Il mio posto

di Robigna88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** -1- ***
Capitolo 3: *** -2- ***
Capitolo 4: *** -3- ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


NDA: Storia scritta anni ed anni fa e che ora mi sento di condividere con voi. Buona lettura :)

IL MIO POSTO

 

 

 

 

 

“Il cuore umano è come la gomma:

pochissimo basta a gonfiarlo,

e moltissimo non riesce a farlo scoppiare.

Se poco più che nulla lo turba,

ci vuole poco meno che tutto per spezzarlo.”

 

(Agnes Grey, Anne Brontë)

 

 

 

 

Leggendo e rileggendo quelle parole Miranda continuava a chiedersi cosa significassero esattamente. Capiva, nel suo piccolo, che erano parole importanti e cariche di significato, che per certi versi avevano influenzato la vita della sua mamma a tal punto che a soli otto anni lei gliele aveva fatte leggere.

Ipotizzò diverse teorie e in alcuni momenti, anche se per pochissimi secondi, si chiese come mai la mamma le leggesse certi libri invece di semplici fiabe.

Quelle parole la ipnotizzavano e la rendevano confusa. Che fossero un inno alla vita e al coraggio? Che ci fosse tra le righe un messaggio nascosto che i suoi otto anni non riuscivano a cogliere?

Rilesse quelle stesse cinque righe per ore ed ore prima di giungere alla conclusione che era meglio chiedere spiegazioni.

Stringendo nella sua  piccola mano il libro, tenendolo aperto nella pagina che conteneva quelle parole, si alzò con calma dal grande divano e si diresse in cucina:

«Queste parole mi piacciono mamma ma non credo di capirne fino in fondo il significato.» Le disse.

La mamma la guardò e sorrise: «Non importa se adesso non le comprendi. Un giorno le capirai e saranno qui su questo stesso libro per ricordarti che dentro di te c’è una forza nascosta che ti farà andare avanti e ti aiuterà quando crederai di non farcela.»

La bambina rilesse i versi: «È come quando tu dici Mi piego ma non mi spezzo?»

«Si più o meno è così.. »

Miranda le sorrise e sembrò riflettere su quello che la mamma le aveva appena detto. Erano belle parole e grazie alla spiegazione aveva fatto un po’ di chiarezza dentro di sé. Quei versi erano un inno alla sensibile forza che ognuno ha dentro. Sapeva che col tempo avrebbe imparato ad apprezzarli maggiormente, ma già da ora si chiedeva se colei che li aveva scritti li aveva dedicati a qualcuno in particolare, ad esempio alla “Agnes Grey” del titolo o semplicemente li avesse scritti come “celato” e poetico incoraggiamento a se stessa durante un momento duro della sua vita. Forse un giorno l’avrebbe scoperto o forse non avrebbe mai avuto una risposta. Mentre li rileggeva pensò che comunque, non era poi così importante, Anne Brontë  le aveva dedicate a tutti quelli che  come lei li avrebbero letti.

 

 

Quindici anni dopo, Miranda era una giovane donna di ventitré anni. Viveva con la madre a New York, in un bell’appartamento sulla 5th Avenue, ad un passo dallo shopping.

Sua madre era un avvocato di successo e di suo padre non ne sapeva praticamente nulla. Cresciuta in modo abbastanza normale, aveva imparato fin da piccola a cavarsela da sola in ogni situazione. Non che si cacciasse in guai particolarmente seri, anzi.. ma era pronta a qualsiasi evenienza.

Non aveva parecchie amicizie, ma ne aveva due che valevano più di mille. Il suo migliore amico: Dave, un tipo tranquillo e simpatico con cui condivideva ogni cosa, e la segretaria di sua madre che lei considerava una sorta di zia: Maddie… Un tipo un po’ fuori dagli schemi ma decisamente fantastico.

Al contrario di molti suoi compagni, Miranda dopo la scuola aveva deciso, pur essendo una studentessa in gamba, di non frequentare il college, e di dedicarsi a quella che da parecchio era ormai la sua passione: i dolci.

Preparava i dolci da quando aveva quindici anni ed era l’unica cosa che voleva fare. Aveva frequentato un corso nella sua città, partecipato a qualche gara cittadina e poi aveva trovato in internet l’occasione della sua vita, uno stage presso la prestigiosissima scuola per pasticceri Hamilton, che si occupava di dolci dal Medioevo..Ok, non proprio da Medioevo ma da tanto tantissimo tempo.

Tutto quello che doveva fare era spedire una domanda di ammissione con le foto di qualche dolce da lei preparato, se ne aveva degli attestati di partecipazione ad altri corsi, e una breve motivazione del perché avrebbe dovuto essere scelta.

A quel punto aveva preparato torte e biscotti vari per fotografarli, aveva fatto una copia del suo attestato del corso frequentato a New York e scritto una brevissima motivazione di due righe: Amo preparare dolci... Prendetemi e non ve ne pentirete.

Forse non era una vera e propria motivazione, ma era l’unica cosa che le era venuta in mente. Ad ogni modo aveva preparato tutto e aveva spedito la sua lettera.

Due settimane dopo aveva perso ogni speranza di essere presa e mestamente se ne stava al parco con Maggie, il cane del suo vicino di casa che ogni tanto portava a spasso..

«Sai cosa stavo pensando Maggie? Se non mi ammettono allo stage potrei iniziare a preparare dolcetti per cani… Che ne dici?»

La risposta che ricevette fu una scodinzolata e due abbai come di approvazione.

Miranda rise appena. «Sapevo che saresti stata d’accordo.»

Il cane scodinzolò e saltellò di gioia.

«Il postino!» Esclamò di colpo Miranda alzandosi dalla panchina su cui era seduta. «Andiamo a vedere se c’è posta per me…»

Avviandosi in fretta verso l’uomo, una lieve speranza si riaccese in lei. Attraversò la strada e raggiunse il postino. «Salve… Sono Miranda Cooper, c’è della posta per me?»

