Una Nuova Vita

di March232013
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


                                                                           

Ero in viaggio, verso quella che sarebbe stata la mia nuova vita. Guardavo dal finestrino e vedevo l'oceano, quasi ne respirassi l'odore. Avevo deciso che era arrivata l'ora di cambiare perché quallo che facevo e il modo in cui stavo vivendo non mi appartenevano più da tempo. Chiusi gli occhi e tirai un respiro, stiracchiando le gambe che ormai non sentivo più. Li riaprii e guardai nuovamente dal finestrino. 

<< Le porto qualcosa? >> mi voltai e vidi un hostess, col sorriso tirato. Scossi la testa e lei mi fece un cenno e se ne andò. Una voce ci informò che stavamo atterrando a Miami. Chiusi gli occhi mentre l'aereo toccava terra, strinsi così forte il sedile che le nocche diventarono bianche. Quando l'aereo si fermò li riaprii e guardi nuovamente dal finestrino: stavo per iniziare un nuovo percorso.

Scesi dall'aereo e seguii le altre persone fino ad arrivare vicino ad una specie di scalamobile per le valige. Presi la mia e uscii dall'aereoporto e mi diressi vicino ad un taxi. Aprii la portiera 
<< Grazie! >> disse un ragazzo con dei rayban scuri e capelli neri, entrando nel mio taxi e chiudendo la portiera. Bussai sul finestrino e lui lo abbassò. 
<< Scusa, ma ti sembra il modo? >> dissi io, lui sorrise
<< Perché? Cosa ho fatto? >> alzai un sopracciglio << Scusa, ma adesso ho molta fretta, devo andare >> rialzò il finestrino e il taxi partì
<< Cominciamo bene! >> dissi fra me e me. Presi la mia valigia e andai vicino ad un altro taxi aprii la portiera ed entrai, mentre l'autista mi mise la valigia nel bagagliaio. 
<< Allora, dove si va? >> mi disse l'uomo rientrando nell'auto e chiudendo la portiera
<< Travel Village >> dissi io, lui mi guardò dallo specchietto e lo guardai anche io corrugando la fronte. 
<< Sicura? E' molto distante da qui ... >> disse l'uomo mettendosi la cintura, sbuffai 
<< Si, sono sicura >> e guardai dal finestrino. L'uomo mise in moto e partì. Avevo promesso a me stessa che non sarei mai più tornata in quel posto, ma dovevo farlo. Non avevo altre alternative. A 15 anni ero scappata con un gruppo di amiche perché avevo subito una delusione e avevamo deciso che ce l'avremmo fatta da sole, avremmo trovato un lavoro, avremmo comprato una casa e avremmo vissuto tutte insieme. Una sera mentre eravamo in un locale ci siamo imbattute con un uomo che ci aveva detto che ci poteva offrire un lavoro e che la paga era assicurata.Come delle stupide, accettammo, e il giorno dopo ci trovammo su un palco a fare le spogliarelliste. I primi anni ci sembrò uno sballo totale: ci divertivamo, bevevamo senza aver bisogno dei documenti, perché i clienti ci offrivano da bere. Una sera, mentre tornavamo a casa dal lavoro, un uomo ubriaco mi prese per il braccio e mi buttò vicino al muro. Le mie amiche cercarono di togliermelo di dosso ma l'uomo, diede uno schiaffo ad entrambe e loro caddero a terra senza rialzarsi. L'uomo tornò a concentrarsi su di me e ...
Tock! Tock!
Sobbalzai. Mi ero addormentata. Mi guardai in torno e mi stirai. Aprii la portiera e trovai la mia valigia a terra mentre l'uomo chiudeva il bagagliaio.
<< Sono 250 >> mi disse. Presi i soldi e glieli diedi, l'uomo mi guardò sconcertato. Poi mi si avvicinò ed ebbi un lampo e mi allontanai andando a sbattere contro la portiera chiusa.
<< No, no stai tranquilla non voglio farti niente. Volevo solo sapere se stavi bene >> disse preoccupato, facendo un passo indietro. Guardai in basso, scossi la testa e lo guardai
<< Sì. Sto bene >> mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e lo sorpassai prendendo la valigia. Iniziai ad incaminarmi verso il cancello del villaggio, mentre alle mie spalle un altro taxi si fermava. Rimasi a guardare l'enorme cancello, che adesso era diventato non più alto di me. Sentii qualcuno al mio fianco che parlava al telefono ma io rimasi a guardare il cancello con paura. Sentii un suono e il cancello iniziò ad aprirsi e feci un passo indietro. Un ragazzo entrò nel villaggio e io rimasi ad osservarlo. Aveva i capelli neri. Scossi la testa e presi la mia valigia e varcai la soglia. Era proprio come me lo ricordavo: ai miei lati si estendevano palme altissime e ai loro piedi c'erano piante di ogni tipo, fino ad arrivare a un metro dall'ingresso del villaggio. Rimasi lì, ad osservare tutto. Iniziai a respirare affannosamente e mi guardai in torno. Ero davvero nel posto in cui avevo giurato di non mettere più piede o era solo un incubo? Sentii una mano sulle spalle e poi anche l'altra e vidi un ragazzo, lo stesso ragazzo che era entrato, di fronte a me. Aveva la fronte currucata.
<< Stai bene? >> mi chiese, annuii << Sei sicura? Non mi sembra >> scossi la testa
<< No, no. Sto bene è solo ... >> 
<< Vieni, entriamo >> mi disse prendendomi la valigia << Hai bisogno di qualcosa da bere e da mangiare >> inizò a camminare ed io rimasi impietrita, si voltò << Dai! >> mi disse, e lo raggiunsi. Entrammo nell'hotel e notai che era sempre lo stesso. Pareti rosse, lampadari di cristallo che penzolavano, divanetti di pelle marrone sempre pieni di gente. Entrammo nell'area bar e lasciò la mia valigia vicino ad un tavolo << Siediti, ti vado a prendere qualcosa da bere >> lo guardai
<< Oh, no posso andare io, non c'è bisogno che ti disturbi tanto >> dissi 
<< Devo >> disse lui << Altrimenti come faccio a farmi perdonare quallo che è successo all'aeroporto? >> e sorrise. Lo guardai attentamente e poi capii
<< Ma tu sei quel deficente che mi ha rubato il taxi! >> dissi 
<< Sì >> disse onesto lui << E mi dispiace, ma avevo la neccessità di arrivare qui il prima possibile >> disse lui, guardò il bar e poi tornò a guardare me << Torno subito, tu siediti >> disse indicando la sedia e si incamminò verso il bar. Spostai la sedia e mi sedetti e mi guardai in giro. Il piano bar era rimasto sempre lo stesso: un bancone nero con tanti sgabelli grigi di fronte a se. Le pareti erano sempre rosse e le finestre avevano sempre la solita struttura incorniciate dalle solite tende bianche appese una a destra e una a sinistra.
<< Ecco qui >> vidi una bottiglia d'acqua bella fresca e qualche stuzzichino.
<< Ora devo andare sono in ritardo >> disse guardando il cellulare, aveva ancora gli occhiali da sole. << Ci si vede in giro >> disse alzando gli occhiali e mostrandomi gli occhi. Li aveva neri come carbone ma quando si voltò e andarono a contatto con la luce divennero marroni. Si rimise gli occhiali e se ne andò. Presi l'acqua e ne bevvi un sorso e poi mangiai anche qualche stuzzichino. Quando finii, mi alzai e presi la mia valigia con una mano e con l'altra presi i piattini degli stuzzichini e mi incamminai verso il banco del bar. Il barrista stava pulendo un bicchiere: era alto il giusto ed era magro e aveva dei capelli grigi tendenti al bianco e dei baffi grigi. Arrivata misi i piatti sul banco, lui mi guardò e poi guardò i piattini e li prese e li mise nel lavandino e poi tornò a guardare me. Un aria sorpresa gli apparve negli occhi mista a felicità.
<< Non è possibile >> disse, io feci un sorriso forzato e dissi 
<< Sì, è possibile. Ciao Bruce >> lui lasciò immediatamente i piatti fece il giro del banco e mi abbracciò forte e io contraccambiai, sforzandomi.
<< La nostra bambina >> mi sussurrò e mi accarezzò i capelli. Mi allontanò, mi prese le mani e mi esaminò << Bé, forse bambina non è più il termine giusto >> sorrisi e lo fece anche lui << Ma dove sei stata tutto questo tempo? >> mi disse preoccupato e ferito << Io e Diana ti abbiamo cercato da per tutto! >> continuò, stringendomi le mani. Io guardai in basso e scossi la testa e poi lo guardai << E' una lunga storia >> 
<< Sarai stanca e affamata! Hai già preso una camera? >> scossi la testa << Allora chiamo Diana, sarà felicissima di sapere che sei qui! >> mi lasciò le mani e tornò al bancone e prese il telefono. Mi voltai e presi la mia valigia e la misi più vicina a noi e mi sedetti su uno sgabello. Bruce riattaccò << Sta arrivando >> disse felice << Devo servire dei clienti, ci vediamo dopo, eh bambina? >> io feci un sorriso forzato e annuii, lui si protese verso di me e mi diede un bacio sulla fronte e andò a servire i clienti.  

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


<< Bruce?! >> sentii una donna alle mie spalle, sapevo chi era. << Che succede? >> continuò lei, Bruce si avvicinò al banco e mi guardò, feci un sorriso forzato, mi voltai e guardai Diana. Lei si portò una mano alle labbra e i suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime << Dimmi che non sto sognando! >> disse tremante, io scossi la testa. Lei mi toccò come se fossi qualcosa di raro: prima i capelli, poi il viso, poi le spalle e alla fine le braccia e le mani. Mi guardò e mi abbracciò fortissimo e io ricambiai. Diana, come gli altri, non era cambiata: portava un caschetto biondo aveva due occhi marroni che venivano coperti dagli occhiali da vista ed era alta il giusto e un po' in carne. Si staccò da me e si asciugò le lacrime << Bambina mia! >> mi disse mentre mi accarezzava il viso << Da quanto tempo ho aspettato questo momento! >> io sorrisi e poi dissi << Ho chiamato qualche giorno fa. Mi serviva un lavoro e Pattie mi ha detto che vi serviva un bagnino. Ho fatto il corso da bagnino quando ... >> scossi la testa e continuai << Così sono tornata >> conclusi. Diana non smetteva di sorridere << Bambina mia, bambina mia! >> continuava a ripetere << Sono così felice! >> sorrisi. << Hai già prenotato una camera? >> scossi la testa e lei prese la mia valigia << Bene, vieni con me >> mi voltai e salutai con un sorriso Bruce che stava servendo dei clienti e andai via con Diana. Arrivammo alla reception dove seduta su una sedia c'era una ragazza più o meno della mia età che parlava al telefono mentre continuava a far scoppiare una gomma da masticare con la bocca: aveva il solito abito della receptionista ed era truccata con un rossetto rosso scuro e matita intorno agli occhi e tanto mascara. Portava una coda di cavallo alta color nero corvino e aveva la pelle molto bianca. Come ci vide, chiuse il telefono e si alzò e sfoderò un bellissimo sorriso bianchissimo a Diana e lei contraccambiò. 
<< Dimmi, Diana, cosa posso fare per te? >> disse molto gentilmente
<< Dammi la camera 351 e e registrala a nome mio >> lei fece un cenno di approvazione e si voltò per prendere la chiave e darla a Diana.
<< Shila, lei è Barbara, mia nipote acquisita. Lavorerà qui come bagnina >> disse Diana. Shila mi squadrò e poi con un sorriso tirato mi disse << Molto piacere >>
<< Idem >> dissi io, e lei fece una smorfia e poi tornò a guardare Diana.
<< Vado ad accompagnare Barbara, ci vediamo tra qualche minuto >> disse Diana allontanandosi e io la seguii sotto l'occhio osservatorio di Shila. Arrivammo vicino all'ascensore che si aprì e vidi il ragazzo che mi aveva aiutato prima. Aveva la testa abbassata, concentratissimo sul cellulare.
<< Lorenzo! >> disse Diana e lui alzò la testa spaventato, ma poi si rilassò e sorrise. Uscì dall'ascensore e diede un bacio a Diana
<< Ciao, nonna >> disse 
<< Sempre di fretta, eh? >> disse Diana, rimproverandolo 
<< Eh, che ci vuoi fare! >> rispose lui, Diana gli mise una mano sulla spalla per incoraggiarlo. Alzò il viso e mi notò
<< Hey, come ti senti adesso? >> mi chiese, io guardai a terra e dissi
<< Molto meglio >> alzai il viso e lo guardai << Grazie >> dissi freddamente e lui mi fece un cenno con la testa.
<< Come vi conoscete voi due? >> disse Diana divertita
<< Mia ha rubato il taxi >> dissi io mettendo le braccia conserte, lui alzò le mani
<< Colpevole! Ma credevo di essere stato perdonato >> disse mettendosi una mano sul petto
<< Non ho mai accennato nulla al riguardo >> dissi, arrabbiata, lui rise
<< Ok, ok ... Mi farò perdonare >> disse puntandomi, io alzai un sopracciglio << Devo scappare nonna, ci vediamo stasera >> disse e le baciò la tempia, lei sorrise e gli disse qualcosa. Diana si voltò verso l'ascensore e spinse il tasto per chiamarla
<< Quel ragazzo è Lorenzo, il fratellastro di Justin >> ebbi un brivido di ribrezzo << Pattie ha conosciuto suo padre qualche annetto fa e che ti devo dire, è scoppiata la scintilla! >> io sorrisi, l'ascensore arrivò ed entrammo. 
<< Stasera vestiti elegante mi raccomando >> mi voltai e la guardai
<< Perché, cosa c'è stasera? >> dissi io alzando un sopracciglio, lei mi guardò e sospirò << La Serata Galante >>
<< Oh >> dissi io guardandomi le scarpe << Oggi è sabato >> lei annuii. Le porte dell'ascensore si spalancarono ed uscimmo. Percorremmo un lungo corridoio e alla fine arrivammo alla stanza 351. Mi guardai in torno. Non riconobbi quello spazio. Sentii un click! e la porta si aprì e Diana entrò: fui immersa da una stanza tutta colo bianco e celeste cielo. Un letto enorme era al centro della stanza e al fianco destro c'era una porta finestra che dava sulla spiaggia - piscina e alla sinistra c'era un enorme armadio bianco con i pomelli color celeste cielo.
<< Eccoci qui >> disse Diana posando la mia valigia sul letto << Questa e una nuova area dell'hotel >> continuò quasi leggendomi nella mente 
<< E' carina >> dissi onesta, lei sorrise e iniziò a disfarmi la valigia. Mi avvicinai alla porta finestra e la aprii: c'era un balcone ampio e una ringhiera colorata sempre bianco e celeste cielo. Mi affacciai e vidi la spiaggia - piscina piena di gente. Attaccata alla spiaggia - piscina c'era una passerella che raggiungeva una piccola isoletta dove c'era una struttura.
<< Quella >> disse Diana puntandola << E' la postazione dei bagnini >> la guardai ed era tipo una casetta. << Dentro c'è tutto l'occorrente adatto per il pronto soccorso e altre cose >>
<< Carino >> dissi, sorridendo per la prima volta involontariamente
<< Sì, Pattie lo ha fatto fare apposta per te >> guardai Diana << Per me? >> dissi, lei annuii << Da piccola, amavi le casette per le bambole e una volta chiedesti a Pattie se poteva costruirtene una e lei disse sì. Dopo quel giorno, non c'è stato un momento in cui lei abbia lasciato perdere quel progetto, fin quando tu, sei andata via >> mi guardò ferita e poi tornò a guardare la baia << Adesso è diventata una base per i bagnini >> 
<< Io non ne sapevo nulla >> dissi guardando la baia 
<< Pattie voleva farti una sorpresa, così noi abbiamo fatto tutto il possibile per non farti avvicinare alla spiaggia - piscina >> risi 
<< Mi ricordo >> rise anche lei e poi tirò su col naso e si voltò ed entrò in camera. Mi voltai ed entrai anche io 
<< Ho disfatto la valigia i tuoi abiti sono qui, la valigia la puoi mettere anche sotto il letto >> disse vicino al letto, la guardai << Grazie >> e le sorrisi, lei mi accarezzò la guancia ed uscì dalla camera. Mi guardai intorno e poi mi gettai di pancia all'aria sul letto sprofondando nel sonno.

Ero in un vincolo. Sentivo l'odore acro dell'alcool e due mani che mi tenevano stretti i polsi. Gridavo. Nessuno mi sentiva. Iniziai a sentire un dito, percorrere la maglietta fino ad arrivare all'orlo e poi sentirlo sulla mia pelle. Saliva. Sentivo l'odore dell'alcol. I polsi mi facevano male. Il dito era arrivato sul mio stomaco e si stava addentrando nelle coppe del reggiseno.

Tock! Tock! 

