L'appartamento sulla Baker Street del tempo

di Lory221B
(/viewuser.php?uid=660415)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 243 tipi di tabacco ***
Capitolo 3: *** Serial killer ***
Capitolo 4: *** Dammi qualche dettaglio in più ***
Capitolo 5: *** Amici? Io non ho amici ***
Capitolo 6: *** ... ne ho soltanto uno ***
Capitolo 7: *** Niente accade per caso ***
Capitolo 8: *** Tutto accade per uno scopo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento


Prologo

John era seduto su una panchina, con il suo bicchiere starbucks fumante in mano. L'aria frizzante dell'autunno aveva sostituito il caldo di una delle più torride estati degli ultimi anni.

Seduto al suo fianco, il collega Mike Stamford, era intento a leggere il giornale. I due stavano trascorrendo la loro pausa pranzo in silenzio, lontano dalla piccola clinica Londinese dove lavoravano.

John non era mai riuscito ad abituarsi a quel tipo di vita, dopo il periodo militare in Afghanistan non aveva trovato nulla che lo soddisfacesse e il lavoro di medico era solo una pezza in una vita piuttosto piatta.


- Quando mi hai detto che ti trasferisci? - chiese Mike distrattamente.

- Mi sono già trasferito. Oggi abbiamo appuntamento con l'arredatrice della casa per le ultime modifiche - rispose John, continuando a soffiare sul suo caffè bollente.

- Mary sarà contenta no? Aveva sempre voluto abitare in periferia -

- Già - rispose con una leggera punta di malinconia il dottore.

- Con la posta come fai? -

- Ho lasciato nella cassetta delle lettere del mio vecchio appartamento una comunicazione per il nuovo inquilino. Spero sia così gentile da inoltrarmi l'eventuale posta indirizzata a me -



***** ******


25 settembre 2010

Gentile nuovo inquilino del 221b,

Le sarei grato se mi facesse la cortesia di inoltrare la posta a me indirizzata al mio nuovo indirizzo indicato sul frontespizio della busta.

Spero si troverà bene in Baker St., io l'ho trovata una zona molto tranquilla e piacevole.

Cordiali saluti,

Dr. John Watson

ps in soffitta ci sono degli scatoloni con provette e altra attrezzatura scientifica, erano lì già da prima che mi trasferissi. Anche le impronte di cane sul tappeto del soggiorno erano già presenti.


Sherlock Holmes guardò più volte la lettera, non riusciva davvero a capirne il significato. La cosa era assurda, non sembrava avesse a che fare con un pazzo o un mitomane ma il senso della lettera era inspiegabile. La rilesse più volte, controllando il tipo di carta, la calligrafia e l'inchiostro usato.

Questo Dr. Watson, che sosteneva di abitare prima di lui al 221b di Baker Street, prima cosa assurda, asseriva inoltre che sul tappeto c'erano delle impronte di cane, che in realtà non erano presenti e degli scatoloni in soffitta. Peccato che nella soffitta della signora Hudson non vi fossero nemmeno i ragni.

Non aveva però tempo di soffermarsi su quella lettera, per quanto strana gli sembrasse, per cui la appoggiò sopra le bollette e uscì in direzione Scotland Yard, l'Ispettore Lestrade l'aveva chiamato per un nuovo caso.

Qualche  giorno dopo, il detective era più annoiato che mai. Aveva risolto velocemente il caso e non c'erano nuovi clienti all'orizzonte. Si trovò seduto sul divano, circondato da scatoloni.

Si era trasferito da poco in Baker St. e la casa era ancora sottosopra. Essendo stufo di sentire le lamentele della signora Hudson decise che quel pomeriggio avrebbe fatto ordine e tutto quello che risultava superfluo, l'avrebbe buttato o sistemato da qualche altra parte.

Togliendo le varie boccette e le altre attrezzature scientifiche dagli scatoloni, si rese conto che aveva portato troppe cose con sé e, a meno di non occupare ogni superficie della cucina con i suoi esperimenti, pavimento compreso, non sarebbe mai riuscito a utilizzarle tutte. Per cui parte dell'attrezzatura ritornò negli scatoloni che successivamente avrebbe trasportato in soffitta.

Continuò il trasloco pigramente, quando qualcuno bussò alla porta.

Sherlock andò ad aprire quando venne letteralmente travolto da un cane di grossa taglia. Dietro di lui il proprietario, un cliente che aveva bisogno dell'unico consulente investigativo al mondo, che subito si scusò dell'accaduto.

Quando il cliente, peraltro molto noioso, andò via Sherlock rimase a fissare il tappeto. Erano rimaste le impronte delle zampe sporche del cane. Sbatté più volte le palpebre e poi si girò a guardare le scatole che aveva ammucchiato e che avrebbe portato in soffitta.

La cosa stava diventando troppo strana, quello che lo sconosciuto aveva scritto nella lettera si era avverato; incuriosito a quel punto riprese in mano lettera del dr. Watson e decise di rispondere.


1 ottobre 2008

Caro dr. Watson,

non capisco davvero a cosa faccia riferimento. La signora Hudon mi ha informato che l'appartamento è vuoto da anni.

Quello che più mi stupisce è come facesse a sapere degli scatoloni e delle impronte del cane sul tappeto.

All'inizio leggendo la lettera credevo lei avesse un disturbo post traumatico, che ancora non escludo. Ma la successiva presenza delle impronte e degli scatoloni mi ha alquanto confuso. Odio non sapere, pertanto La prego di riscontrare questa mia.

Cordialmente,

Sherlock Holmes

ps Dovrebbe guardare il calendario ogni tanto, siamo nel 2008, non nel 2010.



Angolo autrice:

Eccomi qui, di nuovo, con l'aria frizzante dell'autunno.

Spero vi piaccia l'idea ispirata dal film "La casa sul lago del tempo", al prossimo aggiornamento, un bacione!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 243 tipi di tabacco ***


Cap. 1 - 243 tipi di tabacco


1 ottobre 2010 


John stava passeggiando per le vie di Londra, senza una vera meta. Aveva tutto il pomeriggio libero e voleva godersi l'aria piacevole di quel primo giorno di ottobre.

Ogni cosa gli sembrava noiosa in realtà, come se vivesse in una gigantesca bolla di routine. Adorava Londra, non avrebbe mai potuto vivere in nessun altro posto, gli piaceva il suo lavoro, anche se stava diventando sempre più ripetitivo e infine amava Mary. Ma aveva sempre una sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco.

Mentre stava guardando le prime foglie cambiare colore, abbandonando il classico verde per un caldo rosso, il suo cellulare vibrò nella tasca rivelando una chiamata da una persona del tutto inaspettata.

- Harry? - chiese perplesso John, che ormai era abituato a sentire la sorella solo quando aveva bisogno di qualcosa.

- Ciao fratellino, è un piacere anche per me sentirti - rispose ironica.

-Tutto bene?-

- Perché sempre così sospettoso? Ti chiamavo per chiederti se è arrivato il pacco che ti ho spedito - fece lei leggera.

- A quale indirizzo l'hai spedito? -

- Al tuo ovviamente - 

- Harry mi sono trasferito, abito con Mary adesso. Se l'hai mandato in Baker Street non mi è arrivato - John si sentì un po' in colpa, stava quasi facendo pesare alla sorella il fatto che lei non fosse a conoscenza del trasferimento, quando era lui stesso che la evitava da tempo perché non riusciva a perdonarle di aver ripreso a bere dopo il divorzio.

- Cavolo! - esclamò lei, più dispiaciuta che irritata.

- Sono in centro, passo adesso a vedere se il nuovo inquilino l'ha ritirato ok? -


***** *****


John arrivò in Baker Street, alzò la testa verso la finestra del suo ex appartamento aspettandosi di vedere il nuovo inquilino, ma non vide che le tende ammuffite, esattamente come le aveva lasciate lui.


Andò all'ingresso e aprì il portone con la chiave di riserva che aveva tenuto proprio per esigenze di questo tipo.

Sotto la cassetta delle lettere era effettivamente depositato un pacco con l'inconfondibile scrittura tremolante di Harry. John fu però attirato dalla busta elegante che si trovava dentro la cassetta, poteva vedere dalla finestrella che sulla busta c'era scritto proprio il suo nome. Aprì lo sportello per recuperarla, infischiandosene della privacy del nuovo inquilino che non si era nemmeno degnato di girargli la lettera e la aprì.




1 ottobre 2008


Caro dr. Watson,

non capisco davvero a cosa faccia riferimento. La signora Hudson mi ha informato che l'appartamento è vuoto da anni.

Quello che più mi stupisce è come facesse a sapere degli scatoloni e delle impronte del cane.

All'inizio leggendo la lettera credevo lei avesse un disturbo post traumatico, che ancora non escludo. Ma la successiva presenza delle impronte e degli scatoloni mi ha alquanto confuso. Odio non sapere, pertanto La prego di riscontrare questa mia.

Cordialmente,

Sherlock Holmes

ps Dovrebbe guardare il calendario ogni tanto, siamo nel 2008, non nel 2010.


John la rilesse più volte. I casi erano due, o aveva incontrato uno psicopatico convinto di essere nel 2008 o qualcuno che voleva divertirsi con uno scherzo alquanto infantile. Sbuffò sonoramente e estrasse una penna dalla tasca per rispondere immediatamente sul retro di quella lettera.


Caro sig. Holmes,


si crede spiritoso? Speravo soltanto in una sua cortesia. Se le è troppo disturbo girarmi la posta vorrà dire che sarò costretto a passare in Baker Street ogni settimana, finché tutta Londra non sarà stata avvisata del mio cambio di residenza.

Comunque sono sorpreso anch'io: lei conosceva la precedente proprietaria, la signora Hudson? Da quel che so ha venduto l'appartamento anni fa, dopo un furto.

