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La prima cosa di cui si accorse, aprendo gli
occhi, era il pulsante dolore alle tempie che le faceva girare la testa. La
seconda, che la stanza in cui si trovava era talmente bianca da essere quasi
accecante.
Fece un profondo respiro con il naso e il suo mal
di testa fu accentuato dal tremendo odore di antisettico. Era in un ospedale o in qualcosa che gli assomigliava molto.
Forse un’infermeria. Ma per quale motivo? L’ultima cosa che ricordava era…
aggrottò la fronte. Non ricordava nulla.
Ne un’immagine, ne un volto, nemmeno il suo nome.
Il suo cuore accelerò i battiti e, istintivamente,
schizzò a sedere, iniziando a guardarsi forsennata attorno: doveva esserci
qualcosa, qualsiasi cosa, che le
facesse ricordare chi era e dove si trovava.Tuttavia, la stanza era talmente tanto anonima da sembrare essere stata
creata appositamente per l’occasione e lei non era per nulla certa che le cose
non stessero realmente così.
Strizzò gli occhi –quell’emicrania non voleva
proprio lasciarla andare- e si sforzò di mettere i piedi a terra, ricevendo
come risultato un brivido lungo tutta la spina dorsale. Dovette fare una fatica
immane per issarsi sulle gambe, ma si lasciò mollemente ricadere non appena la
porta davanti di lei si aprì rumorosamente, facendola sussultare: un uomo, molto
alto e dall’aspetto un tantino trasandato, entrò con foga, spalancando gli
occhi non appena la vide. Un sorriso sostituì quasi immediatamente lo stupore
ed egli si avvicinò a grandi passi a lei, chiudendosi con un tonfo sordo la
porta alle spalle. –Emma!- esclamò, facendo risuonare nella stanza la sua voce,
tanto elevata da procurarle dolore alle tempie. –Sei sveglia! Come ti senti,
come stai?- le domandò affannosamente, sedendosi a fianco a lei e prendendole
le mani che, solo ora se ne rendeva conto, erano piene di graffi. Chiuse gli
occhi, ripetendosi nella mente il nome che lo sconosciuto aveva appena
pronunciato. Emma, Emma, Emma.
-Emma? C’è qualcosa che non va?- le domandò
nuovamente, facendole alzare lo sguardo dalle proprie mani.
-In realtà…- sussurrò, sentendo il suono della sua
voce per la prima volta, e tuttavia trovandolo terribilmente familiare. –Chi
sei tu?-
Angolino dell’autrice:Buongiorno a tutti! Sono nuova di questo fandom, ma mi sono voluta cimentare in questa nuova storia,
dopo aver letto parecchie storie ed essermene innamorata. Questo è solamente il
prologo, i capitoli successivi, sicuramente, saranno più lunghi e più densi di
avvenimenti.
Non ho molto
altro da dire, se non che spero che la storia vi piacerà e che mi aiuterete a
migliorare sempre e comunque.
Forse non
era stata una mossa saggia domandargli la sua identità.
Alla sua domanda, l’uomo tacque immediatamente e
lei, Emma –si, le era familiare quel nome.-, riuscì a leggere nei suoi occhi
tutto lo sgomento che doveva provare in quel singolo momento. Sgomento che dopo
qualche secondo divenne pura ira. Emma tremò quando l’uomo scattò in piedi e,
dopo aver stretto i pugni con forza, si diresse verso la porta, uscendo quasi
di corsa.
La ragazza, dopo qualche secondo di incertezza, lo
seguì più velocemente possibile, lottando contro le vertigini e la nausea: lui
la conosceva, poteva dirle chi era e, soprattutto, poteva benissimo essere
l’unica persona nel giro di chilometri e lei non voleva rimanere da sola
nuovamente.
Riuscì a stento a stare dietro al tizio furioso
–le sue falcate erano almeno il doppio delle sue-, anche se iniziò a
spazientirsi dopo la settima curva: dove diavolo era finita, in un labirinto?
Dopo minuti che le sembrarono interminabili,
finalmente l’uomo si fermò davanti ad una porta in metallo e la aprì con un
calcio che la fece sbattere rumorosamente sul muro. –Dottor Banner! Stupido
mentecatto, aveva detto che sarebbe stata bene! Spero per la sua futura
compagna che la perdita di memoria non sia considerata “salute”, altrimenti
credo che la poveretta avrà una vita piena di delusioni!-
-Fratello, cosa stai dicendo?- chiese una voce, il
cui possessore Emma non riuscì a vedere. I suoi occhi erano puntati su quello
che, fino a pochi secondi prima credeva l’unico umano presente nellastruttura e sulla sua infelice vittima, un
uomo pallido e con due occhiali in bilico sul naso. In effetti, con quel camice
lungo sembrava proprio un medico.
-Non sono un dottore, sono un fisico. Fisicamente la ragazza sta bene, ma non
potevo sapere quali fossero le conseguenze della caduta sulla sua psiche.-
rispose quello, tranquillamente. –Potrebbe benissimo essere un’amnesia
temporanea, per quanto ne sappiamo.-
L’uomo ringhiò e con una mossa ferina prese il
dottore per il collo, alzandolo un paio di spanne da terra. –Conviene per la
tua di salute che sia così, Banner.- gli disse, prima di gettarlo con forza
addosso ad un tavolo con sopra parecchi strumenti di vetro, che si ruppero in
mille pezzi. Immediatamente nella visuale di Emma entrò una donna dai capelli
rossi che corse verso il dottore, seguita da parecchi insulti ed imprecazioni.
E’ uno
psicopatico, si ritrovò a pensare Emma, mentre un gemito le usciva dalle
labbra, attirando l’attenzione di sei paia di occhi. La ragazza rimase per un
attimo confusa nel rendersi conto di quanti fossero effettivamente gli
occupanti della stanza, ma capì altresì come di sei persone, nessuna fosse
intervenuta allo scatto d’ira di quel tizio.
Sono in un
posto pieno di psicopatici, pensò, prima di fare dietro front e scappare
via con tutta la forza e l’equilibrio di cui disponeva al momento. Il quale, in
effetti, non era molto, poiché fu raggiunta praticamente subito da un altro
componente dello strano gruppo, che la sollevò come un sacco di patate. Emma
iniziò a calciare l’aria, tentando di liberarsi in ogni modo possibile.
-Calmati, piccola furia.- le sussurrò lui all’orecchio,
-Nessuno si è fatto nulla, sei solo molto confusa.-
-Lasciami andare! Siete tutti pazzi, voialtri!-
esclamò Emma, riuscendo finalmente a tirare una gomitata al suo aggressore e
incontrando un ampio petto muscoloso che le fece amaramente rimpiangere il
gesto. –Dove sono? Chi siete voi? Cosa volete da me?- continuò ad urlare, ignorando
il dolore ed agitandosi, cercando di impedire che il tizio la riportasse
indietro.
-Mi chiamo Steve Rogers
e i miei compagni sono gli Avengers. Hai passato con
noi le ultime settimane, ed eri totalmente consenziente.-
-Io?!? Con un gruppo di tizi che si fa chiamare
“Vendicatori”? Voi siete pazzi!!!-
urlò ancora più forte, non appenaSteve
girò l’angolo e la riportò dagli altri. Emma, quasi casualmente, incontrò gli
occhi del tizio che era venuto nella sua stanza-solo in quel momento si accorse che erano verde smeraldo.- e si sentì
percorrere la schiena da un brivido di inquietudine.
-Mettimi giù!-
-Fiorellino, capisci che la tua richiesta è
decisamente inappropriata? Sembri la bambina di The Ring.- disse un altro uomo, alquanto buffo, con il pizzetto e
l’aria ironica e saccente.
-Stark, non essere maleducato: Emma è molto
confusa e direi che la trovata di Loki di certo non l’ha aiutata a sentirsi al
sicuro.- intervenne la donna che era accorsa dal dottore solo pochi minuti
prima. –Io sono Natasha e questo è il quartier generale degli Avengers. Non sei in pericolo qui con noi.- le disse, quasi
leggendole nella mente. –Ora, tuttavia, Steve ti metterà a terra solamente se
prometti di non scappare e di rimanere tranquilla.-
Emma annuì, sempre più confusa, e fu poggiata
delicatamente a terra dall’energumeno con i pettorali scolpiti. Tuttavia,
questi le tenne un braccio attorno alle spalle e lei gliene fu particolarmente
grata: le vertigini erano aumentate e sentiva che senza un apposito sostegno
sarebbe caduta a terra all’istante.
-Perdonami se ti ho spaventata poco fa.- le disse
Steve, rivolgendole un sorriso. Emma si perse qualche secondo a guardarlo: era
davvero alto –troppo alto!- e molto
muscoloso, ma aveva un’espressione gentile ed affabile. Sentì che poteva
fidarsi di lui, ma decise che avrebbe lasciato i giudizi per un secondo
momento: nelle condizioni in cui era non poteva di certo permettersi di fidarsi
del suo istinto.
-Credo che la cosa migliore sia presentarci.
Dopotutto, potrebbe bastare davvero un nonnulla per farle ritornare la
memoria.- disse il dottore e Steve annuì, prendendo la parola. –Il nostro
dottore, appena scaraventato addosso ad importantissime ampolle,- disse,
lanciando un’occhiataccia al tizio dagli occhi verdi –Laki?-, il quale sbuffò irritato, -è Bruce Banner.-
Emma lo fissò per qualche secondo, rivolgendogli
un sorriso timido immediatamente ricambiato, ripetendosi mentalmente il nome un
paio di volte. No, non le ricordava niente.
-Lei,- disse puntando un dito verso Natasha –è
Natasha Romanoff, mentre il simpaticone è Tony Stark.-
Emma distolse quasi subito lo sguardo da Natasha e
lo puntò su Stark. Il pizzetto e gli occhi scuri non le dicevano assolutamente
niente, così come il sopracciglio alzato e l’espressione mezzo seria e mezzo
divertita, però il nome.. –Stark.. come le Stark Industries?- chiese,
ritrovando quel nome nei meandri della sua mente.
Tony Stark puntò il dito verso di lei e le fece
l’occhiolino. –Bingo. Cosa costruiamo?- domandò a bruciapelo, tanto che Emma,
minimamente soddisfatta per quel piccolo ricordo, si trovò interdetta.
Ok, le Stark
Industries, cosa producono? Se sai il nome devi per forza sapere cosa producono..
forza, la prima cosa che ti passa per la mente.. –Ehm.. frullatori?-
domandò, arricciando il naso.
La risata di Tony Stark le fece capire che la
risposta era, ovviamente, errata. Emma non poté fare a meno di imbronciarsi.
–Potresti fare a meno di prendermi in giro.- brontolò, facendo ridacchiare
anche l’energumeno accanto a lei.
-Beh, è già un passo avanti.- le disse, cercando
di confortarla. –E sono sicuro che Stark prenderà in considerazione la costruzione
di frullatori invece della armi.- aggiunse, facendo aumentare, se possibile, la
risata di Tony.
Magnifico, dei
Vendicatori simpatici, pensò Emma ironica, incrociando le braccia sotto il
seno. Fortunatamente, uno dei rimanenti Vendicatori fece un passo avanti e,
alzando un inquietantissimo martello che teneva in una mano, si presentò. –Io
sono Thor, di Asgard.- disse, con tono abbastanza pomposo. –E lui è mio
fratello, Loki. Lui è.. mio fratello minore.- aggiunse, dopo avergli lanciato
un’occhiata stranita. Emma si voltò. Quindi,
il pazzo psicopatico dei pazzi psicopatici ha un nome, pensò squadrando
dall’alto al basso il tizio. Solo in quel momento si accorse del suo
abbigliamento eccentrico: un lungo mantello arrivava fino a terra, coprendo a
mala pena un grosso strappo che correva sul fianco di quella che sembrava
un’uniforme. Si girò nuovamente verso Thor –che nomi terribilmente strani- e notò
anche addosso a lui il lungo mantello rosso e l’armatura argentata. E quel martello.
-Il, ehm, il martello fa parte del costume?-
domandò, ben poco intelligentemente, facendo un passo indietro. Quell’affare
sembrava terribilmente pericoloso.
-No. Il Mjolnir è un dono di mio padre, Odino.-
spiegò pazientemente. –Può essere sollevato solamente da chi ne è degno e
possiede il potere di creare tempeste.-
Mjolnir? Odino? –Oh, certo, Thor. Tu dovresti
essere il Dio dei Fulmini?- domandò la ragazza, ricordando la mitologia di un
qualche popolo che, al momento, le sfuggiva.
Thor le rivolse un sorriso accecante che gli
illuminò gli occhi azzurri. –Ti ricordi?- domandò, più entusiasta del previsto.
Emma si passò una mano sul viso, rendendosi conto di quanto fosse stanca e
irritata dall’emicrania che persisteva tenace.
-No. Sto parlando di mitologia. Gli déi non.. non esistono.-
Loki scoppiò a ridere, di una risata nervosa che
mise in risalto la magrezza del suo viso, la pelle innaturalmente pallida e le
occhiaie scure. Pallidezza che faceva a pugni con i capelli color del carbone.
Da quanto
tempo quest’uomo non si fa un sonno fatto bene?
-A quanto pare ti sbagli.- disse, rivolgendole un
ghigno stanco. La ragazza strizzò gli occhi. –E tu che dio dovresti essere?-
domandò, un misto tra l’ironico e l’arrendevole. –Il Dio dei Morti?-
Loki spalancò gli occhi verdi e il ghigno sparì
immediatamente dal suo volto. Emma si rese conto che, probabilmente, doveva
aver detto qualcosa di veramente offensivo, dato che l’atmosfera nella stanza
si era improvvisamente appesantita.
Stava per chiedere perdono, quando si ricordò il
modo in cui il presunto dio aveva lanciato il dottor Banner da una parte
all’altra della stanza e rimase zitta. Di certo non gli doveva alcuna scusa.
-Forse è il caso che vada a prendere Jane.- disse
Thor, dopo qualche secondo di silenzio.
-Chi è Jane?-
-Tua sorella.- le rispose Steve, mentre Thor
portava verso l’alto il suo martello.
-No, nel mio laboratorio no!- strillò Tony, ma fu
probabilmente ignorato, perché un cilindro di luce color arcobaleno avvolse il
presunto dio con un rumore sordo e, dopo qualche secondo, scomparve nel nulla.
Emma fece un urlo e quasi inciampò nelle gambe di
Steve mentre cercava di allontanarsi dalla colonna di luce. –Non ti preoccupare
Emma.- le disse lui, sussurrandole calmo all’orecchio. –L’avrai visto fare un
centinaio di volte, come minimo.-
-Dove.. dov’è andato?- domandò, con il cuore che
le batteva forsennatamente nel petto.
-Su Asgard, il loro mondo natale.-
Emma spalancò gli occhi e Steve dovette prenderla
al volo perché le gambe le cedettero improvvisamente. –Sono davvero déi?-
Lui annuì.
-C’è qualcuno di umano tra di voi?- domandò
allora, conscia che, dopotutto, quella non fosse una domanda così ridicola.
Tony inclinò la testa e ghignò. –Io sono Iron Man. Ma sono umano.- disse, come se quella fosse la
clausola che spiegava la sua superiorità rispetto a tutti gli altri. Emma
annuì, evitando di domandare cosa fosse esattamente
questo Iron Man.
-Io sono un mutante.- intervenne il dottor Banner,
incrociando le braccia e sorridendo mesto. –Quando mi arrabbio divento un
mostro.-
Natasha alzò gli occhi al cielo e sbuffò. –Lui
esagera sempre. Non diventa un mostro.
Solo un tantino più grande e verde.-
Verde?
-A causa delle radiazioni gamma.- specificò Tony,
ma Emma non capì lo stesso. Di certo non doveva essere stata una fisica prima
della sua perdita di memoria.
-Io sono una spia.- aggiunse la rossa, scuotendo
la testa. –Ma sono perfettamente umana.-
-Cia?- domandò, improvvisamente curiosa.
Lei scosse la testa. –No, per amor di dio. Kgb.-
Ah beh,
molto meglio, pensò ironica, per poi voltarsi verso Steve, che distava solo
poche spanne dal suo viso. In effetti, era una posizione parecchio
imbarazzante.
-E tu? Solo tanta palestra?-
Lui scosse la testa. –No. Sono il risultato di un
esperimento per creare una nuova razza di supersoldati.-
Razza di
supersoldati??? Dove diavolo sono finita..
La ragazza appoggiò la testa sulla spalla di Steve,
psicologicamente esausta. –Credete che potrei avere un’aspirina nel frattempo?
La testa mi sta scoppiando.-
Angolino dell’autrice: Ciao a tutti! Inizio con il
ringraziare di cuore chi ha recensito e chi ha inserito questa storia in una
delle liste: mi rendo conto che il Prologo era parecchio corto e pressoché
privo di informazioni, ma sono contenta che abbia assolto al suo “compito”,
ovvero fare incuriosire. Questo primo capitolo, come i prossimi, sarà più
lungo.
Ho cercato di aggiornare in fretta, prima dell’inizio
della scuola, ma non posso promettere di essere sempre così veloce, dato che
con la maturità sarò parecchio occupata. Cercherò di mantenere il ritmo
costante a una volta a settimana, massimo una volta ogni due.
Tornando alla storia, Emma ha conosciuto di Avengerse si è scontrata
per la prima volta con l’irritazione di non sapere/ricordare l’identità delle
persone attorno a lei. Inoltre, ecco come ho deciso di intensificare il suo
legame con il gruppo: Emma è la sorella di Jane. Il mio obiettivo è quello di
analizzare i vari rapporti con i nostri Avengers, e
ovviamente Jane, nel corso dei capitoli, con la calma di una mente confusa come
quella della nostra protagonista. Spero di riuscire bene nell’impresa!
Per concludere, spero che questo capitolo sia
piaciuto e invito a recensire, così da capire cosa posso migliorare e cosa sta “andando
per il verso giusto”. Al più presto risponderò anche alle vostre recensioni.
Emma chiuse gli occhi e si strinse le ginocchia al
petto. Nath era stata molto premurosa: le aveva dato un paio di compresse e le
aveva fatto cambiare gli abiti con un paio di jeans e un maglione
particolarmente comodi, infine le aveva consegnato quello che aveva definito
come “il suo inseparabile IPod”. Le aveva fatto fare un rapido giro del luogo,
prima di passare nuovamente per il laboratorio, dove erano rimasti solamente il
dottor Banner e Tony Stark, che l’aveva salutata facendole di nuovo
l’occhiolino. –Vedo che sembri molto più in te, fiorellino.- le aveva detto. Peccato
che Emma non sapesse chi fosse quel “te” di cui parlava lo scienziato. Si era
sforzata molto, ma nessun ricordo emergeva dalla sua mente stanca.
-Vuoi rimanere sola?- le aveva chiesto Natasha,
una volta uscite nella grande terrazza in cima al grattacielo che fungeva da
quartier generale degli Avengers. Emma aveva annuito lentamente, temendo di
offenderla, ma lei le aveva sorriso ed era sparita all’interno nel giro di
mezzo secondo.
La ragazza si era così trovata un angolino e si
era accoccolata addossata ad una parete, per ascoltare la musica in santa pace.
Aveva capito immediatamente perché fosse stata tanto legata a quell’oggetto: la
musica era riuscita a rilassarla subito e finalmente la testa non le pulsava
più.
Inoltre, si rese conto di ricordare quelle
canzoni, quelle melodie. Probabilmente le aveva ascoltate talmente tante volte
che le erano entrate nella mente indelebilmente. Si mise a canticchiare quella
in testa alla sua playlist: le piaceva talmente tanto
che le vennero le lacrime agli occhi.
Tu lo sai che non è la fine, si che lo sai,
che viene maggio e sciolgo le brine,
si che lo sai, resti d’inverno persi nel
vento,
io
non mi stanco nono
e vengo a cercarti in un sogno amaranto…
Dove sei arcobaleno, che cosa fai,
miele selvaggio quando ti sogno,
che cosa fai, nel cuore mio,
tra il nulla e l’addio..
Riaprì gli occhi solamente quando la canzone
terminò e si ritrovò con le guance bagnate. Era sveglia solamente da qualche
ora, ma aveva la sensazione di avere tanto di quel tempo sulle spalle da farle
venire voglia di chiudere gli occhi e di addormentarsi per sempre. Tuttavia, la
cosa peggiore di quella sensazione soffocante era di non ricordare
assolutamente nulla: le era stato detto che nessuno meglio di Jane sarebbe
stata capace di rispondere alle sue domande, ma un lato di lei non era così
sicuro di volerla ascoltare; dopotutto, da quello che le aveva detto Nath, Jane
era particolarmente dentro a quella storia, in quanto compagna di Thor.
Emma scosse la testa, improvvisamente tesa. Era
legata a sua sorella? E se si, cosa aveva comportato per lei il suo
fidanzamento?
Si alzò lentamente dalla sua postazione e fece
qualche passo verso la balaustra, godendosi il panorama. La città di New York
si estendeva caotica sotto di lei e l’orizzonte era una distesa di cemento che
si perdeva a vista d’occhio. Storse il naso, volgendo lo sguardo, quando di
rese conto che sulla punta della struttura, sospeso a centinaia di metri nel
vuoto, c’era Loki.
-Ma che diavolo sta facendo?!?- esclamò scioccata,
mettendosi una mano davanti alla bocca. Il dio dovette sentirla chiaramente,
perché si voltò verso di lei e, con un salto, la raggiunse. Emma spalancò gli
occhi e rimase senza parole per parecchi secondi: o quell’uomo era una specie
di canguro, oppure la storia del dio non era così ridicola.
Loki ghignò. –Mi godevo il panorama, sebbene
l’odore di smog sia parecchio fastidioso.- disse, rispondendo alla sua domanda
retorica. La ragazza spalancò ancora di più la bocca. –Ti saresti potuto
sfracellare!- esclamò, ma poi si rese conto che, probabilmente, un dio era
molto più resistente di un essere umano e non poté farsi a meno di darsi della
stupida e di arrossire.
-Sono caduto da altezze molto maggiori.- rispose
infatti quello, prima di voltarle le spalle –non vedendo, fortunatamente, le
sue guance tingersi di un rosso più acceso. Poteva
essere così stupida?- e dirigersi verso l’entrata. Di certo, la freddezza
dei suoi modi era totalmente diversa dal calore con cui si era preoccupato per
lei solo poche ore prima: in quel momento le sembrava quasi un’altra persona, molto
più simile al pazzo che aveva sollevato il dottore e l’aveva scaraventato
addosso al bancone da lavoro. Inoltre, notò, aveva indossato vestiti normali: molto meno ridicoli e senza una
minima piega. Non aveva un capello fuori posto.
Deve avere
qualche disturbo della personalità, pensò, quando una squillante voce di
donna urlò il suo nome. Emma fece solo in tempo a vedere una ragazza mora
correrle addosso prima di essere stritolata in un abbraccio che di delicato
aveva ben poco.
-Tu.. sei Jane?- domandò con l’ultimo grammo di
fiato che le era rimasto: se fosse morta, doveva almeno sapere a chi attribuire
il suo assassinio.
La donna annuì, con le lacrime agli occhi. –Si.
Emma, pensavamo tutti fossi morta… non eri presa per nulla bene e quando Thor
me l’ha detto, mi si è spezzato il cuore. Ma sei viva, quindi non ti
preoccupare per i tuoi ricordi, riuscirai a recuperarli tutti e, d’altronde, io
sono qui anche per aiutarti.- le disse tutto d’un fiato, prendendole le mani e
guardandola con affetto.
Dopo un attimo di confusione, fu il turno di Emma
di sentire le lacrime pungerle gli occhi: se quella donna era davvero sua
sorella, non avrebbe potuto desiderare di meglio. Capì all’istante che erano indissolubilmente legate e che se
fossero state insieme, dopotutto forse c’era davvero una speranza per i suoi
ricordi.
-D’accordo..- annuì, -allora potresti raccontarmi
come diavolo sono finita in questa situazione, per iniziare?-
Jane ridacchiò e insieme si sedettero a terra, in
una posizione che le proteggeva dal vento primaverile e, allo stesso tempo,
offriva loro una splendida vista sulla città.
-Dunque, tutto è iniziato qualche anno fa, nel New
Mexico..-
-Vuoi un’altra frittella?- le domandò Jane, dalla
sua postazione vicino ai fornelli. Emma annuì, la bocca troppo piena per poter
formulare parole di senso compiuto, ma ci pensò Thor a reclamare a gran voce
un’altra porzione della gustosa colazione preparata dalla sua ragazza,
sputacchiando latte per tutta la cucina. Emma scoppiò a ridere di gusto, mentre
Steve sorrise sorseggiando il suo caffè: -Credo che Thor abbia espresso a gran
voce i suoi desideri, Jane.- le disse con un sorriso, spostandosi per lasciare
passare la donna carica di piatti.
-Oh, ma so precisamente quanto vada pazzo per le
mie frittelle. In questo tempo si dice che l’unico modo per prendere un uomo
sia per la gola.- ridacchiò, lanciando un’occhiata al suo ragazzo, il quale le
rispose con un sorriso e si affrettò ad infilarsi in bocca una frittella intera
–Emma ne rimase quasi scandalizzata- e ad alzare la forchetta verso l’alto,
scuotendo i lunghi capelli biondi. –Un applauso per le frittelle di Jane.-
esclamò, suscitando di nuovo l’ilarità di tutti.–Non c’è nulla al mondo di più celestiale,
non è così fratello?-
Loki, seduto al margine della sedia e con il muso
lungo, alzò lo sguardo dal suo piatto, dove giaceva la sua colazione ridotta in
pezzetti minuscoli. –Disgustose.- disse, laconico, facendo calare la
temperatura nella stanza di almeno cinque gradi.
Con un moto di stizza, Emma si chiese per quale
motivo fosse andato a fare colazione con loro se era di quell’umore lì.Sua sorella, tuttavia, non disse nulla,
limitandosi a stringere una spalla a Thor e a posargli di fronte un piatto
pieno.
-Ne vuoi altre, Emma?-
-No, sono a posto grazie.- disse lei, limitandosi
a prendere un’altra aspirina, che sperava l’avrebbe aiutata per tutto il resto
della giornata. Il mal di testa le era parecchio diminuito e il sonno profondo
in cui era caduta poco dopo la chiacchierata con Jane le avevano fatto sicuramente
bene, ma nessun ricordo si accingeva a tornare. Quella mattina, prima di
scomparire in laboratorio, il dottor Banner le aveva detto che era
perfettamente normale e che la trovava molto meglio rispetto al giorno prima.
In ogni caso, Emma non riusciva di certo ad immaginarselo come un mostro verde
incazzato.
-Credo che andrò a fare qualche esercizio. Sapete
per caso dove sono Nath e Stark?-
-Credo di aver visto Tony dormire abbracciato ad
una testa di metallo.- disse Emma, aggrottando le sopracciglia. –Solo un paio
d’ore fa.-
Tutti si girarono verso di lei, sorpresi,
facendola arrossire. –Era.. ehm, sul divano.- precisò, trattenendosi
dall’alzare gli occhi al cielo. Di quel luogo conosceva solo tre piani e in
nessuno di essi c’era la camera da letto di Tony Stark.
Steve annuì sorridendole ed uscì dalla cucina,
mentre Jane le si sedette accanto, addentando finalmente la sua prima
frittella.
Ad un certo punto, la porta si aprì di scatto e un
assonato Tony Stark entrò a reclamare cibo. –Stavate parlando di me?!?-
esclamò, guardandosi intorno. –Uhm, sento un adorabile odorino di frittelle.-
Jane alzò gli occhi al cielo, divertita, mentre
Emma si ritrovò a ridacchiare: quell’uomo avevauna vena ironica/sadica che la faceva morire dal ridere ogni qualvolta
apriva la bocca.
-Comunque, ho avuto un’idea fenomenale:- iniziò, girandosi verso Emma. –per aiutare la tua
memoria perduta, ritengo sia assolutamente necessario fare un giro per New
York.-
Jane alzò un sopracciglio, scettica. –Perché mai?
Non ha frequentato molto New York.-
-Oh andiamo!- esclamò l’altro, alzando portando i
palmi delle mani verso l’alto –Un po’ di sano shopping aiuta sempre a rilassare
i nervi.-
-Forse dovresti preoccuparti un po’ meno dei
vestiti e di più di non perdere pezzi della tua armatura per le stanze, Uomo di
Metallo.- sibilò Loki, attirando l’attenzione di tutti su di sé.
Uomo di
Metallo? Che significa?
-Ripeti quello che hai detto, mezzodio.-
rispose alla provocazione lui, alzandosi dalla sedia, seguito a ruota da Loki.
Emma spalancò gli occhi, preoccupata, stringendo
le dita sulla tazza. Non avrebbero iniziato a picchiarsi in cucina, vero?
