Once upon a dream

di JessyJoy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao a tutti! Vi presento la mia nuova storia. Ringrazio chi, per cominciare, ha aperto la pagina del primo capitolo, chi vi arriverà alla fine e tutti coloro che vorranno accompagnare i nostri protagonisti fino alla fine. Ringrazio anche chi vorrà farsi sentire, mi fa sempre un immenso piacere, dandomi consigli, spunti, pareri e riflessioni.
Cercherò di aggiornare una volta alla settimana.
Per il momento non mi resta altro da aggiungere se non: Buona Lettura!!
JessyJoy

Once upon a dream

 


CAPITOLO 1

14 Novembre 2014, Los Angeles

Ho passato tutto il giorno a pensare alla notte appena trascorsa, ai suoi occhi, a come brillavano mentre si trovava di fronte a me, in attesa. Ho pensato a come mi sono sentita emozionata e felice, sognavo da una vita l'arrivo di questo momento e finalmente eccomi qua.
Mi chiamo Whitney ho venticinque anni e sto per sposarmi con l'unico uomo che io abbia mai amato in tutta la mia vita.
Entro nel locale all'ultimo grido in cui, questa mattina, ho dato appuntamento alle mie tre migliori amiche per comunicar loro la grande notizia. Mi guardo intorno e le vedo immerse nelle loro chiacchiere.
Rose una bruna tutto pepe, Liz dai ricci capelli rossi e Mary, la mora nonché mia sorella maggiore.
-Ciao ragazze!- esclamo, si girano verso di me alzandosi per salutarmi. Sono tutte e tre curiose di conoscere il motivo per cui le ho fatte liberare così in fretta da tutti i loro impegni.
-Whitney- urla Liz abbracciandomi -Che bello vederti-.
-Anche per me ragazze- rispondo.
-Ci sono novità?- domanda Rose.
Sorrido -Non posso voler uscire con le mie migliori amiche?- domando.
Mia sorella ride -Con tutta questa urgenza? Dai, dicci cosa succede!-.
-Sediamoci-. Ordino al cameriere tre calici di champagne.
-Allora c'è veramente qualcosa da brindare- esclama Liz.
Io non resisto più e così nel momento che ci vengono posati davanti i bicchieri sollevo la mano sinistra -Shannon mi ha chiesto di sposarlo-.
Tutte e tre urlano di gioia. -Lo sapevo- esclama Mary -Me la sentivo che c'era sotto qualcosa di simile. Congratulazioni tesoro- esclama alzandosi e abbracciandomi.
Liz mi afferra la mano -Accidenti è enorme- esclama -Shannon ha veramente buon gusto, ma dopotutto si è messo con te, quindi si sapeva-.
-L'ho sempre detto che ti avrebbe sposato prima o poi quell'uomo- esclama Rose rubando la mia mano da quelle di Liz -Solo non ero certa sul quando-.
Sorrido al loro entusiasmo -Grazie ragazze. Non potete immaginare quanto sia felice, è sempre stato il mio sogno più grande sposarlo, da quando mi ha baciato la prima volta-.
Mi sorridono tutte afferrando i loro bicchieri -A Whitney e a Shannon- esclama Mary.
-A Whitney e a Shannon- rispondono in coro mentre facciamo tintinnare i calici.
Dopo che il cameriere è passato a prendere le ordinazioni l'attenzione di tutte torna nuovamente su di me. -Vogliamo sapere com'è successo. Ogni dettaglio- esclama Liz -Shannon non è il tipo da lasciare nulla al caso-.
Sorrido abbassando lo sguardo e ripensando nuovamente alla sera prima -In realtà è stata una cosa molto semplice e intima- spiego iniziando a raccontare -Ma devo essere sincera, non me lo sarei mai aspettata. Sono tornata a casa tardi ieri sera, erano circa le otto e...


-Amore sono a casa- esclamo chiudendomi la porta alle spalle.
Sono circondata dal buio e dal silenzio. Cammino lungo il corridoio pensando di essere sola, forse Shannon deve ancora tornare dallo studio, ho il tempo per cambiarmi e aprire il frigo cercando qualcosa da cucinare, non voglio ritrovarmi ad ordinare cinese anche questa sera.
Entro in cucina e non sono pronta allo spettacolo che mi si para davanti. Il bancone è completamente coperto da candele accese che emanano un vago odore di vaniglia, mentre petali di rosa sono sparsi sul pavimento, dallo stereo iniziano a diffondersi  le note jazz di qualche compositore a me sconosciuto.
-Sorpresa- sussurra qualcuno al mio orecchio posandomi le mani sugli occhi. Rabbrividisco a quel contatto, la sua voce è ancora capace di farmi tremare le ginocchia dopo anni che ci conosciamo.
-Shannon...- balbetto impacciata -Cosa succede?-.
-Ho cucinato per te- dice mollando lentamente la presa dai miei occhi.
Sbatto le palpebre un paio di volte per abituarmi a questa penombra, poi oltre la grossa arcata in pietra che conduce in sala da pranzo noto un tavolino rotondo apparecchiato per due e attorno ad esso candele e petali di rosa.
Mi volto verso di lui -Hai indossato la camicia e la cravatta, come mai tutto questo?- è l'unica cosa che riesco a dire.
Shannon sorride e in quel momento sento il mio stomaco ribollire. -Perché ti amo, dev'esserci un motivo?-.
Scuoto la testa -Non avevi mai cucinato per me- gli faccio notare.
-E' da un po' di tempo che ci penso, volevo stupirti-.
Sorrido -Già creando quest'atmosfera ci sei riuscito-.
-Vieni, siediti, la cena è pronta- annuncia afferrandomi la vita e scortandomi fino al mio posto.
Lo osservo mentre mangiamo, ha un'aria strana, non smette un secondo di sorridere e la sua felicità è contagiosa. Mi chiede della mia giornata e mi racconta quello che lui e i ragazzi hanno combinato questa mattina in studio di registrazione; poi dopo aver terminato le portate mi versa un fluté di champagne e propone un brindisi a noi e alla sua cena riuscita alla meraviglia. Sorrido mentre facciamo tintinnare i bicchieri e mi rendo conto di quanto sono fortunata ad aver scontrato questo uomo sul mio cammino.
-Era tutto buonissimo- sussurro osservandolo mentre sparecchia.
-Aspetta a giudicare. Manca ancora il dolce, ti va?-.
Annuisco -Spero sia buono come tutto il resto- rispondo sorridendo.
Sparisce in cucina, lo sento armeggiare vicino al ripiano dei piatti, poco dopo ricompare reggendo tra le mani un vassoio in ceramica bianca prottetto da un coprivivande d'argento.
-Questo dev'essere il pezzo forte- esclamo divertita mentre Shannon lo posa davanti a me.
-Puoi scommetterci, piccola- sussurra scoprendo la portata.
Due mousse ai lamponi finemente decorate occupano una metà del vassoio, ma ad attirare la mia attenzione e a lasciarmi a bocca aperta è la piccola scatolina azzura in un angolo che mostra in tutto il suo splendore quello che è l' anello più bello che io abbia mai visto. Un grosso diamante rotondo incastonato in un anello di platino e circondato da una fascia laterale di altri diamanti più piccoli.
-S-Shannon...- sussurro sentendomi mancare l'aria e portandomi una mano al petto -Questo... questo cos'è? Cosa significa?-.
Lancio uno sguardo verso di lui e per un istante non voglio credere a quello che sta per succedere.
Shannon sorride, poi mi afferra una mano facenomi alzare. Ubbidisco incapace di fare altro e ci ritroviamo occhi negli occhi, posso vedere i suoi brillare di gioia e di impazienza, poi afferra la scatolina dal vassoio e prima che me ne renda conto è inginocchiato ai miei piedi.
Trattengo il fiato mentre sento lacrime di gioia arrivare ai miei occhi.
-Whitney- sussurra prendendomi una mano -Sei la donna della mia vita e non passa giorno in cui io non ringrazi di averti incontrato. Non sai quanto sono fortunato ad averti al mio fianco in ogni momento e voglio questo per tutta la vita. Vuoi sposarmi?-.
Sorrido mentre le labbra iniziano a tremarmi e la vista mi si vela di lacrime.
Annuisco, prima piano quasi ad assaporare quello che sta succedendo, poi sempre più forte. -Sì- sussurro -Sì, Shannon. Lo voglio, voglio essere tua moglie-.
In un secondo l'anello è al mio dito e Shannon in piedi di fronte a me. Mi stringe e mi bacia con passione mentre io mi lascio andare alla sua bocca e alle sue braccia.
Dimentichiamo sul tavolo la mousse ai lamponi, abbandoniamo  le candele ad ardere da sole fino a consumarsi una alla volta, mentre noi chiusi in camera lasciamo che siano i nostri  corpi a parlare, a dirsi tutto quello che noi non siamo stati capaci di dire questa sera. E quando l'alba comincia a schiarire i contorni di Los Angeles noi siamo ancora qui a sfiorarci e baciarci, incapaci di staccarci l'uno dall'altro come se la nostra vita dipendesse solo dallo stare insieme stretti ed abbracciati.


Non ho potuto far altro che rivivere il momento nella mia mente un'altra volta mentre lo raccontavo. Tutte e tre mi stanno osservano colme di meraviglia.
-Avete già deciso una data?- domanda mia sorella.
Scuoto la testa -No, non c'è stato il tempo per farlo ieri- rispondo arrossendo -Ma lo decideremo in questi giorni, sicuramente sarà la prossima estate. Per il momento l'unica cosa che conta è sapere che io e Shannon ci stiamo per sposare- dico cercando di trattenere un gridolino infantile che invece esce prepotentemente dalla mia bocca suscitando l'ilarità delle mie amiche.
-Saremo noi le tue damigelle, vero?- domandano in coro.
-Ovviamente- rispondo -E forse anche Jared se lo vorrà, credo sarebbe più che contento di indossaere un completo color confetto- lo prendo in giro conoscendo la sua passione per i vestiti bizzarri.
Scoppiamo a ridere all'immagine del fratello di Shannon che indossa un pomposo abito rosa.
-Lui lo sa già?- chiede Liz.
-No, vogliamo aspettare di riunire tutta la famiglia per comunicarlo, lui, sua mamma e i nostri genitori- concludo osservando Mary.
-Tranquilla, terrò la bocca cucita- esclama lei intercettando la mia occhiata.
Le sorrido. -Mary. Vuoi farmi da testimone?-.
Sgrana gli occhi poi inizia ad annuire -Sì- urla -Sì, sì, sì, sì!- si alza per abbracciarmi mentre le nostre amiche battono le mani ridendo.

***

Sono uscito di casa alle sette questa mattina, ho avuto il suo odore addosso per tutto il giorno, non ho potuto far altro che tenerla stretta nella mia mente, ripensare alla notte trascorsa, alle sue mani sul mio corpo e alle sue labbra sulla mia pelle. Ma ancora di più non ho potuto smettere di pensare ai suoi occhi strabiliati e intimoriti davanti alla mia proposta, al suo sorriso mentre mi rispondeva sì e alla felicità che continuo a portare addosso sapendo che preso sarà mia moglie e che finalmente diventerò una persona completa.
Sono sdraiato sul divano, è stato difficile tenere il segreto in studio, sopratutto con mio fratello che ha subito notato la mia aria allegra e spensierata e ha provato a scoprire in ogni modo cosa mi stesse succedendo, rinunciando solo quando l'ho minacciato di svelargli i dettagli più intimi della notte appena trascorsa. 
Lancio un'occhiata all'orologio, è quasi mezzanotte, non voglio andare a dormire prima che Whitney sia a casa. Sento le chiavi girare nella toppa mentre sto facendo zapping tra i canali senza trovare qualcosa di soddisfacente, i suoi tacchi suonano sul parquet dell'ingresso e finalmente compare oltre l'arco in pietra della cucina.
-Non stai ancora dormendo?- domanda stupita di vedermi sul divano a quell'ora.
-Ti ho aspettato- rispondo mettendomi a sedere e facendole spazio.
Senza parlare si siede e mi bacia con passione. -Mi sei mancato- sussurra poco dopo spostandosi e lasciandomi senza fiato.
-Non dirlo a me- rispondo appoggiando la mia fronte alla sua -E' stata una giornata lunghissima senza di te e tornare a casa e non trovarti qui è stato ancora peggio-.
-Scusa- risponde assumendo un'espressione mortificata -Ma non potevo dirlo alle mie amiche per messaggio, non stavo più nella pelle-.
-Com'è andata?- domando spostandomi per guardarla negli occhi.
La vedo sorridere mentre abbassa lo sguardo. -Un po' se lo aspettavano, credo. Non le ho mai viste così emozionate, nemmeno il giorno del diploma-.
-Hanno iniziato a pianificare tutto?- domanda.
Annuisco -Già, si sono già proposte tutte come damigelle, ma a mia sorella spetta l'onore di farmi da testimone-.
Rido davanti alla sua espressione di incredula meraviglia -Adesso manca solo il resto della famiglia da informare-.
-Sì. Quando ti piacerebbe farlo?-.
-Ho già chiesto a Jared e Tomo se domani sera sono liberi. Dopotutto è sabato-.
-Cos'hanno detto?-.
-Loro ci sono, e anche Vicky e mia mamma-.
-Quanta fretta- risponde sorridendo -Per me va bene, domani mattina chiamo Rose e le dico di tenersi libera insieme ai miei genitori-.
Annuisco e l'abbraccio -Ho fretta perché voglio che tutti sappiano che stai per diventare mia moglie-. Un secondo dopo mi scosto -Prima che mi dimentichi, ho invitato anche Emma, sarà lei ad organizzare la serata-.
La vedo stringere le labbra per un secondo, so a cosa sta pensando, lei e Emma non si sono mai viste di buon occhio fin dall'inizio, Emma era troppo preoccupata che Whitney potesse interferire nella mia cariera e hanno avuto spesso dei bruschi conflitti, ma tutto sommato ora vanno piuttosto d'accordo.
-Emma lo sa?- domanda.
-Avevo bisogno di un complice che mi aiutasse ad organizzare tutto, sai che lei in queste cose è la migliore-.
-L'hai detto ad Emma prima che a Jared?-.
-Mi sembra che questa cosa ti stia creando dei problemi- dico senza capire perché deve farla tanto grave.
-Non crea problemi a me, ma vedrai tuo fratello quando lo scoprirà-.
-A Jared passerà tutto nel momento in cui gli domanderò di farmi da testimone-.
Sorride e abbassa lo sguardo. -D'accordo- sussurra avvicinandosi al mio orecchio -Allora io vado a togliermi i tacchi e il vestito, mi stanno facendo impazzire-.
Non faccio in tempo a realizzare le sue parole che è già sparita verso la camera da letto.
-Amore- grido correndole dietro -Aspetta un attimo-. Apro la porta della camera e la vedo darmi le spalle mentre si osserva allo specchio. E' immobile, lo fa apposta, sa come farmi impazzire. Mi avvicino afferrando la sua vita fasciata da uno stretto tubino nero. -Cosa ne dici se ti aiuto io a togliere i vestiti?-.
La sua risata cristallina mi contagia, la bacio con passione sul collo e lascio che la sua testa ripieghi sulla mia spalla mentre la mia bocca continua a correre lungo il suo profilo. Sposto dalla schiena i suoi lunghi capelli biondi e cerco il bottone del vestito, lo slaccio lasciandolo scivolare a terra. Si volta verso di me, posso osservare il suo meraviglioso fisico, slanciato ancora di più dagli audaci tacchi a spillo che inossa.
Mi avvento su di lei facendo mia la sua bocca e spingendola verso il letto, dove anche lei è consapevole che nemmeno questa notte dormiremo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ciao a tutti,
Ecco il nuovo capitolo della mia storia. Ringrazio tutti i coloro che hanno letto ed inserito la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite.
Spero sia stata di vostro gradimento. Grazie a chi in privato mi ha fatto sentire la propria opinione e i suoi pareri, sono sempre ben accetti.
Alla prossima
Buona lettura!!
JessyJoy


 

Once upon a dream

 

CAPITOLO 2

15 Novembre 2014, Los Angeles
 
Mi giro tra le lenzuola cercando con una mano la sua presenza, mi volto e lo trovo darmi le spalle mentre dorme sul bordo del letto. Mi avvicino con cautela, non voglio svegliarlo, gli passo un braccio intorno alla vita e lo sento sospirare e stringermi la mano. Fuori Los Angeles inizia a svegliarsi, la luce che entra dalla grossa finestra di fronte a noi illumina i nostri profili di una luce arancione, mi riaddormento tenendolo stretto.
Sono le dieci passate quando sento la barba di Shannon pizzicare sulle mie guance, apro gli occhi e lo trovo a baciarmi il collo.
-Buongiorno principessa- sussurra.
Gli sorrido, adoro quando mi chiama ancora così, dopo tanti anni.
-Hai dormito?- domando.
Lui annuisce continuando a stuzzicarmi con la bocca.
-Shannon, è tardi. Dobbiamo alzarci- dico fingendo di opporre resistenza.
-Ancora dieci minuti- sussurra al mio orecchio.
Rido scivolando sotto di lui e facendo mia la sua bocca.
Abbiamo appena finito di pranzare quando il telefono di Shannon suona. Mi domando chi possa essere di sabato pomeriggio a disturbarlo, avevamo stabilito che oggi, considerato che la band non aveva impegni l'avremmo passato insieme. Risponde, è una telefonata breve, poi riaggancia e lo spegne.
-Chi era?- domando fingendo disinteresse mentre lavo i piatti.
-Emma- risponde -Ha prenotato il ristorante per questa sera- aggiunge prima che io possa voltarmi e domandare cosa volesse ancora.
Annuisco, io ho avvisato i miei genitori questa mattina e loro hanno accettato, probabilmente senza immaginare nulla, credo di aver scordato di dire che ci sarebbe stata tutta la famiglia e la band di Shannon al completo; inizieranno a sospettare qualcosa quando ci incontreremo.

***
 
-Amore...sei pronta?- domando entrando nella cabina armadio e trovandola intenta a cercare un paio di scarpe.
-Quasi- borbotta continuando a darmi le spalle.
Ne approfitto per osservare le sue lunghe gambe che spuntano oltre il vestito bianco e nero che indossa, le forme perfette dei suoi fianchi e i capelli che le ricadono in morbide onde dorate sulla schiena.
-Sei bellissima- le sussurro andandole vicino. Si volta e mi osserva con quei meravigliosi occhi blu che mi hanno fatto innamorare di lei la prima volta che l'ho incontrata.
-Tu lo sei- risponde lei di rimando -Non sai quanto mi fai impazzire quando indossi la camicia e la cravatta-.
Rido, più di una volta mi ha detto e dimostrato tutto il suo apprezzamento per il mio abbigliamento.
-Stai facendo le prove per lo smoking?- domanda prendendomi in giro.
-Forse- rispondo inginocchiandomi per aiutarla ad indossare le scarpe che ha scelto.
-Ci stai prendendo gusto? Mr. Leto?- chiede mentre le lego il cinturino.
-A fare?- domando sollevando lo sguardo verso di lei non prima di averlo fatto correre lungo la sua gamba nuda.
-A metterti in ginocchio ai miei piedi-.
Rido allacciandole l'altra scarpa, poi mi sollevo e la bacio. -Ti aiutavo solo ad indossare la scarpetta, principessa-.
La guardo sorridere, e nei suoi occhi non vedo la paura o il timore che invece vi leggevo la prima volta che l'ho presentata alla mia famiglia.

-Avete da fare domani sera?- domando fingendo noncuranza mentre aiuto mia madre a sparecchiare.
Jared, seduto sul divano, solleva lo sguardo verso di me. -Io sono libero- annuncia -Perché?-.
Mi volto verso mia mamma che sta indossando i guanti per cominciare a lavare i piatti.
-Anch'io sono libera, cos'hai in mente?- chiede scrutandomi perplessa, sanno che il sabato sera preferisco trascorrerlo in giro per locali.
Prendo fiato, è una settimana che penso a come dirlo e come farlo e non posso più tornare indietro. -Volevo presentarvi una persona- esclamo tutto d'un fiato.
Sento Jared chiuere la rivista e posarla sul tavolino, so di avere addosso i suoi occhi e la sua attenzione, ma io sto guardando Costance che si volta senza accorgersi che l'acqua continua a scorrere.
-Chi è?- domanda.
-Una ragazza- replico.
-Credo siano anni che non ci presenti più una ragazza- mi fa notare.
-State insieme?- domanda Jared alle mie spalle.
Mi volto verso di lui acido -Perché pensi che voglia presentarvela altrimenti?-.
-Forse perché sono un figo e sapendo di chi sei fratello voleva conoscermi- risponde gongolante.
Gli lancio uno strofinaccio -Non credo proprio-. Mi volto nuovamente verso Costance -Vi va di conoscerla?-.
-Certo tesoro- risponde lei sorridendo. -E' una cosa seria, spero-.
Annuisco -Penso di aver trovato la persona giusta- dichiaro senza riuscire a controllare le mie parole.
Mia madre sorride -Da quanto state insieme?- domanda.
-Ci siamo conosciuti due mesi fa e abbiamo deciso di frequentarci per poterci conoscere meglio prima di provarci, credo che per entrambi sia ufficiale da dieci giorni o poco più-.
Mia mamma mi osserva attentamente -Non credi di correre un po' troppo?-.
Scuoto la testa -E' una cosa che sento a pelle quando sono vicino a lei. Sento di voler mettere la testa a posto,  voglio una persona che mi sia vicina e che mi conosca meglio di quanto io conosco me stesso, qualcuna con cui ridere e parlare, che sappia quando ho bisogno di stare solo e quando ho bisogno di una spalla-.
Costance sgrana gli occhi -Devo dire che se questo è l'effetto che ti fa hai la mia approvazione-.
Sorrido abbassando lo sguardo -Dovete sapere una cosa però- sussurro sentendo le guance prendere colore.
Entrambi mi guardano aspettandosi chissà quale rivelazione. Forse credono che stia con una divorziata, o con qualche alcolista, se non  peggio, li vedo tirare un sospiro di solievo alla mia rivelazione. -Ha ventun'anni-.
Li vedo scambiarsi un'occhiata oltre le mie spalle. -Tutto qui?- domanda mia madre -Niente figli, o passati nella droga o nella prostituzione?- domanda ironica.
-No- rispondo offeso.
-Per me va bene, è una bambina, ma l'età dopotutto si dice che sia solo un numero;  se poi è anche capace di farti mettere a posto quella zucca vuota avete la mia benedizione-. Si volta e riprende a lavare i piatti.
Vedo Jared osservarmi sogghignando prima di riaprire la sua rivista e tornare a leggere.

-Shannon, davvero io non ho fretta di essere presentata alla tua famiglia- esclama mentre usciamo da casa sua -Dopotutto sono solo due mesi che ci conosciamo-.
-Lo so- replico prendendole la mano -Ma penso di averti già fatto capire quanto tu sia importante per me e voglio che tu faccia parte della mia vita-.
-Sì, lo so- sussurra stringendo la mia mano più forte. -Sicuro che a tua mamma non dispiaccia averci invitato a casa sua? Non era meglio prenotare da qualche parte? Non so, in un terreno neutro come una pizzeria?-.
Rido sentendo il terrore nella sua voce. -Mia mamma non ha mai mangiato nessuno, per quanto non fosse mia abitudine presentarle le mie ragazze, ma sono quasi certo che quelle di Jared siano ancora tutte integre-.
-D'accordo-.
Mi fermo voltandomi verso di lei -Ehy...niente paura, ci sono io con te, non potrà succederti nulla. Chiaro?-.
Annuisce senza parlare. L'abbraccio prima di aprirle la portiera per farla salire in macchina.
Arriviamo davanti a casa di mia mamma, la macchina di Jared è già parcheggiata. Sto cercando in ogni modo di onvincerla a scendere.
-Non ho mai cenato con la famiglia di una star internazionale-.
-E' uguale a tutte le altre famiglie, ora perfavore scendi dalla macchina-.
-Sì, ma anche Jared è una star, musicale e cinematografica per di più, e se non gli piaccio?-.
-Tu fagli due complimenti sul suo aspetto e digli che apprezzi il suo lavoro nel mondo dello spettacolo e l'avrai conquistato-.
-Sicuro che non disturbiamo tua mamma?-.
-Whitney, io e mio fratello siamo qui a pranzo e a cena praticamente ogni volta che ci troviamo a Los Angeles, non è un piatto in più che la disturba-.
-Va bene- dice scendendo dalla macchina -Allora andiamo-.
Le prendo la mano e percorriamo il vialetto. Apro la porta di casa, Jared e mia mamma sono in cucina, non hanno sentito il nostro arrivo. -Siamo qui- annuncio mentre poso le chiavi della macchina su una mensola in marmo.
Li sentiamo raggiungerci in ingresso mentre Whitney cerca di nascondersi dietro la mia schiena. La spingo davanti a me nel momento in cui mia madre e Jared compaiono davanti a noi.
Mia mamma sorride e tutta la sua attenzione è focalizzata sulla mia ragazza -Ciao tesoro, sono Costance- dice porgendole la mano.
Lei l'afferra -Whitney- risponde arrossendo e dal modo in cui mia mamma la sta osservando so che ha fatto colpo su di lei.

***

-A cosa stai pensano?- domando a Shannon imbambolato a fissarmi.
Lui scuote la testa -Ripensavo alla prima volta che abbiamo cenato con la mia famiglia-.
Gli sorrido -Già, avevo un'ansia tremenda, non che questa sera sia da meno, insomma, stiamo per annunciare a tutti che vogliamo sposarci-.
-E sono tremendamente felice per questo- risponde stringendomi. -Dobbiamo anche decidere una data, penso che tutti saranno impazienti di saperlo dopo il nostro annuncio-.
-Io pensavo all'estate dell'anno prossimo-.
Shannon annuisce -D'accordo, per il momento questo basterà-.
Gli sorrido mentre lui mi stringe più forte, poi afferro la borsetta e lo seguo nell'ingresso pronta a sconvolgere la serata della nostra famiglia.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Once upon a dream

 

CAPITOLO 3

15 Novembre 2014, Los Angeles

 
Emma ha prenotato in un grazioso locale al centro di Los Angeles. Mentre parcheggiamo vedo che sono già tutti arrivati. Scendiamo dalla macchina mentre Costance e Hilary, mia mamma, ci vengo incontro.
-Ragazzi, che bello vedervi- esclamano in coro abbracciandoci.
Rapidamente salutiamo tutti, mio padre William, Jared, Tomo e Vicky, mia sorella Rose ed Emma, la quale mi stringe la mano senza dire nulla, le sorrido prima di seguire Shannon all'interno del locale.
Veniamo accompagnati dal direttore in una sala privata dove è stato apparecchiato un grosso tavolo solo per noi dieci.
-Nella prenotazione è stato ordinato il menù degustazione per nove e un menù vegano, se non sbaglio- annuncia rivolgendosi a Shannon che apriva la fila.
-Esatto- si intromette Emma.
Il direttore annuisce -Allora se volete accomodarvi inizieremo portandovi un calice del nostro migliore champagne a cui seguiranno subito le portate- conclude dileguandosi verso l'ingresso.
Io e Shannon ci guardiamo negli occhi sorridendo prima di sederci uno accanto all'altro, tutti stanno prendendo posto e ci ritroviamo Jared di fronte con gli occhi puntati addosso noi.
-Qual'è il motivo di questa riunione?- domanda senza scurpoli, spiegazzando il tovagliolo e posandolo sulle sue ginocchia.
Shannon lo fulmina con lo sguardo -Non posso voler cenare con voi?-.
-Con tutta questa fretta?- chiede -L'ultima volta che ci hai riunito con così poco anticipo è stato per presentarci la tua fidanzata-.
Io arrossisco spostando altrove lo sguardo, ma Shannon è rapido a rispondere. -Jared, smettila. Porta un po' di pazienza e saprai tutto-.
Si piega verso di noi osservandoci con interesse, poi sussurra -Aspettate un bambino? O vi siete lasciati e volete dirci che rimarrete comunque grandi amici? Sappiate che io non credo in questo genere di cose-.
-Se non la smetti- gli ringhia contro Shannon -L'unica comunicazione che farò, sarà che voglio il divorzio da mio fratello; ma io non vorrò rimanere tuo amico-.
Jared scoppia a ridere poi si volta verso di me -Davvero, a volte mi domando come tu faccia a sopportarlo-. Vederli battibeccare così mi fa sorridere, adoro il loro rapporto, è come il mio con Mary, sempre pronte a sostenerci, scherzare e prenderci in giro.
-O forse questo spiega il motivo per cui tu non hai una ragazza e io sì- conclude Shannon con soddisfazione mettendomi un braccio intorno alle spalle.
Jared mette il broncio fingendosi offeso e girandosi verso Emma per parlare con lei. Lo sento borbottare -Tu sai qualcosa vero? Sei sua complice e non mi hai detto nulla? Sappi che posso abbassarti lo stipendio-.
-Jared, smettila- gli risponde lei -Guarda, arrivano lo champagne e le tartine- dice afferrando il vassoio che Vicky le sta passano e ficcanogli nel piatto tre tartine alle verdure. -Mangia e non pensare-.
Mio papà e mia mamma al mio fianco sono immersi in una fitta conversazione con Costance seduta accanto a Jared e non si sono accorti nulla di ciò che i due fratelli Leto si sono detti, sono invece gli occhi di Tomo e Vicky, seduti accanto ad Emma, che non si sono spostati un istante da noi, e dal modo in cui ora ci stanno guardando so che loro hanno già capito il motivo per cui questa sera stiamo cenando insieme. Cerco gli occhi di Mary, e lei ricambia il mio sguardo con un sorriso di incoraggiamento.

***

Le portate si susseguono una dopo l'altra, devo dire che Emma ha avuto buon gusto nello scegliere il menù. Abbiamo parlato e nessuno ha fatto domande sul motivo per cui ci troviamo qui, rispettando la nostra decisione di volerlo comunicare quando sarà il momento opportuno.
Ho osservato Whitney tutta la sera, sul suo viso è comparsa una nuova aria di felicità, è più bella del solito, e non posso far altro che sentirmi orgoglioso del fatto che un po' sia merito mio.
-Whitney- la chiama Jared mentre lei sta bevendo -Cos'hai lì?-.
Si volta abbandonando la conversazione con mia mamma e i suoi genitori. -Un bicchiere- risponde posandolo sul tavolo e strappandomi un sorriso, lei è una delle poche persone che riescono a tener testa a mio fratello.
-No, no- continua lui imperterrito -Intendo all'anulare della tua mano-.
Lei lo guarda come se stesse parlando con un imbecille, poi muove la mano con noncuranza. -L'anello che mi ha regalato Shannon quando abbiamo fatto un anno insieme-.
Tutti  hanno sentito la provocazione di Jared e ora abbiamo i loro occhi puntati addosso.
-Posso vederlo?- domanda lui tendendo una mano.
Mi avvicino all'orecchio di Whitney -Mostragli il medio- dico in un sussurro ben udibile.
Scoppiano tutti a ridere mentre Jared, permaloso com'è, si volta dall'altra parte.
In quel momento a distogliere l'attenzione di tutti dal commento di mio fratello arriva il cameriere per portare via i piatti del dessert, gli faccio cenno di avvicinarsi.
-Può portare un altro calice di champagne per tutti?- domando. Lui annuisce alllontandosi.
-Shannon?- mi chiama Jared.
Mi volto verso di lui guardandolo in cagnesco, se intende rovinare in qualche altro modo il nostro annuncio lo distruggo. -Cosa vuoi?-.
-Mi accompagni in bagno?- domanda.
-Da quando in qua gli uomini vanno in coppia?- chiedo sbalordito.
-Sai che ho il terrore di restare chiuso nei bagni che non conosco-.
Sbuffo mentre Whitney al mio fianco ridacchia. -Suppongo che questa non sia una cosa che possiamo domandare a Emma- dico alzandomi.
-Esatto- risponde lei guardando Jared che mi segue -Puoi scordartelo-.
Ci scusiamo con gli altri e andiamo alla ricerca del bagno trovandolo in una stanza interrata adiacente alla sala da ballo.
-Adesso muoviti- gli dico tenendogli aperta la porta -Resto io di guardia-.
Jared ride poi mi osserva -Non devo andare in bagno- dice con un tono stranamente serio -Volevo solo parlarti-.
Lo osservo sperando che si spieghi meglio.
-Non era mia intenzione fare l'idiota con voi, ma io e Tomo abbiamo immaginato il motivo per cui ci abbiate riunito stasera e suppongo che tutti si aspettino questo annuncio da un po' di tempo. Sono davvero orgoglioso di te Shan, non potevi scegliere di avere accanto una persona migliore-.
Lo osservo incapace di parlare e così faccio l'unica cosa che sento giusta in quel momento, mi sporgo verso di lui e sorriendo  lo stringo in un abbraccio. -Grazie, Jared. Non sai quanto tutto questo è importante per me-.
-Per qualunque cosa io sono qui, anche solo per parlare- dice stringendomi le spalle prima di allontanarsi diretto verso le scale.
-Jared- lo richiamo, lui si volta osservandomi -Mi renderebbe molto felice se... tu volessi farmi da testimone-.
Lui sorride -Pensavo me l'avresti domandato in ginocchio- dice ridendo -Certo che sì Shannon, ne sarei davvero contento-.
Ritorniamo in sala nel momento in cui il cameriere sta serveno i calici di champagne. Jared riprende posto di fronte a me, mentre io resto in piedi, Whitney mi osserva.
-Tutto bene, con tuo fratello?- domanda.
Io annuisco e mi chino per darle un bacio sulla fronte. Poi afferrò il mio bicchiere e fingendo un colpo di tosse richiamo l'attenzione di tutti.
-Penso che immaginiate tutti che sto per darvi una comunicazione importante, vi ho fatto riunire così in fretta che doveva per forza esserci qualcosa da dire e da festeggiare-.
Ho tutti gli occhi puntati addosso, stanno sorridendo e so che non hanno dubbi su quale sia il mio annuncio. Prendo fiato, voglio gustarmi l'ultimo secondo prima di rendere pubblica la notizia, poi prendo la mano sinistra della mia meravigliosa compagna invitandola ad alzarsi e faccio in modo che tutti possano osservare che al suo anulare non c'è più una fedina d'oro bianco, ma il simbolo del mio amore per lei. -Ho chiesto a Whitney di sposarmi, e lei ha accettato-.
Hilary e mia madre urlano qualcosa di incomprensibile iniziando a battere le mani, poi corrono verso di noi per abbracciarci.
-Era ora- urla mia mamma -Ho aspettato questo momento da quando ci siamo conosciute- grida nelle sue orecchie.
Uno dopo l'altro tutti vengo ad abbracciarci e a congratularsi con noi, Jared stringe Whitney un po' più del previsto. -Sono contento che ci sia tu al fianco di mio fratello- le sussurra.
William poco dopo solleva il suo calice di champagne -Cosa aspettiamo? Un brindisi a questa meravigliosa coppia-.
Facciamo tintinnare i bicchieri mentre Whitney stretta al mio fianco si asciuga le lacrime che hanno iniziato a scendere silenziose.
Costance e Hilary si abbracciano brindando -Diventeremo consuocere- urlano saltellando e suscitando l'ilarità di tutti i presenti.
Mi volto verso Whitney guardandola sorridere felice e mai come in questo momento mi sento più innamorato di lei. Il percorso per arrivare all'altare sarà ancora lungo, ma con lei al mio fianco nulla può spaventarmi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Once upon a dream

 

CAPITOLO 4

15 Novembre 2014, Los Angeles

 
Dopo aver salutato tutti e aver assicurato che faremo sapere al più presto la data in cui ci sposeremo, saliamo in macchina diretti a casa.
Ho visto i miei genitori felici questa sera nel sapere che siamo pronti a fare un passo così importante, ma allo stesso tempo non posso far a meno di ricordare la prima volta che hanno conosciuto Shannon.

Mi osservo davanti allo specchio indecisa su cosa indossare, se mi metterò troppo in tiro sarà inevitabile che i miei genitori pensino che stia uscendo con un ragazzo, ma non voglio nemmeno sembrare una ragazza normale agli occhi di Shannon, dopotutto è la prima volta che usciamo da quando abbiamo ufficializzato la nostra storia.
Butto ancora un po' di vestiti sul letto, prima di decidermi che jeans e maglietta sono quasi sempre la scelta migliore nella maggior parte delle occasioni.
Il mio telefono suona sul mobiletto del bagno, è un messaggio di Shannon che mi dice sta arrivando. Indosso una giacca, prendo la mia borsa e mi dirigo nell'ingresso aspettando di sentire la sua macchina fermarsi in fondo al vialetto.
-Esco- annuncio ai miei genitori che stanno guardando la televisione in salotto.
-Dove vai?- domanda mia mamma.
-Vado a bere qualcosa con i miei amici- mento spudoratamente.
-Non tornare troppo tardi- si raccomanda mio papà.
Annuisco dirigendomi in cucina, da quella finestra avrò una visuale migliore della macchina di Shannon. Pochi istanti dopo sento dei passi e qualcuno che si ferma alle mie spalle.
-Con chi esci?- è la voce di mia sorella.
Mi volto verso di lei e le sorrido cercando di sembrare innocente. -Con le mie compagne di scuola-.
-Sì, come no. Dimmi con chi esci-.
La osservo domandandomi come fa, quando mi studia in questo modo è peggio di un cane da recupero, sa esattamente che pista seguire e come centrare il bersaglio.
-Esco con un ragazzo-.
Sorride soddisfatta -Chi è, come sia chiama e quanti anni ha?-.
-Si tratta per caso di un terzo grado?- domando.
Mary scuote la testa -Pura curiosità-.
-D'accordo- dico, tanto prima o poi se le cose tra noi andranno bene dovranno comunque saperlo. -Si chiama Shannon- dico -L'ho conosciuto per caso fuori dall'università, siamo andati a bere un caffé e ora sono quasi due mesi che ci vediamo-.
-E' carino?- domanda.
Sorrido -Molto carino-.
-Quanti anni ha?-.
Improvvisamente ritorno seria -Mary- dico avvicinandomi e abbassando la voce -Mi  prometti di non dirlo a nessuno?- chiedo.
Lei annuisce.
-Ha trentanove anni- sussurro.
-Cosa?- urla lei -Sei impazzita?-.
-Sssh...- le faccio segno -Non voglio che lo sappia nessuno per ora.
-D'accordo, ma...- fa due rapidi conti sulle dita -Ha diciotto anni in più di te-.
-Lo so- ribatto -Ma l'età non è un numero, fidati se lo conoscessi capiresti anche tu che in questo caso non è proprio l'età a contare qualcosa-.
-Cosa vuoi dire?-.
In quel momento vedo un movimento in fondo alla strada.
-Devo andare, è arrivato-.
-Presentamelo-.
-Non posso-.
-Perché?-.
-Non è il momento adatto-.
-Whitney, cosa mi stai nascondendo?-.
Lancio un'occhiata fuori dalla finestra, lo vedo mentre tira fuori il telefono, probabilmente sta per scrivermi.
-Se te lo presento prometti di non fare scenate isteriche e mantenere il segreto con tutti?-.
-Certo- risponde lei offesa.
-E quando dico con tutti, intendo anche con le tue amiche-.
-Bocca cucita-.
-D'accordo, andiamo- dico aprendo la porta.
Shannon mi sta osservando mentre mi avvicino, ha notato la presenza di mia sorella. Lo saluto con la mano e lui capisce di dover scendere dalla macchina.
Ci raggiunge sul cancello di casa. -Ciao Shannon- gli dico arrossendo -Mia sorella mi ha scoperto mentre uscivo di casa e mi ha seguito per conoscerti. Ti presento Mary, Mary, lui è Shannon-.
Si muove in avanti come in trance tendendogli la mano. -Non posso crederci- sussurra -Tu sei quel Shannon? Shannon Leto?-.
Mi porto una mano al viso soffocando uno sbuffo irritato. -Avevo detto niente scenate- borbotto.
-Perché non me l'hai detto?- gracchia senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso.
-Mi avresti creduto?- chiedo.
Shannon ci sta osservando divertito.
-Devi sapere che mia sorella è vostra fan dal video di From Yesterday- dichiaro.
Lui ride -E tu fingevi di non conoscerci?- chiede.
-Questa cosa l'abbiamo già chiarita- dico. -Adesso andiamo- guardo mia sorella -Ci vediamo domani, tu mi raccomando, silenzio assoluto-.

