Once more with feelings

di 365feelings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovi casi e vecchie, invadenti conoscenze (Percy/Annabeth) ***
Capitolo 2: *** When our worlds collide (Jason/Piper) ***
Capitolo 3: *** Di telefoni scambiati e padri famosi (Jason/Piper) ***
Capitolo 4: *** Intese speciali e iniziazioni (Jason/Piper) ***
Capitolo 5: *** Scelte sbagliate e conseguenze da pagare (Chris/Clarisse) ***



Capitolo 1
*** Nuovi casi e vecchie, invadenti conoscenze (Percy/Annabeth) ***


Titolo: Nuovi casi e vecchie, invadenti conoscenze
Pairing: Percy/Annabeth
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: au, modern au, detective!Annabeth, giornalista!Percy, one shot (1040w), headcanon
Prompt: 56. Sono un poliziotto e tu un giornalista invadente e non dovrei proprio darti nessuna informazione sul nuovo omicidio!au
Note: questa è una buona serata per iniziare la mia ennesima raccolta che non vedrà mai una fine
  • La fanfiction è ambienta a Park Slope, Brooklyn, New York e da qualche parte ho letto che è veramente uno dei quartieri migliori in cui abitare. Secondo google maps ci vogliono tredici minuti per andare a piedi dalla metropolitana che c’è nella 9th St alla scena del crimine (punti presi assolutamente a caso, ovvio).
  • Frank è a capo di una squadra di detective e sopra di lui c’è Reyna perché sì.
  • Annabeth che ascolta audiolibri è un headcanon che ho trovato su tumblr e che ho amato; qui sta ascoltando Storia dell’architettura europea di Pevsner, capitolo nove, pagina 280, edizioni Biblioteca Universale Laterza (more like ho preso il primo libro di architettura di mia madre e non vi devo spiegare perché, vero?)
  • Amo il genere poliziesco e i gialli sono uno dei miei guilty pleasure, ma è chiaro che non ne so scrivere. Non ho la più pallida idea di come il cadavere beh, sia diventato cadavere; o meglio, ne ho diverse, una più assurda dell’altra e mi ricordano tutte perché le mie amiche non vogliono farmi giocare a Cluedo.
  • Il titolo della raccolta proviene da un album dei Placebo.
  • Chiedo scusa per ciò che segue; ultimamente ho scritto troppe solangelo e mi sono arrugginita con le percabeth. Also, mi sono stancata di rileggere ed è possibile che mi siano sfuggiti degli errori: segnalatemeli, grazie.
 
 
 
 
 
  1. Nuovi casi e vecchie, invadenti conoscenze
 
 
 
Negli Stati Uniti gli inizi sono in rapporto con la crisi finanziaria del 1929. I documenti rappresentativi di questo primo stadio sono alcuni grattacieli di Nuova York di Raymond Hood (l’edificio del Daily News del
Arrivata all’incrocio con la Terza Strada, Annabeth vede le sirene lampeggiare. Rallenta il passo, quanto basta per ascoltare la fine della frase, e non appena la voce femminile nelle sue orecchie riprende il respiro, mette in pausa l’audiolibro che sperava di terminare nel tragitto tra metropolitana nella Nona Strada e la scena del crimine.
Mentre copre la distanza che rimane, ripone gli auricolari nella tasca della giacca e rivolge un cenno di saluto al detective Levesque che proviene dalla direzione opposta.
Hazel ricambia con un sorriso assonato e insieme mostrano i loro distintivi agli agenti che controllano l’ingresso della casa, interno 453.
L’edificio è una palazzina bianca di quattro piani, simile a tutte le abitazioni del vicinato, ed entrando ricorda che alcuni anni prima Park Slope era stato piazzato al primo posto come miglior quartiere della città dal New York. Ora, invece, il distretto ha il suo bel da fare con i casi di omicidio: undici solo negli ultimi sei mesi.
Frank non ha avuto il tempo di abituarsi alla promozione, che si è ritrovato a dover gestire un’indagine dopo l’altra.
«La vittima è la signora Johnson» le aggiorna uno dei poliziotti che per primi sono arrivati sul posto, conducendole sulla scena del crimine «Sessant’anni, vedova da dodici, viveva da sola. Ci hanno contattati i vicini».
Annabeth annuisce e osserva la donna che giace supina sulla moquette color senape con la vestaglia sgualcita e un foro di proiettile in fronte.
«Familiari?» chiede.
«Una figlia che vive Philadelphia ma che al momento è ad Atlanta per lavoro».
«Precedenti?»
«Non è schedata».
Hazel inizia a controllare il lato sinistro della stanza, mentre lei si sofferma sul letto a baldacchino che sta in mezzo alla camera. Qualcosa sembra aver attirato la sua attenzione e di sicuro non si tratta degli intarsi rococò, ma non capisce cosa.
«Trovato qualcosa?» le chiede la collega che si è da poco trasferita da New Orleans ma con cui ha da subito stabilito un’intesa, il che è molto più di quanto possa dire riguardo i suoi precedenti partner. Hazel infatti si fida; di lei, delle sue intuizioni.
«Non ne sono sicura» risponde sinceramente, scattando una foto con il telefono.
«Ne verrai a capo» replica l’altra e poi si china sotto la finestra «Sappiamo se la signora aveva un gatto o un cane a pelo lungo, bianco?»
Nello stesso momento in cui si avvicina, un agente entra nella stanza.
«Detective Chase, c’è un giornalista che dice di conoscerla. Cosa devo fare?»
Il flash del coroner illumina la camera, Hazel le sorride.
Impercettibilmente, Annabeth sospira.
 

Appoggiato al cofano di una delle volanti della polizia, Percy sbadiglia sonoramente: sono appena le sei del mattino e lui ha trascorso la notte al computer, lavorando ad un pezzo che deve presentare il giorno successivo.
«Jackson».
Sobbalza, ma non si lascia intimidire dal tono di rimprovero, né dall’aria di disappunto con cui la donna lo sta fissando.
«Annabeth!» risponde allegramente.
«Per te sono il detective Chase della omicidi di New York e devo chiederti di allontanarti, non sei autorizzato a restare» replica lei impietosa e alla luce pallida di una primaverile alba newyorkese Percy trova che sia bellissima.
«Stai cercando di impressionarmi?»
«Sto cercando di ricordarti qual è il tuo posto. Molto lontano da qui».
«Sei ingiusta, come pensi possa scrivere il mio articolo se non studio l’ambiente?»
Rotea gli occhi e porta la mano sul fianco; non quello della pistola, l’altro, e da questo capisce che in fondo non è così mal disposta nei suoi confronti.
«Non puoi restare, è la scena di un crimine. Non so come tu abbia fatto a sapere dell’omicidio e no, non lo voglio sapere. Per cui ora sparisci».
Su una cosa concorda: Annabbeth davvero non vuole sapere come un suo amico abbia trovato le frequenze radio della polizia e gliele abbia isolate.
Quindi estrae il taccuino e commenta: «Confermi dunque che c’è stato un omicidio».
«Frena Mrs. Marple» replica lei «Cosa stai scrivendo?»
«Appunti per il mio articolo. Continua».
In realtà si è appena annotato che deve portare Mrs. O’Leary dal veterinario, ma adora prenderla alla sprovvista. Purtroppo non ci riesce spesso, perché non è facile cogliere il detective Chase con la guardia abbassata, ogni tanto però ce la fa.
«Non ci sarà alcun articolo» replica lei sporgendosi per verificare cosa ha appena annotato, ma è rapido nel portare il taccuino al petto.
«Come no? È il mio lavoro. Sono un giornalista e – non guardarmi così, sono un giornalista. Sono il diamante di punta della redazione. Hai letto le copie che ti ho mandato?»
«No» risponde seccamente lei.
«Così mi ferisci. Ma sappi che un giorno non troppo lontano vincerò il Pulitzer. Potresti aiutarmi ad accorciare i tempi, sai?»
La donna lo fissa dritto negli occhi e lui sostiene lo sguardo. Non è un’impresa facile come si sforza, invece, di far apparire. La prima volta che si sono incontrati, quattro mesi prima, lei lo ha inserito nella lista dei sospettati del caso che stava seguendo all’epoca e la seconda volta, pochi giorni dopo, gli ha puntato la pistola contro. Sono cose che non si dimenticano facilmente, anche se da allora i rapporti sono notevolmente migliorati: innanzi tutto la sua innocenza è stata riconosciuta, poi, cosa non meno importante, la pistola è sempre rimasta nella fondina.
Non può negare, quindi, di essere un po’ intimorito da Annabeth Chase e allo stesso tempo è sicuro di non aver mai incontrato donna più bella e intelligente di lei.
Spera con tutto se stesso che decida di accettare il caffè che le ha offerto alcune settimane prima. E che lo aiuti con l’articolo, anche quello.
«Sicuramente la morte della signora Johnson, una donna bianca di sessant’anni in un quartiere residenziale ammalierà la giuria» gli dice alla fine «Ora sparisci».
Sorridendo, questa volta prende veramente appunti. È inoltre sicuro di aver visto sorridere anche Annabeth, nonostante lei gli abbia subito dato le spalle e sia tornata al proprio lavoro senza voltarsi.
Forse il giorno in cui le offrirà un caffè non è poi così lontano.

