Back together

di Dora95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who we need to be ***
Capitolo 2: *** Ashes ***
Capitolo 3: *** Danger ***
Capitolo 4: *** A bolt from the blue ***
Capitolo 5: *** Found you ***
Capitolo 6: *** Being strong ***
Capitolo 7: *** The Choice ***
Capitolo 8: *** On my way home ***



Capitolo 1
*** Who we need to be ***


 
"It takes ten times as long
to put yourself
back together
as it does to fall apart."
 
"Rimettere insieme i pezzi
richiede dieci volte
il tempo che serve
per crollare."
 
(Suzanne Collins - Hunger Games)
 
Clarke se n'era andata per poter sopravvivere. Sapeva che se fosse rimasta a Camp Jaha non sarebbe riuscita ad affrontare il peso di tutte le azioni che aveva compiuto, a partire dal terrestre che aveva ucciso a sangue freddo quando Anya aveva rapito lei e Finn. 
 
"Finn..."
 
Una nuova ondata di dolore e colpa la travolse, tanto da sentirsi soffocare. Si portò una mano al petto, cercando di recuperare il controllo. 
Erano tre mesi che andava avanti così, cercando di sotterrare i ricordi, di dimenticare tutto quello che era successo. Era troppo debole per affrontare tutto quel dolore e quelle morti che lei stessa aveva causato. Sarebbe impazzita. Non che non stesse rischiando di andare fuori di testa lo stesso....
 
Appena lasciato Camp Jaha aveva passato qualche giorno nella foresta, non sapendo dove andare. Non poteva tornare dai suoi amici e dalla sua famiglia, non lo meritava dopo tutto quello che aveva fatto. Come aveva bandito Murphy dopo la morte di Charlotte, Clarke si era imposta un auto-esilio, perché le cose che aveva fatto erano terribili ed imperdonabili. 
 
"L'ho fatto per il loro bene"
 
Si disse per l'ennesima volta. Si era convinta col passare dei giorni che senza di lei la sua gente sarebbe andata avanti più facilmente. Col tempo avrebbero dimenticato lei e il massacro di Mount Weather che si portava addosso come un fardello. Avrebbero vissuto giorni migliori, senza fantasmi del passato che li venissero a torturare. 
 
"Ho ucciso i loro demoni"
 
Ricordó di come la piccola Charlotte aveva ucciso Wells: per cercare di non avere più incubi del cancelliere che uccideva i suoi genitori era arrivata a compiere la peggiore delle azioni, aveva ucciso suo figlio. Clarke voleva risparmiare questo tormento ai superstiti dell'arca. Voleva solo il meglio per loro e se ciò comportava la sua assenza non avrebbe avuto esitazioni. E così aveva fatto. 
 
"Porto io il fardello, così non dovranno farlo loro."
 
Cercava ancora di proteggerli. Lo avrebbe fatto sempre. Erano la sua famiglia. 
 
###
 
Bellamy si trovava vicino alla recinzione che circondava Camp Jaha, dentro l'accampamento. Prese un respiro profondo, lo sguardo perso nella fitta foresta che si estendeva oltre la palizzata.
Erano passati tre mesi. Più di novanta giorni da quando Clarke se ne era andata via, trascorsi senza neanche sapere se fosse ancora viva, se fosse riuscita a superare l'inverno e tutti i pericoli che si celavano in quel posto che per ora aveva riservato loro solo dolore.   
 
"Dovrebbe essere qui"
 
Si disse per la centesima volta. Perché non era ancora tornata? Come aveva potuto abbandonarli così? Il popolo del cielo aveva bisogno del suo leader, aveva bisogno di lei. 
Dopo tutto quello che avevano attraversato insieme, Bellamy era pronto a ricominciare, a costruire una nuova vita sopra tutte quelle macerie, ma Clarke se n'era andata e con lei anche la possibilità per il ragazzo di trovare finalmente un po' di pace. Non riusciva a non pensare a lei, a dove fosse in quel momento, a cosa stesse facendo. Nel profondo sapeva che non poteva essere morta, in fondo si trattava di Clarke Griffin. Passava ore ed ore a preoccuparsi per lei e questo lo stava lentamente facendo impazzire, perché non c'era niente di concreto che potesse fare per aiutarla, per prendersi cura di lei. Allo stesso tempo era infuriato con Clarke: se fosse rimasta lì con lui avrebbe potuto proteggerla e insieme superare la questione di Mount Weather, ma così non restava altro che dolore, per tutti e due. Bellamy sentiva che gli mancava qualcosa, che gli mancava lei, e ogni giorno che passava la rabbia verso Clarke cresceva, perché riteneva la sua assenza ingiustificabile.
 
"Si sentirebbe meglio se fosse qui, tutti si sentirebbero meglio..."
 
Pensò ad Abby, che dopo la scomparsa della figlia era diventata inavvicinabile ed inconsolabile, pensò ai sopravvissuti dei cento, che si aggiravano per l'accampamento con sguardi smarriti. Nessuno voleva parlarne ma a tutti mancava quella ragazza e Bellamy sentiva bruciare la sua assenza dentro di lui più che mai. Perché non aveva mai dato sue notizie? Non le importava più di loro? Di sua madre? Di lui?...
 
"Non può essere vero."
 
Si rifiutava di pensare che Clarke li avesse dimenticati così, non dopo tutto quello che lei aveva fatto per la sua gente. Ma più il tempo passava più le persone si convincevano di questo e lui era sempre più arrabbiato con lei, perché sapeva che non poteva averli abbandonati, ma allo stesso tempo non riusciva a spiegarsi dove fosse finita. 
Da quando Clarke se n'era andata, Bellamy aveva fatto di tutto per riempire il vuoto che aveva lasciato al campo, cercando di prendere il suo posto come leader, per aiutare i cento sopravvissuti. In fondo sapeva benissimo che la ragazza era insostituibile, ma ogni giorno si svegliava cercando di fare del suo meglio con quei ragazzi. 
 
Cercava ancora di proteggerli. Lo avrebbe fatto sempre. Erano la sua famiglia. 
 
 
 
NOTA: ringrazio tutti quelli che leggeranno questa storia e ancora di più chi lascerà un commento. Mi scuso in anticipo per gli errori grammaticali: se non ne ho ancora fatti state pur certi che ne farò. Spero che questo primo breve capitolo vi sia piaciuto ance se più che altro è un'introduzione. Nei prossimi capitoli scoprirete di più su che cosa hanno fatto Bellamy e Clarke in questi tre mesi. 

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Capitolo 2
*** Ashes ***


"I've never done good things, 
I've never done bad things,
I've never did anything out of the blue."

"Non ho mai fatto nulla di buono, 
Non ho mai fatto nulla di cattivo,
Non ho mai fatto nulla di punto in bianco."

(David Bowie)


Raven aprì la porta della stanza che avevano adibito a laboratorio, sicura che lo avrebbe trovato li.
Appena entrata, infatti, vide subito spuntare i grossi occhiali tra i capelli arruffati del ragazzo. Da quando erano tornati da Mount Weather, Jasper non faceva altro che rintanarsi in quel laboratorio, dalla mattina presto fino a sera, insieme agli altri chimici, evitando qualsiasi tipo di contatto umano. Raven era una delle poche persone con cui ancora parlava. 

"Hey Jasper, che hai combinato oggi? Hai qualche nuovo esplosivo per me?"

Chiese ammiccante. Tutti conoscevano la sua passione di far esplodere le cose. Jasper sollevò lo sguardo su di lei.

"Ho chiuso con morte e distruzione Raven, dovresti saperlo."

Rispose cupo. La ragazza faceva di tutto per tirarlo su di morale, ma Jasper non era più lo stesso dopo la morte di Maya. Niente sarebbe più tornato come prima.

"Non era questo che intendevo..."

Raven cominciava a preoccuparsi seriamente per il ragazzo. Doveva uscire da quello stato di depressione e aggressività al più presto. Lo sapeva per esperienza.

"Jasper ti devo parlare, sul serio."

Disse guardandolo dritto negli occhi. Era arrivato il momento di raccontargli tutto. Doveva farlo se voleva aiutarlo veramente. Era l'unico modo. 

"Parla pure, ti ascolto."

Rispose con fare disinteressato, giocherellando con li attrezzi da laboratorio. La ragazza prese un respiro profondo prima di iniziare. Si era già preparata il discorso per fortuna. 

"So come ti senti Jasp.."

"No che non lo sai Raven"

"Lasciami finire di parlare!"

Lo fulminò la ragazza. Jasper incrociò le braccia, irritato. Raven riprese:

"So come ti senti, perché mi sono trovata nella tua stessa identica situazione. Finn non è stato ucciso dai terrestri.....ma da Clarke."

Lo stupore e la confusione riempirono lo sguardo di Jasper. I 42 non sapevano cos'era realmente successo, Abby aveva detto loro solo che era stato preso dai terrestri, i quali lo avevano giustiziato. Raven spiegò a Jasper tutta la storia, gli raccontò di come Clarke aveva ucciso il ragazzo che amava per risparmiargli una lenta agonia, di come la aveva odiata per giorni e giorni per avergli portato via l'unica persona cara che le era rimasta, del dolore e della rabbia cieca che aveva provato, ma alla fine gli raccontò anche di quando aveva perdonato Clarke, quando aveva compreso le sue azioni.

"Lei è Bellamy cercano solo di proteggere tutti noi Jasper. Mettono il bene della nostra gente davanti al loro. Sempre. Hanno fatto grandi sacrifici per questo e ne stanno ancora pagando le conseguenze. Soprattutto Clarke."

I due rimasero zitti per qualche minuto, ognuno perso nei propri pensieri, finché non fu Jasper a spezzare il silenzio che si era creato.

"Capisco che l'uccidere Finn sia stato un gesto di pietà, ma Mount Weather.....no......con Maya......quella è stata una esecuzione! Uno sterminio!" 

Disse, ormai in lacrime. Raven da parte sua stava lottando per mantenere il controllo, voleva mostrarsi forte per lui.

"Non hanno mai voluto questo Jasper, sono stati costretti. Hanno lottato per noi più di chiunque altro. Non volevano fare del male a nessuno, non volevano fare del male a Maya"

Disse, per poi abbracciare il ragazzo che aveva iniziato a piangere disperatamente. 

"Non è giusto!"

Raven continuò a stringerlo forte finché Jasper non esaurì tutte le lacrime che aveva da spendere per quel giorno.

###

Bellamy aveva fatto di tutto per colmare il vuoto dell'assenza di Clarke. 
Qualche giorno dopo Mount Weather, Abby era venuta da lui, offrendogli un posto nel consiglio. Bellamy era rimasto molto sorpreso dalla proposta: a lui, un custode di umili origini, con la madre giustiziata e la sorella clandestina, era stato offerto un posto come consigliere dell'Arca! Se glielo avessero detto qualche mese prima lo avrebbe considerato a dir poco assurdo. 
Poi si rese conto di quello che era diventato in quei pochi mesi sulla terra. 
Adesso era un soldato e un leader. 
Era diventato un uomo. 
 
"Loro seguono te, ora che......ora che lei non è qui."

Gli aveva detto Abby. Entrambi sapevano quanto fossero vere quelle parole. 
Bellamy aveva accettato, ovviamente, per il bene del popolo del cielo, il suo popolo, e in particolare per i 42. 
Era anche rientrato a far parte della guardia. Lo avevano nominato addirittura vice capitano. Dopo la sua "impresa" a Mount Weather molti li al campo lo consideravano un eroe, anche se lui non ne capiva il motivo. Aveva solo fatto quello che andava fatto. Niente di più. 
Niente di "nobile" o "coraggioso". Niente che assomigliasse alle imprese che compivano gli eroi dei libri che sua madre gli leggeva da piccolo. Quelli non uccidevano persone innocenti. Non si sentivano privati della loro umanità...

