Nessuno merita di morire.

di Mick_ioamoikiwi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


«Nick, aiutami! Ti prego, vuole uccidermi! Aiutami! Sono qui!»
«Samantha, dove sei? Samantha aspetta, sto venendo ad aiutarti!»
«Aiutami Nick, aiutami ti prego!»
 
La suoneria del cellulare aveva costretto l'agente Nick Stokes a svegliarsi presto. Posò lo sguardo sulla parete, l'orologio segnava le 4.30 del mattino. Faceva terribilmente caldo, ma il sudore che gli colava dalla nuca non era solamente per quello: aveva sognato di nuovo Samantha Bonher, una ragazza uccisa qualche mese prima dal fidanzato, Robert Benneth, ossessionato dalla loro rottura. Nick lo aveva colpito per proteggerla, ma Benneth disgraziatamente si salvò, mentre un proiettile vagante esploso dalla sue trentotto colpiva in pieno petto la ragazza. Era morta tra le sue braccia e questo lo aveva parecchio sconvolto. 
Prese in mano il cellulare, il nome apparso sul display gli indicò la fine di quella notte insonne: Gil Grissom. «Dimmi Gil.» Si mise seduto sul divano, come se l'altro fosse nella stanza con lui.
«Hai un nuovo caso.» Era appena iniziata una nuova giornata lavorativa.
«Di che si tratta?» Chiese Nick, ancora assonnato.
«Brass non mi ha dato molti dettagli, la vittima è Lawrence Munroe, cinquantenne, arrestato una volta per violenza domestica...»
Un criminale in meno, pensò mentre Grissom gli leggeva altri dettagli sul caso.
«Perché non se ne occupa la Omicidi?»
«Sembrerebbe una semplice rapina ma non ci sono stati segni di effrazione in casa, nonostante tutto il pian terreno fosse a soqquadro, perciò si sono insospettiti. Brass è già laggiù, ti informerà lui.»
«Ok Gil, dammi quindici minuti.»
«Te ne do cinque...Tra pochi minuti dovrebbe passare Warrick a prenderti, tenetemi informato su come vanno le indagini.»
«Grazie Gil, lo farò. A più tardi.»
Chiuse la chiamata e si alzò dal divano. Cercò il giubbotto d'ordinanza e se lo infilò addosso, controllò di essere in ordine e, soprattutto, di avere a portata di mano la glock, ma era ancora nella fondina, attaccata ai jeans dalla sera prima. Passarono solo pochi minuti quando sentì il rumore della Denali di Warrick fermarsi sotto casa sua. Si assicurò che porte e finestre fossero ben chiuse e scese di sotto. Vide il SUV nero parcheggiato sul ciglio della strada, al volante c'era un ragazzo scuro con ricci capelli neri e il solito mezzo sorriso stampato in faccia. L'agente Warrick Brown aspettò che il collega fosse seduto di fianco a lui, prima di schiacciare sull'acceleratore in direzione Kings Way.
«Hai dormito bene, nonnina?»Scherzò.
«Mi dispiace non darti questa soddisfazione, nipote.»
Warrick a queste parole si fece improvvisamente serio. «Andiamo Nick, ti conosco fin troppo bene, hai una brutta cera... Che è successo amico?»
«Te lo ricordi il caso Benneth?»
«Vecchia storia, hai sognato di nuovo Samantha?»domandò.
«È la terza volta di questa settimana, lei mi chiede aiuto e io la sento sempre più lontana, non riesco a raggiungerla...»
«Dovresti dirlo a qualcuno o il suo avvocato, se lo venisse a sapere, potrebbe usarla come attenuante per scagionare Benneth.»
«Non posso Warrick, Grissom mi direbbe di prendermi qualche giorno di ferie e io non voglio.»

Svoltarono ancora un paio di volte, ritrovandosi alla fine di Kings Way. Dall'altro lato della strada si potevano vedere le luci lampeggianti delle auto della polizia. Warrick parcheggiò a fianco dell'auto dello sceriffo, intendo a parlare con un uomo basso e grassottello. Alla vista del SUV nero entrambi i poliziotti smisero di parlare.
L'uomo a cui dovevano fare riferimento, James Brass detto "Jim", era il capitano della polizia di Las Vegas, prima di allora era stato il supervisore del turno di notte alla scientifica dove lavoravano Nick e Warrick, prima dell'arrivo di Grissom.
Warrick raggiunse Nick e, insieme, si diressero verso la casa con il giardino recintato dal nastro giallo delle scene del crimine. Jim e lo sceriffo si congedarono per raggiungere i rispettivi uomini.
«Tempismo perfetto ragazzi, lo sceriffo mi ha appena detto che possiamo interrogare i suoi agenti quando vogliamo.» Disse allegramente.
«Ottimo Jim.» Rispose Warrick con fermezza.
Entrarono al 2816, oltre la porta un brulicare di persone catalogava gli oggetti e scattava fotografie a tutto andare.
«Cos'è tutta questa confusione?» Domandò seccato Nick.
«Ah, me n'ero dimenticato: la figlia della vittima, Lucinda Munroe, non era in casa, perciò abbiamo considerato l'ipotesi della rapina. Stiamo verificando che non sia stato portato via niente con l'aiuto della figlia.»
Nick, guardandosi intorno, poté intravedere una giovane ragazza con lunghi capelli neri che piangeva, scortata da due agenti che le rivolgevano domande sugli oggetti presenti in casa.
«Ah, David vi sta aspettando di sopra.»
Nick distolse lo sguardo dalla ragazza per concentrarsi sul poliziotto davanti a lui.
«Perfetto. A più tardi.» Warrick fece segno al collega di seguirlo. I due agenti della scientifica infilarono i loro preziosi guanti in lattice, afferrarono le valigette in alluminio e salirono al piano di sopra: ogni porta in cima alle scale era chiusa a chiave, eccetto il bagno e la camera dove era stato trovato il corpo ma la cosa che più lasciava perplessi Nick e Warrick era che tutto fosse stato lasciato straordinariamente in ordine: l'acqua nei fiori era appena stata cambiata, ogni granello di polvere era stato spazzato via dalle mensole, i mobili erano stati tutti lucidati a dovere e, soprattutto, non c’erano tracce di sangue per terra.
La stanza dove giaceva il corpo esanime del signor Munroe era, invece, tutt'altro che in ordine. Nick immaginava fosse stata una morte semplice: potevano strangolarlo, dargli una botta in testa o, più semplicemente, utilizzare una pistola con silenziatore; quello che invece gli si presentò davanti era un vero inferno: le pareti che, fino a qualche ora prima, erano bianche e immacolate ora presentavano lunghe strisce di sangue arterioso, il letto era disfatto e impregnato di sangue. Focalizzò lo sguardo sul ragazzo che stava esaminando il cadavere di Lawrence Munroe.
Nick si sentì male, sentiva qualcosa in fondo alla gola. Da due mesi all'incirca, ogni vittima gli faceva uno strano effetto, dopo Samantha il suo pensiero e la sua lucidità erano totalmente cambiati.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


«David!»
«Ah ciao Warrick, Nick.» Rispose il coroner.
«Cosa puoi dirci sulla causa della morte?» Chiese il secondo agente guardandosi intorno.
«Mi sembra che sia piuttosto ovvia, come potete vedere l'hanno colpito al collo con qualcosa di appuntito e piatto... e, a giudicare dalla ferita, direi che doveva essere lungo all'incirca 15-20 cm.» Spiegò il coroner.
«Quel qualcosa ha causato tutti questi schizzi sul muro?»
«No Warrick, non sono tracce provenienti dagli schizzi dell’arma, quello è stato un danno collaterale, hanno colpito l'arteria e quando l'assassino ha estratto l'arma il sangue è schizzato sul muro.»
«Ok..ed è con la stessa arma che gli hanno inferto le pugnalate al torace?»
Nick era già alle prese con gli schizzi sul muro, voleva uscire il prima possibile da quelle quattro mura imbrattate di sangue che gli ricordavano quello di Samantha.
«Sì, a giudicare dalla temperatura deve essere morto tra le 22.00 e l’01.00»borbottò David, estraendo il termometro dal fegato della vittima.
«Escluderei la rapina, guarda con che accanimento gli sono saltati addosso... ventitre pugnalate... C'è altro?»
«No, io e Robbins più tardi effettueremo gli altri esami: tossicologico, malattie...»
«D'accordo, io e Nick passeremo poi a sentire cos'ha da dirci il nostro amico morto.»