-Oh avanti, non iniziate voi due.- esclamò Jane,
mentre anche il suo fidanzato si alzava, riempiendo ancora di più la stanza con
la sua mole non indifferente di muscoli. –Forza Emma, andiamocene a fare
shopping: il testosterone in questa stanza potrebbe ucciderci.-
Emma rimase meravigliata dalla moltitudine di
boutique che c’erano a New York. Tony, dopo aver fatto prevalere il suo
testosterone su quello dei due déi (Loki aveva provato a rifilargli un pugno in
bocca, ma era stato fermato tempestivamente dal fratello), aveva chiesto a
Jarvis di preparare un itinerario. C’era da dire che quando Emma aveva sentito
la voce dell’interlocutore dello scienziato, aveva fatto un salto sul posto,
non riuscendo a capire da dove provenisse, finché lo stesso Jarvis non le aveva
spiegato di essere un’intelligenza artificiale, indispensabile per il
funzionamento di Iron Man.
-Forza ragazze, l’aria di New York è un vero
toccasana.-
Jane alzò un sopracciglio, facendosi largo tra la
folla che si era accalcata attorno al gruppetto per chiedere un autografo al
plurimiliardario. –Certo, un toccasana soprattutto per i polmoni.- disse
ironica, alzando gli occhi al cielo. –Ma probabilmente mi sono abituata troppo
bene con Asgard.-
-Vivi lì?- le domandò Emma, distogliendo lo
sguardo da un vestitino a fiori esposto in una vetrina di un negozio troppo
costoso.
-Oh no! Ho solamente passato lì gli ultimi mesi:
sono un’astrologa e ad Asgard è molto più semplice e piacevole studiare il
cielo. Hanno un osservatorio che è qualcosa di stratosferico!- esclamò,
battendo entusiasta le mani.
La ragazza sorrise, annuendo. Jane le aveva
parlato di Asgard abbastanza dettagliatamente la sera prima, e lei era rimasta
piacevolmente colpita. –Posso farti una domanda?-
-Tutto quello che vuoi.-
-Ho cercato di osservare gli Avengers questa
mattina e mi ha aiutato molto il fatto che tu me ne abbia parlato: riesco a
vedere lo spirito da leader di Steve o l’indole ironica e un tantino
menefreghista di Tony.. ma non riesco a capire Loki.- disse, guardandosi le
mani e cercando le parole opportune. –Voglio dire, tu ieri mi hai detto che ha
avuto una sottospecie di.. “crisi adolescenziale”, ribellandosi alla sua
famiglia e distruggendo addirittura la città, facendo entrare in guerra due
mondi..-
-Poi però è stato perdonato.- aggiunse in fretta
la sorella. –E’ cambiato e tutti noi siamo stati costretti, fortunatamente, a
cambiare la nostra opinione di lui.-
Emma annuì. –Si, infatti sto cercando di non
basarmi solamente sui tuoi racconti, ma di farmi un’opinione mia. Tuttavia, la
prima opinione che ho avuto di lui.. mi è sembrato fuori di testa e
terribilmente soggetto a scatti d’ira.- chiarì, ripensando a come si era
infervorato solo quella stessa mattina. –Ed è sempre così scostante.-
Il silenzio rimase sospeso tra di loro per
parecchi secondi, disturbato solamente dal vociare uniforme della folla.
-Loki è
fuori di testa.- rispose tutto ad un tratto la donna,facendo voltare di scatto Emma. –E’ più solo
di quanto si possa immaginare e la solitudine fa impazzire. Il suo è un modo
per proteggere sé stesso dal resto del mondo . E credimi- aggiunse, vedendo il
sopracciglio alzato della sua interlocutrice –se qualche mese fa qualcuno mi
avesse detto che sarei arrivata a difendere Loki, come minimo gli avrei riso in
faccia.-
Emma si morse il labbro, incerta. –Ma tu stessa
hai affermato più volte che ha commesso atti orribili, come..-
-Ragazze, dove eravate finite? Sapete che se vi
perdo il Capitano delle Maschere di Carnevale mi fa letteralmente il culo?- Tony Stark spuntò loro davanti
come un’ombra ed Emma capì che la conversazione era giunta al termine.
-La folla delle tue ammiratrici ci ha fatte finire
addossate a quella vetrina.- disse Jane, rivolgendo allo scienziato un sorriso
divertito. –E ciò mi fa ricordare che quel vestitino a fiori ti starebbe un
incanto.-
Tony alzò gliocchi al cielo. –Chi l’avrebbe mai detto che la pluripremiata astrologa
Jane Foster avesse un debole per lo shopping?-
Jane fece spallucce. –Ognuno ha le proprie manie.
Dopotutto, tu sei un genio riconosciuto e hai la fissa per i robot.-
-Genio, miliardario, playboy e filantropo, prego.-
affermò lui, sistemandosi i costosi occhiali da sole. –Ma con una relazione
stabile!-
Emma, che aveva seguito lo scambio di battute con
un sorriso sulle labbra, a quel punto scoppiò a ridere di cuore.
Angolino dell’autrice: Buonasera a tutti, Avengers! Sono
finalmente riuscita a trovare un attimo per pubblicare il nuovo capitolo. Che
dire? Spero vi sia piaciuto.
Emma, finalmente, si è incontrata con la sorella
ed è venuta a conoscenza del suo passato. Tuttavia, nessun ricordo le è ancora
tornato.. chissà!
La canzone, di cui ho preso un estratto, è “E’
delicato” di Zucchero ed è anche la canzone che ha ispirato questa storia e da
cui ho preso spunto per il titolo che è, appunto, sogno amaranto. Vi consiglio di ascoltarla, è di una dolcezza
struggente.
Ringrazio infinitamente chi ha inserito la storia
in una delle liste e chi ha recensito. Siete degli angeli e mi riempite di
gioia ogni volta!
Jane e Tony rimasero a battibeccare per quasi
tutta la durata della loro uscita, borbottando qualcosa su Thor e la sua
passione per le armi (Jane era pronta a giurare che ad Asgard avesse una stanza
piena e che passava parecchie ore a lucidarle, anche se non le usava mai) e su
un certo Barton Clint e il suo amore per Robin Hood.
Emma capiva poco niente, ma fece tesoro di quelle piccole informazioni,
sperando di riuscire ad avere abbastanza elementi, prima o poi, per ricostruire
i suoi ricordi.
-Oh, guardate quella boutique!- esclamò ad un
tratto, indicando con il dito quello che sarebbe dovuto essere un negozio di
costumi. La ragazza si affrettò verso la vetrina, ammirando la splendida coppia
di abiti medievali esposti: erano entrambi femminili, con le gonne lunghe che
arrivavano fino a terra, il busto stretto e le maniche larghe che cadevano
morbidamente verso il basso. Ad un certo punto, tuttavia, la testa prese a
girarle e uno spiacevole senso di déjà-vu le fece quasi perdere l’equilibrio.
La via di New York si sostituì con un’ampia stanza
e i vestiti che aveva davanti cambiarono aspetto, mantenendo però la stessa
aria di abiti d’epoca.
-Non ci
entrerò mai!- esclamo, guardando malissimo mia sorella, già perfettamente
vestita. E’ talmente tanto a suo agio in questi vestiti che sembra esserci nata dentro.
-Ti prego,
Emma! Metti questo vestito e facciamola finita!- esclama, facendomi quasi
venire un attacco di nervi. Fa presto a parlare lei! Deve entrare in quegli
affari per fare contento il suo fidanzato, quel Thor, mentre io devo farlo solo
perché…
-Una cosa mi
sta sfuggendo: esattamente, cosa ci faccio io qui?- quasi ringhio, continuando
a guardare il vestito con astio.
-Sei mia
sorella, che discorsi sono!- Jane sembra talmente convinta di quel che dice che
sono sicura convincerà anche me. –Voglio che tu faccia parte di questo mondo,
che iniziamo a farne parte insieme. Ora che sanno che sono la compagna di Thor
è ovvio che vogliano conoscermi, vedere che persona sono, anche perché non ho
fatto una bella prima impressione.- dice, arricciando il naso. –E.. da sola non
ce la faccio, Emma.-
Ecco, mi ha
convinta. Ci avrei messo la mano sul fuoco.
-D’accordo,
d’accordo! Mi metto quest’affare, ma se qualcuno osa buttare i miei jeans lo
lincio. Giuro!- dico, quasi con rabbia, strappando il vestito dall’appendiabiti
e dirigendomi verso il paravento. Che rompitura di scatole, ragazzi.
-Grazie
Emma, grazie davvero! Te ne ho anche procuratouno azzurro, il tuo colore preferito.-
Ah per
fortuna, sennò non so come avrei fatto a sopravvivere!
-Emma? Che ti succede?- disse Jane, scuotendo di
forza la sorella. –Avanti, mi stai facendo preoccupare!-
Emma mise a fuoco le due persone davanti a sé e si
rese conto di essersi abbandonata sulla vetrina del negozio, come priva di
forze.
-Io.. sto bene. Ho avuto una sorta di déjà-vu .-
sussurrò, cercando di ritornare interamente alla realtà. –Per caso, la prima
volta che ho messo un vestito ad Asgard, era azzurro?-
Jane annuì. –Si, azzurro con una cintura di corda
in vita. Te lo ricordi?- chiese, emozionata. Lei annuì. –Ho ricordato quando mi
sono soffermata a guardare questi vestiti. Come se avessero fatto scattare
qualcosa.- disse, pensierosa.Se prima
aveva avuto qualche dubbio, ora ne era certa: c’era qualcosa da ricordare,
qualcosa di importante e il metodo non era neppure troppo complicato. Doveva
aspettare solo che si creassero le situazioni opportune.
-Oh, Emma..- sussurrò Jane, correndo ad
abbracciarla. Emma ricambiò con affetto: ora ricordava l’immenso affetto per
Jane, che l’aveva fatta rimanere su Asgard, con la sua corte di déi e i suoi scomodi
vestiti medievali.
-State dicendo che la memoria le ritorna tramite
déjà-vu?- chiese Bruce Banner, passandosi una mano tra i capelli castani. –Ha
senso.-
Emma aveva notato con un misto di tenerezza e
curiosità come il dottore avesse alcuni tic –come il passarsi le mai tra i
capelli- che lo coglievano quando era pensieroso o teso per qualsiasi ragione.
Tony, durante la loro passeggiata, le aveva raccontato le vicende del dottore e
di come fosse costretto a mantenere costantemente la calma se non voleva che
Hulk –o l’altro, come lo chiamava
lui- uscisse e prendesse il sopravvento sulla sua personalità. Le aveva inoltre
assicurato, vedendola chiaramente impressionata, che Banner era buono come il
pane e che rifuggiva da ogni stress, avendo imparato ad autocontrollarsi in una
maniera particolarmente ferrea; come facesse, non glielo aveva saputo spiegare.
-Esattamente.- rispose la diretta interessata,
incrociando le braccia al petto e sedendosi meglio sulla seggiolina traballante
del laboratorio. –Da quelmomento ho
ricordato altri particolari, come la mia stanza ad Asgard. Anche se la mia
mente sembra indecisa nel dare la giusta forma ad alcuni oggetti, come il letto
o l’armadio.-
-In che senso?- le domandò Jane, alzando un
sopracciglio.
Emma scosse la testa. –Per esempio, ogni tanto
vedo il colore delle lenzuola rosa, altre vede smeraldo. Oppure le dimensioni
si alterano.- rispose, facendo spallucce: dopotutto, non le sembravano dettagli
così importanti. Tuttavia, Jane e Thor si scambiarono un’occhiata ed entrambi
si voltarono verso il fratello di lui, che si stava guardando le unghie
annoiato. Quest’ultimo, sentendosi osservato, alzò lo sguardo. –Ebbene? Cosa
avete da guardare voi due?- ghignò, aggrottando le sopracciglia, quasi
infastidito.
-Forse sarebbe carino se ci considerassi, quando parliamo.-
disse un tantino piccato Steve, dalla sua posizione abbandonata addosso al
muro.
Loki affilò lo sguardo e fece un gesto stizzito
con la mano. –Io non sono carino.-
sbottò, prima di alzarsi e uscire dalla stanza in tutta fretta.
No, non lo
sei e non fai nulla per sembrarlo.
Emma guardò la sua schiena sparire oltre la porta
e si morse il labbro, confusa: non riusciva davvero a comprendere il motivo del
suo comportamento, ne del suo modo di fare e tantomeno la sua personalità. Come
aveva detto quella stessa mattina a Jane, gli altri Avengers era riuscita ad
inquadrarli con relativa facilità, ma lui restava un punto interrogativo. Anche
se l’idea di indagare non la entusiasmava poi molto: la prima impressione che
aveva avuto di lui era stata pessima e per quanto potesse fidarsi di sua
sorella, quell’immagine non se ne voleva andare dalla sua mente.
Thor sospirò pesantemente, ma si alzò e seguì il
fratello. La ragazza ebbe l’impressione che fosse stremato, come se avesse
appena avuto un’accesa discussione con lui e gli avesse ripetuto per la
millesima volta la stessa cosa. In
effetti, non mi sorprenderei se fosse esattamente così: Loki non mi sembra una
persona a cui risulti facile ascoltare il prossimo.
-Quindi,- intervenne Jane, rompendo finalmente il
silenzio –dobbiamo solo aspettare? I ricordi le torneranno?-
Il dottor Banner annuì. –Ritengo di si. La tua
mente ha solo bisogno di riprendersi un po’ alla volta dal trauma, ma
lentamente guarirà.- disse, rivolgendosi
direttamente ad Emma. –Mi dispiace, ma più di così non so come aiutarti: non ho
lauree in psicologia ne in medicina. Tutto quello che so l’ho imparato da
autodidatta.-
-Oh, no, è già troppo gentile e sono relativamente
certa anche io che questa sia la scelta migliore.- anche se è terribilmente frustrante.
Steve sospirò pesantemente. –Cambiando discorso,
ci sono stati sviluppi nella ricerca?-
-No, purtroppo.- rispose Banner, passandosi per
l’ennesima volta una mano sul viso: Emma era convinta che la sua stanchezza
superasse qualsiasi record umanamente raggiungibile. –Stiamo tentando ogni
singola via, ma in un modo o nell’altro siamo sempre respinti.-
-Dannazione!- sussurrò il Capitano, stringendo i
pugni. –Non possiamo aspettare inermi che ci attacchino di nuovo!-
-Scusate l’interruzione, ma di cosa state
parlando?- chiese Emma, azzardandosi ad intervenire. –Chi deve attaccare chi?-
I componenti della stanza si guardarono con intesa
e, per un momento, Emma si sentì terribilmente fuori posto.
-C’è un motivo se sei tornata sulla Terra con Thor
e Loki.- iniziò Jane, cercando le parole. –Ci sono stati degli attacchi qui, da
parte di alcune.. creature.-
-Da secoli le leggende di questo pianeta parlano
di streghe, molto spesso causando
lamorte di persone innocenti.-
intervenne Steve, staccandosi dal muro e facendo un passo nella direzione delle
due ragazze. –Ma credo che questo nome si avvicini parecchio a quello che sono
loro. Streghe, ma Loki e Thor le
chiamano fattucchiere.-
-O stronze.- aggiunse Banner, facendo sorridere il
capitano.
-E.. cosa vogliono?- chiese la ragazza, un con
leggero tremito della voce. Le risultava difficile –forse stupidamente, dato
gli ultimi avvenimenti- realizzare che esistessero davvero le streghe e la sua mente dondolava tra
l’immagine di HermioneGranger
e quella del folklore medievale, che, effettivamente, credeva fosse più da
ricondurre al concetto che stava cercando di spiegarle Steve.
-Loro traggono energia dalla natura e dalla vita:
è su ciò che si fondano i loro poteri. Questo pianeta è sicuramente molto ricco
sotto questo punto di vista e sarebbe una fonte inesauribile di energia.-
continuò il dottore. –Il nostro piano era di scovarle nel loro nascondiglio, ma
si sono nascoste bene: hanno creato uno strato tra la nostra dimensione e.. il
resto.-
Emma aggrottò le sopracciglia, tremendamente
confusa. –Non capisco. Che genere di resto?-
Il dottore sorrise, divertito. –In realtà, sei
stata tu a darci l’idea, parlandoci dello spazio assoluto e relativo studiato
nella filosofia. Immagina un infinito sfondo che deve essere preso da base per
tutto ciò che è misurabile: tempo e spazio devono essere studiati basandosi su
questo sfondo che è, rispettivamente, tempo assoluto e spazio assoluto. Come lo
zero nella scala Celsius, per intenderci. Secondo te e secondo noi, queste creature
sono riuscite a creare un’altra dimensione tra quella assoluta e la nostra.-
-Ed è possibile?- chiese Jane, probabilmente anche
lei allo scuro di queste supposizioni.
-A quanto pare, si. Il nostro unico problema è che
non riusciamo a trovare il punto d’incontro tra queste due dimensioni, il punto
in cui loro passano per venire qui.-
Emma rimase in silenzio, astraendosi dal discorso.
Non credeva di essere stata così d’aiuto, in quel frangente. In effetti, dopo
la spiegazione di Banner, sentiva che quei concetti non le erano del tutto
estranei, ma tra quello e l’arrivare a formulare una teoria del genere.. beh ne
passava di acqua sotto i ponti.
-Oh, che razza di gente noiosa che siete.- esclamò
Tony, entrando in laboratorio seguito da Natasha. –Sempre a rimuginare.-
-C’è chi lo fa e chi non lo fa per niente.- disse
seccato Steve, lanciandogli un’occhiataccia.
-Al contrario di te, manine d’argento, io ho
lavorato fino ad ora.- sbottò di rimando l’altro, dando prova della sua
suscettibilità. –Ho riparato questi ad Emma.-
Emma allungò incuriosita il collo e vide che Tony
teneva tra le mani un groviglio di quelle che sembravano piastrine metalliche.
Quando lui si avvicinò, tuttavia, distinse due braccialetti e due cavigliere.
-Cosa sono?-
-Te le avevo costruite poco tempo fa sul modello
dei propulsori di Iron Man. Forza, indossali.-
La ragazza fece come le era stato detto e si
sorprese nel notare la pesantezza di quei quattro cerchietti di metallo. Tutto sommato, notò, non sono nemmeno così brutti.
-Ora prova ad usarli. Eri diventata abbastanza
brava, sarebbe un peccato che ti fossi dimenticata come si fa.-
Emma abbassò le braccia, chiedendosi come
funzionassero esattamente quegli aggeggi, quando si accesero all’improvviso
facendola schizzare verso soffitto. L’unico risultato, fu una bella e dolorosa
botta sulla schiena.
-In particolare dopo tutti i lividi che ti sei
fatta.- aggiunse Tony, guardandola leggermente divertito. –Tranquilla, normale
amministrazione. Cerca solo di ricordare una semplice lezione: sei tu a
controllare la tecnologia, non viceversa.-
-Ti sei fatta male Emma?- domandò preoccupata
Jane, aiutando la sorella ad alzarsi.
Emma scosse la testa, massaggiandosi il punto
colpito. –No, tutto bene.- mugugnò, con una leggera smorfia.–Però potevi spiegarmi
come funzionassero questi cosi!- esclamò, puntando un dito contro lo
scienziato. Accidenti a lui!
Jane sbuffò e lanciò un’occhiataccia a Stark.
–Sono pericolosi.- gli disse. – Tu vai in giro con un’armatura anti-proiettili:
quando cadi non ti fai un graffio!-
Emma ridacchiò, ma nel profondo l’idea di poter
volare –volare!- la entusiasmava non
poco: doveva solo imparare come utilizzare al meglio quel regalo.
Tony, notando l’espressione della ragazza, fece un
sorriso sghembo, decisamente soddisfatto. –Jane non capisce. Nemmeno il tuo
caro maritino era troppo entusiasta all’idea, ma i miei prodotti sono
sicuramente i migliori al mondo.- disse, senza ombra di umiltà.
Maritino..?
Improvvisamente, sembrò che il tempo si fosse
bloccato e che le parole di Tony continuassero a rimbalzare nella stanza,
implacabili come possono esserlo parole taciute a lungo.
Emma, scioccata, si voltò a guardare sua sorella,
ma il suo viso era rivolto verso lo scienziato e lo stava fulminando con lo
sguardo. Alla ragazza mancò un battito: lei era sposata?
-Jane..- chiamò, quasi in una supplica, ignorando
Steve che si era quasi gettato addosso a Tony e lo stava tempestando di offese
senza alcun riguardo.
La sorella si voltò, finalmente, verso di lei. –Mi
dispiace, Emma.. noi non volevamo lo venissi a sapere così. Credevamo che
l’avresti ricordato quando saresti stata pronta.- sussurrò afflitta, mordendosi
il labbro.
La ragazza scosse la testa, mentre le lacrime le
rigavano le guance. –E chi.. chi..?- domandò, confusa e addolorata. Aveva un
marito e nessuno glielo aveva detto.
Jane fece per aprire la bocca, ma le porte del
laboratorio si aprirono con un rumore sordo, facendo voltare tutti e quattro.
Thor entrò con un sorriso da un orecchio all’altro, che si spense non appena
vide le loro facce, e dietro di lui..
Loki.
Ecco chi era. Emma se lo sentì nelle viscere. Lei
e quell’uomo erano sposati, erano marito e moglie. E gliel’avevano tenuti tutti
nascosto.
-Emma..- la chiamò Jane, ma lei non le diede
retta. Guardò gli occhi verde smeraldo di Loki, mentre prendevano
consapevolezza di ciò che era successo e si spalancavano.Ci guardò dentro, cercando di capire la
verità, ma la sua mente si rifiutò di aprirsi, per l’ennesima, dolorosa volta.
L’unica cosa che lei riuscì a fare a quel punto,
fu scappare. Sorpassò Thor e Loki come un fulmine, ignorando la voce di Jane
che la chiamava e il pugno che, probabilmente, aveva spaccato il naso ad Iron Man.
-Emma, ti prego. Ti supplico!- la chiamò, con un inclinazione nella voce che le spezzò
quasi il cuore. Tuttavia, scosse la testa e continuò a correre lontana da loro.
Angolino dell’autrice:
Buonasera a tutti! Ne approfitto per aggiornare dato che sono bloccata a casa
malata.
Allora, vi è piaciuto il capitolo? In effetti, le cose si
stanno facendo più avvincenti: Emma ha ricordato qualche particolare e ciò che
ancora non è riuscita a far tornare alla mente le è stato rivelato in modo
scioccante da Tony. Chi altro se non lui per questo arduo compito?
Voglio precisare un paio di punti che ho scordato di
sottolineare all’inizio: primo, la storia è ambientata dopo Thor: The Dark
World, come si può notare da ciò che dice Jane nel dejà-vù,
ovvero che non aveva fatto una bella prima impressione ad Asgard; inoltre è pre-Avengers Age Of Ultron, in
quanto non saranno presenti né Vision –che adoro con tutta me stessa, in ogni
caso- né Wanda/ScarletWitch.
Poi, un’altra cosa: ho deciso di cambiare il punto di vista
dei dejà-vù di Emma (anziché in terza persona, sono
in prima), perché li trovo un pochino più personali. Spero di averci azzeccato.
Infine, ringrazio di cuore gli angeli che hanno recensito e
che hanno aggiunto la storia ad una delle liste. Non smetterò mai di dirlo: vi
adoro!
Dopo la sua fuga, Jane probabilmente cercò di
correrle dietro perché Emma sentì la sua voce sempre più vicina. Ma lei non si
sarebbe fermata finché le gambe non le fossero cedute.
-Lasciami stare!- urlò, cercando di seminare la
sorella. Non voleva avere più niente a che fare con nessuno di loro! Maledetta
quella volta che li aveva incontrati! Il dolore che provava in quel momento non
poteva essere paragonato a nulla, nulla di così doloroso le era mai successo,
ne era certa.
Ed ovviamente, si sbagliava. Quel dolore, quella
disperazione l’aveva già provata. Riuscì ad arrivare sul terrazzo, prima che il
peso del déjà-vu la facesse fermare, facendole afferrare con forza la ringhiera
che la separava dal vuoto.
-Lasciami
stare!- urlo, con le lacrime che scorrono violente sulle guance: ho gli occhi
talmente appannati che non riesco quasi a vedere Jane davanti a me. –Lasciami
andare!- grido di nuovo, forse a mia sorella, forse a lui, l’unico vero artefice
del mio immenso dolore e della mia ancor più grande rabbia.
-Che diavolo
stai dicendo, Emma?- mia sorella ha il viso talmente pallido che sono certa
stia per svenire. Oh si, questa è la volta buona.
-Non voglio
più stare qui!-
-Cosa? Perché?-mi
chiede lei, allibita. E’ ovvio che non capisca il motivo di questa mia
sfuriata. E come potrebbe?
Scuoto la
testa, cercando di asciugarmi il viso. Devo essere uno spettacolo orribile in
questo stato, con il viso impiastricciato di lacrime e l’espressione sconvolta.
–Questo non è il mio posto, dannazione, Jane! Tu stai tutto il sacrosanto
giorno con Thor e se non sei con Thor sei a guardare quelle dannatissime
stelle, la notte non so cosa tu faccia, e non lo voglio neanche sapere, ma di
certo non rimani nella tua stanza. Io sono qui, sola, senza la possibilità di
fare un emerito tubo se non passeggiare in giardino come una mentecatta o, in
alternativa, leggere. Non so più che cosa leggere Jane! So a memoria la storia
di Asgard, tra poco posso anche dirti in successione tutti i suoi sovrani, e ti
posso garantire che non ho mai letto due volte lo stesso libro!-
Per tutti
gli dei, quanto sono bugiarda. Mi faccio quasi paura da sola per quanto riesco
a mentire bene, in questo frangente.. quando si dice la forza della
disperazione.
Jane scuote
la testa, incredula. –Non mi hai mai parlato di tutto questo.. hai ragione che
sono un po’ assente, però ci sono molte persone con cui ti vedo fare
conversazione durante il giorno. Thor stesso mi dice che un paio di volte hai
parlato con i suoi amici, in più hai fatto amicizia con Loki e…-
-Puoi vedere
quello che ti pare. Ma io mi sono stancata di soffrire così!- grido di nuovo,
girandomi e sbattendo la porta della camera. Sento Jane che mi chiama e prendo
a correre con tutta l’intenzione di nascondermi da qualche parte e di starmene
lì finché tutto questo dolore non sarà passato. Tuttavia, non appena svolto il
primo angolo, vado a sbattere contro un corpo muscoloso e perdo per qualche
secondo l’equilibrio.
-Dannazione..-
borbotto, alzando lo sguardo su Thor, che mi guarda con i suoi occhi azzurri
come il cielo. Senza dubbio, mia sorella si è proprio trovata l’uomo più
somigliante ai principi delle fiabe di tutto l’universo.
-Emma, tutto
bene? Vi ho sentite gridare.- mi chiede, cercando Jane dietro di me.
-Jane è
nella mia stanza. Arrivederci.- dico, sperando di scampare alla sua domanda. Ci
riesco senza difficoltà: a volte, Thornon mi sembra troppo furbo. Mi asciugo gli occhi con una manica
dell’ingombrante vestito e riprendo a correre, senza la benché minima
intenzione di fami raggiungere da mia sorella.
-Aspetta!-
mi richiama, ma io mi rifiuto di fermarmi. –Ho visto Loki poco fa, credo ti
stesse cercando.-
A quelle
parole, il cuore mi si stringe in una morsa. Continuo nella mia corsa,
attraversando praticamente tutto il castello e il giardino, in cui avevo
imparato a destreggiarmi particolarmente bene. Alla fine, arrivo ad un albero
particolarmente alto e particolarmente nascosto e mi siedo ai suoi piedi,
stringendomi le ginocchia al petto.
Che castelli
in aria mi ero fatta? E’ ovvio che lui preferisca quella tizia, quella.. com’è
che si chiama? Sic? Siffa? Ad ogni modo, è una dea.
Ed è anche parecchio attraente, con i suoi lunghi capelli scuri e lo sguardo
fiero e sicuro di sé.
-Potrei
portargli disonore.- borbotto, con ironia. –Disonore su di lui, disonore sui
suoi antenati, disonore anche sulla sua mucca!- aggrotto le sopracciglia. –Ci
sono le mucche, qui? Boh, di certo se ci sono lui ne ha una a cui portare
disonore.-
Sospiro,
afflitta, ma grata di essere riuscita a smettere di piangere. Sono stata
stupida: in primo luogo, per aver accettato di rimanere in questo posto con
Jane; secondo, per essermi permessa di affezionarmi a lui. Dopotutto, non posso
pretendere l’impossibile: per definizione, Loki è il Dio degli Inganni.