L'attuale proprietario non l'ho mai conosciuto, ha sempre mandato la sua segretaria a trattare per il canone d'affitto.


Per quanto riguarda il disturbo post traumatico, come può aver dedotto una cosa del genere da così poche righe di lettera?

Inoltre, cosa vorrebbe dire che siamo nel 2008?

JW


John buttò la lettera nuovamente nella cassetta, arrabbiato ed estrasse nuovamente il cellulare per chiamare la sorella.


- Harry ho recuperato il tuo pacco. Non ci crederai ma ho a che fare con un coglione, meno male che ho conservato le chiavi del portone e della cassetta delle lettere. Pensa che crede di viv... - 

- John? - chiese titubante la sorella.

John aveva strabuzzato gli occhi ed era rimasto a fissare la cassetta delle lettere come inebetito. La lettera che aveva appena scritto e imbucato era sparita nel nulla. Guardò meglio, controllò che non fosse finita a terra, finì per aprire la cassetta ma niente da fare, la lettera non c'era più.

- John? - riprovò Harry.

- Scusa Harriet, ti richiamo, spero non dal reparto malattie mentali - e il dottore chiuse la telefonata.

Continuò a guardarsi in giro, sperando di vedere quella lettera e ricacciare dentro di sé il dubbio che si trattasse davvero di un disturbo post traumatico.

Finì per passare i successivi dieci minuti a vagare nell'atrio del 221b di Baker Street, quando la cassetta delle lettere attirò nuovamente la sua attenzione. Dentro c'era una busta. Non era la lettera che aveva infilato John, perché lui non si era preso il disturbo di imbustarla, era una nuova lettera.


Con il cuore che gli martellava nel petto, John estrasse la lettera e vide che era nuovamente indirizzata a lui.


Caro John,


la cosa è alquanto singolare.

Tu sostieni di essere nel 2010 e che la signora Hudson non abita più in Baker Street.

Sostieni inoltre di aver soggiornato in questo appartamento fino a poco tempo fa e hai "predetto" le impronte di cane e i miei scatoloni in soffitta.

Non sono incline a credere a cose che travalicano la logica e la ragione, ma in questo caso devo ammettere che vedere la mia busta sparire pochi secondi dopo che l'avevo imbucata ed essere sostituita con la tua lettera mi ha portato ad un'unica conclusione.


Una volta tolto l'impossibile, quello che rimane, per quanto improbabile, corrisponde alla verità: siamo su due piani temporali diversi.

Per quanto riguarda il tuo disturbo post traumatico, traspariva da ogni parola.

Hai una scrittura cortese ma molto diretta, come se non volessi sprecare tempo in convenevoli. La tua grafia è interrotta, quasi esitante, nonostante sembrassi molto convinto di quello che stavi affermando. Forse hai un dolore alla spalla o alla mano, qualcosa che non ti permette di scrivere adeguatamente, ma non accade con tutte le parole.

Deve trattarsi di qualcosa di psicosomatico, altrimenti tutta la scrittura sarebbe interrotta, invece non è così, alcuni passaggi e alcune lettere sono lineari.

Veniamo poi alla tua firma, non sembri molto contento di te, quasi come se non ti riconoscessi. E' una firma buttata lì, come se ne fossi costretto, diversa dal resto della calligrafia.

Direi che il disturbo non deriva da fatti personali, sembri uno che saprebbe affrontarli, ma da qualcos'altro; probabilmente facevi un lavoro pericoloso, qualcosa che ti ha reso "invalido", anche se solo da un punto di vista psicosomatico.


Ti firmi dottore però, per cui o un incidente in ambulanza, banale, oppure più probabilmente, sei un medico militare.

Tornando alle cose serie, poche volte sono stato così colpito nella vita, ma una cassetta delle lettere che "viaggia nel tempo" è davvero eccezionale. Inizierò subito degli esperimenti per capirne la natura. Se intanto vuoi rispondere a questa mia, anche solo a scopo scientifico, sarebbe cosa molto gradita.

SH


John fissava quelle righe come in trance. Fu più volte tentato di girare il foglio e rispondere immediatamente. Quel Sherlock era indisponente e geniale allo stesso tempo, ma che una cassetta delle lettera potesse viaggiare nel tempo era una cose che andava al di là di ogni logica. Eppure era successo proprio davanti ai suoi occhi.


John girò i tacchi  e uscì in strada, con uno strano sorriso sulla faccia, quello di uno che improvvisamente si trova a vivere in un episodio di "Doctor Who" o di "Ai confini della realtà".

Una volta a casa aprì il portatile e digitò su google "Sherlock Holmes". Subito trovò un sito internet, "Scienza della deduzione", che sembrava proprio essere gestito dal suo misterioso corrispondente. Anzi, era sicuramente lui, oltre al fatto che non potevano esistere due persone che si chiamassero Sherlock, proprio nella home page era riportata la frase " Una volta tolto l'impossibile, quello che rimane, per quanto improbabile, corrisponde alla verità". Non poteva essere una coincidenza.

John si mise a leggere curioso, di come quel Sherlock fosse in grado di individuare un pilota di linea dalla sua cravatta e dell'esistenza di 243 tipi di tabacco. Senza rendersene conto aveva passato delle ore su quel sito e si stava già facendo sera. Mary sarebbe rientrata poco dopo, per cui doveva mettere via quella lettera, che difficilmente sarebbe riuscito a giustificare senza sembrare completamente pazzo e preparare la tavola.

Il dolore intermittente alla mano era già meno forte.

****** *****


1 ottobre 2008


Sherlock aveva appena finito di scrivere la risposta a quel dottor Watson e l'aveva imbucata per vederla sparire poco dopo. Allo sconcerto seguì l'indagine. Sherlock aprì la cassetta, ispezionò ogni sua parte. Si chiese più volte se l'abuso di sostanze stupefacenti avesse causato gravi danni alla sua materia cerebrale, finché non vide riapparire la sua lettera, con tanto di risposta.

Sherlock pensò a quante leggi della fisica erano state infrante in quel preciso momento ma che, al contempo, nessuno aveva mai messo in dubbio la possibilità di viaggiare nel tempo, con la corretta equazione. Il problema era capire come quella particolare equazione potesse essere circoscritta alla sua cassetta delle lettere.

Prese in mano la lettera e lesse la piccata risposta del dott. Watson, sorridendo tra se immaginando questo John, un essere probabilmente ordinario come tutti, imbucare una lettera e poi vederla sparire. Sherlock non resistette alla tentazione di rispondere subito, in modo che il dottore potesse vedere riapparire una lettera.

Sherlock scrisse velocemente, imbucò la lettera e sorrise tra sé. Il gioco era iniziato.


Angolo autrice:

Ciao a tutti e grazie a chi ha già recensito, inserito la storia tra le seguite..e ovviamente a chi lo farà.

Siete sempre molto, troppo, buoni!!!

Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Serial killer ***


Cap. 2 - Serial killer


John era al lavoro, seduto alla sua scrivania in attesa di qualche paziente con qualche malanno, spesso immaginario.

Le ore non passavano mai, l'orologio appeso alla parete ticchettava beffardo ogni singolo secondo, scandendo il tempo come un metronomo in ritardo rispetto alla melodia. Perché questa era la sensazione che aveva John, che la sua vita fosse una melodia in ritardo.

Tra un paziente e l'altro tirò fuori la lettera di Sherlock Holmes, l'uomo del mistero venuto dal passato. John non aveva resistito nell'niziare una lettera di risposta, ma aveva cestinato ogni bozza perché gli sembrava che tutto fosse troppo folle e strano.

L'ennesimo paziente con problemi intestinali lo convinse che dialogare con qualcuno che non conosceva e non vedeva poteva essere decisamente più interessante che compilare cartelle. Pensò a quel tizio di cui non sapeva nemmeno che aspetto avesse. Aveva capito che era intelligente, sveglio, decisamente "precisino" se aveva catalogato tutti quei tipi di tabacco. John non poté non chiedersi chi diavolo pensasse che potesse essere interessante catalogare tutti i tipi di tabacco.

Forse questo era il bello di scrivere con qualcuno che non conosceva, poteva immaginarlo come voleva; per cui decise che somigliava ad un tizio che aveva conosciuto tempo prima, quando era tornato in licenza a Londra nel periodo in cui era nell'esercito, per cui alto e moro. Gli era tornato in mente quel tipo perché era stato geniale e indisponente come sembrava quel Sherlock.

Prese in mano un pezzo di carta e iniziò a  scrivere di getto, senza stare troppo a pensare:


Caro Sherlock,

non mi addentro in teorie sulla fisica quantistica, non ho idea di come queste lettere passino nel tempo.

Hai scritto che inizierai degli esperimenti, per cui, sei uno scienziato? Te lo chiedo anche perché ho trovato il tuo sito, scienza della deduzione. Davvero notevole. Penserei siano tutte scemenze se non fosse che sei stato così brillante nel dedurre tutto su di me.

Avevi ragione, sono un medico militare. Dovrei dire ex medico militare, ora faccio solo il medico, perché sì, sono rimasto ferito in missione: due su due.

Vivo a Londra da poco, non mi sono ancora riabituato alla vita civile. Mi manca l'adrenalina dell'essere in missione. Non so se è una cosa che puoi capire, forse mi prenderai per matto.

Non mi viene in mente altro da scrivere, per cui spero questa lettera ti sia di aiuto per i tuoi esperimenti.

J.W.

La risposta non si fece attendere a lungo, John imbucò la lettera subito dopo lavoro e la mattina dopo ripassò in Baker Street a recuperare la risposta di Sherlock. Inaspettatamente si ritrovò più volte a leggere quelle poche righe di risposta. Prima a lavoro e poi a casa, come se non ci fosse niente di più interessante di quel Sherlock Holmes e delle lettere sospese nel tempo.


