Stringimi forte

di Serpeverde_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno. ***





Stringimi forte.

(1)

 

Un bambino dagli indomabili ricci color pece e dalla bocca piegata in una smorfia furba, stava cingendo la vita di altre due bambine. Una leggermente più bassa di lui,sulla sinistra, che sorrideva alla macchina fotografica mostrando un buco nel posto in cui sarebbero dovuti esserci gli incisivi; l'altra era della sua stessa altezza, teneva il broncio, mentre scrutava avvilita involucro di un palloncino rosa appena scoppiato nelle sue stesse mani.
Rivedere quella foto mi fece scendere svariate lacrime sulle guance, lasciando dei visibili e lucidi occhi rossi. La tenni sulle mani, come una reliquia, come per paura di rovinarla.
Poco più in là, sulla scrivania, notai quattro piccole istantanee che ricordai di averle fatte pochi mesi prima dell'incidente.
Eravamo seduti all'interno della cabina nera, con dei sorrisi che andavano da un orecchio all'altro. Mi lasciai cadere all'indietro sul letto pensando a quella giornata trascorsa al Pennhurst Asylum, un parco degli orrori a Philadelphia. Nella prima foto Cristopher stava evidentemente imitando la faccia di Margaret quando uno zombie aveva cercato di attaccarla, nell'altra io mi stavo tirando la pelle intorno agli occhi cercando di sembrare spaventosa ma quello che ottenni fu la risata del ragazzo e la faccia disgustata di Mag. Nella terza ci eravamo tutti coperti la faccia con le mani, sorridendo come maniaci.
E poi c'era la quarta, quella che appena vidi mi fece salire un senso di malinconia fino alla gola.
Ci stavamo abbracciando, come la foto di quando eravamo bambini. Eravamo sereni, affiatati, con gli occhi colmi di speranza.
Una serenità che non avremmo più riavuto indietro, e meno di tutti Chris.

 

Misi a posto le istantanee sul tavolo e corsi verso il bagno a bagnarmi la faccia. Una notte insonne, una delle tanti.
Ma quella era specialesempre se la si potesse definire così. Era la peggiore di tutte, la più dolorosa, la più triste e rancorosa. Dato che, esattamente un anno prima, durante quella serata del 2 settembre, avvenne l'incidente.
L'incidente che privò al mio migliore amico l'opportunità di crescere e vivere la propria vita, l'incidente che costrinse la mia migliore amica bloccata nel letto in uno stato incosciente.
''Tesoro'' la voce di mia madre mi colse di sorpresa, facendomi bagnare tutto il pavimento della toilett d'acqua ''Non riesci a dormire?''
Mi passai le mani sugli occhi, in un tentativo invano di coprire il rossore ''No mamma, torna a letto. Sto bene''
Era una bugia. Non stavo bene. Non lo ero mai stata in quei 365 giorni passati.
''Vado a preparare un po di latte, va bene?'' mormorò dolcemente guardandomi con le sue severe iridi verdi ''E non ti preoccupare per la pozza, puliremo domani mattina''
Detto questo scese le scale con la sua solita grazia e scomparve al di la del salotto.
Alzai lo sguardo verso il mobiletto sopra il lavabo, dove un piccolo specchio ricopriva l'anta di legno. Noncurante di quanto spossata sembrassi la aprii, cercai il collirio più vicino, ne tolsi il tappo e ne versai un po' di contenuto all'interno dei miei occhi.
Poi rimisi la bottiglietta rossa all'interno dell'armadietto e dopo una fugace occhiata nella specchiera – da cui notai delle piccole occhiaie – mi avviai verso la cucina.
Mia madre mi stava aspettando a capotavola con una tazza fumante tra le mani. Ne bevve un sorso prima di accorgersi che ero entrata nella stanza dove subito si alzò a procurami un altro bicchiere ''Ho messo del miele come piace a te. Poi concilia il sonno, e tu ne hai proprio bisogno''
Annuii prendendo posto accanto a lei sulla sedia imbottita ''Grazie''
''Ho parlato con Gwendolyn questo pomeriggio, le ho chiesto se oggi potevate uscire insieme'' mi incalzò mentre mescolava il suo latte facendo tintinnare il cucchiaio ''Hai bisogno di uscire, e intendo uscire veramente.''
Fissai il contenuto della mia tazza senza interesse, guardando i grumi di miele che si disfacevano nel liquido caldo ''No''
La mia risposta non la fece alterare, anche se avrebbe dovuto, la fece soltanto avvilire. Perchè, come madre, non è di certo il massimo vedere la propria figlia appassire all'ombra giorno dopo giorno.
Stette zitta, e dopo un lungo sorso continuò ''Potresti andare a trovare Margaret in ospedale. E poi fare un salto da Chris per cambiare i fiori. A dirla tutta, quelle viole sono un pugno nell'occhio sopra la tomba. Chi sa chi le avrà messe''
''Le viole erano il suo fiore preferito'' commentai accennando un sorriso, uno di quelli infelici.
Lei sorrise e allungò la sua mano per unirla alla mia ''Allora sono bellissime''
''Io le ho sempre detestate, ma lui continuava sempre a borbottare per dietro quanto fossero soavi e delicate. Forse è per questo che le odiavo. A casa aveva aiuole ovunque.'' ammisi quasi in un sussurro.
Mia madre mi scrutava attentamente con gentilezza, finché non alzai lo sguardo verso di lei.
''É un anno'' mormorai con la voce spezzata, stavolta fissando le mie pupille grigie sulle sue.
Si incurvò su di me accarezzandomi la chioma cioccolato con fare protettivo, come se avessi avuto ancora cinque anni e avessi appena fatto una dolorosa caduta ''Lo so, tesoro''
''Odio mostrare un sorriso, odio dover ridere facendo finta che io mi stia divertendo, odio coprirmi con una maschera e far sembrare che io sia forte. Mamma, io non lo sono''
Levai la mano dalla sua per portarle entrambe fra i miei capelli vaporosi.
''Guardami'' mi impose lei tirando su il mio mento con dolcezza, i miei occhi minacciavano di sfociare in un pianto da un momento all'altro ''So benissimo che una diciassette dovrebbe pensare ad altro, non addossarsi un peso così doloroso. Ma amore, devi vivere. Portati i tuoi ricordi nel cuore, ma viviFallo per Christopher che non può più avere questo grande dono, e fallo per Margaret che per il momento non può godersi l'andare del tempo''
Mi alzai con la tazza tra le mani dopo aver finito il latte fumante in pochi veloci sorsi e dopo aver declinato la proposta nell'averne dell'altro da parte di mia madre.
Poggiai il bicchiere nel lavandino e mi voltai verso di lei con ancora le mani sul bancone ''A che ora arriverà Gwen?'' chiesi.
Lo sguardo le si illuminò ''Le ho detto di passare quando ha finito di mettere a posto le sue faccende, povera ragazza, dopo tutto Chris mancherà anche a lei''
''E non sai quanto'' confermai vaga ''Perdere il proprio fratello gemello non giova a nessuno''
Ravvivai i capelli prima di abbassarmi all'altezza di mia madre che se ne stava ancora seduta con il latte ormai freddo tra le mani e scoccarle un leggero bacio sulla guancia.
''Cerca di dormire, sgombra la mente'' mi consigliò appena cominciai a salire le scale.
Mi gettai sul letto a peso morto, e dopo un po di minuti a fissare il soffitto mi decisi a scavalcare le coperte e infilarmi sotto le lenzuola.
Diedi un'ultima occhiata alla foto dei tre bambini sorridenti che tenevo sul comodino, e come una dolce buonanotte, scivolai in quel mondo dei sogni che erano i miei ricordi.

