Le Cronache di Narnia La storia vista dagli occhi di Vera Volume III

di Stella Dark Star
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un quarto alle undici ***
Capitolo 2: *** Viaggio di nozze anticipato ***
Capitolo 3: *** L'incidente poco regale ***
Capitolo 4: *** Voglia di fragole ***
Capitolo 5: *** I sette Lord ***
Capitolo 6: *** L'isola dei mercanti di schiavi ***
Capitolo 7: *** Nuova missione contro il male ***
Capitolo 8: *** La diabolica paradisiaca tentazione ***
Capitolo 9: *** Il sogno diventa incubo ***
Capitolo 10: *** Tale padre tale figlio ***
Capitolo 11: *** La fanciulla azzurra ***
Capitolo 12: *** Appello alle ultime forze ***
Capitolo 13: *** L'orologio tanto bramato ***
Capitolo 14: *** Il profumo della felicità ***



Capitolo 1
*** Un quarto alle undici ***


Capitolo 1
Un quarto alle undici
 
L’incanto delle foglie rosse che si staccano dai rami, che volano trasportate dal vento autunnale, che accarezzano i muri delle case o l’asfalto della strada, che creano magici giochi di luce sotto i raggi del sole e figure inquietanti  nell’ombra, sono uno spettacolo non solo per i poeti che s’ispirano né per i bambini che ci giocano né per gli innamorati che ne vengono dolcemente investiti passeggiando né per gli anziani che le guardano seduti sulle panchine del parco, ma sono uno spettacolo anche per una giovane sposa che, in attesa di andare in chiesa, se ne sta di fronte alla finestra con addosso solo la sottoveste per ammirare quella danza naturale.
“Vera, vieni a sederti di fronte alla specchiera, così posso acconciarti i capelli.”
Mi voltai sorridente verso Lucy, che mi attendeva tenendo la spazzola in mano.
“Oh, scusami Lucy. Sono così belle le prime foglie d’autunno!” Mi sedetti sullo sgabello reso comodo da un cuscinetto e attesi che la mia futura cognata iniziasse a pettinarmi.
“Per caso ha telefonato qualcuno?”
Rise sotto ai baffi: “Ma dove hai la testa? Il telefono non ha suonato, altrimenti lo avresti sentito anche tu.”
“Hai ragione! Sono un po’ distratta.”
Presi una fragola dalla ciotola che avevo di fronte, guardando la scatolina contenente le roselline di seta che Lucy mi avrebbe messo tra i capelli.
Pettinò solo i capelli sul capo, stando molto attenta a non sfiorare i boccoli della lunghezza: “Come mai ultimamente hai così tanta voglia di fragole?”
Per poco non mi andò di traverso la fragola: “Ehm, non saprei. Perché?”
“Così per sapere. Mi dispiace solo che, con i tempi che corrono, si fatichi molto a trovare certa frutta e certi ortaggi! Anche se la guerra è finita ci vorrà molto tempo prima che la vita torni quella di prima.”
Misi in bocca un’altra fragola, pensierosa, e dopo averla mangiata dissi: “Lo so, Lucy. Lo so.”
 
Nella mia mente ripensai a tutto quello che era accaduto negli ultimi due anni. Peter era partito, proprio come aveva detto, per andare in America. Le sue speranze di pilotare subito un aereo da combattimento furono infrante sul nascere, poiché suo padre aveva fatto di tutto per tenerlo sotto la propria ala protettrice e fece in modo che l’addestramento durasse più di un anno. Anche in seguito, Peter partecipò solo a qualche spedizione di minore importanza, dove il pericolo più grande era che il motore dell’aereo andasse in avaria per cause tecniche. Praticamente non aveva visto nemmeno l’ombra di un tedesco o di un giapponese. Chiunque si sarebbe sentito fortunato, invece lui si sentì inutile e chiuso in gabbia. Forse per questo, una volta finita la guerra, decise di tentare la carriera di pilota professionista e di stabilirsi definitivamente in America.
Da quando era partito non l’avevamo più visto e tantomeno ricevemmo lettere da parte sua. Le tensioni tra me e Susan si intensificarono, poiché mi riteneva responsabile del fatto che il suo gemello non volesse mandarci notizie. L’unica consolazione fu che di lì a poco lei tornò a Londra da sua madre. La fortuna ci sorrise a tal punto che quando mia madre tornò a casa per il nuovo anno, una volta ottenuto il congedo, io potei riprendere la mia vita scolastica nella mia adorata Cambridge ed Edmund insieme a Lucy si trasferì momentaneamente a casa dei suoi zii che risiedevano nella stessa città. Nello stesso periodo, Susan e sua madre andarono in America. Il tempo passò lentamente e senza sorprese. A luglio io ed Edmund ci diplomammo, io in letteratura e lui in scienze sociali.
Al compimento dei diciotto anni di Edmund, dato che io li avevo compiuti in primavera ma avevo scelto di non fare festeggiamenti, decidemmo di organizzare una grande festa per entrambi, nella casa dove abitavo con mia madre. La guerra era finita appena tre giorni prima. Durante la festa, Edmund mi fece trovare un anello con diamante all’interno di un pasticcino al cioccolato e mi chiese di sposarlo.
Due mesi passarono davvero in fretta, grazie all’aiuto dei miei parenti,  i quali ci regalarono una piccola casa  in centro città, dove saremmo andati a vivere una volta sposati, e grazie ai famigliari di Edmund che avevano mandato un assegno perché si comprasse un’automobile. Edmund, per mantenere entrambi, aveva trovato lavoro presso un commissariato di polizia, dove svolgeva semplici mansioni come scrivere a macchina e riordinare l’archivio, iniziando in contemporanea un corso specializzato in investigazione. Per potermi sposare, decise perfino di convertirsi alla religione protestante, perciò ogni singolo sabato e domenica era impegnato con il catechismo e le messe. Io invece, che mi ero iscritta all’università, passavo le giornate tra la scelta di fiori e dolci per il matrimonio e lo studio dei libri di letteratura classica occidentale.
 
Lucy terminò il lavoro: “Ecco fatto! Ora puoi metterti il vestito!”
Mi aiutò ad indossare l’abito bianco, composto da una gonna di seta con sopra un velo di tulle, il corpetto ricamato in oro che aveva una generosa scollatura e le maniche allungate che mi coprivano gran parte delle mani. Stavo sistemando il tulle quando lei mi disse alle spalle: “Non ti muovere ora, per favore.”
Lasciai che terminasse ciò che stava facendo, senza muovere un muscolo.
“Perfetto! Vai a guardarti!”
Mi avvicinai allo specchio con molta curiosità e rimasi a bocca aperta nel vedere il velo che partiva a punta da sopra i capelli boccolati, per poi ricadere aperto lungo la gonna e terminare sul pavimento. Le roselline sparse sul mio capo erano in contrasto con la stagione, ma erano davvero graziose.
“Hai fatto una vera magia! Sei stata bravissima!”
Strizzò l’occhio: “Ehi, quando avrò terminato gli studi aprirò un salone di bellezza tutto mio!”
“Oh, se mi vedesse Edmund!”
“Tra poco sarai accontentata.  Manca un quarto alle undici.”
 
Edmund, di fronte alla specchiera della stanza che divideva con suo cugino, si stava sistemando il nodo della cravatta per la centesima volta. Si passò le dita tra i capelli, si lisciò i risvolti della giacca e sbuffò: “Perché sono così nervoso? Eppure non è la prima volta che mi sposo.”
“Come sarebbe a dire?”
Si voltò di scatto accorgendosi che suo cugino, un ragazzo della stessa età di Lucy, era nella stanza: “Eustace, che ci fai qui? Da quanto tempo sei nella stanza?”
Lui gli puntò il dito contro: “Non cambiare discorso. Di che parlavi prima? Sei forse bigamo?”
Edmund fece un’espressione schifata: “Non dire stupidaggini. Come ti salta in mente?”
“Allora cosa volevi dire, prima?”
“Volevo dire che…” Ci pensò un attimo, anche se aveva una gran voglia di dire che si era già sposato con me quando eravamo a Narnia: “Ho pensato così tanto a questo giorno che ormai credevo di essermi abituato all’idea di sposarmi.”
L’altro disse sospettoso: “Sì, potrei crederti. Ma se nascondi un segreto lo scoprirò presto.”
“Guarda che sono io quello che un giorno diventerà detective, non tu! E quando io diventerò famoso per le mie indagini eccellenti, tu sarai rinchiuso in una lugubre stanza in compagnia di quegli insetti morti che ti piacciono tanto.”
“Proprio perché mi piacciono sto bene in loro compagnia.”
Edmund cambiò discorso: “Ehi, non ha ancora telefonato nessuno? Ormai i miei genitori, con Peter e Susan, dovrebbero essere già arrivati. L’arrivo del treno era previsto alle dieci.”
Una voce femminile, proveniente dal piano terra, gridò: “Ragazzi, noi andiamo in chiesa! Tra qualche minuto partite anche voi!”
Eustace si affacciò alla rampa di scale: “Ok mamma! A dopo!”
Edmund aggrottò le sopracciglia: “Ma che ore sono?”
Il cugino guardò l’orologio da polso e sorrise sadico: “Un quarto alle undici.”
Edmund sospirò per placare l’agitazione: “Bene, dove sono le chiavi della mia auto?”
Eustace le tirò fuori dalla tasca dei pantaloni e le innalzò come un trofeo: “Eccole qui. E non ho nessuna intenzione di dartele. Oggi guido io.”
Scappò dalla stanza, subito seguito da Edmund che cominciò a gridare: “Non ti azzardare. Dammi quelle chiavi, Eustace. Guai a te se tocchi il volante.”

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Capitolo 2
*** Viaggio di nozze anticipato ***


Capitolo 2
Viaggio di nozze anticipato
 
Il telefono trillò acuto, rimbombando per la stanza invasa dal silenzio. Anche se in casa non c’era nessun altro a parte me e Lucy, che in quel momento era con me, mi affrettai a correre per agguantare la cornetta gridando: “Vado io!” L’accostai all’orecchio e con voce speranzosa dissi: “Pronto.”
La voce all’altro capo  rispose composta: “Vera? Sono io.”
Mi venne spontaneo un sospiro sdolcinato e un luminoso sorriso: “Eddy, amore! Cosa c’è?”
“Io sono qui in chiesa. Anzi, nelle stanze private del reverendo. Ti chiamo per dirti che gli altri non sono ancora arrivati.”
Cambiai subito tono: “Sai dove sono? Non dovevano arrivare alle dieci?”
“Sì, ma sembra che non ci fossero sul treno. Ho appena telefonato alla stazione.”
Neanche a dirlo, suonò il campanello della porta al piano di sotto. Lanciai a Lucy un’occhiata per farle capire di scendere a vedere. Lei capì al volo e corse via dalla stanza per andare ad aprire, allora io continuai a parlare al telefono: “Potrebbero averlo perso. Però se così fosse ci avrebbero avvisati. Dalla stazione o dal porto che sia.”
“Infatti non so cosa pensare. Non possiamo rimandare la cerimonia oltre le undici e venti, quindi se non arrivano…” Sospirò rassegnato: “E’ un bel problema perché il mio testimone è Peter. Francamente mi sto pentendo di averlo chiesto a lui.”
“Non abbatterti, amore.”
“In due anni di lontananza, l’unica volta che gli ho parlato al telefono è stato per chiedergli questo. Non mi stupirei se avesse cambiato idea.”
Lucy rientrò di corsa e mi disse sotto voce: “E’ arrivata tua madre e con lei c’è anche tuo padre.”
Le feci un cenno positivo col capo e terminai la conversazione telefonica: “Eddy, ci sono i miei genitori, devo riattaccare. Ti amo.”
“Ti amo anch’io. A dopo.”
Posai la cornetta e mi rivolsi convinta a Lucy: “Andiamo in chiesa.”
“Ma se Peter e gli altri non sono ancora arrivati!”
“Voglio vedere Edmund. Li aspetteremo là.”
Lei mi sbarrò la strada allargando le braccia sulla soglia della porta: “Non se ne parla. Porta male che lo sposo veda la sposa prima della cerimonia.”
Sbuffai: “Ci siamo visti anche ieri pomeriggio. Non hai fatto storie per quello.”
“Ieri era diverso. Oggi non si può.”
Posai le mani sui fianchi diventando minacciosa: “Non obbligarmi a uscire dalla finestra.”
Mosse lo sguardo un paio di volte verso la finestra e poi verso di me, poi, convincendosi che avrei potuto farlo davvero pur di raggiungere il mio scopo, disse svogliata: “E va bene.”
Tornando pacifica, le stampai un bacio sulla fronte e la presi a braccetto, così scendemmo le scale insieme.
 
Nello stesso momento, Edmund camminava nervosamente avanti e indietro per la stanza, quando Eustace, con le spalle poggiate al muro, sbottò: “Mi stai facendo venire il mal di testa. Fermati.”
“Perché non sono ancora arrivati? Proprio oggi, poi. Lo sapevo che me l’avrebbero fatta pagare.”
“Di che parli?”
“Del fatto che mio padre era contrario a questo matrimonio. Non so quante volte mi abbia telefonato per dirmi che sono troppo giovane per mettere su famiglia. E non parliamo di ciò che pensa Susan!”
“Beh, non hanno tutti i torti.”
Edmund lo squadrò: “Ti ci metti anche tu? Ho un lavoro, una casa e un’automobile. E inoltre non ho paura delle responsabilità.”
Eustace disse sarcastico: “Hai così tanti anni di esperienza riguardo al rapporto di coppia! Ci credono tutti, guarda!”
Prima ancora che Edmund gli rispondesse, scoppiò a ridere per prendersi gioco di lui. S’interruppe bruscamente sentendo delle voci provenienti dalla stanza accanto.
“Torniamo indietro, per favore.” “No, ormai sono qui. Non ho nessuna intenzione di andarmene. Neanche se mi fai rapire dal reverendo.”
La porta si aprì, rivelando la mia presenza e quella di Lucy.
Edmund mi chiamò sollevato: “Vera!”
Io gli corsi incontro leggiadra e unii le mie mani alle sue: “Oh Eddy sono così felice di vederti! Non potevo restare a casa ad aspettare! ”
“Sei bellissima!”
“Anche tu sei molto bello con questo completo! L’ho sempre detto che il nero è il tuo colore!”
Stavamo quasi per baciarci, ma Lucy tuonò: “Non vi azzardate! Porta male, volete capirlo o no? Non costringetemi a usare le maniere forti.”
Scossi la testa sorridendo, poi mi soffermai sul volto serio di Edmund: “Non si sa ancora niente?”
“No, purtroppo.  Mio zio è andato alla stazione a controllare, ma non ha ancora telefonato per darci notizie. Non possiamo far altro che aspettare. Per fortuna, almeno tuo padre è arrivato.”
“Pensi che sia successo qualcosa? Magari Peter e tuo padre sono stati trattenuti. O forse la nave ha avuto problemi. O qualcuno che soffriva il mal di mare ha causato un ritardo.”
Mi guardò con occhi da realista: “Ammettilo, non è successo niente. Potrebbero aver scelto di non venire e basta.”
Mi rattristai: “Tutto a causa mia. Nessuno di loro accetta questa unione. Susan non ha fatto altro che odiarmi dal primo giorno in cui ci siamo conosciute. Peter ha sopportato il nostro amore in silenzio, poi non ce l’ha più fatta e ha preferito tagliare i rapporti con noi. Tuo padre pensa che siamo troppo giovani per sposarci. Tua madre mi maledice perché ti ho fatto cambiare religione. Per quale motivo dovrebbero venire alle nostre nozze?”
Posai la fronte sulla sua spalla e lui mi abbracciò: “Se davvero dobbiamo aspettarci il peggio voglio tu sappia che saliremo all’altare, con o senza di loro. Anche a costo di chiedere a Eustace di farmi da testimone.”
Lui sbottò: “Ehi! Non fare finta che io non sia qui ad ascoltare! Che razza di modi.”
Lucy provò a risollevare gli umori: “Sarà comunque un bellissimo matrimonio. Voi sembrate usciti da un dipinto, la chiesa è piena di fiori bianchi, il ristorante dove andremo a mangiare prepara degli ottimi piatti, la vostra casa è pronta per stasera e…”
Fu interrotta da Edmund che prese a fantasticare ad alta voce, rivolto a me: “Già, la nostra notte di nozze. Immagino la scena. Morbide coperte di cotone ricamate, cuscini soffici e gonfi di piume, luce soffusa di candela per creare l’atmosfera, una ciotola di fragole al centro del letto.” Con il dito indice prese a sfiorarmi le labbra, sensualmente: “Tu che arrivi con addosso solo una sottoveste di seta e pizzo, ti stendi accanto a me, mi porti una fragola alle labbra.” Persa nelle sue parole, stampai un bacio sul suo polpastrello, alludendo a qualcosa di più erotico, mentre lui continuava: “Io che inizio ad accarezzarti attraverso la seta, disegnando tutte le tue curve, e poi alzo pian piano la sottoveste  sollevandola fino a…”
Eustace e Lucy, completamente rossi per l’imbarazzo, gridarono assieme: “Insomma, trattenetevi! Dovete ancora sposarvi!”
Io diedi un colpetto di tosse per allentare la tensione: “Hanno ragione loro. Io non dovrei nemmeno essere qui.”
Lucy confermò severa: “Appunto.”
 
