiggere da solo, Miroku ricorse ai suoi Fuda. Ma anch’essi, come Sankon-Tessou di Inuyasha, non ebbero il minimo effetto. Subito il ragazzo corse in suo aiuto, lanciò i dischi rotanti, risultando inutili contro la pelle del mostro, dura come la pietra. Il ragazzo non si scompose e decise di utilizzare subito la sua enorme Kusarigama. Ma prima che potesse scagliare il colpo, un'altra creatura lo colpì di sorpresa. Questa volta si trattava di un enorme uccello nero con il becco pieno di denti asserragliati tra loro e una coda da rettile. Il colpo era così forte che per poco il ragazzo stava per cadere da Kirara. La situazione era critica, Miroku non avrebbe potuto battere il mostro da solo, e Kohaku non poteva andare in suo aiuto finche quell’uccellaccio gli sbarrava la strada.
 
Anche Shippo e Jaken furono attaccati da un altro mastino infernale, mentre erano nel villaggio. Il piccolo demone Kappa provò a usare il bastone Nintojo, ma la creatura restò impassibile mentre le fiamme lo avvolgevano per poi balzare fuori senza aver riportato alcun danno. Jaken rimase impietrito dalla paura, e non fece in tempo per scappare che il mostro gli piombò addosso bloccandolo al suolo.
“Aaaa!! No risparmiami!! Aiuto!!!!”.
Poco prima che fosse divorato, Shippo intervenne in suo aiuto ricorrendo a una delle sue magie.
“Ci penso io. Magia di volpe: ceppo strangolatore!!”.
Tirò sul dorso della creatura un piccolo seme che in pochi secondi iniziò a crescergli sulla schiena, diventando un albero rampicante che finì per avvolgere il nemico completamente, stritolandolo come fossero spire di serpenti. Jaken rimase stupito, non sapeva che quel cuccioletto fosse diventato tanto abile.
“Eheheheh, neanche un bestione come te ha potuto niente contro il grande Shippo. Mentre tu Jaken sembra stia perdendo colpi.”.
“Guarda che non avevo bisogno del tuo aiuto, era tutto sotto controllo, io….”.
Prima che finisse di parlare, fece un sobbalzo dallo spavento. Anche Shippo rimase di stucco quando si girò e si rese conto che non era finita. Con grande facilità la creatura strappò le radici, liberandosi dalla morsa. Ora il suo sguardo più furioso che mai era rivolto verso i due malcapitati. Ma prima che potesse avventarsi su di loro, un raggio di luce colpì alle spalle il grosso cane, trapassandolo da parte a parte, per poi dissolversi in una luce rosa accecante. Quando si diradò, nella direzione da cui era partito il raggio, si riconobbe subito che si trattava di Kagome. Le sue frecce magiche erano ancora efficaci come un tempo.
“State bene voi due?!”.
Fu Shippo a risponderle.
“Certo, era tutto perfettamente sotto controllo.”.
“O certo, come no.”.
Il ragazzino-volpe, indispettito da quel commento, lanciò un’occhiataccia al Kappa che ricambiava.
“Avete visto Inuyasha? Sapete dov’è?”.
Nessuno dei due ne sapeva nulla. Allora Kagome fece una richiesta.
“Shippo, per favore, potresti trasformarti e portarmi in alto?”.
Il ragazzino non perse tempo, subito prese la forma di un pallone rosa su cui la ragazza saltò sopra. Mentre Jaken si rifiutava categoricamente di salire.
“No grazie. Non ho bisogno del vostro aiuto per andarmene da qui.”.
Shippo riprese a punzecchiarlo “Come ti pare. Allora buona fortuna contro gli altri mostri.”.
Ripensandoci meglio, Jaken si rese conto che potevano essercene altri di quei bestioni e cambio subito idea in merito. Riuscì ad aggrapparsi a quella specie di pallone per un pelo, mentre stava decollando. Dall’alto Kagome scrutava il suolo in cerca del suo amato, l’unica cosa che vedeva era il fumo che saliva e la desolazione provocata dalle creature. Poi scorse da lontano la battaglia tra Kohaku e il mostro alato che infuriava. Il ragazzo tentava in tutti i modi di colpire quella bestia che era troppo agile e coriacea quanto il gigantesco mastino contro cui Miroku stava lottando, sotto di loro. Per il monaco si stava mettendo male: i suoi riti purificatori non hanno effetto sulla pelle del mostro. La sola speranza possibile per lui era la “furia di Taishaku”, una tecnica segreta del suo bastone magico. Pero per poterla usare doveva aspettare un minuto per prepararsi e i continui movimenti della creatura non gli rendevano le cose facili. In un momento di distrazione il grande cane infernale lo caricò violentemente scagliandolo contro un muro. Miroku cercò di riprendersi dal colpo e di reimpossessarsi del bastone, ma il mostro lo teneva bloccato a terra. Sembrava che non ci fossero speranze per lui. Quando all’improvviso, un oggetto roteante colpì il mostro alla coda, tagliandogliela prima che potesse trafiggere Miroku. La creatura gridò di dolore mentre quel che restava della sua coda si scioglieva lentamente, estendendosi nel resto del corpo. L’enorme arma fece una curvata in aria tornando da dove era partito, dritto da Sango. Era proprio lei, con la sua vecchia tenuta da sterminatrice e Hiraikotsu alla sua mano.
“Accidenti! Me la sono vista davvero brutta, questa volta.”.
 “Wow! E’ stato davvero forte!!”.
“Touya! Stai bene? Sei ferito?”.
“Hai visto Papà cosa ha fatto la Mamma? Tu sapevi che poteva farlo? Posso imparare a farlo anch’io?”.
Tutte quelle domande erano un chiaro segno che stava bene.
“Ascoltami figlio. Devi restare giù. Non muoverti finché non te lo dirò io.”.
Detto questo, il monaco si rialzo per tornare alla carica, con il piccolo che lo incitava.
“Vai Papà! Vai Mamma! Distruggeteli tutti, quei brutti mostri!!”.
Intanto Sango scagliò di nuovo l’enorme arma contro la creatura volante. Il mostro evitò il primo colpo e si diresse contro la sterminatrice per toglierla di mezzo. Essa non si mosse, rimase immobile come se stesse aspettando. E in fatti, poco prima di raggiungerla, si rese conto di aver trascurato qualcosa. Di fatti il ragazzo era finalmente riuscito a colpirlo alle ali, agganciandovi due rampini legati a dei cavi metallici, e ora lo teneva sospeso in aria. Non era questo ciò che non si aspettava: mentre si dimenava nel tentativo di liberarsi, Hiraikotsu lo tranciò di netto in due parti uguali che nel giro di pochi secondi si dissolsero completamente.
A questo punto rimaneva da eliminare il mastino gigante. Ora che era stato avvelenato, non riusciva più a reagire come prima. Miroku colse l’occasione per finirlo. Piantò il bastone nel terreno, nella direzione del nemico, e si stava preparando a colpire. La punta d’orata inizio a illuminarsi e sprigionare fulmini e saette. Una volta raggiunta la massima potenza, il monaco diede il comando e le saette si scagliarono contro l’enorme mostro, che fu avvolto da intense fiamme blu. In pochi istanti il corpo di quell’essere finì purificato e ridotto in cenere. Finalmente i tre poterono tirare un sospiro di sollievo. E anche Sango si tranquillizzò nel rivedere suo figlio sano e salvo.
“Piccolo mio! Stai bene?”.
“Mamma, sei stata mitica!!! Non sapevo che eri così brava. Quanti demoni hai ucciso nella tua vita? Scommetto più di mille.”.
A quelle domande, le risposte sarebbero arrivate presto, ma non ora. Non era ancora finita del tutto. La battaglia di Inuyasha stava per giungere al termine.
Il mezzo-demone aveva ferito l’animale in diversi punti delle braccia e della schiena, riuscendo a indebolirlo, e ora era intento a infliggergli il colpo di grazia. I due avversari si stavano preparando per usare tutte le energie rimastegli. Partirono entrambi a grande velocità, uno contro l’altro per l’ennesima volta.  Inuyasha riuscì a passargli sopra e con un colpo di Tessaiga fendette in pieno il dorso del nemico, lasciando un taglio lungo e profondo. Non appena ebbero toccato terra, Inuyasha rinfoderò la spada incurante del mostro che ora giaceva al suolo. Lo scontro era finito.
Senza preavviso sopraggiunse Kagome, in groppa a Shippo. Era finalmente riuscita a trovarlo.
“Inuyasha!! Va tutto bene?”.
“Sì, non preoccuparti. Quel demone non era un granché come avversario. Piuttosto, tu come stai? E i piccoli?”.
“Sì, stiamo tutti bene.”.
“Non preoccuparti Inuyasha. Finché ci sarò io, Kagome non corre alcun pericolo.”.
Jaken era riuscito a stare aggrappato a Shippo, senza cadere di sotto per miracolo, e si mise di nuovo a irritarlo.
“O certo! Come hai fatto prima con me? Che quasi ci lasciavi le penne anche tu!”.
Mentre i due si scambiavano occhiate feroci, non si accorsero in tempo che Inuyasha gli diede un pugno in testa ciascuno. Entrambi si lamentarono per il dolore. Poi il mezzo-demone si mise a rimproverarli.
“Ma che vi è saltato in mente! Portare Kagome in un luogo così pericoloso! Dovrei scuoiarvi vivi entrambi!!”.
“Inuyasha!! Ma che maniere! E poi se vuoi saperlo, sono stata io a dire loro di portarmi qui.”.
“Ti rendi conto che poteva essere pericoloso per te Kagome.”.
“Guarda che so difendermi da sola. E tu lo sai.”.
“Ed io non ho bisogno né del tuo aiuto, né di questi due mostriciattoli!”.
Shippo non ne poté più e si mise a urlare arrabbiato contro quel tipo impertinente.
“Inuyasha sei un vero egoista!! Arr!!! Certe volte vorrei tanto…”.
“State giù!!!”. Gridò Inuyasha, gettandosi addosso a Kagome e gli altri per tenerli a terra.
Inizialmente non capirono, finché non videro una grossa ombra ringhiante passare sopra di loro. La creatura era ancora viva. Se non fosse stato per i sensi di Inuyasha, avrebbe potuto finire in tragedia.
“Maledetto! Sei ancora vivo! Non ti lascerò scappare!!”.
Il mostro si diresse verso la foresta con il ragazzo al suo inseguimento. Voleva finire quello che aveva iniziato. Corse a grande velocità, seguendo l’odore. Finché, arrivato in una piccola radura erbosa, la traccia si fermava di colpo. Si avvicinò cautamente, cercando di avvertire il minimo rumore, scrutando attentamente i dintorni per individuare quella macchia color porpora tra le foglie. Con uno scatto improvviso si scansò da lì, evitando per un pelo l’attacco.
“E’ da codardi colpire alle spalle!!”.
A questo punto decise di farla finita. Non poteva farlo prima per non rischiare di ferire qualcuno, ma ora erano soli, e niente poteva più frenarlo. Con Tessaiga in pugno, egli raccolse tutte le forze. Poi con un fendente ben assetato, scaglio contro il nemico la Cicatrice del Vento. Un lampo accecante si sprigionò dalla spada andando a colpire la bestia moribonda, riducendola in pezzi. Una volta diradatori il rombo del colpo e la polvere sollevata, Inuyasha si rese conto di aver vinto.
Eppure sentiva di non essere solo. Guardando tra gli alberi intravide qualcosa che lo stava osservando in lontananza. Una figura umana con gli occhi rosso sangue, avvolto in un mantello nero con cappuccio.
“Chi sei tu?! Mostrati!!”.
In poco tempo, la sua spavalderia iniziò sfaldarsi, lasciando il posto alla paura e l’insicurezza. Non capiva cosa stesse succedendo, ma si rese conto che non si trattava di niente di buono.
La strana figura si voltò e prima che il ragazzo potesse raggiungerla, scomparve nell’ombra. Inuyasha rimase lì immobile pensieroso.
Fu la voce di Kagome a riportarlo alla realtà. La ragazza lo raggiunse, in pensiero per lui. Era sollevata nel vedere che non era ferito, ma cambiò opinione quando si accorse che Inuyasha era strano.
“Inuyasha qualcosa non va? Sembri preoccupato.”.
“No, va tutto bene.”.
Le rispose con un sorriso fasullo, cercando di convincerla, ma lei sapeva che non era così.
Tornati al villaggio, videro che ormai le fiamme erano spente e tutti erano salvi. Dopo un breve ricongiungimento con i bambini, Sango disse loro di raggiungerli per vedere qualcosa. Giunti dove si trovavano gli altri, la sterminatrice fece notare loro un punto per terra.
“Ma queste sono pietre.” disse Kagome.
Come suo solito, Inuyasha non capì subito.
“Ci avete fatto chiamare per guardare un mucchio di sassi?”.
Miroku si prese la libertà di spiegare.
“Questo è il punto in cui la divina Kagome ha abbattuto una di quelle bestie. Dovrebbero esserci dei resti o un qualche residuo di energia malvagia, invece niente. E poi queste pietre, prima dell’attacco, non c’erano.”.
Tutti erano pensierosi per questo fatto insolito.
Restarono a guardare quelle pietre, finché Shippo non arrivò in fretta e furia e si mise a setacciare tra i sassi. Il gruppo non capiva cosa stesse facendo. Poi il ragazzino fece un’esclamazione soddisfatta.
“Trovato! Lo sapevo.”.
Kagome gli chiese di cosa stesse parlando, poi il demone-volpe mostrò agli altri una statuetta di metallo che raffigurava proprio il mostro-cane ucciso in quel punto. Illustrò la sua scoperta a tutti, con orgoglio.
“Come sospettavo.”.
Sango incuriosita gli chiese di mostrargliela, e si mise a osservarla attentamente.
“Scusa Shippo.” chiese Miroku “Ma come facevi a sapere di quella statuetta?”.
Il ragazzino volse lo sguardo verso il monaco, e dal kimono ne tirò fuori altre tre.
“Ne avevo notata una prima, vicino a un mucchio di pietre, come questo. Mi ero ricordato che era nel punto in cui uno di quei mostri era morto. Così ho controllato e ho scoperto che si trovavano anche negli altri.”.
La scoperta lasciò tutti sconcertati. Ma anche ciò che stava per dire Sango non era da meno.
“Ragazzi credo di aver capito. Ho idea che questo sia un simulacro.”.
La teoria era valida: ne avevano affrontati altri in passato, e sapevano che i simulacri non hanno aura demoniaca. Per questo nessuno riusciva ad avvertire quella dei mostri.
“Ma questo è molto strano. Non ne ho mai visto uno simile. E’ di una fattura che non sembra essere di quelle parti.”.
Mentre tutti stavano riflettendo, Kagome vide in Inuyasha ancora quello sguardo preoccupato di prima. Decise di spronarlo a parlare.
“Avanti Inuyasha. E’ ora di parlare.”.
Lui la guardò perplesso, in realtà sapeva di cosa parlava.
“Che vuoi dire?”.
“Guarda che lo so che hai qualcosa che ti tormenta. Ti ho visto, e so che è importante. Quindi parla.”.
Inuyasha rimase in silenzio, mentre gli altri erano impazienti di ascoltare. Alla fine si convinse.
“Ho visto qualcosa nel bosco. Uno strano tizio era lì che mi stava ad osservare.”.
“Qualcuno ti stava spiando?” s’intromise Miroku “Sei riuscito a vedere chi fosse?”.
“No. Era troppo lontano e lui era come avvolto in uno strano mantello. Comunque sono sicuro che qualunque fosse non era umano.”.
Sta volta fu Sango a porre la domanda “E questo come fai a dirlo?”.
Seguita di nuovo da Miroku “Se fosse stato un demone, avremmo dovuto percepire la sua aura demoniaca.”.
E poi da Kagome “Già è vero.”.
“Non credo che quello fosse un demone. I suoi occhi avevano qualcosa di strano, non so cosa, ma di certo non appartenevano a un demone. Una cosa è certa: penso che sarete d’accordo che quello che ho visto io, l’attacco e quello che è successo al pozzo Mangia-Ossa sono tutti collegati.”.
Infatti, era così. Tutti avevano pensato la stessa cosa. Ora la questione era scoprire chi c’è dietro tutto questo, cosa vuole e perché è venuto qui.
 
Non è questa, però, la cosa che ha sconvolto di più la mente di Inuyasha. Lui non l’ha detto, ma c’era dell’altro in ciò che gli era accaduto nella foresta. Quando il suo sguardo e quello dello sconosciuto si sono incrociati, ha sentito nella sua mente un’innaturale voce sinistra che parlava in una lingua sconosciuta che ancora adesso gli risuonava in testa, scolpita nel profondo.
Di solito Inuyasha non si lascia spaventare facilmente, ma questa volta ha avvertito un presentimento, una sorta di meccanismo di allarme e il suo sangue gli si è gelato nelle vene.
Ciò che e successo oggi era solo l’inizio e quello che verrà dopo sarà molto più terribile di quanto possa immaginare.

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Capitolo 4
*** L'ANTICA GUERRA ***