L’uomo le sorrise e controllò nella sua borsa.. Dopo qualche minuto tirò fuori una busta. «Ecco a lei signorina»

Sorrise e ringraziò l’uomo mentre con una leggera ansia girava la busta per vedere il mittente. Lesse un paio di volte prima di convincersi che ci vedeva bene.. La lettera che attendeva era arrivata e lei la stringeva tra le mani. Era l’inizio di un sogno? O la fine?

 

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Capitolo 2
*** -1- ***


-1-

 

 

 

Miranda tamburellava inquieta con le dita sulla sedia della sala d’attesa. La sua gamba si muoveva velocemente su e giù come se lei non ne avesse il controllo. Aveva caldo ma era pieno inverno, e le belle labbra rosate erano tormentate dai mordicchi nervosi. Quando iniziò a sentire dolore alla mano che velocemente e rumorosamente sembrava intenzionata a bucare la sedia di legno sotto i colpi insistenti, decise di alzarsi e iniziò a fare su e giù per il piccolo corridoio nell’attesa che fosse il suo turno.

L’ irrequietezza e l’ansia provocata dall’attesa le aveva imparate da sua madre; mentre l’entusiasmo che da lì a poco sarebbe forse esploso e i morbidi e lucenti capelli castani li aveva presi da suo padre: quello stesso padre che l’aveva lasciata quando ancora non era capace di parlare, quando ancora prendeva il latte nel biberon.. Respirò a fondo e afferrò dalla tasca la lettera che tanto aveva atteso; la possibilità che aspettava da tutta la vita era lì, nelle sue mani chiusa in una fine busta di carta che le sue dita tremanti non avevano il coraggio di aprire.

Continuò a fare su e giù per un altro paio di minuti che sembrarono ore, fin quando la voce severa ma amorevole di Maddie, la segretaria/amica che da sempre aveva fatto parte della sua vita, non la esortò a sedersi: «Santa pace del paradiso Miranda.. Vuoi sederti o no? Mi stai facendo venire il mal di mare.»

Miranda alzò gli occhi su di lei, troppo nervosa per risponderle ed iniziare uno di quei botta e risposta che erano solite fare, ma troppo dolce per non riservarle comunque uno dei suoi migliori sorrisi: «Scusa! Sono un po’ agitata.»

Maddie la fissò alzando un sopracciglio perplessa e si tolse i piccoli occhiali per guardarla in viso: «Questo l’avevo capito da sola. Mi chiedevo solo se potessi essere così gentile da agitarti seduta.»

La ragazza annuì e si mise a sedere guardando la lettera mentre la sua gamba ricominciava a muoversi veloce e nervosa.

Maddie, che la osservava da dietro la scrivania, respirò a fondo e le si avvicinò incuriosita dal pezzo di carta che stringeva tra le mani e che sembrava essere il motivo di tanta agitazione: «Questa è la lettera che aspetti da un mese?»

La ragazza annuì mentre le sue fragilità si scioglievano come neve al sole sotto la voce curiosa della donna.

«E perché non me l’hai detto subito? Ragazza mia qui dentro a questa busta c’è il tuo futuro.. Perciò hai il sacrosanto diritto di fare su e giù.. Andiamo!!»  Le disse Maddie, e presala per mano la fece alzare iniziando a seguirla impaziente e ansiosa su e giù per il corridoio.

 

 

 

«Esattamente cosa state facendo?» La voce di Dave, il migliore amico di Miranda, attirò la loro attenzione.

Chiuso nel suo cappotto nero che gli dava un’aria da adulto pieno di responsabilità, il ragazzo le guardò corrugando la fronte con aria interrogativa. Sapeva per certo che Miranda faceva su e giù quando era agitata o nervosa per qualcosa, quello che non capiva era perché Maddie la accompagnasse nel movimento compulsivo di percorrere avanti e indietro il rettangolo di pavimento che andava dalla scrivania alla porta dell’ufficio della madre della ragazza. Quello che comunque era chiaro era che se Dave fosse stato un estraneo  piuttosto che un vecchio “cimelio” di famiglia, come Maddie lo chiamava, le avrebbe prese per pazze.

Maddie e Miranda continuarono a camminare su e giù e alzarono gli occhi per guardarlo «Secondo te cosa stiamo facendo?» Gli chiese la donna.

Dave scosse il capo perplesso e le fissò per un po’ «Non vorrei sbagliarmi ma credo che voi stiate andando su e giù per il corridoio.»

Maddie si fermò e lo fissò con un’espressione a metà tra il divertito e la perplessità. «Sei divertente..»

«Beh.. grazie, è un dono.»

Miranda li osservava divertita e, come sempre, si rese conto che il suo migliore amico era riuscito, solo con la sua presenza ad infonderle quella calma e quella tranquillità che in quel momento erano seriamente messe alla prova dalla lettera che stringeva gelosamente tra le mani. Si perse per un attimo nel piacere che i battibecchi, ormai nella norma, tra Dave e Maddie, sapevano darle e per qualche secondo si scordò il motivo della sua agitazione.

«La vedi la busta nelle mani di Mimi… Quella busta contiene il suo futuro..»

La voce di Maddie, che la chiamava con quell’assurdo soprannome, la riportò alla realtà e la lettera che aveva in mano iniziò a pesare di nuovo come un macigno.

Guardò il suo amico e con un sorriso falsamente tranquillo, che avrebbe ingannato chiunque ma non lui, agitò appena la busta mostrandogliela.

«È la lettera da quel concorso per lo stage di pasticceria a cui hai partecipato?» Le chiese il ragazzo.

«Si.. Sto aspettando che mia madre finisca col suo cliente e poi entro dentro e gliela faccio aprire.»

«Perché non la apri da sola?»

Miranda scosse il capo decisa, aggrottando la fronte come se il suo amico l’avesse appena insultata.