L'agente Brown prese la sua valigetta in alluminio e si diresse verso il bagno, non curandosi del tormento che Nick sentiva esplodergli in corpo. Il bagno non aveva nulla di sospetto, a parte una quantità enorme di farmaci custoditi dentro lo specchio. Controllò negli armadi, per vedere se vi erano flaconi semivuoti di candeggina o altri solventi che l'assassino poteva aver usato per pulire le tracce, idea che si rivelò inutile, dato che la stanza era interamente ricoperta di sangue rappreso. La caccia alla prova era cominciata e Warrick si chiese se Nick avesse vinto per la quinta volta consecutiva. La caccia alla prova era come un gioco per gli agenti Stokes e Brown, chi trovava la prova che inchiodava l'assassino pagava da bere all'altro e Warrick, durante la settimana appena passata, aveva dovuto pagare da bere per ben cinque volte consecutive. Ma il bagno non era un luogo ideale per prove schiaccianti, fino a quando non cominciò a spruzzare di Luminol la doccia e il pavimento: sul pavimento si potevano distinguere delle orme di piede nudo provenire dalla stanza dove giaceva la vittima, una spruzzata più avanti lo informò che chi aveva i piedi insanguinati era sceso dal letto e aveva camminato fino alla doccia per poi lavarsi il sangue di dosso.
Nella stanza accanto Nick Stokes stava per sentirsi male, forse Warrick aveva ragione: doveva parlarne con qualcuno. Dopo quell'episodio si era chiuso in se stesso, non scherzava più nemmeno con l'ultimo arrivato in squadra, Greg Sanders, con cui aveva un ottimo rapporto. Gli unici due con cui parlava erano Warrick, la cui amicizia durava da un'eternità, e con la vice di Grissom, l'agente Catherine Willows: lei era un po.»la madre di tutti loro, cercava sempre di proteggerli e se avevano bisogno di un consiglio o semplicemente fare una chiacchierata lei era sempre disponibile.
David nel frattempo aveva chiamato i suoi per portare il cadavere in centrale, dove avrebbe esaminato ogni minima traccia di lui, al suo posto rimaneva sul letto un lenzuolo con una chiazza di sangue secco. Nick tirò fuori la pila con luce ultravioletta e cominciò ad ispezionare la stanza, il letto era immacolato se non fosse stato per la quantità infinita di sangue, ma qualcosa dentro di lui lo spinse ad ispezionare le altre camere. Erano tutte chiuse a chiave ma un agente informò Nick che la figlia della vittima aveva fornito loro tutte le chiavi della casa. Aprì una stanza dopo l'altra: sgabuzzino, camera degli ospiti,... Si soffermò davanti all'ultima porta, dove attaccato c'era un cartello rosa con disegnato sopra un orso. 'Sembrerebbe la camera della figlia...” pensò. Aprì la porta, era la classica camera di una quattordicenne con una decina di poster di un gruppo che andava di moda in quel momento che tappezzavano interamente una delle pareti, vicino alla finestra la scrivania colma di libri scolastici e penne pareva l'unica cosa in disordine. 'Probabilmente la figlia non vive più qui e l'ha lasciata com'era.» Fece il giro della stanza. Era stranamente immacolata, come se qualcuno non vi entrasse da tempo. Rovistò nel cestino pieno di carta accartocciata e strappata. Si guardò attorno, cercando di cogliere il minimo particolare fuori luogo, ma niente sembrava facesse al caso suo. Richiuse la camera con cura e tornò da Warrick quando si ricordò che la ragazza era ancora in casa. Scese quindi di sotto: la giovane si era quasi ripresa dallo shock ma a quanto pareva, era ancora troppo agitata per dire qualcosa di importante. Brass era con lei da ormai un'ora ma non era riuscito a farla parlare.
«Ehi Jim, ha detto qualcosa?»
«No Nick, mi dispiace. È ancora troppo scioccata.»
«Posso provare a farci una chiacchierata?»
«Accomodati.»
L'agente Nick Stokes si era tolto i guanti di lattice, mezzi sporchi di sangue e li aveva infilati in tasca. La ragazza era seduta sui gradini dell'entrata, ancora scossa. Nick sedette accanto a lei. Lucinda alzò lo sguardo sul giovane appena seduto, posando lo sguardo sul suo giubbotto da poliziotto, aveva un viso perfetto e due occhi verdi bellissimi, che i capelli neri facevano risaltare ancora di più.
«Lucinda, sono l'agente Nick Stokes della scientifica.»
Fece lui come da routine, Grissom ripeteva continuamente che dovevano presentarsi ufficialmente prima di interrogare qualcuno.
«Salve agente Stokes, io sono Lucinda Munroe.» Aveva la voce stanca, e lui pensò che non doveva essere diretto per non farla soffrire di più.
«Va tutto bene?»
«Non saprei, continuo a pensare a mio padre..cielo, non avrei mai pensato che si potesse uccidere qualcuno con così tanta violenza.»
«Mi creda Lucinda, c'è gente che fa di peggio.»
«Immagino che sia qui per chiedermi di come ho trovato mio padre e dove sono stata.»
«Purtroppo è da routine fare queste domande, perché non ha parlato con il mio collega di prima?»
«Lui è un poliziotto. E mio padre odiava i poliziotti.»
Nick rimase sorpreso dalla sua spiegazione, non immaginava che il padre l'avesse così influenzata sulla legge.
«Mi serve un campione del suo DNA.»
«Come lo vuole?»
«Un campione di saliva andrà benissimo.»
Prese un tampone dalla valigetta e glielo passò in bocca, facendolo scivolare sull'interno guancia. «Allora, vuole dirmi come l'ha trovato?»
«Non ho intenzione di dire nulla, so che non posso parlare senza un avvocato, e quindi non dirò nulla senza di lui.» Lei lo prese così alla sprovvista che non sapeva cosa rispondere. «Oh, d'accordo signorina Munroe, le verrà mandato un agente nel caso volessimo interrogarla, devo chiederle di non lasciare la città.», lei sorrise: «Ci conti, agente Stokes.»
Nick la guardò alzarsi, e in un batter d'occhio sembrava che non le importasse nulla di quello che fosse successo al padre, salì sulla sua Mazda RX8 verde metallizzato e se ne andò. Nick ripensò a quello che le aveva appena detto e cominciò a pensare che la ragazza avesse qualcosa da nascondere.
In quello stesso momento Warrick si accorse che nel letto della vittima oltre al sangue si potevano notare anche delle macchie trasparenti. Prese un tampone e lo imbustò, insieme al sangue della vittima e le foto della stanza. Ritornò di sopra, fu allora che Warrick si rese conto che mancava dalla scena.
«Dove sei andato?» Pareva scocciato.
«A parlare con la figlia, ha qualcosa da nascondere, ne sono certo.»
«Cosa te lo fa pensare?»
«È la prima volta che mi capita, ha chiesto un avvocato e non ha mostrato nessun segno di disperazione quando ha parlato delle ferite del padre.»
«Probabilmente è solo agitata.»
«Ha sorriso quando le ho detto di rimanere in città.»
«Vedremo nell'interrogatorio..Hai già controllato le altre stanze?»
«Devo finire nella camera della figlia.»
«D'accordo, io finisco qua.»
«Ok.»
Nick ritornò nella stanza della figlia, il suo sesto senso lo continuava a tormentare, c'era qualcosa di strano in tutto quell'ordine.
Scostò le lenzuola del letto, e la torcia a luce UV rivelò delle macchie trasparenti e Nick, come aveva già fatto milioni di volte, raccolse i campioni. Alzò il materasso e notò una piccola macchia di sangue, e l'agente Stokes si chiese come avesse potuto finire lì. Raccolse un campione anche di quello e lo ripose delicatamente nella sua valigetta. Controllò l'orologio: segnava le 9.47 AM. Nella stanza accanto l'agente Brown stava finendo i suoi ultimi rilevamenti.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 