Mi alzai di sopravvento, respirando affannosamente e mi guardai intorno. Era diventato buio ed ero sul letto bianco circondata dai miei vestiti. Bussarono di nuovo alla porta. Scesi dal letto e la aprii e mi ci ritrova davanti Lorenzo con un completo molto elegante e senza occhiali da sole. 
<< Hey! La nonna mi ha detto di venire a chiamarti. Tutto bene? >> disse guardandomi. Ero zuppa di sudore.
<< Ehm, sì. Sto, bene. Dì a Diana che scendo tra mezz'ora >>
<< Ok >> disse lui incerto << Ti vengo a prendere se vuoi >> concluse, gentilmente. Sbuffai
<< No, conosco la strada. Grazie lo stesso >> e chiusi la porta. Mi portai i capelli all'indietro ed andai in bagno e aprii il rubinetto della vasca. Iniziai a spogliarmi: mi tolsi la maglietta e le scarpe, le calze e i jeans, e mi fissai allo specchio. Guardai i lividi sull'anca destra e sotto il seno sinistro. Ebbi un lampo. Scossi la testa per farlo uscire fuori dalla mia mente e chiusi il rubinetto. Mi tolsi infine le mutande e il reggiseno ed entrai nella vasca. Guardai il soffitto e cercai di togliermi quel maledetto incubo dalla testa. Presi un respiro ed andai sott'acqua. Emersi e mi lavai i capelli. Finito mi sciacquai. Tolsi il tappo dalla vasca e feci sgorgare l'acqua. Mi alzai presi l'asciugamano e lo misi intorno al corpo. Tornai in camera e cercai un abito elegante: presi uno nero attillato corto senza spalline. Mi asciugai e presi le mutande e un reggiseno senza spalline e me li misi. Presi l'abito e lo indossai. Mi asciugai i capelli, color castano chiaro, e feci una treccia a spiga di pesce laterale. Andai allo specchio e mi truccai: matita nera sugli occhi color oceano, la ripassai con l'eyeliner nero e poi piegai le ciglia e misi un po' di mascara. Lasciai le labbra del loro colore naturale. Misi un paio di scarpe col tacco nere in raso, presi una pochette nera aprii la porta e sobbalzai. Con la mano sollevata, pronto a bussare, c'era Lorenzo
<< Mi hai spaventato! >> dissi uscendo dalla camera e chiudendola
<< Scusa mi ha mandato ... >>
<< Diana, lo so >> dissi scocciata. Mi incamminai verso l'ascensore e la chiamai.
<< Non ci siamo presentati. Io sono Lorenzo il figliastro di Pattie >> mi porse la mano, la guardai e poi gliela strinsi 
<< Tanto piacere >> la staccai ed entrai in ascensore, lui rise, lo guardai
<< Cosa c'è di tanto divertente? >> 
<< Niente >> disse sorridendo, feci una smorfia e gli guardai gli occhi: marrone scuro. Tornai a guardare la porta dell'ascensore.
<< Non sei un tipo di molte parole, eh? >> disse lui
<< Invece tu sì, a quanto pare >> dissi, continuando a guardare la porta dell'ascensore, rise di nuovo. Le porte si aprirono ed io uscii senza nemmeno aspettarlo e raggiunsi la sala da pranzo: pareti rosse, lampadario gigantesco in mezzo alla sala, tavoli rotondi riempivano la sala con attorno 8 sedie. Sui tavolini c'era un piccolo lume che forniva più luce. Andai al tavolo del buffet e presi un po' di poncho alla fragola e mi voltai per vedere la situazione. I tavoli erano occupati da famiglie tutte di 3 o 4 figli. Altri invece da coppie e altri ancora da anziani. 
<< Barbara! >> sentii una voce e mi voltai e vidi una donna minuta con i capelli color nocciola e due occhi color ghiaccio in un vestito di raso bianco lungo avvicinarsi a braccia aperte a me. Misi il bicchiere sul tavolo e mi feci abbracciare e io contraccambiai.
<< Ciao, Pattie >> dissi una volta essermi staccata da lei
<< Ma guardati! >> disse osservandomi << Sei diventata una bellissima donna! >> io sorrisi ed abbassai lo sguardo
<< Sono davvero contenta che tu sia tornata a casa >> feci un sorriso forzato e lei mi accarezzò la guancia << Devo andare a vedere se i clienti si divertono. Quel tavolo è il nostro tu sei seduta li con noi, se vuoi puoi andare >>
<< Va bene >> dissi e lei se ne andò. Iniziai a guardare con circospezione la sala: se Pattie era qui, voleva dire che anche lui era qui. Mi incamminai verso il tavolo ma di due occhi color nocciola, non c'era traccia. Sollevata mi sedetti al mio posto e un secondo dopo, accanto a me si sedette Lorenzo. 
<< Bella serata, vero? >>
<< Deliziosa >> dissi 
<< Non ho capito il tuo nome >> lo guardai
<< Forse perché non te lo detto! >> lui rise
<< Dio, voi donne siete tutte strane! >> 
<< Bé, nemmeno voi uomini siete tanto normali! >> risposi, lui rise e io alzai gli occhi al cielo. D'un tratto, la mia attenzione fu attratta da una ragazza che si stava alzando, con la mano destra, la spallina sinistra del vestito e con l'altra mano lo tirava per renderlo più lungo verso le gambe. Non riuscivo a vedere bene la sua faccia, ma quando intravidi che veniva verso il nostro tavolo, sorridendo, capii chi era.
<< Ciao >> disse Shila. Quando mi notò, il suo sorriso si trasformò in smorfia. Si sedette e prese un bicchiere sul tavolo e iniziò a berlo. Guardai di nuovo l'entrata e intravidi un ragazzo che si stava abbottonando la giacca. Ebbi un sussulto.
<< Stai bene? >> mi chiese preoccupato Lorenzo, toccandomi un braccio. Lo scostai da lui e mi alzai e mi diressi all'entrata. Ero sulla soglia la stavo sorpassando ma qualcuno mi prese un braccio.
<< Allora è vero >> sentii, mi irrigidii ancora di più. << Sei tornata >> dal tono che usava, sapevo benissimo che aveva un ghigno sulla faccia. Mossi il braccio per liberami e ci riuscii e continuai a camminare. Uscii dall'hotel e andai diretta alla spiaggia - piscina. Era una serata calda, quasi come tutte le altre, e la luna era ben visibile in cielo, accerchiata da tante stelle. Arrivata alla riva, strinsi le braccia al petto e rimasi a guardare il mare e iniziai a riflettere e a pensare su tutto quello che era successo la sera stessa in cui ero andata via e giunsi ad una conclusione: era tutta colpa sua. Presi un respiro e poi lo lasciai andare via. Mi tolsi le scarpe e entrai in acqua, giusto il minimo per bagnarmi i piedi. 
<< E' vietato fare il bagno a quest'ora >> udii alle mie spalle, mi voltai e vidi Lorenzo con le mani nelle tasche.
<< Ma visto che sei la nuova bagnina, possiamo fare un'eccezione >> continuò, raggiungendomi a fatica, sprofondando nella sabbia. 
<< Non volevo fare un bagno. Sono qui solo ... >> mi raggiunse e si mise accanto a me 
<< Solo per schiarirti le idee >> lo guardai, e lui guardò il mare << Sì, lo so. Ci vengo anche io, qualche volta >> tornò a guardarmi, io annuii e guardai il mare.
<< Da che cosa stai scappando? >> disse lui, io scossi la testa 
<< Niente, cosa ti fa pensare che io stia scappando da qualcosa? >> dissi, continuando a guardare il mare
<< Il tuo atteggiamento. Continui a tenere alla larga le persone accanto a te, perché? >> disse guardandomi, lo guardai
<< Perché? Perché io non esisto >> scossi la testa << Perché non voglio soffrire, perché ... Perché non voglio far soffrire le persone a cui voglio bene >> abbassai il viso
<< Quindi mi stai dicendo che sei una specie di fantasma? >> disse lui, quasi ridendo, alzai il viso arrabbiata ma quando guardai il suo sorriso, risi anche io 
<< Oh, ma allora sai ridere! >> continuò lui, ridemmo entrambi e poi tornammo seri. Io guardai per terra, mentre facevo dei cerchi nella sabbia. Lui si rimise le mani nelle tasche.
<< Non essere fredda con gli altri. Sì semplicemente te stessa >> alzai il viso << Me stessa? Io, non so chi sono >> scossi il capo
<< Bé, se vuoi posso darti una mano a capire chi sei. Iniziamo col nome >> sorrise, lo feci anche io 
<< Barbara. Mi chiamo Barbara Palvin >> gli porsi la mano
<< Molto piacere >> disse lui, imitandomi, risi e gli detti una pacca sulla spalla, rise e se la massaggiò e poi mi porse la mano
<< Piacere, io sono Lorenzo. Lorenzo Ostuni >> la presi e la strinsi.
<< Bene, ora sappiamo come ti chiami! >> disse mettendosi un dito sul labbro, come se stesse pensando 
<< Trovato! >> disse << Comportati semplicemente così >> e mi indicò, alzai un sopracciglio, lui rise e continuò << Sorridi, sì spontanea, sì onesta, sì tutto quello che vuoi, ma non allontanarci >> disse l'ultima frase scuotendo la testa e tornando serio. Lo guardai negli occhi: i suoi penetranti occhi neri. Annuii a malapena, lui piegò le labbra in un sorriso e poi mi porse il braccio, sorrisi lo presi e ritornammo verso la festa.
<< Sappi comunque che non sei ancora perdonato per la questione taxi >> dissi, lui rise e mi sussurrò
<< Mi farò perdonare >>

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Arrivammo all'entrata dell'hotel e mi fermai per rimettermi le scarpe. Mi abbassai in avanti e mi misi una e la chiusi e lo feci anche con l'altra mi rialzai e vidi Lorenzo che guardava nell'hotel con le mani in tasca. Quando finii mi guardò mi sorrise e mi diede di nuovo il braccio e aprì la porta dell'hotel ed entrammo. Arrivammo nella sala da pranzo 
<< Oh, io amo questa canzone! >> disse Lorenzo e mi trascinò in pista e lui iniziò a muoversi in maniera strana. Alzai un sopracciglio mentre cercava di imitare Michael Jackson e non riuscii a trattenere una risata. Lui rise con me e poi mi mise una mano dietro la schiena e con l'altra mi prese la mano e iniziammo a fare una specie di tango dove dopo tre passi alzavamo la gamba destra per poi rifarlo dalla parte opposta. Non avevo più riso così tanto da quando .... Mi bloccai, Lorenzo mi guardò preoccupato
<< Tutto ok? >> mi disse, guardai alla mia destra e lo vidi. Stava bevendo del poncho e sentivo il suo sguardo penetrante bruciarmi la pelle. Guardai Lorenzo e scossi la testa
<< Scusami, è tutto ok. Ma, devo andare >> lui guardò nell'esatto punto in cui avevo guardato io precedentemente e serrò la mandibola. Tornò a guardarmi e il suo sguardo si fece più rilassato. Mi fece un cenno con la testa
<< Grazie >> dissi con un sorriso tirato. Guardai di nuovo verso destra, lui mi osservava ancora. Mi voltai e mi incamminai verso gli ascensori il più veloce possibile. Pigiai il tasto e le porte si aprirono, entrai spinsi il piano e le porte iniziarono a chiudersi ma poi si riaprirono e sulla soglia vidi Jace. Con una mano aveva fermato le porte dell'ascensore e adesso l'aveva messa in tasca. Fece qualche passo ed entrò nell'ascensore e le porte si chiusero. Mi abbracciai, mi sentivo vulnerabile in quel momento.
<< Ciao >> disse, appoggiandosi alla parete dell'ascensore, io non risposi. Con la coda dell'occhio vidi che serrò la mandibola << Cos'è hai perso la lingua? >> continuò
<< No, è solo che non voglio parlare con te! >> dissi guardando le porte dell'ascensore
<< Dove sei stata? >> disse irritato 
<< Non sono affari tuoi >> gridai, il suo petto iniziò ad abbassarsi e a rialzarsi molto velocemente 
<< Non sono affari miei?! Certo che sono affari miei! Mi hai lasciato, lì da solo! Hai idea di quanto mia madre e mia nonna abbiano sofferto per colpa tua? >> mi indicò, io scossi la testa e lo guardai
<< Colpa mia? Davvero? Tu sapevi. Sapevi tutto e mi hai nascosto tutto! E poi .... >> scossi la testa ed ebbi un brivido di ribrezzo << Lasciami in pace >> le porte dell'ascensore si aprirono ed io uscii e Jace mi inseguì e mi bloccò, prendendomi per un braccio
<< Te lo detto. Ero ubriaco non sapevo quello che stavo facendo! >> disse lui, mi mossi e mi liberai 
<< Bé, adesso non sei tanto ubriaco! >> dissi io e feci un cenno alla nostra sinistra con la testa. Lui strinse gli occhi, non capendo, ma quando si voltò vide Shila con le mani conserte che lo guardava arrabbiata. Mi voltai e tornai a camminare verso la mia camera, senza voltarmi. La aprii ed entrai e la chiusi. Rimasi immobile a guardare la porta per qualche minuto dove i ricordi iniziarono a riaffiorare.
<< No! >> dissi a me stessa, scossi la testa, andai in bagno e mi struccai. Mi sciacquai la faccia e poi mi sfilai il vestito. Mi guardai allo specchio: le macchie violacee che avevo sul corpo mi provocarono un brivido di ribrezzo. Uscii dal bagno e andai vicino all'armadio ed uscii una maglietta larga bianca e me la misi. Salii sul letto, entrai nelle coperte e rimasi a guardare il soffitto bianco. Qualcosa di bagnato toccò la mia guancia fino ad arrivare al mio orecchio. Decisi che era meglio così: avevo tenuto dentro quelle lacrime troppo allungo. In un attimo il cuscino si bagnò, come se qualcuno ci avesse fatto cadere sopra un bicchiere d'acqua, ma non mi importava. Quel dolore che provavo, piano piano diventava leggero e così anche la mia capacità di rimanere sveglia. Chiusi gli occhi e un'ultima lacrima mi cadde, quella più amara. Quella del perdono. 

Il mattino dopo mi svegliai presto: il mio turno iniziava alle 8.30 ed erano si o no le 6 del mattino. Mi stiracchiai nel letto e poi mi asciugai gli occhi. Mi alzai ed andai in bagno a lavarmi i denti e a farmi una doccia veloce. Finito mi misi un paio di slip, era troppo presto per mettersi il costume, e una maglietta simile a quella precedente. Uscii sul bancone e mi appoggiai coi gomiti sulla ringhiera. Rimasi a guardare la spiaggia - piscina illuminarsi col sole del mattino. La giornata era accompagnata anche da un leggero venticello fresco. Tirai un respiro e poi lo feci uscire. Guardai i bambini rincorrersi vicino all'entrata della spiaggia - piscina già in costume. Aggrottai la fronte e mi voltai per vedere l'ora: erano già le 8. Sgranai gli occhi, rientrai in camera ma qualcuno bussò alla porta. Mi avvicinai ed andai ad aprire e non trovai nessuno. Guardai per terra e trovai una busta con un biglietto, la presi e mi chiusi la porta alle spalle.

"Questo ti servirà per il lavoro. Spero che ti piaccia. L"
 
Sorrisi e aprii la busta ed uscii un costume da bagno intero da bagnino rosso. Risi, sapevo che non lo aveva comprato c'era scritto sopra il seno destro il logo del villaggio. Scossi la testa andai in bagno e me lo misi, mi feci una coda e mi misi anche un paio di pantaloncini. Uscii dalla camera e mi incamminai verso l'ascensore e la chiamai. Mentre aspettavo sentii una mano mettersi sulla mia spalla e stringermela scattai subito e mi allontanai.
<< Hey, calmati! >> disse Jace, avevo il respiro affannato per lo spavento
<< Che ci fai su questo piano? >> dissi io incavolata
<< Sono venuto a prendere dei palloni >> me li mostrò << per far giocare i bambini >> io annuii, non mi interessava. Entrammo in ascensore e spinsi il piano e le porte si chiusero.
<< Primo giorno, eh? >> non risposi << Barbara, io ... >> le porte si aprirono ed io uscii velocemente per dirigermi alla spiaggia-piscina quando andai a scontrarmi contro Lorenzo. 
<< Scusa >> dissi
<< Buongiorno anche a te >> disse lui ridendo, risi
<< Buongiorno >>
<< Vedo che il mio regalo ti è piaciuto >> e mi fece l'occhiolino, gli scoppiai a ridere in faccia
<< Oh, sì, credo che lo userò spesso >> lui rise e anche io. 
<< Dai, ti accompagno >> mi guardai in giro in cerca di Jace e non lo trovai quindi guardai Lorenzo ed annuii. Ci incamminammo verso la porta dell' hotel. 

<< Ferma, dove pensi di andare senza fare colazione?! >> io e Lorenzo ci fermammo di scatto e ci voltammo. Diana era apparsa all'improvviso dietro di noi con un piatto con sopra delle fette biscottate ricoperte di Nutella e nell'altra mano aveva un bicchiere pieno di latte. 
<< Mh, Nutella! >> disse Lorenzo e alzò una mano per prendere una fetta biscottata ma Diana spostò il piatto
<< Queste sono per Barbara, tu hai già fatto colazione! >> disse ridendo, Lorenzo incrociò le braccia al petto e mise il muso, risi. 
<< Grazie, Diana >> dissi prendendo un fetta e addentandola, ero in paradiso. Presi il bicchiere di latte e ne bevvi un sorso. Guardai Lorenzo, che era rimasto col broncio, presi una fetta biscottata e gliela diedi, lui sorrise e la mangiò.
<< Povero, piccolo >> disse Diana accarezzandogli la guancia << Moriva di fame >>
<< Sì, non vedi come sono magro? >> disse lui, toccando la mano di Diana, ridemmo. 
Mi guardai in giro.
<< Vado o faccio tardi, grazie Diana >> le sorrisi e lei contraccambio'. Mi voltai ed uscii dall'hotel di corsa, attraversai la passerella ed arrivai all'isolotto. Mi guardai in torno e poi con un balzo, mantenendomi alla scala, salii sulla sedia gigante dei bagnini e mi sedetti. Attaccato al poggia braccia c'era una borsetta di tela color sabbia con dentro un salvagente rosso e un binocolo. Lo presi e iniziai a guardare i bambini giocare in acqua e i genitori che parlavano in piedi accanto a loro. Un grido attirò la mia attenzione e spostai la visuale, notando che il grido era diventato risata, vidi Jace palleggiare con una palla da basket. Era di fronte ad un bambino che cercava di prendergli la palla. Jace fece un finta a destra, si girò e tirò la palla nel canestro. Disse qualcosa al bambino che corse a prendere la palla mentre lui si avvicinò al suo borsone si abbassò e prese una bottiglia d'acqua. Bevve un sorso e poi si bagnò i capelli. La abbassò e scosse la testa per far cadere le goccioline d'acqua. Chiuse la bottiglia la rimise in borsa e iniziò ad alzarsi la maglietta, togliendosela. Mi morsi il labbro. Buttò la maglietta sul borsone e si toccò i capelli con una mano per bagnarsela poi girò la testa e mi guardò. Deglutii a fatica e lui fece una specie di sorriso nascosto. Abbassai il binocolo e lo misi a posto. " Ma che diamine facevo?! " scossi la testa con gli occhi chiusi, cercando di cancellare dalla mia testa la sua immagine.
<< Ti stai divertendo? >> sentii dirmi, sobbalzai aprendo gli occhi guardai in basso e vidi Jace con le mani nelle tasche che mi guardava con un aria divertita che scomparve subito non appena tornò serio deglutendo e stringendo i denti. 
<< Abbastanza >> risposi, tornando a guardare i bambini, lui rise. 
<< Cosa c'è di così tanto divertente? >> lo guardai, alzando un sopracciglio, lui scosse la testa con lo stesso sorrisetto che aveva prima, si voltò e se ne andò correndo verso il campo da basket. Sbuffai. La giornata fu abbastanza tranquilla. Guardai l'enorme orologio sulla casetta e vidi che era arrivata l'ora di pranzo, così mi alzai ed iniziai a scendere la scala, ad un certo punto scivolai e caddi ma fui presa al volo.
<< Tutto ok? >> mi disse Lorenzo, io annuii e lui mi riportò a terra. 
<< Non credevo fosse così scivoloso ... >> dissi incamminandomi verso il ponte
<< Sei stanca, è normale >> disse lui, camminando di fianco a me
<< Non sono stanca, non ho fatto nulla oggi oltre che osservare >> dissi io, in stile capitan ovvio, lui rise
<< Si, che lo sei. Non immagini quanto sole tu abbia preso oggi! Ci sto ancora lavorando su questo piccolo dettaglio >>
<< Non me ne sono accorta ... >> dissi. Arrivammo all'entrata e decisi che prima di pranzo mi sarei andata a fare una bagno.
<< Sai >> disse Lorenzo << Puoi anche scendere da quella sedia e fare un bagno ogni tanto. Giusto per rinfrescarti e per far amicizia con i bambini anche >> alzai un sopracciglio
<< Fare amicizia con i bambini? Io? >> mi indicai << I bambini mi odiano >> dissi premendo il tasto dell'ascensore 
<< Come fai a saperlo? Ci hai mai provato? >> mi chiese lui, io aprii bocca ma rimasi in silenzio e scossi la testa. L'ascensore arrivò ed entrai << Ci proverò >> dissi << Ma non ti garantisco nulla. Se va male, passerò l'intera estate su quella sedia, quindi ti conviene inventare qualcosa per metterci un ombrellone! >> continuai sarcastica, lui rise << E tu dovresti ricordarti di portarti un tubetto di crema solare >> sgranai gli occhi, lui si voltò e l'ascensore iniziò a chiudersi. Mi voltai e guardai il mio riflesso nello specchio. Avevo la coda scompigliata e tutta la faccia, tranne la parte del naso e degli occhi, rossa. Mi toccai il viso e sentii quella vecchia sensazione calda di pelle arrossata. Chiusi gli occhi e mi ricordai di quella volta in cui io e Jace eravamo in acqua e non volevamo uscire così, Pattie ci prese con forza e ci portò in camera. Io e Jace eravamo rossissimi dopo un pò ci guardammo e lui mi toccò il viso e sottrasse la mano per la sensazione strana. Lo feci anche io con lui e quella sensazione mi piacque. All'improvviso vidi la mia bocca e la sua l'una sull'altra e quella sensazione di calore percorrermi il corpo e poi sentii un respiro sul mio collo e riaprii gli occhi, ansimando. Le porte dell'ascensore si spalancarono e in fretta e furia uscii ed entrai in camera. Presi la crema dopo sole, degli abiti puliti e andai ad aprire il rubinetto della vasca da bagno. Mi avvicinai alla porta finestra e la spalancai ed uscii fuori appoggiandomi alla ringhiera. Guardai le mamme e i papà che lottavano con i propri figli, cercando di farli uscire dall'acqua. Risi e sentii anche un altra risata accompagnare la mia perfettamente. Abbassai di più lo sguardo e vidi Jace che guardava gli stessi bambini che guardavo io. Aveva le mani nelle tasche e la postura era rilassata. Sentii di nuovo la sua risata e sorrisi. Tornai in camera ed andai a chiudere il rubinetto. Mi tolsi i pantaloncini e il costume, mi districai la coda ed entrai nella vasca. Chiusi gli occhi lasciandomi trasportare da quel momento. Qualche secondo dopo sentii un tonfo e li riaprii di scatto. Uscii dalla vasca e mi misi un asciugamano attorno al corpo e piano aprii la porta del bagno. E vidi un uomo di spalle vestito di nero. La porta cigolò e l'uomo si girò quando lo vidi in faccia quasi urlai ma le grida rimasero intrappolate nella mia gola. L'uomo mi si avvicinò e mi buttò contro un muro ed iniziò a toccarmi e a stringermi i polsi. Non riuscivo a respirare, iniziai a vedere male e poi finalmente mi svegliai. Respirai affannosamente guardandomi in torno. Le gocce d'acqua mi cadevano pesanti sul viso. Mi ero addormentata nella vasca e stavo per suicidarmi senza volerlo. Mi aggrappai alla vasca ed uscii. Tolsi il tappo e lasciai che l'acqua scivolasse via. Presi un asciugamano e lo misi intorno al corpo quando qualcuno bussò alla porta della mia camera mi congelai. 
<< Barbara, è pronto il pranzo >> udii una voce scocciata ma familiare. Senza pensarci uscii dal bagno ed aprii la porta della camera. Jace aveva alzato un braccio, pronto a bussare quando mi vide si bloccò. Mi guardò dalla testa ai piedi e poi tornò guardarmi il viso, corrugò la fronte e aprii la bocca ma io non gli diedi nemmeno il tempo che mi buttai sul suo petto e iniziai a piangere. Si irrigidì da quel mio comportamento, sinceramente nemmeno io sapevo perché mi ero comportata così, ma lo avevo fatto. Avevo bisogno di qualcuno. Avevo bisogno di sentirmi al sicuro e lui era l'unica persone che mi faceva sentire tale. Mi mise le mani attorno al corpo e mi abbracciò, attirandomi più forte a se e facendomi piangere molto di più. Iniziò a farmi indietreggiare in modo tale da chiudere la porta. Mi fece sedere sul letto e lo fece anche lui e poi mi attirò nuovamente a se abbracciandomi, scaldandomi, facendomi sentire quel calore che sentivi quando ti scottavi sotto il sole e lì sorrisi. Ero a casa.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ero lì, che la tenevo fra le mie braccia, come quando eravamo bambini. Una ciocca di capelli le cadde sul viso e gliela misi dietro ad un orecchio e col pollice della stessa mano, le accarezzai la mandibola e notai che stava dormendo. Risi fra me e me, era rossissima e caldissima per il sole che aveva preso oggi al lavoro. Ad un certo punto aggrottò la fronte e iniziò a respirare velocemente, la sua mano strinse la stretta sulla mia camicia e io iniziai a preoccuparmi. Stava soffrendo. Ma cosa stava sognando? 
<< Hey, Pal, sono qui >> le sussurrai toccandole la mano e subito si calmò. 