 




Buongiornoo
Se siete arrivati a leggere anche questa piccolissima conclusione che è il mio pensiero significa che la storia vi ha incuriosito. O almeno credo hah.
Sta di fatto che è la prima volta che mi cimento in una storia romantica originale, prima ero solita a scrivere fanfiction su personaggi famosi. Ovviamente hah. 
Credo che verrà fuori come voglio, e spero tantissimo che mi accomapagnerete in questo viaggio di scrittura.
Voglio assolutamente sapere che ne pensate eh! Hahah quindi non siate timidi e scrivetemi quello che gradite o non gradite di questo breve prologo.
Vi ringrazio e al prossimo aggiornamento.
Un bacio!
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo due. ***





Stringimi forte.

Trailer


(2)
 

Ero incredula del fatto di essere riuscita a dormire senza bisogno di qualche farmaco. Mi avevano prescritto delle pillole per il sonno per l'esperienza che avevo passato, ma mia madre era sempre stata contraria ai rimedi artificiali.
Certo sapeva che non c'era altra scelta, e quindi aveva acconsentito a patto che non le avessi prese troppo frequentemente e per ogni piccola cosa.
La mie guance avevano ancora i segni che le lacrime avevano lasciato dalla notte prima, e miei occhi sembravano delle palline da golf quanto erano rossi e gonfi. Ma, a parte questo, avevo l'aria più riposata del solito. Probabilmente perchè era la prima volta che dormivo più di tre ore.
Non avevo proprio voglia di alzarmi da quel letto, vestirmi, e fingere di essere felice. Non quel giorno, non quella domenica, non l'anniversario della morte del mio migliore amico e il coma della mia migliore amica.
Poi mi rincuorai sul fatto che sarebbe stata Gwen a passare la mattinata con me. Mi serviva proprio l'appoggio della sorella di Chris. Una persona che poteva veramente capire quanto stavamo soffrendo.


''Hai, è arrivata Gwendolyn'' urlò mia sorella che era passata davanti alla mia camera, probabilmente mentre stava scendendo per fare colazione. Presi un gran respiro profondo e poggiai i piedi nudi sulla moquette per andare ad aprire la porta.
Così feci, nonostante le mie gambe avessero una consistenza molliccia, e mi sporsi verso le scale per vederne al piano terra.
''Buongiorno, è permesso?'' mormorò educata una voce potente proveniente dall'uscio di casa.
''Gwen, sono qui. Sali'' dissi di rimando appena vidi un ammasso di capelli neri al centro del corridoio. Subito alzò lo sguardo verso di me e cominciò a salire le scale.
Intanto avevo già aperto il rubinetto della vasca da bagno per far scaldare l'acqua e quando la ragazza mi raggiunse al piano di sopra, si soffermò a guardare i miei occhi e così io i suoi.
Aveva pianto, probabilmente per ore e ore senza contegno. Gwen non era una ragazza che piangeva, lo faceva raramente davanti alle persone, e dagli occhi rossi si intuiva che aveva passato maggior parte del tempo all'interno della sua camera.
''Non voglio farti aspettare ma sono davvero in condizioni disperate, dammi cinque minuti che mi faccio un bagno e poi possiamo uscire'' dissi mortificata tenendo un asciugamano giallo stretto al petto.
Lei annuì ''Ti aspetto in camera tua. Tranquilla, ne hai bisogno''. Poi sorrise, stranamente in maniera vera. Non come una persona che è costretta a farlo per le circostanze.
Mi buttai dentro l'acqua calda dopo aver chiuso la porta a chiave passando più e più volte con la spugna la mia faccia. Lo feci di fretta, impedendomi di pesare. Perchè se avessi cominciato a pensare a Mag e Chris avrei fatto diventare i miei occhi ancora più gonfi.
Come detto, cinque minuti dopo, con l'asciugamano attorno al corpo mi diressi in camera.
Gwen era seduta sul mio letto, con la testa china su una foto. La foto che tenevo sul comodino.
''Vi chiamavano il trio discorde da quanto eravate diversi'' disse non appena mi vide entrare all'interno della stanza, senza distogliere lo sguardo dall'immagine ''Eravate così diversi''