-Quando intendi presentarmelo?- mi chiede Mary mentre stiamo apparecchiando il tavolo. Sono passate due settimane dal suo primo incontro con Shannon e non ha passato giorno senza domandarmelo.
-Te l'ho già presentato- sussurro lanciandole un'occhiataccia.
-Ma io voglio farci una conversazione intelligente-.
-Hai avuto la possibilità di averla, non è colpa mia se l'unica cosa che sei stata capace di fare è stata balbettare un: oh cielo, sei Shannon Leto-.
-Non mi aspettavo di trovarmelo davanti, ti prego dammi una possibilità-.
-No!-.
-Dai, perfavore, perché non lo inviti qui a cena una di queste sere?-.
-Mary, no, scordatelo-.
-Chi dovete invitare qui a cena?- domanda mia mamma entrando in sala con un vassoio.
Io e Mary ci osserviamo incapaci di continuare.
-Nessuno- dico io.
Hilary ci guarda storte -Mary, da brava figlia maggiore, dimmi la verità-.
Io e mia sorella ci osserviamo, è impossibile sfuggire a nostra madre. Vedo mia sorella diventare paonazza, così decido di prendere in mano la situazione, perché prima o poi anche loro dovranno saperlo.
-Ho un ragazzo- annuncio -Da qualche giorno, e Mary l'ha conosciuto-.
-No mamma, è molto più di un ragazzo- dice lei voltandosi e dando sfogo a tutto quello che si è tenuta dentro fino a quel momento e io ho il terrore che possa rivelare la sua età -E' un figo assurdo e in più suona in una band, è anche piuttosto famoso-.
Nostra madre è stupita dal linguaggio colorito di mia sorella, solitamente tra le due è lei quella diplomatica, ma alla fine sorride -Tesoro, cosa aspettavi a dircelo?-.
-Ci stiamo ancora conoscendo, non usciamo da molto-.
-Per me va bene se vuoi portarlo a cena, domani è domenica, cosa ne dici di provare ad invitarlo?-.
Annuisco -D'accordo, mamma. Glielo chiederò-.
Mi volto fulminando mia sorella con lo sguardo mentre mia mamma si dilegua in cucina.
-Stai scherzando spero!- le sibilo -Prenderanno entrambi un colpo quando se lo vedranno davanti-.
-Dai, non esagerare. Pensavo avesse smesso di truccarsi gli occhi con l'eyeliner nero-.
-Sì, ha smesso. Ma ha quasi vent'anni in più di me e un discreto numero di tatuaggi addosso, oltretutto è una star famosa di una band internazionale e ha la fama di essere un... aspetta,vediamo se questa parola ti ricorda qualcosa: uno Shanimal!-.
Mary inizia a ridere e la trovo davvero insopportabile. -Mamma lo adorerà-.
-Certo, e papà lo inviterà ad uscire di casa con un fucile piantato nelle costole-.
Un'ora più tardi, dopo aver finito di mangiare, Mary mi ha trascinato con forza in camera sua obbligandomi a telefonare a Shannon. Ho sperato prima che fosse troppo occupato per rispondere al telefono e poi che avesse già impegni per la sera successiva, ma alla fine con grande gioia di mia sorella ha accettato l'invito a cena.

-Spero abbia almeno coperto i tatuaggi-sussurro lanciando uno sguardo fuori dalla finestra della cucina.
Mi sorella borbotta qualcosa mentre ha il naso appiccicato al vetro.
-E spero non indossi qualcosa di strano, come i suoi famosi pantaloni a cavallo basso-.
Mary emette un suono basso e soffocato.
-Smettila di farti viaggi mentali sul mio moroso- dico dandole un pizzicotto.
Mary salta -Mi hai fatto male- sbuffa massaggiandosi un fianco. -Guarda, c'è una macchina che arriva- esclama esaltata.
Sposto la tendina, non posso sbagliare, è proprio lui.
-D'accordo- sussurro -Io esco, tu resta qui-.
Mary mi guarda in cagnesco ma non muove un passo.
Esco raggiungendo Shannon che sta scendendo dalla macchina.
-Ciao, bellezza- dice porgendomi un mazzo di rose rosse.
Le osservo incapace di dire qualunque cosa. Poi mi avvicino alzandomi in punta di piedi e gli poso un casto bacio sulla bocca. -Grazie- sussurro.
Lui sorride, poi si volta per prendere qualcos'altro dalla macchina; pochi istanti dopo regge tra le braccia un grosso vaso di fiori e una bottiglia di vino.
Siamo davanti alla porta di casa e illuminato dalla luce della veranda riesco a vedere che indossa un completo elegante che lo fa sembrare più serio di quello che è in realtà. Tiro un sospiro di solievo, credo di avergli detto che i miei genitori sono entrambi avvocati, ma non ero sicura l'avesse tenuto a mente.
Entriamo e mia sorella si catapulta in ingresso insieme a mia mamma.
-Vi presento Shannon- sussurro prendendo colore.
Mia sorella emette un flebile "ciao", accompagnato da un gesto con la mano, poi Shannon si fa avanti verso mia mamma.
-Ho portato un pensiero- esclama porgendole il vaso che mia mamma afferra meravigliata. Poi le tende la mano -Piacere di conoscerla, Signora-.
MIa mamma gli sorride, mentre io e mia sorella ci scambiamo uno sguardo allibito, Shannon ha fatto davvero colpo su di lei. -Il piacere è tutto mio- risponde -Sono Hilary, e ti prego di darmi del tu. Accomodati pure in salotto, ti presento mio marito-.
Li seguiamo in sala da pranzo tenendoci a distanza, mentre Shannon si complimenta con mia mamma per l'arredamento. Mi volto verso mia sorella -Pensavo peggio- sussurro.
Lei mi guarda ridacchiando -Aspetta, adesso arriva il pezzo forte-.
Mio papà ci raggiunge dalla cucina, notiamo subito il suo sguardo stupito, o forse incredulo davanti a lui.
-Lui è Shannon- esclama mia mamma cinguettando -Guarda che carino, ci ha portato dei fiori e del vino-.
Mio papà lancia uno sguardo verso la bottiglia che Shannon regge ancora tra le mani -Dell'ottimo vino, direi- annuncia con aria da intenditore, poi gli porge la mano.
-Sono William. Vieni, accomodati-.
La serata si è svolta nel migliore dei modi, mia sorella ha potuto finalmente avere la conversazione "intelligente" che tanto desiderava, mentre i miei genitori si sono intrattenuti parlando con lui di svariati argomenti. Devo dire che Shannon ha le stesse doti oratorie di suo fratello per quanto sembri più schivo e riservato. Ha raccontato loro della sua band, lasciandoli colpiti, dando ampio spazio alla querela ricevuta dalla casa discografica, suscitando grande interesse in mio papà che l'ha bombardato di domande facendolo suo per più di mezz'ora.
L'ho appena accompagnato alla macchina e sto tornando in casa. Ora so che mi aspettano alcune domande a cui rispondere.
Sono tutti in cucina che iniziano a pulire, così prendo una pila di piatti dalla sala e li porto a mia mamma che ha appena indossato i guanti.
-Adesso vogliamo la verità- dice mio papà -Quanti anni ha?-.
Mi volto verso di loro osservandoli -E' rilevante?- chiedo assumendo un'aria colpevole.
-Non ha vent'anni, vero?-
Scuoto la testa. -E' un ragazzo serio- inizio a giustificarlo -D'accordo, forse fa un lavoro un po' eccentrico, ma mi vuole bene, e anche se sono più piccola non si sta approfittando di me. Ci piace stare insieme, parlare e scambiarci opinioni, è una persona intelligente, una delle poche che abbia mai incontrato-.
-Non ti sto chiedendo di difenderlo- mi fa notare mio papà.
-Non lo sto difendendo- ribatto.
-Sono un avvocato, so cosa stai facendo- vedo un abbozzo di sorriso -Vogliamo sapere la sua età, diciamo per... curiosità-.
-Promettete di non dare di matto dopo?- chiedo.
Si scambiano uno sguardo, mentre mia sorella si dilegua in un'altra stanza. -D'accordo, promettiamo-.
-Trentanove- sussurro.
Mia mamma si volta -Cosa?- urla strozzata. Mio papà le lancia un'occhiata allarmata, poi lei si ricompone -Avrei detto ne avesse meno- aggiunge tornando ad occuparsi dei piatti.
Sorrido, poi guardo mio papò che mi osserva.
-Sei sicura che si comporta bene con te? Non si aprofitta del fatto che sei così piccola in confronto a lui?-.
-Papà, no!- esclamo -Non sono una ragazzina, lui non ci deve neanche provare a fare qualcosa che non voglio. E poi, sa che ho chi mi difende- dico sorridendo.
I miei genitori si osservano. -A me piace- dice mia mamma scrollando le spalle.
Mio papà sbuffa -Piace anche a me- dice guardandola -Sembra il migliore tra tutti quelli che hai avuto-. Sorrido soddisfatta, poi lui si avvicina puntandomi contro un dito -Digli solo che se prova a farti soffrire o a fare qualcosa contro la tua volontà, una querela da trenta milioni di dollari in confronto sarà niente-.


-Stai dormendo? Siamo arrivati- sussurra Shannon al mio orecchio.
Sollevo la testa dal finestrino voltandomi per guardarlo. -Pensavo- dico sorridendo -E credo di essermi assopita. Ricordi la prima volta che sei venuto a cena a casa mia?-.
Sorride -Tuo padre non smetteva un secondo di domandarmi della band e della causa alla EMI-.
Annuisco -Sono felici che ci sia tu al mio fianco, per quanto all'inizio l'età non li convinceva troppo-.
-Anche la mia famiglia è contenta, non li ho mai visti felici come questa sera, forse tranne quando l'anno scorso Jared ha vinto l'Oscar-.
-Era ora che decidessi di mettere la testa a posto- gli dico prendendolo in giro.
-Il motivo ne valeva la pena- risponde avvicinandosi alla mia bocca. -Forza, andiamo in casa, prima che ti faccia mia in macchina-.
Rido colpendolo su una spalla con la borsetta -La verità è che tu non cambierai mai-.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Buonasera a tutti!
Chiedo scusa per l'enorme ritardo con cui pubblico il quinto capitolo, ma tra le feste e i vari impegni ho continuato a rimandare questo momento!
Ma ora eccoci a noi, le cose iniziano a farsi interessanti, si comincia a scoprire qualcosa in più sui protagonisti e posso già anticiparvi che nel prossimo capitolo ci sarà il primo colpo di scena!!
Voglio inoltre ringraziare tutte le persone che hanno recensito e mi hanno fatto sapere le loro opinioni; e chi ha inserito la mia storia tra le preferite, le seguite e le ricordate!
Ci sentiamo la prossima settimana, questa volta puntuale ;)
A presto
Buona lettura

JessyJoy <3

 

Once upon a dream

 

CAPITOLO 5

 

16 Novembre 2014, Los Angeles

 

Sono chiusa nella cabina armadio e sto osservando Shannon riempire una valigia.
-Devi proprio farla oggi?- domando -Sai quanto mi rende triste vederti fare i bagagli-.
-Lo so amore- risponde osservando due magliette appese e decidendo di portarle con sé entrambe -Ma domani è lunedì, e sai che Jared vuole che ogni cosa sia perfetta, non mi farà tornare a casa dallo studio tanto presto e non sarò in grado di preparare i bagagli-.
Non dico nulla, continuo ad osservarlo dall'angolo che mi sono ritagliata sul pavimento.
Si volta verso di me -Dai non fare così- dice mollando per un istante i vestiti nella borsa e inginocchiandosi accanto a me -Sono solo pochi giorni, poi torno-.
-Lo so- rispondo -Solo che ogni volta che vai via sento un vuoto immenso, a quest'altezza- dico battendomi due dita sul petto.
Shannon sorride -E' perché porto il tuo cuore con me-.
-Dopo tutto questo tempo dovrei averci fatto l'abitudine- dico abbassando lo sguardo.
-Sarebbe molto più semplice se tu volessi venire con me-.
-Shannon, ti ho detto mille volte che non posso lasciare la redazione per un periodo così lungo- ribatto. Nonostante sia solo una giornalista che scrive articoli di moda, devo spesso essere in redazione per controllare le bozze con il mio capo.
-Potresti lasciare la redazione per sempre se solo lo volessi, te l'ho detto mille volte-.
-E io, per mille volte, ti ho detto che il mio lavoro mi piace e voglio tenerlo. E poi non posso starti appiccicata ventiquattro ore al giorno, penso che andremmo a rovinare tutto quello che abbiamo-.
-Però non puoi negare che visitare città straniere non sia affascinante-.
-Infatti appena posso ti raggiungo-.
-E quando saremo sposati? Vicky ci segue spesso-.
-Io non sono Vicky, te l'ho già ripetuto-.
Rassegnato si alza per tornare alla sua valigia -Davvero non hai mai pensato di mollare il lavoro e seguirci?- domanda.
-Forse- rispondo stringendomi nelle spalle -Devo dire che quando stavamo insieme da poco ci ho pensato più di una volta e mi sembrava la scelta migliore, ma che garanzie potevo avere? Ho sempre sperato di arrivare a questo punto della nostra storia, ma non sono mai stata sicura sarebbe successo, non potevo rischiare-.
-Ma ora hai tutte le sicurezze che cerchi- dice lanciandomi un'occhiata.
Mi alzo -Lo so, forse un giorno cambierò idea, ma per il momento va bene così-. Mi avvicino e gli poso un bacio sulla guancia -Vado a preparare il pranzo-.

***

 

-Ho finito- annuncio entrando in cucina. Lei solleva la testa e mi sorride.
-Ha telefonato Emma mentre eri di là-.
-Cosa voleva?- chiedo.
-Ha bisogno di parlarti, ha detto che passa qui oggi pomeriggio-.
Annuisco aiutandola a portare i piatti sul tavolo.
-Va tutto bene?- le domando afferrandola per un fianco.
Lei annuisce senza dire nulla, si volta e mi da un bacio.
-Non voglio vederti così- le dico abbracciandola.
-Sto bene, davvero. Mi sembra solo più grande di quello che è realmente-.
-Ti prometto che poi saremo insieme fino a marzo-.
Annuisce -Dai mangiamo- dice sedendosi.

Il campanello suona alle tre del pomeriggio, vado ad aprire mentre Whitney è in camera che finisce di vestirsi.
-Ciao Emma- dico aprendo la porta.
-Ciao- dice entrando e seguendomi fino in salotto.
-Emma- dice Whitney alle mie spalle entrando in sala.
-Whitney- esclama lei raggiungendola -Ancora congratulazioni per il vostro matrimonio- dice porgendole la mano in modo formale -Ieri sera c'era troppa gente per poter parlare, ma sono davvero felice per voi-.
-Grazie- risponde lei sorridendo. -Bevi qualcosa?-.
-Del tè, grazie-.
-Per me faresti un caffè?- le domando.
-Certo- risponde dirigendosi in cucina.
Io ed Emma restiamo soli.
-Verrò subito al sodo- dice lei con quel fare pratico che porta sempre cucito addosso -Quando avete intenzione di sposarvi?-.
-Come sarebbe?- chiedo senza capire.
-Ho bisogno di saperlo perché devo organizzare i vostri impegni per la prossima estate-.
-Emma, gliel'ho domandato solo l'altra sera, lasciaci un po' di tempo per parlarne e decidere-.
-Decidere cosa?- domanda Whitney posando il caffè sul tavolo -Il tè arriva subito-.
-Il giorno delle nostre nozze- rispondo.
-Non ne abbiamo ancora parlato in realtà- dice guardando Emma.
-E' necessario per organizzare gli impegni della band-.
-Non pretenderai che ne parliamo ora, vero?- domanda -Te lo faremo sapere al più presto-.
-D'accordo, vi do tempo fino al ritorno dall'Africa-.
In quel momento il bollitore inizia a fischiare, obbligando Whitney ad allontanarsi non prima di averci scoccato un'occhiataccia ad entrambi.
-Prima che mi dimentichi- continua lei afferrando la borsa -Ecco qui il tuo biglietto per Johannesburg- dice porgendomi un cartoncino colorato. -La partenza è prevista per martedì diciotto alle sei del mattino, arriverete in Africa mercoledì alle sette di sera, del loro fuso-.
Mentre finisce di parlare Whitney le posa una tazza di tè ai frutti di bosco davanti.
-Grazie- dice Emma.
-Devo finire un articolo. Ci vediamo presto- annuncia Whitney salutando prima di dileguarsi diretta in camera nostra.
La osservo allontanarsi e sento esserci qualcosa che non va.
Io ed Emma ci intratteniamo un'altra mezz'ora a parlare di lavoro e non posso fare a meno di ricordare la prima volta che ho presentato Whitney a tutta la Crew.

-Ciao ragazzi- esclamo chiudendo la porta dello studio. La mano di Whitney si serra forte intorno alle mie dita, ricambio la presa e proseguo lungo il corridoio.
-Shannon- esclamano tutti quando entriamo nella sala. Saranno una decina, mi volto verso Whitney e la vedo abbozzare un timido sorriso. -Vi presento Whitney, la mia ragazza-.
Questa è la novità che tutti stavano aspettando, non ho mai portato in laboratorio nessuna delle donne con cui sono uscito, per farla conoscere ai miei compagni e amici, e per loro questo significa aria di cambiamento.
Si alzano assalendola come un'orda di barbari, stringendole la mano per presentarsi e mettendosi in bella mostra con battute di dubbio gusto. Dovevo pensarci prima che questo sarebbe stato l'effetto che una ragazza giovane e bella come lei avrebbe suscitato in loro.
La prendo per un fianco stringendola. -Non farci caso, sanno essere anche civili ogni tanto-.
Lei osserva i miei amici e la vedo dispensare sorrisi a tutti come risposta alle loro battute, questa cosa mi fa provare una sensazione nuova che non avevo mai provato prima.
-Ragazzi, cos'è questo baccano?- domanda all'improvviso una voce severa oltre la porta.
Ci voltiamo tutti e vediamo Emma comparire davanti a noi.
-Stavo presentando la mia ragazza-  mi giustifico.
Emma si fa avanti squadrandola da capo a piedi, poi con un'insopportabile aria di superiorità le tende la mano -Sono Emma Ludbrook, segretaria e assistente personale di Shannon e di Jared-.
Trattengo il fiato mentre tutti osservano la scena curiosi di vedere come risponderà al suo attacco.
La guarda un istante, sorride maliziosa e le stringe la mano. -Sono Whitney Blake la fidanzata di Shannon-.
Emma la osserva acida stringendo le labbra in un sorriso sforzato. Afferro Whitney per la vita trattenendola, prima che entrambe sfoderino gli artigli. Finalmente vedo arrivare in mio soccorso Jared, che probabilmente era rimasto chiuso in bagno fino a quel momento per sistemarsi i capelli.
-Whitney che piacere vederti- esclama dandosi un tono superiore agli altri, come per far vedere che lui il piacere di incontrarla l'ha già avuto in passato.
Si scambiano due baci sulle guance, non posso far altro che restare fermo ad osservarli perché Jared più rapido di me l'afferra per la vita e la porta via -Vieni con me, voglio presentarti Tomo, è in cucina che sta preparando la cena, insieme a Vicky-.
-Shannon- continua Emma non appena mio fratello e la mia ragazza sono scomparsi -Devo parlarti, puoi seguirmi?-.
-E' davvero necessario?- chiedo.
-Direi proprio di sì-.
Rassegnato la seguo verso le scale che portano al piano soppalco dove si trova il suo ufficio.
-Quella chi è?- domanda acida.
-Pensavo di essere stato chiaro, la mia ragazza-.
-Shannon, non fare lo spiritoso, non porti mai ragazze in laboratorio, non hai mai presentato nessuna di quelle con cui sei uscito agli altri della Crew-.
-Questo perché  lei non è una come tante altre e siccome le cose tra noi sono serie, ho voluto ufficializzare con tutti la nostra relazione-.
-Shannon, non puoi-.
-Come scusa?- domando pensando di non aver capito bene.
-Non puoi saltartene fuori da un giorno all'altro dichiarando che hai trovato la persona della tua vita-.
-Emma, chi saresti tu per impedirmi ciò che sto facendo?-.
-Sono la vostra assistente e devo assicurarmi che nessuno possa approfittarsi di voi-.
-Approfittarsi di noi? Cioé...tu davvero pensi che Whitney possa approfittarsi di me e del nostro nome?-.
-Non la conosci nemmeno, potrebbe essere chiunque-.
-Tu non la conosci, non io, come ti permetti di giudicarla?-.
-Senti, Shannon, so riconoscere le persone e lei non è altro che un'ochetta che cerca di darsi un tono. Guarda come si veste e come ridacchiava alle battute degli altri. Lei ti sta usando-.
Mi sollevo di scatto dalla scrivania a cui mi ero appoggiato -Non permetterti mai più- sbotto -Di insultarla come hai appena fatto. Tu non sai chi è, tu non la conosci e non hai nessun diritto di giudicarla. Io la conosco, la mia famiglia la conosce e l'ha accettata senza problemi; tu devi stare attenta o farai una brutta fine-.
-Shannon- sussurra con voce tremula -Tu non pensi tutto questo, vero?-.
-Lo penso eccome, Emma. E se non moderi il linguaggio e il tuo atteggiamento, sopratutto in sua presenza, ci metto un secondo a sbatterti fuori-.
Mi osserva in silenzio, per la prima volta nella mia vita sono riuscito a metterla a tacere e non posso negare che questo mi dia una certa soddisfazione. -Se hai finito con i tuoi scleri io torno di sotto-.
-Prima che tu te ne vada, posso almeno sapere quanti anni ha?-.
-Ventuno- rispondo secco.
-Cosa? Shannon sei impazzito? Avete diciotto anni di differenza?-
-Emma, ti prego di non ricominciare-.
-No, questo non posso permettertelo. Cosa penserà la gente? E le tue fans?-.
-Allora è questo il vero problema, l'opinione delle persone. Hai paura che smettano di ascoltarci perché mi sono fidanzato con una ragazza bella e più giovane solo perché sono famoso e ho il potere per farlo? Pensi che la gente possa trovare tutto questo immorale? Sai cosa ti dico, Emma, che se questa è l'opinione della gente che ci segue allora può smettere di ascoltarci, perché non è di loro che abbiamo bisogno. Mentre tutte le ragazze e le adolescenti che ci seguono penseranno che i sogni a volte si realizzano davvero, proprio come abbiamo sempre raccontato. Ed è questa l'unica cosa che conta per me-.
Prendo le scale lasciandola in silenzio nel suo studio, non mi importa nient'altro di quello che ha da dire, la sua opinione non mi importa.
I ragazzi sono nel salotto che ridono e parlano tra loro, mi dirigo in cucina fermandomi sull'uscio per osservare la scena. Whitney sta scherzando con Tomo e Vicky prendendo in giro mio fratello. La guardo sorridere finalmente felice e mi domando come la gente possa pensare davvero che lei si stia approfittando di me. Cerco di non pensare più alle dure parole di Emma e li raggiungo.
-Shannon- esclama lei voltandosi verso di me. L'abbraccio e le poso un bacio sulla fronte. -Tutto bene?- mi domanda preoccupata -Hai un'aria strana-.
-Tranquilla, va tutto bene- sussurro al suo orecchio stringendola più forte.
In quel momento Emma compare sulla porta della cucina, osserva Whitney e le mie mani avvinghiate sul suo corpo, stringe le labbra e non dice nulla.
-Emma- esclama Jared -Vieni, la cena è quasi pronta-.
-Il mio turno è finito mezz'ora fa- risponde piatta -Stasera ceno a casa mia-.
Senza salutare si volta e se ne va sbattendo la porta.

Busso alla porta della nostra camera e quando non sento risposta entro. Vedo Whitney sul letto con il computer sulle ginocchia e le cuffie dell'iPod alle orecchie. Solleva lo sguardo verso di me quando mi vede entrare per poi riabbassarlo subito sul lavoro che stava facendo. Mi siedo al suo fianco tirandole via delicatamente una cuffia dall'orecchio.
-Tutto bene?-.
Lei annuisce continuando a scrivere.
-Whitney, guardami- le ordino. Lentamente lei solleva lo sguardo, è arrossato, come se avesse appena finito di piangere. -Cosa succede?- chiedo.
Chiude il computer appoggiandolo al suo fianco, toglie anche l'altra cuffia dell'iPod e mi osserva, serra le labbra e se in tanti anni ho imparato a conoscerla almeno un po' so che sta per ricominciare a piangere. La stringo in un abbraccio, senza dire nulla e poco dopo lei sta cercando di soffocare i singhiozzi nella mia spalla.
-Amore, se ti fa stare così male rinuncio al concerto, mi do malato martedì prima di partire e resto qui con te; Jared saprà cavarsela da solo-.
Lei scuote la testa -No- sussurra spostandosi per guardarmi negli occhi -Non è questo, lo sai che non vorrei mai tu facessi una cosa simile. Il problema è Emma, lei... lei non ha ancora accettato la nostra storia, lei non ha accettato me, e continua a farmelo capire-.
-Whitney, ma cosa stai dicendo? Lei è felice che noi stiamo per sposarci, vede quanto mi ami e quanto tieni a me-.
-Non è vero, lei continua a lanciarmi frecciatine per farmi comprendere che non sono io la persona giusta per te. E forse ha ragione-.
-Non dire cavolate- esclamo afferrandola per le spalle -Tu sei la persona che ho sempre voluto e nessuno può metterti in mente di non esserlo-.
Sorride tornando ad abbassare lo sguardo -Io voglio solo stare con te, e amarti per ciò che sei- sussurra.
-Lo so, e ti giuro che lo apprezzo tantissimo. Non preoccuparti degli altri, a me non importa nulla quello che pensano. Chi conta davvero nella mia vita sa quanto tu sia la cosa più importante che ho, e non farebbe mai nulla per separarci-.
Mi afferra una mano -Grazie, Shannon-.
Le accarezzo una guancia -Ora ti prego, cerchiamo di goderci questi due giorni che ci restano senza pensieri, sarebbe davvero importante per me-.
-D’accordo- risponde -Cosa ne dici se mi cambio e andiamo a fare un giro? Solo io e te?-.
-Sembra un’ottima idea- le rispondo. Vederla sorridere nuovamente mi fa sentire l’uomo più felice al mondo. -E poi ti porto fuori a cena. Solo io e te-.

 

18 Novembre 2014, Los Angeles

 

Mi sveglio di soprassalto, la sveglia sta suonando come impazzita. -Che ore sono?- domando cercando a tastoni la spalla di Shannon.
-Sono le quattro e mezza- risponde spegnendola per poi girarsi e darmi un bacio. -Mi vesto, faccio colazione e torno a salutarti. Jared sarà qui a momenti-.
-Ti preparo io la colazione- propongo.
Sento le braccia di Shannon stringermi e la sua barba sfatta solleticarmi il collo -Non preoccuparti- mi sussurra all’orecchio -Faccio da solo, tu resta qui al caldo, puoi dormire ancora qualche ora-.
Si alza per dirigersi in bagno, guardo il suo profilo nella penombra della stanza e sento le lacrime pungermi gli occhi, cerco di trattenerle.
Mi ero quasi riaddormentata quando lo sento tornare in camera.
-Sono pronto- dice afferrando la sua borsa dall’armadio -E Jared è già di sotto che mi aspetta-. Si piega verso di me per baciarmi -Ci vediamo presto-.
-Mi manchi già- sussurro abbracciandolo.
-Sono solo pochi giorni, poi ti prometto che staremo solo io e te-.
-D’accordo- sussurro, poi con uno sforzo enorme mi convinco a lasciarlo andare.
-Ti amo- mormora sulle mie labbra.
Lo bacio un’ultima volta, poi si allontana, sa anche lui che se continuerà così non lo lascerò partire.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Once upon a dream

 

CAPITOLO 6

 

19 Novembre 2014, Los Angeles
 

Sono quasi le otto di sera e sono seduta alla mia scrivania per iniziare il nuovo articolo che mi è stato commissionato questo pomeriggio. Continuo a lanciare occhiate all'orologio, a Johannesburg devono essere le quattro del mattino, sono certa che Shannon stia dormendo; sono arrivati la sera prima e dovranno ancora riprendersi dalle dieci ore di fuso.
L’ho sentito questa mattina appena arrivati in Africa, mi ha detto che avrebbe cenato e sarebbe andato a dormire, così l’ho lasciato ai suoi impegni e io sono tornata a dedicarmi ai miei. Dopo aver passato la giornata in redazione, alle cinque sono finalmente riuscita a scappare per tornare a casa; avevo già in mente alcune idee per il nuovo pezzo e così ne ho approfittato subito. Vorrei riuscire a scrivere almeno fin quando Shannon si sveglierà, per potergli dare il buongiorno prima di crollare a letto.
Mi alzo per farmi un tè, sarà l’unico modo che ho per non addormentarmi sulla scrivania. Ho appena acceso il bollitore quando sento il mio telefono suonare dalla camera, non riesco a credere che Shannon sia già sveglio.
Corro a rispondere, ma sullo schermo non vedo lampeggiare il suo numero, bensì quello di Emma.
-Pronto?-. Mi domando cosa possa volere o cosa Shannon possa essersi dimenticato.
-Whitney, sono Emma- si annuncia.
-Tutto ok?-.
-Non proprio, volevo avvisarti che Shannon non si sta sentendo bene-.
-Cosa succede?-.
-Il medico che è appena stato a visitarlo pensa ad un'intossicazione alimentare. Ha la febbre molto alta e sta vomitando da un’ora-.
-Dici sul serio? Emma, è una cosa grave?- le mani iniziano a tremarmi.
-Il medico ha detto che non può parlare ancora della gravità, bisogna vedere gli sviluppi-.
-Puoi trovarmi un volo?- domando d'istinto voltandomi per dirigermi verso l'armadio e preparare uno zaino.
-Whitney, non è necessario- risponde lei -I dottori sono bravi, guarirà in fretta-.
-Emma, hai appena detto che il medico non si è pronunciato, non propinarmi stronzate. Shannon è a letto con la febbre, potrebbe impiegarci giorni per guarire e voi dovete continuare con lo show, non può restare solo in albergo-.
-Troveremo qualcuno che gli stia accanto mentre noi non ci siamo-.
-Shannon non ha bisogno di una badante, ha bisogno di me. Quant'è grave la situazione?-.
-Te l’ho già detto-.
-Emma, voglio sapere quanta febbre ha!-.
Sento Emma prendere tempo prima di rispondere -Quasi a quaranta, se non gli passa dovranno portarlo in ospedale-.
Mi porto una mano alla bocca -Vuoi davvero lasciarlo solo se tutto questo succederà? Fra due giorni dovrete spostarvi a Città del Capo, non potete portarvelo dietro. Per favore, trovami un volo, e che faccia presto-.
-D'accordo, ti chiamo tra dieci minuti, tu stai pronta a partire-.
Riaggancio il telefono e continuo a riempire lo zaino con lo stretto necessario per arrivare in Africa. Mi domando quanto stia male Shannon in questo momento, e mai come ora mi maledico per non aver accettato il suo invito ad andare con loro.

Un quarto d'ora più tardi sono su un taxi diretto in aeroporto, Emma è riuscita a trovarmi un volo che parte entro un'ora e che arriverà in Africa in poco più di ventiquattro ore. Raggiungerò Shannon nella mattina del ventuno, poco prima che inizi il loro concerto.
Raggiungiamo l'aeroporto. La fila al gate è breve, non ho valige e devo solo ritirare il biglietto già pagato che Emma ha prenotato per me, poi sono pronta ad imbarcarmi. Mezz'ora più tardi siamo in volo.
Shannon ha sempre dovuto combattere contro la mia paura di volare tutte le volte che l'ho accompagnato in giro per il mondo. Mi ha sempre fatto trovare un libro da leggere che mi aiutasse durante il decollo, mi teneva la mano ogni volta che si atterrava e ha cercato sempre di non addormentarsi durante il volo, almeno fino a quando anch'io non dimostravo segni di stanchezza. Tutto questo per farmi compagnia e non permettermi di pensare a quello che stava accadendo. Questa volta invece tiro un sospiro di sollievo quando finalmente sotto di noi non vediamo più le luci delle città, ma un'immensa vastità nera: l'Oceano Atlantico.
So che il fuso orario ci sta spingendo verso il sole, per questo mi decido a dormire un po', forse quando mi sarò svegliata saranno passate un paio d'ore e il mio arrivo a Johannesburg sembrerà sempre più vicino. Chiudo il finestrino e mi corico sul sedile, ma so che non sarà facile prendere sonno.


 

20 Novembre 2014, Amsterdam

 

Sono le sei del pomeriggio ad Amsterdam quando atterriamo per fare scalo, staremo fermi poco più di due ore. Afferro il mio zaino e mi metto in coda dietro la folla che attende di entrare in aeroporto.
Sorpasso il recupero bagagli ringraziando mentalmente il fatto di non essermi portata dietro valige, anche se in realtà non mi sono nemmeno preoccupata di sapere come sarà il tempo nel posto in cui mi sto dirigendo, probabilmente ciò che ho infilato nello zaino non è abbastanza, ma poco importa, sono più che certa di dover trascorrere tutto il mio soggiorno a Johannesburg in una camera d'albergo.
Mi dirigo al metal detector e una volta superata la fila cerco il mio gate d'imbarco, il volo partirà tra un'ora e mezza.
Mi dirigo in bagno, dovrei anche mangiare, ma pensare a Shannon sento lo stomaco chiudersi e rifiutare qualunque cosa, così compro una bottiglietta d'acqua e accendo il telefono.
Squilla tre volte, poi Emma risponde. -Pronto?-
-Emma, sono Whitney, mi trovo ad Amsterdam, sto facendo scalo-.
-Tutto bene?- domanda.
-Io sì, ho ancora mezza giornata davanti prima di arrivare, come sta Shannon?-.
-Ha ancora la febbre, ma ha dormito tutto il giorno, il medico è appena passato a visitarlo-.
-Cosa dice?- chiedo.
-La situazione è stabile, avrà bisogno di un periodo di riposo per potersi riprendere-.
-Ha mangiato oggi?-.
-No, ha rifiutato qualunque cosa-.
-Lo immaginavo, quando sta male è davvero ingestibile. Domani non potrà suonare?-.
-No, il medico l'ha vietato. Dovranno arrangiarsi, come hanno fatto a giugno-.
Annuisco in silenzio. -Emma, penso inizino a chiamare gli imbarchi, ti telefono appena arrivo a Johannesburg-.
-D'accordo, ricordati che in aeroporto ti attende una macchina per arrivare in albergo, cerca il cognome Leto sui cartelli all'uscita-.
-Certo, grazie e se cambia qualcosa tienimi informata-.
-Va bene-.
Riaggancio il telefono mettendolo nella tasca dei jeans, poi torno al mio gate e vedo che la fila si sta raggruppando davanti agli ingressi; mi metto in coda dietro ad una famiglia con tre bambini e attendo il mio turno.
Mezz'ora più tardi sono seduta in aereo, nonostante abbia avuto poco tempo per trovarmi un biglietto Emma è riuscita a trovarmi il posto vicino al finestrino, Shannon le ha ripetuto mille volte che è il posto che preferisco e lei non l'ha mai dimenticato. A questo pensiero sento una morsa allo stomaco, non ce la faccio più ad attendere, voglio arrivare il prima possibile in albergo.

 

21 Novembre, Johannesburg

 

Il viaggio che mi ha portato fin qui da Amsterdam è stato snervante, la lancetta dei minuti sembrava immobile. Ho provato a dormire, a scrivere pezzi del nuovo articolo sul taccuino che ho sempre in borsa, ho letto tre volte la rivista in dotazione sull'aereo, scritta in quattro lingue differenti tra cui l'africano, ma nulla faceva passare il tempo. Alla fine mi sono messa a guardare un film e devo dire che l'ho trovato piuttosto noioso.
Sono appena scesa dall'aereo e sono diretta all’ingresso, cerco tra la folla l'uomo che dovrebbe tener alzato il cartello con scritto Leto, strizzo gli occhi maledicendo la mia leggera miopia che mi fa sentire una talpa, quando finalmente lo vedo.
-Mrs. Leto?- domanda quando mi avvicino.
Arrossisco e per la prima volta da quando sono partita mi apro in un piccolo sorriso, a quel pensiero. Annuisco e l'uomo mi fa segno di seguirlo.
Monto in macchina e mentre l'autista accende il motore e si immette nel traffico io telefono ad Emma.
-Sono arrivata in Africa- dico esultante -E ho già trovato l'autista. Come state?-.
-Jared è chiuso in camera sua a fare meditazione, mentre Shannon sta ancora dormendo-.
-Come sta?-.
-Ha passato una notte tranquilla, sembra che la febbre inizi a calare-.
-Dovrei essere lì tra poco-.
-Ti aspettiamo-.

Avrei voluto chiedere all'autista di premere più forte sull'acceleratore, ma non avrebbe comunque potuto far nulla contro il traffico della città. Quindi decido di mettermi calma, dopotutto ho sopportato quasi trenta ore di viaggio, una mezz’ora in più non dovrebbe farmi nulla.
Guardo l'orologio e lo aggiorno con l'orario nuovo, sono quasi le undici.
Arriviamo davanti all'hotel, un'imponente villa coloniale a due piani immersa nel verde. Supero le ampie vetrate ritrovandomi nella hall, è molto luminosa e arredata in stile neoclassico.
Mi avvicino al banco in faggio rivolgendomi alla donna in divisa dietro ad esso.
-Buongiorno, cerco Emma Ludbrook- dico, pensando che è una fortuna che in questa parte dell’Africa tutti conoscano l’inglese.
-Certo, chi la desidera?-.
-La compagna del Signor Leto-.
-Un istante solo-. Solleva la cornetta e digita un numero di poche cifre. Annuncia il mio arrivo e riaggancia.  -Arriva subito-.
-Grazie- rispondo con un sorriso.
Mi guardo intorno analizzando la struttura della sala, ci sono numerosi tavolini in legno circondati da soffici poltrone bianche, grossi cassettoni in tono con il resto dell'arredamento su cui sono posate statue in bronzo di cavalli, bufali ed elefanti; vasi con palme e tappeti di pelli di zebra posati sul parquet.
-Whitney- esclama una voce alle mie spalle. Mi volto e vedo comparire Emma oltre un grosso arco in pietra.
-Sono arrivata- dico sorridendo.
-Questa ragazza alloggerà nella suite Courtyard per tutta la permanenza del Signor Leto- dice con il suo solito fare pratico rivolgendosi alla donna alla reception -Il direttore è già stato informato-.
-Nessun problema- risponde lei con un cenno del capo.
Le sorrido, poi la seguo lungo un corridoio.
-Shannon sta iniziando a svegliarsi- dice mentre percorriamo una scala in pietra -Non sa del tuo arrivo, non abbiamo avuto modo per dirglielo. Sono due giorni che non mangia, perciò sarà compito tuo assicurarti che mandi giù qualcosa-.
Vorrei dirle che so esattamente di che cos'ha bisogno il mio futuro marito, senza che me lo dica lei, ma mi trattengo.
-Il medico passerà stasera alle otto, noi per quell'ora saremo al palazzetto, visto che sei qui non lascio nessuno ad assisterlo. Per tutto il resto il mio telefono è acceso ventiquattro ore al giorno, non esitare a chiamarmi se c'è qualche problema. Passerò da voi finito il concerto-.
-Puoi almeno dirmi cosa dice il medico?- chiedo.
-Nulla più di ciò che ti ho detto al telefono. Si tratta di intossicazione alimentare, ora sta a te scoprire com'è successo-.
Alzo gli occhi al cielo mentre lei mi da le spalle e in quel momento sento una porta dietro di noi aprirsi.
-Whitney-.
Mi volto -Jared- esclamo correndogli incontro e abbracciandolo.
-Non sai quanto sono felice di vederti qui. Quando Emma me l'ha detto non potevo crederci-.
Gli sorrido -Non potevo lasciare Shannon da solo-.
-Non l'ho mai visto in queste condizioni. Volevo chiamarti ma Emma mi ha detto che ci avrebbe pensato lei-.
-Già, l'ha fatto- dico stringendo le labbra.
Jared nota la mia espressione -Sono due giorni un po' frenetici, ma dopo il concerto a Cape Town possiamo trovare un po' di tempo per parlare, se ti va naturalmente-.
-Certo che mi va- rispondo sorridendo -Ora vado a trovare il mio malato-
Jared annuisce -A presto-.
Mi allontano seguendo Emma che impaziente mi conduce davanti alla sua stanza.
-Questa è la chiave per entrare- dice porgendomi una tessera magnetica -Noi ora andiamo a pranzo e poi iniziamo a spostarci verso il palazzetto, ci sentiamo più tardi-.
-Va bene, a dopo-.
Attendo che scompaia lungo il corridoio e dopo aver sbuffato apro la porta.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Once upon a dream

 

CAPITOLO 7

21 Novembre 2014, Johannesburg

 

Un grosso letto a baldacchino, in legno nero e senza tende, domina la stanza; davanti ad esso una pelle di mucca. Anche in questa stanza regna lo stile neoclassico. C'è una scrivania il legno accanto alla porta finestra che da sul balcone, le cui tende color isabella, come il resto della tappezzeria, sono rigorosamente chiuse. L’unica luce proviene da una lampada a piantana accanto alla scrivania.
Mi avvicino al letto cercando di non far rumore, vedo la sagoma di Shannon avvolta tra le lenzuola, cerco di capire se stia dormendo o meno.
Si muove e solleva la testa, ha gli occhi lucidi ed è tutto rosso. Mi osserva.
-Credo che la febbre inizi a portarmi le allucinazioni- borbotta prima di tornare a coricarsi.
Sorrido e mi avvicino, sedendomi sul bordo del letto.
-Non sono un'allucinazione- dico allungando una mano per accarezzargli la fronte.
Si volta e mi osserva -Whitney sei davvero tu? Cosa ci fai qui?- domanda cercando di alzarsi.
Gli sorrido -Mi mancavi- dico mettendogli un cuscino dietro la schiena -E poi volevo sapere cosa stavi combinando-.
Lui sorride abbassando lo sguardo, poi mi afferra una mano. -Mi sei mancata anche tu-.
-Come va con la febbre?- domando.
-Si sta abbassando, mi sento meglio, ma ho male ovunque-.
-Immagino- mi avvicino e gli do un bacio sulla guancia, scotta ancora. -Hai fame?- chiedo.
-Per niente- risponde lui appoggiando la testa al cuscino e chiudendo gli occhi.
Lo osservo -Devi mangiare qualcosa, mi hanno detto che sono due giorni che non butti giù niente-.
-Ho mal di stomaco. Ieri ho provato a pranzare e ho vomitato tutto-.
-Shannon, facciamo una cosa, adesso ti alzi e ti aiuto a fare un bagno; vedrai che così ti sentirai meglio. Poi io ordino qualcosa da mangiare e tu puoi assaggiare tutto quello che vuoi-.
Mi guarda in silenzio, i suoi occhi, che solitamente gli donano uno sguardo così deciso e sicuro di sé, a volte quasi tenebroso, sono improvvisamente diventati quelli di un cucciolo. Non posso far altro che avvicinarmi a lui e baciarlo di nuovo.
-Forza, alzati- ordino tirandomi su di scatto -Adesso ti lavi, mentre io faccio cambiare le lenzuola e l'aria della stanza-.
Si mette a sedere, lo aiuto a tirarsi su, poi ci dirigiamo in bagno. Anche qui il colore che domina è isabella e rovere scuro; c'è una grossa doccia completamente in vetro e di fronte ad essa una vasca che ospita comodamente due persone.
-Fai il bagno con me?- domanda mentre apro i rubinetti della vasca e faccio scorrere l'acqua calda.
-No- rispondo scegliendo il bagnoschiuma da una vasta gamma presente su un mobile accanto al lavandino.  -Tu sei malato e devi solo pensare a guarire-. Lo osservo dallo specchio appeso sopra la vasca e lo vedo sbuffare alle mie spalle. Mi volto -Vado a chiamare una cameriera per sistemare la stanza, aspettami qui-.

