Stand up and Scream

di Nyctophvlia
(/viewuser.php?uid=855313)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** // Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** // Prologo ***


20 Marzo 2008
06:35 a.m

 
Scrivevo le ultime pagine sul mio vecchio diario, che custodivo gelosamente nel comodino di fianco il letto, tra poco più di mezz’ora avrei dovuto prendere l’autobus per dirigermi a scuola.
Odiavo il regime scolastico in sé per sé, sebbene fossi la prima della classe, se non dell’istituto, ma d’altronde, era un obbiettivo piuttosto facile da raggiungere, considerando che il 98.9% degli studenti dal terzo anno in poi era composto da delinquenti squilibrati e baldracche convinte, e poi, la mia famiglia, o meglio quel che rimaneva della mia “famiglia”, mi imponeva fermamente di ottenere ottimi risultati, mi sentivo costantemente sotto pressione, ero costretta a fare ciò che non volevo, e ad essere ciò che non volevo essere, era come se avessi una maschera, ed era una sensazione frustante e odiosa, ma da anni, ormai, era sempre la stessa storia.
Avevo appena compiuto diciassette anni, e come festeggiarlo se non con un imminente trasferimento? Non c’è cosa migliore, direi.
Non era la prima volta che mi spostavo di città in città, mio padre era un importante imprenditore, di conseguenza economicamente eravamo piuttosto agiati e potevamo permetterci tutte le frivolezze e i capricci di questo mondo. Una persona qualunque potrebbe pensare “Hai una vita che tutti invidierebbero, non ti manca niente, hai tutto ciò che si possa desiderare!”, ma, credetemi, se foste nei miei panni, non la pensereste assolutamente nello stesso modo.
Non ho più amici, e mi sento perennemente sola, chi avevo di più vicino, purtroppo, è rimasto nella mia città natale, Brighton, nella contea dell'East Sussex, e ho perso completamente i rapporti (beh, non avrei potuto nemmeno definirli “amici”, più che altro erano “una costante se non irritante presa per il culo durata anni”, sto cominciando seriamente a pensare che in questa realtà in cui viviamo, di cui sono andati in fumo persino i valori, non esista più nemmeno una sincera e durevole amicizia). Da quando sono qui a York, nel North Yorkshire, la mia vita è peggiorata, un incubo dove non vedo speranza, una luce, un motivo per vivere, i miei demoni stanno divorando la mia ingenua e debole anima, ogni giorno un respiro, un altro passo verso la fossa..
Il tempo sembrò non passare mai, ma purtroppo era solo una mia impressione, erano le 06:53, tra dieci minuti scarsi, dovevo trovarmi in fermata, non ce la farò mai!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