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Capitolo 2
*** When our worlds collide (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: When our worlds collide
Pairing: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: au, high school au, cheerleader!Piper, punk!Jason, one shot (2084 w), OOC
Prompt: 71. Sei una cheerleader e io un punk e viviamo in due mondi diversi!au
Note: aiuto cosa sto pubblicando
  • Tutta colpa di Minuiko e di questa sua fan art.
  • Kwazy Cupcakes! è un gioco simile a Candy Crush, citato in Brooklyn Nine Nine per intenderci. Ho questo headcanon del Coach che combina file di cupcakes per farli esplodere e niente, appena ho potuto l’ho usato. Also, ci gioco anch’io ed è la droga.
  • Sono spudoratamente e volutamente andata OOC con Jason e Piper, ma ho cercato di mantenere alcuni elementi del canon!verse, compreso il fatto che secondo i ricordi della foschia lei e Leo sono diventati amici solo grazie a Jason. Inoltre in The Lost Hero Piper dice veramente una cosa come «Hey, ogni tanto leggo anch’io». Sempre parlando di canon, c’è un altro riferimento piccolo piccolo che riguarda Piper e Nico.
  • Lacey dovrebbe essere più piccola di Piper, o almeno lo è nel mio headcanon. Tuttavia in questo caso hanno la stessa età.
  • Perdonatemi, questa è la fiera dei cliché e delle banalità e io devo smetterla di scrivere certe cose ;___;
 



 
    2. When our worlds collide
 
 
Jason Grace è un bravo ragazzo.
Non attraversa mai con il rosso e rispetta sempre la fila.
Nonostante sia piuttosto in confidenza con la centrale di polizia e occasionalmente vi faccia visita per pagare la cauzione di sua sorella o di uno dei suoi amici, non è mai stato arrestato. Nessuno si è mai lamentato di lui e se ne ha l’occasione aiuta sempre gli anziani.
È educato e rispettoso, anche ai concerti.
A scuola gli insegnanti si fidano di lui e il voto più basso che abbia mai preso è stata una B. Sempre a scuola, è il primo a difendere chi viene maltrattato, ma non è mai arrivato alle mani; non perché non sarebbe in grado di battere quei gradassi della squadra di football (al contrario, è così in salute e in buona forma che potrebbe lui stesso essere il quaterback) ma perché sa che è sbagliato. La violenza non è mai la soluzione.
Sa ascoltare le persone e sa guidarle, già alle elementari era il punto di riferimento dei suoi compagni e ora lo è per i suoi amici e la sua famiglia.
È un ragazzo con la testa sulle spalle, responsabile: è lui ad occuparsi della madre alcolizzata e, occasionalmente, anche della sorella maggiore.
Jason Grace è un bravo ragazzo e Piper McLean non sa ancora quanto questo sia vero, ma lo ha intuito.
Quando lo guarda non vede i piercing, le maglie di gruppi punk e il capo per metà rasato; o meglio, non vede solo quello e in ogni caso non può dire che le dispaccia.
Piper McLean scorge altro dietro tutto ciò ed è di questo altro che si è innamorata.
 
«…e così Katie gli ha riempito l’armadietto di ortiche. Credo che… Mi sta ascoltando? Terra chiama Piper, chi stai guardando?»
Nel brusio di voci che le circonda, quella di Lacey, sempre allegra e a tratti un po’ stridula, diventa sempre più insistente.
«Jason» risponde sinceramente, perché non ha nulla da nascondere e nessuno le sta ascoltando. È l’intervallo e gli altri studenti vanno e vengono parlando tra loro, senza prestare attenzione alle due cheerleader che siedono ad uno dei tavoli del cortile.
All’altra ragazza basta seguire il suo sguardo per trovarlo, a meno di dieci metri da dove si trovano loro, intento ad ascoltare musica e a leggere quello che sembra un testo scolastico.
«Non ti fa paura?» chiede con un bisbiglio.
«Affatto».
«È il fratello di Talia Grace, è stata arrestata per vandalismo e rissa e pare che ora sia entrata in gruppo di sole ragazze e non so cosa facciano, ma sicuramente niente di buono» le spiega e non cogliendo reazioni – o meglio, non la reazione che sperava – aggiunge «Ed è amico di Nico di Angelo. Nico – se mi guardi o mi parli ti ammazzo – di Angelo. Lui sì che fa veramente paura».
«E allora?»
«Come allora? Per quanto abbia degli splendidi occhi blu, questo te lo concedo, non è una persona raccomandabile. È out. È allo stesso livello dei secchioni del club di matematica, anzi, peggio».
«A me piace» ribatte Piper, bevendo poi un sorso del frullato di frutta preso poco prima al bar della scuola.
Lacey sgrana gli occhi come se avesse appena visto qualcuno indossare una felpa a righe della Adidas (fa tanto anni ’90 e gli anni ’90 sono passati, beh, da più di un decennio ormai).
«Non lo dire, nemmeno per scherzo! Piper, sei una cheerleader, non può piacerti Jason Grace. Drew vuole che tu ti metta con Dylan. Se lo scoprisse… Non oso immaginare, andrebbe su tutte le furie e sicuramente ti caccerebbe dalla squadra e allora io non potrei più parlarti e non voglio che accada perché sei simpatica e…»
Piper le prende una mano per tranquillizzarla. Non ha alcuna intenzione di farsi cacciare dalla squadra, ci ha messo così tanto impegno per ottenere un posto da titolare, ma non intende nemmeno rinunciare a Jason.
«Sai cosa ne penso di Drew» replica con decisione «Cheerleader o meno, a me piace Jason. Non Dylan. Jason. E non sarà una dispotica arpia a dirmi chi devo frequentare».
«Finiremo nei guai, lo so» sospira Lacey alla fine e Piper sa di aver conquistato il suo aiuto: nulla infatti le piace di più di una nuova storia d’amore, possibilmente tormentata e ostacolata.
 