Dieci minuti più tardi mentre una ragazza sta cambiando le lenzuola, io ho costretto Shannon con la forza, ad infilarsi nella vasca da solo.
-Almeno mi lavi tu?- domanda completamente coperto dalla schiuma.
Rido sedendomi sul bordo della vasca alle sue spalle e prendendo una spugna dal ripiano in legno. Non deve sentirsi poi così male se ha il coraggio di fare lo spiritoso.
-D'accordo- dico -Ma ad una condizione: devi dirmi cos'hai combinato per ridurti così-.
-Emma te l'avrà detto sicuramente, ho mangiato qualcosa che mi ha fatto male-.
-Shannon- lo ammonisco -Voglio la verità-.
Chiude gli occhi, lasciandosi scivolare nell'acqua calda, lo sento sospirare. -D'accordo- sussurra prima di cominciare. -Mercoledì sera quando siamo arrivati ti ho telefonato, dicendoti che avremmo cenato in hotel e poi sarei andato a letto per riposarmi. E invece dopo aver mangiato alcuni ragazzi della crew hanno deciso di uscire per locali e così li ho seguiti-.
Immergo la mano nell'acqua cercando la pelle del suo petto, ho paura di sapere come continuerà il racconto.
-Ho bevuto una birra, poi un'altra, ci stavamo divertendo e da due sono diventate tre e poi non so come, si è trasformata in rum ed in vodka. Ci hanno portato degli spuntini e credo di aver assaggiato qualunque cosa si trovasse su quella tavola- fa una pausa -Non so come ho fatto a tornare in hotel, so solo che stavo malissimo e non volevo che gli altri, sopratutto mio fratello, sapessero ciò che avevo fatto. Ho cercato da bere, e l’acqua del frigobar era ghiacciata; ho bevuto e poi mi sono fatto una doccia. Senza nemmeno asciugarmi mi sono buttato sul letto, la serata era calda e le finestre erano aperte, mezz'ora più tardi stavo vomitando-.
Sospiro stringendo la spugna -Cos'hai detto al medico?- domando.
-La verità, ma l'ho pregato di non dirlo ad Emma e Jared. Hanno passato la notte a darsi il cambio per vedere come stavo. Così lui ha constatato che fosse una sbornia, ma ha retto la mia bugia che si trattasse di un’intossicazione alimentare-.
-E perché hai la febbre?-.
-Il medico dice che il cambio di clima e il colpo d’aria che ho preso dopo la doccia abbiano destabilizzato la mia situazione che era già precaria a causa dell’alcool-.
-Sei un idiota, lo sai?-.
-Non farmi sentire in colpa anche tu. Sto abbastanza male per conto mio-.
-E ti sta bene, Shannon. Possibile che non impari mai nulla? Nemmeno cinque mesi fa io e Constance siamo dovute venire a pagarti la cauzione in prigione per lo stesso motivo-.
-Lo so, Whitney davvero, mi dispiace da morire, non lo farò più-.
Smetto di strofinargli la spugna sulla schiena -Questo è quello che hai detto anche l'ultima volta. Hai saltato un mese di tour per questo motivo, e ora lo fai di nuovo, impedendoti di partecipare a questi due concerti-.
-Ti prego, Whitney, non arrabbiarti e non lasciarmi solo-.
-Se volessi lasciarti solo non sarei qui, non credi? Ma sono stanca che il problema sia sempre questo. Perché credi che abbia buttato ogni bottiglia di alcool presente in casa se non per aiutarti?-.
-Ci stavamo divertendo, e la cosa ci è sfuggita di mano-.
-Vi è sfuggita o è sfuggita solo a te?-. Silenzio, mi alzo e mi siedo di fronte a lui. -Shannon, io ti aiuto, ma tu devi lasciarmelo fare-.
Annuisce poi vedo i suoi occhi farsi umidi.
-Non provare a piangere- gli intimo -E' un ricatto morale, e per di più detesto chi vuole farsi compatire-.
-Non dire a nessuno la verità, sopratutto a mio fratello-.
-Non preoccuparti- rispondo -Ora ti lavo i capelli, poi usciamo di qua e ordiniamo qualcosa, e tu ti sforzerai di mangiare-.
Muove la testa in modo affermativo e con un sorriso ristabiliamo la pace. Mi alzo e inizio ad insaponargli i capelli pensando a quante volte vorrei che ci fosse un po' più cervello in questa bellissima testa.

Usciamo dal bagno che Shannon finalmente profuma di pulito. Si rimette a letto e io scendo nella sala ristorante per controllare cosa propone il menù. Alla fine opto per una zuppa poco spezziata per Shannon e qualcosa di tipico per me. Il vassoio arriva in camera dieci minuti più tardi.
Sgombero la scrivania dalle cose di Shannon e vi appoggio i due piatti, obbligandolo ad alzarsi per mangiare seduto al tavolo. Non prova nemmeno a ribattere e fa come gli dico.
-Come farai con il lavoro?- domanda mentre osserva con circospezione il suo piatto.
-Ho chiamato in redazione per avvisare che partivo d'urgenza per l'Africa- rispondo -Ho potuto far slittare l'invio del nuovo articolo-.
-Mi dispiace averti fatto venire fin qui, non voglio immaginare lo spavento-.
-Sì, se devo essere sincera sono stata davvero preoccupata. Sono state trenta ore davvero tremende. Ma ora va meglio- dico sorridendogli -In più per ingannare l'attesa in aereo ho cominciato a buttare giù pezzi dell'articolo, sequestrerò il tuo computer domani pomeriggio e lo scriverò, correggeremo le bozze via chat-.
Finito di mangiare do a Shannon le pastiglie che gli ha ordinato il medico e lo aiuto  a rimettersi a letto.
-Faccio una doccia, tu dormi, dopo mi metto qui con te- gli sussurro per poi andare in bagno.
L'acqua bollente mi scorre sulla schiena, sento la stanchezza crollarmi addosso. Non posso far altro che pensare a quello che ha combinato Shannon e mi domando quante volte ancora dovremo combattere contro questo mostro che lo aspetta in agguato nascosto sotto il letto.
Dobbiamo sconfiggerlo, ora so che da solo non può farcela, e intendo fare di tutto per cacciarlo definitivamente dalla sua vita.
Ripenso alla notte di giugno, quando Constance mi ha chiamato per andare a recuperarlo in prigione.

Driiiiin-Driiiiiiiiin......
Il telefono squilla sul mio comodino. Mi sollevo cercandolo a tastoni.
-Pronto?- domando spaventata.
-Whitney, sono Constance- risponde la voce dall'altra parte.
-Constance, è successo qualcosa?-.
-Stavi dormendo?- chiede ignorando la mia domanda.
-No- rispondo, poi lancio uno sguardo alla sveglia, è quasi l’una -Mi ero appena messa a letto, stavo aspettando Shannon, è uscito con alcuni amici e dovrebbe essere presto a casa-.
-A proposito di questo- continua lei -Mi hanno telefonato dalla caserma, dobbiamo andare a pagargli la cauzione se vogliamo farlo dormire nel suo letto-.
-Cosa?- domando cercando di capire se sia uno scherzo o meno -Cos'è successo?-.
-L'hanno fermato mentre era in macchina un'ora fa, suppongo stesse tornando a casa, era ubriaco. Così l'hanno arrestato-.
-Dici sul serio?- domando in un sussurro -Non posso crederci-.
-Posso passare a prenderti tra dieci minuti? Ho bisogno che qualcuno me lo tenga fermo mentre lo picchio-.
-Certo- rispondo -Per quanto meriterebbe di restare a dormire dove si trova. Mi vesto e ti aspetto sotto casa-.
-Arrivo subito-.
Mi alzo e indosso i primi jeans che trovo nell'armadio, pochi minuti più tardi sono sotto casa. Una macchina bianca accosta davanti al palazzo dove abitiamo, vi salgo sopra e partiamo.
-Constance- esclamo -Cos'è successo?-.
-Non ne ho idea- risponde con l'aria di chi sta trattenendo tutte le imprecazioni del mondo. -So solo che stai con un idiota-.
E in quel momento, seduta, senza dover pensare ad altro che ad arrivare alla caserma, mi piomba addosso la gravità del fatto. Pensavo avessimo superato questo problema, invece è rimasto assopito in silenzio dentro di lui, aspettando di approfittare della sua prima debolezza.
-Davvero, quel ragazzo non lo capisco, eppure l'ho messo al mondo io- continua lei poco dopo -La sua vita è perfetta, ha una casa, un lavoro che ama e si sta costruendo una bellissima famiglia, e ancora non gli basta. Perché deve mandare sempre tutto al diavolo così?- prosegue scuotendo la testa.
-Non ne ho idea- sussurro io -Era davvero tanto tempo che non si ubriacava più, non senza un motivo apparente almeno-. Porto la mano al viso stringendo le tempie tra le dita -Era un po' nervoso per il tour in Europa, ma nulla che non avessimo mai superato prima-.
-Continua a cascarci, non riesce a resistere a questa tentazione e non può vivere così, non a quarant'anni suonati-.
-Lo so, Constance, ti assicuro che sto facendo di tutto per aiutarlo, ma sembra non gli importi-.
-Non sto incolpando te, Whitney, anzi, tu sei l’unica che può fare qualcosa per salvarlo, arrivati a questo punto-.
-Forse non faccio abbastanza, forse mi sta mandando dei segnali e io non riesco a riceverli-.
-Non credo, l’unico messaggio che sta mandando a tutti quanti è che nonostante la sua età, resta un bambino irresponsabile-.
Sorrido amaramente -Deve trovare un modo per saltarci fuori, con o senza il nostro aiuto, ma deve farlo-.
Vedo Constance annuire -Quando lo scoprirà suo fratello, andrà su tutte le furie-.
Rabbrividisco al pensiero -Non voglio ritrovarmi nella loro stessa stanza in quel momento-.
-Che gli serva di lezione- trattiene un attimo il respiro poi sbotta -Ogni tanto vorrei fosse ancora più basso di me, per potergli dare la lezione che merita-.
La guardo -Forse in tre possiamo ancora farcela-.
Vediamo il commissariato davanti a noi, troviamo parcheggio davanti ad esso, scendiamo dalla macchina e ci precipitiamo all’interno. La luce è fredda e metallica, e le suole delle nostre scarpe da ginnastica stridono sul linoleum grigio. Raggiungiamo la reception, un uomo in divisa che stava sonnecchiando solleva lo sguardo su di noi.
-Sono la madre di Shannon Leto, siamo qui per pagargli la cauzione-.
L’uomo annuisce annoiato -Mi segua, deve firmare alcune carte. Intanto faccio chiamare suo figlio-.
-Lo aspetti tu?- mi domanda Constance.
Annuisco, poi loro spariscono in un ufficio lì accanto.
Mi guardo intorno, le pareti sono grigie e spoglie, un unico poster di un vecchio film degli anni trenta è attaccato dietro la scrivania. Picchietto con la punta del piede sul pavimento, mentre a braccia incrociate aspetto. Pochi minuti più tardi sento una porta scorrere e cigolare, mi volto, Shannon mi sta venendo incontro. Ha il volto arrossato e gli occhi lucidi, mi avvicino, puzza di alcool più di quanto potessi immaginare.
Ci osserviamo un istante, io a labbra serrate, cercando di trattenere gli insulti, lui con sguardo mortificato.
-Mi dispiace- prorompe un secondo dopo.
Inarco un sopracciglio -Su questo ho dei dubbi, ma possiamo parlarne a casa, intanto usciamo-.
Guardo il poliziotto che ci fa un cenno affermativo del capo -Aspettate nell’ingresso-.
Annuisco prima di precedere Shannon verso la porta.
Quando ci troviamo soli si avvicina a me e mi abbraccia -Amore, mi dispiace da morire. Per fortuna sei venuta tu, se mia madre lo sapesse mi ammazzerebbe-.
-Shannon- dico spostandomi -Non fare il ruffiano, non ora. E comunque mi dispiace informarti che non sono stata la prima a ricevere la telefonata dalla centrale-.
-Come sarebbe?- domanda.
-Mi ha chiamato Constance poco dopo che ti avevano portato qui-.
Mi osserva sgranando gli occhi -Dici davvero? Dov’è adesso?-.
-Ti sta pagando la cauzione-.
Si porta una mano al voto. -E mio fratello?-.
-Ti abbiamo lasciato l’onore di dirglielo-.
In quel momento le porte si aprono e Constance compare davanti a noi. Fulmina suo figlio con lo sguardo mentre gli si avvicina -Sei nei guai- sbotta sbattendogli in mano un plico di carte. Lo sorpassa diretto alla porta d’uscita.
-Mi dispiace, davvero- sussurra lui. Credo di sentire una nota di vero pentimento nella sua voce.
-Non è con me che devi scusarti- risponde fermandosi sul marciapiede -Trova una buona scusa con tuo fratello, perché questa non te la perdonerà mai-.
Osservo Constance senza capire. -Cosa vuoi dire?- le domando.
Lei si volta verso di me rossa in volto -Per un mese dovrà frequentare ogni sera un centro di recupero per persone alcolizzate- gli lancia un’occhiata -A partire da domani-.
-Cosa?- esclama Shannon -Non possono, dobbiamo partire, abbiamo i concerti in Europa, fra pochi giorni suoneremo in Italia. E poi io non sono alcolizzato, mi stavo solo divertendo-.
Li osservo sconvolta, incapace di parlare.
-Shannon, ho provato a dirglielo, ma non mi hanno voluto dare retta. Sei obbligato-.
Raggiungiamo la macchina senza dire una parola, questa non ci voleva. Shannon monta sul sedile posteriore, vorrei mettermi accanto a lui, ma so che in questo momento ha bisogno di star solo e pensare.
Constance parte verso casa, l’atmosfera in macchina è così tesa che potrebbe essere tagliata con un coltello. Lancio rapide occhiate a Constance, non ha ancora detto niente che possa umiliare Shannon per quello che ha fatto, probabilmente la punizione che ha ricevuto vale più di qualunque parola, a tutto il resto ci penserà Jared.
Raggiungiamo casa dieci minuti più tardi, Shannon non ha fatto altro che guardare fuori dal finestrino. È il primo ad aprire la portiera, sua mamma lo richiama.
-Shannon, ne parliamo domani- esclama senza voltarsi ma guardandolo dallo specchietto retrovisore.
-Certo- dice lui già fuori dalla macchina per metà -Buonanotte- richiude la portiera.
-Whitney- sussurra Constance -Grazie, per avermi accompagnato-.
-Figurati- rispondo -A domani-.

Finisco di risciacquarmi ed esco dalla doccia. Mi avvolgo in un asciugamano bianco e torno in camera. Shannon dopo essersi rimesso a letto si è addormentato. Prendo dei vestiti puliti dal mio zaino e dopo averli indossati mi metto a accanto a lui. Nel momento in cui mi sdraio sento tutti i miei muscoli esultare felici, lascio che le lenzuola mi avvolgano e in un secondo la stanchezza delle ultime quarantotto ore mi assale, mi stringo contro il petto di Shannon e mi addormento.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Once upon a dream

 

CAPITOLO 8

 

22 Novembre 2014, Johannesburg
 

Dopo aver dormito l’intero pomeriggio, Shannon si è svegliato di buon umore.  Ha cenato, abbiamo aspettato il medico che è passato a visitarlo ed ha detto che gli servirà ancora qualche giorno di riposo, poi abbiamo passato la serata a guardare vecchi film alla televisione. Sono quasi le due di notte ed è da un’ora che cerco di convincerlo in ogni modo a rimettersi a dormire, ma sembra non ne abbia la benché minima intenzione.
-Possiamo dormire tra un po’, sono tre giorni che non faccio altro; e poi domani mattina non dobbiamo andare da nessuna parte-.
-Io domani mattina potrei voler andare a fare un giro in città-.
-Da sola?-.
-Certo, tu devi guarire e io non posso rinchiudermi in un albergo tutta la settimana-.
-Non puoi lasciarmi qui da solo. Sono malato- esclama sfoggiando la sua migliore espressione da cucciolo.
Sorrido -Non provarci nemmeno Shannon. Se non avessi fatto il furbo ora non ci troveremmo in questa situazione-.
-Ti dispiace essere qui con me?-
-Sarei più contenta se tu fossi stato seduto dietro Christine questa sera-.
-Già, ma devo dire che una vacanza solo noi due non mi dispiace affatto-.
-Shannon- esclamo sconvolta -Questa non è una vacanza. Io sono qui perché tu mi hai fatto preoccupare, e il mio unico compito al momento è quello di aiutarti a guarire-.
-Lo so- risponde sorridendo -E lo apprezzo molto, veramente-.
Gli sorrido -Quindi ora possiamo dormire?- chiedo speranzosa.
-In realtà, a proposito di aiuti per guarire, ci sarebbe qualcosa che potresti fare per farmi star meglio…-.
Inarco un sopracciglio, dubbiosa su quale potrebbe essere la sua prossima affermazione; ma prima che io possa chiedere cosa voglia, qualcuno bussa alla porta.
Mi alzo indossando una vestaglia sopra i pantaloncini e la canottiera, poi apro.
-Jared- esclamo.
-Stavate dormendo?-.
Scuoto la testa -È da un’ora che provo a convincere tuo fratello a mettersi a letto, ma non c’è verso. Vieni, entra- dico spostandomi -Emma non c’è?- chiedo chiudendo la porta.
-No, ha detto che se non c’erano problemi bastava solo la mia visita-.
Sorrido grata per quella fortuna.
Jared osserva Shannon con circospezione prima di avvicinarsi. -Come stai?- domanda.
-Mi sento meglio- risponde.
-Il medico è passato?-.
-Sì, ha detto che sto guarendo-.
Jared si volta verso di me per avere conferma. Gli sorrido ed annuisco -Ha detto che si sta riprendendo, ma purtroppo la febbre alta l’ha debilitato e dovrà riposare ancora un po’-.
Si osservano un istante, poi è Shannon il primo a rompere il silenzio -Com’è andato il concerto?-.
-I fan erano davvero esaltati- risponde lui illuminandosi -Erano davvero felici che fossimo qui a suonare per loro, ma la tua assenza si è sentita parecchio-.
-Mi dispiace- risponde Shannon -Avrei davvero voluto esserci-.
Jared scuote la testa -Lo so, ma non è colpa tua. Sono cose che possono capitare, e poi abbiamo visto tutti come stavi male-.
Mi dileguo in un angolo della stanza, tirando a me il portatile di Shannon e fingendo di lavorare, non voglio essere partecipe di quella discussione, non quando la verità è prepotentemente presente in questa stanza.
-Come ti sei giustificato con il pubblico?- domanda Shannon.
-Ho detto semplicemente che eri malato-.
-Ci hanno creduto?-.
-Hai paura che i fan pensino che tu menta?-.
-Penso solo che la critica sia spietata a volte-.
Vedo Jared tormentarsi le pellicine delle dita, sta per dire qualcosa. -È meglio che te lo dica io prima che tu lo venga a scoprire- annuncia; sollevo lo sguardo, Shannon ha un’aria preoccupata. -Hanno già iniziato a circolare le prime voci sulle possibili vere cause della tua assenza-.
Shannon sbuffa -E cosa direbbero?-.
-Alcuni pensano che tu possa esserti stancato di suonare con noi-. Shannon inarca un sopracciglio -Mentre altre pensano che tu possa aver fatto la stessa cosa di giugno-.
Mi scivolano a terra penna e block-notes. -Ma è assurdo- esclamo quando vedo i loro sguardi voltarsi verso di me. -È impensabile che Shannon possa voler lasciare il gruppo. Come può anche solo supporlo la gente?-.
Jared solleva le spalle -Non lo so. Fatto sta che fino a marzo non avremo altri concerti e forse questo basterà per calmare le acque-.
Shannon sorride -Lo spero-.
Jared lancia un’occhiata all’orologio -Ragazzi, è tardissimo, domani mattina noi partiamo per Cape Town, mentre voi dovete riposare. Ci sentiamo quando arriveremo a destinazione. Buonanotte-.
-Notte, Jay- esclama Shannon salutandolo con un cenno della mano.
Mi alzo per accompagnare Jared alla porta.
-Per qualunque problema chiamami- mi ricorda prima di congedarsi.
Chiudo la porta e mi volto verso Shannon. -Come ti senti?- domando.
-Bene- risponde -Mi aspettavo qualcosa di simile, sopratutto dopo come sono andate le cose a giugno. Ma non mi preoccupo, mi rimetterò in forma per marzo-.
-Shannon, lo sai che anche se lo sappiamo solo io e te, le supposizioni fatte hanno qualcosa di reale sotto-.
Ci osserviamo un lungo istante -Cosa vuoi dire?-.
-Voglio dire che… davvero non eri al concerto per colpa dell’alcool-.
-Certe volte il modo in cui mi sputi in faccia la verità fa più male di un pugno-.
-Mi dispiace, ma sono qui anche per questo. Sono stanca di vederti ricadere sempre nello stesso problema e ho paura-.
Shannon corruga la fronte -Paura?-.
-L’altra sera da una semplice birra si è trasformato in super alcolico, cosa succede se la prossima volta da super alcolico si trasforma in qualcos’altro?-.
-Cosa? Whitney, davvero tu pensi questo? Credi che mi permetterei di mandare tutto al diavolo così? Credi che avrei voglia di finire nuovamente in quel tunnel oscuro?-.
-Non lo so. L’unica cosa di cui ero certa era la tua promessa di non bere mai più in quelle condizioni e non l’hai mantenuta-.
-Mi dispiace- dice spostando le coperte e alzandosi -Mi dispiace davvero, io non so più cosa fare per dirtelo. Ero felice quella sera, ed euforico. Continuavo a ripetere ai ragazzi quanto non vedessi l’ora di diventare tuo marito e i brindisi si sono protratti un po’ troppo-.
-Ti credo- annuncio poco dopo -Ma sarà l’ultima volta. Shannon, stai bene attento a quello che fai, io sono disposta ad aiutarti, ma se a te il mio aiuto non interessa, dimmelo subito-.
Scuote la testa -No- si avvicina e mi afferra le mani -No, Whitney, io ho bisogno di te, solo tu puoi aiutarmi a sconfiggere questo mostro. Non abbandonarmi-.
Lo guardo negli occhi, è così tremendamente sincero che mi viene da piangere. -D’accordo. Ora non parliamone più e mettiamoci a letto-. Rimbocco le coperte a Shannon e mi metto al suo fianco, appoggiando la schiena al suo petto.
-Prima che Jared bussasse mi pare che avessimo lasciato un argomento in sospeso- sussurra nel mio orecchio, mentre la sua mano calda percorre il profilo delle mie gambe.
-Shannon, sei malato- ribatto secca.
-Questo potrebbe aiutarmi a guarire- risponde serafico continuando ad accarezzare le mie cosce.
-Oppure potrebbe farti tornare la febbre-.
-Ne varrebbe la pena-.
Mi volto, sdraiandomi di schiena. -Shannon, no! Finche non sarai guarito non faremo proprio un bel niente-.
Inizia a baciarmi il collo, mentre le sue mani si insinuano prepotenti sotto la mia canottiera. -Mi sei mancata- sussurra, e la sua voce insieme al tocco delle sue mani mi fa salire i brividi fin nello stomaco.
-Mi sei mancato anche tu- rispondo e con disappunto noto che il mio tono di voce è cambiato. Ma voglio resistergli, per quanto mi sia tremendamente difficile, voglio che comprenda gli errori di quello che ha fatto, e se per farlo devo privarlo di una delle cose che più di tutto lo mandano fuori di testa, lo farò, per quanto questo faccia soffrire anche me.
-Smettila, Shannon-. Mi sollevo di scatto, obbligandolo a spostarsi. -Non sono venuta fino in Africa per questo-.
-Whitney, mi sembrava lo volessi anche tu-.
Lo osservo, cercando di mantenere la calma -Certo che lo vorrei. Ma non è questo il momento. Sono qui per assicurarmi che tu guarisca e non è facendoti sudare che ti aiuterò-.
-Mi stai punendo?- chiede.
Stringo le labbra -Forse. Magari prima o poi capirai quali sono i tuoi errori-.
-Non vuoi proprio fare nulla?-.
-No, voglio che tu dorma-. Lo spingo nuovamente sul suo cuscino, mi sdraio accanto a lui e spengo la luce.

***

Mi sveglio di soprassalto guardandomi intorno. Whitney non c’è. Sposto una mano sul materasso, nella parte in cui ha dormito e sento che è fredda, deve essersi alzata da un po’. Mi alzo per andare in bagno, è tutto perfettamente in ordine, se non fosse che ci sono i suoi trucchi e le sue creme accuratamente riposte su una mensola penserei che si sia trattato solo di un sogno.
Torno in camera e accendo il telefono, sono quasi le nove. Compongo il suo numero e aspetto di sentire il segnale, ma la vibrazione arriva dalla scrivania. Mi volto, non ha portato il telefono con sé.
Torno a letto, domandandomi dove possa essere andata e sentendomi anche un po’ offeso per non essere stato svegliato. Apro Twitter, sono curioso di scoprire cosa intendesse Jared la sera prima quando ha parlato della critica.
In quel momento sento la tessera magnetica strusciare e la porta aprirsi con uno scatto sordo. Sollevo la testa e vedo Whitney entrare reggendo un vassoio tra le mani, indossa un semplice vestitino bianco e dei sandali marroni.
-Colazione- esclama sorridendo.
-Whitney, pensavo fossi andata a farti un giro-.
-Non avrei mai potuto lasciarti qui a morire di fame- dice appoggiandomi il vassoio sulle ginocchia. -Ti va un po’ di caffè?- domanda.
Annuisco -Mi sembra un’eternità che non ne bevo più- esclamo grato che ci abbia pensato. Mi versa quel meraviglioso infuso nero nella tazza e solo a sentirne l’odore mi sento meglio.
-Tu hai già mangiato?- domando afferrando uno dei croissant che ci sono nel piatto.
-Sì- risponde alzandosi dal letto per prendere il suo telefono -Ho mangiato nella sala ristorante. Dormivi così bene che non volevo svegliarti. Come ti senti oggi?-.
-Meglio- rispondo -Ho dormito proprio bene con te al mio fianco-.
Solleva lo sguardo dal suo telefono e sorride -Tu sei… un bambino ruffiano-.
Rido -Potremmo fare un giro oggi- propongo -Credo che un po’ di aria fresca mi farebbe bene-.
Inarca un sopracciglio -Non fare il furbo con me. Tu non ti muovi da questo albergo-.
-Dai, Whitney. Lo sai anche tu che non sono veramente intossicato, è stata solo una sbronza-.
-In ogni caso il medico ha detto che devi riposare-.
-Ho riposato abbastanza-.
-Riposerai ancora- risponde afferrando il mio portatile.
-Dove stai andando?- chiedo allarmato.
-Sulla veranda a lavorare- risponde tirando la tenda e facendo entrare la luce.
-E io?-.
-Tu resterai in camera a riposare- risponde porgendomi il telecomando -Credo ci siano telefilm americani su qualche canale. Buon divertimento- detto questo apre la porta a vetri ed esce, lasciandomi solo.

È quasi mezzogiorno quando torna in camera; ho passato tutta la mattina a fare zapping in televisione, senza trovare qualcosa che potesse soddisfarmi.
-Com’è andato il lavoro?- domando.
-Bene, ho quasi finito l’articolo. Adesso vado a prendere il pranzo. Tu come stai?-.
-Mi sto annoiando a morte- rispondo sbuffando.
-Dai Shannon, porta pazienza ancora un po’. Vado a vedere se trovo qualcosa di buono-. Detto questo esce dalla camera lasciandomi nuovamente solo.
È di ritorno mezz’ora più tardi, porta con sé una borsa di cartone, ma del pranzo non vedo l’ombra.
-Amore, dove sei stata?- domando.
-Il pranzo lo portano in camera tra poco- risponde leggendomi nel pensiero, mentre appoggia la borsa sulla scrivania -Ma in compenso ho trovato come farti passare il pomeriggio-. Sorridente inizia ad estrarre oggetti dalla sporta. -Ho trovato un’edicola e ti ho comprato qualche libro da leggere- dice appoggiando più volumi sul materasso in modo che io possa osservarli. -Ho trovato anche dei giochi da fare, come Monopoly, per esempio- dice porgendomi una grossa scatola verde -E in un altro negozio ho trovato alcuni dvd. Sono cartoni animati, ma restano pur sempre un classico-.
Lancio un occhiata alle custodie che mi mette accanto -Dumbo? Bambi? La Bella Addormentata nel bosco? Amore, scusa ma non ho cinque anni-.
Si volta inarcando un sopracciglio -Cosa pretendevi?-.
-Non so, un thriller, oppure un horror era chiedere troppo?-.
-Come sei petulante, non ho trovato altro che mi piacesse-.
-Ecco, se avessi potuto andare io avrei trovato di sicuro qualcosa di meglio-.
-Ma visto che tu non puoi andare devi accontentarti di quello che ti ho portato io. Chissà che magari stasera non ti addormenti presto-.

Nonostante quelle che erano le mie previsioni, il pomeriggio non è stato per niente noioso, abbiamo giocato a Monopoly per tre ore e alla fine ho vinto io. Mentre Whitney finiva di scrivere il suo articolo ho iniziato uno dei libri che mi ha portato; abbiamo aspettato il medico che è passato prima di cena e dopo aver cenato ci siamo messi davanti alla televisione a guardare uno dei cartoni animati che ha comprato.
Osservo il suo profilo mentre guarda l’elefantino dalle grandi orecchie cercare di prendere il volo e la trovo meravigliosa. In questo momento mi sento un’idiota per quello che ho fatto. Si è preoccupata per me, per come stavo e io non merito tutto questo. Se ogni tanto la mia testa fosse più salda sulle spalle queste cose non accadrebbero e io non mi sentirei così in colpa. Questa volta voglio davvero smettere, non ne vale la pena star male per così poco, ma sopratutto non vale la pena vederla soffrire per i miei comportamenti; lei ci tiene a me e non fa altro che dimostrarmelo ogni istante.
Le cingo le spalle con un braccio, lei si appoggia al mio petto e io la bacio tra i capelli. Non pensavo sarebbe stato così bello guardare vecchi cartoni alla tv, tutto questo perché mi basta sentire il suo corpo tra le mie braccia, mi basta averla con me per essere felice.
Il film è appena finito, mi giro verso di lei cercando la sua bocca. -Amore- sussurro sulle sue labbra -Ho bisogno di te-.
-Cosa c’è?- domanda guardandomi negli occhi.
-Spegni la televisione- rispondo cercando di afferrare il telecomando sul comodino.
-Shannon, no, è ora di dormire- dice cercando di sembrare inflessibile, ma so che non lo è; sono cinque giorni che non facciamo l’amore e come manca a me, questa cosa deve sicuramente mancare anche a lei.
-Whitney, ti voglio. Adesso- replico baciandola sul collo e iniziando ad accarezzarla.
La sento gemere sotto le mie labbra, mentre inarca il suo corpo spingendolo contro il mio; allunga un braccio verso il comodino finche trova l’interruttore dell’abat-jour. L’unica luce che ci illumina è quella della luna che filtra attraverso le tende socchiuse, le tolgo i vestiti e osservo il meraviglioso profilo del suo corpo nudo prima di spogliarmi a mia volta.

***

Avrei voluto resistere a Shannon, fargli capire quanto ha sbagliato, ma il contatto dei nostri corpi nudi è come una droga e non posso farne a meno. Ogni volta per entrambi è come se fosse la prima, bramo le sue mani e le sue labbra più di ogni altra cosa al mondo e attendo di sentirmi completa come solo lui è capace di fare. Lascio che mi spogli e mi guardi al chiarore della luna, osservandolo a mia volta e pensando a quanto è bello il suo profilo, con il suo accenno di barba sulle guance. Mi domando se sarei mai veramente capace di lasciarlo solo se le sue promesse non si rivelassero vero, e mi rispondo che no, non sarei mai capace di privarmi della sua presenza.
Sorrido quando si avventa ancora sulla mia bocca, mentre le sue dita cercano delicatamente il centro del mio corpo e mi trascinano in un vortice di emozioni.
Ansimo debolmente nel suo orecchio, mentre con le dita percorro il profilo delle sue spalle nude. La sua pelle è calda, inspiro il suo odore, nessun profumo o bagnoschiuma, solo sapore di Shannon ed è inebriante sentirlo addosso.
Lo stringo tra le mie braccia, mentre lui si prepara ad entrare dentro di me. Inarco il bacino contro i suoi fianchi mentre il suo corpo mi avvolge completamente, mi sento una cosa sola con lui mentre mi lascio cullare dalle sue spinte.
-Oh Shannon…- gemo nel suo orecchio ancorandomi ancora più forte al suo corpo con le braccia.
-Ti amo, piccola- risponde ansante.
Ad occhi chiusi sento una miriade di sensazioni meravigliose invadermi il corpo, ma più di tutto sento l’amore che provo verso quest’uomo; non sarei mai capace di vivere senza di lui, nonostante la sua testa calda, i suoi impulsi e i suoi incidenti di percorso è lui che mi rende completa, lui è ineluttabilmente la mia meravigliosa metà. E mentre penso a tutto questo e alla vita che voglio vivere con lui il mio corpo raggiunge l’orgasmo, lo stringo più forte a me, sussurrando il suo nome nel buio, mentre una lacrima calda rotola lungo la mia guancia. So che il dolore per quello che è successo passerà e non mi importa se a quello se ne sostituirà un altro, con lui al mio fianco ogni cosa può essere sconfitta.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***



Ciao a tutti! Eccoci qua con il nono capitolo che spero possa piacervi e regalarvi delle emozioni.
Ci tenevo a ringraziare tutte le persone che sono arrivate fino a questo punto, chi ha recensito, chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate! Mi fa sempre piacere sentirvi e conoscere le vostre opinioni!
Detto questo, mi dileguo...
Vi auguro una buona lettura,
Alla prossima settimana!

JessyJoy :*

Once upon a dream

 

CAPITOLO 9

25 Novembre 2014, Johannesburg

-Sei sicuro di voler restare in hotel?-. La voce di Whitney esce dalla porta aperta del bagno.
-Sicurissimo- rispondo cambiando canale al televisore. Il medico mi ha ormai dichiarato guarito e il prossimo periodo di tranquillità non può far altro che aiutare a ristabilirmi completamente.
-Jared ha detto che gli farebbe piacere se tu volessi venire con noi. È quasi una settimana che non esci di qua-.
-Ieri sera abbiamo cenato al ristorante- dico distratto.
-Era il ristorante dell’hotel- risponde lei entrando in camera. Indossa un paio di pantaloni verde scuro lunghi e stretti, e una camicetta dello stesso colore che mette in risalto le sua vita sottile. -Intendo dire che potresti uscire dall’albergo e prendere un po’ d’aria fresca. Siamo a Johannesburg, potresti approfittarne per vedere qualcosa di nuovo. E poi fino all’altro giorno,  non volevi far altro che uscire di qua-.
-Ti prometto che domani andiamo dove vuoi- dico alzandomi dal letto. Sbuffa mentre indossa una cintura marrone. -Sei bellissima, lo sai?-. Si volta facendomi la linguaccia.
-Cosa fai qui da solo tutto il giorno?- domanda.
-Mi riposo, guardo la tv, finisco di leggere i libri che mi hai portato e ti aspetto-.
-Sicuro di non aver bisogno di nulla prima che vada?-.
Scuoto la testa -Stai tranquilla. E poi Emma è in hotel, per qualunque cosa possa aver bisogno-.
Whitney stringe le labbra -Preferirei essere io ad aiutarti se avessi bisogno-.
-Stai facendo la gelosa per caso?- domando afferrandola per i fianchi e spingendola contro il muro -Lo sai che ti adoro quando fai così-.
-Non sono gelosa, dico solo che sono venuta qui per aiutarti- risponde spostando la bocca dalla mia -Forse dovrei restare con te-.
-Whitney, sto benissimo. Vai e divertiti, io ti aspetto-.
-D’accordo- risponde -Allora ci vediamo questa sera-.
La catturo in un lungo bacio e poi l’accompagno alla porta.
Mi dirigo sul terrazzo, vedo una jeep parcheggiata in fondo al vialetto, attendo pochi minuti ed ecco comparire Jared e Tomo seguiti da Whitney e Vicky. Salgono in macchina e partono.
Entrambi in questi giorni mi hanno domandato più volte se volessi andare con loro a fare un Safari fotografico in mezzo alla natura di Estabeni. Non nego che sarebbe stato affascinante vedere zebre, ippopotami, elefanti, rinoceronti e chissà quali altre meravigliose creature, ma ho bisogno di chiarire alcune cose oggi, e restare in hotel è la cosa migliore. Torno a letto e chiamo la reception per ordinare qualcosa da mangiare mentre aspetto che arrivi il momento per fare un po’ di ordine alle mie idee.