Caro John,


anche se uso il metodo scientifico non sono uno scienziato, o meglio, non è la mia professione. Sono un consulente investigativo.

Prima che tu sprechi altre righe chiedendomi cosa significa, te lo spiego: quando la polizia brancola nel buio, chiama me. Come avrai notato sono piuttosto bravo nella scienza della deduzione, pertanto no, non sono un dilettante, sono il meglio che Scotland Yard può chiamare per risolvere i suoi casi.


Ho fatto vari esperimenti ma non sono riuscito a scoprire il mistero delle nostre lettere che viaggiano nel tempo attraverso la cassetta. Non voglio tentare cose troppo brusche perché non vorrei danneggiarla.

Sherlock guardò quelle ultime parole perplesso, quasi stranito. Davvero aveva "paura" di danneggiare quella cassetta? Da quando era preoccupato dalle conseguenze negative di un esperimento? Un piccolo tarlo fece strada nella sua mente, come se la possibilità di parlare con qualcuno, avere un rapporto così strano, che non comportasse un effettivo coinvolgimento, gli piacesse al punto da non volerlo interrompere. Almeno, non così presto.

Scosse il capo e si rimise a scrivere.

Dov'eri nel 2008? Potrebbe essere utile per capire le origini del fenomeno. Adesso devo andare, ho un appostamento in programma e potrebbero passare settimane prima di sentirmi di nuovo.

Alla prossima,

S.H.

P.s. non sei matto, il brivido e l'adrenalina di un nuovo caso sono le uniche cose che mi convincono a lasciare il mio appartamento


John rise ripensado alla lettera del detective. Questo Sherlock era davvero uno strano personaggio.


- Ridi da solo? - chiese Mary guadandolo stranita.

John alzò la testa, non si era nemmeno accorto della presenza della donna.


***** *****

Sherlock stava conducendo un'indagine che lo aveva portato in diversi pub di Londra. A Scotland Yard, fortunatamente, erano riusciti a tenere la stampa lontano dal caso, ma trovandosi in seria difficoltà erano stai costretti a chiedere aiuto a Sherlock. Un serial killer si aggirava per Londra e l'unico punto in comune tra le vittime, era stato trovarsi in un pub prima di essere brutalmente uccisi.

Purtroppo non c'era una logica nella scelta delle vittime: uomini, donne, di diverso aspetto, razza e ceto sociale. Nemmeno i pub erano gli stessi, ogni volta un posto diverso. Anche il detective sembrava brancolare nel buio. L'unica buona idea che gli era venuta in mente era di girare i pub, alla ricerca di persone sospette.

In quel momento di trovava in un banalissimo pub, pieno di gente, rumorosa e chiassosa che gli ricordò perché di solito evitasse certi posti. Nessuno sembrava essere un potenziale serial killer, per cui due bicchieri di coca-cola dopo, si alzò per abbandonare il campo. Mente si dirigeva alla porta venne urtato da un uomo visibilmente ubriaco che finì per inciampare e cadere, rovesciando la birra che teneva in mano.

- Hey guarda dove vai, damerino - biascicò l'uomo.

Il detective si limitò a guardarlo sprezzante e ricomporsi, controllando di non essere stato sporcato dalla birra.

- Hey dico a te, chi credi di essere? -

- Uno che sa stare in piedi  e non beve fino a perdere i sensi per non tornare a casa dalla moglie -  rispose sprezzante.

L'uomo si era rimesso in piedi e fronteggiava Sherlock, guardandolo furente. Il detective stava per rincarare la dose quando l'uomo tentò di colpirlo. Sherlock si schivò senza problemi e l'uomo ricadde a terra generando l'ilarità di tutto il locale.

Gli amici dell'uomo apparirono alle spalle del detective e lo bloccarono contro il muro - Senti non credi di essere nel posto sbagliato? Dovresti stare in un posto per snob o in uno dove servono i gay - fece duro uno di loro.

- Un commento omofobico. Forse perché tuo figlio è gay e non vuoi ammetterlo? -

Un pugno in faccia lo fece finire dritto a terra. Sherlock si ritrovò sul pavimento a prendere calci e pugni finché qualcuno non si fece largo tra la folla e lo trascinò fuori dal locale.


***** *****

Sherlock era seduto su una panchina fuori dal pub. Il cappotto tutto strappato e la camicia macchiata di sangue. Gli sembrava di essere tornato ai tempi del liceo. Solo che non era mai successo che qualcuno si mettesse in mezzo per lui.

- Tutto bene? - chiese una voce gentile.


- Si grazie - fece il detective usando un fazzoletto per tamponarsi naso e bocca. Sherlock alzò lo sguardo e vive il suo "salvatore", un uomo all'incirca suo coetaneo, più basso di lui e con i capelli chiari dal taglio militare.

- John Watson - fece l'uomo allungano la mano.

Sherlock sgranò gli occhi - Come hai detto scusa? -

- Ho detto John Watson, è il mio nome - sorrise l'uomo.

Sherlock fece per presentarsi, titubante - Sh... William, mi chiamo William. William Scott - fece il detective usando il suo primo e terzo nome.

- Piacere William Scott. Non sembri uno che va in giro per i pub in cerca di risse - constatò il militare.

- Non era il mio scopo - rispose Sherlock, osservando il suo amico di penna, che ora era davanti a lui in carne ed ossa.

- Lo immaginavo. Visto che ho dovuto interrompere una conversazione con una bella cameriera per soccorrerti, come minimo dovresti offrirmi un'altra birra -

- Non sono esattamente un tipo da vita sociale -

- Sono in licenza, domani torno in Afghanistan. Immaginavo di passare la mia ultima serata a Londra diversamente, ma anche due chiacchiere non mi dispiacerebbero -

Sherlock sorrise, dopotutto poteva essere interessante conoscere quel medico militare.


***** *****


- Ti chiedi mai se tutto questo ha uno scopo? - chiese John sorseggiando la sua birra.

Sherlock soppesò la risposta - Scusa? -

- Non ho voglia di parlare di che lavoro fai o dove vivi, probabilmente non ci vedremo mai più per cui... Ti capita mai di pensare che stai sprecando tempo o stai correndo dietro a qualcosa solo perché non puoi stare fermo? -

- Si, più spesso di quello che credi - affermò il detective ripensando all'ultima lettera di John.

- Non lo so. E' una sensazione strana. Credo semplicemente di aver scelto di andare via - constatò John, rispondendo a ses stesso più che a Sherlock.

- Perché non ti piace la gente? - chiese John guardando l'uomo davanti a lui, curiosamente interessante.


- E' noiosa -

John rise.

- Dico davvero, noiosa e prevedibile -

- Allora perché eri al pub e perché sei qui? Solo per fare un favore a un povero soldato in licenza? -

A Sherlock sembrò strano perché lo conosceva da pochissimo ma si trovava davvero bene con John.

- Devo proprio andare - fece il militare - mi sono già attardato troppo -

- Andrà tutto bene - rispose il detective.

- Scusa? -

- In Afghanistan -

- Adesso prevedi anche il futuro? - rispose John ridendo.

- In un certo senso -

- Ciao William. Evita le risse da pub finché non torno -

John Watson uscì dal pub lasciando uno Sherlock mesto e con un improvviso senso di solitudine. 


Angolo autrice:

Sono viva...ogni tanto riappaio. Spero ci siate ancora! un abbraccio e alla prossima :)





Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Dammi qualche dettaglio in più ***


Cap. 3 - Dammi qualche dettaglio in più

Note dell'autrice: ho "impaginato" le lettere di questo capitolo come se tra i due ci potesse essere un effettivo botta e risposta. Per cui nella colonna di sinistra, in blu, ci sono le lettere di Sherlock e in quella di destra,  quelle di John. Spero si capisca. Buona lettura!

***** *****

Sherlock tornò a casa stranito e un po' sconvolto. Non credeva avrebbe conosciuto dal vivo John, pensava che si sarebbero scritti ancora per un po', poi la cosa sarebbe diventata noiosa e avrebbero smesso. Sherlock non avrebbe più trovato interesse nell'attività, mentre John si sarebbe fatto riassorbire dalla sua vita ordinaria.

Ma John non era ordinario come credeva all'inizio il detective e non riusciva a toglierselo dalla testa.


1 Dicembre 2008

Non occorre che mi rispondi sul dove eri nel 2008, ti ho appena incontrato.
Rissa in un pub, tu nel tuo ultimo giorno di licenza...ti dice niente?
Mi sono presentato come William Scott. 

2 Dicembre 2010

Quindi eri tu? William Scott eri tu? Perché non me lo hai detto?



Non potevo dirtelo. Insomma, cosa avrei dovuto dire?
Ciao sono uno con cui scambierai lettere tra due anni?


Il nome vero sarebbe bastato.

Temevo di creare un paradosso che avrebbe distrutto l'umanità.
Tu non mi conoscevi prima delle nostre lettere e così doveva rimanere.
La fisica è complicata.
Non credo che i problemi relativi ai viaggi nel tempo si possano risolvere con una scrollata di spalle.

S.H.



Comunque sei esattamente come ti avevo immaginato. Moro e altezzoso.
Uno da prendere a pugni in faccia insomma.

3 Dicembre 2008

Felice di non aver deluso le tue aspettative allora.



A questo punto dovrei rimediare chiedendoti le cose che non ti ho chiesto in pub.

Cosa fai per vivere già lo so
Hai una fidanzata? sei sposato?

Fidanzata? no, non sono la mia area.
Mi ritengo sposato con il mio lavoro.


Cosa ci facevi in quel pub comunque?
J.W.

Stavo indagando per un caso, un brutto caso. Un serial killer.
Spero di averlo già preso nel 2010.
Ti direi di controllare, ma mi sembrerebbe di barare.

