Bad Day

di Laly_94
(/viewuser.php?uid=214751)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You’re Falling To Piecies ***
Capitolo 2: *** I Don’t Need No Carrying On! ***
Capitolo 3: *** You Had A Bad Day ***
Capitolo 4: *** She Had A Beautiful Heart That You Shattered Like Glass ***
Capitolo 5: *** It’s Up To Me, I’m Gonna Do What I Have To Do ***
Capitolo 6: *** Don’t Let ‘Em Say You Ain’t Beautiful, They Can All Get Fucked ***
Capitolo 7: *** Don’t Let ‘Em Say You Ain’t Beautiful, They Can All Get Fucked ***
Capitolo 8: *** Smile And Know I Loved You ‘Till The End ***
Capitolo 9: *** Such A Perfect Day, You Just Keep Me Hanging On ***
Capitolo 10: *** Welcome Back! ***
Capitolo 11: *** Let’s Make Sweet Love Between The Sheets ***
Capitolo 12: *** Ehy Baby, I Think I Wanna Marry You! ***



Capitolo 1
*** You’re Falling To Piecies ***



 

1 – You’re Falling To Piecies


Il lavoro più stupido e noioso del mondo.
Così lo definiva, per uno che voleva fare musica, lavorare in quel posto era un fallimento, un buco nella carriera di qualsiasi mancato musicista, o nel suo caso mancato cantante.
Lui sapeva di essere bravo eh, gli piaceva ascoltare i suoi vecchi demo per sentire la sua voce, e perché le canzoni che scriveva con la sua vecchia band erano le migliori che avesse mai sentito, e questo dice molto di lui.
Pieno di sé, arrogante, presuntuoso e modesto, questo era Victor Fuentes.
Ai suoi occhi sembrava che la sua vita facesse invidia a tutti tranne che a lui; odiava sentire suo fratello dire: “con tutte le ragazze che ti scopi vorrei essere te!”.
Odiava i suoi amici dire: “tu almeno hai un lavoro che ha a che fare con la musica!”.
Odiava tutti, non solo la sua vita da fallito, per tutti lui era il “Vic Fuentes” di quella band che ha fatto successo per un po’ guadagnando abbastanza soldi, per sé stesso lui era solo il fottuto caro e vecchio Vic che alla soglia dei 25 anni aveva mandato tutto a puttane perché era un emerito coglione.
Erano passati 5 anni da quel maledetto anno, e lui se lo ricordava come se fosse appena successo, tutto quel casino che aveva fatto… si, era proprio un emerito coglione, e il suo lavoro in quel posto? Beh, era proprio caduto in basso!
In quel momento per esempio stava rimettendo in ordine alfabetico i CD che qualche ragazzino del cazzo aveva buttato per aria.
Mentre li aggiustava non potè fare a meno di pensare chi diavolo fosse tutta quella gente, si chiese anche se per sfondare dovevi mettere il tuo culo n copertina, a quanto pareva era proprio così.
-ce l’avete il nuovo CD degli Sleeping Wiith Sirens?- gli chiese qualcuno interrompendo il corso dei suoi inutili pensieri.
-Guardati intorno ragazzina, cos’è hai perso la vista?- disse alzando la testa sulla ragazza e distraendosi da quello che stava facendo.
Non aveva intenzione di risultare scortese, infatti si aspettò che la ragazzina girasse al largo spaventata, invece non fu così.
-sai una cosa? Vai a farti fottere, ragazzina ci chiami la tua donna, non me, ok? La vista ce l’ho anche buona, infatti nella sezione rock sotto la “S” non ci sono, non ci sono neanche sotto la sezione metal e nemmeno nella fottuta sezione pop, quindi, o mi dici se l’avete o ti butto all’aria il negozio per trovarlo… come la mettiamo?-
La grinta della ragazzina lo stupì, nessuno aveva mai avuto il coraggio di parlare così con lui, manco fosse uno scimmione, però quella ragazzina, così piccolina lo stupì.
-ehi tesoro perché non vai tu a farti fottere eh?- dissi sfidandola appoggiando tutti i CD che avevo in mano sullo scaffale.
-oh certo… fanculo!-
Vic non aveva preso sul serio le parole della ragazzina, grosso errore!
La ragazzina si posizionò davanti a uno scaffale e iniziò a prendere in mano CD e appoggiarli in posti dove non appartenevano, non l’avrebbe mai ammesso a sé stesso, ma ammirò il coraggio di quella ragazza.
Disperato si diresse verso la ragazza, si mise dietro di lei e le immobilizzò le braccia, lei ovviamente iniziò a scalciare.
-chiamo la polizia per molestie se non mi lasci immediatamente!- Vic ringraziò che non c’era nessuno, era quasi orario di chiusura e a quell’ora la gente non arrivava quasi mai.
-okay, okay tranquilla. Se mi prometti di smetterla ti prendo il CD!- disse lui urlando per sovrastare la sua voce.
Lei si immobilizzò immediatamente, lui la lasciò e andò nel magazzino a tirare fuori la scatola dei CD che era arrivata quella mattina, ne tirò fuori uno e lo osservò.
-voi ragazzi mi dovete unabirra dopo questo!- sussurrò alla copertina del CD.
Tornò dalla ragazzina che si era diretta in cassa e le diede il CD.
Lei ringraziò, pagò e uscì dal negozio molto tranquilla, mettendosi le cuffie nelle orecchie e facendosi strada tra le poche persone che c’erano in giro a quell’ora, sotto la pioggia.
-il lavoro più merdoso di sempre!- esclamò lasciandosi cadere sulla seda dietro di lui.
La ragazzina dal canto suo era una tosta, non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno, infatti l’ultima persona che l’aveva insultata era finita in ospedale con il naso rotto.
Era brava a fare a botte, quando andava a scuola aveva seguito un corso di Combattimento, i suoi avrebbero preferito che continuasse a seguire i corsi di danza classica, ma per lei erano troppo noiosi e da “ragazzina”, ecco perché odiava quel termine.
La parola “ragazzina” i suoi l’avevano sempre usata per descrivere come la vedevano, il che non era come si vedeva lei, odiava i suoi per quello, avevano sempre provato a farla diventare quello che non sarebbe mai stata, quello finchè il padre non era morto in un incidente stradale, da quel momento (lei aveva 12 anni) sua madre aveva iniziato a prendere antidepressivi e a scolarsi vagonate di alchool, odiava sua madre per quello che le aveva fatto passare, a quindici anni sua madre la picchiò perché era tornata a casa con un occhio gonfio dopo aver fatto a botte con un compagno fuori da scuola.
-ti odio Sarah! E non ti perdonerò mai!-
Quelle erano state le ultime parole che aveva detto a sua madre.
Dopo era corsa in camera e si era chiusa dentro per uscire solo la mattina dopo per andare a scuola, e aveva scoperto il cadavere di sua madre, ancora caldo; “overdose” era stata la spiegazione dei medici.
-Ragazzina ora la mamma è in un posto migliore.- avevano detto a lei.
Ma chi se la beveva! Aveva 15 anni, non 3, il “posto migliore” tanto agognato da tutti era solo una bufala, sua mamma aveva smesso di esistere, punto.
Ora, dieci anni dopo, viveva con sua nonna, conduceva una vita abbastanza rispettabile, aveva appena trovato un lavoro, cassiera nel market della città, e Sarah e Marcus erano solo due persone che avevano fatto parte della sua vita per un po’.
Era triste pensarla così, ma a lei andava bene, non si preoccupava per nessuno, se non per sua nonna, non aveva amiche quindi le serate le passava guardando serie TV, leggendo, su Tumblr o ascoltando musica “Spazzatura” come la definiva sua nonna.
Non sapeva perché quella sera aveva deciso di passare per quel negozio uscita dal lavoro, di solito andava una volta al mese, la mattina presto, prima che quel depravato di Vic Fuentes andasse a lavorare.
Sì, lei lo conosceva, sapeva chi era, e per un po’ aveva amato la sua musica, poi aveva rovinato tutto, e aveva iniziato ad odiarlo, quando aveva scoperto che aveva preso a lavorare nel suo negozio di musica preferito si era informata sui suoi orari per non incontrarlo mai.
Quella sera però…
La voce di Kellin Quinn le riempiva il cuore passando attraverso le cuffiette e si era praticamente dimenticata del commesso, tutto quello che voleva era mettere quel dannato CD a tutto volume e ballare e cantare insieme alla sua band preferita.
Quando entrò e notò che lei e quel tizio erano gli unici nel negozio si maledì, lui era perso a osservare un culo sulla copertina di un CD quando lei si avvicinò.
Depravato! Le venne subito da pensare.
Aveva intenzione di stare tranquilla e di essere gentile, infatti la voce le uscì piano, timida, ma quando lui le rispose mandò tutte le buone intenzioni a farsi fottere.
Chi diavolo era per chiamarla ragazzina?
Lo provocò minacciandolo su quello che pensava gli avrebbe fatto cambiare idea.
Urlare e fare la bambina viziata non erano in conto,ma nella sua testa le sembrava così divertente fargliela pagare in quel modo!
Aveva sofferto così tanto per quello che aveva fatto lui a tutti loro fan che… qualcuno doveva farglirla pagare no? E quale miglior modo se non farlo impazzire???
Quando lui andò a prendere il CD nel magazzino lei trattenne un sorriso e tentò di rimanere seria, bimba, così come l’aveva definita lui.
Dopo era uscita dal negozio, e ora si ritrovava lì, sotto la pioggia, ad ascoltare nuovamente la musica.
Arrivata a casa preparò la cena per lei e sua nonna, e poi la lasciò andare a letto, azionò la lavastoviglie e pulì grossolanamente la cucina, per poi rintanarsi nella sua camera.
Per lei era accogliente, le pareti verdi erano tappezzate di poster di band rock che adorava, l’armadio aperto lasciava fuoriuscire qualche vestito, era molto disordinata, ma, malgrado tutto, aveva un giorno alla settimana, uno dei suoi due giorni di riposo dal lavoro, e puliva tutta la casa, ovviamente tutti i giorni puliva la cucina e lava il pavimento, però era anche vero che l’unica cosa da sistemare con solo loro due in casa era sempre e solo la sua camera.
Lila, così si chiamava lei, adorava sua nonna, era l’unica della sua famiglia che le era sempre rimasto accanto, e lei non si sapeva spiegare come mai, ogni volta che glielo chiedeva lei rispondeva un semplice “Ti Amo”, e lì finiva la storia.
Ecco spiegato perché Lila le voleva tanto bene, tutto quell’amore che aveva sempre desiderato, e che nessuno le aveva mai dato, glielo dava la sua Nana.
Nella sua stanza iniziò a pensare, a come si stava distruggendo con le sue mani, si aveva un lavoro, si amava sua nonna e lei ricambiava, si aveva un tetto sulla testa, ma non era felice, passava il tempo a crogiolarsi nella sua solitudine e a pensare a come sarebbe stato essere amica di qualcuno, avere qualcuno con cui parlare.
Ma lei non aveva nessuno.
Le sarebbe piaciuto parlare con qualcuno dei quell’episodio che stava per vedere di supernatural, le sarebbe piaciuto sclerare con qualcuno perché Dean e Castiel erano così coccolosi.
Invece l’unico suo sfogo era tumblr, e quell’elastico troppo stretto attorno al polso destro, quello si che la faceva respirare, quando sentiva un attacco di panico iniziava a tirarlo, e quando rimbalzava sulla pelle ricominciava a essere razionale e a respirare.
Il suo polso era viola, le faceva male a toccarlo, ma non le importava molto, il dolore che sentiva lì era più sottile del dolore che sentiva ogni volta che qualcuno con le sue parole le grattugiava il cuore, fino a quel momento aveva sempre funzionato, anche quando a grattugiarle il cuore erano stati i Pierce The Veil, o meglio il loro cantante, Vic Fuentes.
 

*note autrice*
Hola! rieccomi dopo secoli con una storia, questa volta sui Pierce The Veil, più avanti spiegherò cosa è successo ai "ragazzi" e anche quell'aura di mistero e paura che avvolge Vic e Lila. 
so che sarò molto cattiva con loro, soprattutto a descrivere il personaggio di Vic, ma vi prego di non prenderla sul personale ok? io li amo.
pubblicherò una volta alla settimana, quindi l'altro capitolo sarà su Giovedì 13 agosto, se anticipo o posticipo avviso! (Y)
fatemi sapere com'è tramite le recensioni eh! 
per ora ciao! 
Laly! :3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I Don’t Need No Carrying On! ***




2 – I Don’t Need No Carrying On!
 
All’ennesimo cliente che la salutò rivolse solo un piccolo e breve sorriso insieme ad un impercettibile movimento della testa.
Non riusciva a fare a meno di pensare a quello che era successo… il giorno prima?
Cazzo, le sembrava che fosse successo anni prima, e chissà a cosa stava pensando lui, probabilmente pensava che lei fosse una pazza sclerata, probabilmente aveva anche pensato di chiamare la polizia ad un certo punto, chissà che cazzo le era passato per la testa.
O forse era semplicemente una ragazza molto fortunata e lui si era dimenticato completamente di lei, quello sarebbe stato un sollievo, anche se al solo pensiero che lui si fosse dimenticato…
-sono ventitré e settanta.- annunciò alla donna che stava mettendo quello che aveva comprato nella busta.
Quando la signora la pagò e la salutò per andarsene tirò un sospiro di sollievo, e anche per quel giorno aveva finito, doveva solo chiudere la cassa e mettere tutti i soldi nella cassaforte, e poi avrebbe potuto tornarsene a casa.
Quando tutta quella burocrazia finì guardò l’orario, erano già le 19.30, probabilmente sua nonna si stava chiedendo dove fosse.
Uscì dal negozio e compose un numero sul telefono e poi lo portò all’orecchio, la voce che sentì dall’altro capo la fece tranquillizzare, un altro stressante pomeriggio era finito, e sua nonna stava ancora bene.
-Nana, sono un po’ in ritardo ma sto arrivando.- annunciò alla donna.
-va bene Lila, n realtà mi ero appisolata, quindi non avevo neanche visto l’orario.- quelle parole la fece preoccupare, sua nonna ormai non dormiva più il pomeriggio, se non quando stava male.
-Nana stai bene?- chiese lei con un lieve tono di preoccupazione nella voce, tono che sua nonna notò.
-si non ti preoccupare e torna a casa. Ciao.- disse tranquilla la nonna.
Lei non rispose e riattaccò, non si infilò neanche le cuffie nelle orecchie.
 
Vic stava chiudendo il negozio quando sul marciapiede, poco più avanti a lui scorse un viso famigliare.
Suo fratello Mike lo stava aspettando dall’altro lato della strada con i loro amici, non si sarebbe potuto fermare molto con lei, che poi per quale motivo si doveva fermare a parlare con lei?
Senza neanche pensarci chiuse la porta del negozio e tirò giù la serranda, si voltò, e il fato volle farl scontrare con la ragazza che lui proprio non voleva vedere.
-scusa!- esclamò tenendola per non farla cadere.
-che cazzo, ma esisti per rovinarmi la vita?- esclamò lei guardandolo negli occhi.
-ma che diavolo? Scusa se ti ho evitato un trauma cranico.- disse lui frustrato, ovviamente non aveva colto che non era un’accusa la sua.
-beh, il trauma cranico me l’avresti evitato anche se magari stavi attento a dove mettevi i piedi.-
-okay senti…- iniziò lui, poi si fermò, la lasciò aiutandola a rimettersi sulle sue gambe.
-…senti, facciamo così, domani a mezzogiorno ti offro il pranzo, che ne dici? Passi di qua e ti porto in un bel posto… pago io ovviamente.- corteggiare non era il suo forte, le ragazze di solito gli si buttavano ai piedi.
-no grazie.-
-ehi, andiamo! Mi voglio far perdonare…- non aveva mai dovuto pregare una ragazza… quanto cazzo stava cadendo in basso?!
Che poi perché doveva pregarla? Perché aveva anche solo pensato a invitarla fuori? Lui non voleva uscire con lei, allora perché di faceva tanti problemi se lei non accettava, doveva sentirsi sollevato, no?
No, non si sentiva per niente sollevato, già il fatto che una ragazza lo stava rifiutando lo agitava, però quella era una pazza, non era una grande perdita.
-beh se paghi tu allora ci posso pensare.-
-perfetto, allora alle 12.00 qui domani.-
Lei non rispose, si allontanò semplicemente.
Lui non sapeva se andare o no il giorno dopo, se non sarebbe andato e lei sì probabilmente l’avrebbe odiato per tutta la vita, come se già non lo facesse, anche se non sapeva il motivo; se invece sarebbe andato e lei non c’era avrebbe fatto la figura dell’idiota.
Scuotendo la testa si diresse verso i suoi amici.
-ehi ma chi era quella?- chiese Jaime curioso.
Farti una vagonata di cazzi tuoi? Pensò lui, ma sarebbe stato scontroso se gliel’avesse detto.
-boh…  una che è entrata ieri in negozio.- rispose allora semplicemente…
-ma chi la pazza?- chiese Tony.
-sì lei!- disse Vic ridendo.
-la pazza? Io sono tuo fratello, stronzo! Perché io non so niente di sta pazza?-
-perché tu ieri sera non c’eri… se cagavi i tuoi amici apposta di cagare la tua ragazza lo sapevi pure tu!-
-Ali non è la mia ragazza!- rispose subito lui.
-oh ma sentitelo!- disse Tony.
-ali non è la mia ragazza!- ripeté Jaime facendo il verso a Mike, questo gli provocò una bella sberla sulla schiena, anche se probabilmente si era fatto più male Mike.
Continuarono a “picchiarsi” per un po’ e Vic fu sollevato del fatto che avessero cambiato il discorso, non vleva parlare di lei, non voleva dire a tutti che era rimasto affascinato dal suo comportamento, non voleva dire che l’indomani avrebbe saltato il loro pranzo del sabato per pagare il pranzo a una ragazza della quale non sapeva niente, neanche il suo nome.
Per quanto ne sapesse lui quella poteva anche essere una stalker che l’indomani l’avrebbe ucciso senza pietà mentre lui implorava di lasciarlo, quel pensiero lo fece rabbrividire, la ragazzina, così bassina e minuta, poteva soltanto non presentarsi all’appuntamento e via, perché lui avrebbe potuto schiacciarla con un dito se gli si presentava l’occasione.
Solo una cosa sapeva di lei: non era una ragazza facile, In tutti i sensi.
-cosa facciamo stasera allora?- chiese Tony quando presero a camminare verso casa di Mike e Vic.
-beh, ceniamo e poi andiamo… al club...-  disse Mike.
Il Club era una specie di pub, potevi bere fino a reggerti a stento in piedi, potevi farti tutte le ragazze, o i ragazzi, che volevi, e potevi anche fare after, dato che offrivano la colazione dalle 6 del mattino.
Ormai quello era diventato il loro posto, era lì che Mike aveva conosciuto Alysha, lei era lì con sua sorella, e Vic ha pensato bene di provarci, alla fine Mike e Alysha avevano parlato praticamente tutta la notte e Vic si era scopato la sorella.
Alla fine della serata Vic era più teso di una corda di violino e se ne stava andando a casa ubriaco e poco soddisfatto, Tony se ne era andato poco prima di loro con una ragazza, Jaime andava via con un sorriso da ebete e qualche macchia di rossetto scadente qua e là, Mike invece era tornato a casa tutto felice, imbevuto di succo all’arancia e con un numero in più nella rubrica del suo telefono.
Il pomeriggio seguente lui l’aveva chiamata e boom… da quel giorno non avevano smesso di vedersi, di parlarsi e di fare foto insieme al massimo della sdolcinatezza pubblicate poi su qualche schifo di social network.
Vic era schifato da tutto quello, anche se vedere suo fratello sempre felice e sorridente gli piaceva, ormai era un anno che frequentava quella ragazza.
Era felice perché quel sorriso stampato sul viso di suo fratello non lo vedeva da anni, quel sorriso che lui gli aveva tolto senza alcuna pietà, qualcuno più forte di lui era riuscito a ridarglielo, e per quanto odiasse quella ragazza, non poteva fare a meno di ammirarla per quello che era riuscita a donare a suo fratello, una vita migliore, migliore rispetto a quella che avrebbe potuto dargli lui.
E quella consapevolezza lo faceva anche star male, aveva sempre promesso a Mike che avrebbero scalato le classifiche musicali insieme, aveva promesso che avrebbero fatto una vita migliore di quella che facevano da ragazzini, aveva promesso che gli avrebbe comprato una casa enorme e che sarebbero andati lì a vivere insieme, ma poi, come un bravo coglione, aveva voluto rovinare tutto, aveva rotto tutte le promesse, e ora le uniche scale che salivano erano quelle per arrivare al loro appartamento che era una specie di trilocale mignon, e per quanto riguardava la loro vita?
Mike lavorava nel market della città come magazziniere e lui…
Beh lui faceva una vita di merda, da fallito.
 
