Segnato dal biancospino

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L’arte di mentire ~ I ***
Capitolo 2: *** Ai suoi occhi ~ II ***
Capitolo 3: *** I meno importanti ~ III ***
Capitolo 4: *** Come veleno ~ IV ***
Capitolo 5: *** Inutile ~ V ***



Capitolo 1
*** L’arte di mentire ~ I ***


Questa storia partecipa al contest: "Un personaggio - Cinque relazioni", indetto da rhys89 sul forum di Efp.

NdA: salve a tutti! Questa flashfic è la prima di una raccolta che parteciperà al contest “Un personaggio - Cinque relazioni”, in cui dobbiamo analizzare più o meno approfonditamente il personaggio da noi scelto – nel mio caso Draco Malfoy – e la relazione che ha con alcune altre figure della sua vita.
Il titolo della raccolta deriva da un articolo su Pottermore, in cui J.K. Rowling spiegava le proprietà dei legni delle bacchette e le caratteristiche tipiche di chi le possedeva. Draco ha, per l’appunto, una bacchetta di legno di biancospino, che è, secondo l’articolo, molto contradditorio, perfetto per i maghi che affrontano un periodo turbolento della loro vita – quindi è stato come se, in qualche modo, la sua esistenza fosse stata segnata dal significato di questo legno.
Il titolo della flash è invece relativo al discorso intorno al quale gira la storia, ossia la capacità di mentire – i motivi che mi hanno spinta a scegliere questo argomento verranno lungamente spiegati nelle note finali.
Buona lettura, Fede ♥

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Segnato dal biancospino
 
L’arte di mentire ~ I
 
Mentire, per lui, era sempre stato facile – più che facile, nella sua adolescenza, gli era sembrata la naturale soluzione per proteggersi da verità troppo scomode per essere accettate. La paura, l’ipocrita rispetto che ispirava il suo cognome; un fantasma che era riemerso, minaccioso, dal loro passato; una guerra che non voleva combattere, da cui era spaventato; la caduta di suo padre – di quel nome di cui si fregiava con orgoglio; i sacrifici che andavano compiuti per risollevare quel padre e quel nome che pesavano sulle sue spalle come una zavorra; gli sguardi che si posavano su di lui, irrispettosi e carichi di sospetto – le conseguenze da pagare per averli voluti compiere, quei sacrifici.
Mentire era quello che faceva quando si rivolgeva a Tiger e Goyle simulando la solita sicurezza – ma dentro tremava, codardo qual era, tremava per quel ricordo ormai troppo vivo di un mostro uscito dai racconti dei suoi genitori, pronto a trasformare in pezzi il mondo a cui era avvezzo.
Mentiva nella remota speranza che le sue bugie diventassero realtà – mentiva sperando che ci fosse qualcuno, oltre i Serpeverde che lo circondavano, disposto a credere alle sue bugie. Bugie di un bambino che nessuno aveva cresciuto, a cui era stato insegnato ad essere sempre dalla parte della ragione – a cui era stato insegnato ad arrivarci, dalla parte della ragione, nel caso in cui non ci si trovasse. Con qualunque trucco, perché il fine giustificava i mezzi anche in un mondo dove Machiavelli non era conosciuto.
C’erano volte, però, in cui proprio non riusciva a dissimulare la realtà – quelle volte in cui era davvero tutto troppo evidente, quando la verità era davanti ai suoi occhi e non poteva essere ignorata. Quando era semplicemente stanco di prendersi in giro, stanco di fingersi un attore migliore di quanto fosse in realtà.
Non era l’eroe che credeva di impersonare: non era colui che avrebbe dichiarato l’inutilità di Potter, o i favoreggiamenti che riceveva; non era colui che aveva il coraggio di strillare quello che pensava del bambino sopravvissuto. Non avrebbe restituito al suo nome l’antico potere, non avrebbe protetto la sua famiglia dalle ire dell’Oscuro Signore – non era nulla di tutto quello che sognava, non avrebbe fatto nulla di quello a cui aspirava.
Era il più grande ostacolo di se stesso – era la maschera che desiderava indossare ogni giorno, con troppe minacce e nessuna possibilità di realizzarle. Era qualcuno che non conosceva davvero, con la mente confusa tra sogni e frottole, incapace di riconoscersi allo specchio. Era il disagio che provava guardandosi allo specchio, quando un paio di occhi estranei gli rimandavano uno sguardo perso e spaventato – ti fideresti di qualcuno con il tuo stesso sguardo?
Non si fidava di se stesso, non aveva alcuna stima di sé – aveva visto i suoi limiti e le sue capacità e non li aveva apprezzati, alla disperata ricerca di qualcosa che fosse vero, che andasse oltre l’arte di mentire.