Tock! Tock! 

Bussarono alla porta, amaramente, scivolai sotto la sua presa e scesi dal letto e aprii la porta. Lorenzo era davanti a me. Aveva le mani nelle tasche dei suoi pantaloni la mandibola serrata.
<< Che ci fai qui? >> mi chiese, serio
<< Ero venuto ad avvisare Barbara che era ora di pranzo >> risposi io, lui alzò le sopracciglia per poi riabbassarle.
<< Bene >> disse << Dov'è? >> mi guardò negli occhi con aria truce. Mi spostai e lui la vide. Mi voltai anche io. Era sul letto, con l'asciugamano e i capelli bagnati, la pelle in bella mostra rossa come il fuoco. Lorenzo entrò velocemente e gli mise una mano sulla fronte
<< Che stai facendo? >> dissi aggrottando la fronte
<< Scotta >> disse, poi si voltò verso di me << Vai a prendere una crema dopo sole, presto! >> mi disse io mi avvicinai minacciosamente 
<< Vai a prenderla tu! Lei ha bisogno di me! E poi, io non prendo ordini da te! >> dissi, guardandolo dalla testa ai piedi. Lui alzò gli occhi al cielo
<< Ho capito >> disse e poi mi spinse verso il muro bloccandomi prese il colletto fra le sue mani << Ascoltami bene, coglione! Quella è la ragazza che hai perso per le cazzate che TU hai fatto e se vuoi riconquistarla, bè, ti svelo un segreto >> si avvicinò al mio orecchio << Sto cercando di conquistarla, lei è bellissima e fragile, non so che cosa le sia successo ma sicuramente non ha bisogno di te e delle tue stronzate! >> le sue parole mi fecero bollire il sangue. Mi strattonai dalla sua presa e con un pugno cadde per terra. Iniziò a rialzarsi ridendo: la sua bocca era piena di sangue, lui iniziò a venire verso di me io preparai un altro pugno, tirai il braccio indietro
<< FERMI!!! >> ci voltammo. Barbara era sul letto seduta che tremava, gli occhi colmi di lacrime. Mi avvicinai a lei ma si sottrasse al mio tocco, mi incupii. 
<< Va bene >> dissi, guardai Lorenzo e poi di nuovo lei, scossi la testa mi voltai ed uscii da quella camera a passo svelto sbattendo la porta. Non mi sono MAI perdonato quello che ho fatto e adesso sto iniziando a pensare che sia tutta colpa mia. Che sia colpa mia che stia soffrendo così. Ma perché sono così coglione, perché? Entrai nella mia camera mi chiusi ed iniziai ad urlare. Tirai un pugno al muro e poi misi le mani sulla mia faccia e mi lasciai scivolare per terra. L'avevo persa. E la colpa è soltanto mia. 
<< Justin?! >> sentii, sbuffai. 
<< Justin, dove sei? >> udii dei tacchi avvicinarsi verso la mia camera e poi qualcuno bussò. Tolsi le mani dalla faccia e mi alzai di malavoglia
<< Apri subito la porta >> disse Shila, la aprii e la vidi: pelle bianca, il classico rossetto rosso, i classici occhi neri con il classico mascara e la classica coda di cavallo color corvino. Aveva le mani conserte al petto e un sopracciglio alzato.
<< Ma che fine hai fatto? Ti ho cercato da per tutto! Il pranzo è pronto, andiamo >> mi prese per un polso e mi trascinò ma io mi fermai e mi slacciai da quella presa 
<< Non ho fame >> dissi guardando per terra, lei si girò e mi guardò con la fronte corrugata
<< Cosa? >> 
<< Non ho fame >> le urlai. Iniziava ad infastidirmi. Si girò totalmente verso di me, sogghigno' e mi mise le mani intorno al collo e si avvicinò al mio corpo
<< Nemmeno io ho tanta fame >> mi sussurrò, strinsi i denti << Quindi che ne dici se ... >>
<< No >> dissi, presi i suoi polsi e tolsi le sue mani dal mio collo, scossi la testa, lei aggrottò la fronte non capendo << E' finita >> conclusi, guardandola negli occhi << Mi dispiace >> mi voltai e feci qualche passo 
<< Ma certo, come ho fatto a non capirlo prima >> sputo' acida, mi voltai
<< Ora che è tornata Barbara hai occhi solo per lei! Peccato che non è successo cinque anni fa', quando lei è corsa da te, dopo aver scoperto che i suoi genitori erano morti, e che è stata adottata all'età di 3 anni da voi, per farsi consolare da te mentre TU ti stavi scopando la sua migliore amica! >> strinsi i denti, lei rise
<< Già! Che effetto fa sentirsi la verità, Jace? >> non ci pensai due volte che scattai verso di lei, le presi il collo e la spinsi contro un muro bloccandola
<< Non provarci mai più. Se ti sento solo ancora una volta parlare di questa storia o sentire che mi chiami così, ti faccio passare i guai >> le sussurrai, vedevo il terrore nei suoi occhi. La lasciai andare e lei iniziò a tossire e poi scappò. Tirai un pugno alla parete. Sono un fottuto coglione. Risentire quella storia mi ha fatto rivivere il momento. Vedevo il suo viso in lacrime, che singhiozzava prima di scappare dalla vista di me e la sua migliore amica uno sull'altro. Chiusi gli occhi e scossi la testa. Avevo bisogno di una doccia fredda.  


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Questo capitolo é più piccolo degli altri perché ho avuto poco tempo per scriverlo. Comunque spero che la storia vi piaccia e se avete qualche commento, positivo o negativo, da farmi riguardo la storia fatelo :D 
Grazie di cuore alle persone che stanno leggendo la storia, é davvero molto importante per me :D 
Ho deciso di farvi un piccolo regalo. Qui sotto troverete delle Gif dei tre personaggi, ovvero Lorenzo, Jace e Barbara. Ovviamente di capisce chi sono perché non ho cambiato a nessuno di loro i cognomi ma comunque ho voluto lo stesso mettere le Gif ancora qualcuno non sapeva chi fossero. Grazie ancora :D buona lettura :D 

  Barbara

 Jace

 Lorenzo

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


<< Stai bene? >> mi chiese Lorenzo, sedendomi accanto. Tremavo e avevo freddo: le goccioline d'acqua dei miei capelli che mi cadevano sulla schiena mi fecero venire un brivido.
<< No >> dissi guardandolo, poi mi guardai le gambe: ero nuda avevo solo l'asciugamano. Mi alzai in fretta e mi misi le mani sulle spalle, Lorenzo si alzò insieme a me
<< Puoi uscire, per favore? >> gli chiesi
<< Stai bene? >> mi chiese di nuovo. Odiavo quando la gente si ripeteva quando aveva già la risposta, chiusi gli occhi irritata
<< Puoi lasciarmi da sola, per favore? >> aprii gli occhi e lo guardai in maniera truce. Lui corrugò la fronte, annuii, mi diede le spalle e iniziò ad uscire, lo seguii e quando uscii dalla camera, chiusi la porta a chiave. Mi voltai e sospirai. Perché Jace era sempre così protettivo nei miei confronti? Perché si comportava sempre così? Ogni volta che qualcuno mi si avvicinava lui o lo minacciava o lo picchiava per dire che io ero di sua proprietà. Apprezzavo questo lato di lui, ma adesso ... inizia ad infastidirmi. Non sono più di sua proprietà e questo deve capirlo. Andai in bagno e mi misi un po' di crema dopo sole e mi vestii: mi misi un paio di jeans stretti, una canotta bianca e una felpa viola e delle converse nere. Mi asciugai i capelli col phone ed uscii dal bagno. Andai vicino alla porta, la aprii e sussultai. Lorenzo era seduto a terra che mi aspettava; quando mi vide si alzò aiutandosi con le mani e se le sfregò per pulirsele. Io gli diedi le spalle e chiusi la porta, mi voltai verso di lui
<< Non c'era bisogno che mi aspettassi >>
<< Si, invece.Ti sarebbe potuto succedere qualcosa ... Saresti potuta svenire >> feci una risata finta
<< Davvero? Non sono così debole come pensate. Ne ho passate tante in questi 5 anni e un'insolazione non è niente in confronto >> lui mi fissò, mi addolcii e sospirai << Davvero. So cavarmela benissimo da sola ... >>
<< Non sembrava >> disse lui, lo fissai 
<< Sembravi ... Persa. Distrutta. >> scosse la testa << Io ... Io non ci riesco ok? Non riesco a ... Stare lontano da te. Non c'è la faccio! >> sgranai gli occhi, non mi aspettavo che uscisse fuori di testa così, e nemmeno che dicesse delle cose simili. Si strofinò il labbro con una mano, come se stesse pensando a cosa dire e poi si grattò la testa e la scosse.
<< No, non ci riesco >> mi sorrise dolcemente e si avvicinò a me, mi accarezzò la guancia col pollice 
<< Mi hai stravolto, in così poco tempo >> mi sussurrò guardandomi negli occhi. Non riuscivo a muovermi, nemmeno a parlare l'unica cosa che riuscivo a fare era guardarlo negli occhi. Quei bellissimi occhi marroni scuro, così intensi. Non avevano niente a che vedere con quelli di ...
<< Ho un po' di fame. Meglio che vada a pranzare >> feci un passo indietro in modo da allontanarmi da lui e poi lo sorpassai ed andai a chiamare l'ascensore che quasi subito arrivò. Le porte si aprirono e vidi Shila con gli occhi spalancati, che tremava e piangeva: il suo mascara le era colato tutto sul viso.
<< Shila? >> sentii alle mie spalle e in un battito di ciglia vidi Lorenzo andare verso di lei a consolarla. Lei si sciolse sotto il suo abbraccio e smise di tremare, lui la teneva stretta a se e io ero li immobile. Le porte dell'ascensore si chiusero ed io rimasi da sola. Sentii una porta chiudersi alla mia sinistra, voltai il viso e vidi che qualcuno stava mettendo dei palloni da basket a posto. Doveva essere sicuramente Jace. Decisa, andai verso la porta, pronta a fargli una sfuriata: Shila non mi piaceva, per niente, ma sicuramente nessuno dovrebbe essere trattato così, qualsiasi cosa lui le abbia fatto. Sì. Ero convinta che era stato lui. Avevo la stessa faccia quando lo vidi sul letto sopra alla persona che credevo fosse la mia migliore amica. In quel momento ero scappata, ma solo perché ero troppo ferita, ma adesso è diverso. Arrivai vicino ai palloni e mi misi davanti alla porta e lo vidi. Era piegato in avanti e stava sistemando dei palloni da calcio. Mi appoggiai al cornicione della porta e misi le mani conserte.
<< Cosa le hai fatto?! >> dissi, in tono brusco, non si voltò e continuò ad aggiustare i palloni.
<< Sei diventato sordo, per caso? O il gatto ti ha mangiato la lingua? >> continuai
<< Cosa ho fatto a chi? >> si decise a parlare, tornando dritto e voltandosi verso di me, corrugai la fronte
<< Sai benissimo di chi sto parlando >> risposi, impassibile. Lui alzò le spalle, io alzai un sopracciglio irritata
<< Non sono affari tuoi di come mi comporto con le persone >> disse e si voltò di nuovo verso i palloni. Scocciata mi incamminai nella stanza e lo tirai dalla maglietta
<< Devi smetterla di comportarti così! Non capisci che ferisci le persone?! >> sbottai, guardò davanti a sé, stringendo la mandibola
<< Ascolta >> scossi la testa << Io non ho la minima idea di cosi lei ti abbia detto, ad essere sincera, lei non mi piace nemmeno è antipatica e irritante e la conosco, per così dire, da un giorno, ma nessuno merita il trattamento che tu lei hai dato. Devi smetterla di iniziare ad interessarti a qualcosa o a qualcuno e fare in modo che nessuno si avvicini ad essa per poi prenderla e buttarla via come fosse una pezza >> mi guardò << Devi smetterla di prendere a pugni chiunque per difendere qualcuno, non si arriva a niente con le mani e poi questo qualcuno potrebbe riuscire a difendersi anche da solo >> lui iniziò a ridere, io alzai un sopracciglio sconcertata
<< E questo qualcuno saresti tu? >> mi guardò, non trattenendo il sorriso che aveva sulle labbra, misi le mani conserte sul petto
<< Parlavo in generale >> bofonchiai, lui scosse la testa.
<< Ascolta, questo è il mio carattere >> si mise una mano sul petto << E' mia la decisione di proteggere, in qualsiasi modo possibile, le persone che amo. Tu parli tanto che io faccio soffrire la gente quando tu sei stata la prima a far soffrire tutti noi quando te ne sei andata senza dire nulla a nessuno >>
<< Era diverso e lo sai benissimo >> 
<< Quel che sia ma lo hai fatto senza pensare alle conseguenze e io agisco d'impulso. Sono io e se non ti piace puoi anche andartene da questa stanza, devo mettere a posto questi palloni e quelli che stanno fuori >> mi morsi il labbro, sconfitta, lui rise.
<< Io non vado proprio da nessuna parte! >> dissi, puntando i piedi sul pavimento, lui rise forte
<< Andiamo, ormai ho vinto >> 
<< Qui non si tratta di chi vince o chi perde, Jace. Qui si tratta di te! Insomma, cosa ti ha detto quella squilibrata che ti ha fatto tanto uscire fuori dai ghingheri?! >> lui tornò serio e serrò la mandibola
<< Non sono affari tuoi, te lo detto e te lo ripeto, adesso vattene >> si voltò e si abbassò per continuare a mettere le palle al proprio posto. Feci qualche passo, ma invece di andare via, mi misi di fronte a lui e mi abbassai, lui alzò la testa sorpreso. Le nostre teste erano ad 1 cm di distanza, iniziai a respirare affannosamente, lui si inumidì le labbra e guardò in basso, verso le mie labbra, iniziai a respirare con molta più difficoltà di prima. Mi morsi il labbro, lui sorrise e poi scosse la testa e e serrò la mandibola
<< Ti prego, vattene >> mi implorò, chiudendo gli occhi e abbassando la testa
<< No >> sussurrai io. Non so cosa mi stava succedendo o perché lo stessi facendo ma non volevo andarmene da quella stanza. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Strinsi i denti più che potevo, cercando di reprimere il desiderio di baciarla e di toccarla. Tenevo gli occhi ben chiusi, così forte, che mi facevano male. La testa china in modo tale di non sentirla davanti a me. Ad un certo punto sentii le sue mani sul mio viso e lì mi abbandonai al suo tocco. Mi alzò il viso in modo tale da poterla guardare, ma non lo feci. Tenni gli occhi chiusi.
<< Apri gli occhi >> mi sussurrò, mi leccai le labbra e scossi la testa, lei rise
<< Perché no? >> disse lei, così presi i suoi polsi tra le mie mani e gli tolsi le mani sul mio viso e la feci alzare con me. Avevo ancora la testa abbassata ma gli occhi li avevo aperti e guardavo i suoi polsi fra le mie mani, lei mugolò e cercò di togliere i suoi polsi dalla mia stretta ma qualcosa attirò la mia attenzione. Aggrottai la fronte e vidi che l'interno dei suoi polsi era color violaceo, lei li tirò via e li nascose sotto la felpa.
<< Cos'erano quei segni? >> gli chiesi accigliato, lei guardava da un altra parte, mi avvicinai a lei
<< Pal, non sto scherzando >> dissi e lei mi guardò, con gli occhi sgranati << Come hai fatto a procurarti quei segni? >> lei iniziò a balbettare
<< Sono caduta dallo skate >> mi guardò e si strofinò il naso
<< Menti >> le dissi, lei aprì bocca
<< E' vero! >>
<< No, non lo è! >> risposi infine io e poi vidi il suo corpo irrigidirsi come quando, di sopra, si era addormentata e aveva iniziato a tremare, strinsi i denti.
<< Non era un sogno allora >> sputai, lei iniziò a respirare affannosamente 
<< Cosa? >> ripeté, quasi sul punto di piangere
<< Pal ... >>
<< E' da un'ora che vi sto cercando! >> mi voltai e vidi mia madre sulla soglia della porta con il viso contratto dall'esasperazione.
<< Il pranzo è pronto, andiamo >> e si scostò in modo tale da farci uscire. Barbara, a passo svelto, uscì dalla stanza e lo feci anche io, presi i palloni e li misi dentro e poi chiusi la porta e mi diressi all'ascensore con loro. Mia madre stava controllando l'orologio e Barbara si teneva stretta fra le braccia, tesa. L'ascensore arrivò ed entrammo, mia madre spinse il pulsante e le porte si chiusero e poi si voltò verso di noi a braccia conserte e ci esaminò. Odiavo quando lo faceva. Iniziò da me, guardandomi dall'alto verso il basso attentamente, con un occhio da falco poi si voltò verso Barbara e con occhi gentili la esaminò, la guardai anche io. Tremava e si strofinava con le mani, sulle spalle, la felpa per farsi calore.
<< Tesoro, sicura di stare bene? >> lei guardò mia madre
<< Sì, Pattie. Sto ... bene >> e sorrise, mia madre fece lo stesso e le accarezzò una guancia. Le porte dell'ascensore si aprirono
<< Devo andare, dei clienti mi stanno aspettando, voi andate dritti alla sala da pranzo >> mi guardò con aria truce e poi Barbara con dolcezza. Annuii e lo fece anche Barbara, mamma uscì dall'ascensore e Barbara la seguì e anche io. In silenzio, andammo nella sala da pranzo, dove al nostro tavolo c'era mia nonna che stava servendo il secondo e mio nonno e Lorenzo che discutevano su un progetto e accanto a lui Shila che stava messaggiando. 
<< Oh, siete arrivati! >> disse mia nonna e ci raggiunse e prese Barbara sotto braccio e la condusse al tavolo
<< Oggi ho preparato la crudaiola con i fusilli >> disse mia nonna andando a prendere il vassoio e mettendoci un po' di cibo nel piatto << Buon appetito >> concluse. Guardai Barbara che tremava ancora, strinsi le mani a pugno: cosa le era successo? Perché stava così? Chiunque fosse stato, l'avrebbe pagata cara. 