Nick e Warrick si incontrarono sul pianerottolo di casa Munroe. Restava solo da trovare l'arma del delitto, quella che inchiodava l'assassino.
«Trovato niente di interessante?»chiese Warrick.
«No, ma abbiamo ancora da controllare il piano di sotto, la cantina e il giardino sul retro, è enorme questa casa.»
«Cominciamo dal piano di sotto allora.»
Scesero le scale e Nick poté notare che appese al muro c'erano delle fotografie con Lucinda che teneva in braccio una bambina di circa sei anni.
Del padre non c'era traccia in nessuna foto, e la cosa lo fece rabbrividire.
«Come si può lasciare moglie e figlia così?» Pensò l'agente Stokes. Lui avrebbe dato qualsiasi cosa per avere una famiglia sua, ma il lavoro purtroppo non lo permetteva.
Di sotto, gran parte del formicolare degli agenti si era dissolto. Restavano solo poche persone che stavano fotografando il resto della casa. Warrick si guardò attorno per poi dirigersi verso il salone sulla destra. Nick prese la direzione opposta, verso la cucina. Niente era fuori posto, nel microonde c'erano i resti della cena della sera prima mentre bicchieri e piatti erano accuratamente riposti nella credenza, l'unica cosa fuori posto sembrava un flacone di LORAZEPAM, un medicinale per l'insonnia, posto sopra il tavolo. Se lo fece scivolare tra le dita, alla ricerca di qualche impronta, dopo di che lo imbustò.
Dall'altra parte della casa, l'agente Warrick Brown era alle prese con un divano mezzo strappato, colmo di carta di merendine e scatoloni di pizza in terra. Raccolse tutti i campioni che trovò in giro quando, mentre usciva dalla stanza, vide delle gocce rosso scuro che andavano verso il retro della casa. Si inginocchiò davanti alla prima goccia, proprio davanti al suo piede destro. Prese un tampone della macchia e ci versò sopra qualche goccia di Luminol: 'Decisamente sangue umano.»commentò Warrick alla vista del colore viola intenso. Nick lo raggiunse mentre pronunciava “sangue umano”.
«Sangue umano? Sul serio?»
«Sì amico. E va proprio verso il giardino sul retro. Direi che queste gocce provengono dall'arma del delitto, sono gravitazionali.»commentò Warrick.
«Speriamo di ritrovarla prima che piova.»
«Diamoci una mossa allora, nonnina.»

Il giardino sul retro era un rettangolo 6x3 metri di prato non curato, l'erba in alcuni punti superava il mezzo metro e la cosa non rendeva più facile la ricerca di un qualsivoglia oggetto affilato e appuntito. Sulla destra, accatastate al muro, si potevano vedere molte lamiere di metallo arrugginite e pali di qualcosa che poteva sembrare rame o bronzo. I due agenti della scientifica si diedero uno sguardo d'intesa e cominciarono a cercare. Passò mezz'ora: non c'erano stati progressi, l'agente di guardia Mitchell cominciava a sentire lo stomaco vuoto, in più il sole cocente lo stava facendo addormentare. Era da poco passata l'una e mezza, il suo turno stava per finire e gli altri due, immersi a capofitto nell'erba, non si rendevano affatto utili per farlo finire più in fretta. Fu l'urlo entusiasta di Warrick a ridestarlo da uno stato di dormiveglia.
«Nick, vieni a vedere, l'ho trovata!»
«Fantastico, era ora!»
«Direi..anzi..questo è sicuramente un coltello da cucina.» Disse Warrick, facendosi girare la lama sporca di sangue fra le mani.
«Non ne ho mai visti così sottili e affilati..cercherò su internet la provenienza.»
«Sai, Nick, stavolta ho vinto io!»
«Oh. È vero, dannazione!»
Risero entrambi, e per qualche minuto Nick non pensò alla morte di Samantha Bonher.  Uscirono dal giardino, contenti perché stavano per chiudere un nuovo caso. Si assicurarono di aver preso tutto, dalle valigette alle semiautomatiche e si diressero sulla Denali nera di Warrick, salirono e tornarono al dipartimento C.S.I. Arrivarono nel parcheggio in contemporanea con un altro SUV uguale al loro. Parcheggiarono fianco a fianco e Nick poté intravedere un ragazzo più o meno della sua età seduto al posto guida con i capelli biondo scuro, qualche ciocca castana, tutti sparati. Indossava un paio di Ray-Ban scuri.
«Greg, dove sei andato conciato così?» Gli fece Warrick. «E perché puzzi così tanto?»
«Siamo appena tornati da una scena del crimine giù nella Spring Valley.» Gli rispose il ragazzo con i Ray-Ban.
«Come è andata?»chiese Nick.
«Uno schifo.» Rispose una voce femminile spuntata da dietro l'auto.
«Un cadavere putrefatto in soffitta. Dovrò stare in acqua e pomodoro almeno una settimana per levarmi l'odore di dosso.» Commentò la ragazza.
«Andiamo Sara, ti è capitato di peggio no?» Buttò sul ridere Warrick.
«Spiritoso.» Rispose seccata lei.
Li salutarono, poi Warrick e Nick andarono verso la sala autopsie, dove li attendevano David e Al Robbins. Percorsero l'intero corridoio piastrellato, fino a raggiungere la porta di metallo che li divideva dalla loro vittima. David stava analizzando un qualcosa di semiliquido e dall'odore nauseante dentro una delle ciotole di acciaio inossidabile.
«David, cose quella roba che puzza da paura?»
«È solo il contenuto dello stomaco della vostra vittima, Nick. La digestione era appena iniziata, ecco guarda qui.» Indicò un pezzo di qualcosa che poteva assomigliare ad un pezzo di carne galleggiare sulla superficie del liquido giallastro.
«Interessante... mamma mia, ma che schifo!»
«Sai cos'è questo?»
«Dimmelo, ti prego non sto più nella pelle.»disse scherzosamente Warrick.
«E.»un pezzo di bistecca.»
«Ma non mi dire!»fece Nick con sarcasmo. 'Ora, puoi dirci qualcosa di inerente al caso e che possa aiutarci a finirlo?»
«La vittima aveva ingerito del LORAZEPAM, diciamo che lo ha semplicemente rilassato... è distribuito in compresse da 0.5-1-2 mg o in endovena. Osservando le braccia direi che l'ha preso per via orale.»
«Aspetta, in cucina ce n'era una scatola da 0,5 mg.» Esclamò Nick.
«Bene, solo che non ho ancora capito con cosa l'hanno ucciso, Brass mi ha fatto avere tutti i coltelli che c'erano in casa, ma nessuno è positivo al taglio.»
«Ah, forse è perché quello giusto non era in cucina.» Fece Warrick.
«Che vuoi dire?»
          Nick prese il coltello dalla valigetta.
«Abbiamo trovato questo in giardino, è compatibile?»
«Si, non ne sono sicuro al cento per cento, ma direi che questa è la vostra arma del delitto.»
«Ottimo, grazie David.»