Lila dal canto suo stava percorrendo il vialetto di casa quando una brutta sensazione salì su per la sua colonna vertebrale, ignorando quella scossa di terrore tirò le chiavi fuori dalla borsa e inserì la chiave nella toppa, girò due volte e con la mano che tremava abbassò la maniglia e la porta si aprì.
Prima di entrare diede una scossa alla mano tremante e respirò, ripetendosi mentalmente le parole di una canzone che la faceva sempre calmare.
Con poco successo entrò in casa e chiuse a chiave la porta alle sue spalle, appese la borsa all’ingresso e si tolse le scarpe indossando le ciabatte.
-Nana! Sono io!- annunciò ad alta voce prima di entrare nel salone.
Quando non vide lì sua nonna e non udì la risposta ricominciò a preoccuparsi, con le mani che tramavano ancora di più fece un elenco mentale delle sette cose peggiori che le potessero succedere.
-Nana?- nessuna risposta.
1- rimanere sola.
2- il componente della sua band preferita che la insultava.
-Nana? Mi stai facendo preoccupare!- entrò nella cucina ma anche lì niente.
3- la fine del mondo.
4- niente più concerti per tutta la sua vita.
Si incamminò verso le camere con il terrore nelle ossa.
5- niente più musica.
6- non essere mai amata da nessun ragazzo.
Aprì la porta della camera di sua nonna e…
7-  sua nonna che moriva.
E trovò sua nonna, sdraiata sul letto, calma, col respiro controllato, malgrado fosse una bella scena si preoccupò ancora di più, tentò di svegliare sua nonna, ma ogni tentativo fu vano, la scosse la schiaffeggiò, ma niente, con la vista appannata dalle lacrime e con le mani che tremavano manco ci fosse un terremoto in corso nel suo corpo, dovette rischiacciare i tasti più volte prima di azzeccare il numero giusto per l’ambulanza.
Fortunatamente, se così si può dire, i paramedici arrivarono pochi minuti dopo, portarono sua nonna in ospedale e lei li seguì, non lasciando mai il fianco della persona che aveva sempre creduto in lei, la persona che non l’aveva mai giudicata perché se era felice lei anche sua nonna lo era.
Arrivati in ospedale la fecero rimanere fuori dal pronto soccorso.
Esausta si lasciò cadere su una sedia e si guardò intorno, le persone la squadravano come se fosse un’aliena, e come biasimarle? Chissà che faccia aveva!
Intravide la macchinetta con il cibo e fu scossa da un senso di nausea, l’ultima cosa che voleva fare era mangiare.
Man mano che le ore passavano le persone là dentro diminuivano, in confronto a loro lei era un fantasma, uno spettro, che osservava gli altri e non si curava di quello che stava succedendo a lui, quando rimase sola erano circa le due del mattino, era ancora seduta al solito modo, al solito posto, aveva il sedere intorpidito, le gambe addormentate e un macigno di tre quintali sulle spalle.
-signorina… lei è uno dei parenti della signora Bellamy?- chiese gentilmente un’infermiera posandole una mano sulla spalla.
-sì, sono io, l’unica parente della signora Bellamy, sono sua nipote, mi dica.- disse lei confusa, probabilmente si era anche incespicata in qualche parola, ma dallo sguardo dell’infermiera le importava ben poco perché sapeva che era scossa.
-capisco signorina. A sua nonna sono stati eseguiti degli accertamenti, da quelli è risultato che è tutto apposto, sua nonna si è addormentata e ora è in stato di coma, è attaccata a un alimentatore, per ora non si sa se si sveglierà, ma voglio che lei sappia che le prospettive di vita di sua nonna, sono al 10%, anche se i medici sono fiduciosi.-
Le ci volle un po’ per afferrare completamente quello che aveva detto l’infermiera, ma quando capì altre lacrime amare scesero giù per le sue guance.


*Note Autrice*
Buongiorno a TUTTI! :D
sono uscita fuori con il secondo capitolo oggi perchè aspettare una settimana per tutti e due mi sembrava tanto! quindi da questo momento posterò il Lunedì e il Giovedì, quindi.... spero che vi sia piaciuto, fatemelo capirelasciando delle recensioni, se non capite delle cose potete anche chiedere o darmi dei suggerimenti per come andare avanti! ;)
poooi... ringrazio _Puffetta_93 che mi sta sempre accanto, ali_darkness che è fantastica e sta scrivendo anche lei una FF se vi va passate, il link è questo: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3210152&i=1 poi, ringrazio anche TheSkyUnderTheSea che ha un nome meraviglioso!
detto questo, Ringrazio anche i lettori silenziosi... A Giovedì... 
Laly! :3
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** You Had A Bad Day ***




3 – You Had A Bad Day
 
-voglio vederla.- disse tranquilla all’infermiera.
-secondo me le conviene andare a casa, non ha nessuno che può passarla a prendere?- chiese gentile l’infermiera.
-no, non ho nessuno, io ho solo lei, e voglio vederla, voglio stare con lei.- disse Lila tra le lacrime.
L’infermiera le tese la mano.
-bene allora, andiamo.- disse gentilmente.
Lei la afferrò e si lasciò trascinare avanti e indietro per i corridoi, su e giù per gli ascensori, e quando giunsero nella camera della sua Nana trattenne il fiato, era un dolore immenso vedere la persona più forte che conosceva riempita di tubicini, con gli occhi chiusi, quasi dormisse.
Era una tortura immensa.
-le chiedo solo di fare silenzio signorina.-
Lei annuì semplicemente, e con chi diavolo avrebbe dovuto parlare?
Entrò nella stanza e avvicinò la sedia al letto, si sedette e poi le prese la mano con le sue ancora tremanti.
-sei bellissima Nana.- sussurrò.
-sembri La Bella Addormentata, stai tranquilla che il tuo principe arriverà presto!- continuò, poi le baciò la mano e appoggiò la testa al materasso, chiuse gli occhi e, esausta cadde tra le braccia di morfeo.
 
Vic stava facendo avanti e indietro fuori dal negozio quando capì che la ragazzina non sarebbe andata.
Pazienza. Si era detto… lo sapevi no? Che ti importa?
Eppure, un po’ ci aveva creduto, all’una del pomeriggio ormai aveva perso le speranze, così andò a farsi un giro per il paesino.
Passò davanti al market, aperto fino alle 15.00, suo fratello staccava alle 14.30, decise che aveva aspettato abbastanza ormai, minuto in più, minuto in meno non avrebbe fatto male a nessuno.
Attese per un po’ Mike, ripensando agli avvenimenti di quel periodo.
Come diavolo gli era saltato in mente di invitare fuori quella ragazzina? Cosa diavolo aveva nel suo piccolo cervellino bacato? Ovviamente lei in quel momento era a casa che se la stava spassando pensando a quel povero deficiente che la stava aspettando fuori dal negozio della musica, il solo pensiero gli fece rivoltare lo stomaco malgrado non avesse mangiato niente.
-ehi Scemo! Che ci fai qui?- chiese Mike andandogli incontro e interrompendo il corso dei suoi pensieri.
-ero a farmi un giro e ho deciso di aspettarti… come va?- chiese.
-insomma, sono stanco, oggi c’è stato il doppio del lavoro.-  disse con un tono stanco nella voce.
-wow! Come mai?-
-beh, di solito il sabato mattina ci sono cinque cassiere, una di riserva che gira i reparti e due magazzinieri perché non c’è molto da smistare, oggi due cassiere erano in ferie, una ha telefonato per dire che sua nonna era in coma e che non aveva dormito tutta la notte e… insomma, alla cassiera di scorta è toccato aprire una cassa al mio collega l’hanno mandato nei reparti e io sono rimasto solo a smazzarmi tutto il magazzino.-
-davvero ha usato la scusa della nonna in coma?- chiese Vic ridendo.
-si guarda! Non sentivo scuse simili dalle elementari!- rispose Mike.
Insieme tornarono a casa ridendo ancora per quella povera ragazza che aveva dato forfait per la nonna in coma, quello che non sapevano era che era vero, e ancor peggio, Vic non sapeva che era la sua ragazzina quella della quale stava ridendo, la sua ragazzina che in quel momento stava soffrendo come non mai.
Infatti si era svegliata qualche ora dopo, in preda a un attacco di panico, non sapeva che fare, notò una bottiglietta d’acqua sul mobiletto accanto al letto, e la prese, portandola con fatica alla bocca con le mani che tremavano, ancora, e lei non poteva farci niente.
Molte persone avevano pensato che il suo tremore fosse parkinson precoce, ma non lo era, era solo il risultato dei suoi attacchi di panico, anche lei lo aveva pensato all’inizio, e si era preoccupata tantissimo, perché con quella malattia ad un certo punto della sua vita avrebbe dovuto farsi aiutare da qualcuno.
Ma dopo i vari accertamenti si era scoperto che era un semplice sfogo della sua depressione, i medici le prescrivevano anti depressivi e medicinali per prevenire attacchi di panico.
Droghe legali, le chiamava lei, in effetti era quello che erano, erano medicinali, droghe, che ti tiravano su il morale, che ti facevano vedere le cose migliori, ma lei non voleva un’immagine distorta della realtà, non voleva vedere il bello nel marcio, nel marcio non c’è niente di bello.
L’acqua non l’aiutò, così facendo avanti e indietro per la stanza iniziò a tirare quel maledetto elastico che aveva al polso, ma non successe niente, piano piano le gambe iniziarono a non reggere più, la paura che potesse entrare qualche dottore da un momento all’altro la fece agitare di più.
Non riuscendo più a reggersi con le sue gambe si sedette atterra, in un angolino della stanza, lontano dalla porta, così che lei avrebbe visto se fosse entrato qualcuno e quel qualcuno non avrebbe visto lei.
Fece dei respiri profondi e tentò di calmarsi, consapevole che, solitamente, un attacco così poteva durare ore, non minuti, ormai era così abituata a tutto quello che non si ricordava neanche quando era iniziato quel travaglio, forse quando era stata delusa dal cantante della sua band preferita, o forse ancora prima, quando sua madre l’aveva chiamata “piccola bastarda fallita”, sentire queste parole uscire dalla bocca di tua madre a 14 anni ti segna la vita.
Forse invece i suoi attacchi risalivano a molti anni prima, quando al funerale di suo padre il primo attacco la fece svenire, e importò solo a sua nonna, che avendo appena assistito al funerale del suo unico figlio era stata così gentile con la nipotina che si era sentita male.
Arrivata alla fonte del problema riuscì a calmarsi, l’unica cosa che provava in quel momento era rabbia, rabbia per una madre che non meritava quel titolo, rabbia per una nonna che stava andando via lentamente, rabbia per un dio, che, ammesso che esistesse, era davvero un gran bastardo.
Non le piaceva pensare a quelle cose, e prima ci credeva, aveva pregato dio di far cambiare idea ai suoi genitori su di lei, ma aveva ottenuto in cambio la morte del padre, aveva chiesto a dio di far sì che sua madre la amasse, ma aveva ottenuto solo brutte parole e il conseguente suicidio della madre, aveva chiesto a dio di non essere mai sola, e ora…
La consapevolezza che sarebbe rimasta completamente sola la fece rabbrividire, lei non voleva essere sola.
-e allora sai cosa? ‘Fanculo a Dio!- lui non l’aveva mai aiutata perché doveva credere ancora  che ci fosse qualcosa o qualcuno lassù, perché credere che qualcuno valesse le tue suppliche?
Si alzò dal pavimento e uscì dalla stanza, rivolgendo l’ultimo sguardo verso sua nonna, poi andò verso un’infermiera.
-salve, sono la nipote della paziente della camera 12.-
-si, salve signorina, la mia collega mi ha parlato di lei, ha detto di lasciarla entrare sempre.- perché usavano tutte quel tono così cortese?
-si grazie, volevo solo dirle che devo passare da casa per prendere delle cose e devo fare un paio di telefonate per il lavoro, torno per mezzogiorno, è un problema?-
-certo che no signorina! Vada pure.-
Lila uscì da quel posto preparandosi per quella mezz’ora di camminata che aveva davanti, si era dimenticata completamente di sé stessa, e quindi non aveva preso la macchina, non aveva preso il telefono, si era sorpresa di non aver dimenticato il cervello.
 
Vic era a casa sua, stravaccato sul divano con gli occhi chiusi, le gambe stese su quelle del fratello che era seduto composto con il telefono in mano che rideva a qualche stronzata.
Erano già le quattro del pomeriggio e lui ancora non aveva mangiato, il sabato era una giornata noiosa, quel sabato era una giornata noiosa, di solito si vedevano con i loro amici verso le undici, ordinavano un paio di pizze e mangiavano insieme, quando Mike lavorava come quel giorno lo facevano la sera, ma Mike aveva invitato il suo amore e quindi quella sera non si sarebbe divertito neanche un po’.
Quando era solo con i suoi amici Mike dava il meglio di sé, lui e Jaime erano i pagliacci della situazione, Tony ogni tanto li seguiva, e sì, insomma si divertivano, facevano scherzi scemi, una volta Mike e Jaime avevano montato una recita nella quale loro due si sposavano alla fine, al pensiero di quella giornata sorrise.
Quando però c’era di mezzo anche Alysha, Mike cambiava completamente, da giovane scapestrato diventava il ragazzo modello, quello che tutte le madri vorrebbero per le loro figlie, anche se magari con un po’ meno tatuaggi.
Tra l’altro Mike non era mai cambiato per nessuno, men che meno per una ragazza, che questa fosse quella giusta?
-Vic vai a cambiarti che tra dieci minuti arriva Ali…- disse Mike dando una spinta alle sue gambe lasciandole cadere atterra.
-perché viene ora? Non è presto?- chiese Vic rifiutandosi di aprire gli occhi.
-ma che diavolo hai eh? Si può sapere? Sei strano oggi…- disse Mike alzandosi dal divano e sedendosi sul pavimento davanti al fratello.
-niente, sono solo stanco.-
-E di cosa? Di essere stato a casa tutta la mattina? Wow!- la voce di Mike aveva un leggero tono irritato, il che fece aprire gli occhi a Vic che guardò il fratello.
-ti posso fare una domanda?- chiese Vic, Mike sorrise, aveva un visino da bimbo dolcissimo in quel momento.
Mike non poté fare a meno che annuire, e Vic continuò.
-cos’hai provato quando Ali la prima volta ti ha risposto al telefono e ha accettato di uscire?-
-dobbiamo davvero parlarne? Dei miei sentimenti intendo…- al viso duro di Vic Mike sorrise e tentò di ricordarsi quello che aveva provato.
-non so bene, sai? Ero felice perché non me lo aspettavo, sinceramente non pensavo neanche che fosse il suo vero numero! Ma quando ho sentito la sua voce che mi confermava che uscivamo e quando l’ho vista poco dopo… ero solo felice, la persona più felice del mondo. Non so come sia possibile Vic, ma questa ragazza è meravigliosa, sento che potrebbe essere quella giusta.- Vic sorrise, quanto avrebbe voluto provare quelle emozioni, quanto?
Talmente tanto che se qualcuno fosse saltato fuori a chiedergli di rinunciare al resto della sua vita per soli dieci minuti di quella felicità, avrebbe accettato e chissenefrega se dopo sarebbe morto!
Sarebbe morto felice, che era la migliore delle morti.
Eppure ancora non aveva trovato una lampada magica, non aveva trovato nessun demone degli incroci.
-è meraviglioso…- commentò Vic.
-già.-
-e… se lei non si fosse presentata? Nel senso… se dopo che ti aveva detto che veniva lei ti avrebbe lasciato ad aspettare come un coglione senza darti nessuna spiegazione?- Mike lo osservò attentamente.
-stiamo parlando ancora di me?-  Mike era poco più piccolo di lui ma era molto saggio, intelligente, e riusciva a leggere tra le righe quando si trattava del fratello, gli bastava guardarlo per capire se stava mentendo, lo osservava per capire se era triste.
-Mike…- si lamentò lui.
-okay okay rispondo… non so cosa avrei fatto, sarei stato male probabilmente perché mi aveva detto che veniva… ma io avevo un numero di telefono, un nome…tu cos’hai?-
-io? Non ho neanche un fottuto nome! Figuriamoci un numero di telefono, non ho niente di lei… so solo che… lei non è pazza, non so perché quella sera in negozio ha fatto quel casino, il sorriso dolce che le era comparso dopo era stata una rivelazione, e il giorno dopo, quando ci siamo scontrati… mentre la tenevo ho ricevuto una scossa lungo la schiena e… dio Mike non so cos’è, eppure non so niente di lei, oggi, a mezzogiorno, pensavo di trovarla, invece quando non si è presentata sono impazzito, il mio cervello è andato a puttane e ho iniziato a pensare cose che non avrei mai pensato consciamente. Non so cosa mi sta capitando so solo che ho bisogno di rivederla.- quello sguardo disperato che gli arrivò lo toccò dritto al cuore e si sentì in bisogno di fare qualcosa.
-senti… per stasera non pensarci… alzati da qui, vai a farti una bella doccia e poi divertiti ok? Domani ci pensiamo, e ti aiuterò a trovare la tua ragazza del mistero… ci stai?-
-sei un Angelo!- disse Vic grato.
-no, sono Mike!- il sorriso da ebete che aveva fece sorridere Vic, e in quel momento suonò il campanello.
Mike andò ad aprire tutto felce e Vic si fiondò in bagno, non sapeva cosa avrebbero fatto quei due mentre era sotto la doccia, per quello aveva programmato di starci più del solito e stava scegliendo la musica da mettere su, non voleva sentire niente, non voleva pensare a niente, voleva solo rilassarsi.