L’antica guerra
 
Era già mattina. Per tutta la notte Inuyasha era rimasto di guardia sul prato, poco lontano dalle case. Anche se era passato solo un giorno e la sua volontà era forte, non riusciva a distogliere dalla sua mente quegli eventi che lo avevano scosso profondamente.
Non si poteva dire lo stesso del villaggio. In poco tempo, i danni provocati dalle creature erano stati quasi tutti riparati e gli abitanti non avevano di certo motivo di temere ancora dei mostri che sono morti. Invece il gruppo di amici non era per niente tranquillo: Kagome, come Masaru, era preoccupata per il comportamento di suo marito. Non era mai stato così protettivo e cauto da voler restare sveglio per tutta la notte a sorvegliare. Gli unici che davvero non si preoccupavano del corso degli eventi erano Jaken, continuamente a pensare al suo padrone, e i bambini. Le gemelle si erano messe di nuovo a pettinarsi e farsi belle con la piccola Aiko mentre Yoshi e Touya giocavano.
Nel frattempo Miroku, Sango, Shippo e Kohaku rimasero a fissare i quattro simulacri pensando, per trovare una qualche conclusione.
Continuavano a porsi interrogativi su quelle statuette: Chi le aveva mandate? Perché? Come mai erano così diversi? Ma soprattutto, chi ha viaggiato attraverso il pozzo Mangia-ossa?
Miroku, pensando ad alta voce, ruppe il silenzio.
“Più ci penso e più continuo a non capire cosa stia succedendo. Che senso potrebbe mai avere attaccare un villaggio con mezzi simili senza una ragione specifica e senza rivelarsi a noi.”.
“Che vuoi dire Miroku?” chiese a sua volta Shippo. “Pensi che qualcuno abbia mandato questi mostri non per eliminarci?”.
“Se avessero voluto farlo, non avrebbero lasciato che la battaglia finisse una volta distrutti questi, avrebbero potuto mandarne altri. Oppure farsi avanti di persona, dato che grazie a Inuyasha, sappiamo che chiunque li ha mandati ci stava osservando.”.
“Sembrerebbe più un’azione diversiva.” rispose Kohaku. “Forse ci hanno attirato per distrarci dal loro vero intento.”.
“Anche se fosse, non c’è niente qui che potrebbe interessare a un demone o altro. In oltre vi ricordo che eravamo al villaggio in quel momento, se qualcuno vi fosse entrato avremmo potuto vederlo.”.
Shippo formulò una teoria.
“E se fosse invisibile? Inuyasha ha detto che quel tipo che ha visto era scomparso misteriosamente.”.
“Potrebbe anche darsi. Ma resta comunque il fatto che non abbiamo sentito alcun’aura maligna nei dintorni.”.
“Noi no.” pensò Sango. “Ma forse Kagome l’ha sentita. Non dimentichiamo che i suoi poteri di percezione sono più sviluppati.”.
“Giusto, non ci avevo pensato. Sarà meglio chiederglielo.”.
Stava per porre la domanda quando si rese conto che la ragazza era andata da Inuyasha.
Lui non si rese conto di lei finche non fu a solo un passo di distanza. A quanto pare era così immerso nei suoi pensieri da aver trascurato completamente i suoi sensi.
“Inuyasha come stai? Sei tutto pensieroso.” chiese amorevolmente.
Lui le rispose orgoglioso per nascondere i suoi veri pensieri.
“Dahh, sto solo aspettando che quel codardo ritorni così che possa dargli una bella lezione!”.
Kagome non si lasciò ingannare, ormai lo conosceva bene.
“Non devi nascondere che sei preoccupato per me, lo capisco. Tu stai pensando a ciò che hai visto nel bosco e non riesci a levartelo dalla testa.”.
Colto in flagrante, non poteva più nascondergli la verità, quindi lasciò che sia il suo cuore a parlare.
“Kagome, tu non sai cosa ho visto. Una cosa simile non mi è mai capitata di incontrare. Io ho paura per te. Ho paura che questa volta possa veramente capitarti qualcosa di brutto. E non riuscirei a sopportare che….”.
“Shhh. Non ti abbattere Inuyasha. Sento che tu riuscirai a vincere anche questa volta. Io credo in te.”.
Inuyasha rimase impietrito. Erano bastate quelle semplici parole di conforto per ridurlo a uno stato di pace totale. Tutti i pensieri sinistri che annebbiavano la sua mente erano spariti. Ora c’era solo la donna che amava e nient’altro. Anche gli altri erano rimasti a guardare la scena senza aprire bocca, lasciando da parte tutti i pensieri per osservare quell’attimo. Quel momento romantico sembrava che nessuno potesse infrangerlo. Nessuno tranne lo stesso Inuyasha.
“Aspetta un momento. Tu pensi che io non possa farcela! Guarda che io non mi faccio battere da nessuno, tantomeno da qualcuno che non ha nemmeno il coraggio di mostrarsi a me! Certo che ce la farò, come sempre.”.
Ancora una volta il suo orgoglio e il suo scarso intelletto lo avevano portato a parlare di un argomento del tutto opposto a ciò che Kagome gli stava dicendo. La solita smorfia ironica si dipinse sugli occhi dei presenti. Kagome si adirò contro quel suo marito così poco perspicace che, come spesso accade, aveva rovinato un così bel momento.
“Non hai capito proprio niente! Io stavo cercando di tirarti su il morale e tu mi parli in questo modo! Scemo!!”.
Poi un profondo muggito echeggiò nell’aria. Era il verso di un bue o di una mucca, pero troppo forte perché appartenga a un comune animale e proveniva dall’alto. Poteva essere solo una mucca in particolare, una che loro sapevano a chi appartenesse. Nubi temporalesche si formarono in cielo da cui partì un fulmine che esplose al suolo, alzando un polverone che impediva la visuale. Improvvisamente Inuyasha avvertì un pizzico sul collo e dopo una spontanea esclamazione di dolore, le sue orecchie udirono una voce che non sentiva da parecchio tempo.
“Signorino Inuyasha, che gioia rivedervi!”.
Il ragazzo si diede uno schiaffo sull’area interessata. Poi si rese conto di avere afferrato qualcosa.
“Vecchio Myoga! Che ci fai qui?”.
Si era proprio lui: Myoga, il vecchio demone-pulce fedele servitore di Inuyasha, saggio e altrettanto fifone. Anche gli altri rimasero sorpresi nel rivederlo dopo alcuni anni in cui era sparito nel nulla. Anche ai bambini fece piacere rincontrarlo, ormai il vecchio saggio era abituato a sentirsi chiamare “Nonno”. Anche un’altra voce famigliare venne fuori coltre di polvere.
“Era da tempo che non ci vedevamo Inuyasha. Come vedo sei sempre il solito.”.
Questa volta si trattava di Totosai, il fabbro costruttore di spade, nonché forgiatore di Tessaiga, in groppa al suo bue volante a tre occhi.
“Totosai. Ci sei anche tu.”.
I due non sono cambiati di una virgola in questi anni, sono sempre i soliti: svampiti nonostante siano saggi, ma soprattutto strampalati.
Per quanto fossero felici di rivederli, era evidente che i due non fossero tornati in quel momento per caso. Miroku fu il primo a chiedere.
“Scusate, ma potreste spiegarci per quale motivo siete qui?”.
“A che cosa ti riferisci Miroku?” chiese il demone-pulce, pensando di mandare fuori pista il monaco.
“Ho l’impressione che anche voi abbiate visto il raggio di luce provenire da qui.”.
A questo punto anche Inuyasha intervenne, compreso il pensiero dell’amico.
“In fatti. E’ piuttosto strano che dopo tanto tempo vi facciate vivi proprio adesso, dopo che ieri è scoppiato il finimondo. Sono sicuro che voi siate a conoscenza di qualcosa. Ditemi di che si tratta!”.
Myoga rimase incerto se parlare, poi una terza voce intervenne.
“Penso proprio che ci abbiano scoperto.”.
Nessuno riuscì a capire chi fosse. Poi Shippo chiese chi fosse e a un tratto vide apparire dietro di lui uno spirito che gli disse di essere stato lui a parlare. Si trattava di Saya, lo spirito del fodero di una delle tre spade appartenute al padre di Inuyasha. Non si aspettavano di vedere anche lui con loro. Myoga s’infurio con lui per aver vuotato il sacco.
“Arrrr!! Saya avevamo detto di tenere il riserbo sulla faccenda, te lo sei scordato?!!”. “Uff. E va bene lo confesso. Abbiamo sentito un’energia sprigionarsi da queste parti e siamo venuti a controllare.”.
Poi Sango fece una brillante osservazione.
“Ma se l’avete sentita anche voi, come mai siete venuti solo oggi?”.
I tre rimasero spiazzati dalla domanda, si ammutolirono non sapendo cosa dire, pero Inuyasha aveva già in mente la risposta.
“Fatemi indovinare: vi eravate nascosti per paura che arrivasse qualche guaio. Non ho ragione?”.
Anche sta volta, i tre rimasero di sasso. Il ragazzo aveva colpito in pieno la verità, e non solo: tre colpi volarono, uno per ciascuno dei tre per punizione.
“Se sapevate che stava per succedere qualcosa avreste dovuto dircelo!! Per colpa vostra qualcuno avrebbe potuto finire ucciso!! Kagome e i bambini hanno rischiato grosso, lo sapete?!!”.
“Dai Inuyasha perdonali. Infondo lo sai, loro sono fatti così. Non volevano di certo che capitasse qualcosa a nessuno.”.
Il mezzo-demone calmò la sua furia, sapeva che sua moglie aveva ragione, e che se avesse continuato, probabilmente, sarebbe finita male per lui.
Terminata la piccola discussione, Totosai riprese il discorso.
“Piuttosto, sembra che qui sia successo qualcosa. Il villaggio è tutto a soqquadro.”.
“Sì, infatti.” disse Miroku. “Quattro strane creature ci hanno attaccato. Fortunatamente siamo riusciti a eliminarle tutte, pero…”.
Sango terminò la frase del marito.
“Abbiamo scoperto che in realtà erano solo dei simulacri.”.
Subito portarono i tre arrivati a vedere i quattro oggetti. Myoga si avvicinò, scrutandoli con attenzione.
“Ma queste sono tre manticore.”.
“E c’è anche un’arpia.” aggiunse il fabbro.
“Voi sapete cosa sono queste cose?” chiese Kagome.
“Sì.” rispose Myoga. “Sono demoni che provengono dall’estremità più remota del continente a Ovest.”.
Tutti rimasero stupefatti dalla notizia, sapevano che quelli non erano degli oggetti comuni, ma non avrebbero mai pensato che venissero addirittura dal continente. A questo punto Inuyasha trovo la prova della sua teoria e porse la sua domanda.
“Vecchio Myoga ormai è chiaro che tu sai chi ci ha attaccato. Devi dircelo!”.
Myoga si sedette e inizio a raccontare.
“Sì, avete ragione. Io so chi è stato. Sono stati i DRAGHI.”.
“Draghi?” domandò Sango. “Come quelli che abbiamo incontrato altre volte?”.
“No. Quelli erano solo demoni che avevano preso le sembianze di draghi. Quelli del continente sono creature molto più antiche. Tanto tempo fa questi esseri si diffusero su tutta la terra, anche qui. Poi, con il continuo crescere del numero di esseri umani e demoni, piuttosto che scatenare un conflitto, si ritirarono a vivere in una zona remota sul continente, isolati da tutti. La maggior parte di loro non aveva problemi a prendere questa strada. Ma alcuni di loro non lo pensavano allo stesso modo. Tra essi c’erano sette guerrieri tra i più potenti della loro razza, conosciuti come ‘’I Cavalieri Neri’’. Ritenevano ingiusto che altre creature si appropriassero del mondo che consideravano il proprio e così si scatenò una guerra personale per il dominio. Pero per ottenere la vittoria, era necessario eliminare un ostacolo dal loro cammino. L’unico essere che avrebbe potuto fermarli.”.
Inuyasha capì subito di chi parlava.
“Mio padre.”.
Adesso fu la volta di Totosai.
“Esattamente. In quanto demone maggiore più potente esistente, egli era l’unico che potesse fermarli. E una volta tolto di mezzo avrebbero potuto fare i loro comodi indisturbati. E così attaccarono la nostra terra anni fa.”.
Erano tutti lì ad ascoltare la storia di quell’antica guerra, cercando di immaginare le dinamiche delle battaglie.
“I ‘’sette’’ erano nemici formidabili, superiori a qualsiasi altro nemico affrontato in passato da tuo padre Inuyasha. Ciononostante Lui riuscì a tener loro testa e a sconfiggerli tutti.”.
Prosegui Saya.
“Allora tentarono di scappare. Ma riuscimmo a impedirgli di tornare sul continente grazie a una potente barriera messa intorno ai confini della nostra terra.”.
Riprese Myoga.
“E alla fine furono catturati e condannati a scontare la pena del sonno senza tempo, rinchiusi nelle loro prigioni di cristallo, per tutta l’eternità”. “Ma sfortunatamente, uno di loro riuscì a scappare attraverso un portale. Non sappiamo dove sia andato a finire, ma era chiaro che, presto o tardi, lui e gli altri sarebbero tornati per terminare quello che avevano iniziato. E purtroppo ora non possiamo più contare su vostro padre, signorino Inuyasha.”.
Adesso tutto era chiaro. La figura che Inuyasha aveva visto nel bosco era di sicuro il fratello fuggito. Ora sapevano contro cosa stavano andando incontro. Ma non pensavano che questi nemici avessero addirittura lottato contro il padre di Inuyasha, da molti considerato il demone più forte della sua epoca.
“Dove si trova la prigione dove sono stati rinchiusi gli altri?” chiese Inuyasha fermamente.
“Mi spiace signorino Inuyasha, ma solo vostro padre sapeva dove si trovasse. E anche se lo sapessi, rivelarvelo sarebbe troppo pericoloso. Potreste condurre il nemico proprio dove vuole lui. Dobbiamo trovare il settimo fratello e sconfiggerlo prima che risvegli gli altri cavalieri. A quel punto nessuno potrebbe fermarli, nemmeno il sommo Sesshomaru.”.
Jaken s’intromise nel discorso.
“Cosa!! Che discorsi sono! Padron Sesshomaru è il demone più potente del mondo e nessuno può sperare di tenergli testa, tanto meno sconfiggerlo!!”.
Questa volta fu Saya a rispondere.
“E vero, lui è molto forte. Pero qui non si tratta di comuni demoni. Stiamo parlando di esseri dotati di forza e poteri notevolmente superiori a chiunque altro.”.
“Per me li state troppo sopravvalutando. Non ho bisogno di quell’idiota di Sesshomaru. Ci penserò io da solo a batterli tutti!”.
“No! Non dovete assolutamente affrontarli da solo Signorino Inuyasha, sarebbe una follia!”.
“Ha ragione.” intervenne Totosai. “Sappi che un drago occidentale di stazza normale è più grande e più potente di oltre quaranta demoni minori. Il loro corpo è robusto e muscoloso, ed è protetto da una corazza composta da scaglie cornee più dure della pietra. Hanno denti, artigli e corna affilati come rasoi e infinitamente più forti del ferro. Ucciderne uno è estremamente difficile, se non quasi impossibile. Anche i loro soffi sono micidiali.”.
“Soffi?” si chiesero tutti.
Poi Saya proseguì il discorso.
“Esatto, si tratta dei loro attacchi principali che emettono dalle fauci. Vale a dire: fiammate incandescenti, raggi di luce congelanti, e in fine raffiche di vento velenoso. Sono anche profondi conoscitori della magia: hanno abbastanza doti magiche da fare invidia a uno stregone esperto.”.
“E come se non bastasse, sono esseri molto astuti e intelligenti.” concluse Myoga. “Già. Al giorno d’oggi restano le creature più terrificanti e potenti della terra. Per questo non dovete assolutamente prenderli alla leggera.”.
La sua voce si fece ancora più sgomentata “Lo dico per il vostro bene, Signorino Inuyasha.”.
Per il gruppo vedere il vecchio demone spaventato non era una novità, ma sta volta era davvero fuori di sé dal terrore. Se anche solo la metà di quello che ha raccontato fosse vero, la sua espressione diceva tutto sulla gravità della situazione.
Solo Inuyasha rimase impassibile alle raccomandazioni del suo fidato servitore. A quanto pare la sua ingenuità era tale da non fargli intuire il pericolo che incombeva su lui e la sua famiglia.
“Ma si certo. Potranno essere forti quanto volete ma non dimenticate che in passato ho sconfitto nemici potenti, forse anche più di questi lucertoloni che ti terrorizzano a morte vecchio.”.
L’improvvisa reazione del vecchio a quella frase lasciò tutti sconcertati.
“Signorino Inuyasha!! Vi pare forse il momento per fare lo sciocco!! Io vi sto mettendo in guardia, perché mi preoccupo per voi. Vi ho detto che non dovrete mai, assolutamente mai, affrontarli da solo. E’ un ordine!!!”.
Con un grande balzo quel vecchietto, che alla minima minaccia se l’era sempre data a gambe, ora stava incollato al naso del suo padrone e lo rimproverava per la sua mancanza di attenzione. Un gesto ammirevole per lui, dovettero riconoscerlo, ma che terminò non appena Inuyasha lo fece stare zitto con un violento schiaffo.
Mentre il povero demone barcollava malconcio, Inuyasha lo rimproverò.
“Come osi impartirmi ordini vecchio decrepito!”.
“Ascolta Inuyasha penso che sia meglio dargli ragione sta volta.” disse Miroku, nel tentativo di convincerlo. “Non so tu, ma io non ho mai visto il vecchio Myoga preoccupato fino a questo punto.”.
“Ha ragione Inuyasha.” si aggiunse Sango. “Questa storia dei draghi non mi piace affatto. E’ rischioso affrontare un nemico così potente senza conoscerne nulla.”.
“Baaa! E va bene.”.
Poi gli venne in mente un dettaglio e da li formulò una domanda.
“Ditemi una cosa: anche Sesshomaru partecipò alla guerra?”.
“Cosa? Per quale motivo chiedi di lui?”.
Il vecchio fabbro non capì per quale motivo Inuyasha aveva chiesto qualcosa su suo fratello, che tra l’altro non lo avevano nemmeno menzionato.
“Poco prima che quelle bestiacce attaccassero, ci siamo recati al pozzo mangia-ossa, da dove era comparsa la strana luce. E in quel momento è sopraggiunto anche Sesshomaru.”.
Il vecchio Myoga si riprese dal colpo e balzò subito in piedi dopo aver udito quelle parole.
“Il sommo Sesshomaru! E’ stato qui?!!”.
“Si esatto.” riferì Kagome. “E’ venuto qui per pochi secondi poi è partito per chissà dove. Sembrava che volesse controllare qualcosa.”.
“Ha per caso detto qual cosa?”.
“No nulla di particolare. Solo…”.
“Solo di stare fuori dai piedi.” interruppe Inuyasha, ancora pensando alla frase che gli aveva rivolto suo fratello. “Come al solito non vuole che m’immischi negli affari che riguardano nostro padre.”.
“Si si. Ha detto ‘’Faresti meglio a preoccuparti per te stesso Inuyasha. Muahahahahah’’.” si mise a fare Shippo, cercando di imitare il demone-cane. Piuttosto che mettere paura, sembrava il pretesto per una risata.
“E vero l’avevamo scordato.” commentò Miroku.
“Già. Ma adesso si spiegano la sua improvvisa apparizione e il suo strano modo di comportarsi.” aggiunse Sango.
“Be no, il sommo Sesshomaru conosceva la vicenda, ma non vi fece parte.” rispose Myoga.
Miroku fece un’osservazione “Mi sembra alquanto strano che uno come lui non abbia voluto combattere contro almeno uno di questi potenti nemici.”.
“Si è vero, Padron Sesshomaru non si sarebbe mai tirato indietro da una sfida.” aggiunse Jaken.
“Purtroppo certe circostanze avevano fatto in modo che lui non potesse unirsi alla lotta. Comunque ora non c’è più nulla che possa impedire il loro incontro.”.
“Ma vecchio Myoga, avete detto che sono troppo potenti, anche per lui.”.
“Infatti. Dovrete collaborare per sconfiggere il nemico comune.”.
Inuyasha s’intromise di nuovo, questa volta con un’espressione che sembrava stesse per mettersi a ridere per una barzelletta.
“Si certo! Scommetto che Sesshomaru preferirebbe darsi fuoco, piuttosto che unire le forze a me e a degli umani.”.
Detestarono ammetterlo ma aveva ragione, Sesshomaru poteva essere tutto, ma non uno che va ha chiedere aiuto. Specie se si trattava di una faccenda legata a suo padre e in cui, in un modo o in un altro, Inuyasha si sarebbe immischiato.
“Ufff. Allora non ci sono speranze. A questo punto ci resta solo una cosa da fare.”.
“Totosai, Saya sarete d’accordo con me, vero?”.
Rivolgendo lo sguardo ai due, che risposero alla sua richiesta annuendo. Prima ancora che qualcuno capisse, tutti e tre erano montati sul bue a tre occhi, pronti per darsela a gambe.
“Con il vostro permesso, vi salutiamo signorino Inuyasha.”.
“Ei come sarebbe!!”.
Si librarono in aria in tutta fretta, per poi sparire sopra le nuvole.
“Fermi! Tornate in dietro! Che branco di vigliacchi.”.
Erano ancora tutti lì increduli a osservare il cielo. Anche se, in effetti, c’era da aspettarsi una reazione simile da quei tre.
“Accidenti! Che fulmini.” disse Shippo.
“Non li ho mai visti scappare così di corsa.” aggiunse Sango.
Inuyasha stava ancora urlando insulti contro di loro, anche se ormai non potevano più sentirli, per quanto erano distanti. Una volta sfogatosi, si rese conto che qualcosa non andava in Kagome.
“Kagome che succede?”.
“Avverto una strana sensazione. Non ne sono certa pero….”.
 
Intanto i tre fuggiaschi erano ancora in volo diretti in il più lontano possibile da lì.
“Accidenti! Inuyasha era davvero adirato con noi questa volta.”.
“Già, confesso che un po’ mi dispiace averlo lasciato lì così. Ma sapete come la penso. Meglio essere un codardo vivo,…”.
“Che un povero morto.” terminarono la frase Totosai e Saya.
“Non credete che si stato poco saggio abbandonarli così al loro destino?” replico lo spirito.
Il vecchio fabbro gli rispose, non tanto preoccupato.
“Ooo, tranquillo se la caverà. Sono certo che, in un modo o nell’altro, lui e Sesshomaru si decideranno a unire le forze.”.
“E comunque il signorino Inuyasha è diventato più forte di quando lo abbiamo conosciuto, e finché il nemico è uno solo non costituisce una grande minaccia. Dobbiamo solo sperare che riescano a fermarlo prima che si compia il risveglio.”.
Arrivarono alla casa di Totosai, dove sarebbero stati più al sicuro, o almeno così speravano.
“Nel frattempo, dovremmo stare attenti a non dare nell’occhio.” finì Myoga.
Erano appena scesi dal bue volante e stavano per entrare, quando una frase di Saya li fece irrigidire dallo sgomento.
“Ho l’impressione che siamo già finiti nell’occhio di qualcuno.”.
I due si voltarono di scatto e si accorsero di essere stati seguiti. Per loro fortuna si trattava solo di Sesshomaru. In questi anni non era mai venuto da loro, deve aver di certo un valido motivo per farlo ora.
“Sommo Sesshomaru! Siete voi. Cosa vi porta qui?”.
Il demone si avvicinò, mantenendo il suo sguardo altezzoso e freddo su di loro.
“Non vi siete resi conto di cosa sta per accadere?”.
“Parlate del ritorno dei draghi? Ne siamo a conoscenza.”.
“Inuyasha ci ha riferito che ti sei recato al villaggio per verificarne tu stesso.” aggiunse Totosai.
“Esatto. Ho percepito l’energia sprigionata dall’apertura di un portale in quel luogo. Tuttavia non ho trovato nessuna traccia nei dintorni. Ho allargato la zona di ricerca il più lontano possibile, finché non ho trovato una caverna, tra le montagne del Nord. E al suo interno, sei antichi sepolcri che sono stati scoperchiati recentemente.”.
Bastò quell’unica frase far gelare loro il sangue nelle vene. E ancor prima che Sesshomaru ci arrivasse, i tre avevano già intuito cosa era successo. La loro più grande paura si era realizzata.
“Ma allora, questo significa che la prigione dei sette cavalieri è stata violata.”.
“Per quanto ne sia al corrente, il solo a conoscere l’ubicazione di quella prigione era mio padre. Allora ditemi, come si spiega questo?” chiese il demone, sospettando che uno di loro avesse tradito la fiducia che suo padre aveva riposto in loro.
“Noi non ne abbiamo la benché minima idea, signore. Il padrone mantenne il segreto per impedire che, se mai fossero tornati, non li avrebbero potuti liberare. Per proteggervi da loro, padron Sesshomaru.”.
Quest’ultima frase sarebbe stato meglio non dirla. Il volto del demone fece un’espressione a dir poco irritata. Sesshomaru non avrebbe mai voluto che qualcuno si preoccupasse di tenerlo al sicuro. Ne sarebbe andato del suo orgoglio.
“Stai per caso insinuando che mio padre abbia voluto tenermi all’oscuro, perché dubitava delle mie capacità?”.
“Be voi sommo Sesshomaru siete senza dubbio molto forte. Ma dovete tenere conto che sarete da solo contro sette avversari che misero in difficoltà anche vostro padre quindi….”.
Si fermò a metà frase, notando la rabbia manifestarsi sul suo volto. Il vecchio servitore si rese conto di aver toccato il fondo con quest’ultima frase. Lui e gli altri due indietreggiarono, terrorizzati da quell’essere che sembrava proprio volesse punirli per la sua insolenza.
Tirarono un sospiro di sollievo quando lo videro voltar loro le spalle e allontanarsi in tutta calma. Una calma solo apparente. Nella sua mente ora albergavano molti pensieri, si domandava: com’era possibile che il fratello fuggito sia riuscito a volatilizzarsi così? Come ha fatto a scoprire dove si trovassero gli altri? Ma soprattutto, perché suo padre non ha rivelato nemmeno a lui l’ubicazione della tomba dei cavalieri?
Che non si fidasse di lui? O magari lo riteneva troppo debole perché potesse sfidarli?
Non riusciva a trovare nessuna spiegazione. E questo non fece altro che accrescere il suo tormento. Tormento che presto si sarebbe trasformato in odio.

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Capitolo 5
*** L'INCONTRO E LO SCONTRO ***


L’incontro e lo scontro
 
Kagome avvertì nuovamente quello stano presentimento. Era molto più forte di prima e più vicino.
“Sento di nuovo quella sensazione!!”.
“Non solo quello! C’è odore di sangue nell’aria, ed è umano!” riferì Inuyasha ai suoi compagni.
Avevano ormai percorso una trentina di chilometri, seguendo la direzione da cui Kagome aveva percepito quella presenza, verso Ovest. La ragazza era aggrappata in spalla al mezzo-demone mentre il monaco, insieme a Sango, li seguivano in groppa a Kirara, presa in prestito da Kohaku. Il ragazzo lo avevano lasciato al villaggio con Shippo per tenere d’occhio i bambini in loro assenza. Non aveva idea di cosa avrebbero trovato, ma Kagome sentiva che il suo presentimento parlava di pericolo, paura e morte.
Gli alberi cominciavano a scomparire, segno che erano quasi fuori dalla foresta. E si trovarono di fronte a una vasta prateria, nel cui centro si ergeva un castello. Lo raggiunsero, aprirono il portone e videro il tremendo massacro che si era compiuto: corpi di soldati mutilati e lasciati ad affogare in pozze di sangue, ancora colante dalle ferite. Non immaginavano di rivivere uno spettacolo simile dopo tutti questi anni di pace.
Tutt’intorno regnava un silenzio raggelante. Troppo silenzio.
Miroku capì che le vittime erano monaci, addestrati al servizio militare. Aveva già sentito parlare di questi ‘’guerrieri santi’’ Vengono spesso incaricati per scovare e proteggere le reliquie più sacre. Avendo un’abilità di combattimento di un ninja e un alto grado di spiritualità, non è facile sconfiggerli, sia per i demoni che per gli umani. Chiunque fosse stato doveva essere molto forte.
Esaminando i corpi notarono che erano stati trafitti con delle lunghe spine acuminate, d’acciaio, ma erano troppo corte e larghe per essere delle lance. E c’era un’altra cosa strana: sia il portone sia gli edifici tutt’attorno erano intatti. Normalmente durante un assalto ci sarebbero molti danni alle strutture, ma qui niente. E una legione di soldati avrebbe attirato troppo l’attenzione e lasciato molte tracce, invece, a parte quelle dei monaci, non ve ne erano altre. Perfino il fiuto sopraffino di Inuyasha non percepiva nessun odore sospetto. Comunque una cosa era certa: il sangue era ancora fresco, il che significa che il massacro è avvenuto poco fa e che il responsabile non è andato molto lontano. Poteva essere ancora lì.
Silenziosamente, si addentrarono nella fortezza, in cerca di un qualche sopravvissuto. L’unica cosa che trovarono erano altri cadaveri e frecce conficcate tutt’attorno, come se le avessero scagliate alla cieca in tutte le direzioni. Poi giunsero nella piazza principale del castello: uno spazio aperto, vuoto, circondato da mura fortificate per difendere il perimetro esterno dagli attacchi. Ora le mura erano tinte di rosso e i corpi dei soldati giacevano lì, dove erano caduti. Ma erano diversi dagli altri: erano rivolti verso il centro dello spiazzo, dove avevano scagliato tutte le frecce disponibili, ed erano stati ridotti a pezzi. Non era opera di una comune lama ma era come se qualcosa li avesse colpiti in volo, uno dopo l’altro, senza dar loro il tempo di reagire. Tutto ciò non aveva senso: se il nemico veniva da fuori, perché avevano colpito quel punto, la zona più interna del castello, inaccessibile, se non attraverso la porta sprangata.
Miroku e Kagome porsero loro una preghiera perché potessero riposare in pace. La calma e il silenzio lì intorno davano i brividi. Pareva di essere in una città fantasma.
Ma all’improvviso un odore famigliare attira l’attenzione di Inuyasha.
“Non siamo soli.”.
Si voltarono verso una porta alle loro spalle. Era la porta che conduceva alla parte interna del castello, sotto terra. Poco alla volta dei passi lenti e pesanti, si facevano sempre più vicini, accompagnati da un rumore di trascinamento. Attesero in posizione, pronti a ricevere qualunque cosa sarebbe uscita da quel portale oscuro. L’attesa era snervante, quel momento sembrava non finire mai, e speravano che non finisse mai per scoprire chi poteva essere tanto malvagio da compiere una strage simile. Un’ombra si mosse nel buio. Si avvicinava sempre di più, schiarendo la sua forma ad ogni passo.
E fu allora che lo videro.
“Eccoti finalmente. Ti aspettavo.”.
Era un essere umanoide, immobile sulla porta. Interamente rivestito da un’armatura metallica squadrata, color blu ceruleo, e con due appendici lunghe e rettangolari, poste dietro l’addome, sotto una placca metallica sulla schiena da cui partivano due creste affilate, in relazione a dove si trovano le scapole. Le gambe erano in parte nascoste da una protezione fluente di scaglie nere, come fosse una cotta di maglia, fino a sotto le ginocchia. Il volto era invece coperto da una maschera ossea nera, raffigurante una sorta di teschio con i denti aguzzi digrignanti, membrane nere al posto degli occhi e delle creste ai lati della testa. Non aveva armi addosso e rimaneva fisso con lo sguardo, celato dalla maschera, sul gruppo di compagni. Non era un essere umano, ma nemmeno un demone. Si trascinava dietro un monaco sopravvissuto, tenendolo per il laccio dell’armatura con la mano sinistra.
Per alcuni secondi non si mosse nessuno, rimasero a fissarsi a vicenda, cercando la più piccola preoccupazione sui loro volti.
“E’ senz’altro lui il colpevole.” avanzò le accuse Miroku, a bassa voce.
“Si non c’è dubbio. Ha ancora addosso l’odore del sangue di questi poveracci.” confermo Inuyasha.
“E’ un essere davvero spaventoso.” aggiunse Kagome.
Inuyasha non era spaventato, solo irrequieto.
“Ei si può sapere chi sei?! Non sei lo stesso tizio dell’altra volta. Ma l’odore che porti addosso è molto simile al suo.”.
Non arrivò nessuna risposta da quell’individuo, che rimase immobile a scrutarli.
“Non starai pensando che….” pensò Sango.
“Sì. Non so come, ma a quanto pare i Cavalieri Neri sono usciti dalla loro prigione.”.
“I sette draghi del continente. Che furono condannati a essere segregati per l’eternità.” riassunse Miroku. “Tu sei uno di loro! Non è così?!”.
Ancora una volta quell’essere rimase indifferente alle loro domande. E continuava a tenere lo sguardo fisso su di loro.
Poi il monaco guerriero cominciò a rinvenire. Tentava di divincolarsi da quella presa, ma era come paralizzato. Notarono che muoveva le labbra, come se cercasse di dire qualcosa, ma non si sentiva niente.
“Adesso ascolta! Questa faccenda riguarda solo me e te. Perciò lascia andare quell’umano, non ha nulla a che fare qui.”.
Il guerriero non disse e fece nulla. Finché d’un tratto, con stupore di tutti, lasciò andare la presa. L’uomo si rialzò a fatica. E sembrava che sta volta si riuscisse a capire cosa stesse cercando di dire. Aveva la voce bassa e flebile, ma si capì indistintamente.
“S… S…. Sca…. Scappate, adesso.”.
Quelle parole furono le sue ultime: il mostro lo aveva colpito alle spalle con una specie di tentacolo metallico appuntito, che ora gli spuntava dal petto. Restarono a guardare con orrore il sangue che colava dalla ferita e la luce nei suoi occhi che si offuscava, tutto mentre il suo assassino restava impassibile. Quell’agonia durò pochi secondi, al termine de quali si spense e lo lasciò cadere a terra.
Questo era troppo e Inuyasha era al limite della sopportazione.
“Maledetto bastardo!”.
E finalmente arrivò la risposta.
“Sarai tu il prossimo a fare questa fine. Caro il mio Inuyasha.”.
Era una voce roca, cavernosa, parzialmente nascosta dalla maschera e perfettamente calma.
“Come fai a conoscere il mio nome?!”.
“Noi sappiamo molte cose sul tuo conto.”.
“Perché hai fatto questo? Che bisogno c’era di sterminare questi monaci?!”.
“Dopo centinaia di anni passati a dormire in una prigione, pensavo sarebbe stato divertente schiacciare qualche centinaio d’insetti.”.
“Non osare chiamarli così! Loro erano esseri umani, e non ti permetto di chiamarli insetti!”.
“Sembra che ti stia a cuore la loro vita.” lo schermì sogghignando. “Non ti preoccupare, tanto tra poco finirai all’altro mondo come tutti gli altri.”.
A questo punto non c’era più niente da dire. Inuyasha aveva perso la pazienza. Sguainò Tessaiga.
“Ora basta! Ti faro pagare tutto il male che hai fatto!”.
Il drago non sembrò preoccupato, anzi era ben lieto di cominciare.
“Ma prima voglio che tu mi risponda: Come fai a nascondere la tua presenza? Dove sono gli altri cavalieri? E soprattutto, come faceva uno dei vostri a sapere dove si trovava la vostra tomba?”.
“Sono molte domande. Ti risponderò volentieri. Pero, voglio prima vedere se sei degno di conoscere le risposte.”.
Improvvisamente, la sagoma del cavaliere cominciò a divenire sfuocato. Come la nebbia, il suo corpo si dissolse fino a scomparire del tutto, lasciando tutti sorpresi e allerta. Non lo vedevano più, perfino l’odore e l’aura erano spariti con lui. Tutto stava a indicare che se ne fosse andato, ma nessuno si fidava. Era stato troppo facile. Da quel che avevano detto il vecchio Myoga, Totosai e Saya, questi draghi dovevano essere dei mostri spietati e invincibili. Era strano che uno di loro abbia abbandonato il campo di battaglia, senza nemmeno tentare un attacco.
Il silenzio tornò a regnare assoluto. Era davvero già tutto finito?
 