Dave sorrise e le accarezzò i capelli nell’intento di rassicurarla. «Sono sicuro che ti hanno presa!»

Miranda sorrise e volse lo sguardo alla madre che salutava il cliente e poi le si avvicinava per il “momento della verità”.

 

 

 

Gentilissima Miranda Cooper siamo lieti di annunciarle che è stata accettata per lo stage della durata di un  mese presso la prestigiosa scuola di pasticceri “Delizie del palato” di Los Angeles.

Inizio stage lunedì 5 gennaio 2009, ore 11:00.”

 

Quando la madre finì di leggere le poche righe che rivelavano il suo futuro, Miranda non riusciva ancora a credere alle parole appena sentite. Maddie,la madre stessa e Dave la abbracciavano felici e quegli abbracci sembravano sfiorarla senza toccarla davvero. Sentiva in sottofondo le parole gioiose di chi le stava intorno e riusciva a vedere le lacrime orgogliose e felici della madre e di Maddie e l’espressione sorridente di Dave. Provava a parlare ma le parole le si bloccavano in gola e in quel momento assaggiò il gusto dell’incredulità.

I dolci erano sempre stati la sua passione: una passione nata un po’ per caso. Un giorno infatti, al secondo anno delle scuole medie si era ritrovata coinvolta senza volerlo davvero, nell’organizzazione di uno spettacolo di beneficienza. “Tu prepara dei biscotti”  le aveva detto la sua insegnante e lei pur amando i dolci ma non sapendo da dove iniziare, diligente ed educata com’era sempre stata aveva annuito ed era arrivata a casa disperata. Aveva preso il vecchio ricettario della mamma e aveva iniziato ad impastare e lavorare fin quando sporca di farina e profumata di cioccolato aveva infornato la sua teglia di biscotti pronta a comprare qualcosa di già pronto la mattina dopo prima della scuola. Li aveva fatti cuocere e poi li aveva adagiati in un vassoio senza avere il coraggio di assaggiarli.

Poi la mamma era tornata a casa dal lavoro e ne aveva mangiato uno scoprendo che era buonissimo. All’inizio Miranda non ci aveva creduto e aveva pensato che lei in quanto mamma era decisamente di parte.

Ma il giorno dopo allo spettacolo di beneficenza tutti chiedevano da quale pasticceria arrivassero i biscotti al cioccolato e Miranda capì che erano davvero buoni. Intraprendente com’era, mise su una piccola bancarella e vendette i suoi biscotti racimolando qualche soldo con cui comprò gli strumenti necessari per sperimentare nuovi dolci.. E pian piano col passare del tempo imparò a preparare torte e dolcezze di ogni tipo, capendo che quella era la strada che voleva seguire. Aveva frequentato un corso a New York, la sua città, e quando le si era presentata l’occasione e si era sentita davvero pronta aveva fatto domanda per lo stage a cui era stata appena accettata.

«Siete sicuri che non ci sia un errore?»  Chiese incredula.

«Un errore? Quale errore? Ragazza mia, ce l’hai fatta!!» La voce allegra di Maddie la risvegliò dal suo stupore.

Miranda prese la lettera e la lesse, come se avesse l’impressione che leggendola da sé il contenuto sarebbe cambiato..

Eh si.. C’è scritto che ce l’ho fatta!” pensò mentre scorreva velocemente, per la terza volta le righe sul foglio. Leggeva e rileggeva mentre sul suo viso si stampava un sorriso ebete che avrebbe fatto tenerezza a chiunque. «Ce l’ho fatta!!» esclamò iniziando a saltellare per la gioia..

«Sono fiera di te!» Le disse la madre sorridente.

Miranda sorrise e guardò Maddie che piangeva ancora per la felicità continuando a ripetere: “L’uccellino lascia il nido e impara a volare da solo!”. Per quanto quelle parole fossero proprie del Maddie style, suonavano strane persino uscendo dalla sua bocca. Ma, tralasciando il particolare dell’uccellino era tutto vero, stava lasciando il nido e adesso le sue insicurezze sembravano pronte a prendere il sopravvento. Diede una rapida occhiata al suo migliore amico che la osservava in silenzio rispettando i suoi tempi di metabolizzazione della notizia che le avrebbe probabilmente cambiato la vita per sempre. Negli occhi del ragazzo leggeva lo stesso terrore che pervadeva anche lei; lasciare chi si ama è duro, ma Miranda che fino a quel momento credeva di poter prendere e mollare tutto, si perse negli occhi verdi e lucenti di Dave e capì che forse non era tanto semplice mollare tutto, soprattutto lui.

«Congratulazioni!» le disse il ragazzo abbracciandola forte «È l’occasione che aspettavi da tutta la vita.. Bravissima!»

«Grazie.»

 

 

 

Nella sua camera nell’attesa che il taxi arrivasse per condurla all’aeroporto, Miranda fissò ogni particolare della stanza come se avesse paura che partendo l’avrebbe dimenticato. I suoi poster di Parigi, i suoi libri, per la maggior parte ricettari di dolci, i suoi pupazzi e il suo angolo rock, con i dischi degli AC/DC, dei Kansan e di  atri gruppi rock anni ottanta che Dave le aveva regalato.

Le aveva detto che glieli aveva comprati perché non ne poteva più delle sue lagne smielate. Che ne aveva abbastanza di ascoltare zuccherose canzoni d’amore in cui la coppia scoppia sempre e uno dei due si ritrova a cantare il loro passato. Così aveva creato, più per lui che per lei, il cosiddetto angolo rock. In quell’angolo secondo lui, si nascondevano tutte le energie positive necessarie a superare un giorno no. E quando andava a trovarla, mentre Miranda cercava inutilmente di guardare la tv, lui si scatenava su pezzi come Carry on my wayward son dei Kansan oppure Back in black degli AC/DC.

«Paura all’idea di partire?»