20 Marzo 2008 
07:10 a.m


Arrivai con il fiatone in fermata, l’autobus stava già partendo, si preannuncia una bella mattinata insomma. Feci segno al conducente di farmi salire, implorandolo da fuori il finestrino, il tempo non era dei migliori, il cielo si era scurito, intravedevo le nuvole grigie e spente che avanzavano sempre più, e riuscivo a percepire l’odore della pioggia che stava per arrivare; non avevo un ombrello con me, e nemmeno una felpa, solo una leggera camicia a quadri, quindi ero spacciata, ma, per fortuna, il conducente mi concesse una grazia. Purtroppo, i posti dietro erano occupati dai soliti bulletti di quartiere, o per meglio dire, bimbi swag senza un benché minimo di cervello, immaturi quanto popolari, che schifo. Feci finta di nulla, e mi sedetti su uno dei sediolini vicino la porta, sarei potuta scendere subito così. Per tutto il tragitto, tenni le cuffiette nelle orecchie, ascoltavo gli Avenged Sevenfold, erano uno dei miei gruppi preferiti, li adoravo, anche se avrei dovuto ripassare la sinfonia n.9 di Beethoven per le prove del saggio di danza classica, che avrei dovuto tenere gli inizi di Aprile, ma il lusso di dormire beatamente in quell’autobus, non mi era concesso, le sinfonie classiche erano rilassanti quanto noiose, arriverò ad un punto in cui non le sopporterò più. Giunsi a scuola in orario, qualche gocciolina di pioggia scendeva lentamente fino al suolo, ebbi il tempo scarso di accendermi una sigaretta in cortile, alla fine non avevo nessuno con cui parlare o intrattenermi quindi potevo fare con comodo fin quando non si sarebbe scatenato il diluvio universale, anche se alla prima ora avevo quella vipera di Filosofia, che mi avrebbe sicuramente fatto una ramanzina senza che io abbia una specifica colpa, quindi tanto ritardo non mi era dato. Entrai dieci minuti dopo il suono della campanella, giusto perché dovevo riflettere, ancora e ancora, su quale senso abbia la mia vita. - “Signorina Grace, lei è in ritardo, come sempre!” Avevo appena messo piede in classe che la voce da oca castrata di Filosofia mi investì. - “Chiedo venia, professoressa” dissi con un leggero sarcasmo mentre poggiavo lo zaino sul banco. - “Ti grazio solo perché sei una delle alunne più brave che ho, ma un altro ritardo e ti becchi una nota” Cercai di seguire attentamente le lezioni, cosicché fare il minimo sindacale a casa, ma qualcosa attirò la mia attenzione: palline di carta lanciate sulla mia schiena a mo di cerbottana, classico. Mi girai senza dare a vedere, per capire chi fosse il deficiente che si riduceva a fare questi inutili giochetti, e il mio sguardo si soffermò su due ragazzi al penultimo banco, erano nuovi a quanto pare. Il primo, l’idiota che lanciava le palline di carta, identificato come “cecchino”, aveva dei capelli neri, lisci, di media lunghezza fino alle spalle, con un ciuffo che copriva gli occhi, di un azzurro intenso, risaltavano molto assieme agli snake bites e i tatuaggi sul braccio destro; il compare di fianco a lui, alias il “bersagliere”, aveva più o meno lo stesso ciuffo, ma i capelli erano di un castano chiaro tendente al biondo, lisci, anche se reduci da una piastra fatta alquanto velocemente, occhi verdi/nocciola, spider bite e un vistoso tatuaggio sul petto con la scritta “Family First”. Li osservai accuratamente per quei pochi secondi, e a quanto pare, loro fecero esattamente lo stesso, la prima impressione non andò alla grande, continuavano a sghignazzare e gesticolare tra di loro chissà quali cose sconce mentre mi fissavano, già non li sopportavo. Finita l’ora, presi lo zaino, e uscì dall’aula senza dar conto a nessuno, mi diressi verso il mio armadietto per fare il cambio, ora avevo Scienze, sarei dovuta andare in laboratorio, speravo di non finire di nuovo con quei due depravati. “Hei bellezza, sono Danny, Danny Worsnop, che ne dici di darmi il tuo numero?” non appena chiusi l’armadietto, alla vista del ragazzo di prima con gli occhi azzurri, poggiato all’armadietto vicino, che ammiccava con lo sguardo, lanciandomi occhiate “sexy”, sobbalzai. “Tanto non te la do” risposi seccata mentre mettevo i libri dentro lo zaino senza nemmeno guardarlo, ecco, lo sapevo, il solito puttaniere di turno. “Ma ehi, calmina, raggiungeremo quell’obbiettivo con il