 


Note dell’Autrice: allora, eccoci qui!
Come al solito, segnalo prima di tutto le citazioni presenti:
  • “ti fideresti di qualcuno con il tuo stesso sguardo?”
Premetto che non ricordo alla perfezione la frase, ma viene del quinto episodio dell’ottava stagione di Doctor Who, ossia “Time Heist”.
  • “il fine giustificava i mezzi”
Avevo già citato Machiavelli all’interno della storia, ma tanto per essere chiari, la citazione appartiene a lui!
Ho scelto il tema dell’arte di mentire, per descrivere Draco, poiché manipolare la realtà è una delle capacità che hanno molti Serpeverde – in questo caso particolare, poi, ho voluto soprattutto addurre l’uso di questa abilità alla rinomata codardia Serpeverde. Non so se si evinca dal testo, ma quando dico che usa le bugie per proteggersi da verità scomode, non è mia intenzione dipingerlo come la povera vittima della situazione, ma come qualcuno che potrebbe affrontarle e non lo fa perché ha paura di poterci perdere nel fronteggiarle – per questo scomode, e non qualche altra espressione, come “più grandi di lui” e simili.
Mi riferisco a Voldemort come “un mostro uscito dai racconti dei suoi genitori” è perché Lucius Malfoy, alla fine della prima guerra, aveva dichiarato di aver agito sotto Imperius e aveva “voltato” le spalle al lato Oscuro, quindi ho voluto supporre che non abbia parlato al figlio in termini estremamente positivi di Voldemort.
Quando invece faccio riferimento alla parte “Non era l’eroe che credeva di impersonare: non era colui che avrebbe riconosciuto l’inutilità di Potter, o i favoreggiamenti che riceveva; non era colui che aveva il coraggio di strillare quello che pensava del bambino sopravvissuto. Non avrebbe restituito al suo nome l’antico potere, non avrebbe protetto la sua famiglia dalle ire dell’Oscuro Signore – non era nulla di tutto quello che sognava, non avrebbe fatto nulla di quello a cui aspirava.” è perché – per la prima parte – sappiamo che nutriva forti dubbi sulle capacità e il ruolo di Harry, sia perché era sempre pronto a lamentarsi quando riceveva qualche trattamento di favore da alcuni compagni/professori/Silente in persona soltanto perché era il Prescelto. Per quel che riguarda la seconda parte, si fa riferimento al fatto che nel sesto libro ha accettato l’incarico di uccidere Silente soprattutto perché convinto da Bellatrix che così avrebbe riparato all’onta gettata dal padre sui Malfoy – in seguito, proseguirà perché consapevole che Bellatrix avrebbe davvero ucciso i suoi genitori se avesse fallito o se l’avesse fatta sfigurare agli occhi del Signore Oscuro.
Inoltre, giusto perché sono incredibilmente pignola, vorrei sottoporre all’attenzione anche questa parte: Bugie di un bambino che nessuno aveva cresciuto”. Qui non è mia intenzione lasciar intendere che abbia avuto dei genitori negligenti, piuttosto che i genitori siano stati troppo buoni con lui, e abbiano continuato a trattarlo come un bambino, viziandolo e accontentandolo anche quando forse era il caso di farlo crescere.
Per il resto, ho voluto che, infine, si rendesse conto del mare di menzogne in cui si era circondato, perché comunque c’è stato un periodo, durante il sesto anno, in cui ha dovuto fare i conti che tutto quello in cui credeva  e in cui aveva creduto fino al quel momento – e in cui abbia desiderato essere qualcosa di reale, sincero, non solo un burattino nella mani di suo padre prima e di Voldemort e Bellatrix poi.
La storia non è propriamente collocato in un tempo determinato – è più un sunto molto generico di quello che è stato dall’infanzia fino al sesto anno.
Con questo dovrebbe essere tutto – mi scuso per le solite note chilometriche, so quanto possa essere scocciante leggere tutto questo, ma ho sempre il terrore di essere fraintesa, specie quando si tratta di testi così brevi come flashfic o drabble.
Fede ♥