Per alcuni minuti ci fu silenzio, dato che nessuno di noi sapeva cosa consigliare o cosa pensare di quella insolita situazione, fino a quando Lucy si interessò ad un grande quadro che era appeso ad una parete: “Non trovate che sia rilassante? Queste onde sembrano muoversi e danno una sensazione di tranquillità.”
Edmund mi prese per mano e mi portò lì davanti: “E’ vero. L’ho notato anche prima. Oserei dire che mi ricorda il mare di Narnia. Specialmente quella piccola nave che s’intravede sullo sfondo.”
Eustace lo derise: “Sì, se esistesse un luogo che si chiama Narnia!”
Si voltò un attimo per riprenderlo con sguardo severo: “Taci tu. Non ne sai niente.”
“Siete voi che avete bisogno di un dottore. L’unica cosa che vi riconosco è la vostra originalità. Di solito le persone hanno degli amici immaginari, non un luogo immaginario.”
Lucy disse nostalgica: “Quanto vorrei tornarci.”
Edmund dichiarò: “Anch’io. Non solo per i giorni di gloria, ma anche perché mi manca Caspian. Chissà come sta. Cos’ha fatto da quando siamo andati via. La pensi così anche tu, vero amore?”
Io mi morsi un labbro: “Sì mi manca, però ora le cose non sono più come prima. Quando l’ho lasciato l’ultima volta ero distrutta dal dolore, ma ora mi sento più serena.”
“Perché sai che lo rivedremo presto?”
Presi un bel respiro e dissi: “In verità, tesoro, c’è una cosa che forse dovrei dirti…”
Lui puntò un dito contro il quadro: “Io penso che stiamo davvero per rivederlo.”
I nostri occhi si puntarono sulla tela, da dove scendeva un sottile filo di acqua. Impossibile!
Eustace si adombrò: “Piantatela con questi scherzi. Che avete fatto a quel quadro?”
D’improvviso uscì un forte getto d’acqua dalla tela che ci trasportò al lato opposto della stanza. Quando riuscii a rimettermi in piedi, mi accorsi che il velo si era staccato dai capelli perché era rimasto impigliato ad una sedia. Tentare di camminare nell’acqua si rivelò un’impresa difficile, soprattutto perché la voluminosa gonna fradicia era diventata ingombrante e pesante: “Edmund, il mio velo!”
Lui fu svelto ad afferrarmi per il girovita: “Lascia perdere il velo. Pensa alla vita piuttosto.”
L’acqua riempì la stanza in un battibaleno, tanto che non facemmo nemmeno in tempo a raggiungere il soffitto per prendere un’ultima boccata d’aria.
Confesso che per un attimo temetti di annegare!
Persi in quell’acqua, con le sedie che ci fluttuavano attorno, scorgemmo la nostra unica via di salvezza verso l’alto, dove, al posto del soffitto, si vedeva chiaramente una luce intensa, come quella del sole.

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Capitolo 3
*** L'incidente poco regale ***


Capitolo 3
L’incidente poco regale
 
Tutti e quattro inspirammo rumorosamente quando finalmente l’aria entrò nei polmoni, giusto un attimo prima che rischiassimo l’affogamento. Quella che avevamo visto era davvero la luce del sole e tutto intorno a noi il mare si estendeva a vista d’occhio, tranne che per una nave enorme raffigurante un drago che viaggiava dritta verso  di noi.
Dissi sollevata: “Siamo salvi.”
Edmund mi corresse: “Vera, nel nostro regno non c’erano navi. Non credo proprio che le persone che si trovano a bordo saranno molto contente di salvarci. Se la nave appartiene ad uno dei vecchi alleati di Miraz, siamo spacciati.”
Ci fu un attimo di silenzio, poi Lucy ululò: “Allora nuotiamo via. Muoviamoci.”
Al massimo della goffaggine tentai di allontanarmi, sempre col problema del vestito, quando sentii quattro tonfi ravvicinati nell’acqua. Mi voltai e vidi che si trattava di quattro uomini che si erano tuffati: “Edmund aiutami! Non riesco a nuotare!”
Feci appena in tempo a vederlo voltarsi verso di me che sentii un braccio afferrarmi per il girovita. Iniziai a divincolarmi e a strillare: “Aaaah! Lasciami, lasciami!”
“Mamma, sono io! Stai tranquilla!”
Quella voce famigliare mi immobilizzò qualche istante. Guardai in faccia il mio salvatore, dalla barba ben curata e i lunghi capelli castani, gli occhi neri e l’inconfondibile neo sotto l’occhio.
“Caspian!”
Mi sorrise: “Sono felice di rivederti, mamma!”
Mi voltai nell’altra direzione, constatando che altri tre marinai stavano aiutando Edmund, Eustace e Lucy.
“Edmund! E’ Caspian! Avevi ragione!”
Lui, tenendosi ad un braccio del suo salvatore, disse contento: “Felice di rivederti, figliolo!”
Carezzai il viso di Caspian, in piena crisi materna: “Oh piccolo mio, sono così felice!” Per poi cambiare improvvisamente tono: “Ma quanti anni hai?”
Con una punta d’imbarazzo rispose: “Ehm, ne ho appena compiuti trentuno, mamma.”
“Si vede, caro! Senza offesa! Quindi sono già passati dieci anni in questo mondo. Il tempo vola davvero.”
“Pensavo lo avessi già notato la volta scorsa, mamma. Tu e papà quanto siete cresciuti dall’ultima volta  in cui ci siamo visti?”
“Solo di due anni. Ora ne abbiamo diciotto.”
Mi trascinò nell’acqua fino al bordo della nave, dove ci attendeva una robusta corda.
Caspian l’afferrò con forza, tenendomi stretta a sé: “Tieniti forte, mamma.”
I marinai, da sopra, tirarono la corda, che passava per una carrucola, e noi ci ritrovammo a volare come nella scena di un film d’avventura. L’acqua del mio vestito formò una sorta di piccola cascata mentre salivamo. Prima di salire a bordo cercai di strizzarla per quel che mi fu possibile, poi Caspian mi aiutò a scendere dal parapetto e mi accolse in un caloroso abbraccio.
“Allora, ti è piaciuto il volo?”
“Sì, è stato divertente! Dovrei farmi salvare da te più spesso!”
 
Edmund e l’altro marinaio salirono subito dopo di noi. Lui e Caspian si salutarono con una pacca sulla spalla.
“Come sta il mio re? Ho sentito che sei maturato bene durante la nostra seconda assenza.”
Caspian sospirò: “Tra poco temo che sarò io a dover farti da padre e a riprenderti quando combini qualche guaio.” Poi la sua attenzione fu attirata da qualcos’altro: “Ehi, che strano abbigliamento! Vi vestite sempre così nell’altro mondo?”
Io ed Edmund ci guardammo sorridendo, poi io gli spiegai: “Veramente, prima di essere travolti dal mare stavamo per sposarci. Eravamo già in chiesa.”
Ci guardò felicemente sorpreso: “Che bella notizia! Sono contento per voi! Spero solo di non aver stravolto la vostra cerimonia.”
Edmund lo tranquillizzò: “No, tranquillo. Quando torneremo sarà come se non fossimo mai stati via.”
Quando arrivarono anche Lucy e Eustace, ci furono date delle coperte.
Ovviamente, Eustace fu preso dal panico per via dello strano viaggio causato dal quadro e anche per alcuni membri dell’equipaggio. Puntando il dito tremolante balbettò: “Non può essere reale. Sono creature mitologiche. I minotauri e i fauni non esistono.”
Lucy sembrò divertita: “Siamo a Narnia! Qui esistono eccome!”
“Io continuo a dire che è uno stupido scherzo. Siete degli idioti. E questo qui chi sarebbe?”
Edmund si occupò delle presentazioni: “E’ Caspian. Mio figlio. E di Vera, naturalmente.”
“Voi siete completamente pazzi. Siete troppo giovani per avere un figlio così grande.”
Lo lasciammo perdere quando Lucy gli si avvicinò per dargli alcune spiegazioni, in privato.
Caspian si rivolse all’equipaggio: “Uomini, rendete omaggio ai nostri ospiti. I miei genitori Edmund e Vera, la guaritrice Lucy e…” Chiese sottovoce: “Come si chiama quel ragazzo biondo?”
Edmund disse sarcastico: “Chiamalo parassita petulante.”
Gli diedi una gomitata sul braccio e risposi: “E’ il cugino Eustace, Caspian.”
Tornò a parlare all’equipaggio: “Ed al cugino Eustace.”
Tutti applaudirono e pronunciarono frasi di benvenuto.
Caspian ci disse: “Dite qualcosa anche voi. Aspettavano da tempo il vostro ritorno.”
Edmund sollevò una mano per richiamare il silenzio: “Valorosi sudditi di Narnia, grazie per la vostra accoglienza. Io e mia moglie ne siamo lieti.”
Mi unii a lui: “E’ sempre un piacere rivedere volti amichevoli. E lasciatemi aggiungere che…”
M’interruppi, sentendomi strana. Tutti gli occhi puntati addosso in attesa che io finissi la frase. Mi portai una mano alla bocca e corsi velocemente al parapetto, dove mi sporsi per sfogare un improvviso attacco di nausea. Edmund e Caspian corsero verso di me insieme, ma Edmund mi raggiunse per primo.
“Tesoro, tutto bene?”
“Mamma, come stai?”
Ripresi fiato un istante, poi abbozzai un sorriso: “Sto bene. Non è niente. Un po’ di mal di mare. Capita.”
Caspian disse sospettoso: “Sei appena salita a bordo.”
Edmund mi cinse le spalle: “Hai bisogno di coricarti.”
Caspian ci fece strada: “Venite, vi mostro le cabine. E vi darò dei vestiti asciutti.”
A noi si unirono anche Lucy e Eustace, accompagnati dal capitano Drinian.
 
Caspian aprì una porta e ci mostrò una stanza con letto a due posti e qualche arredo: “Questa è la mia cabina. La userete voi d’ora in poi. Dentro quella cassapanca ci sono i miei vestiti, prendete pure quello che vi serve.”
Edmund gli fece un cenno positivo: “Grazie, figliolo. Ti raggiungo tra poco.”
“Vi mando un fauno per visitare la mamma? Oppure vi mando Lucy appena si sarà asciugata?”
Mi ribellai: “Non ce n’è bisogno, davvero. Non sto mica partorendo!”
Mi fissarono con aria stranita, facendomi capire la gaffe: “Cioè, non sto mica morendo! Un po’ di nausea non è la fine del mondo!”
Edmund mi fece sedere sul letto: “Se l’acqua di mare ti fa questo effetto è meglio se il viaggio di nozze lo facciamo in montagna.”
Caspian chiese: “Dove volevate andare?”
“Beh, ora nel nostro mondo è autunno, perciò pensavamo di aspettare l’anno prossimo e fare una crociera dall’Inghilterra all’America. Ma visti i risultati, propongo di andare nelle infinite catene montuose della Scozia.”
Sbuffai: “Il mare non mi fa nessun effetto, antipatico. Comunque non c’è problema, non mi dispiacerebbe visitare la Scozia. A patto che tu non faccia scenate quando sbaverò di fronte ad un vero Highlander!”
Caspian, che ci aveva osservati proprio come un bambino che guarda i genitori battibeccare, intervenne: “Per favore, non bisticciate proprio ora che siamo di nuovo insieme.”

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Capitolo 4
*** Voglia di fragole ***


Capitolo 4
Voglia di fragole
 
Caspian sedeva sulla comoda panca della sua cabina d’ufficio privata, pensieroso, con il mento poggiato al pugno, lo sguardo perso fuori dalla vetrata. Sentendo il rumore della porta aprirsi, si destò e guardò chi c’era sulla soglia.
Edmund chiese: “Posso entrare?”
Caspian batté una mano sul cuscino accanto al proprio: “Certo, papà. Vieni a sederti.”
Edmund richiuse la porta alle proprie spalle e si sedette nel posto indicato, con volto serio.
Caspian chiese con un po’ di timore: “Come sta la mamma?”
Lui sospirò come liberandosi di un peso: “Si è addormentata appena ha indossato i vestiti asciutti.”
“Cosa può essere stato a causare la nausea?”
“Penso che dipenda da un insieme di fattori, in verità. Vedi Caspian, in pochi mesi sono successe così tante cose! Abbiamo preso il diploma a scuola, la patente dell’automobile, lei si è iscritta all’università e io ho trovato un lavoro. Oltre a questo, da quando le ho chiesto di sposarmi, si è occupata lei di tutto. Ha girato la città per la maggior parte del tempo per scegliere l’abito da sposa, la torta, i fiori, il menù al ristorante, le partecipazioni e poi si è occupata anche della casa nuova. Era già arredata, però lei ha voluto renderla nostra, quindi ha rinnovato la mobilia, appeso dei quadri, sistemato i soprammobili, organizzato la cucina e la lavanderia. Aggiungiamo che nel frattempo ha anche seguito i corsi di lettere e studiato sui libri. E mentre lei faceva tutto questo io ero chiuso in un commissariato a scrivere e riordinare scartoffie e a turno finito seguivo il corso di investigazione.”
“Ho capito la metà di quello che hai detto, ma riconosco che la mamma è davvero in gamba.”
“E’ fantastica, lo ammetto. Ha gestito ogni cosa al meglio.”
“Come faceva a Cair Paravel. Ricordo che Karen ha continuato a gestire il castello nel modo in cui voleva la mamma.”
“Sì, però al castello c’erano molte sguattere e servitori. A casa si è ritrovata da sola. A parte di pomeriggio, quando Lucy la raggiungeva per aiutarla.”
“Quindi pensi sia solo stanchezza?”
“Suppongo di sì. E nonostante tutto quando è con me è sempre sorridente e affettuosa. Se avesse qualcosa che non va me lo avrebbe detto. Non voglio preoccuparmi, perché ho fiducia in lei.”
 
In quel momento io mi svegliai, avvolta dalle coperte del letto. Mi guardai attorno, facendo mente locale su ciò che era accaduto. Dovetti prendere il vaso da notte per sfogare un altro attacco di nausea. Rispetto a prima, una volta che mi sciacquai il viso, mi sentii fresca e nuova, perciò mi sistemai i pantaloni e la camicia che avevo scelto tra i vestiti di Caspian e uscii dalla cabina.
Girai a zonzo qualche minuto, non sapendo niente di come era divisa la nave, quando una voce richiamò la mia attenzione: “Principessa, avete bisogno di aiuto?”
Mi voltai e vidi Drinian, diventato calvo anche se aveva appena quarant’anni: “Stavo cercando mio figlio. Sapete dove sia?”
“Certo, principessa. Percorrete il corridoio e in fondo svoltate a sinistra.”
“Grazie. Mi fa piacere che siate diventato capitano. Una volta eravate un semplice pescatore.”
Lui fece un inchino: “Il re ha scoperto in me delle qualità che nemmeno io sapevo di avere. Lo devo a lui se sono qui.”
“Lo dovete a voi stesso. Ora vi lascio, vado da lui.”
Con la coda dell’occhio vidi che si era nuovamente inchinato.
Seguendo le sue indicazioni, trovai una porta massiccia con intagliato il volto di Aslan, e all’interno udii delle voci.
Caspian disse: “Siete una bella coppia. Perfino quando litigate si vede che siete innamorati e che farete presto pace.”
“Se ti riferisci a prima, non stavamo litigando. Per noi è una normale conversazione.”
Insieme si misero a ridere, mentre io facevo la mia entrata: “Che spasso c’è qui! Che state facendo, furboni?”
Caspian si alzò: “Mamma, ti sei ripresa. Vieni qui con noi.”
Obbedii e mi sedetti sulle gambe di Edmund, che ne fu tutt’altro che contrariato.
 “Riposato bene?”
“Sì, era molto comodo il letto. Ora avrei un po’ fame, però.”
Caspian arricciò le labbra: “Sicura che te la senti di mangiare dopo l’episodio precedente?”
“Sicurissima! Ci sono delle fragole?”
“Sì, ne ho fatto portare una buona scorta. Sono ghiotto di fragole.”
“Anch’io ne mangio molte in questo periodo. Mangerei solo quelle.”
Edmund ricordò: “Anche quando eri incinta di Caspian mangiavi molte fragole. Addirittura una volta  ti disperasti perché le scorte erano terminate. Siccome era pieno inverno non sapevamo proprio dove andare a cercarle e alla fine rimanesti con la voglia.”
Caspian chiese incredulo: “Dici davvero? Che situazione buffa!”
Sentendo quei discorsi, mi ero chiusa a riccio sperando che la smettessero, ma poi Caspian saltò fuori: “Ecco perché ho quella voglia di fragole sulla pelle!” Si alzò la camicia mettendo in mostra gli addominali: “Eccola qui.”
In effetti, vicino all’ombelico c’era una macchia grande quanto un pollice, di colore rosso con puntini neri.
Edmund disse: “Che coincidenza che tu abbia questa voglia! L’avevo proprio dimenticata!”
Io confermai, cercando di terminare il discorso: “Eh già, è proprio una coincidenza. Ora se chiamate qualcuno per farmi portare quelle fragole magari riesco anche a mangiarle.”
 
Uno dei marinai che si occupava delle provviste, mi portò la ciotola tanto desiderata, meritandosi appieno i miei ringraziamenti entusiastici: “Siete un cameriere davvero efficiente, avete la gratitudine della vostra principessa!”
Edmund aggiunse scherzando: “E anche quella del vostro principe comandante, ora che avete accontentato mia moglie!”
Caspian non riuscì a trattenere una risata, tanto comica era la situazione, mentre il marinaio non sapeva se sorridere o rimanere serio per non mancarmi di rispetto. Per fortuna per lui, Lucy entrò dalla porta, così Caspian gli diede il permesso di ritirarsi.
Lucy, bella come una bambolina, con la coda di cavallo da un lato, camicione stretto in vita dalla cintura, pantaloni abbondanti blu e stivali pirateschi, sorrise: “Mi sono persa tutto il divertimento?”
Caspian spiegò in breve: “Mamma e papà sembrano i protagonisti di uno spettacolo comico.”
Io mi limitai a divorare la fragola più grossa che c’era nella ciotola.
Lucy fece un passo per venirci incontro, poi s’immobilizzò di colpo, fissando la posizione in cui eravamo messi io ed Edmund: “Aspettate un secondo. Vi siete cambiati nella stessa stanza?”
Edmund fece spallucce: “Che c’è di strano? Non è una novità.”
“Non avrete osato sfiorarvi prima del matrimonio, vero?”
Caspian tentò di rassicurarla: “La mamma non stava bene. Non ne hanno avuto il tempo.”
Ammisi, tenendo lo sguardo basso: “Ad essere sincera, quando ci siamo tolti i vestiti bagnati, qualcosa è successo. Insomma, mi sono voltata un attimo, lui era lì in piedi, bello come una statua greca. E poi è stata solo una sveltina, giuro!”
Lucy rimase a bocca aperta per l’indignazione: “Nient’altro spero!”
Stavolta fu Edmund a confessare: “In verità, le sveltine sono state due. La seconda volta, lei si era chinata sulla cassapanca per scegliere i vestiti e io mi sono lasciato andare.”
Lucy tuonò: “Siete impossibili! Avete infranto ogni regola! Dovevate rimanere distanti fino al momento della cerimonia! Si trattava solo di poche ore!”
Edmund osò ribattere: “Ora che siamo qui potrebbero passare settimane. Non puoi obbligarci alla castità per così tanto tempo.”
Vedendo il viso di Lucy diventare paonazzo, mi affrettai ad andarle incontro e trascinarla via di lì: “Lucy cara, avrei bisogno di un’acconciatura speciale che stia bene con questo abbigliamento. Ho una mezza idea, se per te va bene.”
Appena richiudemmo la porta, Caspian chiese stupito: “Ma cos’è appena successo?”
Edmund scosse la testa, non trovando le parole adatte per spiegare.