Sorrisi prima di prendere posto accanto a lei, sul letto, con ancora le braccia e le gambe leggermente umide ''Quel giorno Chris aveva-''

''Aveva ''rovinato'' la festa di compleanno di Mag. Me lo ricordo. Aveva portato delle formiche dal formicaio sotto casa e le aveva lanciate sopra di lei'' raccontò divertita.
Mi unii anche io alla risata ''Già. Povera, si è fatta tra le tre e quattro docce quella sera''
Poi ci fu silenzio, un silenzio carico di tristezza. Mi alzai dal letto per vestirmi mentre Gwen rimetteva con cura la foto sul comodino ''Sei pronta per domani?''
''Intendi pronta psicologicamente a tornare a scuola? Certo che no, ma non abbiamo altra scelta. Gwendolyn tu quest'anno ti devi anche diplomare'' dissi con la testa all'interno del mio guardaroba alla ricerca di qualcosa di decente da mettermi.
Ogni volta che provavo a vestirmi trovato abiti che d'abitudine indossavo insieme a Mag e Chris, abiti che mi ricordavano un giorno particolare o un evento passato assieme.

Ed era estremamente difficile indossarli.

''Uh, sto morendo dalla voglia di farlo'' ammise la ragazza ironica gettandosi all'indietro su letto. Anche Christopher avrebbe dovuto frequentare l'ultimo anno, se solo ci fosse stato.
''Devi prendere il massimo dei voti, lo sai no? È l'unico modo se vuoi studiare medicina a Washington'' dissi rigorosa dopo aver scelto dei leggins neri e una maglia a maniche corte color mattone. Infilai il tutto mentre Gwen continuava a sbuffare.
''Credi che non lo sappia? Mio padre mi ha portato a casa una mezza dozzina di dépliant'' assentì scocciata ''Devi trovare la migliore università di medicina se vuoi diventare qualcuno, Gwendolyn Charlie Erasmus'' annunciò imitando la voce dura e grave di suo padre.
''Ha ragione, non puoi permetterti di mollare adesso''. Mi dovetti sedere sul letto per mettere le mie ballerine rosse che spiccavano sul resto degli abiti tetri.
''Ti prego non parliamo di scuola oggi, Christopher mi avrebbe ammazzata'' commentò mugolante alzandosi in piedi.
Cercai di sorridere mentre mi guardavo allo specchio. Gli occhi stavano cominciando a tornare del loro caldo colore naturale e grazie alla doccia i segni delle lacrime se ne ero andati.
Misi del leggero correttore sotto gli occhi nel tentativo di coprire un po le occhiaie, un leggero strato di rossetto nude sulle labbra che prima erano screpolate e due piccole passate di mascara sulle ciglia.
''Possiamo andare. E sì, Chris ti avrebbe ammazzata'' mormorai con dolcezza dopo aver preso un cardigan bianco dalla stampella su cui era appeso.

 

 

Scendemmo le scale in silenzio finchè, una volta passata la porta della cucina, la voce di mia madre divampò squillante ''Ragazze venite, ho preparato i pancake''
Non avevo fame, era da tanto che non facevo colazione nonostante mentissi sempre a mio padre dicendo di averla fatta. Neanche a pranzo mi abbuffavo più come una volta. Tutto era cambiato.
''Grazie signora Léon, ma ho già mangiato a casa'' rispose Gwen fermandosi sull'uscio della stanza. Non era vero, e lo si notava dal suo volto una volta paffuto e colorito diventato leggermente più magro e pallido.
Mia madre aveva occhio per queste cose, infatti non si arrese ''Oh andiamo, prendete almeno qualcosa da mangiare lungo il tragitto''
Non mi diede neanche il tempo di controbattere che mi ritrovai in mano due mele rosse e lucenti ''Mamma, al massimo prenderemo dei cappuccini''
Quella frase sembrò avere offeso il suo orgoglio salutista ''La caffeina non vi aiuterà, vi servono vitamine. La frutta è il miglior modo di iniziare la giornata''
''Ah, si? E perchè papà beve sempre una doppia dose di caffè quando facciamo colazione?'' si intromise mia sorella Olivia che intanto stava giocando con dei pezzi di pancake dentro il suo piatto.
Mia madre sbuffò irritata roteando gli occhi ''Tuo padre è un uomo adulto''
''A me non sembra, guarda ancora i Simpson di prima mattina'' commentò lei sotto voce tornando a focalizzare la sua attenzione sulla sua colazione. Quella mattina aveva i lunghi capelli neri legati in una treccia, che le conferiva un'aria più giovane per i suoi sedici anni.
Guardai le mele che stringevo in mano e decisi di tagliare la corda ''Va bene, le mangeremo. Ci vediamo più tardi''
''Fate attenzione'' ci raccomandò lei poco prima che chiudessi la porta di legno alle mie spalle.