È quasi mezzogiorno quando inizia a squillarmi il telefono. Lo afferro dal comodino già sapendo chi sarà dall’altra parte.
-Ciao amore, come sta andando la mattina?- domando.
-Shannon!- risponde squillante la voce di Whitney -È tutto bellissimo, non sai cosa ti stai perdendo-.
Sorrido -Sono contento che tu ti stia divertendo-.
-Tu come stai? Cos’hai fatto?-.
-Mi sono riposato, sto bene. Voi  piuttosto, cosa state facendo?-.
-Abbiamo visto tantissimi animali, adesso ci siamo fermati per mangiare qualcosa, ma tra poco ripartiamo. Tu hai mangiato?-.
-No, pensavo di andare ora-.
-D’accordo. Ci vediamo stasera-.
Riaggancio il telefono e mi dirigo in bagno per cambiarmi e lavarmi. In dieci minuti sono pronto ad uscire.
Mi dirigo nel giardino esterno, sono già sicuro di poter trovare lì la persona che sto cercando. Mi basta un attimo per individuare un cappello di paglia e una donna stesa su una sdraio in riva alla piscina.
-Emma- esclamo parandomi davanti a lei per farle ombra.
-Shannon- borbotta spostandosi gli occhiali sulla fronte -Cosa vuoi? Mi stai coprendo il sole-.
-Hai già pranzato?-.
-No- bofonchia cercando di spostarsi.
-Ti va di pranzare con me?-.
Inarca le sopracciglia e mi osserva per un istante. -Non credi che sarà gelosa Whitney?-.
-Emma- rispondo serio -Ho bisogno di parlarti-.
-D’accordo- dice alzandosi e afferrando il suo copricostume. -Aspettami in sala da pranzo, io torno subito-.

Si presenta poco più tardi con indosso una maglietta e dei pantaloncini corti, il tutto molto sobrio. Si siede e ordiniamo il pranzo. Quando non lavora si rivela una persona piacevole con cui passare un po’ di tempo in compagnia. Mi ha raccontato i dettagli di questi ultimi due concerti, ma oltre questo non abbiamo più parlato di lavoro, solo del più e del meno. Mi sono però reso conto che ha sempre cercato di svincolare dall’argomento del mio matrimonio, come se la cosa potesse darle in qualche modo fastidio.
Abbiamo appena finito di bere il caffè, quando mi pianta gli occhi addosso. -Posso sapere qual è il problema?- domanda.
-Problema? Perché sei convinta che debba esserci un problema?-.
-Shannon, non prendermi in giro. Mi inviti a pranzo sostenendo che devi parlarmi. Credi non abbia notato che hai scelto l’unico giorno in cui Whitney e tuo fratello non ci sono?-.
Sorrido -Hai ragione- rispondo -Ho solo bisogno di chiarire alcune cose-.
-Avanti- dice lei.
La osservo un istante, cercando le parole. Questa mattina dentro la mia testa sembrava tutto più convincente, ora non so da che parte cominciare. -Volevo sapere cos’hai ancora contro Whitney?-.
Emma inarca un sopracciglio -Perché mi stai chiedendo questo? Non ho nulla contro la tua ragazza-.
-Emma, non voglio accusarti, anche perché non posso negare che Whitney sia una santa. Solo che domenica, dopo che sei andata via da casa nostra, lei mi ha detto che ti trova sempre ostile nei suoi confronti-.
-Dici sul serio?-.
-Emma, so anch’io che Whitney è molto gelosa nei miei confronti, e spesso anche eccessivamente protettiva, ma non credo stia inventando tutto-.
Emma sospira -Shannon, il fatto è che io non credo sia giusto quello che state per fare-.
Sgrano gli occhi allibito -Cosa? Tu, davvero… e perché mai?-.
-Non ti vedo tagliato per il matrimonio. Per me tu devi stare seduto dietro Christine. È quello il tuo posto e da nessun’altra parte-.
-Emma, quello che stai dicendo non ha senso. Posso essere un bravo batterista e un ottimo marito allo stesso tempo, non ho mai tralasciato nessuno dei miei compiti, e Whitney non mi ha mai impedito di fare ciò che amo, anzi, da quando l’ho trovata credo di essere migliorato ancora di più-.
-Non lo so- dice scuotendo la testa -Tutto questo è un errore. Whitney non può darti la stessa felicità che ti regalano gli Echelon-.
-Cosa stai dicendo? È tutta un’altra cosa. Whitney è la mia metà, è la parte che mi manca per essere completo, certo che mi rende felice. Gli Echelon invece sono la mia seconda famiglia, loro completano la mia passione, ma sono cose diverse. Non ci posso credere. Perché non me l’hai detto prima?-.
-Perché è la tua vita, e come mi hai già fatto notare più di una volta, io non ho nessun potere in merito-.
-D’accordo, ma… perché non parlarne, perché non esprimere i tuoi dubbi?-.
-Ho provato a parlarne con Jared sabato sera, dopo la cena con le vostre famiglie, ma era talmente esaltato per la vostra decisione; ho provato a riprendere in mano il discorso in questi giorni, ma dopo che lei è arrivata qui per assisterti lui è uscito di testa, sostenendo che persona migliore non potessi trovarla; figurati se fossi venuta a parlarne con te-.
-Jared ha ragione. Nessuna donna potrebbe essere migliore di Whitney-.
-Allora la discussione è chiusa- ribatte.
-Emma, non è che per caso sei gelosa?-.
-Gelosa? Di cosa?- domanda irritata.
-Forse hai paura che Whitney possa portarti via il posto. Stai tranquilla, lei non ha l’ambizione di diventare la mia assistente personale-.
-Non ho mai pensato questo, lo sai anche tu-.
-Allora non vedo perché questa cosa debba darti così fastidio. Avevi paura che potesse usarmi solo per farsi strada nel mondo dell’editoria, hai visto anche tu che ha fatto tutto con le sue mani, non mi ha mai chiesto nulla. Whitney è bella, sveglia ed intelligente, e se non fosse per lei sarei abbandonato a me stesso-.
-Shannon, questo non è vero, lo sai anche tu-.
Scuoto la testa amaramente -Non potrei essere una persona più fortunata, e se proprio vuoi saperla tutta, forse sono io a non meritare lei, non il contrario-.
Emma mi osserva per un secondo -Shannon, mi dispiace, forse sto pensando un po’ troppo alla tua carriera e non considero la tua sfera personale-.
-Già. Emma, ho quarantaquattro anni e se non lo faccio ora questo passo, sarò destinato a restare solo. Ho avuto troppe donne da una notte per continuare così, Whitney mi sta regalando la pace di cui ho bisogno. Gli Echelon l’hanno accettata, era quella la tua più grande paura, no? Eppure sono felici, perché mi vedono sereno al suo fianco, come non sono mai stato, e questo per loro è l’importante. Non chiedo altro-.
-Shannon, io… Mi dispiace, non voglio più parlare di questa cosa, è la tua vita dopotutto, sono scelte tue-.
-Ti sto solo chiedendo di accettarla e di non farla sentire in più ogni volta che sei in sua presenza. È una ragazza in gamba, e non merita di essere trattata così. La cosa più importante per me è la sua serenità-.
Emma annuisce -D’accordo. Ci proverò, ma non ti prometto che diventeremo migliori amiche-.

***

Siamo appena ritornati a Johannesburg, scendiamo dalla macchina ringraziando Sasha, la nostra guida turistica, per la splendida giornata.
-Io e Vicky andiamo a riposarci un po’- annuncia Tomo -Ceniamo insieme più tardi?-.
-Volentieri- rispondo io -Sempre che riesca a far uscire Shannon dalla stanza. Tu vieni?- chiedo a Jared.
Lui annuisce -Ci troviamo per le otto?-.
-Perfetto- risponde Vicky -Ci vediamo dopo-.
Mi sto incamminando dietro di loro diretta in hotel, quando Jared mi afferra per un polso. -Cosa ne dici di un ultimo caffè?- chiede -Abbiamo passato tutta la giornata insieme ma non ho avuto occasione per parlare da solo con te, e sopratutto non ho avuto modo per ringraziarti-.
-Ringraziarmi ? Per cosa? Dopo tutto quello che hai fatto oggi per me, sono io a doverti ringraziare-.
-Lo sai anche tu per cosa, per aver mandato al diavolo tutti i tuoi impegni, esser salita sul primo aereo disponibile ed esserti fondata qui, ad assistere e controllare mio fratello-.
Lo osservo di sbieco, in questo momento i miei dubbi sul fatto che possa sapere più di quanto voglia far credere iniziano a prendere forma.
-Dove vogliamo andare a prendere il caffè?- chiedo.
Jared sorride -Seguimi, conosco un posto molto carino-.

Dieci minuti più tardi siamo seduti in un piccolo locale del centro, fuori dalle grosse finestre il cielo inizia a farsi scuro.
-È stata una giornata bellissima- dico mentre la cameriera ci posa davanti due tazze fumanti -Mi sono divertita molto, non potrò mai dimenticare quello che ho visto-.
-Sono contento ti sia piaciuto tutto- risponde Jared appoggiandosi due dita sulle labbra ed osservandomi. -Ci tenevo molto a farti provare questa esperienza, anche perché ti sei dovuta liberare da tutti i tuoi impegni e correre qui-.
Sollevo le spalle -In realtà ho lavorato in chat con il mio capo e gli ho già consegnato l’articolo che aspettava-.
Jared sorride -Però se mio fratello non si fosse comportato da idiota ora tu saresti a casa e non ti saresti preoccupata per niente-.
Lo osservo -È nella natura di Shannon far preoccupare chi gli sta intorno, ci ho fatto l’abitudine ormai-.
Sorseggia lentamente dalla sua tazza -Tu stai bene?-.
Questa domanda mi coglie impreparata e in questo momento capisco che davanti mi trovo l’unica persona con cui potrei mai parlare di quello che mi passa per la testa. Lentamente scuoto il capo e il pensiero di tutto quello che è successo mi sale prepotente alla gola. Cerco di trattenermi, non voglio dimostrarmi debole, sopratutto ora che sono io a dover far forza a Shannon.
-Mi prometti di non parlarne mai con nessuno? Shannon mi ucciderebbe, ma io non ce la faccio più, mi sembra di impazzire- dico con voce strozzata.
Jared sposta la sua sedia, avvicinandosi a me, mi posa una mano sul braccio e mi osserva con i suoi penetranti occhi azzurri. -Lo sai che puoi parlare di qualunque cosa con me, non devi preoccuparti, perché qualunque problema non uscirà da questa stanza-.
Annuisco e prendendo un attimo per mettere in ordine i miei pensieri -Mi sento un verme nei suoi confronti, lo sto tradendo facendo così-.
-Non se questo lo fai per il suo bene-.
-La notte che siete arrivati Shannon non si è sentito male per colpa di qualcosa che ha mangiato- dico tutto d’un fiato. -Lui è uscito con alcuni ragazzi dello staff, volevano festeggiare la notizia del nostro matrimonio e si sono ubriacati-. Jared mi osserva senza dire nulla, fa un cenno con la testa come per intendere che posso continuare. -Conosci Shannon, lui non ha mezze misure, se qualcuno non l’avesse riportato nella sua stanza non so come avrebbe fatto a tornare in hotel. Nessuno ha detto niente perché tutti troppo spaventati che la colpa per quello che era successo ricadesse su di loro. Così, dopo essersi assicurati che era ancora vivo, l’hanno lasciato nella sua camera e se ne sono andati-.
Jared si afferra il volto tra le mani e sospira a lungo, gli occhi chiusi. Lo osservo, vorrei dire qualcosa, ma ogni parola sarebbe inutile.
-Non posso crederci- sussurra poco dopo, quasi come se stesse parlando con se stesso -L’ha fatto ancora. Che stupido che sono stato a non accorgermene quella notte-. Mi guarda, i suoi occhi si sono fatti lucidi -Ci ho pensato, più di una volta, ma volevo dargli fiducia… e ho sbagliato- dice alzando nuovamente il tono di voce -Aveva promesso di uscire e tornare presto, non avrei mai creduto che dopo tutte le sue promesse potesse farlo ancora-.
Scuoto la testa -Io… quando me l’ha detto mi è cascato il mondo addosso. Pensavo stesse male, credevo avesse qualcosa di serio, invece… era semplicemente sbronzo. Mi è sembrato di tornare a quella notte di giugno, quando sono dovuta correre in centrale per recuperarlo-.
-Come si è giustificato?- chiede Jared.
-Si stava divertendo, e la cosa gli è sfuggita di mano- rispondo -Ma la cosa che mi fa più male, è che nonostante noi tutti ci siamo preoccupati così tanto per lui, nonostante io abbia attraversato l’Atlantico per venire a vedere cosa stava succedendo, a lui non importa. Non è per niente pentito di quello che ha fatto, vi ha rifilato una stronzata dietro l’altra, voi gli avete creduto e lui ora sembra convinto che le cose siano andate veramente così-.
-Mi dispiace che tocchi sempre a te-.
Stringo le mani sulla tazza che si sta raffreddando. -Io voglio aiutarlo ad uscire da questo incubo, ci sto provando in ogni modo, ma ho paura che lui non voglia saltarne fuori. Non si pente di nulla, non capisce che ha sbagliato nei confronti di tutti, ma sopratutto pensa che noi siamo qua solo per punirlo per quello che ha fatto-.
-In effetti meriterebbe una punizione seria, ma dovrebbe anche essere grande abbastanza per pensare con la sua testa-.
Mi mordo un labbro -Io cerco in ogni modo di essere tranquilla e serena davanti a lui, voglio dimostrargli che possiamo farcela a sconfiggere il mostro, ma dentro di me… non ce la faccio- mi scappa un singhiozzo, Jared si piega verso di me allarmato e in quel momento non resisto più e inizio a piangere. -Sono stanca Jared, sono stanca che finisca sempre così; e ho paura, una paura tremenda che lui possa scivolarmi via dalle mani se non faccio qualcosa per aiutarlo-. Mi strofino gli occhi cercando di asciugare le lacrime -Non voglio perderlo, potrei morire se questo succedesse, eppure lui non se ne accorge, non vede l’importanza che ha nella mia vita. Io sarei nulla senza di lui, ma questo non gli basta e io non ce la faccio più-.
Sento il braccio di Jared scivolarmi intorno alle spalle e stringermi. -Tu sei l’unica che può salvarlo, non ha mai avuto una persona come te accanto, lo sai, altrimenti non ti avrebbe mai chiesto di sposarlo. Tu sei la sua integrità, solo che a volte lo da un po’ troppo per scontato-.
Scuoto la testa -Non posso, non ci riesco. Non quando sento la terra franarmi sotto i piedi-.
-Non  vero. Tu sei bravissima, non ti sei mai mostrata debole davanti a lui, e questo è servito per mantenerlo unito fin qua; concedigli la possibilità che questa volta abbia davvero voluto solo divertirsi, è stata una maniera un po’ esagerata per farlo, ma è passata. D’ora in poi non perderlo d’occhio, cerca di essere forte ancora una volta, per lui e per voi-.
Annuisco esitante -Non vedo altre soluzioni-.
-Whitney- sussurra lui poco dopo afferrandomi per le spalle e obbligandomi a sollevare lo sguardo per guardarlo negli occhi -Io sono qui, qualunque cosa accada. Non ti sto abbandonando a combattere da sola la battaglia di mio fratello. Ti lascio carta bianca per comportarti come vuoi; ma per ogni problema, ogni tuo pensiero, o se semplicemente  tu volessi sfogarti con qualcuno che capisce cosa stai provando, io sono qui, non sei sola-.
-Grazie, Jared. Tu non puoi neanche immaginare l’importanza di questa cosa per me-.
Jared sorride -Mi dispiace aver rovinato una giornata perfetta. Non volevo, non lo meritavi-.
Scuoto le spalle -Avevo intenzione di parlartene, ma avevo anche paura che Shannon mi scoprisse o che tu potessi arrabbiarti con lui, e quindi non sapevo come fare. Ora che mi sono liberata di questo peso mi sento molto meglio-.
-Sono contento così allora. Comunque sì, sono anche arrabbiato con Shannon, ma non farò parola di quello che hai detto-.
Gli sorrido. -Davvero avevi pensato che potesse essere successa una cosa simile?- domando riferendomi alle sue parole di poco prima.
-A dir la verità sì, ci ho pensato nel momento stesso in cui Emma è venuta a chiamarmi dicendomi che avevamo un problema. Poi il medico ha parlato di intossicazione, ho voluto credergli, ma quando sono venuto a trovarvi l’altra sera tu sembravi un po’ troppo agitata e hai confermato i miei sospetti-.
-Se non avessi accettato di bere qualcosa con te oggi, avresti cercato un altro modo per scoprirlo?-.
Jared scuote la testa -Non credo, perché mi avresti assicurato che avevo ragione-.
-Avrei dovuto cercarti ancora prima di oggi. Questo mi avrebbe risparmiato un bel po’ di nervoso-.
-Quando vuoi, sai dove trovarmi-.

***

Whitney entra in camera che sono ormai le sette di sera. Mi alzo dal letto per salutarla. -Mi sei mancata- sussurro stringendola.
Lei mi guarda e sorride di rimando -Mi sei mancato anche tu. Come stai?-.
-Bene- rispondo baciandola -Vi siete divertiti?-.
Lei annuisce allontanandosi -Dopo ti racconto e ti faccio vedere le foto. Ora ho assolutamente bisogno di una doccia, puzzo come un facocero-. Sorrido seguendola in bagno. La guardo mentre apre il getto caldo della doccia e inizia a spogliarsi. -Tomo ha chiesto se ci va di cenare tutti insieme, ci aspettano alle otto nella sala del ristorante-.
-D’accordo- rispondo avvicinandomi e accarezzando la pelle nuda della sua schiena. -Allora forse potremmo risparmiare tempo facendo la doccia insieme-.
Sorride divertita, poi si avvicina afferrando la mia maglietta per i lembi e iniziando a sollevarla sopra la testa.  Lascia scivolare le sue mani sui miei fianchi, impegnata a togliere ciò che mi è rimasto addosso, poi mi bacia. -Hai ragione- sussurra sulla mia bocca -Questa sera ho bisogno di te più che mai. Non farmi mai più spaventare in questo modo, non credo che il mio cuore potrebbe sopportare un altro volo di questo tipo sopra l’Atlantico-.
Sorrido riprendendo a baciarla -Mi dispiace. Davvero, Whitney, sono solo felice di quello che ci sta succedendo, non voglio più rovinare tutto, in nessun modo-.
-Voglio crederti- sussurra baciandomi, prima di tirarmi con se sotto il getto bollente.

Un’ora più tardi stiamo scendendo le scale diretti al ristorante. Whitney indossa un abito blu elettrico che la fascia dalla vita in su, mentre si apre sui fianchi arrivando svolazzante fin sulle caviglie, frutto di due giorni di compere a Johannesburg.
Emma, Tomo e Vicky sono già nella hall che ci aspettano, manca solo Jared.
-Per una volta non sono io l’ultima ad arrivare- sussurra Whitney al mio orecchio mentre ci avviciniamo.
Sorrido stringendole una mano -Con Jared è sempre così-.
-Shannon- esclama Vicky non appena li raggiungiamo -Come stai?-.
-Adesso sto bene- rispondo passando un braccio intorno alle spalle di Whitney. -E voi ragazzi?-.
Vicky e Tomo annuiscono sorridenti -È stata una bellissima giornata- rispondono.
-Ti sei divertita, Whitney?- domanda Emma.
Whitney sorride al mio fianco annuendo -È stata davvero un’esperienza meravigliosa- risponde.
-Sono contenta. Ti ci voleva dopo quello che ti ha fatto passare Shannon-.
-Già- risponde Whitney lanciandomi un’occhiataccia -La prossima volta che ci prova lo do’ in pasto agli ippopotami. Tanto ora so dove si trovano-.
Tutti scoppiano a ridere. Guardo Emma sorridendole, lei ricambia l’espressione. In quel momento arriva Jared interrompendo il momento.
-Shannon- dice avvicinandosi e stringendomi un braccio -Sono contento di vedere che stai meglio-.
Ci dirigiamo nella sala ristorante, Whitney si volta verso di me, mi guarda, poi lancia lo sguardo verso Emma che si trova davanti a noi. Scuote la testa e stringendo la sua presa intorno alla mia vita li seguiamo.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***



Once upon a dream

 

CAPITOLO 10

 

27 Novembre 2014, Sopra l’Atlantico

Apro gli occhi, Shannon mi sta osservando seduto accanto a me. Abbiamo fatto scalo a Copenaghen poche ore fa e ora stiamo sorvolando l’oceano. Lancio una rapida occhiata fuori dal finestrino alla mia sinistra, il cielo buio è punteggiato da una miriade di stelle, è quasi mezzanotte.
-Ti prego, dimmi che non mi hai guardato per tutto il tempo- borbotto con la voce ancora impastata dal sonno massaggiandomi il collo.
Shannon si piega verso di me e mi bacia su una tempia -Un po’ ho letto e un po’ ti ho guardato- risponde sorridendo.
-Non hai dormito?- chiedo.
Scuote la testa -Ci ho provato, ma sono tremendamente scomodo su queste poltrone-.
Gli sorrido -Tra poco saremo a casa- dico afferrando la sua mano e stringendola.
Siamo partiti da Johannesburg questa mattina presto, ci si prospetta davanti ancora tutta la notte di volo e poi saremo finalmente a Los Angeles. Mi volto e vedo Jared dormire profondamente sulla poltrona dietro la nostra, accanto a lui Tomo; Vicky ed Emma sono davanti a noi.
Shannon si avvicina nuovamente a me -Ascolta- dice -Mentre ti guardavo dormire ho pensato ad una cosa-. Lo osservo e lui continua -Questo è il nostro ultimo anno da fidanzati-.
-Solo se hai intenzione di sposarmi entro l’estate prossima- rispondo.
Shannon sorride -Certo che ho intenzione di farlo. Ma senti cosa pensavo: tra poco è Natale, perché non andiamo via un paio di settimane, solo io e te?-.
Lo osservo stupita -Vuoi passare le feste di Natale lontano dalla tua famiglia?- chiedo.
-Non so, era un’idea, per passare un po’ di tempo insieme, da soli-.
Sorrido -Dove vorresti andare?- chiedo.
-Pensavo prima a NewYork, e poi qualche giorno ad Aspen a sciare. Ma se preferisci qualcos’altro possiamo farlo. Magari vorresti andare ai Caraibi, o alle Seychelles?-.
-No, il sole di Los Angeles mi basta. NewYork va bene, anche Aspen, ma non so sciare-.
-Non preoccuparti, a quello ci penso io. Questo vuol dire che accetti?- domanda felice.
Appoggio la testa al sedile -Non lo so, devo dire che l’idea di stare da sola con te lontani da tutto e da tutti non mi dispiacerebbe, ma forse le nostre famiglie vorrebbero stare con noi, almeno il giorno di Natale-.
-È solo un’idea, pensaci, abbiamo ancora tempo per decidere-.
Sorrido annuendo -D’accordo, ci penserò-. Lo osservo un istante -Ora vorrei chiederti io una cosa- dico piano.
-Dimmi-.
-Avvicinati- sussurro.
Shannon si porta ad un soffio dalla mia bocca. -Cosa c’è?- chiede.
-Quando vuoi sposarmi?- chiedo serafica.
Shannon sorride. -Vuoi ancora farlo? Dopo quello che è successo pensavo avessi cambiato idea-.
-Ti ho detto che hai ancora una possibilità- gli rispondo dandogli un buffetto sulla guancia.
Non abbiamo ancora parlato di quando e come sposarci, dopo la decisione di farlo abbiamo lasciato qualunque dettaglio al loro rientro dall’Africa, come se questo periodo servisse a far penetrare bene la novità nelle nostre menti, ma ora so che non c’è momento migliore per decidere questa cosa. Shannon tira fuori il telefono dalla tasca, si guarda intorno per accertarsi che nessuno lo stia osservando e apre l'agenda.
-Abbiamo detto estate, giusto?- domanda facendo scorrere il calendario fino a giugno.
-Solo se tu sei sempre d’accordo- dico sorridendo.
-Per me è perfetto, meno vestiti hai addosso, più io sono contento-. Sorrido scuotendo la testa. -Allora adesso dobbiamo scegliere il mese-.
-Io pensavo giugno o luglio- rispondo pronta.
-Va bene, allora abbiamo otto sabati disponibili, sempre se ti va bene il sabato come giorno-.
-Certo che mi va bene il sabato-. Osservo le possibili date -Cosa ne dici del ventisette giugno?- domando di colpo.
-Ventisette giugno?- chiede guardandomi.
Io sorrido -Non so, pensi sia troppo presto? Preferivi un altro giorno?-.
Shannon scuote la testa sorridendo e i suoi occhi si riempiono di una luce che lo rende meraviglioso -No, credo che sia perfetto- la sua mano scivola dietro la mia testa, accarezzandomi i capelli -Tra sette mesi esatti a quest’ora sarai mia moglie-.
Mi bacia prima che io possa dire qualunque cosa -Sto per sposarti- sussurro eccitata sulle sue labbra -Sto per diventare tua moglie. Che il conto alla rovescia abbia inizio-.
Ci baciamo a lungo, incuranti degli sguardi degli altri passeggeri, come due adolescenti innamorati al primo appuntamento. Ora siamo solo noi due, tutto il resto non conta.
Veniamo interrotti poco più tardi da Jared che dietro di noi si sveglia sbadigliando sonoramente. Mi volto, le guance arrossate e gli occhi lucidi.
-Buongiorno, ragazzi-. Sussurra avvicinandosi a noi.
-Siamo ancora nel pieno della notte, Jared- ringhia Shannon.
Jared si volta verso il finestrino osservando il cielo scuro, poi solleva le spalle -Vi ho disturbato?- chiede stropicciandosi gli occhi senza capire.
-No, non preoccuparti- rispondo io, prima che suo fratello possa prendere in mano la questione. -Stavamo parlando-.
Shannon mi osserva di sbieco come se avessi detto una bruttissima parolaccia. -Se è così, allora vorrei riprendere il discorso-.
-Di cosa parlavate?- domanda.
Io sorrido, ma Shannon è più veloce. -Nulla che possa interessarti, torna a dormire-.
Colpisco Shannon sul braccio -Non essere così stronzo- dico, poi mi volto nuovamente verso Jared -Se te lo diciamo prometti di non iniziare ad urlare esaltato? Sarebbe poco piacevole se decidessero di buttarci fuori proprio ora per comportamenti inappropriati-. Jared annuisce avvicinandosi con aria cospiratoria. -Sei il primo a saperlo… abbiamo deciso la data del matrimonio-.
Come prima reazione sgrana gli occhi, ci osserva incredulo, poi riprende fiato. -Dite sul serio? Quando volete farlo?-.
Shannon mi osserva, lascio a lui l’onore -Il ventisette di giugno- risponde.
Gli occhi di Jared si illuminano -Accidenti, ragazzi, non scherzate proprio. Il ventisette giugno è tra…- sembra fare un rapido calcolo mentale -Esattamente tra sette mesi-.
Io annuisco -Bisogna organizzare tutto, non vedo l’ora di immergermi nei preparati per il nostro matrimonio-.

 

***
 

29 Novembre 2014, Los Angeles
 

Ritrovare la pace di casa nostra, dopo questi giorni, è la cosa più bella. Dopo aver sistemato le valige ed esserci abituati nuovamente a questa calma, posso dedicarmi ai primi preparativi per il grande giorno, e solo in questo momento mi rendo conto di non sapere neanche da che parte cominciare.
Sono le dieci della mattina quando prendo in mano il telefono e compongo il numero di mia sorella. Suona un paio di volte prima che Mary risponda dall’altro lato tutta trafelata.
-Hey, sister. Sei tornata?-
-Ciao Mary- rispondo -Sì, siamo arrivati ieri pomeriggio, ho appena finito di disfare le valige-.
-Come sta Shannon?-.
-Sta bene. Si è ripreso- rispondo.
-Di’ la verità, in realtà gli mancavi-
-Più o meno- rispondo sorridendo -Cosa stai facendo? Ti sento ansante, ti ho disturbato per caso?-.
-No, no… mi sto preparando per andare in palestra, sono in ritardo e non trovo le mie cose-.
Lancio un’occhiata all’orologio, Shannon uscirà tra poco e non farà ritorno prima di questa sera. -Mi aspetti?- domando -Ci metto un attimo a prepararmi e ti raggiungo lì davanti, devo parlarti di una cosa-.
-Sì, va bene. È successo qualcosa?- chiede.
-Non preoccuparti. Ci sono anche le ragazze?-.
-No, erano entrambe impegnate, però pensavamo di pranzare insieme, se ti va di unirti a noi-.
-Certo- rispondo -Mi cambio e ti raggiungo-. Riaggancio il telefono prima di piombarmi nuovamente dentro l’armadio a cercare tutto l’occorrente per andare in palestra.

Dieci minuti più tardi mi presento in cucina con un borsone in mano. Shannon è seduto al bancone che sorseggia una tazza di caffè mentre legge il Los Angeles Times. Solleva lo sguardo non appena mi sente entrare ed inarca un sopracciglio.
-Dove pensi di andare?- domanda.
-In palestra- rispondo io appoggiando la borsa e cercando una bottiglietta d’acqua in frigo.
-Vestita così?- domanda appoggiando il giornale. Scruta attentamente i miei pantaloni stretti e la maglietta che lascia scoperto l’ombelico.
-Che problema c’è? Vado sempre così in palestra-.
-Con chi vai?-.
-Con mia sorella. Shannon, sei per caso geloso-.
-Dico solo che potresti mettere qualcosa di più…- si ferma non sapendo come finire la frase.
Sbuffo -Più cosa? Più ingombrante? Vado solo in palestra per parlare con Mary, nessuno ci proverà con me, tranquillo. Ricordati che sono fidanzata ora- dico sventolandogli davanti l’anulare sinistro.
Shannon stringe le labbra poi riprende in mano il giornale -A proposito di questo, sette mesi passano in fretta, bisogna iniziare ad organizzare subito, per non ritrovarci all’ultimo a fare tutto-.
-Lo so- rispondo con un sorriso -Sarà un casino, ma ce la faremo-.
-Sai come fare?-.
Scuoto la testa -Cominceremo da qualche parte e tutto il resto verrà da sé-.
-Possiamo sempre chiedere a…-.
Non gli do’ il tempo di finire -Non azzardarti a dire “possiamo chiedere ad Emma”- esclamo avvicinandomi. Shannon abbassa lentamente il giornale allarmato -È il nostro matrimonio, voglio occuparmi personalmente di ogni singolo dettaglio. Non voglio che siano gli altri ad occuparsi di questa cosa-.
-Dicevo solo che organizzare eventi è il lavoro di Emma-.
-Lo so, infatti non escludo che possa aver bisogno di chiederle una mano per capire come funziona. Ma voglio anche dire che ci sono tante altre persone che sarebbero più che felici di partecipare fin dall’inizio a tutto questo, Constance e mia mamma per prime. Poi ci sono mia sorella, le mie amiche e anche Jared. Fin da piccola ho sempre pensato che organizzare il proprio matrimonio sia uno dei momenti più emozionanti nella vita di una donna, non voglio lasciare tutto il divertimento agli altri. So che arriverò alla fine sull’orlo di una crisi nervosa, ma voglio essere io a farlo-.
Shannon mi prende una mano -Hai ragione, adesso vai, questa sera iniziamo a scrivere la lista degli invitati e partiamo da lì-.
Gli sorrido e lo bacio -Quando esci copriti bene, non vorrei dover uccidere qualche ragazzina perchè ha posato i suoi occhi sulle tue braccia-. Shannon sorride dandomi una pacca sul sedere. Gli faccio la linguaccia e mi allontano. -Ci vediamo stasera-.

Mary non vede l’ora di conoscere tutti i dettagli del mio soggiorno in Africa, le avevo mandato qualche foto del safari ed ora è impaziente di conoscere tutto il resto.
Stiamo correndo sul tapis-roulant quando arrivo all’ultima parte del viaggio. -Eravamo in aereo sopra l’Atlantico e abbiamo deciso di sposarci il ventisette giugno-.
-Cosa?- urla Mary rischiando di inciampare. Tutti si voltano per guardarci, mi sento arrossire fino alla radice dei capelli. Rallenta la sua andatura riprendendo un certo contegno e si volta per guardarmi -Manca pochissimo- sussurra.
-Lo so- dico -Ma vogliamo sposarci in estate, avremmo potuto rimandarlo di un mese, però la data mi piace-.
Mary mi osserva, sembra terrorizzata -Quindi, cosa si fa?-.
-Non ne ho la più pallida idea- dico io -È proprio di questo che avevo bisogno di parlarti. Tu sei la mia testimone e le ragazze sono le damigelle, ho bisogno di tutto il vostro aiuto-.
-Non hai pensato di parlare anche con Emma?-.
Mi volto di scatto -Anche Shannon ha detto la stessa cosa. Ma è il mio matrimonio, io voglio provare l’emozione di organizzare tutto-.
-Lo so, non ti sto dicendo che devi cedere il compito a lei, dico solo che è il suo lavoro organizzare eventi, forse può darti un consiglio su come partire per renderla una festa indimenticabile-.
-Sembra che tu e Shannon vi siate sentiti per telefono di nascosto- ribatto -Constance e la mamma hanno fatto tutto da sole, mi sarebbe piaciuto fare la stessa cosa-.
-Innanzitutto, penso che dovresti avere ben chiare le idee di quello che vuoi. Un matrimonio in grande stile, come una principessa, oppure qualcosa di più piccolo e intimo, la famiglia e pochi amici-.
Ci penso un istante e mi rendo conto che io e Shannon non abbiamo parlato proprio di nulla -Credo che vorrei una via di mezzo, non qualcosa di troppo sfarzoso, ma neanche quattro gatti. Non ho idea di cosa voglia Shannon-.
-Allora prima di iniziare ad organizzare, credo dovreste buttare giù una scaletta, farvi un po’ di punti e decidere le cose più importanti e poi si può partire-.
In quel momento ci si affianca un ragazzo palestrato, con le braccia ricoperte da tatuaggi. -Ragazze- esclama -Come state?- chiede.
-Joe- lo saluta mia sorella -Tutto bene, tu?-.
Lui annuisce -Bene. Come mai sono due settimane che non ti vedo da queste parti, Whitney-.
Stavo per rispondere quando mia sorella mi precede -È stata in vacanza in Africa. Il suo moroso suonava a Johannesburg e lei l’ha accompagnato-.
-Dev’essere un figo, il tuo moroso- risponde appoggiandosi al tapis-roulant senza togliermi gli occhi di dosso.
-Sì, è un figo, il mio moroso- rispondo.
-Si sposano a giugno- canticchia mia sorella. Mi volto verso di lei e sorrido, questa frase comincia a suonarmi bene all’orecchio.
Una mano si posa sulla spalla di Joe -Non ti trovavi alla panca degli addominali?- domanda una voce profonda.
-Ero in pausa- risponde.
L’uomo si volta verso un grosso orologio alle sue spalle -La pausa è finita, credo che tu possa tornare ad allenarti-. Joe si allontana non prima di avermi lanciato un’occhiata penetrante.
Si fa avanti un ragazzo alto e muscoloso, i capelli mori tenuti stretti in un codino. -Ciao Phil- esclama mia sorella.
-Vi stava importunando?- chiede mettendosi le mani sui fianchi.
Questa volta devo essere io a rispondere perché Mary è troppo impegnata a guardarlo -No, ci ha pensato mia sorella a metterlo a tacere-.
Phil è uno dei personal trainer della palestra, nonché l’uomo su cui mia sorella sbava da una vita. -Cosa gli hai detto?- domanda rivolto a lei.
-Gli ho detto che Whitney a giugno si sposa- risponde ridendo.
Phil si volta verso di me sorridendo -Congratulazioni. Era ora che Shannon prendesse questa decisione-.
-Grazie, Phil- rispondo.
-Cercate di tenervelo lontano, ci prova con tutte quelle che gli capitano a tiro, è molto fastidioso a volte-.
-Lo terremo a mente- risponde Mary con un grosso sorriso.
Dopo che Phil si è allontanato mi volto verso di lei -Mary, non so se te ne sei accorta, ma ti ha mangiato con gli occhi-.
-Cosa?- domanda -Non è vero… Whitney, non dire sciocchezze-.
-Perché non lo inviti ad uscire?-.
-Stai scherzando? No, non farò mai una cosa simile-.
-Dai, Mary, smettila di pensare che siano sempre gli uomini a dover fare la prima mossa, fallo e basta-.
-Ma come puoi pensare che possa farlo! Cosa credi, che vada da lui dicendogli: ciao Phil, perché non usciamo insieme una sera di queste?-.
-Non è male come idea- rispondo.
-No, Whitney, no, non posso. E poi per quello che ne sappiamo potrebbe anche essere fidanzato-.
-Io non credo- dico lanciando uno sguardo nella sua direzione, non so se lo sia oppure no, però il modo in cui ha guardato Mary oggi, non mi sembrava molto innocente.
-Fa lo stesso, se gli interesso farà la prima mossa-.
Sorrido scuotendo la testa, poi spengo il tapis-roulant. -Vado a lavarmi, a che ora ci troviamo con le ragazze?-.
-Alle dodici e mezza-.
Annuisco e mi allontano diretta agli spogliatoi.

Mezz’ora più tardi ci troviamo davanti ad una piccola tavola calda. Liv e Rose ci raggiungono.
-Whitney, che sorpresa. Mary non ci aveva avvertite del tuo ritorno- dice Liv sorridendo mentre mi abbraccia.
-Non lo sapeva nemmeno lei, fino a questa mattina, quando l’ho raggiunta in palestra- la giustifico io.
Mary sorride -Ragazze, lasciamo le chiacchiere per dopo ed entriamo. Ho una fame da lupi-.
-Andiamo a vanificare gli sforzi di questa mattina- la esorto io ridendo.
La seguiamo all’interno del locale, troviamo posto ad un tavolo e iniziamo a consultare il menù per poter ordinare.
Dopo che la cameriera si è allontanata con le ordinazioni, le mie amiche iniziano a tempestarmi di domande sull’Africa, sopratutto sul Safari fotografico insieme a Jared. Tiro fuori il telefono e faccio vedere alcune delle foto che ho scattato, anche se la maggior parte sono custodite gelosamente nel mio portatile.
-Dev’essere meraviglioso- sussurra Rose dopo che ho spento il telefono. Io annuisco, incapace di dire qualunque cosa, ogni parola è troppo poco di fronte ad uno spettacolo simile, al quale ho avuto la fortuna di assistere con miei occhi.
-Sopratutto per averlo condiviso con Jared- precisa Liv.
Sorrido abbassando lo sguardo -Avrei preferito ci fosse stato Shannon con me, ma sarà per la prossima volta-.
-A proposito di Shannon- esclama Mary -Credo che Whitney abbia qualcosa da dirvi-.
Sapevo che non aspettava altro se non tirare in ballo questo argomento. Annuisco felice e immagino che le nostre amiche sappiano già quello che sto per dire. -Io e Shannon abbiamo deciso la data del matrimonio- annuncio gongolante -Pensavamo al ventisette di giugno-.
Liv e Rose iniziano a battere le mani entusiaste -È meraviglioso. Avete già iniziato con i preparativi?-.
Scuoto la testa -L’abbiamo deciso solo l’altro giorno, mentre tornavamo a Los Angeles. Ora ho bisogno di tutto il vostro aiuto per organizzare, perché io non so da che parte cominciare-.
-Vuoi fare tutto tu?- chiede Liv.
-Questa è la mia idea. Anche se Shannon e Mary mi hanno detto che potrei domandare anche ad Emma-.
-Niente Wedding Planner?-.
-No, vorrei fosse tutta opera mia. Dopotutto è un momento emozionante anche quello dei preparativi-.
Rose mi osserva -Forse Shannon ha ragione, un aiuto in più non può di certo farti male. Perché non la chiami?-.
-Chi? Emma?- chiedo.
-Sì, almeno questa sera tu e Shannon avrete qualcosa di cui discutere-.
Lancio un’occhiata verso mia sorella. È esattamente quello che mi ha detto lei questa mattina, inizio a pensare che possano avere davvero ragione tutti loro, in fin dei conti io non ho mai fatto nulla di simile.
-Io non ho detto niente- esclama mia sorella -È inutile che mi guardi così-.
Sorrido -D’accordo, allora provo a sentire se ha voglia di raggiungerci-.
Tiro fuori il telefono e aspetto che suoni libero.
-Whitney?- risponde la voce di Emma al terzo squillo -È successo qualcosa?-
-No, va tutto bene. Avrei bisogno di un tuo parere, ti va di raggiungerci a bere qualcosa?- chiedo.
-Tu e Shannon?- domanda.
-No, io e le mie amiche-.
Noto un istante di esitazione da parte sua -D’accordo- dice poco dopo -Dimmi dove siete che vi raggiungo-.
Le spiego dove ci troviamo e riaggancio il telefono. -Ha detto che arriva tra poco- dico rispondendo agli sguardi delle mie compagne che mi stanno osservando.