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Capitolo 2
*** Ai suoi occhi ~ II ***



NdA: sono stanca, ho sonno, e devo ancora studiare taaaante cose (poco) belle per domani. Comunque, dato che oggi era la data ultima per consegnare la storia e io sono procrastinatrice anche nel procrastinare, ho aspettato quasi fino all’ultimo secondo! E niente, spero che la flash vi piaccia, per il resto, ci vediamo alla fine.
Buona lettura, Fede ♥
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Ai suoi occhi ~ II
 
Ai suoi occhi di bambino – quello che ancora doveva conoscere Hogwarts e Harry Potter, quel bambino che non aveva mai sentito nessuno dirgli “no” – Lucius Malfoy appariva come un eroe – il papà che gli aveva insegnato a volare e lo accompagnava allo stadio per il Quidditch la domenica, che gli permetteva di mangiare biscotti fino a star male sotto lo sguardo contrariato della madre, che combatteva i mostri che si celavano sotto il suo letto. Lo osservava – gli occhi colmi di adorazione – e non poteva fare a meno di pensare che un giorno avrebbe voluto essere simile a lui.
Ai suoi occhi di adolescente – con una mano tesa rifiutata che bruciava a distanza di sei anni, con un marchio sul braccio che sapeva di condanna e più notti insonni di quante ne riuscisse a contare – Lucius Malfoy appariva come una certezza di colpo crollata, dopo la quale non c’era nulla, ma dubbio – forse era ancora un eroe, per lui, ma aveva fallito la sua missione e adesso non poteva far altro che cercare di riparare ai suoi errori e pregare qualche remota divinità che tutto si potesse sistemare. Non lo guardava – non poteva, suo padre era prigioniero ad Azkaban e c’erano attimi in cui si chiedeva se l’avesse mai rivisto – eppure, c’era ancora in lui la speranza che un giorno, forse, sarebbe stato in grado di eguagliarlo.
Ai suoi occhi di ragazzo – con una guerra appena gettata alle spalle e il terrore di perdere qualunque cosa avesse mai avuto – Lucius Malfoy appariva come un terribile fardello – si era alzato, una mattina, e aveva capito che da quel momento in poi suo padre avrebbe causato più danni che altro. Tutto ciò che aveva sopportato nei due anni precedenti, era stato unicamente per lui – per quella labile speranza che il tempo si riavvolgesse e tornasse ad essere un bambino a cui nessuno era capace di negare qualcosa – e non si ritrovava altro che un boccone di delusioni troppo amaro per essere buttato giù. Lo fissava – lo sguardo spezzato dalle atrocità vissute – e si sentiva disgustato da se stesso, dal suo stupido desiderio di emulazione.
Ai suoi occhi di uomo adulto – che era riuscito a rialzarsi dopo le continue cadute dell’ adolescenza, dimostrandosi migliore di suo padre – Lucius Malfoy appariva come un uomo stanco e segnato dai suoi errori – non pentito, di certo, ma pur sempre amareggiato dal pensiero che le cose sarebbero potute andare diversamente. Lo scrutava – a volte il peso del passato aumentava – e sperava per sé e suo figlio un destino diverso. Almeno un po’.