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Capitolo 5
*** I sette Lord ***


Capitolo 5
I sette Lord
 
Sentendo bussare alla porta, Caspian disse: “Avanti.”
Lucy entrò, l’espressione sorridente aveva ormai preso il posto del broncio precedente. Fece un inchino: “Signori, ecco a voi la principessa della moda, Vera.”
Caspian ed Edmund si scambiarono un’occhiata interrogativa, poi si voltarono in direzione della porta da dove proveniva un rumore di tacchetti.
Atteggiandomi a pavone, feci il mio ingresso nel mio nuovo abbigliamento marittimo. La camicia ricucita perché aderisse alle mie forme, la scollatura a “v” profonda tra i seni, cinturone in cuoio lucidato, pantaloni rosso bordeaux abbondanti che ricadevano dentro gli stivali pirateschi alti fino sopra il ginocchio, tacchetti quadrati appositamente aggiunti per dare un tocco femminile ed in fine, un’acconciatura fantastica comprendente una elaborata treccia che partiva interna da sopra la fronte su tutto il capo e poi ricadeva gonfia fino a metà schiena.
Alzai un sopracciglio, con volto soddisfatto: “Senza parole?”
Entrambi scossero la testa per riprendersi dall’incanto, ma fu Caspian a parlare per primo: “Mamma sei bellissima!”
Edmund si alzò e mi venne incontro per praticarmi un baciamano: “La classe non è acqua, mia principessa.”
Gli sorrisi e lasciai che mi sfiorasse con un bacio anche le labbra. Caspian si diede una pacca sul ginocchio e si alzò dal divano: “Or su, abbiamo degli argomenti da affrontare. Venite tutti qui.”
 
Ci radunammo attorno al tavolo, dove vi era una grande mappa aperta. Caspian cominciò il suo monologo: “Da quando sono re, mi sono impegnato affinché governasse la pace su Narnia. Per i primi mesi mi sono limitato ad allacciare rapporti pacifici con i capi che avevano appoggiato Miraz. Le trattative sono state difficili e spesso ho temuto che scoppiasse una nuova guerra, ma grazie al cielo abbiamo trovato un accordo. Subito dopo, ripensando a ciò che era accaduto in passato, ho deciso di unificare sotto la bandiera del mio regno tutti i territori del mondo. Per farlo, ho realizzato una flotta che ha richiesto alcuni anni per la costruzione. L’ultima nave nata dalle abili mani dei sudditi è questa su cui stiamo navigando. E’ stata progettata dal fedele Drinian, che l’ha poi battezzata ‘Veliero dell’Alba’. Sono stato in viaggio per tre anni nei territori che nessuno del mio regno aveva mai visitato prima, talvolta accolto con benevolenza e accettato come sovrano, talvolta malvisto e combattuto da eserciti ben organizzati, ma alla fine sono riuscito a raggiungere il mio obiettivo ed ora, grazie alla volontà e agli sforzi di numerosi uomini, la pace e l’alleanza hanno trionfato.”
Edmund era raggiante: “Sono fiero di te. Sei mio figlio in tutto per tutto.”
Io sollevai un quesito: “Perché ci hai chiamati se non vi sono pericoli?”
“A dir la verità questa volta non vi ho chiamati io.”
“Ma allora perché siamo qui?”
“Sinceramente non ne ho idea. Però devo ammettere che speravo molto di rivedervi.”
Mi intenerii: “Oooh, piccolino, è bastato il pensiero per farci tornare da te!”
Edmund tornò su temi seri: “Ora per quale motivo sei in viaggio? Dove ci troviamo?”
“Siamo diretti alle Isole Solitarie a cercare delle tracce. Vedete, ho scoperto recentemente dell’esistenza di sette Lord che per anni hanno combattuto in nome di Aslan. Pare che Miraz, tramite i suoi alleati, volesse farli uccidere perché era certo che non lo avrebbero mai accettato come sovrano assoluto di Narnia.”
“Immagino che qualcosa sia andato storto.”
“E’ così. I Lord sono scomparsi dopo aver dichiarato che avrebbero riconosciuto solo il sovrano prescelto da Aslan.”
“Come hai scoperto questa storia?”
Sospirò: “Cornelius me l’ha raccontata in punto di morte.”
Mi portai una mano alla bocca, sorpresa: “Cornelius è morto? Povero uomo. D’altra parte aveva una certa età già all’epoca.”
“E’ stato un amico, un insegnante, un confidente. Ho onorato la sua morte costruendogli una tomba nel cimitero reale, dove è seppellito anche Oreius.”
“Hai fatto bene. Era un uomo meritevole d’onore.”
“Tornando al discorso principale, io ho buone speranze che i sette Lord siano ancora vivi e ho intenzione di trovarli ovunque si trovino. Se non fossero stati costretti a scappare sono certo che mi avrebbero aiutato a unificare  tutti i territori sotto la bandiera di Narnia senza spargimenti di sangue. Questi uomini valorosi hanno il diritto di essere riconosciuti.”
Edmund fece un cenno positivo col capo: “Io non ero nemmeno a conoscenza che esistessero tali uomini. Ma da quello che hai detto mi rendo conto che, quando regnava Peter, avremmo dovuto fare ricerche e preoccuparci di visitare anche i territori all’infuori del nostro regno.”
“Nessuno vi biasima, papà. Avete sconfitto la strega bianca e riportato la pace alla sede del regno. E’ stato sufficiente, davvero.”
“Pensi che siamo stati chiamati per aiutarti in questa impresa?”
“Potrebbe. O forse Aslan ha semplicemente letto nel mio cuore.”
Gli lanciai uno sguardo interrogativo: “Che intendi dire?”
“Non vi ho detto tutto. Una volta terminata la missione di salvataggio dei sette Lord ho intenzione di recarmi al confine del mare, dove pare ci sia l’ingresso al regno celeste di Aslan.”
“So dell’esistenza di quel luogo, ma perché vuoi andarci?”
Alzò le spalle: “Semplice curiosità. Sono stato in mare per tanto tempo, pensavo che spingermi al confine fosse un bel modo per terminare il viaggio prima di tornare a prendere posto sul trono di Telmar.”
Chiuse così il discorso e s’incamminò verso un grande armadio composto da tante vetrine: “Devo darvi delle cose.”
 
Ne aprì una e si rivolse a Lucy: “Tra i tesori che ho portato con me, c’è anche il tuo pugnale. E la boccetta vuota del liquido miracoloso, nel caso avessi trovato una fonte dove riempirla di nuovo.”
Lucy si fece avanti e li prese in mano: “Grazie, Caspian. Spero anch’io di trovare quel liquido.”
Caspian aprì un altro scomparto e ne estrasse una spada d’argento: “Papà, la tua spada dalla quale non ti sei mai separato durante i tuoi soggiorni a Narnia.”
Edmund la sfoderò ammirandone il luccichio: “Io e lei ne abbiamo viste di battaglie! La tenevo anche accanto al letto quando dormivo!”
Feci capolino dietro di lui per prenderlo in giro: “A volte temevo che ti saresti confuso e avresti fatto dormire me sul pavimento per lasciare il posto alla spada!”
Rise e rispose allo scherzo: “Avrei potuto! Ma lei non ha le tue curve, purtroppo!”
Caspian nel frattempo aveva già preso un’altra spada e teneva qualcosa chiuso nel pugno: “Mamma, la tua regale spada dorata.”
“E’ identica alla prima volta che l’ho presa in mano! E poi? Cosa nascondi lì?”
“Sei curiosa eh?”
“Sì e mi stai incuriosendo ancora di più!”
Avvicinò il pugno a me e quando aprì la mano vidi che si trattava di un anello d’argento a me molto caro: “La mia fede nuziale! Temevo fosse andata perduta!”
“Quando avete attraversato il varco, tutto ciò che indossavate si è materializzato nella vostra stanza. Questo anello ho voluto ribattezzarlo ‘anello delle regine di Narnia’, per quando ci saranno.”
Presi l’anello con l’intenzione di infilarmelo al dito, ma Lucy piombò accanto a me per fermarmi: “No, non farlo.”
“Che c’è Lucy?”
“Non puoi. Non vi siete ancora sposati.”
“Lucy sei impazzita? Secondo l’orologio narniano siamo marito e moglie da più di trent’anni.”
In quell’attimo mi parve che alle parole ‘orologio narniano’ Caspian fosse stato percorso da un tremolio, ma non gli diedi importanza, in attesa di una risposta di Lucy.
Ci pensò qualche istante: “Forse hai ragione. Devo convincermi che non siamo a casa.”
Infilai l’anello e mi feci abbracciare da Edmund, sentendomi ancora una principessa.
Caspian prese dall’armadio un’ultima spada: “E questa è la mia compagna. La spada dei sovrani di Narnia. Donatami personalmente da mio zio Peter quando salii al trono.”
Edmund si rattristò un poco: “Sembrano così lontani quei giorni.”
“Qualcosa non và, papà?”
“No, solo non vedo tuo zio da tempo. I nostri rapporti si sono congelati.” Fece un sospiro, poi cambiò tono: “Bene, penso che ora sia il momento di batterci a duello.”
Io saltellai entusiasta: “Sì! Sono curiosa di vedere chi vincerà stavolta!”
Caspian si morse un labbro: “Ora ho acquisito molta esperienza, ma sono svantaggiato in età. Sarà interessante come sfida!”
 
Sul ponte principale, entrambi si batterono come veri guerrieri, con lo stesso sguardo serio, gli stessi movimenti, lo stesso spirito combattivo, perfino le stesse gocce di sudore sulla fronte! Era come se stessi guardando Edmund combattere di fronte ad uno specchio, a parte il colore e il taglio dei capelli, infatti Edmund aveva la frangia sulla fronte, Caspian no.
Delle lacrime mi solcarono il viso per l’emozione nel vedere la loro somiglianza così evidente. Soprattutto perché Caspian era tale e quale ad Edmund quando lui aveva all’incirca la stessa età.
Le stoccate sembravano non finire mai, gli uomini li incitavano senza schierarsi per non fare favoritismi, fino a quando loro si ritrovarono uno di fronte all’altro, divisi solo dalle spade incrociate. Drinian, che aveva seguito il combattimento dal ponte di comando, dichiarò: “Io dico che siete in parità.”
Gli uomini esultarono, mentre loro due rinfoderavano le spade, sorridendosi.
Gli corsi incontro: “Siete straordinari tutti e due!” Mi ricordai di avere ancora i segni delle lacrime sul viso, così mi affrettai ad asciugarle con la mano, ma era troppo tardi, ormai Caspian se n’era accorto: “Mamma, che cos’hai?”
“Guardandovi mi sono commossa. Siete così simili. Avete lo stesso modo di muovervi anche se avete trascorso insieme poco tempo.”
Edmund la buttò sullo scherzo: “Ora dovrei avere più o meno cinquantatre anni. Avrei fatto di sicuro una figuraccia. Sono contento di essere ancora giovane!”
Caspian sembrò leggermente turbato: “Ma avremmo avuto molti anni per combattere assieme. Mi avresti insegnato in prima persona il tuo stile e saremmo partiti per molte avventure. Le nostre vite non sarebbero state spezzate come invece è accaduto.”
Edmund tentò di calmarlo: “Era una battuta. Non volevo dire che preferisco la giovinezza a te. Sai quanto ti voglio bene.”
Caspian sospirò: “Scusami, non volevo offenderti. E’ che non riuscirò mai a superare quel trauma. Scusami ancora. E scusami anche tu mamma.”
Lo guardammo allontanarsi, poi io dissi: “Sono preoccupata, Ed. Si comporta in modo strano.”
Dovemmo abbandonare il discorso perché Eustace fece il suo ingresso lamentandosi: “Non mi arrendo a questo incubo. Qualcuno dovrà pagarne le conseguenze.”
Edmund lo guardò storto: “Quanto tempo ci metterai a capire che è tutto reale?”
Gli puntò il dito contro: “Non crederò mai che questa sia Narnia. Non crederò mai che quel tipo sia vostro figlio, anche se stranamente vi somiglia molto. Non crederò mai di essere in compagnia di fauni e minotauri. E’ tutta una carnevalata, ma presto finirà.”
Edmund si rassegnò e mi disse: “Quanto vorrei che non fosse stato con noi quando il quadro ha preso vita. Avrei dovuto farlo correre per cercare un idraulico invece di permettergli di venire qui.”
Mi venne spontanea una risata: “Fai il bravo Eddy, è pur sempre tuo cugino!”
La nostra attenzione fu richiamata dal grido del marinaio di vedetta: “Terra!”
Guardammo all’orizzonte, dove c’erano delle isole. Già in lontananza, si poteva vedere che non c’era alcun tipo di movimento. Nonostante fosse il tramonto, decidemmo di visitare l’isola principale e di trascorrere lì la notte.

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Capitolo 6
*** L'isola dei mercanti di schiavi ***


Capitolo 6
L’isola dei mercanti di schiavi
 
I marinai calarono una scialuppa in mare, con a bordo me, Edmund, Caspian, Lucy e Eustace, quest’ultimo molto contrariato. Eustace si posizionò a prua per non essere disturbato, io e Lucy al centro, Edmund e Caspian a poppa per remare.
Edmund chiese con sospetto: “C’è qualche motivo per cui la città sembra deserta?”
Caspian rispose pensieroso: “Non lo so, papà. I capi di queste isole hanno faticato ad accettarmi come sovrano. Ho dovuto combattere per essere riconosciuto da loro come tale, ma direi che non è un buon motivo per aver abbandonato le isole.”
“Facciamo attenzione, per quanto ne sappiamo potrebbero averci teso un’imboscata quando hanno visto la nave all’orizzonte.”
“Sarebbero folli a compiere un simile gesto, però in ogni caso teniamo gli occhi aperti.”
In un batter d’occhio arrivammo alla riva, dove attraccammo la scialuppa, legandola ad un palo con una fune. Loro scesero per primi e aiutarono me e Lucy alzandoci per i fianchi, ma quando fu il turno di Eustace, rispose brusco: “Non sono una femminuccia. Me la cavo da solo.”
Caspian disse sarcastico tra sé e sé: “Che carattere gentile.”
Neanche a dirlo, Eustace allungò un piede verso il gradino più alto della riva e fece un salto che lo mandò dritto con la faccia a terra. Prima ancora che potessimo fare qualunque cosa, si affrettò a rimettersi in piedi: “Il terreno è scivoloso, non l’avevo previsto.”
Edmund alzò gli occhi al cielo, sospirando: “Dai andiamo.”
“Veramente avrei un’idea migliore. Visto che in città non c’è anima viva, mentre voi fate una passeggiata io resto qui di guardia nel caso si avvicinassero delle barche.”
“Sì Eustace, almeno non ci sarai d’intralcio.”
Vidi Eustace fare la linguaccia ad Edmund e mi venne spontanea una risatina.
 
Ci inoltrammo per le vie della città, senza scorgere alcun movimento, quindi decidemmo di seguire la via principale che ci portò verso una struttura composta da un unico salone.
Guardandomi attorno azzardai: “Sembra un luogo di culto. Però non ci sono immagini sulle pareti, né statue da adorare.”
Ci avvicinammo ad un tavolo posto al centro del salone, dove vi era un grosso libro aperto e una candela spenta. Caspian prese un cerino e l’accese, così potemmo leggere il contenuto del libro. Presentava una lista infinita di nomi e numeri, alcuni cancellati da una riga d’inchiostro. Mi venne il dubbio: “Non sarà quello che penso.”
Caspian purtroppo confermò: “Lo è in tutto per tutto. Quindi qui vendono schiavi. Però non ha senso. Perché questo libro si trova qui al palazzo cittadino? Cos’è accaduto agli abitanti? Non mi è giunta notizia che siano stati invasi.”
All’improvviso una voce alle nostre spalle ci fece sussultare: “Fermi dove siete.”
Sfoderammo le spade e ci voltammo, rendendoci conto che all’entrata vi era una dozzina di brutti ceffi armati fino ai denti.
Il capo ci sfidò: “Avete il coraggio di andare incontro a morte certa?”
Edmund fece un’espressione disgustata: “Potrei porvi la stessa domanda, signore.”
Rise: “Ragazzino, non hai speranze contro di noi!”
“Ho molta più esperienza di quanto crediate.”
Da dietro il gruppo giunse una voce a noi famigliare: “Vi prego, lasciatemi. Io non ho fatto niente. Stavo solo guardando il panorama. Sono loro gli esploratori.”
Un gigante teneva un coltello puntato alla gola di Eustace.
Il capo ci minacciò: “Vi conviene gettare le armi se non volete che gli tagli la gola.”
Edmund gettò la spada a terra con rabbia, noi facemmo altrettanto dopo di lui e in un lampo ci ritrovammo nelle grinfie degli uomini che ci immobilizzarono uno ad uno.
Caspian gridò: “Sono il vostro re! Mi dovete obbedienza!”
“Ci avete imposto il vostro dominio. I miei superiori sarebbero felici di sapere che vi ho catturato, ma preferisco vendere voi e i vostri amici come schiavi.”
Quando iniziarono a trascinare via me e Lucy, dissi furibonda: “Non la passerete liscia. Appena mi avrete venduta mi libererò e tornerò per uccidervi.”
“Un bel piano! Solo che tu e la mocciosa non farete le schiave!”
“E allora cosa volete da noi?”
Fu il capo in persona a rispondere: “Semplice, tutte le vergini vengono donate ai nostri superiori per il loro piacere personale. E i bastardi che nascono li vendiamo come schiavi.”
“Alla faccia vostra! Io non sono più vergine da un bel pezzo!”
Lui richiamò l’uomo con uno schiocco di dita perché si fermasse, poi mi guardò dritto negli occhi: “Peggio per te, ragazza. Allora verrai sacrificata alla nebbia del terrore.”
Caspian ed Edmund gridarono all’unisono: “No! Maledetti!”
Tentai di liberarmi dalla stretta del mio rapitore, inutilmente, allora decisi di giocare d’astuzia: “Ripensandoci, preferisco che mi doniate ai superiori. In fondo, chi direbbe che non sono più vergine? Farò finta di essere pura come un fiore appena sbocciato.”
Lui fece un gesto spazientito con la mano: “Portate questa sgualdrina lontano da me.”
Caspian gridò ancora: “Mamma, no! Lasciatela andare! Quella ragazza è la principessa Vera!”
“E voi siete un sovrano fuori di senno!”
Edmund sdrammatizzò: “Sai figliolo, non so se preoccuparmi per il destino che l’attende o biasimarla per ciò che ha detto.”
Caspian sbottò: “Ma ti sembra il momento di scherzare? Dobbiamo trovare un modo per liberarci.”
 