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 5


I due agenti della scientifica stavano attraversando il corridoio dell’ufficio del coroner, che li avrebbe portati poi davanti all’ascensore per tornare di sopra. Nessuno dei due aveva più aperto bocca, Warrick era teso per le indagini che sembravano ormai ad un punto morto, le prove che avevano raccolto non portavano da nessuna parte, e Nick, perso con la testa tra le nuvole alla disperata ricerca di un modo per liberarsi di un peso insopportabile.
Il rumore dell’apertura dell’ascensore sembrava soffocato, i loro passi rimbombavano su quel pavimento piastrellato: grigie le pareti, grigie le piastrelle, grigi i giorni per le persone che dovevano entrare nella sala autopsie per riconoscere i parenti o gli amici morti.
Erano arrivati quasi davanti alla porta del laboratorio analisi, all’improvviso spuntò dalla stessa porta la faccia di David Hodges, “ci mancava solo più lui”, pensò Nick.
«Ciao ragazzi, state indagando su qualche nuovo caso eh?»
«Hodges, lo sai che non sono cose che ti riguardano.» Disse Warrick.
«Oh scusa tanto se te l’ho chiesto, amico.. siete qui per me?»
«Dovresti cercare delle impronte su questo coltello. E assicurati di mettere i guanti.»
«Stiamo calmi, non mi pare che sia andato male il processo.»
«Hodges, per colpa tua abbiamo quasi rischiato di perdere la prova più importante del caso perché ti sei dimenticato i guanti, la prossima volta non andrà così bene.»lo rimproverò Nick.
«D’accordo, allora se avete finito di farmi da balie vado ad analizzare questo importante coltello, ah dove sareste senza il mio prezioso aiuto...»
«possiamo farcela da soli, Grissom odia i perditempo sai David?»
«Non farei niente che possa infastidirlo.»
Hodges tornò a rintanarsi nel laboratorio, “odioso leccapiedi pompato”, pensarono all’unisono i due agenti della scientifica.
Passarono le ore, senza risultati. Tutta la squadra era seduta a cena in sala riunioni, poi la svolta: «Ho trovato un’impronta parziale sul coltello.» Commentò Hodges entrando.
«Sul serio? Bravo David, infondo anche tu servi a qualcosa qui dentro.» «Spiritoso, le ho passate all’AFIS ma non ho trovato risultati decenti, circa 2000 corrispondenze in tutta la contea.»
«Possiamo cominciare a chiedere le impronte dei conoscenti della vittima, potremmo avere fortuna.»
«Grazie David, puoi andare.» Intervenne Grissom. Hodges fece un mezzo inchino e uscì.
Nick e Warrick si guardarono con uno sguardo d’intesa e si congedarono dal resto del gruppo. Avevano bisogno di trovare tutti quelli che potevano avercela con il signor Munroe.Chiesero a Brass di fare qualche ricerca sui detenuti che erano stati in carcere con la vittima gli anni passati, dove avesse lavorato e con chi avesse avuto da ridire su pagamenti o prestiti, a questo proposito il primo della lista era un certo Bobby Deregol, aveva prestato una grossa somma alla vittima, la quale non ne aveva pagato nemmeno la metà.
«Lo convocherò qui tra un’ora, potete dare un’occhiata alla lista nel frattempo, avremo un sacco da fare.» Confermò Jim Brass, il capitano del dipartimento.
«Sai Warrick, non credo che il signor Deregol lo abbia ucciso, di solito i morti non pagano. La cosa mi farebbe abbastanza irritare se fossi nei suoi panni.»
«Probabile, che si fa quindi? Passiamo al secondo della lista?»
«Direi di si, potremo fare qualche domanda lo stesso a Deregol più tardi.»
Warrick scorse la lista sul secondo nome. Jeremy Munroe.
«Questo chi è? Un parente?»
«Credo sia il fratello. Strano, non mi pare che abbia fratelli.»
«Un figlio illegittimo?»Nick fece spallucce, sicuramente era un candidato più valido.
«Guarda, abita proprio qui vicino, a due isolati a nord. Gli facciamo una sorpresina?»
«Nick, tu mi leggi sempre nel pensiero!»
«Tesoro mio!» Scherzò.
Arrivarono da Munroe in meno di dieci minuti. Bussarono alla porta.
«Signor Munroe?»
Sentirono dei passi avanzare verso la porta. Gli aprì un ragazzo sui vent’anni, di bell’aspetto. Occhi verdi e capelli corvini.
«Chi mi cerca?»
«Nick Stokes e Warrick Brown, della scientifica. Possiamo entrare?»
«Veramente... stavo per uscire.»
«Ci vorranno solo pochi minuti.»
«...D’accordo.»
Li fece accomodare in soggiorno. Era un piccolo appartamento su Sunset Strip, odorava di dolce, qualcosa che ricordava la vaniglia, molto probabilmente odore di spinelli. La moquette era ricoperta di pacchetti di patatine e bottiglie di birra, il classico appartamento di un ventenne scapolo reduce di un anno universitario.
«Allora, di cosa volete parlarmi?»
«Conosceva Lawrence Munroe?»A questa domanda il ragazzo si irrigidì e strinse i pugni sul divano.
«Per mia sfortuna sì. Ho sentito che è morto e la cosa non mi dispiace.»
«Sfortuna?»
«Sono suo figlio, se è questo che volete sapere. E una delle sue vittime.»
«L’ha picchiata?» Nick si fece scuro in volto.
«Picchiato!? Ah, fosse solo per quello forse l’avrei anche perdonato. No, a lui piacevano i bambini, e... bhe, quando non poteva sceglierli al parco sapete da chi andava? Da me. Ha rovinato la mia infanzia così come quella di mia sorella, Lucinda. Sapete? Anche lei ci è passata, qualche anno prima di me.» Poi sorrise. «Quando troverete il genio che l’ha ucciso, vi prego, porgetegli i miei saluti, e la mia gratitudine.»
«Sa se qualcuno lo potrebbe aver ucciso in particolare?»
«Aveva un sacco di nemici. Lo odiavano praticamente tutti. Dopotutto nessuno ama i pedofili e voi agenti meno di tutti giusto?»
«Già.» Rispose deciso Nick. 
«D’accordo signor Munroe, ci servono solo le sue impronte, poi ce ne andremo.»
«Va bene.»
L’agente che li aveva accompagnati prese le impronte al ragazzo, Nick e Warrick decisero di andarsene, dovevano continuare con la lista.
«Grazie per l’aiuto.»
«Si figuri... agente.»
Uscirono dall’appartamento, silenziosi. Warrick guardava l’altro preoccupato, sapeva che Nick stesso aveva vissuto un’esperienza come quella e sapeva anche che la cosa si ripercuoteva su di lui ancora adesso come una ferita aperta. 
«Stai bene Nick?»
«No che non sto bene. So cosa diavolo ha passato, e se è stato lui ad ucciderlo lo capisco bene!» Stava quasi per urlare, sentiva i polmoni riempirsi di aria infuocata, bruciavano di rabbia, risentimento e dolore assopito. E la storia di Samantha sembrava distruggerlo anche alle fondamenta, le gambe venivano meno anche se lo reggevano ugualmente.
«Ora calmati, sennò ti autodistruggerai.»
«CALMARMI?! DICO MA TI SENTI?!?»
«NICK BASTA! STAI DELIRANDO! INSOMMA POSSIBILE CHE NON CAPISCI CHE STO CERCANDO DÌ AIUTARTI!?»
Frustrato, Nick se ne andò verso la macchina, prese la valigetta col kit e si diresse a piedi verso il  dipartimento.
«Dove credi di andare!?»
«VADO A FARE DUE PASSI! QUI NESSUNO SEMBRA CAPIRE!»
«Bene! Fai pure così geniaccio! Marcisci nel tuo insulso dolore!»
 
Warrick si passò una mano sul viso, aveva bisogno di calmarsi anche lui, “spero che si accorga di ciò che dice e ragioni, sta delirando” pensò.
Salì sulla Denali e ripartì sgommando verso la scientifica, Nick camminava abbastanza veloce, lo ritrovò a quasi 100 m avanti a lui.
«Warrick non riesce a capire, non ha vissuto cos’ho vissuto io, “Nick ragiona’, ragionare, io?! Dovrebbe farsi un remake della sua vita per capirmi.» Camminava a passo deciso, i bollenti spiriti si stavano lentamente affievolendo. «Forse sono stato troppo duro con lui.». Camminando, arrivò una decina di minuti dopo Warrick: l’amico era in piedi davanti alla macchinetta del caffè, nella sala d’aspetto, intento a scegliere il tipo di caffè, giusto per calmarsi. Meditò qualche minuto a scegliere le parole giuste per chiedere scusa, in fondo si era arrabbiato per nulla. Fu Warrick a iniziare a parlare, appena gli andò in contro.
«Ci siamo calmati?»
«Mi dispiace, sento il passato che mi sta addosso come un assassino. È lì, pronto ad uccidermi.»
«Stai tranquillo, devi ascoltarmi, parlane con qualcuno, ne hai davvero bisogno, ti possono aiutare. Questo è il numero della strizza-cervelli da cui sono andato per il gioco d’azzardo... è brava, fidati.» Nick abbassò lo sguardo, mormorando soltanto un “Grazie”, in fondo al suo cuore quella era l’unica cosa che voleva dirgli da un sacco di tempo. Erano amici da sempre, senza di lui non sapeva cosa avrebbe fatto.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 
«Stokes!»
“Che vuole adesso?”, pensò. «Dimmi Hodges.»
«Mi hai portato delle impronte si o no? Io non posso aiutarti se tu non aiuti me sai?»
«Le impronte, dannazione, me n’ero dimenticato! Dammi ancora un giorno e avrai tutte quelle vuoi.»
«...e poi siamo noi topi di laboratorio quelli sbadati eh?»
«Scusami.»
Per una volta doveva dargli ragione, se n’era completamente dimenticato, la litigata con Warrick gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo. Lo andò a cercare nei corridoi. Era con Brass, discutevano sul fatto che la lista era troppo lunga e ci avrebbero messo un’eternità a concludere, Brass gli indicò alcuni nomi che potevano essere tralasciati come il giardiniere, il ragazzo della pompa di benzina che si lamentava delle mance scarse...
«Ehi Nick, abbiamo dimezzato la lista così. È una buona cosa sai?»
«Fantastico.. senti muoviamoci a chiamare tutti i sospettati o moriremo di vecchiaia!»
«Certo nonnina, la prossima sospettata è l’ex moglie, Carmen Estéraz.»
«Bene andiamo...»
Ci impiegarono quasi tre quarti d’ora a raggiungere casa sua, praticamente abitava dall’altra parte della città.
Sulla soglia della porta di casa comparve una donna sulla quarantina in vestaglia. Assomigliava tanto a Lucinda, la figlia della vittima, aveva gli stessi occhi verdi e i capelli neri, ma molto più corti.
«Carmen Estéraz?»
«Sono io. Siete qui per Lawrence vero? Prego, accomodatevi.»
Li fece entrare in casa, un piccolo bilocale alla periferia di Las Vegas. Si sedettero sul divano, odorava di gatto.
«Credo sappiate già che tipo era Lawrence, no?»
«Si, ce ne ha parlato suo figlio Jeremy... e poi le schede della polizia parlano abbastanza chiaro.»
«Mio marito era un delinquente, quando ci sposammo non era così, anzi! Era molto affettuoso con i suoi nipoti, i figli di suo fratello. Non so che diavolo gli sia preso, credo che sia iniziato tutto quando la banca ci pignorò la casa, non riuscivamo più a pagare il mutuo. E da lì Lawrence spese tutti i risparmi che avevamo per andare ad ubriacarsi in qualche bar sulla Strip... poi tornava a casa e picchiava me, se Jeremy interveniva...» Gli occhi della signora Estéraz si velarono di lacrime.
«Signora, non c’è bisogno che continui, lo sappiamo.»
«...cosa volete sapere di particolare?»
«Conosce qualcuno che magari avesse truffato e che sia arrivato fino ad ucciderlo?»
«C’era un tale, a cui Lawrence doveva molti soldi.. l’ha minacciato molte volte di ucciderlo. Credo si chiamasse Bobby.»
«Bobby Deregol?»
«Sì, quando eravamo in quel periodo buio gli abbiamo chiesto un prestito.. la banca non ce ne voleva dare un altro sapendo che non avremmo pagato.»
«Ok, signora Estéraz a noi servono le sue impronte, per poterla escludere dalla lista dei sospettati.»
«Non ho niente da nascondere.» Come per il figlio Jeremy, lo stesso agente prese le impronte alla madre.
«Grazie per il suo tempo signora, la avvertiremo quando troveremo l’assassino.»
«Certo, grazie a voi.»
Uscirono nel vialetto del giardino. Stavano pensando entrambi la stessa cosa, “Bobby Deregol è appena diventato il sospettato numero uno”.
«Dove lo troviamo Deregol?»
«Abita non lontano da qui, saranno due,tre chilometri.»
«Perfetto.»
 