4 dicembre 2010

Barare?
Parliamo di omicidi, rischierei il paradosso per salvare delle vite.
Magari è proprio per aiutarti con questo caso che esiste la cassetta delle lettere, non ci hai pensato?


In realtà sui giornali ne hanno parlato pochissimo per cui non credo riusciresti a scoprirlo in ogni caso.

S.H.

Dammi qualche dettaglio in più.

J.W.


John continuava a guardare quelle lettere, stava quasi diventando dipendente da quella strana situazione. A volte apriva il pc e si metteva a googlare "Sherlock Holmes", tanto per sapere dove si trovasse quel suo amico nel 2010 e perché non viveva più in Baker Street. Ma a parte un aggiornamento di mesi prima nel sito "Scienza della deduzione", altre informazioni non c'erano.

Aveva pensato di andare a parlare con il proprietario dell'appartamento, magari sapeva qualche informazione utile, il nuovo indirizzo del detective. Poi qualcosa lo riportava sempre alla sua routine: un paziente, Mary che programmava una serata fuori. Non era mai stato così scontento della sua vita e così interessato alla vita virtuale che aveva tramite quelle lettere che arrivavano dal 2008.


8 Dicembre 2010

Ci sei? Ho trovato degli articoli del 2008.
Parlano di alcuni omicidi.
Ne parlano come se non fossero collegati, ma sono tutte persone uccise dopo essere state in pub.
Presumo sia il tuo caso



Sherlock guardò quelle parole e sorrise. John era in gamba ed era curioso e nonostante la follia della cosa continuava a scrivergli. Nonostante l'avesse incontrato e avesse avuto a che fare con lui, continuava  a scrivergli.


Non trovo però arresti in merito a questi omicidi. Forse non ne hanno parlato.

O forse non è mai stato preso.
J.W.


- Sherlock da quando hai un amico di penna? - Fece Mycroft, guardando distrattamente tra le carte del fratello, sparpagliate sul tavolo della cucina a Baker Street.

- Chi ti ha detto di mettere il naso tra le mie cose Mycroft? - Sherlock si sentì sollevato che non avesse notato la data futura delle lettere di John.

- Chi è questo J.W.? sai almeno con chi stai amabilmente chiacchierando di omicidi? -

- Perché sei qui? -fece brusco, sperando di liberarsi velocemente del fratello.

- Niente, venivo a controllare che fossi ancora vivo. Mi hanno detto che da un po' non ti alletti con i tuoi "passatempi ricreativi", temevo fosse perché l'ultima dose ti era stata letale. Invece eccoti qui, bello fresco con un nuovo amichetto -

Sherlock radunò tutte le carte, in modo da toglierle dalla vista di Mycroft e gli lanciò uno sguardo infastidito, come ogni volta che il fratello faceva irruzione nell'appartamento.

- Sherlock, sono solo curioso. Non hai mai avuto amici, immagino che una relazione epistolare ti sia comunque più facile da gestire. Meno coinvolgimento -

Il detective non si scomodò nemmeno a rispondere e si chiuse in camera, come quando aveva quindici anni. Il fratello non poté far altro che alzare gli occhi al cielo e togliere il disturbo.


9 Dicembre 2008

Non ti ho ringraziato per essere intervenuto in quella rissa.
Di solito la gente non si comporta così con me.

 10 Dicembre 2010

E come si comporta?
Comunque grazie di avermi detto che sarebbe andata tutto bene in Afghanistan.
Tecnicamente mi hanno sparato, ma credo intendessi che sarei sopravvissuto.

12 Dicembre

Certo che intendevo quello John.
La gente mi dice di levarmi dai piedi di solito, chissà perché li innervosisco.


13 Dicembre

Strano visto i tuoi modi così affabili.
Comunque, non voglio che ti levi dai piedi.



***** *****

Angolo autrice:


Eccomi qui, anche di sabato, irritata con italia1 che non manda più in onda le puntate di Sherlock.
In realtà è una questione di principio, visto che ho i dvd...
Comunque, spero vi sia piaciuto anche questo capitolo, è venuto un po' text-fic, ma mi ispirava così.
Un bacione!!!







Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Amici? Io non ho amici ***


Amici? Io non ho amici!



John era seduto sulla solita panchina, quella delle pause caffè, quando il lavoro in clinica diventava troppo stressante o troppo noioso. Di solito era la seconda opzione: noioso.


Harry lo aveva raggiunto per fare due parole, per riallacciare i rapporti,  ma John non sembrava prestarle molta attenzione.

Continuava a ripensare alle lettere, a come quel Sherlock William Scott Holmes avesse fatto irruzione nella sua vita in una fredda serata londinese, prima ancora che Baker Street li mettesse in collegamento.

Era in licenza, era la serata prima di ritornare in Afghanistan per un altro anno. Tante ne erano successe, ma quell'episodio gli era sempre rimasto in mente: una rissa in un locale, un uomo che non aveva decisamente l'aspetto del tipico frequentatore di pub, alcune battute volgari e lui che si era messo in mezzo per difendere uno sconosciuto.

Sconosciuto con cui poi era andato a bere una birra; per quello che ne sapeva poteva essere davvero un serial killer. Eppure si era istintivamente fidato.

L'ultima lettera, poi, lo aveva particolarmente colpito. Non era la solita lettera di crimini e esperimenti scientifici. Da quando si erano incontrati dal vivo, Sherlock era diventato più amichevole, quasi cortese.



Sono passato nel tuo nuovo quartiere.

Quello in cui abiti nel 2010.
Adesso ci abita una gattara.
Mai visti tanti gatti sotto una finestra.

E' un bel quartiere ma manca qualcosa.
Recinti bianchi, cani..cosa manca John? Abiti in periferia.
Ti manca la città.

Vuoi ridere?
Mi manca un albero in giardino.
Abito in periferia, un albero dovrebbe essere un mio diritto.





- Come va con Mary? - chiese Harry, che da almeno cinque minuti aveva smesso di messaggiare con la sua amica.

- Bene - rispose lui. In realtà non andava né bene né male. Prima di andare a vivere assieme però, gli sembrava tutto molto diverso. Forse era proprio la routine che lo stava ammazzando e stava deteriorando il loro rapporto. Tornava a casa dal lavoro, facevano qualche chiacchiera, guardavano la tv e andavano a dormire.

C'erano le serate con gli amici, pub, cinema. Però non si sentiva davvero realizzato e finiva per sentirsi in colpa. Mary era una brava ragazza, dolce e premurosa, lo aveva aiutato ad uscire dalla depressione post traumatica, anche se non ne era del tutto certo. Non meritava di stare con un uomo che si era rassegnato a vivere una vita ordinaria senza stimoli.

Forse doveva solo smetterla di pensare ad una vita diversa, doveva smetterla di restare in attesa dell'arrivo dell'avventura. L'avventura era finita, non sarebbe più successo. Era stato in guerra e ora doveva tornare alla vita civile, casa - lavoro - pub.

- Loquace - ribatté Harry, critica. Guardava John così spento e si sentiva male per lui. Prima di partire per il servizio militare era così diverso, aveva degli obiettivi, delle ambizioni. Adesso era vuoto, spento.

- Scusa Harry, ma... -

- Cosa? State insieme da pochissimo e non sembri tanto entusiasta.. Non credo che poi migliorerà -

- Grazie dell'incoraggiamento - fece lui, guardandola torvo. Come poteva criticarlo, proprio lei che aveva divorziato da una donna così paziente.

- C'è un'altra persona? - fece la sorella a bruciapelo.

John quasi si soffocò con il suo caffè - Come dici? -

- Sei strano, stai lì a rimuginare, ogni tanto sorridi tra te. Hai incontrato qualcuno di speciale? Più speciale di Mary? -

John aprì la bocca per dire qualcosa ma poi la richiuse immediatamente. Era più l'idea di un'altra persona e di una vita diversa.


***** *****

15 dicembre 2010

Ho una sorella,  ma non andiamo molto d'accordo.
Ha divorziato da poco e ancora parliamo a stento.
E' un ex alcolista e prima che tu lo deduca, io non approvo.
Non so perché te lo sto scrivendo in realtà.
Forse perché trovo terribilmente difficile confidarmi con le persone, dirlo a voce alta
Ma scriverlo, beh è diverso.
Mi sento più a mio agio.
Non occorre nemmeno che mi rispondi, magari non sapresti cosa dire.


16 dicembre 2008


Ho un fratello, Mycrift, più grande di me ed è dannatamente fastidioso.
Sta sempre a controllarmi, come se non fossi in grado di badare a me stesso.

John era davanti alla cassetta di Baker Street quando la lettera arrivò. Pensò che poteva dare il via ad una specie di chat, per cui rispose subito, sperando Sherlock lo notasse.


16 dicembre 2010

Già, come nel pub.

John restò a fissare la cassetta in trepidante attesa, voleva che Sherlock fosse ancora lì, che avesse perso tempo a recuperare una penna al piano di sopra, ma che stesse per rispondergli.

Ciao John,
Non era la prima volta che rimanevo coinvolto in una rissa.

John sorrise.

Immagino che chiunque ti conosca voglia prenderti a pugni.
Per questo tuo fratello si preoccupa.

Mio fratello si preoccupa per niente.

Cosa fa di così fastidioso?

Lavora per il Governo.

Intendevo nei tuoi confronti, non per il resto dell'umanità.

Scusami John, la signora Hudson mi sta chiamando.
Credo  sia la polizia.

Spero non per arrestarti.

Forse.
Ma dubito telefonerebbero prima.

S.H.

