ℳιѕтreѕѕ ⁓ 𝒶 𝓖olden𝓗eart ғairyτale #1

di marwari_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ⁓ ℂora ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***
Capitolo 3: *** Cap.3 ⁓ ℂora ***
Capitolo 4: *** Cap.4 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***
Capitolo 5: *** Cap.5 ⁓ ℂora ***
Capitolo 6: *** Cap.6 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***
Capitolo 7: *** Cap.7 ⁓ ℂora ***
Capitolo 8: *** Cap.8 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***
Capitolo 9: *** Cap.9 ⁓ ℂora ***
Capitolo 10: *** Cap.10 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***
Capitolo 11: *** Cap.11 ⁓ ℂora ***
Capitolo 12: *** Cap.12 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***
Capitolo 13: *** Cap.13 ⁓ ℂora ***
Capitolo 14: *** Cap.14 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***
Capitolo 15: *** Cap.15 ⁓ ℂora ***
Capitolo 16: *** Cap.16 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***
Capitolo 17: *** Cap.17 ⁓ ℂora ***
Capitolo 18: *** Cap.18 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***



Capitolo 1
*** Cap.1 ⁓ ℂora ***


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MISTRESS – a goldenheart fairytale

Guardò il numero rosso che lampeggiava sul display della sveglia: 4:49. Respirava piano, ascoltando il silenzio che avvolgeva il suo appartamento e, più in là, giù in strada, i pochi furgoni merce che depositavano i rifornimenti al Granny’s.

Era stanca, assonnata, eppure era sveglia, come sempre, a commiserare quella vita che non sembrava la sua.. Ma dopotutto che altro poteva fare? Anche se tutto le sembrava un vestito troppo stretto, doveva farselo andare bene, non c’erano alternative, non adesso, non lì.

La sveglia suonò, un gracchio ripetitivo e snervante. Lei la spense.

Sospirò, quasi annoiata, rassegnata a quella vita che faceva ogni giorno, senza interruzione, da quanto potesse ricordare. Ogni giorno sempre uguale, come un deja-vu costante senza possibilità di uscita.

Si sentiva costantemente trasportata da un vortice infinito, un vortice di imposizioni che le comandavano ogni singola azione da svolgere, un vortice di voci, che le dicevano cosa pensare, cosa dire o cosa doveva fare.. non c’era modo di liberarsene.

Cora si alzò controvoglia, scacciando quel pensiero della sua testa che, come ogni mattina, le suggeriva di rimanere a letto: sapeva che se lo avrebbe fatto una volta, poi lo avrebbe fatto sempre. Rabbrividì subito al contatto con il pavimento ruvido, color latte e seguì meccanicamente le mattonelle fino al bagno, si preparò, prese le sue pillole e per le 5:15 era pronta. Scendeva le scale alle 5:20, infilandosi una felpa mentre correva sui gradini, gli occhi concentrati a contarli e alle 5:30 apriva la saracinesca del retro del negozio.

Si sedette su uno scatolone lì vicino, gli occhi socchiusi a causa delle prime luci mattutine, sempre troppo bianche o azzurre per i suoi occhi e si perse a fissare il mondo che, immobile, le dava il buongiorno.

Non passò molto tempo prima che il consueto miagolio la facesse voltare, rivelando la gattina dal manto marrone chiaro che, orgogliosa, faceva tintinnare il campanellino blu che aveva al collo “Lilly” riportava e, come ogni mattina, reclamava la sua colazione. Cora non sapeva a chi appartenesse, ma era felice di quella compagnia che, puntuale, aspettava i rifornimenti del forno ogni mattina alle cinque e trenta in punto.

Le accarezzò a lungo il collo e le lunghe orecchie a punta, domandandosi che fine avesse fatto il furgone bianco che le faceva visita ogni giorno

«Tu che ne pensi?» domandò la donna, versando metà del contenuto di una bottiglia di latte in una ciotola che teneva sempre accanto al cancello. La gatta miagolò, fiondandosi subito sul suo pasto e leccando di gusto.

Cora sospirò rumorosamente per farsi compagnia, tendendo le orecchie al suono delle ruote che arrancavano sull’asfalto, lentamente, trascinando un pesante furgone sgangherato che gettava fumo scuro dal tubo di scappamento. Si alzò come una sentinella quando si fermò di fronte al cancello e aiutò il fornitore a scaricare la merce: non lo aiutava mai perché le andava di farlo, ma solo per controllare che ci fosse tutto quello che aveva ordinato, senza rischiare di essere imbrogliata come più volte era successo.

«C’è tutto.» disse infine, forse un po’ troppo forte, perché l’uomo grugnì, anche se tentava di fare finta di nulla.

Cora salutò la gatta, che già sgambettava sulle grondaie per attraversare le case, e rientrò nella bottega, cominciando a fare quello che faceva tutte le mattine: farina, acqua, uova, olio. Impasti, impasti di tutti i tipi.

Sgranocchiò un biscotto del giorno prima mentre sfornava tutti i dolci, i pani che sarebbero bastati fino a sera ed ordinò tutto quello che aveva preparato sul bancone, come se il profumo che sprigionavano potesse donare un buon risveglio a tutta la cittadina. Era soddisfatta di quello che aveva preparato.

Aprì la cassa, spolverò per terra e solo quando fu sicura che fosse tutto sistemato, aprì la saracinesca, sorridendo ai negozianti dirimpetto che, molto più tardi di lei, avrebbero aperto le loro attività. Sistemò le sedie fuori dal negozio, la panca, e scrisse sulla lavagna la torta del giorno, anche se sapeva che, forse, nessuno l’avrebbe comprata; non che gli affari andassero male, ma in una città come Storybrooke si sapeva quando un giorno era buono o meno per preparare torte speciali.. nonostante ciò, Cora lo aveva fatto.

Stava per rientrare nel negozio, tranquillamente, e sobbalzò quando vide Ruby, la nipote della proprietaria della tavola calda, correrle incontro, finendole quasi addosso

«Sono in ritardo!» si scusò la ragazza, fiatone e vestiti stropicciati addosso. Sembrava anche più stanca di lei, e anche se Cora non glielo aveva chiesto, sapeva che era stata alzata tutta la notte

«Le paste e le brioches sono pronte, vado a prenderle.» le rispose gentilmente, divertita dall’aspetto di quella ragazza. Non riusciva a ricordare una sola giornata in cui l’avesse vista arrivare tranquilla, rilassata e con l’aria di una che aveva dormito le sue otto ore standard.

Sistemata Ruby, seguirono altri clienti, per lo più bambini in procinto di andare a scuola e alla ricerca di una merenda e quando giunse il momento della pausa, si sedette stancamente ad una delle sedie all’esterno, osservando la pigra città che si muoveva come se fosse veramente al ritmo di quell’orologio, fermo da anni.

Fu in quel momento che, quasi per caso, notò una figura nera, che si distingueva dalle altre: soprabito scuro, capelli appena ingrigiti, bastone. Non c’era dubbio, era Mr Gold.

Cora si agitò subito e anche se non era sicura che quell’umo si stesse dirigendo da lei, si alzò in piedi e, pregando che non l’avesse vista, si infilò il grembiule appena imbiancato dalla farina e si sistemò dietro la cassa, come una fanciulla che temeva di essere sgridata dal genitore. Lo seguiva con lo sguardo: la boutique all’angolo, il negozio di ferramenta.. si fermò davanti alla sua vetrina. Cora fece finta di riordinare biscotti nell’espositore raddrizzando la schiena solo quando la campanellina attaccata alla porta tintinnò. Rimase un attimo immobile, come incantata, poi, come risvegliata da un sogno, gli sorrise

«Buongiorno Mr Gold.» disse cordialmente, mentre l’uomo si faceva strada nel negozio e davanti l’espositore, studiando ogni cosa che esso conteneva

«Buongiorno miss Meel.» gli rispose lui, dopo alcuni minuti; la sua voce tradiva un sorriso.

«L’affitto scade tra due settimane.» mormorò lei, intimorita: quell’uomo metteva paura a tutti e lei, anche senza una ragione ben precisa, lo temeva

«Non sono qui per l’affitto.» sibilò lui, sembrava infastidito da quella frase.

Cora si sentì mancare. Aveva fatto male a dirlo, ora forse si sarebbe vendicato in qualche modo.. perché aveva parlato? Eppure lui non si faceva mai vedere se non per riscuotere i soldi del mese. «Sono qui per la torta.» aggiunse con un rinnovato sorriso, premendo l’indice contro il vetro dell’espositore: la torta speciale del giorno.

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Capitolo 2
*** Cap.2 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***


 

Quella notte non voleva dormire. Si era ripromesso che, per una volta, una sola, avrebbe cercato di infrangere le regole.

Aveva chiuso il negozio, dopo le mansioni quotidiane che non potevano essere rimandate e, appena compiuti i suoi soliti doveri, si era precipitato nella grande villa, aveva chiuso a chiave e si era infilato a letto a dormire: quella notte doveva essere sveglio e avere della stanchezza arretrata, di certo, non avrebbe aiutato.

Era lì, Mr. Gold, imbottito di quella bevanda amara che tanto odiava, il caffè, che stava seduto su una poltrona in salotto, le luci ben accese, a fissare l’antico pendolo che aveva da poco aggiustato. Contava quasi i ticchettii della lancetta dei secondi, seguiva con lo sguardo i pesi che salivano e scendevano sotto la guida degli intricati meccanismi e aspettava. Aspettava che fuori qualcosa accadesse.

Si sentiva bloccato, e lo era, da più di dici anni, in quella cittadina congelata nel tempo e nello spazio.. e per dieci anni aveva vissuto secondo le regole, aveva compiuto gli stessi movimenti, divertendosi a registrare ogni piccola variazione del consueto copione. Erano come piccole correzioni all’interno di un libro in mano ad un lettore sempre fermo nello stesso capitolo. Non si girava mai pagina. Non si andava mai avanti.

Le regole erano chiare: rivivere le stesse giornate, senza rendersene conto.

Ma lui se ne rendeva conto. Lui era stato Rumpelstilskin un tempo e, ancora per cause ignote, era sfuggito a quest’ultima parte della maledizione.. lo credeva una salvezza, un tempo, ma ora non ci contava più.

Come poteva rimanere là, senza poteri, senza la forza necessaria per cambiare le cose? Come poteva salutare freddamente chi aveva conosciuto? Come poteva ricambiare i saluti di chi aveva odiato? Come poteva rimanere impassibile al sorriso di chi aveva amato?

Ci siamo, pensò: era quasi mezzanotte. Tutte gli avvenimenti più misteriosi e strani avvengono di mezzanotte.

Si sistemò quasi istintivamente sul ciglio del cuscino, gli occhi fissi sulle lancette.

Tutti dormivano a quell’ora, tutti tranne lui.. aveva infranto le regole.. non poteva ricordare una sola notte in cui non si fosse addormentato e non aveva mai avuto un così forte desiderio di capire il perché.. fino a quella notte.

Il pendolo suonò. Mr. Gold rimase in attesa, un leggero ghigno si formò spontaneamente sulle sue labbra mentre prendeva a contare mentalmente i secondi.. uno, due, tre..

Raddrizzò la schiena quando vide le lancette correre, come se una mano invisibile le stesse spingendo, dalla parte opposta, al contrario, velocissime.

Battè il pungo destro sul bracciolo della poltrona, arrabbiato, perché non era successo nulla di più e nulla di meno: le lancette avevano corso all’indietro sul quadrante; niente nuvole di magia che avevano attraversato le strade, nessun boato, nessun luccichio anormale. Si era svolto tutto nel più totale silenzio, senza alcun preavviso.

Quando rialzò lo sguardo sul pendolo, un sole stanco si stava facendo spazio tra le tende pesanti del salotto e il pendolo segnava le ore che, era sicuro, lo avrebbero perseguitato per sempre: 7.15

 

Alla fine, si era addormentato sulla poltrona. Non aveva alcuna voglia di andare ad aprire il negozio del banco dei pegni e se era riuscito ad infrangere le regole della notte precedente, sicuramente poteva infrangere le regole per il resto della giornata.

Sospirò, incredulo dei suoi stessi pensieri.

Era vero: in quella vita vuota non c’era ragione visibile per continuare a fingere, eppure la speranza che un giorno tutto sarebbe tornato al proprio posto, era un pensiero potente, tanto potente da riuscire a farlo alzare dalla poltrona.

Inciampò nel suo bastone, e per poco riuscì ad impedire la caduta. Afferrò con forza il pomello d’oro e strinse gli occhi, per un istante che parve eterno.

Un giorno, si ripetè, un giorno.. mi libererò del bastone. Un giorno potrò incenerire tutti quelli che ho odiato, un giorno non dovrò più fingere indifferenza, un giorno potranno a temermi per quello che sono.. un giorno.. un giorno.. lei si ricorderà.

Aprì gli occhi e davanti a sé il mobilio della sua casa gli diede un silenzioso buongiorno. Era una casa vuota e buia, troppo persino per lui. Per tanti anni aveva desiderato una compagnia, la sua,  ma per via di quel mondo era stato costretto ad adeguarsi.

Perché? Forse il motivo era che temeva le conseguenze. Forse perché temeva che la sua speranza gli venisse sottratta.

Si trascinò fino alla sua camera, il corpo pesante non solo per la stanchezza e con lentezza si preparò, si vestì e prese la macchina, dirigendosi al negozio di pegni.

La giornata si svolse come aveva previsto: pochi passanti che, fuori in strada, si voltavano dall’altra parte nell’assurda convinzione che le leggere veneziane li preservassero dai suoi occhi, lo scuolabus carico di bambini urlanti che passava nella strada parallela e i soliti clienti in cerca di oggetti perduti di un passato che nemmeno ricordavano.

Come di consueto, gli orologi che ticchettavano all’interno della bottega trillarono, segnalandogli che era giunta la pausa pranzo. Non aveva voglia nemmeno di mangiare.

Come poteva continuare così, giorno dopo giorno, vedendola solamente una volta al mese, con il volto spaventato, che gli rivolgeva solo qualche sorriso di cortesia? Come poteva vivere sempre la stessa giornata, ancora e ancora, come tutti gli altri, con la sola differenza di esserne consapevole? Forse prima o poi sarebbe diventato matto.

Si guardò attorno circospetto, quasi temesse si essere fermato da qualche forza invisibile e serrò la mano attorno al pomolo della porta.. non avrebbe dovuto farlo. Lo girò. Una folata di vento freddo, tipico del Maine, lo investì, facendolo quasi indietreggiare. Era un monito?

Osservò la strada, cercando in quel vento qualcosa di leggibile, una forma, un’ombra colorata di magia, ma non vide niente. Fissò il vuoto, come per sfidare la sorte.

Poteva infrangere le regole: lo aveva già fatto.

Puntò il bastone sul marciapiede e, chiudendosi la porta del negozio alle spalle, cominciò a camminare spavaldamente per le strade di Storybrooke.

Non guardò in faccia nessuno, né i negozianti terrorizzati dietro i loro protettivi banconi, né i passanti che affrettavano il passo o abbassavano il capo nel vento, godendo di quella sensazione di superiorità non voluta che lo faceva sentire tanto importante quanto lo era prima.

Passeggiava con disinvoltura, evitando di rispondere ai mormorii di saluto che gli venivano rivolti ed ascoltando il piacevole ticchettio del bastone sull’asfalto grigio del marciapiede. Oltrepassò la boutique all’angolo della strada ed osservò distrattamente i vari arnesi metallici sfoggiati dal ferramenta e si girò verso la vetrina della panetteria.

Sorrise quasi impercettibilmente nel vedere il profilo sfumato della proprietaria, quasi un riflesso irreale al di là del vetro; era indaffarata, ma forse era solo per dissimulare il fatto che lo avesse notato.

Mr. Gold si fece coraggio, attraversò la strada ed indugiò pochi istanti davanti alla vetrina ricolma di farina, spighe di grano e torte finte, per poi oltrepassare la soglia, facendo tintinnare la piccola campanella attaccata alla porta.

La osservò con discrezione mentre alzava lo sguardo, quello sguardo che ricordava fin troppo bene ma che non lo riconosceva, quelle labbro rosate che non gli rivolgevano di più di un sorriso di cortesia, forse persino spaventato.

«Buongiorno Mr. Gold.» sorrise di nascosto mentre sentiva quella voce, come se non la udisse da anni. In realtà era così, perché quella non era la voce a cui era abituato, non lo aveva mai chiamato così, e mai con quel tono.. ma, dopotutto, si doveva accontentare. Si avvicinò all’espositore e, senza dire niente, prese a guardare i dolci sistemati in file ordinate

«Buongiorno miss Meel.» le disse infine, mentre ancora stava sorridendo. Respirò una volta, due, poi si decise a parlare: aprì la bocca, alzò lo sguardo, ma fu subito costretto a tacere

«L’affitto scade tra due settimane.» mormorò lei, il tono basso e tremolante. Perché aveva paura? Se solo avesse ricordato…

«Non sono qui per l’affitto.» Mr. Gold era irritato da quella frase: non aveva fatto nulla per meritarsi quelle parole, non in quel momento almeno e non aveva mai fatto nulla, mai, perché lei, proprio lei dovesse temerlo.. era forse quella cittadina, o gli abitanti, che la spingevano a farlo?

Indurì involontariamente lo sguardo, ma subito ridistese la fronte corrugata… di certo non voleva spaventarla ancora di più. Guardò a lungo quel viso preoccupato, quegli occhi penetranti che lo fissavano in cerca di una soluzione che era in grado di dare solamente lui. Le sorrise nuovamente, nel modo più gentile possibile e, senza distogliere lo sguardo da lei, premette l’indice sul vetro lucido dell’espositore «Sono qui per la torta.» ricordava bene la prima volta che aveva assaggiato quel dolce, ne ricordava il gusto, la consistenza, ricordava il profumo e anche quel pomeriggio assolato al castello.

Non si accorse che la donna lo stava guardando con aria perplessa, quasi potesse vedere dentro la sua testa.. forse stava cercando di ricordare? Forse, una vocina nella sua testa, le diceva qualcosa che non era in grado di carpire?

