Foam & Legno

di CainxAbel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** La spazzatura dell'inferno ***
Capitolo 3: *** Il trionfo del gatto ***
Capitolo 4: *** A casa del mangiagatti ***
Capitolo 5: *** Il club dei metalli ***
Capitolo 6: *** Ferite aperte ***
Capitolo 7: *** Ciò che conta davvero ***
Capitolo 8: *** Senza palle ***
Capitolo 9: *** Il bacio della principessa ***
Capitolo 10: *** Vampire no hime ***
Capitolo 11: *** Spin off 1: il sentiero delle zanne ***
Capitolo 12: *** Fuoco e cenere: cuore scalpitante ***
Capitolo 13: *** Fuori controllo ***
Capitolo 14: *** La corsa delle voci ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


Certe storie iniziano con un “ c’era una volta” ma questa comincerà con un “ c’era”. Il soggetto in questione era un ragazzo di nome Foam. Era basso e molto timido e il suo più grande desiderio era rendersi invisibile. Non c’era giorno che trascorresse senza che qualcuno gli facesse passare l’inferno. Era deriso e escluso da tutti e lui si chiudeva ancora di più in se stesso. Rendersi invisibile sarebbe stato meglio per tutti: lui sarebbe stato ignorato e gli altri avrebbero trovato una nuova vittima. Per quanto lo desiderasse, Foam non riusciva a passare inosservato. Aveva i capelli che oscillavano tra il bianco e l’argento con punte variopinte che formavano un arcobaleno. Anche i suoi occhi, di solito color nocciola, sembravano cambiare alla luce del sole e il suo abbigliamento era molto variopinto. Il bianco sembrava predominare rispetto agli altri colori, in particolare quello di un paio di anfibi che di solito indossava. Di Foam sparlavano tutti e tutti lo evitavano come un’orribile malattia da non contrarre. I peggiori, pensò amaramente quella sera, erano Gold e Silver, due giovani spacconi e arroganti  che si arrogavano ogni diritto, compreso quello di trattarlo come una pezza sporca sotto i loro piedi. L’avevano voluto costringere a indossare un vestito da cameriera, con tanto di fiocchi, merletti, grembiulino rosa e calze e dopo un suo secco rifiuto, era stato gettato come spazzatura. Gold e Silver l’avevano sollevato ( non che fosse un’impresa considerando quanto fosse minuto) e lui… non voleva pensarci. Aveva le lacrime agli occhi e poteva solo imprecare mentalmente la solita sfortuna che si avvinghiava a lui come un’amante spietata.
Quella stessa sera un ragazzo passeggiava nei pressi della stazione, preda dell’inquietudine. Il suo nome era Legno. Alto e piazzato, era un tipo contro cui non conveniva scontrarsi. Non era difficile che attaccasse briga con qualcuno, specie se quel qualcuno faceva il prepotente. Legno odiava le ingiustizie e due erano i colori che lo rappresentavano: il marrone quando era calmo ( cosa che avveniva molto raramente) e il rosso quando era furioso ( la consuetudine).
Era agitato per molteplici ragioni, compresa di dover tornare a sopportare un tormento chiamato scuola, ma un altro motivo del suo turbamento era il pensiero che con Forex e Worbla , i suoi acerrimi nemici ( non gli unici) , sarebbero ricominciati gli scontri. Spesso riusciva ad assestare qualche buon colpo, ma altrettanto spesso li subiva e finiva con lividi e occhi pesti. Una volta gli era uscito così tanto sangue dal labbro da sentirsene turbato, ma Legno non temeva né il sangue, né le botte e nemmeno i prepotenti. Quella sera, preso da quei pensieri, si accorse quasi per caso di alcuni mugolii. Provenivano da un cassonetto della spazzatura.
“Maledetti bastardi” pensò, temendo che si trattasse di un cucciolo abbandonato.
 Il cuore gli batteva furiosamente nel petto di fronte a quell’ingiustizia, l’ennesima a cui gli toccava assistere. Quei versi che gli facevano così pena si fecero sempre più forti. Udì il rumore di qualcosa che batteva tra le pareti del cassonetto. Legno si affrettò in quella direzione e l’aprì. La sua sorpresa fu grande nel rendersi conto che non si trattava di un gatto o di un cagnolino, ma aveva comunque gli occhi da cucciolo. Foam implorò con lo sguardo di liberarlo, poi emise una specie di sospiro rassegnato. Forse quel ragazzo era come gli altri, avrebbe semplicemente chiuso il cassonetto e se ne sarebbe andato, abbandonandolo.
Forse per un bizzarro scherzo del destino che voleva prendersi gioco delle sue aspettative, Legno non solo non chiuse il cassonetto, ma si sporse per afferrare Foam, come se fosse un gattino. Quest’ultimo fu talmente sorpreso da quel gesto che non riuscì a emettere un suono. Quando Legno lo posò a terra, si ricordò di respirare e trasse un grande sospiro di sollievo quando gli fu tolto il bavaglio, con una delicatezza che non si aspettava da una persona così robusta e con uno sguardo così truce. Gli occhi dalle iridi rosse del suo salvatore lo scrutarono, come per rassicurarsi che stesse bene.
“G-grazie mille” balbettò Foam “ senza il tuo aiuto forse sarei persino morto in quel cassonetto”.
“ Chi ti ha buttato lì?”
La domanda suonava strana persino a Legno che l’aveva formulata, ma la sua espressione si mantenne seria.
“ Gold e Silver” farfugliò Foam che presto si mise una mano sulla bocca, pentito di aver nominato i colpevoli.
“ Lo  immaginavo, stronzi come sono” commentò seccamente Legno “ li conosco meglio di chiunque altro”
Foam rimase stupito da quelle parole, ma non fece nemmeno domande. Doveva accettare dogmaticamente una momentanea interruzione della sua cattiva sorte. Rimase in piedi davanti a Legno, ma distolse rapidamente lo sguardo da lui.
“ Ancora grazie per non aver chiuso quel cassonetto. Per te e per chiunque altro sarebbe stato più semplice”.
Foam tenne lo sguardo basso fisso sui suoi anfibi. Doveva avere un aspetto orribile con i capelli scarmigliati e sporchi e gli abiti macchiati. Avrebbe voluto seppellirsi sotto terra per la vergogna.
“Gold e Silver sono la vera spazzatura”.
Dopo aver pronunciato quelle parole, Legno non disse altro. Foam avvertì una certa tensione e voleva solo scappare. Le gambe erano tese, pronte a scattare e il suo sguardo era smarrito, gli occhi gli si fecero grande, mentre assumeva un’espressione tale da suscitare pietà.
“Non farti mettere i piedi in testa da quei due e lo stesso vale per gli altri” disse Legno “ Cosa aspetti a tornare a casa? I tuoi ti stanno aspettando”.
“Eh, sì”.
Foam si accorse di battere troppo spesso le palpebre, come se avesse bevuto troppo caffè. Si strinse al petto il borsone con quel poco che aveva e con un timido cenno della mano salutò il suo salvatore, ringraziandolo sommessamente.
Lungo la strada di casa si trovò a pensare che all’infuori della sua famiglia, solo la presenza di quel ragazzo gli aveva trasmesso un po’ di sicurezza. Forse, almeno per una volta, la sfortuna capricciosa avrebbe potuto aspettare.



Note di quella pazza dell'autrice: è nato tutto da una serie di deliri durante il Romics 2014. Mentre si impersonano le malattie come Ebola-chan preferisco impegnarmi sui materiali, che siano impiegati per il cosplay o meno. Povero Foam, come sempre tratto male i miei personaggi: che aspirante scrittrice cattiva che sono! Recensite, please, anche dicendo che sono pazza, lo accetterò. 
 
 

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Capitolo 2
*** La spazzatura dell'inferno ***


Leather*1 controllò per l’ennesima volta di aver portato tutto con sé. Guardò la borsa, ma senza cercare freneticamente qualcosa. Niente libri, ma solo un quaderno con una penna dall’aria ricercata come la sua proprietaria e ombretti. Alta, formosa , ma aggraziata, già attirava numerosi sguardi maschili. Il girovita stretto era accentuato da una giacca di pelle attillata e da pantaloni bianchi altrettanto aderenti. I capelli mossi e castani erano raccolti in una lunga treccia e due ciocche le sfuggivano volutamente, per accarezzarle il viso dai tratti marcatamente femminili.
Le sue labbra si mossero come se volesse dire qualcosa, ma tacque. Quelle stesse labbra avevano spesso pronunciato parole gentili, rifiuti ai suoi spasimanti e qualche volta avevano anche baciato, ma non si erano mai posate su una sigaretta. A differenza sua, Lycra fumava come se non ci fosse un domani. Stava appoggiata a un muretto con le gambe volutamente in mostra, messe in risalto da calze color carne. Avrebbe indossato volentieri la sua minigonna più corta, se il regolamento scolastico non le avesse imposto qualcosa di più sobrio e decoroso. Avrebbe dovuto accontentarsi di un paio di pantaloncini che faticavano ad arrivare al ginocchio e stivali. Scosse la testa, mettendo in mostra la sua chioma biondo platino, liscissima. I suoi occhi scurissimi scrutavano gli studenti in arrivo. Sguardi maschili anche su di lei, constatò con orgoglio crescente.  Sulla sua t-shirt c’era scritto “ Single? No, impegnata col rossetto” e quello era davvero il suo unico impegno serio. Nemmeno la scuola e le persone rientravano così tanto nei suoi interessi.
“Che ragazzi orribili” commentò con spietatezza, inspirando profondamente.
“Lycra, se ci beccano i prof, saranno guai” l’ammonì Leather “ e poi odio fumare. Spegni quella sigaretta . Un po’ di rispetto, per favore”.
“ Qui sei tu quella che attira più ragazzi, ancora per poco”.
Lycra sbuffò e gettò a terra la sigaretta, spegnendola con la punta di un tacco e scese con calma dal muretto. Tra lei e Leather vigeva un patto silenzioso: la più corteggiata dominava e almeno sul numero di spasimanti le due ragazze non si raccontavano bugie.
“Lycra, dovresti risparmiarti certi commenti. Ci sono anche ragazzi carini, ma sento che accadrà qualcosa di strano quest’anno”.
Era stata Glass a prendere la parola. Delle tre, era quella che definivano la meno attraente, non perché non fosse bella, ma perché spiazzava gli altri con le frasi che pronunciava. Era molto minuta, a differenza delle prosperose Leather e Lycra.
Glass preferiva osservare piuttosto che parlare. Poteva restare ore ad ascoltare qualcuno senza cambiare espressione, ma non amava raccontare molto di sé. Quel poco che diceva era sensato oppure era una previsione, molto spesso corretta. Se lei avesse previsto che sarebbe accaduto qualcosa di strano, l’anormalità avrebbe fatto capolino in quell’anno scolastico. Su Glass girava ogni sorta di diceria: che sapesse leggere i tarocchi, che fosse in contatto con gli spiriti di tutti gli studenti e che, insomma, avesse poteri paranormali. Molte coppie di fidanzati si rivolgevano a lei per scoprire come sarebbe andata a finire la loro storia d’amore, ma spesso la sua risposta si riduceva a un semplice “ niente dura per sempre”. Le aspiranti coppie finivano spesso per scoppiare e alcuni ne attribuivano la colpa a Glass.
“Comunque” disse , interrompendo il silenzio che si era creato “ non è il numero di spasimanti che indica quanto si vale. Mi rivolgo a entrambe”.
Con quelle secche parole il discorso si sarebbe concluso, non senza una smorfia di Lycra che avrebbe aspettato volentieri l’allontanamento di Glass per sparlare di lei.
“Ciao, Lycra”.
Si voltò rapidamente, senza nemmeno salutare.
“ Smamma, sfigato” borbottò tra i denti alla vista del suo ennesimo corteggiatore, che tuttavia non se ne accorse.
“Guarda lì” la interruppe Leather.
“Che c’è?” sbottò Lycra.
Leather alzò le spalle, indicando davanti a sé.
“ Sta calciando quella lattina con rabbia” commentò Lycra “ perché dovrei osservarlo?”
“È Legno” disse Leather con un’espressione indecifrabile.
“ Quindi?”
“Ricordi? Si dichiarò a me qualche mese fa”.
“Secco rifiuto, suppongo”.
“Non secco, ma comunque rifiuto. Insomma, basta vederlo, come attacca  briga con gli altri. Si espone troppo, non ha rispetto o vergogna e se potesse, picchierebbe a sangue Gold e Silver”.
“Questo è vero”.
Lycra sussurrò qualcosa all’orecchio di Leather. Si trattava di vecchi pettegolezzi, di “ scandali”, di notizie che a scuola si erano diffuse a macchia d’olio. Leather non se ne stupì, ma si mantenne calma e composta, mentre Legno si allontanava da lei, correndo come se avesse visto un fantasma.
 
Foam si muoveva freneticamente da una parte all’altra, con le lacrime agli occhi.
“Bel tiro, Forex!” esclamò Gold, afferrando lo zaino.
Foam lo voleva recuperare a tutti i costi: era il suo.  Il suo sguardo si muoveva smarrito da una parte all’altra. Forex era altissimo e sembrava una montagna muscolosa che avrebbe potuto ridurlo in briciole. Le gambe di Foam tremarono e nel frattempo Silver cercava di spingerlo per farlo cadere a terra.
“Che puzza!” esclamò poco dopo, lanciandogli un’occhiata eloquente “ C’è della spazzatura qui vicino”.
“ Eh già” gli fece eco Gold “ proprio spazzatura. Forza, Foam, per oggi lo zaino è leggero, non sarà difficile riprenderlo. Non c’è Worbla a giocare con noi e credo che sia un atto di pietà nei tuoi confronti”.
“Vi prego, basta” farfugliò Foam, mordendosi le labbra.
L’inferno stava iniziando, constatò cupamente. La speranza che le cose potessero andare in modo diverso era assurda. Lui era basso, piccolo e debole, loro erano tanti, robusti e molto cattivi.  Qualcuno li stava persino guardando, ma non stava facendo nulla. Come sempre, del resto. C’era chi fischiettava allegramente, chi li studiava con interesse, chi ridacchiava. Nessuno che, invece, muovesse un dito in suo aiuto.
“Dai, Foam, non piangere” rise Silver “ Forse oggi potevi rimanere a casa, non credi?”
Le labbra del diretto interessato tremarono. Brutto segno, stava per piangere e per giunta davanti a tutti. Rimase teso, con gli occhi che si stavano per annebbiare per colpa delle lacrime.
“Gold, Silver, perché dovete continuare a fare gli stronzi con chi non se lo merita?”
Foam sentì il cuore accelerare i suoi battiti. Per qualche istante credette di essersi immaginato quella voce. La voce del suo salvatore. Aveva uno sguardo truce che incuteva timore, le braccia incrociate al petto e le dita così serrate che Foam sentì l’agitazione crescere in lui.
“No, il nostro Legno ci rovina la festa” si lamentò Silver.
“ Il principe azzurro sul cavallo bianco” sghignazzò Gold  “ ma non è vestito di azzurro e non ha un cavallo”.
“Però c’è la principessina” aggiunse malignamente Silver, indicando Foam che tremava come una foglia.
Voleva scappare, doveva farlo, ma non senza il suo zaino. Legno scrutò Gold, Silver e Forex. I suoi occhi dalle iridi rosse parevano brillare di luce propria, mentre si avvicinava a grandi falcate nella loro direzione. Afferrò Gold per il colletto della camicia.
“Lascia quello zaino e anche il suo proprietario” disse in una specie di sibilo rabbioso.
Gli occhi dorati di Gold rimasero sbarrati per un misto di stupore e paura. Silver e Forex sembravano pronti a intervenire, ma Legno lanciò loro un’occhiata di fuoco.
“Non vogliamo iniziare l’anno scolastico con una rissa, non è vero? Se oggi non fossi così tranquillo, vi avrei già preso a pugni”.
“Non lo faresti davvero” commentò Silver con disprezzo “ verresti sospeso, magari espulso!”
“Questo mi renderebbe felice” ridacchiò Legno “ Non starei vicino a rifiuti come voi. Persino condividere l’ossigeno con voi mi dà fastidio”.
Gold lasciò a terra lo zaino di Foam e Legno allentò la presa, ma non senza studiarlo attentamente.
“E poi” aggiunse, rivolto a Forex “Divertiti con qualcuno della tua stazza”.
Il diretto interessato divenne livido di rabbia, mentre il pubblico assisteva alla scena col fiato sospeso. Persino Leather si voltò a osservare Legno da lontano, per qualche fugace istante. Lui non stava scappando da lei.
“Affari di ragazzi” sbuffò Lycra con disprezzo “ Gold e Silver si vendicheranno. Li conosco abbastanza bene per dirlo”.
Leather tacque, senza accorgersi di Glass che stava scivolando in direzione della folla, con un’espressione sognante.
Foam si sentì osservato. In ogni direzione degli sguardi lo stavano scrutando e il volto gli divenne paonazzo.
“G-grazie”farfugliò timidamente a Legno, mentre Gold e Silver si allontanavano furiosi.
“Non devi ringraziarmi di nulla. Non li sopporto”.
Foam sorrise appena, grato del fatto che per una volta la sfortuna non infieriva troppo su di lui.
“Però hai aiutato uno sfigato come me” aggiunse.
“Convincerti di esserlo non ti aiuterà”.
Legno pronunciò con durezza quelle parole e Foam si sentì stringere il cuore.
“Allora grazie e … ci si becca”.
Fece fatica a parlare senza che la voce gli si impastasse. Con la coda dell’occhio osservò Legno che camminava al suo fianco. Lo stava seguendo? L’avrebbe preso in giro in un secondo momento? L’espressione del suo salvatore era indecifrabile.
Lo stava ancora seguendo e Foam abbassò lo sguardo. Il corridoio gli pareva interminabile. Quando avrebbe raggiunto la sua classe? Lui non era portato per le corse, ma il suo cuore sì. Scalpitava furiosamente nel petto e rendeva insopportabile persino il peso dello zaino.
“Eccoci qui. IV E” borbottò Legno.
“Ehm, è la mia classe” disse Foam in un sussurro.
“Quest’anno anche la mia”.
Legno sorrise in un modo provocante che costrinse Foam ad abbassare lo sguardo. Strinse le spalle e sul volto gli si dipinse una smorfia.
“Stai scherzando? Credevo che frequentassi l’ultimo anno…”
“ Sono stato bocciato”.
Legno lo disse con naturalezza e Foam impallidì.
“I miei mi avrebbero ucciso”.
“ I miei l’hanno quasi fatto” ridacchiò Legno “ Ti faccio così paura come compagno di classe?”
“Ecco, non proprio. Mi hai aiutato, quindi sei rassicurante in un certo senso. Non ti conosco e…”
“Ci sarà tutto il tempo per conoscerci”.
Foam annuì lievemente, ma proprio in quel momento trovò un modo per evitare una situazione  imbarazzante. Individuò una chioma grigia con sfumature rossastre nella folla di studenti. Si trattava del suo migliore amico, ma non riuscì a chiamarlo ad alta voce come avrebbe voluto. Nonostante ciò, lui lo salutò e gli fece l’occhiolino.
“Di nuovo compagni di banco, Foam?”
“Puoi scommetterci, Iron*2”.
Il diretto interessato si sistemò gli occhiali con disinvoltura. Quel giorno indossava una t-shirt con capitan America.  Era uno dei suoi pezzi preferiti e Foam ricordava che l’amico lo esibiva ogni anno al primo giorno di scuola. Era una specie di rito.
“Forse quest’anno riuscirò a realizzarla” disse lui tutto esaltato.
“Che cosa?” domandò timidamente Foam.
Per qualche istante Iron lo guardò come se fosse un completo estraneo. Fu un attimo, ma fu sufficiente a far sentire Foam a disagio.
“L’armatura di Iron-man!”
“Ah, è vero” disse Foam, mordendosi le labbra “ In effetti è sempre stato il tuo sogno”.
“E riuscirò a realizzarlo”.
Iron come sempre era determinato, ma era anche vero che in più di tre anni non aveva ancora realizzato un singolo pezzo della famosa armatura. Entrare in aula fu meno traumatico del previsto. Lui e Iron riuscirono a trovare due posti vicino alla finestra.
Constatò che Legno allontanava tutti con lo sguardo, mentre si sistemava all’ultimo banco, ultima fila. Foam lo seguì con lo sguardo e quasi non si accorse del fatto che Iron gli stesse parlando.
“Allora mi accompagnerai in fumetteria oggi pomeriggio? Ti supplico, c’è quell’Iron-man alto 30 centimetri che mi fissa sempre in vetrina”.
“Sì, non ho niente da fare” rispose distrattamente lui, tracciando qualche segno sul banco con le dita.
Proprio in quel momento il professore entrò in aula.
“È Ink*3, il nuovo prof di letteratura classica” farfugliò preoccupato Iron “ Dicono che sia fuori di testa”.
“Ottimo”.
Foam alzò timidamente le spalle, mormorando appena quelle parole. Si rese conto che forse il suo migliore amico non fosse nel torto. Il professore si presentò in un modo ( come poteva spiegarlo?) minaccioso. Attraverso la letteratura pretendeva di insegnare la “ normalità” e i “ valori” da seguire. Mentre parlava, si toccava spesso i capelli neri. La sua testa già presentava qualche segno delle temutissime calvizie e i suoi baffi erano folti e scuri.
“È un Super Mario vecchio e cattivo” scrisse Iron sul banco.
Foam sorrise, ma si trattenne dal ridere.
“Promette bene” ironizzò.
Iron assentì col capo. Le lancette dell’orologio parvero non voler muoversi, mentre il professor Ink enunciava  il regolamento scolastico e annunciava il nuovo arrivato. Legno guardò i suoi nuovi compagni di classe come se volesse ridurli in polvere e Foam temette quello sguardo. Era nervoso, scarabocchiava qualcosa sul suo quaderno e lanciava occhiate qua e là, come se si sentisse osservato e volesse  fuggire a gambe levate. Solo la ricreazione fu il suo momento di liberazione. Si sentiva turbato dalla piega che stavano assumendo gli eventi, soprattutto dallo sguardo di Legno.
“Non vorrei uscire” farfugliò, rivolto a Iron.
“Perché?”chiese lui stupito “ Dobbiamo andare da Plexi*4”.
“Lo so, ma Gold, Silver, forse anche Forex.. non posso uscire”.
“Foam, dobbiamo risolvere questa situazione. Non puoi rimanere tutto solo. Prendiamo a calci quel branco di idioti, ma non rimaniamo qui un minuto in più. Il prof sa rendere l’atmosfera soffocante”.
“D’accordo” farfugliò Foam poco convinto.
Lui e Iron uscirono dall’aula, seguiti dallo sguardo truce di Legno, che sembrava avercela col mondo intero.
Plexi stava aspettando con impazienza vicino al distributore. Stava seduta sulle scale, guardando davanti a sé. Per quel giorno aveva deciso di indossare  una extension viola, quella che per la lunghezza e la sfumatura era la sua preferita. Per lei era la migliore sui suoi capelli neri. Indossava un vestito lungo fino alle ginocchia che si chiudeva sul peto con dei lacci violetti. Le calze erano a strisce, grigie e nere e le scarpe avevano un piccolo tacco e fibbie color argento. Numerosi erano gli accessori, molti dei quali richiamavano il viola della sua extension, come il collare con le borchie o il bracciale a scacchi nero e viola.
Come al solito tutti la guardavano storto, Lycra con un’espressione disgustata, evitandola come la lebbra. Era così abituata a ciò da non avvertire nemmeno la fitta al petto della solitudine. Dopotutto aveva amici su cui contare. Alla vista di Foam e Iron un sorriso sorse spontaneo sul volto, come il sole all’alba. Li salutò con un cenno della mano.
“Com’è andata?” domandò a bruciapelo.
“Ink è un demone dell’inferno” commentò Iron.
“Se ne parlava in giro”.
Plexi alzò le spalle con naturalezza. Era preoccupata e lanciò un’occhiata colma di apprensione a Foam.
“Come va?” gli domandò “ Loro ti hanno dato fastidio?”
Lo sguardo di Foam vagò smarrito da una direzione all’altra, come se volesse evitare a tutti i costi gli occhi di Plexi.
“Come al solito. Dobbiamo fare qualcosa” sospirò Iron.
Lei annuì appena e tirò fuori dal suo borsone un foglietto di carta.
“Lo immaginavo” borbottò.
Steso il foglietto, Foam e Iron risero. A caratteri cubitali c’era scritto “ Che inizi il programma CSP ( che gli stronzi paghino)”.
 
L’angolo dell’autrice pazza :  in questo capitolo ho introdotto un sacco di personaggi. Qui ci sono delle note che possono aiutarvi a comprendere la storia ( anche per chi non conosce l’inglese )
 
*1 Leather significa “ pelle”
*2 Iron significa “ ferro”
*3 Ink significa “ inchiostro”. Abbastanza azzeccato per un professore di letteratura classica.
* 4 Plexi è un’abbreviazione di “Plexiglass”
 
Spero che questa storia vi stia appassionando come sta accadendo a me che la sto scrivendo ;) Fatemi sapere che cosa ne pensate. 

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Capitolo 3
*** Il trionfo del gatto ***


L’insegna del “Neko no hime” *1  brillava in modo sinistro agli occhi di Legno. Gli ricordava il suo dovere  l’allettante prospettiva di un po’ di denaro per sé. Doveva girare tra i tavoli, prendere le ordinazioni e servire, ma c’era una pecca in quel lavoro: che a volte doveva svolgerlo con qualche umiliante costume a tema. Canvas non sapeva avere pietà. Progettava serate di ogni genere con i costumi più impensabili, ma i suoi preferiti erano quelli da gatto. Le labbra di Legno si strinsero in una smorfia.
“Legno, al tavolo 3!” gli gridò Paper *2.
Sembrò svegliarsi come da un sogno, mentre correva in quella direzione con il blocchetto delle ordinazioni in mano. Ciò che non sopportava di quel lavoro era il continuo riferimento ai gatti, i “ nya” *3 del suo proprietario Canvas che rideva rumorosamente, il successo assurdo delle orecchie da gatto che spesso gli altri camerieri indossavano. Per fortuna Legno non aveva mai avuto il suo paio. Sarebbe stato troppo da sopportare, come un campanellino, manco fosse proprietà di qualcuno. Lui non era di nessuno, tranne che di se stesso. Avrebbe vissuto volentieri da solo ancora per molto e nonostante i soldi che sua madre gli mandava per pagarsi l’affitto, lui voleva avere la sua autonomia e il suo denaro da gestire. Era la sua prima sera di lavoro dopo quasi due settimane di ferie. Gli sembrava strano ritornare in quel locale luminoso dove si respirava aria di festa in ogni angolo. Lan *4 indossava la sua divisa da maid *5 verde smeraldo e bianca con un’ampia gonna che arrivava alle ginocchia. I capelli riccissimi e rossi erano raccolti in una folta coda. Il trucco era appena accennato e come al solito trattava con gentilezza i clienti. Tutti la adoravano.
Legno, invece, a volte incuteva timore. Qualcuno si zittiva al suo passaggio, poi qualche ragazza sospirava mormorando “ Quanto è bello”. Forse era per la grande affluenza di clientela femminile che lui continuava a lavorare lì. Alla fine per lui non era un motivo di vanto, quanto un’occasione per continuare a guadagnare un po’ di denaro. Per lui era strano indossare una camicia bianca, anche se il gilet rosso gli andava a genio. Quella sera c’era un po’ più di fermento del solito o almeno credeva. Paper sorrideva al suo passaggio, lanciandogli occhiate che volevano dire qualcosa e Lan ridacchiava, ma non voleva che qualcuno se ne accorgesse. L’irritazione di Legno crebbe a dismisura. Quando il suo turno terminò, scoprì tutto. Mentre si lavava il viso,una busta colorata attirò la sua attenzione, ma ancora di più un biglietto giallo canarino con scritto “ Alla nostra testa di legno preferita”.
Una smorfia affiorò sul volto di Legno. Era disgustato e allo stesso tempo irritato, non avrebbe saputo dirlo con precisione. Si inginocchiò vicino alla busta per verificarne il contenuto, peraltro molto sospetto. Quando ne aprì un angolino, quasi fu preso da un’ondata di nausea. Le orecchie bianche da gatto spiccavano su ogni cosa e si voltò dall’altra parte. C’era un altro biglietto giallo canarino.
“Ricordi il gruppo di gattini che dovevamo fare insieme? Abbiamo pensato a te e internet ci ha salvati”.
Aprendo la busta Legno tirò fuori un kigurumi*6  bianco. Gli occhi da gatto erano azzurri e c’era persino una coda. Per quanto riguardava la taglia, era una s. Il ragazzo fu sul punto di ridere a crepapelle, ma si trattenne. Mantenne la sua consueta espressione sdegnosa, infilò il kigurumi nella busta e uscì dal bagno. Raggiunse in fretta Lan e Paper che lo guardarono, come se sperassero in una risposta.
“Bel pensierino” commentò con sarcasmo “ Peccato che sia della taglia sbagliata”.
Lan si mise le mani tra i capelli, gli occhi sbarrati. Paper alzò le spalle.
“Dici sul serio?”
“Che cosa dite? Pensate che con la s mi entri almeno la testa?”
Legno sorrise in modo sinistro e i suoi due colleghi impallidirono visibilmente. Lan era preoccupata e si morse nervosamente il labbro inferiore.
“No” si lamentò “Così il gruppo salterà. Canvas non la prenderà bene”.
Come al solito, Legno rispose con uno dei suoi sorrisetti provocanti che sembravano colmi di arroganza.
“Salterà il gruppo per come l’avevate progettato: con me” ridacchiò “Conosco qualcuno per cui questo kigurumi sarebbe perfetto”.
 
“Salute! Sai essere spaventoso quando starnutisci”.
Iron ridacchiò alla vista di Foam, che guardò l’amico sospirando. Foam appoggiò la testa sul banco.
“ Non sono raffreddato” si affrettò a spiegare.
“Forse adesso qualcuno ti starà pensando, magari una bella ragazza” ironizzò Iron.
“Certo, come no”.
Era già fortunato a conoscere Plexi che non lo giudicava e derideva. Era fortunatissimo nell’avere Iron come amico: aveva un motivo per ridere ogni giorno, ma una ragazza che pensava a lui… decisamente troppa fortuna per i suoi standard.
Con un sospiro appoggiò lo zaino alla sedia e si guardò attorno. Come al solito qualche sguardo voleva studiarlo per offenderlo, ma non volle pensarci. Desiderava convincersi di non essere uno sfigato. Legno lo stava fissando, come se aspettasse qualcosa da lui. Con le labbra Foam cercò di dire “Che vuoi?” , ma non voleva urlarlo al mondo intero. Legno parve ridere e a quel punto lui strinse le labbra, sentendosi offeso. Qualcuno squadrò quello scambio di sguardi.
“Tutto ok?” gli chiese Iron assestandogli una leggera gomitata.
“Certo, non c’è bisogno di chiederlo”.
La voce di Foam vacillò nel pronunciare quelle parole, poi sospirò.
Accidenti a te, Legno-senpai, mi fai sentire un idiota.
Si mise la testa tra le mani, mentre Iron prendeva qualcosa sotto il suo banco.
“Foam, cosa sarebbe quest..”
Non fece in tempo a parlare che il diretto interessato gli strappò il biglietto dalle mani. Di chi poteva essere? Era una minaccia per rubargli la merenda? Era una resa di conti? Erano Gold e Silver che volevano fargliela pagare, nonostante si trovassero in una classe diversa dalla sua? Con mani tremanti lesse il bigliettino, impedendo a Iron di sbirciare.
Se lo desideri, potremmo vederci in un posto fantastico, anche se in fondo me lo devi, dopo che ti ho aiutato. Se la cosa non ti sembra una tortura, potremmo vederci oggi alle 18. 00 in stazione.
 
L’asociale del cavolo dell’ultimo banco
 
Foam arrossì e batté più volte le palpebre. Piegò il biglietto fino a ridurlo a un rettangolino appena visibile, mentre Iron lo fissava in attesa di una risposta.
“Forse avevo ragione sul discorso della ragazza” commentò con un sorrisetto beffardo “ Dimmi un po’ chi è”.
“Non è vero!”
Foam alzò un pochino la voce e qualcuno si girò. Arrossì ancora di più, finché le sue guance non divennero rosse come pomodori.
Per quella mattina altre questioni l’avrebbero tormentato. Prima dell’intervallo ci sarebbero state due ore consecutive di matematica con il professor Rubber*7 ( roba da suicidio di massa, non mancò di commentare Iron) e un’ora di letteratura con il professore Ink. Un mix letale, che molto probabilmente gli avrebbe fatto sprofondare la testa sul banco. Iron tentò invano di seguire matematica, ma assieme agli appunti c’erano schizzi di supereroi abbozzati da lui. C’era la super carta igienica che non poteva nulla contro il super sciacquone e i super vestiti che non si strappavano mai. Cancellò, disegnò, ricancellò. Sembrava uno studente diligente che stava prendendo innocenti appunti. Foam scriveva a tutta velocità, ma senza capire nulla della spiegazione. Il biglietto di Legno sembrava premere sulla tasca dei jeans, come una zavorra insopportabile. Si mordeva una ciocca dei suoi capelli, nel tentativo di smorzare la tensione. Cosa avrebbe dovuto fare? Non avrebbe avuto impegni, nemmeno in fumetteria con Iron e Plexi. Poteva uscire, constatò. Cosa sarebbe accaduto dopo? Al pensiero il terrore si impossessò di lui. Non aveva alcun argomento di conversazione con “ l’asociale del cavolo dell’ultimo banco” e avrebbe continuato a farfugliare come uno sciocco “grazie” per essere stato aiutato da lui. Gold e Silver sarebbe stato un argomento e per giunta spiacevole.
Basta, mi sto facendo dei viaggi mentali assurdi. Occorre non andare in stazione e il gioco è fatto. Nessun problema, nessuna paura.
Forse si era deciso per una buona volta. Niente agitazione e guadagno in salute. Non riusciva davvero a capire più nulla. Rimase come imbambolato fino all’inizio dell’intervallo.  Probabilmente il suo sguardo era sembrato vitreo e poco intelligente.
“Vado in bagno” farfugliò poco dopo, rivolto a Iron.
“Mal di pancia? Hai un’espressione sofferente da far paura”.
“Diciamo di sì. Tornerò tra poco”.
Uscire dall’aula fu per Foam un misto di sollievo e di nuovi timori che affiorarono. Aveva veramente una fitta all’altezza dello stomaco che non sapeva spiegarsi.
C’era anche quel biglietto. Avrebbe voluto controllarlo per una seconda volta per assicurarsi che fosse vero e non uno scherzo della sua immaginazione. Si guardò intorno con aria furtiva ed entrò in bagno. Non c’era nessuno, ancora per poco. Foam tirò fuori il biglietto e lo spiegò. La scritta era ancora lì, in puro inchiostro di biro, nero su bianco.
“Guarda un po’ chi si vede, principessina!”
Si sentì sprofondare e desiderò scomparire. Gold e Silver erano lì, come nei suoi peggiori incubi e stavano sghignazzando. 
“È la lettera di un pretendente?” ridacchiò rumorosamente Gold “ Ma non sa che questa è l’epoca degli sms?”
“Le concederò un ballo, milady” proseguì Silver gesticolando.
Foam pensò a quanto fossero entrambi insopportabili, a come lui stesse sempre a subire le loro angherie. I due sembravano pronti a strappargli di mano il biglietto. Si avvicinarono, guardandolo come se si aspettassero un suo cedimento. L’avrebbero letto, lui sarebbe stato deriso e sarebbe tornato il solito sfigato di sempre. Piuttosto che sopportare un simile strazio, lo strappò in tanti pezzettini, sotto i loro occhi stupiti. Le uniche parole che Silver riuscì a intravedere furono “ posto” e “ fantastico”.
“Non vedrai l’ora di tornare al castello con il tuo principe” disse, scoppiando in una fragorosa risata.
Foam avvertì la fitta allo stomaco che si fece più intensa. Se non fosse stato per il colore dei capelli e quello degli occhi, Silver e Gold gli sarebbero sembrati due gemelli di pari malvagità. Gold aveva i capelli biondi e gli occhi dorati che spesso si stringevano in una fessura colma di disprezzo. Silver aveva i capelli color argento e gli occhi grigi. Si vestivano firmato dalla testa alla punta delle loro Hogan e Foam li odiava altrettanto, dalla testa ai piedi. Cercò un modo per scappare, avvicinandosi di due passi alla porta del bagno.
“Va’ pure, principessa, ti diamo il permesso, ma questa ce la pagherai!” esclamò Gold con un sorriso perfido.
Foam corse. Aveva un dolore così intenso allo stomaco che temeva di poter vomitare l’anima. Per fortuna Gold e Silver non avevano letto il biglietto. Per una volta era riuscito a fare qualcosa senza esiti disastrosi. Continuò a correre in direzione della sua aula, a testa bassa, e finì per sbattere contro qualcuno.
“Scusa, non volevo” farfugliò imbarazzato, sfiorandosi la fronte.
Quando alzò lo sguardo, si sentì mancare. Incontrò subito gli occhi dalle iridi rossastre di Legno.
“Sta’ attento a dove metti i piedi” borbottò lui.
“Allora mi stai prendendo in giro?” chiese Foam tutto d’un fiato “ quel biglietto… io…”
“Non sono come Gold e Silver” lo interruppe Legno “ ma sei libero di scegliere. Comunque ti aspetterò”.
Si allontanò e Foam si sentì sprofondare. Il mal di stomaco si fece insopportabile.
“Cosa diavolo devo fare?” si domandò con uno sguardo smarrito che avrebbe intenerito molti.
Leather lo squadrò, con una smorfia stampata sul viso. Aveva compreso solo qualcosa del breve scambio di parole tra Foam e Legno, ma era certa di una cosa: la situazione non le piaceva per niente.
 