Circa una settimana dopo Mount Weather il popolo del cielo aveva iniziato a mandare squadre di ricerca nel territorio, in cerca di cibo per affrontare l'inverno. Bellamy ne prese parte fin da subito, incapace di restare fermo ad aspettare chissà cosa con le mani in mano. Abby all'inizio non era d'accordo che un consigliere si esponesse tanto, ma il ragazzo aveva dimostrato il suo valore fin da subito: era il migliore a muoversi nella foresta, ora che Finn era morto e Clarke li aveva lasciati. 

Già dai primi giri di ricognizione erano stati attaccatati da piccoli gruppi di terrestri: Lexa era scomparsa nel nulla e il popolo degli alberi era di nuovo disorganizzato e frammentato in gruppi che si combattevano a vicenda, ma che soprattutto attaccavano il popolo del cielo, gli invasori che avevano portato loro solo morte e distruzione. Abby e il consiglio avevano provato a scendere a patti con loro, a cercare la pace, ma i terrestri non avevano più un leader da seguire e non era possibile trattare con loro civilmente.

Il popolo del cielo aveva passato l'inverno resistendo alle loro rappresaglie. Nessuno poteva uscire da Camp Jaha, solo gli esploratori e le guardie erano autorizzati a superare i cancelli, sempre armati. Abby cercava di evitare lo scontro con ogni mezzo. L'ultima cosa che voleva era un'altra guerra e altri morti. Sarebbe stato devastante per tutti. Molte guardie erano tornate al campo ferite da frecce e coltelli, sempre più spesso. La verità era che l'alleanza era saltata il giorno della partenza di Clarke e della scomparsa di Lexa. Bellamy lo sapeva bene ed era molto preoccupato che il suo popolo dovesse presto affrontare una nuova battaglia. All'interno di Camp Jaha c'era un gruppo di persone che voleva combattere e reagire ai terrestri, per schiacciarli e ottenere così il comando su di loro, ma Bellamy ovviamente non era con loro, non avrebbe mai potuto sopportare la distruzione di un altro popolo....

Il ragazzo era appena rientrato dall'ennesima perlustrazione dei boschi quando una guardia gli disse che il cancelliere aveva bisogno di parlargli con urgenza. Bellamy si diresse all'interno della navicella dove si trovava la sala del consiglio. Abby stava percorrendo la stanza avanti e indietro con aria preoccupata. 

"Entra pure Bellamy e chiudi la porta per favore."

Il ragazzo fece come ordinato, ansioso di sapere cosa fosse successo.

"Kay e gli altri non vogliono più aspettare, Bellamy. Una guardia è tornata con una freccia ad un soffio dall'arteria femorale stamattina e loro vogliono uscire la fuori ad uccidere i terrestri oggi stesso! Non posso permetterlo, non dopo tutto quello che abbiamo passato."

Bellamy sapeva che era solo questione di tempo prima che si arrivasse a questa situazione. Se lo aspettava da settimane.

"Quindi cosa ha intenzione di fare cancelliere?"

Chiese serio alla donna. Abby lo fisso per qualce secondo, come per cercare una conferma di quello che stava per dire.

"Ho deciso di mandare una squadra alla ricerca di Lexa e tu ne sarai a capo. Dobbiamo trovare il loro comandante se vogliamo la pace, è l'unica soluzione. Ho deciso di mandare te perchè ti conosce e sa quanto vali. Sei l'unico che puó farla ragionare."

Bellamy rimase stupito da quelle parole. Come poteva Abby fare ancora affidamento su Lexa dopo il tradimento a Mount Weather? 

"Ti fidi ancora di lei? E poi da dove dovrei cominciare a cercarla? Non abbiamo idea di dove possa essere andata!"

"Ti sai muovere meglio di chiunque altro dentro quei boschi. Devi trovarla. Bellamy io mi fido di te, so che puoi farcela!"

Disse il cancelliere guardando il ragazzo dritto negli occhi scuri. Lui stesso sapeva che non c'era uomo migliore di lui adatto a quel compito folle e suicida. Trovare Lexa nel suo habitat naturale sarebbe stato impossibile, ma Bellamy ci avrebbe messo tutto sè stesso come sempre. Per il suo popolo. Per la sua famiglia. Se quello era l'unico modo per aiutarli lo avrebbe fatto senza esitazioni. 

"Andró nei boschi. Partiró domani all'alba."



NOTA: Hi everyone! Come state? Io bene anche se ci ho messo tantissimo a scrivere questo secondo capitolo, causa impegni scolastici e non. Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere mi raccomando!!! Nel prossimo scopriremo cos'è successo alla nostra princess! Stay tuned! 


 

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Capitolo 3
*** Danger ***


I walk this empty street.

On the boulevard of broken dreams,

Where the city sleeps,

And I'm the only one and I walk alone

 

(Green Day - Boulevard of Broken Dreams)

 

 

 

Clarke si stinse nel suo vecchio giubbotto, nel vano tentativo di scaldarsi. I mesi più freddi erano ormai passati ma ancora la primavera non si era fatta vedere.

 

"Sei pronta Clarke?"

 

Chiese un terrestre che si era affacciato all'interno della sua tenda. 

 

"Si."

 

Rispose, uscendo fuori nell'aria gelida delle prime ore del mattino. Sentì i fili d'erba secca scricchiolare sotto il suo peso, mentre il suo respiro creava piccole nuvolette di vapore.

 

"Andiamo."

 

Ordinò al terrestre, che si affrettò a seguirla mentre Clarke si era già incamminata a passo deciso.

 

Si trovava nel villaggio del popolo del ghiaccio, verso Nord, ormai da tre lunghi mesi. 

Dopo aver lasciato Camp Jaha Clarke non aveva idea di dove poter andare. 

Non voleva più avere nulla a che fare con Lexa dopo il suo tradimento e non poteva tornare dalla sua gente per quello che era successo a Mount Weather. 

Non aveva più una casa.

Pianse tutte le sue lacrime in quei giorni. Lacrime di disperazione e follia. Il dolore era insostenibile. Le morti che aveva causato era così tante, così ingiuste. 

 

Chi era diventata? Non sapeva darsi una risposta.

 

Le mancavano suo padre, sua madre, Wells, Bellamy.... Ma come poteva meritare quelle persone dopo quello che aveva fatto?

 

Aveva vagato per i boschi per qualche giorno, accecata dai suoi tormenti, finchè una squadra di terresti non l'aveva trovata, riconosciuta e portata al loro villaggio. 

Così si era ritrovata tra il popolo del ghiaccio. 

 

Si era accorta fin da subito che i terrestri la rispettavano quanto rispettavano la loro comandante, Nia. Tutti loro conoscevano Clarke per l'accordo fatto con Lexa e sapevano quello che era successo a Mount Weather. Loro vedevano Clarke come colei che li aveva liberati dal popolo della montagna e soprattutto dai mietitori e per questo le erano riconoscenti. 

 

Nia le offrì un posto come suo secondo e suo consigliere. Non sapendo dove altro andare quella le sembrò una valida alternativa, magari sarebbe riuscita a ricostruire qualcosa sulle ceneri che aveva sparso intorno a sé, o almeno questo disse a sé stessa, così accettò quell'offerta.

 

Da quel giorno si sforzò di non pensare più al popolo del cielo, il suo popolo, per cui aveva fatto e farebbe di tutto. Sapeva che il dolore l'avrebbe sovrastata e che lei era troppo fragile per affrontarlo da sola. 

Seppellì tutto in un angolo remoto della sua mente, ignorando i ricordi che a tratti riaffioravano, soprattutto nei suoi sogni tormentati.

 

Cercò di focalizzarsi sul presente e sui nuovi compiti che aveva da svolgere. Nel villaggio c'era sempre qualcosa da fare, tra la caccia, la raccolta di legna, acqua o provviste, la costruzione di capanne e l'aiuto che poteva dare ai guaritori. La sua presenza al villaggio durante quei mesi si era dimostrata di grande aiuto per i terrestri. Grazie alle sue conoscenze mediche era riuscita a salvare la vita a diverse persone durante l'inverno. Quello era stato il suo unico conforto da quando aveva lasciato Camp Jaha.

 

Quel giorno Clarke si sarebbe unita ai gruppi per andare a caccia. Ora era un'ottima combattente e un'abile cacciatrice, per essere partita praticamente da zero. Da quando si trovava sulla terra i suoi sensi erano diventati più fini, i suoi muscoli più forti e veloci e il suo fisico sempre più asciutto e tonico. 

 

Si armò di arco e frecce, oltre che del solito coltellino che portava infilato nella cintura, e si avviò in direzione dei cancelli del villaggio, dove si stavano radunando i cacciatori. Tutti la salutarono con un cenno del capo in segno di rispetto. 

Si divisero in piccoli gruppi e si addentrarono nella foresta ancora addormentata, in cerca di prede. 

 

Clarke scorse i primi bagliori dell'alba ad est, beandosi di quella luce chiara per qualche attimo, prima di rituffarsi sulla terra fredda e scura. 

 

###

 

Bellamy aveva subito radunato la squadra che lo avrebbe accompagnato in quell'assurda missione diplomatica.

Aveva cercato di essere convincente e di ispirare loro fiducia, ma quando aveva spiegato a quegli uomini che il loro compito era quello di trovare Lexa e di convincerla a stipulare un nuovo trattato di pace lo avevano guardato come se gli avesse appena chiesto di farsi spuntare le ali e spiccare il volo. Fortunatamente tutti a Camp Jaha si fidavano ciecamente di Bellamy e lui sapeva che lo avrebbero seguito senza fare domande o sollevare dubbi.

Dopo aver dato le ultime disposizioni ai suoi uomini, Bellamy si ritirò nella sua stanza, nel vano tentativo di riposare almeno qualche ora. Non aveva fatto tempo neanche a svestirsi però quando qualcuno bussò piano alla sua porta. Il ragazzo raccolse la pistola e si avvicinò con cautela.

 

"Chi è?"

 

Chiese circospetto. 

 

"Sono io Bellamy."

 

Disse una voce incerta al di là della porta. Il ragazzo la aprì immediatamente, stupito.

 

"Jasper?!"

 

Esclamò, a metà tra la sorpresa e la gioia. Non parlava con il suo amico, se così poteva ancora chiamarlo, da mesi. Jasper aveva evitato Bellamy e Monty per tutto quel tempo; a malapena si faceva vedere da Raven, Harper e tutti gli altri ragazzi. All'inizio avevano cercato di riallacciare i rapporti con lui, ma Jasper non ne voleva sapere. Dopo la terribile morte di Maya aveva perso fiducia nelle persone. 

Bellamy ormai si era rassegnato al fatto che il ragazzo non volesse rivolgere mai più la parola. Come poteva biasimarlo, dopotutto era il responsabile della morte della donna di cui era innamorato, per non dire l'assassino.

 

"Che cosa ci fai tu qui? Va tutto bene?"

 

Bellamy non  riusciva a credere ai propri occhi. Doveva essere successo qualcosa di grave perché Jasper fosse venuto a parlare con lui. 

 

"Io, ehm....ecco, io vorrei parlarti Bellamy."

 

Disse spostando il peso da una gamba all'altra, teso.

 

"Ma certo, entra."

 

Lo fece entrare dentro la sua camera, una delle migliori, la quale si trovava all'interno  della navicella. Bellamy si sedette su una delle due sedie che c'erano mentre Jasper rimase fermo in piedi, con le mani affondate nelle tasche e lo sguardo basso, gli occhi coperti dai ciuffi ribelli. Rimasero per un po' in silenzio, entrambi a disagio. 

 

"Mi dispiace tanto per quello che è successo."

 

Dissero all'unisono dopo qualche minuto. Finalmente Jasper alzò lo sguardo, incrociando gli occhi di Bellamy. Sui loro volti si aprì piano un sorriso ed entrambi sentirono il loro legame riaccendersi all'improvviso. Bellamy lesse negli occhi dell'amico il perdono e la comprensione mentre Jasper vide in quelli scuri dell'altro la gioia e il sollievo.