-Oddio, no!- sussurrò Emma tornando in sé, prima
di perdere l’equilibrio e finire dall’altra parte della ringhiera, giù verso la
strada asfaltata. Sentì vagamente Jane urlare, ma l’unico rumore distinguibile
era quello del vento sulle orecchie. Era spacciata, lo sapeva. Quanto tempo ci
avrebbe messo a schiantarsi? E sarebbe morta sul colpo?
Spalancò gli occhi quando si rese conto che gli
aggeggi che aveva sui polsi e sulle caviglie si erano attivati all’improvviso.
Una spinta di propulsione bloccò la sua caduta e la fece schizzare verso
l’alto. In pochi secondi superò il terrazzo del palazzo e tutto intorno a lei
si fece confuso: la città si allontanava sempre di più e i suoi occhi si
riempirono del nero della notte senza stelle.
Emma cercò di assumere una posizione composta e di
stabilizzare i reattori: come le aveva ricordato poco prima Tony, era lei che
doveva controllare la tecnologia e non viceversa. Dopo parecchi tentativi
riuscì a stabilizzarsi ed a fermarsi a mezz’aria e ormai era parecchio sicura
di riuscire a tornare a terra. Fece un paio di giri su sé stessa e le balenò in
mente l’idea di andarsene. Poteva scappare, il più lontano possibile da lì,
senza pensare mai più a tutta quella storia, poteva rincominciare da capo.
Quella era la sua possibilità, probabilmente la
sua unica possibilità, di fuggire da tutto quel casino infernale: una realtà
troppo pesante, a cui non riusciva a tenere testa. Vendicatori super muscolosi,
mutaforma, geni ed addirittura déi; nemici da altri
pianeti e da altre dimensioni; la sua memoria perduta e le scioccanti
rivelazioni che ricordava di tanto in tanto. Poteva mettere fine a tutto
quello.
Poi ricordò il déjà-vu di qualche minuto prima:
stava incominciando a ricordare il suo passato, i suoi affetti e le sue
emozioni. Ed era la compagna di Loki.
Un attacco di panico le fece accelerare i battiti del cuore.
Ecco perché le era sembrato così preoccupato al
suo risveglio, ecco perché era così irato quando aveva scoperto la sua amnesia,
ecco perché Jane cercava sempre di sottolineare quanto fosse cambiato, sebbene
avesse fatto azioni di dubbia discutibilità morale.
Ma lei non ricordava nulla, tranne quella
disperazione che aveva provato chissà quanto tempo prima ad Asgard, dopo chissà
quale cosa che lui aveva fatto con chissà quale dea.
Doveva recuperare i suoi ricordi, tutti e al più
presto. Doveva recuperarli e ricordare sua sorella, qualsiasi cosa fosse
successa con Loki e tutta la sua vita. Doveva farlo per sé stessa e per Jane.
-Direi che hai già preso la tua decisione.-
sussurrò a sé stessa, iniziando a scendere verso il terrazzo, pronta a dare la
possibilità a sua sorella di spiegarsi. D’altronde non avrebbe dovuto essere
lei a raccontarle la sua storia?
Fu più o meno quando Iron
Man le sfrecciò davanti che si rese conto, incredibilmente, di star volando per
davvero.
-Fiorellino, vedo che hai imparato.- le disse Tony
Stark, liberando il viso dall’armatura. –E’ stato più facile del previsto, no?-
Emma ridacchiò. –Sto volando!-
-Sei molto intuitiva, vedo.- disse lui,
ricambiando il sorriso. –Ma ora forse è meglio se torniamo con i piedi per
terra.-
La ragazza abbassò lo sguardo verso il terrazzo
del quartier generale degli Avengers e non si soprese nello scorgere parecchie
figure in più del previsto: Jane era abbracciata a Thor, mentre Steve guardava
contrariato verso l’alto, probabilmente chiedendosi cosa facessero ancora lì,
infine Loki aveva semplicemente un’espressione indifferente ed Emma non poté
fare a meno di aggrottare le sopracciglia.
-Si, forse hai ragione.- sussurrò, prima di
spegnere i reattori e farsi cadere nuovamente nel vuoto. Nuovamente, sentì Jane
urlare, ma la risata di Tony si aggiunse alla sua, mentre precipitava giù, verso
il suolo. La velocità le faceva venire i brividi di terrore, ma la libertà che
provava in quel momento era indicibile: continuò a ridere finché non capì di
essere troppo vicina alla strada. Allora accese gli aggeggi e cambiò la sua
direzione, puntando di nuovo verso il cielo scuro.
Sentì vagamente Jane chiamarla –era uno “stupida
sorella”, quello che aveva sentito?- ma lei la ignorò e fece un paio di giri
del grattacielo. –Quanto veloce posso andare?- urlò ad Iron
Man, che la seguiva pochi metri più indietro.
-Oh, molto più di così, ma credimi che non sarebbe
saggio. Sono perfezionati sull’armatura e tu non hai nulla che ti possa
proteggere dagli eventuali ostacoli.- le rispose, ed Emma trovando le sue
parole veritiere, rallentò.
-Costruiscimene una.- esclamò, affiancandolo. –Non
come la tua, meno elaborata, ma tale che possa volare senza farmi del male.-
Tony alzò un sopracciglio e si bloccò a mezz’aria.
Emma fu costretta a fermarsi a sua volta e a tornare indietro per affiancarlo.
–La ritieni una richiesta così sciocca?-
Lui scosse la testa. –Non starai mica pensando di
partecipare alle future battaglie al fianco degli Avengers, spero. Ci sarebbero
molte persone lì dentro decisamente contrarie.- disse, inarcando un
sopracciglio e indicando con un cenno della testa il gruppetto raccolto sul
terrazzo.
-Tu saresti uno di quelli?- tastò il terreno Emma.
-Ufficialmente, si.- disse lui, incrociando le
braccia. Emma sentì lo sconforto pervaderla. –Tuttavia, ritengo che un’armatura
sarebbe veramente utile: hai perso la memoria perché una di quelle stronze ti
ha sorpresa indifesa e sei caduta dal terzo piano di un palazzo.-
Emma rabbrividì. Altro che amnesia, era fortunata
ad essere viva.
-Inoltre, ti sei rivelata una risorsa molto utile.
E conosco un dio che ci ucciderebbe tutti se dovessi farti un altro graffio.-
aggiunse, rivolgendole un sorrisetto malizioso.
La ragazza arrossì, ma sorrise all’amico
soddisfatta: togliendo le sue reali intenzioni, aveva perfettamente ragione
riguardo alla sua sicurezza e, in tutto questo, Tony Stark era un ottimo
alleato.
-Nessuno ucciderà nessuno, Tony.- le disse lei,
ridacchiando.
-Oh, credimi, ragazzina. Quello stronzo di Loki ha
distrutto mezza New York, voleva conquistare il mondo e ha fatto messo chissà
quanti popoli uno contro l’altro. Era un ricercato a livello universale, un
criminale. Tutti noi lo odiavamo, io per primo: aveva minacciato di uccidermi
non so quante volte e in modo ben poco carino.- disse, diventando serio tutto
d’un tratto. –Ora, invece, lo abbiamo accolto tra di noi. Credimi se ti dico
che è cambiato radicalmente.-
La ragazza annuì, incredula. Si fidava del
giudizio degli Avengers, per quanto strani e svitati che fossero: sapeva che
non avevano nessun interesse nel mentirle, Tony più di tutti, e quest’ultimo
glielo aveva fatto ben capire rivelandole il suo legame con Loki. Forse in un
modo un po’ brusco, ma almeno era stata sincero.
-Accidenti a te!- esclamò Jane, non appena Emma si
decise a mettere i piedi a terra. –Avevo dimenticato la tua immensa
impulsività!-
La ragazza spalancò gli occhi nel vedere la
sorella andarle in contro con un’espressione omicida sul suo bel viso. Pestava
rabbiosa i piedi per terra e lei si rese conto che anche Thor aveva gli occhi
spalancati e la guardava titubante.
–Eddai Jane, volevo solamente…-
-…provare l’ebbrezza di cadere?- gridò lei, mentre
le lacrime presero a solcarle il viso. –Non ti sono bastate due volte?!? Ho
rischiato di perderti due dannatissime volte e tu ti comporti da irresponsabile
ugualmente! Non mi interessa minimamente cosa volevi fare, hai capito? Rimani
un’irresponsabile e io mi sono stancata di dovermi preoccupare per te ogni tre
per due!- prese un sospiro, ma era chiaro che la sua sfuriata non fosse ancora
finita. –Ero totalmente contraria che tu venissi qua e ti immischiassi in
questa specie di bolgia infernale, ma no Jane, cosa vuoi che sia? Sono grande,
autosufficiente, sono pure sposata, meglio di così! E quegli altri due, idioti: ma si Jane, la proteggiamo noi,
che siamo grandi, grossi, machi e addirittura
déi! E qual è stato il risultato di questa ricola scenata? Hai perso la memoria, cadendo dal terzo
piano di un palazzo! Poi mi sono detta: beh raccontiamole la verità, potrà
mai sconvolgerla così tanto? E tutti, no Jane, non diciamole niente! Sapere
tranquillamente tutta la verità su sé stessa potrebbe traumatizzarla, aspettiamo che lo scopra da sola! E qual
è stato il risultato? Sei caduta dal
fottutissimo trentesimo piano di un grattacielo!-
Ci fu qualche minuto di silenzio, durante il quale
Emma e tutti gli altri Avenges guardarono scioccati
la donna ansimare dopo lo sforzo. Emma notò che Thor e Steve avevano fatto un
paio di passi indietro, mentre Loki –con
i suoi incredibili occhi verdi- la
fissava allibito, con le braccia abbandonate lungo i fianchi: a quanto pareva,
nessuno di loro aveva mai visto Jane arrabbiata in quel modo.
Tony, ad un certo punto, emise un fischio,
incrociando le braccia. –Fratello,- disse rivolgendosi a Thor. –se la tua
ragazza è così focosa anche a letto, sei un uomo fortunato.-
A quel punto, Jane abbandonò la sua posizione tesa
e arrossì vergognosamente, mentre Mjolnir compì una parabola nell’aria e si
andò ad abbattere addosso all’Uomo di Metallo.
-Ehi, machoman, ho fatto
un complimento alla tua fidanzata!- esclamò quello, attivando con un ghigno i
reattori della sua armatura. –Vuoi fare a botte?-
-Non rivolgerti a lei con quelle espressioni.-
ringhiò Thor e, da bravo principe azzurro, si fiondò verso Tony per difendere
il buon nome della sua amata.
Le due sorelle si guardarono, leggermente
imbarazzate e ignorando i due che se le davano di santa ragione, e si
sorrisero, quasi timidamente.
-Scusami, Jane.- disse Emma. –Non credevo di
averti fatta preoccupare così tanto.-
Jane annuì e con un paio di passi coprì la
distanza che le separava, avvolgendola in un caldo abbraccio. Era quello il suo
posto, tra le braccia della sorella: si sarebbe impegnata a recuperare i suoi
ricordi e la loro vita insieme. Era convinta che il legame che le univa fosse
davvero molto, molto forte. Lo sentiva sotto la pelle, nella carne e nel cuore
e anche se non ricordava tutti i particolari perfettamente, sapeva che era
così.
Dal giorno dopo, decise, si sarebbe impegnata
attivamente per migliorare la situazione, in tutti i modi umanamente e divinamente possibili.
-Accidenti, voi due! Volete darci un taglio?- urlò
ad un certo punto Steve, -Loki, dammi una mano a staccarli, distruggeranno
qualcosa!-
-Fossi matto. Spero invece che sia la volta buona
che uno dei due ci rimetta la pelle.-
Emma non poté fare a meno di ridacchiare:
l’espressione imbronciata da primadonna di Lokiera qualcosa di terribilmente esilarante.
Angolino dell’autrice: Buonasera a tutti, Avengers!
Finalmente, dopo molte peripezie, sono riuscita a pubblicare un nuovo capitolo.
Devo ammettere che, questa volta, è stato più difficile del solito da scrivere,
per cui spero sia venuta fuori una cosettina decente, anche se non sono
propriamente soddisfatta.
Ho voluto dare spazio sia al passato di Emma, sia
al suo rapporto con Jane e Tony; nel prossimo, prometto, verrà approfondita
anche la situazione con il nostro Loki, che in questo capitolo ha ricoperto un
ruolo abbastanza marginale. Ma ve lo assicuro: Jane non è stata l’unica a
prendersi una paura del diavolo!
Detto questo, spero che il capitolo vi sia
piaciuto e invito i lettori silenziosi a lasciare una recensione:mi aiutano immensamente a capire come
migliorare il mio stile e la mia scrittura!
Emma, quel giorno, si svegliò colma di gloriosi propositi. Aveva ideato un piano. Beh, in realtà
più che un piano vero e proprio era un esperimento, ma era intenzionata a farlo
funzionare, in un modo o nell’altro: era stanca di aspettare con le mani in
mano che le cose piovessero dal cielo. E l’aveva capito la sera prima.
Si fece una doccia veloce e si mise i primi
vestiti che le capitarono tra le mani: era curiosa di vedere se il suo zelo
sarebbe bastato a migliorare le cose.
-Buongiorno!- esclamò entrando allegramente in
cucina, ma bloccandosi quasi subito: al contrario di come si aspettava, la
cucina era vuota. Tranne che per una persona.
La sfortuna
mi perseguita.
Loki alzò leggermente la testa dal suo libro e la
squadrò da capo a piedi ed Emma si pentì immediatamente di aver messo i
pantaloni in pelle che le aveva prestato Natasha: erano comodi, ma
terribilmente aderenti. Cercò subito, imbarazzata, di tirare verso il basso la
felpa, come se potesse coprirla maggiormente, ma al contrario delle sue aspettative
il suo gesto suscitò solamente l’ilarità del dio. –Non ti preoccupare:- ghignò,
lanciandole un sorrisino di superiorità -niente che non abbia già visto.-
Emma arrossì fino alla radice dei capelli, capendo
dove volesse andare a parare. Tuttavia, decise quasi nell’immediato che non
aveva nessuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa da quel tizio:
poteva benissimo essere il suo compagno, ma le battutine di cattivo gusto
avrebbe potuto risparmiarsele in ogni caso.
-Sarebbero queste le battute sagaci del Dio degli
Inganni? Devo ammettere che mi aspettavo qualcosa di meglio.- disse, indurendo
lo sguardo e andando verso i fornelli per prepararsi il the.
Il ghigno di Loki si accentuò. -Devo presumere che
quel pettegolo di Stark ti abbia accennato anche questo. In ogni caso, gran bel
cambiamento rispetto al Dio della Morte, non mi si addiceva per niente: un
ruolo troppo scontato, troppo banale.-
Emma sbatté il pentolino sui fornelli con troppa foga.
Era palese sottolineare che le stessero saltando i nervi. –In realtà, ricordo
di aver pensato di non potermi aspettare gran che da te, dato il soprannome che
ti affibbiano da parecchie migliaia di anni.- ringhiò la ragazza –Ma direi che
piuttosto che Dio degli Inganni sarebbe più consono chiamarti Dio dei
Capricci.-
-Attenta a come parli, ragazzina. Dimentichi forse
chi sono?- sussurrò quello, alzandosi e avvicinandosi minacciosamente a lei.
Emma si trovò sovrastata da quasi due metri di nervi tesi e muscoli e dovette
alzare la testa per continuare a guardarlo negli occhi, ma si costrinse a non
distogliere sguardo.
-No, la scenata che hai fatto con Banner è bene
impressa nella mia mente, non ti crucciare. Dai perfettamente l’impressione
dello stronzo che vuoi essere.-
Dove stesse trovando tutta quella faccia tosta,
non lo sapeva: forse le dava forza l’idea di avere un legame così profondo con
lui o forse amava mettere a repentaglio la propria vita. Evidentemente,
entrambe. E l’irritazione che le stava causando quel dio era inverosimile.
Loki indurì la mascella e un lampo di rabbia passò
nei suoi occhi. Con uno scatto afferrò il polso di Emma, facendola
indietreggiare di un passo e andare a sbattere contro il ripiano della cucina.
-Non credere di poter parlarmi così. Non sai niente di me perciò non azzardarti a
sputare sentenze.- ringhiò ed Emma si trovò, per la prima volta quella mattina,
senza parole.
Aveva ragione, ovviamente: lei non aveva ricordi e
in quel momento non conosceva veramente l’uomo davanti a sé. Le prime
impressioni che aveva avuto erano, a quanto pareva, totalmente errate, eppure
lui non stava facendo nulla per screditarle e farle effettivamente capire che
si sbagliava. Anzi, sembrava addirittura che facesse apposta a dimostrarsi
cinico, freddo e menefreghista. Soprattutto verso di lei.
-Eravamo innamorati?- domandò improvvisamente, di
getto. Poteva sembrare scontato, ma lei aveva bisogno di sentirlo dire a voce
alta e capì che da quella risposta sarebbe dipeso tutto il resto.
Loki abbassò lo sguardo e le lasciò il polso,
lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. –Si.- disse semplicemente, prima
di voltarle le spalle e uscire dalla stanza.
Emma dovette appoggiarsi con tutto il peso al
ripiano dietro di lei, per evitare di cadere. Ecco, ora lo sapeva, ne era certa. Da una parte, aveva sperato che
la sua risposta fosse stata negativa: sarebbe stato tutto più semplice, tutto
meno incasinato; ma nel profondo sapeva che non avrebbe mai sposato un uomo se
non per amore. Perciò si, la risposta era decisamente scontata.
Prese con mani tremanti la tazza e versò l’acqua
bollente e il the, iniziando a mescolare ritmicamente. Non riusciva a capirlo e
non riusciva a capire sé stessa: la stretta allo stomaco e il tremore che la
coglievano ogni volta che lo vedeva, con quei suoi occhi da folle e il metro e
novanta di pura forza mistica, contrastavano totalmente con la faccia tosta e
la voglia di confronto che la spingevano a sfidarlo ed a cercare la
conversazione. In effetti, tutto ciò non aveva un senso.
-Buongiorno Emma.-
La ragazza si girò di scatto, incontrando lo
sguardo attento del Capitano Rogers, che le rivolse
un sorriso.
-Buongiorno.- rispose, ricambiando titubante.
-C’è del caffè?- domandò lui, sondando il ripiano
della cucina con lo sguardo.
Emma scosse la testa. –Te lo preparo io.-
-Grazie mille.- le rispose Steve, facendole un
cenno con la testa e sedendosi. Ogni qualvoltaun Vendicatore entrava in quella cucina, ad Emma sembrava sempre consumasse
uno spazio gigante.
-Posso chiederti un favore, Steve?- domandò ad un
certo punto, dopo aver messo il caffè sui fornelli. Lui annuì, curioso.
-Non credo di sembrerà una richiesta sensata..-
iniziò, prendendo un grande sospiro. –e sono certa che a mia sorella non
farebbe molto piacere, tuttavia mi chiedevo se tu e Natasha poteste..
allenarmi.-
-Come?- domandò, sorpreso.
-Beh, ecco, dopo quello che mi è successo non
posso fare a meno di sentirmi insicura. Ho chiesto a Tony di fare una specie di
armatura anche per me, ma non me la sento di dipendere dalla tecnologia.-
spiegò, ripetendosi mentalmente che tutto quel discorso non era propriamente una bugia. Forse, solo una
mezza verità. –Vorrei imparare un po’ di autodifesa e, perché no, qualche
tecnica.. per non essere impreparata nel caso dovesse risuccedere. Non credo
riuscirei a sopportarlo di nuovo.-
Ok, quella era
una bugia. Tuttavia, Emma si rese conto che Steve ci stava pensando e,
dopotutto, in alcuni casi il fine giustifica i mezzi.
-Non mi sembra una richiesta insensata.- la
tranquillizzò. –Ma per avere qualche risultato in poco tempo ci sarà da
lavorare duramente.-
Emma sorrise apertamente, trattenendosi dal
correre ad abbracciare l’uomo. –Non è quello che mi spaventa.- disse,
stringendo i pugni sotto il tavolo.
-Credo che Nath sarebbe disponibile. Appena la
vedo glielo posso domandare.-
-Grazie Steve. Davvero.-
-Apri le braccia, fiorellino.-
-Più di così mi spacco, Tony.-
Tony Stark sbuffò, divertito. –Per una ragazza che
ha convinto l’esimio Capitano Steve Rogers ad
offrirle lezioni gratuite credevo che nulla fosse impossibile.-
Emma ridacchiò. –Sei sempre il solito esagerato.-
-Oh no. Tutti noi, Rogers
compreso probabilmente, ci stiamo chiedendo come hai fatto a convincerlo.-
aggiunse Banner, sorridendole divertito.
-Nello stesso modo in cui ha convinto noi due ad
architettare questa cosa, Banner. Ora girati che prendo la misura della
larghezza delle spalle. Jarvis, disegna un bozzetto, che vediamo come
arrangiarci.-
La ragazza fece come le era stato detto e nascose
un sorrisino soddisfatto. O le sue capacità dialettiche erano migliori del
previsto, o aveva qualche potere speciale, anche se Tony aveva affermato più
volte che essere la compagna del Dio degli Inganni doveva aver dato qualche
risultato. Probabilmente aveva ragione.
Dopo che Tony la lasciò libera di muoversi, Emma
si sedette su uno sgabello pericolante, iniziando a guardare i due scienziati
lavorare. Si concentrò, in particolare, su Stark: le sue mosse precise, quasi
fulminee le fecero capire come si trovasse a suo agio tra tutti quei macchinari
e i computer –tanti computer- che proiettavano la loro immagine nella stanza.
Tony digitava qualcosa su uno schermo e poi su un altro, in rapida sequenza,
prima di borbottare qualcosa a Jarvis e, successivamente, ritornare sui suoi
computer. Alla ragazza, dopo un po’, sarebbe girata la testa, ma lui era totalmente nel suo ambiente e non
sembrava sentire nessuna fatica ne psicologica ne fisica: avrebbe voluto
vederlo all’opera con uno dei suoi prototipi, ma sapeva che non voleva nessuno
intorno. L’unica volta che aveva provato ad assistere l’aveva mandata via quasi
con fastidio e lei ci era rimasta parecchio male.
Emma sorrise: quel ricordo le era balenato alla
mente talmente naturale che sarebbe potuto passare inosservato, ma capì che
fino a qualche minuto prima era totalmente allo scuro di questo particolare.
Gioì e tornò a riconcentrarsi su di lui. Dopo poco si rese conto che trovava
terribilmente familiare la fossetta che gli si formava tra le sopracciglia o il
modo in cui arricciava il naso quando qualcosa non andava come voleva lui e
riuscì a ricollegare quei particolari ad altre situazioni, che erano nel suo
cervello da sempre.
-Vieni qui, fiorellino.- le disse Tony ad un
tratto, distogliendola dalle sue elucubrazioni. Emma si alzò e lui le tolse i
due braccialetti e le cavigliere. –Ora io e Banner proveremo a modificarle. Nel
caso ti servissero, non ti resta che chiamarle.-
-Chiamarle?- domandò lei, confusa.
Tony annuì e alzò un braccio. Nel giro di mezzo
secondo il guanto di Iron Man schizzò verso di lui e gli
avvolse la mano. –Hai dei piccoli chip sotto la pelle che li richiamano,
proprio come me con Iron Man.- spiegò, togliendosi il
pezzo di metallo con nonchalance.
Emma alzò un sopracciglio: questa cosa dei chip le
era del tutto estranea. Mentre andava verso i piani inferiori, all’esasperata
ricerca di Steve, cercò di riportare alla mente qualcosa riguardante quel
particolare, ma al momento se ne ritrovò incapace.
Stava per scendere le scale, diretta alla
palestra, quando Thor la chiamò, facendola voltare.
-Ciao. Come posso aiutarti?-
-Hai visto Jane?- le domandò Thor, facendo roteare
su una mano il suo martello. La ragazza si ritrovò a fare incoscientemente un
passo indietro.
-No, ma credo sia andata al mercato. Deve essere
ancora arrabbiata per quello che è successo ieri.-
Il dio alzò un sopracciglio, contrariato. –Non
avresti dovuto. L’hai fatta morire di
paura. In realtà,- aggiunse, portandosi una mano dietro la nuca –raramente l’ho
sentita urlare così forte.-
-Mi dispiace. Davvero.- Emma si morse il labbro:
era stata veramente stupida a farla preoccupare di nuovo per niente.
Thor si limitò ad annuire. –Stavi andando in
palestra?- domandò poi, alquanto sorpreso.
La ragazza annuì, sentendosi in difficoltà. –Si,
ecco… stavo cercando Steve.-
-Per quale ragione?-
-Oh, ecco.. volevo farci due chiacchiere. Sai, ho
notato che se mi concentro e osservo con particolare attenzione, a volte riesco
a ricordare alcuni particolari.- spiegò, precedendo il dio sulle scale. Quello
mugugnò qualcosa di incomprensibile che Emma decise ampiamente di ignorare e
sui due cadde un pesante silenzio. Emma sentì a pelle che c’era qualcosa che lo
turbava parecchio.
-Thor? Sai, capisco che c’è qualcosa che non va.
Ti va di parlarmene?- domandò, chiedendosi per quale ragione non volesse
esprimere i suoi dubbi: dopotutto, non si era trattenuto nel rimproverarla per
aver fatto preoccupare Jane.
Il dio sospirò pesantemente, iniziando ad agitarsi
e la ragazza si bloccò rendendosi conto che prima si fosse liberata di lui,
prima avrebbe raggiunto Steve e iniziato il suo allenamento.
-Allora?-
-Ha a che fare con Loki.-
Emma rimase interdetta qualche secondo. –Ah. E
cosa sarebbe successo di preciso?-
-Mi ha detto che avete litigato questa mattina.-
disse, probabilmente titubante a farsi gli affari suoi. Loro.
-Si è venuto a confidare?- chiese la ragazza,
alzando un sopracciglio. –E’ stato esaustivo per lo meno?-
Il dio alzò le spalle, scuotendo la testa. –In
realtà gliel’ho tirato fuori a forza con il Mjolnir. Non è stato semplice e non
mi ha raccontato poi molto: non sono certamente il suo più caro confidente.-
-Ah no? Eppure sembrate l’uno l’ombra dell’altro.
E chi sarebbe il suo più caro confidente? Un’altra inquietante versione di sé
stesso?- chiese, parecchio irritata.
-No. Sei tu.-
Emma sospirò pesantemente e si passò una mano tra
i capelli, trovandoli tutti annodati. Che
nervoso. Come avrebbe potuto spiegarli, delicatamente, che anche se
continuavano ad insistere, non sarebbero riusciti a fare tornare quello che
c’era tra lei e Loki come prima?
-Ascolta, io non credo che se tu e Jane vi
coalizziate per farmi avere una buona impressione di lui, le cose cambieranno.
Lo apprezzo, da una parte, però non è così che funziona, te l’ho detto. E poi,
se lui si comporta così significa che probabilmente non gli interessa poi
tanto.- concluse, facendo spallucce. Il suo comportamento scostante e
antipatico non la invogliava alla conversazione, ne allo stare in sua
compagnia.
-Lui non è abituato ad esternare i suoi sentimenti
e..-
Di certo il pregio di Thor non erano i monologhi.
-Oh, ora basta! Con tutto il rispetto, ma non ho
intenzione di risolvere anche i problemi di un Dio capriccioso e
plurimillenario. Ho già i miei da risolvere e non ho nemmeno trent’anni!-
esclamò, non riuscendosi a trattenere. Le sembrava ridicola tutta quella
situazione. Loki di certo non aveva bisogno della mediazione di suo fratello,
in quanto a dialettica era messo più che bene.
Emma ricordò all’improvviso quanto si divertisse,
in passato, a sentire Thor parlare: era un misto di esuberanza, paroloni
complicati e balbettii. Era raro che in una discussione con sua sorella lui ce
l’avesse vinta.
Scosse la testa, irritata, e voltò le spalle al
dio, lasciandolo sospirare in solitudine sulle scale. In quel momento più che
mai, aveva voglia di sfogarsi in qualche modo. Qualsiasi modo.
-Steve?- chiamò forse per la decima volta, facendo
capolino nella grande palestra dell’edificio. Si guardò un attimo intorno,
sperando di trovare la figura imponente di Captain
America allenarsi, invece poco più distante dal punto in cui si trovava vide
Nath tirare pugni e calci ad un sacco appeso al soffitto. Ecco cosa erano quei
colpi ritmici che sentiva provenire dalla tromba delle scale.
La ragazza si prese qualche minuto per tentare il
suo “esperimento” anche su Nath: come per gli altri, ritrovò familiari alcuni
movimenti ed espressioni e ricordò alcuni avvenimenti, come la prima volta che
si erano incontrate. Emma, a quel tempo, aveva provato un lungo e gelido brivido
sulla schiena e si era chiesta come poteva una donna come lei sembrare tanto
fredda; poi, col passare del tempo, si era totalmente ricreduta.