*Note Dell'autrice*
innanzi tutto chiedo umilmente scusa perchè ho pubblicato solo ora, ma ieri non sono stata a casa tutto il giorno e ero morta quando sono tornata, quindiii... PERDONO!  cooomunque, com'è questo capitolino??? allora, voglio spiegarvi un paio di cose, se siete altamente religiosi e vi sentite offesi da questo capitolo mi dispiace, non era mia intenzione, era solo un modo di spiegare come la pensa Lila, poi... avete visto che il futuro di Nana è ancora incerto... che ne pensate? avete qualche idea di come andrà? 
pooooi... Vic. allora, quando le FF vanno troppo veloci tipo che passa mezza giornata e i die protagonisti stanno già "amore mio, ti amo!" mi stanno sulle palle, vediamo che il rapporto che ha Vic coi suoi pensieri è molto conflittuale, provate a mettervi nei suoi panni: avete mai conosciuto qualcuno che vi ha colpito diretto al cuore praticamente subito? 
beh, io sì, e di quella persona ho subito voluto sapere tutto anche se avevo praticamente solo un viso, sono impazzita, e mentre Vic scoprirà tutto molto presto io ho scoperto il tutto in mesi, e devo assicurarvi che è straziante, perchè non sai come reagire, sai che devi andare avanti per essere felice, ma sai anche che non potrai andare avanti così, questi sono i pensieri di Vic.
detto questo... vi saluto e spero che capiate che quando si vedranno di nuovo non diventerà banale stile "Ti Amo Amore Mio!" però ci sarà qualcosa che vi farà scattare un bottone in testa e vi farà dire: "e però..." però niente. Vic si sa com'è fatto (nella FF), e Lila, insomma, lui è il suo idolo! 
quindi... Peace And Love! <3
Laly :)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** She Had A Beautiful Heart That You Shattered Like Glass ***





4 – She Had A Beautiful Heart That You Shattered Like Glass

Passò velocemente il sabato sera di Vic, e anche la domenica, e, malgrado le ricerche non trovarono la ragazzina, certo avevano davvero poco, quasi niente, ma se Mike ci credeva e voleva aiutarlo allora anche lui ci avrebbe dato dentro.
Erano stati ore a osservare le telecamere di sicurezza del negozio, avevano esaminato anche quelle esterne per capire dove si dirigeva, ma erano sempre a un punto morto.
Però non aveva ancora perso le speranze, il lunedì arrivò velocemente portando una bella pioggia estiva, due in due settimane era un record!
A Lila piaceva molto la pioggia, per quello, quando poteva camminava apposta di prendere la macchina.
Quel giorno era obbligata a tornare a lavoro, sua nonna era ancora in coma, non dava cenno di svegliarsi, e lei non poteva stare tutto il tempo lì, doveva guadagnarsi la vita no?
Sarebbe andata dopo il lavoro e sarebbe rimasta tutto il pomeriggio, l’infermiera aveva detto che i medici le volevano parlare, quindi sarebbe andata lì, e avrebbe sentito il parere dei medici.
Però ora doveva lavorare, aveva preso servizio da pochi minuti quando incontrò qualcuno.
Non c’era molto lavoro alla cassa, due casse aperte erano tante, figurarsi tre!
Così era andata a rilevare i prezzi, si era piegata per rivelare il prezzo degli spaghetti quando un ragazzo le cadde addosso, letteralmente.
Probabilmente era inciampato e lei essendo piegata se lo era ritrovato sopra, quando aprì gli occhi e scoprì chi era le venne automatico dire: -ma che diavolo di problemi avete tu e tuo fratello?!-
Lui si alzò con fatica aiutandola ad alzarsi, ma appenala vide bene si bloccò e la squadrò, poi la sua faccia si tramutò in qualcosa di diverso, sembrava che avesse trovato la scatola di Pandora.
-tu conosci mio fratello?- chiese.
Lei non sapeva che rispondere, in più non aveva tempo da perdere.
-scusa, ti ho scambiato per un’altra persona.- disse, si stava allontanando quando lui esclamò il suo nome.
-Lila!- disse nel mezzo del corridoio, come diavolo… ah sì! Il diavolo di cartellino con il nome!
Lei si bloccò, sentire il suo nome uscire da quella bocca era qualcosa di meraviglioso, quante volte lo aveva sognato?
Le mani iniziarono a tremare, infatti si voltò verso di lui e le nascose dietro alla schiena come se nulla fosse.
-dimmi.- disse lei tentando di sembrare tranquilla.
-non ti avevo mai visto qui!-
-ci lavoro da un anno… neanche io ho mai visto te!-
-ci credo! Sono sempre in magazzino!-
Lei annuì segnandosi mentalmente di non passare mai dal magazzino.
-beh Lila… io devo continuare a lavorare…-
-anche io!- disse lei allontanandosi.
-non siamo tutti dei falliti!- continuò lei poi a bassa voce, non abbastanza bassa però perché lui la sentì, e sorrise scuotendo la testa.
Doveva tornare a casa, doveva avvisare suo fratello che gli voleva parlare, doveva raccontargli quello che sapeva, aveva scoperto più lui in un minuto e mezzo che suo fratello in due giorni, quello lo fece ridere.
E scoppiò a ridere, al che una signora che passava di lì lo guardò strano, ma a lui non importava, avrebbe fatto felice suo fratello.
Vic intanto si stava annoiando, il lunedì mattina non lavorava, questo di solito lo faceva dormire ma no, era sveglio ormai da ore, sdraiato nel letto a osservare il soffitto, non pensava a niente in particolare, sapeva che si doveva alzare, che si doveva fare una doccia che doveva preparare il pranzo e che poi doveva andare a lavorare, però non aveva voglia di fare niente di tutto quello.
Non aveva voglia di alzarsi e di camminare sulle sue gambe, non aveva voglia di preparare il pranzo perché tanto l’avrebbe bruciato, non aveva voglia di fare la doccia perché l’acqua sarebbe scesa o troppo fredda o troppo calda, in realtà non pensava neanche che le sue gambe avrebbero retto il peso del suo corpo.
Rimase ore e ore nel letto a pensare a tutto e a niente, e quando si fece quasi mezzogiorno decise di alzarsi perché suo fratello doveva pur mangiare!
Alzandosi prese il telefono sul comodino e si diresse in cucina, iniziò col preparare l’acqua per la pasta e tirò fuori un sugo precotto dal mobile, poi si sedette al tavolo e sbloccò il telefono, aveva un solo messaggio, da suo fratello, lo aprì e lo lesse.
Vic ho qualcosa da dirti, fatti trovare pronto,
lavato e pulito che ti porto in un posto…
P.S. arrivo a casa un po’ tardi.
Vic lasciò cadere la testa sul tavolo attento a non farsi male, e rimase così per un po’.
Anche il peso che gravava sul suo collo era troppo, e non perché fosse intelligente, anzi, tutto il contrario!
Riuscì a cucinare una pasta appena mangiabile entro le 12.30, appena mangiabile perché nel frattempo era andato a farsi una doccia veloce e la pasta aveva fatto in tempo a scuocersi, era tanto che non si era disintegrata!
Suo fratello arrivò proprio quando stava tentando di rimediare al danno che aveva fatto.
-fratellino ho una grande notizia da darti!-
-okay, ma prima mangiamo!- disse Vic porgendogli il piatto con la pasta.
Mike afferrò il piatto e lo appoggiò nel lavandino, poi prese il fratello sotto braccio e lo trascinò all’uscita, si beccò un bel vaffanculo! Pensare che si era alzato solo per fargli da mangiare!
-ti porto fuori a mangiare sciocchino!- disse Mike mentre lui si metteva le scarpe…
-sciocchino?- chiese Vic alquanto sorpreso, suo fratello era educato così poche volte che quasi sembrava impossibile che quella parola fosse uscita proprio dalla sua bocca.
Arrivati al mcdonald’s entrarono e ordinarono, quando furono al tavolo Vic non fece a meno di pensare che magari avrebbero potuto godersi un pasto più salutare, ma i soldi erano quello che erano, al massimo potevano permettersi una pizza, niente di più, ma trovare una pizzeria buona in quel posto era come infilare una mano nel culo di una gallina sperando di trovarci un uovo d’oro.
-allora… tutto questo mistero per…?- chiese Vic, ormai era assalito dalla curiosità, anche se non lo dava a vedere…
-ho trovato la tua donna!- disse Mike infilandosi una patatina in bocca tutto eccitato.
Vic credeva di non aver capito bene, all’improvviso però, la sua testa non era più un peso, si sentiva… leggero.
-come hai fatto se eri a lavoro?-
-stavo sistemando una cosa che si erano dimenticati di portare in reparto dal magazzino, e una commessa era piegata con il rilevatore e io ci sono caduto sopra e… era lei!-
-ci sei caduto sopra?-
-ma tu solo questo hai sentito? Sveglia! Ho trovato la tua Lila!-
-si… si chiama Lila?- chiese, e il fratello annuì addentando il panino.
Continuava a non avere fame, infatti non aveva ancora toccato cibo, stava tentando di elaborare quello che gli era stato detto.
-eh… cosa le hai detto?-
Mike spiegò dall’inizio alla fine quello che era accaduto, raccontò tutto nei dettagli e quando Vic sentì le ultime parole del fratello rimase pietrificato, manco ci fosse Medusa che gli sventolava in faccia i suoi serpentelli.
-lei… lei mi odia… ecco perché.- quella consapevolezza gli fece salire la nausea.
Solo pochi anni prima le aveva detto che era una fallita, e quello era solo il minimo!
Cazzo, si ricordava quel giorno come se fosse successo solo poco prima invece… dopo cinque anni…

Flashback
Vic aveva bevuto un po’ troppo quella sera, e non avrebbe dovuto, sapeva di avere sempre le fotocamere attaccate al culo e ne aveva abbastanza, fu quello forse che scatenò una rabbia ceca nel suo corpo.
Bastò poco, una spinta da parte di un fotografo, l’alcool, gli diede alla testa, strappò la macchina fotografica dalle mani di quell’uomo e la scaraventò atterra con talmente tanta forza che i pezzi volarono dappertutto, non avendone abbastanza però si avvicinò di più all’uomo.
Era basso Vic rispetto all’uomo, ma era più forte e molto più arrabbiato.
Un pugno alla mascella ben assestato e lo mise fuori combattimento quando l’uomo era atterra gli scaraventò anche un calcio nelle parti intime, lasciandolo steso per un bel po’, arrivò la polizia, l’ambulanza, e altri paparazzi e giornalisti, tutti a inquadrarlo a fotografarlo a parlare di lui.
L’agente di polizia lo ammanettò e lui non fece opposizione, prima di salire sulla volante però si fermò davanti a una videocamera, il cameraman stava registrando, erano in diretta su chissà quale canale nazionale.
-tutti voi! Siete delle merde! Mi fate schifo e la vita fa schifo! Non c’è niente di bello quindi… ammazzatevi! Anche quei caproni arrapati che ci seguono! Siete tutti dei falliti! Meritate di soffrire e anche di morire!-
Fine flashback

Dopo quell’episodio era rimasto sei mesi in una casa psichiatrica perché pensavano fosse pazzo, i Pierce the Veil erano morti e... va beh il resto non è necessario raccontarlo.
Aveva fatto male inconsciamente a così tante persone!
-Vic ci sei?- chiese Mike sventolandogli la mano davanti agli occhi.
-sì, scusa… stavo… pensando… dicevi?-
-dicevo che so dove abita! L’ho seguita! Possiamo andare a trovarla, o aspettare che esce e…- Vic lo bloccò subito.
-no, non lo faremo, non lo farò.- si alzò e si diresse verso l’uscita.
-ma dove vai?- gli urlò dietro il fratello.
-a fare quattro passi! Devo lavorare e poi… ci vediamo a casa.- rispose tranquillo, uscì da quel posto e prese la via più breve per il negozio.

Lila era arrivata da poco in ospedale quando l’infermiera e un dottore entrarono nella stanza e la fecero uscire per il controllo, pochi minuti dopo furono fuori entrambi, il dottore le si avvicinò.
-salve signorina, devo finire il giro di visite e so che lei è molto impegnata, ma conto di vederla oggi alle sedici nel mio ufficio in fondo al corridoio.-
Lei annuì e il dottore si allontanò, guardò l’orologio, erano solo le tre, chissà cosa le avrebbe detto, chissà cosa sarebbe successo.
Mentre era seduta vicino alla nonna pensava agli eventi di quei giorni, in soli quattro giorni la sua vita era cambiata talmente tanto che sembrava la vita di qualcun altro.
Quando però ripensò a Mike Fuentes che aveva appena incontrato e aveva scoperto che lavorava nel suo stesso posto non poté fare a meno di pensare a suo fratello e al fatto che due giorni prima si dovevano vedere a pranzo, con tutto quello che le era successo se ne era anche dimenticata!
E ora lui la odiava, non che le importasse qualcosa.
Quel flusso di pensieri la portarono velocemente alle quattro, quando il dottore la fece accomodare nel suo ufficio le mani iniziarono a tremare, era pronta al peggio.
-signorina, abbiamo fatto delle visite a sua nonna e sono spiacente di comunicarle che non sono andate bene, non riscontriamo più nessuna attività cerebrale e… attualmente è in vita solo perché è attaccata alla macchina.- elaborò subito tutto quello che il dottore le disse, e la reazione fu pronta.
-non ci sono più possibilità che si svegli, giusto?- chiese tentando di sembrare tranquilla.
-come le ho già detto sua nonna non ha attività cerebrale, è clinicamente morta, e come parente più prossima deve decidere lei cosa fare.- disse il medico porgendole davanti delle carte.
-non deve farlo subito, legga bene quello che c’è scritto e faccia quello che si sente.-
Lei afferrò le carte e iniziò a leggere lì, davanti al dottore che le aveva dato la notizia che le stava per cambiare la vita per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** It’s Up To Me, I’m Gonna Do What I Have To Do ***




5 – It’s Up To Me, I’m Gonna Do What I Have To Do
 
Aveva deluso tutti, aveva deluso chi in realtà amava, aveva deluso chi gli era sempre stato vicino, aveva persino deluso le persone che lo odiavano.
Ma non era quello che faceva più male, il dolore più insopportabile era aver deluso sé stesso, aveva tanti progetti, era una mente brillante, ripensare adesso a quello che era solo dieci anni prima lo fece rabbrividire, come mai era cambiato? Cosa gli era successo? Si era davvero montato la testa? Davvero non voleva più la gloria?
Quando era un bambino sua madre gli faceva vedere i libri dei più grandi esponenti rock, durante l’ora di musica il loro professore gli parlava del successo dei Rolling Stones, di come le loro canzoni arrivassero non solo alla testa, ma al cuore delle persone; aveva solo undici anni quando tutti parlavano della morte di Kurt Cobain, si ricordava di aver pianto per giorni.
Quello era l’effetto che avrebbe voluto fare, e per un periodo era stato così eh, la gente lo amava, lo acclamava, faceva piangere le persone con le canzoni che cantava, eppure…
Aveva voluto rovinare tutto, deludendo tutti.
Per quello non voleva vedere più quella ragazzina, Lila, lei da quel momento gli avrebbe ricordato tutti i suoi fallimenti, gli avrebbe ricordato quanto ci fosse ancora gente che lo odiava, non poteva farsi questo.
Deciso a lasciarsi tutto alle spalle, la sua teste premette il pulsante di reset e via, lei sarebbe stata solo una pazza che un giorno era entrata in negozio, niente di più, niente di meno, e se tornava?
Ci avrebbe pensato se fosse successo.
 
Lila quando finì di leggere quelle carte non potè essere più d’accordo, c’erano spiegate le ragioni per le quali avrebbe dovuto staccare la spina chela teneva in vita e le ragioni per le quali non avrebbe dovuto farlo, c’era spiegato cosa voleva dire quello che aveva sua nonna, era spiegato così bene e nei minimi particolari che quasi si sorprese.
Prese una penna dalla scrivania del medico e, con la mano tremante firmò le carte, doveva farlo, per sua nonna.
Una morte cerebrale significava che non si sarebbe mai più svegliata, anche se si fosse svegliata sua nonna non sarebbe stata più la stessa, rimaneva un vegetale, senza possibilità che il cervello tornasse a funzionare perché ormai era fuori funzione da più di 24 ore.
Sua nonna non sarebbe più stata la stessa, quindi a prescindere sarebbe stata sola, non ne valeva la pena pagare fior di quattrini sperando che tornasse come prima, quindi, dato che tutte le decisioni spettavano a lei, avrebbe fatto quello che le sembrava più giusto.
Inoltre doveva già all’ospedale duemila dollari, non voleva indebitarsi di più, in più Nana non si sarebbe mai svegliata, quindi che senso aveva?
Diede le carte al dottore che la guardò con un’espressione di dolore negli occhi.
-domani, alle 17.00 eseguiremo l’operazione, vuole essere presente?- chiese il medico.
-assolutamente!- rispose in tono sicuro.
Poteva sembrare impassibile e sicura di sé se solo quelle stupide mani avessero retto il gioco.
-se vuole mi posso informare per il funerale, lo stato a chi non ha abbastanza fondi lo offre.-
Al pensiero della spesa del funerale le salì la nausea.
Ringraziò il dottore dicendogli che se lo faceva per lei, gli sarebbe stata grata per tutta la vita, il dottore accettò, e poi si salutarono.
Lila diede l’ultimo saluto della giornata alla nonna, prese la sua borsa che aveva lasciato sulla sedia vicino a letto e uscì da quella stanza che puzzava di disinfettante, percorse quell’infinità di corridoi tranquillamente senza andare troppo veloce, ma neanche troppo piano.
Uscì anche dall’ospedale e si diresse alla macchina, inserì la chiave, azionò il motore e partì, le mani tremavano ancora ma era lucida e riusciva ad afferrare il volante saldamente.
Non aveva programmi per quel pomeriggio, infatti non tornò a casa non seppe come mai andò al negozio di musica e parcheggiò vicino all’entrata.
Con tutto quello che le era successo non si ricordava neanche chi ci fosse di turno in quel momento, le opzioni erano due: entrare e rischiare di incontrarlo, tornarsene a casa a deprimersi.
Dato che non aveva proprio voglia di deprimersi scese dalla macchina diretta all’entrata, trattenne il respiro e quando entrò e non lo vide in giro tirò un sospiro di sollievo, iniziò ad aggirarsi per i bassi scaffali cercando tutto e niente, con quello che aveva in tasca non si poteva neanche permettere una bottiglietta d’acqua, figuriamoci un CD!
Però le piaceva guardare, così andò allo scaffale delle nuove uscite per vedere cosa c’era di nuovo, oltre a colori sgargianti e culi in copertina non vide altro.
Prese in mano un CD e lo osservò i titoli delle canzoni erano privi di significato e per di più il nome in copertina era impronunciabile; come diavolo facevano le persone a comprare quei CD?
 