         

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Continuavo a tremare. Guardavo il mio piatto e poi guardai Jace, era serissimo. Abbassai lo sguardo e vidi le sue mani tramutate in pugni. Rabbrividii. Sapevo che Jace non mi avrebbe lasciata più in pace finché non avesse saputo la verità. Mi guardò
<< Mangia >> mi disse, spalancai gli occhi poi lui tirò un respiro e si calmò ed iniziò a mangiare, guardai il mio piatto e sentii il mio stomaco brontolare così presi la posata ed iniziai a mangiare e subito mi sentii meglio.
<< Ragazzi noi dobbiamo andare >> disse Bruce alzandosi e così lo seguirono anche Lorenzo e Shila. Bruce fece il giro del tavolo e mi stampò un bacio sui capelli, sorrisi tra me e me. E così io e Jace rimanemmo soli. Prese il tovagliolo e si pulì.
<< Allora? >> mi disse guardandomi alzando un sopracciglio. Presi il bicchiere pieno d'acqua e lo bevvi.
<< Jace, non c'è niente ... >>
<< Non è vero! >> disse, tremando. Non lo avevo mai visto così. Si avvicinò con la sedia a me, eravamo a pochissimi millimetri di distanza. Mi guardò negli occhi e mi mise una mano sulla guancia e col pollice me la massaggiò, tirai un sospiro guardando in basso. 
<< No >> sussurrò, scuotendo la testa e lo guardai. I suoi occhi mi imploravano di dirgli la verità ed io ricominciai a tremare.
<< Hey, calmati >> mi mise l'altra mano sul viso e mi calmai << Ci sono io >> continuò. Poi mi lasciò il viso e continuò a guardarmi.
<< Va bene >> dissi << Ma non qui >> lo guardai, lui annuì.
<< Vediamoci alla casetta del bagnino, stasera >> io annuii, lui fece un mezzo sorriso e poi tornò a mangiare.
Finito di pranzare ci alzammo ed io iniziai a sparecchiare e con mia grande sorpresa lo fece anche lui, lo guardai stupita
<< Cosa? >> disse in tono sorpreso
<< Non hai mai tolto un piatto ... Cosa ti è successo Bieber? >> risi e lo fece anche lui
<< Sai com'è, si cresce e si prende atto delle proprie responsabilità >> lo guardai senza farmi vedere e sorrisi ed andammo in cucina e mettere i piatti sporchi nel lavabo.
<< Allora ci vediamo stasera alle 22.00 alla casetta. Mi raccomando ricordati le chiavi >> annuii e mi morsi il labbro lui si avvicinò e mi baciò la fronte e se ne andò. Guardai in basso. Gli avrei raccontato tutto? Ci sarei riuscita davvero? Non lo avevo detto a nessuno, ma a Jace? Scossi la testa e mi incamminai verso l'ascensore per andare in camera mia.

Guardai il mio cellulare: erano le 21.30. Mi alzai da tavola ed andai in bagno. Mi appoggiai al marmo del lavandino e mi guardai allo specchio. Capelli spettinati, il rossore del sole che mi bruciava tutta la faccia e poi un lampo. Mi vidi intrappolata al muro con i polsi stretti nelle sue mani. Mi voltai e inspirai. Uscii dal bagno e mi diressi in camera per cambiarmi. Mi lavai i capelli e mi feci una coda alta e mi misi un paio di pantaloncini di jeans e una maglietta bianca con scollo a V e le mie Converse nere. Presi le chiavi della casetta e mi avviai verso l'ascensore e la chiamai. Gli avrei parlato di quello che mi era successo in questi 5 anni? Del lavoro, degli uomini, dei soldi e di quella notte? Non sapevo davvero che fare. Una parte di me lo voleva dirgli la verità ma l'altra no. Aveva paura. Paura che una volta detto tutto ciò lui sarebbe .... cosa? Scappato? Non lo sapevo. Le porte dell'ascensore si aprirono e vidi Lorenzo, lui mi guardò e fece un mezzo sorriso, contraccambiai ed entrai nell'ascensore e pigiai il bottone del piano terra.
<< Dove vai? >> mi chiese, lo guardai
<< A controllare la torretta >> 
<< Perché? >> 
<< Voglio stare un po' da sola >> lui annuii e non parlò più. Arrivati giù uscii dall'ascensore ma lui mi prese per un braccio 
<< Senti, per quello che è successo oggi, io ... >> si guardò i piedi e poi mi guardò << Volevo chiederti scusa. Ho detto cose che non avrei dovuto dire ... >>
<< Si, non fa niente >> gli sorrisi, lui mi guardò e sorrise anche lui
<< Bene ... allora, ciao >>
<< Ciao >> sorrisi, mi lasciò il braccio e se ne andò a passo svelto. Mi voltai ed uscii dall'hotel e mi diressi verso la spiaggia-piscina e lo vidi. Era vicino alla torretta con la testa abbassata e le mani nelle tasche dei suoi jeans, che calciava la sabbia. Sorrisi, era un'immagine così tenera. Mi tolsi le scarpe e andai verso la casetta. Lui ora era di spalle che guardava la luna. I suoi capelli, tinti color platino, risplendevano sotto la luce della luna.
<< Eccomi >> dissi e lui si voltò. Aveva una maglia verde acqua con scollo a V che metteva in risalto i suoi pettorali. Si avvicinò a me, serio. A cosa pensava? 
<< Ciao >> disse con un sospiro
<< A che pensi? >> dissi, lui guardò altrove e poi tornò a concentrarsi su di me
<< Credevo che non ti saresti presentata >> ci avevo pensato, scossi la testa e gli sorrisi, lui fece un sorriso forzato. Questa situazione lo logorava davvero molto. Gli diedi le chiavi e lui aprì la casetta. Entrò prima lui e poi io. Accese la luce e vidi che le pareti erano bianche e celesti color del cielo. Le finestre erano grandi e incorniciate di bianco. Nella stanza c'erano una scrivania e un divano e tutto intorno era pieno di pensili pieni di attrezzature mediche. Jace chiuse la porta e mi fece segno di seguirlo. Andammo al piano di sopra dove la stanza era color celeste ed in mezzo alla stanza c'era un letto singolo, grande e di fronte un singolo più piccolo.
<< Visto che mamma aveva già comprato i letti per la tua casa delle bambole gigante abbiamo pensato di metterli qui >> andai vicino al letto e mi sedetti. Era comodo. Mi rattristii.
<< Mi dispiace tanto >> dissi, abbassando la testa, Jace corse verso di me si mise in ginocchio di fronte a me
<< No, no. Non fa niente. E' successo. E la colpa e soltanto mia >> lo guardai, aveva lo sguardo sincero, quasi ferito
<< E' stata tutta colpa mia se tu sei andata via. Io sapevo, ma invece di dirtelo e di rassicurarti, me ne sono fregato. Ero un cazzone. Mi dispiace tanto, Pal >> mi disse. Sentivo il suo respiro sulle mie labbra. Lui se le inumidì e io mi morsi il labbro. Gli misi le mani ai lati del suo collo e con i pollici gli accarezzai le tempie, dolcemente. Lui chiuse gli occhi e fece uscire un sospiro. Li riaprì ed iniziò ad avvicinarsi al mio viso. Mise la sua fronte a contatto con la mia. Tolsi le mani dal suo collo e le feci scendere lungo le spalle per percorrere la linea a V che faceva la maglietta. Lui rise e lo feci anche io. Chiusi gli occhi e lo allontanai da me. Lui aggrottò la fonte ma poi si rilassò si alzò e si mise accanto a me. Gli presi le mani e lo guardai negli occhi. 
<< Ci ho pensato molto. E sono giunta alla conclusione che ti dirò tutto. Ma ad una sola condizione >> lui annuii, lo guardai, seria << Questo resta fra te e me >> mi strinse le mani e capii che era un sì. Presi un respiro ed iniziai a raccontare.   

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


<< Non possiamo dirglielo adesso! E' troppo piccola! >> sentii dire a mia nonna Diana, incuriosita mi avvicinai alla porta della cucina
<< Ma almeno capirebbe! Se glielo diciamo ora è molto meglio! >> disse nonno Bruce, aggrottai la fronte: di chi stavano parlando?
<< Sono d'accordo con papà >> disse mia madre << Sarebbe meglio dirglielo ora e basta. Se aspettiamo ancora, non so come potrebbe andare a finire >>
<< Ma, Pattie ... >> iniziò a dire mia nonna e mia madre fece un sospiro
<< Mamma lei crede di essere mia figlia! Crede che suo padre l'ha abbandonata quando invece non è così! Io non riesco più a fingere! >> sbottò mamma piangendo. Cosa voleva dire? Entrai in cucina e vidi che mio nonno, mia nonna e mia madre mi guardarono sorpresi.
<< Che succede? >> dissi, mamma si avvicinò a me e mi fece sedere su una sedia e li si sedette accanto a me, mi accarezzò una guancia
<< Vedi, piccola ... non è facile ... tu credi di essere mia figlia, ma non è così >> sgranai gli occhi e la incitai a continuare, ero confusa 
<< Tu credi che tuo padre ci ha lasciate, ma in realtà non c'è mai stato nessun altro uomo nella mia vita oltre che il padre di Justin >> persi un battito e aggrottai la fronte non capendo, lei scosse la testa e spostò le mani dal mio viso alle mie, le guardai e poi tornai a guardare lei: era preoccupata
<< Cosa? >> dissi senza fiato, lei tirò su' col naso
<< Quando eri piccola tuo padre, Michael, e tua madre, Rose, venivano da noi per le vacanze. Un giorno, mentre tu eri qui, loro hanno avuto un incidente. I tuoi genitori non avevano contatti con nessuno dei tuoi parenti, così, abbiamo deciso di adottarti >> ascoltai quella storia come se non fossi lì. Come se fossi uno spettatore fuori campo. I miei genitori erano morti. Pattie non era mia madre, Bruce e Diana non erano i miei nonni, li guardai con la vista annebbiata dalle lacrime, Bruce stava consolando Diana poi tornai a guardare Pattie
<< Perché non mi avete mai raccontato la verità? >> dissi scuotendo la testa arrabbiata e confusa, sentendomi stupida. Con loro da bambina avevo sempre avuto un bellissimo rapporto per quello che ricordavo. 
<< Non volevamo farti del male ... >> disse Pattie
<< Farmi del male? >> dissi quasi piangendo << Non so quanto poteva farmi del male da bambina sapendo la verità ma so quanto fa male adesso >> Pattie cercò di tranquillizzarmi, sposò la mano verso la mia guancia per accarezzarmi ma io la scostai, scesi dalla sedia e scappai verso le scale. Avevo bisogno di parlarne con qualcuno. Arrivata al piano di sopra entrai in camera e mi chiusi la porta alle spalle. Crollai per terra piangendo. Tutto ciò che sapevo sulla mia famiglia, su questa famiglia, era falso. Sentii un tonfo, provenire dalla camera da letto. Mi alzai e mi avviai. Sentii un altro, un altro e un altro ancora. La porta della camera da letto era socchiusa e c'era una luce soffusa che la illuminava di poco. Aggrottando la fronte la aprii e vidi la schiena di Jace e due gambe che la intrecciavano. Gridai e Jace girò la testa verso di me guardai sotto di lui e vidi la mia amica Lucrezia. 
<< Ti posso spiegare >> dissero all'unisono, mentre Jace si staccava da lei. Scossi la testa
<< Qui non c'è un bel niente da spiegare. E' tutto chiaro. E io che pensavo che contassi davvero per te >> guardai Jace in cagnesco << Non ti voglio più vedere! Non voglio più vedere nessuno di voi! >> mi voltai e mi incamminai verso camera mia a passo svelto. Feci la valigia e presi i miei risparmi e me ne andai. Uscii dalla porta posteriore feci il giro dell'hotel e presi un taxi.
<< Addio per sempre >> dissi in un sussurro e il taxi partì. Non potevo crederci! Le due uniche persone di cui mi potevo davvero fidare ciecamente, mi avevano pugnalato alle spalle in quel modo. Le lacrime uscirono dai miei occhi senza il mio permesso. Mi sentivo pesante, molto pesante. Il cuore mi faceva un male mentre nello stomaco si era formato un buco che mi stava uccidendo. Guardai fuori dal finestrino e decisi che dovevo cambiare aria.
<< Dove si va, allora? >> mi chiese i tassista, lo guardai 
<< Da qualche parte, il più lontano possibile da qui! >> dissi tirando su col naso, lui mi guardò dallo specchietto e mi porse un passaporto, lo presi aggrottando la fronte
<< Las Vegas >> mi disse, lo guardai. Ero troppo piccola per andare a Las Vegas. Guardai nuovamente il passaporto e lo aprii e c'erano tutti i dati tranne la fototessera.
<< E' un regalo. Fanne buon uso, Angel >> continuò il tassista sorridendomi. Mi pulii il viso e gli sorrisi anche io. Angel Reed era il mio nuovo nome. Grazie all'aiuto del tassista, Barney, ebbi dei documenti d'identità nuovi ed ero finalmente pronta a lasciare questo posto del cavolo.

Arrivata in aeroporto andai a fare i biglietti per Las Vegas.
<< Anche tu vai a Las Vegas??? >> sentii una ragazza gridarmi alle spalle, mi girai e annuii e lei fece un gridolino.
<< Anche noi! Io sono Tessa e loro sono Clary, Jessica e Amber >> le guardai e feci un segno 
<< Angel >> dissi, erano simpatiche ma non volevo rogne
<< Una nostra amica ci ha piantate. Abbiamo prenotato un hotel e abbiamo ordinato una stanza con 5 letti, purtroppo lei non è potuta venire e ora non sappiamo come fare! Visto che tu sei sola, e so che non ci conosciamo ma avremo tempo, ti va di unirti a noi? >> la guardai, sembrava sincera. Era molto elletrizzata all'idea mentre io sembravo un morto vivente che non vedeva l'ora di andarsene di lì. Annuii e lei iniziò a saltellare battendo le mani.
<< Che bello, sono così contenta! >> io feci un sorriso finto, presi i miei biglietti e le aspettai.
<< Andiamo! >> le seguii, ci facemmo controllare i biglietti e poi andammo verso l'aereo. Entrammo e io mi sedetti al mio posto, che era vicino al loro. Guardai il finestrino per vedere un'ultima volta quel "casa mia". L'aereo iniziò a tremare e io mi tenni stretta al sedile, iniziò a muoversi e io chiusi gli occhi, quando fummo in aria riaprii gli occhi. 

Dopo un paio di ore di volo arrivammo all'aeroporto. Prendemmo un taxi tutte insieme e ci dirigemmo all'hotel: era immenso pieno di lampadari di cristallo di tende grandissime. Ci dirigemmo alla reception
<< Salve, sono Tessa Linclon abbiamo prenotato una camera per cinque >>
<< Bene, fatemi controllare >> disse il receptionista, e Tessa si voltò verso di me e mi fece l'occhiolino, le sorrisi in fondo non erano tanto male. Erano  tutte molto più grandi di me: Tessa aveva capelli mossi,biondi era magra e aveva occhi grigi grandi; Clary aveva i capelli rossi scuri, lisci era magra anche lei aveva gli occhi marroni tendenti al verde e delle sopracciglia molto folte, che le stavano divinamente; Jessica era l'opposto della femminilità: era magra anche lei ma portava i capelli marroncini legati con una coda alta, occhi celesti come il mare e aveva un sorriso da smorzare il fiato; Amber invece aveva i capelli rossi ricci lunghi fino alla schiena aveva gli occhi neri come il carbone ed era praticamente perfetta. Poi mi guardai ed io sembravo un bambina in confronto a loro; avevo le sopracciglia che erano un disastro, il mascara sciolto con la matita sotto gli occhi stanchi, i miei capelli che andavano da tutte le parti e i miei abiti erano un vero disastro. 
<< Ti daremo una bella sistemata >> disse Tessa mettendomi una mano sulla spalla << Andiamo adesso, la nostra camera ci aspetta! >> disse saltellando e risi in coro con le altre. Prendemmo l'ascensore ed arrivammo al piano, percorremmo un lungo corridoio e ci fermammo vicino alla porta della camere. Sentimmo un click e la porta si aprì mostrandoci un salone immenso e una finestra grandissima che dava su tutta Las Vegas. Entrammo e rimanemmo senza fiato
<< Sarà fantastico abitare qui! >> disse Clary e tutte urlarono tranne io che continuavo a guardarmi in torno sbalordita. Doveva costare parecchio! 
<< Non ti preoccupare, Angel per il costo. Troveremo un lavoro e riuscirai a pagare la rendita >> disse Amber 
<< Deve essere cara, eh? >> dissi io
<< Si, abbastanza, ma ce lo possiamo permettere >> disse Amber
<< Forse volevi dire potevamo >> disse Jessica ammiccando verso Amber che sbuffò e poi si voltò verso di me << I nostri genitori i hanno tagliato i ponti perché spendevamo troppo >> disse alzando le spalle
<< Uh che cosa ... brutta >> dissi facendo una smorfia. I loro genitori. Mi rattristii e Tessa venne verso di me
<< Hey, tutto ok, Angel? >> mi disse mettendomi una mano sulla spalla, le guardai tutte erano preoccupate per me. Era strano. Sentivo che di queste ragazze potevo fidarmi, ma avevo paura.
<< Insomma >> dissi guardandomi i piedi, lei mi fece cenno di sedermi sul divano e all'improvviso mi ritrovai Amber e Jessica da un lato accanto a me e Tessa, che mi teneva la mano, e Clary dall'altro lato. 
<< Cosa succede? Non volevi venire? >> mi chiese Tessa, io scossi la testa, e mi nascosi tra le mani il viso
<< Allora, cosa c'è? >> disse Clary
<< Puoi fidarti di noi >> aggiunse Jessica, Amber si limitò a massaggiarmi la schiena. Sbuffai, erano così gentili. 
<< Ho appena scoperto che i miei genitori sono morti >> dissi e mi tolsi le mani dal viso e me le guardai mentre le intrecciavo sulla pancia 
<< Mi dispiace ... >> dissero in coro, risi 
<< E non è tutto >> scossi la testa, questa era la cosa che più mi distruggeva << Ho trovato "il mio ragazzo" a letto con la "mia migliore amica" >> gesticolai con le mani facendo le virgolette 
<< I maschi tutti uguali! >> sbottò Amber
<< Già >> fece Tessa e mise una mano sulla mia stringendola << Non capiscono chi hanno accanto finché non lo perdono >> la guardai, lei mi sorrise dolcemente e scoppiai a piangere allora lei mi strinse in un abbraccio e poi anche Amber, Clary e Jessica si unirono all'abbraccio e mi sentii meglio. Non avrei mai pensato di incontrare delle ragazze così speciali e simpatiche che ti facessero sentire bene in poco tempo. Le avevo considerate delle rogne ed invece erano un vero e proprio spritz di vitalità.
<< Ok, ora è arrivato il momento di andare a letto >> disse Tessa senza fiato, io risi e le ragazze si spostarono
<< Dormite bene >> dissero Clary, Amber e Jessica sparendo dietro una porta. Io mi pulii il viso con le mani, Tessa si alzò e mi allungò la mano io la presi e mi alzai e ci dirigemmo verso la nostra stanza. Aprì la porta ed entrammo: c'erano due letti grandi ed in mezzo allo spazio tra i due letti c'era un comodino e un armadio ai lati di entrambi i letti. Andai verso quello di sinistra e mi sedetti mentre Tessa svuotava la sua valigia
<< Avrei tanto voluto conoscerli >> dissi in un sussurro lei girò il letto e venne verso di me e si sedette al mio fianco
<< Sono sicura che loro siano orgogliosi di come sei diventata >>  la guardai e le sorrisi
<< Grazie, Tessa >>
<< Figurati. Ora, però, a nanna, domani abbiamo molto da fare >> disse alzandosi e andando verso il suo letto
<< Cosa? >> dissi io, corrugando la fronte
<< Dobbiamo trovare un lavoro e sopratutto metterti in sesto. Non fraintendermi, Angel, sei bellissima ma sembri uno zombie! >> io risi e aveva ragione. Mi alzai dal letto e presi dalla mia valigia il mio pigiama me lo misi es entrai nel letto. Ripercorrendo i momenti salienti di quella giornata mi addormentai, con le lacrime che mi rigavano il viso.