***** *****

Nei giorni successivi, John si era recato più volte in biblioteca e aveva setacciato ogni sito internet alla ricerca di indizi per il caso di Sherlock. Sperava ardentemente di trovare una foto trionfante del detective a fianco dell'assassino dei pub. Ma non c'era alcuna traccia, nemmeno una riga in cronaca. C'erano articoli riguardanti gli omicidi, ma nessun colpevole era stato arrestato né vi erano articoli riguardo il detective.


Non mi piace la pubblicità, non lascio che parlino di me sui giornali.

Un profilo pubblico non fa bene al mio lavoro.

Quindi lasci che gli altri si prendano i meriti?
I tuoi meriti?

Non lo faccio per la gloria John.
Forse sui giornali non parlano del killer dei pub perché non c'è stato tanto clamore.
Probabilmente Lestrade l'avrà arrestato e basta, senza conferenza stampa.

L'ispettore Lestrade?
E' spesso nominato sui giornali.
E un tuo amico?

Io non ho amici John.

Quindi noi cosa siamo?


John rilesse più volte quella domanda che aveva scritto e riguardò più volte tutte le lettere che aveva scambiato con Sherlock. Che cos'erano se non amici? Non nel senso convenzionale del termine, ma sicuramente lo erano.

Lui considerava il detective un amico. Cercava indizi per il suo caso, Sherlock gli aveva minuziosamente descritto le scene dei crimini sperando che John lo illuminasse su qualcosa che gli stava sfuggendo. Gli aveva anche mandato delle foto delle vittime per avere un parere medico.

Cos'era se non erano amici? Per lui era ancora un esperimento? Un modo razionale di usare quella cassetta magica?

Forse Sherlock aveva preso troppo alla lettera l'idea di John, che magari la cassetta esisteva per aiutarlo a risolvere il caso.

Finì per accartocciare la sua risposta e decise di rimandare ogni dialogo ad un altro momento.


***** *****

John non aveva più scritto nemmeno una riga per giorni. Sherlock non faceva che passeggiare su e giù per le scale, aspettando di vedere una piccola busta bianca e qualche notizia dal dottore.

Invece non c'era niente. Cominciava a diventare nervoso. Forse poteva scrivere lui qualcosa, non era per forza necessario attendere la risposta di John. Non si ricordava nemmeno cos'era l'ultima cosa che aveva scritto.

Ci pensò un attimo e poi gli venne in mente, "non ho amici John".

Forse lo aveva offeso in qualche modo. Forse aveva creduto si riferisse a lui.

Erano amici? Sherlock non aveva mai definito nessuno così e di certo nessuno lo aveva considerato come tale.

Una punta di panico colse improvvisamente il detective. Se John era arrabbiato o offeso, o qualunque cosa fosse, non sarebbe ritornato alla cassetta di Baker Street. Non finché non gli fosse passata questa avversione.

Sherlock si sentiva impotente, non poteva fare niente dal passato, non aveva modo di comunicare. Se John aveva deciso di smettere di scrivergli, lui non poteva fare niente, nemmeno scusarsi.

Poi gli venne in mente un'idea un po' folle. Uscì di corsa, facendo le scale due a due, chiamò un taxi e si fermò prima in una agraria e poi nel futuro quartiere di John.

- Vuoi un albero John? E nel 2010 avrai un albero - Parlò tra sé il detective, iniziando a scavare nel giardino per piantare un piccolo acero riccio. Era un albero capace di crescere anche in città e che in due anni sarebbe diventato un alberello abbastanza alto da farsi notare.

La gattara non se ne sarebbe nemmeno accorta, troppo anziana e non del tutto in sé. Forse avrebbe pensato che era sempre stato lì quel piccolo arbusto.

Ma John lo avrebbe visto, avrebbe visto spuntare un albero che fino al giorno prima non c'era e avrebbe capito. Era il modo di Sherlock di chiedere scusa.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** ... ne ho soltanto uno ***



...ne ho soltanto uno



John continuava a pensare che era stato sciocco a credere che lui e Sherlock fossero amici. Erano solo due persone, che si scrivevano attraverso una cassetta magica, superando le barriere del tempo. Perché avrebbe dovuto implicare altro? Perché per lui era così, soprattutto dopo che aveva capito che Sherlock era il William incontrato tanto tempo prima.

Ma sapeva che
la sua amicizia era unidirezionale. Se a Sherlock gli fosse importato di lui, sarebbe venuto a cercarlo. Dopotutto il detective sapeva dove abitava John nel 2010. Perché non era mai andato a trovarlo? Era frustrante, Sherlock sapeva che John nel 2008 era in Afghanistan, molto molto lontano da Londra e dalla vita civile. John invece non sapeva dove fosse il detective nel 2010.

Sapeva solo che non abitava più in Baker Street, che per qualche motivo se n'era andato. E il detective non aveva mai provato a cercarlo.

John si era trovato a sospirare guardando fuori dalla finestra, un gomito appoggiato al davanzale e la mano a sorreggergli stancamente la testa, quando qualcosa attirò la sua attenzione.

Strabuzzò più volte gli occhi. Fece anche per chiamare Mary, quando finalmente capì. In giardino era spuntato un albero; ma non era venuto fuori dal nulla, non era un miracolo, era stato il modo di Sherlock per attirare la sua attenzione e farlo tornare alla cassetta delle lettere.

Neanche cinque minuti dopo, John era su un taxi diretto a Baker Street.

Quando arrivò  trovò due lettere ad aspettarlo. La prima diceva "Buon Natale" e la seconda "...e felice anno nuovo".

A John era mancato tantissimo.

Sherlock, intanto, aveva passato gran parte della giornate davanti la cassetta delle lettere.

La signora Hudson aveva anche suggerito di spostare la poltrona direttamente all'ingresso.

Il detective stava davvero cominciando a pensare che avrebbe dovuto arrendersi, che il suo simpatico carattere aveva irrimediabilmente rovinato il rapporto con il dottore, quando improvvisamente vide sparire le sue lettere per essere sostituite da un piccolo foglio bianco. Sherlock non poté trattenere un sorriso.


Per favore dimmi che non soffro di allucinazioni.
Quell'albero non c'era, l'hai piantato tu?

Ciao John, bentornato.

Sherlock non stava più nella pelle. Aveva funzionato, John era tornato. Non era del tutto sicuro che fosse stato perdonato, ma poteva rimediare.

Eri in attesa davanti alla cassetta o è un caso?

Un caso.

E' vero che doveva farsi perdonare, ma nemmeno sotto tortura avrebbe ammesso di tenere così tanto a qualcuno da essersi accampato per quasi un mese nell'ingresso di Baker Street.

Nonostante ciò, John aveva intuito che Sherlock mentiva. Se solo l'avesse avuto davanti, avrebbe potuto dirgli in faccia che era un idiota, che prima faceva una cosa così "sentimentale" come piantare un albero nel suo giardino per dimostrargli quanto gli mancava e poi faceva finta che non gli importasse così tanto.



Quindi l'albero?

Era per dire che hai frainteso il mio discorso.

Ovvero?

Non ho amici, ne ho solo uno John.


E' il tuo modo per chiedere scusa?
Novità sul caso?
Sherlock tirò finalmente un sospiro di sollievo. Era tutto sistemato.

No, sembra che il serial killer si sia preso una pausa.

Questa cosa ti sta facendo impazzire vero?



Vedrò di scoprire qualcos'altro.
Magari è stato investito mentre attraversava la strada e questo ha messo fine alla sua carriera criminale.

Se fosse una chat ti manderei uno smile.

Potevi disegnarlo.

Come va con tua sorella?

Non tanto bene, è in riabilitazione.
Grazie, per averlo chiesto.

Resta un attimo lì, ho una cosa che devo passarti attraverso la cassetta.
Vediamo se vale solo per le lettere.

Qualche minuto di attesa dopo John vide apparire un piccolo aggeggio, che poi riconobbe come un lettore mp3. Se lo rigirò tra le mani un paio di volte, poi riprese carta e penna.

Un lettore mp3?
Mi hai fatto una compilation?

?? No, quando sono sulle scene del crimine, mi trovo a ragionare a voce alta.
Il registratore mi serve per attirare meno l'attenzione.
Potresti usarlo per andare sulle scene degli omicidi del serial killer dei pub.
S.H.

Ok, d'accordo.
Non sarà la cosa più strana che ho fatto.
J.W.



Così, la sera, John aveva preso un taxi e si era fatto lasciare davanti al pub del primo omicidio. Gli sembrava davvero strano aggirarsi per il pub con le cuffiette nelle orecchie, ma ogni dubbio fu dissipato quando la calda voce del detective lo trasportò sulla scena del crimine.

Le sue descrizioni erano talmente vivide che a John sembrava davvero di averlo a fianco. Non faceva nemmeno caso agli altri avventori dei locali che stava "visitando".

Nonostante fosse da solo e isolato dal mondo, in quel momento, non si era mai sentito così in compagnia di qualcuno. Sherlock che lo guidava da un pub all'altro, descriveva la città come un campo di battaglia, suggerendogli anche le strade più brevi per raggiungere il posto successivo. Aveva registrato delle tracce solo per lui, per guidarlo.

Ogni volta che lo sentiva pronunciare il suo nome, anche per un'indicazione stupida "John alla prossima strada, dove c'è l'edicola, gira a destra", sentiva il battito del suo cuore aumentare leggermente.

"Dovrebbero usare la sua voce per il gps delle macchine" pensò dirigendosi verso l'ultimo pub.

Nonostante la precisione e la dovizia di particolari, non aveva avuto alcuna epifania, nessuna trovata geniale che potesse far luce sul caso. Niente a cui Sherlock non avesse già pensato.

Alla fine, a malincuore, John prese un altro taxi e tornò a casa. La voce del detective ancora nella sua testa per tutta la notte.


14 febbraio 2011
Mi dispiace ma non ho notato niente di nuovo.