Abbiamo finito di mangiare da un po’ e siamo in attesa di ordinare il dolce quando il campanello della porta suona. Mi volto e vedo entrare Emma con indosso un semplice abito a fiori. Mi alzo -Ciao Emma- dico salutandola -Sono contenta tu sia venuta-.
Emma sorride -Ciao ragazze- dice sedendosi vicino a me.
-Volevamo ordinare un dolce- dico allungandole il menù. Così poco più tardi siamo sedute davanti ad una fetta di cheesecake e ad un frappé.
-Allora- dice Emma poco dopo -Qual’è il problema?-.
Sorrido voltandomi verso di lei -Io e Shannon abbiamo finalmente deciso la data del matrimonio- spiego -E ora dobbiamo iniziare a preparare ogni cosa. Non ho intenzione di rivolgermi ad un organizzatore di matrimoni, vorrei poter preparare tutto da sola, ma per farlo ho bisogno di aiuto. Tu sei un asso nell’organizzare eventi, ti va di aiutarci?-.
Emma ci guarda una alla volta, poi annuisce sorridendo -Penso sia una cosa emozionante da fare, quindi sì, contate pure su di me-.
Finito il dolce tiriamo fuori fogli e penne e iniziamo a pensare a quali devono essere le cose principali da decidere. Lo stile del matrimonio per tutte e quattro è la cosa principale, così iniziano a bombardarmi di idee, un matrimonio sulla spiaggia, oppure in un castello, qualcosa di classico con cerimonia e ristorante e altre assurde proposte. Inizio a segnare ogni cosa che mi sembra degna di nota, cose di cui potrò parlare con Shannon questa sera. Via via che il pomeriggio avanza, sui nostri fogli ci sono sempre più appunti, e l’idea del matrimonio non mi sembra più tanto lontana, prima la vedevo solo come un bel sogno, ora so che tutto questo sta prendendo forma.

 

***
 

Sono le cinque del pomeriggio quando Jared decide di far pausa prima di riprendere con l’ultima sessione di prove. Prendo in mano il telefono mentre aspetto che il caffè sia pronto. Whitney mi ha inviato un messaggio mezz’ora fa e contiene un allegato. Lo apro e trovo una foto che ritrae lei, sua sorella, le sue due amiche e con mio grande stupore Emma, sedute ad un tavolo interamente coperto da fogli scarabocchiati. Sotto la foto un’unica frase: preparativi in corso!
Sorrido, cercando Jared per mostrargli l’immagine. Sorride anche lui non appena la vede.
-Immagino stasera avrete qualcosa di cui discutere- dice.
-Le lascio carta bianca, è quello che ha sempre desiderato, dev’essere perfetto per lei-.
Jared mi osserva -Non avrei mai creduto di vederti così innamorato-.
Sorrido spostando lo sguardo oltre una finestra -Prima di conoscerla non l’avrei mai creduto nemmeno io-.
-Sono contento, stare vicino a lei ti fa bene-.
Abbasso lo sguardo -Non mi comporto sempre come dovrei, ma ci sto lavorando-.
-Non sei emozionato all’idea di vederla con l’abito bianco?-.
-In realtà sto cercando di non pensare a niente di tutto questo- dico ridendo -Mi sembra tutto così grande, a volte penso che questa fortuna, sia impossibile che possa essere capitata proprio a me-.
-Invece è così, devi tenerla stretta- dice e dopo un secondo aggiunge -Spero mi domandi di accompagnarla a scegliere l’abito-.
Inizio a ridere -Per quanto tu non abbia sempre buon gusto nel decidere come vestirti, credo che tu possa essere uno dei palpabili candidati. Ma se ti fa stare tranquillo potrei raccomandarti-.
Jared ride, prendendomi in giro. -La pausa finirà esattamente tra cinque minuti, dovresti sbrigarti a bere il tuo caffè-.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


D'accordo, so di essere imperdonabile per il mio ritardo!
Purtroppo però ho avuto numerosi contrattempi che non mi hanno permesso di rifinire il capitolo che era ormai ultimato da un bel po'!
Ma ora eccoci qua, e vi prometto che non vi farò aspettare a lungo per il dodicesimo capitolo!!
A presto ;)
Buona lettura...

JessyJoy :*

Once upon a dream

 

CAPITOLO 11

29 Novembre 2014, Los Angeles

 

Rientro a casa alle otto di sera. Whitney si trova in cucina, sta preparando la cena.
-Che buon profumo, amore- dico entrando nella stanza.
Lei si volta verso di me sorridendo -Ho preparato la zuppa di pesce. Ho finito presto con le ragazze e mi sono fermata a fare la spesa-.
Mi avvicino baciandola su una guancia. -Ha un profumo delizioso- ripeto. Lei sorride continuando a mescolare nella pentola. -Com’è andata oggi?-.
-Bene- risponde lei, posso solo notare la soddisfazione che le si dipinge sul volto.
-Ho visto che hai chiamato anche Emma-.
Lei solleva le spalle. -Per tutti sembrava la cosa migliore da fare, così l’ho fatta-.
-Com’è stato?-.
-Pensavo peggio, in realtà. Invece quando non lavora a volte si dimostra anche simpatica-.
-Sono contento. Vedrai che se ti impegni riuscirai ad andarci d’accordo-.
Si volta di scatto -Stai dicendo che la colpa in tutto questo è mia? Sono io che non faccio abbastanza per piacerle?- domanda.
Sollevo le mani -No, Whitney, calmati, non sto dicendo questo. So che Emma non ha un bel carattere, è burbera e a volte anche dispotica, ma sono certo che coinvolgerla in questo modo vi permetterà di considerarvi in maniera differente-.
Mi osserva un istante -Può darsi, in ogni caso la strada è ancora lunga, vedremo cosa succederà da qui al ventisette di giugno-.
-Cos’avete deciso oggi?- chiedo mentre lei si gira per occuparsi della pentola che continua a bollire.
-Abbiamo stabilito alcuni punti e penso che ora dobbiamo decidere io e te cos’è importante fare. Non ne abbiamo ancora parlato, e io non voglio avere il controllo assoluto sulla situazione, dobbiamo decidere insieme come muoverci-.
-Lo sai che hai carta bianca in tutto-.
-No, Shannon- risponde lei assumendo un cipiglio severo -È il nostro matrimonio, dobbiamo decidere insieme cosa fare-.
-D’accordo- dico sorridendo e abbracciandola da dietro -Mi faccio una doccia e ne parliamo-.

Poco più tardi siamo seduti al bancone della cucina; sto gustando la meravigliosa cena che Whitney ha preparato per me. -Allora- esordisco mentre apro la bottiglia dell’acqua -Con cosa vorresti iniziare?- chiedo.
-Per cominciare con il budget- risponde -Non possiamo andare da nessuna parte se non stabiliamo un costo-.
-Whitney, lo sai anche tu che i soldi non sono un problema-.
Lei si volta corrugando la fronte -Non pensavo che, solo perché tu puoi permettertelo, dovessimo per forza spendere un’esagerazione-.
La osservo -Allora dimmi tu a cosa stai pensando?-.
-Voglio un buon ristorante, qualcosa di cui gli ospiti non possano lamentarsi quando la sera torneranno a casa. Questa è una delle cose principali-.
-Va bene, allora iniziamo col fare la lista degli ospiti-.

A mezzanotte passata siamo ancora seduti al bancone della cucina a discutere su come vorremmo ogni cosa. I fogli che Whitney ha riempito durante il pomeriggio sono sparsi davanti a noi, a quelli se ne sono aggiunti molti altri. La lista degli invitati conta quasi trecento persone, per lo più amici miei insieme alle loro famiglie.
Abbiamo scelto alcuni ristoranti e ville private da vedere per poter scegliere quello più adatto alle nostre esigenze.
-Shannon- sussurra Whitney poco dopo -Se tutte queste persone verranno ci saranno quasi trenta bambini insieme a loro, dobbiamo trovare qualcosa che possa intrattenerli, altrimenti sarà un inferno tenerli a bada-.
-Cercheremo un posto che offra giri con i pony e intrattenimento per i più piccoli-.
Annuisce spostando altre carte. -Bisogna fare gli inviti e scegliere le bomboniere- continua.
Sorrido -Questo sarà compito tuo, sei tu la scrittrice-.
Solleva la testa verso di me -Ne parlerò con le ragazze-.
-Whitney, a proposito di questo, volevo chiederti una cosa-.
-Certo, dimmi-.
-Io penso che mio fratello sarebbe contento se potesse aiutarti in qualche modo-.
-Jared?- domanda lei inclinando la testa. -Io… non ci avevo pensato. Insomma è un uomo-.
-Lo so, ma sai che è una persona eccentrica e carismatica, credo gli farebbe piacere darti qualche parere-.
Lei annuisce -D’accordo, lo chiamo e ne parlo anche con lui-.
-Grazie- rispondo alzandomi.
-Dove stai andando?-.
Mi porto dietro di lei appoggiandole le mani sulle spalle -Whitney, è ora di andare a letto- sussurro al suo orecchio.
-Ma non abbiamo ancora finito-.
Afferro la sua mano e la obbligo ad alzarsi. -Tutto questo parlare di te che diventerai mia moglie mi ha fatto venire voglia, adesso andiamo a letto-.
-Shannon- sussurra voltandosi e allacciandomi le braccia dietro il collo -Sei insaziabile-.
-Non mi stancherei mai di te. Ed è anche questo che ti piace-. Sorride mentre la sollevo in braccio e la faccio sedere sul bancone, fregandomene dei fogli appoggiati sopra. -Sai cosa ti dico? Chi se ne importa del letto- sussurro avvinghiandomi alla sua bocca.

 

***
 

06 Dicembre 2014, Los Angeles
 

Sono le quattro del pomeriggio quando Jared ci lascia uscire dallo studio, deve andare a casa a prepararsi per poter presenziare ad una cena di gala. Tomo propone di fermarci al bar a bere qualcosa prima di tornare ognuno a casa propria.
-Come ti senti?- domanda non appena abbiamo ordinato.
-Bene- rispondo.
Tomo sorride -Intendevo all’idea che stai per sposarti-.
Abbasso lo sguardo, è la prima volta che mi ritrovo da solo con lui da quando abbiamo fatto l’annuncio, solitamente insieme a noi c’era sempre Jared o qualcuno della band.
-Sono felice, credo non possa capitarmi qualcosa di meglio nella vita-.
-Ti vedo davvero euforico Shannon- dice Tomo -Non ti ho mai visto così felice-.
Sorrido -Lo so, è strano, dopotutto si tratta solo di una firma su un pezzo di carta, eppure non lo so… lei mi completa ed è una sensazione meravigliosa sapere che dopo questo passo lo farà per sempre. Perché è questo che significa il matrimonio, no?-.
Tomo annuisce -È una promessa eterna, già. Ed è la più bella promessa che tu possa fare ad una persona-.
-È la donna migliore che potessi incontrare. Sono stato così fortunato, e pensare che all’inizio credevo di non interessarle nemmeno- rispondo scuotendo la testa a quel ricordo.
Tomo mi osserva -Sei sempre stato schivo su come vi siete conosciuti- mi fa notare.
Sorrido annuendo -Lo so. Forse non ci crederai, ma è stata tutta colpa di un caffè…

Le nubi sono scure e dense sopra la mia testa, sta tirando un’aria fredda, una di quelle che anticipano un forte temporale autunnale. Non pioverà tanto, come succede spesso qui in California, saranno per lo più tuoni e fulmini, uno scroscio d’acqua che obbligherà la gente a correre a cercare riparo e poi basta, tutto tornerà come prima.
Sto attraversando il parco della UCLA, la sede della più importante università di Los Angeles, con in mano un bicchiere in carta di Starbucks. Avevo bisogno di stare solo con i miei pensieri, per poter riordinare tutte le nuove idee che mio fratello mi ha lanciato in questa settimana. Per far ciò, non vedo modo migliore che bere un caffè e fare una lunga passeggiata.
Sto camminando a passo veloce, abbottonandomi la giacca a vento fin sotto il mento, grosse gocce hanno iniziato a cedere, quando qualcuno mi urta con violenza facendomi rovesciare il caffè addosso.
Sollevo lo sguardo, ritrovandomi davanti due occhi blu, i più belli che io abbia mai visto in tutta la mia vita, mi stanno scrutando con timore.
-Mi dispiace- pigola la ragazza bionda chinandosi a raccogliere da terra un mucchio di libri.
-No, scusami tu- rispondo abbassandomi per aiutarla -Non stavo guardando dove andavo-.
Lei scuote la testa -Posso dire la stessa cosa. Mi stavo allacciando la giacca cercando di non far cadere i libri presi in biblioteca e guarda che disastro ho combinato- esclama alludendo alla mia giacca.
Mi sollevo porgendole alcuni libri che lei afferra in fretta. -Pensiero e parola?- domando osservando la sua mano che si ritrae. -Cosa studi?-.
-Scienze della comunicazione- risponde svelta. -Ho l’esame di
filosofia della parola fra due settimane e sono indietro con lo studio, così ho fatto un salto al campus per prendere alcuni libri. Ma forse era meglio se fossi rimasta a casa-.
Trovo che sia davvero una bella ragazza, e il fatto che non abbia notato, o almeno stia facendo finta di non riconoscermi, la rende ancora più attraente. Le sorrido e lei arrossisce spostando lo sguardo sui libri che ha tra le braccia. -Senti, non pensarci più, non è successo niente. Dopotutto avevo già in mente di  portarla in tintoria-.
Sorride anche lei, evitando il mio sguardo. -Mi dispiace per il tuo caffè, so cosa prova uno studente quando viene privato di esso-.
La osservo e non riesco a trattenermi dal scoppiare a ridere. -Scusa- dico poco dopo intercettando il suo sguardo perplesso -Solo che… non pensavo di poter essere scambiato ancora per uno studente-.
Lei arrossisce ancora di più -Scusa, io credevo… sai, ti ho incontrato qua nel campus-.
Sorrido -Ogni tanto mi piace passeggiare da queste parti, è un posto che mi aiuta a riflettere. E poi qua vicino c’è uno Starbucks-.
-Dovrei studiare- dice poco dopo osservandomi -Ma credo di poter rimandare ancora un po’, sta per cominciare a piovere, cosa ne dici se ti offro un caffè?-.
La guardo -Accetto di bere un caffè con te solo se lasci offrire a me-.
Mi osserva -Te l’ho rovesciato io addosso- ribatte.
-Non importa, non mi piace far pagare una ragazza. Allora, accetti?-.
-D’accordo- dice dopo un istante di esitazione.
-Sono Shannon- dico poco dopo, ricordando all’improvviso le buone maniere e porgendole una mano.
-Whitney- risponde lei stringendola.
Dopo esserci presentati ci allontaniamo a passo veloce, grosse gocce stanno scendendo e mentre attraversiamo la strada di fronte a starbucks si trasformano in uno scrosciante acquazzone. Apro la porta ridendo e lasciandola passare per prima. Non appena siamo all’interno si scosta i capelli biondi su un lato del viso asciugandosi la fronte. La guardo mentre mi sorride e penso non sia solo bella, ma anche affascinante, voglio conoscerla.
Ci sediamo ad un tavolino vicino ad una finestra. -Cosa bevi?- le domando.
-Un cappuccino con panna e caramello- risponde appoggiando i suoi libri su una sedia.
La cameriera si avvicina a noi, ordino per entrambi, poi lei si allontana e io posso tornare a dedicare la mia attenzione a Whitney. -Allora, studi scienze della comunicazione. Cosa vuoi diventare?-.
-Mi piacerebbe fare la giornalista- risponde spostando lo sguardo oltre le mie spalle -Di moda, o di attualità. Non lo so ancora, però mi piace scrivere e vorrei trasmettere qualcosa alle persone- la vedo pensare per un istante, poi aggiunge -I miei genitori sono avvocati e volevano seguissi le loro orme, ma quella è una strada che non fa per me-.
Le sorrido -Hai ragione, inseguire i propri sogni è la cosa più bella che una persona possa fare per se stessa. Quanto ti manca per finire?- le domando.
-Questo è l’ultimo anno, mi mancano pochi esami e la tesi, poi ho finito. E tu invece? Che lavoro fai?-.
La guardo e mi domando se sia davvero possibile che non sappia chi sono. Ma in fin dei conti io non sono
Jared e ogni tanto passo inosservato a differenza di mio fratello.
-Faccio il musicista. Suono la batteria in una band-.
Lei solleva un sopracciglio osservandomi stupita -Davvero? Allora anche tu avrai esperienza nell’inseguire i propri sogni. Dev’essere un bel lavoro-.
-Lo è- rispondo -Anche se questo ci porta ad essere spesso lontani da casa e a volte mi manca un po’  di calma-.
Whitney mi osserva sorridendo -Avrai visto tante cose e un sacco di posti. Come si chiama la band in cui suoni? Siete famosi?-.
-
Thirty Seconds To Mars- rispondo cercando di capire dalla sua reazione se davvero non ci conosca -L’ho fondata insieme a mio fratello, lui canta. E insieme a noi c’è un nostro amico che suona la chitarra-.
Whitney scuote la testa -Non credo di aver mai ascoltato una vostra canzone, mi dispiace-.
-Abbiamo fondato la band nel ’98, eravamo solo io e mio fratello all’inizio. Non ci saremmo mai aspettati di avere così tanto successo con il pubblico-.
Whitney mi guarda meravigliata poi sorride -Sto bevendo il caffè con un uomo famoso- dice accennando una risata -Posso depennarla dalla lista delle cose da fare-.

Mezz’ora più tardi abbiamo finito di bere, ma non di parlare. Questa ragazza ha la straordinaria capacità di mettermi a mio agio. Le ho raccontato della nostra band, dei nostri futuri impegni e del tour che ripartirà alla fine di novembre, esattamente tra un mese. Lei mi ha raccontato della sua vita, della sua famiglia e delle sue passioni, intanto il tempo scorre veloce intorno a noi.
Improvvisamente Whitney lancia un’occhiata all’orologio d’oro rosa che ha al polso. -Accidenti Shannon- esclama -È tardissimo, se non torno a casa per studiare non riuscirò mai a passare l’esame-. Si alza in piedi e afferra i suoi libri dalla sedia. -È stato davvero un piacere parlare con te. Grazie per il caffè-.
-Aspetta- dico alzandomi a mia volta, in realtà vorrei fermarla, chiederle di restare ancora un po’ qui con me. -Posso accompagnarti se vuoi. Ho la macchina dall’altra parte della strada-.
Lei scuote la testa -Sono in macchina anch’io, attraverso il campus e sono arrivata. Grazie comunque-. Mi osserva un secondo -Scusa ancora per la giacca. È stato bello incontrarti-.
Detto questo si sistema la tracolla sulla spalla e si avvia verso l’uscita, lasciandomi solo ad osservarla. La guardo mentre mi passa accanto oltre la finestra, si volta un’ultima volta nella mia direzione. Mi sorride e sventola una mano, poi accelera il passo incurante della pioggia che la sta bagnando. Torno a sedermi, credo di aver bisogno di un’altro caffè per digerire l’accaduto e mi rimprovero per non essere stato abbastanza veloce nel domandarle il numero di telefono. E proprio mentre sono lì, immerso nei miei pensieri, il mio sguardo cade sulla sedia che fino a poco prima lei stava occupando…

***

Entro in casa alle sei passate. -Whitney- chiamo.
-Sono qui- risponde la sua voce dalla nostra camera.
A passo svelto la raggiungo. Sul nostro letto sembra si sia trasferito l’intero armadio. -Cosa sta succedendo?-.
Il viso radioso della mia compagna fa capolino dal bagno -Cercavo un vestito- risponde sorridendo.
-E l’hai trovato?-
-Credo di sì- risponde scomparendo nuovamente alla mia vista.
-Dove stai andando?-.
-Ad una cena di gala con Jared-.
-Come sarebbe?- chiedo sedendomi nell’unico spazio libero che trovo sul letto e iniziando a togliere le scarpe.
-Mi ha telefonato alle cinque per chiedermi se mi andava di andare con lui, ho accettato-.
-Dici sul serio?- domando.
-Ha invitato anche te- risponde -È una cena di beneficenza, raccolgono fondi per non so quale fondazione-.
-Ma io non ho voglia di uscire stasera. Pensavo saremmo potuti restare solo io e te questa sera-.
-Possiamo essere io e te anche a cena fuori-. Esce dal bagno, il suo torace è fasciato da uno stretto tubino azzurro che si apre sui fianchi in uno spacco vertiginoso che lascia intravedere la sua gamba sinistra. La schiena è completamente nuda, mentre una fascia di brillanti si intreccia sul suo seno.
Non penso di avere parole per dire quanto sia meravigliosa, eppure quello che mi esce dalla bocca è ben altro. -Dove pensi di andare vestita così?-.
Lei mi osserva sorridendo maliziosa, inarca un sopracciglio e si avvicina, sedendosi a cavalcioni sulle mie ginocchia. -Esco a cena con Jared e i suoi amici attori. Dove tutti potranno osservarmi e fantasticare sullo spacco della mia gonna-.
Abbasso lo sguardo, posso intravedere la pelle nuda delle sue cosce, so a che gioco sta giocando, così scosto con due dita un lembo di stoffa fino ad intravedere il pizzo azzurro della sua biancheria. Mantengo il mio sguardo fisso nel suo e lascio scivolare due dita sotto il suo perizoma, affondandole nel centro del suo corpo. Sorrido e lei non sposta i suoi occhi dai miei. Muovo lentamente le dita in circolo, Whitney reclina la testa all’indietro lasciandomi libero lo spazio per baciarla sul collo.
-Sei sicura di voler andare?- domando -Potremmo divertirci qui a casa, io e te, da soli-.
Lei annuisce debolmente -Sì, Shannon, sono sicura. Possiamo divertirci anche dopo, quando sarò tornata, se sarai ancora sveglio-.
Fermo il movimento delle mie dita, con un ultimo gemito Whitney solleva la testa -Perché ti sei fermato?-.
-Perché ora farò una doccia e mi preparerò per uscire- rispondo sollevandomi e facendola rimettere in piedi. Le afferro il viso e la guardo negli occhi -Poi andremo alla cazzo di festa di Jared, mi assicurerò che nessuno osservi quello che è mio e torneremo a casa presto, perchè voglio sfilarti di dosso questo vestito meraviglioso e finire quello che avevo cominciato-. La sento rabbrividire mentre trattengo il suo viso tra le dita e con l’altra mano percorro il profilo del suo corpo, soffermandomi sui suoi glutei sodi. Le do’ un ultimo bacio sulla bocca poi mi allontano diretto in bagno.
-Non pensavo fossi così geloso- le sento dire dall’altra stanza.
-Non sono geloso- rispondo buttandomi sotto la doccia-.
Whitney ridacchia -Certo che no. Devo per caso ripeterti quello che hai appena detto?-.

Jared è tirato in ghingheri anche questa sera. Indossa un completo colorato e porta i capelli legati in una coda. Sorride a tutti e ci presenta ai suoi amici come suo fratello e la sua futura cognata. Non posso evitare di notare come Whitney sorride ogni volta che viene chiamata con quell’appellativo e la cosa non può che rendermi contento. La tengo stretta a me, con un braccio intorno alle spalle, mentre stringiamo le mani dei presenti.
Alla fine la serata risulta essere più divertente di quanto avessi immaginato, siamo seduti ad un tavolo con Jared ed una decina dei suoi più cari amici attori. Whitney sembra estasiata dal poter conoscere tutta questa gente famosa, non è per niente intimidita mentre parla con loro. In quanto a me, non riesco a far altro che guardare le sue gambe che si intravedono oltre lo spacco e spogliarla con gli occhi.
Abbiamo appena finito il dolce, mi avvicino al suo orecchio. -Vieni a cercare un bagno con me?-.
Lei si volta -Domanda a Jared, lui saprà sicuramente dove puoi trovarlo-.
Sorrido -Whitney, io voglio che tu venga in bagno con me-.
Sgrana gli occhi mostrandomi una finta aria di scandalo -Shannon- sussurra -Non possiamo, e se ci vedesse qualcuno? E poi tra poco saliranno sul palco per i discorsi di ringraziamento-.
Sbuffo -Non mi importa di chi può vederci, voglio solo toglierti di dosso questo vestito-.
-Shannon, porta pazienza, sono sicura che la serata non andrà avanti ancora per molto-.
Non poteva sbagliarsi più di così.
Dopo un’ora di interminabili discorsi sulla fondazione, e ringraziamenti a tutti i partecipanti, è stata accesa la musica. Più di una persona si è avvicinata a Whitney domandandole di ballare, ma lei ha sempre rifiutato con eleganza, finché non vedo avvicinarsi un ragazzo giovane, probabilmente una nuova promessa Holliwoodiana, apprezzata di più per il suo aspetto fisico che per il suo talento, sono certo che stia puntando alla mia ragazza. Lo anticipo avvicinandomi a lei -Se ti invitassi io a ballare, accetteresti?-.
Mi sorride -Shannon, non è necessario…-.
Mi alzo in piedi porgendole una mano -Vorresti ballare con me?- domando senza lasciarla finire di parlare.
Lei arrossisce e per un istante rivedo la ragazzina insicura che avevo incontrato nel campus della UCLA, abbassa lo sguardo e annuisce.
-Con piacere- risponde afferrando la mia mano ed alzandosi.
La tengo stretta a me per tutto il tempo, facendo capire chiaramente a chiunque voglia strapparle un ballo che lei è solo mia. La desidero come non ho mai desiderato nulla in tutta la mia vita, ogni istante che passo al suo fianco mi fa capire che questa è la scelta giusta per me.
Più di quaranta minuti dopo Whitney mi guarda -Shannon, sono stanca, ho male ai piedi. Cerchiamo Jared, salutiamolo e andiamo a casa-.
Le sorrido -È un’ottima idea- rispondo.

Finalmente, dopo aver salutato tutti riusciamo a scappare. Sono quasi le tre di notte quando chiudo la porta di casa alle nostre spalle. Whitney si catapulta in camera, probabilmente vuole cambiarsi, ma non le concedo il tempo di farlo. Non appena oltrepassa la soglia della nostra camera l’afferro per un polso e la giro verso di me per baciarla. -Cosa pensi di fare?- sussurro sulla sua bocca.
-Shannon, è tardi-.
-Non mi importa- rispondo voltandola e stringendo la sua schiena contro di me. La bacio sul collo, mentre le mie mani le accarezzano il ventre, scivolando sempre più in basso, cercando i lembi di stoffa del suo vestito ed insinuandosi in mezzo ad essi, cercando il contatto con la pelle calda delle sue gambe. Whitney sospira contro di me, abbandonandosi completamente contro la mia spalla mentre l’accarezzo sopra la biancheria. Poi come una lenta tortura scosto il pizzo che mi separa da lei e con estenuante delicatezza l’accarezzo con piccoli movimenti circolari. Lei inarca il bacino contro di me, spingendolo contro le mie dita, ma io non accelero, continuo a sfiorarla piano e lascio la sua voglia montare dentro di lei.
-Shannon…- sussurra in un debole piglio poco dopo -Ti prego-.
-Cosa vuoi?- mormoro nel suo orecchio lasciando una scia di baci caldi sul suo collo.
-Voglio te- risponde con un gemito.
Sorrido, baciando la pelle nuda delle sue spalle. Lentamente lascio due dita entrare dentro di lei. La volto nuovamente verso di me, spingendo le mie dita dentro di lei con più forza mentre cerco la sua bocca ansimante. L’accompagno verso il letto, facendola coricare, poi apro lo spacco del suo vestito e mi allontano; la guardo un istante mentre mi supplica con gli occhi di tornare su di lei. Tolgo i pantaloni ed i boxer, poi mi inginocchio al bordo del letto e lentamente le sfilo il perizoma. Partendo da una caviglia inizio a risalire lungo la sua gamba, baciandola lentamente, fino ad assaggiare il suo sapore. Whitney si inarca contro di me, mentre la mia lingua disegna piccoli cerchi. La ascolto gemere e sussurrare il mio nome, finche anch’io non riesco più a resisterle, mi sollevo sul letto e dopo aver guardato quanto è bella entro dentro di lei. Mi bastano poche spinte per farle raggiungere l’orgasmo che esplode potente contro di me e mentre la sento urlare il mio nome vengo insieme a lei.
Mi stringe forte contro di se, ansimando, senza lasciarmi scivolare fuori da lei. -Ti amo, Shannon- sussurra.
-Ti amo anch’io-.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Come promesso, con sole due settimane di ritardo, ecco qua il nuovo capitolo!
Spero sia di vostro gradimento!
Cercherò di farmi viva al più presto!
Alla prossima ;)
Buona lettura...

JessyJoy :*

Once upon a dream

 

CAPITOLO 12

07 Dicembre 2014, Los Angeles

 

Sento il torace nudo di Shannon premere contro la mia schiena mentre mi muovo tra le sue braccia, il suo respiro caldo mi accarezza il collo. Apro gli occhi, la luce entra debole attraverso le tende. Lancio un’occhiata alla sveglia sul mio comodino, sono già le dieci.
Shannon si muove al mio fianco, stringendomi e strofinando il mento contro la mia spalla.
Mi volto, sta sorridendo. -Buongiorno- sussurro sulla sua bocca -Hai dormito bene?-.
Shannon annuisce -Pensavo che potrei andare a prendere la colazione al bar, potremmo mangiare a letto e poi uscire per fare un giro-.
-D’accordo- rispondo annuendo -Allora ti aspetto qui- dico coprendomi con il lenzuolo. -Potremmo andare a dare un’occhiata a qualche ristorante di quelli scelti la settimana scorsa-.
-Buona idea- sussurra piegandosi su di me e baciandomi, poi si alza e inizia a cercare dei vestiti puliti. Si sta ravvivando i capelli davanti allo specchio e noto che sta ancora sorridendo.
-A cosa pensi?- domando curiosa.
Lui si volta verso di me -Perché me lo domandi?-.
-Hai un’aria felice-.
Si avvicina al letto -Ieri pomeriggio io e Tomo ci siamo fermati al bar a bere un caffè, mi ha chiesto di raccontargli come ci siamo conosciuti, non ho potuto fare a meno di ritrovarmi nuovamente dentro a quello Starbucks-.

Sorrido a mia volta -Sembra ieri, e invece siamo qui che progettiamo il nostro matrimonio-.
Shannon fa una smorfia -Chi l’avrebbe mai detto… da com’era cominciata non avrei mai pensato saremmo arrivati fin qui-. Sorrido, Shannon afferra un giubbino in jeans e mi bacia -Torno subito- sussurra sulle mie labbra.
Gli sorrido mentre lo guardo uscire dalla nostra camera da letto; e proprio quando scompare dalla mia vista vengo assalita dai  ricordi del nostro primo incontro, ma ancora di più da tutto quello che successe dopo…

Ho scaravoltato tutta la camera alla ricerca di quel dannato libro, eppure neanche l’ombra. Non so dove posso averlo appoggiato, in cucina non c’era, in salotto neppure e nemmeno sul mobile dell’ingresso. Deve essere da qualche parte, sono certa di non averlo scordato in biblioteca, non potrei mai dimenticare Shannon porgermelo in mezzo al marciapiede della UCLA. Porto le mani tra i capelli, circondata dal mio caos primordiale, non ci voleva, se non bastava il pensiero del libro scomparso, ora si aggiunge anche il bel batterista. Ho pensato a lui prima di addormentarmi, e sarei bugiarda se negassi che è stato il mio primo pensiero al risveglio, finché non ho scoperto di non trovare più il libro di Filosofia della parola non ha fatto altro che tormentare la mia mente. Ma ormai è tardi per pensarci, non ho modo per contattarlo, non ci siamo scambiati i numeri, ieri mi sembrava stupido farlo, dopotutto lo conoscevo da appena mezz’ora, e poi lui, un batterista famoso non credo avrebbe mai avuto interesse a cercarmi nuovamente; forse mi sto facendo un po’ troppi castelli per aria, eppure credo di avere un po’ di rimorsi per non essermi fermata solo altri dieci minuti insieme a lui. Scuoto la testa, cercando di scacciare il pensiero che tanto so, tornerà a tormentarmi più tardi.
Mi alzo, dirigendomi in camera di mia sorella. Entro senza bussare -Hai visto uno dei miei libri?- domando.
Mary si volta verso di me, abbandonando ciò che stava leggendo -Cha libro è?-
-Un libro che mi serve per un esame. È bianco, piccolo, saranno circa trecento pagine, si intitola
Pensiero e parola-.
Mary scuote la testa -Mi dispiace, non l’ho visto da nessuna parte- poi nota la mia faccia sconfortata e aggiunge -È importante?-.
-Mi serve per il prossimo esame, in più è della biblioteca. Cosa vado a raccontare se non lo trovo più? Sicuramente mi bloccheranno i prestiti-.
-Hai già guardato in macchina?-.
Scuoto la testa -Non ci avevo pensato- rispondo mentre una flebile speranza fa capolino in me. Chiudo la porta tornando in camera mia per cercare le chiavi della mia macchina, mentre il telefono nella mia tasca comincia a vibrare. Lo estraggo, corrugando la fronte davanti ad un numero che non ho salvato in rubrica. Accetto la chiamata e rispondo.
-Signorina, ho il suo libro in ostaggio- dice una voce dall’altro capo del telefono.
Mi blocco in mezzo al corridoio cercando di associare un volto a quel timbro, poi il mio cuore salta un battito -Shannon?- sussurro -Cosa, come…-.
-Se ci tieni a passare l’esame forse dovresti venire a recuperarlo. Potrei raccontarti tutto davanti ad un altro caffè-.
Sorrido, mentre sento la mia vocina interiore strillare esultante. -Non saprei, oggi ho davvero molto da studiare, potremmo fare in un altro momento-.
-Sicura che questo libro non ti serva? Io mi trovo in zona; e poi sono sicuro che una pausa non potrebbe far altro che giovare al tuo studio-.
-D’accordo. Dammi un quarto d’ora e arrivo- rispondo riagganciando.
Mi fiondo in camera per cambiarmi e quando raggiungo l’ingresso incontro mia sorella che esce dalla cucina.
-Dove vai così carina?- chiede.
Guardo in basso, fingendo stupore alla sua affermazione -Ho trovato il mio libro, vado a recuperarlo- esclamo.
-Dov’è?- chiede.
Esito per un istante -Ce l’ha una mia amica. Mi ero dimenticata di averglielo prestato-.
-Vuoi che ti accompagni?- chiede.
-No- poi rendendomi conto di essere stata troppo brusca aggiungo -Così con la scusa ne approfittiamo per studiare un po’ insieme-.
-D’accordo, a più tardi-.

Che fortuna, penso uscendo di casa, ho ritrovato Shannon ed il mio libro in un colpo solo.

Shannon è seduto su una panchina vicino all’ingresso di Starbucks, scendo dalla macchina e non appena chiudo la portiera lui si volta dalla mia parte, poi si alza sorridendo. Mentre attraverso la strada per raggiungerlo non posso far altro che pensare a quanto sia bello.
-Ciao, Shannon!- esclamo.
Lui sorride porgendomi il libro -Whitney, tutto bene?-.
Annuisco -Sì. Grazie per essertene preso cura- dico facendo una smorfia -E sopratutto per avermelo restituito. Come hai fatto?-.
Shannon sorride -È una storia lunga, potrei raccontartela davanti ad un caffè-.
-Mi lasci offrirtelo?- domando -Per ringraziarti-.
-Assolutamente no. Bere qualcosa con me varrà come ringraziamento-.
Lo guardo per un istante -D’accordo- sussurro poco dopo. Shannon mi fa strada dentro il locale, lo seguo mentre metto il libro in borsa. Ci sediamo allo stesso tavolino del giorno precedente e attendiamo che la cameriera arrivi a prendere le ordinazioni.
-Cosa bevi?- mi domanda lui -Cappuccino con panna e caramello?-.
-Vedo che impari in fretta- rispondo con un sorriso, poi annuisco -Sì, quello che ho bevuto ieri va benissimo-.
La cameriera si avvicina al nostro tavolo, è la stessa ragazza che ci ha servito ieri, ma oggi posso notare che lancia intense occhiate al mio accompagnatore. Ieri non ci avevo fatto caso, forse perché non consideravo Shannon come una possibilità, ma oggi, dopo che lui ha fatto probabilmente di tutto per ritrovarmi, considero le occhiate delle altre donne in maniera differente.
La ragazza si allontana -Allora?- domando subito -Dove hai trovato il mio libro?-.
Shannon sorride -Sulla sedia accanto a te- risponde -Dopo che te ne sei andata ho notato che non li avevi portati via tutti, nella fretta uno era sfuggito alla tua presa-.
Scuoto la testa -Non poso crederci. Non avrei mai pensato di tornare qui per cercarlo, stavo ribaltando tutta la casa. E poi, cos’hai fatto?-.
-Sono andato in biblioteca e ho domandato alla segretaria chi fosse stata l’ultima persona ad aver preso in prestito quel libro, spiegandole che avevo assolutamente bisogno di rintracciarti-.
-E lei ti ha fornito il mio numero di telefono senza problemi? Viva la privacy!- ribatto.
Shannon ride -In realtà all’inizio mi è sembrata un po’ ostile, ma alla fine ha ceduto alle mie lusinghe e mi ha dato il tuo numero-.
-In poche parole hai usato il tuo fascino-.
-Esatto, ma spero ne sia valsa la pena- risponde facendomi l’occhiolino.
Avvampo improvvisamente, spostando lo sguardo ovunque tranne che nei suoi occhi e so che questa mia reazione sta facendo sorridere Shannon. Fortunatamente si avvicina la cameriera con i nostri bicchieri,
Dopo aver riacquistato un po’ di ritegno rispondo -Ne sarà valsa la pena se passerò l’esame-.
-Non ti conosco ancora, ma ho l’impressione che tu sia una secchiona-.
Sgrano gli occhi fingendomi offesa -Ma come ti permetti…- poi scoppio a ridere -In realtà mi piace molto studiare, mi fa sentire soddisfatta. E tu… hai studiato prima di darti alla musica?- gli domando.
Così Shannon inizia a raccontarmi la sua storia, di come avesse iniziato a studiare, per poi finire in brutti giri e capire che non era la strada per lui. Conosco già ciò di cui mi sta parlando, l’ho letto più di una volta nelle sue interviste, eppure raccontata dal vivo ha tutto un altro sapore.
Alla fine sorrido -Vedo che la tua strada l’hai trovata ugualmente-.
Come il giorno precedente, parlare con lui si dimostra piacevole e rilassante, tanto che il tempo continua a scorrere accanto a noi senza che ce ne accorgiamo. Ordiniamo nuovamente da bere e continuiamo a parlare, tanto che quando mi volto per un istante a guardare fuori dalla finestra, noto che i lampioni sono già accesi.
Non salto subito in piedi, piuttosto mi volto e con aria afflitta glielo faccio notare. -È tardissimo, devo andare-.
Shannon si volta e guarda la strada -Hai ragione- dice alzandosi e appoggiando alcune banconote sul tavolo -Potremmo vederci nuovamente nei prossimi giorni-.
Gli sorrido mentre attraversiamo la strada diretti alla mia macchina -Mi dispiace, ma fino al giorno dell’esame intendo passare tutte le mie giornate a studiare-.
-Allora potremmo cenare insieme, così non interromperei i tuoi pomeriggi di lavoro-.
-Negativo- rispondo scuotendo la testa -Prima passerò l’esame, poi tornerò ad occuparmi della mia vita-.
Shannon mi osserva -Potresti buttare delle buone occasioni facendo così- risponde.
Lo guardo pensierosa per un istante -Il destino ha voluto che trovassi il mio libro, se pensa che dovrà succedere qualcos’altro saprà aspettare ancora due settimane-.
-Chi lo sa. Intanto buona serata e buono studio- dice.
-Buona serata anche a te, e grazie ancora per avermi restituito il libro-.
Mentre guido alla volta di casa inizio a domandarmi se sia giusto oppure no ciò che ho fatto. Avrei potuto accettare il suo invito, dopotutto una sola sera non avrebbe mai potuto interferire con i miei compiti. Scuoto la testa, sono certa che se la cena andasse a buon fine a quella seguirebbero tante altre serate e non è questo il momento giusto per perdere la concentrazione dal mio obiettivo, devo laurearmi entro aprile, non posso ammettere distrazioni nella mia vita.
Poi, proprio mentre parcheggio nel vialetto di casa mi domando se tutto l’interesse di Shannon non sia solo puramente sessuale. È un bel ragazzo, è famoso e le donne generalmente cadono ai suoi piedi, basti guardare la cameriera di Starbucks. Forse il suo intento è solo quello di spassarsela con me per un paio di notti e poi non farsi sentire mai più.
No, ripeto a me stessa, non è questo il momento per crearsi inutili paranoie, ora devo solo studiare e pensare a laurearmi, qualunque ragazzo può aspettare.