tempo” rispose con il suo sorriso beffardo mentre mi accarezzava il mento con il pollice, ma chi si credeva di essere?! Gesù cristo sceso in terra? I nervi mi girarono talmente tanto che gli diedi uno schiaffo, lasciandogli un bel cinque sulla guancia, mi sentì quasi realizzata. “Uno, non mi chiamo “bellezza” bensì “Hayley”, due con me non attacca il “sono il nuovo arrivato, quindi devo farmi tutte le ragazze della scuola perché sono l’alternativo/figo della situazione”, tre ti è andata male, bellezza!” dissi cantandogliene quattro prima di allontanarmi da lui e andare nel laboratorio al secondo piano, credo mi avessero sentito anche i suoi amici che non erano molto distanti e se la sghignazzavano peggio delle ochette dell’istituto, prima che gliele cantassi di santa ragione al loro capogruppo; oltre al “bersagliere”, erano presenti altri tre nuovi arrivati, oh perfetto, cinque nuovi esemplari di rompipalle di livello A che non faranno altro che rendermi ancor più asociale e diffidente dal genere umano. Arrivai a fine mattinata, intorno l’ora di pranzo, nel pomeriggio avevo il corso di Musica, dove finalmente avrei potuto suonare un po’ la mia amata chitarra elettrica, senza che nessuno mi desse fastidio, di conseguenza avrei mangiato a scuola; speravo vivamente che quei cinque non si fossero intrattenuti anche il pomeriggio, avrei dovuto subirmeli non solo nella mensa scolastica, ma anche al corso di Musica, ero sicura che avrebbero scelto quello, le altre due opzioni erano “Lettura e analisi di romanzi Illuministi in biblioteca” e “corso velocizzato di scacchi”, quindi. A testa bassa mangiavo ciò che mi ero portata da casa, un semplice panino, ero seduta da sola, in uno di quei banchetti isolati, nel frattempo sfogliavo il quadernino degli appunti, trovai una pagina in cui avevo scritto la mia canzone preferita degli Avenged Sevenfold, e cominciai a canticchiarla sottovoce. “Hei, possiamo sederci qui, p-per favore?” Domandò il “bersagliere” con un sorriso timido, non pensavo di averlo messo così in soggezione, sta di fatto che mi fece quasi tenerezza, e mi spostai facendo accomodare oltre che lui, i suoi quattro amichetti, compreso Danny, che “involontariamente” mi urtò facendomi cadere il quadernino per terra, per sedersi vicino a uno dei suoi amici al tavolo, non potevo scatenare la mia ira omicida proprio adesso, così feci un sospiro “silenzioso”, e ripresi il quaderno, per poi riporlo nello zaino, mi chiedevo davvero cosa gli passasse per la mente.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Feci finta di nulla e ripresi a mangiucchiare quel che rimaneva del panino a stento, non amavo stare in compagnia, o per meglio dire, non ci ero abituata, in più sotto gli occhi imperterriti di Mr. Worsnop, che continuava a fissarmi incessantemente, mi sentivo ancor più a disagio.
“Scusa..per il comportamento di Danny nel corridoio prima, lui è fatto così”
Una voce timida e spensierata, con un forte e spiccato accento inglese, tipico dello York, mi fece drizzare, era il famoso bersagliere/emo convinto che non riesce a fare una piastra decente di prima mattina (dipende dai punti di vista); in tutta sincerità mi aspettavo di tutto, tranne che delle banali scuse dal soggetto in questione, però, devo ammettere che era stato un pensiero gentile.
“Ah, i-io sono Ben, piacere!” continuò con un sorriso a trentadue denti, intanto che mi porgeva goffamente la mano, facendo quasi rovesciare il bicchiere d’acqua sul tavolo, apparentemente era un tipo strano ma, probabilmente era l’unico che mi destava un tantinello di simpatia in quel gruppetto.
“Hayley” dissi abbozzando un sorriso nel frattempo che gli stringevo la mano a forza.
“Lo sapevamo” soggiunse Danny con aria superba, per sua fortuna, uno dei ragazzi al tavolo gli fece immediatamente segno di smetterla, rivolgendogli una gomitata che lo colpì in pieno sul fianco destro, provocandogli un gemito dolorante, grazie tiziodellaqualenonsoilnome per aver evitato la morte precoce del tuo caro amico, ma al contempo, averlo fatto male.
“Mentre loro sono James, Cameron e Sam” soggiunse indicandoli, avrei dovuto memorizzarli in qualche modo, anche se l’unico della quale ricordavo il nome per adesso, era solo James, ovvero il noto “Salvatore” di Worsnop.
 