 

Note dell’autrice: confesso che, data la stanchezza e la mole di compiti che mi aspetta, questa volta mi toccherà essere leggermente più breve e concisa del solito!
Allora, comincio col dire che – a meno che non ne abbia fatta qualcuna senza accorge mene – questa flash dovrebbe essere priva di citazioni. In secondo luogo, vorrei dire che Lucius Malfoy non sarebbe dovuto essere il protagonista di questa storia, bensì ha occupato il ruolo che sarebbe dovuto appartenere a Severus Piton – tuttavia, per questioni di tempo e ispirazione, Lucius ha avuto la meglio.
Ho voluto un po’ analizzare il loro rapporto “filtrandolo” attraverso la percezione che Draco aveva del padre – quindi sempre meno ‘adorante’, fino a scendere quasi nella compassione.
Trattandosi di una flash, ho costruito il rapporto molto poco approfonditamente, tuttavia spero che alcuni ‘indizi’, diciamo’, seminati in tutta la flash aiutino a dare un’idea più completa della mia visione del loro rapporto. Ma, tanto per accertarmi che la mia idea vi arrivi anche se non avete colto gli indizi, soffrirete comunque la spiegazione dei paragrafi:
  1. Draco bambino. Ovviamente, ho generalizzato molto la visione che Draco aveva del padre – ci sono molti altri bambini che pensano che il proprio padre sia un eroe e che desiderano emularlo. Ho voluto sottolineare il fatto che fosse stato molto viziato – per riprendere appena il concetto di “bambino che nessuno aveva cresciuto” presente nella prima flash.
  2. Draco adolescente. Avrei potuto analizzare un qualunque altro momento più felice della loro relazione, prima che Lucius andasse ad Azkaban – ma questo era perfetto per sottolineare quanto effettivamente il “Draco bambino” fosse affezionato al padre. Nonostante infatti si trovi in una situazione difficile quale quella di dover uccidere Silente per riscattare il padre agli occhi di Lord Voldemort, c’è ancora in Draco una grande fiducia in suo padre e nel suo nome – dato che considerava la missione ricevuta un’opportunità, piuttosto che una punizione.
  3. Draco ragazzo. Dopo la guerra e quanto ne è conseguito, credo sia più che ovvio che Draco perda totalmente la fiducia in suo padre – è ancora radicata in lui la parte ‘viziata’ che accetta con difficoltà l’accaduto, riversandone la colpa su colui che ritiene sia la causa dei suoi mali. D’altro canto, comincia appena a farsi strada, in lui, l’idea che tutto ciò in cui ha da sempre creduto sia sbagliato ed è qualcosa di difficile da digerire. Ancora, troviamo in lui i segni, le conseguenze che la guerra ha lasciato – spero di non averlo vittimizzato troppo, dato che solitamente sono contraria alla sua vittimizzazione, ma suppongo che tutti riconosceremo che, vittima o meno, non sia uscito bene dalla guerra.
  4. Draco adulto. Qui c’è una visione più distaccata del padre, che si avvicina quasi alla compassione – cerca di vedere qualcosa di buono in lui, fallendo miseramente. È sempre molto affezionato alla figura paterna, tuttavia ne ha compreso i limiti ed è riuscito ad accettarli, rendendosi conto che in fin dei conti suo padre non era un esempio da emulare. Piccola nota su quel “migliore” al secondo rigo. Le mie reminescenze mi suggeriscono che la zia Row ha raccontato che Draco ha cercato di crescere suo figlio lontano dagli ideali purosangue ai quali lui era stato introdotto fin da subito – oppure, è una leggenda metropolitana e io sono troppo fusa per ricordarmi la versione corrette.
Infine, ho voluto sottolineare i cambiamenti nel loro rapporto anche attraverso i verbi che segnavano la percezione di Draco: da bambino, infatti, “osservava” suo padre, cercando di cogliere quanti più dettagli possibili. Nel periodo post incarcerazione, anche se impossibilitato a farlo, vorrebbe semplicemente “guardarlo” - andando quindi a sminuire parzialmente l’adorazione. Nel dopo guerra, lo “fissa” senza un segno particolare di affetto, focalizzando in lui tutti i suoi fallimenti. Nell’età adulta, invece, lo “scruta” – si torna all’osservazione infantile, anche se qui contaminata dai dubbi e dalla precisa ricerca di qualcosa.
E credo non ci sia altro da aggiungere, se non scusarmi per qualche errore sparso che sicuramente, almeno nelle note, sarà presente.
Fede ♥