Cominciarono a parlare di quello che gli era successo in quei tre mesi di silenzio, andando avanti per ore, come due vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo di lontananza. Jasper gli raccontò dei progressi che facevano nel laboratorio di chimica e Bellamy della vita che faceva ora che era una guardia in piena regola. 

 

Bellamy disse che sarebbe dovuto partire la mattina seguente e gli spiegò il motivo. Jasper non riuscì a credere alle sue parole.

 

"Stai scherzando? Abby vuole negoziare con Lexa?! Non posso crederci....dopo tutto quello che ha fatto a Clarke..."

 

Il ragazzo si interruppe nel pronunciare quel nome, rendendosi conto del suo errore troppo tardi. Nessuno parlava mai di lei a Camp Jaha, era praticamente diventato un tabù, in particolar modo quando in giro c'erano Abby o Bellamy. Qust'ultimo infatti si incupì all'istante, aggrottando le sopracciglia scure, mentre un groviglio di pensieri senza fine fece irruzione nella sua testa.  

 

"Il cancelliere non ha avuto molta scelta, questa è l'unica opzione che ci rimane oltre alla guerra e qui nessuno vuole più combattere."

 

Rispose freddamente, cercando di dissimulare le sue emozioni. Doveva mantenere il controllo di sé e soprattutto non voleva prendersela con Jasper, visto che miracolosamente si erano appena riappacificati. L'unica persona con cui era arrabbiato veramente era lei. E basta. Doveva controllarsi. Ogni volta che sentiva il suo nome non riusciva a non fare qualcosa di stupido o di illegale; una volta aveva addirittura tirato un pugno ad una guardia che aveva detto che secondo lui la figlia del cancelliere era morta impalata dalla lancia di un terrestre il giorno dopo essersene andata. A quelle parole Bellamy aveva perso il controllo delle sue azioni. Abby aveva chiuso un occhio su quell'episodio perché conosceva benissimo il motivo della disputa e lei stessa cercava di evitare l'argomento.

 

"Allora voglio venire con te."

 

Disse Jasper all'improvviso, riportando Bellamy alla realtà.  

 

"Non puoi venire Jasper, è troppo pericoloso. Non sei nemmeno una guardia."

 

Disse schietto Bellamy. Non avrebbe messo la vita di uno dei suoi migliori amici in pericolo mai più.

 

"So cavarmela la fuori e lo sai benissimo. Inoltre ho già avuto a che fare con i terrestri. Più volte. So come ragionano. E poi un chimico potrebbe sempre tornarvi utile, non si può mai sapere...per non parlare della mia mente brillante. Non credo che le tue guardie siano intelligenti almeno la metà di me."

 

Rispose in tono di sfida, sogghignando. Sembrava quasi il Jasper di un tempo.

 

"Devi essere fuori di testa..."

 

Per quale ragione voleva infilarsi in quel caos?!

 

"Non ti lascio solo."

 

Disse serio, guardandolo. Bellamy non seppe se fu la determinazione che lesse nel suo sguardo o la forza che gli trasmise a convincerlo, ma qualche minuto dopo il piccolo chimico se ne andò compiaciuto a preparare le sue cose per prepararsi all'imminente viaggio.

 

Alle primi luci dell'alba il gruppo era già pronto e radunato al cancello di Camp Jaha. Jasper era stato il primo ad arrivare, con la paura che Bellamy potesse partire senza di lui.

Per l'occasione era venuta anche Abby, che ora stava parlando al gruppo cercando di infondergli la determinazione necessaria a quella missione.

Alla fine Bellamy salutò Abby con un leggero cenno del capo, in segno d'intesa, e la squadra partì, lasciandosi presto alle spalle le persone care e la loro casa.

 

Camminarono nella foresta quasi in silenzio assoluto per tutto il giorno, senza mai fermarsi per troppo tempo. Avevano deciso di dirigersi verso Nord perché sapevano che la c'era un'alta concentrazione di terrestri e le probabilità che anche Lexa si trovasse da quelle parti erano maggiori. 

Verso sera decisero di accamparsi in una piccola radura; Bellamy e Jasper andarono a raccogliere della legna per il fuoco mentre gli altri cinque si occuparono di montare le tende e di tirar fuori le provviste.

 

"Cos'è cambiato Jasper?"

 

Chiese Bellamy ad un tratto, una volta che si furono allontanati dalle altre guardie.

 

"Che vuoi dire?"

 

"Perché hai deciso di perdonarmi? Cosa ti a fatto cambiare idea?"

 

Bellamy era sinceramente curioso di conoscere la risposta.

 

"E' stata Raven…lei mi ha raccontato di quando…ehm…della morte di Finn, ecco."

 

Disse, leggermente a disagio. Non voleva fare il nome di Clarke un'altra volta.

 

"Capisco….Jasper voglio che tu sappia che non ho mai voluto che accadesse tutto questo. Io sono vivo anche grazie a Maya, senza di lei non ce l'avrei mai fatta a sopravvivere dentro Mount Weather."

 

Jasper sentì un dolore acuto al petto nel sentire il nome della ragazza. Erano passati tre mesi, ma le cicatrici erano ancora fresche.

 

"Lo so, Bellamy…l'ho capito. Ti prego non mi parlare di lei, non voglio. Fa ancora troppo male."

 

A quelle parole Bellamy si sentì morire dentro per l'ennesima volta. Quanto dolore aveva causato? Quanto ne avrebbe causato ancora? Quel pensiero rischiava di farlo impazzire. 

Finirono di raccogliere la legna in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri cupi, per poi tornare all'accampamento.

 

"No…"

 

Jasper fece cadere a terra il mucchio di legna che aveva tra le braccia, subito seguito da Bellamy. Le guardie che erano rimaste al loro accampamento era tutte stese scompostamente a terra, in una pozza di sangue. 

 

"I terrestri…Jasper corri!"

 

Bellamy non fece in tempo a finire la frase quando una figura scura piombò su di lui dall'alto, colpendolo alla testa. L'ultima cosa che vide fu il corpo di Jasper che cadeva a terra accanto a lui. Poi tutto divenne scuro.

 

 

 

 

 

NOTA: Ciao a tutti, cari. Ecco che abbiamo iniziato con le uccisioni, in perfetto stile The 100, eheh. Finalmente la trama sta prendendo corpo e ormai non manca molto all'incontro tra i nostri due protagonisti quindi...be ready!!! 

Il comandante del popolo del ghiaccio, Nia, sarà veramente uno dei nuovi personaggi della terza stagione, per cui ho deciso di utilizzarla anche per questa fanfiction, anche se come la descriverò io non sarà come nel telefilm, ovviamente. Spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo il più presto possibile, come sempre. Stay tuned!

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Capitolo 4
*** A bolt from the blue ***


Far away
This ship has taken me far away
Far away from the memories
Of the people who care if I live or die.

Lontano
Questa nave mi ha portato lontano
Lontano dai ricordi
Delle persone a cui importa se vivo o muoio.

(Muse - Starlight)


Fu il tintinnio delle catene che gli legavano i polsi e le caviglie a risvegliarlo. La testa gli pulsava per via della botta che aveva subito e i suoi pensieri erano ancora confusi.

La prima cosa che vide fu il corpo di Jasper, ancora svenuto, che veniva trascinato accanto a lui. Subito la paura lo invase. 

Non aveva voluto che Jasper prendesse parte a quella missione per non mettere a rischio la sua vita ed ora era proprio quello che stava succedendo. 

Cercò di schiarirsi la mente, doveva essere completamente lucido se voleva sopravvivere. 
I terrestri li stavano portando da qualche parte, probabilmente dal loro comandante, pensò Bellamy, ma il fatto che li avessero tenuti in vita significava che volevano qualcosa da loro, altrimenti li avrebbero uccisi subito insieme alle altre cinque guardie. 
Non sapeva dove si trovava esattamente ne da quanto tempo aveva perso conoscenza. Probabilmente si stavano allontanando sempre di più da Camp Jaha, dirigendosi a Nord. 

Cercò di allentare le catene che gli legavano i polsi, ma il farlo provocò un gran rumore e il terrestre che lo stava trasportando se ne accorse. Si girò di scatto, guardando Bellamy con aria minacciosa, poi diede un brusco strattone alle catene, facendole stringere ancora di più attorno ai polsi del ragazzo. Bellamy imprecò sottovoce. Non sarebbe riuscito a scappare in questo modo, anche se fosse riuscito a liberarsi c'erano almeno una decina di terrestri attorno a lui da affrontare e Jasper da mettere in salvo. Non ce l'avrebbe fatta. Avrebbe dovuto aspettare che lo liberassero. 

I terrestri continuarono a trasportare lui e Jasper nella foresta per diverse ore, nelle quali Bellamy si sentì tremendamente responsabile per quello che era successo. Era lui a capo di quel gruppo. Era lui quello che avrebbe dovuto proteggerli. Le sue mani erano sempre più sporche di sangue e non sarebbe stato facile lavarlo via, sempre che un giorno ci sarebbe riuscito...

Era immerso in quei pensieri cupi quando i terrestri si arrestarono bruscamente davanti ad un'alta recinzione di legno. Erano arrivati. Sentì un cancello aprirsi velocemente per poi richiudersi subito dietro di loro. Mentre veniva trascinato dentro cercò di studiare la palizzata. Era troppo alta e aguzza per poter essere scavalcata, come c'era da aspettarsi, e il cancello veniva bloccato da un complesso sistema di sbarre di legno e metallo, difficili da forzare. 
La sua mente tuttavia cominciò subito ad escogitare un modo per evadere da quel posto. 

I due vennero portati in una stanza costruita sottoterra molto simile ad una grotta. Bellamy pensò che quella dovesse essere la loro prigione. I terrestri legarono lui e Jasper a delle travi e poi se ne andarono senza proferire alcuna parola, lasciando soli i due ragazzi.

"Jasper! Hey, svegliati, Jasper!"

Sussurrò Bellamy all'amico accanto a sé, il quale per tutta risposta emise un debole lamento. Stava riprendendo conoscenza.

"Jasper i terrestri ci hanno preso, ricordi? Ci troviamo in un loro villaggio adesso. Dobbiamo trovare un modo per andarcene subito!!"

Quelle parole concitate fecero effetto sul ragazzo, che lentamente aprì gli occhi e si guardò intorno, ancora confuso. 

"La mia testa...."

Jasper fece per toccarsi il capo ma le catene glielo impedirono. Il ragazzo sembrava molto debole, a malapena riusciva a reggersi in piedi.

"Lo so che fa male Jasper, ma ora devi cercare di rimanere concentrato, tra poco arriveranno e...."

Non fece in tempo a finire la frase che la porta si spalancò con uno scatto metallico e tre terrestri entrarono nella prigione. I primi erano due uomini alti e robusti, dall'aria cupa e minacciosa, seguiti da una donna sulla cinquantina con i capelli rossi come il fuoco e gli occhi azzurri come il ghiaccio. Bellamy incrociò il suo sguardo ed ebbe come l'impressione che lei da sola fosse più letale dei due uomini messi insieme. 

Il ragazzo studiò la sua figura: era molto alta per essere una donna, completamente vestita di nero e con almeno tre coltelli appesi alla cintura. Dal suo collo e dai suoi polsi sbucavano dei tatuaggi che risaltavano incredibilmente sulla sua pelle molto pallida. 
La donna ordinò qualcosa ai due uomini nella loro lingua e da come essi abbassarono il capo diligentemente e si fecero da parte Bellamy capì che lei doveva essere il loro comandante: era circondata da un'aura di rispetto e timore reverenziale. 

"Io sono Nia, comandante della nazione del Ghiaccio, e questo è il mio villaggio. Le mie guardie mi hanno detto che vi hanno catturato all'interno del mio territorio, quindi ditemi, per quale ragione vi trovavate li?"

Gli occhi azzurri di lei si fissarono inquisitori in quelli neri come la pece di Bellamy, che sostenne lo sguardo. 