Per quanto riguarda me e Lucy, fummo trascinate fino ad una casa e chiuse dentro, assieme ad altre numerose ragazze e donne dall’aria impaurita. Mi guardai attorno: “Perché ci hanno rinchiuse qui?”
Una ragazza che avrà avuto la mia età, si avvicinò a me e parlò con voce tremante: “Perché noi abbiamo il compito di aiutare le vergini a vestirsi e pettinarsi prima di essere sacrificate alla nebbia.”
Guardando meglio, mi accorsi che in effetti la metà delle ragazze presenti erano vestite con tuniche bianche e avevano i capelli raccolti dentro a cerchi dorati, mentre le altre erano spettinate e avevano abiti sgualciti. Una donna mi si affiancò con in mano una tunica piegata e i cerchi dorati: “La vostra amica deve indossare questi.”
Lucy cominciò a piangere: “Vera, non voglio un futuro così macabro. Aiutami.”
Dissi rassegnata: “Per ora non posso fare niente. Mi serve tempo per elaborare un piano.”
Poco dopo l’alba, la porta si aprì e ricomparve il capo dei brutti ceffi: “E’ il momento, fanciulle. Le vergini verranno caricate sui carri, le altre verranno imbarcate in mare.”
Degli uomini ci obbligarono ad uscire in due file ordinate. Vidi Lucy salire su uno dei carri, continuando a piangere, poi mi voltai in direzione di quelle che probabilmente erano le prigioni dell’isola. Guardai le aperture una ad una, finché scorsi il viso di Edmund e dissi con un briciolo di speranza: “Eddy, amore mio!”
Il capo comparve accanto a me, divertito: “Tranquilla, tra poco li porteranno tutti e tre qui al mercato, così potrete vedervi un’ultima volta!”
Non potei trattenermi dallo sputargli in faccia, manifestando tutto il mio disprezzo, con la conseguenza che lui mi diede un forte schiaffo sulla guancia.
 
Come aveva detto, rividi Edmund, Caspian e Eustace, ammanettati, venire messi in fila  assieme ad altri prigionieri in attesa che qualcuno facesse un’offerta per comprarli.
Alzai lo sguardo al cielo: “Non può finire così.” Ma la mia attenzione fu richiamata da una strana nebbia di colore verde che si materializzò dal nulla. Con mio orrore, vidi che inghiottì le due barche che erano già state messe in mare e sapevo che il prossimo turno sarebbe stato il mio.
Proprio quando sembrava tutto perduto, gli uomini del nostro equipaggio comparvero da dietro l’angolo, con le spade sguainate, e cominciarono a sferrare colpi contro i brutti ceffi che controllavano le attività. Nel trambusto, mi affrettai a correre verso i carri, dove aiutai Lucy a scendere e insieme corremmo verso gli altri. Notai che sia Caspian sia Edmund erano rientrati in possesso delle loro spade, anzi Edmund ne brandiva addirittura due, di cui una riconobbi come la mia.
La rivolta durò poco, i nemici furono uccisi senza pietà e i prigionieri furono liberati.
Non appena mi fu possibile, corsi incontro ad Edmund per abbracciarlo: “Amore, ho temuto il peggio.”
Affondò le labbra nei miei capelli qualche istante, poi rispose: “Anch’io. Per fortuna sono intervenuti i nostri fedeli sudditi.”
Ci scambiammo un bacio, come se non ci vedessimo da anni.
Quando allungai lo sguardo oltre le spalle di Edmund, vidi che Caspian stava parlando con un uomo anziano dalla lunga barba grigia e con indosso una strana armatura: “Con chi sta parlando Caspian?”
Lui si voltò seguendo il mio sguardo: “Oh, quello. E’ il primo dei sette Lord. Pare che sia stato catturato anni fa e tenuto prigioniero.”
“Come mai non è stato venduto come schiavo?”
“Hanno preferito lasciarlo lì a marcire. Ora, grazie alla rivolta, è di nuovo un uomo libero.”
Osservammo Caspian scambiare qualche altra parola con lui, poi l’uomo gli donò una spada e fece un inchino per prendere congedo.
Caspian si avvicinò a noi con volto sorridente: “E’ davvero un brav’ uomo!”
Gli chiesi: “Non lo inviti a salire a bordo con noi?”
“Ehm, no. Ora che i mercanti sono morti ha detto che vuole vivere il resto della sua vita qui.”
“Ma scusa, avevi detto che volevi trovare i Lord per riunirli ed onorarli.”
“Infatti. Quando avrò trovato anche gli altri tornerò a Telmar e li convocherò.”
“E perché ti ha dato la sua spada?”
La sollevò come se non si fosse nemmeno accorto di averla in mano: “Questa? E’ un dono. Mi servirà per eleggere il nuovo Lord che lo sostituirà.”
Aveva tutta l’aria di voler troncare il discorso, infatti si affrettò ad andarsene con la scusa di voler congratularsi con l’equipaggio.
Io guardai Edmund: “E’ tutto troppo strano.”
Alzò le spalle: “E’ solo un dono.”
Lucy ci venne incontro, la tunica bianca sembrava pesarle meno dopo aver riacquistato la libertà: “Sento che devo ringraziare Aslan. Avrei preferito morire piuttosto che essere toccata contro la mia volontà.”
Abbozzai un sorriso: “Ringrazia i nostri uomini che sono venuti a salvarci! Aslan non è intervenuto stavolta. Nessuno lo ha visto.”
“Io credo in lui. E’ stata la sua volontà a portarci alla vittoria.”

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Capitolo 7
*** Nuova missione contro il male ***


Capitolo 7
Nuova missione contro il male
 
 Caspian si trovava a prua, intento a guardare l’orizzonte attraverso il cannocchiale. Drinian, accanto a lui, se ne stava in silenzio e con le braccia dietro la schiena.
Mi sciolsi dall’abbraccio di Edmund e alzai il viso per parlargli: “Tesoro, perché non vai a vedere come sta? E’ schivo e inquieto da quando abbiamo lasciato le Isole Solitarie.”
“Forse è rimasto scosso da quello che abbiamo visto. Non si vede tutti i giorni un banco di nebbia verde che divora intere imbarcazioni.”
“Ti confesso che anch’io sono preoccupata. Credevo che ormai la magia del male si fosse estinta. Di chi può trattarsi stavolta?”
Scosse lentamente il capo, pensandoci: “Dopo tutti questi anni, non lo so proprio. E sinceramente non capisco perché Caspian non ci abbia ancora detto niente al riguardo.”
Con la testa, feci un cenno in direzione della prua e lui capì subito: “Ok, vado.”
S’incamminò, così io mi appoggiai al parapetto dove era appoggiato lui prima. Guardandolo, parlai tra me: “Il nostro bambino sta attraversando una fase complicata, anche se non so il perché. Solo tu sei in grado di capirlo, Eddy.”
Una volta raggiunto, gli diede la classica pacca sulla spalla: “Ehi, novità?”
Caspian diede il cannocchiale a Drinian e gli fece un cenno per congedarlo. Aspettò che si fu allontanato, poi si rivolse ad Edmund: “Tra non molto dovremmo scorgere un’isola all’orizzonte. La nebbia era diretta in quella direzione.”
“A tal proposito, cosa sai?”
“Solo quello che ho visto. Nessuno me ne aveva mai parlato. Non sapevo nemmeno che nelle Isole Solitarie ci fosse un mercato di schiavi. A quanto pare non so niente di niente.”
“E’ questo che ti turba? Qui sei lontano da casa, non puoi avere il controllo di tutto il regno.”
“Ne sono consapevole, infatti sono solo un po’ infastidito.”
“Allora cosa c’è che ti preoccupa?”
“Niente, papà.”
Edmund gli poggiò una mano sulla spalla, in modo paterno: “Non riuscirai a darmela a bere! Sono tuo padre,  inoltre il tuo carattere è molto simile al mio. Parlami, per favore.”
Caspian dischiuse le labbra come se stesse per parlare, poi si fermò e scostò la mano dalla spalla: “Ti sbagli, papà. Non ho proprio niente da nascondere.”
Anche se non avevo udito le loro parole, capii cosa era successo guardando le loro espressioni. Mi morsi un labbro, sentendo una piccola fitta al cuore.
Edmund tornò da me e sospirò: “Lo so che nasconde qualcosa, ma non vuole dirmelo. E so anche che ha a che fare con il nostro ritorno qui. Vorrei tanto aiutarlo, se me ne desse la possibilità.”
Gli presi una mano e la strinsi tra le mie: “Quando sarà pronto ce lo dirà.”
Fece un mezzo sorriso: “Dovrei saperlo bene! Anch’io sono così!”
Sentii uno strano movimento allo stomaco e pensai bene di sporgermi dal parapetto, giusto in tempo per un attacco di nausea.
 
Non passò molto tempo che Edmund avvistò un’isola e fece chiamare Caspian: “Sembra deserta anche questa. Pensi che possiamo fidarci?”
“Sì, l’Isola Paradisiaca era deserta anche la prima volta che ci sono stato. Credo sia disabitata, tranne che per delle specie animali.”
Quando arrivammo alla spiaggia, il sole stava ormai calando all’orizzonte e la luce rossa riflessa sul mare era uno spettacolo meraviglioso.
Quando misi piede sulla sabbia, guardai ciò che era davanti a me, estasiata: “E’ tutto così verde e rigoglioso! Se avessi saputo dell’esistenza di un’isola così ci sarei venuta ad abitare! Eddy, non ti sembra un paradiso terrestre?”
Venne al mio fianco e mi cinse il girovita con un braccio: “Sì, hai detto bene. Sarebbe un posto bellissimo dove vivere. Assoluta tranquillità e pace.”
Eustace, che stava trasportando dei fagotti che Caspian gli aveva affidato, sbottò: “Come no. Scommetto che anche qui ci sono pericoli. Non esiste un luogo di assoluta tranquillità. Ora vi sembra che sia così solo perché siete dei piccioncini freschi di nozze.”
Lucy, con un cesto di verdure in mano, precisò: “Non ancora. Il matrimonio non è stato celebrato.”
“In ogni caso, potreste avere la gentilezza di venire ad aiutarci invece di stare lì a guardare il panorama?”
Io ed Edmund scoppiammo a ridere, come se quel luogo ci avesse ridato la serenità, senza più pensare a niente di negativo.
 
Il falò fu acceso, il pasto consumato e i letti improvvisati sistemati qua e là vicino a dei grossi massi che ispiravano protezione. Io mi premurai di lavare le poche stoviglie con l’acqua del mare, per esercitarmi a quel lavoretto casalingo che, una volta sposata, avrei dovuto fare tutte le sere. Avvolsi le stoviglie in un telo di stoffa che poi riposi dentro ad un cesto vuoto.
Caspian mi richiamò gentile dal suo giaciglio: “Mamma, non devi occuparti di queste cose. Voglio che ti riposi o la nausea non ti passerà mai.”
Con un sorriso affettuoso, mi inginocchiai vicino a lui e gli rimboccai la coperta: “Anche tu dovresti già essere addormentato.”
Ricambiò il sorriso: “Non sono più un bambino, ma le tue premure sono sempre piacevoli.”
Gli stampai un bacio sulla fronte e andai verso il letto che avrei diviso con Edmund. Sdraiato, con una mano dietro la testa, guardava il cielo e quando mi sdraiai accanto a lui mi disse: “Mi sento così bene da quando siamo arrivati su quest’isola. E’ come un incantesimo benevolo.”
Poggiai la testa sulla sua spalla e con le dita giocai con i lacci della scollatura della sua camicia: “E’ senz’altro qualcosa di buono. Anche Caspian è più rilassato.”
“Dorme?”
“Tra poco si addormenterà. L’aria dolce che respiriamo gli concilierà il sonno.”
“Tu ti senti stanca, amore?”
“In verità, non ancora. Perché?”
“Lucy e Eustace stanno già dormendo profondamente, Caspian lo farà tra poco. Noi due potremmo inoltrarci nel bosco e cogliere qualche frutto d’amore.”
Chiesi sorpresa: “Vuoi raccogliere frutta a quest’ora?”
Con la mano libera prese ad accarezzarmi dalla curva del fianco alla coscia: “Stavo pensando  che potremmo intensificare questo stato di grazia. Insomma, un posto così sarebbe una bella cornice per le coccole e i baci che ti piacciono tanto.”
Lo guardai maliziosa: “Messaggio ricevuto!”
La luna piena brillava nel cielo notturno, carezzando ogni cosa, quando tornammo nel nostro piccolo accampamento. Mano nella mano, sorridenti, ancora con la voglia di giocare tra noi, ci sforzammo di non essere troppo rumorosi. Sicuramente Eustace ci avrebbe criticato fino alla morte e Lucy avrebbe fatto altrettanto. Ricordo che ci infilammo sotto la coperta, molto sereni, e che il sonno mi accolse quasi subito.
 
La voce di Caspian mi destò che non era ancora l’alba: “Lucy è sparita. Qualcuno deve averla rapita. Non siamo soli a quanto pare.”
Nessuno ebbe il coraggio di svegliare Eustace, che stava russando rumorosamente.
Io ed Edmund, ancora un po’ assonnati, ci alzammo in fretta e ci incamminammo con le spade sguainate, non sapendo quali pericoli avremmo incontrato. Nonostante lo stato di emergenza, io mi sentivo ancora in pace col mondo e con me stessa e anche la nausea si era placata.
Girovagammo tra gli alberi e i prati, chiamando il nome di Lucy, ma facendo attenzione ad ogni minimo movimento sospetto. Di lei non c’era traccia.
Ad un certo punto rinfoderai la spada: “Ragazzi, non credo che sia in pericolo. Quest’isola è davvero paradisiaca. Magari si è solo allontanata per passeggiare.”
Edmund abbassò la lama a sua volta: “Nemmeno io ho sensazioni negative, però lei è sparita. L’idea della passeggiata non è sufficiente.”
Caspian, che si era allontanato un po’ da noi per guardare l’orizzonte, propose: “Forse è dentro il palazzo.”
Edmund non capì: “Quale palazzo?”
Caspian gli indicò dove guardare ed Edmund rimase sorpreso: “Non c’era fino ad un attimo fa. Com’è possibile?”
Gli occhi mi brillavano: “E’ comparso dal nulla come per magia.”
La grande porta  in legno riccamente scolpita si aprì lentamente con un simpatico cigolio e in un attimo comparve Lucy affiancata da un uomo di bell’aspetto.
Quando ci vide sorrise: “Siete qui! Venite, vi presento il mago Coriakin! E’ il proprietario dell’isola!”
Edmund le si rivolse un po’ brusco: “Cosa ti è saltato in mente di allontanarti?”
“Non mi sono allontanata di mia spontanea volontà. Diciamo che dei piccoli e strani amici con una gamba sola mi hanno portata qui per spezzare l’incantesimo che li rendeva invisibili.”
Eustace si fece sentire alle nostre spalle: “Accidenti a voi! Mi avete lasciato da solo per fare una scampagnata? Vergognatevi!”
Il mago ci si rivolse gentilmente: “Venite, siete miei ospiti. So che siete qui a causa della nebbia. Entrate e vi spiegherò tutto. Avevo previsto il vostro arrivo da tempo.”
Eustace sbottò: “Da tempo? Ma chi si crede di essere?”
Edmund lo zittì dandogli una gomitata allo stomaco.
 
All’interno del castello, la magia buona rendeva tutto interessante e meraviglioso: c’erano libri che volteggiavano per la biblioteca, oggetti che si materializzavano da un tavolo ad un altro, figure dipinte sulle pareti che cambiavano forma continuamente.
Il mago ci condusse in una stanza vuota dove, al posto del pavimento, c’era una grande lastra di vetro azzurro luminoso, raffigurante i mari di Narnia.
“Ciò che state cercando proviene dall’Isola delle Tenebre. Lì il male ha messo le sue radici e ha creato la nebbia per espandersi ovunque.”
Caspian chiese: “Nel luogo dove vivo non c’è niente di simile. Perché la nebbia non ha viaggiato fin là?”
“Per il semplice motivo che quella zona è ancora protetta dall’aura di Aslan. Purtroppo il potere della sua benedizione si affievolisce più ci si allontana da Telmar e così il male ha instaurato la propria base nel punto più lontano.”
“Cosa possiamo fare per sconfiggerla?”
“C’è solo un modo, mio re. So che siete in possesso di una spada donatavi da un Lord.”
“Sì, è vero. E’ una spada magica, ma cosa ha a che fare con questa storia?”
“E’ semplice la risposta. Dovete trovare le altre sei gemelle di quella spada e portarle sull’isola di Ramandu dove in tempi antichi è stato costruito un tempio dedicato ad Aslan.”
“Ramandu? Non ho mai sentito questo nome. Ho navigato per tutti i mari del mondo e non sono mai arrivato sull’isola di cui parlate.”
“Questo perché si tratta di un’isola a cui vi può condurre solo la stella azzurra. Rimettetevi in mare e quando avrete attraversato la tempesta la troverete pronta a guidarvi. Vi faccio solo una raccomandazione: ‘lei’ sa che volete sconfiggerla. Farà qualunque cosa per farvi cadere in tentazione. Potreste ritrovarvi morti o perduti per sempre se riuscirà a farvi cadere nella sua trappola durante il sonno.”
“Lei chi? Di chi parlate?”
“Di colei che ha creato la nebbia. Colei che sa leggere nei vostri cuori e ricavarne i desideri più oscuri che abbiate mai osato fare. Non dovete cedere a lei.”
Edmund intervenne: “Sono già caduto in tentazione del male per ben due volte. Non accadrà di nuovo.”
“Non sottovalutatela, principe comandante. Il vostro cuore brama sempre qualcosa, anche se voi non ve ne rendete conto.” Poi si rivolse a me: “E voi, principessa, fate molta attenzione a quello che vi affannate a sopprimere, perché lei lo riporterà alla luce in un battito di ciglia.”
Infine parlò a Caspian: “Non è solo una coincidenza il fatto che le spade che stavate già cercando siano anche l’arma che può annientarla. Fate attenzione, lei tenterà di corrompervi.”