-So che sei lì.- disse, ad un certo punto,
distogliendo Emma dalle sue elucubrazioni. –Vieni avanti, non stare ferma a spiarmi, mi
infastidisce.-
-Scusami, Natasha.- rispose, facendo qualche passo
sul pavimento lucido della palestra. –Cercavo Steve: questa mattina gli avevo
chiesto un favore.-
La donna prese un asciugamano con cui si asciugò
il sudore dalla fronte e le si avvicinò, annuendo. –Si, me ne ha parlato. In
questo momento lui è impegnato, ma il sacco da boxe ed io siamo
disponibilissimi.-
-Oh. Beh, se la metti su questo piano.. grazie.-
Natasha annuì e la invitò a prendere posto davanti
al sacco da boxe, allargando un braccio. Emma obbedì subito.
-Dobbiamo iniziare dalle basi.- disse, mettendosi
di fianco a lei. –Ci sono modi giusti e sbagliati per sferrare calci e pugni: i
secondi danneggiano poco l’avversario e parecchio te stessa. Mi segui?-
Emma annuì e seguì attenta la spiegazione: Natasha
le mostrò come fare e le ordinò di iniziare a colpire il sacco. I primi
tentativi furono, ovviamente, abbastanza scadenti, ma dopo quella che le parve
un’ora, la sua insegnate improvvisata si dichiarò soddisfatta.
La ragazza, parecchio stanca e sudata, si concesse
qualche minuto per riposarsi e per mettere nuovamente in moto il cervello, ma
Natasha volle iniziare subito ad illustrarle qualche tecnica di autodifesa.
Emma, mentre cercava di parare il meglio possibile i colpi, trovò
quell’esercizio molto più utile ed interessante del precedente, anche se non le
era dato un momento di respiro.
Tuttavia, si disse, se l’allenamento procedeva di
quel passo, a breve sarebbe riuscita a raggiungere il suo obiettivo.
Angolino dell’autrice:Salve a tutti! Chiedo
immensamente scusa per il ritardo, ma è stato –ed è tutt’ora- un periodo
parecchio brutto per me. Spero in ogni caso che questo capitolo vi sia
piaciuto, malgrado il ritardo deprimente. Se avete critiche/consigli, non
esitate a dirlo: mi servono assolutamente per migliorare! Ringrazio tutti
coloro che hanno lasciato una recensione e chi ha inserito la storia in una
delle liste! Un abbraccio,
Il giorno seguente il primo allenamento, Emma si
ritrovò con braccia e gambe quasi completamente bloccate. La sera prima,
ricordò, aveva sentito molta fatica, ma era anche parecchio soddisfatta: era,
inoltre, convinta che dopo una bella dormita sarebbe ritornata come nuova.
Mai convinzione era stata più errata. A colazione
aveva fatto tutto il possibile per non mostrare il dolore che provava ad ogni
movimento e più volte Jane le aveva chiesto preoccupata se ci fosse qualcosa
che non andava.
-Tranquilla, Jane. Probabilmente ho dormito male
questa notte.-
La sorella aveva alzato le spalle, per nulla
convinta, ma aveva cercato di non insistere più del necessario. Ed Emma le era
particolarmente grata per questo, anche a causa degli sguardi indagatori che le
rivolgeva il suo biondo fidanzato.
Pensandoci bene, probabilmente, più che i pugni e
i calci di per sé, erano state tutte le volte che Nath le aveva torto le
braccia dietro la schiena e l’aveva fatta cadere per terra che le avevano
nociuto. Tuttavia, per quanto dolore provasse, era certa che non sarebbe stata
esonerata dai suoi allenamenti quella mattina e, a dirla tutta, le andava più
che bene così.
Finita la colazione, cercò di svignarsela più
anonimamente possibile, ma venne quasi subito bloccata da Tony. –Aspetta cinque
minuti, fiorellino. Non vuoi vedere fino a che punto si è spinto il mio genio?-
disse, senza un minimo di modestia nella voce.
Ad Emma brillarono gli occhi. –L’hai finita?-
domandò sentendo l’eccitazione crescere.
Lo scienziato annuì. –Prova a richiamarla.. vedrai
che funziona alla perfezione.-
Emma fece come ordinato e, nel giro di qualche
secondo, i pezzi della sua nuova armatura erano al loro posto, sui polsi e
sulle caviglie. Ed ora?
Stava quasi per chiedere qual e fosse,
esattamente, la novità, quando con un leggero rumore metallico centinaia di
fili argentati iniziarono a circondarle busto, braccia e gambe, fino a formare
una ragnatela trasparente attorno a lei. Provò ad infilare un dito tra i vari
filamenti ma si rese conto che si era creata una barriera che le impediva di
toccarsi i vestiti.
Accidenti!,
pensò, emozionata.
-E’ una vera e propria armatura.- riprese Tony.
–Flessibile e resistente. Molto meno di Iron Man,
ovviamente, ma ritengo che per ora possa bastare.-
Emma annuì e corse ad abbracciarlo. –Grazie,
grazie, grazie.- disse, sorridendogli radiosa e ridacchiando tra se e se,
mentre si rendeva conto di avergli causato parecchio imbarazzo.
-E’ stato un piacere. Anche Banner ha fatto
parecchio lavoro, comunque. L’idea della barriera di energia tra i fili della
maglia è stata sua.-
-Andrò a ringraziare anche lui.-
Lui annuì una sola volta e riprese a mangiare,
così Emma capì che la conversazione era finita. Si passò una mano tra i
capelli, del tutto dimentica del dolore, e pensò velocemente ad una scusa per
allontanarsi da sua sorella e da Thor.
-Credo che andrò a provare quest’armatura.- disse,
guadagnandosi un’occhiata di fuoco da Jane. –Tranquilla, vado ai piani più
bassi. Niente più voli da altezze sconsiderate.-
La sorella annuì, arresa all’evidenza, ed Emma
approfittò del momento di silenzio per schizzare fuori dalla stanza verso la
palestra. Dato che non aveva visto Steve a colazione, era lecito pensare che
fosse in palestra, almeno per quella mattina.
Sfortunatamente, -ma doveva essere destino ormai
con i due fratelli di Asgard- non appena svoltò il primo angolo, finì dritta dritta addosso a Loki. Alzò la testa si scatto, scusandosi,
ma aggrottò le sopracciglia quando vide chi era effettivamente lo sfortunato.
-Oh.- disse, in modo alquanto stupido.
Sembravauna condanna: ogni sacrosanta
mattina se lo ritrovava in situazioni che rendevano facili il litigio.
-Non fa niente.- disse invece, facendo spalancare
gli occhi ad Emma.
La ragazza rimase parecchio allibita e si ritrovò
incuriosita da quel comportamento, ma il pensiero dell’allenamento la fece
rendere conto che era già abbastanza in ritardo.
-Devo.. devo andare.- sussurrò, scostandosi e
scappando verso la palestra. Era convinta che non sarebbe riuscita a sostenere
quello sguardo per nemmeno un secondo in più.
Non appena entrò, come si aspettava, vide sia
Steve che Natasha allenarsi. Stavano facendo un corpo a corpo ed Emma non ebbe
il coraggio di interromperli: la scena era inquietante, ma estremamente
affascinante.
Steve puntava molto sulla forza fisica –in effetti
superava la donna di parecchi centimetri- e i suoi pugni e calci erano mirati e
terribilmente efficaci; al contrario, Natasha, magra e slanciata, si muoveva
talmente veloce che l’altro non faceva in tempo a colpire in una direzione che
lei lo sorprendeva di fianco. Se qualcuno le avesse chiesto chi dei due avrebbe
avuto la meglio, Emma non avrebbe saputo dare una risposta.
I due si accorsero di lei dopo una decina di
minuti.
-Emma!- la riprese subito Nath, venendole
incontro. –Devi imparare ad annunciarti.-
Emma le sorrise. –Chiedo scusa. Forza
dell’abitudine.-
-Oggi tocca a me.- intervenne Steve, parandosi di
fronte alla ragazza. –A meno che tu non voglia andare con Nath al poligono di
tiro.-
-Oh, no. Non mi ci vedo con una pistola in mano.-
La rossa rise, particolarmente divertita, e salutò
i compagni, dirigendosi al poligono. Emma si chiese se avrebbero sentito gli
spari.
L’allenamento di quel giorno fu, probabilmente,
più duro di quello precedente, anche se Emma si trovò ad avere molti meno
lividi: Steve l’aveva fatta allenare come una militare, ma era stato molto
attento a non farle del male.
In ogni caso, alla fine della giornata –ad Emma
sembrò impossibile, ma fu proprio così- fece fatica a salire le scale per
andare verso la tanto agognata doccia.
-Sei stata brava oggi.- le aveva detto Steve,
prima di lasciarla davanti la sua camera. –Hai imparato molte tecniche di
difesa e di attacco con buoni risultati. Devi migliorare la velocità, ma come
primo giorno siamo a buon punto. Ora riposati.-
Emma aveva sorriso e annuito e si era fiondata in
doccia.
Mi ci voleva
proprio, pensò una volta vestitasi. Aveva accuratamente saltato la cena –di
certo tutti erano venuti a conoscenza del suo allenamento e non sapeva come
l’aveva presa sua sorella-, ma in quel momento si rese conto di avere una fame
terribile.
Uscì piano piano dalla sua stanza, dirigendosi
verso la cucina e pregando gli dei che nessuno si accorgesse di lei: avrebbe
rimandato le litigate e le discussioni al giorno dopo.
Sfortunatamente per lei, non appena mise piede in
cucina le si presentò davanti una scena che le fece accapponare la pelle dallo
spavento: Loki, il leggendario Dio Degli Inganni, la aspettava –si, Emma
sentiva nelle ossa che stava aspettando proprio lei- a braccia conserte e con
uno sguardo che avrebbe fatto scappare qualunque guerriero. In quel momento,
Emma si domandò se fosse davvero nata sotto una cattiva, cattivissima stella.
-Immaginavo avresti avuto fame. Voi umani
difficilmente resistete molto senza cibo.-
-Beh, in effetti ho voglia di una fetta di pane
con il cioccolato.- disse, con nonchalance. –Cosa ci fai ancora in piedi?-
Forse, cercare di ingannare il Dio degli Inganni
non era la scelta migliore, ma era troppo stanca per pensare a qualcos’altro.
-Mi prendi in giro?- scattò lui, quasi
immediatamente. –Cosa mi dici delle ore passate con la Romanoff e con Rogers?
Hanno bisogno di spettatori?-
Emma si voltò di scatto, sentendo l’irritazione
crescere. –Ritengo semplicemente che imparare a difendermi potrebbe giovare
alla mia salute.-
-Non ne hai motivo: penseremo noi alla tua
sicurezza.-
-Vedo.-
Loki ringhiò e tirò un pugno al tavolo di mogano,
facendolo slittare sul pavimento di parecchi centimetri. La ragazza rabbrividì
e si ritrovò a fare un passo indietro.
-Credi che sia così stupido? La mia nascita è
avvenuta prima che i tuoi antenati imparassero i misteri del cielo e della
terra, ho millenni alle spalle e tu, piccola mortale, non puoi pensare di
farmela sotto il naso!- Loki fissò la ragazza spalancando gli enormi occhi
verdi ed Emma si ritrovò senza parole. –Tu vuoi combattere a fianco degli
Avengers. Ma non te lo permetterò mai.-
-Non decidi tu sulla mia vita!- gridò lei. –Puoi
essere anche il dio più potente dell’universo, ma la vita è mia. Tu non puoi…-
-Come puoi pretendere di sapere di cosa sono
capace io se nemmeno ti ricordi cosa
hai fatto due settimane fa?- chiese lui, lasciandosi scappare un sorriso di
scherno.
-Non mi interessa sapere di cosa sei capace tu,-
ribatté Emma, allontanandosi di un altro passo. –mi interessa fare tutto ciò
che posso per evitare un’altra situazione come questa. Non mi lascerò fermare
dalle tue minacce insulse.-
Dove stava trovando tutto quel fegato, non
l’avrebbe mai saputo dire. Era perfettamente consapevole, però, che Loki non si
sarebbe mai lasciato convincere da lei e che quella conversazione non sarebbe
finita per niente bene.
-Sciocca mortale,- la apostrofò dopo una risata,
causandole l’ennesimo moto di stizza nell’udire quel soprannome. –non hai
ancora capito che non devi osare sfidarmi? Non sai quello di cui sono capace.-
Emma scosse la testa e strinse i pugni, sentendo
una gran voglia di mettersi ad urlare. Nessuno avrebbe deciso della sua vita,
tanto meno un marito di cui non ricordava praticamente nulla.
-Continui a dirmi che non so nulla di te, eppure
ogni singolo giorno, ogni singola ora sembra che tu mi voglia tenere fuori
dalla tua vita. Mi respingi e mi mostri la parte peggiore di te! Come faccio a
conoscerti se me lo impedisci con tutte le tue forze?- disse, mentre sentiva
gli occhi pizzicare. Ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla
piangere.
-Mi conoscevi già.- ribatté lui, guardandola
astioso.
A quel punto, Emma capì. –Ho perso la memoria,
Loki. Non l’ho fatto apposta, non puoi darmi la colpa per questo. Lasciami
solo…-
-Ho già sofferto una volta a causa tua!- gridò,
perdendo il controllo. –Ho sofferto per tutta la vita: per quello che dovrebbe
essere mio padre, per Thor, per le mie origini ed ora anche per te! Non voglio
più soffrire, mi sono stancato di tutto questo!-
Eccolo. La ragazza lo vide in quel momento, per la
prima volta da quando si era risvegliata senza memoria. L’uomo che rifuggiva
ogni sentimento positivo per timore di essere ferito: si rese conto che non
l’aveva mai capito interamente prima di quel momento. O forse aveva dimenticato
il suo verso essere.
Loki, ad un tratto, fece ciò che meno si aspettava
che facesse: si avvicinò di gran carriera e le prese forte il mento tra le
dita. Poi, la baciò.
Emma non conosceva –o meglio, non ricordava- i
baci di Loki, ma la disperazione di quel gesto era talmente evidente che alla
ragazza si spezzò il cuore. Quello stesso cuore che batteva come un forsennato
e che sembrava volesse uscirle dal petto con forza.
Fu questione di pochi secondi, che dovette
aggrapparsi al dio per l’improvviso giramento di testa.
-Non ce la
posso fare. Non ce la posso fare.- sussurro a me stessa, passando nervosamente
una mano sulla gonna del vestito, come per volerla lisciare. In realtà, so
benissimo che Jane mi ha preparata meravigliosamente: i capelli ricadono sulle
spalle leggermente mossi e intrecciati a tante perline e fili argentati, come va
di moda ad Asgard, e il vestito… il vestito è semplicemente perfetto. Avevo
insistito tanto con Jane e con quella che doveva essere la sarta per
quell’abito: loro volevano qualcosa in grande stile, tutto pizzi, merletti e
stoffe svolazzanti, ma io mi ero ribellata con tutte le mie forze e, alla fine,
ce l’avevo avuta vinta. L’unica cosa scomoda –ma nemmeno troppo- è il corsetto
che mi spreme il seno in un modo quasi volgare, ma dopotutto, rammento subito, era
stato un adorabile compromesso tra la mia idea di “abito da sposa” e le
tradizioni Asgardiane.
-Non ce la
posso fare.-
Come posso
uscire da questa camera, così confortevole e sicura, per avventurarmi in
quell’immensa sala del trono, dove centinaia di Asgardiani
mi fisseranno e mi giudicheranno ancora più di quello che hanno fatto fino ad
ora? Come posso sperare di sfilare davanti a tutte quelle persone con questi
tacchi tremendi senza cadere o inciampare? Come…?
-Emma? E’
ora di andare, cara.- mia sorella spalanca la porta e mi sorride. Guardo
l’unica donna della mia vita e le sorrido a stento: è bellissima,
terribilmente. E’ possibile che la damigella oscuri la sposa nel giorno del suo
matrimonio?
Scuoto
leggermente la testa. Nemmeno la dama più attraente della corte avrebbe mai
potuto superare la bellezza e la dolcezza di Jane.
-Non… non
credo di farcela. Tutte quelle persone là fuori mi guarderanno…- dico,
scuotendo la testa nervosa.
Lei si
avvicina e mi prende per le spalle, voltandomi verso lo specchio. –Guardati
Emma: sei incantevole.-
Mi guardo
attentamente: la gonna mi cade talmente tanto delicata sui fianchi che mostra
forme che, probabilmente, nemmeno ho; per non parlare del corsetto: da quanto
tempo ho tutto quel seno? Lasciando per un minuto da parte l’ironia, le
infinite sfumature di azzurro mettono –non so nemmeno io in che modo- in
risalto la mia carnagione pallida e mi rendo conto di essere davvero carina per una volta in tutta la mia vita.
Eppure
rimango umana, infinitamente lontana dalla perfezione degli déi e delle dee che
mi spettano nella sala del trono.
-E’ ora di
andare: Loki ti sta aspettando.- mi sorride Jane, prendendomi una mano. –Andrà
tutto bene, sarai perfetta. Te lo prometto.-
Io annuisco
anche se, mio malgrado, inizio a tremare. Il mio obiettivo, innanzitutto, è di
raggiungere il mio futuro marito. Ieri sera, in un momento di panico, mi ha
giurato che non mi avrebbe lasciata cadere; me lo aveva sussurrato in un
orecchio, con quella voce che mi faceva venire la pelle d’oca dal piacere.
E io, nel
profondo, so che tra le sue braccia non ho nulla da temere.
Emma riaprì gli occhi, tremendamente stordita.
Quella volta, rispetto alle precedenti, dovette reggersi al suo sostegno più a
lungo, a causa del capogiro che le fece quasi perdere i sensi. Quando le sembrò
di riuscire a rimanere stabile sulle gambe, si azzardo ad aprire nuovamente gli
occhi. La scena che le si presentò davanti la fece immancabilmente arrossire:
Loki la teneva salda per la vita, stringendosela al petto. Se non altro, le
aveva evitato una rovinosa caduta.
-Scusa.- gli disse, staccandosi velocemente e
cercando di non pensare al déjà-vu appena ricordato.
-Cosa ti è successo?- chiese il dio, con una punta
di preoccupazione nella voce. Emma cercò di non farci caso.
-Ho avuto un déjà-vu...ho ricordato qualcosa.-
aggiunse, rendendosi conto quasi divertita che lui non conosceva quella parola.
-Cosa hai ricordato?-
Oh. In effetti doveva aspettarsi quella domanda.
-Il giorno del nostro matrimonio.- sussurrò,
cercando di nascondere il rossore. Non era ancora pronta ad esporsi troppo con
lui.
In effetti, forse anche egoisticamente e
stupidamente, la ragazza voleva punzecchiare il dio. Era curiosa di vedere le
sue reazioni, di capire se quello che le dicevano gli altri fosse, in qualche
modo, vero. Per quello, rimase allibita quando Loki scoppiò a ridere.
-Che cosa ridicola!- esclamò, guardandola con
scherno. - Puoi anche smettere di sforzarti. Non ha più importanza ormai.-
-Che cosa? Perché?- esclamò, spalancano gli occhi.
-Eppure, dal bacio di prima mi sembrava che di importanza ne avesse eccome.-
Loki ghigno.-Al contrario: dal bacio di prima ho dedotto quanto poco me ne importi.-
Emma spalancò gli occhi, allibita. -Come?-
Lui ghigno nuovamente ed Emma sentì crollare la
terra sotto i piedi. Si rese conto che si aspettava nel profondo una reazione
completamente diversa dal dio; probabilmente era dovuto ai suoi ricordi appena
recuperati e alla conversazione avvenuta pochi minuti prima, che le facevano
capire e sentire una piccola parte di ciò che aveva provato per Loki fino a
qualche tempo prima. O forse non riusciva a capire come l'unica persona che
l'aveva fatta sentire così protetta e al sicuro potesse, ora, farle quello.
In ogni caso, forte del suo voto di non farsi
mettere i piedi in testa da lui, alzò lo sguardo e cercò di rivolgergli
l'occhiata più indifferente del suo arsenale.
-Bene. Allora posso smettere di sforzarmi di
ricordare cose con cui nessuno di noi due vuole avere a che fare.- disse, prima
di votargli le spalle e andarsene.
Una volta sola, scoppiò a piangere disperatamente.
Angolino dell’autrice:Salve a tutti! Intanto, vi
auguro in ritardo un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo! Come stanno
trascorrendo queste feste? Avete ricevuto tanti regali???
Ad ogni
modo, spero che questo aggiornamento vi abbia fatto piacere e vi chiedo, come
regalino, di lasciarmi una recensione con le vostre opinioni: anche le critiche
saranno bene accette!
Ringrazio
moltissimo chi ha recensito e chi ha inserito questa storia in una delle liste:
siete dei tesori!
Emma, per i giorni successivi, uscì dalla sua
stanza solamente per andare in palestra o in laboratorio da Tony -gli aggeggi
che le aveva perfezionato erano stratosferici!-, ed evitava accuratamente ogni
altro luogo. Jane, da brava sorella testarda qual era, iniziò sin da subito a
mostrarle apertamente la sua preoccupazione è il suo fastidio per le sue nuove
attività che le sottraevano tempo da passare con lei, ma Emma l'aveva pacata
dicendole quanto ciò la aiutasse a recuperare la memoria e le aveva snocciolato
qualche aneddoto della loro infanzia, che aveva riportato facilmente alla
mente.
In effetti, con l'andar del tempo, Emma era
riuscita a capire la dinamica con cui i pezzetti della sua memoria ritornava no
al loro posto: l'unica cosa che doveva fare era lasciarli entrare; al
contrario, quelli di cui aveva intimamente paura le provocavano forti déjà-vu,
che le facevano girare la testa e perdere l'equilibrio.
Inoltre, riconobbe presto, tutta quella situazione
le aveva fatto tornare il senso dell'ironia.
-E c'è gente che ancora crede nei miracoli.-
borbottò, guardando, per l'ennesima volta, Tony e Steve che litigavano. Emma
era relativamente certa che nel giro di qualche minuto se le sarebbero date di
santa ragione e qualcuno -lei nello specifico- si sarebbe fatta del male. Come
il giorno prima. E quello prima ancora.
Jane sospirò, guardando scocciata quello
spettacolo. -Credo che loro lo sappiano meglio di chiunque altro.-
Emma scoppiò a ridere. -Oh no, fidati. Ne ho avuto
una prova particolarmente concreta.- disse, massaggiandosi distrattamente la
guancia. Dopotutto, prendersi un gancio destro in pieno viso da Mr. Captain
America non era cosa da tutti i giorni. E la cosa triste, ma veramente triste,
era che aveva fallito miseramente nel dividerli: ci erano voluti sia Thor che
Loki che la minaccia di Banner di far arrivare Hulk (nome simpatico che lo
scienziato aveva dato al suo alter-ego, un po' come il Dr. Jekill
e Mr. Hide) per farli placare. Sfortunatamente quel
giorno erano punto a capo.
-Volete farla finita?!?- ringhiò sua sorella ad un
certo punto, rimanendo tuttavia bellamente ignorata. Fu solamente quando Loki e
Thor entrarono nella stanza, quest’ultimo con in mano il suo inseparabile
martello, che le acqua iniziarono a calmarsi –testosterone di dio, probabilmente.-. Per poi agitarsi nuovamente
quando Thor prese la parola.
-Verrà Lady Sif.-
annunciò, senza troppi preamboli.
-Cosa? Per quale ragione?- esclamò Jane, forse a
voce sin troppo alta, tanto che tutti si voltarono nella sua direzione,
facendola arrossire pesantemente.
Il suo fidanzato sembrò non accorgersene e scosse
le larghe spalle. –Sarà una specie di ambasciata: nostro padre vuole avere
notizie concrete e oggettive.-
-Allora avrebbe dovuto mandare Volstagg.-
disse Loki, ridendo. –Sif ha una particolare
predisposizione perte, sicuramente non
avrà la capacità di giudicare oggettivamente.-
Quelle parole, probabilmente pensate con malizia,
suscitarono parecchie reazioni diverse: Tony scoppiò a ridere, definitivamente
separato da Steve e con ancora mezza armatura addosso; Emma sentì una viscerale
gelosia crescere nelle vene, ma quando vide la sorella stringere i pugni e
uscire dalla stanza balbettando frettolosamente delle scuse, ricacciò i suoi
ricordi indietro e le corse appresso.
Si sorprese parecchio quando si rese conto che
l’aveva distanziata con facilità, ma sapeva che la donna era decisamente
impulsiva quando si arrabbiava. Come quella volta che aveva dato una sberla a
Thor quando era ricomparso dopo anni. Scena esilarante.
-Jane, che succede?- le domandò, una volta
raggiunta.
-Non ricordi chi è Sif?-
disse l’altra, con tono teso.
Emma ci pensò un attimo e, quella volta, lasciò
che i ricordi le invadessero la mente. Il volto bello, bellissimo, di una donna
guerriero le coprirono la vista. E la gelosia tornò a bruciarle nelle vene.
Cammino quasi
annoiata per le stanze del palazzo di Asgard, cercando un posto tranquillo e
pittoresco su cui leggere il nuovo libro consigliato da Loki. In realtà,
sentire le storie narrate tra quelle pagine direttamente dalle sue labbra,
sebbene tolga il piacere della lettura, è mille volte più affascinante. A quel
pensiero arrossisco: mi è capitato più volte, negli ultimi tempi, di perdere
frasi intere per essermi fermata a guardare quelle labbra, anche se ho sempre
cercato di non darlo a vedere: non oso immaginare l’imbarazzo! Ridacchio a
questi pensieri, ingenuamente, quando ad un tratto sento delle voci parlare
sommessamente. Mi sporgo leggermente oltre una colonna, indecisa se origliare
ma troppo tentata dalla curiosità; mi pento quasi subito: Loki e un’altra donna
–Lady Sif, probabilmente, dato che ha i capelli neri
e fluenti.- discorrono allegramente, gesticolando un pochino. La cosa che,
tuttavia, mi salta subito all’occhio sono le ginocchia di entrambi che
convergono e si sfiorano e le teste troppo vicine. Rimango immobile qualche
secondo, sperando scioccamente di non farmi sentire, e aguzzando la vista: mi
soffermo sul volto di Loki, volto che ho imparato a conoscere così bene nelle
ultime settimane, e vedo il sorriso che si forma ad una battuta di lei, gli occhi
che si assottigliano e il naso che si arriccia leggermente. Chiudo e riapro gli
occhi più di una volta, cercando di trattenere le lacrime e decido di
andarmene: non voglio vedere nulla di più.
Tuttavia,
mentre mi sto voltando, probabilmente urto qualcosa, perché sento i due
zittirsi all’improvviso. Sono tentata di mettermi a correre, ma cerco di
frenarmi con tutte le mie forze a mia disposizione e mi limito a fare un
sospiro tremulo e a muovermi il più silenziosamente possibile: non sono per
niente convinta di essere passata inosservata ai finissimi sensi di due déi, ma
prego in tutte le lingue che mi ignorino. Sarebbe troppo umiliante mostrarmi
così scossa e piangente.
Che sventura
di sta per abbattere su di noi? –Credi che un boicottaggio ben riuscito potrebbe
rimandarla da dove viene?- domandò Emma, imbronciandosi e sedendosi accanto
alla sorella, che aveva incrociato braccia e gambe, indispettita. Jane fece
spallucce. –Come vorresti boicottarla? Rimane una dea.-
La ragazza ghignò, mentre un’idea iniziava a
formarsi nella sua mente. –Illuminami: domani Steve, Nath e Banner sono
convocati a Los Angeles dallo Shield, vero?-
Emma non riusciva, francamente, a capire per quale
ragione Thor avesse insistito affinché tutti si riunissero in giardino per
l’arrivo di Lady Sif. Certo, poteva dire che ad
Asgard ci fosse l’uso di accogliere gli ospiti con particolari cerimonie
pompose, ma lì erano sulla Terra e, accidenti, era troppo!
Secondo la tabella di marcia dell’Asgardiano, inoltre, erano terribilmente in ritardo: Tony
Stark si era opposto con tutte le sue forze sino a qualche minuto prima e, alla
fine, l’aveva spuntata. In quel momento era rinchiuso nel suo laboratorio ed
Emma si ritrovò quasi ad invidiarlo. Anzi, senza il quasi.