"Io e i miei compagni eravamo in missione per il nostro comandante, non avevamo intenzioni violente, ma a quanto pare questo non è importato molto alle tue guardie visto che hanno ucciso cinque dei nostri a sangue freddo."

Rispose Bellamy non riuscendo a contenere la rabbia che provava. La morte dei suoi compagni era completamente ingiustificata. L'attenzione di Nia si focalizzò su di lui.

"I miei uomini hanno prevenuto una minaccia. La vostra gente ha fatto molte vittime tra di noi e il popolo del ghiaccio non dimentica."

Rispose calma Nia, come se uccidere delle persone fosse una cosa ordinaria per lei. E forse lo era, pensò Bellamy. Jasper, da parte sua, continuava a seguire il dialogo tra i due, teso e spaventato.

"Non vogliamo nulla da te e dal tuo popolo. Lasciaci andare!"

Disse Bellamy in tutta risposta, cercando di forzare le catene per l'ennesima volta, invano. Così veloce da sorprende tutti, Nia sfoderò un coltello e lo puntò alla gola del ragazzo. Piegò la testa di lato, socchiudendo gli occhi.

"Ma sono io a volere qualcosa dal tuo popolo."

Le paure di Bellamy trovarono conferma in quelle parole. La donna accennò un lieve sorriso malvagio e lasciò scivolare giù il coltello lungo il petto di Bellamy, tagliandogli i vestiti e la pelle sotto. Il ragazzo trattene un gemito di dolore. 
Qualsiasi cosa sarebbe accaduta si sarebbe rifiutato di urlare.


###


Erano passati due giorni da quando Clarke era partita per la caccia. Si erano allontanati nella foresta più del solito e grazie alle temperature più miti, almeno per i terrestri, avevano potuto trascorrere tranquillamente la notte all'aperto. 
Il popolo del ghiaccio era abituato al freddo, come era prevedibile. 
Le temperature rigide di quella zona non avevano fatto altro che temprare quei terrestri, rendendoli più forti.
Non a caso la nazione del ghiaccio era la più temuta dei dodici clan. 
Tutti conoscevano la loro potenza in battaglia e la ferocia del loro comandante. 
Era stata proprio Nia un tempo, prima dell'alleanza tra i clan, a rapire, torturare ed infine uccidere Costia, la compagna di Lexa. 
Clarke ricordava bene la storia e anche per questo aveva preferito averla come alleata piuttosto che nemica. 
Nia, come Lexa, era un ottimo comandante: spietata, letale e distaccata. Tutto quello che Clarke non avrebbe mai voluto essere e che invece la rappresentava sempre di più. Per fortuna la ragazza aveva smesso di sentire tutto il tormento che quei pensieri le davano. In realtà aveva smesso di sentire praticamente ogni cosa, pur di evitare nuovi dolori e di affrontare i vecchi. 

Viveva in un limbo fatto di nebbia, nel quale si nascondeva e del quale, allo stesso tempo, era prigioniera. 

Verso il tramonto fecero ritorno al villaggio. La caccia era andata molto bene fortunatamente. Con quelle nuove scorte avrebbero rifornito per un bel po' il magazzino, ormai semivuoto dopo l'inverno. Appena varcato il cancello le venne incontro correndo Sylia, una guaritrice.

"Clarke devi venire subito, c'è bisogno di te in infermeria. Uno dei nostri guerrieri è stato ferito da un animale durante la caccia."

Disse trafelata. Clarke entrò subito in modalità medico.

"Portami da lui."

Ordinò. Sylia la condusse velocemente in infermeria, dove si trovava il terrestre che era stato ferito, ora incosciente. Clarke analizzò la ferita cono occhio esperto. L'uomo era stato colpito al fianco sinistro, all'altezza dell'ultima costola. Il taglio era netto e abbastanza profondo, bisognava intervenire al più presto. La ragazza si isolò da tutto e tutti per concentrarsi solo sul suo lavoro. Quando curava le persone  succedeva sempre così. 
Disinfettò la ferita con cura e pian piano che la puliva dal sangue e dalla terra si rese conto che quel taglio era troppo perfetto per essere stato causato da un animale della foresta. Quella ferita era opera di una lama. Clarke per sicurezza non disse nulla, avrebbe tenuto quella cosa per sé finché non avesse scoperto di più a riguardo. 
Finì di ricucire la ferita con attenzione e poi la coprì con delle bende. Alla fine era fiera del suo lavoro, quell'uomo se la sarebbe cavata.

"Qui ho finito."

Disse a Sylia, guardandola stancamente. Voleva ritirarsi nella sua tenda e andare a dormire, nella notte passata fuori non aveva praticamente chiuso occhio.

"Controllalo per tutta la notte e chiamami solo se gli sale la febbre. Io vado nella mia tenda."

Sylia annuì, sedendosi a fianco del terrestre che era stato ferito. 
Clarke uscì fuori dall'infermeria stiracchiandosi i muscoli indolenziti. Era stata una lunga giornata. 
Stava per dirigersi verso la sua tenda quando si ricordò che non aveva neanche depositato l'arco e i coltelli quando era arrivata, così si avviò verso l'armeria. 

Fu li che sentì dei terrestri parlare di due prigionieri. Strano, pensò Clarke. Nia non faceva quasi mai prigionieri, lei uccideva i suoi nemici e basta. Questo significava che i prigionieri non potevano essere dei semplici terrestri. 
Dovevano essere degli stranieri. Subito un brivido gelido le corse lungo la schiena e tutti i suoi sensi si fecero più acuti. Poteva essere Emerson, l'unico sopravvissuto del popolo della montagna, o peggio, qualcuno del suo popolo. 
Veloce come il vento corse verso la prigione. Conosceva bene il metodo con il quale Nia trattava i suoi prigionieri.

Davanti alla porta della prigione si trovavano le guardie di Nia. Fece per oltrepassarle ma i due energumeni le si pararono davanti.

"Lasciatemi passare, sono il secondo del comandante, non avete autorità su di me!"

Urlò Clarke fuori di sé.

"Il comandante ha dato ordine di non fare entrare nessuno."

Disse uno dei due. Clarke fece finta di calmarsi, facendo un passo indietro, per poi colpire con l'elsa del suo pugnale la nuca della guardia più vicina a lei. Prima che l'altro potesse dare l'allarme o fare qualsiasi altra cosa, Clarke ruotò su sé stessa e lo colpì con tutta la forza che aveva. Quello perse l'equilibrio e cadde a terra. La ragazza non perse altro tempo e spalancò la porta della prigione, precipitandosi dentro prima che le guardie potessero fermala di nuovo.

Quello che vide la lasciò sconvolta.

"No..."

Sentì una fitta al centro del petto, mentre cercava di riprendere a respirare regolarmente. Tra tutti quelli che potevano essere, si trovò davanti proprio lui. 




NOTA: awwww ciao cari, come state? Prima di tutto i tengo a ringraziare chi ha aggiunto questa storia ai preferiti e tutti quelli che comunque l'hanno letta. Finalmente i nostri due ragazzi si sono incontrati, evvai!!! Nel prossimo capitolo prometto che ne vedrete delle belle. Presto scoprirete anche quali sono i piani segreti di Nia quindi fate attenzione, quella donna non è da sottovalutare! 
E comunque non mi sono dimenticata né di Jaha e Murphy, né di Monty, né di Octavia. Ogni cosa a suo tempo. Vi chiedo solo di essere pazienti. 
Ci aggiorniamo il più presto possibile con il prossimo capitolo, stay tuned!

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Capitolo 5
*** Found you ***


Remember those walls I built?
Well, baby they're tumbling down
And they didn't even put up a fight 
They didn't even make a sound 

(Halo - Beyoncé)

 A Clarke servirono diversi secondi prima di rientrare in possesso delle sue facoltà mentali. Trovare Jasper e Bellamy li dentro l'aveva semplicemente sconvolta. Che diavolo ci facevano loro due li? 
Non poteva essere vero. Quello era per forza un incubo, pensò allarmata.
Il suo sguardo fu inevitabilmente catturato da quello Bellamy e i loro occhi si incrociarono per un'elettrica frazione di secondo. 
Azzurro contro nero. 

Nella sua mente rivide in una serie di flash il loro ultimo incontro: quel bacio, quelle parole non dette, quella promessa che un giorno si sarebbero rincontrati....

Vide che la maglia del ragazzo era macchiata di sangue e che il coltello di Nia si trovava a dieci centimetri dal suo torace. 

La paura per la vita dei suoi amici la invase. Che cosa stava succedendo?! Con un rapido sguardo si accertò che Jasper stesse bene: a parte il fatto che stesse faticando a reggersi in piedi e a restare cosciente sembrava essere illeso. Doveva essere stato colpito alla testa.

La sua attenzione si focalizzò di nuovo su Bellamy. Il ragazzo continuava a guardarla con occhi strani, non sapeva dire se fossero sorpresi, arrabbiati, felici o qualcos'altro ancora. Clarke, a sua volta, si trovò talmente disorientata dal vederlo da non capire che cosa stesse provando in quel momento. 

È in pericolo - pensò in un attimo di lucidità - devo fare qualcosa.

In quel momento la priorità era quella di salvargli la vita. Poi avrebbero avuto tempo per parlare e chiarirsi. O almeno così disse a sé stessa. Ricacciò indietro le lacrime e tutte le emozioni che si stavano agitando dentro di lei, cercando di assumere un'espressione sicura dì sé: doveva mostrarsi forte se voleva convincere il comandante.

"Cosa sta succedendo Heda?"

La voce che sentì non le sembrò neanche che fosse sua. Il comandante girò lentamente un paio di volte la testa da Clarke a Bellamy prima di rispondere irritata.

"Ho dato ordine di non essere disturbata. Da nessuno."

Proprio in quel momento una delle due guardie, l'unica che non fosse stata tramortita da Clarke, si precipitò dentro la prigione con la faccia allarmata. Chiese perdono a Nia nella lingua dei terrestri, quasi mettendosi a strisciare ai suoi piedi. 

"Penserò più tardi alla tua incompetenza, Nax. Ora vattene, lasciaci soli."

Disse con tono irritato. Il terrestre lasciò la stanza con aria preoccupata. Clarke pensò che avrebbe dovuto sentirsi in colpa per la punizione che quella guardia avrebbe ricevuto, ma la sua attenzione era completamente catturata da Jasper e Bellamy per far caso a lui.

"Ho bisogno di parlarti Heda."

"Dunque parla, Clarke."

Nia guardò la ragazza, in attesa di una risposta che valesse quell'interruzione. 

"Conosco queste persone. Non so per quale motivo si trovino qui ma sono sicura che non volessero fare nulla di male alla tua gente."

Nonostante fosse stata lontana per più di tre mesi, Clarke sapeva esattamente quali erano le intenzioni di sua madre, il cancelliere, e di tutti gli altri. L'ultima cosa che avrebbero voluto era una nuova guerra. In particolare modo contro i terrestri.

"I tuoi cosiddetti amici si trovavano nel mio territorio e hanno confessato di essere in cerca di Lexa." 

Disse pronunciando quel nome con disgusto. 

"Questo mi basta per farli miei prigionieri."

Clarke guardò Bellamy con aria confusa. Per quale ragione stavano cercando Lexa? La ragazza non ne poteva avere la più pallida idea, ma sapeva quanto Nia odiasse Lexa e conosceva fin troppo bene i loro trascorsi bellicosi, quindi capì perfettamente la reazione del comandante. Il problema era che Nia non era famosa per la sua indulgenza, o per trattare bene i suoi prigionieri, ma tutto il contrario. 

"Permettimi di parlare con loro. A me diranno tutto quello che vuoi sapere  senza problemi, ne sono sicura. E ti dimostrerò che non sono una minaccia."

Clarke guardò Nia negli occhi, cercando di trasmetterle la sua sicurezza. Il comandante continuò a fissarla con gli occhi ridotti a due fessure sottili.

