Come Azoto

di hinakura_25
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Salutando Settembre ***
Capitolo 2: *** Parentesi notturna ***



Capitolo 1
*** Salutando Settembre ***


Come Azoto
Salutando Settembre
Una tortora canta in giardino. Ascolto il ripetersi del suo verso per me familiare e gradevole, ma le prime foglie gialle sono già per terra, gli alberi iniziano ad essere spogli; so che fra poco la tortora non canterà più.
Vorrei che la sua voce sembrasse gioiosa, come una di quelle che ti sorprendono fra i rami fioriti di un giardino primaverile, o che ti accompagnano all’ombra di un pino marittimo nei pomeriggi di Luglio; invece giunge flebile, stanca, come il lamento disperato di una creatura cosciente della propria sventura, che geme per non essere soffocata definitivamente.
E intorno: non il cinguettio di altri uccelli, non il ruggito ritmato della risacca o lo stormire del vento, non le grida allegre dei bambini che giocano e neanche il ronzio delle api che mi fanno paura; solo il rombo di decine di motori e gli altri suoni tipici della città. Sono convinta che non siano tutti sgradevoli, ma come si può sentir cadere una foglia in mezzo ai rumori sgraziati del traffico delle sei di sera?
Con queste riflessioni l’autunno mi circonda nell’ultimo giorno di settembre e mi avvolge nella sua malinconia. Secondo me però bisognerebbe dividere l’autunno in due parti, e assegnare a una delle due un altro nome; autunno infatti vuol dire troppe cose: vuol dire cieli limpidi a ottobre e nebbia fitta a novembre, pomeriggi dorati pioggia ininterrotta per settimane, foglie dai mille colori e poltiglia marrone sull’asfalto bagnato.
L’autunno è malinconia. A dire il vero non mi dispiacciono le situazioni malinconiche, come un tramonto o il viaggio di ritorno di una bella vacanza, ma mi manca l’estate. Il vento, il sole, la libertà di braccia e gambe che verranno rese ancora più goffe da numerosi strati di vestiti. Ed io procederò a testa bassa, vivendo per raggiungere l’obiettivo che ho di fronte e stringendo sul cuore la manciata di ricordi che mi fanno rivedere ciò che amo tanto.
Sì, non solo so che cosa significhi “amare” (consiglio Lo Zingarelli, vocabolario della lingua italiana, Zanichelli Editore), ma so anche amare. Lo dico perché tutti gli altri non la pensano così. Mi vedono come una ragazza giudiziosa, per bene, forse un po’ simpatica e un po’ intelligente, brutta, ovviamente, e priva di tutti i sentimenti tipicamente femminili, quali il senso del bello e l’interesse per i ragazzi. Strana, con la testa piena di interessi assurdi come la chimica e la musica, ma non quella che va di moda adesso.
Su quasi tutti questi punti sono d’accordo e penso persino di poter integrare: maniacalmente giudiziosa (sto sempre dalla parte degli insegnanti per pura convinzione personale e detesto arrivare in ritardo), per bene… sì, credo di sì. Più che brutta! Io direi uno scorfano, con questi spaghetti rosa che ho per capelli e circa due metri di fronte, per non parlare del resto. Mediocre (questo non lo dicono di solito): sempre e comunque, forse l’unico aspetto in cui non sono mediocre è la mediocrità stessa; quando faccio qualcosa non sono né incapace né brava. Strana, ma di uno strano che gli altri non hanno voglia di scoprire, così passo in mezzo a gente che non mi vede. In poche parole sono come l’Azoto, l’elemento numero 7 è l’emblema della mia imperfezione.
Però non è vero che sono priva di sentimenti “da ragazza”.  Non lo faccio vedere perché mi renderebbe solo ulteriormente ridicola, ma dentro ho un uragano fatto di senso del bello, di poesia, di amore. Un uragano sempre più violento circondato da un muro, che lo tiene rinchiuso. È difficile dire quello che ho dentro, so solo che se non succederà qualcosa un giorno scoppierò; ma è come quando spero di incontrare per caso un caro amico in una città di centinaia di migliaia di abitanti, non succederà nulla.
Eppure ho un nome così bello: mi chiamo Sakura Haruno.

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Capitolo 2
*** Parentesi notturna ***