“Attento Inuyasha, dietro di te!” gridò Kagome con tutta l’aria che aveva nei polmoni.
Lui si scansò appena in tempo. Dal mezzo del nulla erano comparse ancora quelle lunghe punte di metallo, cinque in tutto, sparate a tutta velocità. Se Kagome non lo avesse avvisato in tempo, non avrebbe avuto scampo.
“Come ha fatto?!” pensò ad alta voce Sango.
“Riesce a rendersi invisibile.” rispose Miroku.
“Dannato vigliacco!! Ora che ti sei mostrato posso colpirti!.”.
Si scagliò con tutta la sua forza verso l’aggressore, pero l’unica cosa che colpì fu solo l’aria. Così si scrutò attorno, cercando di individuarlo. Non ci fu verso, era completamente invisibile e impercettibile.
Poi Kagome gli gridò di scansarsi a sinistra, evitando un altro colpo, dalla sua destra. E subito dopo uno proveniente dal fianco sinistro. Continuarono questa danza ancora e ancora. Lui che schivava tutti i colpi, seguendo le indicazioni della ragazza, e l’altro che si spostava ovunque come un fantasma. Finché il ragazzo non si decise a controbattere con una mossa a effetto.
Aspettò che il prossimo attacco arrivasse. Lo schivò ancora, ma sta volta gli lanciò un fendente a distanza con la Tessaiga rossa: la forma che permette alla spada di abbattere qualunque barriera magica. Il colpo riuscì, l’effetto magico del fendente entrò in azione e poco a poco il corpo del cavaliere ricomparve dal nulla.
“Hai finito di nasconderti codardo!!” schermì Inuyasha.
Intanto cominciava a comprendere i misteri che c’erano dietro le morti die quei monaci. Se non c’era modo di vederlo, non avrebbero mai potuto prepararsi per un attacco. Questo spiega anche perché avevano scagliato frecce in ogni direzione, senza colpire niente. E infine, se non si poteva colpire, siccome le frecce gli passano attraverso, era probabile che potesse oltrepassare oggetti solidi, come mura e portoni. Adesso dovette riconoscere che, ancora una volta, i consigli di quei tre erano stati veramente utili.
 
“Devo ammettere che questa mossa mi ha lasciato senza parole. Direi che ti sei meritato delle risposte.”.
Lo strano comportamento del drago mise di nuovo nel dubbio la compagnia. Perché, dopo avere cercato di eliminare Inuyasha, ora gli parla con così tanta confidenza. Sara una trappola? Oppure vuole solo tentare di confonderli?
“Il mio nome è Chrome. E come hai detto tu, sono uno dei Cavalieri Neri. Per rispondere alla tua prima domanda: il segreto della nostra elusività è dovuto a una speciale barriera magica, la ‘’Barriera Fantasma’’. La usiamo per viaggiare senza essere notati. Impedisce a chiunque di poterci vedere, sentire, toccare, avvertire il nostro odore e perfino percepire la nostra aura. E mi sorprende che quella ragazza sia riuscita a scorgermi. Il suo potere deriva da questo cristallo.” mostrando una pietra azzurra sferica, tenuta nella mano destra.
“Per quanto riguarda come abbiano fatto a trovare la nostra tomba, non ti so rispondere. Non ci è stato riferito. Ci siamo sparpagliati per trovare un luogo sicuro dove rifugiarci ed io ho trovato questo castello, dove ho pensato di divertirmi con i suoi occupanti. Perciò non so dirti nemmeno dove siano gli altri. E comunque, anche se te lo riferissi, cosa pensavi di fare? Assaltarci? Non ti conviene. Non puoi sconfiggerci tutti.”.
“Non farmi ridere! Ho sconfitto avversari che tutti reputavano invincibili. E di certo non mi farò battere da dei pivelli come voi!”.
“Allora devi essere molto forte, oppure solo molto fortunato. Dal momento che se non fosse stato per quella ragazza, saresti già morto da un pezzo. E comunque, nonostante il suo intervento, finora non sei riuscito nemmeno a colpirmi. Spero solo che questo non sia il tuo meglio, perché altrimenti saresti una vera delusione.”.
“Aspetta un momento, che adesso farò sul serio. Vedrai!”.
“Davvero?” sibilò il drago contro il suo avversario, pregustando il momento “Vorrà dire che possiamo smettere con il riscaldamento.”.
Rimasero sconvolti da questa dichiarazione.
“Come?”.
“Quello era solo il riscaldamento?”.
“Vuol dire che non ha ancora combattuto al massimo della sua forza.”.
Anche Inuyasha rimase spiazzato da questa risposta. Il cavaliere lo stuzzicò ancora.
“Non avrai pensato che mi limiti solamente a sparire e ricomparire, e colpire alle spalle. A cosa credi che mi serva tutto questo metallo che mi porto addosso? Di certo non solo per fare una buona impressione.”.
Alzando lentamente il braccio sinistro, chiuse le dita a pugno e la mano cominciò ad avvolgersi in una debole luce dorata. Il pezzo dell’armatura del braccio si tramutò un poco alla volta, fino ad assumere una forma completamente diversa da com’era prima. Il bagliore si spense mostrando una grossa sfera d’acciaio chiodata, al posto della mano.
“Questa è la mia arma preferita.”.
“Tutto qui?” si beffeggiava di quella trasformazione, apparentemente inutile. “Mi aspettavo chissà che. Invece hai solo rimpiazzato la tua mano con un pezzo di latta.”.
“Ti conviene non sottovalutarlo, questo non è come quelli che puoi trovare d’ovunque. Perché l’ho costruito io.”.
Con la stessa calma di prima ruotò il busto, portando il braccio in posizione dietro al corpo, come se si preparasse a dare un pugno.
“Vediamo cosa sei in grado di fare!”.
La sfera partì alla velocità di una freccia, agganciata a una catena che la teneva unita al braccio. Non fu difficile per Inuyasha schivarla con un salto in alto. E la sfera finì col colpire solo la porta dietro al mezzo-demone, con una forza brutale.
Era stato facile. Forse troppo facile.
Bastò un semplice gesto del braccio, per dare uno strattone alla catena e reindirizzare il colpo verso l’alto, proprio alle spalle di Inuyasha, e sta volta lo centro in pieno, strappandogli un grido di dolore. Non si aspettava questa mossa. Il colpo lo scaraventò in aria, per poi cadere a terra, mentre la catena fu ritratta nel braccio del suo padrone, richiamando l’enorme arma a sé. Kagome e gli altri rimasero sopraffatti dall’imprevisto.
Mentre il ragazzo si rialzava, sentiva la voce di quel rettile che lo punzecchiava per essere stato colpito così facilmente.
“Sorpreso? Ho voluto darti questa piccola dimostrazione. Adesso siamo pari.”.
Quelle parole lo avevano adirato molto, e si preparava a restituirgli il colpo con gli interessi.
“E ora, se non ti dispiace, direi che possiamo andare avanti. Forza!”.
Mulinò un altro colpo di mazza e sta volta, in vece di scansarsi, si fece scudo con la spada. Riuscì a resistere a quel tremendo colpo, arretrando di qualche passo. Respinse altri due o tre colpi prima di controbattere, tagliando la catena con un colpo secco. E la sfera chiodata cadde al suolo. Pareva averla neutralizzata.
“Complimenti. Bel colpo.” si congratulava con lui il nemico falsamente.
Si accorse appena in tempo dell’enorme mazza, che lo mancò di poco alla testa. Era sospesa a mezz’aria di fronte al cavaliere. E di nuovo sorprese tutti, quando videro le due estremità della catena ricongiungersi tra loro.
“Ti ho sorpreso di nuovo?” lo prendeva in giro il drago. “Eppure avevo detto che questo non è un comune ‘’pezzo di latta’’. In esso scorre la mia stessa aura. Attraverso di essa posso controllare quest’arma a mio piacimento, come se fosse un’estensione della mia volontà. E ora passiamo al prossimo livello.”.
Al braccio destro capitò la stessa trasformazione di prima. Questa volta la mano fu rimpiazzata da un’arma con cinque grossi fori, da cui furono sparati cinque tentacoli metallici acuminati, che ruotarono a incredibile velocità.
Mancarono il bersaglio e si conficcarono nel terreno, e continuavano ad affondare. Era un inganno: uscirono dal terreno alla rinfusa, agitandosi come dei serpenti, e cercando di colpire il mezzo-demone. Inuyasha riusciva a respingerli tutti, senza accorgersi che si stavano intrecciando tutt’intorno a lui, pronti a chiuderlo in una stretta mortale. Ma prima che potessero prenderlo in trappola, lui li recise alla base del terreno. I tentacoli caddero a terra, come fusti d’erba falciati e si allontanò il prima possibile, intuendo che essi, come la mazza, potessero muoversi anche se tagliati. Infatti, andò come aveva previsto.
“Stai imparando. Molto bene.”.
“Sta zitto! Mi sono stancato di sentire le tue parole da viscida serpe. Piuttosto che stare lì, a pensare a quello che faccio, ti conviene pensare a quello che sta per accaderti!”.
Partì alla carica con la spada alzata e gli mostrò la vera potenza della sua Tessaiga.
“Prendi questo! Cicatrice del Vento!!”.
L’esplosione accecante lo investì in pieno, scatenando una raffica di vento che spazzò via tutt’intorno. Dopo il potente boato, si fece ancora silenzio. Sembrava essere finita, ma si dovettero ricredere quando videro la polvere diradarsi e la figura metallica ancora lì, piantata al suo posto e non si era fatto neanche un graffio.
“E’ ancora vivo!”.
“Come ha fatto? E’ stato colpito in pieno dalla Cicatrice del Vento eppure non si è mosso di un millimetro.”.
“Mi sembrava strano che fosse stato così facile.” pensò Inuyasha.
“Bel colpo. Ora tocca a me!”.
Sulla schiena del nemico, le due creste dentate brillarono e da esse si staccò una sorta di lama boomerang. Scattò rapidissimo, Inuyasha parò il colpo appena in tempo, e poi lo disintegrò con un fendente. Così il rivale ne scagliò altri sei contemporaneamente. Arrivavano da tutte le parti, e non riusciva a tenerli d’occhio e contrastarli tutti, finendo per ferirsi diverse volte. Persino gli altri decisero di salire in volo per non rischiare di essere coinvolti. Kagome a malincuore dovette seguirli, purtroppo né lei né gli altri avevano pensato di portare le armi con loro, e senza le sue frecce non poteva aiutare suo marito, fu costretta a lasciarlo lottare da solo.
In tanto Inuyasha era ancora alle prese con le lame di Chrome. Poi gli venne un’idea: spiccò un balzo all’indietro e, come previsto, le lame lo inseguirono.
“E’ inutile! Queste lame sono controllate dalla mia volontà. Ti seguiranno d’ovunque andrai, finché non ti avranno fatto a pezzi!”.
Dentro di sé il ragazzo pensava “E’ proprio quello che voglio!”. Quando furono abbastanza vicine tra loro, gli scagliò contro un’altra Cicatrice del Vento a breve distanza, riducendole in polvere.
“Bè allora! Che ne dici?!” gli rise in faccia al drago.
Chrome non si scompose e sfoderò un’altra delle sue micidiali armi: le due strutture lunghe e squadrate sul dorso, simili a dei cannoni, si girarono con la bocca puntata in avanti. Il loro interno si accese di un rosso fiammeggiante.
“Magma Incandescente!”.
Due getti di fuoco fuoriuscirono, investendo tutta l’area. Inuyasha non riuscì a scansarsi in tempo e fu avvolto dalle fiamme. Restarono inorriditi i suoi compagni, credendo che sta volta fosse la fine. Anche il cavaliere era sicuro di averlo messo a tacere definitivamente e si avvicinò per controllare. Il caldo era soffocante, e lui era totalmente a suo agio, con il fuoco tutt’intorno che illuminava la sua armatura.
“Dico che è finita.” esultava per la su vittoria. “Non pensavo che saresti durato così a lungo, ma hai perso.”.
Una voce arrivò dalle sue spalle, più agguerrita che mai.
“Non ancora!”.
Con un imponente balzo, videro tutti Inuyasha fuoriuscire da quell’inferno, completamente incolume. Per fortuna la veste del Cane di Fuoco lo aveva protetto. Kagome era sollevata nel rivederlo, sano e salvo.
“Pensi che basti un fuocherello per sconfiggermi. Prendi questo!”.
Approfittò dell’effetto sorpresa per colpirlo dall’alto, ma rimase sorpreso dell’incredibile velocità del suo avversario. Non si aspettava che potesse spostarsi in quel modo, vista la pesante corazza che si portava addosso.
“Notevole. Devo averti sicuramente sottovalutando, mezzo-demone.”.
“Ti dai tante arie solo perché sai usare quelle tue strane armi. Senza di esse non mi sarebbe difficile toglierti di mezzo.”.
“Ne sei convinto? Allora ti accontento, faremo alla vecchia maniera.”.
Detto questo, Chrome modellò ancora una volta il suo corpo, trasformando la mano destra in una sega circolare e la sinistra in una lunga trivella.
Ora Inuyasha poteva avere qualche possibilità di batterlo. Ma la sua baldanza era solo una maschera per nascondere la sua debolezza. Infatti, seppure fosse riuscito a sopravvivere all’ultimo attacco, la potenza dell’impatto lo aveva lasciato parecchio stordito e ora i suoi riflessi erano meno acuti del normale. Se pero c’è una cosa per cui Inuyasha è famoso, è la sua testardaggine. E di certo non si sarebbe mai tirato indietro da una sfida.
Cominciò lo scontro: fendenti e colpi di spada mulinarono l’aria, ci furono scontri tra lame, attacco, difesa, contrattacco. Erano perfettamente alla pari e nessuno dei due sembrava voler cedere all’avversario. La lotta era lunga ed estenuante, sembrava non dover finire mai. Decise dunque il cavaliere di porvi fine. Tramutò una sua lama destra in una tenaglia a tre artigli, con i quali riuscì a immobilizzare Tessaiga.
“Direi che abbiamo scherzato abbastanza. E’ venuto il momento di eliminarti.”.
Approfittando di un momento di distrazione, cambiò l’altra mano in un martello da guerra, che colpì violentemente il corpo dell’avversario, con un movimento pneumatico. Inuyasha fu sbalzato via e la sua spada gettata lontano. Ora era in balia del nemico.
A questo punto Miroku, Sango e Kagome non potevano più stare lì a guardare, dovevano intervenire. Ma senza armi non sapevano che fare. Poi la sacerdotessa rammentò che un modo c’era, per aiutarlo. Grazie all’aiuto di Shippo aveva trovato un modo migliore per trasportare le frecce sacre: con la magia, il piccolo demone-volpe, le trasformava in asticelle di legno. In questa forma poteva portarne molte di più senza avere problemi legate al peso o all’ingombro. Inoltre poteva nasconderle anche in altri posti, in questo caso nella manica del kimono.
Si fece portare a terra, per recuperare un arco ancora intero. Mentre Chrome si stava divertendo a torturare Inuyasha con la sua sfera chiodata. Ora mai stava perdendo le forze, non poteva resistere ancora per molto.
Finalmente riuscirono a trovare un arco con cui scagliare la freccia. Non persero tempo e ripresero il volo. Kagome tirò fuori dal kimono uno dei suoi bastoncini e, utilizzando la sua energia spirituale, lo riportò alla sua vera forma. Tese l’arco e prese la mira, sapeva di avere un solo tiro a disposizione. Chrome aveva immobilizzato Inuyasha, e stava per infliggergli il colpo di grazia. In quel momento lasciò andare la corda tesa e scoccò la freccia. Come un fulmine improvviso centrò il bersaglio prima che questo se ne rendesse conto, infrangendo la corazza sulla spalla sinistra. Il drago volse lo sguardo su di loro. Era adirato per essere stato interrotto. Con tutta la sua furia lanciò una lama boomerang pronta a farli a brandelli, ma la ragazza neutralizzò il colpo con un’altra freccia. Sfruttando l’occasione, Inuyasha attaccò alle spalle il nemico con gli artigli, danneggiandogli ulteriormente l’armatura. Ora non poteva più usare le lame sulla schiena. Sapeva pero che ci voleva ben altro per sconfiggerlo. Così non perse tempo e corse subito a riprendersi Tessaiga. Il cavaliere tentò di fermarlo con un'altra fiammata, il ragazzo lo evitò spiccando un imponente salto al cielo.
“Ora che sei a mezz’aria, non puoi più sfuggirmi! Mi basterà un solo colpo per eliminarti.”.
Raccolse tutte le sue energie, concentrando l’aura in un unico punto fino a formare una sfera di fasci elettrici viola sul petto. E quando fu pronto, sparò.
“Raggio Iperbolico!!”.
Come aveva già detto il drago, Inuyasha non poteva scansarsi da quel colpo che si avvicinava sempre più a lui. Poteva essere davvero la fine? ‘’No, non oggi’’ pensava lui.
Dove molti avrebbero visto la fine, lui vedeva l’opportunità di rivoltare le cose a suo vantaggio. Strinse in pugno Tessaiga e la portò sopra la testa, in posizione di colpire.
“Stupido rettile! La tua stessa aura ti porterà alla morte!”.
“Cosa!?”.
“Bakuryuha!”.
Un colpo e l’aura demoniaca di Tessaiga si avvolse attorno al raggio di Chrome, rispedendolo indietro. Quando colpì il suolo, l’onda d’urto fece a pezzi tutto ciò che vi era attorno. Il castello fu spazzato via, ridotto in macerie sparse qua e là. Tornata la calma, Inuyasha era atterrato dolcemente grazie all’aiuto degli altri.
“Inuyasha come stai? Va tutto bene?”.
“Sì, sto bene. Tranquilla Kagome.”.
“Inuyasha credi che sia morto?”.
“Anche se ha resistito alla Cicatrice del Vento, il Bakuryuha è tutt’altra cosa rispetto a essa. Inoltre, grazie a voi, la sua corazza si era indebolita. Quindi penso che sta volta sia davvero finita Miroku.”.
“Pero adesso dovremmo confrontarci anche con gli altri cavalieri e se sono tutti forti come lui, potrebbero darci non pochi problemi.”.
“Perlomeno possiamo stare tranquilli che questo non ce ne dara più. Ora dobbiamo solo trovare e fare a pezzi gli altri sei.”.
“Sì ma, adesso che uno di loro è morto, cercheranno di vendicarsi della perdita.” aggiunse Sango.
“Ha ragione Inuyasha, dovremmo essere prudenti, ora più che mai.”.
“Ma sì, sì, Kagome non ti preoccupare. A volte sembra che tu non creda in me.”.
Improvvisamente Kirara si agitò. Rizzando il pelo e ringhiando.
“Kirara che succede!?”.
Guardarono nella direzione che indicava il grande felino, e scoprirono con orrore che non era per niente finita. La polvere sollevata dal potente attacco si stava abbassando, rivelando l’inconfondibile sagoma di quell’orrore metallico, circondato da una sfera di energia.
“Sei pieno di sorprese, devo ammetterlo. Sapete se non fosse stato per la barriera, ne sarei uscito con non pochi danni. Ma non voglio farmi rovinare l’armatura da un misero mezzo-demone.”.
Inuyasha riprese posizione, pronto per il secondo round. Rimase sorpreso dalle successive parole pronunciate dal drago.
“Riponi la spada. Per oggi basta così.”.
“Che cosa?! Come sarebbe a dire ‘’basta così’’?!”.
“Significa che termineremo questa lotta un’altra volta. E se stai pensando di fermarmi, sappi che sarebbe tutto inutile. E ora addio, per il momento.”.
Si voltò di spalle e percorse qualche passo. Credevano che volesse provare a ingannarli ancora, come prima. Poi improvvisamente si fermò di colpo. Inuyasha era pronto per fermarlo prima che agisse, invece non fece altro che voltare la testa nella loro direzione e fece una semplice dichiarazione.
“Voglio svelarvi un segreto, per avermi fatto divertire tanto. Dei sette Cavalieri Neri, io sono il più giovane. Per vostra informazione sappiate che i miei fratelli sono molto più potenti di me.”.
Quelle sole parole bastarono a far gelare il sangue nelle vene di tutti. Non potevano crederci: se il minore di tutti i draghi ha una forza tanto grande, allora quanto possono essere pericolosi gli altri sei, non ancora incontrati?
Adesso Inuyasha comprese il perché della paura ingiustificata, quanto innaturale, che il vecchio Myoga provava al solo nominarli.
“Ti ho sorpreso ancora? Allora adesso siamo di nuovo pari. A presto. E mi raccomando, non deludeteci.” disse per l’ultima volta il giovane drago.
Intorno al suo corpo fiamme azzurre si formarono per poi intrecciarsi e scagliarsi verso il cielo. Era la stessa luce che avevano visto l’altro giorno. Durò appena alcuni secondi, prima di disperdersi in tante particelle, che nel cielo formavano come miriadi di stelle.
Chrome se ne era andato, e sta volta veramente.
Cosi com’era prima che arrivassero, il silenzio era ritornato a regnare intorno a loro. Ma il tempo della pace era ormai finito.