"L'uomo che hai curato questa sera è stato pugnalato te ne sei accorta, non è vero? E proprio da uno di loro sai?"

Disse Nia come se fosse una prova inconfutabile per dimostrarle che il popolo del cielo era in cerca di una nuova guerra genocida.

"Ma mi fido di te, Clarke. In questi mesi ti sei dimostrata una valida e leale guerriera. Lascio a te il compito di occuparti di loro. Dovrai interrogarli e farti dire i loro piani, voglio sapere ogni cosa."

Chiamò le guardie e diede ordine di slegare i due prigionieri, dopodiché si avviò decisa verso l'uscita.

"Aspetterò un tuo rapporto. Hai tempo fino domani pomeriggio, prima che scenda il sole."

Disse fermandosi sulla soglia. Diede un'ultima occhiata da predatrice a Bellamy e a Jasper e poi se ne andò, lasciando soli i tre ragazzi. 
Clarke guardò i due, indecisa sul da farsi.

"Aspettate qui, non muovetevi."

Attraversò di corsa il villaggio, diretta all'infermeria. Lì si diresse immediatamente da Sylia, che aveva lasciato appena una manciata di minuti prima al capezzale del terrestre ferito. 

"Ho bisogno del tuo aiuto, vieni con me, subito!"

Reclutò un altro paio di robusti terrestri e gli ordinò di portare immediatamente i prigionieri da lei, in infermeria. Mandò Sylia con loro per assicurarsi che avrebbero fatto quello che gli aveva detto con cura. Nel frattempo, Clarke preparò due brande pulite per loro e il necessario per le medicazioni. Sperò con tutto il cuore che le ferite di Bellamy fossero solo superficiali, in caso contrario non era sicura di poterlo sopportare. Non con lui.

Si sedette un secondo su uno dei due letti improvvisati, portandosi una mano al petto. Sentì una sostanza calda e appiccicosa a contatto con la sua pelle. Abbassò lo sguardo e solo allora si rese conto che le sue mani avevano riportato delle ferite dallo scontro con le guardie fuori dalla prigione e che ora stavano sanguinando.

Il respiro della ragazza si fece più affannoso mentre i ricordi le inondarono la mente. 

Rivide le sue mani sporche del sangue di Finn, il coltello infilarsi tra le sue costole, il sangue sul suo petto, la luce abbandonare il suo sguardo, le urla, il caos, le lacrime e il dolore. Quanto dolore. 

Passato e presente si intrecciarono in una spirale pericolosa, che a lungo andare l'avrebbe portata alla follia. Nonostante avesse rinchiuso quei ricordi in un angolo remoto del cervello, Clarke ne era sempre tormentata nei suoi sogni, quando le barriere mentali che si era costruita erano più flebili. Ora quei muri stavano crollando come se niente fosse, senza opporre resistenza, senza fare rumore. Era bastata la vista dei suoi amici per farla precipitare di nuovo in quei ricordi dolorosi.
L'aver rivisto Jasper e Bellamy l'aveva destabilizzata e a stento riusciva a mantenere il controllo di sé. 

Disse a sé stessa che doveva concentrarsi per i suoi amici. Glielo doveva. A Jasper per essere stata la causa principale della perdita della sua amata e a Bellamy per averlo involontariamente trascinato in quel tunnel con lei. Doveva salvarli da Nia, sapeva quello che il comandate era capace di fare. Lei era molto peggio di Lexa.

Proprio in quel momento arrivò Sylia, subito seguita dai terrestri che sorreggevano Bellamy e Jasper. 

###

Quando Bellamy vide Clarke apparire dentro la stanza dove tenevano prigionieri lui e Jasper semplicemente aveva creduto di avere le allucinazioni. 
Era l'ultima persona che avrebbe pensato di veder entrare da quella porta in quel villaggio di terrestri.
Che cosa ci faceva lei li?! Le mille domande che non aveva potuto farle in quei mesi gli vennero in mente tutte insieme, sovrastandolo.
I loro occhi si trovarono subito, come attirati da un polo magnetico invisibile al resto del mondo.

Quanto è cambiata - pensò il ragazzo - sembra quasi una di loro.

Osservò attentamente la versione di Clarke che ora si ritrovava davanti, molto diversa da quella che aveva visto lasciare Camp Jaha.
Aveva i capelli raccolti in un complesso disegno di trecce, il viso era più spigoloso, tracciato dal trucco nero tipico dei terrestri, ed era completamente vestita di scuro, con un coltello appeso alla cintura. Sembrava una guerriera.
Sembrava una terrestre. 

- Non può essere diventata una di loro...-

La paura si impossessò di lui. Non potevano portargliela via così. Non glielo avrebbe permesso, mai. Continuò a fissarla insistentemente cercando di leggerle nel profondo, di ritrovare la sua Clarke, quando quest'ultima parlò, rivolgendosi a Nia.

Per qualche strano motivo il suono della sua voce gli diede la calda sensazione di essere di nuovo a casa. 

Seguì lo scambio di battute tra le due in maniera confusa. Le ferite procurategli da Nia  facevano male e sentiva la testa pulsare sempre più forte. 

Capì che Clarke era riuscita a convincere il comandante a liberarli e a lasciare che fosse lei a parlare con loro. 

A Bellamy sembrò molto strano il comportamento di Nia: un attimo prima si stava divertendo a torturarlo e adesso era pronta a delegare la faccenda a Clarke....qualcosa non gli tornava. Doveva esserci qualcosa sotto, Clarke doveva stare attenta.

Nia se ne andò e la sua attenzione si concentrò di nuovo tutta sulla ragazza. 
I loro occhi si incontrarono ancora, entrambi pieni di domande e di paure.

"Aspettate qui, non muovetevi."

Clarke corse via. Bellamy scivolò a terra, la schiena appoggiata al muro. Doveva cercare di ragionare, ma in quel momento gli sembrava impossibile. Era in stato di shock. Il suo sguardo si posò su Jasper, steso a terra. Cercò di avvicinarsi a lui per assicurarsi che stesse bene ma una fitta al torace lo fermò. Si guardò la maglietta: era zuppa di sangue fresco. 
Sentì la testa girargli pericolosamente.

Percepì vagamente due braccia robuste sollevarlo e trasportarlo fuori da quel terribile posto. Sentì l'aria fredda della notte pungergli la pelle e un centinaio di sguardi puntati addosso. Tutti sapevano della loro presenza al villaggio evidentemente.

Entrarono in un'altra stanza, molto più calda e luminosa della precedente. L'uomo che lo aveva portato fin lì lo adagiò su quella che doveva essere una brandina. Doveva trovarsi in una sorta di infermeria.

Vide Jasper nel letto accanto al suo, addormentato. Per fortuna l'amico non era stato ferito ed ora sembrava stesse riposando. La sua visuale venne ad un tratto oscurata da una figura scura dai capelli biondi che si sedette di fianco a lui. 

Clarke aveva una bottiglietta trasparente in mano, diverse garze e altre boccette contenenti le medicine rudimentali dei terrestri. 
Bellamy la guardò negli occhi.

"Clarke..."

Pronunciò il suo nome per la prima volta dopo tre mesi. Solo allora si rese conto di quanto in realtà gli fosse mancato farlo. Tutta la rabbia che aveva provato nei suoi confronti in quei tre lunghi mesi svanì nel nulla, spazzata via dalla presenza della ragazza. 

"Tranquillo, ci penso io ora."

Disse lei con la voce che le tremava e gli occhi leggermente arrossati. Bellamy sollevò un braccio  e le prese la mano. Era gelida.

"Sei viva..."

Era talmente sconvolto che non riusciva neanche ad articolare una frase di senso compiuto, ma al momento non gli importava. Quello che contava era che Clarke stesse bene. Le strinse la mano cercando di trasmetterle in quel modo quei sentimenti. La ragazza abbozzò un lieve sorriso, ricambiando la stretta.

"Anche tu. Ora però devo medicarti perciò non ti muovere."

Con delicatezza lasciò la mano calda del ragazzo e cominciò a tagliargli la maglia per occuparsi delle ferite. 

"Sono superficiali, ti brucerà un po', ma cicatrizzeranno in fretta."

Disse tirando un sospiro di sollievo, il viso più rilassato. Continuò a medicarlo con cura, disinfettando tutti i tagli. Bellamy strinse i denti per non svenire dal dolore. Passata quella parte  più difficile e dolorosa Clarke cominciò a spalmare una strana crema verde sopra le ferite che diede al ragazzo un immediato senso di sollievo. Sentiva il tocco leggero delle mani di Clarke sul suo petto e tutto d'un tratto si sentì al sicuro. 

"Ti ho trovata."

"Già"

Bellamy non seppe dire se il tono della ragazza fosse felice o irritato. 
Clarke continuò a medicarlo, fasciandogli il torace muscoloso con delle bende.

"Ora devi cercare di riposare, parleremo domani."

La ragazza sfiorò delicatamente la sua guancia, lasciando uno strano formicolio sulla pelle di Bellamy nel punto in cui l'aveva toccato. Si guardarono negli occhi per un ultimo lungo istante, poi lei gli voltò le spalle e cominciò ad occuparsi di Jasper.
Bellamy continuò a guardarla finché la stanchezza non prese il sopravvento su di lui e lo fece cadere in un sonno profondo.









NOTA: 
Ciao cari, perdonatemi se ci ho messo un po' a pubblicare, ma tra l'università e i vari impegni il tempo per scrivere si riduce praticamente solo alla notte, ahimè. 

In ogni caso spero che il capitolo vi sia piaciuto. Tra la Bellarke Reunion, Nia la sadica e i nuovi personaggi da tracciare ho avuto davvero tanto materiale su cui lavorare. Tanti feelings. I miei soprattutto, s'intende. 

Sono curiosa di sapere quali sono state le vostre Bellarke reactions e che cosa ne pensate della storia fino ad ora. Quale personaggio vorreste vedere di più? Let me know.

Spero anche che le frasi delle canzoni che metto all'inizio vi piacciano e che le troviate coerenti con il capitolo, scusate se a volte mi lascio un po' troppo trasportare dall'immaginazione. 
Sto usando praticamente canzoni di tutti i miei gruppi preferiti e posso assicurarvi che vedrete presto spuntare o rispuntare i Coldplay, i Muse o i Green Day.

Detto ciò vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto questa storia e l'hanno aggiunta ai preferiti!!! Sono super contenta. Baci a tutti.

Ci aggiorniamo a prestissimo, spero!!!
Stay Tuned

Dora95 (non l'esploratrice)

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Capitolo 6
*** Being strong ***


Being strong

Regrets collect like old friends,
Here to relive your darkest moments,
I can see no way, I can see no way,
And all of the ghouls come out to play,

And every demon wants his pound of flesh,
But I like to keep some things to myself,
I like to keep my issues strong,
It's always darkest before the dawn.

(Shake it out - Florence and The Machine)





Si era già fatto giorno quando Bellamy si svegliò. Il sole era alto nel cielo e una brezza tiepida entrava da una finestra aperta. Respirò a pieni polmoni, godendosi quel primo accenno di primavera, ma una fitta acuta al torace lo riportò subito alla realtà. Le ferite che Clarke aveva avuto cura di medicare la sera prima gli bruciavano ancora. 

Tutti i ricordi di ciò che era successo gli tornarono alla mente: i suoi compagni uccisi, lui e Jasper catturati e portati lì, l'interrogatorio di Nia ed infine l'arrivo di Clarke.

Cercò di respirare profondamente per riuscire a riordinare le idee ora che era di nuovo lucido, ma ciò non fece che aumentare il fastidio che sentiva  alle ferite ancora aperte. 

Guardò alla sua sinistra, dove si trovava Jasper, ma del ragazzo non c'era traccia ora. Neanche Clarke si trovava più lì. Bellamy temette subito per la loro incolumità ed iniziò ad agitarsi. Stava cercando di alzarsi quando dalla porta entrò  proprio Jasper, subito seguito da Clarke. I due avevano un'aria serena, sembravano felici di essersi ritrovati.
Bellamy tirò un respiro di sollievo. Stavano bene.