Sono ancora in tempo. Posso tornare a casa, cenare, ascoltare un po’ di musica e andare a dormire. Posso ancora scegliere.
A ogni passo che Foam muoveva verso la stazione, si rendeva conto di non poter tornare indietro. Aveva detto a Iron e Plexi di sentirsi poco bene ( solo in parte era una bugia) in modo da prevenire qualsiasi eventuale incontro. Almeno su quel fronte era relativamente tranquillo. Per quanto riguardava il resto… una tragedia.
Si morse le labbra e tenne il cellulare stretto al petto. Non aveva nemmeno il numero di Legno. E se fosse stata davvero una presa in giro? Non volle pensarci, forse sarebbe stato tutto persino più semplice. Sarebbe tornato a casa con calma, ma in quel momento il sottopassaggio gli incuteva un certo timore. I suoi passi risuonavano in modo sinistro, assieme a molti altri. Si rese conto di sudare freddo e di avvertire un pizzicore all’altezza della nuca. Uscire da quell’inferno affollato fu un sollievo per Foam. Il sole stava per tramontare, il cielo era ricco di sfumature color pesca e il sole era un occhio rossastro quasi come…
Scosse la testa, come a voler scacciare via quel pensiero. Di Legno non c’era nemmeno l’ombra o così credeva. Era pronto a ritornare a casa, forse era ancora in tempo, ma in realtà fu troppo tardi. Legno gli sorrise in modo beffardo, salutandolo con un cenno della mano. Foam avrebbe voluto raggiungerlo subito, ma si impose di camminare piano. Il suo unico pensiero fu che non aveva voluto cacciarsi in una situazione del genere.
“Mi fa piacere sapere che hai avuto un po’ di fegato per una volta” Legno rise “ L’asociale dell’ultimo banco è contento di salutarti, anche se sembri spaventato.  Non mi aspettavo altro. Dopotutto faccio questo effetto sulla gente”.
Foam avrebbe voluto dirgli che si sbagliava, ma che la sua paura era dettata da altro, che erano i suoi stessi pensieri a spaventarlo. Non ci riuscì e si limitò a un sorriso imbarazzato.
“Ero curioso”farfugliò “ Quale sarebbe il posto fantastico di cui parlavi nel biglietto, Legno-senpai?”
“Lo scoprirai con i tuoi occhi. C’è una sorpresa che ti aspetta. Seguimi!”
Foam desiderò domandare altro, ma le parole gli morirono in gola. Si sentì piccolo e insignificante, quasi come un bambino. Non conosceva così bene Legno, eppure si stava fidando di lui. Cercò di tenere una certa distanza e di respirare profondamente, perché l’aria sembrava mancargli. Forse era solo il caldo anomalo di settembre. Deglutì rumorosamente.
“Foam, che tipo di musica ascolti?”
Quella domanda di Legno spezzò il momento di tensione che si era creato.
“Un po’ di tutto” rispose lui con un sorriso imbarazzato “ però potrà sembrarti strano ciò che sto per dirti. A me piace tanto la musica rock e anche quella metal”.
Gli occhi di Legno parvero illuminarsi, ma il suo viso non mutò espressione o meglio si sforzò perché ciò non accadesse.
“Davvero? Anche a me” confessò lui semplicemente “ Hai qualche gruppo preferito?”
“Alle medie impazzivo per i Linkin Park. In the end è ancora una delle mie canzoni preferite”.
“Anch’io amavo i Linkin Park, ma la mia preferita è No more sorrow”.
“Abbiamo comunque qualcosa in comune” commentò Foam alzando le spalle con un sorriso sincero.
I suoi occhi parvero brillare. Per una volta non passava per il tipo strano e senza qualità.
“Sinceramente non me l’aspettavo” confessò Legno sollevato.
“Ti aspettavi qualcuno che amava canzoni pop romantiche e strappalacrime?”
“Più o meno”.
C’era qualcosa di provocante nel sorriso di Legno. Quel breve scambio di parole alleggerì il cuore di Foam. Quasi non importava dove stesse andando, ma Legno era in qualche modo rassicurante. Si fermarono circa venti minuti dopo davanti a un’insegna coloratissima.
“Neko no hime: che nome carino!” esclamò Foam felice.
“ Anche il posto lo è” commentò Legno posandogli una mano sulla spalla “ su, entra, non ti mangia nessuno”.
Foam aprì timidamente la porta e fu investito da un’ondata di luci e colori.
“Benvenuti gentili clienti, nya !”
Lan sfoderò un sorriso a 32 denti nel suo kigurumi da gatto arancione. Il collarino con il campanello fece un gran baccano e Foam rimase come pietrificato. Fu tentato di indietreggiare.
“Dove diavolo mi hai portato, Legno?”
“Nel luogo del tuo destino, almeno per stasera”.
Ancora una volta Legno sfoderò uno dei suoi sorrisi beffardi e provocanti che costrinsero Foam ad abbassare lo sguardo.
“La nostra salvezza” annunciò Lan, indicandolo.
Paper si avvicinò a entrambi, squadrando Foam dalla testa ai piedi. Indossava un kigurumi da gatto nero e un collarino rosso, con enormi guanti che richiamavano delle zampe feline.
“Quanto sei piccolo e carino, sarai stupendo!”esclamò felice.
Foam guardò terrorizzato Legno. Con lo sguardo sembrò voler dirgli “ che cosa vogliono da me?”. Mosse le labbra, come se volesse dire disperatamente qualcosa, ma rimase in silenzio.
“Devo solo spiegargli qualche piccolo dettaglio per essere ancora più… neko e kawaii”.
Legno pronunciò le ultime due parole con disgusto e Foam capì cosa significassero: rispettivamente “gatto” e “carino”. Dei brividi gli percorsero la schiena e le mani gli tremarono.
“Non so cosa vogliate da me, ma non ci sto. Non ci sto a prescindere!” si lamentò lui.
Legno sbuffò seccato, squadrandolo con freddezza.
“Ti ricordo che hai un debito da saldare”.
Legno pose particolare enfasi sull’ultima parola e Foam si portò le mani al volto.
“Non vorrai sdebitarti in modi più sgradevoli, vero?”
Quando Legno gli sussurrò quelle parole, Foam avvertì un altro brivido. Davanti a tutti Legno sorrise, un autentico ghigno da squalo.
“Su, andiamo a cambiarci” disse, prendendo una busta da Lan.
Afferrò con forza il braccio di Foam che si sentì intrappolato in quella specie di tenaglia. Avrebbe voluto divincolarsi come un animale in trappola, ma le dita di Legno affondarono pericolosamente nella carne. Forse gli avrebbe spappolato il suo povero braccio. Con  un’espressione mortificata si trovò a dover seguire Legno fino ai bagni. Il suo sguardo vagò in ogni direzione e cercò di calcolare eventuali vie di fuga.
“Ecco qui”.
Legno tirò fuori il contenuto della busta e per qualche istante Foam pensò di poter svenire. Gli girò la testa, ebbro di ogni genere di pensieri. Avrebbe dovuto indossare il kigurumi bianco che Legno gli mostrò?
“Su, Foam” lo rassicurò il ragazzo “ Solo per questa sera. Manca un gattino bianco al gruppo e non posso essere io, te ne rendi conto anche tu?”
“Il kigurumi ti andrebbe stretto, Legno-senpai”.
“ Su di te, invece, sarebbe perfetto”.
Legno alzò la testa con orgoglio e inspirò profondamente.
“Ma perché io?” protestò Foam con gli occhi che luccicavano “ Potevi chiederlo a una ragazza. Ci sono un sacco di ragazze carine nella nostra scuola”.
“Sembri un gattino, più di tutte loro messe insieme” commentò seccamente Legno.
“Ma..s-senpai!”
Foam strinse le labbra in una smorfia offesa, arrossendo. Lui non era un adorabile gattino, ma solo un ragazzo strano, nient’altro. Prese il kigurumi guardandolo con un misto di imbarazzo, paura e irritazione. Non avrebbe saputo dire quale sentimento prevalesse sugli altri.
“Che stai aspettando?” ridacchiò  Legno “ Ci sono anche i guanti e il collarino”.
“Non dirai sul serio..”
“In fondo alla busta. Il collarino è azzurro”.
“Uffa” sbottò Foam “ Almeno non guardarmi”.
Legno sbuffò rumorosamente, mentre allentava il colletto della sua camicia nera.
“Sbrigati, nessuno ti aspetterà”
“Non guardare!” gridò Foam voltandogli le spalle e arrossendo fino alla punta delle orecchie.
Divenne ancora più rosso, mentre si infilava in malo modo il kigurumi. Con la coda dell’occhio vide Legno che si liberava della camicia, mentre cercava qualcosa nel suo borsone nero. Aveva delle spalle larghe, una schiena vigorosa e nel complesso era robusto, ma senza risultare sgraziato. Foam distolse rapidamente lo sguardo per concentrarsi sui bottoni del kigurumi. Lui temeva i bottoni: aveva paura che si rompessero e saltassero da qualche parte, colpendo qualcuno. Voltò timidamente lo sguardo, alzando il cappuccio. Legno si stava abbottonando un gilet rosso che aveva abbinato a una camicia bianca. A lui, invece, mancava solo l’ultimo bottone.
Gettò una rapida occhiata alla busta e si infilò i guanti che sembravano vere zampe da gatto ed erano morbidissimi.
“Nya” farfugliò.
“Noto che ti stai immedesimando nella parte” disse Legno con un sorrisetto sghembo.
Gli si avvicinò, fissandolo.
“Ti manca una cosa”.
“C-cosa?”
Foam si sentì ridicolo nel balbettare, mentre Legno prendeva il collare azzurro, senza degnarlo di uno sguardo.
“Vieni qui, micetto. Non farmi arrabbiare”.
“Tu sei fuori di testa!” esclamò Foam puntando un dito in direzione di Legno.
“Su, va tutto bene” lo rassicurò lui.
Foam si sentì mancare. Si sentì avvampare in volto, mentre Legno gli allacciava il collare, sfiorando i lati del collo con la punta delle dita.
“Perfetto” commentò lui soddisfatto.
Foam fece una smorfia afflitta.
“Perché io?” brontolò, gonfiando le guance.
Legno non rispose. Sistemò le sue cose e con un sorriso raggiante fissò Foam.
“È una lunga storia” spiegò “ Comunque per tua informazione lavoro qui e..”
Si interruppe per qualche istante e alzò le spalle, sbuffando. Foam non osò fare domande. Restò muto, più imbarazzato che mai. Indossava un kigurumi bianco con tanto di coda, orecchie, zampe da gatto e per giunta un collarino con un campanello che tintinnava al suo passaggio. Come metodo per sdebitarsi era eccessivo. Si morse le labbra, mentre il suo sguardo si soffermava su Legno. Quel gilet sulla camicia bianca gli stava davvero bene. Aveva persino un’aria autorevole. Il ragazzo si tirò indietro qualche ciocca di capelli che fissò col gel. Il viso risultò più scoperto: aveva degli zigomi pronunciati, non mancò di notare. Nello scuotere la testa, Foam fece un gran baccano e Legno rise di gusto.
“Su, andrà tutto bene” lo rassicurò “ Lan e Paper sono un po’ strani, ma non sono malvagi, anzi sono persino… simpatici, o almeno credo che lo saranno con te”.
“L-legno senpai, non mi conosci. Sono timido, goffo e combino un sacco di guai. Non me ne andrà una giusta”.
“Non voglio sentire stronzate”.
Legno lo spinse con delicatezza fuori dal bagno e riprese il borsone. Foam si sentiva impacciato col kigurumi: temeva di poter inciampare da un momento all’altro.
“Ora voglio sentire un bel benvenuto ai clienti come quello di Lan” aggiunse Legno.
“D-davvero?”
“Sì, aspetto di sentire la tua vocina”.
Il sorriso sghembo di Legno si allargò sempre più e Foam tenne gli occhi fissi sul pavimento.
“Benvenuti, gentili clienti…”
“Su, manca una parola e un po’ di espressività”.
“Nya!” esclamò Foam muovendo le mani “ Basta, senpai, così mi ucciderai fino a stasera”.
Legno ridacchiò e Foam trovò qualcosa di inquietante in quella risata. Lo seguì e poco dopo si riparò dietro quelle spalle possenti, scrutando la gente con la coda dell’occhio.
“Vogliamo vedere il nostro gattino bianco!” esclamò gioiosamente Lan.
“Non fare il timido” aggiunse Paper.
“Su, Foam, mi stai graffiando” protestò Legno.
Il diretto interessato mollò a fatica la presa. Era sicuro del fatto che non poteva esistere nulla di più rosso del suo viso in quel momento. Gli occhi gli si fecero grandi per la paura.
“Che gatto carinissimo!” strillò Lan “ Sei più adorabile di me e Paper messi insieme”.
“Grazie, però io sono…”
Foam non seppe cosa aggiungere. Gli sguardi di Lan e Paper erano carichi di aspettative su di lui e all’idea iniziò a sudare nel kigurumi.
“Forza, puoi farcela. Tira fuori il tuo spirito felino” disse Paper stringendo una mano a pugno “ Ne hai da vendere”.
“E cosa devo fare?”
“Dare il benvenuto ai clienti e accompagnare il nostro cameriere preferito ai tavoli” rispose con semplicità Lan, indicando Legno.
Foam tirò fuori un momentaneo sospiro di sollievo. Almeno non avrebbe dovuto allontanarsi troppo da Legno, tuttavia sarebbe rimasto a dare il benvenuto a sconosciuti, a sorridere, a… non volle pensarci. Non fece in tempo a pronunciare una parola che si presentarono i primi clienti. Fu l’inizio della “tortura” per Foam. Balbettava, eppure molte ragazze lo trovavano adorabili. Le più sfacciate gli sfioravano le orecchie da gatto del kigurumi. Per sbaglio Lan gli pestò la coda e in quel momento lanciò un gridolino, come se fosse davvero parte di lui.
“Questo posto è sempre così affollato?” domandò quando ebbe occasione di avvicinarsi a Legno.
“Non a questi livelli” rispose lui, muovendosi tra i tavoli con una coppa di gelato alla frutta “ I gatti riscuotono molto successo, a quanto pare”.
Proprio in quel momento arrivarono Lan e Paper che si muovevano con grazia nei loro kigurumi, come se pattinassero.
“C’è stata anche un po’ di pubblicità” spiegò Paper, mostrando un volantino.
Quando lo vide, Foam rimase come pietrificato. A caratteri cubitali c’era scritto in rosso “ Il neko no hime si riempie di gatti: chi vorrebbe adottarli?”. Paper e Lan risero a crepapelle alla vista dell’espressione sconvolta sul viso di Foam.
Qualcuno gli chiese persino delle foto e la sua faccia imbarazzata era fin troppo evidente. Nonostante ciò, furono in molti a trovarlo adorabile, più di Lan e Paper che all’inizio ne furono invidiosi, poi contenti. L’affluenza al locale fu considerevole e fecero fatica a gestire le ordinazioni. Foam si muoveva spaventato da una parte all’altra. Temeva la folla e non riusciva a essere fluido nei movimenti. Le pose da gatto lo imbarazzavano da morire e si muoveva come se fosse ubriaco, agitando le zampette e farfugliando qualcosa imbarazzato. Qualche volta chiamava Legno alzando appena la voce, ma non era abbastanza perché lui lo sentisse. Lan e Paper quando potevano lo trascinavano da una parte all’altra e a Foam gli occhi brillavano, lucidi come se avesse la febbre. Compiva ogni azione come se fosse parte di un bizzarro sogno e forse era l’unica difesa per non svenire dall’imbarazzo. Non si rese conto di quanto tempo fosse trascorso, ma a un certo punto molti clienti se ne andarono e poté tornare a respirare normalmente.
“Credo che l’abbiamo torturato abbastanza” mormorò Legno lanciando una rapida occhiata a Foam.
“Vi prego” supplicò il diretto interessato “ è stato così imbarazzante”.
“Però meriti un premio” ridacchiò Legno “Vado a prenderti un succo di frutta”.
“Perché non una birra?”si intromise Lan alzando la mano.
Legno la fulminò con un’occhiataccia.
“Niente alcolici ai minorenni”.
Detto questo, si allontanò e invitò Foam a sedersi. Lan e Paper lo fissarono. Foam si sentiva teso, mentre la sua testa sprofondava sul tavolo. Com’era ridicolo col kigurumi! Voleva solo sparire. Se non fosse stato per Legno, probabilmente le figuracce sarebbero state assicurate.
“Sai, ti invidio” ammise Lan, appoggiando un gomito sul tavolo “ Legno si preoccupa molto per te, come se fossi il suo fratellino”.
“ E lui non ha fratelli o amici” aggiunse Paper.
Foam rimase sinceramente colpito da quelle parole e non riuscì nemmeno ad annuire.
 Nonostante ciò, avvertì un profondo turbamento. Si morse il labbro inferiore fino a sentire dolore.
“ Davvero?”
“Sì, è da un po’ che non lo vedo così… premuroso” aggiunse Lan “ O forse non l’ho mai visto”.
“È solo che sono goffo e faccio sempre figuracce” ammise Foam imbarazzato .
Poco dopo Legno tornò con il succo di frutta promesso. Dal colore doveva essere pera o ananas, gusti che adorava particolarmente.
“Ecco la tua ricompensa”.
Il sorriso di Legno era sincero e per risparmiarsi l’imbarazzo di guardarlo, afferrò il bicchiere e accostò le labbra alla cannuccia. Il gusto era quello dell’ananas e sorrise soddisfatto.
“Ti accompagnerò a casa”.
“C-cosa?”
Per poco il succo non gli andò di traverso.
“Non ti mangio mica” ridacchiò Legno “ e poi il kigurumi… puoi tenerlo”.
Lan e Paper risero e Foam arrossì.
“Non indosserò di nuovo quell’affare!” esclamò con agitazione crescente .
“Allora la soluzione è semplice” lo interruppe Legno col suo solito sorrisetto provocante “ Conservalo come ricordo di questa serata”.
 
 
L’angolo della scrittrice pazza: rieccomi, in tutta la mia follia. Ci ho messo un po’ a scrivere questo capitolo, ma alla fine ce l’ho fatta, anche a costo di perdere un po’ di ore di sonno. Riecco anche delle note, utili per comprendere meglio la storia ;)
 
1* “ Neko no hime” è un nome giapponese e significa “ principessa dei gatti” . Col tempo si capirà il perché di questo nome al locale.
2* Paper significa “carta”.
3* Nya è il corrispondente giapponese di “miao”.
4* Lan è un’abbreviazione di “lana”.
5* Maid praticamente è cameriera ;)
6* Il kigurumi in pratica è una specie di pigiama spesso con l’aspetto di un animale ( spiegato da cani, ma è così )
7* Rubber significa “ gomma”. Tra inchiostro ( il professor Ink) e gomma  ( il professor Rubber) stiamo messi bene.
 
Spero che questo capitolo vi entusiasmi. Mi è venuto il batticuore a scriverlo…. 

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Capitolo 4
*** A casa del mangiagatti ***


“Pianeta Terra chiama Foam! Vuoi il tè al limone o alla pesca?”
“Nessuno dei due” farfugliò il diretto interessato.
Iron lo guardò, con un’espressione perplessa. Non solo era stato fortunato ( aveva pagato per una lattina di tè, eppure dal distributore ne erano scese due e per giunta di gusti diversi), ma Foam non aveva voglia di godere i frutti della sua fortuna.
“E tu, Plexi?”
“Tè alla pesca, come sempre” mormorò lei.
“Menomale, credevo che vivessi di aria”.
Iron trasse un grande sospiro di sollievo, mentre passava la lattina a Plexi. La ragazza la aprì con gesti delicati e lui pensò che sapeva essere aggraziata in ogni occasione. Le dita affusolate, come il resto del suo corpo, si muovevano con una grazia naturale, che non era studiata a tavolino come quella di Leather o altre ragazze. Quel giorno indossava una camicia blu e nera con la fantasia scozzese e delle catene all’altezza del girovita. Dai jeans pendevano altre catene che si abbinavano alla cintura borchiata nera. Ai piedi portava degli anfibi con le punte blu. I capelli ricadevano morbidi sulle spalle strette, incorniciando un viso leggermente tondo, con gli occhi verdi appena truccati con della matita nera.
“Foam, hai qualcosa che non va” constatò lei preoccupata, mentre beveva “ Sembri avere la testa altrove. Per caso è successo qualcosa?”
“Cosa dici, Plexi?” ridacchiò lui “ Va tutto come al solito. Sono solo un po’ stanco, ho dormito poco”.
“ Fa’ attenzione” lo ammonì lei “ Altrimenti non riuscirai a concentrarti”.
“Leggo fumetti fino alle tre di notte” rise Iron “ Ed eccomi qua”.
“Sei un caso clinico. Voglio dire che dobbiamo dare il meglio di noi e non farci mettere i piedi in testa da nessuno. Gli unici che hanno il diritto di giudicarci sono i professori e solo per il nostro profitto nello studio”.
Plexi pronunciò quelle parole tutto d’un fiato. Sapeva essere determinata, constatò con ammirazione Iron. Era anche portata per lo studio. Prendeva appunti, trascorreva molto tempo sui libri, ma in fondo le piaceva, almeno per alcune materie. In realtà doveva portare gli occhiali, ma spesso indossava le lenti a contatto. Credeva che gli occhiali la rendessero brutta, ma Iron desiderava con tutto il cuore vederla con un look diverso, magari mentre li sistemava e studiava la gente.
“Parole giustissime” disse lui.
Proprio in quel momento nello scalpiccio della folla si udì un rumore di tacchi, che pareva assordante. Lycra scrutò il gruppo con disprezzo e alzò la testa con orgoglio.
“Levatevi di torno” sbottò, accompagnata da ragazzine che la guardavano con adorazione.
Sembravano identiche e tutti avevano qualcosa che Lycra avrebbe indossato volentieri. Le labbra di Plexi si storsero in una smorfia.
“Mi avete sentito o siete sordi oltre che fuori moda?”
Il suo sguardo si soffermò su Plexi, che non sembrava intenzionata a muoversi. Foam le afferrò un braccio.
“Su, andiamo” farfugliò.
Lei rimase immobile. Il suo sguardo era quello di un rapace, limpido e feroce.
“Sei molto annoiata, Lycra” la provocò “ Forse giudichi la gente perché non hai modo di riempire le tue giornate vuote. I tuoi ragazzi bambolotti non bastano?”
Iron rimase a fissarla, con la bocca spalancata. Plexi non aveva pronunciato quelle parole con rabbia, ma con un tono che non ammetteva repliche. Incuteva persino un certo timore.
“Bada a come parli, schifosa darkettona dei miei stivali” replicò Lycra stizzita “ Cos’è che ascolti? Quella musica spazzatura piena di urla senza senso?”
“Urla di gente che viene squartata” ridacchiò una ragazzina.
“Certo, è meglio la vostra musica senza parole che annebbia il cervello” replicò Plexi con pesante sarcasmo “ Gli effetti si notano”.
Sembrava pronta a dire altro, ma Foam le strinse il braccio. Iron la guardò, indeciso se porre fine o meno a quello spettacolo che reputava stupendo.
“Plexi, calma” mormorò, socchiudendo gli occhi.
Lei strinse le labbra in una smorfia. Solo le parole di Iron placarono la sua furia. Si allontanò assieme a lui e Foam, mentre Lycra lanciò la sua ultima stoccata.
“ Plexi, hai due sciocchi che ti adorano. Penso che se vorrai mai fidanzarti ti toccherà farlo con uno di loro”.
Lei non rispose, ma le scoccò un’occhiata truce. Le ragazzine al fianco di Lycra risero.
“Tranquilla, Plexi” le disse Iron in un sussurro “ Lei si diverte a provocarti. Falla annoiare”.
“Giusto” aggiunse Foam “ L’hai detto pure tu che lei è molto annoiata”.
La diretta interessata sembrò riacquistare l’autocontrollo. Le spalle si distesero e anche il suo volto indugiò in un sorriso spontaneo. Ringraziò i suoi amici: non sapeva come sarebbe stata la sua vita senza di loro. Probabilmente insopportabile. Furono sul punto di rientrare in aula, ma Legno si avvicinò a loro.
“Scusatemi, ma devo assolutamente parlare con Foam”.
Il ragazzo scosse violentemente la testa nel tentativo di scacciarlo con i suoi grandi occhi impauriti, ma Legno fece finta di non averli notati. Con un cenno della testa invitò Foam a seguirlo.
“Torno tra poco” farfugliò lui, rivolto a Plexi e Iron.
Il cuore gli batteva fortissimo, in modo quasi doloroso. La serata trascorsa al Neko no hime l’aveva reso felice come non gli era accaduto da tempo, nonostante l’imbarazzo. Camminò a fianco di Legno per i corridoi e si sentiva al sicuro, sebbene molti gli stessero lanciando delle occhiatacce. A un certo punto Legno si fermò.
“Alla fine cosa hai fatto del kigurumi?” domandò appoggiandosi a una finestra col gomito.
“L’ho conservato, Legno-senpai *1” rispose Foam.
Era la verità, ma non avrebbe mai ammesso ad anima viva di averlo osservato a lungo e di averlo stretto a sé , come a voler trattenere l’ondata di ricordi piacevoli. Voleva proteggere ogni momento importante e sorridere senza condizionamenti.
“In realtà è di altro che vorrei parlare” disse Legno.
Foam lo guardò, gli occhi colmi di attesa e aspettative. 
“Conosci la casa abbandonata del Mangiagatti?”
Foam non si era aspettato una simile domanda da Legno, ma assentì col capo. Era un posto che gli incuteva timore, una villa abbandonata con un cancello sgangherato che cigolava a ogni folata di vento. Era pieno di ruggine e con la vernice scrostata. L’abitazione in sé versava in condizioni migliori, almeno dall’esterno, ma si raccontavano storie di ogni genere a riguardo. Tutte concordavano su qualcosa di spaventoso: che il proprietario della villa fosse stato un signore che si cibava di gatti e che non avesse smesso di farlo nemmeno con la vecchiaia. I racconti divergevano sul come: in alcuni casi mangiava i felini crudi, in altri casi preparava un arrosto o uno spezzatino, secondo altre versioni uno stufato. Per un altro aspetto le storie si assomigliavano: secondo molte quasi ogni notte si udivano i miagolii strazianti dei gatti uccisi che perseguitavano i visitatori della casa.
“Perché me lo chiedi, senpai?”
“Oggi pomeriggio ci andremo” annunciò Legno con un sorriso a 32 denti  “Non c’è da aver paura, ci vado abbastanza spesso”.
“E gli spettri dei gatti morti?” farfugliò Foam.
“Solo pavimenti che scricchiolano e vento che soffia tra le finestre”.
“Ma perché vuoi portarmi lì?”
“Ne hai bisogno” rispose semplicemente Legno “ Devi diventare più sicuro di te e di ciò che ti circonda”.
Foam non riuscì a controbattere. Forse doveva trovare un modo per scappare da quella situazione imbarazzante.
“Allora sempre alle 18, davanti al cancello?” chiese Legno in un sussurro che gli solleticò l’orecchio.
“Vorrei oppormi e dire di no” farfugliò Foam.
“Ne sei sicuro?”
Nella voce di Legno c’era una sfumatura minacciosa. Il cuore di Foam accelerò i suoi battiti.
“Temo di non avere scelta” sospirò.
“Allora a dopo”.
Legno aveva un sorriso da vincitore stampato sul volto, ma nel frattempo Gold e Silver si guardarono con aria di intesa.
“Che stupidi a parlare con noi nei paraggi” ridacchiò Gold.
Silver annuì, mentre sembrava impegnato col cellulare. Gold lo controllò, poi il suo sorriso si allargò a dismisura, diventando un ghigno perfido.
“Allora hai mandato il messaggio a Forex *2 e Worbla *3?”
“Puoi scommetterci. Ho anche un sì con molti punti esclamativi come risposta” annunciò divertito Silver.
 
Foam tremava.  Non era il freddo a farlo rabbrividire, quando il vento che faceva sbattere il cancello della villa abbandonata. I cigolii avevano un certo terrificante ritmo e il posto sembrò più desolante che mai, con gli alberi dai rami ormai rinsecchiti.
“Potevi scegliere un posto migliore” si lamentò, rivolto a Legno.
Il ragazzo sorrise, studiandolo con lo sguardo.
“Paura?”
“Abbastanza”.
“Su, non fartela sotto. Gli spiriti dei gatti hanno altro da fare che tormentarci”.
Legno rise di gusto e Foam sentì di non poter fare lo stesso. Deglutì rumorosamente, mentre Legno apriva il cancello con facilità. A momenti pareva potersi sbriciolare sotto il suo tocco. Foam lo seguì, guardandosi attorno con circospezione: gli pareva di essere seguito. Forse era una paranoia, una delle tante sul soprannaturale. Anche le foglie secche che crepitavano sotto i suoi piedi avevano qualcosa di sinistro e la porta semiaperta della casa era come un’enorme bocca famelica pronta a fagocitarli nelle sue profondità. Quando fu davanti a essa, rimase come paralizzato.
“Non c’è niente di maligno” lo rassicurò Legno.
“Ma non riesco a muovermi, L-Legno senpai” balbettò Foam.
“Sì che puoi, forza! Restami accanto e non avrai nulla da temere”.
Foam cerco di respirare profondamente. Quasi non si rese conto di aver afferrato un lembo della t-shirt di Legno, come se fosse l’unico punto di riferimento in quell’ambiente ostile.
“Foam, devo chiederti una cosa. Cosa ami fare nel tempo libero?”
Rimase spiazzato da quella domanda e non comprese perché Legno l’avesse posta. Nel frattempo si addentrarono in un lunghissimo corridoio vuoto, bianco come quello di un ospedale, ma senza luce. Legno prese il suo cellulare per illuminare appena l’ambiente.
“Senpai, a me piace molto disegnare” confessò Foam “ ma non sono molto bravo e ultimamente ho perso un po’ la mano. Poi ho un hobby strano. In realtà è qualcosa che ho fatto solo una volta, ma ..”
“Di che si tratta?” domandò curioso Legno, mentre conduceva Foam in quella che doveva essere la cucina.
“”””
 “Si chiama cosplay” farfugliò Foam “ Insomma, interpretare il personaggio di una qualsiasi serie e…”
“So cos’è” lo interruppe Legno “ Mi piace molto guardare qualche immagine su internet”.
Foam sorrise lievemente, dimenticando per qualche istante la paura.
Poco dopo si rese conto del posto in cui si trovava e si aspettò di trovare coltelli insanguinati, resti di poveri gatti e piatti da portata, ma non vide nulla del genere. Era tutto ridotto all’essenziale e con un’aria impolverata.
“Hai mai fatto cosplay, Legno-senpai?”
Il diretto interessato non rispose. Foam non capì se fosse perché non l’aveva udito o avesse finto di non averlo sentito.
“Visto, Foam? Niente di spaventoso in vista”.
Sorrise e il diretto interessato si trovò a ricambiare spontaneamente il sorriso. Uscirono dalla cucina e visitarono qualche altra stanza dell’immensa villa. Dal soffitto pendevano numerose ragnatele e Foam pregò mentalmente di non vederne i proprietari. Legno non ci fece caso: la sua propensione all’esplorazione e all’avventura prese il sopravvento.  Foam avvertì un brivido quando iniziò a salire le scale. Cigolavano in modo pauroso e aveva paura che potessero sbriciolarsi sotto i suoi piedi.
“Senpai, basta così. C’è bisogno di vedere anche il piano superiore?”
“Sono solo vecchie scale” sbottò Legno, afferrandogli saldamente il braccio.
Foam tenne gli occhi semichiusi. Temeva che qualcosa avrebbe iniziato a strisciare nell’ombra e l’avrebbe fatto precipitare. Legno appariva entusiasta all’idea di addentrarsi ancora di più in quella casa semibuia.
“T-ti prego, non ce la faccio. Sento dei lamenti”.
“Le finestre” borbottò Legno.
Si voltò a guardarlo. Gli occhi di Foam erano grandi e lucidi.
“Ehi, va tutto bene” aggiunse “ Bisogna affrontare le proprie paure, no?”
“Sì, ma adesso…”
Foam tremava forte, come se fosse investito da una folata di vento gelido. Legno lo guardò intensamente, poi sorrise, scompigliandogli i capelli. Foam protestò appena.
“Senpai, ma cosa..”
“Non devi agitarti, Foam”.
Legno sorrise in modo rassicurante e lui non riuscì più a parlare. Nonostante le rassicurazioni di Legno si sentì turbato. Gli scricchiolii del pavimento gli parvero assordanti. Rimase a fianco di Legno, a guardarsi attorno con circospezione. Ancora quegli scricchiolii e Legno era preso dal desiderio di esplorare…
“Ti prego, andiamo”.
Solo la luce del cellulare di Legno illuminò il viso del ragazzo. Foam aveva freddo e desiderava solo andarsene. Un brivido gli percorse la schiena.
“D’accordo” concesse lui “ Però hai visto che non ci sono spiriti di gatti morti che ci perseguitano?”
Foam assentì lievemente col capo, ma avvertì un groppo alla gola, udì dei passi.
“Ma ci siamo noi”.
Avrebbe voluto pensare che fosse il frutto di una sua paranoia, ma le losche figure che si avvicinarono a loro erano quelle di Gold e Silver i cui visi erano illuminati dalle torce che avevano con sé. Purtroppo non erano soli. Al loro fianco c’erano due veri e propri armadi, Forex e Worbla. Dei due, Worbla era il più alto e il più muscoloso, un vero e proprio fascio di muscoli, forza e aggressività dai capelli color sabbia. Sul suo viso era dipinta un’espressione feroce.
“Che carino il viaggio nella casa stregata” ridacchiò Silver “ Vorrete vivere qui?”
Le sue risate furono seguite da quelle degli altri. Legno strinse i pugni, mentre dava il suo cellulare a Foam.
“Che cosa volete?” sbottò.
“Basta una sola cosa” rispose semplicemente Forex “Potrai andartene senza farti male se ci lascerai il piccoletto. Abbiamo un conto in sospeso con lui”.
“E noi non dimentichiamo un bigliettino strappato davanti ai nostri occhi” dissero all’unisono Gold e Silver, guardandosi con aria di intesa. Foam rimase con gli occhi sbarrati dal terrore e il suo corpo sussultò. L’istinto gli gridò di scappare, ma non poteva.
“Senpai, vattene via” disse in un sussurro appena percettibile, rivolto a Legno.
Lui non rispose, eppure Foam era sicuro che l’avesse sentito. Legno rimase fermo, le mani strette a pugno, un’espressione risoluta stampata in volto.
“Così da bravi stronzi che siete, volete tormentare anche i deboli e per giunta con una bella compagnia”.
Legno si soffermò sull’ultima parola, indicando Forex e Worbla, che sembravano pronti a aggredirlo. Solo gli sguardi di Gold e Silver glielo impedirono.
“Tu lo chiami tormentare, noi lo definiamo… Gold, che dici di divertimento? Sì, penso che sia la parola giusta” sghignazzò Silver “ Ma ora basta con le chiacchiere. Con noi o contro di noi, Legno. Non ce lo facciamo ripetere due volte”.
“Contro di voi, cento volte” rispose lui minaccioso, piegando le gambe, come se fosse pronto a scattare.
“Senpai, ti supplico” lo scongiurò Foam “ Sei ancora in tempo per scegliere. Non vale la pena difendermi”.
Si trovavano lungo il corridoio del piano superiore e le scale erano così lontane: avevano la strada sbarrata. Gli occhi di Foam si riempirono di lacrime. Avrebbe voluto gridare aiuto, ma sarebbe stato inutile. Poco dopo l’aggressività di Forex e Worbla si riversò su Legno. Gold e Silver non fecero in tempo a pronunciare una parola che i due si avventarono contro di lui. Foam avrebbe voluto tenere aperti gli occhi che cominciarono ad annebbiarsi per le lacrime.
“Senpai!”
Il suo fu un grido disperato. Legno ricevette un pugno in pieno volto da Worbla, che lo mandò a terra. Nel frattempo Forex gli afferrò un braccio, nel tentativo di trattenerlo.
“Preoccupati per te” un ghigno perfido percorse i lineamenti di Gold, che si rivolse a Foam.
Il ragazzo cercò di correre, ma Silver gli bloccò entrambe le braccia, tenendolo fermo contro il muro. Foam tentò invano di scalciare e divincolarsi, ma gli occhi di Silver brillarono spietati alla luce della torcia di Gold.
“Sei pronto con le forbici?” domandò divertito.
Gold sorrise annuendo e con uno spintone Silver fece cadere sul pavimento Foam che tentò invano di divincolarsi. Gold piantò un piede sulla sua schiena e la pressione fu tale che a Foam mancò il respiro. Non riuscì nemmeno a gridare: sentì lo scattare delle forbici.
“Lasciami!”
Foam cercò di farsi forza con le braccia, invano. Era costretto a terra e non poteva reagire. Lacrime di frustrazione gli rigarono il volto. Non riusciva a vedere cosa stesse accadendo a Legno e rimase pietrificato dal panico. Gold gli sollevò la testa e gli afferrò una ciocca di capelli,tirandola. Silver rise di gusto quando fu tagliata e Foam gridò nel tentativo di liberarsi. Gold sghignazzò, mentre Silver la raccoglieva.
“Diciamo che dovevi pagare per quel bigliettino”.
Pronunciò quelle parole divertito e Foam si sentì sprofondare. Il petto gli doleva e le lacrime continuarono a scendere sul suo viso, rischiando di strappargli un singhiozzo. 
Proprio in quel momento la pressione del piede di Gold sulla sua schiena diminuì e Foam poté tentare di sollevarsi. Gold barcollò, colpito al mento da un gancio di Legno che ansimò, gli occhi accesi da una furia incontenibile. Silver lo guardò impaurito, indietreggiando. Legno era pronto ad attaccare anche lui, ma Forex e Worbla si frapposero tra entrambi e quest’ultimo lo colpì con un calcio allo stomaco. Legno si piegò in due per la fitta inaspettata e Forex infierì su di lui con un altro calcio che lo lasciò senza fiato per il dolore. Foam tentò di avvicinarsi, ma le gambe gli tremarono.
“Legno, scappa!”continuò a gridare disperato, in lacrime.
Lui non lo ascoltò. Non smise di battersi come una furia, ma da solo non poteva avere speranze, nonostante fosse forte. Si trovò a dover incassare un colpo dopo l’altro, sotto gli occhi terrorizzati di Foam.
“Guarda cosa succede per colpa tua” disse Silver con cattiveria, costringendolo a guardare.
Avrebbe voluto svegliarsi da quell’incubo. Era passato dal paradiso all’inferno nel giro di poche ore  e Legno si ostinava a proteggere uno come lui. In realtà avrebbe dovuto fare come gli altri, lasciarlo perdere e basta. Legno rimase a terra, con il naso che sanguinava copiosamente, mentre Worbla e Forex si alzavano trionfanti.
“Basta così per stasera!” esclamò Gold “ Avremo un intero anno a disposizione”.
I due lo guardarono, un po’ scontenti. Per loro non era abbastanza aver riempito Legno di lividi e averlo picchiato. Si guardarono, poi si allontanarono, scoccando un’ultima occhiata colma di disprezzo a Legno e Foam. Quest’ultimo tremò e attese che i loro passi non echeggiassero più nelle sue orecchie. Si avvicinò cautamente a Legno, piangendo e nel frattempo raccolse il cellulare del ragazzo che era finito a terra. Aveva lo schermo leggermente incrinato.
“Sen-pai” balbettò.
Legno non riuscì a parlare. Rimase con una mano premuta sul naso sanguinante e alla vista del sangue Foam temette di svenire.
“Alza la testa” farfugliò “ dovrebbe andare meglio”.
Legno si mosse con lentezza, senza pronunciare alcuna parola. A Foam sfuggì un singhiozzo, mentre lo guardava con gli occhi colmi di dispiacere e pietà.
“Senpai, mi dispiace” disse con la voce che tremava per l’emozione “Io credo che… dovresti evitarmi d’ora in poi o ti accadranno di nuovo cose orribili. Non posso accettarlo, preferisco restare solo. È giusto così, è andata sempre così”.
Le lacrime scesero a fiumi dal suo volto, accarezzandogli le guance e poi il collo. Anche le labbra gli tremarono. All’inizio Legno non rispose, poi fece dei respiri profondi con la bocca e tolse la mano dal naso.
“Non dovresti nemmeno pensarlo” borbottò.
Faceva fatica a parlare, la voce era roca e a stento riusciva a tenere gli occhi aperti. Faticò ad alzarsi e Foam si avvicinò nel tentativo di sollevarlo.
“Non ti sforzare”.
Foam avvertì un groppo alla gola e fu assalito dai sensi di colpa nell’udire quelle parole. Legno aveva sempre qualcosa di solitario e selvaggio, non avrebbe saputo definirlo con altre parole. Voleva rialzarsi da solo, ma le gambe gli tremavano. Era come se fosse sul punto di cadere e Foam gli prese con delicatezza un braccio, posandolo attorno alle sue spalle.
“Legno, io…”
Non seppe cosa aggiungere. Ancora una volta la voce vacillava. Sarebbe solo riuscito a piangere.
“Tieni la testa alta, senpai o il s-sangue..” balbettò poco dopo “ Comunque ti accompagnerò a casa. È il minimo che possa fare. Non ho fatto nulla”.
Altre parole che avrebbe voluto pronunciare gli morirono in gola. Se ci fosse stato qualcosa di spettrale, maligno e terrificante in quella casa fu il lungo e doloroso silenzio che piombò tra di loro, mentre Foam versava altre lacrime.
 
 
“Foam, hai un aspetto spaventoso. Cosa ti è successo?”
Le parole di Iron rimbalzarono contro una bolla di apparente apatia. Il diretto interessato aveva lo sguardo perso nel vuoto. Il vuoto era quello amaro della sera prima, quando aveva accompagnato Legno a casa. Il ragazzo si era incupito e non aveva proferito parola, ma Foam non voleva salutarlo con un semplice cenno della mano. Si era sentito uno sciocco.
“Senpai, per quello che ho detto prima… lo penso davvero. Dovresti evitare uno come me. Non riesco a guardarti in queste condizioni, sapendo che è colpa mia”.
Gli era parso che Legno stesse meditando su quelle parole, ma poi il ragazzo aveva sorriso, nonostante gli fosse costato un certo sforzo.
“La colpa è mia perché non sono abbastanza forte” rispose semplicemente “ E poi non posso perdonare ciò che ti hanno fatto”.
“Non mi hanno picchiato”.
Legno gli si avvicinò, sfiorandogli appena i capelli.
“Non si nota, ma so che ti hanno tagliato quella ciocca. La pagheranno”.
Foam avvertì un pizzicore esattamente dove Legno l’aveva sfiorato, proprio vicino alla nuca.
“Ti prego, domani non andare a scuola. Pensa a curarti”.
Legno gli sorrise prima di aprire la porta. Foam si aspettò che almeno in ciò il ragazzo fosse d’accordo con lui.
“Dici sul serio? Te lo scordi”.
Foam sentì il peso di un nodo allo stomaco nel ripensare a quel momento.
“Ehi, non piangere. Che sta succedendo? Da stamattina sei strano”.
Dopo aver udito le parole colme di apprensione di Iron, Foam si alzò di scatto dalla sedia. Voleva restare da solo durante l’intervallo.
“Anche tu, Iron” mormorò “ Dovresti evitarmi”.
Il diretto interessato lo fissò, come se fosse impazzito. Si sistemò gli occhiali sul naso e continuò a fissarlo.
“Dimmi perché. Hai fatto qualcosa di talmente orribile che non puoi dirlo?”
“Anche Plexi” la voce di Foam tremava, fino a ridursi a un balbettio “ Lasciatemi solo. Sarà meglio per voi”.
“Non ti capisco, Foam. Puoi dirmi cosa ti sta succedendo?”
Il ragazzo non rispose, intento ad ascoltare il continuo bisbigliare di alcune ragazze.
“Hai visto che occhio pesto? Fa paura”.
“Legno è il solito attaccabrighe. Tu ci parleresti? Io no”.
“Secondo me è stato lui ad attaccare per primo e poi quel poveretto si sarà dovuto difendere in qualche modo”.
“Forse esagerando, ma doveva farlo”.
Foam rimase fermo, a ribollire di rabbia e batté un pugno sul banco.
“Ehi voi!” cercò di alzare la voce “ Legno non è quello che pensate”.
Le due ragazze che stavano parlando lo fissarono, come se un alieno avesse preso possesso del suo corpo.  Foam si sentì mancare e divenne rosso fino alla punta delle orecchie.
“Cosa ne sai tu?” ridacchiò una di loro.
Foam non osò rispondere, ma Iron lo guardò, con la bocca semispalancata dallo stupore.
“Che ti è successo?” domandò a bassa voce.
“Niente”.
Foam sapeva che da tempo non alzava la voce in quel modo. Legno lo stava studiando con interesse, ma poi si voltò dall’altra parte. Faceva fatica a tenere gli occhi aperti e indossava una felpa nera a maniche lunghe con i teschi rossi per nascondere i numerosi lividi.
Iron finse di guardare sotto il suo banco, mentre Foam fissava con tristezza il vuoto e prese un foglietto sospetto sotto il banco dell’amico. In realtà il biglietto era ben piegato per nasconderne un altro e quando Iron ne intravide il contenuto, impallidì visibilmente. Afferrò Foam per le spalle, scuotendolo.
“Ti rendi conto di ciò che ti stanno facendo? E come fanno ad avere una ciocca dei tuoi capelli?”
“Non posso dirlo”.
“Tu devi dirlo, a me e a Plexi. Adesso”.
Gli occhi di Foam brillarono per le lacrime che ancora una volta volevano affiorare. Scosse la testa. La vista di quel biglietto si era aggiunta all’angoscia provata la sera precedente.
“Noi ci siamo sempre”.
La frase era firmata da Gold e Silver, accompagnata da uno smile e dalla ciocca che gli avevano tagliato, bianca con la punta rossa e arancione. Si sfiorò inconsapevolmente la nuca. Iron gli stritolò il braccio in una morsa d’acciaio.
“Andiamo subito da Plexi!”
Foam tentò di opporsi, scosse la testa, ma Iron non volle sentire ragione e lo trascinò con sé.
“Ti supplico, non voglio andare. E se li incontrassimo?”
“Farò saltare i loro denti, così non rideranno più e ti lasceranno in pace” sbottò Iron con durezza.
Foam sospirò, poggiando la mano libera sul volto. Raggiunsero Plexi poco dopo. Stava con la schiena appoggiata al muro e sembrava presa dai suoi pensieri, ma quando vide i suoi amici, un sorriso raggiante le illuminò il volto. Per un istante Iron pensò che pareva brillare di luce propria, tuttavia presto i suoi pensieri corsero ai problemi di Foam. Si rabbuiò.
“Ragazzi, che succede?” domandò lei “ Compito a sorpresa per caso?”
“Peggio” constatò cupamente Iron.
“Basta, Iron, non ti impicciare!” gridò Foam, guardandolo con occhi supplichevoli “ Ti prego, Plexi, non ascoltarlo”.
“Sì che mi deve ascoltare” sbottò lui “ Quei rompipalle devono smetterla. Ogni giorno diventerà un incubo per te, Foam”.
“Basta, Iron!”
“Guarda, Plexi. Al peggio sembra non esserci mai fine”.
Iron tirò fuori da una tasca il biglietto scritto da Gold e Silver con la ciocca di Foam. La ragazza rimase impietrita, mentre guardava Foam con crescente apprensione.
“Quando è successo? Devi raccontarci ogni cosa!”
C’era agitazione crescente nella sua voce e Foam scosse la testa con vigore.
“Non posso permettere che vi accada qualcosa”.
“Siamo tuoi amici” obiettò Iron “ e se ci succederà qualcosa per proteggerti, ci andrà più che bene”.
“Non serve fare i supereroi. Esistono solo nei fumetti”.
“Foam, dicci cosa è successo o lo chiederemo di persona a Gold e Silver”.
Il tono di Plexi non ammetteva repliche. I suoi occhi verdi scintillavano di determinazione e Foam avvertì su di sé il peso degli sguardi dei suoi due migliori amici.
Gli occhi gli bruciarono per le lacrime. Voleva che entrambi smettessero di attendere risposte da lui e poi non riusciva a sopportare il peso di ciò che avrebbe voluto dire. Iniziò a parlare piano, cercando di non lasciarsi sopraffare dalle emozioni. Iron e Plexi non lo interruppero nemmeno una volta, mentre parlava della casa del Mangiagatti e dell’agguato teso da Gold e Silver. Gli occhi gli brillarono per la commozione, mentre raccontava di come Legno avesse tentato di difenderlo. Iron e Plexi lo ascoltarono stupiti.
“Davvero non stava dalla loro parte?” domandò lei.
“Proprio così” spiegò Foam annuendo appena “ Ha detto che avrebbe preferito 100 volte andare contro di loro che..”
“Questo spiega tutto!” esclamò Iron “ Però povero Legno..”
Lui e Plexi si guardarono con aria di intesa. Lei assentì lievemente col capo.
“Vieni con noi, Foam”.
 
Mancavano quasi dieci minuti alla fine dell’intervallo e Legno stava ascoltando musica dal suo mp3: Bullet for my valentine, Escape the fate e Bring me the horizon*4.
Si era isolato nel suo mondo, come al solito, ma il dolore dei lividi sommato a quello all’occhio sinistro gli impedì di distaccarsi dalla realtà come avrebbe voluto. Il suo orgoglio era stato pugnalato a morte la sera precedente e per la prima volta dopo molto tempo si era sentito debole. Stava ascoltando “ My apocalypse” degli Escape the fate e si era soffermato sulle parole della canzone.
“I walk with shadows”
Le uniche ombre con cui camminava erano la sua e le insicurezze del passato, constatò cupamente. A volte facevano capolino in alcuni attimi, in momenti difficili come quello. Foam si sarebbe allontanato da lui e per colpa di Gold e Silver. Li avrebbe strozzati con le sue mani piuttosto che perdonarli per ciò che avevano fatto.
Non fece in tempo a formulare altri pensieri che Foam lo guardò imbarazzato. Non era solo. Lo stava chiamando e Legno si tolse gli auricolari, le labbra strette in una smorfia strafottente. Altri due ragazzi lo stavano fissando.
“Io sono Iron e lei è Plexi” si presentò furiosamente quello con gli occhiali “ Siamo i migliori amici di Foam. Ci ha raccontato quello che è successo ieri…”
Legno guardò Foam con stupore crescente. Il ragazzo gesticolò imbarazzato, quasi a voler dire che non era colpa sua se i suoi amici conoscevano i fatti.
“E poi” aggiunse Plexi “ vogliamo ringraziarti davvero. Hai la nostra stima”.
La ragazza gli strinse la mano e Legno ricambiò quella stretta con vigore. Lo stesso accadde per Iron. Per qualche istante si creò un’atmosfera distesa e Legno si concesse di sorridere appena.
“Non dovete ringraziarmi, l’avrei fatto anche se non si fosse trattato di Foam”.
Il diretto interessato abbassò la testa. Lo sguardo di Legno era fin troppo intenso, le iridi di un rosso vivo, che poteva ricordare il fuoco o il sangue. I suoi erano occhi che parevano ardere.
“Giravano voci orribili su di te, Legno, ma sentivo che erano sbagliate” confessò Plexi “ Come sempre, del resto. Sei meglio di come ti fanno apparire”.
“Troppo gentile, ma non mi conosci” borbottò il diretto interessato.
Continuò a guardare Foam, come se si aspettasse qualcosa da lui. Il ragazzo avvertì un dolore al petto alla vista dell’occhio pesto di Legno. Stava soffrendo in silenzio, constatò tristemente. Ringraziarlo non sarebbe stato abbastanza. La fitta al petto divenne più intensa.
“Plexi ha ragione” farfugliò “ Grazie ancora, senpai”.
Si sentì avvampare in volto e anche gli occhi gli pizzicarono come se fosse sul punto di piangere.
“Vado un attimo in bagno” bofonchiò imbarazzato.
Corse, più forte che poteva. Gli occhi parevano andargli a fuoco e voleva solo piangere. Evitò gli sguardi di tutti, pregando con tutte le sue forze di non incontrare Gold e Silver. Proprio quando fu sul punto di aprire la porta del bagno, udì un pianto disperato. Proveniva dal bagno delle ragazze. C’era qualcuno che si trovava in una situazione simile alla sua. Foam dimenticò di voler piangere e rimase lì vicino.
“Ehi, tutto bene”
Che domanda stupida. Non può andare bene.
Pensò ciò, vergognandosi profondamente. Il pianto cessò per qualche istante, poi riprese.
“Sei il primo che me lo chiede. Dopo tanto…”
La ragazza singhiozzò e Foam non seppe cosa fare. Lei non voleva uscire dal bagno e per un istante pensò che forse c’era qualcuno che soffriva come lui in quella scuola.
“Nessuno” farfugliò lei con la voce spezzata “ A nessuno importa di Faux *5. Nessuno sa o vuole capire che sono sola, solo la miserabile sorella di Leather”.
Foam strinse le labbra in una smorfia, provando un’ondata di compassione per quella ragazza così triste e sola. Non sapeva nemmeno che Leather avesse  una sorella.
“Non dire così” mormorò Foam, appoggiando la schiena contro la porta “ Per molti potrai essere inutile e miserabile, ma troverai qualcuno che ti troverà preziosa e indispensabile. Io ho i miei amici, pochi ma perfetti. Non li cambierei con nessuno”.
Udì un flebile grazie da parte della ragazza, seguito dal suono della campanella, che lo svegliò come da un sogno.
 
L’angolino dell’autrice: perdonatemi se non mi sono fatta viva da tanto, ma il capitolo era lungo e l’università esigeva il suo tributo di energia. Due sole parole per questo capitolo: povero Legno. In ogni caso vi fornisco come sempre le note per una migliore comprensione della storia.
 
*1 so di non averlo specificato prima, ma comunque senpai è una parola giapponese che indica un compagno di classe più grande. Ricordo che Legno è stato bocciato XD
*2 ricordo che il Forex è un materiale plastico XD
*3 il Worbla è un materiale impiegato per realizzare le armature dei cosplay. Mai usato in vita mia. Perché ? Mi costerebbe un rene.
*4 tutti gruppi che ascolta la sottoscritta. Legno ha qualcosa di mio <3
*5 Faux viene da “ faux leather” che indica l’ecopelle.
 