Il giorno dopo ci svegliammo ed andammo a fare colazione e poi mi portarono in un centro estetico per farmi rimettere in sesto: sopracciglia, gambe, linguine e altre cose che non riuscivo a ricordare. Poi mi fecero i capelli il trucco e i capelli e poi andammo a fare shopping. Comprai molti abiti corti e sexy, shorts e magliette con lo scollo a V, che secondo Tessa, mi stavano bene. Finito di fare lo shopping e tutto tornammo in hotel e gli occhi delle persone, oltre che guardare Tessa, Clary, Amber e Jessica, andavano a finire anche su di me. Iniziai a sentirmi potente, una donna con la D maiuscola. La sera andammo a divertirci in un bar dove dei ragazzi ci offrirono da bere e noi per compensarli, andammo sul bancone del bar ed iniziammo a ballare in maniera sensuale. All'uscita ci volevano portare a casa loro ma noi rifiutammo e scappammo ridendo tornando in hotel. Il giorno dopo avremmo iniziato a cercarci un lavoro. 

La ricerca si trasformò in un' impresa: girammo tutta Las Vegas ma a quanto pareva nessuno aveva bisogno di personale. La sera tardi decidemmo, allora di andarci a divertire in un locale chiamato Pink Lady. Ci mettemmo tutte in tiro io mi misi un vestito bianco di cotone con decorazione a modo di pizzo, con le maniche lunghe e dietro la schiena era aperto fino sopra all'attaccatura del sedere. Mi feci i capelli mossi e li tenni su un lato, mi truccai con matita e mascara e rossetto rosa chiaro sulle labbra. Prendemmo le nostre cose ed uscimmo e ci dirigemmo nel locale che era pieno zeppo di ragazzi e uomini. Sarebbe stato divertente. Andammo al bancone ed iniziammo ad ordinare dei drink quando qualcuno ci notò e venne verso di noi
<< Ciao >> disse con un ghigno
<< Ciao >> rispondemmo in coro noi
<< Io sono Christian, il proprietario del locale >>
<< Ciao, Christian! Noi siamo Amber, Clary, Tessa, Jessica e Angel >> lui ci squadrò da capo a piedi fermandosi principalmente su di me.
<< E cosa vi ha portato nel mio locale? >> chiese sorridendo
<< Ci vogliamo divertire >> dissi io alzando un sopracciglio 
<< Davvero? Sapete, io conosco molti modi per farvi divertire >> disse lui 
<< Davvero >> feci io a mo di sfida
<< Certo! >> fece lui ridendo << Ho bisogno nel mio locale di 5 ragazze che sappiano divertirsi e fare divertire >>
<< Ti ascoltiamo >> dissi io, lui rise
<< Facciamo che vi metta a lavorare qui in cambio dovrete darmi il 10% dello stipendio >>
<< 5% >> dissi io avvicinandomi a lui. Ero un'altra persona. Lui mi guardò le gambe e mi mise una mano sull'anca destra per farmi avvicinare a lui: doveva avere 27 anni, era bello, aveva i capelli brizzolati neri e due occhi grigi bellissimi era magro e alto e abbastanza muscoloso. Mi morsi il labbro. Lui aprì le labbra per far uscire un sospiro e mi sussurrò
<< Ok >> io risi e misi una mano sul suo petto allontanandolo da me
<< Quando si incomincia? >>

La sera dopo andammo al locale ed iniziammo a fare il lavoro delle spogliarelliste: non ci spogliavamo del tutto, rimanevamo in reggiseno e slip e questo piaceva molto agli uomini. Il capo, Christian, ogni sera prendeva una di noi e se la portava nello studio per divertirsi. Con me non ci era mai riuscito e questo mi divertiva perché lui mi desiderava ma non poteva avermi perché ero molto più furba di lui. A lui non andava, lo vedevo, lo percepivo, ma sapevo che non poteva farmi niente perché ero più astuta. Passarono 5 anni e noi continuavamo con lo stesso stile di vita, pagando regolarmente l'hotel e Christian.

Una notte, finito il turno, io, Tessa ed Amber, ci dirigemmo verso l'uscita per andare al nostro hotel dove Jessica ci stava aspettando. Uscimmo dal locale ed iniziammo ad incamminarci verso la stradina sperduta che noi tanto odiavamo.
<< Ma perché questa dannata stradina deve essere così maledettamente buia?! >> disse Amber, inciampando qua e la 
<< Non ne ho la minima idea >> dissi io. Ad un certo punto sentimmo un fruscio e ci fermammo
<< C'è nessuno? >> disse Tessa, stanca << Clary? Sei tu? >> continuò ma nessuno rispose alla fine sentimmo dei passi avvicinarsi a noi e sentii prendermi per i polsi da qualcuno che poi mi buttò vicino al muro di mattoni bloccandomi le gambe.
<< Credevi di essere furba, eh? Angel, Angel .... quando imparerai a stare attenta a ciò che fai? >> parlò l'uomo, il suo alito puzzava di alcool e la sua presa sui miei polsi divenne insopportabile
<< Angel! >> sentii e vidi che Amber e Tessa cercavano di togliermi di dosso l'uomo, lui, indignato, mi tenne i polsi con una mano e con l'altra libera diede un pugno in faccia ad Amber e un pugno in faccia a Tessa che caddero per terra.
<< Nooooo! >> gridai. Mi mossi sotto il suo corpo in modo da liberarmi ma non ci riuscii. Lui rise ed iniziò a toccarmi con la mano libera le gambe per poi arrivare ai glutei e stringerli forte, io gridai e lui gemette.
<< Ti prego lasciamo andare >> dissi con le lacrime agli occhi e lui rise e poi con la mano libera iniziò a salire dal gluteo fino al mio fianco, mise la mano dentro la mia maglietta e mi massaggiò l'anca e poi me la strinse forte fino a farmi gridare dal dolore. Lui gemette, di nuovo e mise la testa sul mio collo ed iniziò a baciarmelo. Io non riuscivo a muovermi, avevo paura. Lui iniziò a salire con la mano arrivando al mio stomaco e stringendomelo forte
<< Mi fai male! >> gli urlai
<< Oh, e questo non è niente >> mi sussurrò << Pagherai per avermi fatto fare la figura dell'idiota >> e iniziò a succhiarmi sul collo mentre con la mano libera mi prese da sotto il sedere e mi fece sedere per terra. Mi divincolai ma non riuscii a fare niente la sua mano era salda sui miei polsi e l'altra continuava a fare su e giù dal mio gluteo alle mie gambe. Ad un certo punto raggiunse il bottone dei miei shorts e lo sbottonò
<< No, ti prego >> gli sussurrai e lui rise
<< Dovresti conoscermi abbastanza bene da capire che i "no" io non lo accetto >> spalancai gli occhi e capii chi era. Christian. Cercai di muovere le gambe per liberarmi ma non ci riuscii, lui rise e poi con la mano mi prese il viso
<< Stai. Ferma. >> e me lo strinse, urlai dal dolore e lui mi lasciò e poi con una mossa veloce mi abbassò gli shorts, lui abbassò i suoi jeans e mi penetrò. Urlai forte, con tutta la voce che avevo dentro, lui continuò velocemente e io iniziai a morire dentro per la seconda volta. Il mio viso era pieno zeppo di lacrime,tremavo mentre lui in piedi si sistemava i jeans. Ero per terra inerme ancora con gli shorts abbassati, lui si inginocchiò e mi diede un bacio sulla fronte
<< Sei stata fantastica >> mi accarezzò la guancia << Se ti fossi comportata bene fin dall'inizio forse tutto questo non sarebbe successo e le tue amiche sarebbero ancora vive >> tremai, non riuscivo a parlare << Se solo usassi quel tuo cervellino ogni tanto, avresti capito che questo non era un posto per voi >> mi accarezzò di nuovo la guancia e poi scese sul collo percorrendolo con un dito.
<< Domani puntuale. Mi raccomando. Altrimenti, quello che hai avuto stasera, sarà niente in compenso a quello che riceverai domani >> si alzò e se ne andò lasciandomi lì. Trovai tutte le forze del mondo e mi voltai. Amber e Tessa erano ancora per terra, dalle loro teste usciva un fluido rosso, urlai e piansi. Che cosa avevo fatto? Ero un'idiota! Era tutta colpa mia se loro erano finite in questa situazione.
<< Mi dispiace >> sussurrai e mi trascinai verso di loro, presi le mani di entrambe tra le mie e le baciai. Mi sentivo sporca. Se solo fossi stata più lucida ... Se solo non avessi perso la testa ... Urlai poi mi calmai e cercai di rimettermi in piedi. Mi alzai gli slip e gli shorts e poi mi inginocchiai e accarezzai la guancia di Tessa e di Amber.
<< Gliela farò pagare >> le sussurrai e poi le baciai. Mi rimisi in piedi e mi diressi verso l'hotel. Quando entrai in camera Clary e Jessica mi vennero in contro subito. Mi chiesero cosa mi era successo visto che ero sporca dalla testa ai piedi ed io guardando l'una e l'altra le raccontai tutto. Loro iniziarono a piangere ed io le rassicurai.
<< Ho un piano. Ma ho bisogno del vostro aiuto >> loro si asciugarono gli occhi ed annuirono e le spiegai il piano.
<< Siamo sicure ce funzionerà? >> chiese Clary 
<< Sì. Lui è me che vuole. E me avrà >>

Il giorno dopo ci preparammo e andammo al locale come sempre strapieno. Andammo in camerino ed iniziammo a prepararci. Ad un certo punto la porta si spalanca ed entra Christian.
<< Buonasera, ragazze >> disse lui, lo guardai e poi mi avvicinai a lui e gli misi un braccio in torno al collo: indossavo solo uno slip e un reggiseno nero
<< Ciao, Christian >> gli sussurrai e lui mi mise una mano sul fianco stringendomi a lui
<< La lezione è servita ieri, allora >> sussurrò guardandomi il seno e io annuii e mi morsi il labbro
<< Ci vediamo dopo, nel mio studio >> mi sussurrò all'orecchio e poi mi lasciò dandomi una pacca sul sedere ed uscì dalla stanza. Guardai le ragazze ed andammo in scena. Clary andò sul palco per prima ed iniziò a spogliarsi e poi sul palco la raggiunse anche Jessica ed il pubblicò impazzì. Iniziarono a spogliarsi a vicenda, strusciandosi, la folla era in visibilio. Io feci il giro della sala e cercando di non farmi notare, mi diressi alle spalle di una delle guardie del corpo che stavano vicino alle porte di sicurezza, gli spostai la camicia e presi l'arma da fuoco ben in mostra nella tasca posteriore dei pantaloni. Ad un certo punto urlò e mi spaventai ma vidi che non mi aveva beccato così corsi via e ritornai nel camerino. Guardai l'arma: era abbastanza pesante ma ce l'avrei fatta. La nascosi nella mia borsa e poi andai in pista io raggiungendo Jessica e Clary. 
<< Eccola qui, la mia piccola Angel >> mi sussurrò Christian raggiungendomi, mentre chiudevo a chiave la porta del suo studio. Mi prese da dietro e mi strinse a se, facendomi sentire la sua erezione sul sedere. Gemette. Io presi le sue mani e me le tolsi d'addosso e mi voltai verso di lui, aveva lo stesso sorriso sghembo di sempre. 
<< Vuoi giocare? >> mi chiese io annuii << Va bene, giochiamo >> sussurrò e io lo spinsi sulla sua sedia e misi la mia borsetta sul tavolo accanto a noi e mi misi a cavalcioni su di lui. Fece uscire un sospiro di piacere e poi iniziai a giocherellare con il mio impermeabile lo staccai e lo feci scivolare per terra, lui sgranò gli occhi: ero nuda tranne per gli slip
<< Oh, Angel, Angel ... >> iniziò a baciarmi il collo e con l'altra mano mi teneva per i fianchi, sentivo il suo respiro acre sul collo e a stento trattenni un conato di vomito. Era arrivato il momento. allungai il braccio sul tavolo e aprii la borsetta e presi la pistola e gliela puntai alla testa lui si bloccò.
<< Fermo >> gli sussurrai e mi alzai dalla sua presa tenendo puntata la pistola verso la tua testa
<< Che cosa stai facendo? >> disse nel panico
<< Quello che hai fatto tu alle mie amiche >>
<< Non dire stronzate, Angel e dammi la pistola >> si alzò piano ma io tenni ben salda la presa
<< Non ti muovere >> dissi 
<< Avanti dammi la pistola >> iniziò a camminare verso di me ed allora mi spaventai e schiacciai il grilletto e la sua testa scoppiò e cadde per terra. Gridai e gettai l'arma per terra ed iniziai a tremare. Presi il mio impermeabile da terra e me lo misi.
<< Questo è quello che ti meriti per aver fatto del male alle persone a cui volevo bene >>  mi voltai aprii la porta e sulla soglia vidi Jessica e Clary e subito tirai un respiro di sollievo e le abbracciai. Le nostre amiche erano state vendicate e anche tutte le altre ragazze che avevano subito lo stesso trattamento prima di noi. Tornammo all'hotel ed io iniziai a fare le valige. Mentre le facevo mi ritornavano in mente dei flashback della notte precedente: lui che mi prendeva e buttava vicino al muro e mi toccava e mi stingeva i polsi e mi faceva male e poi vidi il buio. 

Mi svegliai ed ero in una stanza bianca su un letto con le coperte bianche. Ai miei lati c'erano Clary e Jessica addormentate sulle sedie. Mi misi seduta piano e cercai di ricordare quello che era successo: Christian che mi toccava e che dava un pugno a Amber e Tessa che rimanevano sdraiate senza più alzarsi ed io che gridavo e lui che mi violentava e poi io che lo uccidevo. Urlai e Jessica e Clary si svegliarono di soprassalto
<< E' tutto ok, Angel è tutto ok >> disse Clary
<< E' tutto finito >> disse Jessica abbracciandomi, mi calmai.
<< Devo andarmene di qui, devo tornare a casa >> dissi staccandomi dalla presa di Jessica e cercando di scendere dal letto
<< Non puoi andare via! Gli agenti di polizia hanno preso i tuoi documenti >> sgranai gli occhi
<< Cosa? Come hanno fatto a .. >>
<< Un agente di polizia si era mischiato tra la folla per portare in galera Christian. Si era nascosto nel bagno degli uomini e quando ha sentito lo sparo ha raggiunto lo studio di Christian e lo ha trovato con la testa perforata e una pistola per terra e la tua borsetta con i tuoi documenti sul tavolo >> disse Clary. Ero nella merda più totale. Sarei andata in prigione o peggio. Iniziai a respirare a fatica e Jessica e Clary si misero in ginocchio di fronte a me
<< Calmati, andrà bene, respira >> non ci riuscivo, stavo avendo un attacco di panico, iniziavo a vedere ombrato, Clary mi mise una mano sulla gamba e io gliela strinsi
<< Pensa a qualcosa di bello, Angel >> mi disse lei ed allora iniziai a pensare e mi venne in mente Pattie che rideva con in braccio Jace, Bruce e Diana che mi portavano alla spiaggia-piscina e poi Jace che mi sorrideva, quel suo sorriso speciale che dava solo a me. E mi sentii meglio. 
<< Grazie >> dissi loro annuirono e si lanciarono uno sguardo poi Clary tornò a guardarmi
<< Non c'è molto tempo >> si alzò ed andò nell'armadietto dell'ospedale e prese una valigia ed uscì uno slip, un reggiseno una maglietta con scollo a V bianca e dei jeans neri e delle Converse nere. Corrugai la fronte
<< Che stai facendo? >> 
<< Non c'è tempo! Vestiti! >> chiuse la valigia ed insieme a Jessica uscì dalla stanza. Mi tolsi il camice e mi guardai: avevo dei lividi sotto il seno sinistro e sull'anca destra, feci una smorfia e mi vestii. Uscii dalla camera ed andai verso Jessica e Clary che erano nella stanza d'attesa.
<< Andiamo >> mi presero per mano ed uscimmo dall'ospedale di soppiatto prendemmo un taxi e ci dirigemmo verso una casa. 
<< Dove siamo? >> chiesi confusa, prendendo la valigia
<< Questa è una proprietà dei miei >> disse Clary << In caso di necessità >> entrammo in casa e stanca, mi sedetti sul divano del salone. Jessica e Clary si sedettero al mio fianco
<< Devi andare via da Las Vegas >> mi disse Jessica, io sbuffai e mi misi le mani nei capelli 
<< Perché? >> chiesi, confusa e stanca
<< La polizia sta cercando una certa Angel Reed >> disse Clary, sgranai gli occhi e scossi la testa 
<< Ho agito senza pensare. E' tutta colpa mia, ragazza. Mi dispiace tanto! Se non avessi accettato il lavoro da Christian ... >>
<< Ssh >> disse Jessica abbracciandomi, mi abbandonai a lei e piansi, di nuovo, singhiozzando. Avevo dei rimorsi dentro di me che nessuno aveva il potere di alleviare, ebbi un flash e vidi il viso di Jace sorridermi e mi sentii meglio. Aprii gli occhi e mi staccai dall'abbraccio di Jessica. Mi pulii gli occhi e schiarii la voce
<< C'è un telefono qui? Devo chiamare a casa >> 


    