Miranda sorrise e guardò la porta da dove il suo migliore amico faceva il suo ingresso pronto a salutarla. «Direi che è tardi per avere paura, il mio aereo parte tra due ore.» Chiusa nelle sue fragilità e nelle sue paure cercava di convincere se stessa che sarebbe andato tutto bene, che Los Angeles sarebbe diventata una seconda casa e che avrebbe trovato il suo posto velocemente.

Si sentiva piccola come non si era mai sentita prima nei suoi ventitré anni.

«Andrà tutto bene.. E Los Angeles ti piacerà. Vedrai!» Dave abbozzò un mezzo sorriso e le scompigliò i capelli mentre si sedeva accanto a lei sul letto.

Poi il suono del taxi e il momento dei saluti. Un abbraccio forte e la promessa di sentirsi due volte al giorno ogni giorno.

«Ci vediamo tra un mese.»

Dave sorrise e annuì mentre la guardava uscire: «Tra un mese!»  Esclamò, mentre invece avrebbe voluto dire “Ti amo”.

 

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Capitolo 3
*** -2- ***


-2-

 

 

 

«Ciao Los Angeles.» Miranda, appena atterrata a Los Angeles chiuse gli occhi perdendosi nel dolce e metropolitano profumo della California. Con la consapevolezza che non sarebbe stato semplice e la speranza che sarebbe stato straordinario, si fece largo tra la folla per uscire dall’aeroporto, il luogo dove tutto iniziava.

Si guardò intorno nella speranza di trovare un taxi e dopo qualche minuto di intensissimo traffico e gente che correva freneticamente da una parte e dall’altra, si rese davvero conto di dove si trovava: era a Los Angeles, capitale del cinema e dei sogni. La città dove tutto era possibile, dove non pioveva quasi mai, ma quando lo faceva sembrava che le case venissero giù, la città che da sempre aveva sognato. Ora che ci si ritrovava buttata dentro, Los Angeles in tutta la sua immensità la faceva sentire inerme e piccola.

Fece un respiro profondo e si avvicinò ad un tassista che tranquillo e sereno se ne stava fuori dall’auto, poggiato allo sportello ad osservare la folla umana che li circondava. Sembrava totalmente a suo agio e per nulla confuso dal ronzio e dal via vai di gente che c’era e Miranda pensò per un attimo che avrebbe voluto sentirsi come lui: pronta e preparata, senza paure o senza dubbi. Avrebbe voluto semplicemente prendere il suo sogno e portarselo dietro fino al posto in cui probabilmente l’avrebbe realizzato. Sorrise tra sé e sé e si rese conto che se non avesse avuto paura, se fosse stata del tutto serena in quella nuova città, non avrebbe sentito lo stesso brivido che adesso le pervadeva la schiena da cima a fondo e l’emozione, il divertimento e l’entusiasmo di realizzare il proprio sogno sarebbero scemati rendendo le cose decisamente più semplici ma per nulla divertenti.

A passo svelto si incamminò verso “mister tranquillità”, era questo il nomignolo che nella sua mente gli aveva dato e poggiò la sua valigia a terra: «Mi scusi..» Disse.

Il tassista rimase immobile a guardare davanti a sé come se non l’avesse sentita e per un attimo Miranda si convinse che forse non aveva parlato davvero.. “E se avessi solo immaginato di parlare?” pensò.

Scosse decisa il capo e si schiarì la voce nell’intento di attirare l’attenzione dell’uomo. «Salve..»

L’uomo girò appena la testa e la osservò un attimo con sguardo interrogativo e poi tornò nella sua posizione per nulla intenzionato a risponderle.

Miranda lasciò cedere le braccia lungo i fianchi e sospirò perplessa e sconsolata: come inizio non sembrava davvero il massimo.

Dopo qualche minuto di silenzio, il tassista la guardò. «Posso aiutare te?»

La ragazza corrugò la fronte: non era decisamente americano. «Si.. grazie.. Devo andare qui!» Rispose mostrandogli la lettera con l’indirizzo.

L’uomo lesse e sorrise: « Ah ah.. Tu pasticcera!»

Miranda sorrise appena, il suo modo di parlare e l’intonazione che dava alle parole erano davvero buffi: «Beh ci provo.. Ad ogni modo, puoi accompagnarmi?»

L’uomo annuì deciso e le prese la valigia per sistemarla sul sedile posteriore: «Io tassista, quindi si, io accompagno te a scuola di dolci.. Ma tu siedi avanti con me..»

Miranda lo fissò perplessa alzando un sopracciglio: voleva che si sedesse avanti, che fosse un maniaco?

«Tu non preoccupa.. Io no maniaco o assassino.. Ma tu bella ragazza e seduta dietro tu spreco.. Meglio avanti cosi che possano vedere te.» L’uomo si spiegò come se le avesse letto nel pensiero, e sorrise mentre le apriva lo sportello e la faceva accomodare.

Miranda sorrise un po’ preoccupata e salì in auto.

«Io Malic.. E vengo da Giamaica.»

«Io sono Miranda e vengo da New York.»

«Tu piace musica giamaicana?»

Miranda lo fissò e fece spallucce «Dipende! Bob Marley era forte.» L’uomo annuì con aria triste come se stessero parlando del suo defunto padre «Già.. Bob era grande della musica giamaicana.»

«Si hai ragione.»

Malic annuì e poi iniziò a battere il dito a ritmo di “No woman no cry sul volante.

«No woman no cry, no woman no cry.. Said, said, said I remember when we used to sit in the government yard in Trench- town..» Miranda lo accompagnò con le poche parole della canzone che conosceva.

Malic rise appena e iniziò a cantare a sua volta.. Continuarono così fin quando non arrivarono a destinazione.

«Noi arrivati! Quella scuola di pasticceria.»

Miranda si guardò intorno e i suoi occhi da allegri e spensierati diventarono spaventati e confusi.