14:30 p.m
 
Mi trovavo nell’aula di Musica al terzo piano, strimpellavo qualche accordo con la chitarra, seduta su una vecchia sedia di un logoro legno accanto la finestra che dava sul cortile. Alzai la testa e osservai per pochi attimi il cielo, guardavo lontano l’orizzonte e vidi che oramai la tempesta stava levando altrove, lontano da qui, forse sarei ritornata a casa sana e salva, e non con un’arca. Il corso avrebbe dovuto tenersi alle 14:05 in punto, erano trascorsi ben 25 noiosissimi ed interminabili minuti, e ciò voleva dire che il professore mancava anche questa volta, mi chiedo davvero a cosa servano dei corsi pomeridiani, se chi dovrebbe insegnarci almeno una base pressoché minima si presenti una, massimo due volte al mese. Avvolta ancora nei miei più impercettibili pensieri, ripresi a suonare, fin quando vidi entrare il gruppetto di prima. Mi salutarono tutti con un cenno, tranne Danny, troppo preso dalle attenzioni delle bionde cotonate con labbra abnormi con il costante bisogno di esser al centro del mondo con atteggiamenti alquanto osceni, se non peggio, ma non ho intenzione di dilungarmi sulla costante attività sessuale di codeste soggette. James, alla vista di una batteria infondo l’aula, si recò a passo svelto verso di essa, e non appena prese le bacchette in mano, cominciò a suonare all’impazzata, sembrava un bambino a cui avevano appena dato le sue caramelle preferite. Seguirono Ben e Cameron con le chitarre elettriche, ed infine, Sam con il basso. Cominciarono a suonare qualche accordo assieme, erano in sintonia ed alquanto armoniosi assieme; i miei dubbi erano veritieri, facevano parte di una band, della quale non riuscivo ancora a comprendere il genere, anche se, da come si presentavano, credo fossero interessati alla metalcore. Al richiamo di Ben, Danny andò con loro, lanciandomi ancora una delle tante occhiate provocatorie, roteai gli occhi e abbassai di la testa, concentrandomi sulla chitarra, per quanto potevo.
“Dai dai ragazzi, cosa suoniamo?” Chiese James entusiasta.
“Un po di Led Zeppelin?” domandò Sam incerto.
“Naaah, meglio gli Skid Row” continuò Ben con una smorfia mentre accordava la chitarra.
“Io dico Cannibal Corpse” soggiunse Cameron.
“Suoniamo Shattered By Broken Dreams degli Avenged Sevenfold” disse Danny con tono deciso, prendendo il microfono da terra e poggiandolo sull’asta, i ragazzi rimasero senza parole, io compresa. Non appena sentì quella frase, un brivido mi percorse tutta la schiena, era la mia canzone preferita, quella che avevo scritto sul mio quadernino e canticchiavo sottovoce a mensa.
Non appena cominciò ad intonare le prime parole, gli occhi di tutti i ragazzi presenti nell’aula levarono verso di lui e si avvicinarono alla presunta band incuriositi, comprese le due biondine cotonate alla quale Danny lasciò il numero poco prima, l’unica che rimase al proprio posto, fui io, scrutando da lontano, bella mossa Worsnop.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


16:05 p.m

Appena uscita da scuola, il tempo si era finalmente attenuato, anche se un lieve, sebbene forte, odore di pioggia circolava ancora nell'aria, i ragazzi probabilmente erano ancora dentro, nell'aula di Musica, immersi tra fragorosi applausi ed elogi senza fine per la loro inedita ed inaspettata esibizione. Pregustavano già  un breve assaggio di popolarità, e nel giro di due settimane sarebbero diventati i master di quell'istituto, sarei rimasta di nuovo sola, ma questo, non mi spaventava, nulla mi faceva più così tanta paura; dentro di me, avevo creato una corazza emotiva inespugnabile, non sentivo il bisogno di avere amici al mio fianco, non più, io e la mia solitudine potevamo consolarci a vicenda.