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Capitolo 3
*** I meno importanti ~ III ***


 
NdA: sono stanca. Tanto. Nulla di nuovo, praticamente. Tuttavia, sono una maledetta procrastinatrice e prima proprio non potevo scrivere. Non sono molto convinta della storia – in effetti, la reputo alquanto sconclusionata – ma è tardi e devo ancora studiare arte, quindi non c’è tempo di revisionarla abbastanza a lungo da farmela piacere.
Per il resto, alla fine.
P.s.: il titolo è un po’ una grande contraddizione. Prima di tutto, perché tendenzialmente il discorso è incentrato su Tiger, ma è al plurale – perché parlando di Tiger non si poteva non citare almeno una volta Goyle. Poi perché alla fine quanto detto nel titolo viene completamente smentito. Tuttavia, sono convinta che lasci intendere sia l’idea generale della storia, che ciò di cui Draco cerca disperatamente di convincersi.
Buona lettura, Fede ♥

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I meno importanti 
~ III

Si dice che si apprezzi qualcosa soltanto nel momento in cui la si perda. Questo detto aveva raggiunto notevole fama negli alloggi Serpeverde, considerando l’abitudine di molti studenti di definire come “dovuto” quanto avevano.
Draco sorrise amaro, seduto dinanzi al fuoco che sembrava contrastare lievemente l’umidità dei sotterranei – se solo avesse saputo, avrebbe apprezzato.
Avrebbe apprezzato la presenza e la compagnia di Tiger nei lunghi pomeriggi in cui era costretto a studiare, nei giorni in cui aveva bisogno che qualcuno gli desse ragione, nei momenti in cui aveva la disperata necessità di non sentirsi in colpa – perché non l’aveva costretto a seguirlo nella Stanza delle Necessità, perché era venuto di sua spontanea volontà, perché era stato l’artefice della sua stessa morte.
Eppure, non sarebbe morto, se non fosse stato suo amico – “amico”, parola comoda da usare. Aveva mai avuto, con lui, o con Goyle, un vero rapporto d’amicizia? Era mai andato oltre il puro servilismo che sembrava legarli a lui? Leggeva il distacco negli occhi di Goyle e capiva, sapeva in qualche modo che anche Tiger avrebbe fatto lo stesso, perché loro sì, che erano amici.
E dunque, se non erano mai stati amici, perché ogni giorno s’incolpava per la sua assenza? Ogni volta che lo sguardo gli cadeva sul suo baldacchino vuoto, riusciva ad udire la voce di suo padre che lo incoraggiava, nell’infanzia, a non soffrire per la mancanza delle persone meno importanti. “Le persone meno importanti”, diceva, “sono quelle di cui non hai bisogno.”
Ma egli aveva bisogno di Tiger, per smettere di sentirsi in colpa – così come aveva avuto bisogno di entrambi, di Tiger e di Goyle, per l’intera carriera scolastica. Qualcuno che prendesse le punizioni al suo posto, che potesse imporsi con quella violenza fisica di cui non disponeva, che assentisse ad ogni sua frase, procurandogli l’autostima che gli era necessaria.
Quindi, Tiger era importante – anche Goyle, certo, ma Goyle era lì. Se lo avesse chiamato, avrebbe risposto. Era carne e ossa, non cenere mischiata a polvere. Tiger era importante e non l’aveva mai capito, perché non l’aveva mai apprezzato. A volte si chiedeva come si potesse apprezzare un ragazzo fatto di ciccia e di qualche muscolo, senza una propria personalità.
Era costretto a darsi una risposta quando faceva una battuta – simpatica o meno che fosse – e non udiva nessuna risata grassa e sguaiata; era costretto a darsi una risposta quando tutti gli voltavano le spalle e non sapeva più a chi rivolgersi; era costretto a darsi una risposta quando veniva contraddetto e non c’era più modo di riavere la ragione persa.
Tiger era importante. Se l’avesse saputo, Draco avrebbe apprezzato.