Vic non era a casa, era in negozio, stava mettendo tutti i nuovi arrivi in ordine su un carrellino che poi avrebbe portato fuori per finire di allestire lo scaffale, non stava pensando a niente in particolare, il suo pensiero andava semplicemente da un CD a un altro, si chiedeva come i cantanti erano caduti in basso con i nuovi CD, anche se alcuni di quelli non si meritavano neanche di essere chiamati tali, con vestiti sgargianti e voci metallizzate, poi li sentivi live e tutta la magia spariva, non sapevano cantare, erano stonati e magari non riuscivano neanche a stare in piedi per le parrucche o per i tacchi alti metri!
Quando finì di svuotare l’ultimo scatolone li impilò tutti e li buttò in un angolo, il camion dei rifiuti sarebbe arrivato il giorno dopo, uscì spingendo il carrello, non guardò le persone, anzi, tenne la testa bassa per paura che qualcuno potesse riconoscerlo, quando arrivò allo scaffale non notò la persona che stava prendendo il CD che anche lui voleva prendere per spostare.
Quando le loro mani si incontrarono però si guardarono.
-ciao.- disse lei impassibile, non c’era, e invece eccolo lì.
-ciao… posso aiutarti?- chiese gentile lui, al che lei si sorprese.
-no grazie… stavo solo guardando.- disse lei.
Lui spostò i CD e lei lo osservò fare quello che era diventato il suo lavoro, non si era mai soffermata sul suo viso non l’aveva mai visto da così vicino, era bello, malgrado la sua età era ancora giovane, quello sguardo non durò molto perché lui se ne accorse.
-sei tranquilla oggi.- commentò sorridendo. e quel sorriso… oh quel sorriso era la ragione per la quale lei si era innamorata di lui, quando a dieci anni aveva visto per la prima volta quella band in TV, il ragazzo che aveva davanti aveva sorriso alla donna che lo stava intervistando, la mente di una bambina è grande e aperta, e vedendo quel diciannovenne si immaginò che bella vita avrebbero vissuto insieme.
Quelli però erano sogni di una bambina.
-già… sono passata solo perché mi piace guardare… come stai?-
-di merda… tu?- chiese lui non staccando gli occhi da quello che stava facendo, come se non gli importasse molto della risposta.
-di merda… tu come mai?- chiese lei, non perché fosse curiosa, anzi, tutt’altro, le interessava poco il perché, però così avrebbero continuato a parlare.
-perché sono un coglione, te invece?-
-ho firmato dei fogli nei quali dico che voglio staccare mia nonna dal respiratore… morirà, domani alle cinque.- il che la fece sorridere oltre al vuoto nello stomaco…
-è strano no? Avere una data e un’ora precisa della tua morte…-
-già…- in quel momento il suo stomaco brontolò.
Da quanto tempo non mangiava??
-hai fame?- chiese lui accorgendosi.
-non proprio...-
-beh, il tuo corpo dice il contrario… ti va di venire a cena da me?- chiese lui, lei stava per rispondere quando lui sorrise…
-ah no, è vero, spariresti per giorni pur di non venire.- rispose lui al suo posto.
Lei a quelle parole si sentì male.
-a proposito di questo Vic… mi spiace, la sera che me l’hai chiesto, quando sono tornata a casa ho avuto da fare e il sabato non ho lavorato e sono stata impegnata in ospedale, non sapevano cos’aveva mia nonna e… perdonami…- a quella scusa non potè fare a meno di sentirsi in colpa con sé stesso… lei era stata male e lui… l’aveva presa in giro… chissà che dolore si celava dentro a quel piccolo corpicino…
-ti va di venire a cena da me?- chiese ancora, questa volta lasciò che lei rispondesse.
-sì, mi andrebbe molto.-
Lui sorrise e rimase un attimo a fissare i suoi occhi… ecco… i suoi occhi, non li aveva ancora visti bene ma, i suoi occhi, erano qualcosa di meraviglioso!
Così grandi e penetranti, azzurri macchiati di verde, in effetti lei era qualcosa di meraviglioso.
Si accorse che non l’aveva ancora guardata come si deve, e come avrebbe potuto?
Si ritagliò qualche secondo per osservarla, era appena più bassa di lui, magra ma con le curve al punto giusto, indossava una semplice canotta bianca e un paio di jeans in tinta, ai piedi portava un meraviglioso paio di sandali azzurri e i capelli lunghi e color cioccolato le ricadevano sulle spalle.
Non era truccata, ma stava benissimo così, gli zigomi erano alti, e le labbra rosee e carnose gli faceva sognare come sarebbe stato posare le sue labbra su quelle, quale privilegio, non aveva mai incontrato labbra così; gli zigomi però le donavano un’aria giovane, questo gli fece venite in mente una domanda.
-aspetta… ma quanti anni hai?- chiese curioso.
Ricominciò a mettere apposto lo scaffale.
-non si chiede l’età a una ragazza!- disse lei sorridendo, lui le sorrise, e riecco quel sorriso, quel diavolo di sorriso, da piccola si sforzava davanti allo specchio per rendere il suo sorriso così bello, ma non ci riusciva e aveva capito che quel sorriso era un dono, e quel dono ce l’aveva solo lui.
-scherzo… comunque ho ventun anni…- disse abbassando la testa mostrando un sorriso timido.
-ven… ventuno? Sei seria?- chiese bloccandosi.
-sì perché?-
-beh…- iniziò riprendendo a lavorare badando poco se metteva la D prima o dopo la E.
-innanzi tutto sei piccola… cioè non che io sia vecchio, però abbiamo dieci anni di differenza! E poi… andiamo! Sembra che hai almeno cinque anni in meno!- continuò.
-beh grazie… e comunque… chissene se ho dieci anni in meno! Mica ci dobbiamo sposare! E anche se fosse il problema sarebbe la differenza d’età o il fatto che tu sei stronzo?- chiese sorridendo, non voleva essere cattiva, infatti lui colse il tono scherzoso e lui fece finta di offendersi e tentò di rimanere serio.
-mi hai beccato, ma non dirlo a nessuno!- disse a bassa voce, lei scoppiò a ridere e quello che disse dopo non era intenzionato a far male o a riaprire qualche vecchia ferita però accadde.
-ti sei già rovinato da solo!- appena si accorse di quello che aveva detto però si scusò immediatamente, lui tentò di non dare a vedere che si era un po’ rattristato, ma andiamo! Se lo meritava!
-voglio scusarmi con te… non posso farlo con gli altri, ma con te posso e… mi farò perdonare, e quando mi perdonerai quel momento sarà solo un brutto ricordo del passato, non del presente come ora… stasera ti racconterò tutto quello che non sai…-


*note autrice*
mi scuso perchè ho appena scoperto che oggi è venerdì e non giovedì... sono un disastro! -.-' Comunque ecco il capitolo!
spero che vi piaccia e non dimenticatevi di recensire! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Don’t Let ‘Em Say You Ain’t Beautiful, They Can All Get Fucked ***




6.1 – Don’t Let ‘Em Say You Ain’t Beautiful, They Can All Get Fucked
 
Uscirono insieme dal negozio ridendo, Vic chiuse a chiave la porta alle loro spalle, poi si voltò verso di lei.
-sei in macchina?- chiese.
-sì, è questa qui.- disse lei indicandola.
Si avvicinarono e Vic salì dalla parte del passeggero.
-devi indicarmi la strada però.- lui annuì.
-non preferisci mangiare una pizza? Non sono un grande cuoco.- disse lui.
Lei pensò a i problemi finanziari, alle bollette ai duemila dollari che doveva all’ospedale e la fame passò.
-io…- abbassò la testa non sapendo come terminare la frase.
-okay okay… non mi devi nessuna spiegazione… devi uscire di qui e entrare in quella via…- disse lui levandola da quella situazione, non parlò per il resto del viaggio, non che fosse un chissà quale viaggio eh, ma si sentiva imbarazzata…
-ti chiedo solo una cosa… non badare al casino… mio fratello sa essere molto disordinato.- lei sorrise appena.
Quando entrarono un penetrante odore di deodorante maschile la colpì alle narici, e il suo primo istino fu di starnutire, al che Mike si accorse del loro arrivo e si precipitò alla porta, abbracciò il fratello pronunciando qualche parola per lei incomprensibile, e lo trascinò con lui.
Ovviamente non si era accorto di lei, non sapendo che fare, e sentendosi un po’ fuori luogo rimase sulla soglia, ferma davanti alla porta, non doveva accettare, non doveva andare da lui.
-Mike sei esagerato mica vi dovete sposare!- urlò Vic, Lila si sentì più fuori luogo, più inutile e più sola.
Sarebbe tornata sui suoi passi, sarebbe salita in macchina e sarebbe tornata a casa sua se Vic non fosse arrivato proprio in quel momento.
-scusa mio fratello… è un po’scemo… stasera deve uscire e… va beh, siediti pure sul divano e accendi la TV se vuoi… io intanto cucino…- le disse scortandola verso il divano.
Lei scoprì che non era come casa sua, la sala e la cucina erano in un’unica stanza, e probabilmente c’erano solo due camere e un bagno in quel posto, probabilmente anche lei avrebbe dovuto cambiare casa, l’affitto costava troppo e la casa era troppo grande per una persona sola.
-che hai?- chiese Vic.
Lei si scosse dai suoi pensieri… chissà che faccia aveva!
-niente… pensavo…-
-sicura? Hai una faccia!-
-lo so, scusa… è che ho un po’ di problemi che mi passano per la testa e quindi… niente, scusa…- lui non domandò oltre e lei non si sentì in dovere di spiegare.
Prese il telecomando e accese la TV sul canale della musica, poche volte facevano quel che piaceva a lei, ma aveva trovato un canale che faceva solo musica Rock contemporanea e quindi girò subito su quel canale.
Girò giusto in tempo per sentire per l’ennesima volta la canzone degli Sleeping With Sirens, Kick Me.
Quella canzone era spettacolare, e la voce di Kellin Quinn… dio, la sua voce!
Alzò un po’ il volume e si estraniò completamente da quello che stava accendo intorno a lei, chiusegli occhi e rivolse la testa al soffitto.
Quella canzone le faceva venire in mente tutta la sua vita in un solo colpo, “kick Me” era la canzone della sua vita cantata dalla splendida voce di Kellin.
-ti piacciono gli Sleeping With Sirens eh?- chiese Vic interrompendo i suoi pensieri, lei si voltò a osservarlo.
-sono una delle mie band preferite, e poi… Kelin Quinn… andiamo! Chi non ama Kellin Quinn?-
-io amo Kellin Quinn.- commentò Mike con una vocina quasi effeminata entrando in cucina.
-ehilà Lila!-  disse poi rivolgendole un cenno col capo, lei gli sorrise.
-io vado donzelle… Lila, Fallo   soffrire mi raccomando!- disse, e poi uscì lasciandosi dietro una scia del deodorante di prima che provocò in lei la stessa reazione, al suo sternuto quella volta Vic rise.
-perché ridi?- chiese lei.
-perché sembri un topino che squittisce…- disse lui come se un topino che squittisce fosse la cosa più dolce del mondo.
Lei però non si sentì offesa, anzi...
-molto gentile!- disse lei non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso.
Lui le sorrise soffermandosi un attimo a osservarla, e, di nuovo, quel sorriso la colpì dritta al cuore.
-sai che hai un sorriso bellissimo?- disse lei.
Lui abbassò la testa e si voltò, avrebbe potuto ancora vedere un po’ del suo viso se i lunghi capelli non fossero caduti davanti alla faccia, era timido?
A lei non sembrava proprio un ragazzo timido.
-scusa, forse non avrei dovuto…- disse lei per capire se la sua reazione era dovuta alla timidezza o ad altro, e dalla sua risposa capì che sì, la sua reazione era dovuta alla timidezza.
-no, sei molto dolce.- disse, e poi si voltò con due piatti in mano.
-È pronto! Vieni a tavola?- chiese sorridendo appoggiando i piatti sul tavolo, non vicini, ma uno di fronte all’altro, così che lui potesse osservare i suoi occhi e il suo viso senza girarsi.
Lei si sedette davanti a lui e iniziarono a mangiare, l’unico rumore era quello delle posate contro il piatto e dell’acqua che di tanto in tanto veniva versata nei bicchieri.
Malgrado tutto quello non fu un silenzio imbarazzante, nessuno dei due si sentiva obbligato a parlare, a loro andava bene così, in silenzio, cullati da quei rumori e dalla musica in sottofondo che era stata abbassata a un tono quasi inudibile se avessero iniziato a parlare, ma così non fu, e quando ebbero finito Vic buttò tutto nel lavandino mentre lei lo aiutava a pulire il tavolo.
-vuoi andare a casa o ti va di vederci un film?- chiese lui quando si ritrovarono seduti sul divano a far niente, la TV era stata spenta e in sottofondo c’era solo il ronzio del frigorifero.
-non mi va di tornare a casa, è troppo vuota e grande per me da sola, ci possiamo vedere un film…- rispose lei unendo le sue mani.
-okay… lo cerchiamo su PC? Qual0è il tuo film preferito?- chiese lui.
Lei non esitò a rispondere, sapeva benissimo la risposta, infatti sperò di non essere presa in giro.
-Single By Contract!- lui sembrò pensarci un attimo, ma non rise.
-non ne ho mai sentito parlare… come mai è il tuo preferito?- chiese.
-beh… se lo vediamo capirai perché, e poi… la protagonista ha il mio nome!-
Lui non se lo fece ripetere due volte, le diede in mano il computer per cercare il film mentre lui preparava i pop corn con il burro.
Venti minuti dopo erano seduti insieme, con le braccia che si toccavano e un’insalatiera piena di pop corn. Quando capì di cosa parlava il film iniziò a tranquillizzarsi.
-ho capito perché è il tuo film preferito.- disse.
Il film parlava di questa ragazza tedesca, Lila, che dopo aver passato un anno a studiare in una remota cittadina Texana trova la sua vita stravolta,. Sua madre ha trovato un altro uomo e sua sorella si è innamorata di una band proprio del luogo chiamata “Berlin Mitte” che Lila non conosce, proprio quei ragazzi sono in tour lì e lei ha la fortunata sfortuna di incontrare il cantante.
Come ogni brava cenerentola non perde la scarpetta ma il cellulare, e lui lo trova e glielo riporta a casa sua, da lì decidono di uscire insieme quel pomeriggio perché la mamma e la sorella di lei sono andate a passare due giorni fuori città, a lui piace il fatto che lei non sapeva minimamente chi fosse, e quando lo scopre lui viene portato via dal manager e sua sorella inizia ad odiarla perché non le aveva detto niente.
Da lì iniziano una serie di incontri che non vanno a finire molto bene, neanche quando lei va al concerto e lui decide di farsi perdonare dedicandole una canzone che aveva scritto apposta in quei giorni pensando a lei; lei lo perdona e passano il resto della notte insieme, infatti lei racconta la serata alla sua migliore amica, e sua sorella sente e decide di raccontarglielo alla sua compagna di classe e quindi si instaura tutto un vociare e la notizia arriva ai giornali e alle TV, al che lui, Chriz, si sente tradito perché pensa che sia stata lei a raccontarlo in giro, e per quella cosa lui potrebbe finire nei guaii perché nel suo contratto c’è scritto che deve stare single.
Così, anche quando lei si scusa lui la allontana, succedono diversi casini, lui smentisce tutto dandole della bugiarda, e tutti iniziano ad additarla come tale; la sorellina, sentendosi in colpa, decide di affrontare Chriz dicendole che era stata lei a tradirlo e non Lila, lui ci crede e va da Lila per scusarsi per dirle che vuole stare con lei, ma lei decide di lasciarlo andare e se ne va.
A questo punto Vic urla dietro alla tizia del film e Lila è in lacrime, l’aveva visto un casino di volte, ma ogni volta era come la prima; quando Vic si accorge che la sua Lila sta piangendo non sa bene che fare, mette da parte l’insalatiera ormai vuota e mette un braccio attorno alle spalle della ragazza, lei all’inizio si sorprende, ma poi si accoccola sulla sua spalla e anche lui si rilassa.
Il film va avanti e finisce troppo in fretta.
Nessuno dei due si mosse però, lasciarono finire i titoli di coda e lo streaming si eclissò da solo. Lei non si era accorta di aver tirato anche i piedi sul divano, così da essere quasi sdraiata su di lui, e a quanto pare a lui non importava...
La strinse più forte a sé e lei chiuse gli occhi godendosi quel momento, il momento più felice da anni!
-anche tu russi?- chiese lui sorridendo, lei scoppiò a ridere.
-beh anche tu sei una rock star, quindi che io russi o no tu riusciresti a dormire comunque…- rispose ridendo.
-io ero una rock star… non credo di essere ancora abituato sai…-
-Vic ti posso fare una domanda?- chiese lei alzandosi per guardarlo bene negli occhi.
-certo, dimmi pure…-
-perché non ci riprovate? Insomma… i vostri fan li avevate, la vostra musica era spettacolare, la gente dimentica…- lui scosse la testa.
-la gente non dimentica Lila… tu ne sei l’esempio, mi odi ancora per quello che è successo e…-
-se vuoi, puoi… senti… mia nonna mi ha sempre detto che non importava quello che facevo se riuscivo a rimediare successivamente, le persone hanno bisogno di qualcuno su cui contare, ti riapriranno le braccia, Vic, insomma, tu e Jaime insieme siete una forza della natura! E Tony che è praticamente il miglior chitarrista esistente? E poi Mike… dio, è così sexy quando suona…-
-ah sì eh… Mike è sexy?- chiese facendo il finto offeso…
-oh dai, sai che voglio dire…-
-Lila, non è facile!-
-dimostragli che sei cambiato! Dimostra a tutti che sei un’altra persona! Io credo in te e non penso che i tuoi amici ti dicano di no! Insomma, non conosco bene tutti di persona, ma sono certa che anche a loro manca il successo, la gloria.-
Lui annuì, la capiva eccome!
-ci penserò.- rispose.
Lei sorrise e si avvicinò per dargli un leggero bacio sulla guancia, al che lui pensò ancora alle sue labbra, così morbide e carnose, contro la sua pelle erano state così delicate!
In quel momento la luce del monitor del computer si spense lasciandoli al buio, e si resero conto che il sole era calato e che quella era l’unica fonte di luce, malgrado un po’ di luce artificiale che proveniva da fuori…
Lei si sdraiò sul divano come se fosse a casa sua e lui sorrise.
-sei stanca?- chiese gentile accarezzandole la gamba che era proprio vicino a lui.
-molto! Ho avuto una brutta giornata, una di quelle che passi chiusa in casa a disperarti, meno male che ci sei tu! Anche se più che brutta giornata è brutta vita!- disse sorridendo, ma lui non lo trovò divertente.
-come mai l’intera vita?- chiese curioso.
-perché la mia vita fa cagare Vic, un giorno te lo racconterò.- lui annuì pensando a quello che avrebbe potuto fare per lei.
-vuoi dormire qui?- chiese sperando in una risposta affermativa.
Lei ci pensò un attimo, in fondo non avrebbe dovuto… però… lui era Vic Fuentes accidenti! Come potevi rifiutare un suo invito a dormire anche solo sotto lo stesso tetto? E poi le sue mani le stavano ancora accarezzando la gamba, il che stava diventando strano in senso buono.
-okay, ma non ho un pigiama e…-
-chi dorme più con il pigiama? Vieni di là con me, ti presto una mia maglia, dovrebbe essere abbastanza grande, e il letto è grande per due, a meno che vuoi che dormo qui, e allora lo capirei.- non riuscì a vedere la luce nei suoi occhi, però da come aveva abbassato la testa gli sarebbe piaciuto dormire con lei.
-se sto qui è perché sola non voglio stare Vic, puoi rimanere con me nel letto… non mordo, non scalcio e non tiro pugni… ma non sono una facile quindi a qualsiasi cosa tu stia pensando smetti subito!- disse puntandogli un dito contro, sorridendo.
-io non stavo pensando a niente!- disse lui ridendo, alzando le mani da innocente.
Insieme si alzarono dal divano e lui la condusse nella sua stanza, stranamente ordinata anche se il letto era disfatto, lui aprì subito l’armadio e tirò fuori una semplice maglia nera e la porse a lei.
-non ho maglie enormi, ma questa è la più grande che ho, e tu sei più piccolina di me, quindi ti dovrebbe andare bene.- disse lui.
Lei prese la maglia.
-senza offesa, ma posso andare a cambiarmi in bagno?-
-oh, sì certo!- disse lui, e lei uscì dalla stanza dirigendosi in bagno.
Entrata si chiuse la porta alle spalle e iniziò a spogliarsi impilando in modo ordinato i suoi vestiti, si guardò per un attimo intorno, il bagno era piccolo ma molto ordinato, malgrado ci vivessero due uomini.
Senza pensarci troppo indossò la maglia di Vic e si guardò allo specchio, aveva i capelli completamente disordinati, usando le mani come pettine si fece una veloce coda di cavallo alta, poi si diede un ultimo sguardo allo specchio, come se potesse rimediare molto, e uscì dal bagno portandosi dietro i vestiti.
Entrando in camera vide Vic già sdraiato nel letto a petto nudo, appena avvertì la sua presenza la guardò.
Le cosce carnose gli facevano sognare un sacco di cose proibite, se Lila fosse stata un’altra persona era già nel suo letto, e non per dormire.
-non copre molto, lo so… ma tanto dobbiamo dormire.- disse lei leggermente imbarazzata del fatto che i suoi occhi erano ancora fissi sulle sue gambe, come se lei non fosse rimasta senza respiro vedendo lui, non aveva certo un fisico palestrato, ma a lei piaceva così tanto!
Appoggiò i vestiti su una sedia posta a un angolo della stanza e si sdraiò con lui nel letto, all’inizio l’imbarazzo si sdraiò insieme a loro, ma più presero confidenza, più l’imbarazzo spariva lasciando posto al desiderio.