Sospirò piano, spostando il peso del corpo dalla gamba malandata, il bastone saldo tra le mani. Cora, se solo ti ricordassi di me…

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Capitolo 3
*** Cap.3 ⁓ ℂora ***


Le sue mani tremavano appena mentre tagliava abbondantemente una fetta dalla torta, aggiungendo delle nocciole extra sul piattino. Doveva dirgli che offriva la casa? O era una cosa ovvia?

Posò il piattino sul bancone, facendo cozzare la ceramica sul marmo lucido.

«Prego, può accomodarsi dove vuole, Mr. Gold.» mormorò sfoggiando il più sincero sorriso possibile. Si pulì le mani sul grembiule, come se avesse la farina tra le dita.. lo faceva solamente in due casi: dopo aver finito di impastare o quando era nervosa, a volte, l’abitudine si era talmente radicata dentro di lei che non se ne accorgeva neppure.

Lo seguì con lo sguardo mentre si sedeva ad uno dei tavolini interni e subito dopo si domandò cosa avrebbe dovuto fare. Avrebbe dovuto cominciare a parlargli? Chiedergli com’erano andati gli affari al negozio? Starsene in silenzio e non aggravare le cose? Tornarsene nel retro a creare altri prodotti e lasciarlo in pace?

Mille erano le domande che le frullavano in testa e zero le risposte che riusciva a trovare. Se ne rimase ferma lì, dietro al suo bancone infarinato, temendo di passare per una stupida.. ma nemmeno quello fu sufficiente per farla smuovere

«Signorina Meel, come vanno gli affari?» deglutì a fatica, felice ed intimorita allo stesso tempo da quella domanda

«Abbastanza bene.» rispose titubante, chiedendo disperatamente aiuto a qualche passante diretto al suo negozio ma che, vedendo l’ospite già all’interno, tornava sui suoi passi lesto come una lepre «Anzi meglio dello scorso mese.» aggiunse con un lieve sorriso. Forse doveva continuare il suo racconto parlandogli del fornitore che aveva tentato di imbrogliarla ed era stato smascherato, del nuovo latte che usava per i dolci e dell’affare che aveva colto nell’acquistare chili e chili di zucchero ad un prezzo stracciato.. ma probabilmente a lui non importavano quelle cose.

«Anche io non me la passo male, posso dire.» Cora cercò di ricordare se era mai stata al suo negozio dei pegni. Una volta, due? Non riusciva a richiamare quel pensiero alla mente. Tacque. «Dovrebbe venirmi a trovare al negozio, qualche volta.» Mr. Gold continuava a mangiare come se fosse una normalissima conversazione. Sì, lo era in effetti. Ma non poteva dire di aver intrattenuto o di conoscere gente che aveva mai portato avanti una conversazione normale con quell’uomo. Tutto quello la rendeva nervosa.

«Ho sempre così tanto lavoro da sbrigare, che..» si morse il labbro: era diventata mazza, per caso? Contraddire Mr. Gold? Socchiuse gli occhi e prese un breve respiro, ringraziando che fosse girato e non potesse vedere la sua espressione «Verrò senz’altro.» si corresse prontamente, ma lei stessa sapeva che probabilmente non ci avrebbe mai messo piede, se non per un’emergenza.

Mr. Gold, dal canto suo, sembrava aver compreso la sua bugia, ma non disse nulla e Cora ne fu felice.

La donna approfittò del suo silenzio per pulire minuziosamente le vetrine degli espositori, stando ben attenta a non infastidirlo troppo: l’ultima cosa che voleva era spezzare quella calma apparente che sembrava aver preso possesso del temuto ed irascibile Mr. Gold. Eppure, anche se lo vedeva seduto al tavolino, tranquillo a gustarsi la sua torta e a sgranocchiare nocciole, sentiva che dentro di lui qualcosa era in movimento.. era come una tempesta pronta ad esplodere, ma Cora non ne voleva essere la causa né essere nei paraggi, se, e quando fosse successo.

Voleva liberarsi in fretta di quella sensazione di inquietudine, eppure non voleva liberarsi di quell’inatteso ospite.

Si ritrovò ferma con la mano sullo straccio appoggiato alla vetrina, ma quando si accorse di aver assunto un’espressione pensierosa e distratta, era già troppo tardi: Mr. Gold la stava osservando con la coda dell’occhio e Cora poteva giurare di aver scorto un sorriso. Aggrottò le sopracciglia sorpresa mentre si ricomponeva, dandogli le spalle e sistemandosi un ciuffo di capelli bruni dietro l’orecchio sinistro.

«Mi chiedevo..» Cora inciampò nei suoi stessi piedi nell’udire quella voce. Non si aspettava certo di essere di nuovo interpellata e, dopo l’imbarazzo provato solo pochi secondi prima, il suo unico pensiero era quello di poter sparire in fretta.. a quanto pareva non era quello il momento.

«Sì..?» lo guardò con gli occhi spalancati, visibilmente tesa per il fatto che non sapesse dove sarebbe andato a parare. Mr. Gold posò la forchetta nel piatto, allontanandolo sa sé con la punta delle dita verso il centro del tavolino – la superficie della ceramica era completamente pulita.

«Mi chiedevo..» ripetè, prima di sospirare e voltarsi verso di lei «Se..» continuò. Spostò le gambe da sotto al tavolo e recuperò il bastone, che puntò con forza in un punto tra le sue due scarpe; le mani erano strette sul manico d’oro come se dovesse alzarsi, ma non lo fece. A quel punto Cora era curiosa, voleva sapere quale magnifico mistero stava facendo tentennare il potente Gold.. forse qualcosa che non andava con il negozio? Ma perché lo diceva a lei? Forse qualcosa con il suo negozio.. ma non avrebbe mostrato troppa compassione, non lo aveva mai fatto, dopotutto. Cos’era dunque?

«Se..?» lo incalzò Cora, involontariamente compiendo un passo in sua direzione, poi si fermò, lo straccio umido stretto tra le sue dita. Si guardarono per un istante che parve eterno, poi, senza dire nulla, lui abbassò gli occhi, lasciando le labbra dischiuse.

«Nulla, non ci faccia caso.» mormorò lui, tornando seduto composto con lo sguardo perso oltre alla vetrina del negozio, forse all’orologio alla fine della strada.

La donna attese qualche minuto, la mente vuota: doveva riprovare? Forse chiedergli chiarimenti? Confessargli di essere curiosa? Rivelare i suoi sentimenti contrastanti per la sua presenza ed un comportamento che non aveva mai visto?

Si rifugiò nuovamente dietro al bancone, ma non fece nemmeno in tempo a rialzare lo sguardo che lui era già lì, davanti a lei, con una banconota in mano e lo sguardo fisso in basso

«Offre la casa.» gli sorrise sinceramente. Lui abbozzò un sorriso, le augurò buona giornata e Cora ricambiò. Rimessa la banconota in tasca, si diresse verso l’uscita, sparendo poco dopo oltre l’angolo del negozio.

La campanella attaccata alla porta tintinnava ancora.

Cora si sentiva in colpa per averlo interrotto e per averlo lasciato andare senza dire nulla: forse non avrebbe mai saputo cosa, Mr. Gold, stava per dirle.

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Capitolo 4
*** Cap.4 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***


Mr. Gold afferrò il piattino che la donna le porgeva. Nocciole in più al lato del piatto, pensò, ricordando malinconicamente quando erano nella Foresta Incantata, a Cora che, di nascosto, per fargli una piccola sorpresa, aggiungeva nocciole al suo dolce perché sapeva quanto a lui piacessero.

Anche se non ne aveva coscienza, si comportava come un tempo: premurosa nei suoi confronti, timida e fragile.. eppure così forte ed indipendente da sorprenderlo ogni giorno con qualcosa di nuovo.

«Prego, può accomodarsi dove vuole, Mr. Gold.» gli mormorò e lui ringraziò con un sorriso sincero. Osservò le sue mani pulite che scorrevano sul grembiule bianco.

È nervosa, pensò con un sorriso, convincendosi di esserne la causa e, forse non perché lo temeva come tutti gli altri: poteva essere nervosa perché lui era lì? Improbabile in quel tempo, in quella cittadina, ma possibile.

Zoppicò lentamente verso il tavolino, senza accorgersi nemmeno di aver fatto di tutto per non mostrarsi nemmeno per un secondo l’uomo claudicante che tutti conoscevano. Era vero: si sentiva emozionato e in difetto per aver infranto le regole ed essere corso da lei, ma dentro di sé si sentiva forte come quando era Rumplestilskin, nella Foresta Incantata, si sentiva potente ed invincibile e anche senza esserne cosciente faceva di tutto per dimostrare al mondo, o semplicemente a lei, quello che provava.

Anche se quel silenzio sembrava scrutarlo, insieme agli occhi scuri della proprietaria, gli dava modo di pensare a come iniziare a parlarle, forse a spiegare il motivo della sua visita, forse solamente per conoscerla meglio, sapere se era cambiata o se era rimasta sempre la stessa. Affondò la forchetta nel dolce, pensieroso, e ne gustò per un lungo istante il sapore caldo e familiare.

Il sole, l’erba, le lezioni fino a tarda notte, le nocciole sgranocchiate davanti al camino, gli tornò tutto alla mente in un breve ed intenso flash; sorrise e ne prese un altro boccone

«Signorina Meel, come vanno gli affari?» le chiese infine, la voce impostata che tradiva un leggero sorriso

«Abbastanza bene.» rispose lei tentennando. Mr.Gold alzò per un secondo lo sguardo fuori della vetrina e fu abbastanza per far cambiare idea ad uno degli abitanti intenzionato a comprare il pane per la sera «Anzi meglio dello scorso mese.» aggiunse lei sorridendo. Mr. Gold annuì interessato; avrebbe voluto che continuasse con il suo racconto, voleva sapere di più di lei, ma forse sarebbe risultato troppo insistente o curioso. Deglutì un altro boccone

«Anche io non me la passo male, posso dire. Dovrebbe venirmi a trovare al negozio, qualche volta.» propose con tranquillità, nonostante dentro di lui la tempesta stava infuriando: era incredibilmente nervoso, come se non l’avesse mai vista incontrata e lei fosse la sua cotta adolescenziale, come se lei fosse un giudice di una gara con un solitario partecipante. Aveva il cuore in gola, che martellava costantemente, si sentiva come sotti dei riflettori invisibili.. eppure voleva andare fino in fondo.

«Ho sempre così tanto lavoro da sbrigare, che..» disse lei ad un certo punto e lui si lasciò scappare un sospiro intristito «Verrò senz’altro.» si corresse subito dopo la donna, ma lui aveva capito che non sarebbe venuta. Come darle torto, dopotutto? Nessuno veniva mai al suo negozio se non per un’urgenza o un ritorno al passato irrefrenabile di un oggetto che solo lui possedeva, oppure se lui convocava e ogni volta che lo faceva era solo per le brutte notizie.

Si ricordava bene le uniche due volte che era entrata nel suo negozio: la prima era per chiedere di acquistare lo stabilimento fatiscente all’angolo della strada e farci una panetteria, la seconda cercava uno scialle e lo aveva trovato al suo negozio. Cora non si era mai chiesta perché non si fosse recata alla boutique vicina al suo negozio ed era andata da lui, ma lui ne era a conoscenza e l’unico motivo era che non stava cercando uno scialle qualunque, ma il suo, quello che le aveva regalato lui in una fredda giornata d’inverno.

Mr. Gold si era perso per un istante nei ricordi.. o forse per minuti interi, ma lei non sembrava da meno: era bella così, pensierosa, con gli occhi assenti e persi in chissà quale pensiero o mondo lontano, le labbra dischiuse e le dita in costante movimento; anche se era immobile, la sua figura conquistava ogni spazio, ogni luogo, ogni mondo.. ogni suo mondo, almeno.

La osservò con la coda dell’occhio mentre finiva il dolce e sgranocchiava l’ultima nocciola, il suo viso giovane che tradiva l’imbarazzo di una bambina e le sue maniere appena impacciate quando si trovava di fronte a qualcosa che non comprendeva e che la intimoriva anche solo un pochino. Forse lui sbagliava a temere così tanto quell’incontro, forse non era lui a dover rimanere a pensare tanto.. dopotutto lui era l’ufficioso capo indiscusso della città e lei.. beh, lei era Cora. Cosa poteva andare storto?

«Mi chiedevo..»

«Sì..?» i suoi occhi erano spalancati. Luccicavano. Forse di timore o forse di curiosità.. poteva sperare in qualcosa di più? Forse, se Cora avesse potuto leggergli nel pensiero, quello sguardo poteva solo dire contentezza ed impazienza..

Lui le sorrise fiducioso. Spostò il piattino al centro del tavolino e ripose con calma la forchetta al centro della ceramica bianca appena decorata

«Mi chiedevo.. se..» riprese, voltandosi in sua direzione e stringendo il manico del bastone tra le dita per l’agitazione. Il volto di Cora però si oscurò: temeva per qualcosa. Doveva rassicurarla? Andare avanti con la sua proposta sperando che le sue parole la tranquillizzassero?

«Se..?» Mr. Gold alzò lo sguardo su di lei. Avrebbe avuto quello sguardo preoccupato e timoroso per sempre, finchè sarebbe stata in sua compagnia?

Sospirò lentamente, tornando a fissare StoryBrooke muoversi lentamente, all’esterno del negozio; osservò le sue strade pigre, gli abitanti che correvano senza avere una meta, il sole stanco che si faceva a fatica spazio tra le pesanti nuvole cariche di pioggia..

«Nulla, non ci faccia caso.» mormorò affranto, cercando di coprire inutilmente il suo sentimento. Era la prima volta che desiderava che Cora si allontanasse da lui, solo per non vederlo affranto, solo perché non voleva farla sentire in colpa, o più intimorita di prima per aver fatto qualcosa di male nei suoi confronti.

Attese che si fosse girata per raggiungerla, frugando in tasca per una banconota ordinatamente ripiegata di 5 dollari americani. Entrambi erano in silenzio.

Mr. Gold sapeva che Cora non parlava perché aveva timore di commettere uno sbaglio, la capiva, ma non poteva fare a meno di desiderare una sua parola, qualcosa che gli confermasse che lei non lo aveva dimenticato, qualcosa che riportasse Cora, quella che aveva conosciuto nella Foresta incantata, da lui.

«Offre la casa.» disse lei. Era una frase di circostanza, ma il sorriso che l‘accompagnò, scaldò il cuore di Mr. Gold come avrebbero fatto mille parole. In fondo sapeva che Cora non se n’era andata veramente, era sotto quella maschera, da qualche parte e forse.. forse lui doveva solo trovare il modo per tirarla fuori.

Forse stava sbagliando. Forse doveva fare quello che aveva fatto la prima volta che l’aveva incontrata, forse doveva risvegliare la vecchia Cora. Sì, poteva farcela.. lui era Rumplestilskin, poteva fare tutto ciò che voleva.

Sulla strada del ritorno, Mr. Gold camminava a passo veloce, lo sguardo alto e fiero ed un sorriso dipinto sulle labbra; la frase che aveva in mente pochi minuti prima forse era troppo tradizionale per Cora, ma la ripeté fra sé e sé perché quello era stato l’inizio – anche se fallimentare – di un piano che aveva tutto a che fare con le sue antiche e perfette macchinazioni da Signore Oscuro. Non era andata come aveva pensato, ma era servito per fargli capire che la carta vincente sarebbe stata quella di cambiare strategia. Svoltò verso la macchina equando ci entrò, soffocò a stento un risolino acuto, mentre nella sua testa, quella frase che ora gli sembrava tanto stupida, continuava a tornare prepotente, mi chiedevo se le andava di cenare con me, una di queste sere.

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Capitolo 5
*** Cap.5 ⁓ ℂora ***


4:50.

Cora sbarrò gli occhi al suono della sveglia. Si sentiva il cuore in gola, come se a svegliarla non fosse stato un gracchio ripetitivo, ma piuttosto qualcuno che l’aveva scossa con violenza.

Si sentiva più stanca del solito e non capiva il perché.

Fece una smorfia mentre si metteva seduta sul letto, la sua stanza che, per un lungo momento, vorticò attorno a lei; ricordava di non aver chiuso occhio per molte ore, la sera prima, ma capirne il motivo.. quella era un’altra storia: era come se avesse sognato per tutto il tempo e le ci vollero minuti interi per ricordare Mr. Gold, la torta, quella strana chiacchierata e la sua uscita malinconica dal negozio. Ricordava anche il senso di vuoto nello stomaco che l’aveva accompagnata per tutto il giorno fino a notte.

Eppure tutto era confuso, come avvolto da una nebbia surreale che aveva annebbiato i suoi ricordi, come se Cora non fosse sicura, al cento per cento, di averlo vissuto o di averlo semplicemente sognato o immaginato. Desiderato, forse..? No, impossibile. Quello, almeno, si poteva escludere.

Si alzò meccanicamente, andò in bagno, si vestì, prese le pasticche e scese in negozio. Era in ritardo e, forse per la prima volta, il camion dei rifornimenti era arrivato prima di lei. Lilly la guardava dal tetto muovendo la coda, indecisa se avvicinarsi o meno a causa del rumoroso tubo di scappamento.

Ormai era evidente: la giornata non era iniziata nel migliore dei modi.

Si sistemò distrattamente la felpa sulla spalla e tirò su la lampo, sistemando ordinatamente tutti i sacchi di farina che le erano stati consegnati; dieci minuti dopo aver pagato, era già al lavoro, la mente altrove..

Cercava in tutti i modi di capire se Mr. Gold era davvero entrato nel suo negozio, se davvero avevano parlato tranquillamente, se davvero gli aveva offerto la sua torta e se davvero si era mostrato quasi.. umano, davanti ai suoi occhi, solo a lei, al riparo da tutti gli altri cittadini di Storybrooke..

«Cora!!» Ruby stava insistentemente bussando sul vetro del negozio e, senza aspettare che le dicesse nulla, spalancò la porta entrando di gran fretta

«E’ tutto pronto.» rispose la donna con un sorriso, ma non disse nulla di più. Ruby lo notò, ma non le chiese altro, sparendo con i dolci in mano.

Avrebbe dovuto confidarsi con Ruby? Avrebbe dovuto dirle di quegli strani déjà-vu che ogni tanto le capitavano? Avrebbe dovuto chiederle se, anche a lei, capitava di non comprendere con esattezza se una cosa fosse successa veramente o l’avesse solo sognata? Probabilmente no: Ruby avrebbe risposto di sì.. per poi incolpare le feste, le scorribande notturne e il troppo alcool.