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Capitolo 8
*** La diabolica paradisiaca tentazione ***


Capitolo 8
La diabolica paradisiaca tentazione
 
“Non se ne parla neanche! Io dormirò nella cabina che mi ha ceduto Drinian e Vera dormirà in quella di Caspian, da sola. Sono stata chiara?” Lucy era paonazza dalla rabbia.
Edmund sbuffò infastidito: “E va bene, hai vinto tu. Vorrà dire che io dormirò in una cuccia assieme agli altri membri dell’equipaggio.”
Lo guardai con comprensione: “Mi dispiace, Eddy.”
“Non capisco perché dobbiamo farci comandare da lei.”
Caspian lo tranquillizzò: “Le cucce non sono scomode come si crederebbe.”
Edmund stava per precisare: “Non è questione di comodità. E’ solo che così dovrò rinunciare a…” Si bloccò sentendosi addosso lo sguardo inceneritore di Lucy.
Caspian lo trasse in salvo prendendolo a braccetto e portandolo via di lì, parlando a voce alta: “Ti capisco, potresti cadere giù e farti male se ti agiti nel sonno!”
Una volta usciti all’aria aperta, Edmund lo riprese: “Ma che stai dicendo?”
“Era solo un modo per salvarti da Lucy. Comunque non preoccuparti, per alcune notti ti coprirò in modo che tu possa raggiungere la mamma.”
Edmund sorrise: “Davvero lo faresti?”
Caspian fece per allontanarsi senza rispondere, ma lui lo fermò: “Aspetta. Cosa intendeva il mago?”
Caspian scosse il capo con sguardo interrogativo.
“Voglio dire, quando ha detto che stavi già cercando le spade, era la verità?”
“No. Hai capito male. Intendeva dire che stavo già cercando i Lord.”
“Caspian, prima o poi dovrai dirmi la verità. Comunque, oltre a questo, sono in ansia per il suo avvertimento. Chi sa cosa farà la nebbia per tentarci.”
 
Come previsto dal mago, dopo poche ore che ci eravamo allontanati dall’Isola Paradisiaca, ci imbattemmo in una tempesta senza eguali. Per diversi giorni vivemmo sballottati dalle onde, avvolti dalle tenebre, tanto che consumammo una buona scorta di candele. Una di quelle sere, Lucy mi stava assistendo in seguito all’ennesimo attacco di nausea. Ero così esausta che crollai sul letto. Per fortuna mi ero già tolta i vestiti, così potei rimanere coricata con addosso la sottoveste.
Lei mise da parte il secchio e mi appoggiò sulle labbra una foglia: “Mangiala. Questa dovrebbe aiutarti un poco. Anche se questi bruschi movimenti della nave rendono tutto difficile.”
Masticai lentamente la foglia, pensando all’Isola Paradisiaca e a come mi sentivo mentre ero là: “Se penso al profumo che c’era su quell’isola mi sento più rilassata.”
“Era un incantesimo potente.”
“Tu hai fatto qualche sogno particolare in queste notti?”
“No, niente. Ho solo dormito. Forse il mago si sbagliava.”
In quel momento Edmund entrò nella cabina e si giustificò subito: “Lucy, sono qui solo per darle la buonanotte e vedere come sta.”
Lei si difese: “Non ho detto niente. Non sono mica così egoista.”
Lui si avvicinò al letto e si chinò per sfiorarmi il viso con dei baci: “Come ti senti?”
Gli accarezzai i capelli: “E’ dura, ma sopravvivrò. Le foglie mi aiutano molto.”
Mi baciò le labbra dolcemente: “Caspian si è già coricato, ora vado anch’io. Buonanotte.”
Accennai un sorriso mentre lui si rialzava: “Buonanotte, amore mio.”
Sul ciglio della porta, in modo molto romantico, mi lanciò un bacio con un soffio e poi uscì.
Lucy mi sorrise: “Si è addolcito stando con te. Se non ti avesse incontrato sarebbe rimasto rozzo.”
Lasciai una risatina: “Anche un corvo, nonostante l’aspetto, può diventare gentile!”
“Un corvo?”
“Lascia stare, è una riflessione che ho fatto molto tempo fa.”
“Va bene. Ora vado anch’io a dormire. Se hai bisogno, dentro il cassetto c’è la campanella.”
“Grazie Lucy. Dormi bene.”
Una volta tornata nella sua cabina si preparò per la notte e si infilò sotto le coperte. Da sotto il cuscino estrasse una pagina che aveva strappato dal libro degli incantesimi del palazzo del mago: “Lo so che rubare è peccato, però ho bisogno di questo incantesimo. Voglio essere carina. Non voglio più sembrare un piccolo rospo.”
Sospirò e la nascose di nuovo sotto il cuscino.
 
Quella stessa notte, la nebbia fece il suo ingresso nella nave e iniziò a tessere la sua tela per intrappolarci. Lucy, dal sonno profondo in cui si trovava, fece un sogno bellissimo. Si trovava in un teatro di Londra, con addosso un costume, e accanto a lei stavano in fila altre ragazze. Erano tutte agitate, mentre i membri della giuria in prima fila scrivevano su dei fogli. Ad un certo punto, un uomo di spettacolo salì sul palco con una busta in mano e si rivolse al pubblico: “Signore e signori, ho il piacere di annunciarvi che la vincitrice del concorso di bellezza ‘Miss Inghilterra 1945’ è…” Aprì la busta e ne estrasse il foglio, creando una suspense che si poteva quasi toccare, poi spalancò le braccia con entusiasmo: “La signorina Lucy Pevensie!”
Lucy gridò di gioia e le lacrime le rigarono le guance, mentre un’addetta le posava la coroncina sul capo. Le altre ragazze la circondarono per abbracciarla e farle i complimenti, perciò ci mise un po’ prima di riuscire ad andare al microfono: “Grazie! Vi ringrazio tutti! Sono così felice!”
Io mi addormentai pensando alle figure che avevo associato a Peter e ad Edmund. Il mio sogno cominciò proprio così, con un grosso corvo che mi guardava appollaiato sul ramo di una quercia dalle foglie rosse che si muovevano al vento e un cigno che nuotava dentro l’acqua di un lago. Mi distesi sull’erba per godere della sua freschezza, completamente nuda, sapendo che i due animali si stavano avvicinando a me. All’improvviso, il letto di erba diventò un letto di petali di rosa, il cigno si trasformò in Peter, il corvo si trasformò in Edmund. Entrambi nudi, si distesero accanto a me e cominciarono ad accarezzarmi sensualmente. Il loro tocco mi portò all’estasi immediata, ma ancora di più quando Edmund prese a baciarmi le labbra ed a massaggiarmi un seno, mentre Peter mi baciava il ventre e mi accarezzava l’interno della coscia. Le dita delle mie mani sembravano danzare tra i loro capelli di seta. Poi Edmund portò la sua mano sul punto più sensibile del mio corpo e prese a massaggiarlo delicatamente. Peter si sollevò da dov’era e raggiunse il mio viso per baciarmi le labbra. Le sue labbra bollenti che avevo assaggiato in passato, in quel momento creavano un piacevole contrasto con le dita fredde di Edmund sul mio corpo. Poco alla volta, senza che me ne rendessi conto, Edmund sparì dalla scena dissolvendosi come una nuvola di fumo e rimase solo Peter sdraiato su di me, come se fosse stato in quella posizione fin dall’inizio. Quando cominciò a muoversi in me, in modo quasi brutale, sentii un piacere così forte che dovetti gridare e affondare le dita sulla sua schiena muscolosa, quasi volessi fargli male. Nella realtà mi aveva amata in modo gentile e premuroso, l’esatto contrario di quel sogno dove l’istinto animale ci dominava entrambi. Per tutto il rapporto tenni gli occhi puntati sui suoi, completamente presa da quello sguardo carico di desiderio che mi diceva tutto. La cosa straordinaria fu che, quando raggiungemmo l’apice del piacere, invece di fermarci continuammo per quelle che parvero ore senza sentire il minimo accenno di stanchezza.
Edmund, seppur faticando a trovare il sonno, alla fine si addormentò sulla cuccia che Caspian gli aveva affidato vicino alla sua. Il suo sogno fu alquanto surreale. Sedeva sul trono di re Giorgio VI, avvolto dal mantello regale e con la corona sul capo. La sala era colma di reali e di fotografi. Si alzò dal trono e parlò con voce imponente: “Prima di tutto voglio manifestare la mia gratitudine ai membri del casato Windsor, che hanno deciso di rinunciare al loro diritto al trono in mio favore. Mi hanno elogiato come eroe di guerra, per il mio straordinario coraggio in battaglia e per aver fatto così cessare la Seconda Guerra Mondiale. In seguito si sono ritirati affidandomi la guida dello stato e la corona. Grazie, vostre maestà. Sarò un re eccellente per la Gran Bretagna. E dopo di me lo sarà anche mio figlio Caspian.”
Fece un segno ai guardiani di fronte alla porta, in modo che l’aprissero. Tutti s’inchinarono quando feci il mio ingresso come regina, con tanto di corona sul capo, portando tra le braccia un neonato, nostro figlio Caspian. Andai accanto ad Edmund e sorridemmo al pubblico. L’ormai ex re, gridò: “Lunga vita ai nuovi sovrani!” Tutti lo imitarono in coro.

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Capitolo 9
*** Il sogno diventa incubo ***


Capitolo 9
Il sogno diventa incubo
 
Quegli strani sogni ebbero una forte influenza sul nostro comportamento, fin dal mattino seguente. Lucy diventò altezzosa, amava camminare per tutti i corridoi della nave guardandosi ad uno specchio che portava sempre con sé, come se fosse la ragazza più bella del mondo, inimicandosi così Drinian, il quale un giorno confessò ad un minotauro: “Mi sono pentito di averle ceduto la mia cabina. Avrei fatto meglio ad appenderla alla prua, così avrebbe potuto specchiarsi sulle onde.”
Edmund iniziò a dare ordini a destra e a manca, scavalcando anche la parola di Caspian e prendendo un fauno come valletto personale per pettinargli i capelli e lucidargli gli stivali.
Io, assorbita dalle sensazioni che avevo provato, ogni volta che facevo l’amore con Edmund (di nascosto da Lucy, ovviamente!) tenevo gli occhi chiusi immaginando che al suo posto ci fosse Peter e se lui provava a dirmi qualche parola io lo zittivo infastidita. Un giorno, subito dopo un rapporto, Edmund si fece sentire. Si sdraiò di fianco a me e mi parlò severo: “Ma dove sei quando facciamo l’amore?”
Risposi con noncuranza: “Sono qui.”
“No, invece. Quando cominciamo a baciarci sono sicuro che baci me, ma dopo? Tieni gli occhi chiusi per non vedermi, mi imponi di tacere, non pronunci mai il mio nome. Quando mi muovo dentro di te, chi stringi tra le cosce? A chi pensi?”
Sentii una punta di colpevolezza: “Nessuno, Ed. E’ solo una stupida fantasia erotica. Non c’è bisogno che ti arrabbi.”
“Quindi se io penso a Rita Hayworth, mentre lo facciamo, per te va bene?”
Mi alterai: “Se lo farai avrai tutto il mio disprezzo.”
Lui si alzò dal letto e si rivestì in fretta: “Allora smettila di trattarmi così o potrei anche decidere di lasciarti. Questa volta definitivamente.”
Uscì dalla cabina sbattendo la porta alle proprie spalle.
I nostri rapporti tesi erano la conferma che la nebbia stava colpendo nel segno e noi non ce ne eravamo nemmeno resi conto. Solo durante la notte che per noi sarebbe stata fatale, le nostre menti capirono l’inganno e, con l’aiuto di Aslan, ci liberammo momentaneamente dall’incubo.
Ecco ciò che accadde, partendo dalla piccola Lucy.
 
Il suo sogno cominciò molto male stavolta, perché si guardò allo specchio e vide che era diventata orribile. Disperata, prese la pagina nascosta e pronunciò la formula tutta d’un fiato. La sorpresa fu grande quando, riflessa nello specchio, vide la figura di Susan. Era bellissima con il vestito da pomeriggio, i capelli acconciati ed un filo di rossetto sulle labbra! L’incantesimo aveva donato a Lucy la bellezza della sorella, o almeno così credette Lucy. Sfiorò lo specchio, che si aprì come una porta, e lei si ritrovò in America, durante una festa in giardino. Peter ed Edmund l’affiancarono sorridenti e a lei parve di aver realizzato un desiderio, fino a quando chiese: “Dov’è nostra sorella?”
Peter la guardò stranito: “Chi? Susan, stai bene?”
“Io non sono Susan! Sono Lucy!”
“Dai non scherzare. Non conosco nessuno con quel nome.”
“Come sarebbe? Io sono Lucy. Edmund, non ti ricordi che ci trovavamo a Narnia?”
Edmund non comprese: “Dove? Cos’è, il nome di un nuovo locale?”
“Non ti ricordi? E la tua fidanzata, Vera? L’hai conosciuta in campagna durante la guerra.”
“Io non ho una fidanzata. Magari ce l’avessi! E poi durante la guerra siamo venuti qui in America.”
Spaventata da quella nuova realtà, Lucy si allontanò da loro con passo tremulo e fece ritorno al punto da cui era venuta. Per fortuna, ritrovò il passaggio per la sua cabina a bordo della nave. Si svegliò un po’ stordita, guardando la propria immagine allo specchio e non ebbe più dubbi. Prese la pagina, ne fece una palla e la gettò nel camino provocando una fiammata verde.
Edmund non si trovava in una situazione migliore, nel proprio sogno. Era ancora beatamente seduto sul suo nuovo trono, ammirato dai fotografi, quando la porta si spalancò. Un fauno fece irruzione, furibondo: “Traditore. Hai venduto la tua anima per il potere.”
Edmund rimase sorpreso: “Cosa ci fa un fauno in Inghilterra? Come hai fatto ad arrivare qui?”
“Non so di cosa stai parlando, ma sei un misero vigliacco. Hai sposato la regina del ghiaccio e ci hai maledetto tutti quanti.”
“Jadis? Cosa c’entra Jadis? Lei è morta.”
Una risata gelida invase tutto e, in un lampo, la sala del trono di Buckingham Palace si tramutò nel castello di ghiaccio di Narnia.
Jadis comparve dal nulla: “Mio amato, sapevo che saresti tornato da me. Ti ho aspettato tanto.”
Lui tremò sul trono di ghiaccio: “No. Sei un’illusione. Non sei qui. E io sono innamorato di Vera. Sto per sposarla.”
“Non credo proprio. Vera è morta. Si è tolta la vita il giorno delle nostre nozze.”
Edmund lanciò un grido, correndo verso l’uscita del palazzo: “No! Vera!”
Si svegliò di colpo, col respiro affannato, e si ritrovò la spada stretta in pugno.
Caspian, svegliato dal grido, si allarmò: “Papà, stai bene?”
“Ho… Ho fatto un incubo terribile. Scusa se ti ho svegliato.”
“Figurati. Mi dispiace, deve essere stato un incubo tremendo. Sei pallido da far paura.”
Edmund posò la spada e sospirò: “Non sai quanto, figliolo.”
Nello stesso momento io ero nel mio sogno, tra le braccia di Peter. La sua pelle morbida sfiorava la mia, i suoi baci mi stuzzicavano la spalla. La beatitudine però si stava affievolendo dentro di me: “Peter, ora devo andare. Edmund mi sta aspettando.”
Rise: “Divertente! Hai voglia di scherzare?”
“Dico davvero, Peter. Non dovrei nemmeno essere qui. Mi sento in colpa per averlo tradito.”
“Per lui non ha più importanza ormai.”
“Che vuoi dire?”
“Vera, amore, Edmund ti ha lasciata.”
Mi spaventai: “Non è vero.”
“Sì, amore mio. Non ricordi? Ti ha lasciata dopo averci sorpreso a letto insieme per la seconda volta. Ora si trova in America, dove ha sposato una cameriera cubana che indossa solo vestiti gialli. E’ una ragazza fedele e insieme sono molto felici.”
In preda al panico, mi svegliai, gridando: “Edmund! Edmund!”
Sia lui che Caspian, sentendomi, accorsero nella mia cabina. Non appena Edmund entrò dalla porta, io gli saltai addosso, in piena crisi isterica: “Amore mio ti prego non lasciarmi.”
Lui mi scosse: “Vera, era un incubo, calmati.”
“Non voglio che sposi una cameriera cubana vestita di giallo. Ti prego, perdonami. Non lo guarderò mai più. Non gli rivolgerò neanche la parola se tu non vorrai.”
“Di chi stai parlando? Non capisco.”
“Di Peter. Te lo giuro, era solo lussuria. Io non l’ho mai amato. Lo desideravo e basta. Il desiderio mi ha annebbiato la mente e ho perso di vista il mio amore per te. Ma io ti amo Edmund, ti amo davvero. Amo solo te.”
Mi strinse forte tra le sue braccia e tentò di tranquillizzarmi, mentre io piangevo a catinelle: “Non è niente. Io non ti lascerò mai. Già una volta ho commesso quell’errore e non voglio ripeterlo.”
Caspian era rimasto sulla soglia della porta a guardare la scena, provando una sorta di rabbia nei confronti di Peter. Odiava che quell’uomo, che doveva chiamare zio, vivesse tra sua madre e suo padre come un’ombra.
Lucy comparve al suo fianco, facendogli capire che aveva assistito a sua volta. Lui la guardò con volto disgustato: “In fondo, sarebbe stato meglio che avessero dormito insieme fin dall’inizio.”