*note autrice*
allllllora! :D
come va fino a qui? penso che abbiate capito tutti che il sesto capitolo è diviso in due parti, e mi piacerebbe sapere come sto andando dato che siamo a metà strada... ci stiamo dirigendo verso la fine dato che mancano più o meno altri 6 capitoli... 
peri il resto niente... ah! ho pubblicato una OS sugli SWS o meglio, Su Kellin, vi lascio qui il Link se volete leggerla e magare lasciare un commento, mi piacerebbe molto! :D
La OS si chiama "Lisa",  e la potete trovare qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3234709&i=1
a giovedì! :D
Laly :3
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Don’t Let ‘Em Say You Ain’t Beautiful, They Can All Get Fucked ***




6.2 – Don’t Let ‘Em Say You Ain’t Beautiful, They Can All Get Fucked

 
Come può essere divertente a volte, pensi che una persona non possa più sorprenderti e invece ogni volta lo fa, chi in peggio, chi in meglio.
Vic Fuentes la stava sorprendendo in meglio.
Lei per un certo periodo l’aveva odiato davvero al ragazzo che ora era nel letto insieme a lei, si era convinta di odiarlo, ma la sua testa, il suo cuore e il suo corpo, quando sentivano la sua presenza, si comportavano come se fosse ancora quella ragazzina di dieci anni che amava da morire il suo sorriso.
-posso farti una domanda?- chiese lui.
-certo dimmi!- rispose lei voltandosi con tutto il corpo verso  di lui.
Era tutto buio intorno a loro, l’unica fonte di luce proveniva da una lampadina piccola sul comodino del ragazzo, che, illuminandolo da dietro, gli costruiva intorno un’aura luminosa, come se fosse un angelo… 
Uno di quelli buoni però, tipo Castiel meno omosessuale.
-come mai vivi solo con tua nonna?-
-le non mi giudica… in realtà siamo rimaste sole quando avevo quindici anni… in effetti la storia è molto divertente.- disse lei sorridendo, non sapeva bene cosa la faceva ridere di quella storia, forse il suo corpo reagiva così perché era stanco di stare male, ma a pensarci era parecchio triste la cosa.
-cosa c’è di divertente?- chiese lui confuso, non riusciva a capire.
-vedi… mio padre è morto quando avevo 12 anni, non che tenessi molto a lui eh, ma preferivo lui a mia madre, il fatto è che quando morì lasciò un grande vuoto nel cuore di mia madre, ma malgrado la capissi non riesco ancora ad accettare il fatto che è stata così debole e incapace di continuare la sua vita… qualche anno dopo mi alzai presto la mattina per andare a scuola, accesi la TV che era sul telegiornale e stavo per cambiare quando hanno… quando hanno inquadrato te Vic, rimasi a osservare le immagini della tua violenza, i tuoi occhi e il tuo sorriso maligno, e quello che dissi alla fine… andai a scuola che mi stava scendendo ancora qualche lacrima. Questo ragazzino, un mio compagno, mi prese in giro per tutto il giorno, alla fine della scuola lo beccai fuori e gli diedi un bel pugno, quasi gli spaccai il naso, ma lui era pronto e mi arrivò un pugno diretto nell’occhio, poi scappò con la coda tra le gambe, io tornai a casa a piedi come sempre, volvevo solo essere lasciata in pace… avevo passato una brutta giornata e volevo solo nascondermi, ascoltare i Pierce The Veil e dimenticare quanto stavo male dentro, quando entrai mia mamma era ubriaca, di nuovo, e vide l’occhio gonfio, quando le dissi cosa era successo mi picchiò, mi ricordo che mi diede una sberla così forte da farmi cadere atterra e stordirmi, ma a lei non bastava, mi tirò su dal pavimento strattonandomi il braccio così forte che mi bloccò la circolazione, e mi diede un’altra sberla ma ormai non sentivo più niente. Riuscii a liberarmi e a urlarle che la odiavo, la mattina dopo lei era morta.- a quei ricordi le sue mani stavano iniziando a tremare, lei doveva bloccare il tutto prima che iniziasse seriamente.
-mi dispiace Lila… e da quel momento vivi con tua nonna?-
-non ti devi dispiacere… è tutto finito… sì vivo con lei da quel giorno.-
-non farti dire da nessuno che non sei buona abbastanza, che non sei bella, che sei troppo poco, manda a fanculo tutti e vai avanti… promettimelo.
Lei voleva rispondergli, ma si sentiva impossibilitata a parlare, in un secondo il suo apparato respiratorio smise di funzionare, le sue mani, il suo intero corpo erano coperti da spasmi, non voleva fargli vedere tutto quello, non le capitava da anni un attacco così forte da non riuscire a calmarsi.
A cosa le serviva in quel momento un attacco di panico?
Sentiva la voce agitata di Vic che le chiedeva che stava succedendo, ma non riusciva a rispondere, lui non sapeva che fare.
Mike che era appena tornato insieme ad Alysha entrò nella stanza chiedendosi che cosa stava accadendo.
Alysha prese in mano la situazione, mandò Mike a bagnare uno straccio per portarglielo, Vic si allontanò, incapace di fare qualsiasi cosa rimase a osservare le mani di Alysha che si muovevano sicure intorno a Lila, Mike tornò con lo straccio subito dopo.
Lei lo prese e si sedette accanto a Lila, in quel momento vide quello che non avrebbe dovuto, il suo polso viola.
-Vic chi è la persona che le sta più a cuore?- chiese lei.
-penso…- Mike lo interruppe.
-è proprio Vic, Ali…-
Lei tornò ad osservare la ragazza e fece pressione sul polso tumefatto così da farla concentrare su quel dolore, e funzionò, piano piano il suo corpo si fermò, era ancora in Black Out però quando Alysha le si avvicinò di più.
-Vic ti sta aspettando qui tesoro… torna e tranquillizzati, fallo per lui…- continuò a ripeterle quelle parole nelle orecchie finchè non si calmò, rimase immobile con gli occhi chiusi, ma tranquilla.
-Mike vai a prendere un po’ di acqua fredda e zucchero, ne avrà bisogno quando si sveglierà.- ordinò, poi si alzò e andò verso Vic.
-ma che diavolo è successo?- chiese lui ancora confuso dalla situazione.
-Vic, ha avuto un attacco di panico… molto forte, senti… io non vorrei dire niente, però ti chiedo solo di osservarle il polso destro ora, finchè è priva di conoscenza.- disse, lui annuì e si mosse verso di lei lasciandosi Alysha alle spalle, si sedette sul letto accanto a lei e Mike tornò con l’acqua, successivamente uscirono insieme ricordando a Vic che per qualsiasi cosa loro erano nella stanza accanto.
Vic le tolse dal petto il panno lasciandolo cadere atterra e la coprì di nuovo con la maglia per darle un po’ di privacy, malgrado avesse avuto tempo per osservare il suo corpo meraviglioso, poi fece quello che le aveva detto Alysha, le prese la mano destra e la voltò mostrando l’interno del polso quando vide quel polso lacerato gli vennero in mente tanti, troppi brutti ricordi, e quasi pianse dal dolore che sentì al petto, ma riuscì a trattenersi.
Per dare un po’ di libertà a quel polso le tolse piano tutti i bracciali che aveva e iniziò ad accarezzarglielo, lì vide che lei iniziava a muoversi.
-Lila?- chiese piano.
-scusa…- sentì dire debolmente, a lui uscì un sorriso.
-e di cosa? Stai bene ora, no?- chiese lui sorridendo, ma lei non sorrise, si era accorta di quello che stava facendo lui e immediatamente ritirò il braccio coprendosi il polso, poi lo guardò, ma lui non si diede per vinto, riprese il braccio e le baciò il polso.
-non ti devi vergognare, fa parte di te, e posso capire, però ora ci sono io, non ne hai più bisogno.- lei quasi pianse.
-Grazie Vic.- rispose semplicemente.
-ecco tieni…- disse lui porgendole il bicchiere, lei bevve quasi fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto prima di morire, poi diede il bicchiere a Vic che lo rimise al suo posto.
-Vic… ti posso chiedere un favore?- quando lui annuì continuò. –ti sdrai qui e mi abbracci?-
Lui non se lo fece ripetere due volte, si sdraiò e la strinse a sé, non troppo forte, al punto che i loro corpi sembravano uno, era una sensazione così bella e stranamente a Vic piaceva.
-sai… il tuo polso non è l’unica cosa che desidero baciare...-  le sussurrò lui nell’orecchio.
Il suo respiro caldo sul collo, le sue braccia strette appena sotto al seno, era tutto troppo e alla sua voce roca e delicata quasi si lasciò scappare un gemito, ma si trattenne e prima di parlare si chiarì la gola.
-e cos’altro vuoi baciare eh?- chiese muovendosi per stare più comoda tra le sue braccia.
I loro corpi che strisciavano uno contro l’altro non furono un piacere solo per Vic, ma anche per lei, che chiuse gli occhi e serrò la bocca per non emettere suoni.
Lui non fu così educato invece, dalla sua bocca uscì un leggero rumore grottesco molto eccitante.
-Tutto.- disse, e lei giurò che se fosse stato un vampiro in quel momento avrebbe ringhiato così forte da far tremare le pareti della casa.
Lei si schiarì nuovamente la gola.
-e allora fallo!- disse lei.
Lui non se lo fece ripetere due volte, iniziò a baciarle il collo delicatamente, la maglia era così accollata che più giù non poteva scendere, quindi si accontentò di quel lembo di pelle che, preso dalla foga, iniziò a succhiare, fece scendere la mano al suo bacino e la spinse di più contro di lui, al che lei non si trattenne, le uscì un gemito così eccitante che Vic pensava che sarebbe impazzito quella notte, perché sapeva che non sarebbero andati più in là di così.
Eppure lei fece una cosa che lo sorprese, quando lui si staccò dal suo collo, lasciando una macchiolina viola lei si voltò a guardarlo e unì le loro bocche.
Eccolo cazzo!
Finalmente, quel contatto tanto agognato arrivò e non fu come se l’era immaginato, fu almeno cento volte meglio, le sue labbra carnose si univano perfettamente a quelle di lui, tanto che sembravano disegnate apposta per stare insieme.
Si capì subito chi comandava, perché lei si staccò e lo spinse per farlo sdraiare sulla schiena, poi si mise a cavalcioni sopra di lui, che gemette nuovamente quando si tolse la maglia lui rimase a osservarla, quell’immagine fece crescere ancora di più in lui il desiderio, voleva averla, quando poi lei inarcò la schiena per rifarsi la coda alzando i capelli e muovendosi sora di lui, si lasciò andare in un altro gemito.
Lei si pierò per tornare a baciarlo, quell’immagine afrodisiaca di lei inarcata sopra di lui lo fece impazzire a tal punto che non riuscì neanche a slacciarle il reggiseno, glielo strappò via facendo volare i gancini, ma poco importava, quando vide i suoi seni scoperti gemette nuovamente.
Quello che fecero successivamente non fu così importante non si buttarono nell’atto completo, malgrado la voglia, da entrambe le parti, fosse ben presente, lei era vergine e lui ancora non voleva prendere quella parte di lei, sarebbe successo più avanti, avevano concordato.
Non c’era stato l’amore, o il sesso, come lo chiamano tutti, ma c’era stato l’erotismo che aveva fatto capire a entrambi che, malgrado tutto erano fottuti!



*note autrice*
Holaaaa! oggi non sono in ritardo! *.*
cooomunque, come va fino a qui?? vi volevo chiedere una cosa... per voi è meglio leggere se il carattere è così, ovvero più grande? 
io penso che così sia meno dispersivo, se vi va bene continuo ad usare il carattere più grande! :D
a lunedì!
Laly :3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Smile And Know I Loved You ‘Till The End ***