Lo sguardo della ragazza però cambiò e si fece serio non appena incrociò quello di Bellamy. Si avvicinò a lui. 

"Come ti senti stamattina?"

"Meglio di ieri sera, grazie per quello che hai fatto."

Il silenzio calò nella stanza. Fu Jasper a spezzarlo:

"Bene, io vi lascio soli. Sarò qui fuori con Sylia, se avete bisogno."

Jasper sparì fuori dalla porta, lasciando soli Bellamy e Clarke. Il ragazzo cercò di far leva sui gomiti per mettersi seduto ma lei lo fermò immediatamente, appoggiando delicatamente una mano sulla sua spalla.

"Hey calma, è presto ancora, devi riposarti."

"Dobbiamo andare a parlare con il comandante e poi trovare un modo per non farci uccidere, Clarke, non c'è tempo da perdere."

Clarke rafforzò la presa su di lui.

"Tu non vai proprio da nessuna parte finché non lo dico io."

Disse con decisione guardandolo fisso negli occhi scuri. Bellamy cercò di calmarsi: prima di tutto avrebbe dovuto parlare con Clarke e per questo doveva cercare di concentrarsi e di rimanere calmo, anche se la sua mano che gli stringeva la spalla non aiutava affatto...

"Stenditi. Devo controllare le ferite."

Disse Clarke nel tono pratico e professionale di un medico. Bellamy fece come aveva detto, pensando a un modo per iniziare a parlare con la ragazza. Non sapeva da che parte farsi.

"Per quale motivo siete venuti qui Bellamy? E perché state cercando Lexa?"

Il ragazzo guardò sorpreso Clarke. La ragazza aveva davvero preso sul serio l'incarico di interrogarli...

"Jasper non te l'ha detto? La situazione sta precipitando all'Arca. Sta per scoppiare una nuova guerra contro i terrestri. Il cancelliere mi ha mandato a cercare Lexa per riuscire a ristabilire l'alleanza che c'era tra i nostri popoli."

Clarke guardò Bellamy con aria incredula.

"Una guerra? Ma come...non è possibile.... E come può Kane pensare che Lexa possa fare qualcosa?! Lei l'ha rotta l'alleanza!"

"Sì ma è l'unica persona che i terrestri ascoltano! È il loro comandante e la seguiranno sempre, nel bene e nel male." 

Sapeva che confidare in Lexa era un azzardo notevole, ma al momento non esistevano alternative.

"Il cancelliere non è Kane comunque....è ancora tua madre."

A quelle parole Clarke sollevò appena lo sguardo dalle ferite che stava disinfettando.

"Ah....wow." Si schiarì la voce. "In ogni caso non dovevate venire qui. Nia è pericolosa e spietata, se non fossi arrivata in tempo probabilmente vi avrebbe ucciso entrambi..."

"E come avremmo potuto saperlo?!"

Puntualizzò Bellamy, irritato dall'atteggiamento freddo che stava tenendo Clarke. La rabbia che aveva provato nei suoi confronti cominciò a tornare a galla.

"...e Lexa sicuramente non vi aiuterà, non potete fidarvi di lei."

"Lexa ha fatto la cosa migliore per il suo popolo, Clarke, proprio come noi, te ne rendi conto vero?"

La ragazzo continuò ad evitare lo sguardo di Bellamy.

"Lei ci ha tradito una volta, può benissimo farlo di nuovo. Il vostro piano è stupido."

Disse con tono gelido. Era evidente che Clarke era determinata ad evitare l'argomento Mount Weather. Questo fece arrabbiare Bellamy ancora di più, anche se in fondo sapeva di non poterla biasimare più di tanto. Lui era arrabbiato con lei perché li aveva lasciati tre mesi prima senza più dare sue notizie, questa era la verità. 

"Hai un'idea migliore per caso? A no aspetta, mi ero dimenticato che tu ci hai abbandonato da mesi ormai, sicuramente non te ne fregherà più niente di quello che sta succedendo a Camp Jaha. Scusa se ti abbiamo disturbato, continua pure a vivere tranquillamente tra i terrestri, presto io e Jasper ce ne andremo e potrai continuare a vivere in pace con i tuoi nuovi amici!"

Ovviamente non diceva sul serio, Bellamy non l'avrebbe mai abbandonata. Voleva cercare di far tornare la vecchia Clarke, aveva bisogno di lei. La ragazza finalmente rivolse lo sguardo verso di lui. Sembrava arrabbiata e turbata almeno quanto lo era lui.

"Tu non hai capito proprio niente. Io non vi ho abbandonato, chiaro? Non-osare-dirlo-mai-più!"

Sibilò Clarke a pochi centimetri da lui, talmente vicina da poter sentire il suo profumo. Si guardarono per qualche istante, infuriati l'uno con l'altro, poi la ragazza si alzò di scatto e si avviò verso l'uscita quasi correndo.

"Tutto questo non sarebbe successo se tu fossi rimasta!"

Urlò Bellamy alla stanza ormai vuota.
Aveva mille domande da farle e mille cose da raccontarle, ma come avrebbe potuto se lei era così distante? Doveva trovare un modo di farla tornare in sé, di farla ragionare. Quello non era il suo posto, come faceva a non rendersene conto?! 

Ad un tratto un pensiero attraversò la sua mente come un fulmine a ciel sereno: e se invece di Lexa fosse tornata Clarke a Camp Jaha? Se avesse parlato lei ai terrestri? Loro la rispettavano e la identificavano come un leader dopotutto....

In questo modo Clarke avrebbe avuto una ragione valida per venire con loro e con un po' di fortuna sarebbero riusciti anche a riallacciare l'alleanza con i terrestri. 
Quell'idea non lasciò più la sua mente.

"Hey Jasper, ho un piano!"

###

Clarke aveva trascorso tutta la notte in infermeria a vegliare sui suoi amici, ancora scioccata dal fatto che si trovassero li. Più li guardava e più capiva quanto le erano mancate quelle persone. Le sue persone. Allo stesso tempo però i ricordi cominciavano a riaffiorare, proprio quelli che aveva cercato di soffocare per mesi per non soffrire...

[Il cuore le batteva a mille, la mano sudata stringeva il coltello convulsamente e le labbra erano sulle sue. "Grazie principessa". Quelle parole echeggiarono nell'aria mentre lei affondava la lama nel suo petto. Il sangue era ovunque. Alzò lo sguardo sul suo viso, gli occhi bagnati di lacrime, e il terrore si impossessò di lei. Quello che aveva appena ucciso non era Finn, ma Bellamy. "No, non è vero, Bellamy, no!"]

Si svegliò all'improvviso, le mani tremanti e il cuore che le martellava nel petto. Capì di aver urlato perché Jasper la stava fissando con aria allarmata, mentre Bellamy ancora stava dormendo.

"Va tutto bene Clarke?"

La ragazza cercò di riprendere a respirare normalmente, raddrizzandosi sulla sedia sulla quale si era addormentata.

"Si, era solo un brutto sogno."

Si asciugò velocemente le lacrime con il dorso della mano.

"Ti va se facciamo due passi?"

"Certo Jasper."

Clarke era felice che il ragazzo le rivolgesse ancora la parola. Era sicura che Jasper, proprio come lei, avesse ancora molto ben impresso il ricordo di Mount Weather e di Maya. Non doveva essere facile quella situazione per lui. Clarke non riusciva a spiegarsi come mai si trovasse in missione con Bellamy, ora che c'erano tante guardie a Camp Jaha.

Uscirono dall'infermeria, incamminandosi per il villaggio. In giro ancora non c'erano molti terrestri, ma Clarke aveva comunque con sé il coltello, in caso qualcuno avesse provato ad attaccare il suo amico.

"Scusa se ti ho svegliato, non volevo."

Disse la ragazza.

"Ti capita spesso di avere questi incubi?"

"No, immagino che sia per la confusione che c'è stata ieri sera..."

Mentì Clarke. La verità era che quando dormiva la sua mente era esposta a tutte le sue fragilità e i suoi sogni ne erano sempre perseguitati, anche se quello che aveva avuto quella notte era stato particolarmente orribile...

"Certo, capisco. Non deve essere facile dopo tutto quello che hai passato."

Jasper la guardò come se potesse leggere la sua mente. 

"Quello che tutti noi abbiamo passato Jasper. In parte anche a causa mia..."

"Raven mi ha raccontato di Finn."

Disse ad un tratto. Clarke si fermò bruscamente, guardando Jasper sconvolta.

"Ora penserai che sono un mostro."

Bisbigliò a malapena.

"Certo che no Clarke! Come puoi pensarlo. Finalmente mi sono messo nei tuoi panni e sono riuscito a capire il perché di tutto quello che hai fatto e i sacrifici che hai dovuto sopportare! Hai fatto quello che ritenevi giusto anche se poi ne hai dovuto subire le conseguenze, ti sei sacrificata per tutti noi, più di una volta! Sei stata forte Clarke, nel vero senso del termine."

Jasper la guardò negli occhi.

"Capisco la tua perdita."

"Ho fatto così tante cose orribili Jasper, io...."

A quel punto la sua voce fu spezzata da un singhiozzo. I due si abbracciarono.

"Mi dispiace così tanto."

"Ti ho perdonata Clarke, non è tua la colpa, non è di nessuno."

Disse il ragazzo, cercando di rassicurarla. I due amici si guardarono negli occhi, entrambi contenti di essersi ritrovati e riappacificati. 

"Sono felice che tu stia bene Jasper, ti meriti tutta la felicità possibile."

"Anche tu Clarke. Non dimenticarlo."

Disse Jasper convinto. I due tornarono lentamente verso l'infermeria, godendosi l'aria primaverile e la loro ritrovata amicizia. 

"Dovresti parlare con Bellamy, gli sei mancata."

"Anche voi mi siete mancati."

"Si ma a lui sei mancata di più."

Clarke non fece tempo a rispondergli che si ritrovarono sulla soglia dell'infermeria, dove incontrarono Sylia.

"Clarke l'uomo di ieri sera sta meglio, ha ripreso conoscenza e la ferita non si è..."

"Infettata?"

"Si, esatto. Devo ancora migliorare con la vostra lingua."

Sylia guardò Jasper, incuriosita. Era la terza persona del popolo del cielo che incontrava in fondo.

"Oh quasi dimenticavo. Sylia questo è Jasper, un mio caro amico. Jasper, Sylia è una guaritrice del villaggio e mi sta dando una mano."

"Piacere di conoscerti."

Disse Jasper in tono cortese. I due si strinsero la mano.

"Andiamo, devo controllare le ferite di Bellamy. Sylia tu resta qui e avvertimi se arriva qualcuno."

La ragazza annuì. 

"Va bene Clarke."

Trovarono Bellamy già sveglio e già impaziente di alzarsi. Appena lo vide Clarke sentì il peso di tutto quello che era successo ripiombarle sulle spalle e il suo viso si incupì di nuovo. Come aveva potuto Bellamy mettere così in pericolo la sua vita, quella di Jasper e di tutte le guardie in quel modo? Cosa gli era saltato in mente?

Cercò di mostrarsi fredda e distaccata durante la loro conversazione perché non voleva che lui la vedesse debole e che si preoccupasse per lei. Rimase sconvolta quando gli disse delle tensioni che c'erano state con i terrestri e del rischio di una nuova guerra tra loro, ma il fatto che stessero cercando Lexa la mandò su tutte le furie. Quello che aveva fatto la terrestre era imperdonabile e non sopportava il fatto che Bellamy stesse rischiando in quel modo la sua vita solo per cercarla. Come aveva potuto permetterlo sua madre, il cancelliere? 

Cercò di convincere Bellamy che non avrebbero trovato alcun aiuto in Lexa e la risposta del ragazzo la colpì come un pugno nello stomaco.