[...]
Deregol abitava in un palazzetto cadente, le mura e le porte sembravano quasi ammuffiti. Dato che nessuno rispondeva gli agenti sfondarono la porta. C’era anche James Brass.
«Cercatelo dannazione, dobbiamo parlargli.»
Gli agenti si divisero per le stanze.
«Capitano Brass, è disteso supino sul letto.»
«E.»morto?»
«No, credo che si sia fatto di qualcosa, serve un ambulanza.»
«Va bene, la chiamo io. Warrick, Nick fate ciò che dovete, è tutto a vostra disposizione.»
«Grazie Jim.»
Sul tavolo della cucina si potevano vedere delle sottili particelle granulose bianche. Warrick eseguì il test per la droga, blu intenso. Eroina.
«Dannazione speriamo che non sia in overdose, questa roba sembra tagliata a casaccio!»
«Lo spero anche io, soprattutto se è lui l’assassino!»
 In  quel momento rientrò nella stanza Brass, l’uomo era stato portato d’urgenza al Centennial.
«Appena si rimette in sesto potete andare a parlargli. E non mi interessa che diavolo pensano i medici, deve parlare! E poi lo sbatteremo in galera per usura..credo che non gli cambi qualcosa se ci dà una mano.»
«Ma non sappiamo ancora se ha un alibi.»
«Glielo chiederemo.»
«Warrick, forse dovremmo andare in ospedale per chiedere di darci le impronte non credi?» Intervenne Nick a metà discorso.
«Finiamo di fare qualche rilevamento e poi ce ne andiamo.»
Passarono ancora mezz’ora a rovistare alla ricerca di abiti insanguinati o mazzi di chiavi che poteva aver usato per entrare in casa di Munroe, senza risultati. C’era una grossa probabilità che se ne fosse disfatto prima dell’arrivo della polizia. Si avviarono decisi verso l’ospedale.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 
Il Centennial era uno degli ospedali più grandi di Las Vegas, anche Greg e Nick erano stati ricoverati lì, parecchio tempo prima. La receptionist era una donna sulla cinquantina, aveva praticamente fatto il terzo grado a Warrick: domande che riguardavano principalmente la sua vita sentimentale. Era divertente vederlo arrossire e diventare paonazzo a tutte quelle domande, pensava Nick in quel momento. Alla fine decise di intervenire per salvare l’amico da quella situazione. Si fece dire senza problemi il numero della camera che stavano cercando.
«Mamma mia, che impicciona!»
«Su Warrick, facessi impazzire io le donne così.»
«Sarei contento anche io, se fossero belle ragazze.»
La sua mente era ormai quasi libera, non pensava più a niente, c’erano solo le sue risate e quelle di Warrick a riempire l’aria. ROOM 352. Deregol era seduto sul lettino, stava leggendo il Las Vegas Daily Journal. Salutò i suoi “ospiti” senza alzare lo sguardo dal giornale.
«Buongiorno agenti, che cosa ci fate qui?»
«Siamo qui per lei, dobbiamo farle alcune domande.»
«Suppongo sia per il mio vecchio amico Lawrence, vero? Posso dire subito che io non c’entro niente con sta storia.»
Nick e Warrick si sedettero ai piedi del letto.
«Dove si trovava quel giorno, Bobby?» Fece Nick.
«Mi stavo dando alla pazza gioia in un Motel in periferia, lei l’ho raccattata davanti ad un casinò della Strip.»
«Ci serve il suo nome per confermare quello che sta dicendo.»
«Si fa chiamare Claire, una tipa niente male, giovane, capelli rossi, occhi verdi.»
«Crede di poter fornire un identikit a un nostro disegnatore?»
«Penso di sì.»
«Glielo manderemo nel pomeriggio, nel frattempo mi racconti dei soldi che non le ha restituito Lawrence.»
«Ho prestato a Law dei soldi, certo. Era in un brutto periodo e io l’ho semplicemente aiutato, non c’è niente di male.»
«Strano perché la moglie non ne sembra molto convinta.»
«Carmen è sempre stata un’ottima bugiarda, io mi guarderei bene da lei.»
«Faccia come crede, ora noi dobbiamo andarcene, ma prima vogliamo le sue impronte, tanto per eliminarla dai sospettati.»
«Arrivederci signor Deregol, ci si rivede in tribunale.»
«Io parlerei con i Draghi di Vegas, Law li frequentava di tanto in tanto’
«Grazie Bobby, lo faremo.»
 
Nick e Warrick uscirono dalla camera e si diressero verso l’uscita del Centennial.
«Chi diavolo sono i Draghi di Vegas?» Esordì Nick.
«Come? Non li conosci?»
«Non direi, Warrick, se no non te l’avrei chiesto.»
«I Draghi di Vegas sono una delle bande criminali più grandi della Strip che gestiscono il traffico di Met e Coca, hanno “esponenti” in tutto il giro di droga del Nevada, una volta avevano arrestato un giudice, accusato di lavorare con loro, Robert Grewil se non sbaglio, te lo ricordi?»
«Ah sì, quel grosso processo per le rapine alle gioiellerie della Strip.»
«Già, la polizia non è mai riuscita a prendere neanche uno della banda, persino Grewil ha paura di parlare.»
«Brutta faccenda, come facciamo a parlare con uno di loro?»
«Credo che gli Affari Interni abbiano degli infiltrati, perché sono un po.»di mesi che non si fanno vivi.»
“Bene, io credo invece che Ecklie debba prendere il telefono, già.»
Tornarono al laboratorio, Hodges aveva bisogno delle impronte e Brass di nuove informazioni.
 