 

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Capitolo 5
*** Il club dei metalli ***


“No, Legno! Così non puoi lavorare. Cosa direbbe Canvas? E i clienti? Cosa penserebbero vedendoti in questo stato?”
“Non importa” sbottò lui imbronciato.
Lan incrociò le braccia al petto, corrucciata. Quel giorno aveva i capelli sciolti che le coprivano molto il viso. Continuò a fissarlo, scontenta.
“Dobbiamo nascondere quell’occhio” annunciò decisa, stringendo le mani a pugno “ Aspettami”.
“Lan, tra non molto…”
“Hai un aspetto orrendo!” gridò lei “ Ma che ti è successo?”
“Niente che ti riguardi”.
Lan sbuffò, scuotendo la testa con vigore. Legno sospirò seccato, mentre la guardava allontanarsi. Anche lo sguardo di Paper era colmo di apprensione.
“Chi ti ha fatto questo?”
“Non è niente!” sbottò Legno con rabbia “ Non è nulla che non possa sparire dopo qualche giorno. Pensiamo a lavorare, piuttosto. Credo che stiano arrivando dei clienti”.
Proprio in quel momento Paper vide Lan correre a tutta velocità, reggendosi la gonna del vestito da maid. Sembrava agguerrita. Legno si accorse troppo tardi di lei che cercò di bloccargli la testa con la presa delle sue braccia. Ci riusciva a stento, perché era più bassa e debole di Legno.
“Sei davvero una testa… di legno” si lamentò lei.
Paper non capì cosa lei avesse intenzione di fare, fin quando non osservò il risultato: Legno con una benda da pirata, un po’ storta, ma pur sempre una benda nera con un teschio rosso.
“Ora va meglio”.
Lan emise un lungo sospiro di sollievo, mentre Legno le scoccava un’occhiata truce.
“Dove hai pescato questa..”
“Ricordi la serata a tema piratesco di qualche settimana fa? Era rimasta come ricordo!” dichiarò lei contenta, piantandosi le mani nei fianchi.
“Geniale, Lan!”
Paper sorrise, alzando il pollice in segno di approvazione e Legno brontolò. Quei due sapevano essere insopportabili quando si coalizzavano contro di lui. Era un piccoletto rispetto a loro, almeno come età, eppure del gruppo sembrava il più grande, considerando l’altezza, la corporatura e lo sguardo serio e maturo.
Gli sarebbe venuto un atroce mal di testa con quella benda, lo sapeva.
“Geniale un corno!”sbuffò “Conciato così sono ridicolo”.
“Permettimi di dissentire” obiettò Lan alzando una mano “ Hai un’aria così esotica e misteriosa”.
“Rideranno di me”.
“Avrei i miei dubbi” infierì Paper, raddrizzandogli la benda “ Oggi conquisterai il cuore di qualche fanciulla”.
“Non mi interessa”.
Paper e Lan si guardarono, perplessi. Non riuscivano davvero a comprendere cosa passasse per la testa del loro collega. Lan aveva formulato un’ipotesi a riguardo: una forte delusione amorosa del passato. Per Paper la questione andava affrontata in modo diverso: propose sottovoce a Lan di far conoscere a Legno qualche ragazza carina e lei annuì con vigore. La previsione di Paper non fu così lontana dalla realtà. Gli sguardi affascinati di molte ragazze erano puntati su Legno, che si sentì osservato, nonostante il suo campo visivo fosse dimezzato. Imprecò mentalmente l’idea di Lan e sul suo viso rimase stampata una smorfia.
“Non fare così, stai benissimo” rise lei.
Legno non si sentì in vena di sorridere. Si sentiva studiato in ogni minimo gesto e non vedeva l’ora che la serata terminasse. Quando si muoveva, accusava il dolore dei lividi e gli pareva che Paper e Lan volessero rubargli del lavoro per farlo stancare di meno. Troppo premuroso da parte loro, si trovò a considerare. Mentre serviva dei cupcakes, udì la voce di Lan.
“Si sente la sua mancanza”.
Sembrava che si stesse lamentando. Quando terminò momentaneamente con l’ordinazione ( tra i sospiri di molte ragazze incantate dalla sua bellezza), le si avvicinò.
“Sai, Legno, la prossima volta dovresti portarlo”.
“Cosa?”
“Non cosa. La questione è chi” replicò prontamente lei “ Quel ragazzino così adorabile che ha indossato il kigurumi bianco. Penso che tra quel gattino e un affascinante cameriere, avremo così tanti clienti che Canvas sarà felicissimo e ci concederà un aumento”.
Per un istante la prospettiva allettò Legno, che abbozzò un mezzo sorriso, ma poi si rabbuiò. Foam avrebbe fatto di tutto per stargli alla larga, pur di stare solo.
 
 
“In questi primi giorni hai totalizzato un numero di corteggiatori molto alto, Lycra. Rischi quasi di superarmi”.
Nell’udire le parole di Leather, la diretta interessata sorrise. Le sue labbra carnose erano evidenziate da un rossetto fuxia e si ridussero a una linea colma di soddisfazione. I suoi occhi ammalianti e colmi di disprezzo si posarono in ogni direzione, come alla ricerca di conferma.
“Bella giacca, Leather. Dove l’hai comprata?”domandò.
“A quella boutique che hanno aperto da poco” rispose prontamente lei “ Ti consiglio di comprarla. Slancia molto la figura”.
A Lycra suonò quasi come un’offesa. La sua figura era molto magra, il suo ventre piatto, i suoi fianchi asciutti, nonostante fosse abbastanza prosperosa. Le sue forme erano comunque esaltate da una maglia a maniche lunghe monospalla.
“Hai saputo di Legno?” chiese, quasi annoiata.
“Dovrebbe imparare a non mettersi contro Gold e Silver” nelle parole di Leather suonò una certa freddezza.
Tra lei e i due ragazzi c’era una grande distanza. Non solo si trovavano in classi diverse, ma lei non voleva avere niente a che fare con loro. Ciò che contava era che non la infastidissero e per fortuna loro la trattavano con indifferenza, almeno di solito era così. I loro scambi di parole erano stati sporadici.
“Hai ragione. Dovrebbe restare sulle sue, come ha sempre fatto, ma è cambiato da quando l’hai rifiutato o è solo una mia impressione?”
Leather storse le labbra in una smorfia sdegnosa. Il tono di Lycra voleva essere amichevole, eppure c’era una sfumatura provocatoria nelle sue parole.
“Non parliamone”.
La voce di Leather solo all’apparenza trasudava una calma glaciale, ma quello era un argomento da non toccare, eppure lei ricordava ogni momento….
 
Aspettava impazientemente, i suoi tacchi a spillo ticchettavano rumorosamente sul marciapiede. Era una giornata molto fredda per essere marzo, infatti sfoggiava una delle sue giacche invernali preferite. Era color crema e copriva un vestito che, invece le lasciava scoperta metà coscia. Era seccata da quell’attesa. Aveva inviato diversi sms a una sua amica che avrebbe dovuto accompagnarla a una festa, senza ricevere alcuna risposta.
“Sbrigati”.
Fu quello l’unico pensiero che riuscì a formulare. Le sue labbra, nonostante il rossetto, si sarebbero screpolate e anche il resto del trucco ne avrebbe risentito. Sbuffò, seccata. Da un negozio vicino che vendeva strumenti musicali stava uscendo Legno. Se l’era immaginato o per qualche istante lui aveva sorriso? Evitò il suo sguardo e fissò qualcosa davanti a sé, ma con la coda dell’occhio scrutò Legno che stava portando la custodia della sua chitarra elettrica. Che nome assurdo aveva? Era così poco importante che non lo ricordava. I suoi tacchi fecero di nuovo rumore e lui continuò a guardarla. Il suo sguardo avrebbe turbato molte ragazze, mettendole a disagio, ma Leather era diversa. I suoi occhi bastavano a stregare i ragazzi senza che parlasse. Per qualche istante Legno parve esitare.
“Leather, devo… parlarti”.
C’era urgenza nella sua voce. Lei aveva molta fretta: nella sua mente c’era solo la festa.
“Che sorpresa trovarti qui, Legno”.
Lui annuì appena.
“Sono andato a cambiare le corde della chitarra”.
“A quando un concerto?”
Leather sorrise in modo intrigante. Non voleva provocarlo o offenderlo, ma sul viso di Legno comparve una specie di smorfia dispiaciuta.

“Non saprei, in realtà si dovrebbe anche formare una band”.
“Peccato”.
“A dire il vero, è di altro che vorrei parlare”.
Legno di solito era sicuro di sé, sprezzante di ciò che gli altri pensavano o dicevano. Leather notò quella specie di cambiamento che attraversò i suoi occhi: era come se il ragazzo attendesse qualcosa da lei. Forse… no, non poteva essere.
“Non voglio girarci intorno, Leather. Tu mi piaci veramente”.
Non aveva mai sentito tante calorose emozioni nella voce di Legno. Molte avrebbero venduto l’anima per un momento del genere, eppure lei non avvertì altro che quella sgradevole sensazione. Le accadeva di provarla ogni volta che qualcuno le dichiarava i suoi sentimenti. Era solo pura, semplice e odiosa irritazione.
“Legno” la sua voce suonò spaventosamente gelida “ Non posso negare che questo mi renda felice, ma non è come pensi. Noi due siamo due mondi diversi”.
Il ragazzo la guardò a lungo, con una smorfia sul viso. Leather evitò il suo sguardo, senza vergogna. Per un po’ non si parlarono. Ancora una volta lei avrebbe lasciato una cicatrice nel cuore di qualcuno. L’amore era fatto di zanne che, se non ricambiato, dilaniano. Lei aveva il potere di far scattare quelle zanne. Si guardò le mani, lanciando qualche occhiata fugace a Legno.
“Forse avrei dovuto immaginarlo” mormorò lui cupamente.
“In certe cose l’immaginazione non è qualcosa di cattivo”.
Dopo aver pronunciato quelle parole, Leather intravide l’auto della sua amica. I suoi occhi parvero illuminarsi, il ticchettio nervoso dei tacchi cessò.
“Devo andare, Legno”.
Solo in quel momento lo degnò di uno sguardo. All’inizio lui non rispose. I suoi occhi parevano persi nel vuoto.
“Buon divertimento”.
Dopo uno sforzo che pareva sovraumano, Legno pronunciò quelle parole, seguite da un silenzio colmo di imbarazzo.
 
“Leather, mi stai ascoltando? Non trovi che Legno sia cambiato? Farsi picchiare da Forex e Worbla per proteggere quel microbo di Foam… Capisco il suo assurdo istinto protettivo e altruista, ma è eccessivo”.
“Dovrebbe evitare di interferire con Gold e Silver” disse seccamente la diretta interessata.
Lycra la guardò, annuendo.
“Peccato, sarebbe potuto diventare un ragazzo stupendo se non si fosse messo a difendere gli sfigati”.
Per Lycra le persone, come gli studenti, erano divisi solo in due categorie: gli sfigati e i tipi in, da lei definiti solo “ ragazzi stupendi”. C’era poi una terza categoria, quella dei mediocri. Dopo che ebbe pronunciato quelle parole, Lycra vide arrivare Glass. Era guardata da tutti come se fosse un alieno, mentre si sistemava gli occhiali. Indossava una camicetta ricca di merletti, abbinata a una sobria gonna a balze nera. Le calze erano a strisce grigie e nere. Lycra la fissò con disprezzo.
“Fuori moda, anzi squallida”.
Fu quella l’etichetta che le assegnò mentalmente. Leather si limitò a lanciarle qualche occhiata , ma senza giudicarla. Glass aveva un’espressione sognante e le labbra erano incurvate in un sorriso. Pareva che si stesse abbandonando a pensieri piacevoli, poi sembrò risvegliarsi di scatto dai suoi sogni a occhi aperti.
“Oggi sarà il giorno in cui qualcosa accadrà” annunciò “ Un edificio di metallo verrà costruito in questa scuola”.
Tacque improvvisamente, facendosi pensierosa. Forse non si trattava di nulla di piacevole, constatò Leather, studiando il suo sguardo. Nonostante quella osservazione, guardò Lycra con un’espressione perplessa. Glass era ancora nel suo strano e incomprensibile mondo, qualcosa che loro odiavano ma non capivano e che andava al di là della loro mondanità. Tutto ciò la rendeva inquietante ai loro occhi, nonostante il suo sorriso gentile, era questa la verità.
 
Per tutta la mattinata Gold e Silver non avevano fatto altro che scribacchiare su un quaderno, parlottare e complottare. Qualche loro compagno di classe li aveva osservati con curiosità, ma quest’ultima si soffermava ai semplici sguardi. Nessuno osava chiedere cosa stessero spacciando per appunti, a cosa stessero lavorando con tanto impegno, mentre di solito si disinteressavano a ciò che non fosse denaro o una preziosa occasione per umiliare qualcuno.
“Il punto più importante” bisbigliò Silver all’orecchio di Gold “ Al bando i gay”.
Lui annuì, mentre continuava a scrivere qualcosa.  Quando uscirono in cortile, trascinarono qualcun altro in un angolo, dove nessuno potesse vederli, almeno per un po’. Per un istante Rame credette che volessero solo fumare: non era la prima volta.
“Che palle!” esclamò “ Voglio vedere Leather”.
“Suppongo che sia importante, non è vero?”
La voce di Bronzo suonò spaventosa persino alle sue stesse orecchie. Un ghigno distorse i lineamenti di Gold. Vibrava di palese soddisfazione.
“È vitale” disse, scandendo bene le parole.
Silver si appoggiò contro un muro. Guardò disgustato i graffiti e scritte varie a malapena decifrabili. Con un rapido gesto prese un accendino e una sigaretta, guardandosi attorno con aria furtiva.  Quando iniziò a fumare, parve distendersi e sprofondare in una momentanea quiete. Rame tossì rumorosamente.
“Fanculo”sbottò quando riuscì a prendere fiato “ Fumare più lontano da me no, eh?”
“Sei il solito piccoletto furioso” rise Gold.
Rame era davvero basso, infatti non raggiungeva nemmeno il metro e 60 e odiava quando tutti glielo facevano notare. Una buona percentuale di ragazze lo superava tranquillamente e il fatto non mancava di innervosirlo. Spesso indossava felpe con ampi cappucci per sembrare leggermente più alto, ma era inutile e la differenza si notava, soprattutto a fianco di Bronzo con il suo metro e 82. Non era una semplice differenza, ma un divario che lo umiliava.
“Tanto nella botte piccola c’è il vino buono” sbuffò, incrociando le braccia al petto “ La regola della L vale sempre”. *1
Bronzo gli scoccò un’occhiata truce dall’alto del suo metro e 82.
“Ognuno trova le consolazioni alle proprie mancanze”.
A parlare fu Steel *2. Sembrava tanto grosso e cattivo quanto taciturno.  I suoi occhi nerissimi studiarono gli altri presenti. C’erano anche Otto *3 ( che come al solito si vestita in modo stravagante per accostamento di colori, ma nel complesso abbastanza firmato per i gusti di Gold e Silver) e Al *4 con la sua consueta aria arrogante. Quest’ultimo ridacchiava. Rame gonfiò le guance in un’espressione corrucciata e alzò il cappuccio. Alcune ciocche dei suoi capelli gli coprirono gli occhi. Erano di un arancione misto al castano, una sfumatura particolare che sembrava variare alla luce del sole.
“Abbiamo altro di cui parlare” disse Silver impassibile.
“Ci stavamo pensando da un po’” proseguì Gold “ Noi tutti siamo accomunati dalla nostra classe e brillantezza. Dopotutto siamo metalli”.
“Ben detto!” esclamò Al “ Non siamo tipi qualunque”.
Gold sorrise e Al comprese dove volesse arrivare. Otto studiava gli sguardi e parve sentirsi parte di ciò che stava per nascere.
“Allora” spiegò Silver alzando la voce “ Vi dico quello che il nostro futuro in questa scuola e anche dopo. Quello dei metalli diventerà un club”.
Gli altri si guardarono sorridendo. C’era una specie di complicità che si respirava nell’aria e ogni ragazzo presente aveva un’aria da cospiratore.
“Usciremo negli stessi locali, vedremo gli stessi film, frequenteremo altri come noi e gli altri ci invidieranno” aggiunse Silver .
“Sembra interessante” commentò Steel “ E a scuola?”
“Mostreremo  il nostro splendore agli sfigati” rispose Gold con arroganza “ Silver vi spiegherà alcune piccole regole che abbiamo stabilito”.
Il diretto interessato terminò la sua sigaretta e gettò a terra il mozzicone. Tirò fuori un foglio dalla tasca dei jeans Armani che indossava.
“Punto primo” scandì bene le parole “ al bando i gay”.
“ E le lesbiche” aggiunse Gold “ Quindi Mercurio non può farne parte”.
“Quella è strana, ci odia” aggiunse Steel “ Sembra un maschio e non è nemmeno così carina”.
“In realtà il problema è come si comporta” protestò Al “ Ma è comunque insopportabile”.
Mercurio: bastò il nome per disgustare il gruppo. Le espressioni dei presenti erano inequivocabili.
“Poi ci sono poche norme di buon senso” proseguì Silver “Come avere un abbigliamento decoroso, quindi bisogna escludere abbinamenti improponibili di colori , t-shirt di band rock e strane felpe da nerd. Poi, questo è ovvio, non bisogna frequentare la gentaglia che vive di fumetti o comunque dark, punk e schifezze del genere”.
“Ben detto” lo applaudì Al.
“Ci sono altre regole?” chiese timidamente Otto.
Gold e Silver scossero rapidamente la testa. Rame sbuffò, cercando qualche conferma nello sguardo di Bronzo.
“Per fortuna” sbottò “ Credevo che ci avreste detto anche come respirare”.
Bronzo non disse nulla, ma poco dopo lo colpì con uno scappellotto che fece gridare Rame per la sorpresa e il dolore.
“Non dategli retta” sospirò “Vogliamo entrambi far parte del club”.
Parole simili sarebbero state pronunciate anche dagli altri. Tutti firmarono un foglio che Gold passò  a ogni futuro membro del club.
“Presto si uniranno altri”disse Gold con un sorrisetto perfido.
“Ho sentito che presto si trasferirà un nuovo studente..”mormorò Otto.
“Mi pare che si chiami Stagno” lo interruppe Al.
“Stagno..”
Gold e Silver si guardarono e sorrisero. Parvero assaporare quel nome e i loro sorrisi si allargarono ancora di più. A Rame la cosa non piaceva, ma tacque, affondando le unghie nelle braccia, sotto gli sguardi attenti di Bronzo, Steel e Al.
 
Il ritornello di “Over my head” dei Sum 41 echeggiava nelle orecchie di Iron. Amava quella canzone, perché lo faceva sentire carico di energia, nonostante fosse esausto. Quella giornata di scuola gli era parsa interminabile, resa più insopportabile dai lunghi silenzi di Foam. Voleva solo andarsene. Si sistemò lo zaino sulle spalle, scostandosi i capelli dalla fronte. Alcune ciocche ondulate arrivavano a sfiorargli gli occhi. Forse avrebbe dovuto tagliarli, ma qualche volta Plexi si divertiva a giocherellarci. Emise un lungo sospiro, tenendo la testa bassa. Era così stanco che pareva trascinarsi al posto di camminare. Foam desiderava tornare da solo a casa, ma Plexi l’avrebbe comunque accompagnato. Forse lei era persino contenta, mentre lui era tremendamente solo.
Avvertì una pressione sulla spalla e si voltò di scatto, spaventato. Per qualche istante gli parve che il cuore si stesse fermando. Gold e Silver lo stavano guardando, come se stessero aspettando qualcosa da lui e stavano muovendo le labbra. Gli stavano parlando, mentre la parte finale di “Over my head” risuonava ancora nelle orecchie.
Infastidito, si tolse gli auricolari.
“Cosa volete?”sbottò.
“Offrirti un’occasione” rispose Gold con un tono mellifluo.
Un’ondata di disgusto strinse lo stomaco di Iron nell’udire quella voce. Era pronto a scattare e correre verso casa.
“Occasione? Mi state prendendo in giro?” Iron alzò la voce “ Voi..”
“Calma, è meglio di quanto tu possa pensare”.
Silver gli girò attorno, come un avvoltoio. Iron si sentì puntato come un cadavere.
“Se si tratta di voi, ne dubito”.
“Potresti far parte di un gruppo di gente interessante” gli spiegò con calma Gold “ Dopotutto forse potresti brillare come noi metalli , sotto quella patina di ruggine. Colpa della gente che frequenti, in realtà potresti diventare una persona migliore”.
Una smorfia affiorò sul viso di Iron. Che faccia tosta a dirgli quelle cose con nonchalance! Li avrebbe presi a schiaffi, se avesse potuto.
“Potresti far parte del nostro club, basta solo che la pianti con i fumetti, perché avresti una compagnia interessante e dovresti anche smettere di frequentare certi elementi come la darkettona o la principessa Foam. Cosa ne pensi, Iron? Ti andrebbe di fare parte di tutto questo? Amici, popolarità, ragazze e divertimento: tutto questo ti aspetterebbe se dicessi di sì”.
Per qualche istante Iron rimase in silenzio, come se stesse riflettendo. La sua espressione non era decifrabile. Gold e Silver lo fissarono, attendendo una sua risposta. Poco dopo Iron alzò il medio sotto i loro sguardi pietrificati.
“Era la risposta più gentile che potessi darvi”disse con freddezza.
Gold e Silver non seppero cosa dire. Si guardarono, aggrottarono le sopracciglia e fulminarono Iron con lo sguardo.
“Non finirà così”disse con rabbia Gold prima di andarsene “ In qualche modo la pagherai, Ferretto. Non solo tu, ma anche la tua stupida compagnia”.
 
Note dell’autrice: scusatemi l’attesa, ancora una volta vi faccio aspettare tanto, ma devo condurre la mia doppia, anzi tripla vita di studentessa, cosplayer e scrittrice di fanfiction.  Qualche mia piccola nota/ commento…
*1 riprendendo da nonciclopedia la regola della L afferma che “ la lunghezza del pene è inversamente proporzionale all’altezza” . Se fosse vero, povero Bronzo e fortunato Rame eheheheh
*2 Steel significa “ Acciaio”
*3 Otto deriva da “ ottone”
*4 Al deriva da “ Alluminio”
Tecnicamente il club dei metalli sarebbe formato anche da leghe, ma in fondo essere metalli in questo club significa ben altro, come potete comprendere dal suo restrittivo regolamento. Comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto e recensite anche se credete che sia una schifezza. Grazie per l’attenzione ;) 

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Capitolo 6
*** Ferite aperte ***


La vita è strana: ci sono momenti che sanno bene come mangiarti vivo.
 
Era stato brillante, in ogni parola e in ogni gesto. Aveva sorriso in modo affabile, alzando la testa con spiccato orgoglio. Aveva impressionato i suoi futuri compagni di classe che lo guardarono incantati, pendendo dalle sue labbra. Aveva iniziato col piede giusto, ma si era promesso di mostrare la sua superiorità rispetto agli altri. Prese posto rapidamente  individuando subito l’ultimo banco libero. Un ragazzo lo studiò con lo sguardo, affascinata.
“Niente male per essere uno nuovo” commentò lei, lanciandogli un’occhiata eloquente.
Non disse altro, ma continuò a fissarlo. A sua volta lui la osservò a lungo: era bassina e nemmeno tanto carina. Aveva un’espressione perennemente disgustata, senza contare l’orribile caschetto scompigliato.
“Comunque piacere di conoscerti” mormorò lei leggermente imbarazzata “ mi chiamo Nichel”.
“Io Stagno”.
Il ragazzo sorrise in modo amichevole, nonostante fosse irritato dalla sua presenza. In realtà era soltanto teso e si guardava attorno con circospezione, perché aveva notato per primo le occhiate di Gold e Silver. Fece finta di non guardarli e di concentrarsi sulle lezioni, ma per quanto si sforzasse e per quanto Nichel tentasse di parlargli, il suo sguardo e la sua mente erano altrove.
 
“Chi arriva per primo a casa di Legno vince!”
A parlare con quel tono entusiasta era stato Silver. Non sembrava quasi un bambino per lo sguardo particolarmente determinato e maturo. Indossava una t-shirt bianca e jeans Armani e Stagno era colpito dalla sicurezza con cui si muoveva. Anche quella di Gold era molto simile,se  non superiore. I due sembravano fratelli.
“Cosa ne pensi, Legno? Molti hanno creduto che tu fossi un piccoletto debole.” commentò Gold.
Il diretto interessato sorrise con grinta. Portava i capelli molto corti e indossava una semplice t-shirt rossa col numero 70, pantaloni neri di una tuta che gli andavano leggermente larghi e scarpe da ginnastica che avevano conosciuto giorni migliori.
“Chi ha detto tutte queste sciocchezze perderà dei denti” disse, minaccioso “ Mi sto allenando ogni giorno nella corsa e quando sarò più grande andrò in palestra”.
“Wow, il nostro Legno vuole diventare Superman” rise Gold.
Stagno guardava affascinato i suoi amici. Legno era di un anno più grande di loro e sembrava così pieno di determinazione e aspettative. Si sentiva in soggezione o forse avrebbe dovuto definire disagio ciò che provava. Gold e Silver trasmettevano sicurezza, oltre al fatto che ostentavano una certa classe.
“Allora iniziamo?” propose Gold.
Gli altri annuirono, Stagno più timidamente. Si guardarono tutti con aria di intesa e di sfida e iniziarono a correre. Legno superò subito gli altri, facendo lo slalom tra i passanti, seguito subito dopo da Gold, che gli stava alle calcagna, in attesa di superarlo. Silver li distanziava di poco e Stagno era l’ultima ruota del carro. Gold riprese velocità e si trovò presto al fianco di Legno, che non voleva permettersi di essere superato. Dopo alcuni metri Legno perse velocità, mentre il piccolo Stagno, sempre più irritato dalla sua stessa lentezza,  riprese a correre con maggiore foga. Silver si voltò subito, stupito. Proprio nel momento in cui Stagno lo superò, Silver lo vide scivolare dal marciapiede e cadere disteso a terra. Legno e Gold si fermarono, mentre Stagno imprecava sottovoce. Gold e Silver si guardarono, trattenendosi a stento dal ridere a crepapelle. Legno si avvicinò a Stagno, tendendogli una mano. Stagno lo guardò, indeciso se afferrarla o no. Nel frattempo tentò di ricacciare indietro le lacrime. Ancora una volta si era mostrato un fallito.
 
Una gomitata di Nichel parve risvegliarlo da quegli incubi a occhi aperti. Dolorosi ricordi, frutto di un umiliante passato, pronto a graffiarlo con i suoi artigli.
“Ehi, Stagno, a cosa stai pensando? Da un po’ non scrivi nulla sul quaderno..”
La ragazza sorrise in modo amichevole, eppure lui si sentì irritato, studiato dagli sguardi altrui. Tutti gli occhi erano puntati sul nuovo arrivato: era inevitabile. Lui sentiva di odiarli, perché l’avrebbero giudicato. Lui era superiore a loro, non sarebbe diventato loro amico. Non era il loro zimbello. I suoi occhi si strinsero a fessura, mentre Gold e Silver lo fissavano divertiti. Era sempre stato così. Si guardarono con aria di intesa, tessendo segretamente le loro trame.
 
 
Sarebbe stato fin troppo semplice lasciare perdere ogni cosa e fingere che non fosse accaduto nulla, ma non era la via più facile quella che avrebbe fatto cessare il senso di oppressione all’altezza del petto. Nonostante le condizioni del suo occhio pesto e dei suoi lividi fossero migliorate, Legno avvertiva chiaramente quel dolore a livello fisico. Foam non aveva fatto altro che evitarlo per tutto il tempo. Erano così vicini, eppure così distanti. La fitta crebbe di intensità ed ebbe l’assoluta certezza di non riuscire a sopportala. Durante l’intervallo Foam fu sul punto di uscire dall’aula, guardandosi attorno, come se si sentisse minacciato. I suoi grandi e innocenti occhi color nocciola parevano smarriti. Legno si alzò dalla sedia e lo raggiunse rapidamente. In quell’incrocio di sguardi, Legno comprese che Foam non gli avrebbe rivolto la parola, nemmeno sotto tortura.
“Devo parlarti”.
“Senpai, ti prego..”
Lo sguardo di Foam era supplichevole e allo stesso tempo mortificato. Pareva lontano anni luce e la fitta divenne più intensa.
“Foam, non puoi fare così. Mi odi così tanto da voler evitarmi?” il tono di Legno era a stento controllato.
“Non è questo, è che potrebbe succedere di nuovo… ciò che è accaduto a casa del Mangiagatti, intendo. Senpai, dico davvero, lascia stare uno sfigato come me. Finiresti solo col rimetterci”.
Foam abbassò lo sguardo e si allontanò. Legno si sentì sprofondare e maledisse mentalmente la sua debolezza, Gold, Silver e la loro squallida compagnia. Era così straziante la prospettiva di essere impotente di fronte agli eventi. Strinse i pugni con rabbia e li serrò così forte da lasciare i segni delle unghie sui palmi delle mani. Foam scappava ancora da lui, nonostante i giorni trascorsi. Anche lui uscì dall’aula, ma non aveva intenzione di raggiungerlo.
Non posso seguire qualcosa che è stato perso.
Con quel cupo pensiero si districò tra la folla di studenti che si stava assembrando vicino ai distributori. Come al solito Leather squadrava la gente con la sua consueta arroganza. Lei era solo altezzosa e separava gli altri dal suo mondo. Allora era vero: lui e lei appartenevano a mondi diversi. Il suo unico attimo di conforto fu quando si affacciò a una finestra che dava sul cortile. Là fuori c’era qualcosa che andava al di fuori dei suoi problemi e dei suoi dispiaceri. Si sfiorò il collare borchiato nero che indossava e rimase lì a guardare le foglie ingiallite dell’autunno che stava per iniziare. Lui era come uno di quegli alberi che si stavano spogliando delle proprie foglie e avrebbe affrontato il gelido inverno. Sarebbe arrivata la sua primavera? Non avrebbe avuto bisogno di niente e nessuno e già odiava l’idea di essere forzato a dividere lo spazio e l’ossigeno con molte persone. Detestava tutti e chissà se odiava anche Foam… era bastato poco a separarli, giusto un po’ di paura da parte di quel piccoletto.
“Sei proprio tu, non è vero , Legno? È strano vederti contemplare la natura”.
Quelle sgradevoli parole furono seguite da una risata altrettanto sgradevole. Legno si voltò rapidamente e per qualche istante gli mancò il respiro. Ricordava il bambino che piangeva, cercando il suo aiuto, che era estremamente sensibile e si emozionava per poco. Tutto era ancora nella sua mente, ma non aveva mai visto quello stesso bambino diventare un giovane che lo fissava con arroganza. Dello Stagno dei suoi ricordi era rimasta qualche caratteristica fisica, come gli occhi tra l’arancione e il giallo che in quel momento erano stretti a fessura e il naso leggermente allungato.  Portava i capelli castano rossicci e qualche ciocca a malapena gli sfiorava le orecchie. Ciò che non era passato inosservato a Legno era il suo abbigliamento, tra la felpa Moncler, che sicuramente aveva pagato un occhio o due della testa e i jeans D&G chiari che contrastavano con il severo grigio scuro della felpa ( altro occhio della testa). In quel momento somigliava a Gold e Silver più che mai, forse persino nella piega delle labbra.
“Gli ex amici sono tutti uguali, ecco come finiscono” si trovò a pensare.
“Stagno, non ti avevo riconosciuto” disse, guardandolo a lungo “ Non sapevo se fossi tu dopo un lavaggio del cervello, ma l’hai confermato, a quanto pare. In questi giorni si parlava di uno studente che si sarebbe trasferito e molti dicevano che si trattava di te”.
“ A quanto pare parlavano di me prima ancora che arrivassi. A te come va , Legno? Sei il solito asociale?”
“Non c’è una persona che riesca a sopportare e vale anche per te”.
“Ma quanto siamo cattivi” Stagno si finse offeso “ Forse è perché tutti hanno capito come sei in realtà, soltanto uno…”
“Per favore, Stagno, rovina la vita a qualcun altro. Se proverai a farlo con la mia, renderò la tua un inferno”.
Il tono di Legno era assolutamente minaccioso e costrinse il diretto interessato a tacere. In fondo Legno non temeva che la sua vita potesse diventare un inferno, visto che lo stava davvero vivendo.
“Mi dispiace solo di aver buttato nel cesso anni della mia vita, credendo di essere tuo amico”.
Le parole di Legno erano sincere e cariche di emozione. Stagno si morse le labbra.
 
Era tra i colori dell’estate che aveva scoperto come momenti felici potessero sprofondare nel grigio.
“Wow, come passa in fretta il tempo. Abbiamo già finito tutti la scuola media”.
Legno voleva recuperare qualcosa con quelle parole, tra l’altro inutilmente. Stava seduto su un muretto con lo sguardo assente, pensieroso. Stagno si rifiutava di guardarlo.
“Ormai è finita”disse con rabbia.
Il sole illuminava i volti di entrambi, ma nel loro cuore c’era solo buio e dopo quelle parole solo silenzio.
“Non andrò alla tua scuola superiore, Legno” proseguì “Non posso sopportarlo ancora”.
Lo guardò con rabbia, come se fosse il suo acerrimo nemico e gli occhi di Legno sembrarono farsi grandi. Era mortificato.
“Mi hai sempre protetto, ma questa non era amicizia! Per colpa tua sono stato lo zimbello di tutti. Gold e Silver hanno cercato di aiutarmi, perché volevano rendermi forte”.
Legno non rispose, ma incassò il colpo. Tacendo acconsentiva e la rabbia di  Stagno non si placò. Una smorfia addolorata affiorò sul viso di colui che era stato un suo grande amico.
“Pensala come ti pare!” sbottò Legno “ Ma non piangere davanti a me quando mi vedrai di nuovo, se mai succederà”.
 
“Hai sprecato quegli anni fingendo di essere mio amico” disse Stagno con disprezzo.
“Attento a non piangere, quando scarichi su di me le colpe dei tuoi problemi”.
Legno era pronto ad attaccare ancora una volta, per difendere la sua dignità e il suo desiderio di solitudine.
“In realtà sei tu ad avere problemi, basta guardarti” .
Con quelle parole cariche di rabbia, Stagno si allontanò, sotto lo sguardo di Legno, che ribolliva d’ira.
 
 
Plexi faceva ancora fatica a credere a ciò che aveva visto qualche giorno prima. Aveva sempre considerato Iron il solito ragazzo introverso con gli occhi incollati ai fumetti. Non si era aspettata che potesse opporsi così fieramente a Gold e Silver, con una grinta che lei non immaginava possibile da parte sua. In quel momento Iron la stava guardando sorridendo, mentre mangiava le sue patatine con un’espressione beata. Lei mosse le labbra, nel tentativo di articolare qualche suono e di esprimere la sua ammirazione. Ebbe occasione di rendersi conto di quanto fossero dolci gli occhi di Iron , sospesi tra il grigio e il color nocciola. Scosse la testa e si limitò a lanciargli una rapida occhiata, imbarazzata. In ogni caso le sarebbe sembrato di parlare con un Iron diverso da quello con cui aveva a che fare ogni giorno. Proprio in quel momento vide arrivare Foam, che salutò entrambi con un rapido cenno della mano. Sembrò rabbuiarsi. Plexi si sentì stringere il cuore a quella vista: avrebbe voluto abbracciarlo rassicurarlo, ma non era il tipo da abbracci. Lei era abituata all’indifferenza e al silenzio. Desiderava un abbraccio, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederlo.
“Foam, non puoi andare avanti così” disse, facendosi coraggio “ Isolarti è ciò che Gold e Silver desiderano”.
“Plexi, non puoi capire. Legno..”
“Allora è lui il problema. Lo stai facendo soffrire con il tuo atteggiamento. Non solo è stato picchiato, ma ora lo stai ignorando: ti sarebbe piaciuto se lui avesse fatto lo stesso con te?”
Il diretto interessato scosse la testa, profondamente turbato. I grandi occhi verdi di Plexi lo stavano studiando. Avvertì un groppo in gola, avrebbe voluto sfogare quel mare di emozioni che lo stavano scuotendo da cima a fondo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per non dover scappare più da Legno e per vivere un altro momento gioioso come quello trascorso al Neko no hime.
“Plexi, basta”.
“Iron” lei lo guardò con intensità “ Sei stato fantastico quando hai alzato il medio davanti a Gold e Silver. Vorrei vedere Foam fare lo stesso”.
Abbassò lo sguardo, poi si fece coraggio, guardando i suoi amici. Gli occhi di Iron erano sbarrati dallo stupore.
“Mi.. hai visto”.
Era imbarazzato, fu quasi sul punto di balbettare, poi Plexi assentì timidamente col capo. Emise un grande sospiro, mentre le guance gli divennero rosse.
“Voi siete miei amici” disse determinato “ Nessuno può dirmi di non frequentarvi più. Non sono solo i pomeriggi al cinema  o in fumetteria, ma le vostre risate, le vostre parole e i vostri sorrisi. Non posso rinunciare a tutto questo”.
Plexi sorrise appena e avvertì l’improvviso impulso di abbracciarlo, ma le sue braccia non si sarebbero strette attorno alle spalle di Iron. Era un’altra la persona che voleva davvero attirare a sé.
 
Era stanco. Della giornata, delle persone, di tutto. Quando tornò a casa, Legno gettò in malo modo la giacca sul letto. Voleva disfarsi di ogni cosa. Era come se ogni secondo gli bruciasse addosso. Lo specchio del bagno gli rimandò un’immagine che lo turbò. Era di un ragazzo che sembrava avercela col mondo intero, i capelli castani scompigliati, gli occhi segnati e le labbra piegate in una smorfia.
Si voltò dall’altra parte: quella vista gli era insopportabile. Per qualche istante pensò che gli andasse bene così, solo e senza amici, a pensare solo a se stesso.
Aiutare gli altri non serve a nulla, se non a ferirsi.
Era quello il pensiero che stava diventando un’ossessione. Si trovò a pensare a Stagno e alla sua aria saccente e arrogante, come se conoscesse tutto di lui.
“Non capisce un cazzo”si ripeté con rabbia.
Lo ricordava ancora da bambino, quando sorrideva timidamente, quando piangeva, quando lo ringraziava per il suo aiuto. Lui non aveva fatto altro che dargli consigli e incoraggiarlo. Aveva raccolto solo astio e solitudine.
Tirò un pugno rabbioso al muro, divorato da quella stessa angoscia che l’aveva avvinto mesi prima, quando aveva capito di non contare nulla per la ragazza che gli piaceva davvero. Non era in grado di amare qualcuno e nemmeno di essere un buon amico. Il suo ambiente naturale era nella libertà, da solo, dove nessuno poteva avvicinarsi a lui. Anche Foam… non ne valeva davvero la pena. Avrebbe dovuto evitare di sacrificarsi in quel modo assurdo. Cosa aveva guadagnato? Solo la fuga precipitosa di quel ragazzo.
Ti è piaciuto camminare sui vetri rotti, Legno? Continua a camminare.
Se lo ripeté mentalmente, poco dopo si sedette sul letto e rimase a guardare la sua stanza. Il suo sguardo cadde subito sulla custodia della sua chitarra elettrica. Era leggermente impolverata. Con un gesto molto deciso aprì la cerniera, rivelando il suo contenuto. Era una vecchia Ibanez nera e bianca che aveva personalizzato con alcuni adesivi a forma di teschio dalla cui bocca uscivano fiamme. Era la sua chitarra, la sua Kuroshi*1 . Se fosse stata una persona, l’avrebbe conosciuto meglio di chiunque altro. Aveva visto i suoi sorrisi, la sua costanza e la sua passione per la musica, ma anche il suo scoraggiamento, la sua rabbia, la sua inquietudine. Dopo il rifiuto di Leather, Legno l’aveva lasciata nella sua custodia, senza riuscire più a suonare. Era come se le dita si opponessero alla prospettiva di sfiorarla di nuovo. Legno trasse un gran sospiro e la riprese, sfiorando il manico e poi le corde a una a una. Forse avrebbe dovuto almeno lucidarla. L’affetto per quello strumento era ciò che gli impediva di venderlo. La tenne sulle ginocchia, lasciandosi inondare dai ricordi, sia lieti sia tristi. Avrebbe voluto trovare qualcuno che accettasse i suoi sorrisi assieme alle sue inquietudini e che il suo cuore diventasse duro come pietra, impossibile da scalfire.
 
 
Lo so, mi sono fatta viva solo dopo molto tempo, ma l’università chiama. Devo spiegarvi una cosa *1 che riguarda la chitarra di Legno. Il nome della sua chitarra è anche il nome della mia che giace nel dimenticatoio e deriva da Kuro ( che in giapponese significa “ nero” ) e Shiro ( che significa “bianco”).
p.s Legno fa tenerezza e Stagno mi innervosisce. Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
 
 

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Capitolo 7
*** Ciò che conta davvero ***


 
 
Potrai volare nei miei sogni, ma non cadrai nella mia realtà.
 
Faux avrebbe riconosciuto ovunque quella voce. Era la stessa che in qualche modo l’aveva rassicurata, facendole dimenticare i suoi problemi. Era proprio di quel ragazzo dai capelli colorati che stava parlando con i suoi amici. In quel momento avrebbe voluto avvicinarsi, ma si limitò a guardarlo da lontano, appiattendosi contro un muro. Si sentiva quasi una spia. Lei non era bella. Era goffa e sgraziata e i suoi enormi occhiali rossi nascondevano parte del suo viso. I suoi capelli, mossi, ma senza una forma definita, erano raccolti in due trecce. Era una Leather più grossa, più insicura, che nessuno avrebbe voluto avere accanto a sé. Molti non credevano al fatto che fosse sua sorella. Leather non ne parlava mai, era come un segreto vergognoso, da tacere. Era una specie di scheletro nell’armadio e si sentiva completamente sola. Seguì Foam con lo sguardo. Almeno lui aveva degli amici su cui contare, a differenza sua. Lei aveva solo gente che si approfittava della sua bravura nello studio per copiare appunti, esercizi o per farsi spiegare qualcosa. Lei fingeva che fosse normale, ma qualche volta ribolliva di rabbia, senza poter sfogarla. Continuò a guardare Foam e quando lui sembrò voltarsi, distolse rapidamente lo sguardo.
“Ehi, ciao!”
Quando udì quella voce, sobbalzò. Glass la guardò sorridendo. Sembrava un’adorabile fatina con il vestitino azzurro che indossava e che era accompagnato da leggins bianchi. Il suo sorriso aveva qualcosa di splendente, ma così come comparve sul suo volto, allo stesso modo sparì.
“Non è che vuoi sapere qualcosa di matematica, fisica…”
“Qualcuno può rivolgerti la parola per altri motivi”.
Glass inclinò leggermente la testa e si sistemò gli occhiali con l’indice e il medio. Faux si sentì a disagio.
“Almeno per me, non credo che sia così”.
Glass la guardò con un misto di compassione e volontà di rassicurarla. Ancora una volta Faux avvertì un intenso disagio.
“È dura essere la sorella di una ragazza perfetta” si lamentò.
Glass scosse la testa.
“Leather non è perfetta, apri gli occhi, Faux. Sai che voto ha preso al compito di matematica? Meglio che non te lo dica”.
“Cosa mi importa? Alla fine tutti l’apprezzano”.
Faux parve rabbuiarsi, mentre abbassava lo sguardo. Odiava con tutte le forze l’idea di rassegnarsi a quella che era ormai la sua squallida e avvilente realtà. Glass fece una lunga pausa, come se volesse meditare sulle parole di conforto da pronunciare in quella circostanza. Faux notò che Foam si era allontanato completamente dal suo campo visivo.
“Posso darti un consiglio?”
Glass le si avvicinò, sorridendo. Al suono di quelle parole, Faux sobbalzò.
“Dovresti trovare persone come te”.
“Intendi dire brutte e..”
“Sono convinta che la solitudine sia un problema di molti e poi più solitudini possono formare una gioiosa compagnia, non credi?”
Faux rimase così spiazzata dalle parole di Glass che non riuscì a protestare. La misteriosa fatina sotto le spoglie di una ragazza un po’ strana si sistemò gli occhiali e si dileguò silenziosamente a passetti felpati.  Di una cosa Faux era sicura: che quelle parole avessero svegliato qualcosa in lei. Era fugace, ma simile alla speranza.
 