Quando il professor Chirone ha parlato di ricerche da svolgere in gruppo, Piper ha incrociato le dita: non c’è nulla di meglio di un compito per casa imposto dall’insegnante per avvicinare qualcuno che non appartiene al tuo mondo.
E il suo desiderio, alla fine, è stato esaudito. Certo, non sono soli, c’è anche Leo Valdez con loro, ma crede di poter sopportare quel concentrato di iperattività e sarcasmo per il tempo necessario a svolgere la ricerca. E, in fondo, Leo non le sta nemmeno antipatico: al contrario trova i suoi scherzi piuttosto divertenti.
Un po’ meno divertente, invece, è la sua capacità di intromettersi nei rari momenti di intimità che riesce a condividere con il ragazzo che le piace.
Come in quel momento. Sono in biblioteca e lei ha appena fornito un’informazione necessaria per la ricerca; Jason la sta osservando e sembra sul punto di dirle qualcosa che con il lavoro che stanno facendo c’entra ben poco, quando Leo si intromette.
«E tu come lo sai?» le chiede mentre gioca con una trottola che ha appena costruito usando pezzi di cose trovate nel suo astuccio.
«Hey, ogni tanto leggo anch’io».
 
Qualcuno deve volerle veramente molto bene, perché da quando sono stati diventati compagni di studio per la ricerca, le occasioni per stare insieme sono aumentante, anche grazie al Coach che li ha messi a svolgere esercizi insieme.
«Leo, dove stai guardando?» chiede Piper «Lancia quella palla» e poi «Non così in alto!»
«Colpa mia, vado a recuperala» replica fin troppo prontamente il ragazzo e, mentre la supera per raggiungere la recinzione oltre la quale il pallone è finito, scorge un sorriso sul suo volto. Di riflesso sorride anche a lei.
«Ti serve una mano?» gli chiede Jason e poi rivolgendosi a Piper «Cosa sta succedendo?»
«Non sai chi abita in quella casa?» domanda, riferendosi all’abitazione che confina con il campo d’atletica della scuola.
«Calipso» gli spiega e vedendo che il nome non gli dice nulla continua «Dovrebbe avere la nostra età o qualche anno più di noi. Studia a casa ed esce raramente, ma sembra che sia molto carina».
«Tu come lo sai?»
«Me lo ha detto Annabeth. Quando era al primo anno, Percy è stato addirittura invitato ad entrare. Io sospetto anche a restare» risponde, iniziando a svolgere i nuovi esercizi di riscaldamento che il Coach ha ordinato alla classe di fare «Credo che Leo si sia preso una cotta per lei».
Entrambi rivolgono uno sguardo verso la recinzione oltre la quale sono spariti sia la palla che il loro amico e questa volta sorridono entrambi, ma Jason inizia a preoccuparsi quando alla fine dell’ora di ginnastica di Leo ancora non c’è traccia – Piper lo trova adorabile.
«Valdez dov’è?» sbraita il Coach, guardandosi attorno alla ricerca dello studente con aria preoccupata; teme infatti che si sia nascosto da qualche parte per combinargli uno dei suoi soliti scherzi.
«Ecco lui è…» inizia il ragazzo, visibilmente a disagio.
«Al bagno» conclude Piper con un gran sorriso e senza aspettare un secondo di più si avvia verso gli spogliatoi.
Jason la segue con lo sguardo, senza riuscire a distogliere l’attenzione dalle sua gambe e dai pantaloncini davvero corti che indossa.
 
«Ci avete messo un’eternità!» commenta Talia, seduta alla guida con a fianco un amplificatore e i finestrini aperti.
«Scusami, stavo parlando con una persona» replica Jason prendendo posto dietro insieme a Nico.
«Era così urgente? Non potevi liberartene? Non è che devi stare ad ascoltare ogni… No, tu volevi ascoltare. Non negare, ti conosco troppo bene. Hai quello sguardo, lo stesso che avevi quando hai iniziato a frequentare Reyna. Chi è la fortunata?» domanda, cercando di uscire dal parcheggio della scuola senza investire qualcuno.
«Nessuno».
Talia lo guarda attraverso lo specchietto retrovisore e ha stampato in faccia un non mi freghi, fratellino.
«Non mi arrendo» insiste «Lo sai che non mi arrendo».
«Piper McLean» sospira Jason alla fine, nella speranza che il terzo grado finisca. Stava parlando con Piper e beh, sì, lei gli piace. Parecchio.
«L’ho mai vista?» chiede Talia, suonando il clacson – davanti c’è una Mercedes che non si sbriga e lei non ha tutto il giorno da perdere.
«È una cheerleader».
La ragazza inchioda all’improvviso e si volta a guardarlo.
«Hai sbattuto la testa? Una cheerleader?» domanda allibita e poi aggiunge «Nico, cazzo, dì qualcosa».
«Non è male» dice l’altro alla fine «È stata lei a tirarmi fuori dal cassonetto».
 
Talia ha insistito per invitare Piper ad assistere alle prove della sua nuova band, le Cacciatrici di Artemide.
Jason non è sicuro che sia esattamente una buona idea, non ce la vede proprio in un garage ad ascoltare punk rock dal vivo. Quando lo ha detto a Leo, l’amico ha smesso per qualche secondo di armeggiare con la campanella della scuola, lo ha guardato e ha riso.
«Certo che è una pessima idea, ma Piper non vedrà l’ora».
«Non vedrò l’ora di fare cosa?» chiede la ragazza raggiungendoli e poi aggiunge «Qualsiasi cosa tu stia cercando di fare, Leo, sbrigati. Sta arrivando il Coach».
«Andare ad ascoltare la band della sorella di Jason» risponde l’amico, riprendendo il proprio lavoro.
Il volto della ragazza si illumina.
«Se ti va» aggiunge Jason, in imbarazzo. Non ha mai avuto difficoltà a parlare con le persone, ma Piper un po’ lo intimidisce. C’entra il fatto che è una cheerleader e per quanto non si interessi di queste cose è pur sempre consapevole che al liceo esiste una gerarchia e mentre lei occupa i vertici della popolarità, lui e i suoi piercing stanno molto più in basso. Le sue compagne di squadra non lo hanno mai calcolato e hanno sempre parlato male di Nico, lei invece non sembra curarsi delle apparenze e nemmeno di farsi vedere in loro compagnia.
Inoltre è così sicura di sé, i suoi sorrisi e la sua confidenza ogni tanto lo lasciano spaesato.
«Mi passi a prendere tu?» gli chiede.
«Va bene domani?»
«Ho gli allenamenti, ma finisco alle quattro».
«Ok, passo a casa tua…» le propone, certo che non le farebbe piacere farsi vedere in sua compagnia da Drew. Ma lei lo interrompe e, come sempre, lo stupisce: «No, vieni direttamente a scuola, così facciamo prima» e poi lancia uno sguardo a Leo «Hai finito?»
Nel corridoio risuona un acuto Cupcake match, segno che il Coach li ha quasi raggiunti – e che sta ancora giocando a Kwazy Cupcake.
«In questo preciso istante» risponde il ragazzo con un sorriso soddisfatto.
«Dai, sbrighiamoci. Cosa dovrebbe fare, esattamente, la campanella?»
«Oh, lo scoprirai al cambio dell’ora».
 