[...]
«Warrick, Nick. Cattive notizie.»
«Bene Jim, che sappiamo di nuovo?» Intervenne Warrick.
«Deregol non finirà in prigione per l’omicidio di Munroe, la prostituta ha confermato il suo alibi.»
«Dannazione, non resta che puntare a questa banda di tagliagole... i Draghi di Vegas.» Disse Warrick.
I Draghi di Vegas, questo nome martellava nella testa di Nick. Doveva sapere chi erano, cosa facevano o non avrebbe mai potuto aiutare Lucinda. Brass conosceva quelli degli affari interni, ci avrebbe pensato lui. Doveva solo aspettare. Mezz’ora. Non si era fatto sentire ancora nessuno. “Maledizione, perché non dicono niente?” Pensò Nick. Brass entrò dentro la sala riunioni, gli altri stavano cenando.
«Allora.» Esordì. «Quelli dei piani alti hanno tirato fuori alcuni nomi dei Draghi di Vegas e in particolare sono spuntati cinque nomi, già noti al nostro dipartimento: Big Treys, Charlie Guzzer, Mark Weily, Larry Shizzle e un pappone di nome Mr. Squeezer, quest’ultimo lascia proprio l’idea del tipo che dev’essere, comunque sia sembra che si ritrovino sempre almeno due volte al mese con il nostro amico Munroe per giocare a poker nell’appartamento di Weily, potrebbe essere un’ottima pista da seguire.»
«Abbiamo anche gli indirizzi?» Chiese Grissom.
«È tutto qui, una bella lista completa, la lascio a voi, ho mandato Sofia a cercarli.»
«Su Warrick che aspettiamo? Muoviti!»
«Calmo Nick, fammi almeno finire il panino santo cielo!»

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 
«Fermi tutti! Polizia di Las Vegas! Fate un passo falso e vi prendete un proiettile in pieno petto!» Dopo aver sfondato la porta del piccolo locale a Paradise, Sofia Curtis, detective della squadra omicidi del LVMPD, si era fiondata sul capobanda. Era seduto al tavolo al centro della stanza: Tony Richards, conosciuto anche come Mr. Squeezer.
 
«Dove sono i tuoi amici?»
L’altro rimase immobile a fissarla sorridendo.
«Tony, ti do dieci secondi per rispondere, o ti sbatto in carcere per il resto dei tuoi giorni, e credimi, di prove contro di te ne ho quante ne vuoi.»
«Perché dovrei risponderti allora, puttana?»
«Come vuoi, ammanettatelo e portatelo in centrale.»
Due agenti lo portarono fuori. Non avrebbe parlato facilmente, e di questo Sofia ne era certa. Brass stava aiutando il turno di giorno in un altro caso, perciò si sarebbe dovuta arrangiare da sola. Sperava di aver trovato qualcosa di utile come tutta la banda al completo intenta a giocare a poker, invece l’unico presente era solo Richards, delusione totale.
Una ventina di minuti dopo arrivarono i suoi vecchi colleghi della scientifica: Warrick Brown e Nick Stokes.
«Ciao Sofia.»
«Ah Warrick, siete arrivati tardi. Ho appena fatto portare via Richards.»
«Avremo modo di parlagli dopo, non ti preoccupare.»
«Se avete bisogno chiamate i miei due agenti qui fuori.»
«Va bene, tu non ci dai una mano?» Chiese Nick.
«Mi dispiace, il lavoro mi chiama.»
«Allora ci si vede più tardi.»
 
Era uscita dall’appartamento e dopo appena pochi secondi sentì qualcosa rompere il vetro di una finestra. Corse verso la fine del corridoio in tempo per vedere uno degli amici di Richards scappare giù per la scala antincendio.
«Uno dei sospettati sta scappando per la scala antincendio!»
Stava urlando con l’agente dall’altra parte della radio.
«Maledizione muovetevi!»
Corse dietro al sospettato, si calò giù dalla finestra e scese più in fretta che poté le scale, lo vide saltare il muretto e finire su un cumulo di sacchi di immondizia, ma fortunatamente un poliziotto della sua squadra riuscì a prenderlo. Gli gridò “ben fatto” e l’altro di sotto alzò il pollice in segno di vittoria. Lo portarono al distretto, dove lo avrebbero interrogato.
La stanza degli interrogatori era circa la metà della sala riunioni. Il solito vetro che da una parte rifletteva e che dall’altra invece mostrava l’interno della stanza era incastrato sulla parete alla destra della porta d’ingresso. Richards era seduto ammanettato al tavolo al centro della stanza. Una sedia vuota in fronte a lui attendeva l’arrivo di Sofia mentre, nella stanza accanto, il “fuggitivo” veniva torchiato a dovere da un altro poliziotto. Sofia entrò, Richards la squadrò da capo a piedi cogliendo ogni suo movimento.
«Ciao Tony, sei comodo?» L’altro fece una smorfia di disinteressamento. «Sofia Curtis, dipartimento di Las Vegas. Allora Tony, che dobbiamo fare con te?»
«Per me puoi farmi quello che vuoi.» Disse con tono esageratamente malizioso.
«Mi dispiace ma oggi non posso.» Dispose le foto del cadavere di Munroe sul tavolo. «Avanti Tony, fammi contenta. Parlami di Lawrence Munroe, so che giocavate spesso insieme.»
«Si, è venuto qualche volta a far visita a me e agli altri...» Disse prendendo in mano una foto. «Ma non mi è mai stato un granché simpatico, era troppo sicuro di sé. L’ho beccato un sacco di volte a barare a poker.»
«Come lo conoscevi?»
«E.»stato Treys, si conoscono da bambini... E.»il padrino di sua figlia...Lucinda se non sbaglio.»
«Si ma non mi interessa il fatto che tu la conosca, quando lo ha fatto entrare nella tresca?»
«Qualche mese fa, forse anche di più. Stando con noi si è creato qualche nemico, questo mi pare abbastanza ovvio.»
«oltre a non piacerti, in che rapporti eravate?»
«Questo non ti riguarda.»
«Oh sì invece, al contrario di me tu sei su una sedia ammanettato, e io ti sto interrogando quindi sì, mi interessa.»
«Sofia, Sofia...non ti conviene farmi arrabbiare sai?»
«Stai cercando di minacciarmi?»
«No, volevo solo dire che se mi fai le domande sbagliate io non dirò più niente.»
«Come vuoi. Sappi che se riuscirò a collegarti a questo caso passerai la tua vita in prigione, tanto un’altra condanna cosa vuoi che ti faccia?.»disse ironicamente.
«Spiritosa. Voglio un avvocato.»
«Come vuoi Tony, io ti ho avvertito.» Così dicendo uscì dalla stanza, dalla porta accanto uscì Greg.
«Sofia!»
«Greg ciao, che ci fai qui?»
«Sono venuto a sentire quello che aveva da dire il nostro amico Squeezer, me lo ha chiesto Nick, lui e Warrick sono ancora a casa del signor Richards a fare dei rilevamenti. Dovrebbero arrivare tra poco.»
«Perfetto, digli che se vuole sapere qualcos’altro sui coinvolgimenti di Munroe con questi rifiuti umani, Richards sarà ben contento di raccontarglielo. Bisogna solo aspettare il suo avvocato.»
«Bene! Posso offrirti un caffè intanto?»
Sofia controllò l’orologio.
«Certamente, dieci minuti di pausa non fanno mai male.»
 
[...]
«Ehi Warrick, guarda qua.»
«Cosa?»
«Non ti sembra...familiare?»
Stava tenendo in mano un orecchino grande più o meno come un chicco d’uva, rosso acceso.
«Non credo di ricordare qualcosa di simile, perché?»
«Se non sbaglio la figlia di Munroe aveva gli orecchini così quando l’ho incontrata a casa sua.»
«Dovremmo chiedere un mandato.»
«Non credo che le prove che abbiamo siano sufficienti...dovremmo trovare qualcosa che la colleghi qui, capelli, saliva, DNA... qualsiasi cosa!»
«Diamo ancora un occhiata in giro.»
Warrick andò verso la camera da letto, Nick verso il bagno: erano decisamente i due luoghi in cui era probabile trovare delle tracce di DNA.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 
La camera da letto era decisamente diversa da qualsiasi altra avesse mai visto Warrick: puzzava di chiuso, pareti lerce e ammuffite, come se da tempo nessuno entrasse in quella casa. Il letto non era neanche un letto, ma un misero materasso bucherellato qua e là dalle tarme e con qualche molla che usciva, seppur in modo poco evidente. “Neanche un barbone ci vivrebbe qua dentro”, pensò l’agente: la finestra che dava sul cortile interno lasciava entrare qualsivoglia insetto, piccione o animale che potesse arrampicarsi sulle pareti, a causa della mancanza del vetro. Niente tende o tappeti, ma in compenso c’era una moltitudine di stracci e fazzoletti sul pavimento, alcuni addirittura insanguinati.
«Dovremmo chiamare il dipartimento di igiene per fare un bel controllo, e ora al lavoro.»v. Un bravo agente sa dove cercare delle prove: sotto il letto, negli armadi, dentro il materasso.
Warrick prese dal suo kit un coltellino, per facilitare la ricerca di indizi nella fodera del materasso. Iniziò con l’allargare il buco più grosso e cominciò a togliere l’imbottitura. Dopo quasi un quarto d’ora di gommapiuma e pacchettini di cocaina, Warrick cominciò a perdere le speranze decidendo di dedicarsi a un altro mobile, infondo non era quello che interessava a loro per risolvere il caso a cui lavoravano.
Tuttavia in quello stesso istante tirò fuori un paio di mutandine rosse: «Perfetto, questa si che è pesca buona.», si disse ironicamente mentre le infilava in uno dei soliti sacchettini per le prove, dopo averle accuratamente fotografate e catalogate.
 