16:16 p.m

Adoravo il tratto di strada tra scuola e casa mia, era una mia personale scorciatoia, e quindi, raramente prendevo il bus di ritorno; Era una lunga stradina stretta, non aveva curve o quant'altro, era a senso unico e diritta, costernata da  grandi alberi verdi sulle fiancate, alternato da qualche albero spoglio, e ormai spento da tempo, non aveva dei lampioni che fungessero da illuminazione, quindi, nelle giornate più corte del periodo autunnale/invernale, si vedeva poco o nulla; era  un paesaggio triste e malinconico, un po come me, gli abitanti del posto lo avevano definito “il sentiero della Tristezza”. Un giorno, sentì per caso da un collega di mio padre che la maggior parte degli abitanti di quella piccola cittadina pensavano che quella stradina fosse maledetta: gli incidenti più mortali si verificavano solo ed esclusivamente lì, di solito, solo i temerari osavano sfidare la morte su quella strada, perdendo miseramente, nessuno osava sfidare il destino, erano tutti facilmente suggestionabili una volta messo piede in quel tratto di strada, e chiunque di notte l'avesse fatto, aveva la possibilità di sentire ancora le urla delle vittime innocenti, strappate via dalla loro vita, era come se fosse benedetta da una maledizione, e io ne ebbi la prova tempo fa, con mia sorella.
Arrivata a casa, posai lo zainetto che avevo con me per terra, nell'enorme e lussuoso soggiorno, appena ristrutturato d'altronde, che odio le cose sofisticate, una casetta sull'albero in una foresta sperduta non era meglio? I pensieri accavallati uno sopra l'altro, mi stavano facendo impazzire, probabilmente era soltanto un terribile mal di testa. I miei erano a lavoro, e non sarebbero tornati prima delle undici, avevo una enorme casa libera a disposizione, eppure non avrei saputo cosa fare, se non chiudermi nella mia camera, poi, ad un tratto sentì bussare la porta ripetutamente.
“Ma chi diavolo è adesso?!?” Pensai tra me e me, mentre dalle scale mi diressi svogliatamente verso la porta d'ingresso.
“Hei hei, lo sai che è maleducazione non salutare prima di andarsene, piccola Hayley?”
Domandò arzillamente Ben, nel frattempo che gli altri mi salutarono con un cenno, il mio stupore fu immenso, come eran soltanto venuti a conoscenza del mio indirizzo, dopo solo un giorno? Questo è stalking.
“C-cosa ci fate qui?” Domandai incredula, intanto che erano entrati già dentro con molta nonchallance.
“Dio, ma la tua casa è enorme! Quanti soldi ti escono dal culo?!” esclamò James guardandosi attorno stupefatto.
“UUUH! GUARDA QUANTI ALCOLICI!” urlò Cameron con una vocina stridula, presumo che abbia aperto le ante della mensola in cucina, nella quale mio padre conserva gelosamente i suoi “tesorini”, andiamo bene.
“Un po di compagnia non guasta mai a nessuno” rispose Ben cominciando a giocherellare con il cuscino del divanetto.
“Non ho bisogno di compagnia” risposi freddamente.
“Comunque, casinisti come siete da quel che ho capito, se mi distruggete casa, vi sgozzo con le mie stesse manine da femminuccia. Se avete bisogno di qualcosa, sono nella mia camera.” continuai sviando da lì, non promettevano nulla di buono quei cinque, se avrebbero dato un festino o robe simili, li avrei cacciati a suon di calci in culo, giuro.

17:20 p.m

Non ci pensai due volte a gettarmi letteralmente sul letto, con mano moscia presi il mio vecchio diario, riposto nel comodino, per poco non feci cadere la lampada che avevo al di sopra di esso. Poggiandomi sulla testata del letto, aprì il diario, e rileggendo le ultime pagine, notai di aver lasciato una di esse bianca, ma, stranamente, era piegata su due lati, il che era insolito, non appena scoprì le due pieghe, notai una scritta:
“Ammettilo che sono un ottimo osservatore, testolina di cazzo che non sei altro xoxo”
“Danny!!!” Urlai spazientita, questa malefatta me l'avrebbe pagata, in un modo o nell'altro.
“Guarda che non c'è bisogno di fare di urlare, ho ancora un buon udito!” esclamò ridendo, sbucando dal mio armadio, con una bottiglia di birra in mano, qui la situazione sta letteralmente degenerando.
“Sei tu che hai dato il mio indirizzo ai ragazzi?!” Domandai infastidita.
“Chiedi a Ben, io non ne sapevo un accidente, noto altri particolari” rispose osservando attentamente i miei poster sulle pareti, mentre gironzolava tranquillamente per la stanza. Ben? Cosa ne sapeva lui del mio indirizzo?
“FIIGO! Hai il poster dei  Motionless in White!” esclamò indicandolo, prima che gli lanciai un cuscino addosso, molto violentemente, cominciavo ad odiarlo profondamente.
“AAH! Ora sbotto di brutto, come vi è saltato in mente di piombare a casa mia all'improvviso?!?” Dissi alzandomi dal letto, dirigendomi verso Danny, ritrovandomi faccia a faccia con quest'ultimo.
“Casa libera, giardino coperto, una gran piscina, il posto ideale per dare una festicciola, non credi?” rispose con uno dei suoi soliti sorrisetti, quindi Ben, presumo, era a conoscenza persino dei turni dei miei genitori, perfetto, avrei dovuto fargli alcune domandine dopo, qualcosa non andava.
“FESTICCIOLA COSA? Andatevene subito da qui!” Esclamai spingendolo fuori dalla mia stanza.
“Bellezza, solo perché non sei abituata alle festicciole, non vuol dire che tu debba fare l'asociale tutto il tempo, comincia a vivere una volta ogni tanto, sarebbe ora” quelle parole furono un colpo al cuore, si era immensamente guadagnato un altro schiaffo.
“Non sai niente di me, della mia famiglia,della mia infanzia, e ti permetti persino il lusso di sparare sentenze inopportune? Chiudi quella fogna di bocca” risposi, se c'era una cosa (delle tante) che mi dava letteralmente sui nervi, era quando le persone sputavano sentenze del genere, dando giudizi assolutamente non richiesti e superficiali.
“So molte cose sul tuo conto, più di quanto tu possa immaginare, lo capirai soltanto conoscendomi questo particolare” disse scendendo le scale, sentivo già le urla scatenate di sotto e la musica ad alto volume, mi venne un nodo alla gola, e la mia mente si fermò per un minuto, perdendosi nel vuoto totale, cosa voleva intendere con quella frase?