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Capitolo 10
*** Tale padre tale figlio ***


Capitolo 10
Tale padre tale figlio
 
I raggi dal sole nascente entrarono curiosi dalla vetrata della mia cabina. Edmund era rimasto con me tutta la notte e anche in quel momento mi abbracciava, tenendo il viso poggiato sul mio capo, mentre io dormivo. Mi mossi nel sonno e aprii gli occhi di una fessura. Prima che mi girassi, sentii la voce di Edmund sussurrarmi all’orecchio: “La tempesta è passata. Dormi, è ancora presto.”
Richiusi gli occhi e d’istinto presi la sua mano e la portai sul mio ventre. Edmund notò una leggera rotondità ma non le diede importanza. Mi sfiorò la guancia con una bacio, poi si alzò e uscì silenziosamente dalla cabina.
Uscì sul ponte, dove l’equipaggio si godeva il sole dopo tanto tempo, continuando a svolgere le mansioni giornaliere. Vide Caspian di fronte al parapetto, intento a guardare l’orizzonte, allora gli si avvicinò: “Tre settimane di tempesta. Sono contento che sia finita.”
“Non cercare di evitare il discorso. Puoi parlare con me, papà.”
“Non ho niente da dire. La nebbia ha fatto solo ciò che il mago aveva predetto.”
Caspian lo fissò sbalordito: “Non ti dà fastidio sapere che la mamma è ancora attratta dallo zio?”
Edmund continuò ad usare un tono composto: “Certo che mi dà fastidio, però non ho nulla di cui preoccuparmi. Lei mi ama e nessuno potrà mai dividerci.”
“Io al tuo posto sarei già impazzito.”
“Come voleva la nebbia.”
“Per curiosità, mi spieghi di cosa stava parlando? La cameriera cubana, ovunque sia un luogo con tale nome, il vestito giallo…”
“E’ una sua paura. Teme che la lasci per una bellezza straniera. In questo caso con pelle abbronzata e capelli scuri, l’esatto opposto di lei. Per quanto riguarda il vestito, beh, lei odia i vestiti gialli.”
“Tu invece cosa hai sognato di terribile?”
“Ho sognato di aver sposato la regina del ghiaccio e aver causato la morte di tua madre. Sono grato ad Aslan che non sia accaduto niente di simile.”
Caspian fece mente locale e azzardò un’ipotesi: “Jadis? Papà, e se ci fosse lei dietro a tutto questo? Ricordi le parole del mago? Colei che sa leggere nei vostri cuori e ricavarne i desideri più oscuri. Solo lei possiede un potere così malvagio.”
Eustace comparve alle loro spalle: “Inventate storie dell’orrore già di prima mattina?”
Edmund disse sarcastico: “Sì. Infatti sei comparso tu.”
“Un giorno ti farò rimangiare tutte queste offese. Razza di villano antipatico.”
Edmund si mise in posizione per sferrargli un pugno, ma Caspian lo fermò: “Papà, non è bello picchiare un membro della famiglia!” Poi si rivolse a Eustace: “Caro cugino, da quando sei salito a bordo non ho avuto l’occasione di conversare con te. Perché non passeggiamo per il ponte? Voglio sapere cosa fai nella vita, quali sono i tuoi interessi e magari insegnarti a tirare di spada.”
“Le armi sono degli strumenti alquanto rozzi. Io sono un sostenitore del dialogo.”
Mentre si allontanavano, Caspian si voltò per fare un occhiolino d’intesa con Edmund.
 
Dopo qualche ora arrivai anch’io sul ponte e per prima cosa mi gettai tra le braccia di Edmund, col sorriso sulle labbra: “Finalmente è tornato il sole. Senza il movimento brusco delle onde non avrò più problemi di nausea, così potrò ricominciare a mangiare tante buone fragole.”
Edmund scherzò: “Fai attenzione però! Prima mi sono accorto che il tuo ventre si sta arrotondando. Se ti abbuffi diventerai una porcellina.”
Replicai arrossendo: “Non sono ingrassata. E’ un’altra cosa.”
“Sicuro! Sono certo che sarai bellissima anche come porcellina! Rosa e tondetta!”
Prima che continuassimo, Caspian, accompagnato da  Eustace, si avvicinò a noi: “Buongiorno, mamma. Sei radiosa stamattina.” 
Lo guardai un po’ sorpresa: “Eri in compagnia di Eustace? Incredibile!”
Eustace, con aria altezzosa, spiegò: “Anche se ha il doppio dei miei anni trovo che Caspian sia una persona piacevole. Conoscendolo meglio si capisce che è più intelligente di voi.”
Sia io che Edmund gli lanciammo un’occhiataccia, ma Caspian stabilì una tregua: “Sono i miei genitori, di certo avrò preso qualcosa da loro.”
“Ecco un punto a tuo sfavore. Non capisco perché ti ostini a chiamarli genitori. Bah!”
“Un giorno ti convincerai. Ora c’è una cosa che devo dirvi, soprattutto a te cugino. Tra poco arriveremo all’Isola del Drago. Secondo la leggenda, nei tempi antichi l’isola era custodita da un drago, ma un giorno, degli uomini dotati di oscuri poteri lo uccisero per rubare il tesoro dell’isola. Un attimo prima di morire, il drago lanciò una maledizione sul tesoro in modo che nessuno potesse portarlo via. Si dice che accadano cose orribili a chiunque tenti di impossessarsene.”
“Le leggende sono equivalenti alle favole. Ma se davvero è pericolosa, perché ci stiamo andando?”
“Abbiamo quasi finito le scorte di cibo. Non possiamo aspettare un giorno di più.”
 
Sia noi che un gruppo di uomini dell’equipaggio, raggiungemmo la riva con le scialuppe. Caspian ordinò agli altri di andare a cercare provviste, mentre noi ci avventurammo all’interno di quell’isola priva di vegetazione. Eustace volle stare per conto proprio vicino alle scialuppe.
Dopo aver girovagato senza aver trovato niente, Caspian cominciò ad agitarsi: “Eppure dovrebbero esserci tracce dei Lord anche qui. So per certo che hanno attraversato quest’isola durante la fuga.”
Lucy, incuriosita da un’incavatura sul muro di roccia, ci richiamò: “Venite, qui c’è qualcosa.”
Ci ritrovammo all’interno di una caverna dove vi era una piccola fonte. Ci guardammo attorno, poi Edmund si chinò ai margini della fonte sospirando: “Avevi ragione. Almeno uno di loro è stato qui. Anzi, non se né mai andato.”
Ci avvicinammo per vedere e scoprimmo che dentro l’acqua c’era una statua d’oro che un tempo doveva essere stato un Lord.
Caspian confermò: “La maledizione dell’acqua. Tutto ciò che la sfiora si trasforma in oro.”
“Guarda, dentro c’è la sua spada. La magia buona l’ha mantenuta intatta. Ora la prendo.”
Con un’abile manovra, immerse la lama della propria spada nell’acqua e riuscì a prendere quella del Lord, facendo attenzione a non causare schizzi che sarebbero stati letali.
Lucy parlò timorosa: “Bene, ora andiamocene. Questo posto non mi piace.”
Edmund ci richiamò: “Aspettate!”
Vidi nei suoi occhi una strana luce che non mi piaceva per niente: “Tesoro, è meglio andare.”
“Non capisci che qui c’è la nostra fortuna? Se prendiamo una scorta di quest’acqua diventeremo ricchissimi. Potremo avere qualunque cosa. Nessuno potrà darci ordini.”
Caspian si avvicinò: “Papà, non puoi dire sul serio. Io non ti premetterò di farlo.”
Edmund si arrabbiò: “Vuoi tutto il potere per te, vero?”
“No, sto solo cercando di proteggerti, perché ti voglio bene.”
“Tutte scuse. Sei uguale a tuo zio. Pensate solo a comandare. Sai cosa ti dico? Mi avete scocciato!”
Sguainò la spada e la puntò verso Caspian, il quale sguainò a sua volta la propria.
Io corsi per fermarli e mi misi tra loro: “Che state facendo?”
Come se non mi avesse udito, Edmund minacciò Caspian: “Quell’egoista ti ha nominato suo erede escludendo me. Ma ci sono prima io. Io ho il diritto di regnare prima di te. Sono un principe e tu dovresti lodarmi e sottometterti alla mia volontà.”
Lo rimproverai: “Edmund, non parlare in questo modo a nostro figlio.”
Caspian, con la stessa luce folle negli occhi, rispose a tono: “Sei solo un ragazzino prepotente. Non mi sorprende che lo zio ti abbia escluso dalla linea di successione.”
“Caspian. Non rispondere così a tuo padre.”
Entrambi piroettarono su loro stessi per schivarmi e incrociarono le lame a poca distanza da me.
Incurante del pericolo, li afferrai per il polso e tuonai: “Volete uccidervi? Siete due stupidi. Avete gli stesi difetti. Non vi sopporto più.”
Lucy cercò di aiutarmi con una spiegazione logica: “Siete alterati a causa della nebbia. Ha trovato uno dei vostri punti deboli e lo sta usando per distruggervi. Dovete calmarvi. Anch’io ho rischiato di cadere nella trappola quando ho rubato la formula magica dall’isola del mago.”
Loro due si lanciarono occhiate di fuoco poi, ritrovando un minimo di lucidità, rinfoderarono le spade.
L’istinto materno mi fece abbracciare Caspian, sollevata per il pericolo scampato.
Edmund si avvicinò a Lucy: “Davvero hai rubato una formula magica?”
“Lascia stare, è una lunga storia. Andiamo.”
 
Durante il ritorno, rimasi mano nella mano con Caspian, finché non arrivammo di fronte ad una grande fossa contenente un tesoro.
Caspian disse rivolto ad Edmund: “Andiamo a dare un’occhiata. Il mio istinto mi dice che troveremo qualcosa di importante anche qui.”
Io e Lucy restammo sul ciglio, mentre loro scesero dentro la fossa. Edmund scherzò: “Se fossi un idiota ora mi sarei già riempito le tasche di questo oro!” La sua espressione cambiò di colpo, vedendo che a terra c’erano dei vestiti famigliari: “Oh no, Eustace.”
Si chinò per prendere in mano la camicia bruciacchiata: “E’ stato fulminato. Povero cugino. Non può essere vero.”
Caspian gli posò una mano sulla spalla: “Mi dispiace, papà. Lo avevo avvertito. Credevo mi avesse dato ascolto. Avremmo dovuto portarlo con noi.”
“Non è stato il solo a fare una brutta fine. Guarda, è lo scheletro di un Lord.”
Caspian si avvicinò alle ossa che ancora indossavano l’armatura e prese la spada che era lì a terra: “Triste fine per un cavaliere che ha combattuto in nome di Aslan.”
Quando risalirono, Edmund teneva ancora tra le mani la camicia di Eustace. Ce la mostrò senza dire niente, ma noi capimmo lo stesso. Lucy pianse delle lacrime di affetto, con il viso appoggiato alla mia spalla. Io dissi triste: “Cosa diremo ai vostri zii? Cosa inventeremo?”
Desolati, tornammo alla riva, dove ci attendevano gli uomini con le poche provviste che avevano trovato. Io e Lucy salimmo sulla nostra scialuppa, con l’aiuto di Caspian, quando la nostra attenzione fu attirata da uno strano ruggito. Alzammo gli occhi al cielo e gridammo tutti e tre assieme: “Un drago?”
Io chiesi: “Caspian, ma non avevi detto che era morto?”
“Infatti. Sono passati centinaia di anni. Presto, dobbiamo andarcene.”
Allungò una mano per aiutare Edmund a salire, ma il drago volò giù in picchiata e lo afferrò prima che potesse salire sulla scialuppa.
Gridai: “Edmund! Cerca di liberarti!”
Impotenti, non potemmo fare altro che stare a guardare mentre il drago lo portava via, dietro alle montagne rocciose.
Con nostra sorpresa, in capo a pochi minuti, il drago fece ritorno, sempre con Edmund tra gli artigli, il quale ci faceva dei segnali con le braccia. Quando fu sopra le nostre teste, spiegò: “E’ Eustace. Non è morto. E’ stato trasformato in un drago.”
Lucy, sbigottita, disse solo: “Oh, perbacco! Questo sarà ancora più complicato da spiegare agli zii.”
Eustace lasciò Edmund sopra la sabbia e atterrò poco più in là.
Caspian sentenziò: “E’ il tramonto, non possiamo lasciarlo qui da solo. L’equipaggio può tornare sulla nave con le provviste, noi ci accamperemo qui e domani decideremo cosa fare.”
 
La notte calò velocemente e ci sorprese più animati di quanto si potesse credere, a parte Lucy che si addormentò serenamente accanto al falò.
Mentre Edmund e Caspian parlavano distesi sulla sabbia, io andai da Eustace e gli accarezzai la lunghezza del muso: “Non essere triste, non resterai così per sempre. Quant’è vero che sono la principessa di Narnia.”
Lui alzò gli occhi al cielo e sospirò rassegnato, allora lo riproverai scherzosamente: “Lo sono davvero! Oh, dai prova a dormire. Resterò accanto a te così non ti sentirai solo.”
Mi sdraiai vicino alla sua testa: “Buonanotte, cuginetto.”
Dalla parte opposta, Caspian ci stava osservando con aria maliziosa. Dava l’impressione di divertirsi un mondo! Non sapendo resistere, andò a stuzzicare Edmund: “E questo ti da fastidio?”
Lui, evidentemente infastidito, gli ordinò: “Sta zitto, Caspian. E’ ora di dormire.”

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Capitolo 11
*** La fanciulla azzurra ***


Capitolo 11
La fanciulla azzurra
 
Il mattino seguente, prima dell’alba, il primo a svegliarsi fu proprio Eustace, a causa di una luce azzurra che puntava dritta sul suo viso. Anzi, sul suo muso! Mi scosse piano finché non mi svegliai.
Assonnata chiesi: “Cosa c’è Eustace? Non è ancora sorto il sole.”
Con il muso indicò il cielo, allora alzai lo sguardo. Di colpo fui assolutamente sveglia: “Ragazzi, c’è la stella! La stella azzurra! Il mago aveva ragione!”
In un battito di ciglia tornammo sulla nave e partimmo nella direzione che la stella ci aveva indicato prima di scomparire alla luce del giorno. Il vento era favorevole, quasi ci stesse aiutando ad arrivare il più presto possibile, e Eustace volava accanto alla nave con entusiasmo, senza sentire la stanchezza.
 
Io, Edmund e Caspian eravamo nella nostra cabina privata. Da un po’ Caspian non faceva che fissare le tre spade dei Lord poste sopra il tavolo.
Mi avvicinai a lui: “Caspian, a cosa stai pensando?”
“Ho paura di non trovare tutte le spade. Se le altre quattro non sono su Ramandu tutti i miei sforzi non saranno serviti a niente.”
“Le troveremo. E anche se non ci riuscissimo ci sarà un altro modo per sconfiggere la nebbia.”
Lui batté un pugno sul tavolo: “Non me ne importa niente della nebbia. Io voglio trovare il regno celeste di Aslan. Possibile che non lo capisci?”
Intimorita dalle sue maniere, non ebbi il coraggio di rispondere, perciò fu Edmund a prendere le mie difese: “Ehi, non aggredire tua madre. Noi non sappiamo cosa ti sta accedendo e tu non ce lo vuoi dire. Scommetto che la ricerca dei sette Lord è solo una scusa. A che cosa ti servono quelle spade? Perché ci troviamo qui? Finché non ti deciderai a parlare non riusciremo mai a capirti, perciò non ti permetto di trattarci così. Fatti un esame di coscienza.”
Mi prese per mano e mi costrinse a seguirlo fuori dalla cabina, mentre Caspian rimase immobile con le mani sul tavolo, lo sguardo basso.
Nel corridoio, piantai i tacchi a terra per costringere Edmund a fermarsi: “Non sarai stato troppo severo con lui? Non sappiamo quali siano le sue intenzioni.”
Mi parlò con lo stesso tono arrabbiato di prima: “No, Vera. Quando è troppo è troppo. Non mi interessa se è diventato un uomo, io rimango suo padre ed è giusto che lo rimproveri quando sbaglia. E’ un mio dovere di genitore.”
Io abbassai lo sguardo tristemente: “Non mi piace vedervi litigare. E forse anche lui c’è rimasto male. Dovreste chiarirvi.”
“Non è un bambino. Devi convincerti di questo. Il nostro piccolo Caspian lo abbiamo perduto quando ce ne siamo andati la prima volta. Smettila di giustificarlo. E’ abbastanza grande per assumersi le proprie responsabilità.”
“Io non sopporto che siate in collera l’uno con l’altro.” Le lacrime iniziarono a rigarmi le guance, perciò andai di filata a rifugiarmi nella mia cabina.
Edmund sospirò portandosi una mano alla fronte: “Un disastro.”
 
Dopo appena un paio di ore, Caspian raggiunse Edmund sulla prua. Imbarazzato per il proprio comportamento sgradevole, si fece avanti timidamente: “Papà, possiamo parlare?”
Lui si voltò, le sopracciglia ancora un po’ aggrottate: “Hai chiesto scusa  a tua madre?”
“Sono entrato nella sua cabina e ho visto che stava dormendo. Ho preferito lasciarla riposare.”
“Allora lo farai più tardi. Cosa vuoi dirmi?”
“Ho pensato a quello che ci è accaduto ieri, alla fonte dell’Isola del Drago. E sono giunto alla conclusione che hai ragione tu.”
“Riguardo cosa?”
“Non è giusto che io abbia ereditato il trono scavalcandoti. Non ci avevo mai pensato prima, ma ho provato a mettermi nei tuoi panni e ho capito come ti senti.”
“Non pensavo davvero quello che ho detto. Ero sotto l’effetto della nebbia.”
“Sai che non è vero. Per questo sono venuto a parlarti. Sono disposto a lasciarti regnare e io salirò sul trono quando sarà giunto il mio momento.”
“Anche se lo volessi davvero, non sarebbe possibile. Peter ha rilasciato un valido documento dove specifica che sei tu il suo erede. Non voglio passare per un usurpatore.”
“Io farò di tutto per realizzare il tuo desiderio.”
Edmund fece un mezzo sorriso: “Per ora mi basta che tu sia leale con me. Pensiamo a portare a termine questa missione. All’orizzonte si vede già Ramandu, tra una mezzora attraccheremo.”
Si voltò per andarsene, allora Caspian gli chiese: “E’ tutto a posto tra noi?”
Rispose continuando a camminare: “Sì, figliolo. Ora vado a riappacificarmi con tua madre.”
Entrò nella cabina senza far rumore, si tolse gli stivali e s’infilò nel letto. Al primo bacio sul collo io mi svegliai: “Avete fatto pace?” Era la cosa che mi premeva di più in quel momento.
Sussurrò: “Sì, non preoccuparti. Siamo quasi arrivati all’isola ma abbiamo ancora un po’ di tempo per noi.”
Richiusi gli occhi: “Per dormire?”
Lui rise appena: “La porcellina è sparita e al suo posto è arrivato un ghiro!”
Mentre io accennavo una risatina, lui lavorò abilmente sotto le coperte per togliere un po’ della stoffa che ci divideva, poi con delicatezza prese a muoversi in me.
I miei sospiri di piacere inondarono la cabina, col rischio che qualcuno, soprattutto Lucy, ci sentisse. Ma non m’importava.
 