Foam, invece, era sicuro che  l’ora di educazione fisica fosse una tortura per lui. Spesso finiva per avere il fiatone o peggio rischiava di inciampare. La sua goffaggine era qualcosa di straordinario e comico per chi assisteva alle sue manifestazioni. Il professore Plastic sembrava particolarmente spietato quella mattina. Tutti avevano fatto qualche giro della palestra, senza sosta. Foam aveva il fiato corto e pareva trascinarsi, mentre Iron lo incoraggiava con lo sguardo. Anche lui sembrava sul punto di fermarsi.
“Si vede che non sono un supereroe” ridacchiò.
“Iron, io sto… morendo”.
Foam parlò con affanno. Diceva sempre quelle parole quando giungeva allo stremo delle forze e quasi non gli importava che altri lo stessero guardando storto. Si trovò a invidiare la velocità e la resistenza di Legno, che teneva ancora il ritmo della corsa. Come diavolo faceva? Se lo domandava, mentre, tanto per cambiare, la sua autostima precipitava miseramente. Non era poi così difficile vedere Legno con una tuta: sembrava davvero portato per lo sport. Era molto agile e anche ben piazzato. Lui, invece, era un piccoletto e per giunta mingherlino. La situazione di Iron non era poi così diversa, senza contare che lui era costretto a correre senza occhiali. Temeva le lenti a contatto, quindi si trovava a sopportare le ore di educazione fisica in condizione di semicecità. Gran brutta cosa la miopia, constatò Foam. Si trovò ad ammirare Legno, come le stesse ragazze che sparlavano di lui. Potevano dire tutto di Legno, ma non che non possedesse  un certo fascino, anche con i capelli scarmigliati. Foam arrossì appena. Non stava facendo nulla di diverso da quelle che sospiravano ogni volta che per un qualsiasi motivo incrociavano lo sguardo di Legno. Scosse la testa, turbato.
“Vorrei fermarmi” farfugliò Iron con il fiato corto.
Per qualche istante Foam si era dimenticato di essere stanco. Proprio quando quel riscaldamento infernale giunse alla fine, il professore Plastic fece un annuncio. Era ciò che per Foam e Iron si avvicinava a una tragedia.
“Giocheremo a pallavolo con la IV A. Anche loro stanno per finire il riscaldamento”.
Il cuore di Foam perse un battito. Era la stessa classe di Gold e Silver e al pensiero si sentì sprofondare. Quasi non ascoltò le parole che il professore pronunciò poco dopo, mentre spiegava i turni.
“Foam, ti tocca giocare. Io dovrò aspettare”.
La voce di Iron lo fece sobbalzare, come se avesse ricevuto una scossa elettrica. Avvertì un fremito che gli percorse le spalle. Perché lui? Non dava già abbastanza prove della sua pietosa goffaggine? Guardò Iron con una sorta di aria supplichevole, ma quando il professore Plastic decideva, non restava nulla da fare. Nel frattempo i suoi occhi impauriti si posarono sui ragazzi della IV A, che si stavano avvicinando sempre più. Gold e Silver non mancavano. Le ultime speranze di Foam furono polverizzate.
“Più a sinistra, Foam”.
Una ragazza gli scoccò un’occhiata di fuoco. Lui si sistemò nel punto indicato da lei, le gambe leggermente piegate in avanti. Tremavano. Gold e Silver sembravano così rilassati, padroni della situazione e, forse nei loro desideri, del mondo. I loro sorrisi a 32 denti parevano tirati a lucido per l’occasione. I capelli lasciavano in parte scoperte le loro fronti, per comodità. Salutarono Foam con uno dei loro odiosi sorrisetti contraffatti e riservarono un trattamento analogo a Legno, che digrignò i denti. Stava al centro del campo. Era il fulcro e il punto di forza della squadra, il cui destino senza di lui sarebbe stato segnato. Doveva mantenere il controllo, si promise, anche se un giorno l’avrebbe fatta pagare per ciò che era accaduto alla casa del Mangiagatti. I membri delle due squadre avversarie si posizionarono in campo. Foam pregò mentalmente di non fare figuracce e di non essere colpito dalla palla. Legno pensò di dare il meglio di sé e di stracciare quegli sbruffoni della IV A, soprattutto Gold  e Silver. Iron,che stava in panchina, guardò preoccupato Foam. Avrebbe giocato volentieri al suo posto, ma il professore Plastic gli garantì che sarebbe arrivato presto il suo turno.  Il professore della IV A sorrise, fiducioso della squadra che si era formata. La partita iniziò poco dopo.
La battuta iniziale toccò alla IV A. Foam guardò con timore la palla che si alzava , per poi essere schiacciata con forza. I suoi occhi spaventati seguirono la sua traiettoria e lui si mosse quando credette di poter essere colpito.
“Ehi, Foam, la palla non ti ucciderà. Ricordati di prenderla qualche volta”.
Quel commento acido proveniva dalla voce di Nitro*1. Lei non mancava mai di mostrare la sua insofferenza, con quella sua espressione così irritata. Pareva che fosse costretta ogni giorno a ingoiare limoni. Se la cavava a pallavolo. Aveva uno stile ( avrebbe mai potuto usare un altro termine?) così “esplosivo”.
“Scusa” si trovò a farfugliare Foam.
Lei gli lanciò un’occhiata sdegnata, ma Legno la guardò con un’espressione truce, tale da intimidirla e da farle perdere la sua aria spavalda e arrogante. Quando una ragazza della IV A effettuò una  battuta , Legno rispose prontamente con un bagher, che fece finire la palla esattamente al centro del campo avversario, senza che nessuno fosse riuscito a prenderla. Pareva davvero agguerrito e Foam si sentì riempire il cuore da un’inspiegabile gioia a quella vista. Nonostante quel momentaneo sollievo, avvertì un nodo allo stomaco quando gli toccò restare vicino alla rete. Silver lo studiò divertito.
“Buona fortuna” disse con l’ennesimo falso sorriso.
Foam deglutì rumorosamente. Il tempo gli parve non passare mai, tra gli sguardi di Nitro e i sorrisetti di Gold e Silver. Si sentiva puntato. Tentò invano di saltare abbastanza in alto per toccare la palla. A malapena la sfiorò con le dita, così la lasciò cadere sul pavimento. Sentì qualcuno sbuffare. Ecco, ancora una volta mostrava di essere un incapace, un’autentica frana. Gold e Silver avrebbero trovato altri motivi per deriderlo e tormentarlo e forse Legno avrebbe capito che razza di fallimento aveva voluto difendere. Ebbe la sgradevole sensazione di non combinare nulla di buono nel corso della partita, mentre Legno era la perfetta combinazione di forza ed eleganza. Lo guardò, afflitto: sapeva fare un buon gioco di squadra con Nitro, anche se pareva sopportarla a stento. Lui, invece, si sentiva insignificante e sopraggiunse un’incredibile angoscia quando vide che Gold stava per iniziare la battuta.  Piegò le gambe leggermente tremanti, gli occhi incollati alla palla. Gli sguardi dei suoi compagni di squadra erano vigili. Foam sentì il suo cuore accelerare i battiti, avvertì il sudore che iniziò a scendere dalla fronte. La palla superò la rete: forse era il suo momento, ma la battuta fu troppo forte e rapida. Era pronto, in attesa di farsi valere, almeno un po’. Era sicuro che il tiro fosse diretto a lui. Tentò di pararlo, ma si trattò di un attimo: si trovò a terra dolorante. Non ebbe la forza di pronunciare una parola. I suoni attorno a sé erano solo bisbigli ovattati , accompagnati dal rimbalzare della palla. Il naso era un concentrato di dolore. Se lo sfiorò: sanguinava. La vista del sangue gli fece storcere le labbra in una smorfia. Non riusciva proprio a sopportarlo.
“Scusa, non volevo!”
Gold gridò quelle parole mortificato e corse dall’altra parte del campo. Fingeva, Foam lo sapeva. Interiormente stava sghignazzando della sua sventura. Foam tenne alta la testa, cercando di non incontrare lo sguardo di nessuno e di rialzarsi. Il professore Plastic lo guardò preoccupato e gli chiese come stava.
“Che domanda stupida”pensò Foam “ Mi sento come se un camion mi fosse passato sulla faccia. Benone!”
“Ti accompagno in bagno” si offrì Gold con un tono mellifluo.
Foam scosse appena la testa, ma così facendo il sangue continuò a gocciolare. Aveva macchiato il colletto della sua t-shirt bianca.
“Me la vedo da solo” bofonchiò con voce nasale.
Parlare gli costava uno sforzo tremendo, perché significava dover trattenere la nausea. Sentire il sangue caldo sul viso e sulle mani era qualcosa che lo spaventava terribilmente. Tenne ancora la testa alta e gli occhi semichiusi, fingendo di stare bene, ma il naso, come le guance, pulsava di dolore.
“Lo accompagnerò io”.
La voce di Legno fu qualcosa di rassicurante in quei momenti di tensione. Foam lo guardò con gli occhi lucidi, colmi di gratitudine. Le sue parole furono seguite da qualche borbottio. Sicuramente tutti non erano contenti di perdere un valido elemento della squadra, constatò cupamente Foam. A nessuno, invece, importava di lui, tranne Iron che, per quanto volesse aiutarlo, fu costretto a giocare al suo posto. Il suo migliore amico lo seguì con lo sguardo, mentre Legno gli posava una mano sulla spalla, accompagnandolo in bagno. Il suo tocco era così rassicurante che per qualche istante Foam dimenticò ciò che gli era appena accaduto.
“Grazie, senpai”.
Legno aprì la porta, sorridendo appena.
“Non ti preoccupare. Questo non è niente per me. Continua a tenere la testa alta”.
Foam obbedì, mentre si trovava a fissare il soffitto del bagno, l’unico punto che per ovvi motivi non era popolato di scritte varie.
“Ti stai scomodando troppo per me” proseguì Foam “ Non so come dirtelo. È una perdita di tempo aiutare uno come me. Mi hai visto giocare.. faccio schifo, ecco”.
All’inizio Legno non rispose. Lo guardò per qualche istante con un’espressione indecifrabile.
“Foam, Gold e Silver hanno solo aggiunto un’altra azione alla lista di quelle che devono pagare. Smettila di gettarti fango addosso! Non sarai portato per gli sport, ma hai altre qualità. Non puoi farti etichettare come sfigato da gente che non sa nemmeno pensare con la propria testa. Impara a mandare a fanculo qualcuno quando serve”.
A Foam brillarono gli occhi. Le parole di Legno avevano fatto accelerare i battiti del suo cuore. Si vergognò di farsi vedere in quelle condizioni pietose, nel tentativo di far cessare subito il flusso di sangue. Le labbra gli tremarono.
“Non pensavo di poter essere così fortunato” farfugliò “ Ti ringrazio per tutto, Legno”.
Il ragazzo socchiuse gli occhi. Le parole colme di gratitudine di Foam fecero scattare qualcosa in lui, per l’ennesima volta il desiderio di proteggerlo, anche se forse un giorno avrebbe rischiato di perdere qualcosa. Rimasero in una specie di silenzio teso e imbarazzato per qualche secondo.
“Va meglio?” chiese poco dopo Legno.
Foam annuì appena. Il ragazzo gli si avvicinò, raccomandandogli di tenere la testa alta per qualche minuto. Foam si sentì teso e avvampò in volto. Legno gli sfiorò appena i capelli con delicatezza. Forse non se ne sarebbe nemmeno accorto, se non fosse stato così sensibile.
“Hai dei capelli davvero morbidi”.
Legno pronunciò quelle parole con estrema spontaneità e Foam arrossì ancora di più.
“Sono piacevoli da toccare, tutto qui” proseguì Legno.
“S-senpai” balbettò Foam “ è così imbarazzante… nessuno me l’ha detto prima, tranne Plexi”.
Gli parve che il cuore fosse sul punto di fermarsi quando Legno gli sfiorò di nuovo i capelli e gli accarezzò la testa. Forse Legno desiderava un cane, pensò Foam. Forse lui aveva solo un’aria da cucciolo spaurito e abbandonato dal mondo, tutto qui. Quel mondo in cui si vuole esprimere ciò che si pensa, ma senza saper pensare…
“Senpai, non sono un cane” farfugliò imbarazzato.
Legno si ritrasse improvvisamente e assunse un’aria pensierosa.
“Stavo scherzando”.
C’era qualcosa di strano nel suo tono che Foam non seppe spiegarsi, eppure Legno non sembrava un tipo da scherzi.
“Comunque ora il naso non mi sanguina più” annunciò Foam contento “Se resterò un altro po’ con la testa alta, mi verrà il torcicollo”.
Legno si concesse un mezzo sorriso un po’ amaro. Forse stava rischiando, non sapeva davvero se fosse giusto provare a mettersi in gioco. Era così facile isolarsi nel suo mondo, senza pensare a nessuno, senza provare a legarsi a qualcuno.
Uscirono dal bagno, senza parlarsi, ma guardandosi con una sorta di intesa. Foam si sentì rincuorato e rassicurato dalla presenza di Legno, che a sua volta sorrise di nuovo. La luminosità del sorriso di Foam forse poteva rischiarare i suoi giorni peggiori, chissà…
Quando tornarono in palestra, Legno riprese subito a giocare, mentre Foam rimase in panchina, a causa dell’apprensione del professore Plastic. Prima di sedersi, ringraziò sommessamente Legno in un sussurro. Anche Iron sarebbe rimasto in panchina.
“È stato un gesto carino da parte di Legno” ammise il suo migliore amico.
“Già” mormorò Foam arrossendo appena.
“Ho notato che sa essere premuroso, sotto quella scorza da asociale”.
Iron sorrise e Foam ricambiò il sorriso, mentre i suoi occhi continuavano a guardare Legno. Fu costretto a reprimere un sospiro.
 
 
Legno aveva la sensazione che per qualche istante qualcosa fosse cambiato in lui, non sapeva dire cosa. Avrebbe voluto tacere certe parole, eppure quelle stesse parole erano uscite dalla sua bocca con una spontaneità disarmante. Sicuramente Foam stava in compagnia dei suoi amici. Chissà se avrebbe raccontato qualcosa di ciò che era accaduto.. non volle pensarci. Rimase in corridoio, a guardarsi attorno con quel continuo viavai di studenti che a ricreazione si affollavano davanti ai distributori e chiacchieravano allegramente. Leather lo degnò appena di un’occhiata. La solita stronza altezzosa, pensò. Il suo sguardo da attento osservatore si soffermava su ogni particolare, anche il più insignificante: il gesticolare di amici che raccontavano le loro ultime conquiste, i piani di studio di gente disperata alle prese con un compito in classe imminente, pettegolezzi che viaggiavano di sussurro in sussurro. Ancora una volta, Stagno gli si avvicinò, con l’aria arrogante che ormai gli era propria. Forse nulla avrebbe riesumato la dolcezza che aveva da bambino.
“È brutto stare in panchina quando succedono le cose interessanti” commentò con un sorrisetto beffardo “ Come al solito, difendi i piccoletti insignificanti. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, non è così? Forse anche lui dipenderà da te”.
Legno si voltò rapidamente. Gli occhi parevano due tizzoni ardenti quando afferrò Stagno per il colletto della t-shirt e lui non si scompose, ma alzò gli occhi al soffitto con aria seccata.
“Sai ricorrere solo alla forza in questi momenti. Forse è ciò che ti rimane, anche se Gold e Silver.. so tutto della casa del Mangiagatti. Renderai Foam un secondo piccolo e bisognoso marmocchio appiccicato al suo protettore?”
“Taci, Stagno”.
“No, non mi fermo. Gold e Silver ti avevano capito dall’inizio. Hanno cercato di rendermi più forte e indipendente da te. Ero io a non aver compreso le loro intenzioni e nemmeno le tue”.
“Non capisci le mie nemmeno adesso. Non capisci mai un cazzo”.
Nonostante l’aggressività di quelle parole, Legno lasciò la presa, ma Stagno non sembrava stanco di attaccarlo. La sua volontà di umiliarlo era insaziabile.
“Ora cosa farai, Legno? Cercherai di mostrarti tanto protettivo e onesto agli occhi di quel piccoletto, mentre non stai facendo altro che renderlo dipendente da te?”
Il ragazzo non rispose. Era come se quegli occhi colmi di astio lo stessero privando delle energie. Non proferì parola, come se le sue labbra fossero state serrate. La presa sulla t-shirt di Stagno si era allentata del tutto e il tempo parve non scorrere. Il sorriso di sfida di Stagno lo irritò. Perché non riusciva a contrattaccare come al suo solito? Forse era perché segretamente sperava di trovare da qualche parte il bambino dei suoi ricordi? La gente cambia, constatò cupamente. Stagno ormai era uno dei suoi tanti, anzi troppi, nemici.
“Non puoi parlare a Legno in questo modo!”
Il ragazzo non si aspettò di udire così presto quella voce. Foam si era avvicinato a lui e,cosa insolita, stava guardando Stagno negli occhi. Legno lo fissò stupito. La presenza di Foam andava anche contro le aspettative di Stagno. Foam arrossì vistosamente nel pronunciare quelle parole, ma non sembrava pronto a scappare. Una smorfia affiorò sul viso di Stagno.
“Legno, non manchi mai di stupirmi” commentò con disprezzo “Adesso ti sei anche abbassato al livello di farti difendere da un simile sfigato”.
“Non mi chiamare sfigato e lascia stare Legno!”
Foam alzò la voce e persino lui se ne stupì, ma più di tutti fu Legno a restare stupefatto dalla sua reazione.
“Patetico”.
Fu quello il commento di Stagno prima di allontanarsi. Foam era rosso fino alla punta delle orecchie e si trovò ad abbassare lo sguardo, come al solito.
“Foam, sei stato fantastico”.
Legno gli sorrise e lui avvertì un’ondata di calore invadergli il viso.
“Senpai, era il minimo che potessi fare” mormorò appena “ Tu mi hai protetto tante volte. Non potevo guardarti, mentre non riuscivi a reagire. Non sembravi nemmeno tu e non voglio più vederti in queste condizioni. Sono io quello debole qui”.
Foam si morse le labbra, mentre Legno gli afferrava un braccio. Lo stava portando lontano dal corridoio e a lui mancò la voce anche per poter protestare. Uscirono in cortile e Legno cercò un posto lontano dagli altri.
“Ehi, Legno, che ti prende?”
Lui parve in qualche modo turbato. Lo era davvero? Legno lo guardò e Foam sentì che la sua presa sul braccio pareva ardere.
“Mi è piaciuto vedere come tiravi fuori la grinta. Non sai solo scappare, Foam”.
Il diretto interessato voltò lo sguardo altrove. Non riusciva a guardare Legno senza arrossire, soprattutto se parlava in modo così gentile. La sua voce era bassa e melodiosa. Sarebbe stato bello sentirlo cantare…
Scosse la testa nel tentativo di scacciare quei pensieri. A dire il vero, non riusciva a pensare, era così confuso..
“Senpai, voglio vederti sempre forte e deciso” confessò poco dopo con crescente imbarazzo “ Non sei davvero quella persona che ho visto prima. Non voglio accettarlo, non voglio più vederti soffrire sotto gli occhi divertiti di qualcuno. Quel genere di cose succedono a me…”
Foam parlò tutto d’un fiato. Gli mancò l’aria, i suoi occhi rimasero spalancati dallo stupore. Il suo respiro fu mozzato dall’abbraccio di Legno. Sentì le braccia del ragazzo stringersi con forza attorno alle sue spalle esili. Il cuore gli scalpitò nel petto, come se fosse impazzito. Legno sarebbe riuscito a udire quel suono che a lui pareva assordante? Era così imbarazzante, era come se volesse comunicare troppe cose, come “ non andare via”. Qualsiasi parola gli morì in gola, quasi si dimenticò di respirare. La testa di Legno si appoggiò sull’incavo della spalla. Foam temette di poter morire di imbarazzo.
“L-Legno senpai..”
Il buon senso gli suggeriva di districarsi da quell’abbraccio. Fu sul punto di farlo, ma era come se le braccia fossero fuori uso.
E se qualcuno ci vedesse?
Arrossì al pensiero.
“Senpai, mi stai stritolando” farfugliò timidamente.
Le sue dita strinsero appena un lembo della t-shirt di Legno, che lo lasciò dopo qualche secondo.
Come ti invidio, Legno.
Con quel pensiero, Plexi rimase a guardarli, con un nodo allo stomaco. Non si sarebbe sciolto così facilmente. Si morse le labbra, mentre li fissava da una finestra.
Vi conoscete da poco, eppure lo abbracci senza problemi.
Si guardò le mani: era senza speranza. Chissà se le sue braccia si sarebbero strette attorno a Foam per dirgli “ Sono contenta di vederti”. Faticava persino a dirlo e ad esprimerlo e al pensiero si rabbuiò. I suoi profondi occhi verdi si soffermarono su di lui e sospirò tristemente.
 
Note dell’autrice: mi dispiace di essermi fatta viva dopo tanto tempo. Chiedo perdono, ma tra feste varie e un po’ di chimica da studiare per l’università, non ho potuto aggiornare subito come volevo. Comunque ecco delle note per aiutarvi ;)
*1Nitro è nata da “ nitroglicerina. Prevedibile, vero? Una ragazza con uno stile di gioco esplosivo..
In realtà la nota era una, ma vi confesso che mentre scrivevo, mi scintillavano gli occhi e mi batteva forte il cuore. Vorrei che provaste almeno la metà di ciò che ho provato io ;) recensite in tanti..
Visto che oggi è 4 gennaio ed è il compleanno di una mia carissima amica ( nonché compagna di sclero per questa grande avventura di Foam e Legno) dedico il capitolo a lei ;) 

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Capitolo 8
*** Senza palle ***


“Non mi piace quello che ci tocca fare. Mi vergogno!”
Rame esclamò quelle parole, gonfiando le guance. Si avvolse nervosamente la sua sciarpa a strisce nera e bianca attorno al collo, coprendo la bocca. Bronzo lo guardò con aria comprensiva, assestandogli una gentile pacca sulle spalle.
“Dobbiamo dirle tutto” sospirò “ Anche della festa di Al”.
Bronzo e Rame si guardarono per qualche attimo, un po’ agitati. Da un po’ nel club dei metalli non si parlava altro che del compleanno di Al. Si vociferava che il ragazzo stesse organizzando la festa in grande stile, nella sua immensa villa con piscina. Non sarebbe mancata musica a tutto volume, ogni genere di cibo e magari belle ragazze. Rame sospirò al pensiero che  anche Leather, seppur riluttante all’inizio, alla fine avesse deciso di partecipare. Nonostante ciò, non faceva parte del club e non andava particolarmente d’accordo con Gold e Silver.
“So già che a Mercurio tutto ciò non piacerà”.
Quando Bronzo pronunciò quelle parole, Rame avvertì un brivido. In realtà non potevano nemmeno definirsi amici di Mercurio, ma non potevano nemmeno affermare che la ragazza fosse una perfetta sconosciuta. Capitava abbastanza spesso che parlassero e uscissero insieme. Una conversazione con Mercurio era strana. Lei aveva un modo freddo e distaccato di trattare ogni argomento, a tratti persino sarcastico. Era anche spietatamente obiettiva nel giudicare le persone e le situazioni. Se Rame avesse dovuto essere sincero, avrebbe confessato di temere Mercurio. Bronzo, invece, era più calmo in sua presenza. Forse era perché accettava troppo passivamente le situazioni, pensò.
“Dobbiamo proprio dirlo?” si lamentò Rame.
“Rame, è una questione di correttezza”.
Il diretto interessato non sopportava quelle parole.  Le “ questioni di correttezza” spesso portavano guai.
“Qualche volta ricordati di mandare qualcuno a fanculo”.
Con quel pensiero trasse un gran sospiro. Avrebbero aspettato Mercurio a un bar chiamato “ Happy cream”. Il pensiero di poter addentare un delizioso cupcake consolò Rame di ciò che l’attendeva. Si guardò attorno: aveva fame. Forse era solo la tensione. Un incontro con Mercurio era sempre una sfida in cui lei spesso aveva la meglio. Per qualche istante Rame credette di aver compreso perché molti ragazzi la odiassero: si sentivano inferiori a lei e non riuscivano a sopportarlo. Non tutti possedevano la sua forza d’animo e sapevano affrontare con calma glaciale la solitudine e l’indifferenza. Gli occhi castani di Rame vagarono febbrilmente in ogni direzione, mentre Bronzo ordinava per entrambi. Era il suo migliore amico e in fondo sapeva cosa lui desiderava. Si morse le labbra, giocherellando con la sua sciarpa. Bronzo ebbe a malapena il tempo per sedersi accanto a lui che Mercurio arrivò. Le dita di Rame tamburellarono rumorosamente, tradendo la sua agitazione. L’espressione della ragazza esprimeva strafottenza. Forse era anche il taglio degli occhi un po’ particolare e leggermente allungato, forse le sue labbra strette in una specie di smorfia. Li trovò subito con lo sguardo, ma parve non cambiare espressione, mentre si sedeva vicino a loro. Bronzo era quasi spaventato dall’autocontrollo della ragazza.
“Volete dirmi qualcosa di importante, che mi farà arrabbiare, per questo mi avete portato qui. Mi sbaglio?”
Rame guardò Bronzo, impallidendo visibilmente. Mercurio comprese di aver indovinato e sorrise in modo beffardo. Era uno di quei sorrisi trionfanti, ma privi di arroganza, di una persona che non aveva bisogno di nessuno, tranne che di se stessa?
“Non è proprio così…”tentò di spiegare Bronzo.
Col suo atteggiamento voleva salvare capre e cavoli. Si sistemò nervosamente gli occhiali e tradì la sua tensione. Rame si morse le labbra. Era come se stessero complottando da colpevoli e da traditori.
“Ma che carini” proseguì Mercurio sarcastica “ Non volete ferirmi? Ci vuole altro per riuscirci e non offritemi nulla. Non mi corromperete con i dolci”.
Rame si sentì a disagio e mosse le gambe sotto il tavolo. Quasi non se ne accorse, invece Bronzo tentò di mantenere il controllo.
“Basta, non ce la faccio più” sbottò Rame “ Dannazione, facciamo parte del club dei metalli!”
Diventò paonazzo in volto, mentre si toccava i capelli, come se volesse dissipare l’ansia. Bronzo gli scoccò un’occhiataccia e pestò rabbiosamente un piede sotto il tavolo. Infierì, strappando a Rame un gemito strozzato. Nel frattempo gli attesi cupcakes furono serviti e Mercurio assistette allo spettacolo degli occhi luccicanti  di Rame ( un po’ per il dolore, un po’ per la vista del dolce) e al continuo sbuffare di Bronzo.
“Che novità” commentò seccamente lei “ lo stupendo club dei metalli, la splendida merda che prima ti tira a lucido, poi ti dice che hai schifo”.
Inclinò la testa e parte dei capelli le coprì il volto. Li portava lunghi fino alle spalle ed erano color argento con le punte nere. Erano lisci, eppure all’estremità erano leggermente arruffati, come se avessero litigato con la spazzola. I suoi occhi si strinsero a fessura, in un’espressione di innegabile disprezzo, mentre si sfiorava il collare borchiato che indossava.
“In fondo organizzano feste divertenti” farfugliò Rame, addentando il suo cupcake alla vaniglia  “ Come quella di Al”.
Il suo sguardo rimase fisso sul dolce, mentre Bronzo lo guardava, borbottando qualcosa prima di iniziare a mangiare anche il suo.
“Feste”.
Mercurio pronunciò con disgusto quella parola, come se persino il suono la ripugnasse.
“Ci sarebbe un problema, Mercurio” spiegò Rame con un’espressione mortificata  “Dovremmo evitare di frequentarti, o meglio dovremmo vederci di nascosto. A te piacciono le ragazze e a nessuno del club va a genio, però potresti cambiare idea.. ci saranno bei ragazzi alla festa”.
“Rame, non…” Bronzo non seppe nemmeno cosa dire.
Il diretto interessato rimase muto e per poco un pezzo di cupcake non gli andò di traverso. Mercurio gli afferrò saldamente il polso e lo inchiodò al tavolo, sotto i suoi occhi pietrificati. Gli mancò l’aria nei polmoni: forse lei gli avrebbe persino lasciato un livido.
“Non mi interessano” affermò lei  in una specie di sibilo “ Voglio le ragazze. Bronzo, non mi guardare con quella faccia da pesce lesso. Sarai anche il re dei compromessi, ma con me non attacca. Avete trovato l’avversario sbagliato”.
Alzò la testa con orgoglio, lasciando il polso di Rame, che se lo massaggiò, spaventato.
“Mercurio, questo non significa che non ci vedremo più” mormorò Bronzo in un disperato tentativo di sanare quella frattura che si era creata tra loro.
“Però significa che siete marionette” sbuffò lei “ Avete avuto le palle per parlarmi del club, ma non ne avete abbastanza per essere miei amici”.
Lanciò un’occhiata eloquente prima a Bronzo, poi a Rame e si alzò rapidamente dalla sedia.
“Non vuoi un cupcake?” chiese timidamente Rame.
“Mi dispiace, ma il tradimento ha un sapore amaro” replicò lei, voltando le spalle a entrambi.
Rame e Bronzo la guardarono allontanarsi. La sua figura era alta e slanciata, risaltata dal nero del suo abbigliamento. Rame rimase colpito dalla sua giacca nera in pelle con un enorme teschio sulla schiena con la bocca semispalancata. Dal colletto spuntavano delle borchie. Nel complesso era qualcosa di agghiacciante, pensò Rame. Guardò Bronzo, sospirando.
“Siamo nella merda” commentò, quasi senza fiato.
 
Il Neko no hime era abbastanza affollato per quella sera. Paper, Lan e Legno stavano lavorando a pieno ritmo, ma dei 3 Lan era quella che sembrava più in gran forma. Canticchiava allegramente e pareva danzare mentre si muoveva. Legno voleva capire cosa le stesse passando per la mente. Sembrava che fosse pronta a scatenarsi, infatti i riccioli rossi le  accarezzavano il viso tondo, quasi da bambina. Non tutti le avrebbero dato 23 anni, guardandola in volto. Paper la osservò sorridendo con aria complice. Legno appariva pensieroso, ma in fondo era contento. Si trovò a sorridere come non gli accadeva da tempo e i suoi colleghi lo guardarono con crescente stupore. Si rivedeva nella mente Foam che gridava a Stagno “ Non chiamarmi sfigato e lascia stare Legno!”.
Gli pareva di avvertire ancora il calore del suo corpo quando l’aveva abbracciato. Era come se avesse lasciato un segno all’altezza del petto.  Lan si stupì alla vista del sorriso di Legno. Aveva qualcosa di strano e insolito. Non era provocante e se non l’avesse conosciuto abbastanza bene, l’avrebbe definito dolce. Lan e Paper si lanciarono un’occhiata eloquente. Il buon umore di Legno ebbe ripercussioni positive sul lavoro: fu più rapido del solito e si concesse persino un altro sorriso.
Cosa ti è successo?
Lan se lo domandò, ma era segretamente felice per lui. In quel frenetico viavai al Neko no hime udì il rumore di una porta che si apriva. Legno si voltò improvvisamente. Si trattava di Foam che avanzò di qualche passo, quasi esitando. Si guardò attorno con aria smarrita.
“Ehi, Foam, che bello vederti!”
Lan gridò quelle parole con entusiasmo. Se avesse conosciuto Foam da molto tempo, gli avrebbe gettato le braccia al collo. Quel ragazzo suscitava tenerezza e i suoi grandi occhi color nocciola parevano voler dire “abbracciami”.
“Dov’è Legno?” domandò prontamente lui.
“Sta lavorando. Credo che anche lui sarà molto contento di vederti”.
Lan gli fece l’occhiolino e lo invitò a entrare. Foam si sentì a disagio, ma il sorriso della ragazza era raggiante e in qualche modo rassicurante. Lan si rese conto di quanto fosse bassino e magro. Chiunque avrebbe provato il desiderio di proteggerlo. Forse anche Legno? Foam sorrise in modo spontaneo. Quella sera indossava un cardigan bianco, jeans e i suoi amati anfibi bianchi. Lan si trovò a pensare che il bianco lo rappresentasse in pieno. Foam sembrava un concentrato di dolcezza e quegli occhi parevano così innocenti…
“Legno, ho portato un ospite”.
Lan si avvicinò al diretto interessato, si alzò in punta di piedi e gli sfiorò la spalla. Per poco Legno non trasalì.
“Lan, cosa vuoi?”
Si interruppe alla vista di Foam che gli sorrise timidamente, salutandolo con un cenno della mano.
“Vuoi qualcosa da mangiare?” gli domandò Legno.
“Veramente” Foam esitò, abbassando lo sguardo “ Volevo vederti, senpai”.
“Potevi aspettare domani a scuola”.
“Allora posso tornare a casa…”
“Lascia perdere” sbottò Legno “ Sono contento che sia qui”.
Lan assistette a quel discorso e li guardò con aria sognante, sospirando.
“Come siete carini” mormorò.
Legno le lanciò un’occhiata di fuoco che la costrinse a tacere.
“Comunque io e Paper penseremo ai clienti, tu pensa al tuo”.
Lan fece l’occhiolino a entrambi, per poi avvicinarsi a Paper e sussurrargli qualcosa all’orecchio. I due si affrettarono a dileguarsi.
“Vorresti qualcosa da mangiare, Foam?”
Nell’udire la voce di Legno, il diretto interessato sentì il cuore fare un tuffo.
“Non avrei fame”.
Era vero: lo stomaco gli si era chiuso in una morsa di imbarazzo.
“Nemmeno da bere? Nemmeno una cioccolata calda con molta panna?”
“Così mi tenti, senpai”.
Foam si morse le labbra, lanciando una rapida occhiata a Legno.
“Ok” farfugliò con un mezzo sorriso.
Legno sorrise trionfante, indicandogli il posto dove accomodarsi e Foam avanzò a piccoli passi e si sedette. Legno trovò adorabile il modo con cui inclinava la testa, mentre lo aspettava. Quando vide l’amico allontanarsi, il ragazzo trasse un gran sospiro. Il cuore gli batteva fortissimo e avvertiva qualcosa all’altezza dello stomaco che non seppe spiegarsi. Forse era una specie di disagio in presenza di Legno: si morse le labbra.  Per un attimo Paper passò vicino al suo tavolo e gli sorrise. Foam ricambiò timidamente quel sorriso e dopo qualche minuti vide Legno comparire con una tazza fumante di cioccolata calda con la panna.
“Sembra così buona” farfugliò.
“Aspetta di assaggiarla, poi dimmi se lo è davvero”.
Legno sembrava serio, ma c’era una sfumatura strana nella sua voce. Foam credette di essersela immaginata, ma era come disorientato dallo sguardo intenso di Legno. Quelle iridi rosse avevano qualcosa di ipnotico, ne era sicuro. Con la mano che tremava, afferrò il cucchiaino, prendendo una generosa quantità di cioccolata mista a panna. Per poco non si scottò la lingua, ma era così dolce e densa che rimase per qualche secondo senza parlare.
“Allora?”
“È deliziosa, senpai”.
Si guardarono per qualche attimo e Foam arrossì. Legno mosse le labbra per parlare, ma Lan interruppe quel momento, frapponendosi tra i due.
“Dimenticavo di darvi una bella notizia!” esclamò allegramente.
Mostrò a Foam un volantino. Il ragazzo lanciò una rapida occhiata e lei sorrise maliziosamente.
“Ad Halloween ci sarà un evento speciale al Neko no hime” disse con un tono dolce e persuasivo “ Ovviamente sarà in costume e pensavo che un vampiro non dovrebbe mancare. In realtà ci sarebbe Legno, ma un altro non guasterebbe, anzi entrambi Sareste fantastici da vampiri”.
C’era un luccichio sinistro nei suoi occhi e per qualche istante Legno si sentì turbato in sua presenza. Foam continuò a sorseggiare silenziosamente la sua cioccolata calda, senza rendersi conto di essersi sporcato le labbra e il mento. Lan si trattenne dal ridere.
“Io sarei una strega e Paper un lupo mannaro. Dovreste far finta di essere nemici. Si sa, i vampiri e i lupi mannari non si sopportano”.
“Lan, stai viaggiando troppo con la mente” la rimproverò Legno.
“Senpai, a me non dispiacerebbe vestirmi da vampiro” ridacchiò Foam imbarazzato “ Basta che lo faccia anche tu”.
Legno finse di rifletterci a lungo, evitando lo sguardo di Foam e quello di Lan che lo stava studiando.
“Non è che ami queste cose, ma va bene”mormorò.
“Pensa che sia un cosplay” Foam gli sorrise “ Poi non potrà essere imbarazzante come indossare un kigurumi da gatto”.
Legno trasse un lungo sospiro, sotto gli occhi soddisfatti di Lan. Lanciò una rapida occhiata a Foam.
“Che c’è, senpai?”
“Non puoi parlarmi conciato così”.
Prese un fazzoletto e lo passò sulla bocca e sul mento di Foam.
“Ehi, ma..”
Una specie di gridolino uscì dalla gola di Lan che si affrettò a soffocarlo.
“Mi stanno aspettando” farfugliò nel tentativo di dileguarsi.
Foam arrossì fino alla punta delle orecchie. Il suo cuore batteva troppo rapidamente. Strizzò gli occhi, nello sforzo di scacciare quell’inspiegabile sensazione. Non riuscì a proferire parola, mentre Legno si allontanava da lui con una specie di sorriso. Scosse la testa: era sicuramente frutto della sua immaginazione.
 
La sensazione che qualcosa fosse cambiato non lo abbandonò nemmeno un attimo. Aveva la testa tra le nuvole: ripensò a lungo alla serata trascorsa. Se l’era immaginato davvero o aveva visto Legno felice? Era stato rimproverato due volte dal professore Ink, ma in fondo non gli importava. Durante l’ora di matematica la situazione peggiorò: quella lavagna gli sembrava solo una distesa di simboli senza senso, che avevano qualcosa di diabolico. Iron cercò di tenere desta la sua attenzione, punzecchiandogli una mano con la punta di una matita.
“Foam, a cosa stai pensando?”
“Niente in particolare” il diretto interessato arrossì “ Qualsiasi cosa che non sia la matematica”.
Iron si trattenne a stento dal ridere.
“Allora dedica qualche pensiero a Plexi, ultimamente la vedo un po’ giù”.
“Le è successo qualcosa?”
“Non ne ho idea” Iron si incupì “Ma non sopporto vederla così triste e nemmeno tu, Foam. Teniamo molto a lei, anche se non allo stesso modo”.
Foam gli assestò una lieve gomitata.
“Cosa vuoi dire?”
“Niente”.
“Voi due! Dobbiamo sentire le vostre chiacchiere o volete svolgere la disequazione goniometrica numero 4 a pagina 303?”
Iron e Foam non osarono guardarsi e impallidirono entrambi, trasalendo alle parole del professore Rubber. Finsero di concentrarsi e Foam mordicchiò la penna nello sforzo di apparire attento. Quella recita durò qualche minuto fino a quando suonò la campanella che segnava l’inizio dell’intervallo.
“Per fortuna è finita. Non ce la facevo più”.
Foam rise appena alle parole di Iron. Quel giorno indossava una t-shirt con Thor: sembrava il solito appassionato di fumetti, ma con un’espressione insolita, a tratti malinconica. Fu sul punto di chiedergli il motivo, quando sentì qualcuno afferrargli il braccio. Per poco non lanciò un grido, ma le cose cambiarono quando udì la voce di Legno.
“Scusa un attimo, Iron. Te lo porterò via per qualche minuto”.
Il diretto interessato aprì la bocca per protestare, ma alla fine si arrese, mentre Legno “ rapiva” il suo amico davanti ai suoi occhi.
“Senpai, cosa c’è?”
Foam non guardò Legno in viso, ma desiderò incontrare i suoi occhi e decifrare le sue espressioni. Gli sembrava di trovarsi in una situazione confusa, come in un sogno in cui gli pareva volare. Sarebbe caduto nella sua realtà con tristezza?
“Volevo chiedertelo”.
Legno si schiarì la voce. Era serio e guardò intensamente Foam che si trovò a fissare il pavimento. La presa di Legno sul suo braccio si allentò di poco.
“Ecco, ieri eri davvero contento di vedermi o l’hai detto…”
“Non chiederlo, senpai. Non sono venuto al Neko no hime per perdere tempo e anche se l’avessi voluto, avrei perso quel tempo volentieri con te”.
Foam si morse l’interno della guancia, scosso dalle sue stesse parole. Dalla gola di Legno sgorgò una specie di .. risata? Non poteva essere. Presto la sua espressione tornò quella di sempre.
“Sei strano” fu il suo unico commento.
“Dico solo quello che penso, anche se di solito sto zitto”.
“Allora lieto di farti parlare”.
Sul viso di Legno comparve uno di quei suoi consueti sorrisi provocanti e beffardi, sorrisi che, dovette ammetterlo, gli piacevano.
Sembravano amici e la cosa in fondo lo rallegrava. Si stava per assuefare ai momenti felici?
“Ciao, Legno”.
Il diretto interessato sbuffò seccato alla vista di Leather che gli fece l’occhiolino. Fu solo un istante o era successo nella sua mente? La ragazza gli si avvicinò. Come sempre, era graziosa, ma solo perché costruiva la sua vita sull’apparenza.
“Cosa vuoi da me?” chiese lui seccamente.
“Volevo solo salutarti, niente di che”.
Sorrise e gli si avvicinò. Pericolosamente, pensò Legno quando lei gli posò una mano sulla spalla. Solo all’apparenza, il suo fu un tocco innocente, ma in realtà indugiò, come a voler sottolineare che Legno era di sua esclusiva proprietà. Gli lanciò un’occhiata provocante, colma di sottintesi.
“Potremmo cancellare certi brutti momenti”.
Gli sussurrò quelle parole all’orecchio e inclinò lievemente la testa. Gli angoli della bocca si sollevarono in un sorriso.  Per qualche istante Legno rimase spiazzato e la gola gli diventò secca. In quel momento Foam si sentì fuori posto più che mai e fu tentato di muovere qualche passo per allontanarsi.
“Non dimentico, Leather”.
Legno le lanciò un’occhiata di fuoco e persino lei rimase turbata.
“Ho altro da fare adesso”.
Afferrò per il braccio Foam che si sentì avvampare. Legno camminava a passi furiosi e lui non riuscì a parlare. Le labbra gli tremavano e il desiderio di parlargli era bruciante. Non sapeva per quanto tempo sarebbe riuscito a resistere senza impazzire.
“Senpai” la voce gli uscì prima ancora di poter pensare qualcosa “ Leather è stata.. la tua ragazza?”
Per un po’ Legno non rispose e gli lasciò il braccio. Foam temette il peggio: che con quella domanda avesse  creato una distanza tra loro.
“Per fortuna no” commentò seccamente lui.
“Allora c’è qualcuno che ti piace?”
“Perché questo discorso?”
Legno sbuffò rumorosamente, incrociando le braccia al petto con una smorfia.
“Curiosità”.
La voce quasi mancò a Foam e gli parve di camminare sui carboni ardenti. Era sempre così quando si trattava di Legno. Fu quel pensiero che lo spinse a rimanere in silenzio, travolto da un improvviso disagio.
 