Dopo due intense settimane di studio arriva il fatidico giorno dell’esame. Mentre esco soddisfatta dall’aula, in cui ho sostenuto la prova orale, ripenso a Shannon e al fatto che dopo avermi restituito il libro non si sia più fatto sentire. Ho pensato tante volte di cercarlo, scrivergli solo un messaggio per sapere come stava, eppure la mia testa dura mi ha impedito di farlo. Avevo paura che se l’avessi cercato avremmo ricominciato a vederci e avrei finito per perdere la concentrazione. Però il fatto che anche lui non abbia mai cercato una scusa per telefonarmi mi ha fatto giungere alla conclusione che il suo interesse nei miei confronti non fosse così grande, dopotutto inizio a credere di non aver sbagliato tanto quando ho pensato che il suo unico scopo fosse quello di portarmi a letto; probabilmente quando ha capito che con me non c’era nulla da fare si è concentrato su qualche altra ragazza.
Entro in casa, annunciando a tutti il mio voto prima di dirigermi verso il bagno per darmi una rinfrescata, poi torno in cucina dove mia mamma ha già messo in tavola un piatto di frittelle e sciroppo d’acero. Guardo l’orologio, sono quasi le quattro del pomeriggio, non ho niente da fare, la mia unica intenzione è quella di riposarmi prima di concentrarmi su un nuovo esame.
Torno in camera decisa a leggere qualcosa, quando sento il telefono vibrare sulla scrivania; quasi non posso crederci, il numero di Shannon lampeggia sulla schermo.
-Pronto?- chiedo con voce che trema.
-Whitney?- domanda lui dall'altra parte. La sua voce calda e profonda mi fa tremare le ginocchia, mi siedo sul letto.
-Ciao, Shannon-.
-Come stai?- domanda con una tale naturalezza che sembra siano solo poche ore che non ci sentiamo.
-Sto bene- rispondo forse un po’ troppo freddamente. -Tu?-. Sento la tensione nel silenzio imbarazzato che segue.
-Sto bene anch’io- dice poco dopo -Non ho voluto disturbarti in questi giorni. Ma penso tu abbia finito di studiare, o sbaglio?-.
Sorrido -Non sbagli. Ho finito un’ora fa-.
-Com’è andata?- chiede.
Esito per un istante -… trenta e lode-.
Shannon ride -L’avevo detto che avevi l’aria di una secchiona- sorrido senza dire nulla. -Ti va di festeggiare questa sera?-.
Mi sdraio sul letto e chiudo gli occhi, non posso credere che Shannon Leto mi stia invitando veramente a cena e anche se non vorrei, la mia testa inevitabilmente si domanda se voglia solo divertirsi. -Che intenzioni hai?- chiedo cercando di mantenermi il più neutrale possibile.
-Solo mangiare qualcosa con te e magari approfittare della bella serata per fare due passi-.
Non riesco a resistere alla sua voce calda e alla tentazione del suo invito, così alla fine accetto -D’accordo, ci troviamo davanti al campus alle otto- annuncio, poi chiudiamo la telefonata.

Dico ai miei genitori che esco a cena con le mie amiche, so non capirebbero la mia scelta di conoscere una persona incontrata per caso e che presenta un’età così diversa dalla mia. Sono vestita in maniera semplice, non voglio dare l’impressione di rendere importante una cena che magari non lo è; in realtà dentro mi sento come un’adolescente alle prese con i primi corteggiatori e i primi appuntamenti.
Raggiungo il parcheggio dove ci siamo accordati di trovarci e lo vedo in piedi, ad attendermi vicino ad una panchina. Scendo dalla macchina, lui mi osserva e viene verso di me sorridendo. Indossa dei jeans strappati ed una maglietta bianca attillata, posso vedere i suoi bicipiti tatuati farne capolino. Ad attirare la mia attenzione però è un pacchetto lungo e affusolato che stringe tra le mani.
-Ciao- lo saluto in un sussurro.
Lui sorride e mi porge una rosa rossa avvolta da carta argentata -Complimenti per l’esame- dice.
Sorrido arrossendo -Grazie, non dovevi- dico abbassando lo sguardo.
Shannon sorride avvicinandosi -Ho prenotato un ristorante qua vicino, se per te va bene-.
Annuisco -Certo-.
Ci incamminiamo lungo la strada a passo veloce. Per la prima volta mi sento in imbarazzo accanto a lui e non so cosa dire per rompere il silenzio. Non riesco a dare un volto a questo appuntamento e la cosa mi mette a disagio. Ho paura di fare o dire qualcosa di sbagliato e mi ritrovo così senza parole, camminando alla svelta per raggiungere un locale che non so nemmeno dove possa trovarsi.
-Avevi progetti migliori per festeggiare?- è Shannon a rompere il silenzio mentre tenta di stare al mio passo.
Scuoto la testa -Pensavo di cenare e poi guardare la televisione in compagnia di una vaschetta di gelato-.
-Spero di essere un degno sostituto allora- dice allungando il passo. Segue una lunga pausa tra di noi, riempita solo dal rumore dei miei tacchi sul lastricato del marciapiede. -Non ti fanno male i piedi a camminare così veloce?- chiede dopo un istante.
Rallento di poco, voltandomi verso di lui -Scusa- sussurro ancora più imbarazzata -Solo che…- non so come continuare per giustificarmi. -Io mi sento un po’…-. Non riesco a terminare la frase, Shannon si ferma davanti ad una porta a vetri di un anonimo locale incastrato tra una piccola libreria ed un negozio di dischi.

Il bistrò del poeta leggo sull’insegna in legno che pende sopra la porta. Mi da l’impressione di un locale dal fascino antico.
Mi osserva un secondo -Nervosa?- domanda scrutandomi.
Mi stringo nelle spalle -Penso di sì- rispondo.
Shannon mi sorride prima di aprire la porta per farmi passare. Lo seguo all’interno del locale e mi lascio guidare da lui fino al banco, dove un cameriere in giacca e cravatta attende gli ospiti.
-Ho prenotato per due- esclama Shannon deciso -Leto-.
L’uomo lo osserva per un istante, poi scorre con lo sguardo i nomi sul registro e quando finalmente trova il nostro lo segna con una matita. -Seguitemi- dice uscendo da dietro il banco.
È un locale dalle luci soffuse e dall’arredamento provenzale. I colori che dominano sono panna e azzurro. Attraversiamo una sala, con tavoli apparecchiati da tovaglie di stoffa beige e fine porcellana, per raggiungere un piccolo tavolino rotondo appartato in un angolo. L’uomo appoggia due menù sul tavolo e si allontana.
Shannon si porta alle mie spalle per spostare la mia sedia e lasciarmi sedere mentre io lo osservo imbarazzata; è la prima volta che un uomo si dimostra così cavaliere nei miei confronti, e poi conoscendo la sua fama non avrei mai pensato che proprio lui fosse capace di certi gesti. Si siede di fronte a me e non so se sia la mia immaginazione a tirarmi brutti scherzi, ma ho come l’impressione che mi lanci una lunga occhiata penetrante prima di prendere in mano il suo menù. Inizio a domandarmi cosa significa tutto quello che ha organizzato e per un istante non posso, o meglio, non voglio credere che abbia sotto un secondo fine. Cerco di calmarmi tirando un lungo respiro mentre afferro a mia volta il menù.
Shannon mi lancia qualche occhiata mentre sta decidendo cosa ordinare, poi appoggia il menù sul tavolo e mi osserva.
-Cosa prendi?- gli domando sollevando lo sguardo su di lui, approfittando del momento per cercare di alleviare la mia tensione.
-Spaghetti allo scoglio- risponde -E una tagliata di carne-.
Gli sorrido -D’accordo, allora per non sbagliare prenderò le stesse cose anch’io-.
Shannon mi sorride mentre il cameriere si avvicina per prendere le ordinazioni. Quando si allontana sposto lo sguardo oltre le spalle di Shannon, sento i suoi occhi puntati sul mio viso.
-Va tutto bene?- domanda poco dopo.
Lo guardo annuendo in fretta -Sì, io… pensavo solo a quanto è strana questa situazione-.
-La trovi strana?- domanda corrugando la fronte.
Potrei perdermi in mezzo ai suoi occhi, alla fine dopo un lungo istante di silenzio mi apro in un sorriso. -Non ci conosciamo eppure siamo qui, a cena insieme; per di più sei famoso, mi sento un po’ a disagio-.
-Hai detto di non conoscermi, non dovrebbe crearti problemi questa cosa-.
-Ho fatto qualche ricerca su di te- mento avvampando -Ed ora ho il terrore che qualche fan scatenata possa assalirti, non saprei come reagire alla situazione-.
-Non preoccuparti, nessuno tenterà un agguato alla mia persona. E cos’hai scoperto su di me?- aggiunge poco dopo.
-Nulla più di quello che mi hai già raccontato- rispondo.
Shannon sorride -Mi stai dando dell’egocentrico?-.
-Avevi detto fosse tuo fratello quello egocentrico-. Iniziamo a ridere entrambi. -Inoltre non conosci nulla di me- aggiungo poco dopo tornando seria.
-Dovrò pur iniziare da qualche parte, mi hai impedito di cercarti per due settimane-.
-Non è vero- rispondo -Non ti ho mai vietato di scrivermi o telefonarmi, potevi farlo-.
-Hai detto che non volevi distrazioni durante questo periodo, ho cercato di rispettare la tua richiesta, anche se non nego che avrei voluto sentirti ancora la sera stessa che ti ho riportato il libro, ma ho cercato di resistere all’impulso, e così ho fatto per tutti gli altri giorni della settimana, fino a oggi pomeriggio. Questo perché da quel poco che ho capito di te, mi sembra che tu sia una persona che prende seriamente i propri impegni-.
Sollevo le spalle -È quello che provo a fare. Mi fa piacere sapere che tu mi abbia pensato-.
-Tu non l’hai fatto?- chiede e io sento le mie guance andare a fuoco.
-Ogni tanto- rispondo stringendomi nelle spalle -Ma quando ho visto che non hai usato nessuna scusa per farti sentire ho pensato di non interessarti-.
-Perché non mi hai cercato tu?-.
-Non avrei saputo cosa dirti-.
Shannon inclina la testa e mi osserva per un istante -Non ti credo. Secondo me avevi paura-.
-Paura? E di cosa?-.
Sorride -Paura di perdere tempo, paura di sentirti rifiutata, paura di essere usata-.
In un istante tutti i timori che mi hanno invaso in questi ultimi quindici giorni vengono buttati sul tavolo uno dietro l’altro. -Io… io non…- ma qualunque parola è inutile per continuare. Mi sento in imbarazzo e non so cosa dire.
-Sei una ragazza giovane, forse troppo per me. È una cosa a cui ho pensato attentamente in questi giorni, eppure, non lo so… tu hai qualcosa di speciale. Mi è bastato parlare con te poche ore per capirlo; volevo provarci almeno una volta prima di buttare all’aria ogni possibilità-.
-Shannon, io… non capisco. O forse non voglio capire- ci osserviamo a lungo -Cosa vuoi?- domando senza riuscire a trattenermi.
Lui sorride -Voglio conoscerti, Whitney. Mi piacerebbe poter parlare con te, passare del tempo insieme, senza nessun tipo di impegno che tu non voglia, senza fare nulla di cui tu non sia d’accordo-.
Lo guardo, cercando di mettere ordine alle mie idee, ma i suoi occhi non fanno altro che distrarmi e alla fine annuisco. -D’accordo, Shannon. Conosciamoci meglio, ma ti prego di rispettare i miei tempi-.
Lui solleva le mani -Non ho intenzione di costringerti a far nulla che tu non voglia-.
Lo osservo di sbieco, poi mi sporgo sul tavolo -Intendo i miei tempi universitari. Ti prego di sopportare il fatto che dovrò studiare e avrò bisogno di tempo per questo-.
Shannon inizia a ridere -Sono un musicista, dovrai sopportare anche tu l’idea che potremmo non vederci per lunghi periodi-.
Annuisco -Mi sembra un buon compromesso-.

Dopo aver cenato usciamo dal locale per fare una passeggiata, la sera è calda o forse è solo colpa del bicchiere di vino che abbiamo bevuto. Shannon mi racconta dei loro prossimi concerti in programma e che dovranno partire tra meno di due settimane.
-Suoneremo in giro per l’America, staremo lontani quasi un mese-.
-Dove suonerete?-.
-Chicago, Illinois, Minnesota… Non siamo tanto lontani da Los Angeles, ma non possiamo tornare a casa dopo ogni concerto, le date sono molto vicine tra loro-.
Annuisco -Un mese passa in fretta- rispondo -E poi io sarò impegnata a studiare-.
-Tornerò prima di Natale- aggiunge.
Lo osservo iniziando a ridere -Shannon, non è un addio, non devi giustificare il tuo lavoro con me. E poi hai altre due settimane prima di partire-.
Si ferma spostandosi di fronte a me, mi guarda e afferra entrambe le mie mani, sussulto a quel contatto inaspettato. -Mi aspetterai?-.
Chiudo gli occhi ridendo e quando li riapro non posso fare a meno di sorridergli -Non ho niente di meglio da fare-.

La porta della camera si apre piano. -Stai ancora dormendo?- la voce di Shannon mi raggiunge in un dolce sussurro.
Mi volto verso di lui scuotendo la testa -Sognavo ad occhi aperti- rispondo.
Si siede vicino a me porgendomi l’involucro di due muffin ed un cappuccino al caramello. -Cosa sognavi?- domanda baciandomi sulla bocca.
Sorrido -La nostra prima cena insieme-.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Non sono stata puntuale come desideravo essere, e ho fatto passare un mese e mezzo! Ma finalmente ci siamo, si inizia ad intravedere qualcosa di quello che potrebbe essere il loro grande giorno!
Cercherò di farmi viva il prima possibile, per il momento mi auguro che ciò che leggerete sia di vostro gradimento e se avete voglia fatemi sapere i vostri pensieri!
Alla prossima ;)
Buona lettura...

JessyJoy :*

Once upon a dream

 

CAPITOLO 13

07 Dicembre 2014, Los Angeles
 

Stiamo passeggiando lungo il molo alla ricerca di un ristorante dove pranzare. Siamo mano nella mano, non abbiamo fretta di decidere un ristorante, in realtà mi sembra di aver fatto colazione da poco. Dopo aver mangiato i muffin che Shannon ha portato a casa, abbiamo pensato di restare a letto ancora un po’, con l’unico risultato che ci siamo riaddormentati dopo aver fatto l’amore e siamo saltati fuori dal letto che era mezzogiorno passato. Così ora la nostra casa è un completo disordine perché non ho avuto tempo per dedicarmi alle pulizie della domenica mattina. Penso che forse ora dovrò farci l’abitudine ad una vita così caotica, insomma, sto per sposare Shannon e questo è un impegno che sarà per sempre; non ci saranno più momenti liberi, lui sarà in giro per il mondo e spesso io mi ritroverò a volerlo seguire, perché sì, è da un po’ di tempo, dal viaggio in Africa ad essere precisi, che sto pensando seriamente alla sua proposta di mollare il lavoro per stare più tempo con lui. Non che voglia abbandonare il giornalismo, ma pensavo di poter diventare una scrittrice freelance. Non ne ho ancora parlato con lui, e non ho intenzione di farlo fino a quando non sarò sicura di ciò che penso, si farebbe troppi castelli e alla fine mi ritroverei ad assecondare i suoi desideri senza pensare a ciò che io voglio realmente; per il momento voglio solo concentrarmi sul nostro matrimonio, sopratutto ora che ho realizzato manca davvero poco tempo.
All’inizio sembra tutto un sogno, noi due che a giugno ci sposiamo, forse su una spiaggia, forse in una villa o magari in un sontuoso albergo, ma ora che l’euforia dei primi istanti sta passando, arriva la consapevolezza che sei mesi non sono niente e passano così in fretta che se non mi sbrigo mi ritroverò a fare tutto all’ultimo minuto, e non è ciò che voglio. Domani devo lavorare, ma ho intenzione di trovarmi con le mie amiche e mia sorella martedì o mercoledì al massimo per iniziare a fare le cose seriamente, ed è per questo che ho bisogno di buttare giù qualche idea su quello che potrebbe essere il tema del ricevimento, sempre che noi vogliamo un tema.
Mentre penso a tutto questo osservo distrattamente i gabbiani che volteggiano sulla spiaggia alla nostra destra, indosso un semplice abito chiaro, a balze e sandali alla schiava il cui nastro arriva fin sotto il ginocchio. Tutto d’un tratto Shannon si ferma attirandomi a sé.
-Sei bellissima, lo sai?-.
Sorrido abbassando lo sguardo. Non avrei mai pensato che dopo tutto questo tempo i complimenti di Shannon mi facessero ancora questo effetto.
-Non riesco ancora ad immaginare il giorno in cui ti vedrò arrivare, vestita di bianco, pronta a diventare mia moglie-.
Scuoto la testa -Mi sembra tutto così lontano e strano-.
-Dobbiamo muoverci, giugno è alle porte- poi sorride e improvvisamente cambia discorso -Conosco un locale davvero carino un po’ più avanti. Fanno solo pesce, ti va di pranzare lì?- domanda cambiando improvvisamente argomento.
-D’accordo- rispondo con un sorriso. Shannon mi afferra per la vita e riprendiamo a camminare.
Ci fermiamo poco più in là, davanti ad una piccola casetta di mattoni gialli con un pergolato di legno costruito sugli scogli dell’oceano. Non ha per niente l’aria di essere un locale elegante, ma dall’ingresso esce un delizioso profumo di pesce.
-Cosa ne dici?- domanda Shannon osservandomi.
Sollevo le spalle -L’aspetto non è tutto, se garantisci che si mangia bene per me può andare-.
Entriamo, il locale è arredato in stile marinaro, Shannon però domanda due posti in veranda, accanto al parapetto, sotto il quale possiamo sentire infrangersi le onde.
Mentre consultiamo entrambi il nostro menù penso a come dire a Shannon la decisione che ho preso riguardo la sua proposta di andare via per Natale. Dopo avermelo domandato non siamo più tornati sull’argomento, forse Shannon aveva capito che l’idea di non festeggiare insieme alle nostre famiglie mi tirava un po’ indietro; ma anche se la questione non è più stata nominata non vuol dire che io non ci abbia pensato e riflettuto parecchio.
Abbasso il menù di scatto e Shannon solleva lo sguardo allarmato -Voglio venire a New York con te- esclamo.
Shannon mi osserva senza capire, sta per dire qualcosa, ma viene interrotto dal cameriere che si ferma al nostro fianco -Siete pronti per ordinare?- domanda.
Ci voltiamo entrambi verso di lui -Per me pasta al pesce spada- risponde, poi mi guarda -Hai bisogno di altro tempo?-.
Io scuoto la testa -Per me spaghetti alle vongole. E frittura di pesce per secondo-.
-Anche per me- aggiunge Shannon. Non appena il cameriere si allontana con le ordinazioni torna a guardarmi. -Cosa intendi dire?-.
-Ho pensato a lungo alla proposta che mi hai fatto mentre tornavamo dall’Africa; passare insieme il Natale a New York- specifico -E questa è la mia risposta, sempre che tu lo voglia ancora-.
Mi guarda per un secondo, poi si apre in un sorriso che mi fa tremare le ginocchia -Certo che lo voglio ancora e sono davvero felice che lo voglia anche tu-.

***


La osservo un istante, sono certo passeremo due settimane meravigliose.
-Allora per te non è un problema se domani prenoto i biglietti dell’aereo?-.
Whitney sollevo lo sguardo dal suo piatto -No. Qualunque giorno e qualunque orario per me va bene-.
-D’accordo-. Mi domando se non stia facendo tutto questo solo per farmi contento, e in realtà il suo desiderio sia quello di rimanere qui con le nostre famiglie. Esito per un istante, ma non riesco a trattenermi -Sei sicura che per te tutto questo vada bene?-.
Lei sorride chiudendo per un istante gli occhi -Certo che mi va bene, Shannon. Voglio veramente passare un po’ di tempo solo con te. Sopratutto all’idea che da gennaio dovremo correre per fare tutto in tempo per giugno e questo ci renderà stressati e spesso di mal umore- mi osserva un momento pensierosa, poi aggiunge -Inoltre a marzo partirete per l’ultima parte della tournée e passeranno quasi due mesi al vostro rientro, voglio approfittarne finche posso-.
-Pensavo mi avresti raggiunto in Russia- dico.
Sorride -Farò il possibile per riuscirci, cercherò di mettere in ordine tutti gli impegni lavorativi per poterti seguire ogni tanto-.
So anch’io che il mio sguardo si è improvvisamente illuminato, e una pallida speranza che stia iniziando a cambiare idea riguardo il suo futuro, si fa strada dentro di me. Forse anche lei seguirà l’esempio di Vicky e inizierà a seguirci in giro per il mondo. Sarebbe meraviglioso svegliarsi ogni mattina in chissà quale posto del globo e trovarla al mio fianco. Sapere di poter tornare in hotel esausto dopo un concerto e ritrovarla a letto ad aspettarmi, o meglio ancora, sapere che mi osserva da dietro le quinte del palco. Prendersi una giornata libera in ogni paese per poter osservare tutte le meraviglie che ospita e scoprirle insieme, giorno dopo giorno.
-A cosa pensi?- domanda Whitney poco dopo notando il mio sguardo perso.
Le sorrido -Sai, l’altro giorno io e Jared stavamo parlando, e la sera mi sono dimenticato di dirti una cosa importante- dico prendendo al volo l’occasione per collegare i miei pensieri a ciò che ho scordato di dirle -Dopo gli ultimi concerti di settembre prenderemo un anno intero di pausa per concentrarci sui progetti del nuovo disco-.
Sgrana i suoi grossi occhi da cerbiatto per lo stupore -Vuoi dire che per un anno intero resterai a casa con me? Niente più viaggi in giro per il mondo? Niente più “Ci vediamo tra due settimane”? Solo io e te?-.
Annuisco sorridendo -Proprio così-.
Batte le mani ridacchiando -Ma è fantastico- esclama -Sarà un primo anno da sposati meraviglioso-.
Sorrido davanti alla sua euforia e non posso fare a meno di provare anch’io un moto di felicità per questa pausa dal lavoro.
-Sicuro che tuo fratello non cambi idea, vero?-
Scuoto la testa -L’anno prossimo sarà fin troppo occupato a promuovere il suo nuovo film-.
Whitney annuisce -Mi ha accennato qualcosa proprio l’altra sera riguardo questo nuovo progetto, ma non ha detto molto. Dice che è ancora tutto top secret-.
-Deve ancora firmare il contratto, ma pensò lo farà- rispondo io.
-Mi ha detto che è un film di supereroi? Ce lo vedi Jared nei panni di Superman?-.
Rido immaginandomi mio fratello con indosso una tutina attillata che vola sopra i tetti di New York. -Penso siano gli antagonisti dei supereroi- rispondo -Mi ha detto che gli hanno proposto il ruolo di Joker-.
La forchetta di Whitney resta sospesa a mezz’aria mentre mi osserva. -Stai scherzando?-.
-Non te l’aveva detto ieri?- domando.
-No, mi ha detto solo che gli hanno offerto la parte di uno dei cattivi- risponde.
Annuisco -Esatto, Joker è cattivo-.
-No, Joker è psicopatico-.
-Appunto, è il ruolo adatto per mio fratello-.
Whitney sorride -Joker ha i capelli verdi-.
Faccio un cenno con la testa -Sì, e allora?-.
-Tuo fratello è pronto per rivoluzionare i suoi capelli?-.
Questa volta è la mia forchetta a restare ferma a mezz’aria, poi improvvisamente scoppio a ridere. -Non avevo proprio pensato a questa cosa. Dici che glieli faranno tingere-.
Finge di pensarci un istante poi inizia ad annuire -Penso che si proporrà lui stesso per questa cosa-.
Sorrido -Sarà divertente andare in giro con lui, non passeremo di sicuro inosservati-.
-Shannon- dice poco dopo -Ieri mi ha detto che se dovesse accettare le riprese saranno effettuate da Aprile in poi, probabilmente dureranno tutta l’estate -.
La osservo senza capire dove vuole arrivare. -D’accordo, ma un giorno per il nostro matrimonio sono certo che lo troverà-.
-Avrai un testimone che sembrerà un semaforo-.
Sgrano gli occhi, anche a questo non ci avevo pensato. Ma non vuol dire niente, non è detto che debba veramente colorarsi i capelli, forse gli faranno indossare una parrucca, oppure finirà le riprese in tempo per potersi colorare nuovamente i capelli prima del matrimonio. È impossibile, conoscendo Jared vorrà calarsi il più possibile nel suo ruolo, proprio come ha fatto con Rayon per il film che gli ha fatto vincere l’Oscar. Per un istante ho un fugace ricordo di quella sera; Whitney che scende dall’auto indossando un lungo abito blu prussia, che la fascia fin sui fianchi per poi aprirsi e terminare in uno strascico; noi due che camminiamo a braccetto sfilando sul red carpet; il party dopo la cerimonia; gli occhi di tutti puntati sulla mia compagna. Credo sia stato in quel momento che ho iniziato a prendere seriamente in considerazione l’idea che saremmo potuti diventare marito e moglie.
-Shannon, va tutto bene?- domanda Whitney poco dopo.
Mi riscuoto dai miei pensieri, rendendomi conto di esser rimasto immobile a pensare. -Stavo riflettendo sul fatto che Jared farà di tutto per dare il meglio di sé, come al solito; perciò sì, è probabile che il mio testimone avrà i capelli verdi-.
Whitney sorride -Chiederò a Mary se può farsi una tinta color fuoco, così avremo i testimoni in pandance-.

Dopo aver finito di mangiare riprendiamo la strada sul molo.
-Allora- esordisco -Dove ti piacerebbe andare?- chiedo pur sapendo che da questo momento in poi correremo a destra e a sinistra per osservare ville, ristoranti e menù a cinque stelle.
-C’è un locale non molto lontano da qui- risponde -È una villa in riva al mare, hanno anche la spiaggia privata. Potremmo cominciare da lì…-
-D’accordo- dico prendendole la mano per seguirla.
Il luogo che raggiungiamo non ha affatto l’aspetto di una villa, sembra più un palazzo costruito sul mare. La osservo con occhio critico. È bianca, grosse vetrate si affacciano su un giardino enorme con numerose aiuole di tulipani, rose e chissà quali altri fiori. Un lago attraversato da un ponte in legno domina un intero lato del giardino, posso vedere dei cigni nuotarvi dentro.
-Sei sicura che sia questo il posto?- le domando.
Lei annuisce, varcando il cancello e dirigendosi verso l’interno.
Un’enorme portone a due battenti è spalancato sull’ingresso della villa. È una stanza dal soffitto alto e i lampadari di cristallo, anche qui i colori che dominando sono molto chiari. Il pavimento è in marmo e ci sono numerose poltroncine in pelle attorno a tavolini di vetro.
Un uomo in giacca e cravatta ci raggiunge. -Posso aiutarvi?- domanda.
Non faccio in tempo a prendere la parola che Whitney mi ha già anticipato.
-Stiamo per sposarci- risponde spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e io so che lo fa per mettere in bella mostra l’anello. -E così siamo alla ricerca della location perfetta-.
L’uomo sorride -Congratulazioni- dice guardandoci entrambi. -Avete un appuntamento per visitare la villa?-.
Subito il sorriso si spegne sulle labbra di Whitney -Ecco… noi non abbiamo pensato di telefonare. Avevamo una giornata libera e passavamo di qua-.
Ci osserviamo un istante, ma l’uomo prende subito la parola.
-Non c’è nessun problema. Se volete seguirmi vi faccio accomodare nel salottino privato, in attesa che una delle nostre consulenti sia libera-.
Lo seguiamo lungo un corridoio di marmo, con colonne bianche bordate d’oro, fino ad una saletta per gli ospiti. Ci accomodiamo su morbidi divani di pelle. Un cameriere ci raggiunge portando flûte di Champagne.
-Non ci vorrà molto- annuncia l’uomo non appena il cameriere esce dalla sala -Gli altri ospiti stanno terminando il giro-.
-D’accordo- rispondo, poi l’uomo esce lasciandoci soli. -Cosa te ne pare?- domando a Whitney che si sta guardando in giro.
-È meraviglioso- risponde con un largo sorriso -Tu cosa ne dici?-.
Annuisco -Come primo impatto mi sembra un bel posto. Sono curioso di vedere cosa c’è oltre-.

***

Dieci minuti più tardi le porte della sala si spalancano, lasciando entrare una donna dell’età di Shannon, indossa un tailleur beige, dal quale spuntano gambe chilometriche. È mora e tiene i capelli raccolti in una stretta crocchia. Si avvicina porgendoci una mano.
-Sono Margaret, sarò la vostra consulente in questa villa-.
Mi stringe la mano mentre mi presento a mia volta, poi la sua attenzione punta al mio futuro marito. Mi irrigidisco all’istante quando noto come lo sta radiografando interessata.
-Allora state per sposarvi?- domanda.
-Il ventisette giugno- risponde lui.
-Vi mostro qualcosa- risponde civettuola facendoci cenno di seguirla.
Usciamo dalla sala e subito lei si affianca a Shannon mentre inizia a descrivere nei minimi dettagli ogni particolare della villa.
Vengo lasciata indietro mentre osservo i numerosi specchi e candelabri in una della stanze in cui potrebbe celebrarsi il nostro matrimonio.
Mi ci vedo a percorrere il lungo corridoio a passo lento, con gli occhi di tutti puntati addosso, mentre raggiungo Shannon fasciata da un meraviglioso abito bianco… Mi fermo di colpo, l’abito bianco, perché non ci ho pensato prima? Dovrebbe essere la cosa più importante per tutte le donne che stanno per sposarsi e io non l’ho minimamente considerato. Ho messo davanti la location, gli invitati e non nego di aver anche pensato a qualche possibile meta per la luna di miele, ma non ho assolutamente pensato a come apparirò davanti agli occhi di Shannon quel giorno. Mi trovo davanti ad uno specchio, mi osservo per un istante e non ho idea di cosa vorrei indossare quel giorno. Provo ad immaginarmi con indosso un vestito stretto a sirena, storco la bocca, inclino la testa di lato mentre mi vedo con un grosso abito da principessa, forse è troppo pesante per tenerlo addosso tutto il giorno, sopratutto con il caldo che ci sarà in quel periodo; un abito corto? Scuoto la testa. Un abito dal lungo strascico… non lo so, ma devo rimediare al più presto.
-Whitney?- la voce di Shannon arriva forte e chiara dal fondo della sala -Cosa stai facendo?-.
Mi riscuoto improvvisamente dai miei pensieri -Io…- balbetto impacciata mentre torno verso di loro -Stavo solo pensando a come mi ci vedrei a sposarmi qua-.
-E cosa ne pensi?- domanda Margaret osservandomi.
-Non male, per ora. Ma continuiamo-.
Mentre lei ci conduce nella sala dove si terrebbe il banchetto, Shannon si mette al mio fianco. -Va tutto bene?-.
Annuisco -Stavo solo pensando- sussurro per non farci sentire -Che non ho nessuna idea del vestito che vorrò indossare quel giorno-.
Shannon inarca un sopracciglio -Pensavo che questa fosse una cosa che voi donne sapete fin da quando siete bambine-.
Sorrido -Non è che non ci abbia mai pensato- rispondo mentre mi tornano alle mente tutte le volte che io e Mary da piccole ci truccavamo a vicenda, e ci vestivamo per i nostri matrimoni immaginari -Per esempio quella volta che mi sono sposata con Milord di Sailor Moon ho indossato un bellissimo vestito a fiori e avevo un velo che mi arrivava fino ai piedi-. Mi vien da ridere a quel pensiero, avevo cinque anni e mia sorella sette. Mi aveva fatto indossare una delle gonne di mia mamma, ma era talmente lunga che mi faceva comodamente da vestito, e il mio velo non era altro che la tenda in pizzo della cucina di mia nonna, ricordo ancora le sue urla quando ci ha scoperto, e sopratutto quando ha visto che i narcisi che aveva piantato in giardino erano stati usati per il mio bouquet. Mary aveva celebrato il matrimonio, si era persino disegnata i baffi per risultare più credibile.
Shannon mi osserva -Whitney, c’è qualcosa che devo sapere?- domanda divertito.
Scuoto la testa -Parlerò solo in presenza di mia sorella-.
Sorride -Allora com’è che non sai come vestirti?-.
-Perché ho sempre pensato che quando sarebbe arrivato quel giorno l’avrei saputo, invece ora mi ritrovo con tante idee e molto confuse-.
-Perché non fissi un appuntamento per provarne qualcuno?-.
Annuisco mentre seguiamo Margaret in un’altra sala -Pensavo di chiedere a Jared e Constance di accompagnarmi, insieme a Mary e mia mamma. Spero accetteranno-.
Shannon mi sorride -Credo che ne saranno davvero entusiasti-.
-Ed ecco qui il pezzo forte della villa- esclama Margaret facendoci tornare alla realtà.
La raggiungiamo e attraversiamo una grossa porta a vetri, ritrovandoci su una spiaggia bianca. Le onde chiare si infrangono a pochi metri da noi.
-Questo posto è per tutte le coppie che ad una cerimonia classica, preferiscono sposarsi sulla spiaggia-.
Facciamo pochi passi avanti -È davvero bellissimo- esclamo guardandomi intorno. Però non so se mi ci vedrei bene a camminare sulla sabbia, sopratutto se deciderò di indossare un abito pomposo e scarpe con i tacchi alti.
-Cosa ne pensi?- mi chiede Shannon.
Lo osservo -Non saprei, ho le idee un po’ confuse-.
Margaret si avvicina a Shannon -Posso farvi un preventivo se volete-.
Shannon mi guarda e io debolmente annuisco.
-Allora ho bisogno di sapere all’incirca quanti invitati ci saranno, così mentre io vi preparo le carte potete dare un’altra occhiata in giro-.
-Saranno circa trecento persone- risponde Shannon.
-Ci saranno anche dei bambini- aggiungo io -Una trentina-. Margaret mi osserva senza dire nulla, mi fa sentire un’idiota. -Servirà qualcuno che li tenga a bada- preciso.
-Cosa pensavate?- domanda tornando a guardare Shannon.
Cerco di trattenere uno sbuffo irritato.
-Pensavamo ai pony- risponde lui lanciandomi un’occhiata -E dei clown che facciano palloncini-.
Lo guardo sconvolta -Davvero pensavamo ai clown?- chiedo, ho sempre avuto il terrore per i pagliacci.
-Devono giocare con i bambini, non con te- risponde lui sopprimendo un sorriso.
-Lo so ma…- noto il sorriso perfido che attraversa il volto di Margaret e mi sento nuovamente presa in giro.
-Faremo in modo che non incrocino la tua strada-.
-D’accordo…- rispondo non troppo convinta.
-Molto bene- esclama Margaret chiudendo con un colpo il suo quaderno degli appunti -Se volete scusarmi torno subito, voi fate pure un giro qui intorno-.
Dopo che Margaret è rientrata Shannon si volta verso di me -Ora puoi dirmi cosa pensi veramente?- domanda.
Gli sorrido -Shannon, non so se è questo quello che sto cercando-.
-E cosa cerchi?-.
-Io… non voglio un matrimonio sfarzoso, da dover spendere milioni, non voglio nulla in pompa magna, vorrei qualcosa di fine, romantico ed elegante, qualcosa che le persone possano ricordare e pensare che sia stato fantastico, non che il loro unico pensiero sia che è stato bello perché ci siamo dissanguati per organizzarlo-.
Shannon annuisce -Quindi siamo ancora senza idee?-.
Mi stringo nelle spalle -Fin da piccola ho sempre pensato a come sarebbe stato il mio matrimonio, ma non ho mai avuto nulla di chiaro, era come se ogni immagine fosse stata offuscata e ora mi sento esattamente così-.
Shannon si avvicina e mi abbraccia -Vorrei dirti non importa, e che prima o poi arriverà l’idea giusta, ma il tempo stringe-.
-Lo so-.
Passeggiamo sulla spiaggia guardando l’oceano, senza dire nulla. Il rumore delle onde è così rilassante, mi aiuta a pensare. Ora so quello che voglio, il nostro giorno deve essere una favola.
Margaret interrompe i nostri pensieri -Ecco qui tutte le carte- dice venendo verso di noi -Ho inserito anche alcune possibilità di menù, ma possiamo sempre modificarli in base alle vostre esigenze-.
Shannon la ringrazia mentre lei gli porge una busta sigillata. -Ne parleremo e vi faremo sapere qualcosa-.
Margaret lo osserva porgendogli un ulteriore cartoncino color panna e oro. -Questo è il mio biglietto da visita, per qualunque informazione resto a vostra disposizione-.
Usciamo dalla villa e a passo lento ci incamminiamo verso casa, penso che questo per oggi sia abbastanza.
-Shannon- dico attirando la sua attenzione -Io so cosa voglio, voglio vivere una favola quel giorno e quello che abbiamo appena visto non è il posto giusto-.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Once upon a dream

 

CAPITOLO 14

22 Dicembre 2014, Los Angeles
 

Osservo la valigia aperta sul letto, ho quasi finito di riempirla. Sto pensando a cosa potrei aggiungere quando Shannon entra in camera.
-Whitney, hai finito? Tra due ore dobbiamo essere in aeroporto-.
-Lo so, scusami. Mi mancano solo le creme per il corpo ed è fatta- dico lanciando un’occhiata al beauty-case lì vicino.
Shannon si avvicina alla valigia osservandola con circospezione. -Cos’è tutta quella roba colorata?- domanda afferrando uno dei miei vestiti e sollevandolo davanti agli occhi.
-Un abito- ribatto prendendoglielo dalle mani.
-Lo vedo- dice lui -Lo sai che stiamo andando a New York e non ai Caraibi, vero?-.
-Certo che lo so- rispondo.
-Allora saprai anche che a dicembre nevica a New York e che non te ne fai nulla di un vestitino- ribatte-.
Lo osservo ripensando ai quattro vestiti corti che ho messo in valigia. -Dici che dovrei toglierli?-.
-Io toglierei anche i costumi da bagno- aggiunge.
-Tu come fai…-.
-Perché ti conosco, Whitney- esclama senza lasciarmi finire la frase.
-Ma l’hotel ad Aspen ha il centro benessere-.
-Un solo costume sarà più che sufficiente, non sette come il tuo solito-.
-Sono solo cinque-.
-Sono fin troppi, te ne concedo due al massimo- dice dirigendosi in bagno.
Sbuffo mentre estraggo dal bagaglio i costumi, i vestiti e tutte le magliette corte per mettere in mostra l’ombelico. -Ho fatto- borbotto.
-Hai tirato fuori anche i sandali?-.
-Hai sbirciato nella mia valigia questa mattina prima di uscire di casa?- chiedo iniziando a provare una certa irritazione.
-No- risponde lui ricomparendo sulla soglia del bagno -Ma dato che immaginavo ti saresti potuta sentire come Carry di Sex and the City, voglio evitare di viaggiare pesante per niente-.
-Viaggiare pesante- sussurro facendogli -Io non viaggio pesante-.
-Devo ricordarti cos’è successo quando siamo andati in vacanza l’ultima volta?- chiede.
-Sono dettagli- replico finendo di scegliere le creme e riponendole con cura nella borsa. -Quando sono venuta in Africa ho viaggiato molto leggero-.
Lo sento ridere ironico -All’andata forse, ma ti ricordo che abbiamo dovuto trovare un bagaglio libero per la roba che hai comprato finché eravamo lì-.
-Non potevi mica pretendere che indossassi gli stessi pantaloncini e la stessa maglia per tutto il tempo che sono stata lì ad assisterti?-.
-Ma ci mancherebbe altro-.
Mi sento lievemente offesa -In ogni caso ho finito, e sono sicura che la valigia sarà anche più leggera del previsto-. L’appoggio sulla bilancia incrociando le dita, mentre Shannon arriva alle mie spalle per sbirciare il risultato e… ben tre chili in più del massimo consentito.
-Non posso crederci- sussurro. -È impossibile, questa bilancia non funziona-.
-La bilancia funziona benissimo- replica lui -Ora apriamo la valigia e vediamo cosa si può lasciare a casa-.
Un quarto d’ora più tardi tutti i nostri bagagli sono stati portati in corridoio, in attesa che Jared arrivi per accompagnarci in aeroporto. Sul letto ora si trovano: un barattolo di crema da mezzo chilo che avrei usato come scorta nel caso l’altro finisse prima del nostro rientro, un paio di stivali al ginocchio color beige, a detta di Shannon molto simili all’altro paio di pelle nera che erano in valigia, tre vestiti da sera neri che sempre a suo avviso erano praticamente identici ad un quarto, il terzo costume che avevo messo in valigia di nascosto ed un caftano rosa che Shannon non riusciva a spiegarsi cosa sarebbe potuto servire per una vacanza sulla neve. Così ora ho guadagnato due chili, che sono certa mi torneranno utili per i souvenir che ho intenzione di comprare.
Suonano il campanello e mentre io vado ad aprire la porta, Shannon controlla che in casa tutto sia stato sistemato per la nostra partenza.
Jared compare sulla soglia dell’ingresso e alle sue spalle ecco sbucare Mary. La guardo stupita, non mi aveva detto che sarebbe venuta anche lei a salutarci.
-Mary- esclamo -Cosa ci fai qui?-.
-Sono venuta a controllare che tu sia pronta a partire- risponde.
-Shannon mi ha fatto lasciare qui metà delle mie cose-.
-Le ho solo fatto mettere giù le cose che non avrebbe mai usato. Come un abito di pizzo nero trasparente-.
Sollevo lo sguardo -D’accordo, allora possiamo andare-.