Sono sul tetto della scuola e danno le spalle al campo da football.
Nella notte risuonano le risate dei loro compagni, mentre qualcuno si diverte a remixare alcune canzoni: hanno vinto la partita e ora stanno festeggiando.
«Ti staranno cercando» le fa notare, ma lei scrolla le spalle e si stringe nel giubbotto di pelle che le ha prestato; sotto, infatti, indossa solamente la divisa arancione e viola delle cheerleader.
«Preferisco stare qui».
«È un posto pericoloso» le fa notare, riferendosi all’altezza e al buio, senza contare che non potrebbero restare lì perché il regolamento scolastico lo vieta, tuttavia anche lui non ha intenzione di muoversi.
«Ma io sono una ragazza pericolosa» ribatte lei con un sorriso malandrino.
«Non ne dubito» replica ed è poco più di un sussurro che muore sulle labbra di Piper. È un bacio timido e Jason ripensa a quanto tempo è passato dalla prima volta che l’ha vista, a quando si sono addormentati sul pulmino mentre andavano in gita al Gran Canyon e poi a quella volta che hanno accompagnato Leo a comprare un pezzo di ricambio per Festus, il suo pick up.
Ricorda quando le ha raccontato di suo padre che non lo ha mai riconosciuto (della vita che avrebbe potuto avere se le cose fossero andate diversamente, anche se è inutile pensarci; sta bene così com’è) e di quando le ha spiegato di come, ancora alle elementari, è tornato a casa con una big bubble tra i capelli e Talia ha risolto il problema rasandogli metà testa (all’inizio trovava il taglio orribile, ora invece gli piace).
Poi sente la lingua di Piper chiedere accesso alla sua bocca e smette di pensare.

 
Altre storie collegate a questa: Fireworks (minuscola drabble) e When our words collide pt. 2 (p0rn with plot, circa).

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Capitolo 3
*** Di telefoni scambiati e padri famosi (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Di telefoni scambiati e padri famosi
Pairing: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: generale, commedia
Avvertimenti: au, college au, nerd!Jason, one shot (1911 w), un po’ OOC
Prompt: 25. Ci siamo scambiati per sbaglio i cellulari!au
Note: sto aggiornando più rapidamente di quanto pensassi, ma conoscendomi non credo durerà a lungo.
  • Mentre ero da Cecilia non abbiamo solo mangiato fragole e fotografato quadri (e muri), abbiamo anche un po’ plottato e l’idea di Jason fan di Tristan McLean è sua.
  • Ovviamente, a parte King of Sparta, ho inventato la carriera di Tristan.
  • Gli sfondi dei telefoni: fantasia portami via.
  • Accenno solangelo perché sì.
  • Questa più che una college au sembra una nerd au, ma I regret nothing e molto probabilmente avrà un seguito sempre nell’ambito della 100au.
 
 
 
 
3. Di telefoni scambiati e padri famosi
 
 
Con un asciugamano legato in vita, Jason si affaccia dalla porta del bagno.
«Mi passi il telefono?» chiede e Nico glielo allunga senza nemmeno distogliere lo sguardo dallo schermo del computer.
«Questo non è il mio» commenta però con aria perplessa qualche secondo dopo. È piuttosto sicuro di avere un’immagine di Superman come salva schermo, non un drago.
Il suo compagno di stanza borbotta qualcosa, ma non lo prende sul serio, quindi ripete e poi continua: «Il modello e persino il colore sono gli stessi, ma non so di chi sia. Qualcuno deve aver preso il mio per sbaglio».
Nico si decide a prestargli un po’ di attenzione e mettendo in pausa Supernatural alza lo sguardo su Jason, che ora tiene in mano l’iPhone come fosse una granata: non riesce infatti a credere di aver perso il cellulare, non è una cosa da lui. È responsabile e ordinato e sa sempre dove sono le sue cose – tutte qualità che Nico apprezza perché non crede riuscirebbe a condividere una stanza con una persona disordinata come Percy. Senza contare che la camera di Percy è un porto di mare, una volta ha persino ospitato Tyson (se lo avessero trovato, sarebbe stato un bel problema dato che non frequenta il college) e Annabeth ha una copia delle chiavi (un’altra cosa contro le regole). Jason al contrario non porta mai le ragazze in stanza (a parte Reyna, ma Reyna è una sua amica e sono più le volte in cui è stato lui stesso ad invitarla che l’altro a farlo).
«Quando?»
«Non ne ho idea».
«Ricapitoliamo la tua giornata. Stamattina sei andato a lezione e avevi con te il telefono?» chiede, iniziando a ricostruire le ore precedenti allo scambio.
«Sì e anche a pranzo».
«Sicuro?»
«Sicuro, Talia mi ha scritto e ho risposto».
«Poi cosa hai fatto?»
«Sono andato in biblioteca a studiare e ci sono rimasto fino a mezz’ora fa».
«Non hai fatto altro? Sei sempre stato lì?»
«Non ho…» inizia, ma poi si interrompe e dallo sguardo Nico intuisce che è appena stato colto da un’illuminazione «Verso le cinque Dakota e Gwen mi hanno chiesto se facevo una pausa e andavo al bar con loro. Ho detto di sì e ho lasciato il cellulare sotto carica. Quando sono tornato, mezz’ora dopo, era ancora lì e non l’ho controllato fino ad ora».
«Lo scambio deve essere avvenuto mentre eri al bar» conclude Nico «Hai idea di chi possa essere?»
«Nessuna. Stavo studiando e non ho fatto caso a chi ci fosse».
«Cosa pensi di fare?»
«Mi mando un messaggio» replica. Fortunatamente l’iPhone non è protetto da alcun codice, così apre WhatsApp e inizia a scrivere.
Ciao, sono Jason e oggi pomeriggio ci siamo scambiati i telefoni.
Non deve attendere a lungo perché la frase venga visualizzata e poi sullo schermo compaia la risposta.
Me ne sono accorta solo ora! Oddio, scusami.
E qualche secondo dopo: Ps: sono Piper.
Credo che lo scambio sia avvenuto in biblioteca.
Ero di fretta e devo aver preso il tuo per sbaglio. Mi dispiace. Domani però possiamo incontrarci: sono libera alle due oppure alle sei.
Vada per le sei davanti la caffetteria, va bene?
Perfetto.
 
Il giorno seguente Jason si sveglia alle sette come ogni mattina, mentre il suo compagno di stanza tira le coperte di Guerre Stellari fin sopra il capo e si rifiuta di lasciare il letto – una scena a cui ha avuto modo di assistere sin dal suo arrivo al college.
Quando esce dal bagno lancia un’occhiata al telefono di Piper e ripensa al giorno precedente: cerca di ricordare chi altri c’era in biblioteca con lui, ma pur sforzandosi non riesce a visualizzare i volti. Forse, se vedesse una foto della ragazza riuscirebbe a ricordarla, tuttavia non è educato invadere così la sua privacy.
Archivia la faccenda e finisce di prepararsi per i corsi di quella mattina, non vuole fare tardi e Reyna lo sta aspettando per andare a lezione.
 