14 febbraio 2009
Fa niente, era un tentativo in extremis.

Era più per provare una cosa.

Che cosa?

Tu.

Non capisco.

Onestamente John, quanto ti sei divertito?
Il brivido della caccia, la prospettiva di qualcosa di pericoloso.


John fissò quelle righe scuotendo la testa. Lo aveva capito più lui, avendolo incontrato una sola volta, che tutte le persone che conosceva.


Dovremmo incontrarci.



John ebbe un sussulto. Alla fine la richiesta tanto sperata era arrivata. Scrisse velocemente, temendo che se non avesse risposto subito, Sherlock avrebbe cambiato idea.

Dove e quando.

Sta sera, da Angelo. Conosci il posto?

Ci sono stato una volta. Ti aspetto lì.
Ma tu hai già l'agenda del 2011? :)
J.W.

Fidati, me lo ricorderò
(Hai veramente disegnato uno smile?)
S.H.


John era allegro e su di giri. Non aveva nemmeno fatto caso che era San Valentino, che avrebbe dovuto prenotare un ristorante per lui e Mary. Aveva completamente ignorato tutte le chiamate che aveva ricevuto.

Erano appena le 18 e aveva tutto il tempo per dirigersi all'appuntamento.
Almeno così credeva.

Svoltato l'angolo tre uomini lo colsero alla sprovvista; lo fermarono e uno di loro estrasse una siringa e usò un narcotizzante per addormentarlo. L'ultima cosa che riuscì a dire John, fu un debole "Sherlock" e poi il buio.


***** * *****

Angolo autrice

Tatatatam.. suspence.

Grazie a tutti come sempre :-*


State tutti impazzendo come me per la notizia che lo speciale verrà proiettato nei cinema italiani? Immagino di si.


Alla prossima!



Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Niente accade per caso ***




Niente accade per caso



John era sdraiato a terra, in una stanza semi buia; dalle ampie finestre filtrava la leggera luce del crepuscolo. Sentiva la gola molto secca, fastidiosa conseguenza del narcotizzante che avevano usato su di lui per trascinarlo in quel posto umido e tutt'altro che accogliente.

Sentiva la testa pesante e sapeva di non essere in una bella situazione, eppure non aveva paura, non si era mai sentito così vivo come in quel momento.

- Si alzi dottor Watson, non ho tutta la sera e so che è sveglio - fece la voce di un uomo dietro di lui.

John si girò a fatica, finché non riuscì a vederlo. Alto, distinto, appoggiato all'ombrello in maniera molto snob. Lo fissava con gli occhi freddi ma al contempo speranzosi. John non era per niente intimorito, piuttosto curioso di quella messa in scena.

- Non credo ci abbiano presentati, ma lei sa il mio nome - fece John mettendosi in piedi davanti all'uomo.

- Mi scuso per i modi bruschi, ma non avevo tempo di convincerla a seguirmi. Credo oltretutto, che non l'avrebbe fatto, dato che ha un appuntamento - constatò l'uomo, come se stesse amabilmente dialogando del tempo e non fosse stato l'esecutore di un rapimento in piena regola.

- Lei cosa ne sa? - rispose brusco John, abbastanza infastidito da non essere al ristorante con Sherlock. Avrebbe dovuto mandargli un'altra lettera per fissare un altro incontro, appena fosse sfuggito dal suo rapitore. In effetti, andarsene sano e salvo avrebbe dovuto essere il suo primo pensiero, non di fissare una nuova serata con il suo amico.

- So molto cose - Aggiunse l'uomo e così dicendolo sembrò quasi costernato. - Sherlock non verrà all'appuntamento comunque -

John si sentì come se avesse ricevuto uno schiaffo in faccia. Il detective aveva cambiato idea. In effetti, dopo due anni, non era poi così strano. John avrebbe dovuto immaginarlo, si sentiva un completo idiota. - E ha mandato lei per dirmelo? - chiese, cercando di dissimulare la sua delusione.

- No, non avrebbe potuto - rispose, con una punta di malinconia.

John fece per ribattere ma l'uomo lo zittì - Dottor Watson so delle lettere che vi siete passati attraverso il tempo, per cui sarà più facile credere a quello che sto per dire -

- Ok, la ascolto - rispose, sentendo il tono serio e impaziente dell'uomo.

- Purtroppo l'ho scoperto soltanto ieri. I servizi segreti non funzionano più bene o io sto perdendo colpi. Sarà l'età dopotutto - constatò tra sé. In effetti sembrava come se non avesse un interlocutore da tempo, come se non avesse nessuno con cui parlare. John fissò meglio quell'uomo che doveva avere solo qualche anno più di lui, eppure sembrava molto più vecchio.

- Quando, qualche settimana fa, i miei uomini l'hanno vista  aggirarsi per dei pub in maniera sospetta, hanno creduto fosse tornato il killer dei pub. Purtroppo ci hanno messo molto tempo a riferirmi questa cosa, non la ritenevano poi così importante. Oltretutto, indagando meglio si di lei, era emerso che era in guerra mente il killer agiva indisturbato. Quando finalmente ho letto i vari rapporti, ho visto il suo nome e mi sono ricordato del misterioso corrispondente di mio fratello...-

- Lei è Mycroft? - lo interruppe John - Sherlock mi ha parlato di lei - continuò, quasi allegro di avere davanti il fastidioso fratello di Sherlock.

Il maggiore degli Holmes rise, in maniera un po' vuota - Si, lo immagino. Comunque, ho recuperato gli scatoloni con le vecchie cose di mio fratello e ho letto le sue lettere, così ho scoperto della cassetta magica - fece una pausa, un lungo sospiro prima di continuare - Sta di fatto che mio fratello non potrà essere all'appuntamento perché è morto il 15 febbraio 2009 - fece velocemente, come se così fosse stato più facile da dire.

John restò di sasso - Ma...è domani, insomma intendo. Nel suo tempo, nel tempo delle lettere sarebbe domani, per lui -

- Si, è così - fece pratico Mycroft.

- Come è morto?  Perché non ho trovato notizie nei giornali? - il dottore era disperato, non poteva credere a quello che stava succedendo.

- Hanno trovato il suo corpo bruciato, vicino al porto; hanno dovuto riconoscerlo dai denti, perché non era rimasto molto da identificare. Ho evitato io che finisse sui giornali, non volevo che macabri dettagli fossero pubblicati. I miei genitori non se lo meritano -

- Io posso avvisarlo. Questa cosa si può evitare - fece concitato John, guardandosi attorno e sperando di essere molto vicino a Baker Street.

- Bene dottore, era quello che volevo sentire. E' per questo che l'ho prelevata -

 - Cosa devo dirgli? Di stare a casa e non muoversi? -

- Si e cerchi di essere convincente -

Mycroft lo fissò intensamente, John era la sua unica speranza per rivedere il fratello vivo.

- Portatemi subito a Baker Street - affermò John

John si sedette in auto, a fianco a una moretta che aveva occhi solo per il suo palmare. Carta e penna erano appoggiati sul sedile; John iniziò più volte la lettera, voleva essere convincente ma sapeva che non doveva scrivere niente che avrebbe incuriosito il detective. Quell'idiota era capace di indagare sulla sua stessa morte e finire ucciso comunque.

Quel che ne uscì non lo trovò soddisfacente, ma era troppo preoccupato per pensare ad altro.

14 febbraio 2011

Sherlock riponi attenzione a questa lettera.
Non so come dirtelo ma ho appena saputo da tuo fratello Mycroft, che verrai ucciso domani, il 15 febbraio 2009.
Troveranno il tuo cadavere bruciato. Devi fare la massima attenzione e per nessun motivo recarti al porto. Nessun motivo!
Ti prego, fai attenzione. Voglio rivederti nell'immediato futuro e fare quella cena da Angelo.

Tuo John

p.s. Hai ragione, tuo fratello è davvero fastidioso.

Decise di finire con una battuta, forse più per rallegrare se stesso che Sherlock, e incrociò le dita. 

La limousine lo lasciò davanti all'appartamento e tremante imbucò la lettera.

Al diavolo il continuum tempo e la fisica quantistica. Sapeva che così facendo interferiva nella linea temporale di Sherlock e di tutti quelli che gli erano stati attorno, compreso Mycroft; sapeva che si sarebbe verificato un paradosso salvando il detective perché a quel punto il fratello non sarebbe mai andato a parlare con John e lui non si troverebbe davanti alla cassetta delle lettere supplicando che Sherlock ritirasse quella dannata lettera.

Ma non gli importava, avrebbe affrontato ogni conseguenza. Anche se fossero apparse mostruose creature come i  Reaper (1) di Doctor Who, li avrebbe comunque affrontati.

Passarono le ore e la lettera era ancora lì. John cominciava a sentire gli occhi che pizzicavano. Aveva chiuso in faccia il telefono ai colleghi che lo cercavano per il turno del pomeriggio e a Mary che aveva atteso invano tutta la sera di San Valentino e temeva gli fosse capitato qualcosa.

Niente era più importante in quel momento che attendere la risposta del detective, ma la lettera era ancora lì.

Ogni secondo sperava di vederla sparire, ma più passava il tempo più sentiva che lo Sherlock del 2009 era già uscito e non avrebbe più rimesso piede in Baker Street.

A mezzanotte e un minuto del 16 febbraio era seduto a terra, intento a fissare un punto nel vuoto. Ormai era troppo tardi, nessuno avrebbe ritirato la lettera. L'incantesimo era finito, Sherlock era morto e non aveva nemmeno avuto l'occasione di potergli dire addio.

L'aveva perso prima ancora di averlo conosciuto davvero e solo poco più di 24 ore prima si stava dirigendo da Angelo per mangiare con lui. Non si era mai sentito così svuotato come in quel momento.