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Tenevo stretto il letto mentre sentivo quello che usciva dalla sua bocca. La guardai e aveva portato le gambe vicino al petto e le teneva strette con le mani e la testa nascosta tra le ginocchia. Io la guardavo con occhi spalancati: non potevo credere a quello che le era successo. Non potevo credere che fosse diventata una ... spogliarellista per guadagnare. E sopratutto, non riuscivo a credere che avesse avuto il coraggio di uccidere un uomo. 
<< Ti prego >> disse senza voce, con la testa ancora nascosta tra le ginocchia << Ti prego non mi giudicare >> terminò e subito dopo ebbe un brivido ed iniziò a singhiozzare
<< Tu non sai quanto mi senta in colpa >> le misi una mano sulla schiena e sussultò ma poi si rilassò << Se non fosse stato per il mio stupido comportamento, Tessa e Amber sarebbero ancora qui, adesso >> scossi la testa, non poteva darsi una colpa del genere.
<< Non è colpa tua >> le sussurrai, le scosse la testa ed alzò il viso e mi guardò: i suoi occhi erano gonfi e rossi e il suo viso era rigato di lacrime. Presi un ciuffo di capelli, uscito dalla coda, che le nascondeva il viso e glielo misi dietro l'orecchio.
<< Sì, invece. E' tutta colpa mia. Se mi fossi data prima a Christian ... >> serrai la mascella
<< Non provare a dire una cosa del genere >> lei tirò su col naso, io mi alzai sbuffando ed iniziai a fare avanti ed indietro lei mi guardava e poi si guardò i piedi. 
<< Ascoltami >> mi inginocchiai e la guardai negli occhi << Quello che è successo è successo. Non puoi continuare a darti delle colpe in questo modo. Io ... io >> scossi la testa, frustrato << Non c'è la faccio >> la guardai << Non riesco a vederti così, in questo stato >> chiusi gli occhi << La colpa è mia >> dissi in un sospiro
<< Jace ... >> la interruppi
<< No >> la guardai e le misi una mano sulla guancia, lei chiuse gli occhi << E' colpa mia se te ne sei andata e hai passato le pene dell'inferno. Sono stato un coglione. Lorenzo ha ragione, meriti di meglio di me >> mi alzai e mi allontanai da lei. Mi diressi verso la porta la aprii ma la mano calda di Barbara, sulla mia mi fermò. La guardai, aggrottando la fronte, mi voltò verso di lei, tenendomi la mano
<< Non è colpa tua, Jace >> mi sussurrò, tirò su col naso << La verità è che ogni volta che ci penso >> si guardò i piedi << Mi sento morire. Ma poi ... >> mi guardò, dritto negli occhi, ebbi un brivido << Vedo il tuo viso. Il tuo sorriso. I tuoi occhi. Sento la tua voce e mi sento subito meglio >> mi strinse la mano << Ti prego, non abbandonarmi anche tu >> i suoi occhi si riempirono di lacrime e immediatamente la abbracciai. La tenni stretta a me, così stretta da fare perdere il respiro, ma lei non si lamentò. Tirò sul col naso e poi inspirò. 
<< Mi sei mancata >> le sussurrai, lei rispose stringendomi più forte, risi. Mosse la testa e mi guardò negli occhi e poi mi accarezzò la guancia, chiusi gli occhi godendomi il momento. Li riaprii e vidi che stava continuando a guardarmi, la guardai a mia volta ed ebbi una specie di scarica elettrica che dalla mia guancia arrivò fino all'alluce. Avevo da molto, troppo tempo perso quella sensazione. Da quando se ne era andata, nessuno riusciva a trasmettermi queste scariche elettriche che tanto mi piacevano. Mi scaldavano. Le amavo. La amavo. Lei sbadigliò, risi.
<< Hai sonno? >> lei annuii e mi sorrise, la presi in braccio e la portai vicino al letto, con una mano alzai la coperta, le staccai la coda lasciando liberi i suoi meravigliosi capelli castani e la misi delicatamente sopra e la coprii. La osservai per un po' e poi le diedi un bacio sulla fronte
<< Ci vediamo domani, Pal >> le sussurrai, lei mugolò qualcosa e mi voltai per andare verso la porta, misi la mano sulla maniglia, pronto ad aprirla ma non lo feci. Sentii che stava iniziando a parlare nel sonno così mi voltai e vidi che stava tremando e stava tenendo così forte la presa sulle lenzuola, come se cercasse di svegliarsi
<< No, ti prego >> diceva, corsi verso di lei e mi sedetti sul letto, le presi le spalle e iniziai a scuoterla piano
<< Hey, è tutto ok, Pal, è solo un sogno >> le sussurrai
<< Ti prego, lasciami >> continuò, mi spaventai e allora le presi una mano e la strinsi nella mia e con l'altra mano le accarezzai la tempia. Aggrottai la fronte e spostai la mano dalla tempia alla fronte. Scottava. 
<< Pal, svegliati >> le sussurrai, lei continuava a tremare e a contorcersi, era bollente da far paura, così aprii il letto e le tolsi la felpa la misi sull'altro letto e la ricoprii
<< Torno subito >> le sussurrai, scesi le scale in fretta e furia e presi un panno e una bacinella e la riempii di acqua fredda e la portai su. Lei tremava e respirava affannosamente, mentre si teneva stretta alle coperte. Misi la bacinella sul comodino più vicino e immersi il panno, lo strizzai e glielo misi sulla fronte.
<< Non preoccuparti, Pal, sono qui >> le sussurrai, prendendole la mano
<< Jace >> disse in un sussurro e aprì gli occhi << Jace >> mi sorrise, le accarezzai i capelli
<< Hai la febbre >> lei rise, corrugai la fronte << Cosa c'è di così divertente? >> mi guardò
<< Niente >> disse e chiuse gli occhi, risi scuotendo la testa. Presi il panno, che ormai era diventato asciutto, lo bagnai e lo strizzai e glielo rimisi sulla fronte. Sembrava così piccola ed indifesa in questo letto ma in realtà era tutt'altro. Ripensai a ciò che mi aveva detto e mi stupii. Era quasi impossibile solo pensare che lei avesse fatto tutto quello in 5 anni. Serrai la mascella e mi maledii. Era solo ed esclusivamente colpa mia. Se solo quella troia della sua amica non mi avesse fatto bere così tanto, forse tutto questo non sarebbe successo e lei non sarebbe dovuta andare via.
<< Fanculo! >> sussurrai a denti stretti.
<< Jace >> mi voltai, aveva gli occhi chiusi 
<< Dimmi >> le sussurrai piano per non svegliarla
<< Dormi con me? >> bofonchiò, sorrisi
<< Non posso, devo prendermi cura di te >> mi avvicinai a lei e le baciai la fronte, il panno era asciutto, lo presi
<< Ti prego >> disse lei, prendendomi il polso della mano dove avevo il panno, aprendo a fatica gli occhi per poi richiuderli, annuii, sospirando
<< Va bene, ma prima fammi fare una cosa >>
<< Cosa? >> disse, debolmente. Senza darle una risposta, mi alzai bagnai il panno e lo strizzai, feci il giro del letto, misi il panno sulla sua fronte e mi tolsi le scarpe e la maglietta, che gettai sul letto e mi infilai sotto le coperte. Lei era di schiena a me, così la attirai con un braccio al mio corpo, poi lei alzò la testa in modo da metterle un braccio sotto il collo, in modo che potessimo dormire abbracciati. Lei mi mise una mano sul braccio che la stringeva sul bacino e l'altra la intrecciò alla mano che tenevo sotto il suo collo. Ebbi una scarica elettrica che mi scaldò, facendomi quasi esplodere. Lei rise, per una ragione a me sconosciuta, ma non ci feci molto caso. Quello a cui facevo caso era che la mia temperatura corporea stava aumentando e questa cosa, seppur strana, mi faceva paura. Ma mi piaceva. La strinsi più forte a me e in quell'intreccio di coperte, febbre e temperature che aumentavano, ci addormentammo. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Tirai un sospiro e mi stiracchiai, il più possibile che potevo, aprendo gli occhi e cercando di capire dove fossi. Era mattina, vedevo la luce del sole, mi leccai le labbra e poi mi misi una mano sulla fronte e sentii una pezza asciutta, me la tolsi e la guardai. Sorrisi. Jace si era preso cura di me. Misi lo straccio sul comodino e mi voltai con tutto il corpo senza fare troppo rumore verso di lui. Aveva il braccio sotto la testa che faceva sembrare il viso paffuto. Il suo respiro era regolare. Si leccò le labbra e scosse un po' la testa e una ciocca dei suoi capelli gli cadde sul viso. Piano, gliela scostai e poi gli accarezzai il viso. Adesso sapeva tutto: quello che ero diventata, quello che avevo fatto, e continuava a dire che non era stata colpa mia. Che quello che era successo doveva succedere, ma io non la pensavo così. Se fossi stata meno ottusa forse le mie due amiche di avventura, sarebbero ancora qui. Tirò su col naso e tolsi la mano dalla sua guancia, per paura di poterlo svegliare, ma continuò a dormire e con l'altro braccio mi attirò di più a sé. Ero vicinissima, respiravo la sua stessa aria. Mi morsi il labbro inferiore, se mi fossi avvicinata ancora di più lo avrei baciato. D'improvviso i lati delle sue labbra si allargarono e fù lì che alzai lo sguardo e vidi che era sveglio, sorrisi
<< Ciao >> sussurrai
<< Ciao, come ti senti? >> alzò il braccio e mise una mano sulla mia fronte 
<< Stai benissimo, direi >> continuò, dandosi una risposta e abbassando il braccio per tornare a metterlo sul mio fianco. Mi morsi il labbro e guardai in basso e solo all'ora mi accorsi che non aveva la maglietta, arrossii
<< Grazie, Jace. Per tutto >> lo guardai, lui aveva uno sguardo sincero, sorrise e poi mi mise la stessa mano di prima sulla guancia e col pollice me la massaggiò
<< Grazie a te per essere tornata. Era da tanto tempo che non mi succedevano cose strane >> rise ed io alzai un sopracciglio
<< Ah, quindi io sarei strana? >> dissi ridendo, lui alzò gli occhi al cielo, facendo finta di pensarci sù, poi mi guardò
<< Sì >> disse toccandomi il naso col suo e ridendo, risi anche io e allora presi il cuscino e glielo lanciai in faccia e scappai fuori da letto.
<< Come osi? >> disse lui, alzandosi dal letto e prendendo il cuscino lanciandomelo addosso, mi scostai
<< Sei troppo lento! >> dissi, lui alzò un sopracciglio a modo di sfida
<< Adesso ti faccio vedere io >> con un salto, scavalcò il letto, buttai fuori un gridolino ed iniziai a correre giù per le scale ma lui fu velocissimo: mi mise un braccio intorno alla pancia e mi sollevò percorrendo le scale velocemente. Arrivati giù mi sussurrò
<< Sono troppo lento? >> mi scoppiava la pancia per quanto stavo ridendo e così, per dargli una risposta scossi la testa, lui rise e mi lasciò andare dandomi un bacio sulla testa. Sorrisi fra me e me: quanto lo amavo. Mi morsi il labbro per lo strano pensiero che mi era saltato in mente e scossi la testa. Mi voltai verso di lui e mi ritrovai faccia a faccia col suo petto nudo. Di nuovo. Mi rivoltai e lui rise
<< Ti metto ancora in imbarazzo, Pal? >> io scossi la testa con gli occhi chiusi
<< No  >> aprii gli occhi e me lo ritrovai davanti mi girai ed andai verso il divano << Assolutamente >> e mi sedetti. Lui fece il suo solito sorriso sexy
<< Va bene, vado di sopra a prendere le cose >> si voltò e sparì di sopra. Approfittai del fatto di restare sola per parlare fra me e me 
<< Allora, Barbara, calma, respira. Quello che hai pensato era Solo ... Solo ... Insomma lo hai pensato così, su due piedi! >>
<< Cosa hai pensato? >> sobbalzai dal divano e guardai Jace scendere gli ultimi scalini con in mano la mia felpa, le mie scarpe ed il mio elastico, con il petto coperto dalla sua maglietta, questa volta.
<< Che è tardi >> mi alzai e presi le mie cose, mantenendomi alle sue spalle mi misi le scarpe, presi la felpa e la molla e mi attaccai i capelli. Lui mi guardò da capo a piedi
<< Ti prego, Jace, non guardarmi così >> dissi e mi morsi il labbro e mi avviai alla porta 
<< Sei bellissima >> disse in un sussurro. Era dietro di me, sentivo il suo respiro caldo sul mio collo esposto, le sue mani sui miei fianchi. Chiusi gli occhi assaporando il momento, ma questo era tutto sbagliato. Mi morsi il labbro << No, Jace >> lui si fermò e fece un passo indietro. Mi maledii ma era così che doveva andare. Io e lui non potevamo stare insieme, eravamo pericolosi l'uno per l'altra e la nostra storia non sarebbe potuta andare a buon fine, sopratutto quando la polizia ... Trovai il coraggio ed aprii la porta, uscii e mi diressi verso l'hotel senza guardarmi alle spalle. 


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Scusate ho avuto poco tempo, so che il capitolo è piccolo ma spero di farmi perdonare con queste due foto di Jace e Barbara :D

        

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ero col mio cannocchiale in piedi vicino alla torretta a controllare che nessuno annegasse. Guardavo a destra e a sinistra e poi di nuovo a destra e a sinistra ma tutti i bambini erano accompagnati dai genitori, quindi non correvano nessun rischio di affogare. Ad un certo punto sento qualcuno che mi tira i pantaloncini, guardo in basso e vedo una bambina con i capelli rossicci, gli occhi grandi blu e la pelle bianca come la neve ricoperta da lentiggini.
<< Ciao >> mi disse, io mi guardai in torno, nel panico poi la guardai e mi abbassai al suo livello
<< Ciao, come sei arrivata qui? Lo sai che è pericoloso? >> le dissi, lei abbassò il viso. Oddio stava per piangere?! Iniziai ad avere un attacco di panico. Che avevo detto di male? Ma poi alzò il viso e capii che si era solo imbarazzata, tirai un sospiro di sollievo
<< Sono venuta da parte di ... Di ... >> la bambina si voltò verso l'hotel, io aggrottai la fronte e guardai verso chi si era voltata. Era Lorenzo. Sorrisi, lui mi vide e mi salutò, ricambiai poi guardò la bambina e fecce un segno come per dire "vai avanti". La bambina si voltò verso di me e mi diede un bacio sulla guancia e poi scappò via. Risi e guardai Lorenzo prendere la piccola in braccio, poi mi guardarono entrambi e mi salutarono, ricambiai e se ne andarono. 
<< Aiuto! >> udii, voltai di scatto la testa e vidi una testa di capelli biondi sotto l'acqua. Presi la ciambella ed entrai in acqua e nuotai più veloce che potevo.
<< Eccomi, tieni! >> dissi e misi la ciambella sulla massa bionda e con l'altra mano cercai di prendere il bambino ma la sua corporatura era molto più grossa di quella di un bambino. La testa uscì dall'acqua e vidi che era Jace, rideva. 
<< Ma sei completamente scemo o fai finta?! >> ero furiosa! Come poteva fare una cosa del genere? Gli diedi un pugno.
<< Ahi! Era solo uno scherzo! >> si massaggiò il braccio e io gli diedi un altro pugno.
<< Devo tornare alla postazione >> mi voltai e tornai a riva con lui dietro di me. Arrivati alla torretta mi abbassai e presi l'asciugamano e me lo iniziai a passare sui capelli.
<< Ti va di andare a pranzo fuori? >> mi chiese Jace, mi voltai continuando a tamponare i capelli. Non era una buona idea.
<< Non lo so, Jace. Non credo sia un bene per me uscire dal villaggio ... Lo sai, no? >> lui mi guardò serio e annuì 
<< Ok >> si voltò e andò via. Chiusi gli occhi e mi maledii, per l'ennesima volta. Non potevo rischiare, ma una parte di me voleva farlo. Insomma, non potevo nascondermi per sempre, no? 
Finii il turno, presi le mie cose e mi diressi verso l'hotel per tornare in camera e farmi una bella doccia. Arrivata all'ascensore, qualcuno mi mise un braccio intorno al collo
<< Hey >> mi sussurrò, sorrisi
<< Ciao, Lore, come va? >>
<< Tutto bene e tu? >> era su di giri
<< Bene >> dissi io 
<< Non hai nient'altro da dirmi? >> mi chiese, togliendomi il braccio dalla spalla, io risi
<< No >> lui fece una faccia triste e lì non trattenni più le risate e lui cambiò faccia e alzò un sopracciglio. 
<< Grazie per il pensiero >> gli dissi e lui sorrise
<< Di niente >> disse fiero di sé
<< Lo sai che i bambini non accompagnati non possono stare sulla passerella, vero? >> gli ricordai e lui sbiancò ed iniziò a balbettare
<< Non farlo più >> lo guardai dura e lui abbassò la testa io risi e gli accarezzai i capelli e poi rise anche lui. Era strano. Con Lorenzo era tutto così diverso, tutto così facile. Perché con Jace non era così? Ogni volta che parliamo o discutiamo, litighiamo sempre o ci feriamo. Perché? Perché era così dannatamente difficile? Mi rattristai e Lorenzo se ne accorse.
<< Che ti succede? >> disse preoccupato, lo guardai e scossi la testa
<< Nulla, sono solo un po' stanca >> l'ascensore arrivò ed io mi piombai dentro
<< Capisco, bé ci vediamo a pranzo >> lo salutai e spinsi il mio piano, le porte si chiusero ed ebbi l'ennesimo flashback di me e Jace stretti in quello spazio claustrofobico. Il caldo, le nostre mani, i nostri respiri affannati ... Le porte si aprirono, mi svegliai e mi diressi verso la mia camera. Presi la chiave, la aprii ed entrai e mi buttai sul letto. Mi toccai le guance: bruciavo. Forse era questo che mancava con Lorenzo. La temperatura alta, il calore, la passione ... Jace era tutto questo. Sbuffai e mi diressi verso il bagno concedendomi una lunga doccia fredda. 

Mi feci l'ultimo shampoo, mi sciacquai ed uscii dalla doccia. Mi misi un asciugamano intorno al bacino e con un altro, più piccolo, mi tamponai i capelli. Non riuscivo a capire perché tra me e lei non funzionasse. Perché litigavamo sempre, perché mi diceva sempre di no, cosa c'era che non andava in me? Mi guardai allo specchio e mi esaminai: i capelli tinti mi ricadevano su un lato del viso nascondendo una parte, le labbra carnose color roseo, gli occhi marroni chiari, le sopracciglia folte ... Ero normale. Allora cosa c'era che non andava? Era il mio carattere? Forse. Scossi la testa, stufo delle troppe domande che mi ponevo ed iniziai ad asciugarmi e in quel momento ebbi un flashback e vidi lei che mi toccava dolcemente i muscoli delle spalle, della schiena per scendere giù fino al mio bacino e poi ... Bussarono alla porta e mi guardai allo specchio. Respiravo affannosamente e sentivo un gran caldo. Guardai nei paesi bassi e la mia erezione era ben visibile. 
<< Cazzo! >> mormorai, bussarono ancora
<< Arrivo >> cercai di camuffare il più possibile la mia erezione, indossando pantaloni larghi, mi avvicinai alla porta e la aprii e vidi Barbara. La guardai da capo a piedi: indossava una camicia bianca lunga con scollo a V con maniche a 3/4, dei pantaloncini marroni che mostravano le lunghe gambe e un paio di stivaletti marroni. La mia erezione rispose. 
<< Hey >> disse, io mi appoggiai vicino alla porta 
<< Che succede? >> dissi mentre cercavo di calmarmi
<< Ci ho ripensato. Mi piacerebbe andare a pranzo fuori, con te >> sgranai gli occhi
<< Grande ... Si ... >> mi voltai e mi maledii
<< Tutto bene? Non ci hai ripensato, vero? >> disse, ferita. Mi voltai e la guardai. Come poteva pensare una cosa simile?
<< No, certo che no. Dammi 5 minuti >> lei annuì sorridendo e poi abbassò lo sguardo e lo rialzò immediatamente, arrossì. 
<< Ti aspetto fuori ... >> la fermai
<< No, entra >>
<< Sei sicuro? >> diede uno sguardo veloce alla mia erezione e poi tornò a guardarmi, abbassai il viso. Che figura. 
<< Si >> lei entrò incerta e poi si sedette sul letto. Io entrai in bagno e chiusi la porta a chiave e tirai un sospiro. Dovevo assolutamente calmarmi. 