7 – Smile And Know I Loved You ‘Till The End
 
Era passato un giorno da quando avevano staccato la spina a sua nonna, un giorno nel quale lei era stata impegnata ad organizzare il funerale.
Si era presa una settimana di malattia al lavoro, e anche Vic non era più andato per starle vicino, e lei l’aveva ringraziato tantissime volte tra un pianto e l’altro, se non ci fosse stato lui probabilmente non sapeva come sarebbe andata avanti.
Quel pomeriggio c’era il funerale, quando Lila vide tutte quelle persone che le facevano le condoglianze non volle credere ai suoi occhi.
Lila era stretta a Vic mentre tutti passavano e le ricordavano quanto sua nonna fosse amichevole, simpatica, c’era chi anche ricordava gli ultimi momenti passati con lei, c’era chi le diceva che sua nonna parlava sempre di quanto lei fosse speciale e dolce, e ora potevano constatarlo coi loro occhi.
Più racconti sentiva più si sentiva felice, sua nonna non l’aveva mai fatta entrare in quel circolo, sapeva che usciva e che si incontrava dei vecchietti, ma non aveva mai conosciuto nessuno di loro.
Finito il funerale tornarono a casa di Lila, lei era esausta.
-vai in camera tranquilla…- le disse lui una volta entrati.
-tu vieni con me, non voglio stare sola.- insieme salirono le scale e lei gli fece strada per la sua camera.
-hai una casa molto grande!- disse lui.
-sì… ma domani ho l’appuntamento con l’agenzia, devo venderla e prenderne una che posso pagare!- disse lei sedendosi sul suo letto e togliendosi le scarpe con fatica.
Lui si sedette accanto a lei che si sdraiò appoggiando la testa sulle sue gambe, lui prese ad accarezzarle la testa.
-Lila, se vuoi puoi venire a stare un po’ con me e Mike! Almeno finchè non trovi qualcosa di decente, e se non voi stare sulle nostre spalle puoi pagare un po’ dell’affitto, non è molto e già ce lo dividiamo in due…-
-Vic grazie, ma non voglio essere un peso.- disse lei.
-okay, allora senti cosa faremo… vengo con te in agenzia e vediamo quando vengono a valutare la casa, prima di cercarne un’altra andiamo da un mio amico, lavora in un negozio dove vendono roba usata, andiamo da lui e ci facciamo valutare gli armadi e tutti gli oggetti che sai di poter vendere e facciamoci due conti, vediamo quanto guadagniamo e da lì vediamo che casa puoi comprare, ovviamente facendoti rimanere un po’ di soldi per coprire l’affitto…-
Lei non potè fare a meno di notare che non aveva parlato al singolare, ma al plurale, come se quella era una cosa che riguardava entrambi, come se anche lui vivesse con quei problemi, come se lui volesse stare al suo fianco sempre e a ogni passo, e la cosa le faceva più che piacere!
Lo voleva al suo fianco, aveva bisogno di lui perché senza sarebbe caduta senza più possibilità di rialzarsi, malgrado avesse perso tutto neanche il quel momento riuscì a capire la debolezza che aveva avuto sua madre, perché puoi permetterti di essere debole quanto vuoi, ma quando hai qualcuno che ti sta vicino, soprattutto quando hai una figlia che crede di poter contare su di te non puoi mandare tutto all’aria!
-Vic, sei un angelo!- rispose lei, incapace di dire altro…
-per ora però riposiamoci, ok?- lei annuì, poi alzò occhi su di lui.
-ti va di stenderti qui e abbracciarmi?- chiese.
Lui annuì e in pochi secondi erano sdraiati sul letto abbracciati, il letto di lei era a una sola piazza, quindi in due potevano stare comodi solo abbracciati, lui la strinse, facendo aderire i loro corpi quasi perfettamente.
-ehi Lila, la vuoi sapere una cosa?- chiese lui interrompendo il silenzio, lei sorrise e rispose tranquillamente.
-sì dimmi…-
-ieri mattina ho riunito i ragazzi, gli ho detto che volevo rimettere su la band e…- si interruppe.
-e…? cos’hanno detto?- lo incitò lei.
-Jaime ha urlato… erano contenti, gli ho spiegato la situazione e mi hanno detto che erano d’accordo… iniziamo con le prove e lunedì contattiamo il nostro vecchio manager sperando che ci dia una mano…- nella sua voce c’era un tono eccitato, e lei non poteva essere più felice!
-oh Vic…- disse lei incapace di dire altro, per fargli capire quanto era felice appoggiò le mani sulle strette sotto al suo seno e le strinse forte.
-Lila… ti devo chiedere una cosa però.- disse lui pieno di felicità ma molto serio.
-mi devo preoccupare?- chiese lei.
-nono! Ma va! Solo… tu mi hai spinto a fare questo passo, ti voglio accanto in ogni momento… insomma, voglio averti nella mia vita Lila!-  disse lui.
Lei non sapeva che rispondere, lasciò andare le sue mani e lui allentò la presa sul suo corpo permettendole di voltarsi a guardarlo, lui si stava mordendo il labbro, chiaramente agitato.
-Victor Fuentes, tu mi stai chiedendo di essere la tua ragazza per caso?- chiese lei rimanendo seria.
-beh… per caso… sì, non sei obbligata eh! Ci conosciamo da poco ma… insomma, va beh lascia stare ho detto una cazzata!- disse lui abbassando gli occhi.
Lei sorrise a tanta dolcezza, perché dire di no? Perché non far succedere una cosa che tanto sarebbe successa comunque? Si avvicinò al suo viso e gli lasciò un piccolo bacio sulle labbra, al che lui tornò a guardarla.
-io voglio essere la tua ragazza!-
Lui aspettò un attimo prima di festeggiare, giusto il tempo di afferrare quello che era successo, e giusto da capire che lei non gli stava mentendo.
-sono così felice! E tu mi piaci così tanto!- disse lui mettendo una mano sul viso di lei.
Si guardarono attentamente prima di avvicinarsi per far toccare le loro labbra, gli bastò quel tocco per capire che non avrebbe voluto mai lasciarla andare.
-saresti piaciuto a Nana sai?- disse lei quando si staccarono.
-beh, ne sono onorato. Voglio che sappia che adorerò la sua bambina con tutto me stesso! E farò di tutto per renderla felice!- disse lui facendola sorridere.
-sono così felice e meno sola da quando ho te!- disse lei osservandolo, lui le sorrise, e a lei venne in mente una domanda, o meglio, più domande che le giravano per la testa da cinque anni.
-Vic posso farti delle domande?-
-certo, dimmi!- rispose sorridendo.
-cos’è successo dopo? Intendo dopo che ti hanno arrestato… nessuno ha più detto niente e io…beh capisci no?- chiese, forse lui era ancora provato da quei momenti, e forse non avrebbe dovuto fargli quella domanda, infatti il suo sorriso sparì.
-ho passato l’intera notte in carcere, ma, fortunatamente, quel fotografo non sporse denuncia nei miei confronti, ricordo che loro continuavano a parlarmi ma io non è che capissi molto, così chiamarono mio fratello e lui chiamò mia madre, sapevo di aver mandato tutto a puttane e il mio cervello si chiuse in sé stesso. Da quel momento rifiutai tutto, le persone che mi volevano aiutare le allontanavo, Mike non mi guardò più in faccia e in un mese smisero tutti di combattere per portarmi indietro, ero diventato uno scheletro, e fu lì che mia mamma decise di chiudermi in una casa psichiatrica, rimasi dentro a crogiolarmi nel dolore fin quando capii di non essere come quelle persone, io potevo combattere e potevo riguadagnarmi la fiducia di tutti… uscii due mesi dopo, Mike mi accolse nella sua casa e sotto consiglio del dottore scegliemmo un giorno nel quale ci saremo visti tutti e quattro insieme, e lo facciamo tutt’ora!-
Lei rimase senza parole e si sentì subito il colpa per quello che gli aveva fatto, e anche per aver pensato che quel dolore gli avrebbe fatto bene.
In quel periodo Vic aveva sofferto abbastanza per tuttala vita!
-Mi spiace Vic…- rispose lei.
-beh, ora si è risolto tutto... e poi ora ho te!- disse avvicinandosi a baciarlo, lei ricambiò il bacio.
Parlarono a tratti per un po’, finchè lei non riuscì ad addormentarsi e poco dopo la seguì anche lui.
Quando la mattina successiva Vic si svegliò si alzò dal letto attento a non svegliare Lila, poi andò in bagno e si lavò indossando i vestiti del giorno prima perché non aveva cambio, tornò in camera e, ancora molto attento a non far rumore, scrisse poche parole su un foglio di carta e poi uscì, non solo dalla stanza ma anche dalla casa.
Tirò fuori il telefono dalla tasca e guardò l’orario, notando che era ancora relativamente presto chiamò Jaime che rispose praticamene subito anche se sembrava che si fosse appena svegliato.
-ciao J! Come va?- chiese Vic appena rispose.
-tutto apposto penso, considerando che mi sono svegliato dieci minuti fa… te?- ecco spiegata la voce.
-io sto molto bene, Grazie!- rispose Vic, e in quel momento gli spuntò un sorriso ebete, lo sapeva, ne era consapevole, ma non riusciva a farne a meno.
-va beh ok, ma come mai mi chiami alle sette del mattino? È successo qualcosa?-
-senti, facciamo così, tra dieci minuti sono da te, scendi che andiamo a fare colazione, ti va?- chiese Vic sperando in un bel sì.
-mi ci vuole almeno un quarto d’ora amico, va bene lo stesso?- Vic sentì un fruscio, probabilmente Jaime si stava alzando dal letto.
-okay dai, ti saluto almeno fai più in fretta.-
Si salutarono e vic rimise il telefono in tasca, malgrado tutti quanti fossero dei ritardatari cronici, Vic dieci minuti dopo era sotto casa del suo amico e lui cinque minuti dopo il suo arrivo era fuori casa, iniziarono a camminare diretti al bar, parlando di come andava e anche di Lila, davanti al caffè Vic gli fece la domanda.
-senti Jaime, ho bisogno che mi fai un favore.- chiese, sapeva che non gli avrebbe mai detto di no, ma aveva timore lo stesso.
-okay, spara!- disse tranquillo, sorridendo.
-Lila deve cambiare casa, e io le ho detto che tu saresti potuto venire a fare una specie di valutazione per tutto quello che vorrebbe vendere, puoi farlo?- chiese in tono quasi supplichevole.
Jaime guardò il suo amico negli occhi, non si poteva negare che era al culmine della felicità, ma, in qualche modo, quel tono supplichevole aveva dentro anche un qualcosa di triste, che fosse triste per lei?
-come faccio a dirti di no?- chiese.
-e poi sarebbe il mio ultimo affare, forse, quindi sì dai!- continuò.
-grazie mille!- disse stringendogli la mano per un nano secondo.
-okay, facciamo così, io tra un’ora devo iniziare a lavorare, lo dico al capo così viene anche Lucas che è più esperto, verso le dieci siamo lì, va bene?-
Vic annuì, gli diede l’indirizzo di casa di Lila e si salutarono, poi tornò a casa sua, si cambiò e uscì nuovamente per andare a casa di Lila.
Erano le otto e mezza quando Lila si svegliò, non trovando Vic accanto a sé si spaventò, pensò subito al peggio e quasi si agitò prima di notare il bigliettino appeso alla porta della  sua stanza, si alzò dal letto lentamente e prese il foglietto mettendo a fuoco le lettere per riuscire a leggere, in una calligrafia disordinata, forse dovuta al buio, Vic aveva scritto poche e semplici parole.
Mi vedo con il mio amico, se ti svegli prima che torno non fare colazione!
Ti porto io qualcosa.
Baci, V.
Lei sorrise e si tranquillizzò, anche se quelle poche parole le fecero quasi salire le lacrime agli occhi, ma era vero tutto quello, era solo un sogno?
Lila approfittando dell’assenza di Vic si mise sotto la doccia e si lavò velocemente, quando uscì le bastò asciugarsi, vestirsi e pettinarsi i capelli.
Uscì dal bagno lasciando la porta e la finestra aperta per far uscire l’umidità che si era creata.
Poco dopo tornò Vic, con in mano un sacchettino bianco, non troppo piccolo, e nell’altra quello che sembrava una tazza di caffè da portare via.
Non pensava di essere mai stata così felice.
-Vic…- disse lei incapace di dire altro.
Lui in risposta appoggiò tutto sul tavolo davanti a lei e andò ad abbracciarla, lei lo strinse forte per fargli sentire tutta la sua gratitudine, quel semplice contatto la fece schizzare direttamente verso il cielo, e lì rimase osservando le nuvole perfette intorno a lei, perché da quel momento, tutto fu perfetto nella sua vita.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Such A Perfect Day, You Just Keep Me Hanging On ***




8 – Such A Perfect Day, You Just Keep Me Hanging On
 
-ci possiamo lavorare su!- disse Jaime Preciado osservando per la seconda volta gli oggetti esposti nella grande sala.
Quando Jaime aveva bussato alla sua porta era rimasta sbalordita, ovviamente si aspettava due amici di Vic, ma non si sarebbe mai aspettata che uno dei due fosse il grande Jaime.
Lui le era sempre stato simpatico, non perché prestasse molta attenzione a quello che dicesse eh, ma perché, con i suoi modi di fare, sembrava più il migliore amico di tutti piuttosto che un membro di una band Rock.
In più era simpatico, se si prestava attenzione a quello che diceva, e la simpatia nei ragazzi oggigiorno te la potevi scordare!
Jaime era una benedizione per il genere umano, se qualcuno avesse sentito i suoi pensieri probabilmente avrebbe pensato che era pazza, ma Jaime per lei era il fratello e il confidente che non aveva mai avuto, ora come ora però, con un po’ di complicità da parte di Vic poteva almeno provare a diventare sua amica.
-beh avete fatto qualche conto? Quanto sarebbe più o meno?- chiese Vic interrompendo il flusso dei pensieri di Lila.
-beh, sono circa duemila e cinquecento dollari, ma se è intenzionata a vendere anche il grande armadio in camera da letto possiamo arrivare anche a più di tremila dollari, però è lei che deve decidere…-  anche solo la prima cifra le fece mancare il fiato, la seconda poi!
Con quella somma di denaro avrebbe potuto pagare il debito con l’ospedale, dare un anticipo per l’affitto della nuova casa e tenersi qualcosa per lei, non aveva mai contrattato con somme così alte, sì, la casa era molto grande, e sì, lei pagava le bollette e comprava tutto quello che serviva, ma i pochi soldi che guadagnava col lavoro e i soldi della pensione di sua nonna bastavano anche per concedersi qualche vizietto di tanto in tanto, tipo concerti o libri o semplici CD.
Forse, grazie a Vic avrebbe potuto continuare a vivere quella vita, in una casa più piccola, certo! Però anche solo il pensiero di poter andare a un altro concerto la faceva sentire più viva.
Non si era mai sentita così, stava bene, e quella sensazione di benessere si era insinuata dentro di lei, tutto grazie a l’uomo che l’aveva abbandonata, tutto grazie all’uomo che, forse, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto chiamare suo marito.
Ci sperava così tanto!
-Lila?- la richiamò Vic.
-sì… ehm… l’armadio… l’armadio potete prenderlo…- disse schiarendosi la gola.
Era uno strazio liberarsi di tutte quelle cose, ma prima succedeva, prima sarebbe stata pronta a dare il benvenuto alla sua nuova vita.
-allora oggi iniziamo a portare via le cose che non ti servono urgenti ok?- chiese l’altro ragazzo del quale Lila non aveva afferrato il nome, ma le sembrava scortese richiederlo.
Lei annuì e basta, aspettando che andasse avanti a parlare.
-pian piano che ci hai fatto vedere le cose ho scritto una lista, potresti leggerla e segnare con una crocetta quello che puoi darci subito?- lei scosse la testa, non perché non fosse d’accordo, infatti fu subito pronta a spiegare.
-niente di questo mi serve, potete portare via tutto anche subito.- spiegò, malgrado la sua voce tremasse era convinta di quello che stava dicendo.
-okay, allora facciamo così, iniziamo a portare via le cose più grandi, nel pomeriggio passiamo a prendere le altre cose, va bene?- chiese Jaime, sentire la sua voce a pochi centimetri di distanza fu spettacolare, e sapeva che ogni volta sarebbe stato così.
Lei annuì senza dire niente, poi guardò Vic.
-tu gli dai una mano?- chiese.
-io…- iniziò Vic, ma fu subito interrotto.
-no, lui non ci aiuta…- disse il ragazzo.
Poco dopo loro due erano seduti in sala mentre osservavano i due portare i mobili in giro per la casa.
La casa era sempre più spoglia, e lei si sentiva sempre più sola, le bastò avvicinarsi di più contro il corpo caldo di Vic per togliere di mezzo quella sensazione, sapeva di non essere più sola.
-che hai?- chiese lui stringendola contro il suo petto.
-niente, mi sento sollevata.- rispose lei alzando gli occhi su di lui, in risposta lui sorrise e le diede un dolce bacio sul naso che la fece sorridere.
Si voltò verso i ragazzi e vide Jaime che li osservava attento, con un sorriso comprensivo, chissà se aveva qualcuno nella sua vita da trattare come Vic trattava lei.
Quando ebbero finito, e lei Vic rimasero soli erano quasi le due del pomeriggio.
-ti va di mangiare?- chiese lui in un tono che non ammetteva un “no” come risposta.
Lei annuì e poco dopo erano in cucina a mangiare un panino ripieno di tutto quello che avevano trovato in frigorifero.
Ridevano e scherzavano tanto che quasi Lila sputò un pezzo del panino in faccia a Vic.
Lui continuava a non capire come lei facesse a trovarlo così divertente, non si era mai ritenuto una persona simpatica, soprattutto non ultimamente… che lei gli facesse un buon effetto?
Sicuramente doveva essere così, non si ricordava di essere mai stato così simpatico, in effetti era sempre col broncio quando era più giovane, e, se sul suo volto compariva un sorriso era un sorriso di sfida.
Qualcosa stava cambiando, Vic lo sentiva, e non stava cambiando solo il suo carattere, stava cambiando tutto di lui, non pensava più di essere fallito, solo un po’ sfigato, non pensava più a quanto odiasse il mondo e sé stesso, perché adesso aveva qualcuno da amare, e non era sé stesso, non era Mike, o chi altro, era quella ragazzina.
Perso nei suoi pensieri, osservava Lila e i suoi gesti fenetici, il suo sorriso, e i suoi occhi fissi su di lui.
-mi sto innamorando di te.- solo dopo essergli uscite dalla bocca quelle parole presero un senso nella sua testa, non avrebbe dovuto dirglielo.
Lei si bloccò immediatamente e prese a fissarlo come se avesse detto qualche stronzata, lui, dal canto suo, non sapeva come rimediare.
Rimasero per un po’ lì così, a fissarsi, in silenzio, finchè sul viso di lei non comparve un timido sorriso.
-io ti amo già Victor Fuentes, ti amo dal primo giorno che ti ho visto dietro quel maledetto schermo, ti ho amato anche dopo la tua sfuriata anche se non volevo ammetterlo a me stessa, amo il tuo sorriso che trovo fottutamente perfetto, so che non mi sono innamorata di Vic dei Pierce The Veil, ma mi sono innamorata di quel Victor che non mi ha cacciata dal negozio, di quel Victor che ho visto tanto debole, di quel  Victor che mi ha invitata a mangiare per farsi scusare quando quella da scusare ero io, parlo di quel Victor che vive al terzo piano in una palazzina sgangherata, e che ora si trova davanti a me.- quello che le uscì dalla bocca non era per niente stato programmato.
Sapeva che quella confessione era prematura, ma quello era quello che sentiva, quello che avrebbe sempre voluto dirgli, quello che lei non aveva capito fino alla sua confessione, fino al momento in cui lui si era messo a nudo confessando quello stava provando.
Lui non rispose, non avrebbe saputo cosa rispondere comunque, si avvicinò a lei e le prese il viso tra le mani, osservandola negli occhi disse: -spero di poterti amare anche la metà di quanto mi ami tu un giorno.-
E malgrado non fosse molto a lei bastò, lui in fondo la conosceva solo da un paio di settimane, anche se aveva già visto il meglio e il peggio di lei.
Lui fece congiungere le loro labbra in un bacio perfetto, quasi le scesero le lacrime talmente era felice.
Continuarono a baciarsi, finchè lui non decise che ne aveva abbastanza, la sollevò dalla sedia, portandola in braccio fino a sopra le scale e poi appoggiandola sul letto, lei gli fece spazio e lui si sdraiò accanto a lei, la abbracciò, e, magicamente, il tempo smise di correre.
Il silenzio in cui galleggiavano era rilassante, la bolla di sapone che li racchiudeva era una bolla di perfezione, lui per la prima volta in tutta la sua vita si sentì importante, davvero, e capì che era lei che voleva accanto per il resto della sua vita; e lei invece tra le sue braccia si sentiva protetta, e non solo, malgrado ci provasse non riusciva a ricordare di essere mai stata così felice.
Il mondo era sparito, i problemi erano spariti, la casa era sparita, c’erano solo loro, insieme, nella loro bolla di perfezione sospesi nell’aria e felici.
 
Un mese dopo già abitava nella nuova casa, lui andava a trovarla finito il lavoro e lei gli faceva sempre trovare qualcosa da mangiare, ogni tanto dormiva da lei, e quando lei era a lavoro e faceva tardi era lui che le faceva trovare il cibo pronto.
Lui e i suoi amici l’avevano aiutata molto con il trasloco, aveva stretto un legame molto forte con Jaime, al quale sapeva che avrebbe potuto raccontare tutto.
Quel pomeriggio si stava preparando per andare all’incontro del sabato sera con Vic e gli altri, le avevano detto di non mettersi in ghingheri, che tanto non avrebbero fatto molto, le avevano detto che ci sarebbe stata anche Alysha che le era stata molto utile anche lei per il trasloco.
Anche se per la maggior parte del tempo loro due stavano sedute a ridere e a prendere in giro i ragazzi.
Tony aveva provato a spiegarle il perché di quegli incontri, ma aveva solo capito che a Vic facevano bene, e quando l’avevano invitata non era riuscita a dire no.
Che poi perché avrebbe dovuto?
Prima di uscire si diede un’ultima occhiata allo specchio e, quando dichiarò di essere ufficialmente pronta uscì di casa, dirigendosi, a piedi, a casa del suo ragazzo.
Era stata così fortunata che aveva trovato la casa un paio di vie più avanti alla sua, così era più semplice raggiungersi.
Infatti pochi minuti dopo stava suonando al campanello.
Quando salì la prima persona che si trovò davanti fu Mike, che appena la vide la abbracciò stretta, poi salutò Alysha e si guardò intorno.
-Vic è appena uscito dalla doccia, puoi raggiungerlo in camera se vuoi.- le disse Mike abbracciando la sua ragazza come se le avesse letto nel pensiero.
Lei allora annuì e si diresse verso la camera, aprì la porta ed entrò, poi la richiuse alle sue spalle, lui ovviamente la sentì e quello che vide la fece diventare rossa in viso, improvvisamente la raggiunse una vampata di calore e si domandò se in quella stanza facesse così caldo.
-scusa, non… Mike… oddio… scusa!- disse lei non riuscendo a formare una frase i senso compiuto.
Si coprì gli occhi vergognandosi, malgrado fosse passato più di un mese non l’aveva ancora mai visto completamente nudo, e forse era un bene dato che le faceva quell’effetto, lo sentì ridere.
-mi chiedo che diavolo hai da ridere!- chiese con tono infuriato.
-sei così… vergine.- disse lui, consapevole che altrimenti non si sarebbe vergognata così.
Si avvicinò a lei e le prese il viso tra le mani, poi le diede un piccolo bacio, al che lei si tolse la mano dagli occhi e lo osservò, lui sorrise ancora vedendo le sue guance rosse.
-sei tenera, lo sai?- chiese lui.
-e tu sei completamente nudo.- rispose lei.
-che c’è? Non ti piaccio?- chiese allontanandosi.
E lei si accorse di quanto lui fosse sicuro del suo corpo, fu lì che si perse a osservare ogni singolo particolare di lui, non aveva mai visto un uomo nudo fuori dai film, e non pensava che le avrebbe fatto quell’effetto, quando i boxer coprirono la sua intimità lei quasi volle strapparglieli via per continuare a osservarlo.
Un’altra vampata di calore partì dal suo basso ventre raggiungendo ogni parte del suo corpo, quindi funzionava così l’eccitazione?
Lui si voltò e la vide, la vide che lo osservava avidamente, mordendosi il labbro.
Chiuse gli occhi per registrare quell’immagine, e poi si avvicinò a lei.
Ma fu lei a colmare la distanza, gli portò le braccia al collo e prese a baciarlo, e improvvisamente a lui i boxer gli andavano stretti.
La prese in braccio e la spinse contro al muro, facendo combaciare i loro corpi, più lui la sentiva contro di sé più il suo corpo desiderava altro.
Quando il suo bacino si scontrò con quello di lei sì lasciò sfuggire un gemito che soffocò immediatamente mordendole piano il labbro, ma lei non riuscì e un gemito riecheggiò nella piccola stanza, probabilmente chi era dall’altra parte della porta aveva sentito, ma chissenefrega!
-oh dio Victor!- disse lei stretta contro il suo corpo mentre lui le lasciava un marchio di possessione sulla pelle appena sotto l’orecchio sinistro.
Victor. Nessuno si sarebbe mai azzardato a chiamarlo così, ma lei, cazzo…
Il suo nome intero uscito da quelle labbra quasi lo fece impazzire.
-forse dovremmo raggiungere gli altri.- le sussurrò lui all’orecchio.
-sei tu che mi hai intrappolato alla porta.- rispose lei tirando giu le gambe dal suo bacino.
Lui la lasciò andare e prese a vestirsi, poi si voltò verso di lei e prima di uscire le diede un altro bacio e le sorrise.
Uscirono dalla stanza mano nella mano, Vic si fermò al bagno, lei poteva intuire il motivo, e solo il pensiero la faceva tornare rossa in viso, così preferì non pensarci e entrò in sala, trovando lì tutti.
Appena si accorsero della sua presenza si voltarono e la fissarono, in segno che tutti avevano sentito cos’era successo in camera, e se non era diventata rossa prima, lo diventò ora.
 