 





Gwendolyn mi guardò dritta negli occhi un minuto dopo aver cominciato a camminare ''Hai davvero intenzione di mangiare quelle mele?''
''No, figurati'' mormorai facendo ricadere lo sguardo su quello che avevo in mano ''Non mi è mai piaciuta la frutta. Ma non ci avrebbe lasciate andare se non avessi accettato di portarle via''
Passeggiammo senza proferire parola, ascoltando il rumore del traffico di Philadelphia scorrere accanto a noi. Era presto, tutti si stavano ancora recando al lavoro, altri studenti si stavano godendo l'ultimo giorno di vacanza correndo in bicicletta verso la piscina più vicina o molto più probabilmente verso il supermercato per comprare alcolici.
Era normale. Anche Chris, Mag e io lo facevamo. Ci tuffavamo in acqua stando semplicemente tutto il pomeriggio ammollo sperando di non dover mai uscire, parlavamo delle più insulse cose fino ad arrivare al delicato argomento ''Secondo voi ci promuoveranno questo nuovo anno?''
''Che ne dici, andiamo a trovare Chris per primo?'' Gwen ruppe il silenzio che c'era tra di noi una volta attraversata la strada verso il parco. Sorrisi dopo aver guardato una panchina vicino a un albero che le creava ombra. C'erano tre bambini che giocavano a nascondino.
''Sì, possiamo portargli delle caramelle. Lui amava le caramelle all'arancia. Credo che sulla tomba renderebbero più viva quell'aria smorta'' acconsentii volgendo il mio sguardo verso la vetrina di un negozio di dolci Candyland.
Gwen rise malinconica ''Penso che sarebbe un'ottima idea''
Una volta varcata la soglia della bottega di dolciumi il profumo di zucchero filato mi solletico le narici, e così anche quelle della mia amica. Ci trovammo a sniffare l'aria come dei cani da segugio, e c'è da dire che la mia compare aveva già diciotto anni.
''Un pacchetto di caramelle all'arancia, per favore'' ordinai alla signora dietro il bancone, che gentilmente me le porse in mano contornate da un sorriso sincero.
Quando uscimmo dal negozio, il dolce profumo di miele ci seguì per tutto il nostro tragitto verso il cimitero, che fortunatamente era piuttosto vicino a piedi da casa mia. Come lo era anche il Magee Rehabilitation Hospital dove era ricoverata Margaret.
''Spero non ci sia tanta gente oggi'' commentò Gwendolyn scrutando in lontananza le sbarre del cimitero. Non era un luogo troppo tetro, anzi, l'insegna era di un bel giallo acceso come per aiutare chi entrava a non avvilirsi, cosa molto difficile. Le tombe erano dispose in maniera ordinata su due lati, quello destro e quello sinistro. Il corridoio che le divideva, cosparso di ghiaia, era dove stavamo camminando io e Gwen.
La tomba di Chris era quella più colorata. Aveva delle piccole viole in un vaso ai piedi del marmo grigio, e il suo nome Christopher Todd Erasmus era scritto in grandi lettere color oro.
La foto che lo ritraeva era del giorno del suo compleanno, dove stava sorridendo smagliante e dove i capelli ricci erano leggermente messi in ordine – cosa più unica che rara – grazie a del gel.
''Buongiorno. Ti abbiamo portato un regalo'' mormorò teatrale Gwen guardandomi complice.
Fu la prima volta che sorrisi con la voglia di farlo, mentre come se fossi stata una bambina nascondevo il sacchetto bianco di caramelle dietro la schiena.
Con enfasi aprii la busta ''Non dire che non ti pensiamo mai, poi'' dissi divertita prima di adagiare a caso le caramelle sopra la tomba.
A lavoro completo, dopo aver distribuito uniformemente i dolciumi all'arancia sulla pietra tombale mi accorsi di un piccolo oggetto vicino alla foto.
Era una piccola biglia a forma di palla da basket, ma non volli toccarla, mi sembrava maleducazione. Fino a che Gwendolyn non si avvicinò per vedere cosa stavo guardando con così tanta attenzione.
''Sicuramente è stato Adam'' riflettè lei rispondendo alla mia curiosità.

Adam Collins era il suo compagno di squadra di basket al Comunity Collage: la scuola che frequentavamo. Christopher era il capitano, il più forte, era sempre stato il punto di riferimento. Senza di lui la nostra scuola avrebbe perso un sacco di partite. E ora che non c'era più, Adam aveva preso il suo posto.
Salutammo Chris, dopo un paio di minuti in silenzio dove le lacrime minacciavano di uscire, e una volta fuori dal cimitero incalzai Gwendolyn ''Ti senti ancora con Micheal?''
Lei sembrò diventare rossa come un peperone ''Può darsi''
Si erano conosciuti quell'estate, mentre facevano volontariato in ospedale. Lui era un novello infermiere, uno di quelli ambiziosi che niente e nessuno avrebbe potuto fermare nella sua scalata verso la chirurgia.
''Sono contenta, hai bisogno di qualcuno che ti distragga'' affermai facendola sorridere.
''Alle volte mi distrae anche troppo'' rise alludendo a chissà quale loro passatempo.
Decisi di sorvolare e farmi gli affari miei quando suonò il cellulare di Gwen.
La mora lo portò all'orecchio mentre annuiva e borbottava frasi come ''Sì'' ''Okey'' ''Arrivo''
Quando attaccò la telefonata si girò mortificata verso di me, con gli occhi neri fissi sui miei ''Era mia madre. Stasera c'è la commemorazione funebre di Chris, mi ha detto di andare a parlare col prete per mettermi d'accordo su chi parlerà per primo. Robe da vecchi credenti''
Annuii comprensiva ''Va'. Io andrò in ospedale''
''Stasera però ti voglio in chiesa'' disse categorica, impedendomi di poter rifiutare.
''Forse. Non lo so. Sai quanto odio le messe'' mi lamentai.
''Ci saranno molte persone, come anche la squadra di basket. Non accetto un no, signorina Lèon. A stasera'' urlò attraversando la strada camminando all'indietro per poi sparire nella gente che si riversava per le vie.