Sospirò frustrata, aspettando che la cittadina, piano piano, si risvegliasse.

Cora buttava l’occhio sul grande orologio appeso sulla parete di fronte al bancone. Controllava l’orario ogni volta che un cliente entrava o usciva e anche se, si ripeteva, non ne aveva motivo, temeva che, una volta passate le due del pomeriggio, Mr. Gold le avrebbe di nuovo fatto visita.

Forse sarebbe diventato anche lui un cliente abituale?     
C’era qualcosa di sbagliato in quel pensiero, qualcosa che non sapeva spiegarsi.

Scrollò il capo, pendendo a lavorare con la prima cosa che si trovò vicino: riordinò le paste nell’espositore, le torte e il pane negli scaffali. Cercava con tutte le sue forze di non pensare a quell’uomo, di scacciare quel senso di agitazione che le stringeva lo stomaco, eppure più cercava di reprimere quel desiderio, più accresceva la sua voglia di rendere limpide le immagini del giorno trascorso. Come poteva la sua mente essere in tale asincronia con se stessa? A volta pensava di stare impazzendo.

Cora si ripulì le mani sul grembiule, perdendosi per minuti interi a fissare tutta la sua merce maniacalmente ordinata e, per un secondo, pensò perfino che quello non fosse il suo negozio: non era mai stato così in ordine.. forse si stava mantenendo occupata per evitare che quel ricordo la tormentasse? Non lo sapeva, non sapeva niente, eppure quella consapevolezza la infastidiva: come riusciva quell’uomo a metterla in agitazione anche quando non era presente? Perché il suo volto ritornava prepotente nei suoi pensieri? Perché se tentava di ricordare il giorno precedente, quelle immagini si sfocavano sempre di più, come se avesse vissuto, quei pochi minuti, anni prima?

Ciò che la irritava di più era non capire, non avere una soluzione, una spiegazione per tutto quello.

Sospirò nuovamente, dirigendosi con passo veloce verso la vecchia radio che teneva in un angolo dimenticato; girò le manopole accuratamente, finchè il fastidioso rumore statico non si trasformò in parole, poi in musica distorta e infine in una delle sue canzoni preferite.

“La nuova hit” aveva annunciato il presentatore. Alzò il volume quando sentì le prime note riempire l’aria e prese la scopa, accertandosi che fuori, le strade, fossero deserte.

Per minuti interi riuscì a distrarsi, canticchiando allegramente e, quando ebbe finito, raddrizzò la schiena, appoggiando la mano al manico ligneo e seguendo con il labiale le parole della canzone

“Is the love that I found
Ever since you’ve been around,
Your love's put me on the top of the world”

Fu in quel momento che udì il trillo della campanella attaccata alla porta.. Ma non si stava aprendo. Si stava chiudendo.

Cora arrossì visibilmente quando, girandosi, vide Mr. Gold che la fissava con un sorriso divertito, le mani elegantemente posate sul manico dorato del bastone e un’espressione che non aveva mai visto sul viso di quell’uomo, come se fosse in attesa di qualcosa – un qualcosa che non erano soldi o firme o garanzie.

La donna si bloccò mentre le note della canzone scemavano e, come se persino la radio avesse intuito la situazione, venivano interrotte da sottili intermittenze, fino a far scomparire del tutto il segnale, lasciando solo un lieve ronzio.

«Posso aiutarla, Mr.Gold?» Cora aveva deglutito e appoggiato la scopa da un lato, cercando di far finta di niente. Come suo solito si era rifugiata dietro al bancone e, allungando i braccio, aveva spento bruscamente la radio

«Sì.» rispose lui, avvicinandosi a lei con tranquillità. Non disse altro e la donna si sentiva in dovere di chiedere altro.. ma cosa? Cosa poteva desiderare? La torta? L’avrebbe chiesta. «Sono venuto a chiederle ciò che ieri non ho chiesto.» proseguì; Cora irrigidì la schiena: sapeva di aver sbagliato qualcosa ma, ripensandoci, non ricordava cosa.

«Cosa voleva chiedermi?» tentò la donna con un filo di voce. Forse era quello, forse lo aveva interrotto..

«Volevo invitarla a cena, mia cara.» disse e il suo sguardo era deciso. Mr. Gold non era un tipo che scherzava.. e non sembrava avere l’intenzione di cominciare proprio in quel momento.

«No.» Cora lasciò che le parole uscissero da sole dalle sue labbra.. pentendosene subito dopo. Aveva contraddetto il padrone della città? Il proprietario della sua casa e del suo negozio? Aveva sfidato l’uomo che temevano tutti, dal primo all’ultimo, in quella cittadina?

«No?» Mr. Gold sorrideva. Non era infuriato? Non l’aveva ancora minacciata? «Audace.» commentò semplicemente «Stavo per proporle di venirla a prendere stasera, non appena avrà chiuso il negozio.. ma se rimane della sua idea..» quel sorriso sardonico non accennava a lasciare le sue labbra. Cora non rispose, sapeva di aver sbagliato ad avergli detto di no, eppure correggersi non le sembrava giusto.. era come mentirgli e, forse, allora, si sarebbe arrabbiato.

«Philipe» disse d’un tratto Mr. Gold, dopo un attimo di silenzio. La guardò a lungo, Cora non sapeva cosa pensare, cosa domandare o rispondere; quando lui se ne accorse, raddrizzò la schiena, rialzandosi a quel piccolo inchino che le aveva rivolto. «Il mio nome, può chiamarmi così. Credo che se lo sia guadagnato.» lei lo fissò mentre se ne usciva dal negozio, il portamento fiero e lo sguardo soddisfatto.

Cora rimase immobile, senza parole: quelle frasi le ronzavano in testa, come se le avesse già sentite, proprio dalle sue labbra.. ma quella doveva essere solo una sua sensazione. Il pensiero di quelle parole venne sostituito celermente da un altro più impellente.. Si sentiva obbligata ad assecondare ogni sua richiesta, come tutti in quella città, anche la più assurda. Mai credeva che Mr. Gold, un giorno, l’avrebbe invitata a cena, eppure c’era una parte di lei che non era affatto dispiaciuta da quell’obbligo che, in realtà, non percepiva come tale. Era curiosa, affascinata da quell’uomo che non si era dimostrato né cattivo, né brusco, né oscuro come chiunque lo descriveva.

Cora sorrise, non era agitata: anche se gli aveva detto di no, qualcosa dentro di lei le diceva che quella sera stessa, lui si sarebbe presentato e lei ne sarebbe stata felice.

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Capitolo 6
*** Cap.6 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***


Mr. Gold si svegliò alle 7.15 in punto. Era stranamente agitato quella mattina.

Non aveva timore per qualcosa, non stava pensando alla conversazione del giorno trascorso, ben vivida nella sua mente.. stava pensando ai piani dell’altra sera, quelli su cui aveva meditato assiduamente, per ore, prima di andare a dormire.

Aveva un piano ben preciso, sapeva esattamente come muoversi e cosa dire.. aveva pensato a lungo e alla fine aveva optato per la soluzione più semplice.. quella che, alla fine, sarebbe stata quella più efficace: doveva farle ricordare, doveva mostrarle come si erano conosciuti, cosa li aveva spinti l’una tra le braccia dell’altro, doveva far sì che Cora ricordasse chi era veramente.. non la figlia del mugnaio, bensì la ragazza intraprendente che sognava il potere, la magia e l’amore.

Si vestì accuratamente quella mattina, prese la camicia borgogna che non aveva quasi mai messo – da che si ricordasse – e il completo marrone scuro, lucidò persino il manico del suo bastone prima di uscire e mettersi alla guida della sua Cadillac.

La giornata trascorse velocemente come ogni giorno, Mr. Gold ricordava perfettamente chi sarebbe giunto, a che ora, cosa avrebbe chiesto e, più o meno, anche le esatte parole che avrebbe usato. Aveva sentito talmente tante combinazioni, durante quegli anni, che poteva prevedere qualsiasi cosa.. tranne quello che avrebbe fatto lui.

Aveva scoperto di avere il potere di fare la differenza, non doveva per forza stare ad un copione fisso in attese del fantomatico miracolo che tutti, inconsciamente, stavano aspettando, non doveva fare niente di tutto quello che aveva fatto in quegli anni se non era lui a volerlo, poteva vivere una vita sua, a differenza di tutti gli altri e, magari, se il suo piano avesse funzionato, liberare da quella maledizione anche Cora. Non doveva far altro che seguire il suo istinto, fare ciò ce sentiva, senza dare troppo nell’occhio.

Sospirò, piegando le labbra in un sorriso e si diresse velocemente nel retro bottega; superò il filatoio impolverato, sfiorò il fascio di paglia dorata che teneva su un ripiano legato da un nastro rosso e si diresse zoppicando dietro al tavolo da lavoro, facendo scorrere l’occhio esperto fra le decine di pergamene arrotolate ed ingiallite dal tempo. Ne sfilò accuratamente una e la distese sul tavolo. Sorrise malinconicamente ne ricordare quella notte in cui Cora l’aveva firmata, le promesse, la speranza di un futuro insieme e, infine, i sogni infranti. Ma poteva cambiare tutto quello.

Ripose il contratto in mezzo agli altri e pochi istanti dopo era per strada, diretto alla panetteria all’angolo della strada.

 

Mr. Gold era da minuti interi rifugiato in un punto ottimale che gli permetteva di osservare l’interno del negozio senza però essere notato. Le strade erano deserte e il silenzio fu suo alleato per immaginare come fosse vestita, cosa stesse pensando, cosa avrebbe fatto una volta che l’avrebbe visto nel suo negozio, una volta che avrebbe udito quello che le doveva dire.

Quando prese abbastanza coraggio, entrò nel negozio. C’era un’allegra melodia che riempiva l’aria e Cora sembrava saperne ogni parola.

Mantenne la porta aperta per qualche minuto perché la campanella non la distraesse e continuò ad osservarla, i suoi capelli lunghi che si muovevano, il piede che si muoveva al ritmo delle note di quella canzone e le sue labbra che ne seguivano le parole. La trovava carina, Mr. Gold, quasi come se fosse tornata una ragazza qualunque della Foresta Incantata.

Perfetta, pensò con un sorriso mentre i suoi occhi ne seguivano ogni movimento. Era perfetta lei, nel suo grembiule sporco di farina e i capelli appena imbiancati, gli occhi luminosi e il sorriso sulle labbra; era perfetta quella canzone, che anche se non si riferiva direttamente alla loro storia, ne era un perfetto riassunto e, in qualche modo, aveva colpito Cora; forse non era riferita al loro passato insieme, ma poteva essere riferita a quel presente che avrebbero potuto condividere a Storybrooke. Mr. Gold voleva pensare che il motivo per cui Cora la stava ascoltando, ne sapesse le parole e si muovesse al suo ritmo, non fosse solo la melodia orecchiabile e che trasmettessero solo quella melodia da, ormai, settimane intere.

Lasciò la presa sulla porta quando Cora aveva preso a cantare a voce alta. Se ne dispiacque subito: forse avrebbe continuato a cantare se avesse ignorato che lui era alle sue spalle e la osservava.

Non era pentito di averla guarda a lungo e non poteva far finta di essere imbarazzato. Optò per un sorriso compiaciuto che non gli venne difficile e poggiò con calma le mani sul bastone. Cora era rossa in viso e lui la trovava estremamente graziosa.. esattamente come la prima volta che l’aveva vista.. anche se in quell’occasione non era affatto arrossita.. forse non l’aveva mai vista arrossire in vita sua.

«Posso aiutarla, Mr.Gold?» gli rivolse una voce appena spezzata dall’imbarazzo. Era forse ancora tesa a causa che proprio lui fosse nel negozio? O che l’avesse colta in un momento del genere? Lui le sorrise amabilmente e quando lei, posando la scopa e spegnendo la radio, si rifugiò dietro il suo bancone in cerca di protezione, Mr. Gold la raggiunse in pochi istanti con passo deciso

«Sì.» le disse semplicemente, continuandola a scrutare come se le avesse rivolto una domanda. In realtà cercava nei suoi occhi qualche segno, qualche indizio.. in fondo era stata lei ad utilizzare proprio quelle parole.. ma forse erano veramente inconsapevoli: quale negoziante non aveva mai rivolto parole simili ad un potenziale cliente? «Sono venuto a chiederle ciò che ieri non ho chiesto.» disse allora, senza cercare frasi più morbide e senza giri di parole. Non era forse così che si erano incontrati?

«Cosa voleva chiedermi?» domandò lei, la voce ancora titubante. Sembrava cercare nei meandri della sua mente qualche risposta, ma era impossibile indovinare cosa: forse stava cercando di ricordare il giorno prima, forse la sua vita passata

«Volevo invitarla a cena, mia cara.» sorrise infine, parlando con tutta la serietà di cui era capace. Le aveva rivolto un’espressione persuasiva e stava pazientemente attendendo la sua risposta.

Nel mentre, le immagini del loro primo incontro scorrevano davanti ai suoi occhi: l’aveva messa alle strette e lei era stata costretta ad accettare.. ora non vedeva il motivo per cui agire diversamente

«No.» rispose lei bruscamente, anche se i suoi occhi la stavano tradendo: la sua voce era decisa, il suo sguardo impaurito e quasi mortificato. Forse la sua mente e il suo inconscio parlavano al posto suo quando lui rievocava il passato? In fono come poteva essersi dimenticata del loro primo incontro nella torre?

La osservò a lungo. Mr. Gold sapeva che lei si aspettava di essere rimproverata, minacciata o forse lasciata per strada da un momento all’altro.. eppure lui non era affatto arrabbiato.

«No?» domandò, più a se stesso che a lei. In realtà lui era felice, ma non poteva darlo a vedere.. lei era l’unica che gli aveva detto di noi, era stata l’unica nella Foresta Incantata ed era l’unica a Storybrooke. Lei era sempre stata diversa, l’aveva sempre affascinato per questo.. «Audace.» commentò compiaciuto «Stavo per proporle di venirla a prendere stasera, non appena avrà chiuso il negozio.. ma se rimane della sua idea..» si trattenne a stento dal rivolgerle una delle sue risatine acute. Tutto quello lo stava intrigando, dalla sua risposta al suo ostinato silenzio, dal suo timore a quel sorriso che era celato – lo sapeva – dietro quello sguardo impaurito.

Davanti alla sua caparbietà di non dirgli niente, nemmeno chiedergli scusa come avrebbero fatto tutti, lui piegò la schiena in un piccolo inchino «Philipe» esclamò, forse un po’ troppo forte rispetto a come si era immaginato. Rialzò lo sguardo solo per vedere i suoi occhi appena smarriti. “Cosa?” risuonò nella sua testa, la sua voce.. in quel momento non lo aveva detto, ma era come se lo avesse fatto. «Il mio nome, può chiamarmi così. Credo che se lo sia guadagnato.» Mr. Gold non aggiunse altro: girò i tacchi e se ne andò dal negozio a testa alta, raddrizzando le spalle soddisfatto. Lei non poteva vederlo, ma il suo sorriso gli aveva illuminato il viso ed era felice come non lo era da anni.

Forse era vero, non lei non ne era consapevole.. ma lui aveva ritrovato la sua vecchia Cora. E sì, nonostante gli avesse detto di no, quella sera stessa avrebbe acceso i fanali della sua Cadillac non appena la saracinesca della panetteria sarebbe stata abbassata. L’avrebbe osservata con un leggero sorriso dal vetro lucido e senza dire nulla l’avrebbe convinta a salire sulla sua macchina. Non avrebbe mai rifiutato, non avrebbe detto di no ancora una volta, non a lui.. dopotutto non ne era mai stata capace.

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Capitolo 7
*** Cap.7 ⁓ ℂora ***


Cora non faceva altro che pensare a ciò che aveva vissuto. Aveva sbagliato un paio di volte a dare il resto a dei clienti ed era più che sicura che non avesse salutato almeno tre persone mentre uscivano dal suo negozio. Si sentiva completamente persa nei suoi pensieri, dove ricordi di Mr. Gold si alternavano con immagini sfocate di sogni che non ricordava nemmeno di aver fatto: ricordava delle spighe d’oro, ricordava dei vestiti bianchi e altri rossi, ricordava una melodia che non riusciva a ricollegare a nessuna delle canzoni che aveva ascoltato in radio.

Era diventato tutto un mistero per lei, da quando Mr. Gold era giunto nella sua panetteria a chiedere una fetta di torta.

Guardò nuovamente l’orologio e un senso di inquietudine le serrò lo stomaco quando notò che si erano quasi fatte le sette di sera. Gli altri negozianti stavano spazzando o riordinando le ultime cose, alcuni avevano già spento le luci ed altri stavano armeggiando con le chiavi arrugginite delle saracinesche.. presto avrebbe dovuto farlo anche lei.

Attese ancora qualche minuto prima di uscire in strada alla luce debole del lampione e prese a spazzare senza troppa cura, buttando spesso l’occhio sugli angoli della strada in cerca della Cadillac scura di Mr. Gold: si aspettava di vedere la vettura comparire con tutta calma dalla strada principale, rallentare in prossimità dell’orologio e far uscire un Mr. Gold vestito di tutto punto. Magari anche che sfoggiasse il suo accessorio più misterioso: il suo mezzo sorriso compiaciuto.

Non c’era niente di tutto quello.

Sospirò, profondamente combattuta, poiché una parte di lei era sollevata dalla sua assenza e già pensava alla serata tranquilla passata sul letto a guardare la vecchia tv in bianco e nero in compagnia di un gelato, l’altra parte di lei invece era quasi delusa per lo stesso motivo.. in un certo senso era certa che lui si sarebbe presentato e lei si sarebbe sentita in dovere di rifiutare, o accettare, la sua proposta - quello non lo aveva ancora deciso.

Diede un’ultima occhiata in strada e notò che il sole stanco del Maine aveva avuto fretta di rifugiarsi oltre le case più basse; non poteva ritardare ancora a lungo la chiusura del negozio, dunque riordinò le ultime cose, sistemò la cassa e preparò i soldi per l’indomani mattina, per poi uscire all’esterno e stringere le dita sul ferro freddo della serranda. Era una sensazione strana, ma era come se, dopo quel gesto, sapeva che sarebbe successo qualcosa. La abbassò. Chiuse il lucchetto e, di scatto, si voltò.