Sta riponendo il quaderno degli appunti nella borsa quando sente il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni e automaticamente lo estrae. Qualcuno lo sta chiamando. O meglio, qualcuno sta chiamando Piper.
Si tratta del padre e Jason è combattuto tra la buona educazione e la consapevolezza che potrebbe essere qualcosa di importante che solo lui può riferire alla ragazza.
Alla fine decide di rispondere.
«Pipes» esclama una voce maschile dall’altra parte della linea; gli pare di averla già sentita, ma non ne è sicuro e non saprebbe dire dove.
«Signore, mi scusi, sono Jason Grace. Ieri io e sua figlia ci siamo erroneamente scambiati i telefoni» spiega prontamente.
«Oh, beh, sono cose capitano, no?» replica l’uomo senza allarmarsi «E non darmi del lei, mi fai sentire vecchio».
«Certo signore, ehm, volevo dire…»
«Tristan McLean» si presenta «Ma chiamami pure Tristan».
«Tristan McLean come Tristan McLean l’attore?» chiede e non riesce a credere a ciò che ha appena sentito.
«Temo proprio di essere io».
L’unica cosa a cui riesce a pensare è o-mio-dio e per quanto si stia sforzando di mantenere un certo contegno, Frank e Hazel lo guardano con aria interrogativa.
«Jason, è successo qualcosa?»
«No, mi scusi, è che lei è uno dei miei attori preferiti» rivela, facendo del suo meglio per apparire il più normale possibile.
«Ti scuso solo che mi dai del tu».
«È… wow» replica, complimentandosi tra sé e sé per la propria eloquenza «Non riesco a crederci».
L’uomo dall’altra parte della linea ride e Jason si chiede come possa non averlo riconosciuto subito, perché non ci sono dubbi, è proprio Tristan McLean e lui ci sta parlando.
«Perdonami» continua, sforzandosi di non dargli del lei «Di solito non sono così. Sono stato preso alla sprovvista».
«Non ti preoccupare» gli risponde e Jason realizza che probabilmente l’uomo è abituato ad interagire con i suoi fan, anche se magari non attraverso il telefono della figlia. Questo lo porta a pensare che Tristan McLean ha una figlia, informazione di cui non era a conoscenza, che frequenta il suo stesso college. È assurdo e se prima era un po’ curioso di scoprire chi fosse quella Piper che impostava il francese come seconda tastiera, adesso non vede l’ora che arrivino le sei.
«Se non ti dispiace puoi riferire a Pipes che questo weekend sarò impegnato con le riprese del prossimo film e che non ci possiamo vedere?»
«Nessun problema».
«Avanti, chiedimelo» sente dire all’altro.
«Quindi è vero che stai lavorando ad una nuova pellicola?! Di cosa si tratta?»
«Il set è blindato e se mi lascio scappare anche solo mezza parola Christopher mi uccide, ma posso dirti questo. Il mio personaggio è davvero interessante e sarà una sfida immedesimarmi in lui».
«Sono certo che ce la farai» replica, consapevole di non aver brillato di originalità, ma non se cura perché è troppo emozionato.
Quando la chiamata termina, Jason ha ancora l’aria di chi ha appena aperto i regali il giorno di Natale.
 
Tuo padre è Tristan McLean, le scrive e subito dopo aggiunge, affinché non creda che abbia invaso la sua privacy, Ha chiamato poco fa.
Fammi indovinare: sei un suo fan e lui non può venire questo weekend.
Due su due.
Aspetta qualche minuto e poi decide di inviarle anche un Mi dispiace e un È così evidente?
Ci sono abituata, gli risponde, Un po’, la tua schermata home è la locandina di Dawn of Justice.
Poco dopo gli arriva un altro messaggio: Magari hai anche il poster di King of Sparta appeso in camera.
Colpito e affondato. E aggiunge: È così brutto?
Mentre scrive, infatti, realizza che forse per lei non è piacevole quella conversazione, soprattutto alla luce del fatto che suo padre le ha appena dato buca per il weekend e che questa sembra essere una cosa normale. Non vuole darle l’idea di essere uno di quei fan ossessionati dalle celebrità che non si cura di nient’altro.
Ho sentito di peggio. C’era un tipo che si era fatto tatuare la faccia di mio padre sul petto.
Inquietante.
Non immagini quanto. Io adesso devo andare a lezione. Ci vediamo alle sei, giusto?
Alle sei davanti la caffetteria, conferma.
 
Alle quattro riesce a raggiungere la stazione radio del college dove Nico lavora part time (sebbene le ore che passa lì dentro siano aumentate da quando anche Will Solace è stato assunto) e lo aggiorna. A differenza di lui, il suo compagno di stanza non è un fan di Tristan McLean ma ha comunque visto tutti i suoi film e ha apprezzato diverse sue interpretazioni – hanno rivisto King of Sparta giusto la settimana scorsa.
«Non è strano che nessuno sappia nulla della figlia?» gli domanda mentre fuma una sigaretta con la schiena appoggiata all’uscita d’emergenza «È il genere di notizia per la quale i giornalisti vanno pazzi. Nessuno si è mai accorto di frequentare un corso con la figlia di un famoso attore?»
«Forse non gli somiglia. Lei comunque non mi sembra una che si vanta del padre, magari non lo ha detto a nessuno».
«Può essere» gli concede, guardando distrattamente l’orologio che Jason porta al polso «Ti sei ricordato di lei alla fine?»
«No, non so che faccia abbia» replica lui, scuotendo il capo.
«Come pensi di riconoscerla stasera?»
«Non ci ho pensato. Immagino che la prima ragazza che si guarda intorno con un telefono in mano sia lei».
«Una descrizione un po’ vaga, non trovi? Non ti conviene cercare una sua foto? Probabilmente lei ha già guardato le tue».
 
Alle sei Jason si trova davanti la caffetteria e, nonostante sia stato più volte tentato, alla fine non ha guardato le sue foto. Mentre osserva alcuni studenti ammette che forse non è stata un’idea poi così brillante, ma preferisce scriverle un messaggio.
Sono in piedi davanti l’entrata. Maglia viola.
Scusami, il professore ci ha trattenuti. Ma sto arrivando.
Dieci minuti dopo crede di aver individuato Piper in una ragazza che indossa un vestito floreale, ma il secondo dopo è già andata via con quello che sembra essere il suo fidanzato.
Poco dopo il telefono si illumina: Eccomi.
Alza lo sguardo dallo schermo e si guarda attorno, cercando di non apparire troppo interessato. Non deve cercare a lungo, comunque, a quell’ora iniziano ad esserci poche persone e Piper gli sta venendo incontro.
Indossa dei jeans strappati all’altezza delle ginocchia e una maglia arancione un po’ larga, tra i capelli lasciati sciolti sulle spalle c’è una piuma e sapendo che è la figlia di Tristan McLean riconosce una certa somiglianza nei lineamenti del volto.
Ed è bella, ma non dovrebbe stupirsene.
«Ciao» gli dice e dopo un attimo di incertezza arriva subito al punto «Sono Piper e ho il tuo telefono».
È strano effettuare lo scambio, l’intera faccenda è assurda, senza contare che quella mattina ha parlato con un attore di Hollywood che chiama Nolan Christopher, come se fossero amici di lunga data – cosa che probabilmente sono. Forse è per questo, per via della piega insolita degli eventi, che agisce impulsivamente ed è una cosa che non gli capita spesso. Solitamente sa bene cosa intende dire, questa volta invece non ne ha idea fino a quando non sente la sua stessa voce articolare la frase.
«Ti va un caffè?»
«Volentieri» risponde lei con un sorriso.
 
«Allora, com’è andata?» gli chiede Nico non appena si accorge della sua presenza, quasi un quarto d’ora dopo che è rientrato in camera – sta giocando online con Frank e non può distrarsi.
«Bene» risponde e in quel momento gli arriva un messaggio.
La prossima volta offro io.