 

Da sola, nel più rumoroso silenzio, entrai nell'ospedale. Il più rinnovato in nome delle malattie ereditarie. Salii con tranquillità al piano 'Neurologia' e cercai la stanza di Margaret.
Ormai avevo imparato a memoria la strada. Primo corridoio a destra, terza camera vicino al distributore di caffè. Camera 167.
Quella mattina non c'era molta gente, diversamente da quando andavo a trovare la mia migliore amica durante l'estate. Era come se, con l'imminente inizio della scuola, i figli o i compagni si fossero dimenticati dei proprio compari in ospedale.
Stringevo la stoffa morbida del cardigan bianco tra le mani mentre con fare attento percorrevo il corridoio verso la stanza di Margaret. Sapevo che nella stanza 165 era stata tenuta in osservazione una signora di cinquant'anni con un leggero trauma cranico, ma dal letto bianco ancora in ordine di quella mattina, probabilmente l'avevano già dimessa.
Sul lato opposto, nel locale 166 invece, c'era un ragazzo di trent'anni, che ogni volta che mi voltavo incuriosita a guardarlo mi faceva l'occhiolino nonostante le condizioni in cui era messo.
Aveva un tumore al cervello, e lo si poteva notare da una piccola escrescenza che aveva sulla fronte resa ancora più evidente dalla perdita dei capelli.
Era una tortura passare attraverso quel corridoio. C'era un silenzio doloroso, carico di paura e speranza perduta. Era difficile da spiegare, ma era come se tutto puzzasse di angoscia.
''Piccola sbandata, come stai oggi?'' mormorai una volta entrata nella stanza di Mag.
Lei sembrava un angioletto, uno di quelli caduti. Era sdraiata a pancia in su, con i lunghi capelli biondi che le formavano un aureola intorno al viso paffutello e più colorito del solito.
I suoi occhi, i suoi bellissimi occhi azzurri cielo, erano chiusi come sempre. Poteva sembrare benissimo la Bella Addormentata delle favole, se non era per dei tubi sotto il naso che le permettevano di respirare, per delle flebo su entrambe le braccia e per un monitor che segnava il battito del suo cuore. Era stabile, un bip continuo e ritmato.
Poggiai la borsa sulla sedia più vicina, per poi andar ad aprire le finestre.
La camera di Mag non era male, per quanto fossimo in un ospedale. Era tutta bianca, ovviamente. Aveva due letti, uno dei quali era vuoto. C'era anche la televisione, peccato che Margaret non era in grado di guardarla.
''Cosa ti stanno dando da mangiare oggi?'' chiesi a lei, ottenendo il silenzio come risposta. Dopo aver aperto le serrande mi diressi verso il suo letto, maneggiando la busta sopra la flebo ''Mmh, un bel liquido pieno di zuccheri. Buono'' mormorai divertita sedendomi ai piedi della brandina. Il suo volto era rilassato, come in un sonno molto lungo.
''Lo so di cosa avresti voglia in questo momento. Un bell'hamburger. Con lattuga, pomodoro, melanzane, salsa piccante, cetrioli e rucola. Solo a te poteva piacere un sandwich vegetariano, Mag. Sopratutto alle undici di mattina'' continuai sistemandole le lenzuola.
Senza volere il mio sguardo cadde su un piccolo specchio riflettente sopra di lei, sulla parete dietro al letto. La ragazza che mi guardava non sembravo io. Non con quello sguardo spento. Certo, i miei occhi grigi non erano mai stati belli come quelli di Margaret ma una volta brillavano. Ora non più.
Scossi la testa per poi frugare nelle tasche della mia borsetta ''Io invece non ho fatto colazione, come il mio solito. Ed ora non posso negare di avere un certo languorino. Grazie anche al fatto che mi hai fatto nominare gli ingredienti di un panino. Grazie Mag, sempre colpa tua''
Raccattai un paio di monete e mi avviai fuori dalla stanza verso la macchinetta del caffè.
Non avevo mai preso qualcosa in quell'ospedale. Ma c'è sempre una prima volta.
Non c'era nessuno in fila, quindi ci misi un attimo.
Ero davanti a una scelta molto ardua: caffè o cibo da sgranocchiare?
Pensai a tutte le volte che mia madre mi obbligava a mangiare. Per il mio bene, diceva, ed era vero. Senza di lei probabilmente sarei stata ancora più magra di quanto ero già, e dato che non ero il massimo in fatto di altezza, un nano allampanato sarebbe stato orribile da vedersi.
Così, per renderla mentalmente fiera di me, inserii i quarti di dollaro nella macchinetta degli snack.
Schiacciai il numero 7: le Tortillas. Era da un secolo che non le mangiavo, anche se mio padre era un asso nel cucinarle.
''Bisogna preservare le origini'' affermava sempre porgendoci ciotole e ciotole di cibo brasiliano.
Il pacchetto cominciò a muoversi, finché non si fermò infrangendo il mio sogno di metterle sotto i denti. Avevo esaurito le monete, non potevo prendere nient'altro.
Noncurante della figura che stavo per fare iniziai a calciare il lato della macchinetta, imprecando sotto voci insulti verso quella sottospecie di marchingegno diabolico.
''Uho-uho, vacci piano. Cosa ti ha fatto di così orribile questa povera macchinetta?'' urlò divertita una voce alle mie spalle.
Mi voltai quasi immediatamente, beccata con le mani nel sacco, quando mi ritrovai un paio di occhi azzurri come il mare fissati nei miei.

 



Ni hao
Nuovo capitolo pubblicato. Probabilmente vi starete chiedendo: quando arriverà il protagonista maschile? Beh, è arrivato hah. Sono molto fissata sul fatto di far capire meglio l'ambientazione prima di iniziare la vera e propria storia. Lo so, miei problemi.
Anyways vorrei chiedervi cosa ne pensate, perchè io continuerò a scrivere, ma mi piacerebbe sapere qualche vostra opinione.
Ci sentiamo, 
un bacio
Serpeverde_

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Capitolo 3
*** Capitolo tre. ***





Stringimi forte.