 
Angolo dell’autrice: Mi sono rifatta viva. Vi sono mancata? Vi è piaciuto il capitolo? Fatemelo sapere, perché io sto impazzendo, sono troppo innamorata dei miei stessi personaggi , sta diventando una malattia, ma questa è la prima volta in cui sono contenta di essere malata XD
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Il bacio della principessa ***


“Complimenti per la vodka, Al e ancora auguri!”
Gold rise rumorosamente, mentre colpiva il diretto interessato con una pacca sulla spalla. Al emise una specie di grugnito, seguito dalle risatine di Silver.
“Sembrava che questa festa non sarebbe arrivata e invece eccoci qui”.
Silver sorrise, mentre mandava giù un altro sorso di vodka. Si sperticò in una lunga serie di complimenti per la casa. La villa di Al era immensa, con un giardino e una pineta che si estendeva a perdita d’occhio, senza contare la piscina, che appariva molto invitante, nonostante fosse una serata di fine ottobre. Gold guardò l’acqua come incantato e Silver sgranocchiò le patatine.
“Come procede col club?” domandò Al, fingendosi disinteressato.
“Molto bene” rispose allegramente Gold “ Ci sono altri nuovi iscritti. Stagno si sta dimostrando un elemento interessante e poi ci sono Nichel, il suo fratellino Piombo e Platino. Faremo grandi cose, Al, come mostrare il nostro lustro”.
Il diretto interessato sorrise, mettendo in mostra una fila di denti bianchissimi. I suoi occhi erano così chiari che parevano essere stati prosciugati di ogni colore, ma il suo sguardo era vivace. Al osservava il complessivo andamento della sua festa. C’era un chiacchiericcio diffuso e un continuo sgranocchiare di pop corn e patatine. La coca-cola scorreva a fiumi come la vodka, ma il pezzo forte sarebbe arrivato in tarda serata, con una serie di liquori dolci. Qualcuno si sarebbe sicuramente ubriacato, avrebbe iniziato a barcollare e a mormorare frasi sconnesse, poi avrebbe vomitato tutto, anche l’anima, nella piscina e al pensiero avvertì un brivido. Brindò con Gold e Silver al lustro del club, al divertimento e al suo compleanno, ma poi una domanda si fece strada in lui.
“Perché Forex e Worbla non fanno parte del club?” chiese con spontanea curiosità.
“Loro sono solo nostri aiutanti” sghignazzò Gold “ Non hanno il lustro dei metalli, però sanno come farci divertire. A proposito, è da un po’ che non tormentiamo la principessina Foam”.
Scoppiò in una risata sguaiata, seguito da Silver. Al aveva solo sentito parlare di Foam e l’aveva visto qualche volta, qualche rara volta aggiunse mentalmente, con la solita compagnia.
“Troveremo qualcosa” aggiunse crudelmente Silver “ Ma mi dispiace non averlo ancora visto con un vestito da cameriera”.
Al ascoltò le risate di Gold e Silver, ma il suo sguardo era rivolto altrove. C’erano davvero poche ragazze alla sua festa, constatò cupamente e ancora meno erano quelle che avevano una bellezza da urlo. Lycra si era appartata con Platino e i due si erano seduti su un divanetto all’esterno e.. Al distolse lo sguardo. Si stavano davvero dando da fare. Lycra stava mordendo le labbra di lui e pareva quasi volerlo divorare. Platino la teneva stretta e le loro bocche stavano giocando a una sorta di caccia famelica. Una smorfia affiorò sul viso di Al: in fondo aveva sempre trovato Lycra molto attraente. Non sarebbe stato male trovarsi al posto di Platino, constatò, invidioso e irritato. Mandò giù l’ultimo sorso di vodka del suo bicchiere in un solo colpo e sentì la gola andare a fuoco. Leather si muoveva con la sua solita grazia lungo il bordo della piscina. Le sue gambe lunghe e affusolate erano evidenziate da una minigonna color crema molto aderente e stretta sui fianchi, collant neri e stivaletti col tacco a spillo che richiamavano il colore della minigonna. Almeno 10 cm di tacco e lei dimostrava di non avere difficoltà a muoversi e per giunta in modo sensuale. Al suo passaggio, Rame fischiò a lungo, incantato dalla sua bellezza. Bronzo gli scoccò un’occhiata seccata e lo colpì con uno scappellotto in testa.
“Che cazzo fai, Bronzo?” sbottò furioso.
“Niente, prurito alle mani”.
Bronzo borbottò quelle parole, sistemandosi gli occhiali sul naso. Rame avrebbe voluto sottrarglieli e correre lontano da lui, magari persino provarli.
“Non sei sensibile al fascino femminile” osservò, incrociando le braccia al petto “ Ma guarda quelle gambe e non solo quelle…”
Una sberla raggiunse la nuca di Rame che lanciò un gridolino e fu sul punto di tirare un pugno a Bronzo, ma si bloccò. Dall’alto del suo metro e 82 Bronzo sorrise.
“Hai ragione. Ho altro a cui pensare, come allo studio”.
“Studio, ma sei scemo? Siamo a una festa!” gridò Rame.
Bronzo parve non prestare ascolto alle sue proteste e Rame incrociò le braccia al petto, seccato. Si preannunciava una lunga serata e probabilmente non si sarebbe divertito come stavano facendo Lycra e Platino. Nichel stava squadrando entrambi da lontano, ma non era interessata minimamente a loro. Il suo sguardo era in realtà rivolto a Stagno. Era affascinata da quanto ostentasse la sua sicurezza e da come teneva alta la testa. Sembrava l’incarnazione dell’orgoglio. In passato la sua timidezza l’avrebbe fatta retrocedere di qualche passo, ma era come stregata dal ragazzo e gli si avvicinò.
“Ehi, Stagno, come va? Ti stai divertendo? Ti piace il club?”
Troppe domande, constatò turbata. Non sembrava nemmeno una conversazione, ma un interrogatorio. All’inizio Stagno non rispose. I suoi occhi tra l’arancione e il giallo somigliavano a quelli di un rapace e la stavano squadrando. Nichel avvertì un brivido.
“Sì che mi sto divertendo”.
 Stagno pronunciò quelle parole tutto d’un fiato, ma sembrava seccato. La ragazza sospirò. Non avrebbe ottenuto una gradevole conversazione, constatò cupamente.
Voi maschi siete tutti uguali, tutti stronzi.
Con quel pensiero si allontanò, ricordando tutti i suoi ex. Nessuno si salvava: si erano inventati le scuse più pietose e stomachevoli per lasciarla e per giunta in chat, senza essersi incontrati di persona. Solo qualche volta aveva avuto la soddisfazione di lasciare qualcuno allo stesso modo, solo perché aveva voluto riprovare l’ebbrezza di fidanzarsi, ma senza nemmeno essere coinvolta troppo dal ragazzo di turno. E che ebbrezza baciare qualcuno che nemmeno ti piace, pensò frustrata. Era forse la disperazione? Era solo perché le ragazze attorno a lei si beccavano le attenzioni dei più carini e lei non voleva essere da meno? Sbuffò, seccata. L’augurio migliore che poteva fare a qualcuno era di non innamorarsi e di basare tutto sull’attrazione fisica, giusto per rendere meno spaventosa e decisamente più piacevole la prima volta. L’unico ragazzo che non l’aveva tradita era suo fratello. Forse era perché amava stare spesso sulle sue? Piombo era così, non poteva negarlo. Era una sorta di lupo solitario, che aveva dovuto cambiare per poter entrare nel club. Sembrava scontento del suo nuovo taglio di capelli che ormai non gli arrivavano più alle spalle. Per lui erano insopportabilmente corti. Prima aveva un ciuffo che gli copriva l’occhio sinistro.  I suoi capelli neri come piume di corvo gli avevano spesso messo in ombra il viso, su cui spiccavano degli occhi di un grigio intenso, che nella penombra parevano neri. Dopo quel taglio voleva solo sparire e aveva dovuto rinunciare alle sue maglie a scacchi, a quelle a strisce, alle sue collane a forma di plettro, alle sue vans con i teschi. Il tutto per vestirsi “ normale”e per poter avere “ l’onore” di far parte del “ nobile” club dei metalli… Tutti si stavano complimentando con lui per il cambiamento, persino Gold e Silver con i loro viscidi sorrisi. Nichel gli sorrideva come una brava sorella maggiore, come se volesse dire “ Visto che sorella responsabile? Ho reso normale mio fratello”.
“Normale”: era l’odiosa parola che blateravano i suoi genitori oberati di lavoro e i membri del club. Anche Nichel sembrava assuefatta dalla loro definizione di normalità o forse era assuefatta a Stagno? Stava parlando con Steel, eppure il suo sguardo seguiva Stagno. Era per colpa del nuovo arrivato che aveva dovuto rinunciare a parte di sé. Aveva dovuto stringere mani, sorridere e parlare pur non avendone voglia. Nichel tentava di renderlo più simpatico, nonostante fosse consapevole di essere detestabile. Lei provava a sembrare migliore agli occhi di Stagno.  i suoi tentativi in quel campo erano disperati, ma lui le scoccava qualche occhiataccia e rispondeva a monosillabi. Piombo si rese conto che in quella festa un sacco di tentati flirt fallivano miseramente. Provò un’ondata di compassione anche per Rame.
“Leather, sai che ti vedrei come modella? Non mi stupirei se tra qualche anno comparissi su qualche rivista, magari in costum..”
Si bloccò di fronte allo sguardo glaciale della ragazza che stava sorseggiando lentamente un cocktail al bordo della piscina. Rame si sentì agghiacciare e impallidì vistosamente. Avrebbe dato qualsiasi cosa per destare il suo interesse.
Lei inclinò appena la testa, seccata. I capelli le ricaddero sul viso in un’ondata di boccoli castani. Bronzo lanciò a Rame qualche occhiata di disapprovazione.
“Lascialo perdere” disse, rivolto a Leather “ Gli capita spesso di parlare senza pensare”.
“Sono qui!” sbottò con rabbia Rame “ E ti sto sentendo”.
Bronzo scosse le spalle con una specie di sorriso. Rame si rese conto di fare una figuraccia davanti a Leather, che si allontanò da entrambi. Rame sospirò, afflitto, seguendola con lo sguardo. Sembrava disperato.
“Bronzo, sei uno stronzo”.
“Complimenti per la rima”.
Agli occhi di chiunque sarebbe sembrato che il sorriso di Bronzo fosse gentile come al solito, ma Rame lo conosceva fin troppo bene per rendersi conto che la realtà era diversa.  Si avvicinò a lui, furibondo. Bronzo si limitò a sistemarsi gli occhiali e a posargli una mano sulla schiena.
“Non toccar…”
Non fece in tempo a gridare che Bronzo lo spinse e lo fece cadere in piscina con un gran tonfo che fu udito da molti invitati alla festa. Bronzo si bagnò appena i capelli verde acqua con sfumature azzurrine, ma la manica destra della camicia bianca che indossava era inzuppata, come parte della cravatta blu royal. Rame gridò, annaspando e sputacchiando acqua.
“Fanculo, Bronzo”.
Le sue parole si mescolarono ai tentativi di restare a galla. Bronzo era sicuro che ci fossero soprattutto parolacce.
“Cerca di restare a galla, piccoletto”.
Al disse quelle parole, ridacchiando di quell’episodio. Se Rame non avesse avuto gli occhi che bruciavano per il cloro, l’avrebbe mandato a quel paese senza troppe storie. Diventò paonazzo, mentre si dibatteva.  Quando emerse la testa, urlò: “ Non so nuotare, cazzo!”.
Bronzo gli afferrò le braccia e cercò di tirarlo su. Lo sguardo di Rame era feroce. Batteva i denti, mentre farfugliava di continuo “ vaffanculo”. Si rialzò a stento, sputacchiando altra acqua, completamente inzuppato.
“Dovevi rinfrescarti le idee” disse Bronzo con un altro dei suoi sorrisetti “ Ora l’hai fatto”.
“Non ti sopporto”.
Rame si allontanò da lui, reso furioso dalla figuraccia. Sicuramente Leather l’aveva visto e in quel momento lui era impresentabile, con i capelli che ormai gli si incollavano al viso e la giacca nera che gli aderiva totalmente al corpo come una seconda pelle. Al corse subito da lui, preoccupato.
“Se vuoi, ti accompagnerò in bagno per asciugarti”.
“Grazie, Al” mormorò Rame “ Almeno tu non sei stronzo come certe persone di mia conoscenza”.
Lanciò un’ultima occhiata furente a Bronzo, imprecando sottovoce e lanciando qualche occhiataccia qua e là.
“Rame è leggermente arrabbiato” ridacchiò Silver.
Otto annuì appena.
“Stai bene senza occhiali e senza quegli strani abbinamenti di colore”.
“Grazie”.
Silver sorrise. I suoi capelli color argento erano tirati all’indietro e il suo sorriso era smagliante e perfetto come sempre. Otto lo invidiava.
“Potresti portare le patatine a Gold? Laggiù rischiano di morire di fame”.
Otto sorrise timidamente e prese il piatto. Il sorriso di Silver si allargò di più. Se l’avesse chiesto a Rame, la sua risposta sarebbe stata una parolaccia o un altrettanto gentile “Alza il culo e veditela da solo”. Otto era come un fedele cagnolino, forse solo un po’ stupido. Non aveva visto la figuraccia di Rame in piscina o quando Bronzo lo sollevò e lui, bagnato come un pulcino, aveva dato sfogo alla sua rabbia. Otto camminò vicino alla piscina, pericolosamente vicino. I suoi piedi finirono sul bagnato e nella fretta inciampò. Dopo il suo scivolone, le patatine gli volarono addosso come uno sciame di insetti e il tutto fu seguito da un suo gridolino. Dopo non molto scoppiarono le fragorose risate di Gold e Silver che si tennero la pancia. Risero a crepapelle fino a non sentire più le guance. Sempre più imbarazzato, Otto abbassò lo sguardo e tentò di dileguarsi alla velocità della luce. Bronzo guardò Gold e Silver, disapprovando silenziosamente ciò che avevano fatto, ma, constatò cupamente, in qualità di “ re dei compromessi”, come lo definiva Mercurio, non sarebbe andato apertamente contro di loro. Stagno studiò il gruppetto, fingendosi interessato, mentre Bronzo aiutava Otto a rialzarsi. Si allontanò dal suo angolino per fare compagnia a Gold e Silver.
“ Questa festa è carina” disse, enfatizzando l’ultima parola “ Peccato che le ragazze non lo siano altrettanto”.
Lanciò un’occhiata eloquente a Nichel che si sentì a disagio e d’istinto si coprì parte del viso con la sciarpa. Stagno la guardò a lungo e lei si morse le labbra. Passarono diversi minuti prima che Rame si ripresentasse, asciutto e con un’espressione feroce, rivolta soprattutto a Bronzo.
“Al, sei pronto?”
“Certo, ho una scorta di liquori dolci” affermò allegramente il diretto interessato “ Il tuo preferito?”
“Non ne ho uno preferito. A dire il vero, non me ne intendo e vorrei assaggiarli tutti”.
Rame sorrise furbescamente, lanciando un’occhiata eloquente a Bronzo, che sospirò.
Il solito idiota.
Con quel pensiero, guardò Rame allontanarsi in compagnia di Al. Brutto segno: avvertì un brivido lungo la schiena.
“Ti stai divertendo, Bronzo?”
“Certo,Steel, ma dovrebbero esserci più ragazze”.
“Lo so, ma cosa possiamo farci? Spero che in futuro una carina faccia parte del club. Leather e Lycra non sono dei nostri, ma..”
“Eh già”.
Bronzo si finse interessato. Si sistemò gli occhiali sul naso, ma la sua mente era altrove. Rame stava sistemando le bottiglie di liquore sui tavoli, mentre Al lo aiutava con i bicchieri.
“Vuoi esaurire tutte le riserve?” ridacchiò Al.
“Certo che no, un sorsetto per ciascuno,  non farò dispiacere a nessuno”.
“Questo è lo spirito”.
Rame sorrise, mentre mandava giù il primo sorso. Cos’era? Vide appena la bottiglia con scritto a caratteri cubitali “ Zabov”. Quel liquore all’uovo era dolcissimo, una vera crema deliziosa! Solo dopo qualche secondo avvertì sulla lingua il pizzicore dell’alcool. Sotto gli occhi divertiti di Al e di qualcun altro Rame provò di tutto: Bayleys, altro Zabov, liquore crema Sheridans, whiskey e azzardò pure rhum misto a coca cola. Ne mandò giù a gran sorsi, lanciando occhiatacce a Bronzo e bevendo senza ritegno, fin quando non sentì la lingua, la gola e lo stomaco bruciare. Gli sembrò che anche il petto stesse andando a fuoco.
“Bravo, Rame!”
Qualcuno lo applaudì fragorosamente. Lui improvvisò un goffo inchino e quasi inciampò tra i tavoli.
“Grazie, gente, sapete come far sentire importante un nano”.
Bronzo lo squadrò con un’espressione colma di disapprovazione.
“Guardalo!”ridacchiò Steel.
Rame stava saltellando vicino al bordo della piscina e stava cantando qualcosa di osceno, agitando le braccia.
“Grazie, Bronzo!”urlò a squarciagola “ Grazie per avermi costretto a far parte di questo club di merda”.
“Non lo conosco” borbottò il diretto interessato.
Steel si trattenne a stento dal ridere a crepapelle e Bronzo si allontanò da lui, a grandi falcate furiose. Scoccò un’occhiata di fuoco a Rame e lo afferrò per le spalle.
“E ora mi farai una lunga predica, che palle!”
Rame evitò di guardarlo e barcollò in modo pietoso, sotto gli occhi divertiti di Gold e Silver.
“E che cazzo guardate voi?” biascicò “Voi e questo club di merda…”
“Il nostro Rame si sta divertendo molto”osservò Gold “ Peccato che non sappia quello che sta dicendo”.
“Lo so benissimo! Bronzo è uno stronzo, questo club è una merda e voi siete delle teste di cazzo”.
Rame rise sguaiatamente, tenendosi l’addome e inciampò. Per poco non cadde di nuovo in piscina. Bronzo corse per afferrargli un braccio, ma Rame si rialzò a stento. Le gambe erano pesantissime.
“Gold, Silver, non sa davvero quello che sta dicendo” mormorò Bronzo.
Voleva in qualche modo riparare i danni di Rame, da bravo “ re dei compromessi”, per il bene di entrambi e del club.
“Il nostro Rame non si diverte spesso, lasciamoglielo fare” osservò malignamente Silver.
“Bronzo”.
Rame lo chiamò debolmente. Aveva gli occhi accesi che brillavano, come se fosse in preda alla febbre.
“Mi stanno guardando come un pazzo”.
Quasi si morse la lingua nel pronunciare quelle parole. Bronzo lo vide barcollare in modo pietoso, trascinando i piedi e sbuffando rumorosamente.
“Leather, ti prego, non tu”.
Guardò la ragazza che lo stava fissando con un’espressione disgustata. Sembrava volerlo schiacciare con i tacchi, come un fastidioso insetto.
“Non faccio così schifo sempre” Rame le lanciò un’occhiata supplichevole.
“Rame, tu non mi piaci…  questo vale sempre” .
Il diretto interessato non volle sentirla o non la sentì ( non avrebbe saputo dirlo con precisione) e barcollò in un’altra direzione.
“Non vi perdono, andate tutti a fanculo” sbottò.
Si sedette a terra, con le gambe che non volevano rispondere ai comandi. Erano come intorpidite, mentre il resto del corpo e del viso gli pareva  bruciare. Lo stomaco gli pesava come un macigno. Si lamentò.
“Rame, forse dovremo tornare a casa. Ti accompagnerò io”.
La voce di Bronzo parve destarlo.
“Vuoi rinfrescarmi le idee? Mi sono riscaldato e abbastanza, anche se ci hai provato”.
“Ho notato”.
Bronzo si inginocchiò vicino a lui con aria preoccupata. A Rame girò la testa: non voleva essere guardato.
“Dai, Rame, torniamo a casa”.
“Fottiti, Bronzo. Devo finire di fare figure di merda”.
Bronzo rimase in silenzio e gli afferrò le braccia con una presa saldissima. Rame si lamentò, nel vano tentativo di divincolarsi, mentre l’amico lo trascinava con sé.
“Al, mi dispiace, ma dobbiamo andare ” disse Bronzo deciso.
“Così presto?” chiese il ragazzo con un’espressione dispiaciuta.
“Rame… insomma, è in uno stato pietoso. Lo devo portare a casa”.
“Peccato”.
Al guardò Rame come se ce l’avesse con lui. Il piccoletto alzò il dito medio, bofonchiando qualcosa che lui non capì. Bronzo salutò di fretta molti invitati, trascinando Rame come un peso morto. Qualche volta il ragazzo imprecava, ma sentiva le gambe e le braccia troppo pesanti per poter opporre una vera e propria resistenza. Bronzo attese con ansia il momento di lasciare la casa di Al e rivolse un saluto frettoloso a Gold e Silver. Rame trascinò i piedi, la testa bassa.
“Bronzo, sei incazzato con me?” farfugliò.
“Sai com’è” commentò il diretto interessato “ Hai blaterato cose assurde contro il club e contro di me”.
“Uffa”.
Rame sentì le gambe che gli stavano cedendo. Per poco non cadde disteso sul marciapiede e Bronzo lo prese tra le sue braccia. Quel momento fu seguito dalle grida di proteste di Rame.
“Che cazzo fai? Non sono una ragazza, coglione!”
Rame gli colpì le spalle con i pugni, che però erano deboli e scoordinati. Bronzo si trattenne dal ridere perché pensò alla figura pietosa che il suo amico stava facendo in quello stato.
“Leather è una ragazza e la mia. Lo sarà un giorno..”
“Nel giorno di mai” borbottò Bronzo seccato.
Rame tentò di colpirlo con un altro pugno, ma sentiva le braccia troppo deboli e stava soffrendo di una nausea paurosa. Aggrapparsi a Bronzo, per quanto detestasse ammetterlo, era l’unico modo per avere un punto di riferimento. Era fin troppo umiliante!
“Lasciami o ti vomiterò addosso”.
Fece fatica a pronunciare quelle parole. Appoggiare la testa contro il petto di Bronzo significava che il mondo non stava girando vorticosamente come una trottola, ma l’amico lo lasciò andare. Le gambe di Rame erano malferme e il suo stomaco era sottosopra, torturato da ondate di nausea.
“Temo che.. dovrò vomitare davvero”.
Incespicò sul marciapiede, allontanandosi da Bronzo.
“Non fare mai più simili cazzate” lo rimproverò.
Proprio in quel momento Rame riversò il contenuto del suo stomaco a terra, mentre alzava il medio in direzione dell’amico.
 
Ormai succedeva sempre, doveva rassegnarsi. Plexi sospirò tristemente, mentre guardava Foam allontanarsi con Legno. Ormai accadeva spesso all’intervallo, doveva semplicemente farci l’abitudine. Sembrava davvero contento e forse era la prova che come amica lei poteva essere sostituita facilmente. Cercò di distogliere lo sguardo da Foam e Legno, ma nulla le impediva di sospirare e avvertire quella fitta al petto. Voleva essere al posto di Legno, a parlare con Foam, persino a ridere.
“Mi dispiace, Plexi, sarà una fase. Dopotutto guarda come è cambiato: prima faceva fatica a uscire dall’aula”.
“Sì, è merito di Legno” farfugliò lei “ Lui riesce dove noi fatichiamo”.
“So quello che provi in realtà”..
Iron tentò di incontrare i suoi occhi. Plexi si perse in quelli dell’amico: in quel momento sembravano più grigi del solito e malinconici.
“Ho fatto finta di non notarlo, ma a te piace davvero Foam, non è così?”
“No, è che..”
Plexi si guardò le mani che tremavano. Quei pensieri la avvolgevano  in un mare di inquietudine.
“Puoi anche non ammetterlo davanti a me, ma lo so” il tono di Iron era deciso.
“Non posso rovinare tutto” mormorò lei “Siamo amici da troppo tempo. Non posso far saltare tutto in aria per un mio capriccio”.
Arrossì, rendendosi conto di aver vuotato il sacco con una rapidità disarmante.
“Quello che provi non è un capriccio” Iron le sussurrò quelle parole all’orecchio e lei divenne ancora più paonazza.
La ragazza emise un lungo sospiro, vergognandosi della sua confessione, ma aveva sopportato quel peso da troppo tempo. Sorrise appena a Iron in una sorta di ringraziamento silenzioso, ma lo sguardo dell’amico appariva perso in un vuoto difficile da colmare.
 
“Alla fine ci sarai al Neko no hime per Halloween?”
Alla domanda di Legno, Foam annuì con vigore.
“Sarò un vampiro, come promesso” rispose allegramente.
“Bene”.
Legno non disse altro. Foam sapeva che quei silenzi erano normali tra loro. In fondo Legno non era un chiacchierone e non lo era mai stato, però non poteva negare che con lui stava davvero bene. Le paure di dissipavano e le giornate parevano migliori, tuttavia all’arrivo di Leather avvertì una fitta allo stomaco. Il suo primo istinto sarebbe stato di scomparire dal campo visivo della ragazza, ma Legno rimase fermo davanti a lei, con uno sguardo che pareva sfidarla.
“Hai altro di meglio da fare che tormentarmi?”
Sbottò quelle parole con rabbia, ma lei rimase impassibile, come se avesse frapposto un muro tra sé e gli altri.
“Volevo far vedere al tuo amichetto che ho una pessima abitudine” un sorrisetto increspò le labbra della giovane.
Gli si avvicinò pericolosamente, gli appoggiò una mano sulla spalla e le sue labbra si posarono sull’orecchio di Legno.
“Prendermi ciò che voglio. Lo faccio sempre” sussurrò.
Si scostò da lui per qualche attimo, poi gli sfiorò appena il viso, catturando le sue labbra in un bacio sotto gli occhi di Foam. Leather parve esitare prima di staccarsi. Avrebbe voluto indugiare un po’ per godersi la reazione del ragazzo, ma Legno l’allontanò con una spinta.
“Prendi in giro qualcun altro” sbottò.
“Fino a non molto tempo fa ti sarebbe piaciuto e molto” insinuò Leather.
“Zitta”.
Legno le scoccò un’occhiata di fuoco e lei fece spallucce. Foam evitò di guardarli. La fitta allo stomaco si intensificò e avvertì un groppo alla gola.
“Legno, devo andare. Ci vediamo dopo”.
Le labbra gli tremarono come le spalle. Era bastato qualche attimo per abbattersi. Era bastata la vista di quel bacio per farlo scappare via. Solo con i suoi amici era davvero al sicuro, era quella la verità.
 
 
Scleri post capitolo: Mi dispiace di avervi fatto attendere, ma la vita di una studentessa universitaria è durissima ( piange silenziosamente). Cosa ne pensate? Rame ubriaco mi fa troppo ridere e mi dispiace un po’ per Bronzo che deve sopportare i suoi deliri su Leather. Mi dispiace anche per Plexi e poi… povero Foam! Leather è stata una put.. una cattiva persona ù.ù al prossimo capitolo! Recensite ( potete anche dire che fa schifo, ma dite qualcosa, please);)
 

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Capitolo 10
*** Vampire no hime ***


 
Nella fantasia qualcuno trova surrogati di felicità, altri trovano risposte
 
“Penso che oggi avremo bisogno di rinforzi”.
Lan posò le mani sui fianchi. Il grande giorno era arrivato e sarebbe giunto assieme a cospicui guadagni. Aveva tanto pubblicizzato l’evento di Halloween su facebook e voleva che fosse organizzato al meglio. Canvas ne sarebbe stato felice. Nel frattempo, nell’attesa di ricompense, avrebbe lavorato al massimo, con impegno, ma non senza divertirsi. Aveva trovato che l’idea di indossare un costume da strega fosse troppo banale. Lan amava le fiabe e credeva che un costume da cappuccetto rosso non le stesse così male. Il rosso si intonava ai capelli. Sembrava un’unica folgorante fiamma, ma le parti bianche del costume erano imbrattate dal sangue finto che volutamente lei aveva sparso anche sulle braccia. Lan aveva curato anche la scelta delle scarpe, delle ballerine nere a cui aveva aggiunto un fiocco rosso. Le calze erano bianche e nemmeno quelle erano state risparmiate dal sangue finto.
“Come sto, Paper?”
Fece una piroetta e il diretto interessato alzò il pollice in segno di approvazione.  
“È vero” mormorò “ è una fortuna che oggi ci siano rinforzi, considerando la folla”.
I “rinforzi” erano rappresentati da due cugini, Jeans e Cotton *2. Il primo era alto e dinoccolato con una massa di capelli blu elettrico sparati in aria. Per l’occasione aveva strappato un po’ una t-shirt e dei pantaloni neri all’altezza del ginocchio. Con il make-up (opera di una Lan pignola che aveva insistito sulla perfezione di ogni particolare) sembrava uno zombie perfetto.
“Ho fame di cervelli” rise “ Cotton…”
Il cugino non smise di ridere. Era più basso di Jeans e aveva i capelli più chiari e ordinati, color del cielo. Cotton aveva una tuta gialla e una maschera antigas che si tolse.
“Stammi alla larga, schifoso zombie! Non mi infettare”.
“Infettato”.
Jeans lo bloccò e fece finta di mordergli la testa, sotto gli occhi divertiti di Lan e Paper.
“Foto!” strillò la ragazza.
Nella cesta di cappuccetto rosso nascondeva una macchina fotografica. Una gran bella Nikon, osservò incantato Paper, nei panni di un lupo mannaro. Si liberò della maschera. Stava sudando copiosamente e ancora prima che la festa iniziasse. Lan afferrò con maestria la Nikon e indietreggiò di qualche passo, scattando foto da diverse angolazioni. Cotton la guardò insofferente.
“Paper, difendimi da questo zombie!”
“Mi dispiace, ma mi piace la carne viva”.
“Sei crudele” si lamentò Cotton.
Lan rise, mentre si godeva le loro espressioni . Lei era una piccola e innocente cappuccetto rosso che rischiava di diventare vittima del lupo cattivo ( Paper), che tuttavia era anche la vittima prediletta della sua macchina fotografica. Si divertirono così, mentre Lan pensava già agli snack a forma di dita e a caramelle a forma di occhi. Aveva curato personalmente le decorazioni al Neko no hime. Al centro di ogni tavolo campeggiava una zucca illuminata da led rossi. Striscioni con streghe, vampiri e scheletri erano diventati parte integrante dell’ambiente e su qualche sedia era poggiato qualche scheletro di plastica che si illuminava al buio. Jeans e Cotton l’avevano aiutata con Paper, ma lei era la mente e loro le braccia. Dove lei non arrivava con la creatività, loro giungevano con la forza fisica e maggiore agilità. Proprio in quel momento udirono il cigolio sinistro della porta d’ingresso.
“Un fantasma!” esclamò allegramente Lan “ Che conto in sospeso avrà con i vivi?”
“Foam!”esclamò Paper poco dopo.
Il ragazzo sorrise, a disagio, mentre fissava incantato il nuovo aspetto del Neko no hime.
“Cosa ne pensi?” domandò Lan, sfoderando un sorriso a trentadue denti.
“Complimenti, è fantastico!”
“Aspetta, devo presentarti la squadra di salvataggio della serata. Ci sarà tantissima gente e questi due sono Cotton e Jeans. Non trovi carini i loro costumi?La sottoscritta si è occupata del make-up”.
Foam sorrise e si presentò. Si sentiva fin troppo a disagio. Lo stomaco era stretto in una morsa di ansia, mentre si guardava attorno, come se fosse alla ricerca di qualcosa. In realtà i suoi occhi cercavano Legno, senza riuscire a trovarlo. Il cuore gli parve sprofondare.
“Dov’è Legno?”
Sperava che fosse in bagno a cambiarsi che presto l’avrebbe visto nei panni di vampiro.  
“È strano, ma non è ancora arrivato” rispose Paper con aria pensierosa “ Di solito è puntuale a lavoro”.
“Avrà le sue buone ragioni” commentò Lan con un’alzata di spalle.
Quelle parole confermarono i sospetti di Foam. Quel bacio a cui aveva assistito era rimasto impresso nella sua mente. Era come un marchio di fuoco nel cervello e bruciava. Legno poteva giustificarsi in qualsiasi modo, ma quel ritardo era sospetto. Poteva benissimo improvvisare qualsiasi scusa, per poi stare solo con Leather. Al pensiero, respirare gli risultò doloroso. Non doveva importargli nulla: erano solo affari di Legno e lui era solo una palla al piede.
“Vado a cambiarmi” disse con un filo di voce.
Non adesso, resisti.
Aveva gli occhi lucidi al pensiero che forse non avrebbe trascorso la serata con Legno. Aveva tanto atteso quel momento…
Nel frattempo Lan stava parlando con Paper, Cotton e Jeans.
“A dire il vero, è strano che Legno sia in ritardo. Chissà se Foam avrà tutte le ragioni per essere preoccupato..”
Lan sospirò, mentre Paper le lanciò un’occhiata che voleva comunicare troppe idee inespresse.
“Porterà qualche bella ragazza” fischiettò Jeans “ Quando lavora, qui riscuote un certo successo, no?”
“Cosa vuoi dire? Che io e Paper siamo da buttare via?”
Lan piantò le mani sui fianchi, scoccandogli un’occhiataccia e piegando le labbra in una smorfia irritata. I suoi passi fecero un rumore sinistro sul pavimento. Paper temeva che avrebbe potuto ridurre Jeans in briciole per la sua affermazione.
“Sai che non intendevo questo” tentò di scusarsi lui, scuotendo di continuo la testa.
“Lo spero per te”.
Lan fece un respiro profondo. Non solo si stava impegnando nella riuscita dell’evento di Halloween, ma doveva pure sentirsi dire che lei e Paper non erano abbastanza carini! Alzò la testa con orgoglio, come a voler ignorare Jeans e i suoi tentativi di pacificazione. Paper le sussurrò di lasciar perdere, ma non riusciva a immaginare come Lan fosse permalosa, senza contare che con il costume da cappuccetto rosso e i suoi capelli pareva una fiamma ardente. Paper temette di poter essere arso vivo. Non ebbe il tempo di soffermarsi su quella riflessione. Presto arrivò Foam, nei panni di vampiro. Il mantello nero era un po’ troppo lungo e quasi arrivava a terra. Inoltre era strano vederlo con quei canini accentuati. Avrebbe faticato a parlare normalmente, senza contare che agli occhi di Lan i colori scuri non stavano bene a Foam. Quelli sembravano piuttosto adatti a Legno, ma forse far vestire Foam come una creatura della notte avrebbe avuto dei risvolti interessanti. Pareva ancora turbato e in febbrile attesa. Si guardava attorno, con aria smarrita. Era ancora alla ricerca di Legno.
“Foam, tranquillo, sono sicura che arriverà” Lan tentò di risultare rassicurante.
“E in bella compagnia” sghignazzò Jeans.
Cotton gli pestò un piede e Lan sbuffò, scuotendo la testa con disappunto. Gli avrebbe mollato un ceffone in quel momento, ma provò a non pensare a quanto fosse irritante.
“Foam, ho bisogno di aiuto con i succhi di sangue… volevo dire, di frutta. Mi devi consigliare tra mirtilli, mirtilli rossi o frutti di bosco”.
Gli afferrò un braccio e lo trascinò lontano dagli altri, persino da Paper che pareva disorientato quanto lui. Lan gli sorrise vicino al bancone, mentre fingeva di prendere qualcosa.
“ È carino da parte tua preoccuparti per Legno” ammise, alzando le spalle.
Sfiorò dei bicchieri di vetro, come se fosse indecisa sul da farsi. Foam la seguì con lo sguardo, le lanciò una rapida occhiata e si coprì ancora di più col mantello. Aveva davvero freddo.
“Forse Jeans ha ragione” disse, esitando “ Legno non verrà da solo. Credo che Leather sarà con lui. Penso che sia.. la sua ragazza”.
Si imbarazzò nel pronunciare quelle parole e Lan ridacchiò, ma non per prenderlo in giro. Si voltò all’improvviso, inchiodandolo con lo sguardo.
“Legno fidanzato” rise “ Credo che sarebbe l’inizio dell’apocalisse. Non l’ha mai detto apertamente, ma da come parlava, credo che Leather gli piacesse, ma poi ha iniziato a tacere l’argomento. Suppongo che le cose tra loro non siano andate per il verso giusto”.
Per un attimo Foam avvertì un nodo che gli serrò lo stomaco in  una dolorosa morsa. Per qualche istante si immaginò di aver udito un “ per fortuna” pronunciato da Lan. Tenne lo sguardo inchiodato al pavimento.
“Su, a zia Lan puoi parlare” lo incoraggiò lei.
Foam si sfiorò una guancia. Si sentì avvampare: non era il tipo che si sarebbe confidato con qualcuno all’infuori di Iron e Plexi.
“Non è niente e poi è strano. Voglio dire, sono un suo amico, ma so che se uscisse con Leather  sarebbe tutto diverso”.
“In che senso?”
I magnetici occhi verdi di Lan erano in qualche modo rassicuranti. Gli avrebbero fatto sputare il rospo. Il nodo allo stomaco forse si stava estendendo al resto delle viscere.
“Spesso quando si fidanzano, molti si dimenticano dei propri amici”.
Lei sorrise comprensiva.
“Certo, molti spariscono, ma credo che Legno non farebbe lo stesso. Ti darebbe comunque fastidio?”
“Mi dispiacerebbe non vederci spesso e poi…”
Foam non seppe come esprimere il resto. Era un misto di frustrazione, malessere e senso di impotenza di fronte alle situazioni, come quello che spesso avvertiva quando era in balia di Gold e Silver. Se Legno avesse iniziato ad allontanarsi da lui, avrebbe provato un senso di perdita irreversibile. Lan gli rispose con un sorriso con cui in verità avrebbe voluto comunicare qualcosa che lui non colse.
“Credo di aver capito” il suo sorriso si allargò sempre più.
“Cosa?” domandò perplesso Foam.
Lei con una rapida scrollata di spalle finse di rimangiarsi ciò che aveva detto.
“Aiutami con i succhi di frutta”mormorò.
 
Jeans, Cotton e Paper si trovarono a dare il benvenuto ad altri due ragazzi che erano arrivati. Uno di loro indossava una maschera da lupo, camicia azzurra e pantaloni neri, volutamente strappati in più punti. L’altro, di gran lunga più basso di lui, era vestito da fantasma con una maschera bianca e un lenzuolo che avvolgeva il corpo magro.
“Fantastico, i lupi mannari potranno formare un branco!” esclamò allegramente Paper.
Il ragazzo si tolse la maschera.
“Certo, contro i vampiri”.
“Bronzo, non c’è bisogno di mostrare così presto il tuo brutto muso” sbottò il ragazzo vestito da fantasma.
“Le lenzuola dovrebbero stare al loro posto e in silenzio”.
“Non dovresti parlarmi così. Senza gli occhiali sei cieco”.
Bronzo fu sul punto di pestare il lenzuolo bianco e far rotolare Rame sul pavimento, ma da bravo re dei compromessi finse che non fosse accaduto nulla. Dopotutto era la sua specialità.
“Un branco di lupi mannari contro un solo vampiro. Siete dei cattivi ragazzi”.
Lan tornò poco dopo in compagnia di Foam, che sorrise timidamente, a disagio. Bronzo e Rame erano convinti di averlo incontrato, forse perché era fin troppo presente nei discorsi del club, senza contare che l’avevano incrociato nei corridoi, soprattutto negli ultimi tempi, sempre in compagnia di Legno. Foam esitò a presentarsi. Temeva di poter dare una pessima impressione come al suo solito, ma strinse la mano a Bronzo e a Rame e si presentò, di sua iniziativa.
“Tranquillo” ridacchiò Bronzo “ I lupi mannari non si coalizzeranno contro di te”.
“Allora devo sentirmi onorato” scherzò Foam.
Bronzo sorrise appena, poi lanciò una rapida occhiata a Rame che serrò forte le braccia al petto.
“Rame, per favore, non bere stasera” gli raccomandò.
“Fanculo, Bronzo, non sono un bambino. Solo acqua e succo di frutta stasera, lo so”.
Bronzo trasse un lungo sospiro. Per una volta Rame avrebbe dovuto mettersi nei suoi panni. Non era stato lui a trascinare un amico ubriaco fradicio fino a casa. Non era stato lui a sorbirsi i deliri su Leather e la sua epica bellezza e non aveva sopportato frasi sconnesse, il continuo barcollare e parolacce, anche inventate.
Foam rise e si sfiorò la nuca, imbarazzato.
“Nemmeno io reggo molto bene l’alcool” confessò “ Non mi sono mai ubriacato, ma non ci tengo nemmeno a provare”.
“Non lo provare!”sbottò Rame irritato, mentre le guance gli divennero rosse come fragole.
Foam sentì il cuore alleggerirsi per qualche attimo. Prese a battere furiosamente al pensiero che Legno non fosse ancora arrivato. I clienti iniziarono ad affollare il Neko no hime e ogni volta che si apriva la porta, Foam covava la speranza che Legno stesse per arrivare. Più il tempo passava, più tentava inutilmente di placare il turbamento che provava parlando con Bronzo, Rame, Lan e Paper. Con Jeans e Cotton non si sentiva a suo agio. Era come se fossero pronti a deriderlo, ma in realtà non ne avevano nemmeno l’intenzione.
“Ci ha abbandonati” sentenziò cupamente Lan “ Che testa di legno! Non si fa”.
Sbuffò rumorosamente, mentre Foam avvertì un dolore all’altezza dell’addome, come se qualcuno l’avesse colpito ripetutamente allo stomaco. I suoi sospetti si intensificarono, avvertì un pizzicore agli occhi. Doveva divertirsi, pensò, scuotendo la testa con vigore. Trasse un sospiro, profondo come la sua inquietudine. Attese. La porta si aprì innumerevoli volte prima che Legno varcasse la soglia del Neko no hime. Foam sollevò la testa con un sorriso, come se fosse libero da un peso insostenibile.
“Senpai!” esclamò contento.
Se non fosse stato così dannatamente timido, l’avrebbe abbracciato. Sarebbe stato il suo modo per assicurarsi che fosse davvero lì.
“Vado a cambiarmi” mormorò lui.
Foam lo vide scuro in volto e la sua apprensione crebbe a dismisura, stringendogli lo stomaco in una morsa difficilmente sopportabile.
“Aspetta” lo guardò negli occhi e si sentì imbarazzato nel farlo “ Hai parlato con Leather,vero?”.
Legno parve seccato da quella domanda. Sarebbe stato facile sbarazzarsene con una scrollata di spalle, ma si limitò a annuire. Le sue iridi apparivano infuocate, un inferno rovente che paralizzava i muscoli e che non perdonava. Foam indietreggiò, senza riuscire ad articolare una frase di senso compiuto, mentre si sentiva sempre più lontano da lui. Sospirò. Dopotutto rimaneva il solito sfigato e quasi gli andava bene così.
“Brutto momento per Legno” commentò Jeans “ Forse ha litigato con la ragazza”.
“Ti ricordo che non è fidanzato” sbuffò Lan.
“Allora perché non ci provi, Lan? Hai campo libero”.
“Non mi fidanzo con marmocchietti di 19 anni, per tua informazione. Foam, non dar retta a questo idiota. Il suo neurone soffre di solitudine, capiscilo”.
Foam si sarebbe concesso una risata se non si fosse sentito così teso. Era come se il suo corpo fosse fuori controllo: le gambe gli tremavano e la mente era annebbiata dall’ansia.
“Legno dovrà lavorare un bel po’ per farsi perdonare dopo tutto il ritardo che ha fatto” annunciò Paper.
Lan alzò il pollice in segno di approvazione. Non passò molto tempo prima che Legno ritornasse da loro. Foam notò che il costume da vampiro gli stava davvero bene addosso. Era leggermente aderente sul petto e il mantello scendeva fin quasi a terra. Il suo sguardo aveva qualcosa di feroce e misterioso, perfetto per il ruolo che doveva recitare. Il nero e il rosso erano colori perfetti per lui. Foam, invece, avvertì un certo disagio. Era basso e ridicolo rispetto a lui. Per qualche istante Lan guardò Legno incantata, gli occhi che parevano scintillare.
“Figo è l’unica parola che può descriverti in questo momento”.
La ragazza sorrise, inclinando leggermente la testa. Era armata della sua macchina fotografica, che tirò fuori subito dalla cesta di Cappuccetto rosso. Legno fu investito in pieno dal flash e si coprì gli occhi con le mani.
“Sei impazzita?”
“Fotofobico” commentò lei con una risatina “ Esattamente come dovrebbe essere un vero vampiro. Ci tocca lavorare, miei cari”.
Foam si guardò attorno disorientato, ma i suoi spauriti occhi da cucciolo si soffermarono su Legno. Avrebbe voluto fargli delle domande, ma quello sguardo intenso e truce l’avrebbe messo a tacere. Sembrava sapere ciò che desiderava.
“Non vuole vedermi” pensò sconsolato.
Non era nemmeno sicuro che gli importasse così tanto della festa. L’allegria di Lan, Paper e degli altri non riusciva a contagiarlo. Era come se non riuscisse nemmeno a meravigliarsi dei costumi che la gente sfoggiava al Neko no hime: streghe, vampiri e fantasmi erano i più gettonati, ma c’erano anche numerosi zombie e diavoletti.
“Foam, è vero, ho parlato con Leather”.
Al diretto interessato parve mancare la terra sotto i piedi. Non trovò abbastanza coraggio per proferire parola. Legno sembrava a disagio.
“Ho parlato con lei e l’ho mandata a fanculo”.
Sorrise come al solito, uno di quei sorrisi sghembi e beffardi che provocavano l’interlocutore. Con i canini da vampiro il tutto sembrava più inquietante.
“Non mi faccio prendere in giro da una come lei”.
Lo disse con una calma glaciale, ma era solo apparenza. Ribolliva segretamente di rabbia e lui non era bravo a celare le sue emozioni. Foam lo guardò stupito e per quanto detestasse ammetterlo, si sentì sollevato. Il suo egoistico desiderio di poter restare vicino a Legno poteva essere soddisfatto.
Che persona orribile sono! Legno starebbe meglio senza di me che gli ronzo intorno.
Con quelle tristi considerazioni, lanciò una rapida occhiata a Legno. Il ragazzo finse di non notarlo.
 
Leather era stata sfacciata a trattenerlo in stazione. Il rumore dei suoi tacchi sul freddo pavimento era peggiore del chiacchiericcio generale.
 
Trasse un sospiro, cercando di scacciare quei momenti spiacevoli, ma ritornavano, avvinghiandosi ai suoi pensieri.
 
“Si può sapere cosa ti è saltato in mente? Le voci correranno e so che per te non c’è nulla di più importante di sentirti importante”.
Aveva pronunciato con disprezzo quelle parole e lei non si era minimamente scomposta. Si guardò a lungo le mani prima che lo sguardo incontrasse il suo.
“Volevo prendermi ciò che voglio”disse con un filo di voce, quella voce bassa e sensuale che era solita attirare i ragazzi come il nefasto canto di una sirena.

“Non riuscirai a imbrogliarmi e usarmi come vuoi. Avevi ragione quella volta, sai? Siamo due mondi diversi”.
“Aspetta, Legno, adesso…”
Lei gli sfiorò la spalla e lui si voltò di scatto.
“Ho solo una parola da dirti: fanculo. Dovresti giocare con le bambole, non con le persone”.
Si era allontanato da lei con quelle parole, con la promessa di iniziare una guerra contro tutto ciò che ostacolava la sua felicità. L’avrebbe trovata? Sarebbe giunta la sua primavera o sarebbe rimasto un albero avvizzito dal gelo delle  delusioni?
 