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Capitolo 6
*** L'OMBRA BENEVOLA ***


L’ombra benevola
 
Rin era rimasta a vegliare sui bambini che giocavano, incuranti di ciò che sta accadendo altrove. Mentre li guardava correre spensierati, allegri, che pensavano solo a godersi quegli istanti di tranquillità, antichi ricordi della sua infanzia le tornarono alla mente e con essi il dolore. Ripensava a tutti i momenti belli della sua seconda vita, le amicizie incontrate lungo il cammino, le disavventure di Jaken e lo splendido gelido volto del suo amato Sesshomaru. Non pensava che un giorno, guardando indietro a quei tempi, avrebbe desiderato di non diventare mai una donna.
Poi pero i suoi pensieri furono disturbati dalla voce stridula di Jaken che continuava a lamentarsi. Come un bimbo capriccioso, si chiedeva costantemente se e quando sarebbe tornato il suo padrone. Vedendolo così disperato Rin si fece avanti per sostenere il suo vecchio amico.
“Tranquillo Jaken. Sono sicura che il signor Sesshomaru tornerà da noi. Ne sono certa.”.
“Ma si può sapere che dici. Lo so benissimo che padron Sesshomaru tornerà. Non può abbandonare così il suo fedele servitore.”.
Già. Come al solito egli si preoccupava per se stesso, senza pensare che altri desiderassero la stessa cosa. In quel momento Rin si fece avanti. Non sapeva cosa la avesse spinta a farlo, ma chiese comunque.
“Senti Jaken, tu credi che Sesshomaru pensi a una persona in particolare di tanto in tanto?”.
“Be naturalmente. Il mondo è pieno di gentaglia che deve tenere d’occhio. Demoni che vorrebbero pretendere il suo titolo e….”.
“Una persona speciale, cui è molto legato?”.
“Cosa? Ma che stai dicendo Rin! Lo sai che il padrone è sempre impegnato a combattere per raggiungere il massimo del suo livello. Non ha tempo per pensare a cose simili.”.
Come il suo solito, voleva capire solo a quello che pensava lui, ignorando la vera natura di quelle domande. Rin non sapeva se essere sollevata o delusa. Come poteva sapere cosa provasse il demone per lei, sempre se fosse in grado di farlo, se non lo mostrava mai.
“Perché mi chiedi questo?”.
“Niente. Volevo solo sapere se avesse trovato qualcuno con cui essere felice. So che vuole nasconderlo a tutti, ma credo che in fondo anche lui desidera trovare un giorno il vero amore.”.
“Padron Sesshomaru innamorarsi?”.
“Rin tu non sai assolutamente niente del padrone. Ti pare che uno così potente e sempre alla ricerca del potere possa pensare a una cosa come l’amore. No, non credo che avverrà mai. E poi lui è sempre così serio, così indifferente, ti pare che un tipo come lui possa incontrare una donna che si disposta a sopportare il suo carattere…..”.
Sarebbe potuto andare avanti ancora a lungo a parlare ma bastò un rumore di passi alle sue spalle per farlo tacere. Si era fermato perché aveva capito subito di chi si trattava. Si voltò lentamente e se lo ritrovò davanti. Per la sorpresa non seppe cosa dire, era stato colto sul fatto nel momento sbagliato.
“P…p….padron Sesshomaru. O che sollievo siete ritornato da me.”.
Un colpo. Un solo colpo, e lui si ritrovò a terra tutto malconcio e con un bernoccolo enorme, lì dove il demone lo aveva preso a pugni. E mentre stava lì a rantolare dal dolore, non si rese conto die essere rimasto del tutto trascurato. I due restarono a fissarsi negli occhi a lungo senza dire nemmeno una parola, come se comunicassero attraverso lo sguardo. Rin era così emozionata che sembrava stesse per piangere, mentre il demone bianco manteneva la sua calma insolubile. Ma sta volta era diverso. Nel suo sguardo sembrava brillare una fievole luce armonica.
E proprio quando Rin stava per lasciar andare le parole, sentì che spirava una brezza diversa. Fu Masaru a portare la notizia.
“Rin! C’è uno strano uomo che sta venendo qui.”.
“Un uomo?”.
“Sì, o almeno credo.”.
Così, a malincuore, fu costretta ad abbandonare quel momento che tanto aveva aspettato da tempo.
Seguì a ruota il ragazzo che la condusse verso quello strano individuo. Era di certo un uomo, ma a vederlo sembrava più un’ombra che cammina, piuttosto che un uomo. Era interamente coperto dalla testa ai piedi da un lungo mantello nero con cappuccio, che lo avvolgeva completamente, e delle catene attorcigliategli come serpenti. Di certo era anziano, poiché camminava lento, poggiando su un lungo bastone di legno e dal cappuccio lasciava cadere la lunga barba che formava due strisce grigio cenere. A vederlo Rin non seppe che pensare.
“Buon giorno signore.”.
“Salve. Scusatemi graziosa ragazza è questo il villaggio di Musashi?”.
“Sì, è questo.”.
“Finalmente. Sono arrivato. Sono ore che viaggio, e sono così stanco. Per favore potreste aiutarmi.”.
“Certo. Venga, la aiuto io.”.
Rin afferrò per il braccio l’anziano e lo accompagnò in casa mentre tutti guardavano sospettosamente quello strano individuo.
L’uomo si riprese dopo quella lunga camminata che aveva fatto e di cui stava raccontando. Per ora rimaneva riservato riguardo alla sua identità, e il motivo del suo viaggio. Era come se volesse che fossero gli altri a capirlo da soli.
A un certo punto si rese conto della presenza di Sesshomaru, che si era avvicinato per osservarlo meglio. Era piuttosto incuriosito da lui. E’ strano che uno come lui s’interessi alla presenza di un essere umano.
“Un momento, ma tu sei un demone.”.
Sorpreso, l’anziano si mise in piedi preparandosi a intervenire. Furono Rin e Jaken a fermarlo in tempo.
“Ei tu! Come osi dare del tu al sommo Sesshomaru.”.
“Stai calmo Jaken. Non si preoccupi. Il signor Sesshomaru è una persona buona e gentile.”.
“Ma lui è un demone. Come fai a dire una cosa come questa?”.
“La prego mi creda. Lui non è un demone cattivo.”.
Allora il vecchio sollevò una mano verso il demone, stando in silenzio. Rimase in quella posizione per qualche secondo. Poi parlò, più sollevato di prima.
“No, non è lui che sto cercando. La sua aura non corrisponde, ciò nonostante emana una forza immensa, piuttosto innaturale. Ma non per il discendente del grande demone cane dell’Est.”.
Adesso erano gli altri sorpresi, perfino lo stesso Sesshomaru, anche se riusciva a nasconderlo bene.
“Come fai a sapere questo?”.
“Perché l’ho incontrato molto tempo fa. La vostra aura e molto simile alla sua. Perdonate la mia insolenza di prima.”.
“Questo è impossibile. Mio padre è morto duecento anni fa. Nessun essere umano può vivere così a lungo.”.
“In effetti, la mia è un’età notevolmente avanzata. Almeno due o tre secoli se non più. Vedete io sono un caso a parte, rispetto un essere umano comune. Io ho trovato la via della lunga.”.
“Ma che stai dicendo vecchio! Nessun monaco conosce il segreto della vita eterna.”.
“Infatti. Ma io ho detto lunga vita non vita eterna. Io posso solo vivere più a lungo, ma anch’io dovrò morire un giorno o l’altro.”.
“Pero anche se la tua anima resta intatta, il tuo corpo risente il peso di tutti i tuoi anni. Per questo sei costretto a nascondere il tuo aspetto.”.
“Esattamente. Questi abiti e le catene mi permettono di conservare il mio corpo più a lungo. Perdonate, ora vorrei porgervi io una domanda, potrei sapere come siete riuscito a capirlo?”.
“Tu odori di essere umano vivo ma insieme ad esso vi è anche odore di decomposizione. Questo vuol dire che anche se sei vivo, il tuo corpo sta lentamente morendo.”.
“Il mio è stato un tempo lungo e sento che sta terminando. Prima pero, ho intenzione di eliminare l’origine di quella presenza maligna. Sarà la mia ultima impresa.”.
“Fai come ti pare, purché non ti metta sulla mia strada.”.
Detto questo, il demone diede le spalle e si allontanò.
“Aspettate Sesshomaru, dove state andando?”.
“Non c’è neanche bisogno di chiederlo Rin. A cercare il nemico.”.
“Ma padron Sesshomaru, non pensate che io debba venire con voi?”.
“Dimmi Jaken, come credi che tu possa essermi d’aiuto in battaglia? Non mi pare che tu sappia combattere.”.
Aveva decisamente colto nel segno. E così il piccolo demone rimase in lutto, mentre guardava il suo padrone allontanarsi sempre di più. Pensava che, in effetti, questa fosse la prima volta che ordinava lui di non seguirlo. Di solito gli era permesso, nonostante, come abbia detto lui, non si riveli utile a combattere o ad aiutarlo in altri modi. Questa storia non lo convinceva.
“Mi scusi signorina. Potrei sapere il vostro nome?”.
“Il mio nome è Rin, signore.”.
“Dunque Rin. Avrei una domanda per te: mi hai detto che quel demone, Sesshomaru, non è una persona cattiva. Tu lo conosci?”.
“Sì, certo. Mi ha salvato la vita, molte volte.”.
“Allora è chiaro che lui provi qualcosa per te e che anche tu hai dei sentimenti nei suoi riguardi. Ho ragione?”.
Rin si sentì come colta con le mani nel sacco. Non si aspettava che quel vecchietto arrivasse a quella conclusione. Dalla vergogna non seppe come rispondere. Per fortuna, in quell’esatto momento Inuyasha, Kagome, Sango, Miroku e Kirara stavano tornando.
I bambini corsero incontro a loro, felici per il loro ritorno, tanto atteso. Solo Kagome e Sango si sforzarono di sorridere a loro, invece Inuyasha e Miroku non poterono distogliere dalla mente le scoperte che avevano fatto durante lo scontro contro Chrome, il drago corazzato. Le ragazze sapevano che entrambi dovettero discutere sulla prossima mossa, e quindi con una scusa riuscirono ad allontanarsi con i bambini. Anche Shippo e Kohaku erano arrivati per parlare con loro. Solo il monaco riuscì a rispondere alle domande dello sterminatore, poiché Inuyasha era ancora in collera per quella sconfitta bruciante.
“Siete tornati, cos’è successo?”.
“Abbiamo avuto uno scontro con uno dei nemici.”.
“L’avete sconfitto?”.
“No. Purtroppo si è rivelato essere un osso più duro di quanto pensassimo e sembra che stia per andare anche peggio.”.
Si misero a sedere in una casa per discutere tranquillamente, a bassa voce, per evitare di far dilagare la paura tra gli abitanti e i loro amici.
“Ei Inuyasha come mai sei così nervoso. Scommetto che è perché ti sei fatto battere come niente, ho ragione? AIA!!!”. Il povero Shippo aveva fatto la domanda sbagliata nel momento sbagliato, e ora ne pagava le conseguenze. Un pugno sulla testa lo aveva lasciato quasi tramortito. Per un colpo così forte, Inuyasha doveva essere parecchio furibondo.
“Inuyasha si è battuto bene. E solo che questi nemici sono molto forti, imprevedibili e, come se non bastasse, quello che abbiamo visto era solo il più debole dei sette cavalieri.”.
“Che cosa! Soltanto il più debole?”.
“Già. E se quello che ha detto quel maledetto è vero, i loro cristalli magici ci daranno non pochi problemi.”.
“Sì, infatti, se riescono e rendersi invisibili e irrintracciabili, potrebbero attaccarci in ogni momento senza darci la possibilità di difenderci.”.
“Vuoi dire che potrebbero anche spiarci in questo preciso momento?”. Il demone-volpe arruffo il pelo per lo spavento. Non si era mai trovato a dover affrontare un nemico invisibile.
“E quindi cosa possiamo fare?”.
Non arrivò alcuna risposta alla domanda di Kohaku, perché non vi era soluzione. Calò il silenzio, mentre tutti pensarono a come risolvere quel problema. Immersi nei loro pensieri, fu soltanto un rumore a distoglierli.
“O scusate credo di avere un po’ di fame. Possiamo prima mangiare e dopo pensare?”. Di nuovo Shippo pagava per la sua domanda nel momento sbagliato. Un altro pugno sulla testa, forte come il precedente, lo lasciò di nuovo tramortito.
“A quanto vedo, sembrate avere un problema.”.
I ragazzi rimasero sorpresi nel vedere la figura nera. Loro non l’avevano ancora conosciuto ed erano talmente sovrappensiero che non avevano notato la sua presenza.
“Chi sei tu?!”.
“Non temere Inuyasha, il signore non è un nemico. Si è solo fermato qui per riposarsi dopo il suo lungo viaggio.”.
“Perdonatemi per aver origliato la vostra conversazione. Da quel che ho sentito, voi siete in difficoltà. Permettetemi di aiutarvi.”.
“Che cosa vorresti dire vecchio? Non ti conosco nemmeno.”.
“Calma Inuyasha! Scusatelo signore, ma vorremmo sapere chi siete.”.
“E’ vero, nemmeno a me avete detto il vostro nome.”.
“Non me l’hai chiesto, ed io non ho parlato. Comunque avete ragione. Mi presento: il mio nome è Nazo e sono solo un monaco viandante che ha fatto voto di cancellare il male da queste terre.”.
“Nazo? Intendete dire il famoso maestro Nazo?”.
“Miroku tu lo conosci?”.
“Ne ho sentito parlare. Il maestro Nazo è uno dei monaci più potenti e misteriosi di cui si ricordi. Ma io credevo che foste morto.”.
“Non esattamente giovane Miroku. Io mi sono solo ritirato per affinare la mia forza spirituale, grazie a un lungo periodo di meditazione.”.
“Un momento come conoscete il mio nome?”.
“Ho conosciuto il tuo onorato nonno quando era ancora un giovanotto. E la tua anima emana la stessa energia spirituale che aveva lui.”.
“Cosa l’energia spirituale? Voi riuscite a sentirla?”.
“Io vedo e sento molte cose piccolo cuccioletto. Una delle mie facoltà e quella di intravedere l’energia che emana ogni essere vivente, sia essa demoniaca, spirituale o semplicemente vitale. E tramite essa sono in grado di conoscere le persone anche senza l’uso della vista. Per esempio vedo che quel ragazzo arrogante è un mezzo-demone, e che la sua aura ha qualcosa di simile a quella del demone bianco di poco fa.”.
“Come? Sesshomaru è stato di nuovo qui?”.
“Sì. Ma solo per poco, ha detto che voleva affrontare il nemico da solo.”.
“Tipico del signor Sesshomaru.”.
“Già il padrone è sempre così.”.
“Comunque tornando al vostro discorso di prima, chi sarebbero questi nemici di cui parlavate?”.
E così il gruppo raccontò al vecchio saggio quel che prima avevano riferito loro Myoga, Totosai e Saya. La guerra, il ritorno dei draghi, il combattimento con Chrome, il monaco in nero rimase in assoluto silenzio ad ascoltarli. Dopo di che arrivò un lampo.
“E questo è quanto.”.
“Una storia interessante, non c’è che dire. E come ho detto prima, avete un grosso problema ragazzi miei.”.
“Maestro Nazo forse voi, con la vostra grande esperienza e saggezza, potreste aiutarci.”.
“Certamente. Voi siete delle persone per bene e visto che abbiamo in comune lo stesso obiettivo, vi aiuterò.”.
“E come credi di poterlo fare vecchietto? Se non siamo nemmeno in grado di scovarli.”.
“A dire la verità posso tracciare la strada per voi. E ora che so più cose su di loro, posso anche dirvi come rintracciarli.”.
Il gruppo era stupito da quella risposta. Che cosa poteva mai sapere quell’individuo che loro non sapevano?
“Per prima cosa io posso individuare la loro aura, anche se nascosti, e lo stesso si può dire per la sacerdotessa di poco fa. La prova sta nel fatto che, sia io sia lei, abbiamo percepito la presenza di uno di loro, ancora prima che colpisse. E in secondo luogo, la loro magia, che li aiuta a nascondersi, può anche diventare un punto debole. Se si usano insieme le arti magiche di un monaco e le tecniche di rilevamento delle tracce di uno sterminatore di demoni è possibile creare un contro-incantesimo che può permettere di seguire il segnale energetico di uno dei loro cristalli.”.
“Certo è vero. Ho usato questo sistema molte volte in questi anni, per rintracciare i demoni più sfuggenti.”.
“Bene. Allora Kohaku, tu ed io ci metteremo all’opera per preparare il contro-incantesimo. Non abbiamo un minuto da perdere, cominciamo subito.”.
 
Così fu. Ci volle parecchio tempo per trovare il materiale necessario e svariati tentativi per trovare la miscela giusta. Solo a metà del mattino dopo ci riuscirono. Finalmente poterono tirare un sospiro di sollievo.
“Ce l’abbiamo fatta. Ecco qua.”.
Inuyasha, che era andato a fare un giro di perlustrazione, si chino per vedere meglio il risultato dei loro sforzi “Così e questo il contro incantesimo?”.
“Sì. Se abbiamo ragione questa polvere d’oro dovrebbe essere attratta dal potere dei loro cristalli. Basta lanciarla in aria e si muoverà nella direzione in cui uno dei cavalieri è passato. L’unico problema e che non funziona su lunghe distanze.”.
“E quindi dobbiamo prima aspettare che il vecchietto ci indichi la direzione da cui incominciare la ricerca. Maledizione!”.
“Non essere impaziente Inuyasha. Possiamo approfittare dell’attesa per risparmiare le forze e organizzarci meglio contro il nemico.”.
Il ragazzo stava per controbattere, ma un’altra voce si fece viva per sostenere l’idea di Miroku “Ha ragione. Dovremmo essere preparati per quando sarà l’ora.”.
Era la voce di Sango. Si era presentata già pronta con la sua tuta da combattimento e Hiraikotsu sulla spalla.
“Sorella?”.
“Sango? Hai intenzione di venire con noi?”.
“Certo. La mia esperienza come sterminatrice può tornarvi utile e comunque non posso lasciare tutto il divertimento per voi tre.”.
Senti poi qualcosa strofinarsi contro la sua caviglia destra. Era Kirara, intenta a fargli le fusa per farsi notare. “Certo Kirara, so che ci sei anche tu. Sei felice di tornare al lavoro con me, come ai vecchi tempi?”.
Un miagolio fu la risposta per dire SI, e la ragazza contraccambiava accarezzandogli il musetto peloso.
In quel momento comparve anche Kagome “Vengo anch’io.”.
“Aspetta Kagome. E’ meglio che almeno uno di noi rimanga qua. Se dovessero venire mentre noi siamo via, il villaggio si ritroverebbe senza difese.”.
“Inuyasha ha ragione. Anzi forse è meglio che rimanga anch’io con la divina Kagome.”.
“Come Miroku, non vuoi venire?”.
“La mia presenza non è così indispensabile in questa missione. Sono sicuro che ve la caverete.”.
“Sì ma avremo bisogno di qualcuno che ti sostituisca. Nel caso in cui rimanessimo separati, dovrebbe esserci un altro che sappia usare la polvere. E dev’essere uno che possieda facoltà magiche.”.
“Già, ma chi?”.
Una bella domanda. Ma bastarono pochi secondi di riflessione per trovare la risposta. “Shippo!” chiamarono all’unisono il ragazzino.
Lui, che stava ascoltando da dietro di loro, si rese conto di essersi infilato in una brutta situazione. Preso dal panico, cerco immediatamente una scusa per darsela a gambe.
“Cosa? No no no no, io non sono qualificato per questa missione e…. O guarda, si è fatto tardi, devo andare a un appuntamento importante quindi…. Aaaa.”.
Troppo tardi. Prima che potesse svignarsela, fu afferrato per la coda da Inuyasha.
“Shippo abbiamo bisogno di te. Quindi smettila di fare la mammoletta e tira fuori il coraggio!”.
Tremante di paura, cerca un’altra scusa per tirarsi fuori “Ma potrebbe essere pericoloso. *Poi chi penserà ai miei figli?”.
“Ma che dici? Tu non hai figli.”.
“Un giorno potrei averli.”.
“Sta zitto! Smettila di fare il buffone. Tu verrai con noi che ti piaccia o no. E’ chiaro?”.
L’unica risposta che Inuyasha ricevette fu un morso alla mano. Sentì i denti appuntiti conficcarglisi nella carne e il dolore lancinante salirgli per il braccio. Mise un lamento di dolore. E mentre gli altri stavano guardando quella scenetta patetica, lui si preparò per dargli un bel pugno in testa a quel piccolo moccioso insolente. Ma prima che potesse sferrare il colpo, fu fermato dalla voce di Kagome. Ricaccio indietro il sentimento di rabbia e si mise a parlare con tono gentile.
“Hehehe, scherzavo. Non farei mai una cosa simile, lo sai vero? Volevo solo fargli un po’ di paura, tutto qui.”.
“Sì nei tuoi sogni magari!”.
Quella provocazione fece tornare un ringhio al mezzo-demone. Fissava irritato il volpino ancora attaccato alla sua mano. Solo dopo si accorse del tono di voce della ragazza. Era agitata.
“No, non è questo. Io…io…”.
Si mise una mano sulla fronte, la sua voce e le sue gambe iniziarono a vacillare. Prima che potesse perdere l’equilibrio e cadere, riuscirono a prenderla al volo.
“Che succede?”.
“Divina Kagome.”.
“Kagome. Ti senti bene?”.
“Ho percepito una presenza. Proveniva da là, verso Sud-Est.”.
“Sud-Est? E’ lontano dall’ultimo luogo, dove li abbiamo incontrati la prima volta.”.
“Dovunque si trovino li troveremo e li faremo a pezzi! Ormai non possono più nascondersi da noi.”.
A questo punto un’altra voce entro in scena, la voce del maestro monaco Nazo.
“Figlioli! Il momento è giunto. Li ho sentiti arrivare chiaramente. Vengono da Sud-Est.”.
“Lo sappiamo già vecchio. Ci dirigiamo subito verso là.”.
“Fate molta attenzione. Ho notato che questa presenza è simile a quella precedente, ma è anche diversa, e più forte.”.
Inuyasha affidò la moglie cara al suo amico monaco. Sango e Kohaku montarono sul dorso di Kirara. Invece Shippo, mentre erano tutti distratti, tentò di nuovo di scappare. Ma ancora una volta Inuyasha lo afferro per la coda, e così partirono a tutta velocità mentre Miroku, Kagome e il vecchio saggio rimasero a osservarli che si allontanavano sempre più. La ragazza era immensamente preoccupata. Perché aveva percepito la forza di quell’entità, ed’ era pericolosa.
Il gruppo in missione viaggiava con un’andatura rapida e sostenuta. Evitavano di sprecare energie preziose per la battaglia, cercando di non sforzarsi nella corsa. Ma la strada era lunga, più di quanto avessero fatto l’altro giorno. Quando ormai pensavano di essere fuori strada o che la destinazione fosse troppo lontano, il fiuto di Inuyasha captò il segnale che stava cercando: sangue. Proveniva dall’altra parte di una collinetta erbosa e ondulata. La consapevolezza di essere arrivati diede loro la forza di compiere il transito finale a tutta forza.
Cosa si sarebbero trovati davanti? Da soli, avrebbero avuto la forza sufficiente per vincere? Questo si chiedevano i compagni.
Le domande si diradarono, come la nebbia squarciata dai raggi solari, quando giunsero in cima e videro cosa li attendeva.

Angolo dell'autore.
*Ho inserito una conversazione che compare in un film che avrete di certo visto (o di sicuro lo avrete sentito nominare). Avete capito di quale film si tratta?

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Capitolo 7
*** IL BRIVIDO DELLA CACCIA ***


Il brivido della caccia
 
A prima vista le due scene del disastro sembravano totalmente diverse. Non c’era niente in quel luogo di simile, rispetto a dove si è svolto il primo incontro. Solamente l’inquietante silenzio che fa rabbrividire fin nelle ossa.
Dove là gli edifici erano intatti e tutte le vittime lasciate lì dove erano cadute, qua invece era tutto il contrario. Il villaggio che si vedeva dalla cima della collina era stato messo a soqquadro, devastato, raso al suolo. Le pozze di sangue indicano la presenza di cadaveri, ma i corpi erano spariti senza lasciare alcuna traccia di trascinamento.
Avvicinandosi con cautela si accorsero che il colpevole aveva lasciato delle tracce: cinque artigli che si erano avventati sulla parete di una casa. Più che l’opera di un guerriero, sembrava opera di una bestia.
Era il momento giusto per usare la polvere messa appunto da Miroku e Kohaku. Il ragazzo ne prese una manciata dal sacchetto e la lanciò nell’aria. E come avevano previsto, si depositò sul terreno, evidenziando le impronte lasciate e tracciando un sentiero che raccontava cosa era accaduto. Il nemico era sbucato dalla foresta avventandosi sugli sventurati abitanti. Li aveva inseguiti dappertutto, fin dentro le case, senza risparmiare nessuno. Una volta terminato il massacro, si è diretto di nuovo nella foresta.
Inuyasha e compagni non poterono fare a meno di provare disprezzo per un tale atto. Che cosa ha spinto uno dei draghi a compiere una strage inutile? Il loro unico obiettivo doveva essere eliminare lui e Sesshomaru, ma allora perché tutto questo? E che fine hanno fatto i corpi di tutte le povere vittime?
Non c’era tempo per le domande, erano venuti lì per uccidere il nemico e così ripresero con l’inseguimento. S’inoltrarono nel bosco, seguendo la polvere, e camminarono per circa mezz’ora. Fu in quel momento che accadde l’imprevisto.
“Aspettate un attimo, fermi!” ordinò a loro.
“Che c’è Inuyasha? Hai visto qual cosa?”.
Non disse nulla, si mise solo a fiutare l’aria minuziosamente. L’odore che aveva sentito doveva essere piuttosto debole, dal momento che dovette metterci tempo e impegno per identificarlo. Finalmente, con lo sguardo sospettoso, diede una risposta che seminò il dubbio tra il gruppo.
“Non c’è dubbio, questo è il loro odore. Viene da quella parte.” indicò col dito verso sinistra.
“Ma non ha senso. Con i loro cristalli non dovemmo nemmeno sentire la loro presenza e poi la polvere indica che le orme vanno in questa direzione.” fece notare Sango.
“Qualunque sia il motivo di questo dilemma, l’unica cosa da fare e dividerci.”.
Prima che potesse imboccare la strada, Kohaku lo fermò. Sapeva che non poteva essere una semplice coincidenza.
“Aspetta Inuyasha! Io penso che sia proprio quello che vogliono che facciamo. Vogliono dividerci per poterci eliminare più facilmente.”.
“Sì Inuyasha, questa faccenda mi puzza.” aggiunse Shippo.
“Anche se fosse così, non abbiamo scelta. Dobbiamo controllare entrambe le piste. Se una delle due fosse una sfalsa, e prendessimo quella sbagliata, ci ritroveremo a punto e a capo.”.
“Io penso che dovremmo rimanere uniti! Cioè, non lo dico perché ho paura, niente affatto.”. Quanta falsità nelle parole di Shippo. Era talmente sulle spine, che gli bastò sentire il fruscio delle foglie dietro di lui per farlo balzare dallo spavento. Per fortuna era solo una lucertola.
Il mezzo-demone lo trovò molto divertente.
“Che fifone che sei Shippo.”.
Sango rimase seria per porgere la sua opinione.
“Comunque sono d’accordo con lui, dovremo evitare di dividerci.”.
“Sì, ma anche Inuyasha ha ragione, non possiamo rischiare di compiere errori. Se perdiamo le tracce, potremmo non avere altre occasioni di ritrovarle.”.
Sango era dubbiosa su come procedere. Ci pensò, e alla fine prese una decisione.
“D’accordo, allora faremo come ha detto lui. Forza muoviamoci.”.
 