Raggiungiamo l’aeroporto in quindici minuti, mentre Jared cerca parcheggio noi ci dirigiamo verso il check-in delle valigie. Il nostro volo partirà esattamente tra un’ora, abbiamo poco tempo, dobbiamo muoverci a passare il metal detector e poi trovare il gate per l’imbarco.
Jared ci raggiunge mentre stiamo salendo al piano superiore dell’aeroporto.
-Siete sicuri di aver preso tutto?- domanda.
-No- rispondo io -Ma andiamo a New York, troverò sicuramente un negozio-.
Jared ridacchia -A proposito, Whitney, prima che tu parta, avevo qualche idea riguardo gli inviti-.
-Qualunque cosa tu voglia, Jared- rispondo io mentre controllo in borsa di avere tutti i documenti. -Lo sai che hai carta bianca-.
Dopo aver visitato la villa ci siamo riuniti tutti insieme, coinvolgendo anche Jared, e abbiamo iniziato a parlare di quali sono le cose più importanti e che necessitano di più tempo per essere organizzate; così è stata stilata definitivamente la lista degli invitati, saremo duecentosessantacinque. In queste due settimane ognuno di noi penserà ad alcune location in cui potrebbe svolgersi la cerimonia e la festa, e al nostro rientro effettueremo tutte le prenotazioni.
-D’accordo- risponde Jared -Allora ti manderò qualche bozza. Non potranno essere stampati finché non avrete deciso dove sposarvi-.
Annuisco -Sarà tutto deciso entro metà gennaio, promesso-.
-Il tempo stringe- sussurra Mary.
Io e Shannon ci guardiamo -Sì, è meglio che ci avviamo al nostro gate-.
-Non intendevo questo-.
Sorrido -Sono sicura che New York ci porterà consiglio-.
-Lo spero bene- dice abbracciandomi -Ora andate, fate buon viaggio e divertitevi-.

22 Dicembre 2014, New York
 

Atterriamo a New York alle nove di sera. Il cielo é scuro e l’aria frizzante. Devo fermarmi per indossare il golf che ho tenuto in borsa per tutto il viaggio, non credevo ci sarebbe stata una tale differenza di temperatura.
-Freddo?- domanda Shannon afferrandomi per la vita mentre attraversiamo la pista di decollo per raggiungere l’ingresso dell’aeroporto.
-Un po’- rispondo.
Aspettiamo i nostri bagagli e ci dirigiamo verso l’uscita. Deve aver smesso di nevicare da poco, intorno a noi tutto è bianco.
-Dobbiamo prendere un taxi- dice -Preferisci che ci fermiamo da qualche parte a mangiare prima di andare a casa? In cucina il frigo è spento-.
-Non potremmo ordinare qualcosa a domicilio?- chiedo trascinandomi dietro un trolley pesante.
-Vedo che ti sei già ambientata alla città- risponde sorridendo mentre fa cenno ad un taxi di fermarsi.
Adoro New York, con Shannon ci sarò venuta si e no tre volte, eppure ogni volta è magico. I maestosi grattacieli, le luminarie delle vie che questo mese sono ancora più scintillanti per l’avvento del Natale, i cartelloni pubblicitari ovunque, sono solo alcune tra le tante cose che apprezzo di questa città.
Raggiungiamo un grande palazzo in vetro ed acciaio, il taxi si ferma e noi scendiamo. Guardo verso l’alto, mi sento così piccola in confronto. Shannon mi fa segno di seguirlo, salgo i cinque gradini che portano nell’ingresso dai colori e l’arredamento minimale. Chiama l’ascensore e attendiamo. Mi guardo intorno, adoro il palazzo dove Shannon ha acquistato il suo attico prima che ci conoscessimo.
L’ascensore si ferma con un bip soffocato e noi saliamo. Schiaccia il numero trenta e sfrecciamo a tutta velocità verso l’altro.
-Sei contenta?- mi domanda osservando il mio riflesso allo specchio.
Sorrido appoggiandomi alla parete nera accanto a lui -Tu sai che amo New York, come potrei noi esserlo. E tu, lo sei?-.
-È il più bel regalo di Natale che potessi farmi-.
Gli sorrido voltandomi verso di lui -Decidere che ti sposerò è stato il tuo più bel regalo-.
Shannon sorride e in quel momento l’ascensore si ferma.
-Siamo arrivati- annuncia prendendo anche la mia valigia e dirigendosi lungo il corridoio bianco e grigio, fino ad una porta di legno bianco con sopra una targhetta in ottone che indica il numero 127, la apre e mi lascia passare per prima.
Come ogni volta che entro qui, mi sembra di addentrarmi in un mondo extraterrestre. Ci troviamo in un ampio salone rettangolare, arredato da mobili ultra moderni. Anche qui tutto è bianco, nero e grigio. A passo svelto mi dirigo al lato opposto della stanza, verso le tende che celano dietro ad esse ampie vetrate a tutta parete, le scosto ed eccomi davanti l’intero profilo di New York, come al solito resto senza fiato.
-Benvenuta a casa- sussurra Shannon raggiungendomi alle spalle. Mi volto sorridendogli. -Cosa ti va che ordini?- chiede.
-Thailandese, ti va?-.
-D’accordo, vuoi farti una doccia intanto?-.
-Pensavo avremmo potuto farla insieme-.
Shannon mi sorride malizioso -Allora inizia ad andare in bagno, ti raggiungo subito-.

23 Dicembre 2014, New York
 

La mattina seguente quando mi sveglio, sento il letto vuoto al mio fianco. Prima di aprire gli occhi sposto una mano sulle morbide coperte di lino, ma niente, è freddo.
Apro gli occhi, le tende che danno sullo skyline sono tirate, e lasciano trapelare una debole luce arancione. Guardo verso il comodino, sono quasi le nove. Mi domando dove possa essere finito Shannon, non era proprio così che immaginavo il nostro primo risveglio a New York. Dopo essermi stiracchiata mi alzo per dirigermi in cucina.
Shannon mi da le spalle, troppo occupato a sistemare qualcosa dentro tutti gli stipi color piombo. Mi siedo su uno sgabello dell’isola che occupa il centro della stanza e lo osservo.
-Cosa fai?- domando poco dopo.
Shannon sussulta e si volta verso di me. -Pensavo stessi dormendo-.
Sorrido sollevando le spalle -Il letto era vuoto e così mi sono alzata per cercarti-.
Allunga verso di me un piatto con due brioche ai cereali e un bicchiere di succo d’arancia.
-Ho pensato di alzarmi presto per controllare che in casa fosse tutto a posto e fare la lista di quello che potrebbe servirci queste due settimane- dice allungando uno sguardo verso il blocco degli appunti posato sul bancone. -Poi sono sceso a prenderti la colazione-.
-Potevi chiamarmi, ti avrei aiutato-.
-Dormivi così bene, non volevo disturbarti-. Inizio a mangiare e Shannon aggiunge -Ora che sei sveglia, però, puoi dirmi cosa ti va di fare oggi-.
-Dopo aver sistemato casa potremmo fare un giro per le vie di New York-.
Shannon solleva un sopracciglio -A proposito di giri per la città, ieri sera non abbiamo finito il discorso iniziato in ascensore. Cosa vuoi per Natale?-.
-Shannon, non voglio nulla. Tutto questo mi basta-.
-Stai per diventare mia moglie e questo è il nostro ultimo Natale da fidanzati, voglio che tu lo ricordi per sempre-.
Sorrido -Lo ricorderei comunque anche se tu non mi regalassi niente-.
-Non importa, voglio almeno il gesto di aprire un regalo sotto l’albero-.
-Ma non abbiamo neanche un albero- rispondo ridendo.
-Vorrà dire che questa mattina compreremo un albero, e anche palline, festoni, lucine e tutte le cose che possono renderti felice-.
-Tu mi rendi felice, Shannon, il fatto che esisti e che fai parte della mia vita-.

A mezzogiorno stiamo rientrando carichi di pacchetti, abbiamo fatto la spesa e siamo andati a comprare un po’ di oggetti che porteranno atmosfera natalizia in casa. Mentre io mi dirigo in cucina a preparare il pranzo Shannon inizia a montare l’albero in soggiorno. Lo osservo dalla porta ad arco che collega le due stanze, è inginocchiato sul pavimento e legge attentamente le istruzioni, non posso fare a meno di pensare al nostro primo Natale insieme e provare una stretta allo stomaco. Non eravamo ancora fidanzati, in realtà non ci eravamo nemmeno dati un bacio prima della sua partenza per il tour, anche se sapevo che lui lo desiderava, e il mio continuo rifiuto lo faceva star più male di quanto volesse dare a vedere. Probabilmente iniziava a pensare di non piacermi davvero. Ma io ero troppo spaventata all’idea di potermi innamorare di lui e scoprire che ogni cosa era solo un’illusione. Il nostro saluto prima della sua partenza non era stato altro che un lungo abbraccio dopo una serata passata a chiacchierare, continuando a fingere di non sapere chi fosse; saluto concluso con la promessa che non sarebbe cambiato nulla, e che la sua assenza fisica non si sarebbe fatta sentire come io immaginavo. E infatti così era stato, la sera prima di ogni concerto mi telefonava, raccontandomi la sua giornata, domandandomi come fosse andata la mia e assicurandomi che mancava sempre meno al suo ritorno; e la notte, dopo ogni concerto mi scriveva per dirmi quanto fosse andata bene la serata, e che desiderava fossi lì ad ascoltarlo, perché la mia assenza era la cosa che più gli pesava. Credo sia stato in quelle notti passate insonni ad aspettare un suo messaggio, che ho iniziato a capire che non potevo far nulla per evitare che tra noi accadesse qualcosa. Iniziavo a desiderarlo più di quanto avessi mai fatto con chiunque altro, e alla fine, quando non attendevo altro che la sua voce a fine giornata, sapevo che non avrei potuto mettere un freno ai miei sentimenti, perché provare a stare con lui era la cosa giusta da fare. Avevo solo paura che una volta tornato tutta la magia di questo ultimo mese svanisse. E che proprio ora che anche io sapevo cosa volevo, lui si rendesse conto che quello che sarebbe potuto nascere tra noi fosse tutto un errore.
E invece…

Mi sento in imbarazzo ferma in disparte nell’atrio di questo grande aeroporto. Fisso convulsamente la porta degli sbarchi, il suo volo dev’essere già atterrato da un po’, probabilmente starà aspettando la sua valigia prima di raggiungermi, eppure non posso fare a meno di domandarmi se in mezzo a tutta la folla che tra poco sciamerà dalla porta riuscirò a vederlo. O forse sarà lui a non vedermi e mi passerà accanto. È dalla sera prima, quando mi ha telefonato per domandarmi se avessi voglia di andare a prenderlo in aeroporto, che non riesco a mettermi calma.
All’improvviso mi colpisce un nuovo pensiero, forse non si ricorderà come sono fatta, lo sapevo che avrei dovuto preparare un cartello con la scritta
“Sono qui per Shannon”. Che idea stupida, certo che si ricorda come sono, è passato solo un mese dalla sua partenza e prima che partisse abbiamo passato quasi tutte le sere insieme e ci siamo fatti delle foto.
Ecco che iniziano ad uscire le prime persone trascinandosi dietro grosse valige, il mio cuore inizia a battere se possibile ancora più forte mentre mi stringo nel cardigan grigio che indosso; ancora pochi istanti e finalmente saremo di nuovo insieme e questa volta non sarò io ad evitare che gli eventi prendano il loro corso.
Trattengo il respiro quando finalmente lo vedo comparire oltre le altre teste. È bello come lo ricordavo, indossa i suoi occhiali da sole scuri e mi sta sorridendo, mi ha vista, il mio cuore esulta e non posso fare a meno di sentire freddi brividi percorrermi. Non riesco a muovere un passo verso di lui, sono come ancorata al pavimento, gli sorrido timidamente e lo vedo allungare il passo nella mia direzione, superando le altre persone. È a pochi metri da me, vorrei ridere per la felicità, corrergli incontro e saltargli addosso, eppure non faccio altro che osservarlo tenendomi stretta alla mia maglia, mentre toglie gli occhiali, molla la sua valigia sul pavimento, apre le braccia e senza che io possa fermarlo mi stringe a se come nessuno ha mai fatto prima. Riempio i polmoni del suo profumo, sa di caffè, sa di buono, sa di Shannon, e mentre lascio scivolare le mie braccia sulla sua schiena per stringerlo più che posso sento gli occhi bruciare e le lacrime che iniziano a sgorgare. Mi appoggio nell’incavo della sua spalla, lasciando uscire tutte le emozioni che sentivo premere dentro da quando se n’è andato, e lui mi stringe a se, come se avesse paura di perdermi ancora.
-Ciao- sussurra poco dopo appoggiando le sue labbra sui miei capelli.
Sorrido e sollevo lo sguardo incontrando i suoi occhi profondi, il mio cuore inizia batte come non ha mai fatto in tutta la mia vita. -Non immagini quanto mi sei mancato- sussurro, rendendomi conto di quanto la sua bocca ora si trovi così pericolosamente vicina alla mia.
Lui non dice nulla, sorride e basta, continuando a tenermi stretta a se. Mi sento come se fossimo soli al mondo, in una bolla che nessuno può violare. Continuo a respirare il suo odore e sento che tutte le emozioni che io sto provando le sente anche lui. Lo guardo negli occhi ancora per un istante, quel tanto che basta per darmi la sicurezza di ciò che sto per fare. Ci avviciniamo lentamente, come se i nostri corpi sapessero che questo è il momento giusto per tutto ciò che fino ad ora ci siamo negati e finalmente le nostre labbra si incontrano. Shannon è dolce, delicato, romantico. Non avrei mai pensato che baciarlo sarebbe stato così, sta assaporando ogni istante in cui non siamo stati insieme. Non ha nulla del titolo di
“Animale” che gli è stato affibbiato.
Dopo un lungo istante sento la sua bocca scivolare via dalla mia e torniamo a guardarci negli occhi. -È il miglior ritorno a casa che potessi sperare- sussurra sulle mie labbra.

***

Ho appena finito di montare l’ultimo ramo dell’albero, entro in cucina e trovo Whitney darmi le spalle mentre mescola distrattamente una padella di sugo al pomodoro.
-Vieni a vedere il nostro albero?- domando portandomi dietro di lei ed afferrandola per la vita.
Lei sussulta e si volta verso di me -Shannon, mi hai spaventata-.
Le sorrido -A cosa stavi pensando?-.
Un leggero rossore si diffonde sul suo viso -Ti ricordi cos’è successo poco prima del nostro primo Natale insieme?-.
La guardo per un lungo istante poi le sorrido, come potrei mai dimenticare quando tutto ha avuto inizio.

Sono quasi le dieci di sera quando raggiungiamo la mia casa a Los Angeles, un piccolo appartamento al sesto piano di un palazzo che si affaccia sul mare. Apro la porta lasciando che Whitney passi per prima; credo che questa sia una delle poche volte che invito una ragazza a casa mia, ho sempre preferito la comodità e l’anonimato degli alberghi.
Whitney entra, si guarda intorno con fare circospetto, mi domando a cosa stia pensando. Non abbiamo fatto cenno su ciò che è accaduto poco fa in aeroporto e non è neanche più successo, siamo semplicemente arrivati qui dopo che l’ho invitata a mangiare qualcosa insieme a me, e il fatto che abbia accettato mi fa ben sperare che finalmente anche le sue intenzioni siano serie.
Durante questo mese di tour ho pensato a lungo al nostro rapporto, cercando di capire cosa io provassi per lei. In fin dei conti siamo poco più che due sconosciuti che si sono piombati addosso a vicenda. Eppure le due settimane passate con lei a parlare quasi ogni sera mi hanno fatto capire che voglio conoscerla ancora più a fondo. Provare ad averla accanto. Mi è sembrata una ragazza a cui le basta guardarti negli occhi per capire cos’hai dentro, cosa pensi e di cos’hai bisogno, in poche parole la persona giusta per me, per il mio carattere a volte chiuso, introverso e scontroso con il mondo intero. Ma lei cosa penserà? È stato questo che mi ha tormentato di più in questo mese passato lontano. Non mi ha mai baciato prima che partissi e credevo che questo non fosse un buon segno, anche perché ho cercato di farle capire quanto avrei voluto sentirla più intima e vicina. L’unica risposta che sono stato in grado di darmi è che forse era la distanza a renderla timorosa, e ora che sono tornato potrò dimostrarle che non è una cosa che fa veramente così paura.
Eppure oggi si è presentata in aeroporto, si è stretta contro di me come se cercasse rassicurazioni, ha addirittura pianto per me, perché le sono mancato. E poi quel bacio, così cercato e desiderato, arrivato inaspettatamente, so di essere sulla strada giusta.
Devo smettere di pensare, devo lasciare che ogni cosa faccia il suo corso; se questo mese di distanza
è servito ad entrambi per pensare al nostro futuro questo è il momento migliore per dimostrarlo.
Dopo aver posato le borse in camera la raggiungo in cucina dove mi sta aspettando.
-In realtà non ho molto in casa. L’unica cosa che posso proporti è una pasta al pomodoro. Oppure possiamo ordinare qualcosa, o andare a cena fuori-.
Whitney scuote la testa -Per me va bene, possiamo fare la pasta. Se mi fai vedere dove tieni le cose ti aiuto a prepararla-.
Mezz’ora più tardi sono seduto davanti ad un piatto di pasta all’arrabbiata che può far concorrenza al miglior chef italiano. Trovo che Whitney sia davvero una brava cuoca, questo è un altro punto a suo favore.
-Era tutto buonissimo- dico non appena finiamo di mangiare. Whitney arrossisce, mi piace quando questa è la reazione ai miei complimenti. La osservo, voglio baciarla ancora. Mi alzo e mi siedo vicino a lei, guardandola negli occhi, sono due profonde pozze blu. -Cosa posso fare per ringraziarti?- le domando sentendola fremere al mio fianco.
-Ringraziarmi per cosa?-.
-Per aver cucinato per me e per essere venuta in aeroporto a prendermi-.
-Mi ha fatto piacere, l’ho fatto per stare insieme a te, perché mi mancavi-. Questa sua affermazione mi stupisce.
-Davvero ti mancavo?- chiedo accarezzandole una guancia.
Whitney si piega contro il mio palmo -Te l’ho già detto- risponde abbassando lo sguardo un istante. Si torce le dita un momento, poi aggiunge -In realtà però una cosa che puoi fare ci sarebbe-.
-Dimmi, farò ogni cosa possa renderti contenta-.
-Volevo chiedertelo ancora prima che partissi, ma non ne avevo il coraggio. Mi piacerebbe sentirti suonare-.
La osservo, preso in contropiede -D’accordo- rispondo poco dopo -Seguimi-.

***

Entriamo in una spaziosa stanza bianca dalle luci abbaglianti. La prima cosa che noto è la grossa batteria che troneggia al centro. Per il resto non c’è molto altro; solo un divano di pelle nera contro una parete, alcune chitarre e due scaffali pieni di libri, riviste e vinili.
Shannon si avvicina alla batteria, ci gira intorno e si siede sullo sgabello. Lo osservo, è tremendamente sexy in quella posizione. Mi fa segno di avvicinarmi a lui.
-Ti presento Christine- sussurra quando sono ad un passo da loro.
Sorrido incapace di dire nulla, è davvero bella, molto più di quanto rende in foto o in video. Si vede che Shannon è fatto per starci dietro. Afferra le sue bacchette di legno e colpisce uno dei piatti, il suono che produce mi riverbera dentro, fin nello stomaco. Non lascia passare un secondo in più che le sue braccia iniziano a muoversi freneticamente alla ricerca di piatti e tamburi, sta suonando l’introduzione di
Kings and Queens.
Mi siedo sul divano e lo osservo mentre dedica tutta la sua energia a fare quello che gli viene dannatamente bene, è bellissimo mentre suona e mi fa sentire energica e piena di vita. Ci credo che tutte le ragazze lo adorino, è impossibile resistere al suo fascino. E quando suona è divino.
Ha gli occhi chiusi, è concentrato in quello che fa, sembra un uomo che vive da solo nel suo mondo. Quando alla fine del brano riapre gli occhi noto che sono animati da una nuova luce, qualcosa che ho potuto osservare raramente, una luce che ho sempre desiderato vedergli addosso fin da quando l’ho incontrato la prima volta. Credo che sia proprio questo che mi ha sempre fatto preferire Shannon a suo fratello Jared. Per quanto Jared sia bello e abbia una voce che fa venire i brividi, Shannon è diverso, lui è tenebroso, forte, silenzioso.
-Sei meraviglioso quando suoni- sussurro alzandomi -La tua musica lo è. Mi piace tantissimo-.
Shannon si alza a sua volta -Grazie, Whitney. Sono contento che la pensi così-.
-Puoi suonare qualcosa alla chitarra? E cantare per me?-.
Mi osserva un momento -Non sono io quello che canta nella band-.
Sollevo le spalle -Sono certa che tu lo sappia fare ugualmente-.
-Di solito cerco di non cantare mai in pubblico, sono rare le volte in cui mio fratello mi coinvolge nel farlo, ma oggi farò un’eccezione-.
Afferra una chitarra ed uno sgabello e dopo essersi sistemato inizia ad accordarla. Mi siedo sul tappeto, appoggiando la schiena al divano e lo guardo mentre compie quei gesti con mani sicure, poi attacca con la prima nota e so già che sta per cantare
Closer to the Edge.
A differenza di ciò che lui pensa di se stesso ha una bella voce. Chiudo gli occhi abbandonandomi completamente contro il divano e senza rendermi conto inizio ad accompagnare la canzone anche con la mia voce.
Non sento il movimento al mio fianco, non sento che gli accordi che a poco a poco si smorzano fino a fermarsi completamente, l’unica cosa che sento sono le labbra di Shannon che improvvisamente si appoggiano contro le mie.
Sussultò, la sua bocca mi impedisce qualunque parola, mi lascio andare abbandonandomi al suo bacio e al suo sapore.
Poco dopo Shannon si allontana e io riapro gli occhi. Lo vedo ad un soffio dal mio viso, le sue mani ancora intrecciate tra i miei capelli. Avrei voglia di baciarlo ancora e ancora, per tutta la notte.
Mi sto per riavvicinare alle sue labbra quando lui mi blocca. -Conoscevi tutte le parole- dice e nella sua voce posso percepire un fremito. -Ci hai messo una passione incredibile nel cantare. Tu conoscevi già questa canzone, dimmi la verità- sussurra sulla mia bocca, continuando a tenermi stretta.
Arrossisco violentemente e abbasso lo sguardo sul suo mento, non ce la faccio a mentirgli ancora -Io… ad essere sincera… sì-.
-Mi hai mentito fino ad oggi?-. Il tono con cui pronuncia questa frase mi obbliga ad alzare lo sguardo allarmata.
Scuoto la testa -No, Shannon. Non pensarla così, non ho voluto mentirti. Io volevo solo proteggermi-.
-Proteggerti? Da cosa?- chiede stringendo la presa sul mio corpo.
-Da te- dico mentre la mia voce inizia a tremare.
-Da me? Ti facevo paura?-.
-Sapevo chi eri. E so il modo in cui le ragazze ti giudicano. Avevo paura potessi usarmi- abbasso lo sguardo mentre sento le lacrime arrivare pungenti.
-Mi credi davvero quel tipo di persona?- domanda alzando la voce -Whitney, guardami negli occhi. Mi credi davvero quel tipo di persona?- ripete.
-No- sussurro tornando a sollevare lo sguardo -No, ora so che non sei così. Ma non potevo saperlo prima. Come facevo ad essere sicura di non sbagliarmi? Sono stata coinvolta nella pazzia di venire ad un vostro concerto sei anni fa, da mia sorella. È stato il mio primo concerto in assoluto. Non avevo ancora quindici anni, e tu sei sempre stato il mio sogno, come facevo a non credere a ciò che dicevano le altre ragazze? Avevo bisogno di conoscerti davvero per farmi un’opinione diversa-.
-Conoscermi davvero? Mi conoscevi già-.
Scuoto la testa -Conoscevo quello che i giornali volevano farci credere. Se ti fossi saltata al collo da fan forse non ti sarei mai interessata, e tu non mi avresti raccontato nulla della tua vita e della tua passione ed era ciò che più desideravo. Shannon, non essere arrabbiato-.
-Non sono arrabbiato. Sto solo cercando di capire il tuo punto di vista. E non nego che mi sarebbe piaciuto tu fossi stata sincera fin dall’inizio-.
-Lo sono stata, Shannon. Non ho mai finto di essere qualcun’altra. Mi sei piaciuto dal primo momento, da quando mi hai guardato negli occhi mentre mi porgevi i miei libri. Ma volevo che fossi tu a piacermi, non il sex symbol che sei-.
-È per questo che hai fatto finta non ti interessassi?-.
-Non ho mai fatto finta non mi piacessi. Ti ricordo che fin dalla prima sera sapevi che ero d’accordo a conoscerci meglio, ma non ad affrettare i tempi-.
-Eppure non mi hai mai baciato. Sapevi quanto lo desideravo-.
-Credi che io non lo volessi? Pensi per me sia stato facile non saltarti addosso ogni volta che eravamo insieme? Ho cercato di difendere i miei sentimenti fino al tuo ritorno. Ed è stata la cosa migliore, perché in questo mese passato lontano da te ho capito che sei la persona giusta e che tante cose che raccontano di te sono solo fesserie-.
-Lo pensi davvero?-.
-Certo che lo penso-.
-Vuoi stare con me?-.
-Ci stiamo conoscendo-.
Scuote la testa -Perdono la tua bugia solo se ti metti con me-.
Mi scappa da ridere -Shannon, queste sono cose da quinta elementare, vuoi davvero sentirtelo dire?- chiedo mentre il respiro mi si blocca in gola, sta accadendo davvero, quello che ho sempre pensato sarebbe stato solo un sogno si sta avverando ed è così strano. -Certo che voglio stare con te- sussurro guardando le sue labbra che lentamente si avvicinano alle mie.
La sua mano posata sulla mia nuca mi tira verso di sé, sento il suo respiro sul mio viso e il calore della sua bocca sulle labbra. Chiudo gli occhi piegandomi verso di lui, finalmente è mio. Dopo due mesi che ci conosciamo è ufficiale: sto con Shannon Leto, non posso crederci.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Once upon a dream

 

CAPITOLO 15

24 Dicembre 2015, New York

Mentre mi alzo dal letto mi rendo conto che oggi è la vigilia di Natale. Mi sento un po’ strana, come se mi mancasse qualcosa. So che a farmi questo effetto è l’assenza della mia famiglia. Abbiamo sempre festeggiato insieme, cenando prima di aprire i regali sotto l’albero. Quest’anno non sarà così.
-Cosa ti va di fare oggi?- domanda Shannon mentre ci sediamo al bancone della cucina per fare colazione.
-Potremmo fare il giro per New York che non abbiamo fatto ieri, e fare un po’ di spesa per la cena di stasera- rispondo.
-D’accordo- risponde Shannon. -Mi sembri un po’ triste-.
Scuoto la testa -No, mi sembra solo strano che non ci saranno le nostre famiglie-.
-Se mi avessi detto che volevi festeggiare con loro saremmo partiti dopo Natale-.
-No, Shannon. Va bene così. Sarà comunque un Natale meraviglioso, saremo io e te-.
Shannon sorride -Finisci di mangiare, così andiamo a vedere un po’ di vie illuminate. Cosa ne dici di comprare anche qualche regalo per quando torneremo a casa?-.
Annuisco -Potremmo metterli sotto l’albero, è così vuoto e triste ora-.
Shannon si volta verso la sala per osservarlo -Hai ragione-. Poi si alza e sparisce in camera nostra. Pochi istanti più tardi compare nuovamente con una scatola celeste tra le mani, si avvicina all’albero e la posa sotto di esso. -Così va meglio?- chiede.
-Shannon, questo cos’è?- domando sgranando gli occhi mentre lo raggiungo.
-Il tuo regalo di Natale-.
Non ci posso credere, Shannon mi ha preso qualcosa di Tiffany, qualcosa che sono certa si accompagnerà all’anello che mi ha regalato il mese scorso per il nostro fidanzamento. Dalle dimensioni del pacchetto sono sicura non si tratti di un portachiavi.
-Shannon, tu sei pazzo. Ieri ti ho detto che non volevo niente-.
-Lo so- risponde lui sollevando le spalle mentre torna in cucina. -Te l’avevo già preso la settimana scorsa-.
-Ma come…-.
-Sapevo esattamente cosa volevo regalarti e poi sapevo mi avresti detto che non volevi nulla-.
-D’accordo, ma Tiffany? Mi hai già preso l’anello, gli avrai lasciato un capitale per questo! Shannon, non dovevi-.
-Prima di preoccuparti, devi vedere cos’è! Potrebbe sempre essere un piatto da portata-.
Sollevo lo sguardo oltre il bicchiere di succo d’arancia. Conoscendolo, dubito altamente che la scatola possa contenere un vassoio. -D’accordo. Allora adesso tocca a me- mi alzo e vado in camera. Quando torno pochi istanti più tardi reggo tra le mani una piccola scatola. -Questo è il mio regalo di Natale- sussurro posandolo accanto al suo. La dimensione rispetto l’altro pacchetto è decisamente più modesta, ma so che a Shannon piacerà da morire.
-Cartier?-.
Mi stringo nelle spalle cercando di trattenere un sorriso.
-Posso tirare ad indovinare?-.
-Assolutamente no! Mi conosci troppo bene, sono certa che lo scopriresti subito, e io non sono brava a dire bugie-.
Shannon inarca un sopracciglio con fare spiritoso -Sicura? Mi pare che tu sia stata piuttosto brava tempo fa-.
Arrossisco violentemente -È un discorso passato. Quindi non pensiamoci più. Babbo Natale è arrivato, usciamo e ritorniamo sul discorso a mezzanotte-.
Shannon mi stringe -Whitney, sarà un Natale meraviglioso. Te lo prometto-.
Annuisco -Lo so, Shannon-.
Mentre siamo in camera che ci vestiamo Shannon interrompe i miei pensieri che stanno vagando verso la scatola celeste posata sotto l’albero. -Prima che usciamo devo dirti un’altra cosa-.
-Quando fai così mi spaventi- rispondo allacciando gli stivali.
-Non mi andava farti cucinare stasera, così ho ordinato la cena in un piccolo bistrot qui vicino-.
Mi volto verso di lui -Mi faceva piacere cucinare per te, Shannon-.
-Lo so. Ma volevo viziarti un po’. Fanno da mangiare davvero bene in questo posto, e consegnano a domicilio. Avremo il nostro cenone di Natale in tavola alle otto-.
-Va bene. Cos’hai ordinato?-.
-Lasagne, tortellini, arrosto, pollo, patate e qualcos’altro che non ricordo-.
Lo guardo sconvolta -Shannon, non pensi che sia un po’ esagerato?-.
-Sono certo che dopo le compere di oggi saremo capaci di finire tutto- risponde posandomi un bacio sulla fronte.

Dieci minuti più tardi usciamo di casa per dirigerci, mano nella mano, verso Fifth Avenue, la quinta strada, il cuore pulsante dello shopping newyorkese. Sono esaltata come una bambina. Le vetrine scintillano davanti ai nostri occhi, sono addobbate da luci, palline, pupazzi natalizi. Da ogni negozio escono musiche e caldi profumi.
-Shannon, è tutto meraviglioso- sussurro mentre passiamo davanti a Tiffany. La mia mente corre nuovamente alla scatola posata sotto l’albero, non posso fare a meno di sbirciare la vetrina, chiedendomi cosa potrà mai avermi regalato.
-Cosa ne dici di fare un giro sull’Empire State Building? Possiamo vedere tutta Manhattan-.
-D’accordo- rispondo stringendo la presa sulla sua mano. Non sono mai stata sull’Empire, ma Shannon l’ha sempre descritta come un’esperienza meravigliosa.
Così quando arriva mezzogiorno ho già un sacco di foto nel telefono e molte cose da raccontare.
Siamo saliti fino all’ottantaseiesimo piano, sulla terrazza che ci ha permesso una visione a trecentosessanta gradi della città di New York. Non contenti abbiamo preso l’altro ascensore per arrivare al centoduesimo piano, dove si trova l’osservatorio, una terrazza completamente chiusa da pannelli di vetro.
Dopo di che, abbiamo proseguito lungo la quinta strada incontrando la Cattedrale di San Patrizio, un’enorme costruzione in stile neogotico. Dopo averla visitata siamo giunti all’ultima meta della nostra mattinata, Rockefeller Centre.
Sto osservando la grande pista da pattinaggio che brilla luminosa sotto il grande albero di Natale. Sono stretta a Shannon.
-Ti va di fare un giro sui pattini?- mi domanda.
Guardo la gente che si muove sicura su di essi. -Non so. Non ci sono mai andata-.
-Penso non sia molto diverso dai pattini a rotelle-.
-Non credi sarebbe il caso di mangiare qualcosa prima?-.
Shannon lancia un’occhiata all’orologio. -È già mezzogiorno. Potremmo mangiare e proseguire con i nostri giri, dobbiamo ancora acquistare tutti i regali-.
Annuisco -Rimandiamo l’avventura con i pattini ad un altro giorno-.
Shannon mi stringe in vita sorridendo e mi conduce verso un piccolo ristorante che si affaccia sulla piazza.
-Cosa ne dici di mangiare qui? È un locale italiano, ci sono stato poche volte, ma i piatti che fanno sono fenomenali-.
-D’accordo- rispondo seguendolo verso l’interno del ristorante Luigi’s.

***

-Non ho mai mangiato così bene- dico quando un’ora più tardi stiamo uscendo dal locale. Mi sento pieno come un pallone. Abbiamo ordinato antipasto all’italiana, con salumi e formaggi, primo composto da risotto alla milanese e lasagne, secondo formato da bracciola di maiale con contorno di patate al forno e verdure bollite. Credo sia il primo ristorante italiano all’estero che mi soddisfa così tanto.
-Non so chi mangerà tutta la roba che hai ordinato questa sera-.
Sorrido -Se dovessimo avanzare qualcosa risolviamo il problema del pranzo di domani. Altrimenti andremo al ristorante-.
Whitney mi stringe contro il suo fianco, credo stia pensando alla sua famiglia. Non voglio che sia triste per questo motivo, non quando mi sembrava così convinta di voler venire via con me in questi giorni.
Mi fermo, tirandola verso di me, le sollevo il viso e guardo i suoi occhi blu che riflettono le luci di New York. -Sei bellissima- sussurro sulla sua bocca. Arrossisce e sposta lo sguardo verso il basso, ne approfitto per chinarmi sulla sua bocca e baciarla.
-Facciamo un giro a Central Park?- domanda poco dopo quando ci incamminiamo nuovamente lungo la via.
-Sì, poi possiamo tornare indietro e finire gli ultimi acquisti-.
Intanto ha ripreso a nevicare e le vie sono sempre più affollate. Ci facciamo strada lungo il marciapiede, quando Whitney improvvisamente si blocca.
Mi fermo, tornando indietro verso di lei. Sta guardando verso l’alto e sul viso ha un’espressione colma di meraviglia. Sembra una bambina che ha appena aperto il più bel regalo di Natale della sua vita.
Seguo il suo sguardo fino a trovarmi davanti un maestoso palazzo bianco alto venti piani.
-Il Plaza- la sento sussurrare accanto a me. Molla la presa dalla mia mano fino ad avvicinarsi ai cancelli del palazzo. -Shannon- mi chiama incapace di staccare gli occhi dalle finestre della facciata.
Mi avvicino a lei -Cosa c’è?-.
-Noi… potremmo sposarci qui-.
La osservo, penso mi stia prendendo in giro, ma dalla sua espressione capisco che questo non è uno scherzo. -Whitney, è una cosa impossibile-.
-Ma guardalo, è così bello-.
-Whitney siamo a New York, abbiamo duecentosettanta invitati a Los Angeles-.
Torna a puntare i suoi occhi nei miei -Possiamo entrare a visitarlo?-.
Ho grandi dubbi sul fatto che abbia ascoltato le mie parole. -Solo visitarlo?-.
Ma Whitney mi ha già preceduto oltre i cancelli e sta varcando i portoni in vetro.
L’atrio è di marmo scintillante e i grossi lampadari di cristallo illuminano la sala. Whitney si sta dirigendo verso il banco della reception e so che per quanto potrò camminare veloce non riuscirò a raggiungerla in tempo.
-Buongiorno- la sento sussurrare alla ragazza dietro il banco. -Ecco noi…- si volta verso di me arrossendo e aspettando che mi metta al suo fianco. -Ci sposiamo fra sei mesi e staremmo cercando una sala dove poter fare la cerimonia e la festa-.
La ragazza mi osserva e per un istante, dalla faccia che fa, credo le stia per venire un attacco di cuore. -Non ci posso credere! Shannon Leto al Plaza. Io sono Marge- dice porgendomi una mano. Esce da dietro il banco fino a portarsi al mio fianco, è davvero minuta, anche se indossa alte scarpe con il tacco. -Tutto questo sarebbe vietato dal protocollo, ma sono una vostra grande fan. Possiamo fare una foto insieme?-.
Cerco di reprimere un sorriso, soprattutto davanti alla faccia di Whitney che è stata brutalmente ignorata.
-Ma certo- rispondo afferrando il telefono che la ragazza mi porge. Mi volto verso la mia compagna -Puoi farci una foto? Ti prometto che poi avrai la tua visita guidata- aggiungo in un sussurro facendole l’occhiolino.
Whitney afferra ciò che le sto porgendo con uno sbuffo. -Avvicinatevi- borbotta cercando di contenere l’irritazione. Dopo aver scattato un paio di foto porge il telefono alla ragazza.
-Grazie, Shannon. Questo è un bellissimo regalo di Natale- replica la ragazza riprendendo la sua posizione dietro al bancone. -Allora, tornando a noi. Quando vi sposate?-.
-Il ventisette giugno- esclama Whitney sbattendo la mano sul piano di marmo rosa, mettendo l’anello in bella mostra. La ragazza sussulta e non può fare a meno di lanciare uno sguardo alle sue dita laccate di rosso che brillano insistenti.
-Non ne sapevo nulla. Non avete annunciato questa cosa-.
-No- rispondo precedendo Whitney -Vogliamo che sia una cosa segreta, sai per i giornali-.
Lei annuisce, poi estrae un grosso librone da sotto il banco. Inizia a consultarlo. -Credo potrei trovarvi un posto per quel giorno. Posso farvi vedere le sale disponibili-.
-Noi volevamo solo dare un’occhiata in giro. Non siamo ancora certi del posto in cui vogliamo sposarci, veniamo da Los Angeles-.
-D’accordo, allora vi mostrerò il palazzo, poi potrete decidere con calma. Non troppa- aggiunge ridacchiando -Qui le sale vanno praticamente a ruba-.
Dopo aver chiamato un suo collega per sostituirla alla reception la seguiamo lungo un corridoio.
Devo dare atto a Whitney, questo posto è davvero fantastico. Le sale dei ricevimenti sono meravigliose, una è ancora addobbata per un matrimonio avvenuto la mattina. Non fatico ad immaginarmi qui con lei, mentre ci sposiamo.
-Abbiamo delle Wedding Planner fantastiche- spiega -Se deciderete di sposarvi qui potrete scegliere da chi farvi seguire e lei penserà a tutto il resto. Visto che abitate così lontani sarebbe la soluzione migliore per voi-.
Whitney annuisce mentre si guarda intorno -Potremmo lavorare via Skype- propone.
-Mi sembra un’idea fantastica- prosegue Marge, -Inoltre può essere richiesto qualunque tema e noi provvederemo a realizzarlo-.
-Pensavo non volessi una Wedding Planner- sussurro al suo orecchio mentre torniamo nell’atrio.
Whitney si volta verso di me -Non avevo nemmeno preso in considerazione l’idea di sposarci a New York-.
-Infatti non è ancora detto che si possa- replico.
-Come?-.
-Whitney, cerca di ragionare…-.
-In questa busta troverete tutte le informazioni- ci interrompe Marge. -Prezzi, orari e contatti telefonici-. Prende una pinzatrice e ferma il suo bigliettino da visita sul fronte. -E qui ci sono i miei recapiti. Per qualunque informazione resto al vostro servizio-.
-Grazie- dico afferrando la busta che ci sta porgendo. -Le daremo un’occhiata e cercheremo di prendere al più presto una decisione-.
-Un’ultima cosa- la osservo in attesa -Potresti farmi un autografo?- chiede spingendo verso di me una piccola agenda azzurra.