«Tu spaventata?» Le chiese Malic mentre scendevano dall’auto.

Miranda piegò appena la testa e rimase immobile  a fissare il grande edificio davanti a lei: un posto grandissimo, con una bellissima facciata color crema e l’aspetto professionale di una scuola di grande prestigio, quale in effetti era.«Hey Malic.. Mi riaccompagni all’aeroporto? Non credo di voler restare qui.»

Malic la guardò e sorrise. «Tu rimane. E tu bravissima.»

Miranda sorrise appena e prese la sua valigia. «Grazie Malic.. A presto!»

«A presto Miranda di New York!»

 

 

Una volta sola Miranda ebbe l’impulso per due o tre volte di fuggire e tornarsene a casa. Davanti a quell’immensa porta che le stava di fronte non si ricordava più neppure la ricetta dei bignè alla crema. Come se il suo movimento fosse automatico afferrò il telefono e chiamò la sua fonte personale di tranquillità: Dave.

«Pronto?»

«La porta è gigantesca e sormontata da una maestosa scritta che mi mette un’ansia terribile.» Furono queste le parole con cui Miranda salutò il suo amico.

«Anche io sono felice di sentirti..»

Miranda scosse il capo sorridendo appena, il tono sarcastico dell’amico in quel momento era davvero quello che le serviva. «E se prendessi un aereo e tornassi a casa oggi stesso?»

«E se invece facessi un bel respiro profondo e oltrepassassi la “porta del terrore”?»

«Sono davanti alla porta di una delle più prestigiose scuole di cucina di Los Angeles.. Sai quante persone più brave di me ci saranno lì dentro? Promettenti pasticceri che mi guarderanno e penseranno che sono un’imbranata.»

Dave rimase in silenzio per alcuni minuti scuotendo leggermente il capo per la paranoia della sua amica: «Non dovresti stare fuori a fissare la porta troppo a lungo.. Potrebbero chiamare la polizia e denunciarti come un soggetto sospetto che si aggira furtivamente davanti alla prestigiosa scuola di dolci..»

Miranda sembrò riflettere un attimo e si chiese come quelle assurde parole potessero aiutarla. Tuttavia si sentiva già meglio e le sue insicurezze sembrarono svanire sotto il tono sarcastico e divertente di Dave.

Quel sentimento di calma che solo la voce del suo amico era capace di darle, non era cosa nuova. D’altronde Miranda l’aveva capito subito, non appena l’aveva incontrato il primo anno del liceo, che lui sarebbe diventato una persona importante. Ricordava esattamente che l’aveva visto aprire il suo armadietto e lanciare dentro i libri, come se fossero un sacco di patate, l’aveva osservato un po’ e aveva deciso dal modo in cui sorrideva che voleva saperne di più. Allora, aitante e simpatico com’era, era riuscito con un solo sguardo a farla sentire bene..

Si erano trovati subito a proprio agio e con il passare del tempo si raccontavano tutto l’uno dell’altra finendo con l’essere gli inseparabili amici che erano adesso. Qualcuno avrebbe potuto pensare che tra loro ci fosse di più di semplice amicizia, ed in effetti non era tanto sbagliato pensarla così; tra loro c’era complicità, rispetto, profondo affetto e una leggera forma di dedizione che rendeva piacevoli anche quei  silenzi che per molti, di solito, diventano imbarazzanti.

Fece un respiro profondo e colse il messaggio tra le righe che il suo amico le stava lanciando. «Mi hanno chiamato loro.. Dovrò pur contare qualcosa in fondo.»

Dave dall’altro capo del telefono sorrise e annuì fiero del rinnovato coraggio della ragazza.

«Rimani in linea fin quando non varco la soglia?»

«Certo.. ma sappi che sono al lavoro e rischio di essere licenziato se passo troppo tempo al telefono.»

«Ma smettila.. il tuo datore di  lavoro è tuo fratello.» Replicò Miranda facendo qualche passo verso la porta.

«E allora? Le macchine non si riparano comunque da sole.»

Miranda annuì mentre varcava la “spaventosa” porta e in sottofondo le parole dell’amico scorrevano veloci. «Sono dentro!!» Esclamò guardandosi intorno confusa ma felice.

Dopo aver parlato ancora qualche secondo col suo amico, Miranda riattaccò e si diresse allo sportello che presumeva fosse la “segreteria”. Continuando ancora a guardarsi intorno si ritrovò a sorridere da sola nel grande atrio.

Ogni cosa dentro l’edificio le sembrava meravigliosa.. Persino l’uomo delle pulizie che posava gli attrezzi nel suo stanzino personale le sembrava l’uomo più bello del mondo. Toccava le pareti ed ogni cosa intorno a lei come per accertarsi che fosse tutto vero.  E nell’attesa che arrivasse il suo turno ebbe modo di riflettere su tante cose. Aveva migliaia di domande e tutte sembravano in quel momento prive di risposta.

Cosa avrebbe fatto dopo lo stage?  Di sicuro avrebbe ampliato le sue conoscenze e questo era già abbastanza. Avrebbe aperto una pasticceria tutta sua? E se si, l’avrebbe aperta lì a Los Angeles o sarebbe tornata all’ovile, a New York?

Le domande erano tantissime e le risposte ancora troppo poche.

«Signorina è il suo turno!»

Miranda scosse il capo per tornare alla realtà e si avvicinò alla segretaria. Prese la lettera e gliela mostrò mentre continuava ad osservare ogni cosa.

«Questo è il programma.. La sua stanza è la prima a sinistra al piano di sopra.» Le disse la signora dandole il programma settimanale e indicandole la via per raggiungere la sua stanza «Benvenuta!»