Si accorse ben presto di stare osservando il nulla e proprio mentre stava per darsi della stupida e girarsi per prendere le scale metalliche e tornarsene a casa, venne investita dalla luce proveniente da due fanali.

Alzò il braccio sorpresa, poggiandolo sulla fronte, cercando di capire chi fosse e cosa volesse, ma i suoi occhi erano come accecati.

«Miss Meel.» la luce si spense. Lei però ancora non riusciva a vedere bene. Solo una sagoma. Non era nessuno che conosceva.. chi a Storybrooke aveva capelli ricci e occhi grandi e luminosi e la pelle lucida come cristalli dorati?

No. Socchiuse appena gli occhi e dopo aver sbattuto un paio di volte le lunga ciglia, capii di essersi immaginata tutto: era Mr. Gold

«Mr. Gold?» chiese lei titubante. Sentii un passo e il picchiettio del bastone, poi un altro passo.

«Non esattamente, mia cara..» oramai riusciva a vederlo bene. Gli sorrise, appena insicura davanti a quel sorriso che gli increspava le labbra

«Mr. ..Philipe.» si corresse lei e l’uomo annuì, chiudendo per un istante gli occhi

«Meglio, cara.» rimasero per un lungo istante a fissarsi, poi Mr. Gold parlò per primo

«Sono venuto a prenderla.» disse semplicemente, ruotando il busto di tre quarti ed indicando la vettura scintillante con la mano ben aperta.

Cora fissò per un attimo l’uomo, poi la macchina. Aveva le labbra dischiuse, la mente in subbuglio e in quell’intricato labirinto di supposizioni, domande e pensieri, non riuscì a triarne fuori nemmeno uno. Doveva dirgli un’altra volta di no? Doveva dirgli che aveva impegni? Eppure, non poteva ingannarlo in quel modo: per prima cosa non le sembrava giusto mentirgli e per seconda cosa.. lui sapeva tutto di tutti, sarebbe venuto a sapere della sua bugia in un modo o nell’altro.

«Io.. veramente..» balbettò con un filo di voce, abbassando per un attimo lo sguardo

«Una breve uscita al Granny’s. Saremo di ritorno entro mezzanotte. Mi faccia compagnia.» il suo sguardo era sicuro e determinato, non avrebbe accettato un “no” come risposta. Cora si sentiva quasi scavare l’amina, leggersi dentro, come se, per lui, lei non avesse segreti. Forse era per quello che tutti lo temevano? Avevano la stessa sensazione?

«Non ho i vestiti giusti.» deglutì e gli rivolse un sorriso appena accennato

«Aspetterò.» disse Mr. Gold, ritornando alla sua macchina e appoggiando la schiena allo sportello del guidatore. Non la stava più guardando, ma non faceva differenza.

Cora si sentiva come in trappola e più tentava di resistergli, più si sentiva vicina a lui.

Aveva quello strano potere su di lei, un potere che non riusciva a spiegarsi.. aveva la capacità di farle vedere tutto con occhi nuovi, anche le sicurezze che aveva da sempre. Dove avrebbe dovuto fuggire, lei rimaneva; dove avrebbe dovuto assecondare senza fare domande, nella sua mente sorgevano mille ed uno pensieri e le sue labbra parlavano per lei. Forse era una maledizione, forse un dono speciale.. in entrambi i casi, non poteva controllarsi.. era come se qualcuno la muovesse con fili invisibili.. eppure ogni decisione che stava prendendo, in cuor suo, sapeva essere giusta.

Salì velocemente le scale, prendendo il primo vestito che trovò, anzi, l’unico che possedeva e si guardò a lungo allo specchio.

Se aveva scelto un locale come il Granny’s probabilmente aveva ben altri scopi di una cena romantica, forse era solo un pretesto per parlare di affari e i suoi atteggiamenti erano atti solo a confondere la sua mente, come faceva con tutti.. tutti.. sì, lo avrebbero saputo tutti. Cosa avrebbero pensato gli abitanti di Storybrooke? E poi.. le importava veramente? In fondo era l’unica panetteria esistente e Granny’s si riforniva da lei.. se ognuno di loro avrebbe cominciato a fare a meno di pane e dolci, allora, sarebbe diventato un problema suo.

Sospirò mentre ritornava indietro, rifugiandosi velocemente nella macchina di Gold. Si sentiva quasi in imbarazzo con quel vestito addosso che non aveva mai avuto occasione di indossare, in quel piccolo luogo al suo fianco ed evitò di rivolgere lo sguardo verso di lui.

Perché avesse accettato era un mistero, prima di tutto per lei.. forse quella sera, come tutte le altre, non aveva niente da fare, forse era impaurita dalle conseguenza di un rifiuto, forse era affascinata dal mistero che circondava quell’uomo, l’oscurità che tutti vedevano e quella strana luce che riusciva a scorgere solo lei.. forse, semplicemente, Mr. Gold le assomigliava più di quanto non riuscisse a comprendere e lei, in quel caso, non voleva lasciarlo solo.

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Capitolo 8
*** Cap.8 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***


Mr. Gold non aveva alcuna intenzione di ritornare al negozio e, infatti, non lo fece. Ridacchiò al pensiero di quel pochi clienti che avrebbero dovuto recuperare le loro cose e avrebbero ritrovato il negozio chiuso. Poco male, pensò divertito, torneranno domani e non se ne ricorderanno nemmeno.

Si avviò verso la stradina in cui parcheggiava la sua Cadillac ed accese il motore, dirigendosi con tutta calma verso casa: pensava ai regali che avrebbe potuto portare con lui, forse fiori o forse ricordi celati del loro passato, ma non gli venne in mente niente che non sembrasse sconveniente o troppo assillante. Sapeva che doveva mostrarsi convinto nelle sue azioni, per risvegliare lo spirito intraprendente di Cora, ma non doveva scordarsi che davanti a lui c’era un’altra persona che la teneva intrappolata.. non doveva esagerare, oppure avrebbe rischiato di rovinare tutto.

Mr. Gold era sempre stato l’uomo degli eccessi.. sarebbe stato complicato per lui riuscire ad equilibrare in modo perfetto la determinazione e l’insistenza, ma doveva riuscirci, in modo farle ricordare tutto con efficacia.

Quando si recò dal Granny’s, deviando dalla strada per casa, portò con sé il silenzio più tombale. Il locale, sempre affollato a tutte le ore del giorno, era ora ricco di persone spaurite e dagli occhi spalancati che cercavano aiuto nei loro vicini.. erano in attesa che lui si trasformasse in una bestia carnivora e li sventrasse tutti.. almeno era quello che si leggeva dai loro occhi. Lui rivolse a tutti un sorriso compiaciuto: sarebbe stato facile, in quel locale, far colpo su Cora.

«Voglio prenotare quel tavolo per stasera.» disse con voce ferma alla proprietaria, indicando il tavolo accanto alla finestra, al centro del locale. L’anziana donna annuii con un’espressione che tradiva il suo nervosismo «Verrò alle diciannove e un quarto.» la proprietaria annuì di nuovo.

Mr. Gold guardò tutti i clienti con un sorriso sardonico, poi piegò appena la schiena. «Buon pomeriggio, signori.» disse allegramente, per poi uscire accompagnato dal lento scampanellio della porta che si chiudeva alle sue spalle.

 

Aveva scelto in Granny’s perché era il locale entro i confini di Storybrooke che più assomigliava ad una taverna. Aveva considerato il fatto che Cora si sarebbe sentita a disagio in un locale che era il punto di ritrovo per molti degli abitanti della cittadina, ma per lo stesso motivo aveva pensato che, qualora si fosse sentita in imbarazzo, la vicinanza con la nipote della proprietaria, l’ambiente familiare e occhi amici che la scrutavano, l’avrebbero fatta sentire in un ambiente più protetto.     
Il Rabbit Hole era non era tra le opzioni: di certo non voleva dare un’impressione sbagliata: era pur sempre stato una persona di un certo stile.

Dopo una breve sosta a casa, dove si sistemò abito e scarpe, osservò soddisfatto l’orologio che aveva al polso: alle sette in punto era davanti alla panetteria di Cora. Il suo punto strategico, inoltre, si era rivelato tale; infatti riusciva benissimo ad osservarla senza che lei si accorgesse di niente.

Il suo piano si stava rivelando perfetto.

Alla luce fioca del tramonto sembrava ancora più bella. Aveva gli occhi persi e la fronte appena corrucciata, come sempre quando era immersa nei suoi pensieri.. voleva credere che fosse lui la causa di tale confusione.

Forse le sue maniere avevano ridestato qualcosa? Forse alcune parole avevano rievocato antichi ricordi? Poteva solamente sperarlo, senza però saperlo con precisione.

La osservò a lungo mentre spazzava, immaginando che le sue labbra si muovessero ancora al ritmo di quella simpatica canzoncina che sembrava tanto piacerle; quando terminò il suo compito, strinse le mani sul volante, pronto a mettere in moto e fare la sua entrata in grande stile che aveva preparato nella sua mente. Attese che Cora spegnesse le luci, che tirasse giù la saracinesca e che si voltasse.

Osservò per un lungo attimo quegli occhi neri che scrutavano le strade come in cerca di qualcosa e non appena vide un sottile barlume di delusione adombrarle il viso, accelerò senza pensarci due volte, investendola con la gialla luce dei suoi fanali.

Fece scattare lo sportello, spense la macchina e raddrizzò la schiena, appoggiandosi con più eleganza possibile al suo bastone.

«Miss Meel.» disse con voce impostata, rivolgendole un sorriso soddisfatto non appena vide il suo viso illuminarsi per la sorpresa, seppure per un solo istante

«Mr. Gold?» la sua voce era poco più che un sussurro, i suoi occhi ancora stretti. Lui scosse piano la testa

«Non esattamente, mia cara..» fece un passo verso di lei

«Mr. ..Philipe.» ritentò lei, indietreggiando appena. L’uomo annuì una sola volta

«Meglio, cara.» la osservò a lungo. Sorrise dei suoi occhi scuri e allo stesso tempo luminosi, sorrise delle sue labbra appena dischiuse che non sapevano interpretare i pensieri della sua mente in subbuglio, sorrideva delle sue dita, in costante movimento mentre si tormentavano a vicenda «Sono venuto a prenderla.» aggiunse poi, indicando con garbo la vettura al suo fianco.

«Io.. veramente..» balbettò la donna ma lui non le lasciò tempo per aggiungere altro

«Una breve uscita al Granny’s. Saremo di ritorno entro mezzanotte. Mi faccia compagnia.» Cercò di mostrarsi gentile, ma al contempo si munì di una delle sue espressioni più determinate: non doveva mostrarsi debole e, soprattutto, non avrebbe potuto accettare un altro rifiuto.. dopo quello che aveva fatto per lei, non poteva di certo tornarsene a casa da solo. Se non avesse insistito in quel momento, probabilmente, Cora non avrebbe mai più ricordato, lui si sarebbe arreso e ben presto la notizia che Mr. Gold era, in fondo, un essere umano come tutti gli altri avrebbe fatto il giro della città e lui avrebbe perso la fama, il potere e la superiorità che possedeva. Certo, avrebbe potuto essere un giorno come tanti e quella mossa sarebbe svanita nel nulla.. ma non poteva permettersi di rischiare.

Cora non poteva conoscere i suoi pensieri e le sue paure né, tantomeno, le sue ragioni.. eppure era come se lo stesse facendo. Un minuto di più e Mr. Gold sarebbe stato il primo a cedere sotto quello sguardo gentile e indagatore.

«Non ho i vestiti giusti.» fu la risposta che gli diede e Mr. Gold trattenne malamente un sospiro sollevato. Tentò nuovamente di far sembrare che quella frase non lo avesse minimamente toccato, come se fosse pronto ad udire quelle esatte parole dalle sue labbra

«Aspetterò.» disse semplicemente ed appoggiò la schiena allo sportello della Cadillac.

Non appena Cora sparì oltre le scale di metallo, l’uomo svuotò il petto con un profondo respiro. Non si era mai sentito così teso in vita sua, non aveva mai sentito una tale responsabilità gravare sulle sue spalle.. era stato tutto relativamente semplice per lui: quando desiderava qualcosa, nella Foresta Incantata, aveva i poteri ad aiutarlo, a Storybrooke chiunque che non voleva passare guai era disposto a servirlo totalmente.. ma Cora.. Cora era sempre stata un’altra storia. Aveva dovuto lottare per conquistarla, si era impegnato ed era riuscita anche a sfuggirgli.. quella volta doveva focalizzarsi solo su di lei, sul suo piano e su ciò che sarebbe stato meglio per farla ricordare.. non poteva permettersi errori.

Si voltò solo quando sentì il leggero rumore di passi sulla scala e non poté trattenere un lieve sorriso quando la vide arrivare, visibilmente imbarazzata in un vestito che non era abituata a portare, corto e nero che le fasciava perfettamente il corpo. Non le disse niente, aiutandola a salire in macchina.

Era felice che lei non potesse sentire il suo cuore, che quasi galoppava nel suo petto e che avrebbe fatto saltare la sua copertura da uomo impassibile, scaltro e potente in un batter d’occhio. Nessuno gli aveva mai fatto quell’effetto e nessuno mai ne sarebbe stato in grado.. lei era l’unica.

La osservò con la coda dell’occhio, le caviglie incrociate e le mani appoggiate sul grembo mentre osservava la città, illuminata da colorate scritte al neon, che scorreva oltre il finestrino. Forse gli ci sarebbe voluto molto tempo.. ma non gli importava: tutto quello che rivoleva era Cora al suo fianco, come una volta.
Non mi arrenderò.. finchè tutto il mondo non sarà ai nostri piedi..

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Capitolo 9
*** Cap.9 ⁓ ℂora ***


Cora cercava di non pensare a come si sarebbero svolte le cose una volta arrivati là: ci sarebbe stata Ruby, sua nonna e chissà chi altri avrebbe potuto incontrare. Le famiglie che venivano da lei in cerca di una torta nei fine settimana, i lavoranti che si fermavano da lei la mattina presto o chi comprava da lei il pane per la sera.. ci poteva essere anche ogni singolo abitante di Storybrooke al Granny’s, quella sera, e lei non era minimamente preparata a sostenere lo sguardo di nessuno di loro.

Quando Mr. Gold fermò la macchina infatti, si prese diversi minuti per se stessa, fingendo di cercare qualcosa di estremamente importante nella borsetta. Quando rialzò lo sguardo, l’uomo le aveva aperto lo sportello, le stava offrendo il braccio e la stava osservando con un sorriso

«Prego miss Meel. Ho fatto riservare per noi il tavolo migliore.» annunciò e lei, per un istante, si sentì morire: il tavolo migliore significava quello al centro, dove chiunque avrebbe potuto vederla.. inoltre, se quelle parole significavano che l’appositamente riservato, chi e quanto sapeva di quella uscita? Ed era stato sicuro che lei avrebbe accettato ancora prima di venirla a prendere? Aveva calcolato tutto.. Mr. Gold sapeva legger e prevedere ogni mossa delle persone.. viverlo sulla propria pelle, però, era una sensazione debilitante.

Lei gli rispose con un sorriso gentile, afferrandogli la mano ed attendendolo sul marciapiede mentre chiudeva la Cadillac con le chiavi.

Cora si fece precedere, aprire la porta e non appena incrociò lo sguardo sorpreso di Ruby – sicuramente incuriosita dal fatto di vederla lì – abbassò il capo, dirigendosi di fretta e furia verso il tavolo che il suo accompagnatore le indicava.

Scivolò verso la finestra e si sistemò il più composta possibile sulla poltroncina imbottita.

Cora poteva sentire i mormorii di ognuno dei clienti, poteva sentire i loro occhi che la squadravano, poteva leggere nelle loro menti parole di disapprovazione e, nella speranza che non la disprezzassero totalmente, immaginava anche parole di compassione. Forse avrebbero creduto che Mr. Gold l’aveva costretta.    
Non le piaceva quel pensiero, era una giustificazione inutile, perché nessuno l’aveva obbligata.. eppure si sentiva in dovere di non mostrarsi del tutto favorevole, né di mostrare quel barlume di contentezza e felicità quando Mr. Gold le aveva chiesto di fargli compagnia.

«Buonasera.» la voce squillante di Ruby la distolse dai suoi pensieri «Chiamatemi quando siete pronti.» c’era un silenzio irreale, tutto d’un tratto.. come se loro non fossero clienti, ma attori e le altre persone spettatori di una commedia dal vivo. La donna respirò innervosita, sparendo per minuti interi dietro al menù, durante i quali non lesse nemmeno uno dei piatti riportati

«Può prendere quello che vuole, mia cara.» l’uomo le stava sorridendo, lei richiuse le poche pagine che aveva in mano. Non voleva confessargli di non aver letto nulla dall’emozione, così quando lui le chiese se fosse pronta, lei annuì

«Ditemi tutto.» Ruby estrasse il taccuino. Cora era sicura che le stesse lanciando occhiate per capire cosa stava succedendo, infatti lei la ignorava volutamente, evitando a tutti i costi di incrociare lo sguardo con il suo

«Prima le signore..» Mr. Gold l’aveva indicata con il palmo aperto, per poi congiungere le mani ed incrociare le dita davanti a lui, appoggiandole elegantemente sul tavolo

«Prederò il pollo.» disse con sicurezza: qualunque locale serviva il pollo, giusto?

«Speciale?» speciale? Si chiese allarmata. Che differenza faceva? E se poi avesse portato qualcosa che non le sarebbe piaciuto? Che figura avrebbe fatto con Mr. Gold?

«Sì.» disse con un sorriso, l’uomo raccolse i due menù ed osservò la cameriera

«Anche per me. E del vino. Bianco.» Ruby annuì. I mormorii ripresero in tutto il locale.

Cora si sentiva terribilmente a disagio, eppure, nei momenti in cui pensava di alzarsi da quel tavolo e scappare, incrociare lo sguardo tranquillo e il sorriso appena accennato dell’uomo che aveva di fronte, in qualche modo, la calmava. I suoi pensieri turbinosi si trasformavano in semplici domande: perché no?, si ripeteva ad un certo punto, in fondo non c’è niente di male..