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Capitolo 4
*** Intese speciali e iniziazioni (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Intese speciali e iniziazioni
Pairing: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: generale, commedia
Avvertimenti: au, college au, confraternite au, one shot (1930w), meno OOC del solito credo
Prompt: 37. Sono depresso e decido di chiamare una hotline!au, «Odio questa storia delle confraternite. Odio Drew Tanaka!»
Note: sono un po’ in fissa con le jasiper, scusatemi
  • Se Omega Chi Delta e Zeta Beta Zeta vi dicono qualcosa (e spero lo facciano) è perché sono due delle confraternite più importanti di Greek la confraternita. Se non sapete di cosa sto parlando shame on you. Le Chi Delta Alfa, invece, le ho inventate.
  • Qua e là ci sono come al solito riferimenti al canon verse che non ho voglia di elencarvi; confido nel fatto che li troverete da soli, non c’è nulla di troppo sottile.
  • Secondo me Luke e Jason non sarebbero andati d’accordo e Talia non c’entra nulla, parlo di caratteri.
  • Il primo prompt è uno di quelli della 100au, il secondo invece proviene da un’altra challenge del campmezzosangue (che potete trovare sulla community lj oppure qui sul forum di efp).
 
 

 
4. Intese speciali e iniziazioni
 

Percy gli ha detto di non preoccuparsi, che prima di quanto ora possa pensare ci riderà lui stesso sopra, ma Jason non riesce a fare meno di rivivere quel poco che ricorda della sua iniziazione ed è avvilente.
È svenuto.
Si passa una mano sul volto, stando però attento a non far cadere il ghiaccio che ha sulla tempia. Quindi guarda il cordless che Luke, il capo della Omega Chi Delta, gli ha messo in mano.
«Noi e le Zeta Beta Zeta abbiamo un’intesa speciale» gli ha spiegato «Abbiamo il numero della loro hotline e la possibilità di chiamarle liberamente quando vogliamo. Approfittane, te lo sei meritato».
Jason dubita che se lo sia veramente meritato e soprattutto che razza di confraternita è la Zeta Beta Zeta? Una hotline? E il college lo permette? Tuttavia alla fine decide di chiamare il numero salvato in rubrica.
 
Chiusa nella stanza che condivide con Lacey e con un cordless (rosa come qualsiasi altra cosa in quella casa) che suona tra le sue mani, Piper vorrebbe morire. Da quando ha messo piede nella sede della Zeta Beta Zeta non ha mai desiderato così tanto lasciare quel covo di pazze.
Una hotline. Che razza di confraternita è una che ha una hotline?
Drew però è stata categorica: deve rispondere, fa parte della sua stupidissima iniziazione.
Esita per un altro istante. Potrebbe calarsi dalla finestra e scappare; è un’immagine così bella e liberatoria che ci pensa un altro po’, ma poi ricorda che dovrebbe fuggire dalla furia di sua madre e all’improvviso l’idea non la attrae più così tanto e alla fine risponde.
«Pronto?»
«Pronto?» si sente rispondere. Dal tono sembra che nemmeno lui sappia cosa sta facendo e questo inizialmente la conforta. Il silenzio che segue però è imbarazzato e dannazione, se solo uno dei due avesse esperienza!
I secondi iniziano ad accumularsi e Piper, prendendo un respiro profondo, decide di improvvisare – una cosa che le riesce abbastanza bene.
«Ciao, cosa posso fare per te?» gli chiede, cercando di usare la voce più suadente che ha in repertorio. Non è sicura del risultato, ma poi sente l’altro deglutire.
«Ecco, io –» boccheggia il ragazzo e Piper cambia nuovamente idea.
«No, senti, tutto questo è ridicolo» lo interrompe seguendo l’impulso del momento; non ha intenzione di abbassarsi a certi livelli solo per far parte di una stupida confraternita.
«Rispondere al telefono della hotline fa parte della mia iniziazione, ma mi rifiuto di fare una cosa simile. Mi dispiace» continua e poi borbotta tra sé e sé ora sono morta, passandosi una mano tra i capelli.
Il ragazzo allora fa una cosa che lei non si aspettava: cerca di tranquillizzarla.
«Non importa» la dice con voce gentile «Facciamo così, diciamo entrambi che è andata bene e –»
«Non è così facile, temo mi stiano ascoltando da dietro la porta» lo interrompe un’altra volta, abbassando il tono di voce.
«Oh» replica lui, ma poi aggiunge «Beh basta creare un diversivo, puoi mettere della musica a tema?»
Piper si chiede come abbia fatto a non pensarci subito.
«Penso… Penso di sì. Ecco fatto. E ora?»
«E ora parliamo…»
«Piper».
«Piacere, io sono Jason» si presenta e sembra un ragazzo a posto «E ora parliamo per non lo so, quanto dura una chiamata del genere?»
«Non ne ho la più pallida idea».
 
«Un mattone?» gli chiede, lo sguardo che oscilla tra il preoccupato e il divertito «Come diamine… un mattone? Non è pericoloso?»
«E sono svenuto» termina il suo breve racconto «Ecco, questa è stata la mia iniziazione».
Rimangono seri per qualche secondo, poi scoppiano entrambi a ridere – e la risata di Piper è bellissima. Alla fine, aveva ragione Percy.
«Tu invece come sei finita nelle Zeta Beta Zeta? Non sei esattamente il loro tipo».
Il college è iniziato solo da due settimane e non conosce le sue consorelle, ma ha ben chiaro che persona è Drew e quali sono i requisiti per entrare nella sua confraternita – non che dubiti che Piper li abbia, è convinto anzi che possa fare ed essere qualsiasi cosa lei voglia. Non sembra però essere interessata ai vestiti, alle riviste di gossip o a qualsiasi altra cosa possa entusiasmare una Zeta Beta Zeta.
«Sono un lascito» risponde lei con un sospiro «Mia madre è stata una sorta di istituzione per la sorellanza, non potevano rifiutarmi» e poi aggiunge «E io non potevo dire di no».
«Avevi in mente altre confraternite?»
«Non proprio, tu?»
«Sono dove volevo essere, anche se le cose non sono esattamente come mi aspettavo che fossero. Inoltre ho scoperto che il nostro presedente aveva una storia con mia sorella ed è strano saperlo».
Non è mai stato un fratello geloso e non intende diventarlo ora, inoltre Talia sa cavarsela benissimo da sola, tuttavia da quando ha saputo di loro non riesce fare a meno di guardare Luke e chiedersi cosa sia accaduto. In realtà non è certo di volerlo veramente sapere, ma sospetta che la decisione di sua sorella di unirsi ad una confraternita sia in qualche modo legata al ragazzo.
«Anche lei è al college?» gli chiede e beve l’ultimo sorso dello smoothie che le ha offerto.
«Sì, questo è il suo ultimo anno ed è da poco diventata la nuova presidentessa delle Chi Delta Alfa».
«Allora credo di averla già incontrata. Il primo giorno mi ha proposto di unirmi alla sua confraternita».
Le Chi Delta Alfa sono famose per le loro regole restrittive in quanto frequentazioni maschili e non sa ancora bene perché, ma Jason è lieto che Piper non abbia accettato.
 