 


Note dell’autrice: eccoci dunque alla fine. Per quanti sono riusciti a trovare un senso e farsi piacere questa storia – be’, avete la mia stima! Come detto sopra, sono abbastanza convinta che sia un discorso senza capo né coda, ma dato che il tempo stringe mi sono dovuta accontentare.
Veniamo al dunque. La storia è chiaramente ambientata nel post-guerra, quindi dopo la morte di Tiger. Il tema principale – non lo so, qual è il tema principale, ma dovrebbe essere qualcosa sul rimpianto di Draco, e un’analisi tra le righe del loro rapporto. Anche se potrebbe essere un’analisi diretta e io potrei non essermene accorta. Ecco. Capita.
Scherzi a parte, credo di dover giustificare in parte la caratterizzazione di Draco – cosa che credo di aver già in arte fatto nella storia, ma la sicurezza non è mai troppa. Quello che andrebbe giustificato è principalmente il rimorso che prova per la morte di Tiger e la possibilità che lo apprezzi davvero soltanto dopo la sua morte. Per quanto riguarda il primo punto, posso dire che si potrebbe considerare come una forma di codardia – prova rimorso perché ha paura di essere la causa effettiva della morte di Tiger, quindi è spaventato dall’idea che la sua convinzione non solo possa essere vera, ma che possa essere la stessa di Goyle e che possa diffondersi tra i suoi compagni.
Per il secondo punto, be’, l’ho scritto anche all’interno della storia: tra i Serpeverde c’è l’abitudine di dare per scontate le cose che hanno – che si tratti di oggetti o affetti – quindi, prendendo questa mia convinzione come dato di fatto – e pensando che è anche in linea con molte delle caratteristiche principali dei Serpeverde – possiamo dire che Draco riesca ad apprezzare Tiger non perché ne senta la mancanza – almeno inizialmente – ma perché ne ha bisogno e non lui non c’è più.
Riguardo alcune menzioni a Goyle, spero che non siano state troppo invadenti, o che abbiano distolto l’attenzione dell’analisi del rapporto tra Draco e Tiger, ma era proprio difficile parlare di uno senza menzionare l’altro, e dato che sono gli unici “amici” canonicamente attestati nel libri, la scelta era estremamente limitata.
Credo di aver esaurito le cose da dire – anche perché tutte le altre credo siano di facile comprensione – quindi spero che abbiate apprezzato la lettura (e che non ci siano strafalcioni grammaticali, data l’ora e la povera condizione del mio cervello)!
Fede ♥

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Capitolo 4
*** Come veleno ~ IV ***


NdA: flash ambientata all’inizio del sesto anno, dovrebbe parlare dell’odio tra Draco e Harry. Per i miei gusti, però, è troppo filo-Drarry. Non c’è molto da dire, in questo caso – tutte le notte sono alla fine.
Quindi, buona lettura.
Fede ♥
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Come veleno ~ IV
 