Così mentre Inuyasha e Kohaku deviarono per seguire la traccia olfattiva, il resto del gruppo continuò a farsi guidare dalla polvere. Era pericoloso, sapevano che il nemico poteva ancora essere nei paraggi, ma non potevano rischiare di farselo sfuggire.
Per Sango, Shippo e Kirara non ci furono sorprese durante la ripresa del cammino, mentre ai ragazzi non andava tanto bene. La strada presa da loro si spingeva in una foresta di alberi morti, senza foglie e con i rami intricati e spinosi. Procedere divenne difficile. Avrebbero potuto tagliarli, ma sapevano che avrebbe solo fatto rumore inutile. Poi si accorsero di essere vicini ai confini di una palude, l’odore del posto rendeva difficile per Inuyasha riuscire a seguire il fiuto. Finche, a un tratto, fece segno a Kohaku di fermarsi.
Adesso lo avvertiva distintamente. L’odore era forte. Erano vicini, molto vicini. Entrambi estrassero le armi, pronti ad accoglierlo come si deve.
Passarono tra i fitti rami spinosi con la massima cautela. Gli occhi vigili e le orecchie allerta. Poi la via iniziò a divenire più chiara, con il diminuire dei rami che impedivano la visuale, intravedendo degli spiragli di luce provenire dall’alto. Quando anche l’ultimo ostacolo fu superato, si resero conto di essere giunti in uno spiazzo senz’alberi, il luogo ideale per tendere un’imboscata. Loro lo sapevano e si guardarono attorno prima di avanzare oltre. Non vi era nemmeno l’ombra di un qualche segno di vita, ma l’odore della pista era ormai così vicino. Dovevano procedere. E così fecero, uscendo dalla sicurezza degli alberi iniziarono a guardarsi attorno.
Un tocco sulla spalla fece capire a Inuyasha che Kohaku lo chiamava, e gli fece poi segno di guardare nella direzione indicata dal ragazzo, in fronte a loro, per terra. Una stana cosa nera era adagiata sul terreno. Si avvicinarono, e videro che era un pezzo di carne, sottile e rivestito di scaglie di rettile. L’odore era quello giusto, ma a quanto pare era una falsa pista. Per poterlo esaminare meglio, il mezzo-demone lo raccolse. Vide il sangue colargli sulla mano. Rimase stupito quando vide che a differenza del rosso sangue umano, era invece color blu, come il profondo mare.  Ma di certo era ancora fresco. Quindi il proprietario non doveva essere lontano.
Poi uno schiocco. Un rumore secco di un ramo spezzato li voltare di scatto. Non videro nulla, forse era solo la loro impressione. Comunque non c’era tempo da perdere, dovevano tornare indietro dagli altri.
Ripercorsero i loro passi fino all’inizio degli alberi. E mentre Inuyasha pensava ad alta voce a quanta fatica inutile avevano fatto, e a quanta avrebbero dovuto farne ancora per tornare indietro, improvvisamente si sentì bloccato da qualcosa. Era come se delle mani invisibili lo stessero trattenendo per il vestito. Poi senti sulla guancia desta una strana sensazione appiccicosa. Fece per tirare all’indietro, ma per quanta forza ci mettesse non riusciva a smuoversi da lì. Solamente con l’aiuto di Kohaku, poté finalmente staccarsi.
“Ma che diamine è stato?!” si chiedeva arrabbiato.
“Aspetta Inuyasha, hai qualcosa attaccato alla faccia.”.
Se lo tolse, e non poteva credere ai suoi occhi: una ragnatela, incredibilmente resistente e soprattutto trasparente come l’acqua. Non aveva mai visto una cosa del genere.
“Ma che diavolo sta succedendo?” si chiese tra se.
“Guarda!”.
Il ragazzo indicò di guardare verso l’alto. E solo adesso si resero conto che i rami degli alberi tutt’attorno erano ricoperti da ragnatele simili, dal terreno fino alle sommità. Pareva di essere dentro a una rete, e loro le sfortunate farfalle.
Nel frattempo Sango, Shippo e Kirara stavano ancora seguendo le tracce indicate dalla polvere. Ormai erano stanchi di girare a vuoto. Stavano quasi pensando di fermarsi per riposare un po’, quando videro la fine della foresta.
Mentre si avvicinavano, Shippo avvertì un odore famigliare. E infatti erano tornati al punto di partenza.
“Ei, siamo tornati qui!”.
“Allora questa non era la pista giusta.”.
“Accidenti. Abbiamo camminato in cerchio tutto il tempo per niente.”.
“Non è poi così negativo. Per lo meno non dovremmo batterci con qualcuno. Vero Shippo?”.
“Hai ragione. Almeno c’è questo lato pos…… aspetta un momento!”.
“Cosa c’è?”.
“Mi è parso di sentire qualcosa. Dietro quel recinto.”.
Shippo indicava un recinto di legno, ormai decadente. Effettivamente da dietro sembrava che si muovesse qualcosa, di grosso.
I compagni rimasero all’erta, pronti a intervenire. E dalla fine del recinto uscì fuori la sagoma di un grosso lupo, che li guardava con fare minaccioso, ringhiando a fauci spalancate. Subito dopo altri lupi incominciarono a uscire da tutte le parti e raggruppandosi poi verso di loro. Erano circa una ventina, ma non bastano certo loro a spaventare i nostri eroi. Subito Kirara prese la sua forma di enorme felino e ruggì contro di loro. Non demordevano, mantenevano la loro posizione minacciosi, come se ne dipendesse dalla loro vita. Se non riescono a spaventarli, non resta che affrontarli e quindi si prepararono.
Improvvisamente, uno dopo l’altro, i lupi iniziarono a indietreggiare. Passando da passi lenti, fino a correre via nella foresta. Così loro poterono tirare un sospiro di sollievo, e Shippo non perse l’occasione per fare lo spaccone.
“Ei! Che vi prende?! Altro che lupi, siete solo dei coniglietti impauriti che sanno solo ringhiare contro i più piccoli! Tornate ad accucciarvi dalle vostre mammine! E siete fortunati che vi lascio andare, se no avreste visto cosa succede a mettersi contro di me!”.
Poteva andare avanti per ore a sbeffeggiarli, anche se di certo non lo avrebbero sentito da quanto erano lontani. Tuttavia questo inutile pavoneggiarsi impediva loro di udire altri e ben più pericolosi suoni.
Rami che si spezzano. Un passo alle loro spalle. Un flebile ringhio, in crescendo. E quando Kirara voltò la testa per guardare, un imponente ruggito.
Talmente forte che lo avevano sentito anche Inuyasha e Kohaku, da dove erano. Si resero conto di essere stati raggirati. Come aveva previsto Sango, era solo un modo per dividerli. Dovevano subito tornare da loro per aiutarli. Ma qualunque tentativo di tagliare la ragnatela era inutile. Le lame, gli artigli e perfino Tessaiga non riescono a tagliarla, senza contare che si attacca a tutto ciò che tocca. Rimaneva solo la Cicatrice del Vento. Un colpo solo e la ragnatela fu squarciata mentre alcuni alberi finirono disintegrati. Ora potevano passare. Corsero più veloci che potevano, seguendo la direzione da cui provenivano i rumori della battaglia, che le orecchie di Inuyasha riuscivano a captare e ed erano sempre più vicini. Quando si accorse di sentire l’odore della preda, vide di fronte a lui gli alberi che stavano per scomparire, lasciando intravedere il sole. Erano arrivati al campo di battaglia, e videro subito che oltre ai danni visti prima, ora c’erano le tracce di un altro combattimento.
Entrambi si misero a chiamare i loro compagni, sperando di non essere arrivati troppo tardi. All’inizio nessuno rispose alle loro grida, poi udirono una richiesta di aiuto proveniente da sotto delle macerie. Cominciarono a spostarle, finché non trovarono una sorta di bozzolo azzurro di stoffa.
“Inuyasha! Kohaku! Finalmente.”.
“Sei tu Shippo?”.
“Dov’è mia sorella?!”.
Il ragazzino-volpe si trasformò, riprendendo la sua vera forma, e mostrò loro il corpo di Sango, che era svenuta.
“Era come aveva detto lei! Ci hanno fatto dividere per poterci attaccare di sorpresa. Kirara è riuscita a tenerlo occupato ma Sango è stata colpita e non si è ancora ripresa.”.
Kohaku provò a chiamare sua sorella, sperando di poterla svegliare, ma non ci fu risposta. Allora da una tasca segreta della sua tuta, nella spalla destra, tirò fuori un sacchetto contenente delle medicine rivitalizzanti: basta prenderne una per recuperare le forze nel giro di pochi minuti. Gliene diede una. Adesso dovevano solo aspettare che facesse effetto.
Intanto Inuyasha si stava occupando di un’altra questione importante “Shippo chi è stato? Da che parte è andato?”.
“E Kirara, dov’è finita?”.
“Mi dispiace ma non so niente. E’ saltato fuori all’improvviso e ci ha presi alle spalle. Per fortuna Kirara ha intuito il pericolo in tempo, poi pero Sango è stata colpita. E nel tentativo di salvarla mi sono trasformato è siamo finiti sotto le macerie. E non so dove sia Kirara.”.
“Spero che se la caverà.”.
“Kirara sa badare a se stessa. E se quel maledetto gli ha fatto del male, giuro che gliela farò pagare!”.
Con un filo di voce, Sango fece capire agli altri che era sveglia. Voleva sapere dov’era la sua amata compagna, ma nessuno lo sapeva. Cercarono di tranquillizzarla, ma appena girò la testa di lato per guardare nella direzione opposta a loro, la paura riempì i suoi occhi. Immediatamente si voltarono e videro il loro nuovo carnefice che si avvicinava lentamente tra gli alberi.
Un gigantesco leone balzò fuori dal bosco atterrando nel mezzo dello spiazzo. Non avevano mai visto un’animale simile: alto almeno mezzo metro in più di Kirara, con gli occhi gialli lucenti, una criniera di spine cornee e soprattutto scaglie nere di rettile che gli ricoprivano il corpo, dalla punta della coda fino al muso digrignane. Capirono subito che doveva essere il proprietario di quell’esca lasciata nel bosco. Si avvicinò ruggendo e ringhiando. Voleva combattere, e Inuyasha non chiedeva di meglio. Così partì alla carica. Il leone schivò egregiamente il primo attacco, e così anche il secondo, il terzo e così via. Solo quando fu il momento opportuno, sferrò un colpo di zampa che andò a segno. Per fortuna, Inuyasha era riuscito a farsi scudo con Tessaiga, ma il colpo era così forte che, cadendo di testa, svenne. Adesso era la volta di Kohaku. Pensò di usare subito la sua Kusarigama d’osso. Il leone evitò anche questo colpo con un grande salto, e stava per piombare addosso al ragazzo, che si spostò alla sua desta in tempo, il che era proprio quello che voleva lui. Approfittando della confusione, Kohaku diede un forte strattone alla catena per richiamare a sé la sua arma. Quello che il mostro non sapeva era che la catena passava sotto di lui. Così, quando fu ritratta, la falce in volo tornò indietro e si conficcò nel terreno, mentre l’altra estremità fu lanciata a sua volta dal ragazzo per avvolgersi al corpo del nemico. Adesso che era immobilizzato, lui poté saltagli in groppa per poterlo finire con la spada avvelenata. Il grosso felino si dimenava e scalciava a tutta forza, come un toro al rodeo, nel tentativo di levarselo di dosso. Ma giacché era legato, non poteva fare granché, mentre il ragazzo si teneva con forza alla catena. Stava per trafiggerlo alla schiena con la spada, quando si sentì trattenuto a sua volta. Non si era accorto che il leone lo aveva avvolto con la lunga coda, terminante con una punta ossea triangolare. Bastò uno strattone di coda per scaraventarlo via, gettandolo contro le macerie di una casa. E così anche lui era fuori gioco. Il mostro riuscì finalmente a liberarsi, quando improvvisamente, un colpo tremendo gli arrivò da dietro la testa. Era Hiraikotsu, che nonostante il potente attacco, anziché tornare indietro da Sango, cadde atterra dopo alcune capriole, mentre il felino voltava lentamente lo sguardo verso di lei, ringhiando di rabbia per essere stato colpito. Anche se aveva recuperato le forse, Sango non riusciva a stare perfettamente in piedi e ansimava di fatica, perché era stata ferita alla schiena dagli artigli della bestia. Ora lei e Shippo erano soli contro di lui, che si mise a correre verso di loro, più minaccioso che mai. Erano immobilizzati dal terrore, pensarono che quella fosse la fine e, quando il leone fu così vicino da poter sentire il suo fiato sul viso, un altro ruggito sopraggiunse dal bosco e Kirara gli si avventò contro. Il colpo non fece gravi danni al nemico, lo fece solo sbandare con qualche capriola. Finalmente una luce di speranza. Dal momento del primo attacco, non si era più vista, e s’iniziava già a immaginare che fosse accaduto il peggio. Ora la sua presenza riempì di gioia il cuore di Sango, e anche Kirara era sollevata nel vedere la sua migliore amica salva. Ma non era il momento di distrarsi, il leone si era rimesso in piedi e voleva vendicarsi per essere stato interrotto. I due felini si schierarono uno di fronte all’altro, mostrando le zanne e la loro furia ruggente. Con gli artigli sguainati, partirono alla carica, scontrandosi in un tremendo frontale. Nel violento corpo a corpo si scambiavano morsi e artigliare potenti, si rotolavano nella polvere, avvinghiati tra loro, nel tentativo di buttare atterra il rivale. Ma il leone aveva un vantaggio: oltre a essere più grosso, la sua pelle è invulnerabile agli attacchi, per via delle scaglie. A un certo punto il leone mise a segno una forte zampata che atterro Kirara, e lui ne approfittò per saltarle sopra e bloccarla al suolo. Stava per morderla al collo e porre fine alla sua vita, quando….
“Non ci provare! Sankon-Tessou!!”.
Finalmente Inuyasha si era ripreso. E stava colpendo il mostro sulla schiena, che urlava per il dolore e la rabbia. Questo diede il tempo a Kirara di rialzarsi e restituire a sua volta la zampata sul muso. Basto per farlo arretrare confuso. E mentre si riprendeva, vide che anche Kohaku era tornato in campo, un po’ acciaccato ma ancora più determinato. Adesso la situazione si era capovolta, il leone era solo contro tre.
Sembrava quindi che adesso la bilancia sarebbe inclinata a loro favore. Invece no. Il nemico sorrise beffardo poco prima di illuminarsi di una luce gialla accecante. Divenne così intensa che del leone si vedeva solo la forma del corpo, che stranamente cominciò a mutare. Dove prima c’erano quattro zampe, adesso se ne vedevano otto. La luce si dissolse e anziché trovare un leone, trovarono un ragno enorme. Grande quanto un uomo sdraiato al suolo, otto occhi gialli e le inconfondibili scaglie nere, non vi era dubbio che si trattava dello stesso essere di prima. I ragazzi erano senza parole. Chi mai poteva immaginarsi una trasformazione simile?
E mentre erano in piedi sbigottiti, il ragno ne approfittò. Nelle sue mandibole vi erano due ghiandole da cui sparò due fili di ragnatela ad alta velocità. Il bersaglio era Kirara. Il colpo la spinse contro una casa semi distrutta, dove rimase immischiata. Era anche quella opera sua: la ragnatela nel bosco in cui erano rimasti intrappolati.
Inuyasha tentò di colpirlo con la Cicatrice del Vento. Prima pero che potesse agire, il mostruoso ragno saltò all’indietro e, con l’aiuto di un filo di tela dall’addome, raggiunse le cime degli alberi. Atterrato sui rami, iniziò a cambiare colore fino a mimetizzarsi completamente. Il mezzo-demone cercò di colpirlo lo stesso. A prima vista, pensò di averlo spazzato via insieme ai rami. Dovette ricredersi quando anche lui, di sorpresa, fu colpito dai fili e immobilizzato al suolo. Rimaneva solo Kohaku, che non poteva neanche usare la polvere per scovarlo, poiché questo non era il potere del cristallo. Non poté far altro che tenere gli occhi aperti e i sensi in massima allerta, pronti a scattare al primo segnale. Lo schiocco di un ramo spezzato e lui si voltò, lanciando l’enorme falce verso agli alberi dietro di lui. Ce l’avrebbe fatta se il nemico non fosse di nuovo saltato. Sparò altri fili dalle ghiandole nelle mandibole, ma non riuscì a centrare l’obiettivo. Il ragazzo restò sorpreso quando si ritrovò in groppa a Kirara. Era riuscita a liberarsi grazie alle sue fiamme, che avevano bruciato la ragnatela. Ora che aveva il vantaggio del volo, poteva combattere al meglio. Iniziò a lanciare piccole sfere che, esplodendo all’impatto, crearono una cortina di fumo, trattasi in verità di un veleno innocuo per gli umani ma molto irritante per i demoni. Nonostante quello non fosse un demone, sembrò funzionare comunque. Il ragno non riuscì a sopportarlo e fu costretto a rivelarsi mentre cercava di fuggire. I due cacciatori si misero all’inseguimento della preda, nel frattempo Shippo stava cercando di liberare anche Inuyasha con il Fuoco di Volpe.
“Grazzie Shippo.”.
“Figurati. Certo pero che dev’essere strano farsi battere da una ragnatela, no?”.
“Cos’hai detto?!”.
Provò a sferrare uno dei suoi potenti pugni in testa al demone-volpe. Pero stranamente non si mosse di un millimetro, e solo dopo capì perché. In realtà era un’illusione, usata per mascherare una ridicola statuetta di ferro massiccio. Questo errore costò a Inuyasha un gran male alla mano e un grido di dolore.
Intanto Kohaku e Kirara lo stavano ancora inseguendo. Nemmeno quando tentò di nascondersi sotto alle chiome degli alberi, riuscì a liberarsene. Così rispose con l’attacco. Lanciò fili di tela nel tentativo di colpirli, senza pero successo. Poi fece un’altra delle sue sorprese: mirò di proposito contro i rami più robusti di un grosso albero e li usò come una fionda per lanciarsi in aria. Adesso per i due inseguitori fu difficile riuscire a recuperate lo svantaggio. Una volta raggiunto il punto in cui lo avevano visto atterrare, si guardarono intorno per cercare di individuarlo, anche se poteva essere inutile dal momento che si mimetizza. All’improvviso sentirono un tonfo provenire da dietro le loro spalle e furono colti alla sprovvista da qualcosa.
 