«Voleva parlarmi di qualcosa, Mr. Philipe?» per un attimo sorrise divertita dei sussurri che poteva udire chiaramente, nonostante ciò che credessero i vicini dei tavoli “lo chiama per nome” aveva detto qualcuno “tu lo sapevi che si chiamasse così?” chiedevano altri. Si sentiva speciale e nulla in negativo.

«Non di cose spiacevoli riguardanti le nostre attività, mia cara.» lui le sorrise ancora, versando il vino nei calici non appena furono appoggiati sul banco

«Di cosa allora?» non poteva trattenere la sua curiosità ancora per molto. Lui la scrutò per un lungo istante, un momento che le parve interminabile

«Amo.. il vestito.» le guance della donna si tinsero di un rosa acceso mentre le sue labbra si piegavano in un timido sorriso imbarazzato «Anche se.. personalmente, preferisco il rosso.» nella mente di Cora, per qualche assurda ragione, comparve un ampio vestito da ballo, rosso acceso.. lei scosse la testa per scacciare quello strambo pensiero dalla mente

«Non ho nulla di rosso..» confessò, quasi avesse commesso un crimine. Lui la guardava in modo strano

«Davvero?» le domandò e lei, ancora una volta, non seppe interpretare la sua espressione: era deluso, sorpreso, incuriosito..? O forse tutto allo stesso tempo?

Cora sostenne il suo sguardo, poi annuì.

Non aveva risposto alla sua domanda, ma era incerta se porgliela nuovamente, oppure aspettare che fosse lui a parlare per primo. La proprietaria del Granny’s venne in suo soccorso

«Ecco qua.» annunciò con un sorriso soddisfatto mentre appoggiava i due piatti davanti a loro «Buon appetito.»

Il piatto sembrava delizioso, ma quando Cora alzò lo sguardo su Mr. Gold, capì che qualcosa lo aveva infastidito: stava osservando ostinatamente oltre la sua spalla, forse qualcuno che lei, però non riusciva a vedere

«Tutto bene, Mr. Philipe?» domandò titubante. Lui non rispose.           
Cora non fece in tempo a voltarsi che lo vide afferrare il bastone, alzarsi, e precipitarsi fuori dal locale con l’espressione più scura che avesse mai visto sul volto di un uomo.

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Capitolo 10
*** Cap.10 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***


Mr. Gold guidava con calma lungo le strade della cittadina, gli occhi sull’asfalto e la mente che vagava sul breve itinerario da percorrere e sull’ospite che aveva di fianco. Si chiedeva se avrebbe dovuto accendere la radio, parlare di qualcosa o interrompere quel silenzio con una frase banale.. ma no, non voleva arrestare quel momento di profonda gioia interiore nel sapere Cora al suo fianco; era come se lei potesse rivelarsi niente più che un sogno e al suo più minimo respiro si potesse dissolvere nell’aria.

In un certo senso avrebbe voluto avere la possibilità di bloccare il tempo, proprio come quell’orologio faceva da anni, solo per godersi quei momenti bellissimi e fragili, in cui lui gli sedeva accanto, con tutti i possibili finali ancora aperti.

Parcheggiò velocemente nella strada di fronte al locale e spense la macchina; con la coda dell’occhio vide Cora che frugava con attenzione ingiustificata nella borsa. L’uomo sorrise, scuotendo appena la testa, e scese per primo, fece il giro della macchina e aprì lo sportello, allungando il braccio verso di lei. Non era completamente sicuro che quegli atti di galanteria ostentata fossero adatti a lei, ma ci provò comunque: non era forse quello che voleva che facesse? Perché avrebbe dovuto fingere di cercare qualcosa nella borsetta altrimenti..?

Quando lei allungò la mano a sua volta, non perse nemmeno un momento prima di stringere le dita tra le sue ed accompagnarla fuori dal veicolo. Per tornare indietro e richiudere la Cadillac non fece nemmeno toccare il bastone per terra, tanta era il desiderio di accorciare i tempi.

Le diede il braccio e le aprì la porta, seguendola con passo elegante e sicuro mentre lei sgusciava tra i tavolini e si sedeva a quello che, personalmente, aveva riservato.

Mr. Gold non mancò di incrociare lo sguardo con la proprietaria, intenta a bisbigliare il nome sorpreso di Cora con la nipote, con le cameriere, con tutti i clienti che gli era possibile vedere: sembrava che la voce si fosse sparsa – non era sicuro che fosse ciò che sperava – infatti ogni singolo tavolo e sgabello, ad eccezione del loro, chiaro, erano occupati. C’era la graziosa insegnante rifugiata dietro ad un libro che non stava palesemente leggendo, c’erano quel gruppo sparuto di minatori tuttofare attorno a sette calici di birra che, ancora, non avevano toccato, c’era Sidney, lo scagnozzo del sindaco, che sedeva al bancone con un bicchiere intatto di liquore e il suo taccuino con la pagina immacolata.. come se Mr. Gold non sapesse che il sindaco lo stesse controllando.

Ridacchiò divertito e raggiunse Cora al tavolo.

«Buonasera.» Ruby si avvicinò, l’uomo la guardò con un sorriso fin troppo accentuato, lei non ci fece caso «Chiamatemi quando siete pronti.» sentì uno starnuto, solo quello in tutto il caos che avrebbe dovuto esserci in quel locale. Mr. Gold ne era infastidito. Si schiarì la gola e sfiorò il menù con le dita prima di alzare lentamente lo sguardo e permettere a tutti quanti di riprendere a bisbigliare di argomenti comuni, nell’illusione che lui non si fosse accorto dell’attenzione che rivolgevano al suo tavolo. Ma si stava scordando di un cosa: Cora.  
Le sorrise amabilmente, gli occhi concentrati che scorrevano sui numerosi piatti del menù

«Può prendere quello che vuole, mia cara.» si sentì in dovere di dirle e nel mentre lei richiuse le pagine che aveva in mano. Gli era sempre piaciuta la sua decisione.. non era in grado di lasciare niente al caso.. ed era sicura di sé, come lo era sempre stata.

Mr. Gold si girò, facendo un cenno a Ruby la quale, distolta dal suo far niente, accorse da loro con il suo solito sorriso entusiasta

«Ditemi tutto.» gli occhi ballerini di quella ragazza lo stavano irritando.. cosa cercava in Cora? Voleva metterla in guardia da lui? O forse semplicemente la stava rimproverando per non averle detto nulla.. L’uomo immaginò che fossero cose che non comprendeva e che non avrebbe mai potuto comprendere, quindi si sforzò per lasciar correre

«Prima le signore..» disse quindi, schiarendosi la gola ed indicando la sua ospite

«Prederò il pollo.» esclamò Cora, senza la minima esitazione. Lui sorrise.

«Anche per me. E del vino. Bianco.» Mr. Gold non aveva ben capito che cosa avesse ordinato: non aveva letto minimamente il menù, ma si fidava di Cora e dei suoi gusti che, fino a prova contraria, erano sempre stati molto simili ai suoi.

Fu necessario che Mr. Gold guardasse velatamente in un punto imprecisato della sala perché gli altri clienti riprendessero a fingere di chiacchierare

«Voleva parlarmi di qualcosa, Mr. Philipe?» le sorrise. Quella volta non era stata una delle sue occhiatacce a funzionare, bensì quella domanda, così semplice e così speciale, perché poneva Cora in un livello superiore a tutti gli altri.. lei sembrava essersene accorta e a lui piaceva la sua espressione consapevole e compiaciuta.

«Non di cose spiacevoli riguardanti le nostre attività, mia cara.» aggiunse con un sospiro, mentre versava il vino con accuratezza

«Di cosa allora?» la sua curiosità lo aveva sempre stuzzicato. La guardò per un lungo attimo in cui le sue labbra si piegarono in un sorrisetto che assomigliava, in tutto e per tutto, ad un ghigno che conservava l’alone della furbizia: quale miglior momento per continuare la sua opera? Sì, voleva farlo in quel momento anche a costo di sembrare indifferente alle sue domande.  
Indugiò per minuti interi sul suo viso, sugli occhi curiosi e vispi, sulla scollatura ed infine sul corpetto del vestito, l’unica parte dell’abito che gli era possibile vedere

«Amo.. il vestito.» disse con un filo di voce, seppure impostata, indicando la sua figura con un cenno del capo. Cora arrossì di nuovo. Lui si chiese se fosse quella città o solo il fatto di trovarsi circondata da decine di ascoltatori a renderla così timida «Anche se.. personalmente, preferisco il rosso.» aggiunse tranquillamente, fingendo di sistemare il tovagliolo sulle gambe. Doveva allentare la tensione.. quella mossa sembrava aver funzionato

«Non ho nulla di rosso..» disse lei e quasi gli parve una confessione di un crimine.. forse perché in cuor suo sapeva che era così: aveva sempre posseduto abiti rossi, dato che era il suo colore preferito.. era un crimine contro se stessa, contro la vecchia Cora

«Davvero?» Mr. Gold fu impossibilitato a nascondere la sorpresa e, forse, la delusione. La donna annuì e anche se sembrava sentirsi in colpa, i suoi occhi erano fermi e decisi. Malgrado tutto, l’uomo capì che quel conflitto non era altro che il frutto dell’influenza della maledizione.. poco male, avrebbe riportato tutte le cose al loro posto, in qualche modo.

Pochi secondi trascorsero prima che i loro piatti venissero depositati di fronte a loro; lui sapeva che la celerità di consegna era dettata dal fatto che fosse stato proprio lui ad ordinare proprio quei piatti.. voleva puntualizzarlo alla proprietaria, magari prendendola velatamente in giro con un’esclamazione simile a “che velocità” solo per far colpo su Cora, ma proprio mentre stava per alzare lo sguardo, una figura ferma sulla porta del Granny’s attirò la sua attenzione.

Gli ci vollero alcuni minuti per riconoscere la sagoma adombrata dalla luce irreale dei neon, ma appena lo fece, i suoi occhi si incendiarono: cosa ci faceva quell’uomo là fuori, perché non entrava e perché aveva tutta l’aria di uno che voleva solo spiare senza essere notato?

Mr. Gold afferrò il manico del bastone, sordo ad ogni rumore, persino alla sua voce.

Stava andando via? Come poteva prendersi gioco di lui? Andarsene con quel sorriso sulle labbra e passo tranquillo?

Non disse una parola, Mr. Gold, ma si alzò, incurante del suo passo incerto e volò come una furia dall’altra parte del locale, spalancò la porta e la campanella impazzì.
Non si curò dei clienti e delle loro voci, non si curò delle urla di Ruby e di sua nonna – terrorizzate che potesse rompere qualcosa del loro prezioso locale – non si curò nemmeno delle domande di Cora che, per lui, non erano altro che un bisbiglio.. scese velocemente i gradini del Granny’s rischiando di cadere, e non appena scorse la schiena di quell’uomo, in procinto ad alzarsi il bavero della giacca e correre via in uno dei vicoli lì intorno, alzò il bastone puntandolo verso di lui

«Non farti più vedere! Dovrai vedertela con me!!» si trattenne a stento dal dire il suo nome. Non lo avrebbe capito nessuno, perché a Storybrooke non rispondeva a tale appellativo.. ma in un attimo di lucidità, non voleva dare alla mente di Cora gli indizi sbagliati. Si fermò di colpo, il respiro ansante, con la terribile paura di voltarsi e trovare tutti ad osservarlo in cerca di spiegazioni.. tutti e lei. Strinse la mascella e continuò a fissare quell’ombra che sgusciava nella notte finchè gli fu possibile. Te la farò pagare, Xavier..

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Capitolo 11
*** Cap.11 ⁓ ℂora ***


Cora si sentiva responsabile per il suo comportamento, come se fosse stata sua l’idea di uscire proprio con quell’uomo e quindi era un suo dovere controllare la bomba che stava per esplodere. Si pentì quasi subito di aver accettato l’invito di Mr. Gold, perché ora si trovava ora in una situazione spiacevole che, molto probabilmente, non era in grado di gestire.

Non appena l’uomo si alzò, lei fece altrettanto, rimanendo però immobile, con espressione incredula, a fissarlo mentre usciva come una furia dal locale. Guardarono tutti lei per un attimo che le parve eterno. Non è colpa mia, si disse nella mente, come se potessero udire il suo pensiero.

Fu la prima, con un sospiro agitato, a seguire le orme di Mr. Gold all’esterno e come se il suo gesto fosse stato il permesso che tutti, con ansia, attendevano, si sentì un frastuono di sedie spostate all’unisono e il gruppo, al completo, che si sistemava alle sue spalle.

«Mr. Gold!» lo chiamò, ma invano. Scese i gradini. «Mr. Philipe!» provò di nuovo, sperando che quel nome lo facesse voltare, ma non accadde nulla.

Sentiva i mormorii alle sue spalle che supponevano, domandavano incuriositi, altri che dicevano “l’avevo detto”, alcuni “non si sa mai che passa per la mente di quel tipo”.. Cora poteva dare ragione a tutti loro, in cuor suo, ma non lo fece: sentiva che c’era stato qualcosa di più.

Rimase a fissarlo come tutti gli altri, attonita, la mente al lavoro per trovare una risposta che forse, nemmeno c’era e che lui, ancora più probabilmente, non avrebbe dato.

Quando raccolse abbastanza coraggio per staccarsi dalla folla, Cora si avvicinò cautamente all’uomo, seppure si sentisse a disagio nel sentire gli occhi di mezza cittadina puntati contro.. non ci poteva fare poi molto: se avesse detto loro qualcosa, molto facilmente avrebbero inteso qualcosa di errato, magari una relazione più profonda di una semplice conoscenza.. ad ogni modo, Cora non voleva in nessun modo essere mal interpretata e, soprattutto, non voleva essere la scintilla che avrebbe potuto innescare un incendio di pettegolezzi del tutto infondati.

Gli posò una mano sulla spalla e, per un istante, potè percepire un’energia di pura collera scorrerle attraverso il braccio. Quella scintilla la spaventò, ma non di più del viso di Mr. Gold che, quando ci voltò verso di lei, la guardò come se ancora stesse osservando quella figura misteriosa. Chi poteva causargli tanto odio? Cora sobbalzò impaurita, ma l’uomo chiuse subito le distanze fra loro, afferrandola per il gomito prima che potesse scappare

«Conosci quell’uomo?!» ringhiò, i denti stretti e lo sguardo di fuoco. Cora scosse vigorosamente la testa. Non poteva dirlo per certo, perché non lo aveva visto.. eppure dire che non lo conosceva le sembrava la risposta che le avrebbe procurato meno guai. Lui distolse lo sguardo da lei «Che avete da guardare?! Lo spettacolo è finito!!» urlò, tanto da farle male alle orecchie. Un attimo dopo udì un rumoroso scalpiccio e immaginò che ogni singolo curioso che sbirciava dal locale fosse rientrato a continuare la sua finzione.

«Che sta succedendo..?» Cora si decise a parlare, ma la sua voce risultò più spaventata di quanto non volesse dare a vedere.

«Non l’hai visto, vero?» domandò lui, la sua voce era più calma adesso, ma il suo respiro ansante. La donna scosse di nuovo il capo ammettendo la sua colpevolezza

«Non l’ho visto in faccia..» cedette e lui allentò la presa sul suo braccio

«Thomas Thuis.» disse con lentezza, come se stese sputando veleno e quell’uomo non fosse stato un uomo ma un vero e proprio serpente. Cora piegò le sopracciglia sorpresa: aveva già sentito quel nome, ma non riusciva bene a ricordare né quando né a che viso associarlo «Patrick.» tentò ancora lui e a quel punto, Cora, ricordò.

Vide se stessa per strada, diretta al negozio di Mr. Gold, impaurita e al contempo decisa come non lo era mai stata; sentii nella testa la sua stessa voce che diceva “voglio comprare l’edificio abbandonato sulla strada principale” aveva quasi scordato il motivo per cui lo aveva fatto: oramai viveva da così tanto tempo in quei panni che quasi non ricordava più le sue origini.

«Cosa voleva?» domandò inebetita, la mente ancora ancorata sui ricordi sfocati di un passato fittizio

«Non lo so.» ringhiò Mr. Gold «Ma giuro che se lo vedo di nuovo ronzarci attorno..» le sue dita si strinsero spasmodicamente sul bastone e sul suo braccio. Cora si trattenne a stento dal protestare per paura che la sua collera si riversasse su si lei.

«Mr. Gold, sarebbe così gentile da riaccompagnarmi a casa?» gli sorrise sinceramente «Mi dispiace per la serata.»

«Anche a me.» disse con aria mortificata, guardandola a lungo.

 

Quando Cora rientrò a casa, si lasciò cadere sul letto e si sdraiò tra le coperte, senza nemmeno preoccuparsi di togliersi il vestito. Fissò a lungo le assi sconnesse con la vernice scrostata che aveva sopra la sua testa e si chiese ripetutamente perché Mr. Gold teneva tanto a cuore quella storia. Che c’entrava lui, dopotutto? Forse era preoccupato del contratto che avevano loro due circa la panetteria? No, non si sarebbe infuriato tanto.. e allora.. perché?

Si rivoltò su un lato, allungando la mano per aprire il cassetto del comodino.
Ne estrasse una foto stropicciata che ritraeva lei da ragazzina, poco più che fanciulla, in un elegante vestito rosso, la mano di suo padre sulla sua spalla e quella di sua madre sull’altra. Si soffermò a pensare a lungo su quelle due figure e in un lampo ricordò sua madre, sempre infelice, che era fuggita per amore lasciandoli soli, ricordò suo padre sempre ubriaco e la famiglia che andava a brandelli e, con dolore, ricordò Thomas Thuis, il nobile che aveva venduto suo figlio, alla nascita, perché lei, una volta giunta in età da marito, lo sposasse. Cora non aveva mai accettato quella pratica, principalmente perché la trovava antiquata, secondariamente la sua famiglia, di nobile, non conservava più nulla se non il nome – che si affrettò a cambiare non appena le fu possibile – e quello che doveva essere il suo futuro marito non era altro che un ragazzetto privo di qualsiasi slancio emotivo che aveva sempre considerato un merluzzo dagli occhi sporgenti.