Miranda annuì e ringraziò mentre si apprestava a salire di sopra.  Si fermò ancora un momento nel grande atrio e diede una rapida occhiata al programma della prima settimana che sembrava parecchio intenso:

 

Prima settimana: Le basi della pasticceria (1° parte)

Impasti:

 

Pasta frolla

Pasta sfoglia

Pasta brisée

Pasta a bignè

Pan di spagna

 

Creme:

 

Crema pasticcera e sue varianti

Crema inglese

Crème diplomate

Crema al cioccolato

Crema alla frutta

 

 

Richiuse il foglietto e iniziò a percorrere la grande scala per raggiungere la sua camera. Contò i gradini che la separavano dal piano di sopra; erano venti e dopo la scala, altri venti passi di media lunghezza la separavano dalla sua camera: la numero due.

Arrivata aprì la porta e si ritrovò davanti ad una semplicissima ma accogliente camera: una grande finestra, una libreria, una scrivania, due lettini e due comodini; probabilmente avrebbe avuto una compagna o un compagno di stanza. Entrò e poggiò le sue cose su uno dei due letti, si mise a sedere e respirò a fondo mentre le tensioni svanivano e quell’edificio che  da fuori le sembrava spaventoso, non le faceva più così paura.

 

 

 

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Capitolo 4
*** -3- ***


-3-

 

 

«Hai finito di parlare al telefono? Le macchine non si riparano da sole.»

Dave scosse il capo e alzò gli occhi sul fratello. «Si..scusa, era Miranda. È appena arrivata a Los Angeles e aveva bisogno di un po’ di incoraggiamento.»

Il fratello, Caleb, ridusse gli occhi ad una fessura e guardò Dave dalla testa ai piedi. «Miranda eh?»

Dave sospirò e si rimise al lavoro: il tono malizioso del fratello non gli piaceva affatto, o meglio lo imbarazzava particolarmente.

Caleb sorrise appena e gli si avvicinò: «Quando le dirai che provi qualcosa per lei?»

Dave lo guardò un attimo e poi si infilò sotto un’auto. “È davvero così evidente che provo qualcosa per lei?” pensò mentre fingeva di riparare un motore.

Se era davvero così evidente perché lei non se ne era accorta? E se invece se ne fosse accorta e avesse fatto finta di nulla perché non provava per lui le stesse cose? Era davvero così importante? A lui in fin dei conti bastava averla nella sua vita, in un modo o in un altro.

«Fratellino, la conosci da quasi dieci anni. La vita è troppo breve, non puoi perdere altro tempo.» Le parole di suo fratello distolsero Dave dai suoi pensieri. Sospirò e uscì da sotto l’auto: «Ora che hai finito di spargere le tue perle di saggezza puoi lasciarmi lavorare? L’hai detto tu d’altronde, le macchine non si riparano da sole.»

Caleb annuì trattenendo la risata che l’imbarazzo del fratello gli provocava. «Guarda che io lo dico per te. Lei è bella, giovane ed è a Los Angeles, la capitale del cinema. Ad L.A. le celebrità le incontri al supermercato.»

«E questo perché dovrebbe interessarmi?»

Caleb fece spallucce. «Ti pentirai di non averle detto ciò che provi quando tornerà con a fianco un bel ragazzo, promettente attore tipo Orlando Bloom.» Lo stuzzicò mentre tornava nel suo ufficio.

Dave lo guardò e sospirò: poteva davvero capitare una cosa del genere? Sul fatto che Miranda fosse bella non c’era dubbio.. Lei era bellissima. Ma era il tipo da innamorarsi di tipici e monotoni aspiranti attori californiani.

 

 

 

Da sola nella sua camera nella prestigiosa scuola di pasticceria Miranda attendeva con pazienza l’arrivo della sua compagna o compagno di stanza. Sdraiata sul lettino a far niente pensava a quante cose avrebbe fatto: la settimana che la attendeva si preannunciava intensa e decisamente impegnativa.  Tuttavia si sentiva motivata e piena di grinta. Rise appena e iniziò tirare fuori dalla valigia i suoi vestiti.

«Ciao..»

Miranda si voltò e si ritrovò davanti una ragazza minuta, biondina con grandi occhi azzurri. «Ciao.. Tu sei la mia compagna di stanza immagino.. Io sono Miranda.»

La ragazza sorrise e annuì «Io sono Sofia»

Miranda guardò la ragazza davanti a lei e le sorrise. Sembrava una brava ragazza, anche se molto riservata. Timidamente Sofia entrò nella stanza e poggiò le sue cose sull’altro letto, poi in silenzio si mise a sedere e fece un respiro profondo. Probabilmente anche lei si sentiva un po’ spiazzata e disorientata. Miranda sorrise tra sé e sé e si consolò al pensiero che lei non fossi l’unica a sentirsi confusa e spaventata. «Se preferisci questo letto dillo pure.. Io mi sposto da quel lato senza problemi.»

Sofia la guardò e sorrise appena, leggermente rossa per l’imbarazzo «Va bene così.»

Miranda annuì e abbozzò un mezzo sorriso mentre finiva di sistemare la sua roba in silenzio.

La timidezza di Sofia le faceva uno strano effetto,probabilmente perché lei timida non lo era mai stata.

Aveva dovuto imparare a cavarsela da sola fin troppo giovane, d’altro canto quando tua madre è un avvocato di successo che sta fuori quasi tutto il giorno per lavoro, e tuo padre ti ha abbandonato così presto che neppure ti ricordi il suo viso, non c’è spazio per la timidezza. Devi imparare ad essere determinata. Tuttavia lei e Sofia avrebbero dovuto passare il mese insieme, nella stessa stanza e nonostante Miranda non sapesse come comportarsi di fronte a tanta timidezza e riservatezza, era chiaro nella sua mente che avrebbe dovuto trovare il giusto modo di parlare con lei e fare amicizia e soprattutto avrebbe dovuto trovare il giusto equilibrio tra il suo carattere aperto ed estroverso  e quello introverso e riservato di Sofia. Ma come poteva fare?

«Di dove sei Sofia?» Le chiese gentilmente.

«Sono del Canada. Vancouver.»