Aveva sempre odiato Potter – non di quell’odio infantile che chiunque avrebbe attribuito all’invidia, sarebbe stato troppo facile. No, il suo odio aveva quella scintilla di consapevolezza che rendeva tutto ciò estremamente reale – conosceva l’odio non solo perché l’aveva provato, ma perché gliene era stato buttato contro tanto, in quei mesi. Era un odio profondo, sviscerale e straordinariamente sincero, statico e perfetto – gli bruciava lo stomaco e il petto e gli faceva ardere le guance e stringere violentemente i pugni.
Era come veleno. Lo consumava lentamente, giorno per giorno, in un interminabile tentativo d’omicidio – non importava che le chiare prove di quel reato fossero sotto gli occhi di tutti, che chiunque potesse toccare con mano gli effetti di quelle che ormai non erano più semplicemente schermagli tra ragazzini, non importava e basta, perché nessuno mai avrebbe puntato il dito e accusato il Bambino Sopravvissuto di essere la causa della sua rovina.
Era il rampicante cresciuto intorno a lui, che aveva le proprie radici ai suoi piedi, pronto ad assicurarsi che non andasse da nessuna parte – perché era un Malfoy, figlio di un Mangiamorte; perché, secondo i suoi lucidissimi ragionamenti, aveva colpe che non aveva ancora effettivamente compiuto o che forse avrebbe compiuto presto, per rovinarsi con le sue stesse mani.
A volte si era chiesto perché dovesse subire e provare quell’astio – perché non riuscisse, semplicemente, a farsi scivolare addosso la sua inutile esistenza. Non ci riusciva, in nessun modo, perché non era giusto. Non era giusto Potter, sempre così eroico e falsamente umile, non erano giusti i palesi favoritismi ricevuti dai professori – Severus Piton conduceva, in quel caso, ad una non indifferente oasi di felicità. E forse non avrebbe dovuto sentirsi offeso dai favoritismi, considerati quelli che aveva ricevuto fin dall’infanzia grazie al suo nome – eppure non lo sopportava, perché Potter non aveva nulla di speciale. Non aveva secoli di una gloriosa genealogia alle sue spalle, non vantava natali illustri quanto i suoi, i suoi avi non avevano minimente contribuito alla storia del mondo magico. L’unica cosa che aveva avuto era stata una grande fortuna.
Inutile Potter, stupido Potter che non riusciva mai a farsi i fatti suoi, che doveva sempre e comunque catalizzare quella che altrimenti sarebbe stata la sua attenzione. Stupido Potter, che aveva trascinato tutti in una guerra che adesso gli toccava combattere, che era la ragione per cui suo padre marciva ad Azkaban e per cui avrebbe dovuto uccidere Silente. Stupido Potter, che gli aveva avvelenato l’esistenza. Stupido Potter, che lo stava trasformando in un assassino.

 


Note dell’autrice: non sono affatto convinta di questa flashfic, nella mia testa era molto più complessa e cervellotica. Comunque, non posso farci nulla – dopo la terza stesura, ho abbandonato le speranze.  Non sono mai stata molto ferrata nel descrivere il rapporto tra Harry e Draco, forse perché non mi hanno mai entusiasmato. Fatto sta, che mi sembra che manchi qualcosa. Di citazioni non ce ne sono – tranne forse un riferimento al “j’accuse” di Zola.
Per quel che riguarda il loro rapporto, mi sembra abbastanza normale che Draco lo consideri la causa di tutti i suoi mali – la storia è ambientata agli inizi del sesto anno, quindi un periodo estremamente delicato della vita di Draco. Ovviamente, arrivato ai sedici anni, Draco odia Potter non tanto per i suoi dubbi natali – anche se l’ho aggiunta, come causa, per indicare l’intolleranza iniziale. Draco è sempre stato eccessivamente coccolato dai suoi genitori, quindi arrivare ad Hogwarts e ricevere un’attenzione pari a zero deve essere stato abbastanza debilitante e naturalmente ha visto in Harry la causa dell’indifferenza generale – il Draco bambino non ha mai accarezzato l’ipotes9 che se Harry non avesse frequentato Hogwarts, gli altri lo avrebbero trattato con la stessa indifferenza. Tuttavia, dato che non ho intenzione di psicanalizzarlo, non mi dilungherò ancora sull’argomento!
Quello che invece mi sta a cuore specificare è l’odio, appunto, del Draco cresciuto, per così dire. Dato che alla fine del quinto anno era stato lui a scatenare la battaglia dell’Ufficio Misteri, che aveva segnato la caduta di suo padre, gli viene addossata la colpa della sua prigionia. Dato che deve uccidere Silente per espiare il fallimento del padre, dovuto a Potter, gli viene addossata la colpa dell’omicidio. Ci sono state tante speculazioni sul Draco semi assassino del sesto libro – costretto ad gire, senza scelta, oppure consapevole della possibilità di tirarsi indietro. Be’, in questa versione dei fatti, pur reticente circa l’assassinio, prosegue nell’intento nella speranza di rinfacciare a Potter di essere la causa della morte di Silente. Ecco dunque perché Potter l starebbe trasformando in assassino.
Credo – credo – di aver detto tutto il necessario, ma potrei aver mancato qualcosa! In ogni caso, spero che abbiate apprezzato!
Fede ♥