Quando anche suo padre passò a miglior vita, quel tale era ancora dell’idea che la sua vita appartenesse a lui, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio. Lei, naturalmente, non era della stessa idea. Era riuscita a guadagnarsi l’indipendenza grazie alla panetteria e al duro lavoro e anche se certi giorni aveva la voglia impellente di mollare tutto, sapeva di star percorrendo la strada giusta. Si era cordata perché stava facendo quel che stava facendo.. Rammentarlo le fece bene.
Sorrise stancamente, scacciando con non poche difficoltà l’angoscia che l’assalì al pensiero di Thomas in potere di riprendere in mano il suo destino.. eppure, per quanto potesse essere spaventoso, Cora riuscì velocemente a prendere sonno: comunque lo chiamassero e comunque lo vedessero gli altri, lei capì di avere un cavaliere tutto per sé che, anche con una ragione che lei non riusciva ancora a vedere, era pronto a proteggerla.

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Capitolo 12
*** Cap.12 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***


«Conosci quell’uomo?!» non riuscì ad ammorbidire il suo sguardo nemmeno quando i suoi occhi si posarono sull’immagine spaventata e confusa di Cora.
Mr. Gold si sentiva un leone in gabbia, pieno di idee che niente avevano a che fare con la bontà, pieno di energie e possibilità.. per una ragione che non sapeva darsi nemmeno lui, non lo aveva inseguito. Era furibondo con quell’uomo, era furibondo con la sua gamba che non gli permetteva di corrergli dietro, era furioso con i suoi poteri che, in quel mondo privo di magia, non gli potevano essere utili, era furioso con se stesso perché non riusciva a trovare una sola assurda ragione per cui non si fosse spinto fino in fondo.. lo stava guardando Cora, giusto? Quanta soddisfazione gli e le avrebbe dato se lui fosse riuscito a strappare il cuore a Xavier, mostrarlo ai suoi occhi scintillanti e poi polverizzarlo con una semplice stretta di dita, facendo nascere quel sorriso spietato e compiaciuto che tanto adorava sulle labbra rosse di lei.
Ma no, non poteva farlo.

Le aveva afferrato il gomito in un impeto di rabbia ed era quasi certo di starle facendo male.. non riusciva ad allentare la presa. «Che avete da guardare?! Lo spettacolo è finito!!» non si scompose quando vide tutti i finti clienti del Granny’s rifugiarsi all’interno del locale lesti come gatti impauriti, tanto da non essere nemmeno in grado di mormorare i loro pensieri sgradevoli. Quasi sembrava osservarli ad uno ad uno mentre si accalcavano sulla porta per poter entrare, come se l’ultimo della fila avrebbe ricevuto uno spiacevole regalo da parte sua. Attese impazientemente che fossero di nuovo soli per decidere di calmarsi un po’, prendendo un profondo respiro.. non servì a molto.

«Che sta succedendo..?» domandò Cora. Era visibilmente spaventata e, nonostante tutto, lui non voleva che lei si sentisse in quel modo

«Non l’hai visto, vero?» si sforzò con tutto se stesso per modulare la voce in modo che sembrasse più calmo, quando, in realtà, sentiva il suo sangue ribollire nelle vene. Lei scosse la testa, era come se si sentisse in colpa.. ammettendo, alla fine di non aver scorto il suo viso. Mr. Gold lo sapeva: era convinto che se lei avesse visto quell’uomo in faccia, lo avrebbe sicuramente riconosciuto. Faceva parte di quelle vite che erano state consegnate loro dalla maledizione, che costituivano i loro finti ricordi che, seppur creati dal nulla sulle basi della loro vita stravolta e di quel nuovo mondo, non avevano mai veramente vissuto, tuttavia venivano percepiti come fatti reali da tutti quanti, Cora non doveva fare eccezione.

Sospirò, cercando di parlare con calma, per darle il tempo di metabolizzare quel nome, quei ricordi del tutto spiacevoli mentre pronunciava il nome di Thomas Thius. Con sua enorme sorpresa, non sortì alcun effetto. Disse allora il nome di Patrick con lo steso tono e, solo allora, Cora parve ricordare.

Come poteva la sua mente aver rimosso quella parte della sua vita? Era possibile? Eppure faceva parte di quei ricordi che lui definiva “ricordi base”, ossia avvenimenti o persone fondamentali che costituivano la giusta storia per ognuno di loro: lei e la sua famiglia, il sindaco e la sua voglia di comandare, la timida insegnante che non aveva mai ottenuto l’amore in nessuna forma e perciò sfogava la sua disgustosa bontà su pazienti in coma con affascinanti cicatrici e animaletti colorati. Tutti loro avevano un motivo per cui trovarsi proprio in quel luogo, proprio a fare quello che stavano facendo e per quanto ne sapeva lui, che non possedeva nulla di tutto ciò, ognuno di loro teneva ben stretti questi ricordi, poiché erano il loro unico appiglio alla monotonia di quella cittadina.. era l’unica cosa che non li faceva diventare del tutto pazzi.
Non c’era ragione per cui Cora non si fosse ricordata subito quel nome.

La guardò ancora, a lungo, cercando invano di capire quali pensieri si celassero dietro quei grandi occhi scuri e luminosi.

«Cosa voleva?» la sua voce lo distolse dai suoi ragionamenti e, come un lampo, tornò tutta la collera

«Non lo so.» sibilò lui «Ma giuro che se lo vedo di nuovo ronzarci attorno..» si morse le labbra per non proseguire la frase che, sicuramente, non sarebbe stata adatta alla paura che stava dimostrando Cora. Eppure si chiese se un’immagine cruda di quell’uomo disteso a terra per colpa delle sue percosse, non fosse proprio quello che la donna cercasse.. non era forse quella sete di potere, di sangue e di vendetta che l’aveva unito a Cora, nella Foresta Incantata? Sospirò amareggiato per la sua occasione mancata.

«Mr. Gold, sarebbe così gentile da riaccompagnarmi a casa?» quando sollevò lo sguardo su di lei, gli fu impossibile non ricambiare quel dolce sorriso «Mi dispiace per la serata.» aggiunse e lui annuì piano

«Anche a me.» mormorò mortificato, le labbra ancora piegate.
Le offrì il braccio e da quella sua vicinanza trovò la calma di cui aveva bisogno per passeggiare tranquillamente, come se nulla fosse successo, fino alla sua Cadillac con la promessa che, un giorno o l’altro, Cora sarebbe di nuovo uscita a cena con lui.

 

Una volta riaccompagnata Cora a casa sua, Mr. Gold si diresse subito alla villa. Posò le chiavi e chiuse il portone, salendo velocemente le scale fino allo studio. Accese la lampada verde da lettura e cercò – non troppo a lungo – il grande registro che conteneva tutti gli abitanti di Storybrooke e i loro alter ego della foresta incantata. L’aveva preparato nei primi mesi in cui erano arrivati in quella nuova landa maledetta e sapeva che un giorno gli sarebbe tornato utile.. quel giorno era arrivato.

Scorse velocemente il dito sull’indice, organizzato in ordine alfabetico, e si fermò in corrispondenza della voce “Thuis”. Lesse velocemente il numero della pagina e scorse gli occhi sulle eleganti parole scritte in inchiostro nero. 

Thius Patrick: Henry.        
Thuis Thomas: Xavier.      

Famiglia nobile caduta. Patrimonio ereditabile solo con unione matrimoniale. Confrontare: Molen, Meel. Ritrovò con disgusto il ricordo, impresso nella sua mente, di Xavier che entrava nel suo locale, spavaldo e con un sorriso odioso stampato sulle labbra. Lo aveva minacciato perché la vita di Cora, a detta sua, non era fatto che lo riguardava.. Mr. Gold, ovviamente, non lo aveva assecondato. Provava ancora quel senso di rabbia opprimente nel vedere quell’uomo così sicuro di sé che prometteva di farsi sentire in futuro e che acclamava la sua vittoria.. sentiva quell’irrefrenabile voglia di cacciarlo fuori e, invece, si era dovuto mostrate esterno al tutto, interessato solo al lato economico legato alla panetteria. Ricordava tutto e con un sospiro infastidito, tornò all’indice.

Molen. Famiglia nobile caduta, lesse nuovamente, evitando la storia del padre di Cora, di sua madre, fino ad arrivare a lei. Meel: Cora. Legata da antichi patti con la famiglia Thius, in particolare Patrick, in obbligo di sposarlo. Acquista la panetteria all’età di 18 anni sfuggendo temporaneamente ai patti di famiglia.

Aveva sempre ammirato Cora. Aveva sempre ammirato la sua voglia di essere di più di quello che la famiglia le imponeva, direttamente o indirettamente. Mr. Gold si sentiva in dovere di proteggerla da chiunque in qualunque mondo si trovassero che mirava a spegnere quel fuoco che ardeva dentro di lei.         
Ciò che doveva fare era chiaro: continuare nel suo intento, tenendo bene a mente la minaccia di Xavier sempre dietro l’angolo.. se qualcuno avesse provato a fiatare, poteva sempre usare la scusa che lui stava solo proteggendo i suoi interessi per un negozio produttivo e che fruttava oro sotto forma di pagnotte e torte: salvarla da quell’uomo non poteva risultare altro che un buon guadagno economico.. se lui si fosse reso ancor più venale a tutti gli occhi dei cittadini, ben poco gli importava.         

Ciò che gli premeva era proteggere Cora e il suo spirito guerriero ed indipendente che lo aveva fatto innamorare. E l’avrebbe fatta ricordare perché era l’unico scopo di quella misera vita che era costretto a condurre.

Fissava le assi lucide e minuziosamente incastrate sopra la sua testa, ripetendosi quel piccolo scambio di parole che aveva intrattenuto con lei solo pochi istanti prima: “Mi farebbe l’onore di uscire di nuovo con me, uno di questi giorni? Per farmi perdonare.” le aveva detto. Vide il suo dolce sorriso. “Promesso.” gli aveva risposto lei. Mr. Gold non sapeva come aveva intuito che era proprio di quella parola che aveva bisogno. Non un “sì”, non un “certo”, aveva bisogno di una promessa e lei gliel’aveva fatta.    
Sorrise al suo soffitto e spense la luce. Per lei sarebbe stato “uno di quei giorni”, in realtà non poteva sapere che si sarebbe trattato proprio del giorno seguente.

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Capitolo 13
*** Cap.13 ⁓ ℂora ***


Si stavano fissando da un minuto buono oramai.

Cora si sentiva a disagio davanti al volto inebetito di Ruby, la scatola di cartone piena di dolci fra le braccia e le sopracciglia in costante movimento, come i suoi occhi, all’incessante ricerca di qualcosa negli angoli più bui della sua mente. Stava per domandarle qualcosa circa la sua uscita con Mr. Gold? Oppure stava cercando di ricordare qualcosa che con lui non aveva nulla a che fare?     
Cora non osava chiedere, quindi, dopo l’ennesima occhiata perplessa e le labbra dischiuse nell’estremo tentativo di emulare le sue e capire che stesse provando a dire, afferrò uno straccio e prese a pulire il bancone imbiancato, lasciando la ragazza impalata dietro ad esso. Era la prima volta che non la vedeva di corsa.     
Cora ridacchiò di nascosto.

«L’altro giorno..» esclamò d’un tratto con aria vaga e assente. La donna raddrizzò la schiena «Ti ho vista con Gold..» la guardava con occhi socchiusi

«Ieri sera?» Ruby annuì lentamente

«Ieri sera..» ripetè stralunata. Cora pensò che dovesse aver esagerato di nuovo con le bottiglie di whiskey che sua nonna teneva nascoste nel locale.. povera vecchietta illusa. «Sì, ieri sera.. perché non i hai detto niente?»

Cora scrollò le spalle «Non ne ho mai avuto l’occasione, sei sempre di corsa.» la ragazza annuì nuovamente, piegando le labbra in una smorfia

«Ti fa la corte?»

«No!» aveva risposto talmente di getto che la sua voce apparve stridula. Ruby le rise in faccia

«Ho capito, ho capito.» la ragazza fece rimbalzare la scatola sugli avambracci e la sistemò in modo di avere una presa più salda; si avviò verso la porta ed uscì ridacchiando tra sé e sé.

«Non hai capito niente!» ribattè Cora quando oramai era troppo tardi.

Sospirò infastidita, incrociando le braccia al petto. Non capiva perché avesse risposto i quel modo e con quella voce, non capiva perché le sue guance ora fossero calde e perché il suo cuore battesse più veloce nel petto, fino a sentirlo nelle orecchie. Sì, forse si sentiva in imbarazzo a parlare con Ruby di Mr. Gold, forse si sarebbe sentita in imbarazzo con tutti nell’ammettere che aveva accettato di uscire a cena con l’uomo più temuto della cittadina, considerato forse il più scaltro e abbietto di tutti. La verità era che in cuor suo, Cora, sapeva benissimo che non le importava molto della loro opinione, eppure allo stesso tempo non poteva ignorare il fatto che ognuno di loro era suo cliente e forse, non avrebbe saputo sostenere troppo a lungo le occhiate di disapprovazione che molti di loro le avrebbero rivolto.

Sospirò frustrata, non riuscendo a trovare una soluzione al suo problema.. Avrebbe dovuto lasciar correre, avrebbe dovuto lasciare il destino al proprio corso, per quanto potesse essere rischioso.

Accese la radio e riprese a spazzare quando, ascoltando più attentamente, ricordò di aver sentito quella canzone, con la stessa voce del presentatore che la annunciava: non poteva scordare quel tizio dall’accento nasale che, in un certo senso, la faceva innervosire. Possibile che avessero registrato la trasmissione e la stessero rimandando in onda uguale a quella del giorno trascorso? Forse avevano avuto problemi.. forse era una sua impressione.

There is only one wish on my mind,
when this day is through I hope that I will find..


That tomorrow will be just the same for you and me
All I need will be mine if you are here.

 

Cora si voltò di scatto quando udì quelle parole non provenire dalla radio. Trovò Mr. Gold con un sorriso divertito stampato sulle labbra che la osservava come al solito e lei, senza essere in grado di fare altro, si ritrovò imbarazzata come la prima volta.
Sorrise impacciata, portandosi una ciocca di capelli bruni dietro l’orecchio e ricambiando il suo sorriso

«Mr. Philipe..» lo salutò incerta, posando la scopa che aveva in mano e avvicinandosi a lui con le mani dietro la schiena e lo sguardo basso «E’ di nuovo qui..» lui la guardò a lungo, piegando appena la testa di lato. Sembrava sorpreso ma lei non ne comprendeva il motivo

«Esatto.. sono venuto a farmi perdonare per l’altro giorno.» annunciò lui con il suo consueto sguardo enigmatico, allungando la mano che aveva dietro la schiena e rivelando uno spesso involucro che teneva in equilibrio sull’avambraccio

«Non si preoccupi per ieri sera..» il suo sguardo sorpreso si accentuò, ma lei cercò di soprassedere «Quell’uomo è arrogante di natura. Farebbe saltare i nervi al più mite degli uomini..» gli sorrise cordialmente, lasciando cadere gli occhi su ciò che le stava mostrando. L’uomo si avvicinò a lei, protendendo del tutto il braccio

«È per lei, miss Meel.» annunciò con un sorriso gentile e lei non potè evitare di avvicinarsi e prenderlo timidamente tra le braccia. Era curiosa, estremamente: non conosceva nessuno che avesse mai ricevuto un dono dallo scorbutico Mr. Gold e, che ricordasse, lui non si era mai mostrato troppo incline a regalare i tesori del suo negozio.

Guardò a lungo l’oggetto di stoffa scura che sembrava non essere altro che l’involucro per qualcos’altro.. e quel qualcos’altro aveva tutta l’aria di essere un abito o un vestito, e prezioso, dato che era stato protetto in quel modo.. o era solo per celarlo ai suoi occhi?

Cora chiese con lo sguardo all’uomo se fosse autorizzata a scartare il suo regalo, e quando Mr. Gold annuì, appoggiandosi al bastone con aria impaziente, lei si precipitò al bancone, lo appoggiò sul piano e abbassò la lampo.          
Aveva ragione: conteneva un vestito, da sera, rosso come un rubino. Ed era bello, anzi, era splendido.

«Davvero è mio?» chiese incredula, sfiorando la stoffa con le dita che, sotto I esse, risultava liscia e morbida tanto quanto la seta

«Assolutamente.» mormorò lui. «Lo indosserà per me?»

Cora non gli rispose, ma in cuor suo stava gridando di gioia. Chi mai le aveva fatto un regalo del genere? Chi mai si era tanto prodigato per lei? Chi mai si era offerto di salvaguardare la sua vita, ricca o povera che fosse?         
Lo osservò a lungo, annuendo con un sorriso quasi commosso
«Sarà un onore per me.» oramai sapeva come sarebbe andata a finire quella conversazione e lei non conosceva modo migliore per dimostrare la sua riconoscenza «Sarò pronta stasera alle 19 in punto.»

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Capitolo 14
*** Cap.14 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***


Mr. Gold si svegliò, per abitudine, alle 7:15 precise.           
Per la prima volta sorrise, chiuse gli occhi, e si rimise a dormire.
Si alzò dal letto solo quando il sonno lo ebbe abbandonato del tutto ed infilò le pantofole, scendendo per fare colazione con tutta la calma del mondo: non aveva alcuna intenzione di andare a lavorare, in primo luogo perché voleva trovare un modo per sorprendere Cora – oltre che a farsi perdonare – e in secondo luogo voleva evitare in tutti i modi di scorgere il muso di Xavier in giro per Storybrooke con la sola intenzione di rovinargli la giornata. Da ieri si era messo in testa l’assurdo pensiero che Thomas Thuis fosse esattamente come lui: che dentro di lui albergassero due vite differenti, che fosse a conoscenza della maledizione e che, addirittura, avesse più potere di lui tanto da sapere dove si trovasse Cora e cosa stesse facendo.

Sospirò rumorosamente e mise in ordine la casa. Quando terminò le faccende, si vestì di tutto punto, recandosi con passo sicuro verso la cantina.

Quel luogo non era come tutte le cantine: era praticamente un’altra stanza, segreta, che in silenzio custodiva tutti i tesori più preziosi di Mr. Gold, Rumpelstilskin e della sua vita passata. Da una parte c’erano gli arazzi a cui era più affezionati, che in tempi remoti adornavano le pareti del suo castello, c’erano i fiori che regalava ogni primavera a Cora, ormai secchi, c’erano vestiti da bambino, un lungo bastone di legno nodoso e tantissimi altri oggetti. Oggetti che gli erano appartenuti, che non voleva in negozio perché gli ricordavano troppo o che semplicemente voleva tenere accanto a sé ma senza doverli scorgere ogni giorno.      
sgusciò velocemente tra le numerose teche e librerie, fino ad arrivare ad un altro armadio intarsiato chiuso da due piccole chiavi di ottone. Quando aprì le ante, il profumo di magnolia gli invase le narici e lui fu incapace di trattenere un sorriso mentre sfiorava le molteplici stoffe di abiti appesi al suo interno.