Guardò sua sorella, che batteva isterica un piede
sul pavimento –come la capiva!- e poi si arrischiò a sbirciare verso Loki. Non
l’aveva più visto dopo il loro litigio, ma si era ritrovata a portare alla
mente con facilità molti dei cocci della loro vita insieme ed ogni ricordo
aveva fatto aumentare in modo quasi insopportabile il dolore al petto e il
fastidio all’altezza dello stomaco: il desiderio quasi istintivo di buttarsi
tra le sue braccia la stava rendendo nervosa ed irritabile. E ancora più
irritata era dal fatto che non aveva ancora recuperato tutti i ricordi con cui
poter dare una spiegazione razionale a quei sentimenti. In quel momento
rimpianse di non poter fare allenamento per quel giorno.
L’attesa terminò quando un raggio di luce colorata
colpì il pavimento e, diradandosi, comparve una donna alta e slanciata, con
lunghi capelli neri ed occhi scuri. Emma si prese qualche secondo per
osservarla mentre si guardava intorno con cipiglio critico, facendo muovere la
coda di cavallo leggermente sulla schiena: la ragazza non poté fare a meno di
pensare che fosse una delle donne più belle sulla faccia della terra. Anzi,
sulla faccia dell’universo. Non che lei avesse mai visto molte donne
provenienti da altri pianeti, in effetti…
-E’ un piacere rivedervi.- disse Lady Sif, avvicinandosi a Loki e Thor e rivolgendo loro un
leggero inchino con la testa. Thor le sorrise apertamente, aprendo le braccia
come per abbracciarla. –Lady Sif, il piacere è tutto
nostro! Quale buone nuove porti da Asgard?-
Emma fece solo in tempo a vedere Jane stringere i
pugni, che un urlo disumano provenne dall’interno della struttura. Si girarono
tutti verso il suono e videro arrivare Tony Stark di gran carriera.
La cosa che, probabilmente, fece scoppiare a
ridere Jane fu l’andatura zoppicante dello scienziato, causata dalla mancanza
di una metà netta dell’armatura.
-Che razza di buffone.- sibilò Loki, alzando gli
occhi al cielo.
-Emma Foster!- esclamò Tony, facendo pietrificare
la ragazza sul posto. –Lo so che sei stata tu!-
-Io? Che ho fatto?-
-Non fare tanto l’innocente, bambina!- sbraitò,
raggiungendo finalmente il gruppo che lo guardava allibito. –Dove hai messo
l’altra metà di Iron Man?-
A quel punto, forse irritata per la scarsa
considerazione concessagli, Lady Sif corrucciata fece
un passo verso l’Avenger e alzò il mento. –Se non ti
dispiace, umano, questa è una conversazione importante.-
E fu più o meno quello il momento in cui Emma
decise che doveva far continuare quello spettacolino il più a lungo possibile.
Tony guardò la dea e scrollò la spalla libera,
facendo aumentare le rida di Jane. –Moretta, la scomparsa di Iron Man in questo momento è più importante di qualsiasi
conversazione fra dei.- borbottò, senza distogliere lo sguardo da quello della
ragazza.
-Quello che mi chiedo- continuò, mentre Emma si
sforzava di trattenere le risate. –è come tu abbia fatto a capire come
disattivare Iron Man. Le uniche persone che lo sanno
siamo Banner ed io. Ora, ovviamente, io non ti ho detto niente e Banner è a Los
Angeles con la Romanoff.-
Emma si morse un labbro. –O forse, semplicemente,
hai perso metà Iron Man.-
Non l’avesse mai detto! Il volto di Tony divenne
paonazzo e ad Emma ricordò vividamente un teiera: sarebbe scoppiato di certo di
lì a qualche minuto.
-Non dire baggianate! Tu…- prese un respiro
profondo, cercando di calmarsi. –Tu dovresti dirmi la verità.-
Jane, nel frattempo, tentava di non accasciarsi a
terra dalle troppe risate e la ragazza notò che anche a Loki era spuntato un
mezzo sorriso.
Urliamo al
miracolo!
Al contrario, l’espressione di Thor e Lady Sif era tutt’altro che allegra.
-Aspetta un attimo… Jarvis!- esclamò Tony ad un
tratto.
-Si, signore?- rispose una voce metallica
proveniente dalla mezza armatura. –Cosa posso fare per voi?-
-Hai aiutato tu Emma a nascondere la mia
armatura?-
-Tecnicamente, signore, solo mezza armatura.-
Emma, a quel punto, non riuscì più a trattenersi e
scoppiò a ridere di gusto, mentre lo scienziato minacciava il suo fido
assistente di un immediato spegnimento.
-Oh, Tony, lascia stare Jarvis: è colpa mia, l’ho
ricattato.-
L’uomo la guardò con cipiglio arrabbiato. –Ah!
Allora ammetti di essere stata tu!- disse, concedendole un sorrisetto
soddisfatto. –Dimmi dov’è.-
Thor sospirò, puntando le mani sui fianchi. –Forza
Emma.- la rimproverò, chiaramente scocciato. –Lady Sif
non si merita un’accoglienza del genere: dì a Stark dov’è la sua diavolo di
armatura.-
Emma scosse la testa, ridendo. –Oh no. Se la deve
guadagnare quest’informazione. Facciamo che.. ti dirò dove si trova l’altra
metà dell’armatura se mi prendi!- esclamò, prima di attivare i suoi adorati
reattori e schizzare come un fulmine verso le nuvole.
Voleva
proprio vedere come avrebbe fatto a prenderla.
-E… KABOOM! Si è trascinata dietro la libreria.-
Emma strinse le labbra, premendosi il sacchettino col ghiaccio su una tempia.
–Raccontala bene, bugiardo di uno scienziato! Altrimenti sembra che sia io la
mina vagante.-
-Ma tu sei una
mina vagante, fiorellino.- sottolineò Tony, alzando gli occhi al cielo. –Ad
ogni modo, a tua discolpa, ammetto che mi ero aggrappato al tuo braccio.-
-Aggrappato? Ti eri avvinghiato! E’ ovvio che abbia perso l’equilibrio!- borbottò Emma,
cercando con gli occhi quelli della sorella.
Si era divertita immensamente nelle ultime ore, a
dispetto delle conseguenze disastrose: lei e Tony, nel loro inseguimento,
avevano distrutto non pochi mobili della casa, si erano ammaccati
all’inverosimile –il dolore alla tempia e alla spalla stava raggiungendo i
massimi storici- e Thor e Lady Sif erano,
irrimediabilmente temeva, offesi per il loro “inadeguato e davvero poco consono
comportamento”. E pensare che Emma non credeva Thor uno troppo attento
all’etichetta.
Tuttavia, aveva visto Jane ridere fino alle
lacrime e si sentiva terribilmente soddisfatta per essere riuscita a farle
passare il cattivo umore. Inoltre stavano tutti quanti, chi più chi meno,
cercando di godersi quei piccoli momenti di spensieratezza: Banner, Nath e
Steve non sarebbero tornati con belle notizie.
-Inoltre devi ammettere che sono stata parecchio
furba.-
-Oh, da dove deriva tutto questo egocentrismo,
fiorellino? Ti ricordo che senza l’aiuto di Jarvis saresti ancora a chiederti cos’èIron
Man.-
La ragazza gli fece la linguaccia, ridacchiando.
-Credo che andrò a vedere se quegli altri hanno
bisogno di qualcosa. Detesto essere estromessa dalle conversazioni interessanti.-
borbottò ad un tratto Jane, alzandosi dal divano su cui era comodamente
accovacciata e sbirciando fuori dalla finestra, dove i tre Asgardiani
si erano raccolti per conversare. Emma sapeva che la sorella avrebbe venduto
metà delle sue macchine pur di sapere di cosa parlavano.
La seguì con lo sguardo finché non svoltò
l’angolo, poi si permise si emettere un sospiro: tutta l’eccitazione di poco
prima era andata a farsi benedire.
-Gelosa, fiorellino?- le domandò Stark a
bruciapelo.
Emma spalancò gli occhi, arrossendo vistosamente.
–Gelosa? Io? Di cosa?- domandò, cercando di ignorare l’occhiatina maliziosa di
Tony. Accidenti a lui e alla sua voglia di farsi gli affari altrui.
-Andiamo. E’ evidente che tra te e Loki c’è ancora
qualcosa. Vi guardate come se voleste spogliarvi sul posto.-
-Come se volessimo…? Cosa?- esclamò lei, facendo
salire il tono di qualche ottava. –Non è assolutamente vero! Anzi, lui ha messo
bene in chiaro che non prova più nulla per me.-
Tony scoppiò a ridere. –Certo. E magari prima ti
ha detto che non gli interessa che le cose tornino come prima. Probabilmente
subito dopo averti ricordato tutta la faccenda della perdita dei ricordi, eccetera.-
-Come diavolo..? Ci hai spiati?-
-No, fiorellino.- rise più forte lui, piegandosi
con il busto nella sua direzione. –E’ tipico di noi maschietti orgogliosi.
Allontanare chi ci può far soffrire. Dio solo sa quante volte l’abbia fatto con
Pepper.-
Accidenti.
Consigli d’amore made Tony Stark.
-Non… non credo sia così semplice. Lui ha ragione
sul fatto che l’abbia fatto soffrire.- sussurrò, cogliendo l’occasione di
raccontare quella cosa a qualcuno. Qualcuno che le avrebbe detto le cose come
stavano, senza mascherarle per farla stare meglio. –Qualsiasi cosa io senta per
lui… compare dal nulla, senza una spiegazione, non è…- si bloccò, cercando la
parola adatta.
-Razionale.-
Emma alzò la testa di scatto. –Si. Non è
razionale.-
-Lasciatelo dire da qualcuno di terribilmente
razionale: l’amore non lo è. Scommettiamo quello che vuoi che quando avrai
recuperato i tuoi ricordi non ci troverai niente di razionale lo stesso.-
concluse, alzando le spalle e versandosi su un bicchiere del liquore. Lo bevve
tutto d’un sorso e poi schioccò le labbra. –Niente di meglio per concludere una
giornata tanto esilarante.-
Emma ridacchiò, con la testa ancora alla
conversazione appena conclusa, quando Jane entrò facendo sbattere la porta
dietro di sé.
-Che rabbia.- ringhiò quasi, stringendo i pugni.
Emma e Tony alzarono lo sguardo e videro la donna
livida di rabbia. –Fammi indovinare.- disse Tony, prendendo un altro sorso dal
bicchiere. –Ti hanno mandata via.-
Jane annuì. –E sai che ti dico? Emma, stasera io e
te usciamo a cena!- disse, puntando le mani sui fianchi.
-Uhm, sicura che sia una buona idea?-
-Certamente! Non voglio vederli per molte molte ore. Non so chi si crede di essere, quello li! Un
re?-
Emma guardò la sorella uscire borbottando
infastidita e non poté fare a meno di farsi scappare un sorrisino: era proprio
cotta e mai l’aveva vista così gelosa di un ragazzo.
-Forse dovresti seguirla: non sembra molto padrona
delle sue azioni.- le disse Tony, con una risata. La ragazza annuì e si alzò,
seguendo la sorella, che aveva già salito le scale verso il piano superiore. E’ proprio irritata, convenne alzando un
sopracciglio.
Sospirò e si voltò per l’ultima volta verso la
finestra: riuscì a vedere solamente l’ombra di Loki, ma tanto bastò affinché il
cuore le si stringesse in una morsa.
Angolino dell’autrice: Buonasera a tutti! Sono stata più
veloce questa volta nell’aggiornamento, ma sarò molto breve nelle note,
purtroppo. Ringrazio tantissimo chi ha letto la storia, chi l’ha inserita in
una delle liste e soprattutto chi ha recensito. Siete dei tesori.
-Erano giorni che non mangiavo così bene!- disse
Jane, ormai dimentica della rabbia provata qualche ora prima. Emma pensò con
una certa soddisfazione che la scelta del ristorante era stata fondamentale:
una cena fatta bene era capace di far dimenticare qualunque dispiacere. Almeno
per qualche momento.
-Puoi dirlo forte, Jane.- disse, ridacchiando.
–Quell’aragosta era.. era una gioia per il palato!-
-E il risotto ai frutti di mare?- continuò Jane,
con gli occhi che luccicavano. –Oh, erano
giorni che non mangiavo così bene!-
Emma si lasciò andare ad una risata liberatoria
che fu capace di far uscire un po’ della tensione accumulata nei giorni
precedenti: decise che si sarebbe concessa altri momenti come quelli insieme
alla sorella. Senza ombra di dubbio.
-Emma?- sussurrò Jane ad un tratto, facendo
risuonare la voce per la via praticamente vuota. –Tu credi che Sif abbia una cotta per Thor?-
La ragazza si bloccò al centro del marciapiede,
mordendosi un labbro. Se Sif aveva una cotta per
Thor? Sif stravedeva per il principe Asgardiano, senza ombra di dubbio.
-Beh, io credo.. credo di si. Insomma, è
abbastanza palese. E credo che Loki una volta mi abbia detto che la loro madre
sperava nella loro unione. Ad ogni modo- aggiunse in fretta, vedendo la sorella
intristirsi. –Thor è famoso per non fare mai quello che gli si dice. E comunque,
è sincero il sentimento che prova per te, non hai motivo di dubitare per
questo: anche un bambino noterebbe il modo in cui ti guarda.- sussurrò,
sentendo un’immensa nostalgia per qualcosa che nemmeno ricordava.
-Lo so, credo. Ma nel profondo non riesco a fare a
meno di odiare quando gli si avvicina troppo..-
Emma annuì. –Come ti capisco..-
-Dici davvero?- chiese lei, con una punta di
speranza nella voce. –Credevo non ti piacesse per niente. Che ne avessi paura.-
Era ovvio che si stesse riferendo a Loki: aveva
sempre fatto di tutto per farglielo vedere sotto una luce positiva.
-Mi inquieta molto infatti e mi ha spaventata in
un paio di occasioni. E mi fanno venire i brividi le cose che ha fatto. Ma mi
ha anche mostrato la sua parte fragile, una volta, e poi ci sono queste cose
che sento e che non so spiegare.- scosse le spalle. –Spero solamente di
giungere ad una conclusione dopo aver recuperato la memoria.-
-Io non credo che…-
-Bene,
bene.. guarda un po’, due pecorelle smarrite.-
Le due sorelle sobbalzarono a quella voce,
innaturalmente alta, e si guardarono intorno per capire da dove provenisse.
Emma, con un brivido di paura, si rese conto che la strada era deserta e molto
lontana dalle vie affollate e brulicanti di persone: non avrebbero dovuto isolarsi
così tanto, accidenti a loro!
-Due
pecorelle smarrite in vena di confessioni. Oh, ma vi prego, continuate: sono
curiosa di sapere cosa si cela dentro i vostri cuoricini innamorati.-
-Chi sei? Fatti vedere!- disse Jane, prendendo la
mano della sorella e stringendola forte.
-Dietro di voi.- disse la voce, troppo vicina. Le due si voltarono di
scatto e videro la sagoma di una donna: ciò che colpiva maggiormente, erano
senza dubbio i capelli ricci spettinati e la pelle nivea, quasi trasparente.
Emma alzò lo sguardo sul suo viso ed ebbe un capogiro: avrebbe riconosciuto
ovunque la bocca rossa e sottile e gli occhi. Occhi neri e troppo grandi per
quel viso, che la guardavano con un misto di divertimento e malizia.
-Ti ricordi di me, non è vero?- le chiese, mentre
un ghigno le deformava il viso.
Jane si voltò verso di lei, con gli occhi
spaventati. –Emma?- sussurrò, con voce flebile: anche lei si era resa conto che
l’essere davanti a loro non era umano. –Tu sai chi è?-
-Si.- rispose, piantando le unghie nel palmo della
mano di Jane. –Mi ha buttata giù dal palazzo.-
Il ghigno della donna si ampliò ed Emma si rese
conto che il cuore le stava uscendo dal petto, tanto forte batteva. Tutti i
muscoli del suo corpo la spingevano a voltarsi e a correre via più velocemente
possibile o, in alternativa, a rannicchiarsi in un angolino e nascondere la
testa tra le braccia. Il terrore le serrava la gola.
Tuttavia, si rese conto quasi all’improvviso, non
era sola: c’era Jane con lei e nessuno poteva fare del male a Jane. Doveva
mantenere la calma, cercare un modo per andarsene di lì con sua sorella sana e
salva.
-Cosa vuoi?- sussurrò, cercando di mandare giù il
nodo in gola. –Se gli Avengers sapessero che sei qui..-
-Non minacciarmi, mortale. Tu più di tutti
dovresti sapere di cosa siamo capaci.-
-Certo, gran forza prendersela con gli indifesi!-
esclamò Jane, rivolgendo alla donna un’occhiata di fuoco. Quella, per tutta
risposta, scoppiò a ridere.
-Nessuno di voi umani è indifeso. Con le vostre
macchine distruggete il vostro mondo, senza rimorsi di coscienza. Siete tutti
assassini e meritate tutti di morire.-
Emma strinse le labbra e diede uno strattone a
Jane, facendola andare di un paio di passi dietro di lei. –E questo vi sembra
un buon motivo per voler conquistare la Terra?- chiese, mente spostava
leggermente il piede sinistro in avanti, come le aveva insegnato Natasha. Non
si sarebbe fatta prendere dal panico un’altra
volta.
-Divertente detto da te, che sei diventata la
compagna di un dio che ha cercato di conquistare questo pianeta in modo molto
più crudele e con più crudeli fini.- le rispose quella, dandole prova di una
dialettica parecchio avanzata.
Emma strinse il pugno, sentendo la rabbia salirle
dentro. –Loki vale mille volte più di ognuna di voi. Non devi neanche provare a
paragonarlo a voi.- sbottò, suo malgrado.
La strega rise e, in un battito di palpebre,
scomparve. Emma non riuscì nemmeno a formulare un pensiero coerente che sentì
Jane strappata dalla sua stretta e la vide letteralmente
volare addosso al muro alla sua destra. Fece per correre da lei, di nuovo
presa dal panico, ma fu voltata con forza e una mano ossuta le cinse forte il
collo.
La ragazza si trovò il ghigno della donna a pochi
centimetri dal viso. –Questo è quello che meritate. E i vostri amici lo capiranno
ben presto.-
-Ti.. ti uccideranno.- disse Emma, con l’ultimo
filo di fiato che aveva in corpo. Dopo di che, sentì la testa iniziare a girare
e la vista si oscurò; strinse entrambe le mani sul polso della strega, cercando
di costringerla a lasciarla andare, ma sentiva le forze venirle meno.
Poi si ricordò dei bracciali: con l’ultimo grammo
di forza puntò la mano destra conto il petto della donna e accese il reattore,
facendola schizzare immediatamente lontana da lei. Si accasciò subito al suolo
e prese una serie di grosse boccate d’aria, sentendo l’ossigeno riempirle i
polmoni nuovamente.
Non appena il suo cervello si snebbiò, si alzò di
scatto e corse verso la sorella, che era ancora accasciata addosso al muro. Un
rivolo di sangue le colava da una tempia e la testa era abbandonata su una
spalla.
-Jane.. Jane, svegliati, dobbiamo andare
via!-sussurrò affannata: sapeva che
aveva solo pochi secondi prima che la strega tornasse all’attacco. Ed era
abbastanza certa che non avrebbe avuto altrettanta fortuna in un’altra
occasione.
-Emma? Dove.. dove?..-
-Attaccati a me.- disse lei, aiutando la sorella
ad alzarsi e passando le sue braccia attorno al collo. Gemette: doveva avere un
ematoma non indifferente.
Non si voltò nemmeno a cercare il loro aggressore ed
attivò i reattori, portando lei e Jane sopra i tetti della città. All’inizio fu
un po’ difficile bilanciare sia il suo peso con quello della sorella, ma in un
modo o nell’altro riuscì ad arrivare al quartier generale degli Avengers senza
essere seguita.
Entrambe crollarono sul tetto quasi di peso ed
Emma sentì la sorella gemere irritata. –Stai.. bene?- sussurrò trascinandosi
verso di lei. Si accorse di avere il fiatone.
-Si, credo. Mi sono presa una bella botta.- disse
lei, cercando di trascinarsi in piedi. –Sei pallida come un lenzuolo, Emma.-
Lei annuì, continuando ad ansimare. –Quella.. stronza.. voleva strozzarmi.-
Jane si accucciò e le prese il mento, sfiorandole
leggermente il collo. –Ti ha lasciato l’impronta delle dita…- sussurrò ed Emma
ebbe paura che scoppiasse a piangere. –Non mi sono resa conto di nulla, devo
essere svenuta..-
-Ci credo, ti ha fatto fare un volo di parecchi
metri.- rispose Emma, passandola une mano su un braccio. La sorella scosse la
testa e la abbracciò forte.
-Mi hai salvato la vita. Grazie, sorellina.-
-Per te questo ed altro, Jane.-
Ad un tratto sentirono dei passi e poi la porta si
aprì. Entrambe le donne si voltarono verso l’entrata e vennero accolte dall’ampio
sorriso di Thor –a quanto pare dimentico dell’incazzatura di quel pomeriggio-
-Ragazze, siete torn.. amore mio, che cosa vi è successo?- sbraitò,non appena le mise a fuoco. Emma era convinta
che l’avessero sentito a più di un isolato di distanza.
Thor corse verso Jane e la fissò con attenzione,
passandole un dito sul rivolo di sangue che le era scivolato sulla guancia. Poi
spostò lo sguardo su Emma e spalancò gli occhi alla vista del pallore e degli
ematomi sul collo.
-Per il Padre degli Dei.. chi vi ha fatto questo?-
chiese, aiutando la sua ragazza ad alzarsi e stringendosela al fianco. Poi
porse una mano ad Emma, che afferrò con forza a causa del capogiro che la colse
non appena riuscì ad alzarsi da terra.
-Ce la faccio da sola, grazie.- disse Emma,
lasciando quasi subito la mano di Thor e avviandosi lentamente verso l’interno
dell’edificio. Doveva tenere duro per qualche altro minuto, doveva raggiungere
la sua camera: poi si sarebbe potuta lasciare andare.
Sentì sua sorella chiamarla debolmente, ma lei si
voltò solo il tempo necessario per rivolgerle un sorriso tirato. –Io vorrei
andare a letto.. potresti raccontare tu come sono andate le cose?-
Jane annuì ed Emma entrò in casa, sperando di non
incrociare gli altri: la sua meta fissa era la sua camera.Sfortunatamente –anche se ormai sarebbe
dovuta esserne abituata- Loki, Tony e Lady Sif erano
riuniti tutti nella sala da pranzo e lei dovette passarci direttamente davanti.
Chiaramente, si accorsero tutti di lei.
-Fiorellino, come è andata la serata?- le chiese
Tony, facendola bloccare sul posto. Emma fece un grande sospiro e strinse i
pugni, sentendo le mani iniziare a tremare violentemente, ma si costrinse a
stamparsi in faccia un sorriso quanto meno credibile.
-In realtà,- sussurrò guardando Tony negli occhi
–sono parecchio stanca. Ci vediamo domattina, ok?-
Si voltò subito, sparendo dalla loro vista il più
in fretta possibile, dato che sentiva di essere sull’orlo di una crisi di
panico. Iniziava a non vedere più dove andava e a sentirsi tremare anche le
gambe: non credeva sarebbe riuscita a raggiungere la sua camera integra, ma
d’altro canto non voleva farsi vedere in quello stato da nessuno.
Ad un tratto, al contrario di quello che si
aspettava e sperava, fu afferrata per il polso da una mano gelida, ma non ebbe
la forza di voltarsi. Istintivamente, sapeva benissimo a chi apparteneva.
-Lasciami..- sussurrò, riuscendo, finalmente, ad
afferrare il pomello della porta della sua stanza. Fece per girarla, ma fu
strattonata leggermente all’indietro e perse l’equilibrio all’istante. Per
fortuna Loki la prese al volo e le evitò altre contusioni, ma a quel punto il
danno era fatto: Emma non riuscì più a trattenersi e scoppiò a piangere a
dirotto, affondando il viso nel petto del dio.
Sfogò tutta la frustrazione e la tensione e, dopo
giorni, affrontò il terribile momento in cui era stata gettata giù dal terzo
piano di un palazzo mezzo distrutto e aveva sentito lo schianto della sua testa
sull’asfalto, prima di perdere conoscenza; affrontò la terribile paura che
l’aveva colta quando aveva capito di essere spacciata, quella sfiancante
rassegnazione, che le aveva tolto le forze per cercare di reagire; ricordò come
aveva mandato un ultimo pensiero all’amata sorella –lontana anni luce, protetta
dalla dorata aura di Asgard- e come aveva rimpianto di non averle dato un
ultimo abbraccio fatto bene; ricordò la fitta di dolore che aveva provato
all’idea di lasciare Loki –il suo amato e dolcissimo marito- di nuovo solo e di
come aveva sperato con tutto il cuore che Jane e Thor avessero la pazienza e
l’affetto sufficienti a non farlo precipitare di nuovo nel baratro dell’odio e
della vendetta.
Si lasciò sommergere da tutte quelle emozioni e le
rivisse cinque, dieci volte, tremando, singhiozzando e stringendo le coperte e
i vestiti di Loki per tutta la notte.
Solo quando fu troppo stanca anche per tenere gli
occhi aperti, finalmente, si concesse qualche respiro profondo e cadde tra le
braccia di Morfeo.
Quando, il mattino dopo, Emma aprì gli occhi ci
mise qualche minuto per rendersi conto di avere un braccio estraneo attorno al
busto. Si girò lentamente e mise a fuoco la figura di Loki profondamente
addormentato a fianco a lei.
E’ rimasto
con me tutta la notte, pensò e un sorriso le comparve spontaneo sul volto:
le era rimasto a fianco durante la crisi di panico peggiore di tutta la sua vita
e lei si era aggrappata a lui come se fosse l’unico scoglio durante una
tempesta.
Si accoccolò sotto le coperte, stando bene attenta
e non svegliarlo, e lo guardò come se lo vedesse per la prima volta: nella
penombra della stanza aveva la pelle ancora più pallida e, sapeva per
esperienza, che sarebbe stata fredda come il ghiaccio, date le sue origini.
Passòdelicatamente un dito lungo la sua
guancia e sulle labbra –sperò che non si svegliasse, altrimenti l’imbarazzo
l’avrebbe fatta sprofondare- e sentì un brivido di piacere correrle lungo la
schiena nel ricordare quanto amava baciare quelle labbra, anche se molte volte
le rivolgevano ghigni e sorrisini soddisfatti che la facevano andare su tutte
le furie.
Ridacchiò a bassa voce nel ricordare la prima volta
che aveva avuto occasione di parlare con lui e di che nervoso le aveva lasciato
addosso la sua espressione di sufficienza.
Non se ne
parla. Come diavolo può mia sorella pretendere che riesca a ricordarmi tutti i
volti e i nomi degli amici di Thor? Certamente, non sono persone che passano
inosservate, ma mi confondo in maniera quasi ridicola. L’unica che, forse,
riuscirò a ricordarmi è una tale Lady Sif, ma
semplicemente perché è l’unica donna in un esercito di uomini. Coraggiosa la
ragazza.
-Non sarà un
suo amico, Emma.- mi dice Jane, distogliendomi dai miei ragionamenti.
Benissimo. –Ricordi Loki? Il fratello di Thor, contro cui ha combattuto a New
York e che mi ha salvata nella lotta contro gli elfi oscuri?-
Ancora
meglio, gente! Questa volta tocca al fratello psicopatico di Thor. Quale onore.
-Oh, Emma,
togli quell’espressione scocciata dal viso. Stanno arrivando.-
Mi volto
lentamente e, da lontano, riesco a scorgere Thor con un altro uomo vicino. Più
si avvicinano, più riesco a distinguere con precisione i lineamenti di Loki: ad
onor del vero, le televisioni satellitari della Terra
non avevano mai reso giustizia al volto del dio. I capelli sono di un nero pece
inesistente in natura, i lineamenti decisi e allo stesso tempo delicati, la
pelle pallida e gli occhi di un verde smeraldo praticamente indescrivibile.
E’ un dio, Emma. E’ perfetto per ovvi motivi
che di certo non è necessario sottolineare.
L’unica cosa
che, mi rendo conto, stona in quel volto perfetto è l’espressione di evidente
fastidio. Non appena la noto –anche se ormai i due ci sono praticamente di
fronte e Thor ha già fatto in tempo a rivolgere un sorriso sornione a Jane-,
non posso fare a meno di alzare un sopracciglio capendo che quell’espressione è
rivolta a noi.
-Emma, ti
presento mio fratello, Loki. Loki, lei è Emma.- dice l’omone, afferrando
dolcemente la mano della sua fidanzata e guardandomi con un sorriso talmente
ampio da far girare la testa.
Fisso Loki,
per vedere la sua reazione –ho come la sensazione che questo tipo sia
leggermente pieno di sé: dopotutto, voleva conquistare il mio pianeta.- e
l’unica cosa che fa è alzare ironicamente un angolo della bocca.