Malgrado tutto la serata passò velocemente, Vic insistette per far mangiare Lila in braccio a lui, finito di mangiare avevano giocato a un gioco di società e anche lì Vic non aveva voluto lasciarla, le teneva le braccia intorno alla vita come se avesse paura di perderla e ogni tanto le mordicchiava la spalla.
L’aveva lasciata solo quando Alysha l’aveva trascinata in bagno per darle qualche consiglio.
Se quella notte fosse successo qualcosa tra di loro avrebbe saputo come fare.
Ma quel momento durò poco, quando uscirono dal bagno insistettero per vedersi un film e anche lì Vic se la portò sulle gambe, il film era San Valentino di Sangue, nessuno l’aveva mai visto tranne Lila che venne ricoperta di domande per tutto il film.
Scoprì che Alysha era l’esatto contrario di lei, mentre lei osservava tutto nei minimi dettagli e ogni tanto commentava con “figo!”, Ali si copriva gli occhi e commentava con “che schifo!”.
Alla fine del film Jaime si alzò per accendere la luce e tutti la guardarono nuovamente.
-ma sei un mostro?- chiese Vic.
-perché?- domandò lei, come se fosse strano che questo tipo di film potessero piacerle.
-insomma… prima cosa, perché hai visto questo film così tante volte?- chiese Jaime.
-perché c’è Jensen Ackles, e andiamo! A chi non piace un Jensen pazzo e creativo? E poi… dio! Ma avete visto il momento in cui la lama entra nell’occhio a quel vecchio? È il pezzo migliore del film!- dissi tutta eccitata.
-Jensen Ackles, eh?- chiese Vic.
Lila sorrise.
-seconda cosa, qual’è il tuo problema?- continuò Vic.
-perché? Insomma… io amo questo tipo di film, mi fanno sentire… invincibile, in un certo senso.- continuò lei sorridendo.
Quella conversazione durò a lungo, infatti quando Vic e Lila riuscirono a toccare il letto erano le quattro del mattino, e dormirono così, per tutta la mattina, stretti, non lasciandosi mai, sentendosi invincibili.



*Note Autrice*
ehiiiiii!dove sieteee??? susu, fatevi anche sentire, non leggete e basta! soprattutto perchè manca davvero pocoal finale, quindi... dai recensite e fatemi sapere!! :3
anyway,oltre ai soliti ringraziamenti, volevo ringraziare anche Threeara_Alex che segue la mia storia! :*
detto questo vi saluto e ci vediamo lunedì! Goodam Bye! 
Laly :3
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Welcome Back! ***




9 – Welcome Back!

 

4 Mesi Dopo

Con Vic al massimo delle forze i ragazzi erano tornati sugli schermi TV in men che non si dica, i ragazzi erano gasati, avevano scritto e inciso un CD che, con un po’ di fortuna sarebbe uscito nove mesi dopo, ora erano solo impegnati con le riprese del nuovo video musicale che avrebbe fatto da lancio.

Prima di tutto ciò, quando ancora stavano preparando le nuove canzoni e appena tre mesi prima, avevano annunciato in diretta sul Web che i Pierce The Veil erano pronti a tornare, che stavano bene e stavano scrivendo, si stavano impegnando, Vic si era scusato, aveva spiegato com’erano andate davvero le cose e aveva rivelato chi dovevano ringraziare, Lila, sempre e solo la sua Lila, non aveva rivelato niente di lei, e per ora andava anche più che bene!

All’inizio erano rimasti tutti un po’ incerti sulla situazione, ma i PTV avevano dato il meglio di sé, avevano lavorato sodo, e solo tre mesi dopo era uscita la nuova canzone, che prometteva un video stupefacente e un album ancora più bello!

Lila era fiera di loro, e anche di tutti quelli che erano Fan prima che tutto accadesse, ora erano tornati e quasi tutti volevano tornare a sostenere la band con la quale erano cresciuti che avevano fatto un errore.

Ovviamente il ritorno al successo porta anche delle brutte conseguenze brutte.

Lila si ritrovava sempre a uscire con Alysha, anche lei sola perché Mike, come tutti gli altri era troppo impegnato, avevano stretto un bel legame, ma non era come uscire con il proprio ragazzo.

Ormai stavano insieme da poco più di cinque mesi, e le poche volte che riuscivano a vedersi Vic era stanco e non aveva voglia di fare niente.

Lei non lo biasimava certo! Si vedeva anche che era stanco, ma ogni tanto era carino vedersi qualche film insieme oppure stare nel letto a coccolarsi.

Ma Vic preferiva addormentarsi sul divano guardando qualche programma schifoso oppure andare a letto e dormire semplicemente il che la faceva sentire leggermente trascurata.

Ma non glielo faceva pesare, anzi, lo sosteneva, sempre, e l’avrebbe sempre fatto.

Quella sera però era in ritardo, aveva finito tardi al lavoro, e era tornata a casa  alle otto, il tempo di cambiarsi e tornare in cucina e Vic era tornato.

-Ciao Amore!- l’aveva salutata lui.

La chiamava Amore da poco, per lei quella parola significava tanto però.

-ciao! Ho appena iniziato a cucinare, devi aspettare un po’ per mangiare.- aveva risposto lei voltandosi a salutarlo, si era rigirata immediatamente verso i fornelli, quindi non vide la faccia di lui cambiare improvvisamente.

-perché non hai preparato prima?- aveva chiesto lui con tono arrabbiato e accusatorio.

-sono arrivata pochi minuti fa, scusa.- aveva risposto voltandosi a guardarlo, e lì aveva visto il suo volto stanco e i suoi occhi che la guardavano facendola sentire in colpa.

-a quest’ora doveva essere già pronto.-

-scusa se ho un lavoro eh.- aveva risposto lei mollando tutto.

-il tuo lavoro consiste anche il questo!- ovviamente lui era nervoso e se la stava prendendo con lei, e ovviamente lei non avrebbe dovuto innervosirsi a sua volta.

Ma quello era troppo.

-ah si eh? Sai cosa ti dico Vic? Basta! Sono stufa! Sono quattro mesi che vivi da me e l’unica cosa che sai fare è comandarmi a bacchetta, dirmi quello che non vuoi trovare pronto da mangiare la sera quando torni a casa, addormentarti sul divano di casa mia con la TV accesa!  E poi ti aspetti pure che ti aiuti a venire a letto. Sono stanca di questo Vic, torni a casa e ti lamenti se il tavolo è sporco perché non ho fatto in tempo a pulirlo, ti lamenti se non ti piace quello che cucino!- aveva iniziato lei, e lui aveva preso quel momento di pausa per rispondere.

-è successo solo una volta.-

-sì e quell’unica volta che hai fatto? Hai lanciato il piatto ancora pieno nel lavandino rompendolo e macchiando ovunque e mi avevi ordinato di pulire! Io sono stata zitta e ho subito, ma ora basta. Non ero in giro a divertirmi eh, stavo lavorando, ho fatto tardi perché per portare a casa qualcosa di più mi devo trattenere di più. Pensavo che sarebbe cambiato tutto una volta qui, ma i soldi sono spariti tutti improvvisamente sotto al mio naso per sistemare la casa, per fare la spesa particolare perché tu mangi solo roba di marca, per pagare l’affitto che mi costa un casino. E tu non mi dai una mano. Quindi ora chiudi il becco, ti siedi e aspetti che cucino, se no quella è la porta, se non ti sta bene puoi anche andartene!-

E quello era tutto, subito dopo aver detto quelle parole però se ne era pentita, chissà cosa avrebbe fatto Vic.

Senza dire una parola Vic girò i tacchi e uscì di casa sbattendo la porta, al rumore forse lei sobbalzò e si lasciò cadere atterra, sopraffatta da mille emozioni iniziò a piangere.

La fame le era passata, anche se non era neanche mai arrivata, e tutto sembrò inutile.

Il dolore che sentiva dentro la stava divorando, si sentì soffocare e ripetè a sé stessa di calmarsi, si guardò le braccia con quello che riusciva a vedere dagli occhi appannati e trovò il suo elastico, lì sul polso, ci pensò un attimo ma quando un dolore forte al petto la colpì non ci pensò su molto, iniziò a tirare l’elastico, e quel suono e quel dolore troppo familiare tornarono a riempirla.

Non seppe quanto tempo passò, ma ad un certo punto si sentì esausta, così chiuse gli occhi e si accasciò al pavimento della cucina, con le lacrime che ancora scendevano e il polso che pulsava dal dolore.

Stava per addormentarsi quando una voce la scosse penetrandole nelle orecchie.

Quella voce famigliare urlava e sembrava quasi preoccupata quando pronunciava il suo nome.

-Lila, che diavolo è successo?- chiese Jaime sedendosi accanto a lei e tirando il corpo di lei sulle sue gambe.

-se sei qui lo sai già.- commentò lei, e la sua voce le parve distante, quasi si chiese se fosse stata proprio lei a pronunciare quelle parole.

-ti va di parlarne?- chiese lui molto calmo.

Lei scosse la testa e scoppiò a piangere nuovamente, si alzò leggermente e si appese al corpo di Jaime stringendolo e continuando a piangere, lui non sapeva che fare, non si era mai ritrovato in una situazione simile e aveva sperato di non ritrovarcisi mai.

Ma era successo e Alysha, quando lo aveva chiamato, sapeva che era l’unico che avrebbe potuto tirarla su, quindi se ne era convinto anche lui.

Jaime aveva ricevuto una chiamata da Alysha pochi minuti prima, lei gli aveva raccontato che Vic era tornato a casa infuriato, e che Mike, provando a calmarlo le aveva detto di chiamarlo per mandarlo a vedere come stava Lila, e poi Alysha aveva chiamato dicendo che doveva chiamare Tony per aiutare Mike.

Ovviamente era stata una bella idea, perché probabilmente Lila sarebbe stata peggio di così se lui non fosse andato lì.

-ti porto sul divano, vieni.- disse Jaime aiutandola ad alzarsi.

Lei aveva le gambe deboli, infatti per il breve tragitto verso il divano si era appesa completamente a Jaime, affidandosi alle sue gambe ben messe.

Arrivati al divano lei si sdraiò, e quando Jaime si sedette accanto a lei gli appoggiò la testa sulle gambe e lui prese ad accarezzarle i capelli, una sua ex gli aveva detto che aiutava a far calmare le ragazze e a farle rilassare.

-in realtà non mi è stato detto cos’è successo, Alysha mi ha semplicemente detto di correre qui.- disse lui, Lila sorrise amaramente.

-ti ha chiamato Alysha? Quindi Vic è tornato a casa sua. Fantastico.- una risatina isterica le uscì dalla bocca e appena se ne accorse si zittì.

-senti tesoro, io non so cos’è successo, ma… non è meglio che voi due fate pace?-

-in realtà non ne sono più così tanto sicura…-

-perché? che è successo?- chiese sperando che quella volta rispondesse.

E lei lo fece, gli raccontò tutto, partendo da quella volta che lui aveva rotto un piatto, passando per quella volta che si era rifiutato di raggiungerla a letto perché il programma che stava vedendo non era ancora finito e era risultato che lui si era ritrovato a dormire tutta la notte sul divano con la TV accesa e lei era rimasta a piangere nel letto da sola, senza nessuno che la abbracciasse e la consolasse, e poi era arrivata all’ultimo episodio, quello che era successo poco prima, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

In effetti non poteva biasimarla, lui si sarebbe incazzato già prima, quella ragazza aveva una pazienza infinita.

-e tu non vorresti tornare con lui? Farci pace?- chiese Jaime alla fine del racconto.

-tutto quello che voglio J è che mi chieda scusa e che mi tratti con un po’ più di rispetto.- rispose lei.

-e poi sono anche pronta a riaccettarlo tra le mie braccia.- continuò, sentendo che altre lacrime stavano per uscirle.

-beh, non so molto, ma quello che so è che Vic ha un fratello e un amico con le palle, se non lo fanno ragionare loro allora è solo da ammazzare, sta dando di matto e lo capisco, non è facile ricominciare, ma sto rivedendo il vecchio Vic, e la cosa non piace a nessuno, avevamo pensato di parlargliene domani, ma a quanto pare lo faranno oggi, a te chiedo solo di aspettare almeno fino a domani, quando potrete passare una giornata indimenticabile insieme, siamo d’accordo?- chiese lui.

Per tutto il tempo aveva parlato con la voce tranquilla e sicura, e questo l’aveva sorpresa.

-Ti Voglio Fottutamente Bene J!- disse le prendendogli la mano e stringendogliela.

Lui non rispose, le sorrise e si portò la sua mano alla bcca dandole un leggero bacio, e facendole capire che lui era li per lei, le voleva bene e che sarebbe sempre stato al suo fianco.

Aveva trovato un amico d’oro!

 

Vic non voleva ragionare, si era messo in testa che lei l’aveva praticamente cacciato di casa e che l’aveva insultato, e quello non doveva succedere.

Mike non sapeva più che dire, era anche pronto prenderlo a padellate in testa finchè non avesse capito che era nel torto, ma poi Tony, preso da un’ondata di rabbia probabilmente, dato che era stato in silenzio tutto il tempo iniziò ad urlare.

-MA CHI DIAVOLO SEI TU? Se pensi che una donna non abbia le palle per schiacciarti sotto ai piedi ti sbagli di grosso ragazzo mio! Lila ha due palle enormi sotto e devi stare attento a lei, perché probabilmente è anche una santa dato che sei ancora in vita! Sai una cosa? Mi sembra di essere tornato indietro, a quando tu facevi lo stronzo e se devi continuare così io mollo la barca e insieme a me anche gli altri, però ora ti ritroverai solo, sai che vuol dire davvero solo?- gli lasciò un momento per rispondere, ma appena Vic aprì bocca per farlo Tony riprese ad urlare.

-ora tu ti tranquillizzi, torni il Vic di qualche mese fa, e torni da quella ragazza che hai trattato di merda e ti fai perdonare!- disse indicando la porta.

E da quel momento calò il silenzio, Mike e Vic erano shoccati da tanta aggressività, Tony non si era mai sfogato così, e Vic capì che, se era successo proprio in quel momento era perché lui era stato proprio un testa di cazzo.

-che coglione!- disse in quel momento Vic a sé stesso, passandosi una mano tra i capelli.

Nessuno dei due ragazzi disse niente, sapeva però a cosa stavano pensando i due “oh, adesso te ne sei accorto?”

Devo andare da Lila.

Questo galleggiava nella sua testa ora, doveva tornare da lei, farle capire quanto era importante e quanto lui era stato coglione.

-devo andare da Lila.- disse poi ad alta voce.

-fratello, sono le undici di sera, e poi lei è con Jaime ora, quindi tranquillo.- disse Mike, in quel momento comparve Alysha sulla soglia della porta della stanza da letto di Vic.

-e cosa ci fa con lui?- domandò curioso.

-mi ha appena chiamato Jaime…- intervenne Alysha.

-ha detto che Lila è riuscita ad addormentarsi, che si è tranquillizzata, e poi ha aggiunto che è stato un bene che è andato lì, quando è arrivato Lila era svenuta.- continuò osservando per tutto il tempo Vic con l’intenzione di farlo sentire in colpa, e lei riuscì nel suo intento.

Quanto faceva male il senso di colpa!

 

*note autrice*
eccoci con un nuovo capitolo, ormai siamo agli sgoccioli gente! quindi preparatevi al finale! ;)
secondo voi come si risolverà? come vorreste la fine? fatemelo sapere in una bella recensione!
Laly :3

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Let’s Make Sweet Love Between The Sheets ***


10 – Let’s Make Sweet Love Between The Sheets
 

Quella mattina Lila era a lavoro, e Vic lo sapeva per certo perchè Jaime l’aveva chiamato dicendogli che l’aveva accompagnata lui stesso.

Così aveva la mattinata tutta per sé, e sapeva anche come farsi perdonare.

Aveva le chiavi di casa della ragazza, quindi poteva entrare tranquillo, e aveva tempo fino all’una, quando il turno di Lila era finito e sarebbe tornata a casa.

Così uscì felice e vestito bene da casa sua e andò al negozio vicino a dove lavorava Lila.

Lì vendevano Candele profumate e qualsiasi altro tipo di schifezze del genere, così si riempì un sacchetto con tutta quella roba che lui aveva sempre considerato inutile, poi pagò e andò dal fioraio più vicino e comprò un mazzo di cento rose, poi uscì tornando a casa di Lila, si chiuse la porta alle spalle e appoggiò il sacchetto atterra portandosi le rose nella piccola cucina.

Aprì un armadietto e tirò fuori una ciotolina, poi iniziò a spennare quelle povere rose, tutte tranne una, che lasciò sul tavolo, quando ebbe finito si alzò e le sparse un po’ in corridoio, verso la camera, poi aprì la porta ed entrò, sparse un altro po’ di rose anche lì e poi uscì dalla stanza.

Tornò in cucina e prese le candele, con quelle tracciò la strada dal corridoio alla stanza e ne accese un po’ anche lì e in bagno, poi tornò al sacchetto e tirò fuori una boccetta di brillantini dorati, con quelli tracciò la strada dalla porta alla cucina, e poi rimase lì iniziando a cucinare deliziosità.

Per primo preparò il piatto dell’antipasto, mettendo affettati, crackers e grissini, con al centro due salse, poi iniziò a preparare il secondo piatto, non era molto bravo a cucinare, ma sperava che l’avrebbe apprezzato, quando l’arrosto era pronto lo mise in pentola e lo lasciò cucinare, l’orologio segnava quasi mezzogiorno il che stava a significare che poteva aspettare a cucinare la pasta e così andò in bagno, osservò attentamente tutti i prodotti che aveva in bagno, uno catturò la sua attenzione, un piccolo sacchettino nero, rigonfio, sul quale c’era scritto: “fighting against animal testing” lesse cosa c’era scritto sul bigliettino attaccato e capì come usarla, appoggiò quel sacchettino sul davanzale della finestra e tornò in cucina.