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Troppi furono i pensieri che mi inondarono la mente in un solo istante, ero confusa, completamente spiazzata, spaventata.
Il solo considerare che Danny sia venuto a conoscenza di eventi, riguardanti il mio passato, oramai causa maggiore delle mie angoscianti paranoie, mi gelò le vene. Avevo giurato fedelmente a me stessa che non mi sarei mai e poi mai aperta con qualcuno, non più. I miei segreti, le mie paranoie, i miei problemi, il mio passato, me compresa sarebbero stati come un sigillo chiuso a chiave da tempo, dimenticato ed irraggiungibile.
Scesi le scale afflitta e furibonda, dovevo scovare immediatamente Ben, c’erano davvero troppe cose che non quadravano in questa situazione venutasi a creare per puro caso.
Mi diressi verso la cucina a passo svelto, e nemmeno messo piede nella zona prediletta, che trovai un Cameron e un Sam, improvvisi barman professionisti, che si dilettavano nel preparare alcolici di ogni tipo. Inutile dire che la cucina era un completo disastro, regnava un caos ed un disordine unico, e ciò fece aumentare ancora di più la mia ira depressa.
“TU! STAMBECCO CHE NON SEI ALTRO, VIENI UN PO QUI!” Esclamai furiosamente non appena varcato l’ingresso. Presi Cameron da dietro, per il colletto della maglietta, e riuscì solo ad intravedere Sam con la sua tipica espressione disorientata alla “What the fuck?!?” e due more dai davanzali prorompenti che lanciavano occhiatacce verso la suddetta mentre trascinavo fuori uno dei loro potenziali clienti.
“Mi hai fatto prendere un colpo, non arrivare più da dietro così!” rispose poggiandosi alla parete color glicine del piccolo corridoio.
“Dov’è Ben?!” domandai spazientita.
“Uhm…credo sia in giardino, perché tutta questa furia? Rilassati Hay, divertiti” domandò spaesato, vedendomi così alterata, cercò di infondermi un po’ di tranquillità, ma fallì miseramente. Non gli risposi, sarebbe stato inutile, ed avrei soltanto perso tempo. Roteai gli occhi e levai altrove, lasciandolo ancor più confuso.
Andai verso il soggiorno che dava sul giardino, e la scena che mi si presentò davanti non fu delle migliori.
James, senza maglietta, steso sul divano di pelle nera, stralunato ed alquanto sballato, con una mano penzolante che reggeva una vodka lemon a stento. Non che mi dispiacesse vedere James senza maglietta, d'altronde aveva un bel fisico, e poi, ammettiamolo, era uno stragnocco, ma se fossero arrivati i miei in quel preciso istante, mi avrebbero rinchiusa a vita nel seminterrato al gelo.
“Hay hay, la festa è uno sballo!! Unisciti a noi!” urlò James alzando la vodka al cielo e sorridendo. La musica assillante da discoteca alzava sempre più di volume, e io avevo i nervi a fior di pelle e per di più credo che sarei stata ad un passo dalla sordità, oppure, probabilmente, sul punto di compiere un plurimo omicidio.
Lo ignorai, per quanto i miei ormoni femminili potessero permetterlo, c’erano cose ben più importanti.
(S)fortunatamente riuscì ad imbucarmi nel giardino, che, per l’occasione, era diventato un luogo di incontro per scambiarsi erba, e chi, se non quei due deficienti di Ben e Danny potevano contrattare?
Dopo una breve ma efficace imprecazione, raggiunsi il covo, vale a dire, le sedie a sdraio e i vari tavolini vicino la piscina, originale.
“Oh oh, guarda un po’ chi si rivede, la nostra piccola Hayley, un tiro?” esclamò Danny con il suo solito fare teatrale e la sua voce graffiante, sventolando la piccola busta di plastica.
“Anzi no, ho in servo qualcosa di meglio per la nuova arrivata” disse lanciandomi un occhiolino prima di sorseggiare un’altra birretta appena stappata, provocando le rumorose risate dei suoi amichetti, al diavolo te e le tue battutacce da maniaco pervertito, Worsnop.
Strinsi i pugni e mi avvicinai al gruppetto con un sorrisetto sforzato ed alquanto irritato.
“Ben, potrei parlarti, gentilmente, lontano da qui, per favore?” Domandai ancora con il sorrisetto da ebete stampato in faccia.