Scelse un abito di seta rosso, corto, che Cora non aveva mai visto: doveva essere un regalo per lei, ma non aveva mai avuto occasione per mostralo. Ricordava perfettamente le ore che aveva passato nel suo laboratorio, dicendole che stava preparando pozioni ed incantesimi, e invece filava, senza sosta, un lungo filo rosso, così morbido che le fate ne avrebbero dovuto avere invidia e così rosso e lucente da far gelosia al tramonto stesso. Aveva creato quell’abito apposta per lei, ampio e morbido, leggero e lucente.. aveva conservato la sua bellezza, dopo la maledizione, ma si era in qualche modo adattato a quel mondo.. A Mr. Gold non dispiaceva neanche troppo la sua nuova forma.. e poi, l’importante, era che sarebbe piaciuto a lei.

 

Quando si avvicinò alla vetrina della panetteria, la vide intenta a spazzare e anche se la musica era bassa, ne riconobbe l’allegra canzoncina che canticchiava fra sé e sé il giorno passato. Mr. Gold entrò nel negozio, facendo lentamente trillare la campanella e, invece di annunciarsi, spolverò tra i suoi ricordi le parole di quella melodia

That tomorrow will be just the same for you and me
All I need will be mine if you are here.

Canticchiò senza poi troppa convinzione e quando lei si girò, l’uomo la guardò con aria soddisfatta. Era di nuovo imbarazzata.. o forse sorpresa che avesse imparato quelle parole? O che avesse scelto di cantare proprio quelle parole?

«Mr. Philipe..» lo salutò lei, la sua solita voce bassa e spezzata di quando non era a suo agio con qualcosa. «E’ di nuovo qui..» Mr. Gold voleva tranquillizzarla, in qualche modo.. forse poteva dirle subito il motivo della sua visita? E se fosse stata confusa circa i suoi ricordi? Dopotutto per lei, i ricordi del giorno passato dovevano essere alquanto sfocati e ricci di spunti per farle credere di aver immaginato tutto.. o solo sognato..

«Esatto.. sono venuto a farmi perdonare per l’altro giorno.» disse allora, mantenendo la sua solita espressione ma con tono vago

«Non si preoccupi per ieri sera..» esclamò lei senza la minima insicurezza «Quell’uomo è arrogante di natura. Farebbe saltare i nervi al più mite degli uomini..» come? Ricordava? E senza alcuna ombra di dubbio? Era possibile che qualcosa, in lei , fosse cambiato?

Non aveva però troppo tempo per rimanere a fissarla senza una ragione prima che lei si fosse insospettita; rinnovò il suo sorriso ed allungò il braccio

«È per lei, miss Meel.» quando lei lo guardò, Mr. Gold annuì: sapeva che la sua curiosità la stava divorando, almeno per quello non c’erano maledizioni che potessero cambiarla.. Si avvicinò a lei mentre scartava l’involucro nero che conteneva il vestito e si divertì ad osservare i suoi occhi scintillare e il suo sorriso ampliarsi di contentezza e, forse, gli piaceva credere, di emozione..

«Davvero è mio?» chiese lei titubante e lui annuì nuovamente

«Assolutamente.» fece una piccola pausa «Lo indosserà per me?» vide i suoi occhi luccicare per un lungo istante. Gli diete coraggio e speranza..

«Sarà un onore per me.» chissà a che stava pensando Cora.. «Sarò pronta stasera alle 19 in punto.» Mr. Gold la guardò sorpreso, poi, lentamente, annuì e le sorrise, gli occhi leggermente socchiusi: aveva preso l’iniziativa, non era più imbarazzata e forse non aveva nemmeno più paura di lui. Era tutto positivo, giusto?

Prima di uscire si fermò a mangiare qualcosa che Cora, gentilmente, gli aveva offerto. Mentre riordinava si perse minuti interi ad osservarla durante i quali ne approfittò per osservarla a lungo, immaginarla con quel vestito addosso mentre lo raggiungeva e ballava tra le sue braccia.. non qui però, si corresse subito, nella sua mente. A casa, un giorno..

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Capitolo 15
*** Cap.15 ⁓ ℂora ***


Cora chiuse prima la panetteria, quel giorno. Si era assicurata che tutti i negozi fossero sgombri di clienti, che per le strade non ci fosse nessuno che si guardasse attorno come in cerca di qualcosa o che controllasse l’orologio mentre affrettava il passo, sistemò ogni cosa che andava sistemata ed abbassò la saracinesca con un sonoro rumore metallico.

La donna si guardò attorno soddisfatta, salutando con un cenno del capo i negozianti dirimpetto che la guardavano con sorpresa. Lei non era sicura che quelle occhiate fossero per il fatto che la proprietaria che – di solito – chiudeva per ultima se ne stesse andando per prima o per le visite sempre più frequenti di Mr. Gold, o dei pettegolezzi che sicuramente già giravano per la strada, ad ogni modo non se ne curò, salendo velocemente i gradini metallici che la portarono subito a casa.

Si preparò con minuzia, raccogliendo capelli ed indossando quell’abito che non sembrava nemmeno provenire da quel mondo, tanto fosse soffice, morbido, comodo e lucente, di un rosso che non aveva mai visto.. nemmeno i suoi vestiti di gioventù erano tanto belli. Sorrise all’immagine riflessa nello specchio: non vedeva più la ragazza sempre insoddisfatta, timida e indaffarata di sempre, non vedeva i suoi occhi spauriti a cui dava il buongiorno ogni mattina; dentro quell’abito Cora si sentiva diversa, si sentiva bella e potente, come se quella stoffa avesse un sorta di magia, al suo interno, che donava una nuova luce al mondo che la circondava.. o forse non era l’abito ma Mr. Gold. In fondo era stato lui a portare quell’alone di mistero nella sua monotona vita, era stato lui a farle scoprire il brivido dell’ignoto, era stato lui a farle scoprire che dietro una maschera tanto bene costruita come la sua, poteva celarsi un uomo totalmente diverso da ogni sua aspettativa.

Si chinò sul letto, prendendo la sveglia tra le mani e alzandola per poter vedere meglio l’orario, erano le sette meno cinque. Sorrise spontaneamente ricordando il pomeriggio passato ad immaginare Mr. Gold, la sua entrata e i suoi occhi che la guardavano mentre scendeva la scalinata, il braccio che afferrava il suo e la lenta passeggiata in macchina fino al Granny’s dove, finalmente,  sarebbero riusciti a cenare in pace e lei a scoprire lo scopo o il fine dei suoi gesti misteriosi.. forse. Era incredibilmente eccitata e curiosa e non vedeva l’ora che scattasse l’ora giusta per far avverare tutto quanto.

Si sedette impaziente sul letto e si divertì, per pochi secondi, a far scricchiolare le vecchie molle. Perché ora i minuti sembravano non passare mai? Si impose di canticchiare molto lentamente quella melodia che aveva in testa da giorni oramai e non appena ebbe finito, sentii il chiaro rumore di un clacson che suonava. Il suo sorriso si allargò.

Cora si alzò dal letto e andò a sbirciare dalla finestra, protetta dalla sottile tenda che copriva la finestra: era Mr. Gold che illuminava la saracinesca chiusa del locale con i suoi fanali.. forse non era il caso di farlo aspettare.. o farlo innervosire.

Chiuse di corsa la porta d’ingresso e si precipitò per le scale, scendendo lentamente i gradini per far vedere che aveva la situazione sotto controllo. Dentro di lei albergava un uragano.

Alzò lo sguardo solo quando i gradini mancanti erano un paio ed allungò la mano, afferrando quella che le stava porgendo l’uomo. La fissava ancora con quello sguardo enigmatico, ma nel suo sorriso c’era qualcosa di diverso.. un qualcosa che non sapeva spiegarsi.. le piaceva, le faceva battere forte il cuore. Non fece domande

«Buonasera Miss Meel.» la salutò con voce melliflua «Il vestito è fatto apposta per lei..» anche Cora lo pensava, ma non voleva dargli l’impressione di essere una persona egocentrica. Si limitò a sorridere e quasi senza nemmeno accorgersene, portò le dita sulla stoffa rossa, carezzandola velocemente

«Mi piace davvero molto, Mr. Philipe.. la ringrazio di cuore.» le rispose sinceramente, seguendolo verso la macchina. Lui le aprì lo sportello e Cora non poté fare a meno di pensare che il burbero padrone ufficioso della cittadina non era altro che un vecchio galantuomo che voleva passare per il cattivo di turno.. non ne comprendeva il motivo: poteva benissimo essere rispettato da tutti senza essere scontroso..
Pensò subito a persone come la proprietaria del Granny’s, lo scorbutico operaio Leroy, il sindaco stesso e molte altre persone tra le quali Thomas Thius e si dovette subito ricredere: forse lui la sapeva molto più lunga di quanto Cora non potesse capire.

Guardò a lungo fuori dal finestrino, sforzandosi in tutti i modi di non sorridere senza motivo e di risultare irrispettosa ai suoi occhi. In realtà non capiva cosa la facesse tanto ridere, ma non riusciva a smettere.. era forse la situazione, la contentezza che aveva cercato di celare, la sua impazienza per un’uscita che non era altro che una cena senza pretese.. o almeno era così che l’aveva intesa. Possibile che l’uomo che le sedeva accanto avesse altre intenzioni che lei non aveva compreso?

Lo guardò con la coda dell’occhio, assicurandosi che fosse concentrato sulla strada e gli sorrise appena.. nonostante quello che tuti pensavano, nonostante quello che il suo cervello le gridasse, si fidava di lui e il suo cuore voleva scoprire quel mistero che lo circondava.. doveva e voleva andare fino in fondo.      
Quando si voltò di nuovo, vide il Granny’s scivolare dietro di loro, le luci colorate dei neon che lampeggiavano tranquillamente

«Mr. Philipe..» cominciò lei titubante, voltandosi subito verso di lui e posandogli la mano sul braccio. Guardò per un momento le sue dita e ritrasse la mano, chiudendola in un pugno «Abbiamo passato il Granny’s..» lui si girò verso di lei, le labbra piegare in un ghigno compiaciuto che fece spegnere quello di lei

«Oh ma non stiamo andando al Granny’s, mia cara.» disse lui con tono trionfante; aveva cercato di celarlo, lo si capiva, ma non ci era riuscito «La porto a casa mia. Ho una cosa da mostrarle.»

 

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Capitolo 16
*** Cap.16 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***


Mr. Gold era rimasto minuti interi nella sua Cadillac, cercando di capire se volesse andare a casa o nel suo negozio.

A casa avrebbe potuto scegliere un vestito più adatto per l’uscita con Cora, al negozio avrebbe potuto rovistare tra le vecchie librerie o gli scaffali più impolverati alla ricerca di qualche oggettino da portarle in dono.. ma forse la cosa più importante era sorprenderla con il vecchio Rumpelstilskin, non con dei futili oggetti.

Così mise in moto la macchina e si diresse a casa. Per la prima volta il suo armadio perfettamente ordinato con abiti per ogni occasione e di ogni coloro e fattura non sembrò abbastanza pieno. Trovò facilmente dei difetti in ogni capo e quando oramai la ricerca si era protratta fin troppo a lungo scelse un abito scuro ed elegante, nero, che si sarebbe perfettamente abbinato a quello rosso di lei.

Controllò l’orologio al polso solamente quando fu soddisfatto di se stesso e notò che era quasi l’ora di uscire di casa e andare a prendere Cora.      
Quella volta non aveva riservato nessun tavolo al Granny’s nella speranza che tutti vivessero nella convinzione – almeno chi si ricordava – che Mr. Gold non si sarebbe avventurato per due sere di fila in un locale che lo aveva visto protagonista di una scena del genere e, nel confidare dell’ignoranza di tutti, sperava anche che Xavier non si facesse vedere.

Scese le scale baldanzoso, facendo toccare poche volte il bastone per terra ma quando allungò la mano per afferrare la maniglia, qualcosa lo richiamò indietro. L’uomo si guardò confuso alle spalle, cercando di capire cosa fosse quella candida e soffusa vocina che lo chiamava.. era forse tutto frutto della sua mente? In realtà non era una voce, quanto più una melodia.. e proveniva dalla cantina.

Aggrottò le sopracciglia, invertendo la direzione di marcia e scendendo cautamente i gradini di legno appena scricchiolanti. Quando accese la luce nulla sembrò essere mutato e quel richiamo era sicuramente cessato.. eppure non voleva uscire da lì prima che avesse trovato.. qualcosa. Si ripeteva che tutto quello era semplicemente assurdo, che stava semplicemente vagando tra i ricordi senza saper cosa cercare e poi.. poi trovò una piccola scatola sepolta tra libri impolverati.

Sorrise impercettibilmente mentre la prendeva tra le mani e ne accarezzava delicatamente la superfice per levare lo sporco di dosso.

Sapeva esattamente cosa fare: no, non sarebbe andato al Granny’s l’avrebbe portata a casa.. avrebbe mostrato il contenuto di quella scatola e l’avrebbe fatta felice, anche se non avrebbe potuto ricordare tutto. Forse ciò che serviva era un po’ del vecchio Rumpelstilskin, un po’ di Mr. Gold e qualcosa che accomunava entrambi ma che non aveva mai fatto parte di nessuna delle due vite che aveva vissuto.. come quella scatolina e il suo contenuto..

 

Mr. Gold arrivò puntuale sotto casa sua. Non vedendola, agitato e preoccupato che avesse cambiato idea, suonò due volte il clacson. Sorrise come un ragazzino quando vide la sua sagoma scura sulla leggera tenda della finestra.

Quando uscì dall’abitacolo, si posizionò in fondo alle scale e la osservò per tutto il tempo, cercando di controllarsi e non lasciarsi sfuggire nemmeno un’occhiata di apprezzamento troppo esplicita: quell’abito la rendeva la Cora della Foresta Incantata, la faceva sembrare più sicura di sé, una regina, come lo era ai suoi occhi..

«Buonasera Miss Meel. Il vestito è fatto apposta per lei..» la salutò cordialmente, prendendo delicatamente la mano che gli porgeva nella sua. Lei non rispose ma l’uomo era sicura che avesse notato il suo abito elegante.. era uno dei suoi colori preferiti, anche il taglio era adatto ai gusti che conosceva.

La fece accomodare in macchina e con lentezza partì, facendo volutamente la strada della sera trascorsa, diretto al Granny’s. Era sicuro che lo stesse osservando, di tanto in tanto, e per quanto si sforzasse di non sorridere e di non ridere, nel sentire lei che faceva altrettanto, gli fu impossibile rimanere del tutto serio.

Moriva dalla voglia di rivelargli l’intento della serata, di mostrarle il suo dono e la sua casa, di scoprire i suoi occhi scintillanti davanti a quello che lui aveva preparato appositamente..

Sopirò impercettibilmente e rallentò in prossimità del locale, senza però fermarsi. Cora lo notò subito e in uno slancio di sorpresa si girò verso di lui, afferrandogli il braccio con le dita. Mr. Gold fu sorpreso da quel gesto, ma quando ritrasse la mano, desiderò dal profondo del cuore un'altra stretta simile, come quelle che gli rivolgeva un tempo..

«Mr. Philipe.. Abbiamo passato il Granny’s..» gli fece notare e lui si impose di mostrarsi spavaldo e divertito

«Oh ma non stiamo andando al Granny’s, mia cara.» Mr. Gold fece una piccola pausa «La porto a casa mia. Ho una cosa da mostrarle.» aggiunse, Cora si rimise seduta compostamente e prese a giocherellare con le dita.

 

Quando giunsero a casa di Mr. Gold, i lampioni erano l’unica fonte di luce del quartiere. Lui era abituato a quell’atmosfera spettrale che assumeva l’isolato di notte, totalmente opposto all’atmosfera mattutina e pomeridiana, costellata da mille luci colorate provenienti dalle vivaci e fantasiose vetrate delle ville.. sperò che Cora non si sentisse in soggezione.

Quando la accompagnò all’interno, sorrise compiaciuto, cercando di celare la sua espressione agli occhi di lei e la condusse in salotto. Lì ad attenderli c’era un cestino di vimini, il fuoco del camino scoppiettante e una coperta a quadri al centro della stanza con cuscini e due eleganti calici trasparenti

«E’ per noi?» la voce di Cora era poco più che un sussurro. Mr. Gold sentì un tuffo al cuore quando udii dalle sue labbra la parola “noi”. Le sue guance si erano tinte di rosso e lui le sorrise

«Per chi altri, mia cara? Ho voluto, voglio e vorrò sempre il meglio.. per te.» forse aveva fatto il suo errore, forse aveva detto troppo o troppo velocemente.. ma era stanco di tutti quei forse, era stanco di aspettare.. e più di tutto era stanco della nostalgia di lei..

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Capitolo 17
*** Cap.17 ⁓ ℂora ***


Cora non seppe mai come si ritrovò a casa.

Era quasi mezzanotte e la stanchezza la faceva sentire come ubriaca, era quasi mezzanotte e il cuore che le tamburellava nel petto la faceva trasalire, era quasi mezzanotte e la corsa disperata e senza meta che aveva intrapreso dalla casa di Mr. Gold le faceva rimanere senza fiato.

Stava scappando, Cora, da quella ce lei credeva una bestia feroce. Scappava da Mr. Gold, anche se oramai era sicura che non la stesse più inseguendo, perché non aveva nemmeno tentato di farlo sul pianerottolo di casa sua. Le strade deserte non le davano nemmeno un po’ di conforto. E chi poteva darle appoggio? Di certo non i suoi amici, né i conoscenti. Che parole avrebbero usato diverse da quelle di biasimo? In fondo sapevano tutti che tipo era, Cora si sentiva raggirata, si sentiva stupida per essersi illusa che le avesse concesso di conoscere qualcuno di diverso con un viso a tutti familiare.