Girò l’arrosto e osservò ancora l’orologio, sembrava che il tempo stesse passando troppo velocemente, così mise l’acqua per la pasta sul fuoco, e, lasciandola scaldare, prese un accendino e andò ad accendere tutte le candele profumate e sparse in giro, poi prese un block notes a forma di cuore e scrisse su qualcosa, trappò il foglio e lo appese allo specchio all’entrata aiutandosi con lo scotch.

Quando anche quello fu pronto spense tutte le luci, lasciando accesa solo quella in cucina, e finì fi preparare il pranzo.

Quando ebbe finito preparò anche la tavola posando la rosa intera sul tavolo in mezzo ai due piatti che aveva sistemato uno di fronte all’altro, poi abbassò tutte le tapparelle e spense tutte le luci, quel buio però durò solo dieci minuti.

 

Lila tornò dal lavoro stanca e triste, infilò la chiave nella toppa e aprì la porta, appoggiò la borsa e la felpa sul pavimento, ma quando andò per accendere la luce si accorse di due flebili fiammelle che ballavano e di un profumo penetrante di vaniglia.

Si portò la mano alla bocca, l’aveva fatto lui?

Quasi delle lacrime timidi iniziarono a scendere dal suo viso.

Prima che potesse iniziare a piangere accese la luce che illuminò dei brillantini sul pavimento, lì si accorse anche del bigliettino a forma di cuore appeso allo specchio.

Lo staccò e lesse quelle semplici parole.

Amore, tutto questo per dirti che mi dispiace.

E per farmi perdonare ti ho preparato piccole sorprese.

Non fare domande e segui i brillantini.

La strada non fu lunga, tutta felice entrò in cucina accendendo la luce e si trovò Vic seduto al tavolo che si alzò e andò verso di lei posandole un piccolo bacio sulle labbra.

-benvenuta…- disse prendendole la mano e portandola al suo posto, le lasciò la mano e spostò la sedia facendola sedere.

-Vic ma che fai? Non devi fare questo per farti perdonare!- lui la zittì e le servì il pranzo.

Pranzarono in silenzio, scambiandosi qualche sguardo ogni tanto, alla fine, mentre Vic sparecchiava e lavava i piatti lei prese la rosa che era fra loro due e se la portò vicino al naso per annusarla.

Era profumatissima!

-amore… non è finita qui, vai sul divano.- disse lui sorridendo.

Lei obbedì e andò a sedersi sul divano, lui la raggiunse spegnendo solo le luci, lasciando accesa solo quella della TV, lui poi prese i telecomandi e andò a sedersi vicino a lei.

Azionò il DVD e fece partire il film.

Già a sentire le prime note della musica iniziale si commosse.

-come hai fatto?- chiese lei asciugandosi una lacrima.

-l’ho scaricato e me lo sono fatto mettere sul DVD, così avrai per sempre il DVD del tuo film preferito.- disse lui.

Lei si lasciò sfuggire altre lacrime e si appoggiò alla sua spalla, lui la strinse e rimasero così a vedere il film della loro prima sera insieme, sapeva che la serata non si sarebbe conclusa come quella, era fiduciosa, e come aveva detto Jaime, sarebbe stato magico.

Finito il film Vic baciò Lila e rimasero così per un po’, a sussurrarsi parole dolci, a darsi qualche bacio ogni tanto, e qualche morso leggero qua e là.

Arrivata sera la prese in braccio e mangiarono ancora qualcosa prima di ritrovarsi in bagno, mentre lei si spogliava lui le aveva preparato il bagno, quando si infilò ci rimase per un bel po’, e quando uscì lui la osservò asciugarsi e vestirsi, osservò ogni particolare del suo corpo, quasi si eccitò, ma disse al suo corpo di calmarsi, che era presto, e lui obbedì.

Però lei sembrava farlo apposta, come apriva le gambe per asciugarsi e come si toccava i seni per spalmarsi la crema, fu difficile per lui osservare tutto quello senza eccitarsi, ma ci riuscì.

Quando ebbero finito in bagno la portò in camera da letto, e anche lì quasi si  commosse, la stanza era meravigliosa, illuminata da quelle buonissime candele profumate aveva assunto un’aria magica.

Pochi secondi dopo erano a letto abbracciati, lui con in dosso solo i boxer e lei con le mutande e un magione che le faceva da vestito.

Dovette passare qualche minuto però prima che uno dei due parlasse.

-amore…- iniziò lei, ma poi si interruppe.

Non poteva finire così, non doveva finire così.

-dimmi…- la incoraggiò lui.

-io… voglio fare l’amore con te…- disse lei tutto d’un fiato.

Vic non rispose, la fissò per un minuto, accertandosi che voleva davvero quello che gli aveva chiesto e poi iniziò a baciarla.

Ecco, quello era il momento, perse il controllo del suo corpo e, continuando a baciarla le alzò lentamente la maglia, quando la sua mano fredda incontrò il suo seno nudo lei si lasciò scappare un gemito, e ancora quella vampata di calore che aveva sentito qualche mese prima, quando lui l’aveva spinta alla porta.

Immediatamente si staccò da Vic, e con la smania di togliersi qualsiasi cosa di fastidioso che aveva addosso si tolse la maglia lasciandolo in paradiso.

Lui sostituì la mano sul suo seno con la bocca, e scese ad accarezzarle la pancia, poi arrivò all’elastico delle mutandine e…

…e la fece entrare in estasi.

Inutile dire che quella fu la notte migliore della vita di entrambi, le mani di Vic sul corpo di Lila le provocavano calori improvvisi, e desiderò per tutta la durata dell’amplesso che quel momento durasse per sempre, voleva sentire sempre i loro corpi uniti, voleva sentirlo sempre dentro di lei, e lui voleva lo stesso.

Tutti quelli che raccontavano la loro prima volta la raccontavano orribile, dolorosa, ma lei avrebbe avuto sempre un piacevole ricordo.

Lui l’aveva preparata bene, e era stato tranquillo, dolce, aveva fatto piano e l’aveva ascoltata, infatti oltre a un leggero dolore iniziale non aveva più sentito altro che piacere.

-non andartene mai!- disse lei osservando la sua bellezza.

-non lo farò mai.- disse lui sorridendo, ancora in paradiso per quello che avevano passato.

Non era un tipo di coccole, ma sapeva che lei ne aveva bisogno, così tirò una copertina sopra di loro e rimasero così abbracciati, completamente nudi, ancora in estasi, a coccolarsi per il resto della notte, fino a che Morfeo non accolse entrambi facendoli cadere in sonni profondi.

 

La mattina dopo fu un sogno, si svegliarono insieme e si diedero il primo bacio alitoso mattutino, poi si alzarono controvoglia e andarono a farsi la doccia insieme.

Si ricordava quanto Vic fosse sicuro del suo corpo, e si ricordava la sera prima, quando anche lei si sentì orgogliosa del suo corpo, quando entrarono in doccia si sentì potente, in grado di sedurre, così prese un po’ di sapone tra le mani e iniziò a massaggiare il petto del suo ragazzo.

Lui non la fece finire, la abbracciò e la fece appoggiare con la schiena sulla parete gelata della doccia, al che lei si lasciò andare in un forte gemito e inarcò la schiena.

Lui in risposta le alzò le gambe facendogliele mettere attorno alla sua vita.

-come stai?- chiese lui sussurrando.

E lei fu sicura che, se lui fosse stato un vampiro quella frase l’avrebbe detta ringhiando possessivamente.

-bene…- rispose lei sorridente, e stava davvero bene.

-no, intendo… là sotto… come stai?- chiese, come se fosse tornato alla realtà.

Lei non sapeva che rispondere, si sentiva bene, stava bene, anche se aveva un leggero dolore al basso ventre…

-ma è normale no?- chiese lei inesperta.

-sì, e vuol dire che io qua sotto devo stare buono, e anche tu non mi devi stuzzicare.- poi la lasciò andare.

E lei pensò che se non potevano fare quello almeno lei avrebbe potuto fare qualcosa, dato che lui magari aveva ordinato al suo cervello di stare buono, ma il suo corpo non aveva colto il senso di quelle parole.

Così tornò ad insaponarlo, questa volta partendo dal bacino, e lì fu lui che si lasciò sfuggire un gemito, ma poi le bloccò la mano.

-non sei costretta…- disse lui guardandola negli occhi.

-dimmi solo se vado bene Vic…- disse lei in risposta.

E anche quello fu magico.

Vic confermò al suo cervello che sì, voleva quello da lei, no, non il sesso e tutto quanto, ma voleva svegliarsi e vederla al suo fianco, sorridente, e l’avrebbe voluto per tutta la vita.

Ne avrebbe parlato con i ragazzi e gli avrebbe chiesto il loro parere, e poi l’avrebbe fatto, le avrebbe fatto la proposta e poi l’avrebbe sposata.

Perché era lei la donna alla quale voleva sorridere fino al giorno della sua morte.


*note Autrice*
buongiorno!
scusate davvero se pubblico solo ora, ma sto avendo dei problemi seri in famiglia e sono un po' giù, però eccomi qui con la penultima parte!
cosa vi aspettate dal finale?
a lunedì!
Laly:3

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Ehy Baby, I Think I Wanna Marry You! ***





11 – Ehy Baby, I Think I Wanna Marry You!
 

2 Anni Dopo

Andava tutto a gonfie vele, I Pierce The Veil avevano fatto uscire il CD, avevano riguadagnato i vecchi fan e ne avevano attirati di nuovi, avevano in progetto una collaborazione con gli Sleeping With Sirens, Mike e Alysha stavano così bene insieme!
Jaime aveva trovato una ragazza da amare profondamente e, quado aveva bisogno di aiuto Lila era sempre lì, così come lui le stava vicino quando ad avere bisogno era lei; Tony non aveva trovato una ragazza, almeno quello era quello che pensava lui dato che c’era una ragazza che li seguiva sempre e con il quale passava la maggior parte del tempo libero, lei invece preferiva non parlare della loro relazione.
E tutto era perfetto, a parte una cosa.
Vic era un coglione.
Se lo ripeteva da anni ormai, era “in corso di preparativi” da mesi, e ancora non aveva trovato il momento giusto per dirglielo.
Tranne che… qualche sera prima, quando avevano festeggiato i due anni insieme riguardando per l’ennesima volta “single By Contract” gli era venuta un’idea, lei non stava bene, quindi sarebbe tornata dietro le quinte del concerto solo durante l’ultima tappa del Tour.
E l’ultima tappa del tour era proprio quella…
Tutto doveva essere perfetto, o almeno doveva avvicinarsi alla perfezione, sarebbe successo tutto a fine concerto, lui sarebbe stato tutto sudato, e i suoi capelli sarebbero stati un disastro, ma non gli importava molto, tutto quello che doveva fare era ricordarsi la canzone.
Non aveva voluto vedere Lila prima del concerto per paura che il suo cervello pensasse ancora che quello non fosse il momento giusto.
Lila infatti era rimasta tutto il tempo con le ragazze, e aveva un annuncio da fare a loro prima di dirlo agli altri.
-ragazze, andiamo a prendere qualcosa? Tanto il concerto non inizia prima di due ore e noi abbiamo i posti assicurati.- disse Lila sorridente.
Tutti annuirono, così, senza dire niente a nessuno uscirono da quel posto e si sistemarono in un bar vicino.
-Bonnie ma con Tony allora? Vi decidete a dirci qualcosa??- chiese Alysha stuzzicandola; un tratto dolce di Bonnie era che era molto timida, e Lila non si sarebbe mai aspettata che Tony sarebbe andato a scegliere una ragazza timida…
-non lo so… lui è dolce, e voi volete tutti sapere qualcosa, ma anche io vorrei saperlo!- disse lei abbassando gli occhi sul suo caffè.
-ma ti ha chiesto lui di raggiungerlo qui, quindi qualcosa ci deve essere.- si intromise Emma, lei era proprio uguale a Jaime, infatti non si capiva come facessero a sopportarsi, perché davanti agli altri erano sempre al limite della dolcezza.
-sì, ma non so cosa… è praticamente andato dal mio capo a implorarlo di darmi due settimane di ferie per venire qui, e io non capisco… in realtà mi sento molto confusa ultimamente.-
Continuarono a parlare per un po’ di Tony e Bonnie, ma alla fine Lila non ce la fece più, doveva parlare, e così lo fece, interruppe tutte e si fece ascoltare.
-allora ragazze, io vi devo dire una cosa importante, una cosa che nessuno sa ancora.- tutte la guardarono, Alysha forse aveva intuito ma voleva aspettare che Lila parlasse.
-non so se avete notato che da un mesetto sono praticamente assente… e sono appena arrivata qui…-  Alysha non stava più nella pella, glielo si leggeva in faccia, e forse anche le altre due avevano capito.
-beh… io e Vic abbiamo fatto il danno… sono incinta… di due mesi…- disse abbassando la voce, ormai i fan erano tutti dentro o stavano entrando, ma qualcuno poteva ancora essere in giro…
-oddio Lila è bellissimo!!- disse Bonnie alzandosi e andando ad abbracciarla.
Le altre due seguirono il suo esempio e dopo qualche complimento eccetera tornarono a sedersi.
-allora… quindi se è una femmina la chiamate Alysha giusto?- chiese Alysha tutta eccitata.
-oh ma ovviamente!- disse Lila ridendo.
-no dai davvero, tu come la vorresti chiamare se fosse una femmina?- chiese Emma.
Lila si rattristò per un momento e si portò una mano alla pancia, se era una femmina sapeva esattamente come voleva chiamarla, e Vic le avrebbe dato il permesso.
-Meredith…- disse Lila a bassa voce.
-che carino! Come mai?- chiese Bonnie.
-era il nome di mia nonna, Vic sa quanto fosse importante per me.-
Parlarono ancora per un’oretta prima di alzarsi e tornare dai ragazzi.
Il concerto passò il fretta, i fan e le ragazze si divertirono un mondo, ma poi arrivò un momento in cui Vic Zittì tutti, chiese un attimo di silenzio perché doveva dire delle cose importanti; però non iniziò a parlare, cambiò la chitarra, prendendone una classica, gli altri ragazzi posarono i loro strumenti e andarono tutti a sedersi dietro Vic, compreso Mike che tutto sudato e sorridente aveva abbandonato la sua batteria per andare a sedersi con gli altri.
-allora… oh… devo riprendere fiato…- disse sorridendo e spostandosi i capelli bagnati da davanti agli occhi.
-scusate… dicevo, questa è una canzone che non è nostra, e in realtà non è neanche nel programma, io mi sono limitato a tradurla… quindi spero vi piaccia!- annunciò, e iniziò a strimpellare qualche nota con la chitarra.
Lila non dovette aspettare come gli altri per capire di cosa si trattava, Ohne Dich, la canzone che il protagonista del loro film cantava per la sua Lila adesso lo stava cantando Vic.
In inglese certo, ma era comunque emozionante.
A Lila infatti cominciarono a scendere le lacrime dagli occhi quasi subito, non fu solo per la canzone, ma per tutto messo assieme, i suoi amici dietro di lui che lo guardavano sorridendo, fieri di lui, i fan che lo riprendevano, e, i pochi che sapevano la canzone la cantavano in tedesco, quelle che erano diventate le sue amiche che le stavano vicina, tutto, ma proprio tutto fu perfetto in quel momento.
Nel finire lacanzone anche Vic a posta di dire il pezzo finaledisse “Lila”, e poi si voltò verso di lei.
-vieni qui Lila.- disse lui, e lei riuscì a muoversi, salì sul palco e si avvicinò a lui, i fan urlavano e in quel momento sul palco ci fu un gran trambusto, Jaime si era alzato e aveva preso un microfono, Mike era sparito dietro le quinte insieme a Tony.
-allora…- iniziò Vic parlando al microfono che gli era stato dato da Jaime.
-come tutti sapete lei è Lila, la ragione per la quale io, noi, siamo qui adesso, e, la mia ragazza…- disse lasciandosi scappare un sorriso.
Lila guardò i fan, c’era chi rideva, chi già piangeva, e anche chi urlava a squarciagola.
-ecco… mi ci sono voluti due anni di preparativi perché sono idiota, ma adesso sono pronto, e sento che questo è il momento giusto.- continuò poi, in quel momento diede il microfono a Jaime che lo tenne teso così che lui potesse fare tutto tenendosi le mani libere, e lì entrarono anche Mike e Tony che gli portarono una scatoletta coperta di velluto rosso.
Quando la scatoletta fu tra le mani di Vic, lui si piegò su un ginocchio e Jaime fece scendere il microfono fino alla bocca del suo amico.
-ti amo Lila, e voglio passare il resto della mia vita con te… la domanda è… tu vorresti passare il resto della tua vita con me?- chiese, Lila non sapeva come comportarsi, non sapeva cosa fare né cosa dire, e Jaime le aveva posto il microfono davanti alla bocca.
Si guardò intorno per essere sicura di quello che stava per rispondere, la maggior parte di loro adesso stava riprendendo la scena, non poteva deludere Vic e non poteva deludere sé stessa, così si girò verso Vic, convinta di quello che stava per rispondere.
-sì Victor, voglio passare il resto della mia vita con te!- disse ancora piangendo.
Gli porse la mano mentre tutti urlavano di felicità, e lui infilò l’anello, quanto era bello!
Si ricordò quello che doveva dirgli quando si alzò e la abbracciò stringendola forte, lei si divincolò e…
-piano…- gli disse tranquilla, con il microfono di Jaime ancora davanti alla bocca, Vic la guardò perplesso, e qualcuno si zittì per capire che stava succedendo.
-avevo pianificato di dirtelo più tardi Vic, quando eravamo tranquilli e soli, ma… ora è successo tutto questo e penso che tu sia la persona più dolce di questo mondo, e non solo, penso che sarai un padre perfetto per il nostro bambino.- disse lei concludendo appoggiandosi le mani sulla pancia ancora piccolina.
Ci volle un po’ prima che Vic capisse, dalla folla si alzarono cori e versi di sorpresa e felicità, Jaime lasciò perdere il microfono e la abbracciò senza pensarci molto, Mike e Tony, che si trovavano dietro a Vic gli diedero una pacca sulla spalla, fu lì che capì…
-tu… tu sei incinta?- chiese conoscendo già la risposta, Jaime la lasciò, lasciando spazio a quello che sarebbe diventato suo marito.
Lila annuì, aveva paura della sua reazione.
Vic si mosse e la abbracciò, stringendola, piano questa volta, al suo corpo.
-Vi Amo già.- Commentò lui al suo orecchio.
I brutti giorni erano spariti completamente, sì perché quelle nuove confessioni lasciavano spazio a una nuova vita a giorni perfetti.


 
The End
 


*note autrice*
Buona Sera! :D
E siamo arrivati alla fine... che ne pensate? magari vi aspettavate il matrimonio in grande  stile eh? ma sinceramente non sapevo proprio come descriverlo, non aevo idee per un matrimonio e per un continuo tra bimbi ecc...
spero che vi sia comunque  piaciuto, vi mando tanto amore! <3
Laly :3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3216669