«Cosa ci fai in camera mia?»
La voce di Jason la coglie di sorpresa e con le mani nel cassetto della sua biancheria. Si conoscono da un mese e ha già avuto modo di mettersi in imbarazzo davanti a lui anche senza l’aiuto delle sue consorelle, questa volta però le supera tutte.
«Non è come pensi, posso spiegare» si affretta a dire.
Si volta piano e tiene le mani in avanti. Il ragazzo per fortuna non sembra arrabbiato, solo perplesso e un po’ divertito. Sicuramente non è una scena che capita tutti i giorni. Le fa cenno di procedere.
«Drew» e questa di solito è la risposta a tutti i suoi problemi da quando ha a che fare con le Zeta Beta Zeta – Drew e quella dannata iniziazione che sembra non finire mai.
«Questa è la penultima prova, devo recuperare un paio di mutande di uno dei confratelli della Omega Chi Delta senza farmi scoprire» spiega con una smorfia. È anche in ritardo rispetto le altre matricole, Lacey ha già portato a termine la sfida diversi giorni prima.
«E tra tutti hai pensato proprio a me?»
«Percy è il ragazzo di Annabeth e sarebbe stato troppo strano. In più sapevo che a quest’ora saresti stato fuori a correre. A proposito, perché sei tornato prima? Non puoi aver fatto neanche cento metri».
«Mi sono dimenticato il conta passi in camera».
«Eccolo, tienilo» risponde, porgendoglielo dopo averlo individuato sulla scrivania perfettamente in ordine «Buona corsa, tu non hai visto niente».
Ha nuovamente infilato le mani nel cassetto, intenzionata a portare a termine quella prova il prima possibile, quando Jason si blocca e si volta verso di lei – è tutto sempre più imbarazzante.
«E adesso cosa c’è?»
«Mi chiedevo come fossi entrata. In salotto ci sono…»
«La finestra».
«La finestra giusto» replica prima di lasciarla sola – mentre esce lo sente ridere e dire qualcosa come Piper sei incredibile.
 
«Tutto bene?» le chiede cercando di farsi sentire al di sopra della musica – e di non soffermarsi troppo sulla scollatura del vestito bianco che indossa.
Da un paio di giorni Piper è strana (quella sera ancora di più) e, nonostante Leo gli abbia detto che le ragazze sono sempre strane, sospetta che dietro ci sia la storia dell’iniziazione.
«C’entra Drew?»
Dallo sguardo della ragazza, Jason intuisce di averci azzeccato; non che sia stato poi così difficile. Da quando il college è iniziato, la Tanaka non ha fatto altro che perseguitarla e crede anche di aver compreso il motivo: si sente minacciata. Perché Piper è bella e spontanea, ha genitori importanti di cui non si è mai vantata e una buona media. Perché piace a tutti e non si impegna nemmeno, non cerca attenzioni.
«Ti va di parlarne?» domanda allora e nonostante lei non ne sia entusiasta lo segue. Si allontanano dalla piscina e si spostano nel giardino anteriore, dove la musica giunge attutita e ci sono meno persone.
Un tale di nome Dylan sta attraversando il vialetto proprio in quel momento con i suoi amici e non appena vede la ragazza si esibisce in un assai poco galante fischio che la infastidisce. Senza pensarci si pone tra lei e il ragazzo e si chiede nuovamente perché Luke abbia voluto invitarli alla festa.
«Non ce n’era bisogno, so cavarmela da sola» gli dice Piper, visibilmente di cattivo umore, incrociando le braccia al petto in rumore di braccialetti che cozzano tra loro.
«Scusami» aggiunge subito dopo, senza dargli il tempo di replicare «Non volevo. È che sono stressata. Odio questa storia delle confraternite. Odio Drew Tanaka!».
Jason intuisce che non serve fare domande e che parlerà lei, infatti dopo una pausa gli spiega in cosa consiste l’ultima prova – baciare un ragazzo e poi spezzargli il cuore.
«Possiamo fare come le altre volte» propone anche se qualcosa gli suggerisce che questa non è per niente come le altre volte e non si tratta solo del fatto che dovrebbero baciarsi.
«No» si oppone lei «Non intendo farlo. Non che non voglia baciarti, anzi, ma non voglio che tra noi sia così. E non voglio essere condizionata in tutto quello che faccio dalle Zeta Beta Zeta».
Piper sta tremando e non capisce se è perché ha freddo o perché è arrabbiata o sta per piangere (probabilmente tutto questo insieme) ma non ha il tempo dirle nulla perché se ne va in uno svolazzo di plissé bianchi.
 
Quando ha iniziato a studiare i regolamenti degli anni passati e a confrontarli tra loro, non credeva sarebbe arrivata dove è ora – a capo delle Zeta Beta Zeta. Né aspirava al ruolo di Drew. Voleva solo che la confraternita in cui avrebbe dovuto trascorrere i successivi anni fosse libera dalla tirannia della Tanaka. Niente più regole stupide o punizioni (Lacey ha ancora gli incubi per colpa delle scarpe bianche ortopediche) o iniziazioni che durano mesi e umiliano le matricole.
Non ha alcuna esperienza su come si gestisce una casa piena di giovani donne esperte in manicure e creme per il viso – in generale non ha idea di come si gestisce una casa e quella non è una casa qualunque, è la sede storica delle famose Zeta Beta Zeta.
Sarebbe una sciocca se non avesse almeno un briciolo di paura e lei ne ha moltissima, ma sono state le sue stesse consorelle ad eleggerla e sua madre l’ha chiamata non per disconoscerla bensì per complimentarsi. In qualche modo ce la farà.
Ora però ha un’altra cosa da portare a termine prima di dedicarsi alle Zeta Beta Zeta: una cosa che tutte le ragazze lì approvano e che avrebbe voluto fare già da molto tempo.
Con passo deciso raggiunge Jason che in quel momento è sul portico della Omega Chi Delta. Non gli dà il tempo di dire nulla, soprattutto per non perdere il coraggio, e lo bacia senza curarsi dei suoi confratelli che si affacciano dalla porta o delle sua consorelle pressate contro i vetri dall’altra parte della strada.
Neanche lui sembra curarsene perché posa le mani sui suoi fianchi e ricambia il bacio.

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Capitolo 5
*** Scelte sbagliate e conseguenze da pagare (Chris/Clarisse) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Scelte sbagliate e conseguenze da pagare
Pairing: Chris/Clarisse
Rating: verde
Genere: generale, angst leggero
Avvertimenti: au, In the Flesh au, one shot (1307w)
Prompt: 72. Ero uno zombie e sono stato “ri-animato” ma tu mi tratti come se fossi ancora un mostro au
Note: nuovo capitolo! Spero di non essere andata OOC ;__;
  • Scritta per la challenge One Hundred Alternative Universes indetta dalla community lj campmezzosanguee per la IX ShipWeek – Chris/Clarisse indetta sempre dalla stessa community.
  • In the Flesh è un telefilm bellissimo sugli zombie, qui la pagina Wikipedia. Brevemente: il protagonista è un adolescente che viene ri animato insieme a tantissime altre persone, diventando uno zombie. Il telefilm segue il suo reinserimento nella società dopo un lungo periodo di riabilitazione (esiste infatti una cura).
  • Ho apportato alcune modifiche, perché Chris non muore suicida ma si fa convincere da Luke che la vita da famelico (come viene definito lo zombie prima di essere curato) sia migliore. Insomma, tutta la faccenda di Crono e del labirinto solo in chiave zombie. L’HVF è squadra che si occupa dell’eliminazione dei non morti famelici.
  • Non c’è bisogno di precisare che la persona che vive da Will è Nico, vero?
 