Trailer


(3)
 
 
 

''Il pacchetto è rimasto incastrato'' spiegai provocando un sorriso su quel volto etereo.
Cominciò a ridere con voce grave. Lo guardai perplessa, alzando un sopracciglio.
C'era forse qualcosa di divertente? Non avevo mai avuto un buon senso dell'umorismo, e lo si poteva notare dalla smorfia contrariata che avevo assunto nel mentre squadravo il nuovo arrivato.
Si passò la mano nel ciuffo nero ebano ''Lascia fare a un uomo''
''Quindi è pure maschilista'' pensai continuando a scrutarlo infastidita. Non mi serviva una mano, non mi era mai servita. O forse ero io troppo orgogliosa per ammetterlo, e per volerla.
Il ragazzo, alto due spanne più di me, mi superò e con un deciso ma leggero pugno fece scendere il sacchetto di mais croccante che scivolò e cadde verso l'uscita della macchinetta.
E quando successe, uno sguardo trionfante sul volto del tizio-sconosciuto mi fece spazientire.
Era questione di tempo, sarei riuscita a farlo anche io. Mi chinai verso l'imboccatura e sfilai il pacchetto di Tortillas poco prima di girare i tacchi e camminare verso la camera di Mag. Ero stata scontrosa, lo sapevo.
''A casa tua non si ringrazia?'' affermò il ragazzo cercando di sostenere il mio passo, cosa che fece con molta tranquillità. Mi voltai scocciata, anche perchè mi aveva distratto e due piccole Tortillas mi erano cadute a terra.
''A casa tua ti hanno insegnato a pedinare le persone?'' risposi ironica accelerando il passo.
Lui rise, di nuovo. Avevo decisamente un senso dell'umorismo che faceva schifo.
''Siamo in un ospedale'' affermò ovvio ''Se fossi un potenziale assassino sarebbe l'ultimo posto sulla mia lista di luoghi per importunare, tu non credi?''
Voltai l'angolo verso la camera 167, quella di Mag, e sembrò che il ragazzo non si facesse molti scrupoli ad entrare in una stanza di un altro paziente.
''Io credo, che in qui possono stare solo i parenti e gli amici intimi'' finii indicando l'intero locale, scrutandolo con le braccia conserte e lo sguardo carico di sfida.
Una volta non ero così diffidente, anzi. Margaret doveva trattenermi dall'andare a parlare con chiunque mi passeggiasse accanto. Ancora una volta c'era una dimostrazione del fatto che ero cambiata completamente in un anno. Se in peggio o in meglio non sapevo giudicarlo.
Il tizio mi sorrise, questa volta non per voler mostrare i denti perfetti – cosa di cui poteva vantarsi, e infatti lo faceva – ma per infastidirmi più di quanto già fossi.
''Spiegami solo una cosa. Tratti così chiunque cerchi di parlarti o hai riservato a me un trattamento speciale?'' chiese appoggiandosi allo stipite della porta grigia all'entrata della stanza. Quel ragazzo mi stava cominciando a far innervosire l'animo. E non era una buona cosa, se non altro per il fatto che era l'anniversario dell'incidente in cui la mia io assassina era alterata.
Presi un respiro profondo ''Può darsi. E potrei aggiungere al pacchetto 'acidità' anche un extra se continui a farmi domande''
Alzò le mani come per rassegnarsi alla mia corazza orgogliosa, scuotendo gli scomposti capelli neri. Per un attimo mi sembrò di rivedere Chris. Ma poi, quando il tizio rialzò lo sguardo, notai che i suoi occhi azzurri erano completamente diversi da quelli del mio migliore amico.
''Mi stai fissando'' mormorò scherzoso ''Sarebbe questo l'extra?''
Per un attimo non me ne resi nemmeno conto, tanto che quando me lo fece notare, scossi la testa a disagio per poi volgerla verso Mag ''Ho detto niente domande. E non ti stavo fissando'' aggiunsi una volta riseduta sul letto.
Era rimasta come l'avevo lasciata. D'altronde cosa mi aspettavo da una ragazza in coma.
I bip erano ancora controllati, e solo le labbra a me parevano serrate in una smorfia stizzita come a dire ''Hailey, cosa combini quando non ci sono io''
O forse ero io che mentalmente me lo stavo chiedevo.
Il ragazzo non sembrava volesse andarsene. Sentivo il suo respiro regolare dietro alle mie spalle ed era come se il suo sguardo penetrante stesse bruciando sulla mia schiena. Dopo pochi minuti, che parevano ore, un'infermiera entrò all'interno della camera.
''Ciao Hailey'' esclamò vedendomi. Era una giovane ragazza dalla pelle ambrata di nome Rebekah. Ormai, in quell'ospedale, mi conoscevano tutti.Ricambiai il saluto, ma notai subito che non era passata solo per darmi il buongiorno.
''É lei Sebastian Morales?'' chiese, appunto, la ragazza rivolgendosi al tizio intruso.
Senza farlo apposta pensai a quanto carino fosse quel nome, per poi rendermi conto di quanto patetici fossero i miei commenti.
Il ragazzo annuì preservando una sottospecie di comportamento formale che lo rendeva molto seducente. Altro commento inutile, pensai.
''Suo fratello sta' facendo degli accertamenti con la dottoressa White. Prima di uscire passi in segreteria. C'è bisogno della sua firma per alcuni moduli di ricovero'' spiegò Rebekah con fare professionale.
''Certo'' acconsentì Sebastian ''Hanno già avvertito le cuoche? Theo è allergico al latte e ai suoi derivati. Non voglio essere assillante, è solo che gli si gonfia la gola e ha già rischiato di soffocare una volta''
L'infermiera subito lo assecondò ''Non si preoccupi'' e poi dopo aver salutato uscì spedita dalla stanza. Ricalò un altro velo di silenzio all'interno.
Io che fissavo Margaret, lui che fissava la mia me girata di spalle.
''Tuo fratello verrà a stare qui?'' cedetti alla voglia di rompere quell'indifferenza che si era creata. In quel momento mi resi conto di quanto scortese e inumana fossi stata ad averlo messo a tacere. Dopotutto voleva solo parlare. E la parola era l'unica cosa che rimaneva in quel corridoio.
Mi voltai, per guardarlo mentre glielo chiedevo, e subito comparve un sorriso sul suo volto.
''Mi stai davvero parlando? Devo considerarmi fortunato?'' disse meravigliato.
''Dovresti'' risposi impassibile distogliendo lo sguardo dai suoi occhi così blu.
''Comunque sì, rimarrà in supervisione in questa camera'' mi spiegò accennando con il mento il letto vicino a Mag. Subito un senso di dispiacere mi invase. Non auguravo a nessuno di rimanere in quel reparto.
Annuii con mutismo fissando la brandina. Invidiavo il fatto che quel ragazzo, pur avendo il fratello che stava per entrare in ospedale per rimanerci giorno e notte, fosse così allegro.
Era una cosa di cui non ero capace.
''Passerà, come passano tante cose'' disse riferendosi al presunto male che aveva il fratello.
''Lo spero per lui'' dissi stavolta guardandolo dritto negli occhi.
Restò in silenzio, senza mai accennare a voler staccare lo sguardo, e ovviamente fui io la prima a interromperlo. Mi alzai, diedi un leggero bacio sulla guancia di Margaret e feci per uscire dalla stanza.
''Ciao principessa'' mormorai tra me e me rivolgendomi a Mag ''Ciao'' dissi invece verso il ragazzo prima di girare l'angolo.
''Allora vedi che sei educata'' esclamò quasi in un urlo, facendomi incredibilmente sorridere.