"Hai un'idea migliore per caso? A no aspetta, mi ero dimenticato che tu ci hai abbandonato da mesi ormai, sicuramente non te ne fregherà più niente di quello che sta succedendo a Camp Jaha. Scusa se ti abbiamo disturbato, continua pure a vivere tranquillamente tra i terrestri, presto io e Jasper ce ne andremo e potrai continuare a vivere in pace con i tuoi nuovi amici!"

Come poteva Bellamy pensare seriamente quelle cose di lei? Sentì la rabbia e la frustrazione montare dentro di lei.

"Tu non hai capito proprio niente. Io non vi ho abbandonato, chiaro? Non-osare-dirlo-mai-più!"

Avrebbe voluto urlare invece quelle parole le uscirono quasi come un sussurro. Sentì di essere vicina a perdere il controllo così si precipitò fuori, non abbastanza velocemente però per non udire le parole del ragazzo:

"Tutto questo non sarebbe successo se tu fossi rimasta!"

Superò di corsa Sylia e Jasper. 
Cercò di allontanarsi il più possibile prima di lasciare che le lacrime rigassero il suo viso. 
Aveva dato tutto per la sua gente e questo Bellamy lo sapeva bene, allora perché le aveva parlato in quel modo? 
Strinse le braccia contro il petto tentando di non andare in frantumi. 
Doveva riprendere in mano la situazione. 

Non poteva permettersi di essere debole.

Si ricompose come meglio poté e poi si diresse verso la tenda del comandate. Era pronta a parlarle. 
Le guardie la lasciarono passare senza bisogno di dire nulla: era il secondo del comandante e tutti al villaggio la rispettavano e riconoscevano la sua posizione.

Nia era intenta ad affilare la sua impressionante collezione di coltelli. Aveva una passione morbosa per quelle armi.

"Così belle e così letali."

Mormorò, più a sé stessa che ad altri, osservando il suo riflesso su una lama. Un brivido percorse la schiena di Clarke ripensando alle torture che Nia era solita infliggere con quei coltelli. Odiava i metodi di tortura dei terrestri. Erano crudeli. Ricordava benissimo la pena che avevano inflitto a Raven, per non pensare a quello che avrebbe dovuto affrontare Finn se lei non lo avesse...

"Nia Heda sono venuta a riferirti i piani dei due...stranieri."

"Chiamali amici se questo sono per te."

"Appartengono al mio popolo, sarò sempre legata a loro, ma sai che ora la mia lealtà è anche verso di te, comandante."

Disse senza battere ciglio.

"E un giuramento ti lega con il sangue. Sai bene cosa comporta un tradimento per noi..."

La morte, ecco cosa. E in modo brutale e doloroso.

"Mi fido di te, Clarke kom skaïkru. Ora riferisci cosa ti hanno detto i due prigionieri."

Clarke gli spiegò la situazione di cui le aveva parlato Bellamy, cercando di far capire a Nia che le loro intenzioni non erano in alcun modo ostili e che il fatto che si fossero spinti fino a lì era solo il frutto di una ricerca disperata e senza senso.

"Devi lasciarli andare, vogliono solo tornare dal loro popolo in pace. Bellamy non avrebbe mai messo in pericolo quelle persone, lo conosco."

"Si ho notato che vi conoscete piuttosto bene voi due...si vede che tieni in modo particolare alla sua vita."

A Clarke sembrò di vivere un dejavù. Erano più o meno le stesse parole che le aveva rivolto Lexa una volta. Rimase un attimo interdetta, poi rispose:

"Ho giurato a me stessa che avrei fatto in modo di proteggere quelle persone sempre e comunque. Tengo a tutti loro."

"Certo...comunque non posso lasciarli andare tanto facilmente...il popolo del ghiaccio non approverebbe, hanno quasi ucciso uno dei nostri."

"Ma non è morto, io l'ho curato! E i tuoi soldati hanno ucciso cinque loro guardie!"

"Hanno attaccato per primi. Se è vero che vogliono la pace, allora la stanno cercando a costo di farci la guerra. Sai bene che esiste un codice preciso per queste cose nel nostro popolo, il sangue vuole sangue."

"N-non puoi far loro del male..."

Clarke sentì il panico invaderle la mente e il respiro farsi affannoso. 
 
"Clarke verrà con noi."

Nia e Clarke voltarono la testa verso l'entrata della tenda, da dove Bellamy era appena entrato e aveva pronunciato quelle parole.

"Così sarai certa che non faremo nulla di male al tuo popolo, sarà la tua garanzia e allo stesso tempo la nostra assicurazione. Lasciala andare. Lascia che venga con noi."










NOTA: Boom. Ciao care, mi dispiace di aver lasciato passare un po' di tempo dall'ultimo capitolo ma una minaccia incombeva su di me (alias: gli esami) e quindi ho avuto pochissimo tempo per sviluppare questa storia. Ma comunque, eccomi qui ora! Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, stiamo entrando nella storia e presto arriveranno tanti altri personaggi, non vedo l'ora. 

Clarke è più sconvolta che mai. La poveretta ha cercato di eliminare il ricordo di tutto quello che le è capitato sulla terra da quando è sbarcata con la navicella praticamente, ma ancora non ha capito che è impossibile. Prima o poi dovrà affrontare la realtà e lo stress post traumatico, per fortuna ci sarà Bellamy al suo fianco, anche se abbiamo visto che il tatto non è proprio il suo forte. Ma confidiamo in lui, quel ragazzo è pieno di sorprese e lo sappiamo. È ancora arrabbiato con lei perché si è sentito tradito quando lei ha deciso di andarsene, e questo lo fa ancora più infuriare, ahah. A Jasper toccherà fare da pacere tra i due (e non sarà facile), perché c'è il serio rischio che si mettano le mani addosso (spoiler alert)...
Nia più che ice queen è la evil queen della situazione e presto scoprirete il perché. Vi dico solo che se vi stava antipatica Lexa allora odierete Nia. Nel prossimo capitolo ci saranno moooolte discussioni...

Buona lettura e a presto!

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Capitolo 7
*** The Choice ***


The Choice


Clarke pensò che Bellamy dovesse essere completamente impazzito. Lo fulminò con lo sguardo.

Lei non sarebbe tornata a Camp Jaha, fine della discussione.

"Ti avevo detto di non muoverti dal letto!"

Sibilò Clarke. Lui fece finta di non averla sentita e continuò a fissare Nia, in attesa di una risposta.

Clarke si avvicinò al ragazzo, su tutte le furie.

"Come ti è saltato in mente, me lo spieghi?!"

Bellamy continuò ad ignorarla, come se lei non fosse neanche lì.

"Se ti fidi di Clarke falla venire con noi e sarai sicura che non potremo fare del male al tuo popolo....ed io sarò sicuro che tu non ne farai a noi."

Nia continuò a fissarlo in silenzio, due fessure al posto degli occhi. Stava sicuramente architettando qualcosa. Clarke approfittò di quel momento per inserirsi nella conversazione.

"Heda, ho bisogno di parlare con Bellamy, adesso."

La terrestre annuì con un lieve cenno del capo, soprappensiero. 

Senza aspettare oltre Clarke afferrò la camicia di Bellamy e lo trascinò fuori dalla tenda.

"Hey piano principessa, fa ancora male!"

Protestò lui, toccandosi le ferite. Lei lo ignorò.

"Mi spieghi che cosa ti passa per la testa?! E non chiamarmi così!"

Quel nomignolo la mandava ancora su tutte le furie. Incrociò le braccia al petto, in attesa di una risposta che avrebbe salvato Bellamy dall'essere preso a pugni all'istante.

"È un buon piano, ammettilo. Ho visto che Nia si fida di te. Così lei potrà controllarci e noi saremo sicuri che non manderà dei terrestri ad ucciderci!"

Non lo avrebbe mai ammesso al ragazzo ma effettivamente aveva senso come cosa. A parte il fatto che lei non aveva alcuna intenzione di muoversi da lì.

"Io non ci torno a Camp Jaha chiaro? Se Nia approverà questa cosa al massimo vi accompagnerò nella foresta e poi tornerò indietro."

Bellamy la guardò per un lungo istante.

"Tu devi venire con noi invece."

"Cosa vuoi dire?"

"Se Lexa non è un'opzione allora aiutaci tu! I terrestri a te daranno ascolto!"

Il ragazzo prese un respiro profondo prima di continuare.

"Puoi fare qualcosa per il nostro popolo, Clarke...i terrestri ti rispettano! Sanno chi sei e quello che hai fatto e ti saranno sempre riconoscenti per averli liberati dai mietitori e dagli uomini della montagna....Tu puoi convincerli a ristabilire l'alleanza....Non Lexa, non tua madre, ma tu!"

Disse con una luce di speranza negli occhi. Quel ragazzo ci credeva veramente, al contrario di lei, che invece sentiva di non essere più la leader di un tempo, di averne passate troppe per poter essere ancora utile...

"Tu sei pazzo..."

Come poteva credere che lei fosse in grado di fare tutto ciò?! 

Prima che lei potesse replicare qualcosa una delle guardie di Nia si avvicinò loro, dicendogli che il comandante voleva parlare con Bellamy in privato. Questo fece arrabbiare Clarke ancora di più: sentiva che la situazione le stava sfuggendo di mano e la cosa non le piaceva per niente. 

Bellamy rientrò nella tenda del comandante, lasciando Clarke lì fuori da sola, arrabbiata e spaventata. 

Si precipitò in infermeria, dove trovò Jasper e Sylia. 

"Oddio non mi dire che lo ha fatto sul serio."

Disse Jasper non appena la vide.

"Eccome se lo ha fatto, Jasper, eccome. Non posso crederci! ...Hey aspetta un attimo, quindi tu lo sapevi?!"

"Mi ha detto qual era il suo piano solo mezz'ora fa, giuro!"

Disse il ragazzo cercando di schivare l'uragano Clarke.

"Nia non può permetterlo, insomma non ha senso...io non posso, non dopo quello che ho fatto. Non posso tornare, Jasper!"

Clarke lanciò uno sguardo disperato all'amico, facendo avanti e indietro per la stanza con fare nervoso.

"Clarke tu sei molto più forte di quanto pensi. E sei anche il nostro leader. Bellamy ha ragione, noi abbiamo bisogno di te!"

A Clarke quello sembrava un brutto sogno. Era successo tutto così velocemente da non sembrarle neanche vero.

"Non sono pronta ad affrontarli, ad affrontare mia madre."

###

"Entra Bellamy"

La voce di Nia era bassa e fredda.

"Ho considerato la tua offerta..."

Bellamy era più teso di una corda di violino.

"....e mi sembra una buona idea. Ma ho delle condizioni."

"Certo, ti ascolto."

A Bellamy non sembrava vero che Nia gli stesse permettendo di far andare Clarke con loro. Fu come se un enorme peso si sollevasse dal suo stomaco.

"Il tuo piano è quello di stipulare un'alleanza con i clan attraverso Clarke, non è vero?"

"In effetti....si....come facevi a sap..."

"Io so molte cose, Bellamy Blake."

A quanto pare conosceva anche il suo cognome. Quella donna non faceva altro che diventare sempre più inquietante.

"Clarke ora è il mio secondo, ciò significa che prende ordini da me. Le dirò che ottenere la pace dei clan sarà la sua missione, se lei riuscirà ad ottenerla, io ne prenderò il comando. Ora che Lexa è sparita, i terrestri si sono nuovamente divisi e hanno bisogno di un leader."

"E tu vorresti prendere il posto di Lexa?"

Chiese Bellamy, incredulo dei piani di Nia.

"Questo è il mio prezzo per avere Clarke con voi."

"Non è detto che riusciremo ad ottenere la pace....sai bene quanto è difficile trattare con il tuo popolo."

"Conosco il mio popolo, ma conosco anche Clarke. Mi fido di lei e so quali sono le sue capacità. So che può riuscirci."