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  Barbara
   Jace
  Lorenzo

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Eravamo in auto diretti verso non so dove. Il silenzio che c'era, era imbarazzante. Io guardavo fuori dalla finestra per non cercare di pensare a quello che era successo in camera di Jace qualche minuto prima. 
<< Allora, cosa preferisci? >> mi chiese, mi voltai verso di lui
<< Cosa? >> dissi, lui rise
<< Ti ho chiesto se ti va di mangiare cinese o italiano >> mi guardò di sfuggita e poi tornò a guardare la strada
<< Ah >> sinceramente non avevo fame, quella di uscire fuori era solo una scusa per stare un po' da soli. 
<< Non hai fame, vero? >> mi guardò di nuovo di sfuggita e poi tornò a guardare la strada. Mi morsi il labbro e scossi la testa. Lui rise. Rimanemmo in silenzio per tutto il resto del tragitto. 
<< Spero tu abbia voglia di divertirti, almeno >> lo guardai storto e poi parcheggiò. Tolse le chiavi dal cruscotto aprì la portiera e scese. Venne verso il mio lato, aprì la portiera e mi aiutò a scendere. Vedevo l'enorme ruota panoramica e sentivo le persone urlare sulle montagne russe.
<< Oh no. No, no, no >> stavo per rientrare in macchina ma Jace mi prese in braccio e mi mise sulla sua spalla. Gridai. 
<< No, ti prego, Jace >> 
<< Si, invece >> 
Quando eravamo bambini, Pattie ci portò a Santa Monica per farci divertire sulle giostre. Jace voleva provare la montagna russa, ma io no. Cercò di convincermi in tutti i modi possibili ma io non cambiai pensiero. Avevo paura della velocità, sopratutto se in discesa o a testa i giù. 
<< Ti proteggo io >> mi disse e allora lì cambiai idea. Salimmo sulla giostra e una volta scesa iniziai a sentirmi male. Nemmeno due passi ed iniziai a vomitare tutto quello che avevo mangiato. Da quel giorno mi ero ripromessa di non salire mai più su una montagna russa e invece ... 
E invece adesso mi ritrovavo sul primo vagone a mantenermi stretta alla spranga di ferro.
<< Questa me la paghi >> dissi a Jace tremando, lui rise << Ti proteggo io >> lo guardai: i suoi occhi color nocciolato, risplendevano al sole diventando più chiari e bellissimi. Annuii e lui mi mise un braccio intorno alla spalla e con la mano si mantenne alla spranga di ferro della giostra così da non farmi strattonare tanto. La giostra iniziò a muoversi lentamente e lì iniziai a tremare. Iniziò la salita lenta e poi una discesa lenta. Gridai e chiusi gli occhi e mi strinsi a Jace. Poi iniziò un altra salita, piccola, ma veloce e poi mi ritrovai sbandata a sinistra ad una velocità incontrollabile. Urlai nelle orecchie di Jace e lui rise. Poi tornammo dritti, aprii gli occhi e mi vidi davanti una discesa. Non altissima ma io avevo una paura bestiale. La percorremmo velocemente e io chiusi gli occhi. Poi c'era una salita, aprii gli occhi e mi ritrovai nuovamente sbandata verso sinistra. La giostra rallentò un po' e mi staccai un po' da Jace ma poi tornò la velocità e mi strinsi nuovamente a lui. Ci fu una salita e poi tornammo dritti. Jace mi abbracciò e io riaprii gli occhi
<< E' finito >> mi sussurrò io mi staccai piano da lui e sentii un senso di nausea. 
<< Stai bene? >> mi disse, lo guardai e scossi la testa. Ci alzammo e uscimmo dalla giostra e mi aiutò a scendere le scale. Tornati a terra, mi prese le mani nelle sue e mi guardò attentamente. Iniziai a respirare e inspirare e mi sentii meglio.
<< Sei sbiancata >>
<< Ora sto bene >> e sorrisi, lui mi guardò meglio
<< Andiamo a mangiare qualcosa >> io scossi la testa. Solo la parola cibo in quel momento mi avrebbe fatta vomitare.
<< No, ti prego >> 
<< Ma devi mangiare qualcosa >> 
<< Non mi va, Jace. Potrei vomitare. >> lui sbuffò e poi mi prese per mano e mi condusse sulla spiaggia. Mi tolsi gli stivali e anche lui fece lo stesso con le sue vans e, mano nella mano, camminammo sulla sabbia. Amavo le spiagge, il mare, l'estate. Amavo sentire quel profumo di crema solare, la salsedine e tutto il resto. Arrivammo vicino ad una barca e ci sedemmo. Il mare era calmo, tirava un po' di venticello, ma era caldo e rilassante. Chiusi gli occhi e tirai un sospiro. Il senso di nausea si stava dileguando. 
<< Come stai? >> mi chiese Jace, lo guardai e lui mi tolse dei ciuffi di capelli che mi volavano sul viso e me li mise dietro le orecchie.
<< Meglio >> risposi << Allora, che hai fatto in questi 5 anni? >> gli chiesi
<< Oh, bé >> iniziò a giocare con la sabbia << Dopo che te ne sei andata, il villaggio stava pian piano acquisendo notorietà. La gente aumentava settimana, in settimana e mamma aveva bisogno di una mano. L'ho aiutata con la spiaggia-piscina, con i bambini, in cucina e anche con l'intrattenimento. Finché un giorno non è arrivato Paolo, il padre di Lorenzo. Alloggiava al villaggio e incontrava quasi sempre mamma la mattina, perché lui ogni mattina andava a correre e la trovava quasi sempre stanca. Un giorno si è offerto di darci una mano e puff! >>
<< Non sembri molto contento >> gli disse
<< No, lo sono. Insomma mia madre è felice e tutto il resto, però non lo so. Paolo non è mai qui. E' il capo di un'azienda molto importante, quindi è bravo coi soldi e tutto il resto, ci ha dato una grandissima mano e ce la da ancora anche se non è mai qui, l'unica cosa che ha lasciato qui è Lorenzo >> disse l'ultima parola con disprezzo.
<< Non ti piace Lorenzo? >> gli chiesi, lui fece una smorfia
<< No. E' troppo ... Non lo so. Non ci siamo mai sopportati >> 
<< Dimmi la verità  >> dissi, fece un sorriso forzato e mi guardò 
<< Ma come fai a capire sempre tutto? >> io alzai le spalle
<< Perché conosco Lorenzo. Ma sopratutto conosco te. So che se una persona non ti piace ci deve essere un motivo ben preciso ed il fatto che non vi sopportiate a vicenda penso sia una cazzata >> lui fece un sorriso 
<< Non mi rispetta. Mi prende in giro. Dice che sono un fallito e altre cose di questo genere, solo perché è un riccone del cazzo >> sgranai gli occhi. Non riuscivo a credere che Lorenzo potesse dire cose di questo genere. Mi ritornò la nausea ed iniziai a respirare piano.
<< Un altro attacco di nausea? >> mi chiese preoccupato Jace
<< Tranquillo >> dissi respirando col naso ed espirando con la bocca. Ma non funzionò. Sentii il nulla salirmi verso la gola, mi misi una mano sulla bocca e mi alzai e corsi vicino ad un cestino e vomitai. Jace era dietro di me che mi massaggiava la schiena. Mi alzai e mi pulii la bocca con il fazzoletto che aveva in mano.
<< Mi dispiace è tutta colpa mia >> disse io scossi la testa
<< No, non darti colpe in questo momento >> ora stavo un po' meglio ma avevo ancora il senso di nausea.
<< Portami a casa >> lui mi aiutò. Arrivammo vicino alla macchina e mi aprì lo sportello, mi aiutò a salire e poi chiuse la porta. Mi doleva la testa in maniera incredibile e mi bruciava la gola. Jace entrò in macchina e mise in moto. Per tutto il tragitto non parlammo di nulla, io non ci riuscivo. Se avessi aperto bocca avrei vomitato anima e corpo. Jace parcheggiò ed io uscii dall'auto correndo con la mano sulla bocca. Lorenzo mi vide e mi corse in contro.
<< Cos'è successo? >> mi chiese, io scossi la testa e lo sorpassai per dirigermi verso la mia camera. Ci arrivai in tempo, entrai in bagno e vomitai. Odiavo le montagne russe.   

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Scesi dall'auto e chiusi lo sportello non feci in tempo a voltarmi che quello spaccone di Lorenzo mi prese per il colletto della maglietta
<< Cosa cazzo le hai fatto? >> mi urlò, lo guardai in modo truce e gli tolsi le mani dalla mia maglietta 
<< Niente >> dissi, scosse le spalle e mi puntò un dito contro
<< Non dire cazzate, Justin! Cosa le hai fatto?! >> urlò
<< Niente! >> urlai io, iniziai ad irritarmi, lui rise e poi tornò serio
<< Stronzate! >> sbottò, poi mi guardò, inclinando la testa da un lato e disse << Ti sei mai reso conto che ogni volta che state insieme, lei sta male? Forse, dovresti prendere questo come un avvertimento >> fece un sorriso sghembo e si mise le mani nelle tasche dei suoi costosi pantaloni eleganti. Aveva ragione. Ogni volta che io e Barbara stavamo insieme alla fine uno dei due si faceva male anche se quella che veniva ferita sempre era lei. Ma non potevo. Non potevo starle lontano, lei aveva bisogno di me. Io avevo bisogno di lei. Strinsi i pugni lungo i fianchi, il mio petto si alzava e si abbassava velocemente, lui rise.
<< Cosa c'è, vuoi prendermi a pugni? Eh? >> disse lui in maniera lagnosa, lo fulminai ma lui ricominciò a ridere a crepa pelle. Non ne potevo più di lui e dell'aria da sbruffone che aveva, così, giusto per sfuriare la rabbia portai indietro il braccio e gli diedi un pugno sul naso. Lui fece un passo indietro e poi cadde di culo a terra mettendosi le mani intorno al naso che ormai sanguinava.
<< Lo dirò a mio padre. Te la farò pagare! >> disse lui alzandosi e correndo verso l'hotel. 
<< Justin! >> sentii alle mie spalle e vidi mia madre venire verso di me con un'aria molto, molto arrabbiata.
<< Che cosa hai fatto? Perché lo hai colpito? >> guardai per terra
<< Se lo meritava >> la guardai << Tu non sai, non sai come quell'imbecille mi ha trattato in questi anni! Con quell'aria da sbruffone, io non ne potevo più, mamma! >> abbassai la testa sconfitto. Lo so che avevo sbagliato ma non c'era alternativa. Mi madre mi prese il viso tra le mani e me lo alzò, la guardai negli occhi e vidi che erano lucidi, sgranai i miei
<< Mamma ... >> iniziai a dire ma lei mi fermò
<< Mi dispiace, tesoro. Mi dispiace tanto. Se non fossi stata tanto impegnata forse mi sarei accorta di quello che ti stava succedendo. E' tutta colpa mia >> le cadde una lacrima ma io gliela asciugai con il pollice e la abbracciai. Era da tanto tempo che non lo facevo e mi mancava. La strinsi forte e lei contraccambiò l'abbraccio. Mi scostai lentamente 
<< Non darti nessuna colpa, mamma >> le sussurrai, lei per tutta risposta mi strinse più forte e poi si staccò da me mi mise un braccio intorno al bacino e io le misi il mio intorno alla sua spalla. Si asciugò le lacrime e rientrammo in hotel.
<< Devo andare a sistemare una faccenda, ci vediamo a cena >> la strinsi a me e le diedi un bacio sui capelli, lei singhiozzò e annuì
<< Dai, mamma adesso basta piangere >> risi e lo fece anche lei. La lasciai nella hall e mi diressi alle ascensori. 
Devo andare da lei, per vedere come sta. Sono un coglione! Non dovevo portarla sulle montagne russe! Non ne faccio mai una giusta con lei. In un modo o nell'altro la faccio stare male. La verità è che quando sono con lei non so come comportarmi e l'unica cosa che vorrei fare è baciarla da per tutto e ripeterle che la amo ma non posso. Io e lei non stiamo più insieme e forse lei non mi ama. Scuoto la testa cercando di smettere di pensare a queste cose, entro nell'ascensore e premo il pulsante. Le porte si chiudono ed inizio a salire. Mi volto verso lo specchio e mi guardo
<< Sei un coglione, Justin Drew Bieber. Come può una ragazza come lei mettersi con un coglione come te? >> mi dico. Le porte dell'ascensore si aprono e io sbuffo. Esco e mi incammino verso la sua camera, quando noto che la porta è socchiusa.
<< Scusami, davvero è solo che non sapevo da chi altri andare >> sento dire da Lorenzo
<< Non preoccuparti >> gli risponde Barbara, stanca. 
Ma che cazzo sta succedendo? Apro la porta e vedo Barbara che tampona il naso di Lorenzo con un asciugamano.
<< Che cosa ci fai qui? >> mi chiede Lorenzo
<< Potrei farti la stessa domanda >> rispondo guardandolo in cagnesco
<< Vi prego, non incominciate >> dice Barbara smettendo di tamponare il naso dell'imbecille e guardandomi. Il rossore del sole che aveva preso era più vivido ma i suoi occhi erano stanchi. Mi guardava freddamente e io non riuscivo a capire il perché.
<< Perché lo hai colpito, Jace? >> mi chiede
<< Cosa? >> sbotto io, sorpreso, lei alza gli occhi al cielo e si avvicina a me 
<< Perché lo hai colpito? Lorenzo mi ha detto tutto. Non avevi motivo di farlo, era solo preoccupato per me perché non gli hai detto quello che era successo invece di colpirlo? >> guardavo Barbara a bocca aperta. Non potevo credere che si bevesse una balla del genere, dopo tutto quello che gli avevo detto ... Guardai Lorenzo alle sue spalle che se la rideva. Aggrottai la fronte fulminandolo
<< Smettila >> guardai Barbara e fulminai anche lei
<< Allora è così? Sei dalla sua parte? >> dissi, innervosendomi. Lui intanto alle sue spalle sghignazzava.
<< Non sto da nessuna parte voglio solo capire perché lo hai fatto, Jace >> disse, stanca. Io scossi la testa e non risposi, mi voltai lei cercò di prendermi la mano ma io la allontanai subito ed uscii da quella stanza sbattendo la porta. Non ci credevo. Non era possibile che dopo tutto quello che le avevo detto lei andava ancora dietro le stronzate di quell'idiota! Andai a passo svelto verso camera mia. Avevo bisogno di calmarmi. Intravidi Shila, che stava uscendo dalla sua camera, si voltò e mi vide. Fece un sorriso e io mi avvicinai a lei
<< In cosa posso esserle utile, signore? >> mi chiese mettendosi di spalle alla porta che aveva chiuso per permettermi di starle di fronte. Non la volevo, ma al momento era l'unico sfogo che avevo. Lei mi mise le mani nei capelli e mi attirò a se e ci baciammo non in maniera molto casta. La sua lingua mi toccò le labbra e io le schiusi in modo da farmi assaporare. Lei aprì la porta di camera sua e in men che non si dica ci ritrovammo sul suo letto a fare sesso.
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<< Non ci posso credere >> dissi e mi voltai verso Lorenzo per andargli a tamponare il naso che, ormai, aveva quasi smesso di sanguinare.
<< Sai com'è fatto meglio di me. Lui non pensa, agisce e basta >> mi rispose. Per tutto il tempo che ho passato in camera a vomitare, non ho fatto altro che pensare a quello che mi aveva detto Jace sul conto di Lorenzo. E se fosse vero? Se davvero Lorenzo fosse cattivo nei suoi confronti? Scossi la testa e mi dissi che era quasi impossibile che una persona come lui sia spregevole. 
<< Il sangue non cola più >> dissi dandogli l'asciugamano, lui lo prese e lo guardò, disgustato. Iniziai a sentirmi di nuovo male
<< Cosa c'è? >> disse Lorenzo alzandosi verso di me << Stai di nuovo avendo la nausea? >> mi chiese preoccupato. Io annuii  e mi diressi nel bagno e vomitai. Sentii i miei capelli sollevarsi e per un momento pensai fosse Jace 
<< Ecco >> disse Lorenzo, dandomi un asciugamano pulito << Certo che io e te in queste condizioni formiamo una bella coppia, eh? >> risi e lo fece anche lui. 
<< Una coppia di disgraziati >> aggiunsi, ridemmo ancora di più. Poi lui si fermò e mi guardò in maniera strana e mi fece un sorriso e io contraccambiai. Uscimmo dal bagno e io mi sedetti sul letto e lui fece altrettanto. 
<< Cosa ti ha detto, Justin? >> fece lui, guardandomi, io aggrottai la fronte. Non mi sembrava il caso di raccontargli ciò che mi aveva detto.
<< Mah, niente di importante >> dissi << Non mi sento molto bene e vorrei stendermi, se non ti dispiace ... >> lui mi guardò in maniera torva, il che mi fece un po' spaventare ma poi sorrise
<< Certo, capisco, non ti preoccupare >> si alzò dal letto e si diresse verso la porta e io mi distesi. Lui aprì la porta
<< Barbara? >> mi chiamò e lo guardai << Ti prego, non ascoltare quello che Justin ti dice sul mio conto, sono un mucchio di frottole >> mi misi seduta pronta a chiedergli cosa intendesse ma lui fu più svelto di me ed uscì dalla camera, lasciandomi sola. Non gli avevo dato modo di dubitare che Jace mi avesse raccontato qualcosa su di lui, come può aver capito il contrario? Iniziai a pensare che forse Jace aveva ragione. Quando Lorenzo mi aveva guardata in quel modo prima, mi aveva fatto gelare il sangue. Il suo sguardo che era sempre dolce e gentile si era trasformato in freddo e pauroso. Dovevo assolutamente parlarne con Jace. Mi cambiai velocemente mettendomi una maglietta larga e un pantaloncino ed aprii la porta. Guardai in corridoio e non vi era anima viva. Aprii la porta ed uscii e mi diressi verso camera di Jace. Bussai ma non ebbi nessuna risposta. Nell'altra stanza sentii un tonfo e poi dei respiri mi avvicinai alla porta
<< Ah, si, Jace. Jace. Jace. Ti piace quando ti chiamo così? >> sentii la voce di Shila e mi pietrificai. Non potevo crederci. Jace era in questa stanza con Shila a ... Il conato di vomito mi tornò e iniziai a correre. Arrivai in tempo in camera mia ed iniziai a vomitare l'anima. Iniziai a piangere non so se per lo sforzo o per la delusione ma optai per la prima cosa per non rimanerci troppo male.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


<< Smettila! >> le urlai guardandola negli occhi. Smisi di spingere e scesi da sopra di lei e mi alzai iniziando a raccogliere i boxer e me li infilai
<< Perché ti irrita tanto che ti chiami in questo modo? >> mi chiese lei, mi voltai e la guardai: aveva le mani vicino al petto in modo tale che le lenzuola non le cadessero.
<< Perché è una cosa mia e sua >> lei annuì e si alzò dal letto e venne verso di me sempre mantenendo il lenzuolo. Io mi voltai e presi i jeans e me li misi
<< Tu, la ami, non è vero? >> mi sussurrò Shila, mi voltai e la guardai: i capelli che portava sempre raccolti, ora erano sciolti e liberi sulle spalle, il trucco c'era ancora, anche se un po' sbavato era comunque perfetto. Io annuii e lei per tutta risposta respirò molto forte. Avevo paure che lei si fosse fatta un'dea sbagliata di noi due. Iniziai a dirle qualcosa ma lei mi fermò
<< No, lascia stare. Sapevo che quello che facevamo era solo per divertimento ma sai com'è una cosa tira l'altra e insomma ... Hai capito >> si guardò i piedi e poi si portò una mano al viso e si asciugò una lacrima. 
<< Shila, io ... >> lei mi fermò
<< Tranquillo, davvero, sto bene >> disse guardandomi, facendo un sorriso falso
 << Vai da lei, ha bisogno di te >> mi disse, scossi la testa e mi sedetti sul suo letto e mi presi la testa fra le mani
<< Non posso, ho fatto una cazzata >> lei si sedette accanto a me 
<< E quando non ne fai? >> mi disse lei, rise e lo feci anche io << Ti perdonerà >> mi mise una mano sulla spalla, tolsi le mani dal viso e la guardai 
<< Grazie, Shila >> lei mi sorrise, si alzò ed entrò nel suo bagno per poi richiudersi la porta alle sue spalle. Dovevo rimediare, questa volta potevo e dovevo farlo. Mi misi la maglietta e le scarpe uscii dalla stanza di Shila e mi diressi al piano di Barbara. Chiamai l'ascensore ed aspettai. Quando le porte si aprirono vidi un uomo: aveva una camicia bianca, pantaloni neri e scarpe eleganti. Portava un paio di occhiali da sole grandi. Mi sorrise
<< Devi entrare? >> mi chiese, con voce roca. Annuii ed entrai, portai la mano ai pulsanti dei piani per pigiare quello di Barbara ma notai che era già pigiato. Guardai di sottecchi l'uomo: era la prima volta che lo vedevo. Aveva capelli neri, un naso dritto e quei occhiali ... Le porte dell'ascensore si aprirono 
<< Buona serata >> disse voltandosi verso di me e li lo guardai: sotto gli occhiali spessi aveva una cicatrice che gli partiva dalla testa fino ad arrivare sotto il mento. Io feci un cenno col capo ed uscimmo insieme dall'ascensore e si diresse dalla parte opposta alla mia. Con passo deciso arrivai dietro alla porta di Barbara e bussai. Non rispondeva nessuno. Bussai più forte.
<< Pal? Pal, sono io >> bussai un altra volta, niente. Misi la mano sulla maniglia e cercai di aprire la porta ma era chiusa. Feci un passo indietro e diedi un calcio alla porta e la aprii, entrai e la chiusi. Sul letto c'erano degli slip un reggiseno e degli abiti. Mi diressi verso il bagno e bussai nuovamente.
<< Chi è? >> sentii dall'altro lato e tirai un sospiro di sollievo
<< Pal, sono io, Jace >>
<< Ah ... Come hai fatto ad entrare? >> mi chiese e io risi
<< Ho dato un calcio alla porta ... Ho bussato ma tu non aprivi così mi sono preoccupato e .. >>
<< E hai preso a calci la porta >> disse lei fredda
<< Si ... Pal io ... >> all'improvviso la porta si aprì e la vidi: aveva i capelli bagnati, l'asciugamano che aveva addosso la copriva il minimo, ma i suoi occhi ... I suoi occhi erano neri dalla rabbia.
<< Tu, cosa Jace? >> rispose acida, io abbassai la testa per non guardarla più
<< Mi dispiace. Di come ti ho trattato prima, è solo che mi ha dato molto fastidio vederti qui con ... Quell'idiota e poi mi ha dato ancora più fastidio vedere che lo difendevi >> lei sbuffò
<< Non lo stavo difendendo, volevo solo sapere come erano andate le cose, ma tu sei così testardo da non avermi dato alcuna spiegazione >> disse gridando, esasperata, la guardai e mi leccai le labbra. Dio, era così bella, la amavo da morire. Ad un certo punto sgranò gli occhi. 
<< Cosa hai detto? >> mi chiese tremando, cazzo, lo avevo detto ad alta voce.
<< Io ... >> bussarono forte alla porta e io e lei sobbalzammo. La guardai storto e lei scosse la testa, non sapendo chi fosse. Sentimmo dei tonfi e poi la porta cadde a terra e vidi un uomo. Quello dell'ascensore con un ghigno in faccia. Istintivamente mi misi davanti a Barbara per proteggerla e notai che quell'uomo non portava gli occhiali da sole e la cicatrice, profonda, era in bella mostra. Sentii le mani di Barbara prendermi la maglietta e stringerla forte tra le sue mani, feci un passo indietro per starle più vicino e sentii che stava tremando. 
<< Ma che bella scenetta strappalacrime! Levati dal cazzo, ragazzino e fammi prendere ciò che è mio! >> disse l'uomo entrando nella camera
<< Chi cazzo sei?! >> sbottai
<< Jace .. >> sussurrò Barbara, l'uomo rise 
<< Ah, non ci credo che quella piccola puttanella che stai proteggendo non ti abbia raccontato niente di me ... >> lo guardai bene e capii 
<< Tu sei Christian! >> dissi affannosamente
<< Ma che bravo, complimenti, al primo tentativo >> e applaudì << Scommetto anche che ti ha raccontato quello che mi ha fatto >> iniziò a camminare attorno al letto e si fermò di fronte a me. 
<< Fa' il bravo, lascia che prenda questa stronzetta e non ti sarà fatto del male ... cioè non sarà fatto del male a tua madre >> disse con normalità. Sgranai gli occhi e serrai i pugni
<< Che cazzo stai dicendo? Cosa centra mia madre? >> sbottai facendo un passo verso di lui ma Barbara mi strinse forte a se e mi fece ritornare dov'ero prima. Christian rise e scosse la testa poi si toccò il mento e mi fece un sorriso e poi un pugno mi colpì sulla mandibola cogliendomi di sorpresa facendomi perdere i sensi.