 

 

Quando tornai a casa trovai solo mia sorella ad aspettarmi. Olivia stava preparando il pranzo, concentrata ad accedere i fornelli. Ero quasi sconvolta che stesse davvero facendo qualcosa.
Infatti si sentì piuttosto orgogliosa quando mi servi un piatto di riso al cocco, altra specialità brasiliana che papà aveva insegnato a entrambe noi. Era un cuoco, che mi aspettavo.
Come il solito lasciai metà del cibo intatta per poi salire in camera mia e rimanerci per l'intero pomeriggio. Scrissi quello che avevo fatto durante la giornata nel mio diario, e il tempo restante lo passai a guardare il soffitto fantasticando con la mente.
Solo quando il mio telefonò vibrò mi resi conto di appartenere ancora alla vita terrena. Svogliatamente notai che avevo ricevuto un messaggio da Gwen.

 

''Alle otto in Chiesa. Ti aspetto. Baci.''

 

Odiavo le commemorazioni funebri, erano così inutili. Io Christopher – come anche Gwen e tutti quelli che lo amavano – lo commemoravo ogni giorno, e vedere persone che nemmeno lui ha mai conosciuto dispiacersi per la sua perdita era disgustoso.
E seppure per me fosse uno sforzo disumano andarci, mi imbottii di buona volontà e mi alzai.
Non avevo neppure voglia di vestirmi in maniera elegante. Perchè avrei dovuto farlo? Chris diceva sempre che 'giacca e cravatta' era solo una formalità che poteva essere evitata con chi si conosce.
Ma, per Gwendolyn e la sua famiglia, mi imposi di mettermi un abito nero fino al ginocchio e delle ballerine altrettanto scure.
''Vai alla cerimonia?'' mi chiese mia madre una volta scesa in salotto. Aveva i lunghi capelli raccolti in una coda disordinata e gli occhi sgranati per il lungo lavoro che ha aveva dover avuto coi pazienti dell'Ospedale.
Annuii infilandomi un cardigan nero, che poteva sembrare adatto ''Gwen mi ha praticamente obbligato. Cercherò di comportarmi in maniera adeguata, promesso'' aggiunsi alla faccia severa di mia madre.
Sapeva che io non avevo mai avuto peli sulla lingua, qualità che potrebbe essere erroneamente fraintesa per 'sincerità' ma che mia madre considerava 'maleducazione'
''Olivia mi ha detto che non hai mangiato'' disse piuttosto spazientita.
Lanciai un'occhiata a mia sorella che in quel momento era distesa sul divano a guardare qualche serie televisiva che seguiva. Si voltò e con un fare ingenuo mi fece spallucce.
''Non avevo fame'' mi giustificai ''Non è poi una grande novità''
Dentro i suoi occhi si intravedeva l'intolleranza. Così decisi di tagliare la corda prima che mi facesse sedere a tavola a mangiare con la forza. Dieci minuti dopo aver camminato assorta nel buio di Philadelphia, notai che la chiesa si ergeva a pochi metri da me e così anche la piazza. C'erano parecchie persone, in religioso silenzio, che stavano entrando all'interno della basilica ordinatamente.
Non voletti nemmeno accelerare il passo, dopotutto non avevo voglia di varcare quella soglia.
''Per un attimo ho creduto che non ti saresti fatta viva'' disse Gwendolyn che in quel momento se ne stava davanti alla porta di ingresso con un lungo abito blu scuro e un fazzoletto di stoffa tra le mani. Non stava piangendo. Lei non piangeva davanti a nessuno.
La raggiunsi con calma, mentre un leggero venticello mi rinfrescava il volto ''Effettivamente poteva essere una cosa plausibile''
Mi fulminò con lo sguardo prima di prendere un gran respiro ''Entriamo''
La chiesa era più grande di quanto ricordassi, in fin dei conti non partecipavo a una messa da quando avevo sette anni. Non ero andata al funerale di Chris, avevo preferito passare la serata nel parco vicino a piangere senza farmi vedere da anima viva.
Sull'altare c'era la foto del mio migliore amico, la stessa che c'era sulla tomba e tutta la navata era gremita di persone. Avevano più o meno un volto familiare, chi faceva parte della squadra di basket, chi di quella di scacchi e chi aveva frequentato le stesse lezioni di Chris.
La percorsi interamente, mentre il rumore dei miei passi risuonava sul marmo.
Tutte le pancate erano occupate, tanto che con fare smarrito percorsi con gli occhi tutti i presenti.
''Hailey'' mi chiamò una voce in un sussurro ''Qui''
Era Adam, che gesticolava per farsi vedere, nella seconda fila. Accanto a lui c'era un piccolo posticino, e si strinse accanto a un suo amico sulla destra per farmi sedere.
''Grazie'' mormorai stirando con le dita la stoffa del vestito, una volta preso posto accanto a lui.
Era da molto che non lo vedevo, e durante l'estate i suoi capelli quasi dorati erano cresciuti fino alle orecchie. Gli occhi erano rimasti gli
stessi, invece, color pece.