“Non possiamo parlare appena finita la festicciola dai, su, rilassati Hay” rispose Ben tranquillamente porgendomi una Heineken, mi lasciai andare in una risatina nervosa, il “rilassati Hay” non era un ottimo approccio.
“Oh, peccato che la mia fosse una domanda retorica!” esclamai prendendo Ben per la canotta nera che aveva indosso trascinandolo un po’ più distante, sul bordo piscina, come si suol dire, a mali estremi, estremi rimedi.
“Avanti, sputa il rospo, imbecille che non sei altro, oppure ti affogo io stessa in questo preciso istante” dissi puntandogli il dito contro.
“Ma di che diavolo stai parlando?!” esclamò alterato, mai dialogare con un Ben brillo, la suscettibilità era il suo tallone di Achille (come se non lo fosse di solito).
“Con quali tramiti sei venuto a conoscenza del mio indirizzo, dei turni dei miei genitori e , sopratutto, come diamine fa Danny a sapere determinate cose sul mio conto?! Tre secondi per cominciare a parlare o te e il covo di maniaci pervertiti farete una brutta fine” enunciai dandogli più volte una spinta.
“Frena frena frena, che cazzo stai facendo? Ti è andato in fumo l’ultimo neurone funzionante che avevi in testa per caso?” sentenziò Danny posizionandosi tra me e Ben, per difendere quest’ultimo.
“L’unica cosa che andrà in fumo qui sarà il tuo bel sederino quando ti avrò sbattuto fuori casa a suon di calci in culo” pronunciai fermamente.
“Whoo! Volano parole pesanti qui, gente, oh mio dio, chiedo venia, non vedi come sono terrorizzato? Uno scricciolo di 1.60m vuole farmi la bua, ora piango” enunciò sarcasticamente guardandosi intorno.
“Dovresti solo ringraziarmi per il solo fatto che mi sia sfiorato per la mente di farti trascorrere una serata diversa, lontano dalla solita routine. Vorrei solo farti aprire quei cazzo di occhi. Comincia col prendere in mano la tua fottutissima vita invece di rinchiuderti in te stessa e autocommiserarti come tuo solito da fare. Non provare a contraddirmi, so benissimo di avere ragione.” sentenziò con voce più bassa per non farsi sentire dai presenti.
“Smettila di venirmi a dire cosa devo fare della mia vita, o di interessarti minimamente, questo tuo finto buonismo mi dà il voltastomaco, non ho bisogno di nessuno, tanto meno di te.” risposi seccamente.
“Uh, quindi vorresti dirmi che sei soddisfatta della tua vita? Oh, beh, si vede che sprizzi vitalità da tutti i pori. Sei ridicola, anzi no, di più, stai solamente sprecando la tua vita, sottostando a delle regole che tu stessa hai creato per pura paranoia. Hai la paura costante di vivere e questa stessa paura ti porterà alla rovina. Mi fai pena, tu e la tua maschera” concluse irriverente. 
Non avrei mai, e ribadisco, mai potuto immaginare che delle parole, tirate al vento, dette per di più da uno sconosciuto, potessero farmi così tanto male. Lo guardai, ancora una volta, incantata ancora una volta dai quegli suoi occhi di un azzurro limpido, ed intenso, per un attimo ebbi come l’impressione che mi conoscesse per davvero, mi stesse giudicando per come ero fatta realmente. Avrei voluto urlargli in faccia quanto avesse torto, prenderlo a pugni e calci per fargli rendere conto delle sciocchezze appena dette, eppure, non ci riuscì. Ero lì, immobile, pietrificata, di fronte la stessa persona che mi aveva ferito a morte ma allo stesso tempo l’unico in grado di sputarmi la schifosa verità in faccia, quella stessa verità che avevo paura di mostrare, in primis a me stessa. Non volevo per nessuna ragione al mondo mostrarmi debole di fronte tutti, ma non avrei resistito un secondo di più in quelle circostanze. Me ne andai senza dir nulla, impassibile, all'apparenza disinteressata, e mi chiusi in camera. Annullai completamente ciò che mi circondava, il mio unico desiderio era sparire. Mi ero convinta di esser così tanto forte e invece, mi faccio abbattere per quattro parole sparate da un alcolizzato che non fa altro che autodistruggersi, eppure, aveva cosi tremendamente ragione. Ero arrabbiata, con me stessa, ero scappata di fronte l’evidenza, la realtà, ancora una volta, ero fragile, e non lo sopportavo.