Quando lasciamo il Plaza Whitney sembra piuttosto irritata.
-Possibile che in ogni posto in cui andiamo le ragazze debbano sempre sbavarti addosso?- chiede acida.
Cerco di prenderle la mano, ma lei la ritrae con un brusco movimento, mettendola nella tasca della giacca.
-Non posso farci nulla se la gente mi conosce- sbotto.
-Puoi evitare di fare gli occhi dolci a tutte le ragazze che ti chiedono una foto-.
-Occhi dolci? Whitney, ma che diavolo stai dicendo? Ho solo cercato di essere gentile con quella ragazza. Così tu hai potuto visitare l’albergo come desideravi-.
Sbuffa -Certo, come no-.
Mi blocco in mezzo al marciapiede -In ogni caso hai iniziato tu. Se non fossi entrata al Plaza nessuna ragazza mi avrebbe domandato l’autografo. Pensavo fossimo d’accordo di decidere insieme dove svolgere la cerimonia-.
-Ma è il Plaza- sussurra stringendo le labbra.
-Siamo a New York-.
-E allora?-.
-Whitney, ti prego ragiona. Come possiamo portare qui più di duecento persone? Dovremo affittare l’intero hotel-.
-Justin Timberlake si è sposato in Italia, sarà stato un viaggio ben peggiore che Los Angeles-New York!-.
-Sì, ma ti ricordo che al loro matrimonio gli invitati non arrivavano a cento-.
-D’accordo, eliminiamo nomi dalla lista- esclama concitata.
-Whitney, cerca di essere ragionevole. Vuoi un matrimonio in pompa magna o vuoi ricordarlo come il giorno più bello della tua vita, insieme alla tua famiglia e ai tuoi amici?-.
-È il Plaza. È meraviglioso. Hai visto anche tu, tutte le luci e i colori, non ti ci vedresti bene?-.
-Certo che mi ci vedrei. Ti ho immaginato dentro la sala, mentre avanzi verso di me, ma è una cosa impossibile da realizzare-. La osservo mentre stringe le labbra. -Whitney, non voglio litigare con te la vigilia di Natale. Facciamo così, quando domani ci sentiremo con le nostre famiglie per gli auguri, proveremo a parlarne anche a loro. Jared saprà consigliarci sicuramente-.
Annuisce lentamente -Va bene. Mi sembra un buon compromesso-.
-Allora adesso torniamo verso casa. Finiamo gli ultimi acquisti e ci prepariamo per la cena-.
Riesco a riprendere la sua mano e lentamente torniamo a casa.

***

Usciamo dall’ascensore del palazzo che sono quasi le sette. Siamo carichi di pacchetti  e borse da depositare sotto l’albero. Sono sicura che assumerà un aspetto più felice.
Non abbiamo più nominato l’argomento Plaza, ma ha martellato insistente nella mia mente e non ho potuto fare nulla per scacciarlo. So che sarebbe una scelta difficile, ma per il momento è stato l’unico posto che mi sia piaciuto veramente e in più è libero per il nostro giorno. Devo convincere Shannon.
Abbiamo quasi raggiunto il nostro appartamento quando la porta difronte ad esso si apre, lasciando uscire una donna mora, molto formosa che tiene per mano un bambino.
-Shannon!- esclama sorpresa non appena incrocia il suo sguardo -Non sapevo fossi a New York-.
-Megan, ciao. Siamo arrivati l’altra sera, festeggiamo qui il Natale- risponde Shannon. Faccio uno sforzo enorme per cercare di non mostrare la mia irritazione. -Lei è Whitney- dice poco dopo ricordando improvvisamente le buone maniere. -La mia compagna. Ci sposiamo a giugno-.
-Davvero? Congratulazioni- dice rivolta a me.
-Grazie- rispondo serafica.
-Non pensavo fossi il tipo che crede in queste cose-.
Cerco di trattenermi.
-Già. Finché non l’ho incontrata-.
Cerco di fingermi soddisfatta dalla sua risposta.
-Lui è Joshua. Ha sei anni-. Dice rivolgendosi al bambino che si nasconde timido dietro le sue lunghe gambe.
-Non sapevo avessi un figlio-.
-Già. Bè, è passato molto tempo da quando uscivamo insieme-.
Lancio uno sguardo verso Shannon, sperando che sappia di essere nei guai.
-Ragazzi, è stato un piacere incontrarvi- ci interrompe -Ora devo scappare, questa sera tocca a suo padre tenerlo. Passate un buon Natale- dice e si allontana lungo il corridoio.
Vado verso la nostra porta -Io faccio una doccia- esclamo mollando le borse sul pavimento e dirigendomi verso la camera.
Shannon mi segue. -Va tutto bene?-.
-Certo- rispondo continuando a dargli le spalle e cercando la mia biancheria nel cassetto.
Lo vedo dallo specchio sopra la cassettiera, si è seduto il letto portandosi una mano a coprirsi il viso.
-Forse prima o poi scoprirò quante donne hai avuto nella tua vita-.
-È stata una storia molto breve, te lo assicuro-.
-In ogni caso c’è stata-.
-È stato prima di conoscerci-.
Sbuffo ironica -Certo, per te ogni scusa era buona per portarti a letto una donna diversa ogni sera. Cos’era, quella che ti facevi quando eri in vacanza a New York? E ancora ti domandi perché ho aspettato due mesi per baciarti? Conoscendoti è stato anche troppo poco-.
-Whitney, ma come ti viene in mente di dire una cosa del genere? Non sono mai stato quel tipo di uomo. Ho avuto delle donne, forse tante, ma non me ne sono mai approfittato-.
Mi volto guardandolo -A volte proprio non ce la faccio-.
-A far cosa?- domanda alzandosi.
-A rendermi conto che tu sei bellissimo e che devo condividerti con il mondo-.
Shannon scuote la testa -Non mi devi condividere proprio con nessuno- sussurra prendendomi le mani. -Io sono tuo- solleva il mio anulare sinistro davanti ai miei occhi -E questo deve ricordartelo ogni giorno. Ho scelto di sposare te, ed è un impegno che voglio portare avanti tutta la vita-.
Abbasso lo sguardo -Lo so. Mi dispiace-.
-Non importa. È un periodo un po’ difficile, il matrimonio sta influendo su entrambi. Non volevo discutere con te prima, quando eravamo per strada-.
-Non fa niente. Avevamo stabilito di non parlarne più-.
-Non voglio che tu sia triste oggi-.
-Shannon, sto bene. Siamo insieme ed è questo l’importante. Ora mi farò una doccia e poi ceneremo e sarà tutto perfetto, come al solito-.
Afferra l’intimo di pizzo nero che ho appoggiato sulla cassettiera -Questo non va bene oggi-. Apre il mio cassetto ed estrae biancheria di seta rossa. -Dovresti mettere questo-.
Gli sorrido, sa che trovo tremendamente eccitante quando è lui a decidere l’intimo che devo indossare.

Mezz’ora dopo, quando esco dal bagno mi sento più rilassata. Entro in salone, lo stereo sta diffondendo musiche natalizie, ma Shannon non è da nessuna parte.
-Dove sei?- chiamo entrando in cucina.
Si aprono le porte scorrevoli della sala da pranzo. -Sto preparando il tavolo per la cena- risponde uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
-Posso aiutarti- replico cercando di capire cosa stia succedendo.
-In realtà… no- risponde lui. -Ti sto preparando una sorpresa-.
-Una sorpresa?-.
-Sì, sai… tipo quando ti ho chiesto di sposarmi-.
La mia bocca forma una piccola “O” di stupore. -Va bene. Allora vado in camera a leggere-.
-Io invece vado a lavarmi. Posso fidarmi di te?-.
-Cosa vuoi dire?-.
-Non sbircerai in sala mentre non ci sono?-.
-Shannon, mi hai preso per una bambina?-.
-Volevo solo assicurarmene-.
-In ogni caso, se fossi quel tipo di persona, sarebbe come dirmi non premere il pulsante rosso-.
Shannon ridacchia mentre rientriamo entrambi in camera.
Dieci minuti più tardi mentre sono sdraiata a letto suona il campanello dell’ingresso.
-Vado io. Dev’essere la cena- dice Shannon comparendo sulla porta del bagno con indosso solo un asciugamano bianco attorno ai fianchi.
Sollevo un sopracciglio -Dove penseresti di andare in quelle condizioni?- chiedo saltando in piedi. -Vado io alla porta-.
-No, Whitney. Vado io- dice cercando un paio di pantaloni e una maglia.
Sbuffo -Uffa. Ma cosa c’è di così segreto in questa cena?-.
-Voglio che tutto sia perfetto-.
Sollevo lo sguardo buttandomi nuovamente sul letto.
Poco dopo sento Shannon chiudere la porta. Torna in camera.
-È tutto pronto- esclama contento.
-Bene, possiamo cenare?-.
-No- dice tornando in bagno per finire di prepararsi. -Dovrebbe arrivare lo champagne tra poco-.
Mugolo una risposta incomprensibile e torno a leggere.
Non passano neanche cinque minuti che il campanello suona un’altra volta.
-Posso andare io?- ringhio verso il bagno.
-D’accordo, tanto è solo vino-.
-Sicuro che non sia qualche bottiglia di Champagne che deve restare segreta fino a mezzanotte?- domando mentre infilo le ciabatte.
-No, puoi aprire tu-.
Mentre mi dirigo verso l’ingresso il campanello suona ancora.
-Arrivo!- esclamo, poi apro la porta.
Aperta la porta mi sento come se fossi improvvisamente piombata su un altro pianeta, Marte, forse. Jared è davanti a me e tiene fra le mani una bottiglia di Bollinger Grand Année. Dietro di lui ci sono Costance, i miei genitori e Mary.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Once upon a dream

 

CAPITOLO 16

24 Dicembre 2015, New York


-Buon Natale- esclama Jared porgendomi la bottiglia.
Il cuore inizia a palpitarmi veloce nel petto, non riesco a dire nulla. Sento solo la mano di Shannon afferrarmi la spalla.
-Ben arrivati- esclama invitandomi a lasciare spazio davanti alla porta.
-Sorellina, ti vedo un po’ sorpresa- esclama Mary entrando nell’appartamento. -Questo posto è davvero una figata-. Dice guardandosi intorno mentre si dirige verso l’albero di Natale, carica di pacchetti.
-Cosa ci fate qui?-. So che non suona molto invitante ma è l’unica cosa che sono in grado di dire.
Jared inizia a ridere -Pensavi che Shannon ti avrebbe tenuta tutta per sé, stasera? Non glielo avremmo mai permesso-.
-Io… sono davvero felice- sussurro. Shannon ha fatto tutto questo per me, per vedermi contenta. Perché sapeva quanto ci tenevo a festeggiare con le nostre famiglie. -Grazie per essere tutti qui-. Li saluto abbracciandoli, poi faccio strada verso il soggiorno. -Posso aprire la porta ora?- domando a Shannon, il quale annuisce.
Ed ecco il motivo per cui non voleva che entrassi in sala da pranzo, è apparecchiata per sette persone. È stato davvero bravo a preparare tutto questo.
Dopo che tutti si sono accomodati seguo Shannon in cucina. -Ti aiuto a portare fuori la cena- dico.
-Dovrebbe essere tutto ancora caldo- dice iniziando a scartare i pacchetti di alluminio che ci sono stati consegnati e mettendo il contenuto su vassoi da portata.
Mi avvicino a lui, portandomi alle sue spalle, lo cingo da dietro. -Grazie- sussurro al suo orecchio.
-Per cosa?-.
-Per aver fatto tutto questo-.
-È stata dura far finta di niente. Ma credo che la sorpresa sia riuscita-.
-Non ho sospettato nulla-.
Sorride voltandosi verso di me e abbracciandomi. -Sapevo che ci tenevi a questa cosa. Ho iniziato a pensarla ancora il giorno che ti ho proposto di festeggiare a New York. Speravo accettassi-.
-E ovviamente Jared è stato tuo complice-.
-Anche Mary. Loro erano più che d’accordo ad andare in vacanza per Natale-. Mi osserva un secondo. -Tutto questo per dimostrarti che sei l’unica donna di cui mi importa al mondo. Non avrei mai fatto una cosa del genere per le altre-.
-Lo so. Mi dispiace per oggi. Ogni tanto mi sento davvero stupida a comportarmi così-.
-Non devi preoccuparti, io ti sono fedele sempre-.

25 Dicembre 2014, New York

La cena è stata favolosa, e non era solo il cibo ad essere ottimo, ma tutta l’atmosfera. Stiamo chiacchierando davanti ad un bicchiere di Champagne, quando l’orologio sul camino segna la mezzanotte.
Shannon si alza in piedi. -Buon Natale a tutti-.
Uno alla volta ci alziamo per stringerci le mani e abbracciarci scambiandoci gli auguri. Shannon mi stringe a se, cullandomi tra le sue braccia e io inspiro il suo odore meraviglioso.
-Buon Natale, amore- sussurro sulla sua bocca mentre lo bacio.
Ed ecco che finalmente arriva il momento che tutti stavano aspettando. Ci dirigiamo verso l’albero che brilla luminoso al centro del salotto, possiamo aprire i regali. Shannon mi tiene per mano mentre Jared e Mary iniziano a distribuire i loro pacchetti.
C’è un mucchio di carta colorata per terra. Ho messo dei nastri dorati tra i capelli di Shannon e lui ha contraccambiato appiccicandomi sulla fronte i fiocchi dei pacchetti. Ognuno ha aperto i suoi regali soddisfatto, ora mancano solo le nostre due scatole e tutti le stanno osservando con trepidazione.
Mi avvicino all’albero e afferro la scatola con scritto Cartier, la porgo a Shannon.
Lui la afferra, poi la osserva come se la stesse soppesando.

***

Il regalo si Whitney è un orologio d’oro che rappresenta esattamente i miei gusti. È grosso, pesante e luminoso, proprio come piace a me. Lo estraggo dalla scatola per voltarlo, sul retro della cassa c’è un’incisione, la data di oggi ed una frase “In ogni secondo, solo io e te”. Lo provo subito, è perfetto. Tutti lo stanno osservando ammirati mentre Whitney sorride. Poi accanto all’alloggiamento dell’orologio vedo due gioielli più piccoli. Sono gemelli, anch’essi d’oro. Il centro è piatto, mentre il bordo è intrecciato. Su uno c’è incisa una “W” e sull’altro una “S”. Prendendone uno tra le mani mi accorgo che la forma ricorda i tamburi della mia batteria.
-Ho pensato che ti potrebbero servire il ventisette giugno- spiega Whitney interrompendo il silenzio.
-Sono bellissimi- rispondo sollevando lo sguardo verso di lei -Grazie-. Mi avvicino per baciarla, poi tocca a me darle il suo regalo e mentre le porgo la scatola celeste mi sento davvero emozionato.
La osservo mentre seduta sul divano inizia a sciogliere il nastro bianco che circonda la scatola. È seria mentre solleva il coperchio, ma poco dopo un’impagabile espressione di stupore e meraviglia si dipinge sul suo volto.

***

Porto una mano alla bocca e sgrano gli occhi. Quello che la scatola contiene è ciò che di più lontano può esistere da un vassoio da portata.
È una parure di gioielli che brilla intensamente sotto le luci della sala.
Una collana in oro bianco, che termina con un fiore a quattro punte formato da grossi diamanti tagliati a goccia; orecchini pendenti, formati da una fascetta di cinque diamanti tondi terminante con un fiore che riprende la forma di quello sulla collana e sotto ad esso una perla sfolgorante; e per finire un bracciale rigido, che alterna perle a diamanti.
Sollevo lo sguardo verso Shannon che si trova difronte a me. -Tu sei pazzo- dico in un sussurro, cercando di nascondere il contenuto agli occhi degli altri.
Sorride e si alza venendo verso di me. -Non ti piace?- chiede sedendosi al mio fianco.
-Non ho mai visto nulla di così bello-.
-E allora perché ti vedo così sconvolta, avresti preferito un piatto in argento?-.
-No. Questo è perfetto. Grazie, è stupendo- dico avvicinandomi a lui. Lo guardo un istante negli occhi e poi gli poso un casto bacio sulla bocca.
Tutti allungano il collo in direzione della scatola, così imbarazzata la passo nelle mani di mia mamma che se la rigira un momento prima di cederla a qualcun altro.
Shannon osserva quel passamano con aria soddisfatta. Sono tutti meravigliati vedendone il contenuto. Tutti tranne me, se avessi saputo cosa conteneva avrei fatto in modo di restare da sola mentre l’aprivo.
Quando finalmente torna tra le mie mani domando a Shannon di poterla mettere in un posto sicuro e lui la prende, insieme ai suoi gioielli Cartier e si dirige in camera nostra.
-Cosa ne dite di un’altra fetta di panettone?- chiedo io per alleggerire la tensione che sento addosso.
-L’ultima. Poi andiamo tutti a dormire- esclama mio papà.
Vado a prendere il dolce mentre Shannon ritorna in salone. Non riesco ad incrociare il suo sguardo, mi siedo accanto a lui e non dico più nulla.

I miei genitori e Mary si fermeranno qui nel nostro appartamento, mentre Constance starà da Jared, nel suo loft, all’ultimo piano di un palazzo che si trova poco distante dal nostro.
Ci salutiamo sulla porta, dandoci appuntamento a mezzogiorno nel ristorante in cui pranzeremo. Jared riesce a farsi scappare che in mattinata arriveranno anche Tomo, Vicky ed Emma.
Dopo aver dato la buonanotte ai miei genitori mi dirigo in camera, dove Shannon mi sta aspettando. È seduto sul letto, indossa solo la camicia nera che aveva stasera, i jeans sono appoggiati ad una poltrona.
-Va tutto bene?- domanda non appena mi chiudo la porta alle spalle.
-È già la seconda volta che me lo domandi oggi-.
-Sei stata molto silenziosa dopo che hai aperto il mio regalo-.
-Sono solo stanca-.
-Non è vero. Non ti è piaciuto?-.
-Shannon, è bellissimo, te lo già detto. Solo che…- non so come continuare e non voglio ferire i suoi sentimenti. So che l’ha fatto per rendermi felice. -Sono perle e diamanti, e sono di Tiffany-. Ribadisco ancora questo concetto.
-E allora?-.
-Forse è un po’ troppo-.
-Un po’ troppo?- domanda, lo vedo scaldarsi. -Whitney, per te nulla è troppo. Se lo fosse stato, stanotte non si sarebbe trovato sotto l’albero. Se ti piace sono contento e spero di vedertelo addosso il giorno in cui ci sposeremo, altrimenti passate le feste andremo insieme a cambiarlo con ciò che preferisci-.
Scuoto la testa -Shannon, è stupendo. Non lo cambierei con nulla. E poi l’hai scelto tu, significa che è questo che vuoi vedermi addosso quel giorno-.
-Perché non l’hai provato?-.
-Shannon, ti stai creando un enorme castello in aria, sei peggio di una donna. Non l’ho voluto provare perché mi sono sentita in imbarazzo-.
-In imbarazzo? Temo di non seguirti-.
-Shannon, devi aver speso un patrimonio per quei gioielli. Ti ho detto mille volte che non mi è mai interessato nulla dei tuoi soldi, ma una cosa del genere ostenta il fatto che possiedi una certa ricchezza-.
-L’ho fatto perché mi faceva piacere regalarti una cosa così. Mentre il vestito lo indosserai solo quel giorno, questi gioielli potrai metterli sempre, cene di gala, red carpet, ogni volta che si presenterà l’occasione. Ti ricorderanno il nostro momento-.
-Lo so, Shannon. Sono certa che tu l’abbia fatto con le migliori intenzioni. Ma mentre Jared e tua mamma sono abituati a questa cosa, perché vivono il tuo stesso lusso, per la mia famiglia è diverso-.
-Whitney, i tuoi genitori sono avvocati e mi pare che non se la passino male-.
-Certo, è vero, ma non è di loro che mi preoccupo in questo momento, per loro è stato un bellissimo gesto nei miei confronti. È per Mary che mi dispiace, lei non ha nessuno che la vizia così-.
-Amore, io sono certo che Mary sia felice per te. Prima o poi anche lei troverà qualcuno con cui condividere tutto questo-.
Inarco un sopracciglio -Un uomo bellissimo e famoso? Pieno di soldi? Che le farà girare il mondo e la riempirà di regali?-.
-Nella vita può succedere, a te è capitato. Prima di conoscermi eri una ragazza normale che inseguiva un sogno-.
Muovo lentamente la testa -Forse hai ragione, forse sono io che mi creo problemi inutili. È la mia famiglia ed è felice per me. Altrimenti ora non sarebbe qui a festeggiare il Natale con noi-.
Shannon si avvicina e mi stringe in un abbraccio -Va tutto bene, Whitney. Tu sei una ragazza fantastica e non hai mai deluso le aspettative di nessuno. Hai studiato fino ad arrivare dove volevi, hai il tuo lavoro nonostante sai che posso permettermi di mantenerti a casa. Sei caparbia, tenace, indipendente; sono tutte qualità che la gente vede e apprezza. Se quello esagerato sono io tu non puoi farci nulla, e se faccio tutto questo è perché sei l’unica donna che è stata capace di darmi quello che cerco e voglio condividere con te tutto ciò che ho, perché lo meriti. Meriti questo e molto di più. Devi farci l’abitudine, perché ci stiamo per sposare-.
Ci guardiamo un lungo istante negli occhi -Nessun uomo mi ha mai detto certe cose-.
-Spero non sia un male-.
Scuoto la testa -Sei l’unico che abbia mai amato così tanto-.
Mi bacia con passione, poi si allontana di qualche passo, dirigendosi verso l’armadio -Pensi che ora ci sia abbastanza intimità per potertelo vedere addosso?- chiede.
Sorrido con malizia -Prendi la scatola- sussurro.
Shannon l’appoggia sulla cassettiera, di fronte allo specchio. Mi avvicino a lui che inizia a slegare i bottoni sul retro del mio vestito facendolo scivolare via e lasciandomi solo con l’intimo addosso. Apre la scatola e i diamanti iniziano a brillare alla tiepida luce della abat-jour.
-Non sai quanto mi ecciti vestita di rosso- sussurra mentre lega il bracciale al polso. Visto da questa prospettiva è ancora più bello. Delicatamente mi punta gli orecchini, e per finire prende in mano la collana.
Sposta i capelli sulla mia spalla e fa passare il pendente davanti al mio collo, lo sento ricadere leggero sullo sterno.
-Sei meravigliosa- sussurra al mio orecchio -Non sai quanto mi piacerebbe poter compiere questi gesti anche la mattina del nostro matrimonio-.
Gli sorrido dallo specchio.
Con estrema calma mi volta verso di lui, prende il mio viso tra le mani e si avvicina alla mia bocca.

***

-Ti amo da morire- sussurro mentre i miei occhi si perdono nei suoi.
Trovo tremendo quando si crea le sue paranoie. Deve capire che amo solo lei e che è la mia luce ogni giorno. Non potrei mai neanche sognare di guardare un’altra donna con gli stessi occhi che riservo a lei, eppure non riesce a comprenderlo.
So di essere stato esagerato con il regalo che le ho fatto stanotte. Un semplice pendente l’avrebbe fatta ugualmente contenta, eppure desideravo che si sentisse speciale, bella e splendida come la vedo io.
Osservo lo specchio riflettere la sua immagine ancora per un istante, poi la tiro verso di me, la faccio distendere sul letto e mi arrampico sul suo corpo. Inizio baciandole i lobi delle orecchie, per scendere lungo il collo, fino all’incavo della spalla.
Il suo respiro inizia a variare, si fa più profondo e veloce. Scendo lungo lo sterno, baciando lentamente la pelle sopra i suoi seni appena liberati dal reggiseno che ora li sostiene da sotto rendendoli ancora più alti. Il suo corpo preme contro il mio, mi vuole. Le sue mani si fanno strada sulla camicia, inizia a sciogliere tutti i bottoni, uno dopo l’altro, finche non riesce a trovare la pelle nuda del mio petto. Le sue mani sono fresche, rabbrividisco al contatto con esse, ma è una sensazione piacevole. Sorrido mentre la mia bocca stuzzica uno dei suoi capezzoli.
Le sue mani risalgono lungo la mia schiena, fino ad arrivare tra i capelli, intreccia le sue dita con essi, la sua bocca sta disegnando piccoli cerchi sul mio collo e i suoi denti mordono la mia pelle; ogni volta è un brivido di piacere.
Infilo i pollici nell’elastico del suo perizoma e lentamente lo faccio scivolare via. Scendo con la bocca lungo il profilo della sua gamba, baciandola e mordendola, mentre le sue mani continuano a pizzicarmi i capelli.
Con estrema calma risalgo l’altra gamba e sempre piano arrivo alla sua pancia, al suo seno e nuovamente alla sua bocca. La bacio mentre le mie dita la esplorano con piccoli movimenti circolari. È pronta e aspetta solo me.
Con un rapido gesto tolgo i boxer e mi sistemo in mezzo lei, tenendomi sollevato sulle mani per poterla guardare negli occhi.
-Sono tuo- sussurro mentre dolcemente entro dentro di lei. -Sono solo tuo e non devi dubitarlo mai-.
In risposta Whitney mi stringe più forte con le braccia e con le gambe, cercando di raggiungere la mia bocca. Si fa strada dentro essa e credo questa sia la sua dimostrazione della paura che ha di perdermi.
Questo pensiero non deve neanche passarle per la testa, ormai sono disposto a tutto pur di farglielo capire.
Quando la sento spingere più forte contro di me so che il suo orgasmo sta per arrivare. Mi stacco dalla sua bocca proprio mentre butta la testa all’indietro e ansima il mio nome. Stringo più forte le mie braccia attorno al suo corpo e vengo insieme a lei.

***

Quando la mattina mi sveglio Shannon non è a letto. Mi guardo intorno, l’orologio segna le otto e mezza. Mi corico nuovamente e guardo la finestra che si intravede attraverso le tende spostate. Fuori sta nevicando.
Un rumore mi fa voltare, la porta della camera si sta aprendo ed ecco entrare Shannon, regge tra le mani il vassoio della colazione e in testa ha il cappellino rosso di Babbo Natale. Solo quando si avvicina al letto posso notare che addosso ha solo un paio di boxer neri. Non dico nulla e sto al suo gioco.
-Buon Natale- dice posando il vassoio sul comodino.
-Pensavo Babbo Natale fosse passato questa notte. Hai qualche altro regalo per me?- domando lanciando un’occhiata alla sua erezione che si intravede attraverso la stoffa.
-Forse, se hai fatto la brava- risponde salendo sul letto.
Sorrido allungando una mano verso i suoi boxer -Posso scartare il pacchetto?-.
-Forse dovresti prima fare colazione. Potrebbe sempre trattarsi di carbone e farti perdere l’appetito-.
-Se invece fossero caramelle vorrei assaggiarle. Correrò il rischio-.
Shannon si lancia sulla mia bocca, afferra i miei fianchi e mi solleva di peso rovesciandomi, finche non invertiamo le nostre posizioni, io sono sopra di lui e posso comandare il gioco.
-La colazione può decisamente aspettare- ringhia sulle mie labbra mentre mi bacia.

Un’ora dopo quando lasciamo la camera da letto troviamo Mary seduta al tavolo della cucina che sfoglia un giornale. Dalla faccia che ha deve essersi svegliata da poco.
-Buongiorno- dico iniziando a lavare le ciotole della colazione. -Dove sono mamma e papà?-.
-Sono usciti. Volevano fare un giro per New York prima di pranzo- spiega guardandosi intorno. -Ragazzi, questa casa è davvero bella-.
-Grazie- rispondo con un timido sorriso. Forse non dovrei sentirmi poi così in imbarazzo, Mary è davvero sincera e felice per me e forse non fa caso a tutte queste cose, sono solo io che mi creo inutili paranoie. -Cosa ne dici se andiamo anche noi a fare un giro?- le domando d’impulso.
-Mi cambio subito- risponde contenta.
Raggiungo Shannon in camera nostra. -Io e Mary volevamo fare un giro. Ti va di venire con noi?-.
Shannon mi lancia un’occhiata -Forse dovreste andare voi due da sole-.
Sorrido, ha capito quello che pensavo. -Grazie. Ci vediamo più tardi-.
Indosso il cappotto e torno nel salone, Mary è pronta e mi sta già aspettando. -Shannon non viene?- chiede.
-No, ha detto che ha delle cose da sistemare qui a casa-.
Non so se è una mia impressione ma ho la visione fugace degli occhi di mia sorella che si illuminano. -Allora andiamo- dice aprendo la porta e precedendomi lungo l’ingresso.
Mentre la seguo lancio un’occhiata in direzione dell’uscio da cui ieri sera è comparsa la strega. Stringo le labbra senza dire nulla e mi dirigo all’ascensore.
-Va tutto bene?- domanda Mary.
-Certo- rispondo forse con un po’ troppo entusiasmo -È tutto perfetto-.
-Non mentirmi, mi sembri un po’ tesa-.
Mi guardo intorno come temendo che qualcuno possa ascoltarmi -Ho dei problemi con Shannon-.
Mary sgrana gli occhi -Problemi? Che genere di problemi? Cose che si possono risolvere, spero-.
-No, cioè, sì. So che suona strano detto così. Sono solo io ad averli lui non c’entra-.
-Non ti seguo-.
-Ti va di fare colazione da qualche parte?-.
Così sedute al tavolino di uno Starbucks, con una tazza di cappuccino fumante davanti, inizio a spiegarle.
-Ultimamente non faccio altro che notare ragazze che squadrano Shannon da capo a piedi-.
Mary sembra divertita dalla mia confessione. -Shannon è un bel uomo, e per giunta è famoso, lo sai anche tu-.
-Sì, solo che ultimamente sembrano farsi tutte più insistenti. Prendi ieri per esempio, una gli ha domandato foto e autografo e non riusciva a staccargli gli occhi di dosso-.
-Ti senti per caso minacciata?-.
-No, io… non lo so-.
-Whitney, devi imparare a convivere con questa cosa. Non puoi farne un dramma ogni volta che una loro fan lo incontra per strada-.
-È una cosa che capita ovunque. E poi non sono solo le fans a preoccuparmi-.
-Spiegati meglio- dice scrutandomi, mentre si pulisce la bocca dalla schiuma del cappuccino.
-Ha avuto tantissime donne prima di me. Come faccio ad essere sicura che non succeda ancora in futuro?-.
-Ti fidi di lui?- domanda. Io annuisco, perché sì, so di fidarmi ciecamente. -Allora il problema non si pone. Lui mi pare che da quando avete iniziato a frequentarvi ti abbia dimostrato completa devozione. Perché devi crearti certe immagini di lui e farlo apparire come uno sciupa-femmine?-.
Osservo Mary completamente stupefatta, non avrei mai creduto che si schierasse così apertamente dalla parte di Shannon.
-Io… non lo so. Ho solo paura di restare delusa-.
-Penso che Shannon abbia messo la testa a posto da quando ti ha trovato-.
-Ieri sera abbiamo incontrato una donna- sbotto. È questo che in realtà mi sta logorando. -Una sua ex per essere precisi. Non sapevo nulla della sua esistenza anche se…- prendo fiato per un attimo -Abita sullo stesso pianerottolo in cui ci troviamo noi qui a New York-.
Mary sorride -E allora? È una sua ex, cosa dovrebbe importarti di lei?-.
-Se l’è mangiato con gli occhi! E per di più ha insinuato che non lo faceva tipo da matrimonio, quando ha saputo della notizia-.
-E lui cos’ha detto?-.
-Che sono stata io a fargli cambiare idea quando mi ha incontrato-.
Vedo mia sorella cercare di trattenersi dal non ridere -Senti, Whitney, qualunque persona che sia uscita con Shannon, si sentirebbe delusa e amareggiata nel vedere che ha trovato la donna della sua vita e ha deciso di sposarsi, non credi?-.
-D’accordo, su questo hai ragione, ma perché non mi ha mai raccontato di tutte le storie che ha avuto in passato?-.
-Perché è un uomo. E come tutti gli uomini quel che è passato è passato, perché tornare sul discorso? Hai mai sentito un uomo fare parola delle sue ex come noi donne? Sai quando uscivo con Tizio andavamo sempre a ballare; sai quando stavo con Caio la domenica eravamo sempre allo stadio. Dai Whitney, non crearti inutili paranoie a soli sei mesi dal giorno più bello della vostra vita-.
Riesce a strapparmi un sorriso con la sua imitazione e con le sue parole. -Hai ragione-.
-Ho sempre pensato che la vostra vita fosse tutta rose e fiori, pensavo che stare con un uomo famoso fosse fantastico-.
Scuoto la testa. -No, non lo è sempre. All’apparenza forse. L’idea che la gente si fa ogni volta è che io sia sempre in viaggio, che visiti il mondo intero, che ad ogni mio schiocco di dita arrivi ciò che desidero, invece no. Il più delle volte sono a casa che aspetto il suo ritorno, passo le settimane da sola, l’unico contatto è attraverso il telefono o internet. Senza considerare che devo sforzarmi a non pensare che è circondato da un manipolo di fans scatenate, alcune delle quali avanti con l’età e decisamente vogliose-.
Mary mi guarda disgustata -Cielo, Whitney, il modo in stai dipingendo il suo lavoro è davvero degradante-.
-Non è vero, io amo e rispetto la sua passione, non farei mai nulla per privarlo di questa cosa, perché è ciò che lo rende l’uomo che è, e che io amo. Sono le donne che gli ronzano intorno ad infastidirmi-.
-Ti prego, non torniamo su questo argomento, abbiamo già stabilito la lealtà del tuo compagno, non dubitarne più-.
-Hai ragione. Devo smetterla con questi problemi-.
-Il punto ora è se sei disposta ad accettare questo per tutta la vita?-.
-Certo che lo sono, Shannon è tutto per me-.
-Però non riesci a sopportare il fatto che sarete sempre separati?-.
-Già. Sono i lunghi periodi ad avermi sempre spaventato-.
-Allora seguilo-.
-Come ti salta in mente una cosa simile?-.
-Non dirmi che non l’hai mai pensato?-.
-Certo che l’ho pensato, ma ho il mio lavoro. Non potrei mai lasciarlo, e non permetterei nemmeno a Shannon di mantenermi. Cosa penserebbe la gente di me?-.
-Whitney, non ti dico di abbandonare il lavoro, ci sono moltissimi modi per continuare a farlo pur non restando a casa. E poi nessuno penserebbe che Shannon ti mantenga. Insomma sei una persona testarda e piena di iniziative, riusciresti a far sentire la tua voce comunque-.
-Non lo so, è una scelta a cui devo pensare attentamente e in ogni caso rimanderei la decisione a dopo il matrimonio-.
-Vuoi che i tuoi figli crescano vedendo il loro padre una volta al mese? O vedendo la loro madre sempre triste quando lui non c’è?-.
-Chi ha parlato di bambini?-.
-Vi state per sposare, è abbastanza logico che a questo passo ne segua un altro-.
-Va bene, hai ragione, ma quando avremo dei figli il discorso sarà diverso-.
Mary scuote la testa -Tutto quello che succederà dal ventisette giugno cambierà la vostra vita e vi legherà ancora di più. Vorrai stare con lui, farai anche tu come Vicky-.
Sorrido al pensiero di poter stare con Shannon ogni giorno. Sì, forse è proprio questo ciò che voglio.
-A marzo ripartiranno, gli ho promesso che cercherò di passare con lui qualche giorno in Russia. Mentre saremo via ci penserò e potrei anche accennare a questa cosa-.
-Spero di non dover mai uscire con un uomo famoso- esclama Mary.
Rido e tentando di sviare da questo discorso cambio argomento. -A proposito di uomini, cosa mi racconti del tuo bel palestrato?-.
Vedo il suo colorito roseo variare ad una tonalità magenta -Non c’è nulla da dire- esclama trafelata. -Lui è il mio trainer, mi segue solo quando vado in palestra-.
Alzo un sopracciglio -Vuoi dirmi che sei convinta di non voler provare ad uscire con lui?-.
-Lui è solo il mio allenatore- sottolinea ancora -Cosa ti fa pensare che dovremmo condividere qualcosa di più?-.
-Non so, forse il fatto che ogni volta ti mangia con gli occhi e che ora sulle tue guance si potrebbe scaldare l’intero pranzo di Natale-.
-Non è vero. È carino, sì, ma nient altro-.
-Mary, perché non vuoi dirmi di cos’hai paura? Io ti ho raccontato di me e Shannon-.
-Non puoi ricattarmi così. E va bene, penso che lui sia fidanzato e che tradisca la sua ragazza in continuazione-.
La osservo incredula -Non ci credo, è impossibile-.
-Invece è proprio così-.
-Cosa te lo fa pensare?-.
-Spesso quando la sera esco dalla palestra c’è una ragazza ad aspettarlo, e non è mai la stessa-.
-Ma questo non vuol dir niente, magari sono solo ragazze che allena-.
-No, perché più di una volta l’ho sentito dire chiaramente di aspettarlo, che aveva quasi finito il lavoro e che poi potevano andare via-.
-D’accordo, supponiamo che lui abbia una ragazza diversa ogni sera, cosa ti fa pensare che siano tutte relazioni clandestine?-.
-Perché una mia amica che lo conosce dice che il sabato e la domenica sera lo vede sempre con la stessa ragazza-.
-D’accordo, quindi la sua relazione è limitata al fine settimana, mentre tutte le altre sere ne ha una diversa?-.
-Esatto-.
-Mary, non puoi fondare le tue idee semplicemente in base a quello che ti è stato riferito. Dovresti avere più materiale-.
-Penso che tutto questo mi basti. Non voglio neanche pensare di uscire con un uomo che tradisce la sua compagna-.
Osservo mia sorella senza riuscire a credere a ciò che ha appena detto. -Senti, secondo me non è così. C’è una spiegazione sotto-.
-Sì, che noi abbiamo sempre vissuto in un mondo di cuori e fiori, ma la realtà è che là fuori ci sono uomini che fanno veramente schifo-.
Vista in questo modo, penso che la passata vita amorosa di Shannon non dovrebbe preoccuparmi così tanto, però ugualmente continuo a non credere a ciò che ho appena sentito dire da Mary.
-Facciamo una cosa, usciamo a far due passi e non pensiamoci più, almeno per oggi. Quando torneremo a New York, dopo le feste, cercheremo di capire se quello che dici è vero-.
-È vero, non c’è da capire nulla- dice Mary alzandosi.

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