«Io sono di New York.»

Sofia annuì e poi tornò ad occuparsi degli affari suoi come se fosse totalmente disinteressata ad approfondire la conoscenza.

Miranda alzò un sopracciglio perplessa e poi fece esattamente come lei. In silenzio tornò a sistemare le sue cose con l’intenzione di andarci pian piano e per grado con la sua timidissima compagna di stanza. Tirò fuori dalla valigia una montagna di vestiti, praticamente tutti quelli che aveva, ed infine prese le foto che ritraevano lei e Dave.. Le avevano fatte dentro una di quelle macchinette per le fototessere istantanee alla stazione e Miranda non poteva fare a meno di ridere ogni volta che le guardava.

Dave.. La sua parte razionale e tranquilla.. Quello con cui beveva continuamente ipercalorici frappé al cioccolato e  con cui faceva la radiocronaca alle partite di football in tv. Ricordava esattamente il girono in cui avevano fatto quelle stupide foto: avevano fatto a gara a chi faceva la faccia più strana e senza ombra di dubbio Dave era il vincitore.

«È il tuo ragazzo?»

Miranda scosse il capo «No!! È il mio migliore amico.»

Sofia sorrise «È carino!»

Miranda annuì e la osservò per qualche secondo.. Sembrava aver abbandonato la timidezza. Osservò per un attimo ancora le foto e poi le poggiò sul letto.

«Cooper e Daniels.. È ora di prendere le misure per le divise.»

La voce della segretaria attirò la loro attenzione. Miranda e Sofia si voltarono e annuirono mentre la seguivano in una grande stanza dove due sarte le aspettavano per prendere le giuste misure. Lo stage prevedeva infatti che tutti i partecipanti indossassero la stessa divisa: bianca e verde con una miniatura dello stemma della scuola. L’unica personalizzazione possibile stava nella scelta del cappello, ognuno poteva indossare il proprio e quello di Miranda era piuttosto “semplice”,  bianco con al centro lo stemma, in rosso, degli AC/DC. Era un regalo di Dave. Quando l’aveva visto Miranda non poteva crederci, le aveva regalato un cappello da pasticcere con lo stemma di un gruppo rock anni ’80. Non che gli AC/DC le dispiacessero, ma dolci e musica rock erano una combinazione piuttosto insolita. Tuttavia era un regalo del suo migliore amico perciò anche se fosse stato orribile l’avrebbe adorato comunque.

Quando fu il suo turno, salì sul piccolo palchetto della stanza per prendere le misure. Le due sarte le fecero aprire le braccia stile spaventapasseri e le presero tutte le misure che servivano.

Su quel palchetto, attorcigliata al metro Miranda si lasciò andare a sogni di gloria.. Immaginava già di essere una pasticcera osannata in tutto il mondo, che i suoi dolci fossero i più richiesti e nei pochi minuti che servirono per le misurazioni riuscì grazie alla sua galoppante fantasia ad immaginare anche varie conversazioni telefoniche con le maggiori emittenti televisive che facevano a gara per darle un programma tutto suo.

«Signorna.. Abbiamo finito.»

Miranda scese dall’immaginario piedistallo che si era costruita in quei minuti e sorrise alla sarta che le comunicava che avevano finito. Rise appena sentendosi un po’ stupida e scese dal palchetto. «Scusi.. Mi ero persa in immaginari sogni di gloria..»

La donna le sorrise mentre tutti i presenti, due ragazzi a parte lei e Sofia, la fissavano sorridendo divertiti dal suo tono. Miranda fece spallucce e sorrise, si era fatta riconoscere anche questa volta, e fece l’occhiolino a Sofia che si accingeva a salire sul palchetto. Guardò i ragazzi alla sua destra e decisa che era il momento di fare amicizia. «Hey ragazzi.. Come va? Io sono Miranda»

I ragazzi la guardarono e le sorrisero «Io sono Logan e lui è Trey.» rispose uno presentando entrambi.

Miranda sorrise e presentò Sofia che timida alzò la mano e fece un cenno di saluto che i ragazzi ricambiarono.

«Com’è il vostro cappello?» Chiese ancora Sofia «Il mio è bianco con al centro lo stemma degli AC/DC.»

I ragazzi la fissarono senza dire nulla e creandole un po’ di imbarazzo. Miranda annuì appena e respirò a fondo “Simpatici!” pensò sarcastica.

 

 

 

«Scusa se non parlo molto.. Ma non sono mai stata un tipo particolarmente loquace.»

Miranda alzò gli occhi su Sofia mentre in silenzio tornavano nella loro camera. «Non preoccuparti.. Io lo sono per entrambe.»

Sofia sorrise e non aggiunse altro. Nel grande corridoio che le separava dalla camera, Miranda si guardava intorno.. Un gran numero di ragazzi tutti presi ed indaffarati da qualcosa. Le sembravano così lontani dalla sua realtà, tutti chiusi in loro stessi, nessuno che chiacchierava, nessuno di loro sembrava intenzionato a fare amicizia. Tutti stretti nel loro sogno e nella loro voglia di arrivare.

Li osservava e sperava con tutta se stessa di non essere mai come loro. Quello stage era importante anche per lei, ma nonostante preparare dolci era quello che più amava fare, sapeva che c’era qualcosa di molto più importante da cogliere in quell’esperienza: c’era il confronto con gli altri, la possibilità di vedere una città che non fosse la sua, e soprattutto c’era l’occasione di fare nuove amicizie e nuove conoscenze, e questo più di ogni altra cosa era ciò che l’avrebbe arricchita.

Volse lo sguardo a Sofia che silenziosa camminava al suo fianco e pensò che non voleva affatto essere come quei ragazzi in corridoio, pensò che lei voleva essere un’amica per lei e non solo la sua facilmente dimenticabile compagna di stanza. Rimase in silenzio e le sorrise soltanto fin quando arrivate in camera decise di rompere il ghiaccio e costruire un rapporto d’amicizia con lei.