Il sole era nuovamente calato quando cominciammo ad esplorare Ramandu. Io, Edmund, Caspian e Lucy guidavamo il gruppo, con la torcia in una mano e la spada nell’altra. Tutto intorno a noi sembrava tranquillo, nell’aria si respirava il profumo della pace. Giunti in cima al monte, dove si trovava un edificio senza soffitto, restammo sorpresi nel trovare una lunga tavola imbandita. Frutta, carni, verdure, acqua e vino emanavano un profumo delizioso.
Caspian ci avvertì: “Non credo che questa tavola sia per noi. Guardiamoci le spalle.”
La notte scura sembrava mettere in difficoltà perfino le torce, perciò dovemmo avanzare con cautela per evitare di sbattere contro qualcosa.
Ad un tratto Lucy gridò, spaventandoci tutti. Caspian le corse incontro: “Lucy, cosa c’è?”
“Guarda questi alberi. Hanno sembianze umane.”
Sotto l’edera, infatti, la corteccia aveva la forma di un viso che purtroppo non era solo scolpito.
Caspian si voltò verso Edmund: “Papà, è un Lord. O meglio, qui ce ne sono tre.”
Lui si avvicinò per esaminarli: “Un incantesimo, senza dubbio. Dove saranno le loro spade?”
Insieme le cercarono sotto alla folta edera finché non le trovarono. Caspian le mise sul tavolo, seguito da Drinian che vi pose anche le altre tre in nostro possesso.
Caspian imprecò: “Sono sei. Maledizione ne manca una!”
All’improvviso, una scia di luce proveniente dal cielo atterrò a poca distanza da noi e prese le sembianze di una fanciulla. Tutti restammo incantati da quella bellezza bionda, con un semplice abito di seta bianca e avvolta da una rilassante aura azzurra.
Con voce gentile si rivolse a noi: “Prego, sedetevi. Questo banchetto è per voi.”
Caspian fece qualche passo verso di lei: “Chi siete, signorina?”
“Io sono Liliandil, figlia di Ramandu, lo spirito del cielo di cui quest’isola porta il nome.”
“Siete la stella azzurra? Ci avete guidato voi fin qui?”
Lei gli rispose con un candido sorriso.
“Siete bellissima! Non riesco a distogliere lo sguardo da voi!”
Lo sguardo della fanciulla si fece un po’ preoccupato: “Se questo vi causa problemi posso cambiare aspetto.”
Sia Edmund che Caspian la fermarono convinti: “No!”
Caspian gli lanciò uno sguardo di rimprovero, io invece rimasi a bocca aperta per l’indignazione: “Edmund!”
“Lo dicevo per Caspian! A me non interessa di certo!”
“Edmund! Davanti a me!”
“Non ho fatto niente!”
Liliandil ci interruppe: “Vi prego, non litigate. Su quest’isola è consentito solo il bene. Quei poveri Lord che sono giunti qui anni fa hanno commesso l’errore di litigare e per questo l’isola li ha trasformati in alberi.”
Edmund mi rimbeccò dandole ragione: “Non credo che tu voglia fare la stessa fine.”
Strinsi le labbra per non offenderlo, però mi uscì un avvertimento: “Dopo facciamo i conti.”
La stella si rivolse a tutti: “Voi dell’equipaggio potete rifocillarvi. Voi, miei signori, seguitemi.”
 
Ci portò in un punto da cui si vedeva chiaramente l’Isola delle Tenebre e iniziò il suo racconto: “E’ lì che il male ha costruito la sua dimora. Come uno scherzo di pessimo gusto, l’ha costruito proprio accanto all’isola dove sorge il tempio dedicato ad Aslan. Sono dolente di comunicarvi che se volete aiutare questo mondo, dovrete recarvi là, poiché là è intrappolato il settimo Lord. La sua spada, unita alle altre, vi darà il potere per sconfiggere il male.”
Caspian si informò: “E anche quello di trovare il regno celeste di Aslan?”
“Si, mio re. So che il vostro cuore desidera da tempo trovare…” Caspian la interruppe: “Partiamo subito. Papà, richiama gli uomini.”
Edmund fece un cenno affermativo col capo e si avviò. Caspian si rivolse di nuovo alla fanciulla: “Vi rivedrò un giorno?”
“Se il vostro cuore lo desidera, sicuramente accadrà.”
“Allora sarà così.” Le prese la mano e se la portò alle labbra, galantemente.
I loro sguardi parlavano per loro, perciò non mi fu difficile capire cosa provavano l’uno per l’altra anche se si erano appena conosciuti.
Caspian se ne uscì con un teatrale: “Vado incontro al mio destino.”
Continuarono a guardarsi fino a che le loro dita non si lasciarono. Che romantico!
Stavo per andarmene anch’io quando Liliandil mi fermò: “Aspettate, principessa.”
Io mi voltai e le feci un cenno col capo.
“Io ho il dono di vedere il futuro, in tutti i suoi rami. Sapevo che oggi avrei incontrato vostro figlio. Anche se è prematuro ciò che sto per rivelarvi, spero con tutto il cuore che un giorno potrò chiamarvi mamma.”
La guardai con tanto d’occhi: “Devo ammettere che questo mi fa uno strano effetto. Comunque, vi auguro di trovare la felicità se davvero avrete un futuro insieme.”
Lei mi salutò con un sorriso e poi si trasformò in una scia di luce per risalire in cielo.
Sbattei le palpebre come per risvegliarmi da un bizzarro sogno: “Poverina… A forza di stare lassù le si è annebbiato il cervello!”
 
Eustace, che ci attendeva sulla riva, accanto alle scialuppe, vide per primi me ed Edmund, intenti a battibeccare come tutti gli innamorati.
“L’hai divorata con gli occhi. E io ero lì.”
“Ero incantato, esattamente come lo eri tu. Credi che potrei rubare la ragazza a nostro figlio?”
“E’ molto più bella di me, quindi sì, potresti farlo eccome.”
“Devo ricordarti cosa ti ha fatto confessare l’effetto della nebbia? Non puoi accusarmi di niente.”
“Non tirare fuori quella storia. Stiamo parlando di come guardavi la stella.”
“E inoltre hai dormito anche con mio cugino.”
Mi voltai indignata: “E’ un drago! Non fa testo. E poi è un ragazzino.”
Eustace fece un ruggito contrariato, di cui io approfittai: “Bravo cugino! Mangialo in un boccone!”
Edmund si voltò verso Caspian: “Aiutami tu. Quella pazza di tua madre non mi ascolta.”
Caspian sentenziò: “Ti sei messo in un bel guaio. Le donne sono tutte così. L’unico modo che hai per sopravvivere, quando hai una donna accanto, è solo uno.”
“Quale?”
“Diventare cieco!”
Lucy, dietro di loro, scoppiò in una fragorosa risata.

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Capitolo 12
*** Appello alle ultime forze ***


Capitolo 12
Appello alle ultime forze
 
Drinian entrò nella cabina privata di Caspian e s’inchinò.
Lui ed Edmund stavano indossando le armature, in previsione di quello che avremmo potuto incontrare sull’Isola delle Tenebre.
“Vostra maestà, gli uomini sono pronti. Ognuno di loro è armato, i cannonieri sono in posizione, il marinaio di vedetta ha aguzzato la vista in caso di pericoli anticipati.”
Caspian disse serio: “Ben fatto, capitano. Io e mio padre siamo quasi pronti. Avete notizie di mia madre e della guaritrice?”
“Sì, maestà. La guaritrice ha attrezzato la sua cabina per curare i feriti. Vostra madre, la principessa, sta riposando.”
Edmund si allarmò: “Ancora? Da quando le è passata la nausea è stata assalita dal sonno. Lucy non ha qualche antidoto per aiutarla?”
“Non saprei, principe comandante. Se volete vado ad informarmi.”
“No, lasciate. Lo farò io.”
Caspian congedò Drinian: “Potete andare. Tra poco vi raggiungerò al timone.”
Non appena fu uscito, Edmund disse: “Caspian, andresti a vedere tua madre? Non vorrei che si arrabbiasse ancora vedendomi. Io nel frattempo vado a chiedere consiglio a Lucy.”
“Non c’è problema. Vado subito.”
 
Mi svegliai sentendo uno scricchiolio. Vidi Caspian seduto sul bordo del letto: “Mi sono addormentata di nuovo, scusami. Devo ancora prepararmi.”
“Mamma sei sicura di stare bene?”
“Sì, ho solo dormito.” Mi alzai e mi sciacquai il viso con l’acqua del catino.
“Sai, papà è preoccupato. E’ andato a chiedere aiuto a Lucy.”
Vide che temporeggiavo con la scusa di asciugarmi il viso con il telo, allora continuò: “E’ stato un malinteso ciò che è accaduto sull’isola. Non essere in collera con lui.”
Posai il telo sulla cassapanca e sorrisi: “Non lo sono più! Ho avuto un attacco di gelosia. Ho visto quella ragazza bellissima, ho visto come lui la guardava e mi sono lasciata trasportare da sentimenti burrascosi. Io amo tuo padre.”
Sorrise a sua volta: “Lo so! Si vede che non potete stare lontani.”
Presi la mia armatura dalla cassapanca e la indossai, poi sistemai la spada regale al mio fianco. Caspian rimase a guardarmi senza dire una parola.
D’improvviso ripensai a ciò che mi aveva detto e…: “E’ andato da Lucy? Oh no! Devo fermarlo prima che…”
Mi imposi di tacere e corsi fuori dalla stanza come un fulmine, lasciando Caspian ad interrogarsi.
Mi precipitai nella cabina di Lucy, dove li trovai entrambi: “Sto benissimo, non mi serve niente!”
Edmund mi venne incontro: “Tesoro, non puoi combattere in queste condizioni.”
Mi allarmai: “Quali condizioni?”
Mi guardò storto prima di rispondere: “Sei stanca e affaticata.”
Feci un sospiro di sollievo: “Ah! In quel senso! No, sto bene. Sono carica e pronta alla sfida.”
“Non so se voglio crederti.”
Lucy venne in mio aiuto: “Edmund, non riuscirai a fermarla.”
Lui ci rifletté un po’ prima di prendere una decisione: “Va bene. Allora andiamo al ponte di comando.”
 
Raggiungemmo Drinian e Caspian, che stavano ultimando i preparativi per la difesa della nave. Ci trovavamo nei pressi dell’Isola delle Tenebre, avvolti da una fitta nebbia nera che rendeva impossibile la visuale e con  le scie della nebbia verde che fluttuavano nell’aria.
Caspian iniziò il suo discorso all’equipaggio: “Qualunque sia l’esito di questa missione, sappiate che siete uomini valorosi. Ho scelto ognuno di voi personalmente e posso dire con orgoglio che non avrei potuto scegliere uomini migliori di voi per affrontare questo viaggio. Grazie per tutto ciò che avete fatto per me e per Narnia.”
Edmund era così orgoglioso di Caspian, che i suoi occhi parlavano per lui. Lo sguardo di un padre fiero del proprio figlio. Il momento fu così commovente che sentii il bisogno di portargli le braccia al collo: “Amore mio, qualunque cosa accada sappi che ti amo e che per me sei l’unico.”
Lui mi strinse a sé: “Anch’io ti amo. Ti ho sempre amata. Ti sgriderei per tutte le volte che hai pensato il contrario.”
Invece di ridere alla battuta, sentii le lacrime salire agli occhi: “Eddy, io vorrei dirti che…”
“Cosa vuoi dirmi?”
“Che…” Non trovai il coraggio: “Che non ho mai dubitato del tuo amore. E che ti ho amato dal primo istante in cui ti ho visto, anche se ancora non lo sapevo.”
Come i protagonisti di un film romantico, unimmo le nostre labbra dolcemente, per trasmetterci l’un l’altra tutto il calore possibile. Le sue braccia che mi tenevano stretta erano come lacci d’amore che mi tenevano legata a lui. Adoravo il contatto con il suo corpo, adoravo il modo in cui mi parlava, adoravo il modo in cui mi guardava, adoravo il modo in cui mi dimostrava il suo amore, adoravo quando facevamo pace. E tutto questo lo adoro ancora!
Caspian richiamò la nostra attenzione: “Le scie ci stanno venendo incontro per tentarci. Resistete a qualunque cosa vi dicano.” Poi infilò una mano sotto all’armatura: “Papà, ho una cosa per te. L’avevo dimenticata.”
Gli porse la torcia elettrica che era rimasta a Narnia per dieci anni: “La mia torcia! L’hai conservata! Grazie!” Provò a spingere il pulsante e una luce potente gli inondò la faccia: “Incredibile, funziona ancora! Vera, dobbiamo comprare altre pile come quelle che ci sono qui dentro!”
Detto questo  scese i gradini, mentre io mi avvicinai al parapetto per vedere se oltre al nero c’era qualche forma di vita.
 
Nell’arco di pochi minuti, ogni persona presente sulla nave dovette fare i conti con le proprie paure o con i propri desideri. Noi non fummo risparmiati, nonostante quello che avevamo già passato. Il fantasma di Edmund era Jadis, che gli volteggiava intorno facendo promesse: “Farò di te un re. Avrai un regno tuo. Devi solo prendere la mia mano e seguirmi.”
Lui scuoteva la testa: “No. Non voglio. Non ti ascolto.”
Il mio era Peter, che mi tentava: “Tu mi desideri. E io desidero te. Potremmo vivere amandoci fra le lenzuola, proprio come vuoi tu.”
Io cercavo di non ascoltare, continuando a ripetere a me stessa: “Io amo Edmund e posso resistere alla lussuria. Io amo Edmund e posso resistere alla lussuria.”
Questa volta, ebbi modo di sapere qualcosa sul fantasma di Caspian, poiché lo sentii dire: “Basta con questo ticchettio! L’orologio che cerco non si trova qui. E’ solo una trappola.”
Non so come, ma tutti riuscimmo a resistere fino a quando la nebbia verde decise di andarsene.
 
Dopo aver vagato nella più completa oscurità, avvistammo l’isola dritta di fronte a noi. Un grido ci fece raggelare il sangue.
Caspian si fece sentire: “Chi siete? Cosa volete da noi?”
Edmund  illuminò con la torcia nel punto dove si trovava l’uomo: “La sua spada. Caspian, è il settimo Lord!”
“Signore, vi aiutiamo a salire a bordo. Non vogliamo farvi del male.”
Questo gridò ancora: “No! Andatevene! O morirete tutti!”
Eustace lo afferrò con gli artigli e lo portò a bordo in un attimo. Caspian gli si avvicinò per fermargli il braccio con cui brandiva la spada: “Non dovete temere. Sono re Caspian. Con me ci sono anche i miei genitori.”
Il Lord si guardò attorno e si soffermò su me ed Edmund: “Miei sovrani, siete davvero voi!”
Stavamo per rispondergli qualcosa, ma lui gridò contro Drinian: “Invertite la rotta. Dobbiamo andarcene o lei ci ucciderà.”
Caspian confermò: “Sì, ora abbiamo la spada. Torniamo a Ramandu.”
Di nuovo il Lord strillò: “Non pensate a niente! Se qualcosa di terrificante attraverserà le vostre menti lei farà in modo che prenda vita.”
Edmund rise un attimo: “Come no! Non esiste nemmeno quello che sto pensando!”
Appena terminò la frase, uno scossone alla nave rischiò di farci cadere tutti.
Chiesi subito: “Edmund, a cosa stavi pensando?”
Lui capì di aver commesso un grosso sbaglio e corse al parapetto: “Oh no. Sono un vero idiota.”
Una figura uscì dall’acqua e si alzò su di noi in tutta la sua altezza: un serpente marino più alto dell’albero maestro della nostra nave, senza occhi e con una bocca enorme da cui spuntavano più file di denti aguzzi.
Edmund si ritrovò faccia a faccia con il mostro che lui stesso aveva immaginato, la sua prima reazione fu di rimanere pietrificato dalla paura.
Il serpente lo mirò e partì con la testa con l’intenzione di divorarlo. Caspian gridò: “Papà, attento!”
Lui non riusciva ancora a muoversi, ma Caspian lo portò in salvo buttandosi su di lui.
Gli uomini dell’equipaggio si diedero un gran daffare nel lancio di frecce, lance e spade, senza però ottenere risultati, la pelle del serpente sembrava corazzata.
Per un’oscura ragione, ad un certo punto il serpente puntò su di me, e nonostante la mia prontezza nello scattare di lato, riuscì a colpirmi di striscio e a scaraventarmi contro l’albero maestro.
Edmund accorse subito al mio fianco: “Vera!” Mi sollevò in braccio e avvisò Caspian: “La porto sottocoperta. Ha bisogno di cure.”
Spalancò la porta della cabina di Lucy con un calcio. Lei ci corse incontro: “Cosa le è successo?”
Lui mi posò sul letto: “Il serpente. Credo sia solo svenuta ma non ne sono certo. Ha battuto di schiena contro l’albero.”
Lucy tastò le mie ossa sia sul torace che sulla schiena: “No, non ha niente di rotto. Quando si sveglierà sarà un po’ ammaccata ma non è nulla di grave. Ma di quale serpente parlavi?”
“Lucy, io torno sopra, devo sconfiggere quel mostro.”
 