 

 
 
 5. Scelte sbagliate e conseguenze da pagare
 
 
L’aria è fresca, odora di bosco e di pioggia. È un’aria che va respirata a pieni polmoni, soprattutto dopo aver trascorso mesi, senza poter mai uscire, nella struttura alle sue spalle. A Chris, però, non gliene importa molto.
Il cielo, sopra di lui, si apre per qualche secondo lasciando filtrare alcuni tiepidi raggi di sole e in lontananza tre uccelli spiccano il volo.
A Chris, in verità, non gliene importa proprio per niente. Né dell’aria fresca, né delle nuvole cariche di pioggia, né degli animali nascosti tra fronde degli alberi che costeggiano la strada. Tanto è morto.
I medici che lavorano nel centro di riabilitazione gestito da Mr. D gli hanno detto che è affetto da PDS, sindrome da decesso parziale, come tutte le altre persone che si sono risvegliate ormai più di un anno prima, gli hanno somministrato farmaci e lo hanno inserito in gruppo di altri nove pazienti seguiti da uno psicologo; gli hanno detto che è ancora una persona, che non deve, per alcuno motivo, considerarsi un mostro e che ciò che fatto in passato rimane nel passato e non ne ha colpa.
Per quanto gli riguarda, lui e tutti e gli altri sono zombie e prima di essere catturati e portati da Mr. D hanno fatto cose da zombie. Alcuni non riescono a convivere con i ricordi di quando erano famelici, altri vogliono fare ammenda, altri ancora rifiutano i farmaci e chiedono di essere lasciati liberi di andare a mangiare persone.
Chris non vuole mangiare altre persone, i suoi giorni da famelico sono finiti mesi prima e non vuole tornare indietro. Non è sicuro, però, di come si faccia ad andare avanti e se c’è qualcuno da incolpare per la situazione in cui si trova (essere un ri-animato fa davvero schifo col senno di poi) quel qualcuno è solo se stesso. Ha scelto lui di seguire Luke nel suo folle progetto di una vita migliore e ora ne paga le conseguenze. A partire dalla strada deserta che si srotola per alcune miglia tra il verde degli alberi.
Un tempo, pensa, ci sarebbe stato Luke ad aspettarlo – non è vero. Un tempo ci sarebbe stata Clarisse.
Prende la sua sacca e si incammina.
 
La vede una sera, otto giorni dopo le sue dimissioni. Sono entrambi nello stesso pub, lui è da solo, lei con Mark, Sherman e altra gente che non conosce. Indossano tutti abiti verde militare, ridono sguaiatamente davanti boccali colmi di birra e hanno i lineamenti induriti dalla ferocia e dal disprezzo.
Fanno parte dell’HVF, riconosce le divise, e decide di andarsene prima che lo notino, ma non fa in tempo ad alzarsi che i fratelli di Clarisse gli sono davanti.
«Guarda un po’ chi abbiamo qui» latra Mark «Rodriguez!»
Gli altri membri della milizia ridono e incitano il compagno a divertirsi un po’, tanto lui è già morto.
«Non voglio problemi nel mio locale» esclama il barista asciugando alcuni bicchieri, ma Mark non sembra intenzionato ad ascoltarlo.
«Ci penso io» interviene Clarisse, scostando malamente il fratello e trascinando Chris verso l’uscita sul retro. Una volta fuori, non appena la porta si richiude, la ragazza lo afferra per il colletto e lo sbatte contro il muro; è furiosa.
«Cosa cazzo pensi di fare, eh?» ringhia e continua riversandogli addosso mesi di odio e rabbia – di dolore.
Chris sa di averla ferita scegliendo di essere contagiato e questa consapevolezza fa più male di qualsiasi altra cosa; più delle iniezioni, più dei ricordi che sono un labirinto senza uscita, più dei sensi di colpa per aver mangiato delle persone. Per cui lascia che si sfoghi, che lo minacci, che lo insulti: se lo merita.
«Scusa» mormora alla fine, mentre Clarisse riprende fiato «Io…scusa».
Non prende nemmeno in considerazione l’idea che la ragazza possa perdonarlo per ciò che ha fatto, non ci sono parole che possano cancellare il passato e riportare tutto a com’era prima. Ciò che c’era tra loro (è che per lui è sempre stato più di semplice amicizia) è perduto per sempre e questa, realizza, è sua punizione.
Clarisse lo fissa dritto negli occhi, lasciandolo andare, e poi lo colpisce con forza sulla mascella, facendolo cadere. Se si è fatta male, non lo mostra e si volta verso la porta.
«Chi ti fa le iniezioni?» chiede prima di rientrare.
«Mi arrangio».
 
«Muoviti» gli ordina, precedendolo di qualche passo sul marciapiedi.
Indossa ancora i pantaloni mimetici della sera prima, infilati sbrigativamente in un paio di anfibi sporchi di fango, ma ha sostituito il giaccone verde su cui erano appuntati i gradi con una giacca di pelle che immagina sia di uno dei fratelli. Sulla schiena sono state cucite delle fiamme e le lingue di fuoco arancioni e rosse sono la cosa più colorata e viva che abbia visto in quel nebbioso mattino di ottobre uguale a molti altri; persino i fiori del signor Gardner sembrano grigi.
La segue con le mani in tasca attraverso la via, riconoscendo in alcune delle villette a schiera le abitazioni della famiglia Chase e della signora Beckendorf e a un isolato ci sono i Mason. Tutte famiglie per bene e Chris non capisce perché Clarisse lo abbia portato proprio lì. Forse è una punizione, un modo per dirgli guarda quello che hai perso per sempre, che non potrai avere mai – ma nemmeno prima avrebbe potuto. L’erica che si arrampica sulla facciata, il giardino curato, un contratto che dica che quella è casa sua e di nessun altro, una famiglia: è sempre stato solo un sogno.
Quale che sia il motivo di quella camminata, Chris non chiede e si limita a seguire Clarisse che procede per qualche altro metro, poi apre il cancello di una delle abitazioni e calpestando l’erba umida raggiunge la porta sul retro. Ha già la mano sulla maniglia quando impreca e si ricorda di pulirsi le suole; lo fa sbrigativamente e il secondo dopo è già dentro.
«Sono io» si annuncia mentre attraversa la stretta lavanderia e apre un’altra porta. Nonostante l’impegno, sul pavimento resta il segno del suo passaggio, ma Clarisse non se ne cura.
«In cucina» risponde un’altra voce, maschile e a Chris non suona nuova. Si ricorda a chi appartiene, però, solo una volta visto il proprietario: Will Solace. Il motivo di quell’uscita, tuttavia, non gli risulta più chiaro e si guarda attorno con aria interrogativa, notando così un particolare che prima gli era sfuggito. In quell’abitazione tutto parla, con discrezione, di due persone ed è allora che se ne accorge.
Non sono da soli, nella stanza c’è un’altra persona, un altro non morto. Tutti i ri-animati sono andati al Creatore e poi, in qualche modo, sono tornati indietro; c’è chi è uscito dalla tomba, chi è sparito dall’obitorio, chi è stato morso e ognuno di loro ha il proprio fardello da portare. Ma quel ragazzo, considera Chris, quel ragazzo è stato all’inferno e non ci è ancora uscito – probabilmente non lo farà mai.
Clarisse non lo guarda nemmeno, forse è abituata alla sua presenza, e scambia due parole con Will. Sembrano in confidenza, più di quanto lo fossero prima del risveglio, e, nonostante il rammarico di non essere più lui la spalla della ragazza, è felice di constatare che Clarisse non è rimasta sola, che ha ancora un amico, qualcuno su cui contare.
«Si occuperà Will delle tue iniezioni» gli dice e se ne va prima che lui possa ribattere, lasciandolo in piedi sulla soglia della cucina, intento a fissare il punto in cui c’era lei.
La sera prima lo appende al muro e giura di farlo a pezzi con le sue mani, il mattino gli offre una mano. Chris è disorientato.
Will nel frattempo sospira, notando le macchie lasciate dagli anfibi dell’amica, e poi gli sorride.
«Caffè, acqua, qualcosa? Vedrai che le passa. In fondo è stata lei a trovarti e a portarti da Mr. D».

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