“Ehi,Legno, il cibo non cade da solo sui piatti e i succhi non finiscono nei bicchieri. Devi farti perdonare”.
Con un lungo sospiro, Legno raggiunse Lan. Il mantello da vampiro rosso e nero frusciò sul pavimento. Lan lo guardò con gli occhi spalancati dallo stupore. Legno era uno dei migliori vampiri che aveva visto. Aveva un punto in più rispetto a un Edward Cullen: non brillava alla luce come le ali di una fatina. Aveva piuttosto quel sorrisetto beffardo tipico di un Damon Salvatore. Lan emise un gran sospiro che pareva un lamento. Era un sintomo della malattia che aveva orgogliosamente contratto, da lei stessa battezzata “ fangirlite”, quel fissarsi su qualcuno di irraggiungibile e fantasticare. L’unica imperfezione di Legno, considerò amaramente, era nel suo carattere. Il suo orgoglio avrebbe fatto di tutto per abbandonarlo alla solitudine. C’era qualcosa che non andava, eppure non l’avrebbe confessato nemmeno sotto tortura.
“Guarda!” esclamò Lan “ Quanto cibo delizioso! Peccato che sia per i clienti”.
Legno non riuscì a sorridere e la giovane alzò le spalle. A lei bastavano snack che somigliavano a dita, caramelle che parevano occhi e succhi ai mirtilli rossi che sembravano sangue per poter essere soddisfatta. Era così sbagliato? Lei e Legno iniziarono a servire cibo e bevande, aiutati da Paper, Jeans e Cotton che intimarono a Foam di restare al suo posto, nonostante desiderasse dare una mano. Si sentì fissato, nonostante non riuscisse a scrollarsi quella sensazione. Non vedeva nemmeno il volto di chi lo stava guardando perché era coperto da una maschera bianca con una rosa nera, eppure quegli occhi color vino lo stavano fissando con spaventosa intensità. Si conoscevano, era davvero una paranoia o qualcuno lo stava guardando? Forse scappare non sarebbe stata una pessima idea: quello sguardo stava studiando ogni suo singolo movimento, come se cercasse una breccia o un’esitazione. Un brivido gli percorse la schiena, intimandogli di tornare a casa, definendo quella una serata da dimenticare.
“Abbiamo un po’ di tempo per noi” annunciò Paper.
“E questo significa tante belle foto” Lan completò la frase per lui.
Si udì una specie di “no” irritato, borbottato tra i denti. Apparteneva a Legno che avrebbe dato qualsiasi cosa per rimanere da solo.
“Mi dispiace, Legno, ma sei tu la star” Lan gli puntò l’indice  all’altezza del petto“ Le ragazze ti stanno mangiando con gli occhi e con più appetito degli snack, senza contare che dobbiamo avere qualche foto ricordo e le più belle sulla pagina facebook dell’evento. Non ho dimenticato nemmeno te, Foam. Voglio, anzi esigo, scatti vampireschi di voi due”.
“M-ma..”
Foam non riuscì a protestare e i borbottii irritati di Legno furono soffocati dall’entusiasmo di Lan, che mandò Jeans e Cotton a servire altri clienti. Prese la macchina fotografica e tentò di far avvicinare Foam e Legno alle decorazioni di Halloween. Nelle prime foto si limitarono a stare l’uno di fronte all’altro, ma a Lan non bastava. A Foam fu sufficiente il contatto visivo diretto con Legno per sentirsi in imbarazzo.
“Non siete espressivi” li rimproverò  Lan “ Non trasmettete quel qualcosa. Che fine ha fatto il tuo sguardo intenso, Legno? Foam, non dovresti avere quell’espressione spaventata. Non morde! Forse è questo il punto…”
I suoi occhi verdi si fecero improvvisamente grandi. Brutto segno, constatò Legno: aveva in mente qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.
“Legno” Lan sorrise in modo sinistro “ Una mano sul fianco di Foam e… più vicini”.
Cosa ci stai chiedendo? Sei pazza?
Foam arrossì vistosamente, mentre senza fiatare Legno gli sfiorò un fianco. Fu come se un’ondata di calore si stesse irradiando in tutto il corpo.
“Senpai, perché la stai ascoltando?”
“Poi nessuno la sopporterebbe più” rispose prontamente Legno in un sussurro, con un sorriso sghembo.
“M-ma.. siamo ridicoli”.
In tutta risposta Legno gli strinse il fianco con più forza e lo attirò a sé.
“Bravo il nostro Legno, continua così!” strillò Lan, scattando foto a raffica.
Foam era tutto un tremito. Si sentiva osservato e Legno era così tremendamente vicino. Non riusciva a non pensare al fatto che lo stesse tenendo stretto in quel modo. Era solo per delle foto, ma era comunque imbarazzante.
“Più vicino” si lamentò Lan “ Deve sembrare che stia succhiando il sangue a Foam”.
Solo all’udire quelle parole, il diretto interessato arrossì ancora di più. Legno gli fece inclinare leggermente la testa e avvicinò appena il viso al suo.
“Muoviti a scattare quella foto”.
“Non mi piace” Lan sbuffò “ Quale parte di più vicini non vi è chiara? Deve sembrare davvero che voglia succhiare il suo sangue, anche se siete vampiri, e invece pare che vogliate evitarvi come la peste”.
“Ho capito”.
Legno le scoccò un’occhiata seccata e Foam sentì il suo respiro sul collo. I suoi denti da vampiro quasi lo sfiorarono. Le gambe per poco non ebbero un cedimento: era troppo per lui. Stava per balbettare qualcosa di sconnesso, mentre il flash della macchina fotografica rischiava di accecarlo. Si sentiva esposto agli sguardi degli altri, eppure protetto per come Legno lo stava tenendo stretto. Paper li guardò in silenzio, mentre Lan sembrava non saziarsi mai delle foto.
“Possiamo lasciarli per oggi” ridacchiò lui “ Non c’è bisogno di fare un album solo su loro due”.
“Paper, hai ragione, peccato che abbia ancora 600 foto da scattare. Troveremo qualcos’altro da riprendere”.
Legno tirò un sospiro di sollievo, guardando Paper con gratitudine. Foam fu libero dalla sua stretta e si sentì turbato. Da qualche parte quegli occhi color vino lo stavano ancora studiando, ne era sicuro. Il cuore gli batteva troppo forte ed era impossibile scrollarsi di dosso il pensiero di aver avvertito il respiro di Legno sul collo. Jeans corse da loro, chiamando Legno.
“Un cliente desidera parlare con te. Tavolo 12” annunciò lapidario.
Legno sbuffò seccato e si incamminò in quella direzione. Foam avvertì di nuovo quel disagio. Non stavano parlando e nella sua mente regnava solo caos e confusione. Legno provò a mantenere la calma. Dopotutto doveva conservare tranquillità e decoro di fronte all’individuo mascherato e vestito di bianco. L’avrebbe riconosciuto senza che parlasse, tuttavia quest’ultimo si tolse la maschera, posandola sul tavolo.
“Ciao, cuginetto”.
Sorrise, mettendo in mostra una fila perfettamente dritta di denti. Legno sapeva che li metteva fin troppo spesso in mostra quando voleva qualcosa di perfido.  Era suo cugino, adorabile come un calcio nei coglioni. In quel momento i suoi capelli color sabbia erano scompigliati. Erano mossi e leggermente più corti di quelli di Legno e i suoi occhi color vino lo fissarono divertiti. Le labbra sottili si piegarono in una specie di ghigno.
“Volevo dirti una cosa: sai che quel tuo amico dai capelli color arcobaleno è proprio carino? Ho avuto il tempo per studiarlo bene”.
“Stagli alla larga, *3Cart. Lo dico per te, poi potrei non rispondere delle mie azioni”.
Cart lo guardò con aria di sufficienza, poi distolse lo sguardo da lui.
“Credevo che ti piacesse Leather. Cambi idea in fretta, sai? Non dovresti buttarti così in fretta su altro, per compensare le delusioni”.
Se non si fosse trovato a lavoro e Cart non fosse stato un cliente, avrebbe battuto un pugno sul tavolo e poi quello stesso pugno avrebbe colpito in pieno il cugino. Cart era sempre stato così. Compariva nel momento giusto per rovinargli la vita. Il suo era uno spettacolare e orribile talento.
“Cart, ti avviso, punta qualcun altro. E che il succo ti vada di traverso”.
Legno posò il bicchiere sul tavolo e gli voltò le spalle. Era bastata la sua presenza a peggiorare quella che si era già preannunciata una serata da dimenticare.
Lo sguardo di Cart si posava sempre su Foam e Legno tentava di non pensarci. La vista del cugino era insostenibile. Gli sarebbe toccato sopportarlo, come ad esempio i suoi genitori che fingevano di aver ricomposto gli screzi. Non avrebbe saputo dire cosa fosse peggio, ma forse la risposta poteva essere nella patetica recita della famiglia perfetta, peccato che con lui non funzionasse. Per giunta Cart era pronto a sottrargli ciò che rendeva i suoi giorni meno grigi. Non gliel’avrebbe permesso. Il succo ai mirtilli rossi non l’avrebbe distratto per molto e cercò Foam con lo sguardo. Stava parlando con Lan e Paper e sembrava imbarazzato.
“Sei tenero, Foam. Ho già in mente dei costumi adatti a te per i prossimi eventi”.
“Niente di strano, vi prego” farfugliò lui.
“Parola di cappuccetto rosso”.
Foam trasse un gran sospiro e alzò appena la testa per incontrare lo sguardo di Legno.
“Tutto a posto, senpai?”
“Sì, come al solito” borbottò lui.
Afferrò saldamente il polso di Foam che lo guardò sorpreso, con i suoi grandi occhi color nocciola spalancati.
“Mi stai facendo male. Che ti prende?”
Legno pareva turbato. Non era bravo a nascondere le emozioni e il suo orgoglio di non volerle ammettere l’avrebbe condotto alla solitudine. Al pensiero Foam avvertì un’ondata di compassione per lui, ma poi il suo cuore affondò in un mare di angoscia. Di nuovo quella maschera bianca…
“Perché non presenti tuo cugino, Legno?”
Cart si tolse subito la maschera e lanciò un’occhiata eloquente al diretto interessato, accompagnata da un sorriso arrogante, come se tutto gli fosse dovuto.
“Foam, lui è Cart, sfortunatamente mio cugino”.
“Potevi risparmiarti quello sfortunatamente. Sai come è strano Legno”.
Cart strinse la mano a Foam che evitò il suo sguardo.
“P-piacere di conoscerti” mormorò “ Mi chiamo Foam”.
Le gambe erano pronte a scattare per dileguarsi anni luce da Cart, ma la sua voce fu sovrastata dalla musica.
“Suppongo che sia il momento di ballare. Dobbiamo andare, Cart. Dovevi portare un po’ di compagnia”:
“Aspetta, senpai…”
La presa di Legno si fece sempre più forte, mentre lo trascinava in mezzo alla folla che stava iniziando a scatenarsi. Sentiva Legno così teso, la mano sembrò avere un tremito. Legno volle ricomporsi e piantò gli occhi nei suoi. Foam si trovò ad abbassare lo sguardo.
“Non lo sopporto” bofonchiò.
“A me fa paura” farfugliò Foam.
“È solo il mio odioso cugino”.
Gli afferrò un braccio, attirandolo di qualche centimetro più vicino. Una specie di sorriso soddisfatto aleggiò sulle labbra di Legno.
“Divertiamoci”.
“ È strano sentirlo dire da te, senpai”.
Gli occhi di Legno sembrarono particolarmente accesi in quel momento. Non avrebbe saputo dire con certezza se la situazione gli piacesse o meno. Foam tenne gli occhi fissi su Legno. Per quanto fosse imbarazzato, non riusciva a guardare altrove.
“I vampiri devono dare spettacolo”.
Il sorriso era provocante e accese qualcosa in Foam, come fuoco sulla benzina. Non avrebbe saputo definirlo, ma non pensarci sarebbe stato più facile. Era tremendamente complicato, soprattutto nel momento in cui Legno gli circondò le spalle con un braccio. Si sentiva protetto e in qualche modo sollevato. Era sicuro che una ragazza si sarebbe trovata bene tra le braccia di Legno. Dopotutto per lui le conquiste non sarebbero state difficili. Chissà chi sarebbe stata la fortunata: se non fosse toccato a Leather, sarebbe capitato a qualcun’altra. Al pensiero gli occhi gli brillarono. Era come se sentisse di non volerlo accettare, ma lui era facilmente sostituibile e Legno sarebbe andato tranquillamente avanti senza di lui. Ma lui poteva fare lo stesso? La musica scivolò via dalla sua mente, era come se non esistesse.
“Foam, è successo qualcosa?”
“S-scherzi, senpai? Hai ragione, dobbiamo divertirci”.
Tentò di sorridere, ma quel finto sorriso si spezzò. Non sapeva fare nulla, nemmeno recitare.
“È solo che.. almeno per stasera, non sparire”.
Fu come se degli aghi gelidi si fossero insinuati nel suo petto, ma quella sgradevole sensazione si dissipò tra le braccia di Legno. Stavano ballando, ma era come se si stessero abbracciando teneramente. Avrebbe fatto di tutto per prolungare quel momento e per qualche istante non gli importò se qualcuno li stesse guardando. Appoggiò la testa sul petto di Legno, il cuore lacerato da emozioni contrastanti. Era giusto o no? Stavano facendo una figuraccia o nessuno stava facendo caso a loro? Abbassò la testa. Il cuore di Legno stava battendo forte, come il suo. Avrebbe voluto dire tanto, ma si  limitò a restare in un silenzio teso e imbarazzato. Legno si sarebbe potuto sbarazzare facilmente della sua presenza, ma non lo stava facendo.
In fondo è così semplice. Basterebbe lasciarmi andare e trovare una scusa. Perché spingersi a tanto?
Foam era come cullato dalla musica e dai movimenti di Legno, che gli afferrò una mano. Le loro dita si intrecciarono e Foam arrossì nel constatare che Legno aveva delle belle mani. Il palmo era largo e le dita affusolate. Avevano una presa forte, ma con lui era diverso. Aveva la sensazione che Legno lo sfiorasse come se fosse fatto di vetro. Foam deglutì rumorosamente, mentre si trovava a guardare le loro mani. Legno non faceva nulla per nasconderle e con l’altra gli circondò la vita. Per qualche attimo a Foam parve che la testa vorticasse a folle velocità.
“S-senpai”.
Balbettò, arrossì e cercò di guardare Legno. Gli sembrava che il corpo si fosse alleggerito. Si era immaginato quel lungo e rumoroso sospiro femminile, molto probabilmente di Lan? Legno gli tenne la mano e l’avvicinò sempre più al suo viso. Foam si sentiva come paralizzato, mentre le labbra di Legno ne sfiorarono il palmo. Fu come se una scarica elettrica gli avesse percorso il braccio. Legno sorrise: il suo sguardo era di un’intensità disarmante.
“Smettila di guardarmi così, è imbarazzante!”.
Foam non ebbe il coraggio di pronunciare quelle parole: quelle iridi rosse l’avevano catturato. Il suo sguardo era prigioniero di quello di Legno. Era come se le labbra di Legno avessero lasciato una specie di marchio sulla pelle.  Si sentiva ardere dall’imbarazzo, mentre il ragazzo gli sorrideva con aria di intesa.
“Legno, è un vero peccato lasciare tuo cugino da solo”.
L’espressione del ragazzo mutò improvvisamente alla vista di Cart. Foam avrebbe voluto sparire, mescolarsi alla folla, fiondarsi verso la porta e uscire.
“Che male ho fatto?”
Se lo chiese, mentre quei sinistri occhi color vino si fissavano nei suoi. Era pronto alla fuga, in fondo mancava poco, poi Cart gli afferrò un braccio.
“Te lo porto via per poco, Legno”.
Foam guardò il diretto interessato con espressione supplichevole.
“Non rompere, Cart!”
“Cugino maleducato. Come fai a sopportarlo, Foam?”
Il ragazzo avrebbe voluto rispondere, ma aveva troppa ansia addosso. Come se i guai non fossero abbastanza, arrivarono anche Jeans e Cotton.
“Abbiamo qualche problema con le luci e sai cosa può combinare Lan con i cavi? Meglio non immaginarlo!” esclamò Jeans “ Non vorrei che per colpa di una zucca luminosa faccia saltare qualcosa. Legno, aiutaci”.
Il diretto interessato sbuffò rumorosamente e scoccò un’occhiata spaventosamente truce a Jeans e Cotton e una ancora più intensa a Cart che sorrise trionfante, mentre afferrava un braccio di Foam, che constatò terrorizzato di essere in trappola. Jeans, Cotton e Legno lo lasciarono solo. Fu tentato di tirare su col naso, come se stesse per piangere. Mentre altri si divertivano a ballare, il suo ballo si stava trasformando in un incubo infernale. Faceva di tutto per evitare Cart ed essere sfiorato da lui. Era fastidioso e pur di evitarlo rischiava di cadere. I suoi occhi cercavano una via di fuga, ma soprattutto Legno. Sperava nel suo fulmineo ritorno per salvarlo da quell’incubo.
“Quando sei imbarazzato, sei adorabile” ridacchiò Cart.
“Ehm, ti sbagli. Sono ridicolo. Ecco, forse dovrei andare…”
Foam trasse un gran sospiro nel tentativo di divincolarsi dalla presa di Cart. Avrebbe voluto rendersi invisibile e sgusciare via senza salutare nessuno, tranne forse Legno. Era stata una recita divertente ed era stata fin troppo carina da parte sua. Tenerlo stretto in quel modo, permettergli di appoggiare la testa sul suo petto e baciargli la mano: al pensiero arrossì.
“La prossima volta gli dirò che non sono una principessa”.
Se lo promise, ma dovette confessare che l’accaduto l’aveva reso felice, facendogli dimenticare i suoi problemi. Voleva fuggire dalle grinfie di Cart e fu sul punto di farlo.
“Ehi, Cart, Foam ha fretta e deve tornare a casa. Sua madre sarà preoccupata per lui. Dopotutto non è uno studente universitario nullafacente come te”.
La voce di Legno parve risvegliare Foam, che si trovò a sorridere, anche se tentò di nasconderlo. Forse era salvo. Ne ricevette la conferma quando Legno gli afferrò un braccio e Cart lo guardò come un cane rabbioso che aveva perso il suo osso. Foam era libero dalle sue grinfie e gli occhi gli brillarono di gioia.
“Legno-senpai aveva promesso di accompagnarmi a casa” mormorò, lanciando una rapida occhiata al diretto interessato.
Una bugia non avrebbe guastato, pensò col cuore che si faceva più leggero. Legno lo trascinò lontano da Cart, ma anche dalla festa.
“Dove stiamo andando, senpai?”
Non era nemmeno l’uscita e Legno non rispose.
“Lavorare qui ha i suoi vantaggi. Saremo al sicuro”.
Il sorriso di Legno si allargò a dismisura quando tirò fuori delle chiavi. Qualsiasi cosa pur di trovarsi lontano da Cart, pensò Foam alla vista di Legno che aprì una porta che conduceva in un luogo a lui totalmente sconosciuto.
Era tutto buio ed era sicuro che l’ambiente fosse piccolo e angusto. Solo quando Legno accese la luce, tutto apparve più rassicurante ai suoi occhi. Non era una stanza grande, ma solo perché era una specie di magazzino dove era stipato ogni genere di costumi: completi da pirati, gonne di velluto, vestiti da principessa, nastri, tulle, scialli di ogni colore, turbanti, guanti, scarpe col tacco a spillo, zeppe, stivali, ballerine e fiocchi.
“C’è tutto.. wow” farfugliò Foam.
“ Per i gusti di Lan mancano un po’ di kigurumi” spiegò Legno “ Vorrebbe farmene indossare uno da lupo. Nemmeno se mi pagassero”.
“Perché no?”
“Perché no e basta. Sei tu quello che sta bene con i kigurumi, soprattutto quello da gatto”.
“In realtà è l’unico che ho indossato” obiettò Foam.
“Lan te ne farà provare altri, ne sono sicuro”.
“Senpai, glielo permetterai?”
“Non le direi di no”.
Foam rimase in silenzio imbarazzato, mentre Legno si chiudeva la porta alle spalle.
“Qui Cart non ci disturberà”.
Un sorriso sghembo affiorò sul viso di Legno. Foam fece di tutto per evitare il suo sguardo. Lo imbarazzava:  nei suoi occhi rossi come il tramonto sorgeva spesso la determinazione. Lui , invece, si sentiva così insignificante. Il suo unico atto di “ coraggio” era stato di fronte a Stagno, ma poi davanti a ciò che provava avrebbe voluto fuggire.  
“Senpai” la sua voce suonò fin troppo bassa anche alle sue orecchie “ È vero che hai mandato a quel paese Leather?”
“Sì, però devo dirtelo, Foam. In passato lei mi piaceva davvero”.
Un’ombra parve aleggiare sul volto di Legno. Odiava pensarci e dall’altra parte il ragazzo avrebbe voluto cancellare quei ricordi.
“Lo immaginavo” la voce di Foam si ridusse a un sussurro appena percettibile “ Ma adesso c’è qualcuno che ti piace?”
Legno tacque per qualche istante e Foam temette che fosse stata una domanda inopportuna. Alzò le spalle e guardò il soffitto.
“Non volevo, è che..”
“Non lo so”.
Dopo che Legno pronunciò quelle parole, Foam avvertì qualcosa. Era una specie di peso che si annidava tra il petto e lo stomaco e si stava tramutando in dolore fisico. Mosse le labbra, ma non ne uscì alcun suono. In che risposta decisa sperava? Era impotente di fronte a quella debolezza che stava aprendo una breccia nei suoi pensieri. Gli occhi luccicarono di lacrime e si trattenne dal piangere. Legno gli accarezzò la testa, mentre tentava di guardare da un’altra parte.
“Non sono un cagnolino” farfugliò Foam.
“Non dirlo con quel tono, altrimenti non smetterò”.
Nell’udire quelle parole, Foam si morse le labbra. Poteva divincolarsi da Legno, ma da ciò che provava? Poteva fingere di intristirsi per un motivo che non fossero le sue parole? Poteva smettere di chiedersi chi potesse piacere a Legno? Scoprirlo non avrebbe cambiato nulla.
Il suo sguardo cadde su qualcosa che giaceva sul pavimento,  dimenticato assieme a un vestito che doveva essere caduto da una gruccia. Si trattava di un blocchetto da disegno e la matita era poco lontano. Le mani di Foam tremarono. Non era pronto a nulla del genere, ma il volto di Legno era lì, assieme al desiderio di prendere quella matita, dopo settimane ( forse ormai mesi) , in cui qualcosa si era spezzato. Le angherie di Gold e Silver e la routine che rischiava di consumarlo gli avevano impedito di prendere in mano una matita come avrebbe voluto.
“Senpai, io…”
La voce si stava affievolendo sempre più per  l’imbarazzo. Nel guardare Legno pregò mentalmente di trovare un’ancora di salvataggio nei suoi occhi. Fece un respiro profondo.
“Ecco, vorrei provare.. a farti un ritratto”.
Avvampò in volto e persino le punte delle orecchie gli divennero rosse. All’inizio Legno parve sorpreso da quella richiesta, poi un accenno di sorriso comparve sul suo volto.
“A una condizione. Che ti piaccia o no, dovrai farmelo vedere”.
“Senpai, non voglio che tu rimanga deluso”.
Lo sguardo di Foam era sconsolato, mentre le labbra si stringevano in una smorfia. Il sorriso di Legno era un incentivo per iniziare? Non lo sapeva, ma era certo solo del fatto di essere imbarazzato. Con Legno bastava poco perché accadesse, ma quel disagio aveva qualcosa di dolce.
“Sarei deluso solo se non iniziassi”.
Nell’udire quelle parole, Foam avvertì una specie di tensione. Afferrò con lentezza la matita. Non sapeva da dove cominciare: era stata una folle idea di un attimo? Nemmeno gli incoraggiamenti dei suoi amici erano riusciti a fargli riprendere il disegno. Era come combattuto: da una parte la mente si ostinava a rimanere bloccata, come se non volesse cedere al flusso dell’ispirazione. Foam avrebbe riconosciuto quella sensazione che non avvertiva da tempo e che spesso gli faceva sentire il corpo più leggero.
“Resta così” mormorò.
Era sicuro di dover realizzare il ritratto di tre quarti. Non se lo spiegava,ma lo sentiva, come il cuore che impazziva nel petto. Sarebbe riuscito a cogliere una simile bellezza o si sarebbe sbiadita nel ritratto? Foam si sedette sul pavimento, col blocco da disegno appoggiato sulle gambe e prese un foglio a caso. Era inevitabile incrociare lo sguardo di Legno, che lo stava guardando con un’intensità disarmante, che poteva spiazzare chiunque. Nessuno si accorgeva dei misteri di quegli occhi che ribollivano di tanti sentimenti? Era assurdo il solo pensare di odiarlo. Esitò, poi iniziò a tracciare lo schema del volto. Quello di Legno era ovale, con zigomi pronunciati. Se l’era immaginato o Legno stava tentando di non ridere?
“È adorabile” mormorò.
“Cosa?”
“Il modo con cui mi guardi”.
“Devo guardarti per forza, no? Non posso farti un ritratto bendato”.
Legno lo fissò intensamente, un sorriso sghembo aleggiò sul suo volto e Foam si morse le labbra. Le difficoltà aumentavano, soprattutto se gli occhi di Legno incatenavano i suoi in quel modo. Cosa poteva fare? Lo stava studiando e quello sguardo scompigliava qualcosa nel suo animo. Pregò mentalmente che le mani non gli tremassero, che il corpo non fremesse. Si affacciò di nuovo la paura di non poter afferrare alcun frammento della bellezza di Legno. Cercò di rimanere concentrato su ciò che stava facendo. Si era mai davvero soffermato a osservare Legno in quel modo? Gli occhi erano leggermente allungati, intensi, con quelle iridi rosso amaranto che alla luce del sole sembravano ancora più accese. Occhi che spesso si stringevano a fessura nel tentativo di disprezzare qualcosa, ma in fondo non era Legno che voleva odiare qualcosa o qualcuno. Erano occhi quasi timorosi di mostrare il meglio di sé. Foam non voleva pensare di essersi immaginato tutta quella premura che di solito Legno non mostrava. Legno l’aveva aiutato troppe volte senza chiedere nulla in cambio. Perché si stava commuovendo così tanto a guardarlo? Abbassò lo sguardo sul foglio, passando al resto del viso, da quel naso leggermente allungato ma regolare, alle sue labbra. Foam si trattenne dal sospirare. I suoi occhi si soffermarono a lungo e lui si domandò come sarebbe stato essere baciato da quelle labbra. Scosse impercettibilmente la testa ed ebbe un leggero fremito. Quel pensiero lo faceva tremare e fece fatica a concentrarsi. Abbassò nuovamente gli occhi sul foglio, temendo di non riuscire nemmeno a tenere in mano la matita. Procedette con la linea mascellare abbastanza pronunciata e il mento leggermente aguzzo. Quel viso era uno splendido mistero, constatò. Era come un coltello affilato dalle difficoltà e dalla cattiveria della gente, ma era in certi momenti che Foam si sentiva trafitto. Forse non sarebbe riuscito a cogliere la sua essenza: la sua non era una riproduzione, ma una contraffazione della realtà.
“Tutto a posto?” domandò Legno.
“Resta immobile” gli disse Foam tendendo una mano nella sua direzione.
Devo finire questo schifo.
Si sentiva avvampare: ormai mancavano solo i capelli e il collo. Per un attimo guardò Legno, tentato all’idea di sfiorare qualche ciocca di quei capelli castani, ma si vergognò a quel pensiero. La chioma di Legno era già abbastanza scompigliata senza che lui intervenisse. Continuò a disegnare con calma ( calma? Il suo cuore era una tempesta di emozioni!) assicurandosi di non sbagliare con le ombreggiature. Dopo la cura quasi maniacale che dedicò a ogni ciocca, passò al collo che si innestava su quelle spalle così larghe e forti. Il tempo parve essersi congelato, come l’aria. Aveva freddo ed era quasi timoroso di ciò che stava per accadere, di dimostrare per l’ennesima volta la sua incapacità e per giunta davanti a Legno. Dopotutto lui conosceva le sue debolezze e l’aveva tirato fuori da quel cassonetto, quando avrebbe potuto benissimo lasciarlo marcire lì come spazzatura, come avrebbe fatto chiunque, all’infuori dei suoi amici.
“Posso vederlo?”
“ È una schifezza, s-senpai”.
Foam si vergognava troppo e per qualche istante fu così imbarazzato che desiderò rendersi invisibile.
“Me l’avevi promesso, Foam. Non puoi tornare indietro e non voglio essere così infame da strappartelo dalle mani”.
Il diretto interessato arrossì. Cosa stava accadendo? Quello che provavano era forse come un precipitare insieme e un afferrarsi prima che la caduta diventasse fatale? Ogni istante appariva così, e dopo qualche esitazione Foam consegnò il blocchetto a Legno.
“In realtà è orribile” farfugliò timidamente, avvertendo un nodo allo stomaco, che pareva stringersi sempre più. Legno studiò a lungo il ritratto, ma la sua espressione parve persino stupefatta. Di cosa si sorprendeva? Foam se lo domandò, nel tentativo di decifrare le sue espressioni.
“Da quanto tempo non disegni, Foam?”
“Da molto e..”
“Mi chiedo cosa riusciresti a fare se riprendessi seriamente. Questo ritratto è persino migliore di come sono veramente”.
Foam scosse la testa, avvicinandosi a Legno. Per lui fu un atto di coraggio guardarlo negli occhi.
“Senpai, questo ritratto impallidisce rispetto a come sei davvero. Non credo di essere riuscito a cogliere il meglio di te”.
Le labbra gli tremarono. Era sicuro che nessuna parola sarebbe stata più pronunciata da lui in quel momento.
“Foam, dovresti toglierti questo vizio di sminuirti”.
Gli accarezzò la testa. Foam non riuscì a protestare, ma non voleva nemmeno farlo, mentre le dita di Legno scorrevano tra i suoi capelli. Era una carezza dolce e rassicurante.
“Senpai.. ho freddo”.
Socchiuse gli occhi e appoggiò la testa sulla spalla di Legno che per qualche attimo rimase spiazzato. Foam tremava ed era sicuro che non fosse per il freddo. Quasi gli battevano i denti. Avrebbe voluto restare così per un po’, nel confortante calore di Legno che gli circondò le spalle con un braccio.
“Volevo dirti una cosa”  le guance gli divennero rosse come pomodori “ Anche se a te piace qualcuno… so che non vuoi dirmelo, ma sappi che sarò dalla tua parte. Se è la persona giusta, capirà come sei veramente. Non sei come dicono molti, ma molto meglio. Se necessario, ti aiuterò. Lo farò, non so come”.
Legno trasse un gran sospiro a quelle parole.
È così noioso e patetico ciò che sto dicendo?
Gli occhi gli brillarono e le lacrime restarono intrappolate agli angoli. Certi discorsi lo intristivano profondamente.
“Foam, in realtà io…”
Stava per dire qualcosa che l’avrebbe sconvolto, ma Foam non avrebbe scoperto di cosa si trattava. La porta si spalancò e Lan irruppe nel loro rifugio tutta trafelata.
“Ecco dove eravate spariti!” esclamò.
Solo in un secondo momento, osservando Foam e Legno, indietreggiò di un passo.
“Scusatemi, ma la festa sta continuando. Quel piccoletto.. si chiama Rame, giusto? Si sta scatenando alla grande  e c’è ancora più gente del previsto. Quel tipo che stava ballando con Foam se n’è andato. Tuo cugino, non è vero, Legno? È stata una visione terribile, poveri miei occhi! In realtà nella penombra non li ho visti, ma con i miei occhi immagino l’orrore”.
Legno le scoccò un’occhiata truce. Foam si era allontanato da lui ed era paonazzo in volto.
“Arriviamo subito, Lan” mormorò con un filo di voce.
“Ti avverto”Legno scandì bene quelle parole  sotto gli occhi pietrificati di Lan “ Sono stato fin troppo educato, anche se è mio cugino. Non l’ho picchiato solo perché non volevo rovinare la festa, ma non potrò trattenermi in eterno”.
 
Scleri post-capitolo: sono una persona orribile! È passato troppo tempo dall’ultimo aggiornamento, ma ne sono consapevole. Purtroppo ho attraversato un brutto periodo, per cui anche l’ispirazione ne ha subito le conseguenze. Comunque come al solito ci sono le note anche per questo capitolo.
 
*1 il titolo significa “ principessa dei vampiri”.
*2 Cotton = cotone.
*3 Cart è nato da cartone
 
Un capitolo corposo, ricco di nuovi personaggi: cosa ne pensate? Io vi dico che amo troppo i miei Foam e Legno, so che state attendendo qualcosa di più e pure io attendo, ma sono perfida, lo so…
Intanto sarei felice se qualcuno mi dicesse cosa ne pensa. Ci tengo molto, come tengo moltissimo a questa storia. 

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Capitolo 11
*** Spin off 1: il sentiero delle zanne ***


Premessa: di solito mi faccio sentire a fine capitolo, ma questa volta si tratta di uno spin-off, diciamo una specie di inquietante miscuglio tra the vampire diaries, Tokyo Ghoul, e tante mie fantasie, soprattutto quelle. Per ora non vi dico niente, godetevi questo spin-off. Spero che vi piaccia. A fine capitolo troverete delle note…
 
Salve a tutti! Sono proprio io, quella stramba maid esaltata che lavora con Legno. Sì, sono proprio io, Lan! Avete scoperto il mio lato oscuro da fangirl scatenata e da ( ve lo sussurro all’orecchio) fujoshi *1. Amo le storie d’amore tra ragazzi, ma badate bene di non dirlo a nessuno. Per certi idioti dalla mentalità chiusa questo è un crimine peggiore di un genocidio. Spero per voi che non mi consideriate una criminale o mi trattiate da reietta, perché c’è una storia che sto per raccontarvi. È un intrigo di passione, sangue e avidità, gli ingredienti di qualche storia di dinastie reali. Diciamo per iniziare che la avviciniamo a qualcosa del genere. Immaginate una stirpe nobilissima che è rimasta integra nei secoli. In che senso? I suoi membri più importanti a distanza di quasi 1000 anni sono ancora vivi nella nostra epoca.
Sono vampiri? Sì  e anche molto potenti. I più forti e temuti sono due conti, due veri e propri pilastri della comunità vampirica. Sono due fratelli, Gold e Silver, così ricchi che devono inventare i modi per spendere il loro denaro, pur concedendosi ogni genere di lusso. Vivono in un palazzo storico interamente ristrutturato, decorato con arazzi ( per loro profondo disappunto sono solo riproduzioni di quelli medievali, ma ciò non toglie che siano comunque molto raffinati), hanno un esercito di maggiordomi e cameriere al loro servizio che spesso forniscono sangue fresco di giornata, a volte anche il loro.
Ci sono anche comodità moderne nel loro palazzo, come una gigantesca tv al plasma che si estende per quasi una parete e collezioni di oggetti molto antichi. I loro preferiti? Gioielli. Alcuni sono nella cassaforte, altri in un’apposita teca, in bella mostra. Gold e Silver amano i ladri perché sono una preziosa fonte di cibo e i due conti si accertano di aver prosciugato i loro corpi fino all’ultima goccia. I due fratelli sono i più forti, temuti e rispettati vampiri, oltre che i più ricchi. Compaiono in numerose occasioni pubbliche, sono amici del sindaco e delle persone che contano. I senzatetto, invece, costituiscono un altro banchetto prezioso, sempre che il loro sangue non sia contaminato da alcolici e da droghe. I conti si accertano di persona della qualità del sangue. Comunque non sono i soli in famiglia. Come unica sopravvissuta alle numerose faide che hanno sconvolto la loro nobilissima stirpe, è rimasta solo la loro cugina. Si chiama Leather e nessuno resiste al suo fascino, che sia umano, vampiro o ghoul. Ci sono pure questi ultimi, grandi estimatori e mangiatori di carne umana, ma di questo parlerò. Leather è una delle prede più ambite nella città di Mythic Calls *2. Nessuno rifiuterebbe di sposarla, ma lei disdegna tutti i suoi pretendenti. D’altro canto Gold e Silver desiderano che la loro stirpe sia la migliore e che nuovi discendenti dimostrino il suo potere. A tale scopo il papà vampiro dovrà eguagliare la mamma vampira. Sì, in teoria i vampiri non potrebbero procreare, ma quello è un problema delle coppie umano-vampiro. A tal proposito si registrano alti tassi di sterilità o mortalità in caso di gravidanza. Gli ibridi sono un brutto affare, si sa. Gold e Silver desiderano il meglio per loro cugina, magari un vampiro di loro conoscenza, che pur essendo nobile solo dalla parte materna, potrebbe essere un ottimo padre. Ottimo almeno dal punto di vista genetico, il resto a loro non importa. Questo vampiro si chiama Legno. Non pensate a quel Legno, questa è la mia storia! Come quel Legno, anche questo vampiro ha le iridi rosse, capelli castani e un fisico possente. Tra la bellezza di Leather e la forza di Legno, i figli potranno essere solo vampiri sani, vigorosi e assetati, ciò che alla fine i conti Gold e Silver desiderano. Avevano annunciato la loro decisione a Leather, ma lei in tutta risposta si era chiusa in un silenzio di tomba. Ci sono state lunghe chiacchierate in famiglia,accompagnate da banchetti a base di sangue e lei aveva pronunciato il fatidico sì in vista di un matrimonio, non perché volesse, ma perché non avrebbe più subito le pressioni dei cugini. Legno non poteva nemmeno rifiutare, perché un rifiuto avrebbe significato una vita, mi correggo, una non vita da inferno, seguita da una vera morte, con un palo nel cuore  o nel cervello. Gold e Silver sanno essere creativi quando si tratta di uccidere. Legno non ha una famiglia, ma ha qualcuno di importante da proteggere. Si tratta del suo migliore amico, che si chiama Foam ( non quel Foam, ma ha un aspetto simile, piccolo e colorato, strano per un vampiro). Dovete sapere che Foam e Legno sono amici da praticamente tre secoli. Hanno condiviso tutto, persino la residenza della famiglia di Legno prima e un lussuoso appartamento poi, con una grande vetrata che fa godere di un’ottima vista di Mythic calls. Condividono anche le prede ( cosa che in teoria i vampiri non dovrebbero fare, perché sono solitari e indipendenti come i gatti) e tanti segreti delle loro storie pregresse. Non vi è nulla che non si racconterebbero, ma questa storia del matrimonio sta portando scompiglio.
“Vuoi davvero sposare Leather?”
Foam sta seduto sul divano, turbato. Sa cosa comporterebbe il matrimonio: addio convivenza, addio caccia insieme. Non andrebbe a puttane solo il divertimento, ma il punto di riferimento della sua vita. Sarebbe solo un emarginato che troverebbe il senso dell’esistenza in sorsate di sangue, anche impuro. Al diavolo un’intossicazione! Forse con un po’ di alcool potrebbe reggere una simile perdita.
“La conosco appena, ma è tutta bellezza, con un’anima arida, come il corpo di quel criminale che abbiamo prosciugato ieri” replica Legno, con un’espressione feroce.
“Non vuoi davvero?” chiede Foam.
“Non voglio. Non mi vedo nel palazzo di quei due conti da strapazzo e aspettare che Leather sforni i miei figli. Non desidero nulla del genere. Mi andrebbe sempre bene cacciare e parlare di qualunque cosa con te”.
Foam è colpito dalla sincerità disarmante di Legno e se fosse umano, arrossirebbe. Sarebbero davvero fantastici insieme! Ok, il mio lato da fujoshi sa cosa vuole e tossicchio per schiarirmi le idee e continuare a raccontare.
“Perché dici queste cose?”
Lo sguardo di Foam vaga da una parte all’altra e sembra quasi una preda più che un predatore della notte. Lo sguardo di Legno è implacabile.
“Un’eternità con te sarebbe un ottimo investimento”.
Si siede accanto a Foam sul divano e i due si guardano. Qui ci scapperebbe un bacio? No, sarebbe Foam a scappare. Si copre il viso con le mani, mentre Legno si limita ad accarezzargli la testa. Bell’investimento un’eternità insieme, basta che non si facciano ammazzare!
“Cosa farai?” chiede dopo un po’ Foam.
“Rifiutare ogni proposta di matrimonio”.
“E poi? Potrebbero ucciderti! I conti sono forti”.
“Sarei comunque morto se mi sposassi” commenta seccamente Legno con una scrollata di spalle.
Foam rimane a bocca aperta, senza riuscire a commentare. Percepisce ogni variazione del respiro di Legno che ha iniziato ad accelerare. Respirare sarebbe una finzione per i vampiri, ma entrambi sono abituati a quella finzione. Nemmeno il loro cuore batte e a volte Legno ammette che sarebbe curioso di udire il suono tipico delle loro prede, ma nei loro petti. Legno mantiene la sua promessa, credetemi. Quella stessa sera viene invitato ufficialmente al palazzo di Gold e Silver e lì pronuncia il suo rifiuto al matrimonio sotto i loro occhi indignati. Solo Leather sembra soddisfatta della nuova piega degli eventi. A conferma di ciò, Legno rovescia il calice con il sangue che Gold gli aveva offerto. Il fragore di vetri infranti echeggia in tutta la sala. Negli occhi dei due conti si manifesta l’astio per il grave affronto subito. Nessuno si oppone così facilmente ai due vampiri di sangue nobile. Poco dopo Legno viene congedato, con classe, ma con distacco rabbioso.
“Che arrogante! Schifoso cane” sbotta Silver quando se ne va.
E la classe che aveva? Sparita, ma la rabbia fa questo e altro. Inoltre non dovrebbe offendere i cani.
“Con noi non si scherza” ridacchia Gold “ Fratellino, non preoccuparti. Conosciamo la debolezza di quella specie di lupo ed è il suo agnello”.
Che allusione, mamma mia! Foam è un candido agnello, quasi un vampiro per sbaglio e Legno è davvero un lupo solitario che sbranerebbe chi attacca il suo agnellino. Che paradosso! Sorrido all’idea. Gold e Silver hanno già un piano. Quando si tratta di umiliare e distruggere qualcuno, sono davvero dei professionisti. Senza esitare, convocano al loro cospetto un altro vampiro al loro servizio, che di solito coordina il lavoro dei maggiordomi e delle cameriere, assaggiando occasionalmente il loro sangue. Il suo nome è Cart ed è un vampiro dagli occhi color vino e dai capelli color sabbia. Il suo sorriso è infido e falso come le sue promesse. Cart e i due conti confabulano in segreto all’insaputa di Foam e Legno che trascorreranno una sera tranquilla, ma la fame dei vampiri si fa spesso sentire e i due realizzeranno di essere assetati di sangue. Dovete sapere un’altra cosa: per i vampiri la caccia diurna è poco conveniente. Perché? Il sole li rende più lenti e deboli e le strade pullulano di umani. Potrebbero essere scoperti facilmente, ma Legno è un esperto di caccia diurna e se necessario si ciba di animali, anche se non li gradisce particolarmente. Per quella mattina potrebbe fare un’eccezione. Foam non è bravo nella caccia diurna e sarebbe quasi impossibile portare un essere umano da prosciugare nel loro appartamento. Sbuffa seccato, mentre la luce del sole lo investe in pieno. Non brilla come Edward Cullen e non si brucia come certi vampiri senza i loro anelli *3.
“Foam, tranquillo. Ti porterò presto la colazione”.
“Voglio venire con te”.
“Non puoi e lo sai. Non possiamo fare casini, non adesso”.
Legno gli appoggia l’indice e il medio sulle labbra e se ne va, scomparendo alla luce del giorno. Foam sospira, mentre lo vede uscire dalla porta come un comune umano. Quel contatto lo turba, però ancora non  immagina cosa gli accadrà. Quanti minuti passano in attesa di Legno? Io credo un quarto d’ora. Lui non torna, ma una finestra esplode e i vetri lo investono in pieno, ferendogli gli occhi. Le ferite guariscono, ma non abbastanza rapidamente per vedere in tempo il suo aggressore. Foam lancia un urlo di terrore quando il suo collo viene morso. Cart non molla la presa ( avete capito lo stronzo?), mentre il poveretto tenta di divincolarsi e scrollarselo di dosso. Per un istante Foam si illude quando la presa di allenta, ma è solo un attimo di pausa. Intravede gli odiosi occhi color vino che segnano il suo destino. Un altro morso gli dilania il collo, più feroce del precedente, come se oltre il sangue, volesse strappargli con forza la carne. Non è un ghoul: a malapena Foam riesce a gridare.
Cart lo spinge con violenza sul pavimento. Se fosse stato umano, a Foam si sarebbe spezzata sicuramente la schiena. Cerca di colpire Cart con un pugno, ma il suo avversario lo immobilizza. La sua forza è inarrestabile e impetuosa, tale da fratturargli tre dita, strappando altre grida a Foam. Dopo qualche secondo le ossa si rinsaldano e Foam tenta un secondo, inutile attacco. Le forze gli stanno mancando, la testa gli gira, mentre sente la sua forza vitale scivolare via. Cart se ne sta nutrendo avidamente. In teoria per un vampiro sarebbe proibito nutrirsi di un altro vampiro, a meno che..
Foam comprende cosa potrebbe accadergli e cerca di opporsi al suo destino. Non importa che Cart gli fratturi le dita o cerchi di strappargli gli occhi, ma si promette di non fargli bere il suo sangue. Scalcia, si dimena, ma il suo avversario è più forte. Probabilmente avrà due secoli in più di lui. Foam guarda il suo sangue imbrattare il pavimento, i suoi vestiti e quelli del suo aggressore. È ovunque assieme al dolore. Sembra che il petto gli vada a fuoco. Emette un gemito soffocato prima di chiudere gli occhi.
 