Se solo gli altri fossero andati con loro, ma Sango era ancora debole e lasciarla sola sarebbe stato un azzardo. Per fortuna Shippo aveva sempre a disposizione qualche rimedio, di sua creazione, per medicare le ferite.
“Per il momento dovrebbe tenere Sango. La medicina farà in modo che tu guarisca in fretta, ma non potrai ancora combattere finché non si sarà ben rimarginata.”.
“Grazie Shippo.”.
“Pero, devo dire che oggi ti sei dimostrato molto utile. Ho fatto bene a portarti con noi.”.
“Davvero? Voglio dire, certo io sono un elemento fondamentale della squadra. Mi chiedo come fareste senza di me.”.
“Esatto!”.
Nonostante sembrasse sereno, Inuyasha era ancora arrabbiato con Shippo per lo scherzetto di prima e stava per vendicarsi. Al momento opportuno riuscì a mandare a segno un gran bel colpo. Ovviamente al piccolo demone non piacque ciò e cominciarono a bisticciare tra loro come due bambini. Ignorando di essere osservati. Erano talmente distratti, che nessuno dei due percepì la presenza del ragno, che li scrutava dall’alto. Invece a un tratto qualcos’altro attirò la loro attenzione: una specie di saltellio proveniente dall’alto, sugli alberi, e si stava avvicinando molto velocemente. Nessuno fu in grado di vederlo, nemmeno il nemico, tranne solo quando fu colpito in pieno muso e scaraventato fuori dai rami, cadendo a terra. Oltre a lui, anche qualcun altro mise piede a terra. Inuyasha riconobbe subito il suo odore e non ne fu per niente felice di rivederlo: era Koga. Il capo della tribù dei lupi, il solito arrogante guasta feste, non è cambiato per niente.
“Ma guarda chi c’è. Il Botolo Ringhioso che per poco non ci rimetteva la pelle per uno stupido litigio con il piccoletto.”.
“Ei! Che cosa ci fai qui Lupo Rognoso!”.
“Non sono affari tuoi. Ti conviene non immischiarti, questo bastardo è mio!”.
“Ma che dici l’ho visto prima io! Tornatene nella tua tana Lupastro!”.
Davvero imbarazzante. Questo stavano pensando Shippo, Sango e Kohaku, appena arrivato. Dopo anni che non si vedono, si ritrovano nel mezzo di un combattimento e loro litigano come bambini.
“E’ proprio vero quello che si dice ‘’le vecchie abitudini sono dure a morire’’.” pensò Sango ad alta voce.
“In questo caso, fa prima che muoia uno di loro piuttosto che l’abitudine.” rispose Shippo, mentre il ragazzo e Kirara che annuirono all’unisono.
Pero, ancora una volta, non si resero conto che il nemico si stava riprendendo dal colpo infieritogli e stava per approfittarne per scappare. Pero anche lui non si accorse di un branco di lupi che gli sbarravano la via.
“Dove credi dia andare tu! Non ho ancora finito con te! Avanti fatti sotto!” gridò Inuyasha.
“No! Lui è mio, solo mio. Adesso basta con i giochi, mostra il tuo vero volto e combatti da uomo!”.
Che cosa voleva dire con “il vero volto”? Pensarono tutti loro. Qualche secondo dopo ebbero modo di scoprirlo. Quando sembrò proprio che il ragno stesse ridendo a bassa voce.
“Come desideri.”.
E si trasformò ancora, questa volta pero non divenne un’animale ma una forma umanoide. Era uno dei draghi, non vi erano dubbi. Vestiva di una tunica marrone a maniche lunghe nascosta in parte da una cotta di maglia sbracciata fatta interamente di scaglie nere, e un cinturone bordò borchiato da zanne d’argento. Sulla schiena e le spalle, le scaglie triangolari si allungano e drizzano, formando come una sorta di criniera, come quella del leone sul collo. Pantaloni marroni lunghi con stivali corazzati d’acciaio alti fino al ginocchio, tranne le scarpe nere triangolari. Le braccia, nella parte alta, sono protette da protezioni metalliche circolari, come la coda di un serpente a sonagli, da cui spuntano tre corna d’osso a raggiera su ogni placca. La maschera simile, seppur anche diversa, da quella dell’altro cavaliere: era più bestiale e aggressiva, con due zanne che spuntavano su ogni guancia. La cosa insolita e che non aveva armi, tranne forse i bracciali bordò di cuoio a protezione dei polsi.
“Sei stato bravo, sei riuscito a trovarmi. Sei ancora arrabbiato con me?”.
“Non fare il finto tonto! Sapevi benissimo che ti avrei dato la caccia finché non sarei morto.”.
“Ma di che diavolo stai parlando Koga?”.
“Ascolta Inuyasha, lui è il mio avversario. Tu stanne fuori, è chiaro?”.
“In realtà, il mio avversario è lui e i suoi amichetti, tu sei solo un nessuno per me. Comunque, dal momento che sei qui e sei così ansioso di morire, ti darò una possibilità. Ma ora torniamo a noi due Inuyasha. Tu sai chi sono?”.
“Certo che lo so, sei uno dei Cavalieri Neri.”.
“Esatto, io sono Savage, il re delle bestie. Avrai già conosciuto mio fratello Chrome, detto l’avanguardia d’acciaio, il nostro ultimo genito, be io sono il penultimo.”.
“Non m’importa chi sia il maggiore di voi. Io vi sconfiggerò comunque.”.
“E’ quello che dici, ma sappiamo entrambi che in realtà non ne hai molte di possibilità, nessuna se siamo tutti insieme. Sento l’odore della vostra paura da quando siete entrati in questo luogo.”.
“Dove sono gli umani di questo villaggio? Che cosa ne hai fatto?”.
“Posso dirti solo, che erano delle brave persone, davvero ‘’molto buone’’.”.
Capirono subito il senso della battuta, ma non gli parve divertente, anzi non fece altro che farli arrabbiare. Era il momento di smettere con le chiacchere e agire.
“Ora basta! Pagherai per ciò che hai fatto.”.
“E anche per quello che hai fatto al mio popolo!”.
“Certo. Ma solo se riuscirete a prendermi. Lupo Volante!”.
Pensavano che volesse scappare, invece prima che agissero, lui si trasformò in un’altra forma. Un mostro bipede, alto come un orso, un ibrido con il corpo di un lupo, le zampe di un’aquila e le ali di un pipistrello, il tutto rivestito dalle scaglie. Lanciò in aria un potente ululato e poi spiccò il volo.
“Come avrete già capito, io posso trasformarmi in alcuni dei mostri più forti del continente. E combinando i miei poteri alle loro capacità, io divento invincibile.”.
“Non farmi ridere, ho sconfitto avversari ben più forti di te. Quindi non farti tante illusioni!”.
Tentò di saltare e colpirlo, invece venne sbalzato via da una raffica di vento, provocata da un colpo d’ala. Ci riprovarono Kohaku e Kirara, ma il mostro era agile a schivare il colpo di Kusarigama. Pero non i rampini che si agganciarono alle sue ali. Tuttavia l’entusiasmo durò poco, quando tirò un forte strattone e li buttò a terra. E poi anche Koga, mentre cercava di prenderlo alle spalle, fu colpito da un potente ululato sonico. Quest’ultimo colpo lo investi piuttosto violentemente.
“E tutta qua la rabbia che provate nei miei confronti. Se e così allora non siete poi così dispiaciuti per la morte di quei patetici umani e dei tuoi amici, cucciolo di lupo.”.
Le provocazioni fecero saliere la rabbia e il desiderio di vendetta. Ora erano decisi a non avere alcuna pietà. Intanto il drago aveva altri piani in mente.
“Basilisco!”.
Scese a terra e si trasformò di nuovo: divenne un’enorme Basilisco con una cresta intorno alla testa. Improvvisamente Koga ebbe un istintivo senso di paura, sapeva cosa voleva fare.
“Attenti! Non guardate!”.
Infatti, gli occhi del Basilisco, da gialli, s’illuminarono di verde e produssero un raggio accecante che investì tutto ciò che gli stava davanti, per almeno cento metri. Quando riaprirono gli occhi, videro tutti gli alberi anneriti e senza foglie, i loro rami ridotti a mucchi spinosi. Era anche questa opera sua, come nel bosco di prima. Ma Koga non fi fece caso, tranne forse per i suoi amici lupi. Purtroppo, nel tentativo di proteggere il loro capo, avevano fatto da scudo. Ora giacevano al suolo pietrificati dalla morte, con gli occhi bianchi come perle senza vita. Questo era troppo da sopportare, il capo dei lupi aveva esaurito la pazienza e non si sarebbe fermato finché non gli avrebbe fatto pagare tutto il male che aveva fatto.
“Basta coi trucchi, dov’è il tuo orgoglio! Combatti da uomo!”.
“Non chiedo di meglio.”.
Così il drago riprese la sua forma umanoide, e ora toccava a Koga mostrare il suo potere. Da un fulmine sul suo braccio destro si materializzò l’artiglio Goraishi.
Il nemico non rimase impressionato, anzi quasi contento.  E sfoderò la sua arma nascosta. Il bracciale sinistro si stava avvolgendo in un’energia luminosa che lo trasformò: allungandosi per tutto l’avanbraccio e ricoperto da placche ossee affilate, la mano un guanto corazzato nero, con le dita bianche, appuntite in avanti, e terminati con artigli intrisi di aura Dracon, ossia l’aura dei draghi.
Era talmente convinto di vincere facilmente che fece un gesto di provocazione, dicendogli di attaccare per primo. Ovviamente Koga non chiedeva di meglio. Si lanciò all’attacco molto veloce, spinto dalla rabbia irrefrenabile. Tuttavia il drago era altrettanto agile e riuscì a schivare tutti i colpi ravvicinati. Quando venne la volta degli attacchi fulminanti, li respinse con un movimento rapido della mano. Poi arrivarono a un punto in cui gli artigli di entrambi s’incrociarono tra loro, sprigionando i loro poteri che si scontravano ferocemente. Fu allora che Savage sfoderò gli artigli anche nell’altra mano, mentre tentò di colpire l’avversario a tradimento. Pero anche il giovane lupo aveva imparato a usare al massimo il suo potere. Riusciva a muoversi più velocemente di quanto non lo fosse in passato, lasciandosi dietro una scia di saette, e poteva usare l’artiglio su entrambe le mani. I due lottarono ferocemente, come due belve. Attaccando, difendendo, schivando, lanciando attacchi di energia, tutto a una velocità incredibile. Erano in totale parità. Anche i fulmini venivano fermati dalla mossa del drago, “Storm Fang”: lame di luce rossa scagliate come frecce. Ma scoprirono presto che non erano per niente in parità, lui si stava solo divertendo. Ora avrebbe fatto sul serio.
“Sei bravo. Era da tempo che non mi capitava una sfida come questa.”.
“E non ti ricapiterà!”.
“O certo, ma per te.”.
“Adesso basta prenderti gioco di me. Ora ti uccid…!”.
Non riuscì a finire la frase perché fu ferito al braccio destro da un’artigliata veloce. Veloce era a dir poco: in un battito d’occhi, il corpo del nemico si era tramutato in una striscia nera di luce e aveva percorso cinque metri senza che nemmeno lo vedessero, per quanto era stato rapido. Perfino quando il ragazzo cadde in ginocchio dolorante, sembrò passare un’eternità.
“Stavi dicendo? Pensavo che volessi dirmi qualcosa, probabilmente un pensiero sciocco, e ho pensato che fosse meglio fermarti.”.
Tutti erano rimasti impressionati, tranne il demone-lupo che sentiva solo rabbia. Cercò di combattere con il solo braccio sinistro. Tutto inutile pero, non riusciva nemmeno a sfiorarlo. Dal canto suo, il drago riuscì ad afferrargli la mano, incrociando la propria con quella di lui, e gli conficcò gli artigli nella carne. Ora l’unica cosa che sentiva era solo il dolore lancinante e le sue stesse grida di dolore. Non riusciva a liberarsi dalla presa, mentre l’altro si preparava a dargli il colpo finale. Per fortuna Inuyasha e Kohaku erano lì sul posto, rimasti in disparte per quella questione personale, ora dovettero entrare in azione. Il primo ad attaccare fu il mezzo-demone, con la sua spada alzata al cielo. Pero la lama di Tessaiga fu bloccata dall’artiglio sinistro del nemico. Poi venne la volta del giovane sterminatore. Poteva riuscire a tagliargli via il braccio con la Katana, se fosse riuscito ad avvicinarsi. Non andò come aveva previsto.
“Grazie dell’aiuto, perdente!”.
Il drago scagliò Koga contro di lui, lasciandogli andare la mano, che riuscì a prenderlo. Questo era il momento buono per scagliare la Cicatrice del Vento. Inuyasha si allontanò in fretta e vibrò il colpo. Non ci fu alcuna reazione da parte del drago, fu investito senza nemmeno muovere un muscolo. Forse sta volta ce l’avevano fatta.
“Inuyasha pensi di esserci riuscito?”.
“Non ne sono ancora sicuro. Come sta Koga?”.
“Ha una brutta ferita. Dev’essere curato subito.”.
“D’accordo. Portatelo in un luogo sicuro. Avanti.”.
“Come così presto?”.
La sua voce. Proveniva da dietro la polvere sollevata. Quando si depositò, videro un enorme essere con il corpo rivestito da una spessa corazza ossea e una specie di scudo che gli si allungava dalla fronte, proteggendogli il collo. Non aveva nemmeno un graffio, ecco perché non si era mosso.
“Ti avevo detto che posso trasformarmi in molti mostri del continente. Esseri che nemmeno hai sentito nominare. Come questo. Ammira la forma del Mammut d’acciaio, quando la assumo, sono indistruttibile. Puoi colpirmi con qualunque tuo attacco, ma non riuscirai mai a perforare la mia corazza.”.
“Ne sei sicuro?! Se pensi che nessuno dei miei attacchi avrà effetto, allora non resta che scoprirlo!”.
Savage non lo sapeva, ma esisteva qualcosa di ancora più duro della sua corazza e stava per scoprirlo. Tessaiga si trasformò, diventando una zanna di diamante che rifletteva la luce del sole. Tirò indietro la spada e con un colpo secco sferrò l’attacco.
“Prendi questo maledetto! KONGOSOHA!!”.
Il fendente sparò una pioggia di schegge di diamanti, veloci come frecce, che riempirono l’aria di una mortale luce caleidoscopica. La tempesta investì in pieno il pachiderma corazzato. La sua corazza fu trafitta come fosse di semplice legno. Non si aspettava un attacco simile.
“Be, che ne dici? Non mi sembri resistente come volevi farmi credere.”.
“Devo ammettere che sei più in gamba di quanto pensassi. Comunque se speri di battermi con quest’unico attacco, ti sbagli di grosso!”.
Il suo enorme corpo s’illuminò di una luce arancione. Una grande energia invase il suo corpo, e riuscì ad espellere tutte le schegge dalla sua carne, solo con la forza della sua aura. E lasciò gli altri sconvolti, quando videro i contorni delle sue ferite scaldarsi fino a divenire rosse, come il metallo ardente, e poi richiudersi fino a scomparire del tutto. Inuyasha preparò un altro colpo ma il Mammut si sollevò sulle zampe posteriori e ricadde, colpendo il terreno con violenza immane. L’onda d’urto investì in pieno il gruppo, scagliandoli all’indietro per alcuni metri.
“A questo punto direi che è l’ora di chiudere i giochi. Idra-del-cielo!”.
E di nuovo si trasformò. La forma scelta era quella di un drago bipede con arti anteriori corti, ampie costole alari e tre teste ornate da lunghe spine a forma di saette. Si librò in aria maestosamente.
“Siete arrivati alla fine del viaggio. Addio!”.
Scariche elettriche iniziarono ad avvolgersi intorno a lui e a caricarsi selle alte spine dorsali. Quando raggiunse la piena potenza, sparò dei raggi di fulmini dalle tre fauci, e colpì il gruppo. Una grossa esplosione elettrica ruppe il silenzio del bosco, fino a centinaia di metri da lì. Sembrava davvero la fine per loro. Oramai il dragone si stava godendo la sua vittoria, inconsapevole della sorpresa. Inuyasha aveva protetto tutti grazie alla barriera del fodero di Tessaiga. A quanto pare non era finita. Il drago dovette ricredersi.
“Ma bravo. Mio fratello aveva ragione, sei un tipo davvero interessante Inuyasha.”.
“E tu invece sei solo uno sbruffone! Ti vanti tanto delle tue trasformazioni e non sei riuscito a uccidermi nemmeno con la tua vera forma!”.
“La mia vera forma?”.
Savage rimase così turbato da quell’affermazione che da contento della sorpresa cadde nella delusione.
“Mi rimangio quello che ho detto poco fa. Sei proprio un pivello!”.
Atterro e riprese il suo aspetto umano. Inuyasha non capiva come mai questo improvviso sbalzo d’umore.
“Hai davvero pensato che quello fosse il mio vero aspetto? In realtà era solo un’altra delle mie forme bestiali. Se non ci sei arrivato, allora sei più stupido di quanto pensassimo io e i miei fratelli!”.
Questa risposta non fu molto incoraggiante. Se quella non era la vera natura di lui, allora come poteva essere l’aspetto di un drago occidentale?
“Ma visto che sei così curioso di vederlo, allora ti farò conoscere il vero me. Un vero drago!”.
Il sangue si raggelò nelle vene, il tempo si fermò e la paura prese il sopravvento. All’inizio sentirono un ringhio sibilare e l’aura accrescere spaventosamente, sembrava potessero toccarla con le loro mani. Quella forza gli entrò nel corpo dal petto, raggiungendo poi la mente, mandando segnali di pericolo in tutto il loro corpo. Non avevano mai provato un simile timore prima di adesso, il tocco della morte. Quel sentimento che t’invade quando senti che la tua vita è in pericolo, come se ti avvisasse che stai per morire. I suoi capelli si sollevano dal vento prodotto dall’aura, una luce azzurra evidenzia i contorni del suo corpo, mentre il cuore batte tanto forte che riuscirono a sentirlo anche loro.
All’improvviso si fermò. Inclinò la testa alla sua destra. Sembrava come se una voce inesistente lo stesse chiamando.
“Abbandonare il combattimento? Come puoi pensare che…! Arr. E va bene.”.
La sua aura iniziò a scemare alla stessa velocita di com’era cresciuta. L’aria tornò calma e il drago fece capire che era finito il duello.
“Sono spiacente. Dovremo rinviare la nostra discussione a un’altra volta. Nel frattempo vedi di non morire ragazzo. Addio!”.
Inuyasha avrebbe voluto saperne di più, ma prima che potesse raggiungerlo, egli era già sparito in una colonna di luce.
Per quale motivo non li aveva finiti? Chi era la persona con cui aveva parlato?
Forse non lo avrebbero mai saputo. Ma di certo sapeva che non aveva mai provato un’emozione di quel tipo. La paura non era minimamente paragonabile. Forse ora cominciava a capire il significato delle parole dell’altra volta.
"TU SEI MORTO, ANCORA NON LO SAI”. La sentiva rimbombare nella mente. Mentre pensava che in effetti, la sensazione che aveva percepito non gli era del tutto nuova. Era già successo una volta, quando era vicino al punto di morire.
Angolo dell'autore.
Aspetto fisico del nuovo cattivo (per dare l'idea un po' più precisa): protezione di scaglie ispirata a Drago Bludvist (Dragon Tranier 2), i bracciali trasformati come quelli di Megatron/Unicron (Transformers Prime Predacon Rising) e gli stivali dall'Escaflowne (I cieli di Escaflowne), che avranno anche gli altri fratelli.
Spero vi sia piaciuto il capitolo, alla prossima.

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Capitolo 8
*** MOMENTI DI QUIETE E DI CURE ***


Scusate la lunga attesa, ma sapete l'arte richiede tempo. E adesso gustatevi questo nuovo capitolo. Spero vi piaccia.

Momenti di quiete e di cure
 
Al villaggio l’ansia di poco fa stava cominciando a calare. Dopo il loro ritorno a casa, non si poteva certo chiamare in lieto rientro, avendo visto le ferite di Sango e Koga e le facce malinconiche degli altri. Immediatamente Kagome, Rin e Miroku s’impegnarono per medicargliele con la massima cura. Per fortuna Kagome era presente per tranquillizzare il demone-lupo, che continuava ad agitarsi per il dolore e la collera della sconfitta. A quanto pare, dopo anni di matrimonio, lui sembrava dare retta solo a lei. Si pensava a una reazione tipica di Inuyasha, invece niente, non ci fece quasi caso.
Che avesse sviluppato una sorta di tolleranza nei confronti di quel lupastro?
No. La verità e che continuava a pensare al combattimento, alla frase di quel Savage, e al fatto che forse ha sottovalutato troppo i suoi avversari. Si è reso conto che i mostri del passato non erano niente rispetto a questi draghi dell’occidente. E così, mentre gli altri erano impegnati con i compagni feriti, lui si diresse nell’unico luogo in cui avrebbe potuto trovare altre informazioni.
 
Adesso la situazione era più stabile. Le ferite di Sango erano guarite in fretta, grazie alla medicazione fattagli dal demone-volpe. Solo quattro segni sulla schiena, e un brutto ricordo, rimanevano a testimoniare. Ma le ferite che guariscono di meno sono quelle emotive. Miroku era abituato a vedere lei ferita, un tempo, ma le cose cambiano e nuovi pensieri affiorano. Come avrebbe mai potuto lui sopportare la perdita del suo amore e madre dei suoi figli. Il pensiero lo angosciava, mentre stava a osservare la sua amata che riposava. La guardava intensamente con gli occhi persi nei suoi pensieri, che furono interrotti quando la vide svegliarsi. Lo salutò con voce flebile e morbida. Forse aveva visto la sua espressione e cercava di mostrargli la sua parte più rincuorante.
“Ciao Sango, sei sveglia. Per favore non ti sforzare, la ferita potrebbe fare un po’ male. E non vorrei che..”.
“Che cosa succede? Lo vedo che sei preoccupato.”.
“Certo, non voglio che senta altro dolore, quindi rimani sdraiata.”.
“Non è questo, c’è dell’altro. Io lo so.”.
Avrebbe preferito evitare questo discorso, ma sarebbe dovuto arrivare comunque un momento o l’altro. Prese un profondo respiro e iniziò a confessare tutto.
“Io ho avuto paura, come mai prima d’ora. Ho pensato che se ti fosse successo qualcosa io non so come avrei fatto senza di te. Ti prego Sango, da adesso in poi non dovrai più combattere. Promettimelo.”.
“Miroku ti stai preoccupando troppo. Lo sai che uccidere i demoni è il mio lavoro, sono abituata a queste ferite.”.
“Non i nostri figli. Come farei a dire loro che…che….”.
Non riuscì a terminare la frase, non voleva pensarla nemmeno. La donna lo attirò a se, più vicino, in modo da parlargli più a quattrocchi. Aveva una voce flebile e rassicurante.
“Hai ragione. Scusa se ti ho fatto preoccupare, non ho pensato minimamente alla responsabilità dei nostri bambini. Perdonami.”.
Come due amanti, quali che sono, si baciarono amorevolmente. Sembrava che il tempo si fosse fermato per loro, avrebbero potuto continuare così per sempre. Se non fosse per un piccolo, fastidioso, vizio di famiglia. Il monaco aveva di nuovo allungato troppo le mani nel posto sbagliato. A lei non piaceva, non era mai piaciuto, e nemmeno ora che sono sposati piace. Come se non bastasse c’erano anche due convenevoli che guardavano dalla porta semichiusa.
“Papa, perché stai così abbracciato alla mamma?”.
“Credo che sia questo ciò che fanno i grandi quando sono soli, come hai detto tu zio.”.
Oh oh. Questo forse era meglio non aggiungerlo. E così il dado fu tratto, e uscì il numero sfortunato per il povero monaco. Le sue grida di dolore furono udite anche nella casa vicina, in cui Kagome si stava occupando di Koga.
“Cosa è stato?”.
“Penso che Miroku ne abbia fatta un’altra delle sue. Come ti senti adesso Koga?”.
“Molto meglio, grazie al tuo intervento Kagome. Ma continuo a pensare a quel maledetto mostro, se gli metto le mani addosso….Aia!”.
Doveva avercela proprio a morte con quello là, per essere ancora infuriato. Non che Koga sia mai stato un tipo tranquillo, ma doveva esserci sotto qual cosa per odiarlo così tanto. Meno male che la ragazza era l’unica con un’ascendente su di lui e quindi, per ora, restò calmo. Aveva quasi l’intenzione di chiedere, quando entrò Rin con delle erbe per alleviare il dolore di Koga. Anche se le ferite gli si erano rimarginate, la mano continuava a fargli male, così la ragazza aveva chiesto di portargli il rimedio. Koga rimase in qualche modo incuriosito dalla ragazzina appena entrata. Anche se la conosceva, non si era mai interessato più di tanto a lei. Eppure il suo comportamento impaurito gli sembrò strano, innaturale, almeno per un’umana che ha vissuto con un demone. Si ricorda della prima volta che l’aveva vista con Sesshomaru, una bambina che seguiva quel demone minaccioso come fosse il suo padre, e che ora tratteneva a stento la paura. Continuava a studiarla con lo sguardo, finché lei non lo notò e s’inventò una scusa per uscire da lì alla svelta.
“Kagome, come mai quella ragazza continuava a scrutarmi così?”.
“Parli di Rin? Vedi lei ha paura dei lupi. Prima che la trovasse Sesshomaru, un branco di lupi la assalì, sbranandola a morte. Poi quando è tornata vita gli è venuta la paura per loro. E in oltre, erano i lupi del tuo branco Koga, quindi, anche se sa che sei dalla nostra parte, a stento riesce a contenere la paura.”.
Molti dicono che i demoni non provano sentimenti, Rin era una dei pochi che sostenevano il contrario, e infatti quello che sentiva il giovane capo della tribù Yoro era dispiacere. Da tempo si era ripromesso di non uccidere più gli umani, anche se all’inizio era solo per apparire bene agli occhi di Kagome, e il pensiero che una di loro era stata marchiata dai suoi errori del passato lo faceva sentire colpevole, come il peggiore degli assassini.
A volte il passato torna a tormentarci. E’ vero. Per il demone-lupo e così come per tutto il gruppo di amici. Un passato oscuro e vendicativo, troppo potente per affrontarlo frontalmente. Per questo Inuyasha era finalmente giunto per avere informazioni sui draghi, qui: alla caverna di Totosai. Provò a chiamare il vecchio e gli altri due, ma senza ricevere alcuna risposta. C’era da aspettarsi che fossero scappati, del resto una casa ricavata dallo scheletro di un demone non è difficile da scovare. Era ormai su tutte le furie per aver preso solo un buco nell’acqua, quando udì una voce provenire dal pavimento. E vide il vecchio spirito Saya fuoriuscirne.
“O Inuyasha sei tu.”.
“Cosa ci fai nel pavimento Saya e dove sono Myoga e Totosai?”.
“Shhh, abbassa la voce e seguimi.”.
Lo spirito lo condusse verso l’incudine piazzata nel mezzo della stanza. Lui sprofondò di nuovo nel pavimento, poi si udì un rumore sordo provenire da sottoterra e il blocco metallico quadrato iniziò a spostarsi di lato, lasciando vedere delle scale che scendevano.
“Su vieni, presto. Prima che qualcuno possa vedere.”.
Lui non ci aveva capito niente ma fece lo stesso come chiesto e scese le scale. Il passaggio si chiuse subito dietro di lui, mentre scendeva in quel cunicolo semi oscuro e dal calore insopportabile, probabilmente per via della lava. Per fortuna la veste rossa del cane di fuoco rendeva quel caldo quasi una leggera brezza. La discesa continuò per circa tre metri, finche si accorse di una debole luce illuminare le pareti. Ecco che li vide i due vecchi e il fodero, dimora del terzo, intorno alla luce di un grosso lume, mentre attendevano che arrivasse. Subito il demone-pulce porse i suoi saluti al suo padrone, a modo suo. E ricevette la solita risposta ‘’schiacciante’’ a cui era oramai abituato. Fatti i saluti, i tre spiegarono al ragazzo che questo era il rifugio di Totosai, costruito per potersi nascondere in caso di pericolo estremo, come ultima risorsa. Era pieno di provviste per durare mesi, alcune prese d’aria nelle pareti e un foro sul soffitto per fare uscire il fumo, proprio il genere di posto dove potersi nascondere a lungo, adatto a tre fifoni come loro. Era pero una fortuna che il vecchio Myoga sia riuscito a convincere gli altri due a rimanere lì, piuttosto che scappare. Sapeva che poteva esserci la possibilità che il ragazzo sarebbe venuto da loro per chiedere consigli, e infatti eccolo qua.
“Signorino Inuyasha, siete venuto a cercarci?”.
“E’ successo qualcosa di grave?”.
“No, non ancora. Mi servono delle informazioni su come sconfiggere i draghi.”.
“Ohh, allora li avete incontrati di persona.”.
“E come pensavamo, hai provato a combatterli e le hai prese, non ho ragione?”.
“Vuoi che ti riempia di botte brutto vecchiaccio?! Guarda che se non avessero usato i loro strani trucchi li avrei uccisi senza problemi!”.
“Trucchi? In questo caso allora non hanno nemmeno fatto sul serio.”.
“Che cosa?! Vuoi dire che quei mostri possono essere ancora più forti?”.
“Eppure lo avevano detto che non dovevate sottovalutarli.”.
“Ma voi non ci ascoltate mai.” Cominciò la frase Myoga e poi la terminò il fabbro “Come al solito.”.
“Ora basta! Non sono venuto a sentire le vostre prediche, io voglio sapere come si uccide un drago? Se non volete dirmelo allora mi arrangerò da solo!”.
Stava per alzarsi e andarsene con la rabbia che bruciava dentro, come il vulcano lì nei pressi del nascondiglio.
“Aspetta.” lo fermò Totosai con voce ferma da osservatore “Ho l’impressione che tu non voglia solo sapere come eliminarli, tu hai paura di quello che potrebbe capitare se non riuscirai a fronteggiarli a dovere, vero?”.
Era vero, aveva colto nel segno. Inuyasha dovette ammetterlo, mentre era rimasto immobile in piedi, voltando loro le spalle, nascondendo il suo sguardo arrendevole alla realtà. Così prese un profondo respiro, lasciando scivolare via l’orgoglio, si voltò e comincio a essere sincero.
“Si hai ragione. Per colpa del mio stupido orgoglio ho messo a repentaglio la vita dei miei amici e della mia famiglia. Per questo sono qui.”.
I tre saggi erano soddisfatti. Inuyasha aveva riconosciuto il proprio sbaglio e accettato di ricevere l’aiuto da loro.
“Siediti ragazzo, se vuoi ancora il nostro aiuto.” disse il vecchio fabbro.
Era dunque arrivato il momento delle risposte. Lui fece come richiesto, si sedette, e cominciò ad ascoltare.
“Allora, cosa vuoi sapere? Tu chiedi e noi ti diremo ciò che sappiamo.”.
“Innanzitutto qual è il punto debole di un drago?”.
Una domanda impegnativa, ci pensarono un po’. In effetti, un drago non ne ha molti di punti deboli. Alla fine Myoga cominciò a spiegare.
“Um um, un’ottima domanda signorino Inuyasha. Come vi ho già detto un drago è quasi impossibile da uccidere, almeno per un umano, o un demone comune. E anche con Tessaiga non sarà un’impresa facile. Pero è certo che solo con il loro aspetto reale sono totalmente invincibili, in forma umana sono più vulnerabili agli attacchi, non avendo scaglie a proteggerli. Resta comunque il fatto che hanno forza e velocità incredibili e molte risorse da sfruttare: incantesimi, poteri nascosti e armi magiche di incredibile potenza.”.
“Si certo, quelli che ho affrontato disponevano proprio di queste capacità. Comunque come si fa ad ucciderli?”.
“In verità in qualsiasi modo, purché si riesca ad infliggere loro una ferita mortale o eliminarli in un colpo solo, personalmente ritengo sia meglio trafiggere i punti vitali: la testa o il cuore. Bisogna per prima cosa riuscire a seguirli in velocità e scansare le loro difese, basterà assestare un colpo decisivo e non avranno scampo. Dovrete riuscire a superarli in abilità.”.
“E non ci sono altri modi per ferirli o rallentarli? Del tipo particolari sostanze o ingredienti magici?”.
Il demone pulce scosse la testa in segno di negazione. Toccò quindi a Saya spiegare “Purtroppo non ne sappiamo un granché. E’ raro che uno di loro venga sulle nostre terre, cosi non abbiamo qualche informazione sulle loro debolezze.”.
“Ma di loro dovreste conoscere altri particolari oltre a quelli già citati? Tipo alcune caratteristiche peculiari dei membri dei Sette?”.
“In effetti hai ragione, ognuno di loro, anche se fratelli, ha una propria caratteristica che li rende diversi gli uni dagli altri.”.
“A proposito quali di loro hai incontrato?”.
“Uno con una strana armatura di metallo, Chrome, e Savage, capace di trasformarsi in alcuni tipi di creature.”.
“I due fratelli minori.” realizzò lo spirito del fodero.
“Noi li conosciamo con i loro nomi di guerra, con cui li identificano alcuni e che li rendono più riconoscibili. Ogni nome identifica una delle loro peculiarità:
‘’L’avanguardia d’acciaio’’: chiuso nella sua armatura metallica, utilizza delle armi micidiali e agisce sempre con astuzia, è il più intelligente del gruppo;
‘’Il re delle bestie’’: selvaggio e dai sensi sviluppati, assume la forma dei mostri del continente più svariati;
‘’La maestra degli inganni’’: una maga esperta nelle arti magiche e illusorie, con lei niente è sempre quello che sembra;
‘’Il mago dell’arco’’: suo fratello gemello, combinando una mira infallibile, maestria nell’arco e frecce magiche, niente gli sfugge;
‘’L’ascia di guerra’’: nonostante il corpo minuto possiede la forza di un gigante, adora sfidare i suoi avversari in prove di forza fisica estrema;
‘’La regina di spade’’: esperta nell’uso di qualunque arma da taglio, che sia magica, demoniaca o comune;
E il peggiore di tutti: ‘’Lo squartatore rosso’’ crudele e sadico. Oltre a essere il maggiore dei sette e anche il più potente della compagnia. Nessuno gli è mai sopravvissuto se lui voleva ucciderlo.
Di loro sappiamo solo questo, e dovrete stare attento soprattutto a quest’ultimo.”.
“Comunque non sarà difficile distinguerlo dagli altri.” intervenne Totosai.
“Perché?”.
“Perché è l’unico a cui manca il braccio sinistro, gli è stato staccato tempo fa. Pero non credere che questo lo renda più indifeso, sappi che dovrebbe essere al pari, se non superiore, a Sesshomaru.”.
“Capito. E ditemi loro hanno qualche piano favorito o una strategia su come eliminare i loro avversari?”.
“Non ne abbiamo idea. Sappiamo solo che sono molto furbi, se prepareranno un piano, sarà così minuziosamente elaborato che non vi accorgerete di che si tratta, finché non si compirà.”.
Continuò Saya la spiegazione “Pero possiamo dirti che una cosa che adorano e guardare i loro nemici soffrire e tremare di terrore, prima di sferrare il colpo finale. E che useranno qualunque trucco verrà loro in mente pur di influenzare le vostre emozioni. Sanno che possono facilmente uccidervi quando vogliono e come vogliono, e ve lo mostreranno continuamente, come per dire che siete spacciati.”.
“La cosa importante signorino Inuyasha e che voi e gli altri non perdiate mai la lucidità. Basta un minimo sbilanciamento e loro ne approfitteranno.”.
Poi fu la volta di Totosai “E bisognerebbe tenere conto che loro preferiscono agire con cautela e acquisire informazioni sui loro nemici, se questi sono particolarmente forti. Per caso i due che hai già incontrato si sono dileguati proprio nel mezzo della battaglia, quando le cose cominciavano a farsi cruente?”.
In quel momento la mente di Inuyasha si fermò. Un pensiero inquietante era scattato come un fulmine. Gli avevano carpito informazioni su come combattesse e lui non lo aveva minimamente pensato. Si sentiva stupido derubato a sua insaputa ma al tempo stesso davanti ai suoi occhi. Non gli era sfiorato per la mente che mentre lui imparava qualcosa su loro, essi lo studiavano a loro volta, tutto grazie al contributo che lui stesso aveva donato. Avrebbe voluto essere un’altra persona in quell’istante, non per evitare di addossarsi la colpa ma per dire a se stesso di quanto sia stato stupido e imprudente.
“Immagino che quello sguardo voglia dire di ‘’SI’’.” commentò il fabbro mentre scrutava la sua espressione di amara autocommiserazione che aveva in volto.
“Avrei dovuto capirlo. Sapevo che c’era qualcosa di strano nei loro modi, eppure non mi sono mai soffermato a pensarci. Sono davvero un’idiota.”.
“Non siate così duro con voi signorino Inuyasha.” lo confortò il vecchio Myoga, per quanto poteva. Era anche piuttosto colpito da questa reazione, non molte volte gli era capitato di vedere il suo giovane padrone reagire male, così apertamente. Forse lui, e anche gli altri due, cominciavano a intravedere qualche segno di maturazione in quel ragazzo teppistello.
“Infatti, se nemmeno noi potevamo saperlo, figuriamoci se ci saresti arrivato tu da solo.”.
“E con questo cosa vorresti dire?”.
Domanda sbagliata, punizione incombente. Forse i loro pensieri di prima non erano molto attendibili. E mentre il povero fabbro se ne stava a terra, con un enorme bernoccolo sulla testa, Inuyasha si alzò in piedi e s’incamminò all’uscita. Quando chiesero dove stesse andando, lui rispose a suo modo che ormai non conveniva più rimanere lì, anzi forse era stato quasi inutile, visto che oltre alle poche informazioni raccolte, non ve ne erano altre più importanti, decise di andarsene. Non prima pero di dire una semplice parola, detta con tanta naturalezza, ma che non diceva molto spesso: un semplice ‘’grazie’’. Chissà, magari non è tutto perduto per le loro speranze che un giorno lui possa crescere e diventare come suo padre, destinato alla grandezza.
 