Era fuggita senza guardarsi alle spalle e, tolte le scarpe, aveva corso sull’asfalto freddo fino a perdere la strada; d’un tratto si era ritrovata a casa, le immagini di quella magnifica serata, trasformata in un incubo, che le affollavano la mente e facevano del suo cuore un clamore irregolare.

A pensarci bene, nulla di tutto quello che le era accaduto si poteva definire un incubo, eppure, qualcosa dentro di lei, le aveva detto che c’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello, che lei avrebbe dovuto ribellarsi, che avrebbe dovuto proteggere la sua indipendenza e la sua libertà, guadagnata con così tanti sacrifici.

Aveva paura? Non lo sapeva.     
Aveva avuto paura? Forse sì.     
Di lui? Improbabile.

Forse aveva sbagliato a dar ascolto al suo cuore, per una volta nella sua vita, forse aveva sbagliato a pensare che quella vita piatta non fosse abbastanza soddisfacente per lei, forse aveva sbagliato a desiderare di più.. forse, ma lo aveva fatto.. e se ne trovava pentita. Era tanto pentita quanto sicura che se il tempo fosse tornato indietro, lei avrebbe fatto esattamente le stesse cose che avrebbe fatto.

Come poteva non essere eccitata all’idea che qualcuno la stava aspettando?
Come non poteva essere felice al pensiero che qualcuno pensava a lei?           
Come non poteva essere curiosa nell’immaginare scene di cui aveva udito solamente nei film?

Forse aveva solamente avuto timore di quella sensazione che le aveva attanagliato lo stomaco come in una morsa d’acciaio, quella strana forza che, da un momento all’altro, le aveva fatto vedere in bianco e nero, tutto sbagliato, che l’aveva privata di ogni felicità, che l’aveva spinta a fuggire da lui..

Doveva scusarsi?   
Poteva sfidare nuovamente quell’energia?    
Sarebbe riuscita a sopportare quel senso di oppressione e tristezza così intensi da farla ammutolire?

No.
E non voleva sfidare la sorte.     
La soluzione non era che una: dimenticarsi di Mr. Gold, dimenticarsi dell’emozione che provava quando stava con lui, dimenticarsi dell’impazienza, della curiosità, dell’eccitamento di non sapere qualcosa che l’avrebbe sorpresa, o fatta felice, dimenticarsi di aspettare qualcuno o di essere aspettati da qualcuno, doveva dimenticarsi dell’abito e soprattutto di quella magica serata appena passata.

Non appena giunse a casa, Cora si tolse il vestito e senza pensarci troppo, lo richiuse nel suo involucro scuro e lo piegò malamente in un angolo nascosto del suo armadio. Rimase a lungo senza vestiti sul letto, a fissare il soffitto ligneo, ricordando in ogni minimo dettaglio della sua breve avventura con Mr. Gold. Si chiese come aveva potuto risvegliare in lei una simile energia e un simile entusiasmo, si chiese come sarebbe andata se avessero concluso la loro prima cena, si chiese come sarebbe andata se lei non fosse fuggita solo pochi minuti prima..

Voleva ricordare tutto, perfettamente, voleva farlo in quell’istante e poi imporsi di non farlo mai più.

Si voltò su un fianco, abbracciando il cuscino e arricciando le coperte sotto le proprie dita. Aveva voglia di piangere, forse, ma non riuscì a versare nemmeno una lacrima. Si accorse solo in quell’istante si essere sola in una cittadina piena di persone volenterose di essere amici di tutti – a parte qualche rara eccezione – si accorse solo allora di essere qualcuno di indispensabile che veniva considerato non più della sua professione. Si accorse di essere sola, come lui.

Eppure, cosa le rimaneva? Se avesse continuato senza fare nulla, Mr. Gold si sarebbe appropriato dell’unica cosa che si era guadagnata con le proprie mani, avrebbe cessato di essere Cora e avrebbe iniziato ad essere considerata “la sua signora” e, con il tempo, tanto abbietta quanto lo era lui. Forse avrebbe dovuto anche comportarsi come tale, per salvare la reputazione. Ma non poteva, quello non era giusto. Ecco cosa c’era di profondamente sbagliato in tutto ciò.

Eppure, allo stato attuale delle cose, la situazione non era poi tanto male: era stata capace di rifiutare un’offerta del genere fatta da un uomo del genere e sembrava esserne uscita libera da minacce e punizioni.. questo la rendeva un po’ speciale. In fondo Cora non voleva essere temuta e amata da una sola persona, non così almeno. Preferiva di buon grado voleva essere amata e temuta dall’ultima persona sospettabile. Non voleva un impero, si sarebbe accontentata di una modesta casa con tutto il necessario per essere felice.. e quello l’aveva avuto fin da subito.

Il vuoto che conservava il suo cuore, prima o poi, si sarebbe colmato.

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Capitolo 18
*** Cap.18 ⁓ 𝕄r. 𝔾old ***


{linea temporale: missing moment tra il cap.16 e il cap.17}

CAPITOLO FINALE

 

 

Mr. Gold non si era pentito di averle dato del tu. Per come la vedeva lui, nell’intimità della sua villa, abbattere quelle formalità era un po’ come avvicinarsi maggiormente a lei. Da quando era a Storybrooke era stato costretto a prendere le distanze da tutto e da tutti, a comportarsi come quella nuova vita gli suggeriva, a non mostrarsi più di quello che doveva essere. Già, lo aveva fatto per così tanti anni e senza un motivo apparente che non fosse la paura di una punizione.. eppure nessuno gli aveva tolto la memoria, nessuno gli aveva tolto Cora, nessuno li aveva allontanati.. Perché non lo aveva fatto prima?

Aprì la porta con lentezza, per lasciare a Cora tutto il tempo per godersi la casa e quel momento. Sapeva che nessuno era mai entrato in casa sua, vero?

Mr. Gold sorrise orgoglioso non appena le labbra della donna si dischiusero appena e i suoi occhi viaggiarono lentamente da una parte all’altra del corridoio. Dal punto in cui loro due si trovavano era possibile vedere i quadri antichi e scuri, le pareti ricoperte da un’elegante carta da parati beige, i massicci mobili con vetri che racchiudevano oggetti di porcellana e cristallo finissimo, accanto a soprammobili luccicanti d’oro e di pietruzze colorate; la grande scala in legno intarsiato, però, occupava il posto d’onore. Il corrimano era lucido come uno specchio e alla fine di esso riposava una testa di cavallo perfettamente riprodotta e incisa nel legno. Veniva spontaneo chiedersi quali altri tesori si trovassero al piano di sopra.

«Per di qua, mia cara.» Mr. Gold allargò il braccio sinistro e Cora seguì obbediente la sua indicazione, abbassando appena il capo. L’uomo allargò maggiormente il suo sorriso alla vista dell’espressione sorpresa di lei davanti a ciò che aveva preparato: alla loro destra scoppiettava un allegro fuoco nel camino, i divani erano stati spostati lasciando posto ad una spessa coperta a quadri di lana, cuscini, un cestino di vimini con il coperchio appena sollevato e due calici di cristallo finissimo davanti ad una bottiglia di vino bianco.

«Mr. Philipe..» la sua voce era incerta. Non sapeva interpretare se fosse sorpresa o intimorita, eccitata o a disagio da tutto quello.. doveva solo proseguire e allora, forse, lo avrebbe capito

«Volevo essere certo che nessuno ci interrompesse.» spiegò lui con calma «Potrei dare l’impressione di essere una persona raffinata e schizzinosa..» le rivolse un debole sorriso divertito e premette la propria mano sulla giacca «Ed è in parte vero, ahimè. Ma ho anche una particolare passione per le cose semplici e spontanee.» la precedette nella stanza ed appoggiò il bastone ad uno dei due divani bordeaux. Zoppicò fino ad un giradischi automatico e selezionò accuratamente un vinile, che subito diffuse nell’ambiente una pacata musica classica

«E’ tutto così..» la voce di Cora tentennava, ma il suo sorriso era molto più eloquente. Mr. Gold era felice

«Romantico?» la incalzò lui, ridacchiando appena ed abbassando lo sguardo per permetterle di ridere di quella parola: non poteva sapere che stava dicendo sul serio. Si avvicinò a lei con passo incerto e quando si accorse di esserle abbastanza vicino, piegò rigidamente la schiena, il braccio sinistro piegato dietro la schiena i la mano destra protesa verso di lei. Non passarono che pochi istanti prima che sentisse il suo tocco delicato sul palmo

«Non pensavo sarebbe stato così semplice..» le sorrise sinceramente, lasciandosi scappare un lieve sospiro sollevato. Le afferrò con saldezza la mano e il fianco e dopo una breve pausa, in cui gli occhi di lui si fissarono in quelli sfuggenti di lei, mosse il primo passo, cominciando a ballare su note leggermente diverse da quelle che sentivano. Mr. Gold le udiva nella testa.. e Cora.. lei non aveva alcuna difficoltà a seguire i suoi movimenti. Le sentiva anche lei? O il suo corpo si muoveva inconsciamente sui passi di quel reel che l’aveva condannata al suo destino?

Ballarono per minuti interminabili, ballarono e lui ricordava. Ricordava come l’aveva spiata al ballo di Xavier, appollaiato sul davanzale esterno di una piccola finestra che dava sul palazzo, per avere una visuale completa senza essere visto. Ricordava quella stessa mattina in cui, girovagando tra i reami, aveva assistito all’infuocata scena di una modesto suddito che rispondeva a tono al proprio sovrano. Ricordava di aver pensato che nonostante avessero indosso abiti diversi, lo sguardo di quella fanciulla fosse di gran lunga più austero, determinato e giusto di tutti quelli con la corona in capo che la stavano obbligando a prostrarsi davanti a loro. E l’aveva seguita, Rumpelstilskin, l’aveva seguita in attesa dell’occasione buona per farsi avanti, aiutarla e renderla la regina quale era.. alla fine lo aveva fatto.   
Eppure ogni suo sforzo era diventato vano in quel grigio mondo: Cora era solamente una panettiera, lavorava e soffriva ogni giorno per paura o per freddo in quella casa che minacciava di caderle in testa da un momento all’altro, lei non era amata né temuta né considerata più del pane e dei dolci che vendeva.. ma ciò che più importava era che i ricordi di Cora erano sepolti in una parte della sua memoria alla quale non poteva attingere. Erano lì, da qualche parte, le immagini del ballo, del filatoio, del castello in cui l’aveva portata, delle corse a cavallo e delle estati passate sull’erba e tra le rose dei giardini, erano tutte lì, non poteva averle rimosse una semplice maledizione, poiché tutto quello non stava nella mente, ma nel cuore; una volta si erano amati, si erano amati profondamente e ora lei avrebbe temuto quel volto dorato che aveva osservato e sfiorato così tanto a lungo, in passato.

Sospirò, immerso nei suoi pensieri e Cora lo notò, rallentando appena il passo

«Qualcosa non va, Mr. Philipe?» gli domandò con un filo di voce e sentì i suoi occhi scavargli l’anima. Lui scosse la testa

«Solo Philipe.» lei gli sorrise dolcemente

«Doveva farmi vedere qualcosa, sbaglio?» i suoi occhi indugiarono forse un po’ troppo a lungo sulla sua gamba malandata. L’uomo capì subito che temesse un’incertezza legata a quel suo problema.. era gentile a preoccuparsene e lui non voleva metterla in imbarazzo. Annuì e le sorrise, cercando di mostrarsi riconoscente nonostante fosse solamente terribilmente triste, vista la sua impotenza di fronte ai fatti

«Giusto, giusto..» le indicò la coperta appena spiegazzata a causa dei cuscini e si abbassò a sua volta «Volevo mostrarle.. questo. E’ una parte di me.» ancora una volta, si toccò il petto con le dita, all’altezza del cuore «Non ho mai fatto vedere il contenuto di questa scatolina ad anima viva..» respirò lentamente e quando fu certo di aver catturato la sua attenzione, proseguì con aria enigmatica, in modo da accrescere la sua curiosità «Voglio mostrarlo a te, Cora.» lei era visibilmente scossa e confusa, ma Mr. Gold era determinato ad andare fino in fondo.

Allungò la mano prima che potesse dire altro e fece scattare velocemente il meccanismo che la manteneva chiusa. Era una scatola semplice, di legno e poco decorata.. al suo interno era presente però un piccolo cuscino di velluto blu scuro e, legati con dei piccoli nastri del medesimo colore, due sottili anelli dorati.

Sentì chiaramente la donna deglutire: era chiaro che quel gesto, quegli oggetti e le sue parole l’avevano sconvolta e spaesata, eppure i suoi occhi non lo sembravano. Erano fermi, lucidi e tradivano un’emozione repressa che nulla aveva a che fare con il resto del suo viso.. come potevano albergare tanti diversi sentimenti all’interno di un’unica persona?

«Sembrano fili di paglia, non trovi?» proseguì lui, slegandone uno e alzandolo davanti ai suoi occhi. Incredibile, pensò con un sorriso, sono esattamente uguali a come li ricordavo; non sembra passato un solo giorno..

«Sono davvero.. originali.» le sue sopracciglia si erano aggrottate. Mr. Gold orami osservava solo le sue lunghe dita che stavano per sfiorare la superfice del sottile metallo magico. Era sicuro che proprio nell’istante in cui la sua pelle avesse toccato l’anello, i ricordi di Cora sarebbero riaffiorati. Era quello che mancava: c’era lei, c’era lui, c’era il vestito rosso che aveva dato inizio alla loro vita insieme, ispirato a quello che i aveva fatti incontrare, c’era il fuoco, c’era la loro coperta prediletta e c’era qualcosa che avrebbe fatto parte del suo futuro, se la maledizione non lo avesse interrotto, qualcosa direttamente dal vecchio mondo che avrebbe avuto vera vita nel nuovo. Era la formula perfetta. E quale oggetto migliore degli anelli che lui aveva creato per chiederle di diventare ufficialmente sua moglie?

Contava nella sua testa, Mr. Gold, si ripeteva “adesso, adesso”, attendendo il momento in cui gli occhi di Cora si fossero spalancati e riflettendo tutta la consapevolezza di anni sprecati e le due vite parallele che albergavano nel cervello di tutti, lo avrebbe chiamato con il suo vero nome, lo avrebbe abbracciato e baciato, come faceva ogni sera, quando lui tornava al castello, da lei.            
Sarebbe stato come un ritorno a casa.

Cora si fermò a pochi millimetri dall’anello.

La sua mano era ferma a mezz’aria, come se lei si fosse scordata cosa dovesse fare: i suoi occhi erano persi, adombrati come forse non li aveva mai visti.

«Cora?» lui la chiamò, per la prima volta il suo cuore era serrato dalla paura. Perché il suo sguardo era diventato vuoto, tutto d’un tratto?

«Devo andare.» disse lei frettolosamente, senza nemmeno guardarlo

«Come?» lei era già in piedi, aveva la giacca sul braccio e cercava la porta della stanza come se non si ricordasse dove si trovasse.. che la maledizione stesse loro giocando qualche brutto scherzo?

Mr. Gold osservò distrattamente la pendola e si morse l’interno della guancia nervosamente quando notò che era quasi mezzanotte: non mancavano che pochi minuti. Come poteva il tempo essere trascorso così velocemente? Oppure stavano facendo qualcosa di talmente sbagliato che la maledizione aveva deciso che fosse abbastanza? Cosa ci poteva essere di tanto eclatante che la maledizione non poteva combattere? Eppure l’aveva creata con le sue stesse mani..          
Il vero amore..        
Davvero stava riuscendo a fare di nuovo innamorare Cora?

Se era così, allora non poteva lasciarla andare.

Afferrò il bastone e lestamente la afferrò per il polso, stringendo forte le dita, senza farle male

«Resta.» sussurrò tra le labbra, lei scosse la testa. Anche se i suoi occhi gridavano un sentimento totalmente opposto, tutto il suo corpo era in fermento: doveva andare via, tornare a casa, e ricominciare da capo. Era così allora? La sua mente non le apparteneva, il suo cuore non le apparteneva e nemmeno il suo corpo non le apparteneva. Non apparteneva a lei come non apparteneva a lui, non in quel mondo, almeno.. Ma doveva tentare, doveva tentarle tutte.

La tirò a sé e, probabilmente, senza nemmeno pensarci, la baciò, premendo le labbra sulle sue. Cora non si distolse. Nel cuore di Mr. Gold imperversava la più feroce e magnifiche delle tempeste.

Quando si allontanò da lei, i suoi occhi riflettevano il suo volto spaurito, forse era una sua impressione, ma si era visto, solo per un attimo, come l’antico Dark One, con la pelle dorata e lo sguardo tenebroso. Era lei a vederlo in quel modo?

«Cora?» la chiamò di nuovo e le sue labbra si mossero. Cercarono solo l’aria.

«Devo andare.» ripeté, ma quella volta, nella sua voce, udì chiaro la sfumatura dello sconforto. Allargò le dita e, rapida, le scivolò dalla mano, correndo verso il portone della villa.

Lui non la inseguì, capì che era inutile. Aveva provato, non aveva avuto successo, ma nemmeno aveva fallito. C’era una speranza, forse, in futuro, di farla ricordare.. ricordare tutto, il passato, il loro amore e tutto ciò che avevano vissuto e oltrepassato insieme. Quella maledizione si poteva chiamare così solo perché gli aveva strappato tutto ciò che conservava di più caro, ciò che lei conservava di più caro. Quella maledizione li aveva privati della loro indipendenza, li aveva privati della libertà di scegliere.. E la sua maledizione era quella di esserle sfuggito, in parte.

Mr. Gold ricordava tutto. Era consapevole della vita miserabile che lui e Cora stavano vivendo e non poteva farci nulla.. doveva solo aspettare, e forse un giorno qualcuno lo avrebbe aiutato. Facendogli scordare. O facendola ricordare.

Quello di cui era certo era che non poteva più vivere in un mondo dove era separato da lei. Doveva ritrovare Cora, perché con la donna intraprendente e determinata che conosceva lui, non avrebbero avuto problemi, in quel mondo come in un altro..

Purtroppo però il problema era uno e insormontabile: lui era padrone della sua vita, lei non lo era più.

 

 

She spoke with the confidence of someone who knew beyond doubt that she was the mistress of her own fate and the fates of everyone she met. – D.B. Jackson (Theiftaker)

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