La messa iniziò con la confessione del prete che cominciò recitare degli elogi funebri verso Christopher, mentre nella chiesa risuonavano dei singhiozzi soffocati.
Durai per quindici minuti circa in mezzo a quei rumori di nasi soffiati e piagnucolii, perchè quando sull'altare salì una ragazza che non avevo mai visto cedetti all'impulso di uscire.
La tizia aveva iniziato a parlare su quando Christopher fosse stato un esempio per lei, interrompendosi di tanto in tanto per prendere un respiro teatrale. Volevo vomitare.
Spazientita mi alzai e – senza molte pretese – uscii dalla chiesa con la testa alta.
Quasi esultai a sentire l'aria pulita nei miei polmoni restando in mobile a guardare il piazzale illuminato solo da due fiochi lampioni.
''Era Melanie Walter, una ragazza con cui usciva'' spiegò una voce alle mie spalle.
Mi voltai presa di contropiede trovandomi Adam dietro. Era alto, e lo riuscii a notare solo ora che lo avevo davanti, e mi meravigliai di quanto poco lo conoscessi.
''Christopher non me ne aveva mai parlato'' ammisi seccata.
''Era troppo presto. Si conoscevano da poco. Ma voleva dirtelo, all'inizio della scuola'' continuò a voce bassa, e si poteva benissimo sentire
la tristezza che proveniva dalla sua gola.

Scossi la testa ''Fatto sta che per me quella ragazza non è nessuno. Non è un parente di Chris, non è un'amica, non è nemmeno
formalmente la sua ragazza''

Adam lanciò un'occhiata all'interno della chiesa, prima di riprendere a guardarmi negli occhi con fare gentile ''Là dentro si soffoca''
''Lo so. Ma credo dovresti rientrare, tra poco dovrai salire e parlare'' gli ricordai passandomi la mano tra la treccia che mi ero fatta prima
di uscire. Il ragazzo annuì distratto per poi fissare le sue iridi scure sulle mie.

''Dovrei'' ammise sottovoce ''Ma credo che stavolta passerò. Chris sa già tutto quello che volevo dirli, anzi probabilmente mi maledice ogni volta che lo nomino durante gli allenamenti della squadra per incitarla a fare meglio''
Mi appoggiai alla panchina più vicina, sedendomi più per rifletto che per voglia di farlo.
''A chi lo dici'' mormorai poi tenendo la gonna ben stretta tra le mani.
All'interno della chiesa si sentì Melanie pronunciare un ''grazie'' prima di scendere dall'altare, e subito poco un altro ragazzo prese la parola. Crebbi di riconoscere James, un suo cugino di New York poco più grande di lui.
Adam mi fu subito accanto, prendendo posto sulla panchina ''Sei pronta per domani?''
''Perchè tutti mi fanno la stessa domanda'' dissi retorica.
Il ragazzo rise leggermente, una risata limpida e soave ''Perchè non sarà facile''
''E tu? Tu sei pronto a diplomarti?'' chiesi voltandomi verso di lui. La luce del lampione creava uno strano gioco di luci sul suo volto, evidenziando gli zigomi delicati e le labbra carnose.
Prese un respiro ''Circa. Sai, io e Chris abbiamo fantasticato per cinque anni su come sarebbe stata la nostra cerimonia, sul ballo di fine anno e su che grande gnocca avremmo accompagnato. E tutto prevedeva l'essere insieme. Un duo che si è ridotto a un singolo''
Mi imposi di rimanere composta. Cosa che facevo da un anno, e a cui non avrei rinunciato proprio quella sera ''Capisco''
Ancora una volta ci fu un cambio all'interno della chiesa, stavolta c'era Gwen a parlare con voce pulita e forte. L'unica che non aveva ceduto all'impulso di piangere.
''Puoi dire tu a Gwendolyn che me ne sono andata? Lei capirà, dopotutto lo sapeva che non avrei resistito. Buonanotte,Adam'' dissi poco dopo alzandomi e lisciandomi l'abito.
Adam annuì sorridendo ''A domani Hailey''
E così mi incamminai verso casa, lasciandomi finalmente la possibilità di far sgorgare le lacrime quando nessuno mi stava più guardando.



Buonaseraa
Mi scuso enormemente per il ritardo, ma se seguite anche mie altre storie, ormai ne siete abituati haha.
Comunque, sono qui con il nuovo capitolo e spero vivamente che vi piaccia. 
Ci vediamo alla prossima, e grazie per i commenti! Davvero, spero che per tutta la durata di questo cammino voi mi facciate sapere sempre la vostra.
Un bacio,
- Serpeverde

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