«So che non sei molto loquace, e mi sembri molto timida e riservata. Non vorrei mancare di delicatezza Sofia, ma hai visto quei ragazzi in corridoio?» Le disse mentre l’altra la guardava senza capire esattamente dove volesse andare a parare «Tutti loro hanno un sogno, che è uguale al nostro.. Ma io non voglio essere come loro. E so che forse il giudizio è troppo veloce, non li conosco nemmeno, ma mi sembrano così soli..»

Sofia annuì appena e abbassò gli occhi leggermente imbarazzata o forse colpita dalle sue parole.

Miranda la osservò un po’ e sospirò. Le sue intenzioni erano buone, ma se Sofia non voleva fare amicizia non poteva di certo costringerla «Scusa.. Non importa. In fin dei conti è solo un mese.»

«Hai ragione.. Neanche io voglio essere come loro.»

Miranda alzò gli occhi sulla ragazza e sorrise invitandola a sedersi accanto a lei sul letto. Sofia abbozzò un sorriso e si mise a sedere accanto a lei. Iniziò a raccontarle un po’ di lei. Le disse che amava i peperoni e che il dolce che le riusciva meglio era senza ombra di dubbio la crostata. Che aveva un fidanzato una volta ma si erano lasciai perché lui l’aveva tradita con la sua migliore amica e che anche per questo motivo fidarsi e fare amicizia adesso era per lei complicato.

Miranda ascoltò tutto con grande piacere e le raccontò a sua volta un po’ di lei, del dolce che le riusciva meglio, della sua vita a New York, della sua scatenata amica Maddie, di sua madre, del padre che l’aveva abbandonata quando lei era ancora piccola e del suo migliore amico. Chiacchierarono a lungo e gettarono le basi per quella che secondo Miranda sarebbe diventata una bellissima amicizia.

 

 

 

 

«Dave, per fortuna sei qui!»

Entrando dentro l’officina in fretta e furia come se fosse successo qualcosa di gravissimo, Melissa, la madre di Miranda attirò l’attenzione che stava sistemando una vecchia Cadillac.

«Melissa.. Che succede?»

«Devi controllare il maggiolone di Miranda.»

«Ok!! Portamelo la settimana prossima, tanto Miranda adesso non c’è. Posso farlo con calma.»

Melissa scosse il capo e sorrise. «Vorrei che tu lo sistemassi quanto prima così potrai portarglielo quando andrai a trovarla.»

Dave corrugò la fronte perplesso. Perché credeva che sarebbe andato a trovarla? Ascoltando le parole della donna, era come se ascoltasse suo fratello. Lo stesso tono di chi crede di aver capito tutto. «Cosa ti fa credere che andrò a trovarla?»

La risposta di Melissa fu una fragorosa ma intenerita risata che andò scemando sotto lo sguardo perplesso del ragazzo. «Dave.. Ti voglio bene come ad un figlio, ma devo dirtelo, sei un pessimo attore. Andiamo, sii sincero, quanto ancora resisterai prima di partire per Los Angeles?»

Dave gettò  la testa all’indietro e sospirò «È così evidente?»

«Che sei innamorato di lei? Si, un po’ si nota.»

«Già.. Se ne sono accorti tutti tranne lei.»

«Allora diglielo.»

Dave scosse impercettibilmente il capo mentre tornava ad occuparsi dell’auto che stava riparando. «E se per lei non è lo stesso? Rischio di rovinare tutto.»

«E se invece per lo è? Rischi di perdere tutto quello che potresti avere.»

Dave la osservò: aveva ragione.

«Allora? Quando ti porto l’auto?» Riprese la donna chiedendogli tra le righe quando sarebbe partito.

Dave respirò a fondo e sembrò riflettere un attimo «Quando vuoi.»

Melissa rise appena e gli accarezzò amorevolmente il capo: «L’auto è qui fuori.»

Dave annuì e la guardò uscire.

“Ed io che credevo di essere bravo a nascondere i miei sentimenti.” Pensò.

Finì di sistemare l’auto a cui stava lavorando e pensò se era davvero il caso di partire. Tante volte aveva provato a dirle quello che provava ma mai, nessuna volta c’era riuscito, perché andando a Los Angeles sarebbe stato diverso?

Uscì dal garage e si diresse fuori per prendere la macchina di Miranda e portarla dentro il garage.

«Hey Dave, guarda lì..» Il fratello richiamò la sua attenzione indicandogli con un gesto della testa la televisione.

Dave guardò aggrottando la fronte nell’intento di capire cosa esattamente volesse mostrargli, visto che l’unica cosa che vedeva erano delle immagini di giovani ed aitanti modelli che sfilavano su un tappeto rosso.

«Quella è Los Angeles. Sicuro di non voler raggiungere Miranda e dirle quello che provi?»

Caleb sembrava divertirsi particolarmente a stuzzicarlo. Dave scosse il capo e si passò una mano sul viso sconsolato, poi gli lanciò la pezza sporca di grasso colpendolo dritto in viso.

Davvero credeva che fosse così facile? Ma perché non si faceva gli affari suoi e lo lasciava in pace? Come se lui non ci avesse mai provato. Ok, forse aveva sprecato qualche occasione, come il giorno che lei aveva ricevuto la lettera di ammissione allo stage, o il giorno della sua partenza, e tanti altri prima. Ma non era colpa sua. Erano i momenti sbagliati. O perlomeno questa era la giustificazione che usava per sentirsi meno codardo. «Credi che non vorrei dirle ciò che provo? Credi che mi piaccia stare qui a pensare che per la mia vigliaccheria rischio di perderla? Ma non è semplice. Ci provo tutte le volte e non ci riesco mai.»

Caleb lo ascoltò e, adesso, non si divertiva più così tanto. Spense la televisione e non aggiunse altro mentre lo guardava uscire fuori.

 

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