«Devo darmi da fare se voglio finire questa indagine.» Nick era decisamente nervoso al contrario dell’amico.
Non avevano ancora prove decenti per puntare su un possibile sospettato, ora come ora tutti potevano essere colpevoli, tutti avevano dei buoni moventi per uccidere Munroe. E loro erano lì che si giravano i pollici in attesa di una svolta. Warrick lo chiamò entusiasta: «Ho trovato qualcosa.» Nick si alzò da inginocchiato per spostarsi nella stanza accanto.
«Cos’hai trovato?»
«Guarda qua.»
Mostrò la prova appena raccolta, gongolando. La vista di quell’oggetto provocò un debole sorriso dell’agente che gli stava di fronte.
«Bhe, direi sicuramente che sono da donna!» Fece, ridacchiando.
«Già, qualcuno, anzi, qualcuna faceva visita spesso a Richards.»
«Non affrettiamo le cose, magari ha solo rimorchiato una nuova ragazza da far entrare nel giro e prima l’ha dovuta iniziare.»
Warrick dovette dargli ragione. «Amico, dov’è finito il tuo ottimismo?»
«Dopo tutti questi anni alla scientifica uno perde l’ottimismo, perché al novanta per cento delle volte si finisce con l’aver torto sulle cose importanti e avere ragione sulle cose inutili. Ultimamente io sono troppo ottimista sul punteggio dei Red Socks, e poi cosa succede? La partita la vincono gli avversari.»
«Bhe, sai, questo non è proprio un paragone da fare adesso.»
«Ma per me il football è importante!» Risero entrambi.
«Nick, falla finita.» Disse Warrick, ancora con il sorriso sulle labbra.
«Ma è vero...»
«Rimettiti al lavoro su!»
«Veramente io sono di grado superiore al tuo, non puoi darmi ordini.»
«Su allora, nonnina, torna a fare l’uncinetto.» Lo canzonò.
«Nipotino, niente paghetta questa settimana.» Rispose Nick per le rime.
«No, aspetta.»
«Ormai, glielo dirò a zio Grissom, a te niente paghetta.»
Così dicendo se ne tornò a fare il lavoro che doveva finire ma, come se fosse stato a chiamarlo il diavolo in persona, il cellulare di Nick prese a squillare, il nome sul display dimostrò quanto potesse essere vero il detto “Parli del diavolo e spuntano le corna”.
«Dimmi Gil.»
«Nick, qui al centralino c’è un pacco per te, è di una certa Lucinda Munroe.»
«È la figlia della vittima del caso a cui stiamo lavorando io e Warrick.»
«Va bene, più tardi passa a ritirarlo, oggi la segretaria è piuttosto nervosa.»
«Grazie zio.» Si pentì subito di averlo detto.
«Cosa?»
«No niente è stato uno sbaglio, grazie.»
“Sembra che oggi io sia destinato a non fare niente di buono”, pensò. Lasciare Warrick lì da solo era impensabile, visto quanto era successo ad una recluta lasciata nelle mani del collega. E lui di certo non voleva perdere un amico.
Fecero gli ultimi rilevamenti in casa: qualche prova indiziaria collocava o, per meglio dire, poteva collegare Lucinda nell’appartamento, Nick trovò delle tracce di rossetto su un preservativo usato e Warrick invece una collanina con le iniziali L.M., sotto un mobile della camera.
Qualcosa si mosse nella testa di Nick, l’idea che forse l’assassino sembrava vicino a lui, e che avesse l’aria di una persona semplice e furba, sembrava quanto meno la proposta più plausibile. Come Lucinda, e quel pacco al centralino forse era la svolta di cui aveva bisogno.
«Nick.»
Warrick lo stava chiamando da quanto? Cinque, dieci minuti? Si era perso nei suoi ragionamenti, ma quel pacco misterioso lo attirava in modo esasperato.
«Cosa c’è?»
«Va...tutto bene?»
«Si, perché?»
«Sei rimasto imbambolato per un bel pezzo a fissare il vuoto.»
«Pensavo. La figlia di Munroe mi ha spedito un pacco alla centrale.»
«Spera che siano dei semplici calzini e non qualche bomba pronta a esplodere o peggio, qualche miniatura.»
«Molto spiritoso davvero.»
«Sei parecchio nervoso, vedi di calmarti.»
«Si mamma.»
«Andiamo va.»
«Guido io.»
 
 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 
Il pacco alla centrale era in realtà una busta di carta contenente un foglio: l’atto di nascita di una bambina nata sei anni prima, Manuela Munroe. «È la bambina della foto! Deve essere la figlia di Lucinda.»
«Ne sei sicuro Nick? E chi è il padre?»Warrick gli rubò il foglio dalle mani.
«Non ne ho idea, la bambina non è stata riconosciuta...»
Warrick si fece improvvisamente serio, turbato. Nick invece sembrava confuso, non riusciva a capire il motivo di quella busta. Poi cominciò a frullargli in testa un’ipotesi oscena, raccapricciante. Sbarrò gli occhi e si girò verso Warrick.
«Quanti anni ha Lucinda, Nick?»
«Cre-credo ne abbia ventidue.» L’agente Stokes si passò le mani sul viso. «Ti prego dimmi che non stai pensando quello che sto pensando io.»
«Temo sia l’unica soluzione possibile, Hodges stamattina mi ha inviato sul palmare i risultati sulle analisi dei fluidi trovati nella camera della bambina... questo confermerebbe tutto.»
«Dobbiamo parlare con Lucinda! Immediatamente!»
In quel momento Hodges gli andò in contro.
«Ragazzi dove andate così di fretta? Ho i risultati dell’analisi delle impronte.»
«David sappiamo già che sono di Lucinda Munroe.»
«Ah davvero? Suppongo che la tua intelligenza sia notevole ma la scienza ha sempre ragione, queste impronte non sono della signorina Munroe.» I due agenti della scientifica si fermarono. Se non erano della ragazza, di chi potevano essere allora? “Ho trovato corrispondenze del 97,6% con quelle di un certo Jeremy Munroe che suppongo sia....» Non fece in tempo a finire che Nick disse “il secondogenito della vittima!»
«E poi sono io quello egocentrico... ma c’è dell’altro... sul flacone del LORAZEPAM ci sono altre impronte che non appartengono ai due figli della vittima, sono della moglie.»
Lentamente il quadro dell’omicidio cominciò a prendere forma. Una vendetta ben architettata da tutta la famiglia.
«Warrick chiama Brass e digli di emettere un mandato di arresto per tutta la famiglia!»
«E tu dove vai?»
«Devo controllare una cosa.»
Nick corse in laboratorio e si sedette davanti al computer alla ricerca di un fascicolo risalente a circa sette anni prima, in tutta fretta lo stampò e corse dietro a Warrick per andare da Brass. I mandati erano appena stati inviati a tutti i distretti della città: circa due ore e mezza dopo tutta la famiglia Munroe si ritrovò al Distretto della Scientifica, ammanettata: ogni membro della famiglia venne interrogato separatamente in modo da raccogliere più prove per inchiodare il vero assassino. Decisero di cominciare da Jeremy in quanto le impronte ritrovate sull’arma erano sue.
L’agente Stokes era visibilmente agitato, continuava ad andare avanti e indietro per la stanza mentre il volto di Jeremy non esprimeva il minimo cenno di paura o di rammarico.
«Avanti Jeremy, sappiamo che hai maneggiato l’arma del delitto: abbiamo trovato le tue impronte sopra il manico del coltello e a meno che tu non abbia altra spiegazione non sarà difficile incriminarti, quindi hai qualcosa da dirci?» Warrick fissava il sospettato davanti a lui, pronto a scattare al minimo cenno di colpevolezza.
«Non saprei cosa dirvi, il quadro della situazione credo che lo abbiate capito fin troppo bene... Cosa dovrei dirvi di più?»
Nick si appoggiò al muro guardando il giovane con aria di sfida.
«Per cominciare potresti dirci il movente dell’omicidio, anche se ciò che più interessa noi è il ruolo che hanno avuto tua madre o tua sorella in tutto questo!»
Jeremy scattò in piedi. «Loro lasciatele stare! Non c’entrano nulla in tutto questo e metterle in mezzo sarebbe solo vile e meschino da parte vostra!»
«Se hanno fatto qualcosa è giusto che paghino, ma facendo così non le aiuti! Se parlano adesso potrebbero avere clemenza dal giudice.»
«No, sono stato io a uccidere mio padre. Mi molestava da bambino, ha molestato mia sorella e picchiava mia madre! L’ho ucciso per odio e per vendetta, arrestatemi!»
Warrick guardò Nick quasi sconfortato, non era ciò che avevano in mente e sapevano perfettamente che sotto c’era qualcos’altro. Dovevano interrogare le altre due sospettate per capire come era andata.
«D’accordo Jeremy, per adesso starai fermo qui fino a che non arriverà il tuo avvocato, poi potremo convalidare l’arresto.»
 