Sospirando si alzò in piedi e mise un passo davanti all'altro. Prima di chiedere la porta del 221B, riguardò un'ultima volta la cassetta e non trattenendo le lacrime disse solo - Mi dispiace Sherlock, non sono riuscito a salvarti questa volta -


... CONTINUA...


(1) Episodio 1x08 "Il padre di Rose"

***** *****

Angolo autrice

Ho sentito di dover scrivere continua per tranquillizzarvi, non finisce così.
Sono contenta di aver finito questo capitolo, ero un po' in dubbio su alcune cose, ma spero che alla fine tutto fili.
Se non pubblicassi altro prima dell' 1 gennaio, vi auguro un buon 2016 ma soprattutto buona visione dello special!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Tutto accade per uno scopo ***


Tutto accade per uno scopo



John non usciva di casa da giorni. Mary lo aveva perdonato per essere misteriosamente sparito e lui aveva accettato di ritornare nella sua routine. Non ne era felice, ma senza Sherlock non sapeva che altro fare.

Mycroft aveva mandato la sua assistente a chiedergli cosa fosse successo, ma lui si era limitato a scuotere la testa e lei aveva capito: Sherlock Holmes era morto per sempre.

Tutto questo non aveva senso per John, perché una cassetta magica li aveva fatti incontrare per poi perdersi così presto?

John ripensò a quello che gli aveva scritto, che magari poteva aiutarlo con gli omicidi del killer dei pub. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di restare con la mente occupata e non pensare. Tirò fuori tutto quello che aveva sugli omicidi: articoli, pezzi di indagine, foto; ma decise che non era abbastanza, voleva risolvere quel caso per Sherlock. Così uscì finalmente di casa, in direzione Scotland Yard e quando arrivò chiese di parlare con l'ispettore Lestrade.

- Buongiorno - fece l'ispettore - mi hanno detto che voleva parlare con me, che ha delle informazioni su un assassino? -

- Mi chiamo John Watson e due anni fa ho aiutato Sherlock Holmes con un caso, gli omicidi irrisolti avvenuti fuori dai pub - John scelse questa versione della verità. Se avesse spiegato che lo aveva aiutato a due anni di distanza, lo avrebbero rinchiuso in manicomio.

Lestrade assunse un'espressione un po' triste - Sherlock Holmes era un grande uomo e so chi è lei dottor Watson -

John sembrò colpito - Come fa a conoscermi? -

- Sherlock mi ha parlato di lei qualche volta. Anzi più che altro parlava da solo, ma come se si rivolgesse a lei. Buffo ma...dopotutto era Sherlock -

A John si strinse il cuore - Vorrei aiutarvi con quel caso, vedere le prove dal vivo. So che violeremmo delle regole ma, devo risolvere questo caso. Per Sherlock -

- Si, non sa quante regole ho già infranto per lui, una in più non sarà poi così grave. La accompagno -


***** *****

Quattro ore dopo, John era ancora nel magazzino prove. Continuava a passarsi le mani tra i capelli nervosamente. Sentiva che c'era qualcosa che gli sfuggiva ma non riusciva a capire cosa.

- Il giorno prima di morire era venuto qui - affermò Lestrade, riguardando le prove sparse e poi l'uomo che aveva davanti.

- Come dice? -

- Sherlock, aveva ricontrollato le prove e poi era uscito come un razzo. Al solito, aveva capito qualcosa evidentemente - spiegò l'ispettore con una punta di tristezza. Si sentiva un po' in colpa, temeva che quello che aveva scoperto avesse segnato il suo destino.

Anche John era pensieroso, forse Sherlock era stato ucciso proprio dal killer dei pub. Idiota, pensò, perché non aveva avvisato la polizia? Si accasciò sulla sedia, quando notò, un piccolo particolare in una foto. Prese la lente d'ingrandimento e guardò meglio. Vicino a uno dei cadaveri c'era una piccola spilla dorata. Un dettaglio apparentemente insignificante.

Come mai non l'aveva notata prima, perché era stato così cieco? Rivoltò tutti gli scatoloni delle prove, ma la spilla non c'era. Non era stata nemmeno contrassegnata come prova.

John stava boccheggiando, non voleva saltare a conclusioni affrettate,  ma quello era per forza un indizio.

- John, ha la stessa espressione di Sherlock quando capiva qualcosa. Può dirmi cosa ha capito? - chiese l'Ispettore.

- Se le do un nome, lei può farmi sapere tutto sull'identità di una persona? -

- Certo, ma mi dica cosa ha in mente -


***** *****


John arrivò a casa all'ora di cena, Mary era in cucina intenta a sfornare un arrosto. Visto che John sembrava finalmente essere tornato in sé, Mary voleva festeggiare in ritardo San Valentino.

- Ciao Mary -

La bionda si girò, John aveva un tono duro che non gli aveva mai sentito prima. Lo guardò perplessa e vide il suo sguardo, stava sorridendo ma era furente.

- John, cosa? -

- Mary Morstan è nata morta ed è sepolta nel cimitero di Chiswick. Quindi tu, chi sei? - chiese con semplicità John, come se non la stesse accusando di aver rubato l'identità di una morta.

Mary impallidì, ma mantenne il suo autocontrollo - John, non so davvero cosa tu stia dicendo -

- Quella spilla che porti sempre con te, quella con la scritta "Agra". Mi hai detto di averla presa in India, durante un viaggio. Non credo sia una spilla molto comune. Cosa ci faceva la tua spilla sul luogo di un omicidio? -

Mary lo fissò con gli occhi sbarrati - John, non so davvero cosa tu stia.. -

- Dov'eri nel 2008 Mary? A recuperare la tua spilla dalla scena di un crimine, prima che qualcuno potesse vederla? Ci tenevi così tanto? -

- Da quando ti sei messo a fare il detective? - sbottò lei.

- Conosci Sherlock Holmes ? -

Mary trattenne il fiato - John, non continuare su questa strada -

- Quindi sei stata tu? convivo con una serial killer. Fantastico! Non so come non me ne sia accorto prima. E dire che credevo di vivere una vita noiosa - fece John, imperturbabile. Era incredibile con quale facilità avesse concluso che la sua fidanzata era un'assassina. Ma forse, dopotutto, che ci fosse qualcosa di strano in lei l'aveva sempre saputo.

- Non sono una serial killer, quelle persone meritavano di morire. Per questo ci sono i tipi come me - fece lei, non badando più alla sua copertura.

- Una sicaria? Sempre meglio - fece John, rabbrividendo al pensiero di aver vissuto con una persona che non conosceva e che probabilmente aveva ucciso il suo Sherlock.

- Mi spiace John, ma ho faticato tanto per crearmi questa copertura e non posso lasciare che salti per colpa tua - affermò lei, con una punta di tristezza.

- Cosa pensi di fare? - 

Mary estrasse una piccola pistola dalla borsetta abbandonata sulla sedia e la puntò verso John - Mi dispiace davvero -

- Non sparerai con quella pistola Mary Mostan! - fece una voce alle spalle di John. Il medico la riconobbe ma non si voltò,
non voleva crederci.

Mary non riuscì a trattenere uno sguardo stupito. - Tu eri morto! - affermò. John non poté non pensare lo stesso.

Mary si riprese presto dallo stupore e premette il grilletto puntando dritto verso il nuovo arrivato. John non lo guardò  nemmeno, ma si mise tra la pistola e Sherlock, senza pensarci due volte.

Era pronto a sentire l'impatto del proiettile. Come in guerra, sapeva cosa si provava quando un proiettile oltrepassava la carne. Eppure non sentì niente. Sherlock intanto, atterrò facilmente Mary, che finì per sbattere la testa contro il frigorifero e perdere i sensi.

John, in una specie di trance, si  chinò sulla donna, quando sentì una mano appoggiarsi sulla sua spalla.

- Meno male che avevo tolto i proiettili John! Un po' ingenuo da parte tua affrontare un'assassina così, a mani nude -

John respirava velocemente, non riusciva a credere a quello che stava accadendo.

- Girati John -

E lui lo fece. Sherlock Holmes era lì. Cappotto lungo, sciarpa al collo e sguardo insolente.

Voleva saltargli al collo e abbracciarlo, ma finalmente gli agenti di polizia che erano appostati in giardino e avevano sentito tutto tramite il vivavoce del cellulare di John, si decisero a fare irruzione nella casa.

- Che bastardo! - gridò Lestrade, strattonando Sherlock e abbracciandolo, causando una leggera fitta di gelosia nel petto di John.

Quando finalmente tutti smisero di guardare il detective come un fantasma tornato in vita, arrestarono la donna che si faceva chiamare Mary Morstan e lasciarono da soli Sherlock e John.

- Com' è possibile? la lettera, non l'hai letta, è rimasta lì - fece John, balbettando dallo stupore.

- Vero. Ma ti ringrazio comunque di aver provato a salvarmi. E di averci riprovato adesso - continuò con lieve imbarazzo - Insomma, grazie John - fece più dolcemente.

Il medico continuava a fissarlo. Come poteva essere lì? Mycroft e Lestrade gli avevano detto che era morto, non era un errore. E Sherlock non aveva ritirato la lettera in tempo. Come era riuscito a cambiare il suo passato? - Non capisco - esalò soltanto un sempre più confuso John.

- La fisica quantistica continua a restare un mistero per te vero? Non avresti potuto salvarmi nel 2009, non potevi cambiare il passato in quel modo, avresti creato un paradosso che avrebbe distrutto l'Universo -

- E allora come hai fatto? - fece John, quasi urlando e sul punto di mollargli un pugno. Era incredibile come volesse abbracciare una persona e al contempo prenderlo a pugni.