Corse come una furia per arrivare al ponte, quindi sguainò la spada e disse con tono di sfida: “Vieni  a prendermi. Non ho più paura di te.”
Il serpente non se lo fece ripetere e lo inseguì per tutta la nave. Questa volta, Edmund lottò come un vero guerriero per tentare di ucciderlo.
Io, essendo svenuta, mi persi il combattimento, ma una parte di me è come se fosse stata accanto a lui per tutto il tempo, perché nella mia mente vedevo delle immagini in cui lui combatteva, dava ordini all’equipaggio, si muoveva in sintonia con Caspian.
Eustace venne accidentalmente colpito dal Lord, che gli aveva lanciato contro la propria spada in un momento di follia, perciò fu costretto a ritirarsi dalla battaglia. Volò via, lasciando tutti senza speranze. Ormai, tutto sembrava perduto.
Pronto a sacrificarsi pur di vincere, Edmund salì in cima alla testa di drago che decorava la prua della nave e sfidò il serpente faccia a faccia: “O io o te, mostro.”
Il serpente si aprì come un mantello composto da migliaia di serpenti, il cui centro componeva un volto ben noto.
Edmund rimase sbalordito: “Jadis. Sei tu l’autrice di questo.”
Il volto si staccò dal serpente  e prese lentamente sembianze umane da capo a piedi. Con il suo inconfondibile sguardo di ghiaccio, provò ancora a tentarlo: “Mio Edmund. Io posso darti tutto ciò che desideri. Nessuno ti comanderà più. Insieme governeremo su tutta Narnia.”
“Non ti crederò mai, brutta strega. Io ho già tutto quello che desidero.”
“Oh sì, povero sciocco! La ragazza che hai sposato a Narnia e che stavi per sposare nell’altro mondo. Ti ricordi quando ti ha tradito? Sì che lo ricordi! Hai sofferto parecchio! Mio caro, ho una notizia per te. Lei ti ha tradito una volta e ti tradirà ancora.”
Edmund urlò isterico: “Non è vero!”
“Lo farà. Finché ci sarà Peter lei non sarà mai completamente tua. Lo ha ammesso lei stessa! Se vieni con me, ti libererai sia di lei che di lui. Io non ti tradirò mai.”
La forza psicologica di Edmund era al limite. Le lacrime gli scendevano dagli occhi, le braccia gli tremavano per lo sfinimento.
Fu un attimo, la sua spada d’argento si illuminò di azzurro e gli ridiede la forza di andare avanti. Con un fendente ben assestato, squarciò il ventre di Jadis, creando una sorta di esplosione. Il corpo della regina ritornò un cumulo di serpenti, che poco alla volta si dissolsero e il serpente gigantesco fece altrettanto dopo essere caduto in mare con un tonfo. 

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Capitolo 13
*** L'orologio tanto bramato ***


Capitolo 13
L’orologio tanto bramato
 
Caspian stava riprendendo fiato dopo il combattimento, quando alzò lo sguardo verso l’alto: “Vedo la luce del sole!”
Edmund, una volta ritornato sul ponte della nave, alzò lo sguardo a sua volta: “L’incantesimo sta svanendo. Il male è stato sconfitto per sempre.”
Raggiunse Caspian e gli diede la solita pacca sulla spalla: “Sono fiero di te, figliolo. Hai combattuto come un re.”
Caspian sorrise: “Sei tu il vero re, papà! Senza le tue capacità non avremmo mai vinto.”
“Io credo invece che dovremo ringraziare Eustace. E’ stato sicuramente lui  a portare la settima spada a Ramandu e unirla alle sue sei gemelle. La mia spada si è illuminata dell’incantesimo prodotto da quelle spade.”
“Va bene, vorrà dire che dopo ringrazierò anche il cugino. Ma ora ti prego, papà, assapora il tuo momento di gloria.”
Edmund lo guardò con sguardo interrogativo, ma Caspian, invece di dare spiegazioni, si rivolse all’equipaggio: “Uomini, elogiate il vostro sovrano.”
Con le braccia indicò lui e continuò: “Mio padre. Re Edmund il Giusto. Successore di Peter il Magnifico. Marito della Regina Vera. Legittimo sovrano di Narnia.”
Gli uomini si lanciarono delle occhiate di disorientamento, poi si lasciarono trasportare dall’entusiasmo della vittoria e cominciarono ad acclamare: “Viva re Edmund!”
Al centro dell’attenzione, Edmund si sentì realizzato e gli venne spontaneo alzare la propria spada argentea al cielo.
Io arrivai proprio nel bel mezzo delle acclamazioni e quando alzai lo sguardo sul ponte di comando, vidi Edmund carico di gioia. Lucy arrivò subito dopo di me e rimase lì a guardare, sorridente.
Io salii i gradini e m’inchinai col massimo rispetto: “I miei omaggi, altezza.”
Lui mi prese per mano e mi trascinò a sé per baciarmi.
Caspian e gli uomini applaudirono, mentre le ultime tracce della nebbia nera stavano scomparendo per lasciare posto al cielo azzurro e al mare blu.
Ad un tratto un richiamo ci fece voltare: “Ehi ragazzi, sono qui in acqua. Aiutatemi a salire.”
Corremmo verso il parapetto e vedemmo Eustace nuotare nell’acqua, nelle sue originarie sembianze. Edmund gli lanciò una corda e scherzò: “Cugino, sei tornato umano! Quasi mi stavi più simpatico quando eri un drago!”
Rispose ironico: “Ah ah, aspetta che salgo e ti faccio vedere io!”
Si arrampicò fino al parapetto, che io lo aiutai a scavalcare. Lui ed Edmund si guardarono seri per qualche istante, poi scoppiarono a ridere  e si abbracciarono.
“Eustace, sei stato grande. Hai unito le spade. Sei un eroe.”
“Dovevo riacquistare la mia dignità. Sono stato insopportabile per troppo tempo.”
“Puoi dirlo forte!”
Si sciolsero dall’abraccio, così io gli chiesi: “E’ stato grazie all’incantesimo delle spade che sei tornato umano?”
“No, in verità è stato Aslan. Ero moribondo su un banco di sabbia in mezzo al mare, quando lui è comparso e mi ha salvato. Ha spezzato la maledizione del drago e mi ha trasportato a Ramandu.”
Caspian, che nel frattempo si era allontanato da noi, ci chiamò da sopra una scialuppa: “Credo che Aslan ci stia aspettando. Laggiù c’è l’entrata al suo regno celeste.”
 
All’orizzonte si vedeva chiaramente una striscia di sabbia bianca contornata da un’onda che stava magicamente sospesa.
Tutti e cinque a bordo della scialuppa, continuavamo a ridere, a scherzare, come se non fosse mai accaduto niente di male. Edmund e Caspian stavano remando con impegno, quando Eustace, dalla parte opposta, si alzò in piedi e scherzò: “Hop, hop! Tenete il ritmo! Forza lumaconi!”
Caspian usò il remo per schizzargli dell’acqua addosso, facendo scoppiare me e Lucy in una fragorosa risata.
Man mano che ci avvicinavamo alla spiaggia, l’acqua del mare diventava sempre più cristallina e addirittura, in prossimità della riva, c’era una distesa di candidi gigli che galleggiavano sul filo dell’acqua. Uno spettacolo bellissimo!
Uno alla volta scendemmo dalla scialuppa, ma la prima a correre verso Aslan fu Lucy.
“Mi sei mancato tanto. Non ho mai perso la speranza di vederti.”
Lui rispose con la sua voce profonda e buona: “Anche tu mi sei mancata, piccola.”
Caspian s’intromise avvicinandosi e facendo un inchino: “O grande Aslan, tu sai perché sono qui.”
“Sì, figliolo. Ho letto nel tuo cuore.”
“Ho affrontato il male per giungere qui al tuo cospetto e ho solo una preghiera. Fammi entrare nel tuo regno affinché io trovi ciò che sto cercando.”
“Io non ho obiezioni. Sei libero di varcare la soglia del mio regno. L’unica cosa che ti chiedo in cambio è di dire la verità ai tuoi genitori.”
Io ed Edmund, mano nella mano, attendemmo che ci parlasse.
Dovette deglutire prima di cominciare: “Non ho osato dirvelo prima. Vi ho mentito a fin di bene per tutto il viaggio.”
Edmund lo incitò severo: “Continua.”
“Per cominciare, sono stato io a chiamarvi, per questo vi trovate qui. Sono partito con l’intenzione di cercare le spade dei sette Lord, non i Lord in persona. Sapevo che la loro magia mi avrebbe condotto a questo regno. Ma c’è una nobile ragione per cui ho fatto ciò che ho fatto. Desideravo trovare l’Orologio Narniano, il magico orologio del tempo.”
“Quale orologio?”
Aslan ci spiegò: “E’ un orologio potente che si trova nel mio regno. Permette a chi lo possiede di tornare indietro nel tempo per poter cambiare il passato.”
Caspian concluse: “Io volevo tornare al giorno del vostro quinto anniversario, quando siete scomparsi. Per anni ho cercato di essere un buon re, sperando che potesse bastarmi. Invece ogni giorno che passava rimpiangevo ciò che avevo perduto. Io desidero con tutto il cuore impedire che voi ve ne andiate, così da crescere con voi al mio fianco.”
Io ed Edmund ci scambiammo uno sguardo commosso, poi io lo lasciai e mi avvicinai a Caspian. Lo acccarezzai sulla guancia: “Piccolo mio, hai fatto tutto questo per noi. Ti giuro che in un’altra situazione sarei felice di tornare indietro.”
I suoi occhi erano spaventati: “Cosa significa? Non vuoi? Non mi vuoi abbastanza bene?”
Le lacrime mi fecero luccicare gli occhi: “Abbastanza? Io ti amo più della mia vita! Fino a poco tempo fa avrei dato qualsiasi cosa per avere una seconda possibilità. Restare qui, vederti crescere. Ma questo succederà comunque, anche senza ricorrere alla magia.”
Parlò con voce spezzata: “Che intendi dire?”
Mi portai le mani al ventre: “In questo momento, tu stai crescendo dentro di me.”
Mi guardò sorpreso, ma prima che potesse parlare, Edmund tuonò: “Che cosa? Sei incinta? E per quanto tempo ancora pensavi di tenermelo nascosto?”
Mi giustificai: “Volevo dirtelo dopo la cerimonia! Poi ho cambiato idea e ho provato a dirtelo di fronte al quadro. Poi ancora ho ricambiato idea e ho preferito aspettare. Scusami!”
Lui era chiaramente perplesso: “Ecco perché eri così strana. La voglia di fragole, le nausee, il ventre arrotondato, il ghiro.”
Lucy e Eustace chiesero all’unisono: “Il ghiro?”
Caspian specificò: “Volevi dire, la sonnolenza.”
“Sì, quella.” A passo lento venne verso di me e mi cinse i fianchi con le braccia: “Diventerò padre! Sto per sposarmi e diventerò padre!”
Assaggiò le mie labbra nello stesso modo in cui avrebbe assaggiato una fragola, poi si voltò verso Caspian: “Figliolo, non sai quanto sono felice di averti rivisto ancora una volta. Ho visto l’uomo che sei diventato, ho visto l’ottimo re che c’è in te. Ho pianto molte lacrime l’ultima volta che ti ho lasciato, ma ora che so di poter recuperare, non me la sento di tornare indietro nel tempo. E’ vero, potremmo stare insieme fino alla fine dei nostri giorni, ma questo significherebbe negare la tua esistenza da dove proveniamo. Tu nascerai ancora e noi ti cresceremo.”
Io conclusi: “Hai trentun’anni, devi guardare avanti. Ti ho visto con Liliandil. Lei è il tuo futuro. Sarà un’eccellente regina e una buona moglie. Avrete dei figli, così darai a loro tutto l’amore che purtroppo noi non abbiamo potuto darti.”
“Ma voi mi avete dato tutto l’amore possibile! Siete dei genitori stupendi! Avrei tanto voluto crescere con voi al mio fianco.”
Ci abbracciamo tutti e tre, piangendo commossi.
 
Aslan s’intromise a malincuore: “Perdonatemi per quanto sto per dirvi. E’ giunto per voi il momento di andare.”
Caspian si voltò: “Sono ancora in tempo per essere un buon re?”
“Tu lo sei sempre stato. Ora devi solo imparare ad essere felice con ciò che hai. E ti assicuro che hai tanto, Caspian. Ora, grazie a te, ogni terra di questo mondo è sotto la bandiera del regno di Narnia.”
Edmund fece un cenno affermativo col capo: “Noi saremo felici solo sapendo che anche tu lo sei.”
Caspian si portò una mano sugli occhi, singhiozzando.
Lo abbracciai ancora: “Saremo sempre con te. Ti vogliamo tanto bene.”
Ad interrompere quel momento commovente ci pensò Edmund, quando sollevò un quesito: “Lucy, tu sei una guaritrice. Come hai fatto a non accorgerti che Vera è incinta?”
Lei rispose un po’ altezzosa: “Io lo sapevo. Solo non ho detto niente. Forse non ve lo ricordate, ma sono stata io a seguire la sua prima gravidanza. Già con la voglia di fragole mi sono insospettita, poi quando è arrivata la nausea l’ho capito.”
“E non mi hai detto niente! Briccona!”
“Spettava a lei darti la buona notizia!”
Aslan intervenne di nuovo: “Re Edmund, regina Vera, damigella Lucy, vi mando tutto il mio affetto. Ma ora devo proprio ricordarvi che il vostro tempo qui è scaduto.”
Lucy si rattristò: “Non verremo più qui, vero?”
“Mai rinunciare alla speranza. Tornerete se Narnia avrà ancora bisogno di voi o se voi avrete bisogno di Narnia.”
Lucy lo strinse forte: “Ti voglio bene Aslan. Non ti scorderò mai.”
Caspian coinvolse Edmund e me in un ultimo abbraccio: “Abbiate cura di me, quando nascerò.”
Rispondemmo insieme: “Certo che sì!”
Quando si sciolse da noi, andò ad abbracciare Eustace: “Cugino, sono felice di averti conosciuto.”
“Anch’io Caspian.” Lo guardò negli occhi: “Sei davvero figlio loro. Soprattutto quando ti intestardisci riconosco mio cugino Edmund!”
Tutti  lasciammo una risata leggera.
Dietro di noi, in mezzo all’onda sospesa, si creò un varco. Aslan ci invitò: “Il vostro passaggio è pronto. Abbiate fiducia, un giorno tornerete tutti. Anche Peter.”
Mentre ci incamminavamo verso il varco, io ed Edmund continuavamo a voltarci per memorizzare i lineamenti di Caspian, pur sapendo che lo avremo rivisto presto nel nostro mondo.
Credevo che sarei scoppiata  a piangere disperata, come la volta precedente, man mano che il varco si richiudeva al nostro passaggio, invece scoprii in me un’incredibile forza.
L’ultimo spiraglio su Narnia e sul viso di Caspian si chiuse con un luccichio.

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Capitolo 14
*** Il profumo della felicità ***


Capitolo 14
Il profumo della felicità
 
Neanche a dirlo, ci ritrovammo immersi nell’acqua esattamente come al nostro arrivo! Non appena riuscimmo a toccare il fondo, poggiammo i piedi sul pavimento e attendemmo che l’acqua tornasse nel quadro. Non ci meravigliammo nell’accorgerci che i nostri vestiti erano asciutti come se non fosse accaduto niente e nemmeno nel vedere la nave del dipinto scomparire tra le onde del mare.
Quando qualcuno bussò alla porta, Eustace andò ad aprire, però solo di uno spiraglio.
Sentimmo la voce del reverendo: “Sono arrivati i famigliari del signor Pevensie. Possiamo dare inizio alla cerimonia.”
Eustace esultò: “Bene, che bella notizia!”
“E questo è per la signorina Berry, da parte del signor Peter Pevensie.”
Eustace allungò le braccia per afferrare qualcosa: “La ringrazio, reverendo. Tra poco arriviamo.”
Restando girato, chiuse la porta spingendola con la scarpa, poi finalmente si voltò così potemmo ammirare ciò che teneva tra le mani. Un bellissimo bouquet di fiori d’arancio, avvolti nel pizzo  e chiusi da un grande fiocco di tulle i cui lembi ricadevano fino a terra.
Spalancai la bocca per la sorpresa: “Sono bellissimi! Ma come ha fatto a trovarli in questa stagione?”
Eustace camminò verso di me e me lo porse elegantemente. Quando lo avvicinai al viso per odorarne il buon profumo, mi accorsi che tra i fiori c’era un biglietto. Lo presi e lessi: “Per la sposa più bella. Firmato, Peter. Post scriptum per Ed, sono felice per te.”
Edmund arricciò un angolo della bocca: “Che pensiero gentile!”
Eustace gli ricordò: “Dovremmo andare, ora. Forza, è già tardi.”
“Sì, assolutamente.” Poi mi dedicò un sorriso: “Ti aspetto all’altare.”
Assieme a Eustace uscì dalla stanza lasciando me e Lucy da sole. Lucy prese il mio velo dalla sedia in cui era rimasto impigliato e lo sollevò per controllare che non ci fossero strappi: “Nessun danno. Te lo sistemo in un attimo.”
 
Come previsto, feci il giro della chiesa per entrare dalla porta principale, in modo che nessuno sapesse che ero stata con Edmund prima della cerimonia. Notai che in chiesa c’erano più fiori che persone, ma non me ne preoccupai, visto che quel giorno era il mio giorno.
Oltre i volti dei miei parenti e dei miei amici, c’erano anche quelli dei parenti di Edmund, la maggior parte dei quali non avevo mai visto.
Sui primi banchi, si trovavano Eustace con i suoi genitori, poi i genitori di Edmund affiancati da Susan, bellissima in un tailleur blu. Più avanti ancora, nel posto riservato al testimone, c’era Peter che mi guardava con volto sorridente. Era così bello che mi mancò un battito. Mi venne spontaneo ricambiare il suo sorriso sincero, di ammirazione, forse d’incanto, e fare un piccolo cenno col capo in segno di saluto e di ringraziamento per il bouquet. Nel frattempo, Lucy aveva preso posto accanto a Susan.
Spostai lo sguardo sul mio sposo, che mi attendeva raggiante all’altare. I nostri occhi calamitanti luccicavano di gioia.
La cerimonia si svolse nel modo tradizionale, con le letture scelte dal reverendo, ma una piccola novità fu introdotta da Edmund al momento dello scambio delle fedi e delle promesse. Dopo le frasi classiche, posò una mano sul mio ventre e continuò: “E di crescere con te questo bambino che tanto abbiamo desiderato.”
Mentre mi infilava la fede al dito, sentimmo gli invitati mormorare, ma non ce ne curammo. Al mio turno, ripetei la frase detta da lui e il gesto della mano sul mio ventre leggermente arrotondato. Non appena gli infilai la fede, mi prese tra le braccia e mi baciò, senza aspettare il permesso del reverendo. Per fortuna lui chiuse un occhio e ci rise sopra!
Io ed Edmund ci guardammo negli occhi, da marito e moglie, consapevoli della nuova vita che ci attendeva e con la speranza di avere un futuro roseo.

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