Al villaggio, Koga, che si era ripreso del tutto, decise di uscire alla luce del sole non ancora tramontato. Dopo essere rimasto in quella capanna per ore, era stanco di rimanere seduto a non far nulla. Si accorse di vedere dei bambini che giocavano nel prato con una palla. Essendo svenuto, non aveva ancora visto i figli di Kagome, né ne era a conoscenza. Si sedette a osservarli con uno sguardo pensieroso. Rimase molto sorpreso quando Kagome gli si avvicinò e gli indicò i suoi figli e di Inuyasha.
‘’E chi se lo immaginava?’’ stava pensando nella sua mente. Era passato del tempo dal loro ultimo incontro, gli impegni di capo branco sono molti e impegnativi. E quindi non aveva tempo per intraprendere la strada per il villaggio e passare a fare un saluto. E sinceramente non gli era mai passato di mente se Kagome avesse avuto dei figli. Subito dopo gli parve strano immaginare Inuyasha nelle vesti di padre. Lui lo ricordava come un rivale, un cagnaccio e un combattente al fianco della ragazza che pensava di prendere in sposa. Come si comportava con i bambini e sua moglie? Davvero non se lo immaginava.
Improvvisamente la palla si fermò davanti ai suoi piedi e i tre bimbi si diressero a riprendersela. Anche loro restarono sorpresi nel vedere il demone lupo davanti a loro. Perfino loro non si erano accorti della sua presenza al villaggio. E nonostante la loro madre gli aveva parlato di lui, qualche volta, non lo avrebbero di certo riconosciuto. Il ragazzo era ben lieto di conoscerli e sentiva dentro di se una strana sensazione: incontrare i figli di Inuyasha, suo grande rivale in amore, e Kagome lo faceva riflettere. E se le cose fossero andate diversamente? Se la ragazza si fosse sposata con lui? Loro di certo non esisterebbero.
Per questo, ora più che mai, si rese conto delle conseguenze della grande scelta che fece anni prima, lasciando che i due amici si mettessero insieme e accettando il suo vero destino.
Bruscamente tornò alla realtà, quando udì la fastidiosa voce e l’odore sgradevole di Inuyasha, che stava tornando a casa.
 
“Ei lupastro, ti sei ripreso? Allora perché sei ancora qui? Non ritorni dal tuo branco?”.
“Quello che faccio sono affari miei. E poi non vedo perché te la prendi tanto? Guarda che non stavo cercando di portarti via Kagome da sotto il naso.”.
“E ci mancherebbe altro! Guarda che ora io e lei siamo sposati e non ti permetterò mai di portarmela via!”.
“Basta Inuyasha, adesso stai esagerando. Guarda che Koga non ha più nessun interesse per me e tu lo sai bene.”.
Tenendo il broncio, il ragazzo non poté fare altro che dare ragione alla dolce moglie. Anzi si chiedeva addirittura perché s’irritava. Sapeva bene che anche Koga è sposato adesso e che non vi era ragione di sospettare che facesse qualcosa a sua insaputa, ammette che non è il tipo da fare queste cose. Poteva essere solo una vecchia abitudine del passato, dura a morire, o un pizzico di gelosia. Quest’ultima cosa non era del tutto negativa, il fatto che sia geloso vuol dire che lui la ama e che tiene a lei, altrimenti non gli sarebbe importato.
I bambini, che erano per tutto il tempo rimasti ad ascoltare, non ci avevano capito molto, ma di certo erano curiosi di tutti quei misteri e questioni del passato dei loro genitori. Soprattutto Yoshi.
I grandi se ne accorsero troppo tardi della loro curiosità e non seppero come reagire in questa situazione. Fortunatamente furono distratti dall’arrivo di alcuni ospiti: erano alcuni guerrieri della tribù Yoro con i loro lupi e alla loro testa Ayame, in cerca di Koga. In effetti, dopo il combattimento di oggi, lui non aveva avuto modo di contattarli e non aveva detto a nessuno di farlo.
Ci fu un breve riabbraccio e saluti tra vecchi amici, poi Inuyasha e Kagome videro un volto nuovo, alquanto strano da trovare tra di loro. Era un ragazzino, dall’aspetto doveva aveva almeno dieci anni, con al seguito un lupo piuttosto giovane, poco più che un’adolescente, dal pelo color sabbia. Guardandolo meglio, si accorsero che somigliava parecchio a Koga: la stessa faccia, e lo sguardo ostinato, ma gli occhi erano verdi e i capelli arruffati color castano scuro che andava a schiarirsi sulle punte fino a divenire rossicci. Indossava un’armatura grigia con la parte in alto azzurro celeste e gambali, spalliere, polsini e gonna di pelliccia di lupo marrone. Rimasero senza parole venendo a sapere che era il figlio di Koga e Ayame. Si chiamava Reinbo, in ricordo della notte della loro promessa d’amore, mentre il lupo al suo fianco era Kiirokami il suo protetto e migliore amico. Naturalmente, essendo figlio di Koga, avrà ereditato il suo caratteraccio che dimostrò subito non appena incrocio lo sguardo con Aiko. Non si erano nemmeno presentati e già iniziavano a folgorarsi a vicenda con lo sguardo. Sembrava, dunque, che la rivalità tra i due amici dovesse continuare anche con la loro progenie. Poi pero l’attenzione si spostò sui due capi tribù che discutevano.
“Perché non ci hai contattati Koga? Eravamo in pensiero per tè. Sei partito all’inseguimento con alcuni dei nostri e sei sparito. Che è successo?” chiese Ayame tutta d’un fiato.
“Scommetto che hai dato una bella lezione a quel mostro e adesso riporterai a casa la sua testa come trofeo.” s’intromise l’intrepido figlio.
Purtroppo le cose non erano andate in quel modo, anzi è vivo per miracolo. Tutto l’entusiasmo del figlio scomparve, ci teneva tanto a suo padre, lo stimava molto e finora non lo aveva mai visto fallire in qual cosa. Fu un brutto colpo per la tribù.
Nella conversazione si fece avanti Kagome che aveva sentito tutto, lei e gli altri. “A proposito Koga non ci hai ancora detto come mai tu stavi dando la caccia a uno dei draghi?”.
“Voi li conoscete? Se sapete dove si nascondono, me lo dovete dire immediatamente! Per favore.”.
Nel suo sguardo il giovane capo sembrò implorare il gruppo affinché lo aiutassero, ma nemmeno loro conoscevano la risposta. Intanto pero volevano sapere cosa aveva a che fare lui e la sua gente con quelle creature.
“D’accordo, vi dirò tutto. E accaduto due giorni fa…..”.
Così iniziò a raccontare i fatti. Alle montagne del Nord, sede della tribù dell’ormai trapassato patriarca dei lupi, s’iniziava ad avvertire una presenza oscura. Questo fece aumentare la pressione nei membri del branco. In quel periodo il capo e la sua famiglia erano giunti per mantenere sotto controllo la situazione di persona. All’improvviso l’aria si riempì dell’odore del sangue dei loro compagni, proveniva da una caverna nelle vicinanze. Giunti fin lì, si trovarono di fronte a una carneficina: corpi di lupi e membri della tribù mutilati dai segni di grossi artigli e fauci enormi. Seguirono l’odore sospetto, in mezzo a quello di sangue, fino all’ingresso della grotta da cui stava emergendo la figura di un umano, ma odorava di rettile.
“Sei stato tu a fare questo?! Chi sei?!” chiese Koga allo sconosciuto.
“Erano dei deboli. Dovresti addestrare di più i tuoi sottoposti.”.
“Come osi parlare in questo modo dei miei fratelli! Mostro, me la pagherai!”.
“Tu credi? Allora perché attendere oltre?”.
La trasformazione ebbe atto e l’umo assunse le sembianze del leone, balzando fuori dalla luce ruggendo per il piacere di uccidere. Il ragazzo sguainò Goraishi e partì alla carica. Il primo attacco fulminate non diede gli effetti sperati, riuscì solo a rallentarlo, permettendogli di scansare l’attacco del bestione. Provò allora a usare la velocità per confondere l’avversario e sferrare un attacco diretto. Il piano sembrò riuscire. Ma al momento di colpire gli artigli tintinnarono sulla dura pelle del leone, procurandogli solo qualche graffio. A questo punto fu lui a prendere l’iniziativa, respinse il ragazzo con una poderosa zampata e lo gettò contro un albero, da cui si staccò un grosso ramo che cadde sul braccio destro. Bloccato, mentre cercava di liberarsi, il mostro si godeva l’imminente vittoria.
“Una brutta sconfitta, non trovi?”.
Cambiò forma nel Basilisco e con la coda bloccò il ramo che teneva a terra il ragazzo. Sorrise, pregustando quel momento molto lentamente. Poi la battuta a effetto con cui avrebbe chiuso la questione “Voglio immortalare questa scena, quindi resta fermo.”.
Gli occhi brillarono di luce verde accecante mentre si preparava a colpire “Ti chiederei di sorridere ma dubito che lo faresti dinanzi alla morte.”.
Prima che potesse agire, sentì le grida e le lance volare dalle sue spalle. I membri della tribù non avrebbero lasciato che il loro capo, nonché loro fratello, morisse senza fare niente. Il nemico lo sapeva, poteva lasciar scorrere e occuparsene dopo, ma pensò ‘’Perché rimandare l’inevitabile, se vogliono morire allora accontentiamoli’’. E d’un tratto la testa del serpente si girò di scatto verso di loro, la luce li investì, abbagliando tutto ciò che gli occhi del rettile vedevano. Una volta schiaritosi, il povero capo dovette assistere alla terribile strage compiuta: gli alberi si erano anneriti e spogliati delle foglie, ridotte in polvere insieme all’erba sul terreno, e i suoi compagni tramutati in grigie statue di pietra senza vita. Rabbia, tristezza, paura e impotenza, tutte queste emozioni le sentì dentro di lui e non poteva ancora credere ai suoi occhi. Il serpente tornò a fissarlo intensamente, voleva riprendere dove era stato interrotto. Koga provò a chiudere gli occhi nel disperato tentativo di sottrarsi alla morte, ma una strana forza sembrò assumere il controllo delle sue palpebre, sembrava come se fosse stato ipnotizzato da quei fari verdi che lo puntavano. La seconda scarica stava per arrivare, quando qualcosa andò a segno nell’occhio sinistro del mostro. Si contorse dal dolore e questo gli fece allentare la presa per permettere al giovane di allontanarsi. I colpi scagliati erano di Ayame, che si era accorta del trambusto ed era arrivata in tempo per intervenire. Koga la raggiunse in tempo per dirle di chiudere gli occhi e gettarsi a terra, in previsione di un prossimo abbaglio pietrificatore. Invece il nemico riassunse sembianze umane per potersi togliere le foglie scagliatagli contro dall’occhio, che pero non gli avevano procurato nessun danno grave.
“Stupida piccola ragazzina! Sei venuta per unirti nella morte con il tuo innamorato? Molto bene ora ti accontenterò.”.
“Non la toccherai nemmeno con un dito! Saro io a ucciderti!”.
Con gli artigli sguainati e la rabbia che scorreva, sembrava che stesse per iniziare una lotta all’ultimo sangue, invece il drago inclinò la testa verso il suo fianco destro, come se sentisse qualcosa che lo chiamava. Si rilassò e con tono seccato disse che doveva andare “Sono spiacente, ma la mia missione viene prima di tutto. Quindi allenati di più e non farti uccidere da qualcun altro nel frattempo. Considerala una seconda opportunità. A presto!”.
“No! Tu non te ne andrai vivo!”. Provò a fermarlo, in preda alla rabbia, con un attacco elettrico ma fu evitato. Con un balzo, il nemico assunse la forma del Lupo Volante e svanì nell’aria. Anche il suo odore e la sua presenza erano del tutto scomparsi, era andato via. Koga era a pezzi, non solo non aveva ucciso l’assassino dei suoi amici, ma era anche stato ferito nell’orgoglio per la sconfitta. Così prese con sé alcuni dei suoi lupi e ordinò di setacciare tutta la montagna e la zona nelle vicinanze. Cercarono per tutta la notte e il giorno dopo, senza successo. Allora estesero l’area di ricerca oltre i confini del loro territorio e finalmente ritrovarono le tracce dell’aggressore e di alcuni vecchi amici.
“Il resto lo sapete già. A proposito, voi sembrate conoscere quell’essere giusto? Allora mi dite chi e cosa diavolo è? Non ho mai visto un demone del genere.”.
“Infatti non è un demone ma un drago. Una creatura proveniente dal continente. Lui e i suoi fratelli sono qui perché vogliono vendicarsi su Inuyasha per quello che suo padre fece loro in passato.”.
“Fratelli? Volete dire che ce ne sono altri?”.
“Sì, in tutto sette. E finora ne abbiamo incontrati solo uno e quello là di prima.”.
“Cosa?! Solo due?”.
“E c’è di peggio. Secondo il vecchio Myoga, gli altri cinque sono anche più forti.”.
Che brutta notizia. Se Savage era così forte, quanto potevano esserlo gli altri sei che Koga non aveva ancora visto. Ayame vedeva in questo un grande pericolo, avrebbe preferito che Koga e la sua gente ne rimanessero fuori, ma conoscendo il carattere del suo amato, non si sarebbe tirato indietro dalla vendetta. Ma tentò comunque di convincerlo, spiegandogli la situazione.
“Ascolta Koga, io penso che non dovremmo immischiarci in questa faccenda, sembra troppo pericolosa per noi.”.
“Ayame so che sei preoccupata e temi per la mia vita, ma non posso permettere a quei farabutti di passare sopra l’uccisione dei nostri amici. E’ il mio dovere di capo.”.
“E non pensi a tuo figlio, a me. Se ti capitasse qualcosa….”.
“Non mi succederà niente, te lo prometto.”.
Forse la ragazza avrebbe dovuto essere più insistente, ma le parole confortanti ebbero la meglio. E comunque avrebbero potuto parlare della questione anche dopo, a casa.
D’un tratto una voce, nuova ai lupi, ma non agli altri, fece il suo ingresso.
“Dovresti prendere in considerazione più seriamente le parole della tua compagna, giovane lupo.”
“E tu chi sei? Non ti ho mai visto qui.”.
Kagome fece le presentazioni “E’ il maestro Nazo, un monaco viandante che anche lui vuole eliminare i draghi e si è unito a noi. Invece lui e Koga un nostro caro amico.”.
“Mi fa piacere conoscerti ragazzo. Ho sentito parlare della tribù Yoro, fare la conoscenza del suo capo è un onore per me.”.
“A proposito vecchio.” Venne in mente a Inuyasha “Dov’eri finito? E’ da un po’ che non ti vedevo in giro.”.
“Si scusatemi, ero andato a compiere i miei esercizi di meditazione ma temo che mi abbia sopraffatto il sonno. Invecchiare fa aumentare la stanchezza e quando sei con gli occhi chiusi per qualche ora, diventa inevitabile.”.
Effettivamente, per un uomo anziano, rimanere sveglio a lungo è difficile, figurarsi per uno che abbia qualche secolo sulle spalle. Intanto Koga era sospettoso per il fatto che quell’individuo incappucciato sapesse chi fosse, senza che lui gliel’avesse detto. Ma non sapeva che il vecchio monaco sapesse vedere e ascoltare bene e aveva un buon intuito. Pero la cosa non levò lo strano presentimento che aveva su di lui, lo riteneva fin troppo strano.
Il sole era quasi del tutto scomparso all’orizzonte quando si resero conto di che orario fosse. Per Koga e la sua gente era ora di trovare un luogo dove passare la notte. Nonostante l’offerta di Kagome di rimanere al villaggio, Koga non accettò, e quindi s’incamminarono. Calata la notte, la luna prese il posto del sole per illuminare il cielo. D’ovunque nel villaggio, tutti erano rientrati per l’ora di cena imminente. Un momento di quiete in cui staccare la spina per qualche tempo e non dover pensare a problemi recenti. Rammentando il racconto di Koga, per un momento Kagome pensò che forse avrebbe dovuto mettere in guardia i suoi figli per ciò che sarebbe potuto accadere presto: ovvero che il nemico li attaccasse nel momento più vulnerabile, nella loro stessa casa, dove si sentivano più al sicuro. Avrebbero dovuto imparare a difendersi, a non farsi sopraffare dalla paura, e che avrebbe dovuto coinvolgerli, a malincuore, in questa pericolosa faccenda. Loro credevano che tutto sarebbe andato bene, che non sarebbe successo niente di brutto. Ma quando si vive in un mondo pullulante di demoni, guerre e altri pericoli, s’impara che può succedere di tutto e in qualunque momento. Pero non pareva il caso di parlarne ora, visto che la notte di luna piena era così confortante e tranquilla.
Ma questa non è una notte come tutte le altre. I rami sono mossi da un vento inesistente, mentre qualcosa cammina invisibile nell’ombra. Forse il momento di mettere in guardia i ragazzi sarebbe arrivato prima di quanto immaginasse Kagome.

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Capitolo 9
*** MIRAGGIO DI UNA NOTTE DI LUNA PIENA ***


Angolo dell'autore
Eccomi a voi gente, dopo un lungo periodo di in'attività sono tornato con il nuovo capitolo.
Leggete, commentate e spero vi piaccia.
P.S. Se non ve ne siete accorti la prima parte è presa da un'episodio della Melevisione.


Miraggio di una notte di luna piena
 
Un lupo solitario avanza silenzioso nella notte. Se si possa definire ‘’silenzioso’’ il modo di spostarsi di qualcuno così grosso. Si tratta infatti di Royakan: il demone lupo protettore della foresta, impegnato in una battuta di caccia.
“Se non metto qualcosa sotto i denti finirò per seccarmi come…. come… non lo so, carne al sole!” si lamentava lui. Chi lo potrebbe biasimare, da tempo aveva fatto un voto con Inuyasha e Kagome di non mangiare più coloro che si perdono nei boschi, di certo avrebbe potuto cacciare, ma sfortunatamente in questo periodo tutti gli animali se n’erano andati tutti, lasciando il poveretto a bocca asciutta.
“Ahhh, carne. Magari un pezzo di carne, mi piovesse dal cielo, andrebbe bene qualsiasi cosa. Be tranne un pesce, sono pieni di spine e mi lasciano in bocca un saporaccio, come…. di rane. Anzi no, di lumache. Ma per l’esattezza un gusto di rane con intensa delle lumache. Pero forse è per questo suo essere cattivo che io sono feroce, invincibile, sì! Potrei fulminare con lo sguardo qualsiasi…. non lo so? Lepre che mi passi davanti! Sempre che ne passasse una. Be torniamo a caccia.”.
Così riprese ad avanzare nel più possibile silenzio che la sua mole gli concedeva. Anche se c’è da dire che Royakan non era mai stato un grande cacciatore, è abituato a nutrirsi di umani indifesi e non molto veloci, tutt’altra cosa rispetto alla selvaggina. Senza contare che con tutti i suoi discorsi ad alta voce che faceva, qualsiasi animale nelle vicinanze, sempre se ve ne era ancora qualcuno, sarebbe scappato subito, e il bello e che lui stesso non lo sapeva.
Per lo meno tentava di adattarsi alla sua nuova vita e rispettava gli accordi. Era così concentrato nel suo ruolo che mentre camminava non si accorse di essere stato individuato a sua volta da qualcun altro. Improvvisamente la folta pelliccia che aveva in testa iniziò a prendere vita, come se qualcuno la stesse strattonando. Gli ci volle qualche secondo per accorgersene, poi si voltò di scatto per vedere chi fosse ma niente, non c’era altro che la foresta notturna.
“Chi è stato? Mamma lupa!” esclamò per la sorpresa mentre metteva le zampe in avanti per provare a sentire chi ci fosse. Dopo di che, pensando che fosse solo la sua impressione, riprese a camminare. Pero non appena voltatosi sentì delle leggere pacche sulla spalla sinistra.
“Ma chi è?! Devo andare a caccia, non mi disturbate insomma! Adesso basta no. Io….Uaaaaaiiiia!!!” non fu in grado di finire la frase perché qualcosa gli aveva colpito il piede facendogli emettere un ululato agonizzante, mentre si teneva il piede sinistro.
Quando riuscì a rimetterlo a terra pensò che fosse meglio andarsene da lì, cominciavano a venirgli i brividi. Fece due passi e poi si bloccò come una statua nel sentire il richiamo tanto sperato: il chiocciare di una gallina.
Non poteva crederci, tante che fece per imitare il richiamo e ricevette una risposta. La fame prese il sopravvento sulla paura e si dimenticò in un lampo gli strani eventi di prima.
“Gallinella, ma vieni qui dallo zio Royakan. Bella gallinella, dove sei? Che non ti vedo.” provò ad attirarla a se, anche se con tutto quel baccano poteva essere già scappata. Poi un altro miracolo: un grugnito, proveniente da dietro un altro albero. Si accerto che non fosse frutto della sua immaginazione con un richiamo simile, e dopo la conferma si precipitò da quella parte.
“Maialino, e vieni qua. C’ho una fame.” disse leccandosi i baffi, mentre cercava di individuare la preda “Dove sei che non ti vedo. Maialino? Ma è mai possibile che non lo vedo?”.
All’improvviso una voce si fece largo tra quella del lupo indaffarato, una voce allungata e flebile come il vento in una grotta “Non ci vedi perché siamo FANTASMI!”, che poi si fece accompagnare da un altro grugnito.
“A i fantasmi eh, allora è meglio andare sì!”. Voleva voltarsi e filare via da lì a zampe levate, ma una forza invisibile lo afferrò per le braccia e iniziò a strattonarlo energicamente, mentre rimaneva inorridito da quella situazione.
“Siamo i fantasmi di tutta la selvaggina che tu, TU HAI DIVORATO!!”.
“Noooo!!!”.
“Siiiii!!! Siamo i FANTASMI SELVAGGINI!!”.
“No! I fantasmi selvaggini no! Devo scappare presto!”. Si era liberato dalla presa e voleva correre dalla parte opposta, ma fu anticipato e proprio difronte a lui uno strillo sinistro e inquietante lo fece balzare dalla paura per poi scappare via urlando. La sola cosa il demone aveva in mente era scappare il più velocemente gli consentivano le gambe.
 