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Capitolo 5
*** Inutile ~ V ***


NdA: sono troppo stanca per qualunque tipo di nota, se ne parla domani!
Buona lettura, Fede ♥
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Inutile ~ V

 
In fin dei conti, Pansy Parkinson era inutile – o, almeno, amarla era inutile. Ne era sempre stato consapevole – probabilmente –, ma aveva preferito – sicuramente – ignorare quel dettaglio, per i primi tempi.
Amare Pansy Parkinson era inutile sotto ogni punto di vista – uno spreco di energie e affetto e sentimenti che non lo avrebbe condotto da nessuna parte, perché i Purosangue avevano un modo tutto loro di concepire i matrimoni combinati. Nessuno costringeva più i propri figli a sposarsi contro la loro volontà, ma c’era questa sottile abitudine, specie tra coloro che erano stati smistati a Serpeverde, di proporre: una frase quasi buttata a caso, facente parte di un piano sapientemente ordito, che lasciava poche speranze – o fai così, o fai così. Ma nessuno ti ha costretto.
Quindi, quando durante le vacanze di Natale del terzo suo padre aveva iniziato a parlargli di Asteria Greengrass, non aveva dubitato dei suoi fini – innocentemente, tuttavia, aveva pensato che fino al momento del suo matrimonio più o meno combinato sarebbe stato libero di fare quello che voleva, e non aveva pensato che avrebbero potuto esserci delle conseguenze, per quelle libertà.
Conseguenze che adesso gli pesavano sulle spalle come un macigno, che gli opprimevano il petto e non gli permettevano di respirare – amare Pansy Parkinson era inutile, ma ormai non poteva farne a meno. Non che Pansy fosse dotata di straordinaria bellezza, o di un’intelligenza fuori dal comune – era forse bruttina e certamente sciocca e frivola, ed era verosimilmente inutile per chiunque, ma non per lui.
Amare Pansy Parkinson era inutile e deleterio, ma inevitabile – non poteva non amare l’unica persona che, pur non riuscendoci, almeno provava a capirlo e ad assecondarlo nelle sua battaglie contro Potter. Amare Pansy Parkinson lo aveva aiutato a superare momenti da cui difficilmente credeva di poter uscire – certe volte in cui la consapevolezza di ciò che era e che era destinato ad essere, di ciò che la sua famiglia rappresentava, di ciò che era giusto e ciò che era sbagliato lo colpiva con maggiore intensità. Certe volte in cui l’unica cosa da fare era amarla.
Amare Pansy Parkinson era la cosa meno serpeverde che avesse mai fatto: dietro quell’amore un po’ infantile, che era cresciuto troppo rapidamente perché se ne accorgesse, non c’era mai stato alcun tipo di calcolo, nessun secondo fine, se non quello di salvare se stesso – di ricordarsi ciò che forse sarebbe ancora potuto essere, al di là delle scelte che altri avevano compiuto al suo posto; ciò che voleva essere, al di là dei pregiudizi che lo seguivano; ciò che era stato, prima del tcataclisma che aveva distrutto la sua vita.
Amare Pansy Parkinson era inutile – non l’avrebbe sposata e non ci sarebbe stato nessun lieto fine per loro –, ma era, sopra ogni altra, l’unica cosa in grado di dimostrargli che era ancora vivo – non solo un burattino dai fili tagliati.

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