 
Legno torna con il suo bottino mezz’ora dopo: tre colombe e un corvo. Non sono proprio freschi ( diversi minuti dalla morte possono significare un peggioramento della qualità del sangue) ma quando apre la porta rimane sotto shock ( Cosa vi aspettate? Il suo amico è steso in un lago di sangue e la finestra è rotta).
Legno corre da Foam, lo chiama, gli afferra le mani e controlla l’entità delle ferite. I morsi non sono guariti. Trema, come non gli accadeva da tempo, per la rabbia. Foam ha gli occhi chiusi, sembra morto, ma non può morire, pensa Legno. Nessuno l’ha trafitto con un palo al cuore, quindi deve essere vivo. Legno gli tiene strette le mani,  pregando che si risvegli.
“Ti prego, Foam, svegliati e dimmi chi ti ha fatto questo”.
Legno gli resta vicino. Dannazione, sta per essere assalito dalla commozione ! lo guarda e sospira, angosciato. Pensa che impalerà o decapiterà l’autore di tale affronto, fosse anche uno dei due conti in persona, ma poi realizza che deve per forza trattarsi di loro. Sente un misterioso rumore rimbombare nelle orecchie. Ha un suono familiare, quasi antico.  È il rumore della vita, il cuore che batte nel petto pompando sangue. Quel suono.. gli sembra di impazzire. Si inebria della sua frequenza, la gola gli si secca. Una terribile e bruciante fame gli invade le viscere. Non vuole crederci, non può essere possibile, ma quel suono proviene dal petto di Foam che si sta alzando e abbassando con una certa regolarità e non è una finzione. Il suo amico apre lentamente gli occhi, farfugliando qualcosa.
“La mia testa..”
Se la sfiora e quando guarda Legno, gli occhi gli si appannano per le lacrime. Quel suono sembra quasi assordante, ma dopo qualche secondo pare ovattato alle sue orecchie. Quando si accorge di essere steso nel lago del suo stesso sangue, per poco non lancia un urlo agghiacciante.
“Che mi è successo?”
Lo sa, ma non vuole dirlo. Le lacrime iniziano a scorrere sul suo volto, mentre si sente impotente di fronte all’accaduto. Legno gli si avvicina e lo attira sé, tenendolo stretto con forza. L’abbraccio lascia Foam senza respiro, ed è persino doloroso. È così che ci si sente a riacquistare di colpo la propria umanità?
“Mi vendicherò di chi ti ha fatto questo” promette solennemente Legno.
Il mio cuore è come trafitto da una freccia. Nonostante l’improvvisa brama di sangue, Legno resiste, tenendo alta la testa.
“Legno non potremo più…”
Le parole di Foam si spezzano in un pianto disperato e il cuore gli batte sempre più forte.
“Un’eternità insieme” prosegue “ Non sarà possibile. Sono solo umano, una preda”.
Povero cucciolo! Vorrei abbracciarlo e uccidere Cart di persona. Le sue mani si serrano sulla schiena di Legno. Si aggrappa a lui in cerca di aiuto e conforto.
“Non sei una preda” replica Legno “ Sei mio amico”.
Proprio in quel momento tra l’odore del sangue sul pavimento e quel furioso battito cardiaco si sente stordito da un turbinio di sensazioni. Le zanne iniziano ad allungarsi e sporgere pericolosamente dalle labbra, la gola gli diventa più secca. Legno cerca di guardare il soffitto e non quel collo dalla pelle diafana su cui vorrebbe affondare i denti. Solo un sorso, si promette. Dall’odore il sangue sembra così delizioso. Deve smetterla, si ripete. Foam è un amico, non una preda! In Legno per qualche istante si consuma un intenso conflitto, vinto in extremis dalla ragione.
“Foam, non possiamo più vivere insieme, almeno per un po’. Adesso per te sono un mostro e non so per quanto potrò resistere. Se riuscissi a vivere col sangue degli animali, potrei restare al tuo fianco senza problemi, ma devo provarci e vendicarmi di chi ti ha fatto questo. Chi è stato?”
I ricordi che Foam ha dell’aggressione subita sono molto vaghi, ma Cart è abbastanza conosciuto nella comunità vampirica. Quel nome sgorga presto dalle sue labbra tremanti.
“Quel bastardo!” grida Legno “ Non lo perdonerò mai! Ci sono i conti dietro tutto questo, ormai è sicuro”.
Si scosta per poter guardare meglio il volto di Foam.
“So che è troppo per te in questo momento, ma starò via per un po’. Ricorda le basi dell’essere umano. Devi mangiare e bere con regolarità, ricordarti che se ti romperai un osso non si rinsalderà subito e che se…”
“Se perderò troppo sangue, morirò per davvero”.
Foam si rabbuia, gli occhi lucidi. Le spalle gli tremano in modo incontrollabile. Sto per affogare nel mare delle mie lacrime. Questo è un periodo triste, lettori. Sembra un addio. Ormai Foam vive da solo in quell’appartamento e Legno sembra essere sparito. Un’amicizia secolare andata in fumo in poco tempo! Che rabbia…
Legno cerca di sopravvivere col sangue animale ( ma non per questo si definisce vegetariano) *4 . Foam tenta di ricomporre i pezzi e di ricominciare una nuova vita, con nuovi bisogni e un angosciante senso di solitudine, prima a lui estraneo.  Passa un po’ di tempo, quasi un mese. Nessuno sa nulla dell’altro, ma una ferita è stata inflitta alla comunità vampirica. Cart è stato aggredito e trasformato in umano ( non dovrebbe essere difficile immaginare chi sia stato). Per Legno ucciderlo e basta non sarebbe bastato. Il minimo che potesse fare per Cart era infliggergli la stessa sofferenza patita da Foam. I conti Gold e Silver hanno compreso il suo gioco e hanno mandato i loro scagnozzi ad ammazzarlo. Legno ha seminato arti e teste al suo passaggio. Dei vampiri che l’hanno inseguito sono spesso rimasti pezzi, nonostante la dieta a base di animali l’abbia un po’ indebolito. Non scatta con la stessa rapidità dei primi tempi e le ferite guariscono più lentamente e così ne soffre maggiormente i dolori. Quel senso di onnipotenza derivante dal sangue umano è svanito. Povero Legno! Fa tutto questo per Foam, per resistere alla tentazione del suo sangue, ma la sete lo consuma, senza che lui voglia ammetterlo a se stesso.
La sua forza di volontà è straordinaria, miei cari lettori. Personalmente, avrei prosciugato un po’ di persone che odiavo, ma non avrei mai toccato piccole e innocenti creature dei boschi. Legno sta facendo qualcosa che odia perché in fondo ama gli animali. Realizza che essere umani forse non sarebbe male. Porrebbe di fronte ad altre scelte, ma almeno potrebbe scegliere con Foam. Al pensiero gli manca il respiro. Non può sopportare oltre la sua mancanza e crede di aver acquisito abbastanza autocontrollo. Nel frattempo Foam non riesce a dormire. Si gira e si rigira nel letto, con la luce accesa. Lui sarà cambiato e sarà anche solo, ma sua stanza è rimasta un posto confortante. Gli tornano in mente numerosi ricordi, come la prima trasformazione da umano a vampiro, di come fosse spaventato, di come Legno avesse tentato di rassicurarlo e gli avesse insegnato a cacciare. Luce e buio non gli erano sembrati gli stessi da allora, ma ormai le tenebre lo inquietano. I suoi occhi non riescono più a squarciare il buio ed è come se fosse cieco. Rimane a guardare la lampada con uno sguardo assente, vitreo. La sua nuova condizione è miserabile, confessa a se stesso. Vede pensoso Legno che gli sorride dalla finestra . Scuote la testa, per convincersi che è solo colpa del suo subconscio che vorrebbe abbracciarlo. Forse era il suo destino rimanere solo, che Legno avesse sposato Leather o meno. Adesso sente persino la sua voce.
“Non farmi distruggere questa finestra. Non voglio sfasciare casa mia per entrare”.
Foam brontola qualcosa, rigirandosi nel letto. Legno è ancora lì e pensa di assecondare la sua follia. Apre la finestra, mentre un vento gelido lo investe. Con un balzo Legno raggiunge la sua stanza. Gli occhi gli brillano dalla commozione, dalle sue labbra non esce alcun suono, mentre Legno lo attira a sé, con l’intenzione di non lasciarlo andare.
“Mi sei mancato” sussurra a fior di labbra.
“Anche tu” farfuglia Foam con la voce che vacilla.
Non vuole confessare ciò che vede negli occhi di Legno. Sembra stanco e il viso appare segnato dalla fatica. Spera di immaginarlo. Legno gli sorride in modo rassicurante.
“Sono successe tante cose” prova a spiegare.
Foam si siede sul letto e invita Legno a fare lo stesso. Raccontano di ciò che hanno fatto in questo tempo. Foam confessa a Legno di aver sentito la sua mancanza, mentre Legno racconta di come ha trasformato Cart in umano.
“Poi gli ho preso il braccio e gliel’ho spezzato”.
Mima le mosse della lotta, afferrando il polso di Foam. La gola inizia a bruciargli, il battito cardiaco dell’amico risuona nelle sue orecchie con la stessa intensità di un urlo straziante. Autocontrollo, si promette. Non può avere bevuto il sangue di animali per nulla.
“L’ho fatto soffrire” cerca di proseguire con voce roca.
Deglutisce rumorosamente, ma la sete lo consuma dall’interno. Foam emette un gemito, mentre le zanne di Legno affondano nel polso. Tenta di divincolarsi, ma i suoi tentativi appaiono ridicoli rispetto alla forza di Legno. Il sangue continua a scorrere dal polso di Foam e gocciola sulle lenzuola. Solo quando grida il suo nome, Legno pare destarsi. Si scosta da Foam, le zanne e le labbra bagnate dal suo sangue.  Non è cambiato nulla: Foam lo guarda impietrito, gli occhi sbarrati dal terrore. Continua a guardarsi il polso ferito. Brucia in modo doloroso.
“Scusa”.
Legno mormora quella parola, pur essendo consapevole che non ci sono attenuanti per ciò che ha fatto. Vuole fingere un po’ di umanità e fa un respiro profondo.
“Non te ne andare di nuovo”.
Foam mormora quelle parole. Pare intuire il pensiero che si insinua nella mente di Legno e cerca di tenere lontano da lui il braccio ferito. Con quello sano tenta di attirarlo a sé. Legno vorrebbe dire che non può restare. È più debole delle sue aspettative, ma non può abbandonare Foam, dopo ciò che hanno passato insieme. Lo tiene stretto, come se non potesse più lasciarlo andare, ma l’odore del sangue di Foam gli invade le narici. Il ragazzo sa benissimo quanto sia efficace l’olfatto dei vampiri, eppure si ostina ad allontanare il braccio ferito da Legno. L’amico vorrebbe dire qualcosa, ma avverte un dolore fisico, come se degli aghi gli si stessero conficcando in gola. Legno tenta di non guardare quel collo così invitante e di isolarsi mentalmente da quel battito cardiaco incessante, ma l’aver assaggiato quel sangue ha peggiorato le cose. Ne vuole ancora e il desiderio gli sta lacerando le viscere. Guardare la pelle candida del collo che si tende appena è troppo. Foam si rende conto troppo tardi di ciò che accade. Quando le zanne di Legno affondano nel suo collo, cade all’indietro sul letto. Legno gli blocca i polsi. La sua presa è troppo forte e Foam assiste impotente ai suoi tentativi di liberarsi. Solo le sue dita sembrano muoversi. Legno è steso sopra di lui ed è terrorizzato dall’idea di poter essere ucciso dal suo migliore amico. Che situazione da brivido e altro deve ancora accadere! Legno sembra insaziabile e Foam chiude gli occhi, temendo il peggio. È così spaventato che non ha nemmeno la forza per urlare. Gli occhi si stanno offuscando pericolosamente e si sente stordito. Il peggio sta per arrivare, forse la sua morte. La testa gli gira vorticosamente, mentre regna un totale disordine nella sua mente. Non riesce nemmeno a formulare un pensiero coerente per salvarsi. Legno si discosta da lui prima di quanto possa sperare. Per qualche istante pare spaventato da ciò che ha fatto. Il suo compagno di caccia è diventato la sua preda. Foam nemmeno ascolta le parole di Legno, ma è preso dalla visione del ragazzo con le labbra e le zanne bagnate del suo sangue. Ha le iridi più accese del solito e sembra sconvolto. La presa sui polsi si allenta e Foam avverte una fitta bruciante al collo, assieme a un’intensa ondata di calore lì dove il sangue ha iniziato a scorrere, macchiando le lenzuola.
“Sei sazio adesso, non è vero?”
La voce gli sussulta, simile a un rantolo. Legno ha lo sguardo assente, ebbro del suo sangue. Foam sente di temere quello sguardo: ha paura che Legno finirà ciò che ha iniziato, ammazzandolo e prosciugandolo dell’ultima goccia di sangue. In quel quadro mentale di morte, il suo cuore batte più forte, come un inno alla vita drammaticamente ironico. Il viso del ragazzo è sempre più vicino. Nonostante il corpo gli implori di scappare via, è troppo debole per muoversi. Legno non sta puntando al suo collo, quella è la sua sensazione. Comprende troppo tardi l’obiettivo di Legno: le sue labbra. Legno non le morde, ma le sfiora delicatamente con le sue ( il mio lato fujoshi ulula di gioia).
“Cosa diavolo stai facendo?” si domanda Foam con gli occhi sbarrati dalla sorpresa. Legno lo bacia più volte, in quel modo così delicato, come se paradossalmente dopo ciò che ha fatto temesse di fargli del male. Non passa molto tempo prima che la sua lingua gli inumidisca le labbra, per poi entrare nella sua bocca. Foam avverte il sapore ferroso del suo stesso sangue e  i loro respiri sembrano mescolarsi. Sono io quella che sta per morire qui tra i continui sospiri? Le loro lingue conducono una lotta impari. Foam pensa che prima di morire debba abbandonarsi a quella sensazione così piacevole dopo il dolore patito. Tenta di aggrapparsi alla schiena di Legno, come a  una parete rocciosa, ma le sue braccia ricadono inerti sul letto. Gli manca il fiato.
“Tutto per il desiderio di sangue” ansima “ Non è vero?”
Il viso di Legno è vicinissimo al suo. Sembra che voglia baciarlo di nuovo.
“Che sciocco” una risata amara sgorga dalla sua gola “ Lo sai bene. Non facciamo questo alle prede”.
“Ma ora sono una preda, vorrai uccidermi”.
“Non dirlo”.
Foam socchiude gli occhi, lasciandosi cullare dalla voce di Legno. Si sente quasi privo di energie, il suo corpo pare non voler rispondere ai comandi.
“Quindi è reale.. ciò che provi”.
“Trovami un altro motivo per non sposare Leather”.
Di nuovo quella storia: Foam emette un profondo sospiro.
“Non era per voler cacciare con me o per essere libero..”
“Speravo di averti per l’eternità”.
“E adesso” un sorriso amaro increspa le labbra di Foam “ Mi avrai fin quando non morirò, però ti dispiacerebbe restarmi vicino? Vorrei che.. dormissimo insieme”.
Foam impallidisce di più nel pronunciare quelle parole e il mio lato da fujoshi si esalta e urla, poi scalpita. Legno tiene stretto Foam tra le braccia e quei due dormiranno davvero insieme. Foam è il primo ad addormentarsi. Dopo tutto il sangue che ha perso, è persino un miracolo che non sia svenuto , mentre lui e Legno si dicevano quelle parole adorabili. Legno, invece, rimane vigile. Per i vampiri anche dormire è una finzione, soprattutto di notte, quando generalmente vanno a caccia. Legno gli rimane vicino, nonostante avverta laceranti sensi di colpa che si accompagnano al desiderio di sangue.
“Non ti farò più del male” sussurra a fior di labbra, accarezzando i capelli di Foam.
Ascolta tutto: il respiro di Foam, il suo battito cardiaco tentatore e i rumori della notte. Maledice mentalmente i conti per i guai che gli hanno causato, ma ha la consapevolezza di aver inflitto loro una grave perdita da quando Cart è diventato umano. All’alba il bisogno di sangue si fa troppo forte.
“Vado a caccia” sussurra all’orecchio di Foam.
Gli scosta i capelli dal viso e gli bacia la fronte. Non sa per quanto starà via. La sete è più intensa e se non farà qualcosa a Foam accadrà l’inevitabile. Quando Legno esce di casa, Foam apre gli occhi. Era sveglio da diversi minuti e quel bacio sulla fronte l’ha turbato. Gli ricorda che tutto ciò che è accaduto è reale e non solo frutto della sua mente sconvolta dalla perdita di sangue. Nulla lo spaventa più di essere umano. Il suo corpo è così caldo e pieno di vita , eppure così fragile! Ha perso i suoi sensi straordinari, la sua agilità, e , cosa più importante, la sua immortalità. L’idea di invecchiare e morire, anche se tra molti anni, lo fa impazzire, però nel suo cuore conosce la strada, sa il modo per tornare indietro.  L’unica soluzione è  appellarsi all’aiuto di mostruose creature che vivono alla periferia di Mythic calls: i ghoul, grandi estimatori di carne umana. Vivono di nascosto, come reietti e la polizia dà loro la caccia. Risultano più odiosi dei vampiri. Foam è più determinato che mai: sa dove trovare i ghoul che rappresentano la sua salvezza.
 
“Tu stai scherzando! Bronzo non ti trasformerà. Sono io l’unico!”
Foam non si aspettava tanta opposizione. Bronzo e Rame sono due ghoul che conosce abbastanza bene. Gli altri sono sconosciuti oppure nemici. Quella dei ghoul è una comunità ristretta ma potente ed è raro che un ghoul voglia trasformare un umano: aumenterebbe così la competizione per il cibo. Insomma, troppi predatori e poche prede. Non è tuttavia questo il motivo che spinge Rame a opporre tanta resistenza. La sua è anche gelosia. Vuole avere l’esclusiva di unico umano trasformato in ghoul da Bronzo. Essere ghoul conferisce molti vantaggi, ma lo svantaggio di essere costretto a cacciare umani, non molto diverso dall’essere vampiri. Foam così sarebbe immortale, almeno nella teoria, sempre che qualcuno non decida di tagliargli la testa.
“Rame, non è tempo per queste sciocchezze” sbotta Bronzo, facendosi serio “ Non vogliamo che Foam sia condannato alla mortalità. Essere umani è così orribile e in un momento di fame, potremmo…”
“Hai ragione. Adesso la sua carne sembra deliziosa, ma voglio essere io a trasformarlo!”
Foam indietreggia di qualche passo. Detesta essere umano: ogni cosa sembra fuori dal suo controllo. Rischia di cadere e l’ansia lo sta divorando.
“Non sai come si fa” replica Bronzo “ Se perdessi il controllo, l’ammazzeresti”.
“Allora dimmi come si può trasformare e lo farò”dichiara deciso Rame, incrociando le braccia al petto “ Non voglio che sia tu a rendere Foam un ghoul. Così io non sarei l’unico…”
Bronzo sospira e guarda sia Foam in attesa di risposta, sia Rame, che pare irritato.
“Puoi lasciar perdere queste scenate. Foam, la trasformazione sarà un po’ dolorosa, ma non temere. Dopo andrà tutto bene. Rame, porta una preda al nostro futuro ghoul”.
Rame apre la bocca per protestare, ma Bronzo lo spinge fuori di casa, sotto gli occhi stupefatti di Fom. Rame batte i pugni contro la porta.
“Fanculo, Bronzo! Sei un traditore di merda”.
Dopo alcuni disperati colpi, si allontana. Bronzo è libero di spiegare a Foam come funziona il processo di trasformazione. Già che ci sono, ve lo spiego pure io !
Fase 1: il ghoul individua un particolare punto debole della vittima che, se strappato via, favorisce la trasformazione ( nel caso del nostro povero Foam sarà un pezzo di spalla).
Fase 2: il ghoul dovrà strappare via un bel pezzo di carne, tra le urla di dolore della vittima.
Fase 3: aspettare che l’umano finisca di contorcersi dal dolore, per poi fargli mangiare carne umana.
Solo così la trasformazione può definirsi completa. Foam dovrà affrontare queste fasi. Bronzo gli strappa a morsi un pezzo di spalla e alla vista del sangue teme di poter svenire. Bronzo prega mentalmente che Rame metta da parte la sua gelosia e conduca una buona preda tra le fauci di Foam, che intanto sta piangendo dal dolore, accasciato sul pavimento del soggiorno. Poverino! Bronzo non può fare altro che aspettare e rassicurare Foam, garantendogli che tutto andrà per il verso giusto. Foam cerca di annuire tra le lacrime che gli rigano il viso. Proprio quando la tensione arriva al suo culmine, si sente bussare la porta. Bronzo corre ad aprire, incontrando lo sguardo di Rame e quello terrorizzato della sua preda, un uomo sulla quarantina, che pare più morto che vivo.
“Avevo fame” confessa “ e gli ho assaggiato il braccio. Non sono un ghoul malato”.
“Sei incorreggibile” sbuffa Bronzo” Muoviti, Foam sta soffrendo le pene dell’inferno”.
“Pensi solo a lui a desso. Sei così premuroso con lui che mi dai la nausea. Scarica questo rifiuto umano al tuo nuovo ghoul preferito”.
“Che idiota”.
Bronzo si sistema gli occhiali sul viso e accarezza la testa di Rame sotto i suoi occhi stupefatti.
“Che ti salta in mente, cretino?! Adesso trasformerai ogni umano in ghoul, non è così? Rimarremo a corto di prede, lo sai?”
Bronzo lo guarda a lungo. Il suo sguardo è glaciale e intenso.
“Sei geloso”.
“Stai scherzando?”
Rame fa finta di ridere, mentre avvicina sempre più la preda a Foam.
“Nuovo preferito di Bronzo, ora ti tocca mangiare” dice tentando di apparire impassibile “Può sembrare disgustoso all’inizio, poi ti sembrerà una delizia”.
Lascia cadere l’umano ormai privo di sensi accanto a Foam che all’inizio è disorientato, ma in fondo non sarà diverso da ciò che faceva da vampiro, così pensa. Strappa un pezzo del braccio sano. Per me, umana che racconto, lo spettacolo è un tantino ripugnante, ma Foam prova un desiderio intenso di carne umana e di abbandonare l’umano che è diventato. Al termine della trasformazione entrambi gli occhi hanno le sclere nere e le iridi rosse. Solo quando è sazio, gli occhi tornano del suo consueto color nocciola.
“Grazie” farfuglia, pulendosi il sangue con una manica della sua t-shirt.
“Impara a mangiare in modo più.. pulito” lo rimprovera Rame.
Bronzo gli scocca un’occhiataccia.
“Imparerà col tempo le giuste maniere a tavola” borbotta “ Non fare il permaloso”.
Foam è ancora stordito dal turbinio di emozioni che ha provato, tra la sua trasformazione in umano e quella in ghoul, ma vede chiaramente ciò che accade. Pochi centimetri separano i visi di Rame e Bronzo, prima che le labbra di quest’ultimo catturino quelle dell’amico. Rame lo guarda con gli occhi completamente spalancati dallo stupore. Le sue labbra sono alla mercé di Bronzo per qualche istante, solo perché lui è troppo stupito per avere una vera e propria reazione. Solo dopo qualche attimo, respinge Bronzo, paonazzo in volto.
“Sei pazzo? Brutto cretino, hai rovinato ogni cosa, i miei sogni..”
Foam si sente a disagio. Ha compreso che tira una brutta aria e che di lì a poco si scatenerà l’apocalisse. Si affretta ad alzarsi.
“Devo andare” mormora con crescente imbarazzo “ Grazie per tutto, per avermi reso immortale”.
“Immortale si fa per dire” lo avverte Bronzo “ Attento a  non farti ammazzare”.
Foam annuisce, mentre Rame tempesta il petto di Bronzo di tanti deboli pugni.
“Fanculo, mi hai traumatizzato!” urla.
Foam apre la porta e si dilegua da quella casa. Nonostante il disagio, si sente felice e realizzato. Il tempo che scorre non gli farà di nuovo paura.
 
Legno è tornato da un bel po’ dalla caccia. Il sangue degli animali l’ha placato, ma ne ha bevuto in notevoli quantità. Quando arriva a casa, non trova nessuno. Se fosse umano, direbbe che il cuore gli scalpita nel petto. Teme che i conti si siano vendicati del torto subito rapendo Foam. Non vuole pensarci, deve esserci un’altra spiegazione, o almeno così spera. Proprio in quel momento la tensione lo abbandona. Foam apre la porta. Da tempo Legno non lo vedeva così sorridente e il sorriso è contagioso: aleggia anche sulle sue labbra. Una cosa è sicura: quando Foam tutto contento gli getta le braccia al collo, non avverte più il desiderio di nutrirsi del suo sangue. Qualcosa è cambiato, in lui o nel suo amico. Foam sorride e lo guarda con occhi commossi per la gioia.
“Ce l’ho fatta!”esclama.
“Cosa?”
Legno lo guarda con perplessità. Foam per un attimo si imbarazza, poi muove le labbra per parlare.
“Potremo finalmente condividere l’eternità. Legno, ora sono un ghoul. Ho deciso di mia volontà di farmi trasformare”.
Gli occhi di Legno di solito stretti a fessura, accompagnati da espressioni truci, si  fanno grandi per lo stupore.
“Chi è stato?”
C’è persino una nota infastidita nella sua voce. Dopotutto ricordiamo che è stato lui a trasformare Foam in vampiro.
“Bronzo” farfuglia Foam abbassando lo sguardo “ Rame voleva uccidermi per questo, ne sono sicuro, ma ciò che conta è che abbiamo di nuovo l’eternità da condividere, sempre che sia ancora un buon investimento per te”.
Foam sembra arrossire.
“Certo che lo è” replica con sicurezza Legno “ Non mi rimangio ciò che ho detto”.
“Allora non ti dispiace..”
Foam vorrebbe proseguire, ma si limita a tuffarsi nel rosso delle iridi di Legno. Passa qualche secondo, poi si alza in punta di piedi e sfiora il suo viso in una delicata carezza. Chiude gli occhi e trascorre il tempo di un respiro prima che annulli le distanze. Le sue labbra sono su quelle di Legno e la mia fujoshi interiore urla di gioia. Pare bloccarsi un attimo, poi lo bacia di nuovo, con la stessa delicatezza. Legno lo attira a sé , gli accarezza i capelli e gli sussurra all’orecchio:” Così lo stai confessando”.
“Cosa?” farfuglia timidamente Foam.
“Che sei mio e solo mio. Questa eternità insieme sarà il migliore investimento in assoluto”
Che bello! Non passerà molto tempo prima che sul letto consumino notti infuocate di passione ( della serie: cosa non ha visto quel fortunato letto). Formano pure una bella squadra di caccia, sapete? Legno prosciuga l’umano designato del sangue e Foam ne divora la carne. Non vi aggiungo i particolari sensualmente macabri, ma lasciamo godere l’eternità a quei due. Con questo la vostra pazza maid continuerà a fantasticare su di loro e spera di potervi dire: “ Alla prossima avventura”...
 
*1 per chi non lo sapesse, le fujoshi sono le ragazze che amano lo yaoi, come Lan e la sottoscritta.
*2 palese parodia di Mystic Falls ( the vampire diaries)
*3 altro riferimento a the vampire diaries. Non uccidetemi, please…
*4 Twilight e i  vampiri “ vegetariani” che mi hanno segnato a vita.

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Capitolo 12
*** Fuoco e cenere: cuore scalpitante ***


Sento che ogni attimo del suo amore per me mi brucia il corpo. Presto diventerò cenere.
 
Foam si rigirò nel letto, a disagio. Gli doleva la spalla. Quello non era il letto della sua stanza: era scomodo e le coperte erano gelide come se avesse lasciato del ghiaccio. In realtà era uno squallido e triste giaciglio. Quando si stropicciò gli occhi e li aprì, realizzò la sua situazione. Le sbarre limitavano la sua libertà e il suo spazio era racchiuso da una cella. E la sua stanza, con i suoi libri e il suo amato materiale per il disegno? Il cuore perse dei battiti. Chiamò sommessamente i suoi genitori, senza ottenere risposta.
“C’è nessuno?”
Alzò la voce, ma ancora una volta non ottenne alcuna risposta.
Dove diavolo sono?
Presto non fu solo la spalla a dolergli, ma anche il petto. Era prigioniero, in carcere, senza che avesse mai ucciso o rubato in vita sua. Non gli risultava nemmeno di aver compiuto un qualsiasi reato punibile con la reclusione. Si guardò le mani: tremavano e in parte erano coperte dalla tua tuta arancione da carcerato, che gli andava fin troppo larga. Nel camminare si rese conto di trascinare sul pavimento un lembo dei pantaloni. Girò intorno, come alla ricerca di risposte, ma finì per guardare afflitto la sua cella. Com’era finito lì? Il panico quasi gli impedì di respirare: doveva trovare qualcosa da fare o avrebbe iniziato a dare di matto. Persino ammirare i granelli di polvere poteva essere un’idea. Iniziò a starnutire. A quel rumore seguì quello sinistro di passi. Allora c’era davvero qualcuno! Al pensiero temette che il cuore potesse fermarsi e che nella sua mente potesse regnare solo il caos. Quel suono poteva farlo impazzire, come ogni movimento sospetto.
“Ecco qui il condannato numero uno”.
La voce era bassa, calda , profonda, il tono provocatorio. L’avrebbe riconosciuto ovunque.
“Legno, sei tu!” esclamò con entusiasmo Foam “ Ti prego, liberami. Scappiamo! Non ho davvero fatto nulla”.
Il suo entusiasmo si spense quando i suoi occhi si posarono su Legno. Indossava una divisa da poliziotto. La camicia nera gli andava un po’ aderente, soprattutto sulle spalle. Per un istante Foam rimase imbambolato, a constatare come il nero donasse a Legno e non solo quello. Si trattava di Legno in divisa, qualcosa che non poteva esprimere a parole. Quella strana sensazione crebbe di intensità quando Legno si tolse il berretto con uno stemma dorato e gli sorrise.
“Ne sei proprio sicuro?”
Il suo sorriso era tornato quello beffardo di sempre. Foam avvampò in volto e Legno si avvicinò sempre più, fin quando non ci furono solo le sbarre a separarli.
“Mi dispiace solo che rischierai di morire di noia, condannato numero uno. Per questo ti ho portato qualcosa”.
Solo in quel momento Foam si rese conto che Legno aveva portato qualcosa con sé. I suoi occhi si illuminarono alla vista di alcuni fogli e colori a pastello. Non era nulla rispetto a ciò che aveva a casa, ma meglio di niente. C’era anche un pennarello nero.
“Perché non mi chiami Foam?”
Il sollievo fu soffocato da quelle parole simili a un lamento. Legno parve impassibile, le iridi spietatamente rosse e accese.
“Hai fatto qualcosa di sbagliato, anzi direi terribile”.
Gli passò il materiale per il disegno. Gli occhi di Foam si fecero grandi per la paura, le labbra erano tutto un fremito. Avrebbe voluto protestare, ma anche il resto del corpo iniziò a tremare. Quella cella era gelida e quel freddo misto al gelo della paura si insinuò in lui.
“Ti prego, senpai, dimmi cosa ho fatto. Ti prometto che saprò rimediare”.
“Troppo tardi” sentenziò Legno “ Ormai è ora di meditare sui tuoi errori. Spero solo che sopporterai meglio la tua pena da scontare. Mi dispiace un po’, ma è colpa tua”.
Gli accarezzò la testa attraverso le sbarre e Foam, nonostante tutto, si sentì inspiegabilmente rassicurato. Legno se ne andò, lasciandolo solo. Foam sfruttò la solitudine per realizzare un ritratto di Legno, basato su ciò che aveva visto, ma prima col pennarello nero scarabocchiò qualcosa di indefinito sulla sua tuta da carcerato. Era profondamente turbato e si sentiva ridicolo nel voler realizzare un altro ritratto di Legno, tuttavia, confessò a se stesso, doveva pur trovare un modo per trascorrere il tempo. Quanto ne passò? Legno gli portava da bere, da mangiare e altri colori. Gli parlava e lo fissava spesso. Alla domanda di Foam “ Quando uscirò?”rispondeva in modo vago o con un sorriso enigmatico. Accadeva lo stesso quando Foam gli chiedeva quale reato l’avesse condotto in prigione. Quanto tempo trascorse? Lo poteva contare a ritratti o con i pasti? Tra quanti ritratti avrebbe riabbracciato i suoi genitori, i suoi amici e la sua vita di sempre?
“Aspetta, Legno!”
Il diretto interessato si voltò di scatto. Foam avvertì chiaramente che il battito cardiaco stava diventando troppo rapido, a momenti persino doloroso. Legno lo stava fissando con un’intensità disarmante, che pareva trafiggergli il petto.
“Cosa vuoi adesso? Mi hai detto di avermi arrestato e non ti basta questo, insomma la gloria per aver sbattuto in prigione un simile criminale?”
Foam aveva pronunciato quelle parole tutto d’un fiato, paonazzo in volto. I suoi occhi e la sua espressione erano come un unico grido “ Liberatemi!” ma lo sguardo di Legno continuava a soggiogarlo.
“Vuoi saperlo?” il suo sorriso mise in particolare mostra i canini “ Tra i numerosi crimini che hai commesso il peggiore è aver attirato la mia attenzione”.
Foam udì il rumore dei passi sempre più distinto: lui era sempre più vicino.
“Ma cos…”
Le parole di Foam furono seguite da un suo gridolino di sorpresa. Legno gli si avvicinò, al punto che i loro visi furono separati solo dalle sbarre. Con la mano destra, gli afferrò un lembo della manica della tuta.
“Per essere degli scarabocchi sono carini” commentò con un altro dei suoi sorrisetti “ Mi piacciono, come mi piace vederti”.
Foam, paonazzo in volto, balbettò qualcosa di indistinto, ma nonostante l’imbarazzo tentò di divincolarsi.
“Tu sei pazzo! Non ho fatto nulla e voglio solo tornare a casa”.
Legno allentò la presa sul suo braccio fino a lasciarlo. Foam riprese fiato. Per un attimo si illuse persino sul fatto che Legno l’avrebbe abbandonato alla solitudine, ma quelle parole e quella supplica avevano fatto scattare qualcosa. Proprio nel mezzo dell’illusione, Legno si avvicinò a lui. Foam continuò a retrocedere, mentre Legno tirava fuori un mazzo di chiavi dalla tasca dei suoi pantaloni. Stava per liberarlo? Per qualche. attimo il cuore di Foam si riempi di speranza, ma quando Legno richiuse la porta della cella, sprofondò nell’angoscia. Non smise di retrocedere, fin quando non si trovò con la schiena poggiata contro il muro. Era freddo e le gambe gli tremarono in modo incontrollabile. Sarebbe stramazzato a terra, sotto lo sguardo divertito di Legno. Si sentiva spaventato, eppure così attratto da quella figura così imponente, dai suoi occhi profondi come un baratro e dalle sue labbra che lo volevano catturare in un universo di tentazioni. Il suo era lo sguardo del controllo e del dominio.
“Questa è corruzione di pubblico ufficiale, lo sai?”
Il sussurro di Legno gli solleticò l’orecchio. Foam era ormai consapevole di non poter scappare ed era come se non avesse nemmeno le forze per allontanarlo. Avvampò in volto e per poco non gli sfuggì un grido. Prima che potesse urlare, Legno gli premette una mano sulla bocca. Foam tentò di divincolarsi, ma Legno parve lasciarlo presto.
“Non ho ucciso nessuno, non ho fatto nulla di male” farfugliò Foam cercando di riprendere fiato “ E non ho denaro..”
Guardò Legno in una specie di disperata supplica, ma non giunse alcuna risposta. Rimase sigillata sulle labbra di Legno, quelle stesse labbra che sfiorarono le sue con un bacio.
“Che ti salta in mente? Siamo due ragazzi e tu avrai una fidanzata che ti starà aspettando!”
Foam sbottò quelle parole sempre più imbarazzato. Solo la schiena era gelida, perché poggiata contro una fredda parete della cella.
“Problemi?  Non ne vedo” Legno si concesse una specie di risata “ Sai perché ? È te che voglio. Non avrai denaro, è vero, ma un corpo che corrompe sicuramente”.
Foam rimase ammutolito dalle parole di Legno. Rimase a guardarlo come stregato. Avrebbe voluto togliergli il berretto per sentire i suoi capelli tra le dita. Si sorprese a pensare una cosa del genere, ma presto Legno soffocò qualsiasi pensiero e qualsiasi accozzaglia di parole insensate con un altro bacio, accarezzandogli le labbra con le sue. Foam temette che l’unico rumore udibile fosse quello del suo battito cardiaco. Era spaventato, eppure i loro respiri si stavano fondendo, per ogni attimo gli pareva che il suo corpo bruciasse. Voleva opporsi, ma era come se non potesse farlo. La lingua di Legno si insinuò tra le sue labbra e tra i suoi fiochi sensi di colpa, le sue mani si aggrapparono alle spalle del ragazzo, così larghe e forti. Quando si distaccarono, gli parve che il tempo si fosse fermato. Legno sussurrò il suo nome con voce lievemente roca. Foam si sentì avvampare: era come se lui lo stesse riplasmando a suo piacimento. Le sue dita iniziarono a giocherellare con la zip della tuta.
“A-aspetta” balbettò Foam distogliendo lo sguardo da lui.
“Prima volta?”
Il sussurro sensuale di Legno nel suo orecchio lo fece avvampare, ma allo stesso tempo provocò dei brividi lungo la spina dorsale, un misto di eccitazione e paura. Si trovò ad annuire appena, mordendosi le labbra. Il solo percepire il respiro di Legno sul collo lo faceva impazzire.
“Per me non proprio” la voce di Legno era bassa e sensuale “ ma con te sarà fantastico, me lo sento. Sono molto affamato, Foam.. di te”.
Il diretto interessato balbettò qualcosa di sconnesso, mentre le labbra calde di Legno si posarono sul suo collo. Chiuse gli occhi , mentre assieme all’imbarazzo cresceva il piacere. Legno gli baciò più volte il collo e a quel punto fu consapevole che stava cedendo a lui, anche se a livello razionale non voleva. Il respiro di Foam si fece più irregolare, mentre la lingua di Legno guizzava sulla sua pelle, tracciando tanti piccoli cerchi. Stava per scivolare contro la parete. Quando Legno gli succhiò con forza il collo, ansimò pesantemente, gemendo il suo nome. In modo indecente, aggiunse mentalmente, senza saper dire se quel bruciore fosse doloroso o piacevole. I denti di Legno affondavano nella sua pelle, come quelli di un predatore, poi la sua lingua placava il dolore, come se dovesse leccargli via delle ferite.
Presto Legno abbassò la zip della sua tuta, scoprendogli il petto. Era esposto al suo tocco e ai suoi baci, prima delicati, poi sempre più affamati, che partivano dalla base del’orecchio, per scendere lungo la linea del collo.
“Ti prego” farfugliò Foam trattenendosi a stento dall’ansimare “ Cerca di essere gentile. Lo sei sempre stato con me”.
Il sorriso di Legno era rassicurante e solo in un secondo momento colse una sfumatura provocante e tentatrice. Le sue labbra scesero più in basso fino ad arrivare ai capezzoli. Li sfiorò appena, ma fu abbastanza per udire i gemiti sommessi di Foam che si aggrappò alla sua schiena. Legno lo sentì fremere in un misto di imbarazzo e desiderio, mentre la sua lingua guizzava su un capezzolo, lasciando una scia di saliva. Foam inclinò la testa, in balia di ondate di piacere. Legno si distaccò per un istante da lui, ma solo per sussurrargli qualcosa all’orecchio con quella voce così profonda e sensuale. In un primo momento non capì, poi distinse chiaramente quelle parole.
“Ti sta piacendo, Foam?”
Le sue mani erano ancora incatenate alla schiena muscolosa di Legno. Le sue dita erano così serrate alla sua camicia che le sentì doloranti.
“ È che hai una lingua.. diabolica”.
Farfugliò quelle parole, ma era come se gli mancasse il fiato. Legno inarcò un sopracciglio, divertito.
“La considererò un’adorabile supplica e io adoro le suppliche”.
Eccolo che ricomincia, pensò Foam. In realtà i suoi pensieri si disgregarono quando quella lingua diabolica tentò nuovamente la sua pelle candida. Iniziò dal collo, lasciando una lunga scia calda di saliva e continuò con un morso che strappò un gridolino a Foam.
“Sei affamato” mormorò con voce tremante.
“Io sono affamato e tu sei delizioso. Colpa tua”.
Foam sentì la pelle ardere. La lingua diabolica si era di nuovo soffermata sui suoi capezzoli , in una specie di tormento piacevole. Doveva aggrapparsi a lui per non cadere, fino ad arpionargli la schiena in un ansimare  crescente. Nel frattempo Legno iniziò a far scivolare la tuta lasciando scoperte le spalle. Foam si sentì completamente vulnerabile, consapevole di non poter scappare da quello sguardo. Senza alcun preavviso Legno lo sollevò come  un fuscello, facendoli uscire una specie di grido di sorpresa, per poi posarlo sul pavimento. Per quanto potesse essere freddo, il suo corpo era accaldato, il suo battito cardiaco era impazzito, le sue labbra semiaperte, come assetate di altri baci. Legno iniziò a sbottonarsi la camicia con gesti lenti ma ben studiati. Foam non riusciva a staccargli gli occhi di dosso alla vista dei suoi pettorali definiti e degli addominali scolpiti. La camicia cadde sul pavimento, Legno gli si avvicinò e a quel punto i loro respiri si fusero in un bacio selvaggio e famelico che tolse il respiro a entrambi. I loro corpi si scontrarono: Foam si trovò a mugolare mentre le dita di Legno scorrevano su di lui. Si trovò a sollevare il bacino , senza contare che quelle mani e quella lingua lo stavano mandando in estasi. Presto Legno lo liberò anche del resto della tuta e Foam si coprì il volto con le mani, colmo di vergogna, mentre quella che credeva l’ultima briciola della sua dignità scivolava via. Legno voleva essere in qualche modo rassicurante con quel sorriso. Sarebbe affogato nei suoi occhi.
“Non aver paura” gli sussurrò Legno.
Le sue parole furono seguite da un piccolo morso all’orecchio che fece sfuggire un gemito a Foam. Presto, ne fu consapevole, avrebbe iniziato a gemere senza ritegno. Il suo corpo era tutto un tremito, come se delle scariche elettriche gli colpissero il basso ventre. Legno si leccò le labbra. Era come un predatore davanti alla sua invitante preda, servita su un piatto d’argento. Gli parve di impazzire alla vista di quello sguardo dolce e innocente, le labbra morbide come di velluto, il corpo longilineo..
Le sue dita si soffermarono sull’addome di Foam che lo guardò con gli occhi che parvero farsi grandi.
“S-senpai” balbettò “ Piano, io..”
Non sapeva nemmeno cosa dire.
“Lo so, ma ricorda che io adoro le suppliche “.
Foam vide Legno togliersi rapidamente anche i pantaloni e avvicinarsi nuovamente a lui.
“E poi” aggiunse “ Se sei tu a supplicarmi è decisamente meglio”.
Dopo aver udito quelle parole, Foam sentì le sue dita armeggiare con l’elastico dei boxer, tracciando con una lentezza sensuale il contorno della sua erezione. Cominciarono a tastare i primi centimetri di pelle bollente. Alzò il bacino verso di lui mugolando il suo nome. Legno godeva della vista del viso di Foam contorto dal piacere. Sarebbe stato fin troppo facile saziare il suo appetito sessuale in poco tempo, invece ancora più difficile e appagante prolungando il piacere, che a tratti pareva scemare, ma solo per riaccendersi con crescente intensità sui loro corpi accaldati. Foam temeva che gli sarebbe mancata la voce , che a furia di gemere e gridare il nome del suo focoso compagno come una radio rotta gli si sarebbero spezzate le corde vocali. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato lui a supplicargli di togliergli i boxer, lui che aveva così tanta paura del sesso, ancora di più a farlo con un ragazzo, con il suo amico! Tenne gli occhi chiusi, mentre con fare esperto Legno muoveva una mano sulla sua erezione e ci soffiò sopra. I movimenti del ragazzo si fecero più rapidi, come l’ansimare di Foam. Ottenebrato dal piacere, era solo sicuro di bramarne di più. Il basta non aveva alcun significato nella sua volontà di raggiungere un intenso orgasmo. Era ormai convinto che stesse arrivando quando Legno allontanò la mano. Si sentì come stordito, turbato e … frustrato.
“Non abbiamo fretta”.
Legno parve affilare le labbra in un sorrisetto che lo trafisse. Foam fu sul punto di protestare: il suo compagno si scostò per un attimo, lasciandolo in quella posizione poco dignitosa, steso sul pavimento, le gambe divaricate, un’espressione da “ fammi ciò che vuoi”.
“Ricorda che dovrò punirti per il tuo crimine”.
In un guizzo di ribellione, un piccolo e miserabile attimo, Foam portò una mano sulla propria asta.
“Non pensarci nemmeno”.
La voce di Legno suonò con prepotenza nella sua testa: gli sembrò di impazzire.
“Ci stiamo divertendo” proseguì con un sorrisetto “ Facciamolo durare e niente scherzetti o scorciatoie. Sai qual è il bello di essere un poliziotto, Foam?”
“Perché me lo stai chiedendo ora?”
“Allora?”
Foam si morse le labbra.
“Sbattere i criminali in cella”.
La risposta venne fuori in una specie di gemito. Le parole si dibattevano nella sua mente, braccate  da quel piacere sospeso, da quel bisogno che esigeva di essere appagato…
“Esatto, questo è uno dei tanti motivi, oltre un accessorio che fa sempre comodo”.
Foam lo guardò prendere qualcosa. Con gli occhi annebbiati a stento si rese conto di ciò che stava accadendo, ma presto avvertì qualcosa di gelido e liscio bloccargli i polsi con uno scatto metallico: manette.
“Ora possiamo giocare”.
Anche Legno si liberò dei boxer che in quel momento sembravano strettissimi. Foam deglutì rumorosamente, mentre Legno gli accarezzava in modo sensuale un fianco, poi si fece pian piano spazio tra le sue gambe. L’autocontrollo e i tentativi di ricordarsi che era una follia: tutto incenerito e annebbiato dal piacere. Avrebbe afferrato la testa di Legno, le sue dita si sarebbero aggrappate ai suoi capelli se non avesse avuto le mani legate.
“Sei pazzo, ma.. mi piace, mi fa sentire vivo” .
Le parole di Foam furono spezzate da gemiti sempre più acuti, mentre Legno sfiorò il suo membro con la lingua. Foam avrebbe dato qualsiasi cosa per coprirsi il volto per la vergogna. I  movimenti di Legno divennero sempre più rapidi, i gemiti di Foam si fecero sempre più forti, il suo respiro più irregolare e affannoso.
“Ti prego”.
Cercava disperatamente aria. Le sue labbra erano semispalancate per quella ricerca e per il piacere. Quelle miserabili parole si infransero negli attimi che seguirono, mentre mugolava, come un cucciolo ferito. Se fosse stato davvero ferito, avrebbe voluto che quel dolore non finisse mai. Stava cessando? Non riusciva a crederci. Stava borbottando qualcosa e stranamente c’era luce. Sempre più confuso Foam si rese conto di trovarsi nel suo letto. Aveva ancora addosso il suo pigiama, mentre qualche secondo prima…
Aveva un forte dolore alla testa ed era tremendamente accaldato. Diventò paonazzo: per quanto si sentisse stordito,ricordava tutto alla perfezione.
Voglio sparire…
Nel tentativo di alzare la testa, incontrò quelle iridi rosse, le stesse che nel sogno l’avevano stregato. La gola gli si fece secca.
“Va’ via!”
Gridò quelle parole rivolto a Legno, ma il ragazzo non era solo. Cart sghignazzò, divertito. Foam era sempre più confuso: abbassò prima le palpebre, poi la testa.
“Che ci fate qui?”
Si raggomitolò nelle coperte, sperando che raffreddassero il suo viso rovente e lo celassero agli occhi di Legno e del cugino.
“Eravamo preoccupati per te, Foam. Ti sei beccato una gran brutta influenza dopo la serata di Halloween, così ho pensato..”
“Abbiamo pensato, cretino” lo rimproverò Legno  senza peli sulla  lingua “ poi sei tu che mi perseguiti!”
Sospirò, poi guardò intensamente Foam.
“Pensavo che sarebbe stato un gesto carino passare da casa tua, chiedere come stai, insomma quelle cose lì”.
“Ma in realtà volevi solo levarti di torno tuo cugino” replicò Cart con un sorrisetto.
“Puoi scommetterci” sbottò Legno senza vergogna.
Foam non voleva udire quei discorsi. Aveva bisogno del silenzio,  non della testa che martellava e pulsava dolorosamente, come qualcos’altro.. avrebbe dovuto pensare a qualunque cosa che non fosse il suo amico dei piani bassi. Seppellì la testa sotto il cuscino per la vergogna.
“Vattene via” farfugliò con voce tremante.
Non si riuscì a capire a chi si fosse rivolto. Un sorriso di scherno sorse sulle labbra di Cart, diretto a Legno.
“Visto, cuginetto? Finge di sopportarti”.
“Andatevene, soprattutto tu, Cart. Smettetela di guardarmi”.
La voce uscì straordinariamente roca dalla gola di Foam. Perché si era cacciato in quella situazione imbarazzante? Perché non riusciva a stare tranquillo, ma soprattutto perché aveva sognato certe cose? Ebbe l’impressione che il cuscino si stesse surriscaldando a contatto col viso. Legno sospirò: credeva di aver fatto un gesto carino e apprezzabile.
“Allora ci vediamo a scuola” mormorò.
Sembrava che non ci fosse emozione nella sua voce, ma Foam lo conosceva abbastanza bene per comprendere che in realtà il suo tono tradiva la delusione.
“Scusatemi” farfugliò contro il cuscino “ ma sto male.”
Le parole furono talmente impastate che né Legno né Cart compresero cosa stesse dicendo.
“Allora ci vedremo presto”.
Nella voce di Cart c’era speranza. Una folle e orribile speranza, aggiunse mentalmente Foam, mentre udiva il rumore della porta della sua stanza che si chiudeva.
 