Erano quasi le nove di sera e la giornata volgeva al termine. Il sole stava per tramontare e lambiva la parte alta dei palazzi con una luce dorata, mentre i muri di cemento emanavano il calore del giorno. Da un balcone di un condominio arancione una ragazza scrutava l'orizzonte, osservando le rondini che lanciavano strida acute e volavano nel cielo blu, in cui non c'era neanche una nuvola. Qualcuno in un edificio vicino abbassò una tapparella, ma con il fresco della sera quasi tutti erano in giro. Nel giardino sottostante una bambina dalla voce vivace e squillante giocava con i genitori e le sue parole cariche di allegria riecheggiavano nell'aria immobile, mentre i vicoli misteriosi sprofondavano in una penombra azzurra. La tranquillità di Agosto sembrava impastare i suoni: il vociare della gente in piazza, l'abbaiare dei cani nei cortili, il cinguettio degli uccelli, il frinire dei primi grilli, le urla dei ragazzi in strada, il brusio di una qualche televisione, lo sbatacchiare delle stoviglie nei bar ed il traffico in lontananza. La ragazza si sedette e mise una mano davanti al viso per riparare gli occhi dal sole. "A quest'ora" pensò "avviene la magia: il tempo sembra fermarsi". Uno sgradevole odore di pesce fritto saliva dal retrocucina di qualche ristorante, suscitando il fastidio degli anziani sui balconi; suonò l'allarme di un ponteggio. Buio. La sirena rimbomba ancora nella mia testa, ma è solo un ricordo. Mi sembra di avere ancora il segno del sole sulla rétina, ma è solo un ricordo. Gli occhi si stanno abituando: inizio a distinguere i lineamenti dei mobili della mia stanza e individuo la finestra e la porta, dalle quali entra una fioca luce aranciata. Anche i rumori si fanno piú chiari mentre riprendo pienamente coscienza: l'orologio, una macchina, forse qualche sbandato che urla per strada. Con la finestra chiusa non si sente granché. Le immagini del sogno sbiadiscono velocemente, tuttavia so che domani mattina sarò in grado di ricordare vagamente qualcosa riguardo ad esso, cosa che non succederebbe se stessi ancora dormendo. Sono strani i sogni: ogni notte, dopo un po' che dormi, il tuo cervello crea mondi fantastici sempre nuovi. Tu ci entri e vivi le piú varie avventure: lunghe o brevi, simili alla realtà o totalmente assurde, meravigliose o terribili. Le persone che conosci si alternano a personaggi ignoti nell'accompagnarti lungo strade misteriose e piene di insidie o attraverso i luoghi familiari in cui vivi. Poi l'incantesimo si spezza, il sogno finisce. Se continui a dormire tutto ciò che hai visto, fatto, provato viene cancellato e quando ti alzi la mattina seguente non ti ricordi nulla. Neanche sforzandoti tantissimo riusciresti ad avere la piú pallida idea di ciò che hai sognato. Come se una persona, con amici, lavoro, famiglia, insomma una persona con la sua vita, non fosse mai esistita. Cancellata dal mondo. Se invece apri gli occhi, durante i secondi immediatamente successivi al tuo risveglio senti arrivarti addosso il peso della realtà; ti rendi conto che non ti trovi piú nel mondo inconsistente (e forse per questo un po' inquietante) dei sogni, puoi toccare la tua coscienza il mondo intorno a te. È questo il principale problema dei sogni: comunque vada a finire, l'incantesimo si spezza. Forse però è meglio la prima delle due sovracitate ipotesi: è meglio non dover fare i conti con le coseguenze di qualcosa che non esisterà piú e che, in un certo senso, non è mai esistito. Mi perdo nei meandri di questi pensieri mentre i minuti passano, li sento scivolare via silenziosi come la notte. Anche loro non torneranno mai piú. Allungo il braccio destro e prendo il mio orologio da polso sul comodino, lo avvicino al volto e sgrano gli occhi nel tentativo di identificare numeri e lancette nel buio... poco prima delle 4:20 se non sbaglio. Sul comodino ho anche una radiosveglia con orologio digitale, ma non voglio accendere piccole luci o spie di notte. Mi danno fastidio e da piccola ne avevo anche paura, non so il perché. Devo dormire, domani sarà una giornata impegnativa ed io non posso permettermi di essere assonnata. Cerco una posizione comoda e provo a rilassare la mente rievocando immagini familiari e gradevoli. Tutto inutile. I pensieri corrono come cavalli e la mia coscienza è un piccolo auriga impotente che strilla come un matto senza però riuscire a fermarli. Ed io passo in rassegna i miei ricordi, rivivo i momenti piú belli e cerco di dimenticare i piú brutti; poi inizio a chiedermi: cosa sarebbe successo se in alcune situazioni il piú piccolo dettaglio fosse stato diverso? Mi perdo tra infinite nuove storie, la mente salta dal magnifico all'orribile per poi tornare indietro indecisa; dopo un po' abbandono anche i ricordi e continuo semplicemente a fantasticare immaginando lunghi viaggi e paesaggi spettacolari. Immagino anche di cambiare, di riuscire a far capire al mondo quanto valgo con una grande dimostrazione. Immagino l'arrivo di una nuova persona nella mia vita: un ragazzo islandese di nome Joseph che mi aspetta tutti i venerdì pomeriggio sotto un albero al parco. Ci incontriamo segretamente perché stiamo insieme. E poi un giorno di primavera inoltrata scappiamo ed egli mi fa da guida, conducendomi fino al mare. Immagino il ritorno di Sasuke, la nostra prima conversazione dopo tanto tempo. Basta. È ora di finirla. Sasuke è meglio che rimanga dov'è: almeno uno stronzo fuori dalla mia vita. Ops - mano davanti alla bocca - non si dicono le parolacce. E poi, questa è bella: io... con un ragazzo! Inoltre a me non importa nulla degli altri, non devo dimostrare loro proprio niente. Io sono come Azoto. È la storia che influenza l'uomo o l'uomo che influenza la storia? Dipende: gli uomini giusti influenzano la storia con i propri successi, gli uomini sbagliati la influenzano con i propri errori, gli uomini normali fanno entrambe le cose; gli uomini trasparenti (come la sottoscritta) invece sono influenzati, perché agiscono in base alla storia, ma questa non tiene conto delle loro azioni. Inizio a ripetere mentalmente elenchi a memoria, lo faccio spesso. Spero di tenermi occupata e, allo stesso tempo, di favorire il sonno. Scelgo un elenco lungo: i miei amati elementi della tavola periodica. Quindi Idrogeno, Elio, Litio, Berillio, Boro, Carbonio, Azoto, Ossigeno, Fluoro, Neon, Sodio, Magnesio... conosco una canzoncina in inglese che mi aiuta a ricordarli tutti; sulle note di quell'allegra melodia il sonno mi prende di nuovo fra le sue braccia.

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