-Si, me ne
ero reso conto.- sibila quasi, ben poco brillantemente.
-Accidenti
alla mia fantasia, che delusione.- rispondo di rimando io, calcando l’ironia.
–Quasi mi aspettavo di vedervi con quello strano copricapo dotato di corna e il
mantello verde che tanto hanno fatto tremare la popolazione di New York. Devo
ammettere, che anche io ho provato qualche brivido di paura a quel tempo, ma
vedendovi così mi devo per forza ricredere.- sogghigno nel vedere il sorrisino
sparire dalle labbra di Loki e la mascella stringersi. Se non sbaglio, ha
promesso al papà e al fratellino di comportarsi bene fino alla fine dei suoi
giorni, no?
-In ogni
caso, è un piacere fare la vostra conoscenza, principe Loki.- concludo con un
piccolo inchino e abbassando il capo in segno di rispetto. L’occhiata divertita
che gli lancio, però, deve avere sottolineato maggiormente il carattere
canzonatorio delle mie parole.
-Qualcosa ti diverte?-
Emma spalancò gli occhi di scatto e si ritrovò a
fissare due pozze verde smeraldo.
Angolino dell’autrice:
Scusate, mi rendo conto che sono in ritardo di MESI e che sono imperdonabile.
Purtroppo la maturità mi sta risucchiando tutte le energie e, devo ammetterlo
mio malgrado, anche la voglia di scrivere e di stare dietro alle mie storie. In
ogni caso, spero che il capitolo vi piaccia e che riuscirete lo stesso a
lasciarmi una piccola recensione. Un abbraccio e grazie a chiunque si prenda la
briga di leggere questo capitolo.
Emma rimase in silenzio per qualche secondo,
giusto perché le sue guance andate a fuoco riprendessero la loro normale
tonalità. Sperò che Loki non si fosse accorto del brusco cambio di temperatura
del suo corpo, ma di certo la fortuna non era il suo forte.
-Buongiorno..- sussurrò, cercando di rendere la
sua voce quanto meno umana.
Loki alzò un sopracciglio. –Allora? Cosa c’è che
ti diverte tanto?-
-Nulla..- disse Emma alzando le spalle. –Pensavo
solo alla prima volta che ci siamo incontrati.-
-Lo ricordi?-
Lei annuì semplicemente, lasciandosi scappare un
sorrisino, che fece inarcare ancor più il sopracciglio del dio.
-Mi hai insultato più tu in quei due minuti che
Stark in tutta la sua vita.- disse, mentre un’espressione scontenta si formava
nel suo viso.
Emma scoppiò a ridere di gusto vedendo il broncio
che Loki aveva per una storia ormai passata da tempo, anche se, in effetti, era
stata parecchio interessante. –A proposito,-aggiunse –ti ringrazio per questa notte. Non.. non credo ce l’avrei
fatta da sola.-
Loki distolse immediatamente gli occhi dai suoi e
si girò sulla schiena, sbuffando. Logicamente, Emma era sicura che non le avrebbe
risposto: dopotutto, qualche giorno prima, le aveva gridato quanto poco le
importasse di lei e non era da Loki rimangiarsi facilmente i suoi borbottii.
-Non significa niente.- disse, infatti, dopo
qualche minuto.
-Certo che no.-
Lui alzò un sopracciglio e si girò a guardarla.
–Noto dell’ironia nella tua voce.- sussurrò contrariato, ma Emma era convinta
di avere visto del divertimento in fondo ai suoi occhi.
-In ogni caso, credo che andrò a preparare la
colazione. Al Dio degli Inganni vanno bene dei pancake?-
In una situazione normale –se una qualsiasi delle
situazioni tra loro si sarebbe potuta considerare normale-, Loki l’avrebbe di certo presa per la vita e trascinata
nuovamente sul letto, sussurrandole all’orecchio che al Dio degli Inganni
sarebbe andato meglio fare dell’altro.
Al che, Emma sarebbe arrossita oltre ogni dire e gli avrebbe cercato di far
scomparire il sorrisino malizioso a forza di pugnetti sulla spalla.
-Non gradisco i pancake.-
La ragazza alzò un sopracciglio, ma decise di non
controbattere: la paura di rovinare la fragile stabilità che si era creata con
continue allusioni era troppa.
Uscirono dalla camera insieme ed Emma sperò che
nessuno li vedesse, onde evitare domande indiscrete e sin troppo curiose;
inoltre, era ragionevolmente convinta che il pettegolezzo sarebbe corso in
fretta tra gli Avengers e sentirsi osservata e imbarazzata come la prima volta
che aveva messo piede lì dentro non la entusiasmava per niente.
-Loki?-
sussurro, guardandomi intorno. –Ti stanno fissando terribilmente male. Ci stanno fissando terribilmente male.-
Conosco
queste persone per fama e so quanto possano odiare mio marito, ma accidenti,
dal vivo è tutt’altra cosa.
-Amici-
inizia Thor distogliendomi dai miei pensieri –mio fratello ci ha gentilmente
offerto il suo aiuto. Solo Odino sa che tutto ci è indispensabile tutto quello
possibile.-
Sento uno
sbuffo dal gruppo ed un uomo col pizzetto fa un passo avanti. –Aiuterà noi o
aiuterà i nostri nemici a sconfiggerci?- domanda, strafottente.
-Tony Stark
immagino.- dico, nascondendo il moto di stizza dietro un sorriso. –Mi aspettavo
domande più intelligenti da colui che dice di essere Iron
Man: è ovvio che se volesse tradirvi non lo verrebbe di certo a dire a lei.-
-Io sonoIron Man.
Piuttosto, non credevo che Loki arrivasse a portarsi dietro un cucciolo umano,
fiorellino.- sussurra sarcasticamente, dopo avermi squadrata dalla testa ai
piedi.
Sono sicura
che alluda ai miei pantaloncini: ero talmente tanto eccitata di poter tornare a
mettere i miei adorati pantaloni, che ho deciso di scegliere quelli più corti e
colorati che ho. L’adorabile fantasia a fiori è stata l’ovvia conseguenza.
-Mi chiamo
Emma Foster, sono la sorella di Jane. E lei è davvero molto maleducato e
villano, signor Stark.-
La donna dai
capelli rossi, la Vedova Nera, da quanto ne so, scoppia a ridere di gusto,
mentre Bruce Banner –Hulk- annuisce. –E’ quello che diciamo sempre anche noi.-
-Che lingua
biforcuta.- commenta lui, incrociando le braccia e alzando un sopracciglio. –Mi
piaci, fiorellino.-
Ridacchio,
mentre Loki mi posa una mano sulla spalla. –Non troppo, Stark.- sussurra
minaccioso, e io gli sfioro la gamba con una mano.
-Invece, tu
non mi piaci per niente.-
Emma ridacchiò, ripensando a quell’episodio, ma si
bloccò appena fuori dalla porta della sua camera facendo sbattere Loki sulla
sua schiena. –Emma?- domandò lui, causandole un brivido –come sempre faceva la
sua voce-.
Lei scosse la testa. –Non senti quest’odore… come
di…-
-Bruciato.-
-Oddio!- sussurrò, scattando verso il piano
inferiore, già pronta a cercare un estintore per soffocare le fiamme. O per
darlo in testa a qualcuno, nel caso avessero dato fuoco al bellissimo tavolo di
ciliegio della cucina.
Tuttavia, non appena arrivarono nei pressi della
stanza, delle urla li fecero rallentare ed Emma si rese conto che probabilmente
l’unica cosa che era bruciata era la colazione.
-Non è ammissibile!-
-Con tutto il rispetto, ma cosa diavolo potete
saperne voi di cosa è ammissibile?-
-Per favore, il linguaggio!-
-Oh, ma sta zitto Cap!-
L’appena interpellato Captain America uscì
irritato dalla stanza, bloccandosi solo alla vista di Emma e Loki. Il dio lo
guardò con un sopracciglio alzato. –Cos’è tutto quel fracasso?- domandò, lanciando
un’occhiatina dietro le sue spalle –cosa che si poteva permettere, perché era
abbastanzaalto ed Emma era troppo bassa-.
-E me lo chiedi anche?- domandò retoricamente,
lanciando ad Emma uno sguardo di rimprovero. –Sono tutti in visibilio per
quello che vi è successo ieri sera.-
Il volto di Steve era diviso tra l’irritazione per
il litigio in corso e la preoccupazione per ciò che stava succedendo: l’insieme,
completo di sopracciglio alzato e labbra strette, era quasi buffo ed Emma pensò
che, tutto sommato, era molto strano che fosse ancora single.
-Uh.. e io che speravo che Jane non avesse
approfondito troppo la questione.- si bloccò. –E’ un urlo di Sif quello che ho appena sentito?-
Steve annuì e alzò le spalle. –Continua a dire che
a Thor e a Loki serve l’aiuto dei tre Guerrieri e il suo. Credo che anche Thor
stia perdendo la pazienza; quella di Stark se ne è già andata da un pezzo.-
-Wow, Thor che perde la pazienza con Lady Sif. Jarvis, ti prego, filma la scena!- disse divertita,
superando l’amico ed entrando nella stanza.
-Non credo
che sarebbero d’accordo, signorina Emma.-
-No,
probabilmente no..- sussurrò, facendo capolino nella stanza. Si pentì quasi
subito e il desiderio di fare dietro front, prendere Loki per un braccio e
tornare sotto le coperte le fece tremare i muscoli.
Fece un cenno a sua sorella e quella, dalla sua
postazione spiaccicata alla parete, le restituì uno sguardo che ad Emma sembrò
terrorizzato. E a ragione: Lady Sif stava sbraitando
contro Tony e Bruce –Emma non si prese nemmeno la briga di ascoltare su cosa
vertessero le sue proteste- e sembrava talmente tanto coinvolta nella
conversazione da non rendersi conto della presenza di Thor, il quale, allibito,
girava la testa prima verso l’Asgardiana e poi verso i due scienziati, probabilmente
a corto di paroloni e frasi complesse che li avrebbero fatti calmare.
Fu solo quando si accorse che il colorito di Bruce
stava diventando verdognolo –e sicuramente se ne accorse anche Nath, poiché gli
corse accanto e gli afferrò un braccio- che Emma si sentì in dovere di
intervenire.
-Scusante l’intromissione, gente.- esordì, mentre
il cuore le sussultava nel petto: dove aveva trovato quel desiderio di essere
al centro dell’attenzione, solo Odino lo sapeva. –Credo sia inutile continuare
a litigare per una questione che si potrebbe facilmente risolvere con toni
leggermente più.. pacati.-
Lady Sif si voltò di
scatto verso di lei e le lanciò l’occhiataccia peggiore del suo repertorio.
Emma ricordava che, in quando sorella di Jane e successivamente compagna di
Loki, non si era mai azzardata a rivolgersi a lei irrispettosamente, sebbene i
suoi occhi mandassero ondate di fastidio ogni volta che la vedeva.
-Siete tutti in errore!- esclamò, evidentemente
irritata. -Voi dovete..-
-Mi spiace deludervi, Lady Sif,
ma questa non è Asgard, ne tanto meno casa vostra. Sono convinta che sareste
molto più utile seduta su quella sedia e con la bocca chiusa.-
Non sapeva dove aveva trovato la faccia tosta, ne
il tono, per dire una cosa del genere, ma il risultato fu immediato: Sif ammutolì all’istante e con lei tutti gli Avengers
presenti nella stanza.
Wow, epico.
-Il fiorellino ha ragione!- esclamò Tony,
lanciando uno sguardo compiaciuto ad Emma, che arrossì di botto. Forse vivere
tanto tempo a palazzo le aveva insegnato ad essere più autoritaria, ma parlare
a quel modo ad una guerriera –che avrebbe potuto ucciderla in mezzo secondo-
era stato troppo anche per lei.
-Certo che ha ragione. La questione è delicata, ma
come vedete siamo entrambe sane e salve. E Lady Sif,
sono sicura che se avessimo bisogno del vostro aiuto, Thor e Loki non
esiterebbero a chiamarvi: persino noi conosciamo la vostra forza e le vostre
prodezze e loro due più di tutti.-
Wow, più che
epico! Alla faccia della diplomazia gente, ho una sorella mitica!
Emma vide, con la coda dell’occhio, Thor guardare
la sua fidanzata con tanto d’occhi e Jane ricambiare lo sguardo soddisfatta. E
anche Tony, probabilmente, se ne accorse, perché rivolse ad Emma uno sguardo
malizioso, accennando alla coppietta: la ragazza era sicura che stesse pensando
a qualcosa di talmente tanto malizioso che avrebbe fatto arrossire
immediatamente Jane.
-Se questa è la vostra decisione, principi,- disse
Sif, trattenendo visibilmente la rabbia. –torno ad
Asgard e completerò il mio compito di fronte al Padre degli Dei.-
Thor fece un passo avanti, cercando di recuperare
la sua compostezza, e annuì. –Certo, Lady Sif, ti
ringrazio per l’aiuto. Porta i nostri saluti a nostro padre.-
-Oh, stanne certo.- ribatté quella, prima di
uscire di gran carriera dalla stanza, seguita dallo sguardo smarrito di Thor e
dal sopracciglio alzato di Loki.
Foster 1, Sif 0.
Emma si trattenne dal dare il cinque a sua
sorella.
-L’avete zittita. Insegnatemi il vostro segreto.-
borbottò ironica Nath, guardando con apprensione Bruce che, tuttavia, stava
finalmente tornando al suo normale colorito.
Jane fece spallucce. –Mesi di allenamento.-
-Non dire sciocchezze, Jane.- ribatté la sorella,
visibilmente soddisfatta. –Riesci a zittire Thor: credo che l’impresa più ardua
tu l’abbia superata da un pezzo.-
-Ehi! Come osi?- sbottò il suddetto, facendo
scoppiare a ridere la fidanzata. –Nessuno riesce a zittirmi!-
-Oh, sta
zitto, fratello.-
Angolino dell’autrice: Buonasera a tutti, gente! Chiedo
umilmente scusa per tutto il tempo che è passato dal mio ultimo aggiornamento,
ma come i mesi passati sono stata presa con le bombe. Questo capitolo è un po’
di passaggio, ma spero vi abbia strappato un sorriso.
Come al
solito, ringrazio coloro che hanno recensito e che hanno inserito questa storia
in una delle liste: grazie infinite!
Alla
prossima, con la speranza di fare un pochino più in fretta.
-Alza
leggermente quelle braccia, altrimenti il tuo avversario avrà campo libero
verso il tuo naso.-
-Accidenti,
non voglio il naso rotto..- sussurrò Emma, facendo come le aveva detto la sua
allenatrice.
-Certo
che no.-
Era da
quasi quattro ore che lei e Nath si erano rinchiuse nella palestra e si stavano
allenando. Emma si sentiva la schiena a pezzi, le braccia doloranti e le gambe
che cedevano, ma non aveva nessuna intenzione di smettere: Nath le aveva
promesso che quando sarebbe stata sufficientemente brava con il corpo a corpo
le avrebbe insegnato ad usare un’arma ed Emma non vedeva l’ora. Dopotutto non
poteva scendere in battaglia senza nulla tranne i suoi pugni.
-Ti
ringrazio per oggi.- disse Nath ad un tratto, parando un suo pugno. –Bruce
stava perdendo la pazienza.-
Emma
rimase un po’ sorpresa per quelle parole, ma si costrinse a non mostrarlo alla
donna di fronte a lei. –Credimi se ti dico che è stato un immenso piacere.-
-Per
quale ragione?- chiese Nath, alzandosi dalla posizione di difesa e andando
verso la sua borraccia. Le rivolse un sorrisino divertito che Emma non fu in
grado di non ricambiare.
Sospirò.
–Sono gelosa. E lo è anche Jane.-
Nath
scoppiò a ridere. –Più che lecito.- disse, passandole a fianco e dirigendosi
verso l’uscita. –Ma non avete nulla da temere.A domani.-
-Buonanotte
Nath, e grazie.-
-E’ stato
un piacere.-
Emma
sorrise e si avviò anche lei verso la sua stanza per una doccia rinfrescante.
Aveva anche voglia di stare un po’ con sua sorella, ma era certa che l’avrebbe
trovata accoccolata da qualche parte con Thor ed era parecchio restia a
disturbarla.
Fece
spallucce.
-Jane?-
chiamò, entrando di soppiatto in salotto, sperando di non imbattersi in scene..
imbarazzanti. Quasi immediatamente, tre paia di occhi si alzarono verso di lei
e la squadrarono da capo a piedi.
-Ehi..-
sussurrò, sentendosi fin troppo sciatta nella sua tuta –larga e comoda-,
soprattutto agli occhi di Loki, comodamente stravaccato su una poltrona con un
libro tra le mani.
-Emma!-
esclamò Jane, come se fosse sorpresa di vederla lì. –Pensavo saresti andata
diretta a letto.-
-Natasha
ci ha detto che oggi ti sei allenata duramente.- aggiunse Thor, passando un
braccio intorno alle spalle di Jane e tirandola leggermente verso di se; lei lo
lasciò fare e si strinse a lui.
Emma
sorrise, stanca di stare in piedi, si andò a sedere vicino ai due,
accoccolandosi su un fianco. Oh, si
sarebbe anche potuta addormentare.
-Ha detto
così?-
-Ha detto
anche che sei migliorata parecchio.-
-Bene.-
rispose lei, con un leggero sorriso. –A proposito Jane, devo sapere la tua
opinione riguardo una questione che mi tormenta da giorni.-
La
sorella aggrottò un sopracciglio. –Dimmi.-
-Secondo
te.. tra Bruce e Nath c’è qualcosa?-
-Allora te ne sei accorta anche tu!- trillò
Jane, saltando sull’attenti. –Credevo di essere l’unica!-
Thor alzò
le mani, assumendo un’aria confusa. –Ferme, ferme. Di cosa state parlando?-
-Ma come,
Thor, non ti sei mai reso conto che tra Nath e Bruce c’è del tenero? –
Lui
scosse la testa, guardando Jane con sguardo di scuse.
-E vi
ostinate ancora a domandarlo?- borbottò Loki, girando pigramente una pagina.
-Non
essere acido, fratello. Vuoi dirmi che tu ci eri arrivato?-
-Non mi
interessa.- rispose quello, scorbutico. Emma si chiese per quale motivo fosse
così di cattivo umore. –E ad ogni modo, non potrebbe mai funzionare.- aggiunse,
con un ghigno.
Emma alzò
un sopracciglio. –E per quale ragione?-
-Banner è
un mostro.-
Tutti e
tre –Emma, Jane e Thor- rimasero senza parole. Come poteva dire una cosa del
genere con tanta nonchalance?
-Bruce
non è un mostro.- ribatté Emma, stranamente colta sul vivo. –E’ la persona più
gentile che abbia mai conosciuto.-
Loki
scoppiò a ridere, sarcastico. –Dimentichi forse cosa accade quando si
arrabbia?-
-Tutte le
persone quando sono arrabbiate diventano cattive, dicono cose che non pensano.
Lui fa cose che non vuole fare.- rispose Emma, a denti stretti. –Lui non è
cattivo ne tantomeno un mostro. Si merita di avere accanto a sé la persona che
ama come chiunque altro sulla faccia dell’universo.-
-Ben
detto, cognata!- esclamò Thor, ma Emma era troppo intenta a guardare Loki per
farci caso. Il dio aveva gli occhi fissi sui suoi e la ragazza poteva vedere la
mascella serrata e il respiro veloce che faceva alzare il suo petto più
velocemente del normale.
Fu quando
si rese conto di star davvero
guardando i pettorali di Loki, che capì che era ora per lei di andare a
dormire. Decisamente.
-Credo
che andrò a dormire, Jane: sono stanchissima.- sussurrò, dando un bacio sulla
guancia alla sorella e ricevendo una strizzatina d’occhio. Sorrise a Thor e
uscì dalla stanza, percorrendo il tragitto fino alla sua camera nel minore
tempo possibile.
Chiuse la
porta alle sue spalle con forza, tirando poi un sospiro di sollievo più
profondo di quello che, probabilmente, era necessario, ma la sensazione di
essere ormai lontana da possibili figuracce era davvero rincuorante.
Fece un
altro sospiro e si buttò di peso sul letto, trovando estremamente confortante
il materasso e le coperte morbide sotto di lei, in particolare dopo una
giornata di duro allenamento. Si concesse qualche istante per pensare a tutto
quello che era successo negli ultimi giorni: grazie a quella crisi di panico
era riuscita a recuperare tutti i suoi ricordi, che ormai si incastravano alla
perfezione nella sua mente; tuttavia, ciò che non era riuscita a recuperare era
il rapporto con suo marito ed era abbastanza convinta che avrebbe fatto molta
fatica a far tornare tutto come prima. Sempre se ci fosse riuscita: quello che
aveva imparato di Loki da quando lo conosceva era che la sua paura più grande
era di soffrire a causa delle persone che amava. E lui aveva sofferto a causa
sua, sebbene farlo soffrire fosse il suo ultimo desiderio, come d’altronde perdere
la memoria ed essere quasi uccisa da un essere orribile.
-Stai
dormendo?-
Emma
sussultò e spalancò gli occhi, incontrando quelli verdi di Loki, a poca
distanza da lei.
-No..
Come hai fatto ad entrare?- domandò lei, saltando a sedere sul letto, sorpresa.
Loki alzò
le spalle. –La porta era aperta.-
La
ragazza assottigliò gli occhi e guardò nella penombra la sagoma dell’uomo
davanti a lei: riusciva a immaginare con precisione i suoi tratti del viso, la
sua espressione, il colore dei suoi occhi e dei suoi capelli, sebbene nella
stanza fosse buio pesto.
-Cosa..
come ti posso aiutare?-
Lui
rimase in silenzio per qualche secondo. –Pensi davvero quello che hai detto
prima?- disse infine.
-Loki..
tu mi conosci. Sai che lo penso
davvero.- sussurrò lei, alzandosi e avvicinandosi a lui.
-Sapevo
cosa pensavi prima, non ora.-
-Loki..-
sospirò di nuovo lei, azzardandosi a mettergli una mano su un braccio. –Sono
sempre io, tutto il mio passato è sempre stato nella mia testa, al suo posto.
Dovevo solo ricordarmelo. So che ti ho fatto soffrire in più di un’occasione,
ricordo l’espressione ferita che hai avuto, e non dire che non è così, ma in
quei momenti non riuscivo più a leggerti; ora, però me ne rendo conto e ti
chiedo scusa.-
A quel
punto, si azzardò a far risalire la mano sino alla sua guancia e si sorprese
parecchio quando lui non la scansò. –Ma non puoi farmene una colpa..- sussurrò,
mentre sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi.
Loki
sbuffò, facendo un passo indietro e ad Emma sembrò che le si spezzasse il cuore.
-Certo
che non è colpa tua. La colpa è mia, perché non ho saputo proteggerti.- disse
duramente, iniziando a percorrere la stanza a grandi falcate, come faceva
quando era nervoso e non sotto sguardi di estranei. –La colpa è sempre stata
mia, non sono mai stato un figlio di cui andare fieri, un fratello da ammirare,
un compagno da amare.- alzò lo sguardo e fissò Emma da capo a piedi, ma lei non
osò dire una parola per paura che lui smettesse di parlare, chiudendosi per
l’ennesima volta.–Non mi creerò più
aspettative. Ti sbagliavi, non tutti si meritano di avere a fianco le persone
che amano. Puoi considerarti libera dal nostro vincolo matrimoniale.-
Emma
riuscì solo a spalancare la bocca e a borbottare un “Cosa?!?” a mezza voce, ma
non riuscì a fermare il dio che scomparve, letteralmente, nel nulla.
Non
appena si rese conto dell’accaduto uscì dalla stanza, dimentica del sonno e
della stanchezza, e corse in tutte le stanze della torre, dalla cucina alla
palestra, dal laboratorio fino alla lavanderia; alla fine, entrò anche nelle
stanze degli Avengers, svegliandoli tutti, in preda al panico.
-Si può
sapere che diavolo succede a quest’ora?- le domandò ben poco elegantemente
Tony, mentre cercava un paio di pantaloni da indossare sopra i boxer. Emma
scosse la testa, spalancò la porta del suo bagno, ci guardò dentro e trovandolo
irrimediabilmente vuoto fece dietro front verso la camera di Thor e di Jane.
Sentì Tony unirsi al gruppetto degli Avengers –Nath, Bruce e Cap- che l’avevano
seguita, preoccupati, guardandola come se fosse stata una pazza isterica.
-Cap, che
diavolo le succede?- domandò il multimiliardario, ma Emma non sentì la risposta
poiché era già dentro la camera dei due. Accese la luce e subito Thor scattò a
sedere, rintontito e biascicando alcune parole, mentre Jane mugugnò nel sonno.
-Lo avete
visto?-
-Mmm, di chi stai parlando Emma?- sussurrò Jane,
stropicciandosi gli occhi e arrossendo non appena vide tutti gli Avengers
riuniti sulla soglia della porta della loro camera.
-Di
Loki.- sussurrò lei, lasciandosi cadere su una poltrona. Aveva guardato
ovunque, ma lui era sparito. Nel nulla. Totalmente.
-Cosa è
successo?- saltò sull’attenti Thor, nel sentire il nome del fratello. –Ha
combinato qualcosa? Ti ha fatto qualcosa?-
Emma
scosse la testa, stentando ancora a credere a quello che era successo. –E’
sparito. E’ venuto da me per parlare e.. mi ha lasciata. Poi è sparito.-
Immediatamente,
tutte le voci degli Avengers si sovrapposero l’una all’altra, ma furono interrotte
da una sirena e dalla voce meccanica di Jarvis che esplose forte e chiara nella
stanza.
Signore, devo dare l’allarme. Le nostre misure di sicurezza
sono state oltrepassate. Ci sono intrusi nella torre.
Tutti si
zittirono e Tony prese subito la parola. –Fammi vedere le telecamere, Jarvis.-
Immediatamente,
uno schermo tridimensionale comparve a mezz’aria e tutti furono testimoni di
chi fossero gli intrusi: le streghe erano riuscite ad entrare nella torre e
stavano salendo velocemente le scale, diretti verso di loro.
Captain
America prese subito in mano la situazione. –Thor, tu e Stark, che siete i più
veloci, andate verso di loro, per fermarle. Io e Natasha andremo a vestirci.
Tu, Bruce, porta Jane ed Emma in laboratorio: è il posto più sicuro.-
Tutti
fecero immediatamente come ordinato e Jane, dopo essersi vestita in velocità,
prese per mano la sorella correndo dietro a Banner; Emma, ancora stordita, la
seguì senza protestare e rischiò più volte di inciampare a causa di
un’improvvisa goffaggine.
Fu solamente
quando Bruce sbarrò la porta dietro di loro che la ragazza rinsavì e si
costrinse ad allontanare la mente dall’improvvisa partenza di Loki. –Bruce, c’è
per caso qualcosa che possa usare come arma in questo posto? Non possiamo
rimanere qui e aspettare che gli altri facciano tutto il lavoro. E poi non
sappiamo nemmeno quante siano e se siamo davvero al sicuro..- disse, iniziando
a far lavorare la mente a velocità supersonica.
Bruce si
passò una mano sul volto, stancamente e poi annuì. –Hai ragione.- sussurrò tra
sé e sé, iniziando a rovistare tra i vari oggetti presenti nel laboratorio.
–Dovrebbero esserci un paio di prototipi di un bastone elettrico, ma non è
ancora stato brevettato quindi potrebbe trattarsi di un semplice pezzo di
metallo.-
-Non fa niente.-
rispose la ragazza, stringendo forte la mano a Jane. –L’importante è che
possiamo difenderci in qualche modo.-
Lo
scienziato annuì e, qualche secondo dopo, passò ad entrambe due bastoni, di
circa un metro e mezzo, leggeri e maneggevoli. Emma si ripromise di chiedere a
Nath di insegnarle ad usarli al meglio se fossero usciti vivi da quella storia.
-Dovete
premere il bottoncino per far attivare l’energia elettrica. State attente a non
tenerli a contatto con l’acqua, altrimenti finirete abbrustolite.- le istruì,
prima di lisciarsi la maglietta, sistemarsi gli occhiali e posizionarsi davanti
alla porta del laboratorio.
-Dove
vai?- domandò Jane con la voce che tremava.
-Esco da
qui e vado ad aiutare gli altri. Appena esco, serrate di nuovo la porta e non
aprite per nulla al mondo.-
Le due
ragazze guardarono lo scienziato fare un respiro profondo, aprire la porta del
laboratorio e correre fuori. Pochi secondi dopo sentirono in lontananza l’urlo
di Hulk e il suono di qualcosa che si frantumava. Emma sperò si trattasse del
cranio di una di quelle streghe.