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SORPRESAAAA!!! DUE CAPITOLI IN UN GIORNO SPERO CHE VI PIACCIANO SO CHE NON SONO CHISSA' COSA IL PROBLEMA E' CHE HO MOLTO DA FARE IN QUESTI GIORNI SPERO POSSIATE CAPIRMI :D VI REGALO DUE GIF DI BARBARA E JACE :D GRAZIE PER IL SUPPORTO :D

                       

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


<< No! >> presi Jace a caddi insieme a lui per terra. Il brutto colpo che aveva preso alla mandibola gli aveva fatto uscire del sangue dalla bocca. Tremai e cercai di svegliarlo ma non ci riuscii. Christian iniziò a ridere a crepa pelle lo guardai male
<< Smettila! >> gli dissi e lui rise più forte, così forte che gli cadde una lacrima e se la pulì con un dito.
<< Da quanto tempo non assistevo a scenette del genere >> sospirò << Non credevo fossi così ... sdolcinata. Insomma, mi hai trapassato la testa con un proiettile >> si indicò, abbassai lo sguardo
<< Non sono come te >> sussurrai, due dita mi presero il mento e mi costrinsero ad alzare il viso
<< Si che lo sei. E non immagini quanto. >> scostai il viso e tornai a guardare Jace. Gli accarezzai la guancia e poi con il pollice gli pulii il mento
<< Mi dispiace. Mi dispiace così tanto >> sussurrai e lo baciai sulla fronte. Era tutta colpa mia. Se non fossi scappata come una codarda tutto questo non sarebbe mai successo. Prima Tessa, poi Amber adesso Jace, Pattie e tutti gli altri, non potevo permettere che anche loro, a causa mia, rischiassero la vita o peggio ancora, la perdessero. Accarezzai il viso di Jace e poi mi abbassai e lo baciai. Iniziai a sentire il fuoco nelle vene e quella bellissima e famigliare sensazione che mi faceva capire che Jace era l'amore della mia vita. Fin dal primo momento che lo avevo visto, ho sempre pensato che fosse il bambino più bello e dolce del mondo. Mi aiutava sempre quando non riuscivo a fare qualcosa, mi rincuorava quando mi facevo male, non mi ha mai dato peso sul fatto che lo chiamassi Jace, nonostante lo detestasse, non mi ha mai fatto mancare nulla. Quando quella sera mi aveva tradita con la mia migliore amica ho sentito rompersi qualcosa dentro di me ma nonostante questo non ho mai smesso di credere che lui fosse l'unica persona che riuscisse a farmi stare bene, nonostante tutti i diverbi e le litigate e adesso non potevo permettermi di farlo soffrire. Né lui né la mia famiglia si meritavano di soffrire, non per colpa mia. Gli accarezzai un ultima volta il viso << Addio, amore mio >> gli sussurrai sulle labbra e poi alzai il viso e guardai Christian che era di spalle e parlava al cellulare. 
<< Va bene >> dissi, Christian si voltò verso di me, disse qualcosa al cellulare e poi lo spense << Verrò con te ma ad una condizione >> lui sorrise, mise il cellulare in tasca ed intrecciò le braccia
<< Ti ascolto >> 
<< Fai in modo che nessuno di loro riesca a trovarmi. Sopratutto Jace >> lo guardai
<< Non preoccuparti, nessuno ti troverà mai >> 
<< Aiutami a metterlo sul letto >> Christian sollevò gli occhi al cielo 
<< Assolutamente no >> lo guardai male
<< Fallo oppure, ti giuro, che ti uccido >> lui mi guardò negli occhi e capì che ero sincera, sorrise e venne verso me e Jace si abbassò prese Jace per un braccio e lo posò sul letto
<< Ora si che riconosco la mia Angel >> rabbrividii nel momento in cui pronunciò il mio falso nome e mi toccò con le dita la spalla nuda, gli scostai la mano ed andai in bagno. Mi misi dei jeans ed una maglietta bianca, presi le scarpe e mi legai i capelli ancora bagnati. Christian chiuse nuovamente il cellulare e si voltò verso di me 
<< Andiamo >> mi prese per un braccio e mi trascinò fuori la porta, mi strattonai e riuscii a liberarmi giusto il tempo di guardare Jace un ultima volta.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


<< Justin! >> ripetevo il mio nome a Barbara, volevo che imparasse il mio nome così la mamma sarebbe stata fiera di me.
<< Da da da >> disse Barbara, io scossi la testa
<< No da da da, Justin >> ripetei e li mi fece una pernacchia e corse via
<< Hey, dove vai? >> la rincorsi per il lungo corridoio e non riuscii a trovarla. 
<< Barbara? >> la chiamai e sentii un tonfo in una stanza, entrai e la trovai per terra a giocare con delle palle da basket.
<< Barbara! Ma cosa ci fai qui dentro? Lo sai che la mamma non vuole che stiamo qui, vieni andiamo! >> la presi per la mano e la aiutai ad alzarsi ma lei staccò la presa e cadde per terra e tornò a giocare con le palle. 
<< Ti piacciono le palle da basket? >> lei annuii e mi tirò una palla e io mi sedetti per terra e gliela tirai lei rise e la tirò di nuovo verso di me e io la tirai verso di lei.
<< Sei brava! Quando diventeremo grandi faremo parte di una squadra di basket io col numero 6 e tu con il 99 e faremo tanti di quei canestri che i nostri nomi saranno ricordati in eterno! Palvin e Bieber alla riscossa! >>
<< Pal! >> disse lei 
<< Cosa? >>
<< Pal! >>  
<< E va bene, Pal! >> le buttai la palla e lei rise
<< Justin! Barbara! >> sentii mia madre chiamarci dal corridoio, mi alzai di fretta e uscii dalla stanza lasciando Pal da sola
<< Justin! Cosa ci fai qui? Lo sai che tu e Barbara non potete stare qui! >> si abbassò e io guardai per terra
<< Lo so mamma ma è stata Pal a venire qui e io lo solo seguita >> mia madre alzò un sopracciglio
<< Chi? >> indicai la porta e lei seguii il mio dito e vide Pal che giocava con la palla da basket
<< Barbara! >> andò verso di lei e la prese in braccio ed iniziò a piangere 
<< Mamma mettila giù >> la mamma la mise giù e io le presi la mano e con l'altra le asciugai le lacrime
<< Non preoccuparti. Quando diventeremo grandi leggende del basket potremo restare qui a giocare per sempre! >> lei rise 
<< Jace! >> disse Pal, la guardai
<< Cosa hai detto? >>
<< Jace! >>
<< Mamma! Mamma! Pal ha detto la sua prima parola! >>
<< Jace! Jace! Jace! >> mia madre sorrise ad entrambi e ci prese per mano e ci portò in cucina dove la nonna ci aveva preparato la pappa. Non vedo l'ora di vedere la sua faccia quando Pal dirà alla nonna il mio nome. Non mi piaceva che la gente mi chiamasse Jace ma lei era così tenera quando lo diceva che mi piaceva. 

<< Pal! >> mi alzai di scatto e la testa iniziò a girarmi. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo e poi li riaprii: ero sul letto di Pal, la porta del bagno aperta e quella della camera chiusa, ma di lei nessuna traccia. Mi alzai e corsi giù nella hall << Pal! >> la chiamai, ma non ebbi risposta
<< Justin! >> mi voltai e vidi mia madre con delle carte in mano e gli occhi sgranati, venne verso di me
<< Stai bene? Sei pallidissimo e tutto bagnato ... >> 
<< Mamma! >> la abbracciai forte e poi mi staccai << Hai visto Pal? >> 
<< No, non lo vista ... Che succede, Justin? >> lei mi guardò preoccupata, io scossi la testa e mi inventai una scusa
<< No, nulla ero andato in piscina a cercarla ma un bambino, che l'aveva vista, mi ha detto che si era un attimo allontanata per andare a prendere le chiavi della torretta che si era dimenticata ... >> lei mi guardò circospetta e poi annuì 
<< Capisco. Mi dispiace, tesoro, ma non lo vista. Ora vado che ho molte cose da fare >> mi diede un bacio sulla guancia e mi lasciò lì. Strinsi i pugni lungo i fianchi: quel bastardo la portata via da me di nuovo ... Non potevo sopportarlo. Non potevo sopportare un altro secondo, minuto o giorno senza la mia Pal. Per fortuna mia madre stava bene e anche mia nonna e mio nonno. Dell'idiota non me ne importava un fico secco quindi se avesse deciso di ammazzarlo mi avrebbe fatto un gran favore. Mi guardai in torno nella hall e vidi che alla reception non c'era nessuno. Mi avviai e chiesi ad una cameriera dell'hotel se avesse visto Shila
<< Era qui fino a qualche ora fa a sghignazzare e prendere in giro tutti e poi ... Un uomo la portata via con sé, non so chi fosse >>
<< Va bene, puoi andare grazie >> lei mi fece un cenno col capo e se ne andò. Mi misi le mani nei capelli e sbuffai combattuto. Quel bastardo si era portato via con sé anche Shila, chissà cosa le avrebbe fatto fare. Chissà cosa avrebbe fatto fare alla mia Pal ... Rabbrividii e scossi la testa. Non potevo stare qui a piangermi addosso e a pensare al peggio dovevo darmi una mossa e trovarle. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Ero sul furgone nero di Christian, seduta accanto a lui sul sedile anteriore. Lui stava bevendo dell'alcool e a volte toglieva la mano dal volante per metterla sulle mie gambe e a stento riuscivo a trattenermi da togliermela di dosso. Stavamo attraversando Venice Beach e da lì a poco saremmo arrivati in aeroporto. Quante cose sono successe in questi giorni il tempo si è come volatilizzato. Guardai Christian bere un altro sorso << Smettila di bere o ci fermerà la polizia >> gli dissi, lui rise << Stai tranquilla, ho tutto sotto controllo >> biascicò << Senti, forse è meglio che guido io >> dissi e lui rise ancora più forte << Allora non hai capito niente? Ti ho detto che ho tutto sotto controllo >> alzai gli occhi al cielo e lui si rabbuiò ed estrasse la pistola e me la puntò contro << Non. Farlo. Mai. Più. Chiaro? >> esitai ma poi decisi di parlare. Ormai avevo perso tutto: Jace, mia madre i miei nonni, l'unica cosa che mi mancava di perdere era la vita. Aprii la bocca per parlare ma da dietro al camion udii un urlo famigliare
<< No, ti prego, ti prego no! >> sgranai gli occhi
<< Chi c'è qui dietro? >> domandai a Christian, sperando di non aver davvero riconosciuto quella voce
<< Una troietta. Quando lo vista, era alla reception che piangeva come una bambina, le ho detto qualche cazzata per rassicurarla e lo convinta a seguirmi nel bar dell'hotel per offrirle qualcosa ed eccoci qua! >> non potevo crederci. Shila! Come ha potuto essere cosi' stupida! Urlò di nuovo
<< Che cosa le stanno facendo? >> dissi preoccupata, Christian rise << I ragazzi si stanno divertendo >> rabbrividii al solo pensiero. Ebbi un flash e mi rividi per terra con sopra di me Christian che mi violentava ... << Lasciala andare >> gli dissi, lui mi guardò sorpreso << Sei matta? Una come quella sai quanti bigliettoni mi farà guadagnare? >> 
<< Una come quella non reggerà allungo nel nostro mondo e poi la conosco è una che spiffera gli affari altrui e tu non vuoi che finiamo in carcere, giusto? >> Christian iniziò a ragionarci su << Cazzo! Va bene >> bussò dietro di noi << Gettatela per strada! >> ordinò Christian << Ma capo ... >> disse uno degli uomini
<< Fatelo e basta! >> sentii le porte del furgone posteriori aprirsi, guardai nello specchietto e vidi cadere per strada il corpo di Shila tremante. Le avevano legato i polsi e le caviglie e le avevano messo una benda sugli occhi. Distolsi lo sguardo e Christian mi prese il mento e mi baciò. Il suo alito puzzava di alcool, trattenni un conato e poi mi lasciò, mi pulii le labbra e lui tornò a guidare. Iniziai a pensare a Shila sperando che nessuno l'avesse investita ... Non sopporterei un'altra persona morta a causa mia. Scossi la testa e guardai l'enorme aeroporto e ripensai al giorno in cui scappai. Ero stata ridicola. Invece di affrontare la situazione ero scappata come una codarda ed adesso guarda in che condizioni sono. Christian fermò il furgone e scese e io lo seguii. Mi prese per mano e mi portò all'interno dell'aeroporto seguito dai suoi uomini. Prendemmo i biglietti e ci andammo a sedere. Poggiai i gomiti sulle gambe e mi presi la faccia tra le mani.
<< Non preoccuparti, tesoro, tra poco saremo di nuovo a casa >> mi disse Christian, alzai il viso << Quella non è casa mia >> gli risposi, lui mi fulminò e bevve di nuovo. L'aeroporto quel giorno brulicava di persone ed iniziai ad agitarmi. Speravo con tutto il cure che Jace stesse ancora dormendo, perché altrimenti ci sarebbero state delle conseguenze terribili. La vocina chiamò il nostro volo, mi alzai e Christian mi prese la mano e ci incamminammo verso il metal detector. Passai per prima, poi passarono gli uomini di Christian. Nel momento stesso in cui Christian passò dal metal detector, l'aggeggio suonò. Il poliziotto chiese a Christian di togliersi la giacca e passare di nuovo. Lo fece e l'aggeggio suonò ancora. Christian era così ubriaco che non si era reso ancora conto che aveva con se la pistola. La pistola .... Saremmo finiti tutti nei guai. Il poliziotto iniziò si avvicinò a Christian e lui gli puntò la pistola contro
<< Non ti permettere o ti faccio fuori >> il poliziotto uscì la sua arma ma Christian lo sparò ferendolo. Oltrepassò il metal detector e mi prese per il braccio e mi condusse verso l'aereo. Nel frattempo, in aeroporto, si era creato il caos.  

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Ero in auto e facevo il giro della città cercando un qualsiasi indizio che avessero lasciato per farmi capire dove avessero portato la mia Pal. Strinsi forte il volante, cercando di scacciare via un'immagine orribile su quello che le sarebbe potuto succedere, sia a lei che a Shila. Non me lo sarei mai perdonato. Non poteva accadere un'altra volta. Ero sulla strada per l'aereoporto e sul ciglio vidi tantissime persone raggrupate tutte in cerchio. Scesi dall'auto e raggiunsi in gruppo, mi feci spazio tra loro e uscii e vidi cosa stavano guardando. A terra c'era una ragazza bendata con i polsi e le caviglie legate, mezza nuda che tremava. Mi avventai su di lei e le slegai polsi e caviglie e poi le tolsi la fascia. I suoi occhi erano rossi e gonfi per il pianto ed erano terorizzati. 
<< Shila! Ti ho trovata, finalmente! >> le sussurrai lei mi abbracciò e continuò a piangere, ricambiai l'abbraccio poi la scostai da me << Cosa ti è successo? >> lei mi guardò il giubbotto e io me lo tolsi e glielo misi sulle spalle e lei si coprì. La aiutai ad alzarsi, ci facemmo largo tra la folla e la portai in auto. Salii anche io e partii
<< No! Devi andare in aeroporto! >> mi disse la guardai << Non posso, devo portarti prima in ospedale! >>
<< No, Justin, devi andare in aereoporto. Subito! Io me la caverò >> scossi la testa e poi mi illuminai << Eri con quei tizi che hanno portato via Barbara? Che ti hanno fatto? >> parcheggiai l'auto e la guardai, lei si guardava intorno e poi rabbrividì. 
<< Cazzo! >>  sussurrai mettendomi le mani nei capelli, la guardai e le misi una mano sulla spalla rassicurandola, le mi guardò e fece un sorriso triste. << Devi andare in aeroporto. Subito. Penso io a chiamare la polizia, tu ora devi andare lì >> scese di fretta dall'auto ed iniziò a togliersi il giubbotto << No, tienilo. Serve più a te che a me >> lei se lo rimise sulle spalle e mi sorrise. Chiuse la portiera ed io accessi l'auto poi sentii bussare sul mio finestrino, la vidi e lo abbassai << Cercate di tornare a casa interi, ok? >> le sorrisi ed annuì. Le fece un passo indietro ed io partii in tutta furia, dirigendomi in aeroporto. L'adrenalina che avevo in corpo aumentò nell'istante in cui varcai le porte scorrevoli dell'aeroporto e poi iniziai a guardarmi intorno. La gente si teneva stretta e si guardava in giro con paura, gli agenti di polizia si parlavano tra loro e avevano le armi in mano pronti ad agire. Corsi verso uno di loro << Cosa sta succedendo? >> l'agente mi guardò << Un pazzo ha sparato ad uno dei nostri agenti e adesso è scappato. Non siamo sicuri, ma pensiamo che si stia dirigendo verso quell'aereo >> me lo indicò << Tutti i voli sono stati cancellati per sicurezza, mi dispiace signore, ma adesso deve raggiungere gli altri passeggeri >> me li indicò, annuii e li raggiunsi. Dovevo trovare un modo per avvicinarmi all'aereo. Mi guardai intorno: c'erano molti poliziotti armati che facevano avanti ed indietro per controllare la situazione, altri che parlavano con le varie famiglie rassicurandole e altri che stavano in gruppo vicino le porte degli imbarchi. Mi misi le mani nei capelli: era assolutamente impossibile riuscire ad avvicinarsi a quell'aereo. Ad un certo punto un poliziotto uscì dalla stanza della security, corsi ed entrai e mi ci chiusi dentro. La stanza era piena di televisori che riprendevano le varie zone dell'aeroporto, c'era una anche fuori. Ad un certo punto vidi dei movimenti e allora zummai, sgranai gli occhi << Pal >> sussurrai. Era lei. Christian la stava tirando per un braccio e la stava portando verso l'aereo. Lei si dimenò e lui le strinse ancora più forte il braccio, arrivarono alle scale dell'aereo e salirono, bussarono alla porta si aprì e lui la fece entrare per poi seguirla. << No! >> dovevo fare qualcosa. Mi guardai intorno e vidi appesa, dentro un armadietto aperto, un'uniforme da poliziotto. Mi cambiai il più veloce possibile ed uscii dalla stanza e la chiusi alle mie spalle. La situazione era sempre la stessa: poliziotti che facevano avanti e dietro armati, altri che rassicuravano la gente ed altri che formavano dei gruppi.
" Mark, ho bisogno di una pausa " mi disse un poliziotto attraverso la radio che avevo sulla spalla, la presi << Dove sei? >> dissi, guardando intorno. Era davvero un colpo di fortuna. Se lo avessi sostituito, avrei potuto raggiungere Pal. " Alla porta scorrevole per arrivare all'aereo " lo vidi, era solo. << Arrivo >> iniziai a camminare a passo svelto e lo raggiunsi << Mark, quello nuovo? >> mi chiese ed io annuii << Stammi a sentire, non muoverti di qui finché non torno, ok? Non so cosa hai sentito, ma il tipo che ha fatto tutto questo macello è davvero molto pericoloso >> io annuii e lui se ne andò ed io aspettai che si fosse allontanato il più possibile per uscire. Sfiorai le porte ed uscii ed iniziai a correre, con tutto il fiato che avevo in corpo, verso l'aereo. << Sto arrivando, Pal, non temere, ti salverò! >>.

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