Nel frattempo altri lupi si stavano preparando per passare la notte. La tribù Yoro aveva trovato una parte di bosco abbastanza fitta da nasconderli da qualsiasi occhio indiscreto. Fosse stato per Koga sarebbe andato bene qualsiasi luogo, ma Ayame aveva insistito quel posto per sicurezza, per lo meno lei prendeva più sul serio una possibile minaccia per loro. Erano tutti stanchi e la notte cominciò ad attirarli nel mondo dei sogni. Koga pero rimase seccato quando sua moglie tirò di nuovo in ballo il discorso di non dare la caccia ai nuovi nemici.
“Ah non ricominciare Ayame. Puoi continuare quanto vuoi, ma non cambierò idea.”.
“Certe volte sei davvero cocciuto, lo sai!”.
“Dai mamma non ti arrabbiare, papa è forte, lo sai bene, e presto gliela farà pagare a quel tipo e a tutti i suoi fratelli.”
“Reinbo non ti devi intromettere nei discorsi dei tuoi genitori, stiamo parlando di cose molto serie.”.
“Dai non prendertela con lui, vuole solo vedere il suo vecchio in azione.”.
“Si ma….”.
“Adesso non parliamone più, pensiamo a dormire. Domani dovremo camminare a lungo per raggiungere casa e siamo tutti esausti.”.
“Umm, e va bene. Ma non sperare che mi dimentichi di questo discorso.”.
“No, non lo faresti mai, hai una memoria infallibile.”.
“Esatto padre. Noi tre siamo una squadra imbattibile: mamma è il cervello, tu la forza e io il coraggio.”.
“Ma davvero, vuoi dire che non hai paura di niente figlio?” lo stuzzicava.
“No, proprio niente.”.
Detto e subito dopo un urlo di terrore squarciò il silenzio della notte, facendo spaventare il ragazzino. Lui e Kiirokami andarono subito a nascondersi dietro ad Ayame, mentre Koga e il resto del branco scattarono immediatamente all’erta. Qualunque cosa fosse si stava avvicinando rumorosamente, poteva essere qualsiasi cosa, il problema e che con il vento contrario non riuscivano e sentire il suo odore. Era solo questione di secondi prima che arrivasse lì e tutti i membri del branco erano pronti a riceverlo. Quando fu vicinissimo, sbucò fuori dagli alberi con un balzo e finì con atterrare con un botto nello spiazzo in mezzo a tutti loro. Si vedeva solo una grossa figura corpulenta in mezzo alla polvere che tremava dal terrore. Nessuno si aspettava che potesse essere solo il pacifico Royakan. Koga era l’unico a ricordarsi di lui, insieme ai suoi due amici, il resto del gruppo non seppe che dire nel vedere un essere così impressionante tremare come un gattino impaurito.
“Ei Royakan, mi dici che diavolo stai facendo.”.
“Eh, o il capo della tribù Yoro, è da tanto che non ci incontriamo.”.
“Koga tu conosci questo demone?” chiese Ayame.
“Sì certo, si chiama Royakan è un vecchio amico. Lei è Ayame, la mia donna, e lui è nostro figlio Reinbo.”.
“Ciao ciao a tutti e due.”. Si rialzò in piedi a fatica, probabilmente la caduta lo aveva scombussolato parecchio “Scusate un momento ma potreste dirmi che stavo facendo, la caduta deve avermi scombinato la testa e non mi ricordo bene come sono arrivato qui.”.
“Ecco, ti abbiamo sentito gridare come un matto e poi stavi correndo a tutta velocità in questa direzione come se ti stessero inseguendo.”.
“A sì adesso mi ricordo, stavo correndo perché dovevo sfuggire dai…..”. L’ultima parola fu un altro assordante urlo terrorizzato, sembrava che un fulmine fosse scattato nella sua mente, riportandolo alla realtà. Stava di nuovo scappando in tutte le direzioni in preda al panico come una trottola impazzita. Fino a quando non si fermò saltando in braccio a Koga e avvinghiandosi a lui, purtroppo il demone era troppo pesante per lui e così caddero entrambi in terra, ma non mollava.
“KOGA, KOGA, I FANTASMI SELVAGGINI AIUTO!!!”.
Per impedire che il suo amato soffocasse, o perdesse la pazienza e malmenasse il demone impaurito, Ayame fece appello alla sua voce più rassicurante per calmare Royakan e lasciarli andare la presa.
“Ma stai calmo Royakan. Ecco mettiti seduto, prendi un bel respiro.”.
Il grosso lupone aveva ripreso il controllo, e mollato Koga, ancora a corto di fiato per quella presa micidiale, mentre annaspava ancora.
“E adesso dicci, che cosa hai visto?”.
“AH VISTO! VISTO!!!” brutta domanda, il demone sobbalzò di nuovo e saltò di nuovo in braccio a Koga.
“Visto niente, ma sentito. Erano: uno, no, due, tre, NO!!! Un’intera mandria di fantasmi, sì! E hanno detto che erano i fantasmi di tutti gli animali che io mi sono pappato!”.
La paura era tale che poteva provocare un terremoto, per quanto stesse tremando. Pero, così come era incominciata, la paura svanì di colpo, lasciando il posto alla perplessità sul suo viso. Sembrava che nella sua mente avesse detto “Un’attimo!”. Con molta calma si staccò dal corpo del demone, alzandosi in piedi, e guardando nella direzione da cui era venuto si mise a gridare seccato “MA QUANDO!!! Che sono mesi che io non vedo un coscettino di passerotto, sì”.
Sfogatosi, riprese a conversare con il gruppo, più sollevato pero, si fa per dire “Koga! Koga! Erano mille, no cinquemila, tantissimi, non lo so! Erano lì, e lo sai cosa mi facevano tutti? A sì: c’era chi mi spingeva, chi mi tirava, e mi strattonavano il pelo e poi….”.
Per cercasse di spiegarsi, nessuno riusciva a seguirlo, nessuna delle sue parole aveva senso, quasi li infastidivano. Poi pero, nel bel mezzo del discorso, emise un imponente grido di terrore, un altro mentre si voltò di scatto e poi un altro ancora mentre si guardava dietro. Agli occhi di tutti sembrava del tutto impazzito, ignorando che qualsiasi cosa lo avesse spaventato glia aveva tirato la criniera di nuovo e toccato la punta del naso. Il grosso demone prese a correre all’impazzata verso Koga, a cui si avvinghiò di nuovo “Koga! SONO TORNATI!!!”.
“Ma Royakan, tornati chi? Stai calmo, non c’è nessuno.” Gli rispose Ayame.
Intanto Koga ne aveva fin sopra i capelli di quel buffone sovrappeso “Senti adesso basta con le buffonate, prima che mi arrabbi sul serio!”.
Lui non poteva saperlo ma la sua coda di capelli si stava agitando come una serpe. Nel vederla, Royakan si mise a urlare di nuovo, lasciò la presa per raggomitolarsi a terra, tremante come una foglia. Solo in quel momento Koga si sentì tirare per i capelli mettendosi le mani in testa li sentiva muovere di vita propria. Adesso iniziavano a credere che la storia dei fantasmi non fosse così inventata, compreso lo stesso Koga. Mentre si guardavano intorno, nell’inutile tentativo di intravedere qualcuno o qualcosa, Ayame divenne la prossima vittima della possessione dei capelli. Poi toccò alla coda di Kiirokami, che gliela stavano tirando, le pacche sulle spalle di Reinbo, e infine pizzicori sul corpo di Koga. Furioso per tutto quanto prese a girare su se stesso, sperando di colpire chiunque ci fosse con calci e pugni. Una volta fermatosi cominciò a guardarsi intorno con ancora il fiato corto, pero non vedeva ne sentiva nulla. Fino a quando non udì fischiare nell’aria qualcosa di incredibilmente veloce, alle sue spalle. Anche gli altri lo avevano sentito, fecero in tempo a voltarsi nella stessa direzione che una luce azzurra abbagliante partì dal terreno. Era una tempesta di fulmini che partiva da terra, una cosa mai vista in vita loro. Per fortuna nessuno rimase colpito dalle scariche, solo un grosso spavento, specie per Royakan, ancora convinto che fossero i fantasmi. Quando il lampo si spense e tornò il silenzio, si udì nell’aria una flebile e acuta risata femminile spostarsi sopra di loro. Era chiaramente una voce ricorrente a un fantasma, ma Koga non era il tipo da credere a cosa simili, e comunque non aveva paura, pero notò che si stava spostando in direzione del villaggio.
Oramai è notte, il fuoco si stava lentamente spegnendo e tutti dormono profondamente, tranne forse Inuyasha che è sempre coi sensi all’erta. Sapeva che erano in una situazione pericolosa, ma poteva anche concedersi di abbassare giusto di poco la prudenza, visto che per il momento non vi è nessun tipo di pericolo in zona.
La luna piena illuminava tutto come se fosse giorno, trasformando qualunque cosa in qualcos’altro negli innumerevoli giochi di ombre, miraggi della notte. Anche il vento poteva alterare le forme delle ombre, ma quello di questa notte non è un vento normale.
Una strana stanchezza si fece sentire, piuttosto insolita, e si stava impossessando del corpo di Inuyasha. Lui tentò di resistervi, doveva restare vigile, ma gli risultò troppo intensa e in pochi minuti scivolò in un sonno profondo. Non immaginava di cosa stesse accadendo a sua insaputa: dal bosco, uno sciame di lucciole blu si stava avvicinando alle dimore del mezzo-demone e di Miroku e Sango. Volavano lentamente, in modo completamente naturale, ma per qualche motivo anche insolito. Si recarono dai bambini, si posarono su di loro una alla volta, fino a ricoprirli. Poi con fare delicato li sollevarono dai loro letti e li fecero galleggiare nell’aria conducendoli fuori sul prato. Fu quando li misero a terra che si svegliarono stupiti, mentre vedevano lo spettacolare volteggio degli insetti, che si esibivano in una specie di danza luminosa. La curiosità e l’allegria li rassicurarono del fatto di non essere più coi loro famigliari, come voleva che accadesse la figura scura che li spiava da un albero. Altre lucciole che erano rimase indietro si misero a stuzzicare gli altri assopiti finché non si fossero svegliati anche loro. Fu una sorpresa vedere le lucciole , soprattutto per la luce che emanavano, e per i loro movimenti sinuosi e incantatori. Le seguirono fino in cortile, dove ritrovarono i rispettivi figli, e rimasero ad osservare intensamente come aggraziatamente le piccole creature luminescenti si dilettassero ad assumere le immagini più svariate: un cervo al pascolo, dei cavalli in corsa, il volo di uno stormo di aquile e un gruppo di umani che danzavano intorno a un fuoco. Era incredibile, assurdo, strano ma era uno spettacolo talmente bello e curioso che nessuno riuscì a distogliere gli occhi come fossero ipnotizzati. Poi lo sciame si sparpagliò e si alzò in alto fino a raggiungere la figura della luna e a ricoprirla completamente, in altre parole la stavano coprendo con un’immagine del tutto uguale creata da loro stesse. Poi accadde qualcosa di imprevisto: nel centro della sfera si accese una spaccatura rosso fuoco che cominciò ad espandersi fino a dividerla a metà. Quel rossore, come ferro ardente, risplendette fino ad offuscare la luce blu e un rumore acuto e terribile si udì. Poi la luna esplose in grandi frammenti rossi che caddero come meteore, sprigionò una vampata di calore e così lo videro: un grande drago, con ali spalancare, avvolto nelle fiamme. L’allegria si tramutò in terrore, e si resero conto di essere caduti in una trappola. Prima che Inuyasha potesse estrarre Tessaiga, il drago si schiantò al suolo disintegrandosi in uno sciame di lapilli incandescenti che poco a poco svanirono. Nel momento della confusione, con il silenzio calato e la confusione generale, l’unico rumore udibile fu un lento battito di mani. Capirono che proveniva da un albero e difatti su di un ramo videro una figura sdraiatavi sopra ad osservarli, come un corvo appollaiato.
“Non è stato divertente?” rispose una voce femminile acuta e flebile come quella di un fantasma, “Se volete posso farlo ancora.”.
“Maledetta, così sei tu il nuovo drago venuto ad ucciderci? Scendi da lì che ti rispedirò da dove sei venuta, un pezzo alla volta!”.
“Che maleducato. Non te l’ha mai detto nessuno che non hai un minimo di delicatezza con le parole? Perfino mio fratello Savage, che si trasforma in bestie, è più educato di te.”.
Muovendosi lentamente come un serpente strisciante, la ragazza scese dal ramo dell’albero, atterrandovi dietro, dopo di che si fece avanti dall’ombra con fin troppa calma fin quando i raggi lunari non illuminarono i contorni della sua figura: era esile e piccola, un poco più bassa di Kagome almeno, aveva un vestito a maniche lunghe e con la gonna che gli copriva le gambe, color indaco con ricamati dei fiori argentati e una striscia bianca sulla parte anteriore della gonna. La sua armatura blu ceruleo era composta da una corazza leggera sul petto, con due piccole spalliere, e da due piastre sui fianchi ricoperte in parte da una seconda gonna più corta di scaglie nere, tenute insieme da un cinturone di cuoio marrone con una fibbia d’oro triangolare. Le mani avevano unghie dipinte di rosso e nella destra teneva un bastone nero di metallo con una sfera d’orata in cima, incastonata tra quattro punte come fossero gli artigli di un’aquila. L’ultimo particolare, ma non meno vistoso, era la maschera: come per gli altri cavalieri era simile ma differente, con le creste ai lati della testa ondulate a forma di “S” molto inclinata come fossero dei capelli nel vento, l’espressione era più femminile, mentre aveva una sorta di placche sopra gli occhi allungate verso l’alto, ricorrenti a delle sopracciglia, quella sopra l’occhio sinistro era più lunga dell’altra.
“Mi sembra di capire che non ti piacciono i trucchi di magia, o magari devo impegnarmi di più.”.
“Chi sei tu?! Qual è il tuo nome?!” chiese Miroku.
“Io sono Tricky, maestra degli inganni, grande illusionista e principessa della magia. E quello di prima era solo il numero di apertura, lo spettacolo deve ancora incominciare.”.
“Invece io penso che sia già finito!” parlò lapidario Inuyasha.
“Kagome, Sango portate i bambini al sicuro, ci pensiamo io e Inuyasha a lei.” ordinò Miroku alle due, che eseguirono all’istante.
Appena voltatesi pero si accorsero che non vi erano più la loro casa o le altre, solo un tratto erboso, poi la foresta e il paesaggio. Era tutto svanito, come se non fosse mai esistito niente. Furono tutti sconvolti da questa rivelazione, l’unica spiegazione e che si trattasse di un’illusione. La piccola figura cominciò a ghignare con quella sua vocetta fine “Spiacente ma lo spettacolo finirà solo quando avremo finito di giocare.”.
“Vuoi giocare? Allora cosa ne dici di un gioco di sopravvivenza? Te lo do subito! Prendi!!” fu la risposta che partì dal ragazzo, accompagnata da una Cicatrice del Vento che la investì in pieno, senza che lei si mosse di un millimetro. Pareva già finito, ma era solamente apparenza, sentiva dentro di sé che non poteva essere così facile, dopo quello che era successo con gli altri due.
Per l’appunto, la voce si ripresentò dalla sua destra in mezzo allo spiazzo erboso “Così e questa la famosa Cicatrice del Vento di cui ho sentito parlare dai miei cari fratelli. Un colpo molto potente, non c’è che dire, ma non puoi sperare di vincere usando solamente la forza bruta.”.
Con l’irritazione che saliva alla testa si preparò per colpire di nuovo, la voce di Miroku fu più rapida pero “Aspetta Inuyasha! Guarda…”.
Indicò di guardarsi a destra, dove vide gli alberi e tutto ciò che si vedeva a perdita d’occhio muoversi lentamente e inesorabilmente, come le canne di una campana a vento mosse dall’aria. Quel movimento sembrava incantare la mente per chi fosse rimasto a guardarlo a lungo.
“Se questa è un’illusione e non sappiamo da che parte si trova il villaggio, rischieresti di colpire i paesani con un colpo di spada.”.
Ora che ci si metteva anche questo inconveniente non poté fare altro che restare fermo con la rabbia che gli ribolliva dentro. Poi pero gli venne in mente un’idea: per esperienza sapeva che un’illusione non poteva nascondere o mostrare del tutto qualcosa come se fosse davvero reale, e se non poteva vederci attraverso, l’unica soluzione era uscirne fuori, letteralmente.
“Miroku tienila d’occhio, io ho un’idea.”
Piegò le gambe il più che poteva per riuscire ad ottenere la massima spinta e spiccò un balzo enorme in pochi istanti. La sua teoria e che si trovassero dentro una sorta di cerchio che generava l’illusione, se ne fosse uscito da sopra, avrebbe potuto vedere la reale posizione circostante e da dove il nemico li teneva in pugno a distanza. Furono pero un violento urto a mezzaria e una scarica di aura a contraddire la sua teoria, mentre ritornava giù altrettanto in fretta di quando era salito. Il colpo non era particolarmente violento, così riuscì ad atterrare in piedi e senza nessuna ferita apparente, ma ne veniva al suo orgoglio.
“Va tutto bene?” chiese ironica la sua avversaria, facendosi beffa di lui “Ho dimenticato di dirti che questa non è una semplice illusione. Benvenuti nella barriera del Cristallo Fantasma: qui niente è reale o non è quello che sembra, posso plasmare ciò che vi è al suo interno a mio piacimento e nessuno può uscire o entrare per aiutarvi.”
“Avresti fatto meglio a non rivelare quest’informazione. Se questa è una barriera, allora so come distruggerla!”. Un colpo di Tessaiga rossa aprì un varco nella parete che pero si richiuse subito. Riprovò altre volte ma senza nessun effetto. Intanto, spiando all’interno del suo Cristallo Fantasma, la vera Tricky si stava divertendo nel vedere Inuyasha fallire a ogni fendente.
Quando si era finalmente accorto che non stava arrivando da nessuna parte, il ragazzo era a corto di fiato e di idee. Non poteva ne attaccare ne liberarsi di quella barriera seccante, e se si fosse limitato a difendersi non avrebbe mai vinto. Mentre pensava disperatamente a una soluzione Tessaiga si mise a pulsare e, in men che non si dica, cambiò forma in Scaglie di Drago. All’inizio sia lui che la ragazza drago non capivano cosa volesse dire. Poi Inuyasha cominciò a percepire da quale direzione provenisse il vortice demoniaco avversario, il punto in cui colpire e dove si trovava davvero il nemico. Perciò colpì con tutta la sua forza in quel punto, in alto sopra di lui, riuscendo finalmente a infrangere la barriera. Si trovò di fronte la ragazza seduta su un tetto, con il cristallo nella sua mano destra, che fissava sbigottita il ragazzo rosso caricarla. Fece appena in tempo per scansarsi, sacrificando pero il cristallo che finì in frantumi e così anche la barriera.
Una volta posati i piedi al suolo, entrambi gli avversari poterono fissarsi faccia a faccia, sta volta realmente. Inuyasha era ancora esausto e per ragioni ignote la sua avversaria non ne approfittò: stava ancora pensando a come ha potuto Inuyasha sferrare un colpo così micidiale se fino a pochi attimi fa era nella condizione di un pesce fuor d’acqua. Ma da un lato questo esperiente imprevisto si è rivelato molto utile.
“Mio fratello aveva detto che sei pieno di sorprese e lento a capire, ma non credevo così tanto.”.
“Taci strega! Invece di perdere tempo con questi trucchi idioti perché non ti decidi a combattere seriamente!”.
Dal bosco pero arrivò una terza voce. Koga atterrò nello spiazzo al fianco destro di Inuyasha.
“Ei lupo rognoso che si fai ancora qui?”.
“Non lo vedi? Ho un conto in sospeso con questa ragazza, lasciala a me.”.
“Col cavolo! Solo io posso sconfiggerla, tu allontanati se non vuoi rischiare la vita per la seconda volta oggi.”.
“Scusate un momento, voi vi conoscete?.” chiese la strega, rimasta a osservare confusa, poi pero realizzo tutto “Ma certo, ho capito: tu sei il cucciolo di demone-lupo con cui mio fratello ha attaccato briga. Che coincidenza, non pensavo che fossi tu poco fa.”.
Intanto anche gli altri membri del clan e Royakan erano arrivati al villaggio. Il grande lupo era infuriato per essere stato preso in giro, ma soprattutto sollevato che non ci fossero dei veri fantasmi.
 
“Tu devi essere sorella di quel Savage. Bene, allora ucciderò te, così lui proverà il mio stesso dolore!”.
“Vuoi capirlo o no che tu non sei in grado di fare niente contro lei e gli altri della sua razza? Avanti levati di mezzo!”.
“Calmatevi ragazzi. Avete ragione: lo spettacolo per i bimbi è finito, ora vediamo se quello per i grandi vi soddisferà. E per fare in modo che non ci siano altre interruzioni….”.
Da una delle maniche estrasse qualcosa, lo mostrò agli alti: erano delle statuine di metallo, come quelle dell’altro giorno. A quel punto capirono cosa voleva fare. Ella le lanciò in aria e quando atterrarono affondarono nella terra come semi. Poi scariche elettriche serpeggiavano come serpi sul terreno che lentamente iniziava a tremolare. Otto enormi creature di pietra e terra emersero dal suolo, più grandi delle precedenti e dalle forme diverse: 5 grifoni e 3 troll schierati l’uno affianco all’altro per fare da barriera tra i tre combattenti e gli altri.
“Coraggio amici. La notte e giovane, vediamo di farla durare il più a lungo possibile!”.
Impulsivamente Koga attacco per primo ad artigli spigati ma, prima di poterla sfiorare, Tricky si scansò velocissima e gli arrivò con un colpo di bastone alle spalle. Inuyasha tentò con la cicatrice del vento ma fu deviata da una barriera e di risposa la ragazza lo colpì di sorpresa, colpendo il terreno col bastone fece spuntare delle punte di roccia sotto i piedi del ragazzo, ma le evitò con un balzo. Poi fece in tempo per voltarsi che Koga sferrò un colpo di Goraishi subito neutralizzato con una sfera di energia lanciata dal bastone. A questo punto entrambi i ragazzi optarono per il combattimento ravvicinato, ma la ragazza era agile a schivare e sgusciare via e si dimostrò abile a usare quel suo bastone magico anche per lottare.
Intanto gli altri se la dovevano vedere con i mostri di pietra. Questi erano più forti e rapidi dei precedenti, e senza armi non erano in grado di tenere testa a loro. Fortunatamente avevano solo il compito di bloccare e non uccidere. La situazione rimase in fase di stallo fino a che improvvisamente i mostri si paralizzarono completamente. In un primo momento non capivano cosa succedeva poi videro la sagoma nera, confusa tra la notte, del maestro Nazo. Stava usando il potere del suo bastone per bloccarli.
“Sbrigatevi figlioli, non posso trattenerli a lungo, non ho più la stessa forza di un tempo!”.
Si affrettarono a prendere le loro armi e mettere al sicuro i bambini, in tempo sufficiente prima che l’anziano in nero esaurisse le energie. Ora la musica cambiò: in poco tempo riuscirono ad abbattere 2 grifoni, 1 troll e a ferire gli altri. Alla prima occasione, Kagome si allontanò dalla mischia per avere la visuale libera e colpire Tricky.  Cosa non troppo facile visto che ne lei ne gli altri riuscivano a rimanere fermi il tempo sufficiente. Fortunatamente Inuyasha era riuscito a notarla e a distrarre sia Koga che la ragazza per qualche secondo. Partì la freccia, arrivò molto vicina a centrare l’obbiettivo di schiena, quando venne intercettata da un fulmine improvviso. Lo scontro di energie generò una violenta esplosione, nessuno vi rimase coinvolto, ma non si capiva cos’era andato storto. Tricky si era accorta appena in tempo e aveva alzato la barriera, quando la rimosse si voltò a guardare la ragazza “I miei complimenti sacerdotessa. Ci sei andata vicino.”.
“Fin troppo vicino, direi.” era una nuova voce sconosciuta, che arrivava dall’ombra. E dall’ombra dei rami di un albero balzò una figura che andò a posarsi vicino a quella della ragazza drago.
“Non sarà che hai perduto la concentrazione, sorella?”.

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