-Cosa
facciamo, Emma?- Jane era molto molto vicina ad una crisi di panico.
-Intanto,
ti calmi e ti tranquillizzi. Qua dentro non ti farà nessuno del male. Riguardo
a quello che faremo- disse, azionando i marchingegni di Tony e la sua
mini-armatura. –tu, rimarrai qui, al sicuro. Io, invece, andrò li fuori a
spaccare qualche culo.-
-Non
puoi…!-
-Non era
un consiglio, Jane.- prese in mano il suo nuovo bastone e cercò di capire come
funzionava. –Io ho avuto un allenamento da Natasha in queste due ultime
settimane, tu no; io ho un’armatura e tu no; io sono incazzata nera perché sono
stata lasciata da mio marito meno di un’ora fa e tu no; quindi io ora andrò lì
fuori e tu no. Tutto chiaro?-
Jane la
guardò, palesemente contrariata, ma annuì e corse ad abbracciarla. –Quando
finirà questa storia dobbiamo mettere in chiaro chi delle due è la sorella
maggiore.-
-D’accordo
Jane. Riguardati e se hai problemi, urla.-
Emma le
voltò le spalle e aprì la porta del laboratorio, buttandosi nella mischia,
forte d’adrenalina.
Angolino dell’autrice: Mi
scuso tantissimo del ritardo, la maturità mi sta letteralmente uccidendo.
Finalmente, in questo capitolo, inizia un po’ di azione.
Non
spendo troppe parole: lascio a voi l’ardua sentenza e spero, ora che è estate,
abbiate un po’ di tempo per farmi sapere cosa ne pensate. Le risposte alle
recensioni del capitolo precedente arriveranno il prima possibile.
Emma, fino a poco tempo prima, non si sarebbe mai
immaginata con un’armatura ed un bastone di dubbio funzionamento nel mezzo di
una battaglia e con così tanta voglia di fare del male. Tuttavia, in quel
momento aveva proprio il desiderio di colpire in testa una di quelle stronze e sentirle urlare di dolore.
E fu proprio così che fece quando ne vide una –capelli
lunghi fino a terra, neri, pelle traslucida e unghie tremendamente lunghe-
incomberesu Steve Rogers dandogli del
filo da torcere. La ragazza attivò il bastone, che emise un flebile crepitio, e
poi si slanciò sulla donna, colpendola dietro la nuca: forse non era troppo
simpatico colpire qualcuno dietro le spalle, ma il risultato fu assicurato e,
dopo un sonoro crick, la strega cadde
a terra senza più muoversi.
Oh, allora è
questa la rabbia che si prova quando si viene scaricati.
-Accidenti, Emma!-
-Il linguaggio, Cap.- borbottò la ragazza,
togliendosi una ciocca di capelli dal visto e sorridendo mesta. Pensò che
doveva sembrare pazza.
-Tornatene nel laboratorio, qui non sei al
sicuro!- sembrava davvero su di giri, oltre che terribilmente irritato: Emma
sapeva che Steve odiava quando si disobbediva ai suoi ordini.
La ragazza scosse la testa e lo superò svelta,
lasciandolo solo a vedersela con un’altra strega: lei ne cercava una in
particolare, riccia, con grandi occhi neri come le pozze dell’inferno.
Riuscì a stento a scendere al piano sottostante a
causa dei vari pezzi di intonaco e di cemento che iniziavano già a rotolare per
terra –ci sarebbe stato un bel lavoro da fare alla fine di tutto- e ringraziò
tutti gli dei dell’universo che le scale non fossero già crollate. Sentì in
lontananza, nuovamente, l’urlo di Hulk perciò decise di andare dalla parte
opposta, onde evitare spiacevoli incontri verdi e incazzati.
Anche in quel piano, il pavimento era sommerso di
calcinacci ed altri ne cadevano dal soffitto –sarebbe stato triste venire
colpita da una pietra e cadere a terra svenuta-, ma Emma si fermò solamente
quando incontrò un bivio: destra o sinistra? Fortunatamente, o sfortunatamente,
non dovette mai compiere questa scelta: una mano artigliata la prese per un
braccio e la spinse in una stanza vuota facendole fare un volo di un paio di
metri. Grazie all’armatura di Tony, Emma evitò di farsi troppo male e fece in
tempo a vedere la donna che cercava dire ad una sua simile di rimanere fuori
dalla porta a fare la guardia.
Bene,
proprio quello che speravo.
-Mi cercavi, sciocca umana?-
-Vedo che oltre ad essere stronza sei anche
intelligente.- sorrise Emma, con una faccia tosta che nemmeno sapeva di avere.
Lei rise, divertita. –Sei dura a morire, eh? L’ho
presa quasi come una faccenda personale.- le si avvicinò di un paio di passi,
ed Emma si piegò leggermente in avanti, pronta ad attaccare. –La prima volta
eri nel posto sbagliato al momento sbagliato e avevo deciso di darti una morte
veloce; la seconda ti ho cercata per portare un messaggio ai tuoi amici e, sai,
sarebbe dovuto essere tutto un po’ più teatrale; ma questa volta mi hai cercata
tu, con la giusta consapevolezza che saresti morta: e questa volta c’è in
programma una morte lenta e molto sanguinosa.- scattò verso di lei con una
velocità tale da fare un rumore sordo quando si scontrò contro il bastone di
Emma; lei riuscì a respingerla indietro anche grazie alla scarica elettrica che
aveva attivato appena in tempo.
-Quel giocattolino non ti aiuterà a sopravvivere.-
-Vogliamo scommettere? In un modo o nell’altro
morirai stanotte, dovessi portarti con me nella tomba.- rispose la ragazza,
sentendo una scarica di adrenalina passarle attraverso tutto il corpo. Scattò
in avanti pronta a colpire la donna, ma questa la scanso e le rifilò un pugno
sullo stomaco, che andò facilmente a segno, e successivamente puntò verso il
viso di Emma, che riuscì a parare il colpo. Ringraziò con tutto il cuore Nath e
i suoi allenamenti.
Capì che l’aliena era troppo veloce e scaltra per
i suoi riflessi umani e che se voleva portare a segno qualche colpo doveva
coglierla di sorpresa, così non appena le andò dietro le spalle fece scattare
il bastone all’indietro e la colpì in pieno; probabilmente presa alla
sprovvista, la donna si fermò qualche secondo, tanto da permettere ad Emma di
darle un calcio e di farle perdere l’equilibrio. Purtroppo non fu abbastanza
lesta da fare un passo indietro e fu portata a terra con lei; riuscì, in
qualche modo, a rotolare un metro più distante, ma ormai il bastone era andato
e la schiena le mandò un grido di dolore che le impedì di muoversi per qualche
prezioso secondo: la strega le rifilò un pugno sul viso e la fece gridare
tirandola in piedi per i capelli.
-Mi hai stufata, umana. Ho perso sin troppo tempo
con te. Ora ti spezzerò le ossa una ad una e lascerò che i tuoi amici e il tuo
ragazzo sentano le tue urla spegnersi lentamente.- disse con un’espressione
disumana in volto che fece tremare Emma più del rumore della sua testa che
cozzava contro il muro.
-Tu parli troppo..- sussurrò, cercando in tutti i
modi di liberarsi dalla sua presa ferrea.
-Ha ragione.- disse una voce maschile profonda,
prima che la strega le venisse strappata di dosso. Emma scivolò a terra
tossendo e non appena riuscì a spostarsi dalla faccia sudata le ciocche di
capelli, vide che una figura alta e vestita in oro e verde si era parata
davanti a lei, come un muro tra lei e la strega.
-Loki..- sussurrò Emma, mentre un’acuta felicità
la pervadeva tutta. Tuttavia, lui non la degnò di una parola e continuò a darle
le spalle, stringendo in una mano il suo scettro.
-Dov’è Agath?- domandò
frustrata la strega, probabilmente riferendosi alla tizia che aveva lasciato di
guardia.
-Dipende.- rispose Loki, avvicinandosi di un
passo. –Parli della testa o del resto del corpo?-
-Maledetto!- ringhiò lei, scagliandosi su di lui
con tutta la forza che aveva.
Emma, dopo di ciò, non riuscì a seguire
propriamente il combattimento, dato che i movimenti dei due erano troppo veloci
per lei, ma si rese conto che Loki era in netto vantaggio e per un attimo provò
un senso di irritazione nel pensare che non sarebbe stata lei a vendicarsi
della strega.
Dopo un tempo che la ragazza non avrebbe saputo
quantificare –secondi? minuti?- la figura della donna schizzò fuori dalla
macchia di colore che era diventato il combattimento per andare a sbattere
contro il muro, cadendo a terra esanime.
Emma trattenne il fiato finché Loki non si voltò
verso di lei e le corse accanto, per poi inginocchiarsi e guardarla con occhi
preoccupati che non vedeva da tempo: l’affetto che traboccava da essi sembrava
tale e quale a quello di prima che perdesse la memoria.
-Emma, stai bene?- le sussurrò, posandole una mano
sulla guancia. Lei annuì, abbandonandosi alla sua carezza. Aveva temuto che la
lasciasse, aveva temuto che se ne fosse andato da lei, invece lui era lì e le
aveva appena salvato la vita.
-Amore mio..- sussurrò, e ad Emma il cuore
traboccò di gioia. –Che diavolo ti è saltato in mente?-
Emma sorrise amaramente e alzò lo sguardo per
incontrare gli occhi dell’uomo che amava, ma ciò che vide le fece spalancare la
bocca in un urlo muto. Loki non fece in tempo a girarsi che un grosso ed
appuntito pezzo di vetro gli perforò la schiena, attraversandogli tutto il
torace.
-No!- gridò la ragazza, mentre Loki gemeva e le si
accasciava contro, i vestiti già imbrattati di sangue rosso.
La donna si allontanò di un passo e scoppiò a
ridere, volgendo la testa indietro. –Ecco che fine fanno coloro che si
oppongono a noi! Morirete tutti, uno ad uno, sciocchi esseri e..- si
interruppe, spalancando gli occhi e tornando a guardare Emma, davanti a lei, in
piedi e con in mano lo scettro di Loki. La punta dello scettro era piantato
nella sua gabbia toracica, proprio tra i due seni. La donna volse gli occhi
all’indietro, con espressione orripilata, e cadde a terra, finalmente morta.
-Ti avevo detto che parlavi troppo.- sussurrò la
ragazza, intimamente soddisfatta, prima di tornare a rivolgere l’attenzione a
Loki.
Si accucciò di nuovo vicino a lui e vide con orrore
che la punta della scheggia fuoriusciva dal torace. Gli aveva perforato i
polmoni? Qualche altro organo importante?
-Oddio, stai perdendo un sacco di sangue..-
sussurrò a voce bassa, quasi a sé stessa, pensando a cosa fare. Se avesse tolto
la scheggia, di certo l’emorragia sarebbe aumentata e in poco tempo Loki
sarebbe morto dissanguato; ma non poteva nemmeno lasciarla lì. Non sapeva
prendere quella decisione, non sapeva cosa fare!
-Jarvis!- urlò Emma, all’improvviso, ricordandosi
che ad ogni stanza era collegata l’intelligenza artificiale, braccio destro di
Tony. –Jarvis!- ti prego, rispondi.
-Sign..Em..a.-
-Jarvis!- esclamò di nuovo, tirando un leggero
sospiro di sollievo. Il sistema si è
sicuramente danneggiato, pensò mentre girava Loki su un fianco, ma se riesce a comunicare con Ironman o con un altro dei Vendicatori, possiamo ricevere
soccorso.
-Jarvis, devi chiamare Tony! Digli di venire qui,
digli che è urgente, ti prego!-
-Ho.. avver.. il si.. ark. Sta.. ando.-
-Cosa diavolo hai detto..- borbottò la ragazza,
mentre l’adrenalina della battaglia la abbandonava e calde lacrime iniziavano a
solcarle le guance. Loki era più pallido e più freddo di quanto fosse mai stato
e il suo respiro si faceva sempre più faticoso; Emma cercò di non notare che
ormai i suoi vestiti e quelli di lui erano più rossi che del colore originale,
che anche le sue mani erano imbrattate di sangue e che gli occhi di suo marito
continuavano a stare irrimediabilmente chiusi.
-Emma..- sussurrò ad un tratto, distogliendola
dalle sue elucubrazioni.
-Cosa c’è?- gli sussurrò, iniziando a cullarlo
dolcemente, come se quello avrebbe risolto tutti i suoi problemi. –Non ti
sforzare a parlare, tra poco verranno ad aiutarti.-
Lui scosse la testa. –Mi.. dispiace. Non volevo
andarmene..- fece un respiro tremulo. –L’unica cosa.. di cui sono sicuro, è che
voglio stare con te.-
-Non.. non parlare così.- singhiozzò la ragazza.
–Non parlare come se stessi per andartene.-
-Scusami.- sorrise amaramente, mentre si sforzava
di aprire gli occhi. Emma riuscì solo per un secondo a vedere lo straordinario
verde delle sue iridi, perché li richiuse subito, con un gemito.
-Emma..- iniziò di nuovo, ma la porta si aprì di
colpo, facendo alzare di colpo la testa alla ragazza.
-Porca puttana!- esclamò Tony, precipitandosi
verso di loro. –Sei messo davvero male, dio.-
-Non scherzare!- lo apostrofò Emma, sentendo un
enorme senso di sollievo a vederlo lì. –Puoi aiutarlo? Ci deve essere
qualcosa..-
-Certo. Nel laboratorio c’è ancora la macchina per
la rigenerazione delle molecole: dobbiamo solo portarlo fino a lì ed evitare
che muoia dissanguato. Sai cucire?- le domandò, mentre prendeva in braccio il
dio, attento a non toccare la sua ferita.
Emma annuì e gli si precipitò dietro, ricordandosi
di prendere lo scettro di Loki –ancora piantato sul petto del cadavere- nel
caso fosse servito una volta usciti dalla stanza; tuttavia, con sua somma
sorpresa, la situazione era molto diversa da come ricordava: non si sentivano
più i rumori della battaglia e la struttura dell’edificio sembrava essersi
assestata. Alla ragazza sembrò di intravedere Nath che parlava con un braccio
teso ad Hulk da un buco sul pavimento, diversi piani più in basso, ma non si
soffermò.
Riuscirono con facilità a salire al piano
superiore –le scale erano più resistenti di quello che appariva ad una prima
occhiata- e a quel punto raggiungere il laboratorio fu piuttosto semplice.
Emma si mise a bussare forte e tirò un sospiro di
sollievo quando Jane aprì. –Ragazzi, ma cosa..? Per tutti gli dei, cosa gli è
successo?- esclamò, non appena vide il modo pietoso in cui era ridotto Loki.
–Emma, tu stai bene?-
La ragazza annuì. –Ti spiegherò tutto più tardi.
Ora credi di riuscire a trovare un ago e qualcosa che assomigli a del filo da
sutura?- chiese, mentre Tony liberava un tavolo e vi adagiava il dio sopra, a
pancia in giù.
-Jarvis?- chiamò poi, premendo un paio di bottoni
di un computer rimasto integro.
-Sono qui,
signore.-
-Aziona la macchina per la rigenerazione
molecolare. Ci servirà a breve.-
-Subito,
signore.-
-Emma.. vuoi cucirgli tu la ferita?- domandò
sottovoce Jane, mentre passava alla sorella ago e filo. Si accorse che le
tremavano le mani, così le strinse tra le proprie. –Posso farlo io, se vuoi.-
Emma alzò la testa di scatto. –Lo faresti
davvero?- chiese, speranzosa. Non riusciva ad immaginare di infilare un
qualunque oggetto nella carne di suo marito.
-Certo.- le sorrise dolcemente e alla ragazza
sembrò che un peso enorme le fosse stato tolto dalle spalle. Ancora una volta,
si domandò come avrebbe fatto senza Jane.
-D’accordo, fanciulle, siete pronte? Toglierò il
pezzo di vetro e Jane dovrà essere lesta nel ricucire la ferita: il principino
ha già perso abbastanza sangue. Nel frattempo, Emma, da qualche parte in quei
cassetti dovrebbe esserci un kit del pronto soccorso per le emergenze: ci
servirà qualche garza.-
La ragazza annuì e iniziò la sua ricerca, cercando
di ignorare le parole sommesse di Jane e Tony e, soprattutto, i gemiti
sofferenti che Loki emetteva ogni volta che l’ago perforava la sua pelle. Ad
Emma niente sembrò più straziante di quel suono; ne contò dieci prima che
riuscisse a trovare le garze e altri venti mentre cercava di guardare altrove,
in trepidante attesa.
Quando Jane annunciò di avere finito, Emma si
precipitò verso di loro e, insieme, riuscirono a fargli una fasciatura e ad
adagiarlo all’interno della fantomatica macchina.
Tony sospirò. –Non possiamo fare altro. La
macchina sta già agendo, ma bisogna sperare che guarisca prima di morire
dissanguato.-
-Voglio stare qui con lui.- sussurrò Emma,
prendendo una sedia e sedendosi a fianco alla macchina, ben decisa a non
muoversi di lì finché Loki non sarebbe stato meglio.
-Vuoi che resti con te, sorellina?-
Lei scosse la testa. –No. Vai a cercare Thor, vai
ad aiutare gli altri.-
-D’accordo. Se hai bisogno..-
-Chiamerò.-
Emma non guardò nemmeno i due uscire dalla stanza,
tenendo lo sguardo fisso sul viso del dio di fronte a lei e sentendosi calare
nello sconforto. Era stanca –dall’allenamento e dal combattimento, uno dietro
l’altro senza interruzioni-, sudata ed imbrattata di sangue dalla testa ai
piedi –suo, della strega, di Loki-, ma non aveva alcuna intenzione di muoversi
da quella posizione finché lui non avesse dato segni di miglioramento.
Eppure, con il passare delle ore, la macchina continuava
a lavorare senza interruzione e la fasciatura a sporcarsi, sebbene fosse stata
cambiata più di una volta; il viso del dio continuava a rimanere pallido come
quello di un cadavere e niente, se non il lento e quasi impercettibile
sollevarsi del petto, faceva capire se fosse ancora vivo o meno.
Era ormai mattina inoltrata –Emma lo capiva dalla
luce che entrava da sotto la porta e dal fatto che sia Jane che Natasha erano
entrate un paio di volte per domandarle se aveva fame e voleva andare a darsi
una pulita-, quando lo sconforto lasciò posto ad un panico sconfinato. Come era
possibile che quella macchina non funzionasse?
-Jarvis. Perché non sta guarendo?- la sua voce
suonava roca ed estranea anche alle sue orecchie, tanto che Jarvis ci mise
qualche secondo per rispondere.
-La macchina
non è abbastanza veloce. Non è in grado di fermare l’emorragia e a causa di
essa i tessuti fanno fatica a rigenerarsi.-
Emma si lasciò sfuggire prima un singhiozzo, poi
un altro e un altro ancora, finché non scoppiò in un pianto a dirotto.
Era quella la sensazione che aveva provato Loki,
ogni volta che aveva temuto di perdere una delle persone che amava? Quella
sensazione di impotenza, di acuta disperazione e di terrore, come se la testa
stessa stesse scoppiando, come se il mondo si stesse invertendo e cielo e terra
si confondessero?
-Non si
disperi, signorina Emma.- le disse Jarvis, ma lei quasi non lo sentì, a
causa del pianto che le rimbombava nelle orecchie. Come sarebbe potuta
sopravvivere se lui fosse morto?
Angolino dell’autrice:
Posso dire che, finalmente, sono ufficialmente finiti gli esami, perciò questi
ultimi aggiornamenti saranno più frequenti. Spero che questo ultimo capitolo vi
sia piaciuto e che in tanti mi farete sapere la vostra opinione. A prestissimo,
Emma non era per niente lucida di mente, sicuro
quanto era sicuro che il sole sorgeva ad est e tramontava ad ovest. Tuttavia,
si disse, date le patetiche condizioni fisiche in cui si trovava e il pianto
che la scuoteva da un tempo indeterminato, poteva essere giustificata.
Si alzò, traballante sulle gambe, e si chinò, fino
ad appoggiare la fronte su quella di Loki. Si rese vagamente conto del fatto
che le sue lacrime stessero bagnando anche il viso di lui, e si concentrò
solamente sul freddo glaciale della sua pelle e sul suo leggero respiro.
-Ti supplico, non morire. Ti prego Loki, non
lasciarmi, ti prego..- sussurrò come una litania, come se lui potesse
effettivamente sentirla.
-Signorina
Emma, c’è un intruso.- la avvertì ad un tratto Jarvis, e la ragazza trattenne
il respiro, allarmata e leggermente scocciata per l’interruzione; poi, con uno
scatto prese lo scettro di Loki che aveva lasciato a terra e si voltò, pronta a
fronteggiare il nemico.
Rimase di stucco.
-Non mi minacciare con l’arma di mio figlio,
terrestre.-
-Cosa.. cosa ci fate qui, signore?- domandò lei,
abbassando leggermente l’arma e asciugandosi con l’altra mano le lacrime che le
avevano bagnato il viso fino a qualche secondo prima. –Come siete entrato?-
-Quante domande. Dimenticavo la tua propensione a
questionare con chiunque.- disse Odino, quasi divertito.
Emma non poté fare a meno di arrossire, come ogni
volta che il padre adottivo di Loki le rivolgeva la parola o la apostrofava con
qualche osservazione. Odino era certamente un uomo –o, meglio, un dio- che sapeva
come mettere in soggezione, con quella benda sull’occhio e la barba bianca.
Anche dal suo aspetto traspirava la sua immensa forza.
-Chiedo scusa, signore.- borbottò. –Posso
chiedervi cosa ci fate qui?-
-Sono venuto a vedere le condizioni di mio
figlio.- rispose quello, avvicinandosi di qualche passo, finché non riuscì
anche lui a scorgere Loki.
-Forse, se voi foste intervenuto, non ci sarebbe
stato bisogno di venire a fare una visita così spiacevole.- gli disse lei,
quasi non rendendosi conto di aver dato voce ai suoi pensieri: sicuramente, se
fosse stata più lucida mentalmente, una frase del genere non se la sarebbe mai
fatta scappare.
Odino si voltò e la guardò con lo sguardo più duro
di cui, lei lo sapeva, era capace. –Ho offerto l’aiuto degli Asgardiani ai miei figli ed entrambi hanno rifiutato.-
-Forse volevano il vostro aiuto, non quello degli Asgardiani.-
Il Padre di Tutti sospirò, senza ribattere, e
tornò a guardare il figlio. Emma vide in lui il comportamento più umano da quando
lo conosceva quando, con un’espressione di puro dolore, si accinse ad
accarezzare la fronte del figlio teneramente. –La loro madre sarebbe fiera di
entrambi..- lo sentì sussurrare.
-Signore..-
-Ho insegnato ad entrambi i miei figli, sin dalla
tenera età, a sostenere le conseguenze delle loro decisioni, per quanto
terribili esse fossero. Dovevano imparare a prenderne per il bene del loro
popolo e a perseguirle senza vacillare, qualunque cosa fosse successa. Gli Asgardiani hanno bisogno di un re forte, di un guerriero.-
disse, senza distogliere gli occhi da Loki. Emma iniziò, per la prima volta, a
sentirsi di troppo in quel laboratorio. –Ma prima di tutto sono un padre. Ed è
per questo che sono venuto a portare il mio aiuto. Non quello degli Asgardiani, come mi hai accusato poco fa.-
Emma arrossì nuovamente quando Odino alzò lo
sguardo su di lei, iniziando a rovistare in una tasca della sua regale tunica.
La ragazza lo guardò attentamente e riuscì a scorgere nel viso del re la
vecchiaia e il peso di tutti quegli anni di regno che gli gravavano sulle
spalle; vide le rughe sulla fronte, aggrottata dalla preoccupazione per suo
figlio, e la speranza negli occhi, speranza che fece sperare anche Emma, perché
quel dio era l’essere più potente che avesse mai conosciuto. E se lui era
speranzoso, di certo un motivo c’era.
-Prendi.- le porse una fiala di un liquido
rossastro. –Fagliela bere tutta, lo aiuterà a guarire. La tecnologia del tuo
mondo non è formidabile, ma è avanzata, per quel che vale.- si voltò per andarsene,
ma Emma si sentì in dovere di fermarlo.
-Signore..- lo richiamò, nemmeno lei sicura di
quello che volesse dirgli. –Loki è convinto che lei lo odi.-
-Loki vede tutto distorto a causa del suo timore
di non meritare affetto.- le rispose Odino, tornando a voltarsi verso di lei.
–Gli ho dato la possibilità di redimersi più di una volta, ma lui ha
approfittato solo di quest’ultima, grazie a te. Per quanto odi ammetterlo,
Emma, ti devo molto, in quanto padre, per aver reso felice mio figlio e in
quanto re per aver portato sulla retta via qualcuno che il mio regno aveva
ragione atemere.- Emma arrossì fino ad
arrivare alla temperatura della combustione istantanea. –Tutti e due i miei
figli sono nati per diventare re, ma solo uno di loro avrà la possibilità di regnare
su Asgard. Thor sarebbe un ottimo sovrano, ma in lui predomina lo spirito del
guerriero ed essere sovrano richiede di distaccarsi il più possibile dai
sentimenti per pensare solo al bene del proprio regno; Loki, contrariamente, è
dotato di pazienza e di un carattere riflessivo per natura, ma non sarebbe
capace di essere un buon re, non da solo. Posso solo augurarmi che tu sarai al
suo fianco quando dovrà compiere il grande passo.-
Emma rimase a bocca aperta, completamente
esterrefatta dalle parole del dio, e non riuscì a controbattere niente,
lasciandolo uscire dalla stanza senza una parola.
Si scosse dopo qualche secondo, precipitandosi a
far bere la fiala a Loki, senza perdere altro tempo. Dopo qualche minuto, in
cui Emma si accorse che il sangue aveva preso a scorrere molto meno velocemente
fuori dalla ferita, Jarvis la informò di come la macchina avesse iniziato a
lavorare con risultati positivi.
Per la prima volta, quel giorno, Emma si lasciò
andare ad un sorriso speranzoso.
-Se avessi un corpo ti abbraccerei, Jarvis.-
-Ripetimi cosa ha detto mio padre.- le domandò per
la milionesima volta Thor, rigirandosi il suo Mjolnir tra le mani.
-Thor, te l’ho già detto, almeno dieci volte.
Risparmiami l’undicesima.- borbottò Emma, mettendo in bocca una cucchiaiata di
yogurt –una delle poche cose sopravvissute in cucina- e alzando gli occhi al
cielo. Insieme a Jane, aveva appurato che Loki era fuori pericolo e, dopo
averlo portato nella sua camera miracolosamente sopravvissuta, aveva deciso di
concedersi una doccia e una parvenza di cena.
-Non può averti detto solo questo.-
La ragazza aveva scosso le spalle, ma in fondo si
sentiva un po’ in colpa: aveva tenuto Thor allo scuro sulla discussione con
Odino riguardo chi avrebbe regnato e chi no, ma non si sarebbe mai imbarcata in
una spiegazione suicida e il dio del tuono sembrava già abbastanza confuso di
suo.
-Non capisco come mai non sia venuto a parlare con
me.- si lamentò nuovamente, suscitando uno sbuffo a Jane e un borbottio a
Natasha.
-Sei tu quello moribondo?- gli domandò la rossa,
ormai anche lei allo stremo delle forze. Un lungo taglio ancora fresco le
rigava la guancia, ma lei sembrava non farci caso.
-Lascia perdere, Nath. Non c’è alcuna possibilità
per nessuno di noi.- sussurrò ironica Jane, anche se nella sua voce si sentiva
chiaramente il conforto che provava nel sapere che tutto era finito. Emma era
venuta a sapere che la battaglia era terminata poco dopo l’arrivo di Loki, non
appena Cap era riuscito ad uccidere il capo delle streghe: dopo quel momento,
esse erano cadute una dopo l’altra e il tutto era finito più velocemente di
come era iniziato.
Sia Steve che Bruce, da inguaribili pessimisti
quali erano, continuavano a dire che l’esercito era troppo piccolo e che,
sicuramente, non le avevano uccise tutte. L’unica cosa di cui erano
assolutamente certi, tuttavia, era che non le avrebbero riviste per molto,
molto, molto tempo.
-Speriamo che riescano a riparare il circuito
elettrico.- sussurrò Emma, guardando astiosa il suo vasetto di yogurt. –Sto morendo
di fame e ho voglia di una bistecca al sangue.-
-Non ne hai già visto abbastanza di sangue oggi,
sorellina?-
Lei fece spallucce. –Non si rifiuta mai una
bistecca.-
Ad un tratto, l’attenzione di Nath fu attirata
dalla porta –divelta- della cucina e, infatti, poco dopo apparve Bruce, con uno
dei suoi rari sorrisi stampati in faccia.