I due agenti uscirono dalla stanza, fuori li aspettavano Brass e Grissom, che avevano assistito all’interrogatorio da dietro il vetro a specchio.
«Ragazzi ottimo lavoro davvero.»
«Grazie Jim, ma non credo che sia tutto qui... La madre sa qualcosa e la sorella sembra più implicata di lui. Andiamo, ha aspettato tutti questi anni per vendicarsi delle molestie?»
«Sai Nick, l’animo umano è crudele e impiega anni per architettare vendette ben peggiori di queste!»
«No Grissom, ci deve essere altro. Ci sono alcune cose che non quadrano...»
Grissom era perplesso, Nick di solito non sbagliava sul suo sesto senso.
«Ad esempio, abbiamo trovato diversi oggetti che collocano Lucinda nell’appartamento di Bobby Deregol, secondo me quei due se la facevano insieme e il padre lo ha scoperto. La cosa è degenerata perché Deregol aveva prestato un mucchio di soldi a Lawrence.»
«Verificate questa ipotesi, la signorina Munroe è nella stanza qua accanto che vi aspetta.»
I due agenti si diressero insieme verso la stanza ed entrarono.
«Oh, agente Stokes che piacere vederla!» Nella voce di Lucinda c’era una nota di ironia.
«Signorina Munroe questo è il mio collega Warrick Brown, volevamo informarla che suo fratello ha confessato l’omicidio ma vorremmo comunque che lei ci spieghi alcune cosette che non ci sono chiare.»
«Mio fratello vi ha detto che ha ucciso nostro... padre? E cos’altro vi ha detto?»
«Niente, per questo siamo qui da lei. Cosa ci può dire di un certo Bobby Deregol?»
«Non so quasi niente di lui... mio padre gli doveva qualche migliaio di dollari ma non l’ho mai conosciuto di persona.»
«Strano, perché abbiamo trovato queste nel suo appartamento mentre lo perquisivamo.» Warrick pose sul tavolo il sacchetto contenente le mutandine rosse trovate sotto il materasso.
«Sopra c’è il suo DNA compreso quello di Deregol... a me sembra che vi conoscevate fin troppo a fondo e se questo non basta a convincere una giuria abbiamo trovato questo ciondolo con le iniziali L.M. vicino a un mobile.»
Nick sorrise e prese un altro sacchetto. «Esatto, e se la mia memoria non mi inganna direi che questo orecchino è quello che le mancava il giorno che ci siamo parlati per la prima volta, se lo ricorda? Fuori, sul vialetto di casa sua.»
Lucinda era rassegnata, non poteva nascondere altro.
«Sì, d’accordo, avevo una relazione con Bobby e allora? Non mi sembra un male.»
«No affatto, ma come è andata? Suo padre l’ha scoperta e l’ha minacciata?»
«Minacciata? Oh no, mi ha semplicemente dato uno schiaffo e ha detto che sarebbe andato a uccidere Bobby.» Guardò Nick negli occhi, poi tornò a parlare con Warrick.
«Voi pensate che Bobby sia un rifiuto umano, un bastardo che pensa solo al denaro, ma vi sbagliate di grosso. Quando seppi di essere incinta volevo scappare di casa, Bobby mi ha preso con sé senza dire niente a nessuno.»         Lucinda fece una pausa e scoppiò a piangere. «Bobby non c’entra e nemmeno Jeremy, sono stata io... quel giorno, quando mio padre mi ha tirato uno schiaffo io feci per tornarmene a casa da Bobby, stavo quasi uscendo quando mi afferrò per un braccio. Aveva il viso rosso dalla rabbia, gli avevo appena confessato la mia relazione con Bobby, ma lui mi disse che io ero solo sua, che Bobby non avrebbe mai avuto le sue due figlie.» guardò Stokes dritto negli occhi. «Sì agente Stokes, Manuela è figlia mia e di mio padre, ma credo che voi lo sappiate già...»
«Lo sappiamo purtroppo, e quasi le do ragione per la sua morte.»
«Nessuno deve morire, agente Stokes.» la ragazza quasi sorrideva. «Avrei di gran lunga preferito vederlo marcire in galera, lei sa cosa succede ai pedofili in carcere, sarebbe stato ricambiato con la stessa moneta. Sono tre anni che sto con Bobby, è stato il mio appiglio. Adesso sono felice con lui, ha adottato mia figlia nonostante non sia sua, e lei lo chiama papà...» Cominciò nuovamente a piangere. «Mi trascinò in cucina sul divano, non voglio pensare cosa mi avrebbe fatto se non lo avessi fermato... vidi il coltello sul tavolo e lo pugnalai ma evidentemente non presi nessun punto vitale, corsi al piano di sopra in cerca di un telefono con ancora il coltello in mano. Mentre componevo il numero di Jeremy sentivo mio padre urlare mentre saliva faticosamente le scale. Quando entrò in camera presi la lampada e gliela tirai in testa, cadde supino sul letto. Pensai che fosse morto e spaventata richiamai Jeremy. Arrivò dieci minuti dopo, quando vide ciò che era successo mi disse di non fare niente e di andare a lavarmi e di indossare vestiti puliti, che ci avrebbe pensato lui... Corsi in bagno e mi lavai, togliendo tutto il sangue. Lavai anche i vestiti. Quando uscii dalla doccia tremavo, Jeremy entrò poco dopo, anche lui insanguinato. Gli chiesi cos’era successo e mi disse che papà si stava riprendendo perché era solo svenuto e che lo aveva pugnalato più e più volte finchè non smise di muoversi. Poi scese al piano di sotto e buttò il coltello in giardino... quando tornò da me mi spiegò cosa dovevo fare...» Continuava a singhiozzare sempre più forte, fin quando non riuscì più a parlare, la bocca era impastata dalle lacrime. «Posso parlare con mio fratello adesso?»
«Prima che arrivi l’avvocato, le concediamo dieci minuti.»
Scortarono la ragazza dal fratello.
«Jeremy perdonami! Io non...»
«Lucinda va tutto bene, sono contento di ciò che ho fatto, ci ha rovinato la vita. Lo meritava.»
«Ti voglio bene Jeremy.»
«Anche io Lu, anche io... prenditi cura della mamma e di Manuela.»
«Lo farò, te lo prometto... te lo prometto.»
 
Brass entrò con l’avvocato, pronto a convalidare l’arresto. Il processo si svolse una settimana dopo con la condanna di Jeremy a diciotto anni.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 
Epilogo
 
Quella sera stessa Nick e Warrick andarono al bar, Warrick doveva ritirare il premio per la caccia alla prova.
«Nonnina ti vedo nettamente rilassata rispetto all’altro giorno.» Warrick non mancava mai di ironia.
«Spiritoso davvero, nipote. A parte questo ho riflettuto su cosa ha detto Lucinda stamattina... mi ha aperto gli occhi... “Nessuno merita di morire”, dopo Samantha tutto il mondo mi sembrava tremendamente ingiusto. Volevo che ogni criminale arrestato andasse al patibolo, volevo morire perché mi sentivo colpevole della sua morte. Ma adesso, cioè, persino Lucinda con tutto ciò che ha passato non ha desiderato la morte di suo padre. Perché devo volerla io per me?»
«Nick, noi siamo agenti, con tutto lo schifo che vediamo ogni giorno è normale desiderare la morte di carogne come Lawrence Munroe, come Squeezer... non sentirti in colpa di questo.»
«No Warrick, non hai capito. Noi siamo agenti, siamo la legge, dobbiamo fare in modo di compiere giustizia. Se io penso a far morire un criminale sarò un criminale anche io... Lasciamo stare, beviamo alla tua vittoria.»
«Saggia decisione nonnina, qua la mano.»
 
 

Fine.

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