// IMPORTANTE //

Heilà belle personcine \m/
Dopo ben quattro capitoli, credo sia giunto il momento di presentarmi.
Ho cominciato a scrivere questa fan fiction perché, essendo grande fan del gruppo in questione, ovvero la combriccola di alcolizzati pervertiti (e dopo aver divorato tutte le fan fiction qui presenti, ed essendo sprofondata in crisi di astinenza dal farmi i peggio filmini mentali) avevo mille idee che gironzolavano per la testa, ed, essendo la scrittura una mia passione, ho deciso di iniziarla, un po’ per caso, un po’ per mia più sincera iniziativa.
Il mio ‘progetto’ era sin da subito di presentarvi gli Asking Alexandria in ambito più realistico e razionale, presentandovi i personaggi in questione per come la sottoscritta li ha immaginati alle prese con la vita quotidiana.
Questo quarto capitolo è una specie di ‘intro’ per situazioni che verranno a crearsi nei capitoli successivi (non odiatemi per questa mia smania di render tutto così misterioso twt) e per farvi rendere una idea più lineare della protagonista, la piccola Hayley.
I capitoli successivi saranno zeppi di colpi di scena, fin quando passo passo non si arriverà alla indecifrabile verità, so stay tuned.
Un piccolo spoiler ve lo concedo però: ci saranno diversi intrighi amorosi, quindi si evolverà anche sul lato romantico, e forse qualcuno riuscirà a far breccia nel cuore della dispotica Hayley, chi lo sa.
Spero vivamente che finora la storia sia stata di vostro gradimento, purtroppo, il tempo mi è un po’ limitato ultimamente e per scrivere un capitolo decente ci impiego due giorni (sono una lumaca, lo so), ma ci sto mettendo davvero tutta me stessa nel scrivere questa storia, e spero che nei vari capitoli si evinca un po’ di passione.
Detto ciò, se avete qualche suggerimento, richiesta, critiche (sia positive che negative) da espormi, non fatevi problemi nel scrivermi una recensione sotto un capitolo, anzi, mi farebbe moltissimo piacere sapere le vostre opinioni a riguardo. Vi lascio anche il mio contatto Kik (Horivzon) se qualcuno vuole farsi una chiacchierata, sono disponibilissima.
Ps. Ringrazio tantissimo Kellic_a_vita per aver recensito ben due volte, mi fa davvero molto piacere, un cuore a te ahah ♡.
Scusate per il testo lungo quanto la Divina Commedia, ma era d'obbligo, ci si vede al prossimo capitolo belli ^^-

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3163576