-Ce l’abbiamo fatta!- esclamò, mentre Emma e Jane
emettevano un sospiro di sollievo.
-Questa sera avrete tutti un’ottima cena,
ragazzi!- disse l’astrofisica, mentre Emma annuiva di gusto. –Natasha, Bruce,
mi accompagnate a fare la spesa? Credo che ci serviranno parecchie braccia.-
Emma spalancò gli occhi, e tirò per un braccio la
sorella, portandola leggermente in disparte. –Ti prego, portatevi dietro anche
Thor: non credo sopporterei un’altra richiesta di spiegazioni.-
Jane rise. –D’accordo, sorellina. Consideralo fatto!-
-Grazie!- le disse, prima di prendere una scatola
di biscotti, sicuramente ridotti in briciole, e portarli con sé nella stanza di
Loki, dove era costretta a risiedere. E non si trattava solamente del fatto che
voleva stare giorno e notte accanto a lui, ma anche perché la sua stanza era
completamente saltata in aria, con tanto di vestiti compresi nel pacchetto. E lei non aveva più nulla da mettersi.
Non appena entrò nella stanza, si assicurò che
fosse rimasto tutto come un’ora prima, poi si sedette a terra, di fianco al
letto dove dormiva Loki. Aprì il suo pacco di biscotti e iniziò a
sgranocchiarli, meditabonda: dopo la fiala miracolosa, ci erano volute solo un
paio d’oreprima che Jarvis le
comunicasse che il dio era pronto per essere rimosso dalla macchina e,
effettivamente, le ferite si erano quasi totalmente richiuse; purtroppo aveva
perso moltissimo sangue e, a quanto pareva, anche gli dei potevano essere messi
K.O. da una ferita del genere. Tuttavia, Emma era abbastanza convinta che si
sarebbe ripreso in fretta e le guance più rosate ne erano la conferma.
Ridacchiò tra sé e sé nel pensare alle facce buffe
che avrebbe fatto il suo Loki una volta che si fosse reso conto che era stato
quasi ucciso e, per di più, colpito alle spalle, ma smise subito non appena si
ricordò di un fatto molto particolare: lui, il giorno prima, l’aveva lasciata.
Ed Emma non era convinta che una volta ripresosi avrebbe cambiato idea.
-A cosa è dovuto quel sospiro?- domandò una voce
poco sopra di lei, che la fece sobbalzare.
Emma si alzò di scatto e il suo sguardo incontrò
due occhi incredibilmente verdi. La ragazza si rese conto con piacere che
sembravano molto più arzilli rispetto all’ultima volta che li aveva
aperti.–Io.. nulla. Ti sei svegliato.-
disse, risultando terribilmente banale anche alle sue stesse orecchie.
-A quanto pare..- rispose lui infatti, ma sulle
labbra gli spuntò un sorriso. –Credo di dover essere aggiornato. Cosa ci faccio
qui?-
-Beh.. eri stato ferito e la macchina della
rigenerazione non funzionava, così tuo padre è arrivato con la fiala e la
ferita, perdevi un sacco di sangue, si è rimarginata; non so come, ma la
tecnologia di Asgard è migliore, quindi presumo che..-
-Fermati!- esclamò lui, mentre Emma affogava in
quegli occhi verdi e pensava che sarebbe volentieri affogata in Loki, senza
pensarci due volte. –Per quanto mi ritenga molto arguto, non sto capendo una
parola.-
La ragazza si morse le labbra, mentre un intenso
rossore le imporporava le guance. Si sentiva come le prime volte che si era
ritrovata ad avere una conversazione con lui: la voglia di fare una bella
impressione, la paura di annoiarlo e, allo stesso tempo, il desiderio di
esprimergli quello che voleva dire con frasi che avevano un senso, ogni volta
senza riuscirci.
-Emma?- la riprese, vedendo che non rispondeva. –
Non occorre che tu stia seduta sul pavimento.-
Quel tono di semi-rimprovero fece rinsavire la
ragazza, che si alzò e si sedette su un angolino del materasso. Si vedeva che
non aveva idea di come comportarsi?
-Puoi anche occupare più di un centimetro
quadrato. Non sono fatto di cristallo e inizio a sentirmi veramente bene.-
-Uhm.. - borbottò la ragazza, agitandosi sul posto
e non muovendosi di un millimetro. –Non credo sia conveniente.-
Loki alzò un sopracciglio. –E’ per quello che ti
ho detto ieri sera? Non lo pensavo realmente, ero parecchio arrabbiato. Emma?-
aggiunse, quando lei non gli rispose per qualche secondo.
Emma rimase interdetta. Stava dicendo che le aveva
fatto passare ore ed ore di pena e disperazione per una bugia detta da
arrabbiato? Che il panico, la rabbia e la disperazione che le avevano dato le
sue parole erano state inutili?
-Non vuoi sapere cosa è successo?-
Il sopracciglio del dio si alzò all’inverosimile.
–Si, ma il passato non cambierà, posso aspettare. Invece tu, se aspetterai
ancora un po’, scivolerai giù dal letto.-
-Va bene così?- rispose lei, un po’ troppo brusca,
dopo essersi tolta le scarpe e essersi seduta a gambe incrociate.
Loki alzò gli occhi al cielo, scocciato dalla
testardaggine della ragazza, e poi cercò di alzarsi anche lui, al fine di
arrivare con gli occhi all’altezza di quelli di lei. Tuttavia, non appena
accennò a fare un movimento di troppo, gemette e si accasciò sul materasso con
gli occhi serrati.
Emma scattò in avanti, afferrandogli le spalle.
–Stai fermo, cosa ti salta in mente? – esclamò, terribilmente stupita da quel
gesto. –Non sei a letto da nemmeno ventiquattro ore e già vuoi alzarti?-
-Ti ricordo che sono un dio.- borbottò quello,
prendendo un grosso respiro e riaprendo gli occhi.
-Ti ricordo che sei stato trafitto da una scheggia
da parte a parte. Dobbiamo ringraziare che tu sia ancora vivo.-
-Dobbiamo?-ghignò Loki, prendendole i polsi e tirandola verso di lui. Emma cadde
sul suo petto e gemette per la sorpresa. –Mi sembrava di capire che fossi
arrabbiata.-
-Lo saresti anche tu.- ribatté lei, arrossendo
data la vicinanza tra i loro volti. Solo qualche altro centimetro e le loro
bocche si sarebbero sfiorate.
-Oh, ma io lo sono.-
-C-cosa?-
-Dimentichi che ti ho trovata a combattere da sola
contro una di quelle stronze. E che
stavi per essere uccisa. Dato che tua sorella era nel laboratorio, devo
presumere che tu te ne sia uscita di tua spontanea volontà.-
La ragazza alzò gli occhi al cielo, ma notò con un
misto di sorpresa e piacere di come Loki avesse appreso il gergo Starkiano.
-Sono dettagli. Non sarebbe dovuto importarti.-
sussurrò lei, cercando di divincolarsi dalla presa del dio. Ovviamente lui era
troppo forte, anche se convalescente. –Avanti Loki, lasciami andare..-
Il dio ghignò e, con una spinta, la portò di
fianco a lui impedendole di alzarsi. –Allora ci ho azzeccato. Per quale motivo
l’hai fatto?- le domandò, mentre le passava un braccio attorno alla vita,
facendole aumentare i battiti del cuore. Imbarazzata, distolse lo sguardo,
decisa a non rispondergli.
-Emma?- la richiamò dopo qualche secondo. –Non è
perché abbiamo litigato, vero?-
-Ero arrabbiata.-
Loki lanciò un’imprecazione e diede un pugno al
materasso che fece sobbalzare la ragazza. –Stupida ragazza, cosa diavolo ti è
saltato in mente? Volevi forse farti uccidere?-
-Volevo uccidere lei.- ribatté Emma, facendo
spallucce e cercando di non incontrare gli occhi adirati del dio degli Inganni.
–Ed è quello che ho fatto.-
Loki rimase in silenzio per qualche istante,
sorpreso. –L’hai uccisa tu?-
-Si.- annuì. –Con il tuo scettro.-
-Sei proprio una sciocca. Smettila di rischiare la
vita.- le sussurrò stringendo le labbra, prima di avvicinarsi e baciarla.
Emma sobbalzò, mentre sentiva la familiare e
ritrovata sensazione di avere le labbra di suo marito sulle proprie. Le fecero
venire un brivido, incontrollato, che la obbligò a stringersi ulteriormente al
corpo di lui, cercando un contatto maggiore.
-Ti fa male?- sussurrò Emma staccandosi
leggermente dal compagno, per riuscire a guardarlo negli occhi.
Lui la strinse maggiormente a sé, sebbene Emma
notò come cercasse di evitare di premere sulla parte ferita. -Non essere sciocca.-
-Non sono sciocca. Sono preoccupata.-
-E ti trovo adorabile-
le disse, sorridendo leggermente e sospirando vicino alle sue labbra.
E quando Loki sorrideva e la definiva adorabile,
Emma sapeva che il suo corpo e la sua mente non avrebbero resistito mezzo
secondo di più. Dopotutto, si disse,
tornando a baciarlo, abbiamo così tanto
tempo da recuperare che è inutile aspettare ancora.
Solo io posso trovarti
Solo io
E inginocchiarmi
Solo io, per innalzarti
Mio sole mi senti
Solo io
Da quante lune
Solo io
Ti aggiusto il cuore
Solo io
Io sono un'ombra
E tu, e tu sei il sole
Angolino dell’autrice:
Salve a tutti! Posso finalmente dire che questa fanfiction
è conclusa: ci sarà un piccolo extra che ho voluto scrivere per rendere un
piccolo omaggio ad un grandissimo attore e perché, lo ammetto, mi sono
terribilmente affezionata ai personaggi.
Ad ogni modo
spero come al solito che questo capitolo vi sia piaciuto e che mi farete sapere
cosa ne pensate.
Era una
bella giornata di sole. Emma Foster poteva vederlo chiaramente dalla vetrate
dell’Avengers Tower, finalmente riparata dopo quasi tre mesi e milioni spesi in
imprese di edilizia.
Ovviamente,
lei, sua sorella Jane e i loro compagni, Loki e Thor, erano rimasti con il
resto degli Avengers per aiutarli e lei era fiera di dire che avevano
contribuito all’impresa. Thor aveva facilmente deciso di rimandare il ritorno
ad Asgard –era affezionato alla Terra più di quanto Emma immaginasse.- ma erano
rimasti tutti sorpresi quando Loki si era dimostrato perfettamente d’accordo a
trattenersi ulteriormente.
-Da i
numeri?- aveva detto Tony Stark, fissando Emma con tanto d’occhi. Lei aveva
fatto spallucce, mentre Loki si era limitato a lanciargli un’occhiataccia,
suscitando ulteriormente la sorpresa generale.
Jane, a cui
solamente Emma si era confidata su ciò che le aveva detto Odino, era convinta
fosse proprio per evitare il padre adottivo che il dio non aveva fretta di
tornare sul mondo nel quale era cresciuto. D’altronde il Padre di Tutto aveva
dimostrato un affetto decisamente profondo aiutandolo e andando contro le sue
stesse regole, dimostrando a Loki ciò che aveva sempre segretamente desiderato.
Ed ora lui non sapeva quale atteggiamento mantenere, per cui faceva
semplicemente finta che non fosse mai accaduto.
A distanza
di tre mesi, sebbene le occasioni fossero state molte, Emma non lo aveva mai
sentito iniziare il discorso e lei non era intenzionata a farlo.
La ragazza
fece un sospiro, continuando a fissare il cielo privo di nuvole, e sentendosi
profondamente legata ad esso, alla Terra stessa: non si era mai resa conto di
amare profondamente e inequivocabilmente il suo mondo finché non lo aveva
lasciato. Ed era certa che per Thor e Loki fosse lo stesso.
Tony,
qualche giorno prima, aveva annunciato di voler indire una festa per la
ricostruzione dell’Avengers Tower –e, lei sospettava, per celebrare la loro
vittoria e la scampata catastrofe-, sottolineando come sarebbe stato un evento
che avrebbe coinvolto moltissimi personaggi di successo e suscitando lo
scontento in Pepper, la quale avrebbe dovuto organizzare
l’evento. Emma aveva conosciuto la fidanzata di Tony solo qualche giorno prima
e, inizialmente, si era fatta prendere dal panico: non ricordava quel volto e,
per quanto si sforzasse, non riusciva a far riemergere nessuna immagine della
donna dai capelli biondi e dal viso dolce e paziente; solo dopo qualche minuto,
si era resa conto che non l’aveva mai conosciuta
e allora si era lasciata andare alle presentazioni e alle battutine sarcastiche
sul multimiliardario –battutine che egli non sembrava avere per nulla
apprezzato.-
La ragazza
venne distolta dalle sue riflessione dal bussare alla porta dietro di lei; alzò
un sopracciglio, chiedendosi chi fosse, dato che si erano dati tutti
appuntamento qualche piano più in basso, da dove si sentiva provenire la
musica.
-Avanti.-
sussurrò, e la porta si aprì, lasciando entrare Loki, decisamente elegante nel
suo completo giacca e cravatta. Emma si prese qualche secondo per guardare suo
marito: i lineamenti spigolosi e duri lo facevano sembrare così differente dal
fratello che Emma si chiedeva come non avessero fatto a capire di non avere lo
stesso sangue; inoltre Thor era tanto impulsivo quanto Loki riflessivo, tanto
il primo amava essere sempre in movimento quanto il secondo prediligeva un buon
libro.
-Sei pronta?
Il tizio robotico ha detto che Stark ci sta aspettando.- disse il dio, alzando
gli occhi al cielo, palesemente scocciato di dover partecipare “ad un evento
mondano di dubbia importanza” e che sarebbe stato “borioso oltre ogni dire”.
Parole testuali.
-Si chiama
Jarvis. E si, sono pronta.- rispose, guardando in basso. Per quella sera aveva
scelto un vestito estivo, verde acceso –le aveva ricordato immediatamente gli
occhi di Loki.-, con la gonna a balze che le arrivava appena sopra al
ginocchio.
Loki alzò un
sopracciglio e scosse leggermente il capo. –Non credo tu sia pronta.- le disse,
squadrandola letteralmente dalla testa
ai piedi. Emma arrossì. –Ti vedo scoperta.-
-E’ questa
la moda Midgardiana, lo sai. Non sono troppo scoperta.- fece spallucce e lo
superò, non senza sorridere di nascosto: Loki era diventato parecchio geloso
negli ultimi tempi ed Emma si divertiva a stuzzicarlo innocentemente, per
vedere come si avvicinava contrariato, cercando un contatto o come si
imbronciasse, assomigliando ad un bambino offeso. In realtà, Emma non avrebbe
mai ammesso quanto adorava quel rapporto giocoso che si era venuto a creare, ne
come amava le attenzioni che il Dio degli Inganni le stava dando, probabilmente
incoscientemente.
-Non essere
ridicola.- sbottò lui, infatti, seguendola suo malgrado.
Emma scoppiò
a ridere e prese il marito a braccetto. –Andiamo, Loki: come ci hai tenuto a
precisare una volta, hai visto tutto quello che c’era da vedere, che fastidio
potrà mai darti?-
-Oh, mia
cara, non capisci.- disse stringendole il braccio e conducendola verso la
festa. –Non è quello che posso vedere io che mi disturba: è quello che possono
vedere gli altri. O che possono
immaginare.-
La ragazza
rise più forte e gli posò un bacio sulla guancia. –Non c’è nulla di cui tu ti
debba preoccupare, caro il mio asgardiano.-
A primo
impatto, Loki non sembrava molto entusiasta della festa. In effetti, pensò
Emma, il salone era pieno zeppo di persone che non avevamai visto e, sebbene lei di certo fosse più
incline a fare nuoveconoscenze rispetto
al suo compagno, era parecchio a disagio dai numerosi sguardi puntati su di
loro: Loki aveva tentato di conquistare la Terra e ridurre tutti in schiavitù,
poi era tornato come eroe con una donna al suo seguito. Si, beh, la voce si era
sparsa parecchio velocemente.
Emma,
ricordando l’atmosfera della corte ad Asgard, alzò il mento e sorrise, cercando
di trattenere l’imbarazzo.
-Emma.- la
chiamò Tony, emergendo dalla folla, parecchio teatralmente.
-Piccolo
cervo.-
Loki lo
fulminò con lo sguardo e la ragazza trattenne una risata: in effetti, anche lei
pensava che la sua tenuta da combattimento fosse molto divertente. –Stark.
Sempre molto coraggioso, vedo.- gli rispose, guardandolo dalla testa ai piedi e
notando il suo completo rosso, probabilmente ritenendolo stravagante.
-Certo. Sei
adorabile, Emma.-
-Oh, lo sei
davvero!- esclamò Pepper, spuntando da dietro le
spalle del fidanzato e abbracciandola. –Lasciate stare i modi di fare da orso
di Tony: si sente importante ad essere al centro dell’attenzione. E’ un piacere
rivederti, Loki.- disse, tendendo la mano all’Asgardiano
che la afferrò e la strinse. –Jane e Thor sono arrivati poco fa. Stanno
parlando con.. alcuni ospiti.-
Emma alzò un
sopracciglio, chiedendosi il motivo del tono vago dell’amica, ma fu quasi
subito distratta dalla vista del banchetto. La sua pancia brontolò e si strinse
dalla fame, così lasciò il braccio di suo marito e si diresse verso la fonte
dei suoi desideri.
-Wow..-
borbottò, posando gli occhi sui piatti di frutta –fragole di un rosso mai
visto, ciliegie grosse come noci, pesche, prugne, ananas-, tramezzini e panini
da una parte, pizzette dall’altra, piatti di formaggi e calici di succo, punch,
champagne. La ragazza rimase qualche secondo a fissare il tutto, confusa.
-Ci sono
troppe cose per poter scegliere, non è vero?- disse una voce alla sua sinistra.
Emma alzò lo
sguardo, leggermente imbarazzata: non si addiceva molto ad una festa di quella
risma rimanere a fissare il buffet con la bava alla bocca. In particolare con
tutti quegli ospiti importanti e
interessanti che Tony e Pepper si erano dati la
briga di invitare.
-In effetti,
la decisione è ardua.-
Emma
trattenne il respiro chiedendosi, tristemente, con chi aveva avuto la sfortuna
di fare una figuraccia degna di questo nome. –Sono talmente tanto affamata che finirò
per non mangiare niente.- borbottò, alzando imbarazzata lo sguardo verso il suo
interlocutore.
-Se posso,
signorina, le consiglierei quei sandwich: sono magnifici.- disse lui,
sorridendole gentilmente e allungandosi per porgerle uno di quei sandwich. Emma
diede un morso, guardando di sottecchi l’uomo di fianco a lei: aveva come la
sensazione di averlo già visto da qualche parte, ma non riusciva ad afferrare
dove. Di certo era qualcuno di importante, forse un direttore di una qualche
impresa che aveva un contratto con le Stark Industries; o forse un qualche
amico plurimiliardario di Tony; o un qualche personaggio pubblico, anche se
Emma non aveva mai partecipato ad eventi in cui avrebbe potuto vederlo.
-Ha
ragione.- decise di rispondere dopo qualche secondo. –Comunque, sono Emma
Foster, piacere di conoscerla.-
-Oh, lo so.-
rispose lui, afferrandole la mano, sorprendendo non poco la ragazza. –La
conosco un po’ per fama e, in realtà, sua sorella Jane non ha fatto altro che
parlare di lei nell’ultima mezz’ora: Natalie è estasiata, non riesce a toglierle
gli occhi di dosso.- concluse, con una risatina, continuando a stringerle
energicamente la mano.
La ragazza
alzò un sopracciglio, stranita. –Natalie?- chiese, cercando di ricordare se
conoscesse una persona di nome Natalie.
-Natalie
Portman.-
… -COSA?-
esclamò Emma, mollando di colpo la sua mano e dimenticando, per un momento,
come lui non si fosse ancora presentato. –Natalie Portman è qui? Quella Natalie Portman?-
L’uomo
scoppiò a ridere di cuore, ma Emma quasi non se ne accorse: si era messa a guardarsi
intorno, le
guance rosse
e gli occhi che brillavano dall’entusiasmo. Natalie Portman era lì e Tony non
gliel’aveva detto??
Oh. Me la pagherà.
-Penso sia
ancora con Jane, in realtà, e con Thor. E ovviamente con Chris.-
Emma
spalancò ancora di più gli occhi, continuando a cercare gli oggetti dei suoi desideri in giro per la
sala. –Chris.. –
-Hemsworth.-
La ragazza riportò
lo sguardo di scatto sull’uomo di fianco a lei, trattenendosi dal gridare
dall’eccitazione. E si soffermò a fissarlo per un paio di secondi.
-Tu sei Tom Hiddleston!-
esclamò, quasi oltraggiata da sé stessa per non averlo capito prima: in
effetti, la forma del viso un po’ spigoloso, gli occhi chiari erano
inconfondibili; e la voce! Come aveva fatto a non accorgersene? –Oh, per Odino! Ti ammiro da morire e, oh,
adoro come reciti, sei bravissimo, perfetto e…-
-Mai ti ho sentita adulare qualcuno in
questo modo, mia cara.-
La voce,
comparsa improvvisamente vicina rispetto al brusio di sottofondo che riempiva
la sala, fece girare di scatto i due interlocutori, che si trovarono davanti a
quasi due metri di dio Asgardiano, decisamente
contrariato.
-Uhm..
Loki.- borbottò Emma, rendendosi conto che l’eccitazione le aveva,
probabilmente, annebbiato la ragione. –Posso presentarti Thomas Hiddleston? Lui è..- aggrottò le sopracciglia: non era
troppo convinta di come spiegargli la questione.
Fortunatamente,
Tom prese in mano la situazione. –E’ un vero piacere, Loki: non ci si può di
certo vantare tutti i giorni di incontrare un proprio personaggio e la sua
adorabile compagna.-
Ommioddio mi ha definita adorabile!
-Non so di
cosa tu stia parlando, umano, ma non sono incline ad ascoltare simili
stupidaggini.- rispose il dio, facendo venire la pelle d’oca ad Emma: non poteva insultare un attore di tale
calibro!
-Loki! Sii
un po’ educato, ti prego!- disse, guardando malissimo il marito. –Ricordi che
qualche tempo fa ti ho parlato di quel film ispirato alle vicende degli
Avengers in occasione di.. uhm.. il tuo precedente viaggio sulla Terra?-
Loki alzò un
sopracciglio e incrociò le braccia, irritato. –No.-
Certo che lo
sapeva: quando la tempesta di eventi aveva lasciato un attimo di respiro a
tutti loro, Cap si era dilungato su un discorso molto esaustivo sulla sua idea
sul mostrare al mondo chi erano davvero e i dettagli delle loro missioni e
delle loro vite private. Emma, dopotutto, si era trovata d’accordo: Jane aveva
avuto la brillante e intelligente idea di tenerla fuori da quella storia, per
cui si era ritrovata senza una controparte sul grande schermo; tuttavia, vedere
quel gran figo di Thomas Hiddleston interpretare la
parte di Loki non aveva avuto prezzo.
-Beh, Tom ha
recitato in quel film. E la sua parte.. eri tu.- disse, tornando a sorridere
all’attore in questione, notando solamente in quel momento come assomigliasse
al suo Loki, se solo si fosse fatto crescere di più i capelli e fosse stato più
alto di qualche centimetro. E più corrucciato. –E’ stato fenomenale.
Sballottamenti vari compresi, da quel che mi dicono.-
Tom scoppiò
a ridere, ed Emma si sorprese nel pensare quanto sembrasse educato anche nel
ridere. –Oh, Tony non ha risparmiato commenti, non è così?-
-Non c’è
pericolo che si sia lasciato sfuggire commenti taglienti.-
-Tipico di lui.-
Tom scosse le spalle, tornando a concentrare la
sua attenzione sul dio poco più dietro di loro. Tale dio, d’altro canto, non
sembrava altrettanto deliziato o incline alla conversazione, ma Emma sperò
riuscisse a mantenere un contegno: l’opinione dei terrestri su di lui era
cambiata, perché farla tornare quella di prima?
-Sono davvero molto onorato di conoscerti. Come
dicevo prima, sono pochi gli attori che possono vantarsi di poter conoscere i
loro personaggi, in particolare se essi sono dei.-
Loki fece un sorrisino soddisfatto e malizioso.
–Dato l’entusiasmo di Emma, devo presumere che la tua recitazione sia stata soddisfacente.-
affermò, avvicinandosi di un passosfiorando il fianco della ragazza con un braccio, un gesto che sarebbe
potuto sembrare casuale a tutti tranne che ad Emma.
La ragazza annuì, soddisfatta. –Si, è fenomenale!-
-Non esagerare!- rise l’attore, tornando a fissare
Loki. Cavolo se erano simili: entrambi avevano il viso affusolatoe gli occhi chiari; tuttavia, se
l’espressione di Tom era gentile e affabile, quella di Loki era neutra, tanto
che nemmeno Emma avrebbe potuto dire a cosa pensava.
-Ad ogni modo,- disse Tom, dopo qualche secondo,
-credo che anche gli altri sarebbero entusiasti di conoscervi.-
Emma seguì con lo sguardo il braccio dell’attore e
vide, tra la folla, la testa bionda di Thor e il suo completo grigio spiccare
di fianco al vestito lilla di Jane. Si avviarono in quella direzione e, dopo
qualche passo, la ragazza poté finalmente vedere un’altra chioma castana
–Natalie Portman, sicuramente- e Chris Hemsworth che
si fronteggiava con la sua controparte reale.
Non appena sua sorella la vide, con a fianco Loki
e Tom, le rivolse un sorriso a trentadue denti. –Emma! E’ Chris!- esclamò,
facendola scoppiare a ridere di cuore.
Emma, quella sera, era stanchissima, ma
soddisfatta. La festa era continuata sino a notte fonda e si erano tutti
divertiti tantissimo: Jane aveva anche alzato un pochino il gomito, ma era
riuscita a non andare fuori di testa, anche se aveva causato la gelosia
sfrenata di Thor gettandosi più volte addosso a Chris. Ci era voluta tutta la
testardaggine di Emma per fargli capire che il sentimento che provava la
sorella per l’attore era puramente platonico.
Aveva visto anche Bruce e Nath divertirsi
parecchio anche se solo tra di loro: Emma era sempre più convinta che quei due
si sarebbero messi insieme prima o poi. La chimica che avevano era innegabile.
Inoltre, fortunatamente per lei, era riuscita ad
evitare quasi del tutto di scatenare qualche genere di sentimento negativo in
Loki, ben poco propenso a stare in mezzo a tutta quella massa di umani: in
realtà, secondo Emma, si era divertito anche lui. In particolare quando Tom e
Chris si erano messi ad imitare i due fratelli, inventandosi un qualche genere
di litigio riguardante Mjolnir.
Fu interrotta dai suoi pensieri da due braccia che
la avvolsero da dietro.
-A cosa pensi?- le sussurrò Loki all’orecchio,
facendola sorridere dolcemente.
-A questa sera. Mi sono divertita un sacco.-
Lui mugugnò, posandole un bacio sul collo che la
fece rabbrividire. –Ho notato.- borbottò.
-Oh, non sarai mica geloso di Tom, spero!
Praticamente non lo conosco!- aggiunse, quando sentì che non le rispondeva. –E’
un bell’uomo, certo, ma accidenti, io ho un dio!-
Loki si staccò, lasciandola libera di girarsi.
Ridacchiò vedendo la sua faccia imbronciata e pensò che, dopotutto, sapeva
essere estremamente dolce quando voleva.
-Mmm..- sussurrò,
spingendolo all’indietro e facendolo sedere sul letto. –In realtà- gli disse,
sedendosi sulle sue gambe e facendo scontrare i loro nasi. –mi piace
principalmente perché interpreta te.-
Le labbra del dio degli Inganni si distesero in un
ghigno. –Com’è che dite voi qui? Ruffiana!-
Emma scoppiò a ridere, ebbra di gioia, e baciò suo
marito. –Ti adoro, Loki.-
-Lo so. Non potrebbe essere altrimenti.-
Angolino dell’autrice: Ecco la fine della storia. Con questo
capitolino extra volevo rendere omaggio al nostro meraviglioso Tom e, lo
ammetto, non riuscivo a staccarmi da questi personaggi: sto anche pensando di
fare un prequel, parlare cioè di come Emma e Loki si sono conosciuti e
innamorati, ma per ora è soltanto un’idea; nel caso, ve lo farò sapere.
Vi ringrazio
tantissimo per avere letto questa storia e per avermi supportata: mi sono
sentita davvero apprezzata.