- E' ovvio che non sono morto, ma a questo ci arriveremo -

John aveva la bocca aperta e scuoteva il capo. Nel giro di qualche giorno era stato narcotizzato e rapito, anche se per finta, aveva creduto di aver perso Sherlock per sempre, aveva scoperto che la sua fidanzata era una sicaria e che il detective poteva ritornare dalla morte. O, più probabilmente, fingere in maniera molto convincente di essere morto. Talmente convincente da aver ingannato suo fratello. Inoltre si era appena messo in mezzo tra Sherlock ed un proiettile.

- Perché stai ridendo? - chiese Sherlock.

- Con te non ci si annoia mai, vero? -

- Direi di no, è un problema? -

- No, è fantastico -

- Baker Street? - chiese improvvisamente Sherlock fissando John - la signora Hudson è già lì -

Il dottore sorrise - speravo lo dicessi.


****** ******

Per tutto il viaggio in taxi, John continuava a fissarlo rapito, sembrava impossibile averlo davanti agli occhi. Sherlock se ne era accorto ed era leggermente arrossito, ma non smise di sorridere di rimando. Quando arrivarono a Baker Street, Sherlock sentì di nuovo aria di casa. Non avrebbe mai voluto abbandonare la sua Londra, la sua casa e soprattutto la cassetta magica.

Entrarono per la prima volta assieme, John guardò verso la cassetta e vide che la lettera non c'era più.

- L'ho presa io sta mattina - fece Sherlock in risposta ai pensieri del dottore - E per sta mattina intendo proprio sta mattina, anno 2011. E' rimasta qui, io non c'ero per prenderla nel 2009 e credo la magia sia finita -

"La magia c'è ancora" pensò tra sé John.

Mentre facevano per salire le scale, la signora Hudson sbucò dalla porta al piano terra, correndo in contro al detective e abbracciandolo - Oh Sherlock, ragazzaccio -

Sherlock sembrava infastidito da tutte queste manifestazioni di affetto, ma in realtà non riusciva a credere che ci fossero tante persone a cui importava davvero di lui.

- Lei sapeva che eri vivo? - chiese John, sorpreso.

- Si. Lei, la dottoressa Hooper e un paio di miei amici senza tetto. Andiamo di sopra John, ti spiegherò tutto -

Il dottore seguì silenziosamente il detective, salendo i diciassette gradini che li separava dall'appartamento che avevano condiviso, anche se in epoche diverse.

Appena varcata la soglia, Sherlock fece per togliersi il cappotto e iniziare a raccontare, ma John non gli diede il tempo di aprire bocca, se non per congiungere le loro labbra. Il dottore lo aveva desiderato da quando il detective era apparso sano e salvo nel suo appartamento. In due secondi il cappotto era finito a terra e la sciarpa blu era stata slacciata, lasciando scoperto il collo del detective ai baci del biondo. John non smetteva di passare le mani lungo tutto il corpo di Sherlock, in maniera quasi reverente, mentre il detective aveva timidamente iniziato ad accarezzargli la schiena.

L'arrivo improvviso della signora Hudson con in mano il vassoio del té, fece fare a John un salto di tre metri. Sherlock si limitò ad uno sguardo infastidito in direzione della padrona di casa, che aveva ancora la bocca spalancata.

- Vi lascio il té sul tavolino - fece imbarazzata ed uscì velocemente, strizzando comunque l'occhio a Sherlock.

John rise e si accomodò sulla poltrona rossa, più vicina alla cucina, per gustarsi il té in attesa che Sherlock gli spiegasse dov'era finito negli ultimi due anni.

Sherlock invece, sembrava sentire il vuoto attorno, ora che il medico si era staccato da lui così repentinamente. Ma capì che John aveva bisogno di sedersi e riprendersi, dopo tutte le emozioni della serata, per cui seguì il suo esempio e si sedette sull'altra poltrona.

- Come te ho notato la spilla John, ma non sapevo a chi appartenesse. Quello che non ti avevo detto però, era che da tempo qualcuno mi stava tenendo d'occhio. All'inizio credevo si trattasse di qualcosa collegato con Mycroft. Come ti dicevo, lui è il Governo Inglese. Poco dopo averti scritto il 14 febbraio 2009, due uomini sono entrati in Baker Street e hanno cercato di uccidermi.  Così ho dovuto riflettere velocemente, ho detto alla signora Hudson di andare da sua sorella e restarci finché non fossi tornato. Poi ho inscenato la mia morte usando un cadavere dell'obitorio. Molly Hooper ed io abbiamo trovato un corpo che avesse le mie stesse misure. E poi l'ho bruciato per renderlo irriconoscibile -

- Ma la dentatura? - fece curioso John.

- Il riconoscimento l'ha fatto Molly e lei era d'accordo con me -

- Ok e poi dove sei sparito per due anni? -

- Sono andato in missione nell'Europa dell'Est a smantellare la rete criminale che mi dava la caccia. E ci sono riuscito, Lord Henry Blackwood (1) era dietro a tutto. In realtà credevo che sarei stato via sei mesi al massimo -

- Lord Blackwood, il politico? Quello sparito qualche mese fa? - chiese John, iniziando ad unire i puntini nella sua testa.

- Si, ed eliminata la sua rete criminale, non ha potuto fare altro che darsi alla fuga prima di venire arrestato -

- Perché non hai chiesto l'aiuto di tuo fratello ?-

- Temevo fosse sotto controllo, non potevo rischiare. Così, invece, avevo coinvolto solo persone ininfluenti dal punto di vista politico. Quello che avrei capito solo molto dopo, era il fatto che la donna che conosciamo con il nome di Mary Morstan, lavorava per Blackwood - 

- Cosa? -

- Non sono morte persone a caso John, non era una serial killer, ma una sicaria assoldata da Blackwood. Stava eliminando persone scomode e lo stavo diventando anch'io indagando su quegli omicidi. Il fatto che si trovassero tutti nei pub prima di morire, era una mera coincidenza. Che vita noiosa ha chi non crede nelle coincidenze, non trovi? - fece Sherlock leggero. John aveva la bocca spalancata.

- Ok ma...come sei arrivato a Mary? -

- Stanando la rete di Blackwood è emerso più volte il riferimento a una donna che non avevo mai incontrato, lontana parente di un veterano delle guerre imperialiste in India -

- Agra. La spilla era del lontano parente - esclamò John.

- Esatto! - fece Sherlock, contento di essere seguito nel ragionamento - Puoi capire il mio stupore quando sono tornato a Londra qualche mese fa e ti ho visto abbandonare Baker Street per andare a vivere con una donna che indossava quella spilla - fece il detective, un po' a malincuore. Nelle sue lettere, John non aveva mai fatto riferimento a una fidanzata.
- Tu mi tieni d'occhio dall'inizio dello scambio delle lettere? - chiese John, con gli occhi leggermente lucidi. Era incredibile quante cose fossero successe in pochi mesi.

- Beh, ero curioso. Non potevo mettermi in mezzo...-

- Si, si, i paradossi. - concluse John, agitando la mano davanti la faccia, non potendone più di sentir giustificare ogni cosa con la parola "paradosso".

Sherlock rise e continuò a spiegare - Sapevo che saresti stato al sicuro fino al 14 febbraio, così intanto ho continuato ad indagare per essere sicuro che Mary fosse effettivamente la colpevole. Ti avrei spiegato tutto a cena da Angelo, ma tu non sei venuto -

- Sono stato rapito da tuo fratello! - sbottò John. Non era stata di certo una sua scelta mancare la cena.

- Tende ad essere teatrale - commentò Sherlock, ed entrambi sorrisero.

- Quindi ti sei introdotto a casa mia, hai tolto i proiettili dalla pistola di Mary e hai aspettato per fare la tua entrata in scena trionfale? -

- Beh, ti avevo visto andare a Scotland Yard. A quel punto speravo averesti capito della spilla e poi saresti andato a far parlare Mary. Se non l'avessi fatto tu, l'avrei fatto comunque io, ma...devo ammettere che mi piace vederti danzare - affermò ammiccante, alimentando l'elettricità che già si era creata tra loro.

- Ed eccoci qui, entrambi a Baker Street - fece John allegro.

- Ho detto io alla signora Hudson di dare in affitto l'appartamento. Tu hai parlato con la sorella, lei ha fatto da tramite e non hai saputo che la proprietaria era sempre la signora Hudson -

- Praticamente mi fai da angelo custode da quando mi conosci? -

- E' stato un piacere. Non credevo che... insomma che qualcuno potesse tenere così tanto a me -

John si alzò e si buttò ad abbracciare il detective, coprendolo di piccoli baci - Mi sei mancato - 

- Tecnicamente, per te sono passati solo cinque giorni -

- Mi sono sembrati due anni -  commentò John, rivelando un senso per il dramma simile al detective.

-
Fame? - chiese Sherlock, sentendo lo stomaco del dottore brontolare.

-  Andremo da Angelo un'altra volta, adesso voglio recuperare questi due anni - rispose lui, rifiutando di staccarsi dal detective.

E si sorrisero, perché qualunque cosa stesse per iniziare, iniziava con loro assieme al 221b di Baker Street


THE END



(1) Niente Moriarty, mi sembrava eccessivo smantellare la rete di Moriarty e ed eliminarlo così semplicemente. Per cui ho "usato" l'antagonista del primo Sherlock Holmes con Robert Downey Jr.

***** *****

Angolo autrice

The end.....che ne dite? tutti i pezzi si sono ricomposti?
L'ho già detto una volta, odio il capitolo finale, ho sempre paura che manchi qualcosa. Confido nella vostra bontà.
Grazie a tutti, a chi ha letto, recensito, inserito tra seguite, da ricordare e preferiti. Un grazie particolare a Evola_Love_Beatles e 0803Anna, che mi hanno tenuto compagnia con le loro recensioni fino alla fine.

Alla prossima storia :))


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3249668