Almeno su una cosa erano d'accordo.

"Accetto le tue condizioni, a patto che Clarke possa tornare dal suo popolo una volta conclusa questa missione."

"E se Clarke volesse tornare qui invece?"

"Non lo vorrà."

Quella ragazza doveva ritrovare sé stessa; sapeva che il posto giusto per lei era con lui a Camp Jaha, non con i terrestri, e si sarebbe impegnato per dimostrarglielo nel tempo che aveva a disposizione.

"Quindi abbiamo un accordo, Bellamy Blake?"

"Abbiamo un accordo Nia Heda."

"Molto bene, ora ho bisogno di Clarke. Ci pensi tu a chiamarla?"

Bellamy annuì velocemente e ne approfittò per uscire subito dalla tenda del comandante. C'era qualcosa in quella donna che gli metteva i brividi. E lui non era una persona facilmente impressionabile. Almeno non più.

Si diresse al massimo che il dolore al torace gli consentiva verso l'infermeria, dove sperava di trovare Clarke.

"Hey Jasper hai visto Clarke?"

"È appena uscita, ha detto che aveva bisogno di stare sola....ti avverto: l'hai fatta arrabbiare ."

Bellamy si precipitò di nuovo fuori, giusto in tempo per scorgere l'inconfondibile chioma bionda svanire dentro una tenda non molto distante. Senza pensarci due volte la seguì. 

"Clarke?"

"Vattene, sono arrabbiata con te."

"Parlami Clarke, ti prego."

"Hai già fatto abbastanza per oggi."

Il ragazzo non resistette più ed entrò dentro la tenda. Clarke se ne stava seduta su un letto abbracciandosi le ginocchia, lo sguardo perso nel vuoto. 

Vederla in quello stato provocò in Bellamy una fitta di dolore al petto che non c'entrava nulla con le ferite che aveva riportato. 

"Clarke....Nia vuole parlare con te..."

"Non sono abbastanza forte, Bellamy."

"Come puoi anche solo pensarlo, dopo tutto quello che hai fatto per la nostra gente?"

"Non posso tornare e guardarli facendo finta che sia tutto ok perché non è così! Ho fatto cose....orribili....non merito di tornare lì, io non...."

Bellamy coprì in pochi passi la distanza che lo separava da lei e la strinse tra le sue braccia. Il suo profumo lo avvolse mentre affondava il viso tra i suoi capelli sciolti e per un attimo tutto quello che riuscì a pensare fu che non avrebbe mai voluto allontanarsi da lei. 

Quel pensiero lo spaventò terribilmente. Cosa gli stava succedendo? 

Si scostò leggermente da lei per poterla guardare negli occhi.

"Hey quello che è successo non determina chi sei, lo sai bene."

"Penso che a tutto ci sia un limite Bellamy. Ogni.....cosa....che ci é successa si è portata via un pezzo di me e non so che cosa sia rimasto."

"Se riuscissi a vederti da fuori capiresti che sei molto più forte di quello che pensi."

Gli disse con un mezzo sorriso. Quella ragazza aveva una percezione così sbagliata di sé. Con il dorso della mano le asciugò una lacrima sulla guancia.

"Dovevo essere forte per la nostra sopravvivenza..."

"Tutti abbiamo dovuto. Non capisci il vero significato di essere forte finché essere forte non diventa la tua unica opzione..."

Disse amaramente.

"...ma tu Clarke sei molto di più. Tu sei il nostro leader."

Il ragazzo si perse per un attimo nei suoi occhi azzurri, ora ancora più chiari a causa delle lacrime.

"Verrò con voi. Ve lo devo."

Bellamy pensò che per ora quello poteva bastare. Per ora.


 

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Capitolo 8
*** On my way home ***


On my way home

 

 

“From walking home and talking lows
Seeing chirps in evening clothes with you
From nervous touch and getting drunk
To staying up and waking up with you

Now we’re slipping near the edge
Holding something we don’t need
Oh, this delusion in our heads
Is gonna bring us to our knees

So come on, let it go
Just let it be
Why don’t you be you
And I’ll be me”

(Let it go - James Bay)

 

 

 

Clarke continuava a fare e disfare freneticamente il suo zaino da più di un'ora. Nonostante ormai possedesse poche cose, aveva paura di dimenticare qualcosa, o di portare con sé oggetti che non le sarebbero stati necessari, che l'avrebbero solo rallentata, ma più di ogni altra cosa aveva paura di uscire dalla sua tenda, perché sapeva che una volta uscita da lì sarebbe dovuta partire e il peso delle missioni che doveva compiere sarebbe piombato sulle sue spalle. Ancora una volta il mondo là fuori la stava aspettando per l’ennesima battaglia...

 

Prima di tutto avrebbe dovuto scortare Bellamy e Jasper a Camp Jaha; la foresta non era un luogo sicuro per il popolo del cielo infatti Nia aveva dato loro una scorta dei suoi guerrieri con a capo Clarke per proteggerli.

 

Poi la sua missione sarebbe stata quella di riportare la pace tra i terrestri e il popolo del cielo, ora che l'alleanza era saltata. Secondo Nia e Bellamy lei era l'unica in grado di poter svolgere questa missione.

 

Infine avrebbe dovuto consegnare il comando dei clan a Nia, la quale mirava a prender il posto di Lexa. Avrebbe fatto fare il lavoro sporco a Clarke per poi trarne i benefici in pratica, ma questo alla ragazza non importava. Voleva solo che andasse tutto bene. Come sempre, il suo unico obiettivo era quello di evitare altre morti e sofferenze alle persone a lei care. 

 

"Clarke, sei pronta?"

 

La voce di Bellamy fuori dalla tenda interruppe i suoi pensieri.

 

"Solo un minuto."

 

Chiuse definitivamente lo zaino e se lo mise in spalla. 

 

Bellamy credeva in lei. Non poteva deluderlo, non di nuovo. 

 

Sapeva che il ragazzo la stava ancora odiando per il fatto di essersene andata dopo Mount Weather, vedeva il risentimento nel suo sguardo. Probabilmente non l'avrebbe mai perdonata. 

Questo pensiero la ferì profondamente: sentiva che qualcosa nel rapporto tra lei e Bellamy si era strappato e anche se avesse provato a ricucire i pezzi non sarebbe mai tornato come prima. 

La loro intesa era stata fondamentale per la sopravvivenza dei cento e poi lei lo aveva deluso. Non aveva potuto fare altrimenti. Il peso di quello che aveva fatto era troppo grande e non voleva che lui soffrisse con lei. Meritava di meglio.

 

Si fece coraggio e dopo un'ultima occhiata alla sua casa degli ultimi tre mesi uscì dalla tenda. Bellamy era proprio lì fuori, le braccia muscolose incrociate sul petto e lo sguardo concentrato.

 

"Andiamo."

 

Disse Clarke prima che lui potesse aprire bocca. In pochi secondi raggiunsero l'ingresso del villaggio, dove un piccolo gruppo di persone li stava aspettando: Nia con le sue guardie, Jasper, due guerrieri che li avrebbero scortati e Sylia. La ragazza sarebbe venuta con loro in qualità di guaritrice e interprete. Nel villaggio era quella che conosceva meglio la loro lingua, a parte Nia, e questo sarebbe stato essenziale nelle trattative di pace.

 

"Mi fido di te, Clarke kom skaïkru."

 

Disse Nia guardandola dritto negli occhi.

 

"Non ti deluderò, Nia kom azgeda."

 

Nia salutò con un lieve cenno del capo il resto del gruppo per poi dare l'ordine di aprire i cancelli. 

 

Gli occhi impauriti di Clarke trovarono inevitabilmente quelli di Bellamy e subito si sentì più forte. Insieme mossero il primo passo verso l'esterno, verso la foresta, verso casa.

 

 

Nia guardò compiaciuta il gruppo che si allontanava. 

 

Tutto stava andando secondo i suoi piani; se Clarke gli avesse consegnato i clan della foresta sarebbe diventata invincibile e a quel punto avrebbe finalmente potuto conquistare quello che realmente voleva: Camp Jaha.

 

 

###

 

 

Stavano camminando da più di un'ora e Bellamy non aveva fatto altro che tenere d'occhio Clarke. Aveva paura che sarebbe crollata a terra da un momento all'altro, o avrebbe iniziato a urlare, o sarebbe scappata via. Aspettava una qualche reazione dalla ragazza ma lei sembrava essersi ritirata di nuovo nella sua corazza di ghiaccio e aveva la stessa espressione dura e concentrata da quando avevano lasciato il villaggio. 

Non appena ne erano usciti Bellamy aveva tirato un sospiro di sollievo, non sentendosi più nella tana del lupo, ma questo non sembrava valere anche per Clarke.

 

"Stai facendo la cosa giusta."

 

Le disse, cercando di tranquillizzarla.

 

"Continuo a credere che il tuo piano sia assurdo, ma Nia non mi ha lasciato molta scelta..."

 

Bellamy guardò la ragazza di fianco a lei. 

 

"Quindi se te lo avessi solo chiesto io saresti rimasta lì come se niente fosse? Dopo tutto quello che abbiamo passato assieme è così che funziona per te?"

 

"Io non intendevo....non è così semplice Bellamy!"

 

"Ah no? E com'è allora Clarke? Spiegamelo ti prego, perché non riesco a capire il senso delle tue azioni da circa tre mesi ormai."

 

“Finito il mio compito tornerò da Nia, non c’è altro che devi sapere.”

 

Bellamy avvertì una fitta al torace che non derivava dalle sue recenti ferite. Perché lo stava allontanando così? 

 

“Sai che ti dico Clarke? Fai un po’ come ti pare! Io sto solo cercando di aiutarti dannazione...”

 

Si allontanò da lei, infuriato. Ancora non erano riusciti ad avere una conversazione che non finisse in uno scontro..

 

Uso il resto del viaggio per riflettere sulla loro situazione e su Clarke, arrivando alla conclusione che non avrebbe lasciato che la ragazza si dimenticasse chi fosse. Il suo popolo era a Camp Jaha, non nel villaggio dei terrestri, e avrebbe utilizzato il tempo che aveva a disposizione per farglielo capire, in ogni modo, per farla tornare sé stessa. Doveva convincerla a restare, solo in questo modo avrebbero potuto andare avanti.

 

###

 

Clarke cercò di mantenere un certo contegno lungo tutto il tragitto dal villaggio del popolo del ghiaccio a Camp Jaha, ma dentro di sé stava soffrendo. 

 

Sapeva bene a cosa stava andando incontro, alla sofferenza che avrebbe dovuto affrontare. Riusciva già ad immaginare le facce dei suo amici, di sua madre...

 

Non sarebbe rimasta a Camp Jaha a lungo, non lo avrebbe potuto sopportare. Per questo rispose a Bellamy che non appena la sua missione fosse stata conclusa sarebbe tornata da Nia senza dargli ulteriori spiegazioni e tagliando il discorso.

 

Come avrebbe potuto dirgli che voleva che lui la dimenticasse? Che dimenticasse tutto quello che era accaduto a Tondc e a Mount Weather? Voleva solo che Bellamy riuscisse ad andare avanti, a conquistarsi la felicita che meritava...almeno lui doveva farcela.

 

 

 

 

 

NOTA: ciao a tutti e buon Natale!! Perdonate il ritardo con il quale aggiungo questo capitolo, non so neanche quanto tempo sia passato esattamente dall’ultimo...  Comunque spero che la storia vi stia piacendo e che vi aiuti ad ingannare l’attesa per la terza stagione che, come saprete, comincerà il 21 gennaio! 

Nel prossimo capitolo (che caricherò presto, prometto) vedremo finalmente Clarke rimettere piede a Camp Jaha e rincontrare tutti i suoi cari!!!

 

ps: se non la conoscete già vi consigli di andarvi ad ascoltare la canzone all’inizio del capitolo, un po’ triste, ma bellissima!

 

Un abbraccio, 

Dora95

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