 
Legno era tutto un fremito di rabbia. Dovette assistere ai detestabili sorrisetti trionfanti di Cart e al suo modo mellifluo di porsi con gli altri per ottenere qualcosa. Non c’era dubbio sul fatto che i genitori di Foam lo trovassero già simpatico. Rimase rigido come un palo, trattenendosi dal digrignare i denti, come una bestia inferocita. In fondo dei due era sempre lui quello che passava per l’antipatico, mentre il cugino, pur non essendo il più popolare del circondario, riscuoteva un certo successo col suo carisma.
L’ascensore gli parve più soffocante che mai. Fu costretto a sopportare i sorrisi di scherno di Cart. Il rancore era vivo negli occhi di Legno, come il dispiacere per non essere riuscito a incontrare Foam da solo come avrebbe voluto. Ma a che cosa serviva? Lui l’aveva solo mandato via, in realtà aveva cacciato sia lui che cart. Non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che ad Halloween fosse rimasto qualcosa di incompiuto. Legno avrebbe faticato ad ammetterlo, d’altronde non amava esporsi troppo mostrando le sue emozioni, ma quello che avvertiva era reale, come il fatto di detestare il cugino, che stava snudando i denti in un sorriso crudele. Uscirono dal palazzo e quell’irritazione non si placò, anzi crebbe a dismisura.
“Non guardarmi così” lo provocò Cart “ Non ho fatto nulla di male. Voglio vedere il piccolo Fommy”.
“Non lo chiamare così” disse Legno in una specie di sibilo minaccioso.
Cart fischiettò allegramente, mentre camminava al fianco del cugino. Negli occhi di Legno si accese una luce di irritazione. Non sopportava l’arroganza di Cart. La bava di lumaca era meno viscida di lui. Era un nullafacente, passava per diligente agli occhi troppo ciechi dei suoi genitori. Lui era, invece, da lasciar perdere, un caso perso. E loro l’avevano davvero perso: ormai viveva da solo.
“Non te la prendere, Legno. Ricordi quando eravamo piccoli? Che fine facevano i tuoi dinosauri?”
“Da gran stronzo che eri e che sei ancora adesso, diventavano magicamente tuoi”.
Un sorriso divertito aleggiò sulle labbra di Cart. Era un ghigno, un valido motivo per prenderlo a schiaffi.
“E a Foam cosa succederà? Potrebbe diventare magicamente mio”.
Le labbra di cart si affilarono in una linea sottile. Erano paragonabili a quelle di un serpente. Trascorse qualche secondo, prima che uno schiaffo si stampasse contro una guancia.
“Credi di poter ottenere tutto?”
L’espressione di Cart mutò improvvisamente: i suoi occhi erano sgranati dallo stupore, le labbra semiaperte, come per protestare, ma presto quelle labbra, con quell’insopportabile sorriso, tornarono a deridere Legno.
“Sai che è mia abitudine prendermi ciò che voglio” decretò senza peli sulla lingua, sfiorandosi la guancia colpita dalla mano di Legno.
Se si fosse davvero impegnato, gli avrebbe già spaccato il labbro, eppure faceva già male.
“Vuoi sapere la novità?” replicò Legno, alzando la testa con orgoglio “ Mi opporrò. Non rovinerai la mia felicità”.
Evitò di guardarlo. Se l’avesse fatto, l’avrebbe colpito con maggiore violenza. Quella di Cart era proprio una faccia da schiaffi.
“Coraggioso da parte tua, cuginetto, ma avrai davvero il fegato per farlo?”
“Fanculo” .
Legno cercò di non guardarlo, ma aveva bisogno di un maggior contatto visivo per affrontarlo. Era solo certo di non voler ancora sopportare la presenza del cugino. Non desiderava scappare da lui, ma solo evitare di aggredirlo. La rabbia gli stava bruciando in corpo. Non solo lui, ma altre persone avevano tentato di portargli via ciò a cui teneva di più, ma la differenza era che non si trattava di un oggetto o di qualcosa di astratto, ma di una persona…
 
“Bene, è tutto pronto. I libri, le penne, le calcolatrici, gli appunti e le nostre teste”.
Plexi si sedette con eleganza davanti a Iron che la vide con quell’espressione concentrata da “ mettiamocela tutta”. Gli piaceva perché gli occhi della ragazza parevano più splendenti.
“Plexi, pensi davvero di poter fare qualcosa per un caso come il mio?”
Una risata amara sgorgò dalla fola di Iron. Non era mai stato un asso della matematica.
“E il compito sarà tra due settimane” aggiunse.
“13 giorni per essere precisi” lo interruppe lei.
Iron deglutì rumorosamente. Quando si impegnava, con lei era difficile trattare. Stava anche indossando perfettamente la sua maschera di spavalderia. Iron sapeva ogni cosa, ma era presuntuoso pensare di poter intuire ciò che le stava passando per la testa? Qualcosa si rimescolò nello stomaco al pensiero che lei sarebbe rimasta ferita da ciò che stava immaginando.
“13 giorni sono molti” osservò lui.
Si scostò i capelli dalla fronte, quel cespuglio che non gli dava tregua, mentre un’espressione corrucciata andò a increspare la linea severa delle labbra di Plexi.
“Allora perché mi hai invitata a casa tua? Non avevi bisogno di ripetizioni?”
Iron si fece coraggio. Detestava ammetterlo, ma diceva e faceva le cazzate peggiori solo per Plexi.
“Più o meno. In realtà dobbiamo ripassare alcuni importanti concetti”.
L’aveva detto, ma la parte peggiore doveva ancora arrivare. Guardò i suoi superereroi preferiti che parevano fissarlo dalle mensole. Pregò mentalmente, guardando Thor, il suo amato Iron man e Hulk.
Datemi la forza.
“Plexi, non puoi rimanere con questo peso per sempre. Rovinerai ogni attimo che verrà. Devi dirlo, devi dichiarare a Foam i tuoi sentimenti”.
La ragazza tacque per qualche attimo. Inarcò le sopracciglia per la sorpresa. La morsa al cuore che avvertiva era l’unica stretta decisa che avesse sentito.
“Perché questo discorso?” scosse la testa rapidamente come per scacciare quella detestabile folla di emozioni nel suo cuore “ Siamo qui per studiare, altrimenti prenderai un 3 in pagella”.
“Tu rischi invece di essere bocciata dalla vita. Cosa è peggio?”
Lo sguardo di Iron era così intenso da far accapponare la pelle. Plexi era sicura di non averlo mai visto così e ciò fece vacillare la sua determinazione. La maschera che indossava subì la prima crepa.
“Puoi scappare quanto vuoi, Plexi, ma poi arriverà quel momento che ti ricorderà quanto sia inutile prenderti in giro. Sei innamorata di Foam, lo so. Non c’è bisogno di un manifesto o di una tua confessione. Devi dirlo a lui”.
Plexi aveva bisogno solo di riprendere fiato. Si alzò dalla sedia, fuggendo dallo sguardo di Iron. Era come se qualcuno stesse tenendo il suo cuore tra le sue mani, in attesa di farlo a pezzi. Sulla maschera affiorò una seconda crepa.
“A che servirebbe?” sbottò lei.
“Serve e ti sta parlando uno sciocco senza speranza”.
Iron si rabbuiò. Era proprio lui che stava facendo la predica, che  non riusciva a collegare quel “ ti” e quell’ “ amo” con la ragazza che aveva davanti. Forse il silenzio era il suo dovere.
“ E poi in attesa di cosa hai conservato quel braccialetto di conchiglie?”
“Te lo ricordi” farfugliò lei, le labbra tremanti.
Terza crepa sulla maschera. Una lacrima affiorò tra gli occhi che cercavano di nascondersi.
“Sì, quella storia di regalarla alla tua persona speciale, ricordo tutto alla perfezione. Speravi che dimenticassi?”
 
Il cielo non era più del limpido azzurro del giorno. Era un misto di roso e arancione con sfumature color pesca. Le nuvole apparivano come dolci e imprendibili montagne di gelato alla vaniglia.
La sabbia era morbida sotto i loro piedi. Plexi sembrava inarrestabile, mentre raccoglieva conchiglie che sarebbero servite per il suo bracciale. Il suo sorriso era ampio e sincero e Iron si trovò a sorridere a sua volta.
“Ricordati di indossare quel bracciale”.
Plexi scosse la testa.
“Non è per me, ma sarà un regalo”.
Iron non fece in tempo a porle ulteriori domande che lei lo zittì con lo sguardo.
“Per la mia persona speciale” disse in un sussurro.
 
“Plexi, anno dopo anno ti sei sempre tirata indietro. Hai ancora quel bracciale senza averlo dato al ragazzo che ami. Mi chiedo quanto tempo passerà ancora… non puoi andare avanti sopportando questo peso”.
La ragazza si perse negli occhi di Iron. Era spaventata dalle sue parole, eppure erano il suo punto di riferimento.
“Spero presto” mormorò cupamente.
“No, Plexi. Dobbiamo darci dei tempi. Quando Foam guarirà e sarà pronto ad ascoltarti: in quel momento dovrai dichiararti. Comunque vada ci sarò, d’accordo?”
Plexi si trovò ad annuire impotente, nel timore che il suo amore sarebbe rimasto rinchiuso in un sarcofago, calato in un mare di angoscia.
 
Scleri post capitolo: perdonatemi, sono un essere spregevole che non aggiorna spesso come dovrebbe. Qualcuno di voi ha rischiato un nosebleed potente mentre leggeva il sogno di Foam? Spero di sì.
Considerazione due: quanto è odioso Cart! Considerazione tre: Plexi e Iron sono tenerissimi. Con questo passo e chiudo. Alla prossima ^^  

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Capitolo 13
*** Fuori controllo ***


Le voci malevole sanno essere rapide e infide, nel loro sapiente infilarsi anche nei discorsi più innocenti, nel loro percorrere con facilità corridoi e incontrare fin troppe persone nello stesso giorno. Quella mattina avevano già cominciato il loro infame percorso. Il bacio di Leather era un argomento ancora sulla bocca di molti, nonostante fossero trascorse quasi due settimane. La stupenda e glaciale ragazza si era avvicinata a quel modo al brusco e scostante Legno? I pettegolezzi non erano facili da saziare e ogni giorno la storia cambiava leggermente, subendo variazioni nei suoi particolari. Solo la diretta interessata, pur conoscendo la verità, non desiderava particolarmente raccontarla. Era stata respinta dallo stesso ragazzo che lei aveva rifiutato. Che fosse karma? Poco importava, ma era comunque umiliante, per lei che era abituata a ottenere le attenzioni di chiunque. Come se ciò non bastasse, vicino alla porta della sua aula, si era radunato un gruppetto fin troppo sgradevole. Digrignò i denti, temendo quasi di poterli consumare. Rimase rigida e impettita a guardare Gold, Silver, Stagno e Glass che la stavano fissando quasi con aria di rimprovero. Leather  scoccò un’occhiata di fuoco a due ragazze che la stavano fissando, come se fosse la persona più sfortunata del pianeta. Odiava la compassione! Lei doveva essere solo invidiata e non le importava di Legno alla fine. Nulla, era soltanto una preda che voleva ottenere a tutti i costi, peccato che lui avesse mostrato le zanne, rivelandosi per il lupo solitario che era e forse non proprio solitario, considerando che Foam gli ronzava attorno. Non sopportava la vista di entrambi.
“Leather, non hai capito nulla” Gold affilò le labbra in una sottile e crudele linea “ Nessun altro l’ha capito. Legno è gay. Lui e la principessa Foam..”
Lanciò un’occhiata di intesa a Silver e presto i due scoppiarono in grasse risate. Negli occhi di Leather si accese una scintilla di irritazione.
“Non è divertente”.
“Cara, ti pesa la  sconfitta” Lycra alzò la testa con spiccato orgoglio.
“E credi di riuscire dove ho fallito”.
“Forse sì”:
Lycra sorrise, inarcando le sopracciglia sottili con arroganza, ammirandosi le unghie lunghe, frutto di un’accurata manicure.
“Ragazze, siete senza speranza”.
Gold non smise di ridere. Glass era rimasta in silenzio per tutto il tempo. In realtà erano loro a non aver compreso nulla. Strinse le labbra, concedendosi una lieve smorfia che presto si trasformò in una linea di assoluta neutralità. Si sistemò gli occhiali sul naso, senza esporre la sua opinione. Stagno studiava gli sguardi e si affrettò a dire la sua.
“I gusti di Legno sono notevolmente peggiorati” dichiarò convinto, con un’espressione disgustata .
Glass gliene avrebbe dedicata una, ma si limitò a rimanere distaccata come al solito.
“Lycra” mormorò appena, guardando la diretta interessata “ Platino ti sta aspettando e le lezioni stanno per iniziare. Non mi dire che ti sei già stufata di lui”.
Ancora una volta Lycra alzò la testa con orgoglio e guardò Glass come se volesse incenerirla con lo sguardo. Sapeva essere impertinente mentre manteneva la calma. Quel giorno indossava una felpa viola a strisce con delle grandi orecchie da gatto. Stramba come sempre, pensò, soffermandosi sulle gambe sottili risaltate da pinocchietti neri e calze a strisce. Non si fermò sulle scarpe, ma erano anfibi. Da dove comprava simili orrori? Lycra fu sul punto di chiederglielo apertamente, ma vide Platino correre per il corridoio col fiato corto. L’aveva cercata e lei scoccò un’occhiata di fuoco a Glass, allontanandosi col suo fidanzato. Ancora per poco, si promise mentalmente, alla ricerca di qualcosa di meglio.
 
Piombo non avrebbe saputo dire quale potesse essere il peggiore evento che potesse capitargli. Trovarsi nel club dei metalli non era di certo il massimo delle sue aspirazioni . Essere un ingranaggio di una specie di pseudo gerarchia lo nauseava, ma esisteva di peggio, come assistere ai penosi tentativi di flirt di sua sorella. Piombo rifiutava pensare che fosse Nichel quella ragazza che pendeva dalle labbra di Stagno, che lo seguiva di nascosto per i corridoi  ( in quei momenti sembrava persino una stalker) o che tentava conversazioni che non approdavano a nessuna parte. Durante l’intervallo stava accadendo di tutto e lui? Non faceva altro all’infuori di guardare, torturando tra le mani una lattina di coca cola. Ecco l’arrogante pollo da strapazzo Stagno..
Aveva tutto firmato tranne un cervello funzionante, eppure i pensieri di Nichel erano stati venduti alla sua stupida figura. Lei a un tratto si era fatta più audace , sfiorandogli la spalla e sorridendo.
“ A quando la prossima festa?” rise.
No, di nuovo! Eccola a fare l’oca, a vestirsi di blu solo perché era il colore preferito del pollo. Forse era perché rappresentava il cielo che non avrebbe potuto raggiungere con quelle alette e il cervello limitato che si trovava. Un insulto ai galli, alle galline, ecco cos’era. Nichel poteva trasformarsi in qualcosa di simile. Piombo pregò di sparire piuttosto che assistere a un simile abominio.
“La festa è ogni giorno che il club è unito”.
“Stronzata” avrebbe voluto urlare Piombo .
Ogni volta che qualcuno annullava la propria identità era festa per il club. Era confinato in quella situazione, prigioniero di un modo di vestire che non gli apparteneva e all’apparenza ostentava indifferenza. Non riusciva a dire apertamente ciò che pensava. Era già mediocre in tutto, ma in quello era scarso. Tratteneva ogni goccia di emozione in petto e il tutto si accumulava in attesa di esplodere. Lui era una bomba a orologeria e nessuno ne era consapevole. Meglio! Se fosse mai giunto il giorno, sarebbe esploso, compiendo una strage di orgogli feriti. Era costretto a guardare sua sorella che seguiva Stagno adorante.  Ecco la fregatura dell’amore, l’accecamento totale. Piombo augurò a se stesso di non innamorarsi mai. I suoi profondi occhi grigi erano fissi su sua sorella.
“Nichel, allontanati da quella testa di cazzo” pregò mentalmente.
Sarebbe stato troppo bello se l’avesse fatto, pensò, provando un senso di amarezza. Lo sguardo di Stagno era orgoglioso e altezzoso. Era come un rapace che aveva fatto precipitare la preda nel suo stomaco, con i suoi occhi piccoli e maligni, quasi gialli.
“Nichel, sai che non si parla altro che di Legno e di quello sfigato… mi pare che si chiami Foam. Devo ammettere che i suoi gusti siano diventati orribili, non trovi?  Arrivare al punto di innamorarsi di un ragazzo, la cosa mi disgusta. Non la capisco e non la voglio nemmeno immaginare”.
Una smorfia fece capolino sul viso di stagno. Nichel inclinò la testa. Aprì le labbra per parlare, ma senza che fuoriuscisse alcun suono. Piombo ebbe un tremito e per poco non tirò un pugno rabbioso contro il muro. Chi si credeva di essere per giudicare Legno? E anche se fosse stato vero? Che male c’era? Aveva la fortuna ( sfortuna dal suo punto di vista) di amare. Avvertì una morsa al cuore. Dopotutto si trattava di Legno. Anche se si era allontanato dalla sua vita, rimaneva il suo amico. Come si permetteva quel verme di insultarlo?
“Poi” aggiunse malignamente l’infido occhi gialli “ Legno e la normalità non sono mai andati d’accordo. Mi dispiace persino per la povera Leather. Si è realizzato uno dei peggiori incubi di una ragazza: essere respinta da un ragazzo che è gay. Che colpo basso..”
Nichel lo guardava, annuendo meccanicamente. Piombo si chiese in quale luogo sperduto della Terra fosse finito il suo cervello. Avrebbe ingoiato l’ennesimo boccone amaro. Se fosse stata un’altra persona, sicuramente migliore, avrebbe interrotto quel momento ( che era tutto tranne che romantico) e avrebbe rinfrescato le idee a nichel ( e non con un Kinder Pingui). Attese che il loro discorso all’apparenza infinito terminasse per poter parlare con sua sorella, ma lei sembrava con la testa altrove.
“Nichel, da gran mediocre che sono ti posso consigliare di lasciar perdere” mormorò.
Avrebbe voluto aggiungere : “ Lui non ti merita. Hai bisogno di meglio”, ma le parole si dibattevano nella sua mente, come un martello pneumatico.
“Piombo, non puoi capire. Non sai cosa si prova”.
Nichel sospirò afflitta e si diresse verso la sua aula,  mentre Piombo strinse i pugni.
Forse è vero, ma non voglio sforzarmi di capirlo. So solo che il tuo interesse per Stagno ti sta rovinando.
Con quel pensiero fu costretto a distogliere lo sguardo e l’attenzione da lei. Per qualche altra ora avrebbe dovuto spegnere le sue emozioni.
 
Tornarono insieme a casa, pranzarono con ciò che i loro genitori avevano lasciato in frigorifero. Da quando non mangiavano tutti insieme? Sembrava un’eternità e lo sguardo di Nichel era perso nel vuoto. Le sue labbra non riuscivano a inarcarsi in un sorriso, i suoi occhi parevano vuoti e distratti, come i suoi discorsi. Il viso era in preda a emozioni intense e sembrava sul punto di piangere. Piombo sospirò, mentre lasciava i piatti nel lavandino.
“Nichel, non pensarci. Stagno…”
“Non ti merita”.
Quelle ultime parole morirono in gola. Pulì il tavolo con foga, riversando la sua rabbia in quella semplice azione. Nichel lo guardò come imbambolata. Quando si trattava di Stagno, lei non appariva molto diversa da una bambola: occhi che apparivano più grandi, vitrei, vuoti , stregati e la labbra socchiuse come se fosse pronta a parlare.
“Devo lasciare perdere. Non lo dici, ma so che non hai in testa altro”  Nichel si alzò dalla sedia e sospirò.
Era come se tentasse di darsi un contegno. Era strano parlare in cucina da fratello e sorella senza trincerarsi subito nelle proprie stanze. Piombo aveva l’inquietudine nello sguardo. Era come una tigre chiusa in gabbia, che molti avevano cercato di ammaestrare. Ogni traccia del look che il club aveva definito “ anormale” era scomparsa, ma non la ribellione che lui covava nel petto. L’unico segno visibile era nei capelli, che seppur più corti di prima, coprivano in parte la fronte e ricadevano spesso lungo il viso. La verità era che non erano abbastanza corti per gli “standard” del club, ma Nichel taceva. Dopotutto era suo fratello, non la marionetta di qualcuno, anzi lui stava facendo tanto per lei.
“Sai che ti dico? Non posso farlo. Stagno mi piace da morire”.
Piombo rimase pietrificato dalle sue parole. Non stava già perdendo abbastanza tempo e energia per un sentimento non ricambiato? Era inutile: una smorfia addolorata e allo stesso tempo infastidita affiorò sul viso di Piombo.
“Non puoi capire” aggiunse Nichel “ Non hai amato davvero qualcuno”.
Piombo si morse le labbra. Se avesse aumentato la pressione, avrebbero iniziato a sanguinare. Era vero, non poteva contraddire sua sorella su quel punto. Non sapeva se essere contento o meno, ma fu certo delle parole che sgorgarono dalle sue labbra, come un fiume in piena.
“Che merda innamorarsi! Mi auguro che non mi capiti”.
Sottolineò ogni parola con disprezzo. Se innamorarsi fosse stato supplicare attenzioni sotto lo sguardo indifferente della persona amata, per lui sarebbe stato troppo da sopportare. Nichel lo guardò, gli occhi che si fecero grandi per lo stupore. Piombo non le era mai sembrato così sicuro come su quel punto.
“Forse se ti innamorassi, capiresti. Non sottovalutare il karma, fratellino”.
“Come pensi che me la farebbe pagare? Ho pagato abbastanza per altro”.
Nichel fu costretta a sorridere mestamente. Di nuovo quel discorso che voleva fare capolino.. sospirò e quel sospiro le parve durare un’eternità. Piombo evitò di guardarla: ecco che di nuovo sfogava le sue frustrazioni sull’unica persona in grado di comprenderlo. C’erano i loro genitori che spesso erano fuori per lavoro, ma quando tornavano a casa era una specie di terzo grado. State facendo i compiti? E i voti? È importante il vostro futuro? Inoltre non mancava quel “ Piombo, non c’è proprio qualcosa che ti piace?”. Equivaleva a dire: “C’è qualcosa di scolastico e utile nella vita che ti interessa, così potrai trovare un buon lavoro, pregando che la disoccupazione si plachi come piaga del terzo millennio?” .
 Lui fingeva un interesse per qualche materia a scuola, che scemava dopo qualche scambio di parole. Come spiegare a soli sedici anni che non sapeva cosa fare della propria vita, che forse era pure presto per pensarci? Nichel, di un anno più grande di lui, non subiva quella stessa pressione. Troppe pretese su di lui, come se tutti aspettassero grandi risultati. Cosa? Alla fine era solo la persona mediocre che riempiva le sue giornate con la musica, hobby inutile, a detta di sua madre. Suo padre lo trovava piacevole, nient’altro. Nessuno capiva come potesse amare quel semplice stare rinchiuso nella sua stanza, imbracciando la sua chitarra e lasciandosi trasportare dalle note, dai movimenti delle dita che ogni giorno diventavano più agili. Nichel si isolava con le cuffie e lui trovava la sua pace da solo, perché c’era qualcosa oltre la routine, di un grigio smorto, forse non molto diverso dai suoi occhi. La seguiva, svegliandosi ogni giorno senza gioia, perché si sentiva una macchina senza volontà, sballottata tra un “ puoi fare meglio “   e il  “ non è abbastanza”.  Avrebbe amato? Non credeva. Il cuore gli sembrava esplodere di rabbia. Si ripeteva di vivere orgogliosamente la sua vita, senza attendere nulla. Ogni giorno ladro gli rubava le emozioni migliori e ammazzava le sue speranze.
“Non è questione di pagare o meno” sospirò Nichel “Prima o poi arriverà il momento, ne sono sicura. Parlando d’altro… come va con la chitarra? Perché non provi a chiedere consigli a Legno? Non eravate amici?”
Piombo scoccò un’occhiataccia alla sorella, mordendosi le labbra. Era facile parlare per lei. Avvertì una morsa al cuore. Era stato proprio Legno a insegnargli come suonare la chitarra. Era stato spesso ospite a casa loro. Era il solito ragazzo all’apparenza burbero e scostante con tutti, eppure Piombo aveva conosciuto il suo lato migliore. Nonostante l’impazienza, era stato un ottimo insegnante e gli aveva fatto nascere una profonda passione per la musica: Piombo era certo che non si sarebbe separato dalla sua chitarra elettrica. Certo, c’erano stati momenti in cui aveva creduto di non essere in grado di combinare qualcosa di buono, ma il suo impegno faceva superare tutto.
“Fantastico quell’assolo! Forse un giorno riuscirai a farlo anche tu”.
Forse Legno era l’unico che l’avesse incoraggiato senza pretendere nulla da lui. Ciò che Legno aveva preteso era solo che lui smettesse di svalutarsi  e continuasse a suonare, perché secondo  il suo amico era un diamante grezzo e poteva andare davvero avanti nel campo.
“Continuo a suonare come al solito, Nichel, ma sai che io e Legno non siamo più amici, quindi non abbiamo  nulla di cui parlare”.
Dichiarare quel dato di fatto fu come una coltellata per lui. Quanto sarebbe andata a fondo la lama? In fondo la colpa non era stata di nessuno. I genitori di Legno si erano separati e lui si era chiuso in se stesso. Piombo si era sentito inutilmente in colpa, mentre Legno si era allontanato da tutti. Era accaduto fin troppo rapidamente e in cuor suo Piombo si sentiva sprofondare all’idea che non potessero riprendere a essere amici.
“Piombo, scusa è che.. dai , farai nuove amicizie”.
“Nichel” lo sguardo del ragazzo sembrava il più duro dei rimproveri “ Non sono il tipo e quelli del club per me sono solo nemici. Stagno è il peggiore”.
Non aggiunse altro. Si era esposto fin troppo. Nichel fu sul punto di parlare, ma le sue labbra rimasero sigillate. Chi tace acconsente, si sa, ma in realtà non sapeva come protestare…
 
 
Lan aveva un sorriso larghissimo stampato in volto. Paper la guardò come stregato. Lan era allegra di suo, ma quella sera era più spensierata del solito. In quel poco tempo libero che le restava tirava fuori la sua Nikon dalla borsa, contemplando le foto scattate ad Halloween.
“Che belli” sussurrò esaltata, guardando Paper “ E di certo Foam e Legno non si aspettavano di essere ripresi mentre ballavano. Ammira gli sguardi, Paper! Sono meravigliosi. Sembra che si vogliano raccontare fin troppe cose e sono intensi, un perfetto quadro. Loro..”
Il suo sorriso si allargò sempre più. Avrebbe urlato al mondo intero che Foam e Legno erano la perfezione insieme.
“Paper, devo dirlo” gli sussurrò quelle parole all’orecchio “ li inserirò nella mia ship note. Per fortuna è qualcosa di tenero, a differenza di un Death note*1”.
Paper la guardò e si trovò a sorridere. Il suo famoso quaderno: non esistevano coppie etero in quel lungo elenco per cui lei impazziva.
“Lo farei pure io , se ne avessi uno.. forse”.
A Paper quelle parole costarono uno sforzo immenso. Lan alzò le spalle, soddisfatta, con l’aria di aver vinto una scommessa.
“Anche tu li vedresti bene insieme” le labbra si inarcarono in un sorriso.
A Paper parve che lei emettesse un’aura colorata, con cuori  e arcobaleni. Mancavano solo gli unicorni danzanti. Gli occhi le brillavano e apparivano ancora più accesi e vivaci del solito. Dopo qualche secondo si spalancarono dallo stupore alla vista di Legno. Era ancora immobile, pietrificata, con la Nikon in mano..
Doveva adottare il linguaggio segreto della sua categoria. Rise, guardando Paper.  
“È inutile, loro sono la mia otp. Li shippo troppo, Legno assolutamente come seme e Foam uke fino al midollo”.
Paper annuì. Lan era sicura che né lui né Legno avessero compreso le parole che aveva usato. Paper sospirò: come al solito doveva fingere con quell’aria da “ non so  nulla”. Legno restò per qualche istante come pietrificato e scosse la testa.
“Non parlare arabo con me”.
Si allontanò da lei, ma solo per scacciare quei pensieri. Scosse nuovamente la testa, ma non riusciva a eliminare del tutto quella immagine che aveva nella mente: baciare le morbide labbra di Foam, violare la sua bocca con la lingua, toccare ogni centimetro di quella pelle candida, assaggiarlo e toccarlo fino a perdere consapevolezza del tempo. Si morse le labbra. Che sciocco che era! Doveva mettere a tacere i suoi pensieri e la voce di quella strega dai capelli rossi. Avrebbe voluto udire, invece, quella di Foam, che magari lo supplicava ancora. Quella voce dolce come miele: anche le sue labbra lo sarebbero state altrettanto?
“Poi immagina..”
Non era abbastanza lontano da Lan per estraniarsi dal discorso che lei stava facendo con Paper. Teneva la voce bassa, ma non era difficile comprendere di cosa stesse parlando. La stessa ragazza che dichiarava di amare i peluche e le cose carine stava sussurrando qualcosa di perverso a Paper.
“Immaginateli contro un muro le loro lingue che si intrecciano. Non desiderano altro che spogliarsi: lo farebbero già con lo sguardo”.
Si interruppe, anzi finse di farlo, recitando la parte di chi si vergogna come un bambino sorpreso a rubare marmellata, ma lei non provava vergogna per così poco. Occorreva decisamente altro. Aveva taciuto le parti più interessanti della sua fantasia. Paper la stava ascoltando attentamente, pendeva dalle sue labbra, mentre snudava le labbra in un sorriso. Gli piaceva davvero ciò che aveva immaginato su Foam e Legno? Lan era ancora più desiderosa di proseguire.
“Foam farà pure il santarellino, ma in fondo vorrà sentire la consistenza mascolina di Legno”.
Paper annuì. Lan era contenta del fatto che non obiettasse. Forse non era così improbabile che diventasse suo alleato in futuro. Riprese la sua Nikon, rivedendo le foto scattate ad halloween. Legno le scoccò un’occhiataccia.
Smettetela di fare gli idioti.
“Quella mano sul fianco sembra voler dire lui è mio. Lo vuole tenere ancora più stretto, vuole possederlo e lo sguardo conferma”.
Paper sorrise.
“Non sembra anche a te che per quanto timido, Foam lo stia spogliando con gli occhi?” suggerì sfacciatamente .
“Consistenza mascolina” ripeté Lan “ Foam è tenero, ma come Legno sarà nuovo di questo mondo, solo che Legno non gli resisterà”.
Il diretto interessato sbuffò rumorosamente, continuando a scuotere vigorosamente la testa.
“Volete lavorare o no?”
Lan ridacchiò e scoccò un’occhiata eloquente a Paper, che colse la palla al volo.
“Imbarazzato” farfugliò Lan “ ma non vuole ammetterlo. Gli stiamo mettendo a nudo l’anima”.
“Scusate”.
Una voce li fece sobbalzare, e persino Legno si voltò. L’avrebbe riconosciuta ovunque, anche se non conosceva così bene la proprietaria, che si schiarì la voce.
“Non per interrompere i vostri bei discorsi, ma vorrei un altro frullato alla fragola”.
Mercurio stava studiando il gruppo con interesse, ma aveva l’aria seccata. Le dita tamburellarono nervosamente sul tavolo, mentre le labbra si stirarono in una specie di sorriso. Fece guizzare lo sguardo sulla schermata del cellulare, poi su Lan.
“Tranquilla, arriverà subito”.
Lan le regalò un sorriso a 32 denti. Legno guardò Mercurio come se volesse parlare, ma fu lei a prendere la parola.
“Qui qualcuno si sta innamorando, a differenza mia” suggerì con un sorrisetto.
Legno le scoccò un’occhiata eloquente, che voleva essere ostile, ma Mercurio sorrise con amarezza.
“Ti invidio, sai? Io non so innamorarmi e non saprò come farlo. Sai che ti dico? Per me non è importante”.
Continuò a tamburellare le dita sul tavolo, mentre si guardò attorno. Legno non seppe cosa dire. La ragazza aveva udito il discorso precedente, comprese le parti sul seme, sull’uke e le fantasie di quella pericolosa squadra formata da Lan e Paper e il tutto mentre consumava rabbiosamente il primo frullato alla fragola. Adorava i frullati, ma ancora di più le fragole intere. Nella sua mente stava già imboccando la ragazza dei suoi sogni,  passando le dita sulle labbra che immaginava morbide come velluto, mentre i loro sguardi erano allacciati. I suoi occhi si stavano perdendo nel rincorrere quella fantasie. Le seccature la stimolavano fin troppo.
“Mercurio”.
Legno la chiamò e lei scosse la testa, come a voler gettare quella fantasia in un abisso di pensieri cupi. Non riusciva a scrollarsi di dosso i rancorosi sms della sua ex, Taffettà, che in fondo era così diversa dalla sua ragazza ideale e davanti ai suoi amici aveva nascosto la sua omosessualità. Odiava così tanto le persone senza palle…
Avrebbe voluto che sparisse e basta, le sue parole echeggiavano nella sua testa e non apparivano così diverse da una maledizione.
“non saprai innamorarti di nessuno. La solitudine ti sta bene come compagna”.
Quante cattiverie aveva pronunciato quell’arpia? Come aveva potuto trovare attraenti quelle labbra che si aprivano solo per sottolineare solo i suoi difetti, dipingendola come una specie di despota egoista?
“Che c’è?” mormorò, sbuffando.
“Sei strana. C’è qualcosa che non va?”
“Tu sei strano, invece. Ti importa di come sto?”
Alzò la testa con orgoglio e strinse la mano a pugno.
“Dovrei chiederlo a te, Legno. Io non ho bisogno dell’aiuto di nessuno.  La solitudine è la mia migliore compagna, sai?”
“Credevo anch’io che fosse quella la verità” mormorò Legno.
Un’ombra passò sul suo volto, ma non ebbe il tempo di proseguire che Lan arrivò a passetti felpati, portando il secondo frullato di fragole.
“Grazie”mormorò Mercurio, poi guardò Legno “ L’hai creduto perché ammettere la verità su ciò che si sente è scomodo. Ad esempio io dico ciò che penso. Lan, non mi piaci, ma sei gentile e simpatica. Le tue fantasie su Legno fidanzato non sono male”.
“Ne sono lusingata” commentò la diretta interessata “ Legno ha diritto a un po’ di felicità e anche tu”.
“Felice è una parola che suona strana per me”.
Mercurio fece un sorriso tirato, mentre iniziava a sorseggiare il suo secondo frullato alla fragola. Legno la guardò con un’ammirazione mista a qualcos’altro. Era compassione? Dietro quello sguardo deciso, nascondeva un’amarezza che tentava di colmare in un’overdose di zucchero. Era sicuro che non sarebbe bastata.
 
Obbligatori scleri post capitolo: mi dispiace di non essermi fatta viva per molto tempo, ma l’università mi aveva ucciso l’ispirazione. Perdonatemi..
*1 vi piace più lo ship note o il Death note?
Cosa ne pensate? Ho fatto di nuovo comparire Mercurio, ma il mio amore è per Piombo. Non ci crederete, ma è il mio personaggio preferito e nel corso di questa avventura vi rivelerò il perché oppure lo scoprirete. 

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Capitolo 14
*** La corsa delle voci ***


Foam avvertì una fitta intensa allo stomaco. Non era una star, eppure sembrava letteralmente scortato: le sue guardie del corpo erano Legno e Cart. I due cugini si guardavano con aria di sufficienza e sembravano voler farsi a pezzi a mani nude. Legno gli afferrò una spalla e la sua presa era salda e dolorosa. Stava per sbriciolarlo? Lo guardò, tremante. Era da poco guarito dalla febbre e voleva essere in piena forma per il futuro. Nonostante ciò, sentì le gambe molli a quel tocco.
“Cart, dobbiamo andare”.
Il tono di Legno non ammetteva repliche. Sembrava che attorno a lui l’aria fosse gelida. Il cugino lo squadrò dall’alto in basso, mentre fingeva di togliere una piega dalla sua giacca di jeans.
“Quanta fretta di andare a scuola” commentò sprezzante  “Foam, questo cattivone ci sta separando e mi dispiace molto”.
Un fremito percorse la spina dorsale di Foam quando Cart si chinò verso di lui, stampandogli un bacio sulla guancia. Per poco Foam non lanciò un gridolino. Si scostò rapidamente, indietreggiando di qualche passo, tenendosi la guancia come se fosse stata ferita da quel contatto inaspettato.
“Cart, lasciami” mormorò “ Non mi piacciono certe cose”.
Il suo viso era rosso come una ciliegia matura e Legno non seppe come interpretare quell’imbarazzo. Era solo certo che fosse un buon motivo per assestare un ceffone a Cart.
“Senpai” Foam farfugliò timidamente quella parole “ Va tutto bene”.
Gli sfiorò un braccio, ma Legno era tutto un tremito. Era pronto a scattare verso Cart e quel giorno indossava anche dei bracciali borchiati dall’aria non affatto innocua.
“Cart, non permetterti di toccare Foam di nuovo” sbottò Legno, facendo un respiro profondo.
Doveva controllare la sua rabbia. Come al solito lo stava soffocando e opprimendo.
“D’accordo, ma se lui lo vorrà, non potrò farci niente. Non gli dirò di no”.
Cart alzò le spalle, stringendo a fessura gli occhi color vino e salutò Foam con un cenno della mano.
“Io voglio solo ricominciare con serenità la scuola” confessò Foam poco dopo, rivolto a Legno.
“L’hai detto pure tu, va tutto bene” lo rassicurò Legno.
In realtà andava tutto male, constatò Foam poco dopo. Al loro passaggio la gente bisbigliava qualcosa: all’ingresso della scuola, per i corridoi e vicino ai distributori. La loro presenza portava scompiglio: qualcuno li indicava e c’era chi ridacchiava. Foam avrebbe voluto nascondere la testa nel petto di Legno e dimenticare gli sguardi che sentiva addosso, come pistole pronte a sparare. Ammirava, invece, il totale menefreghismo di Legno, che camminava come se niente fosse, anzi gli afferrò il polso in una stretta molto salda.  Foam finse di non notare quel gesto, ma non poteva non accorgersi che tutti li stavano fissando.
“Aiuto” mormorò con un filo di voce.
“Le persone non sanno fare altro che giudicare. Non te ne deve importare”commentò seccamente Legno.
Foam finì col fissare i suoi stivali che parevano scivolare sul pavimento.
“Ehi, Foam.. devo dirtelo”.
Alzò lo sguardo per incontrare degli occhi che gli parevano familiari. Impiegò qualche secondo per realizzare che si trattava di Faux. Aveva un aspetto diverso dal solito. Al posto di essere raccolti in trecce, i capelli erano sciolti e come colore ricordavano quelli di Leather. Inoltre c’era un fiocco rosso con fermaglio a intrecciarsi a quella chioma mossa e folta.
“Ti ammiro” confessò lei poco dopo.
Fu tentata di prendergli le mani, ma si fermò a osservare la stretta di Legno. Un sorriso aleggiò sul suo volto come non accadeva da tempo. A Foam sembrava davvero così differente dalla solita ragazza insicura che poteva stare solo a subire i giochi della malasorte e di cattive compagnie.
“Perché?” domandò Foam “ Non abbiamo fatto nulla di particolare”.
“Invece sì. Vi amate, nonostante le voci che circolano in giro. Al vostro posto qualcuno cercherebbe di nascondersi, ma voi no..”
“Ehi, Faux.. d-di cosa stai parlando?”
Foam era come pietrificato dalla ragazza che aveva davanti.
“Vi state tenendo per mano, più o meno. È evidente. Poi ti ammiro, Legno. Sei forse l’unico che sia riuscito a resistere al fascino di mia sorella”.
Legno volle replicare qualcosa. A differenza di Foam, che si era assentato per poco più di una settimana da scuola, conosceva fin troppo bene la situazione, come la corsa incessante delle voci.
“E poi grazie a entrambi” mormorò “ Non ve l’avevo detto, ma l’ho capito guardandovi: devo smettere di vivere all’ombra di Leather. Qualcosa sta aspettando anche me, spero il meglio”.
Sorrise  ( davvero Faux sapeva sorridere? Legno se lo chiese) e raddrizzò gli occhiali sul naso.
“In realtà come Glass speravo che vi fidanzaste. Al diavolo il fatto che siete due ragazzi..”
“In realtà” Foam avrebbe voluto spiegare la situazione, ma non ci riuscì.
La presa di Legno sul suo polso divenne una specie di tenaglia. Arrossì vistosamente. Lui e Legno non stavano davvero insieme. Possibile che nessuno volesse capirlo? Legno avrebbe dovuto spiegarlo e poi.. arrossì ancora al pensiero.
“Magari ci becchiamo all’intervallo o da qualche altra parte” disse Faux, salutando entrambi con un cenno della mano.
Foam fece un profondo sospiro, mentre avvampava in volto.
“S-senpai, perché non gli hai spiegato che non stiamo insieme?”
“Non c’è niente da spiegare” rispose enigmaticamente Legno .
Foam si mordicchiò le labbra. Come si poteva pensare che fossero fidanzati?
Accidenti, siamo due ragazzi.
Sentì una morsa al cuore: era imbarazzato da morire. Quel disagio non sparì nemmeno quando si sedette vicino a Iron. Erano migliori amici e compagni di banco. Sarebbe andato tutto bene? L’avrebbe aiutato a sgarbugliare i suoi pensieri annodati. Era convinto che sarebbe andata così.
“Iron, come è andata senza di me?”
Sciolse le labbra in un sorriso sincero, ma l’amico non sembrava in vena di ricambiarlo.
“C’è qualcosa che non va?”
La voce parve tremolare, ma l’amico era come un blocco di marmo. Foam trasse un sospiro, guardando la finestra. Era forse quel cielo scuro a mettere tristezza,in particolare quelle nuvole nere come corvi? Deglutì rumorosamente, fingendo di mettersi alla frenetica ricerca di qualcosa nello zaino.
“Sono contento che tu sia guarito” annunciò lapidario Iron  “ ma il compito di matematica è vicino”.
“Grazie per l’avviso” farfugliò Foam poco convinto.
Doveva assolutamente riprendere a studiare e al pensiero di dover dedicarsi a una delle materie che più detestava già gli scompigliava lo stomaco. Foam sospirò nuovamente prima di tirare fuori il quaderno, penna e diario dallo suo zaino. Iron studiò i suoi movimenti: sembrava contrariato da ogni cosa. Perché si comportava così? Foam se lo domandò, mentre si sentiva assalire da un’ondata  di malinconia. La giornata stava per iniziare nel peggiore dei modi. Il suo sguardo rimase fisso sul diario . ne sfogliò distrattamente qualche pagina, fino a quando non si fermò a una in particolare. Era lì, più reale che mai, il ritratto di Legno. Era stato a lungo indeciso se archiviarlo come un insuccesso e buttarlo oppure concedergli un’altra possibilità. Era stato il cuore che accelerava troppo al pensiero che a Legno era piaciuto davvero, tutta colpa di quelle emozioni che lo facevano impazzire e lo turbavano profondamente. Il ritratto era ancora lì, incollato sul suo diario. Iron non mancò di notarlo.
“Foam, è tuo?”
Quasi esitò a chiederlo. In passato sarebbe stato una domanda retorica. Ormai la risposta non era poi così scontata.
“Ecco” Foam esitò appena “sì”.
“ È decisamente Legno” Iron fissò a lungo il ritratto “ Wow, lui è riuscito dove io e Plexi abbiamo fallito”.
“Non avete fallito” Foam agitò le braccia come se tentasse di scusarsi “In realtà è stato un momento, poi  non sono riuscito più a disegnare”.
In fondo non era vero, stava mentendo a se stesso. Che bugia da quattro soldi!”
“Dovresti riprendere. Senza di noi riesci a fare tutto meglio”.
“Iron, perché dici così?”
Il ragazzo si rabbuiò, senza rispondere. Foam si sentì sprofondare in quel silenzio. Iron appariva freddo e ostile come non lo era mai stato. L’amico era sicuro di non aver fatto nulla per meritarlo.
Foam sgranò gli occhi per la sorpresa, ma nella sua mente domande sgomitavano in cerca di risposta. Cercò di parlare con Iron, ma lui pareva distante anni luce. Si era perso qualcosa durante la sua assenza? Quei sussurri maligni, Iron così gelido nei suoi confronti: cosa aveva fatto? Avvertì una fitta allo stomaco e un cocente senso di colpa. Non si azzardò a domandare come stesse Plexi: a giudicare dall’occhiata che gli lanciò, Iron sembrava poco desideroso di fornire una risposta. D’altra parte Plexy non si fece vedere nemmeno all’intervallo, nonostante Foam fosse sicuro di averla intravista vicino ai distributori, il volto marcato da un’ombra di tristezza. La gente non smetteva di spettegolare al suo passaggio. Una pacca sulla spalla da parte di Legno e il suo sorriso incoraggiante lo rassicurarono, anche se avrebbe voluto porgli molte domande. La più importante era : “Perché non fai nulla per smentire le voci su noi due?”.
Sarebbe stato semplice e non solo a parole. Legno avrebbe dovuto evitarlo un po’, in modo da provare che entrambi non erano gay.
“Che giornata di merda” pensò Foam con un  sospiro.
Si sentiva tremendamente solo e persino il suo migliore amico gli sembrava così ingiusto nei suoi confronti. Gli ricordava solo quanto fosse vicino il compito di matematica. Voleva solo tornare a casa e trattenersi dal piangere. Il tempo che mancava alla fine di quella giornata era come quello prima del termine di un’insopportabile pena, ma poi ci sarebbero state quelle voci che l’avrebbero perseguitato di nuovo. Quando suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni, da un lato si sentì sollevato, dall’altro era consapevole di dover affrontare altri strazianti minuti prima di poter tornare a casa.
“Ehm, a domani, Iron” farfugliò.
Iron lo salutò appena con un cenno, Foam corse per i corridoi, nel timore di inciampare. I suoi amati anfibi bianchi rischiarono di farlo cadere disteso, vittima dello scherno altrui. Il tragitto fino al cancello gli parve interminabile e le sue gambe troppo corte per percorrerlo in poco tempo.
“Ehi, principessina! Dov’è il tuo cavaliere? Ah, Legno-senpai”.
La voce di Gold gli provocò un’ondata di nausea.
“Devo andare”.
Foam tenne la testa bassa nel tentativo di dileguarsi rapidamente, ma Gold non era solo. C’era anche il suo fratello mancato vestito quasi totalmente D&G Silver e  Leather,  con le labbra piegate in un sorriso perfido.  Sembravano usciti da un catalogo di modelli o da un telefilm.
“Foam, dovresti farti delle domande” ridacchiò Leather  “ Secondo te perché Legno mi avrebbe… rifiutata?”
Mormorò con una smorfia l’ultima parola. In fondo la sconfitta le bruciava ancora e avrebbe dovuto sfogare in qualche modo il suo rancore. Si guardò le mani, le labbra piegate in un sorrisetto arrogante.
“Semplice, Leather. Sei una stronza sfruttatrice”.
Gli occhi della ragazza rimasero sgranati dallo stupore. Era come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso. Gold e Silver emisero un fischio prolungato, ma nemmeno si aspettarono la reazione di Legno, che afferrò saldamente un braccio di Foam e camminò a grandi passi, allontanandosi da loro. Gold e Silver non erano gli unici a essere rimasti a guardare: la scena aveva avuto un certo pubblico, compresi Iron e Plexi. Lei istintivamente si strinse a lui, in cerca di conforto: non voleva piangere, non di fronte ad avvoltoi pronti a ferirla. Un’altra spettatrice che decise di uscire dall’ombra fu Glass. I suoi lunghi e fluenti capelli chiarissimi furono sollevati dal vento, mentre si fece spazio tra la folla a quelli che parevano passi di danza. Dopo qualche secondo le sue ballerine nere toccarono il pavimento con grazia. Un largo sorriso increspò le sue labbra, mentre con un rapido gesto sistemò gli occhiali sul naso. Non molto lo sapevano, ma significava che stava per perdere la pazienza.
“Dovevamo fermarli” commentò con disprezzo Gold “ Questa scema è rimasta come uno stoccafisso alle parole così dolci di Legno, eh?”
Ancora una volta l’orgoglio di Leather fu ferito dalla stessa persona: imperdonabile, ma avrebbe affrontato gli sguardi di chi la giudicava. Rimaneva comunque la ragazza più affascinante della scuola. Con una smorfia colma di odio cercò di mettere insieme i pezzi della sua dignità. Poco dopo udì la risata di Glass, un suono a dir poco agghiacciante per le sue orecchie.
“Non li fermerete, sapete? Sta accadendo”.
Gold e Silver rimasero come pietrificati da quell’affermazione. Si guardarono con aria interrogativa, mentre il sorriso di Glass si amplificava sempre più, spiccando come un urlo nel silenzio.
 

Angolo dell'autrice: sono imperdonabile! Non scrivevo da una vita, per colpa dello stress universitario, poi c’è stata una briciola di vacanze e tra poco riprenderò l’orribile routine. A parte questo, rimango davvero imperdonabile, ma spero con tutto il cuore che questo capitolo vi piaccia e siate curiosi di come si evolverà la situazione tra Foam e Legno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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