Funny how love is

di Padme Mercury
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Love is saying baby it's alright ***
Capitolo 2: *** Open the doors to me babe - to your heart again ***
Capitolo 3: *** Don't take it away from me because you don't know what it means to me ***



Capitolo 1
*** Love is saying baby it's alright ***


Love is saying "baby it's alright"

 
 "Dottore, dove andiamo questa volta?" chiese Padme sorridendo, facendo dondolare le gambe dalla sbarra su cui si era seduta. Si sistemò gli occhiali rossi sul naso mentre guardava il Dottore affaccendarsi per sistemare alcune levette sul pannello di controllo. Alle sue parole lui alzò lo sguardo e sorrise.

 "Oh, lo adorerai!" esclamò, pigiando teatralmente un pulsante e tenendosi appena il TARDIS iniziò a muoversi e a emettere il suo classico rumore stridente. Padme, con uno spiccato senso del tempismo del quale si stupì lei per prima, saltò giù dalla sbarra in tempo per potersi reggere e non cadere.

 Certo che qui però ti fai i muscoli! pensò ridacchiando tra sé e sé la ragazza. Non poteva negarlo, adorava quel posto e tutti gli altri in cui il Dottore la portava. Non si era mai considerata una ragazza avventurosa, ma ora... Oh, ora con lui l'adrenalina scorreva veloce tra le vene e non vedeva ogni volta l'ora di potersi confrontare con l'ennesimo alieno.
 Abbandonò il suo appiglio alla velocità della luce quando si accorse che si erano fermati e andò ad aprire la porta, seguita da un risolino divertito del Signore del Tempo. Lei arricciò il naso, girandosi.

 "Mi hai riportata a casa? Questa è Londra!"
 Lui si mise le mani nelle tasche dei pantaloni e si avvicinò sorridendo.

 "È Londra, sì... Ma nel 1974. Qui dietro c'è uno studio di registrazione. Un piccolo regalo" le disse, facendole l'occhiolino. La rossa lo guardò confusa, aggrottando le sopracciglia. Poi spalancò gli occhi e aprì leggermente la bocca come per dire un oh! muto. Fece per uscire, ma poi si guardò.

 "Ma non vado bene vestita così, allora!"

 "Sono i favolosi anni '70, non faranno caso a come sei vestita!" commentò, spingendo fuori per poi chiudere la porta del TARDIS dietro di sé. "Allora... Gli studi dovrebbero ess-" iniziò a dire, indicando alla sua destra, ma venne subito travolto dall'uragano rosso che era la sua attuale compagna di viaggi.

 "Muoviti, io non ti aspetto!" gli urlò dalla sua posizione, senza accennare a fermarsi. Lui rise scuotendo la testa e la seguì con più calma. Era proprio agitata, anche un cieco sarebbe stato capace di notarlo.
 La giovane donna si trovò in poco tempo dentro al grande salone dell'edificio, senza sapere da che parte girarsi. Non sapeva minimamente dov'era la sala di registrazioni che le interessava, e sapeva che si sarebbe persa in meno di un minuto se ci avesse provato da sola. Si girò, accorgendosi in quel momento di avere il respiro pesante per la corsa che aveva fatto dalla cabina blu a lì dentro. Ma dov'era il Dottore quando serviva?! Possibile che sparisse sempre quando aveva bisogno di lui?
 Si alzò sulle punte, cercando di scorgere il ciuffo castano del suo accompagnatore, ma nulla. Sbuffò e si girò nuovamente, di scatto, sbattendo però questa volta contro qualcuno. La sua mano andò subito a sostenere gli occhiali, in modo da non farli cadere e fece per mormorare qualche scusa imbarazzata, quando venne interrotta da una risata.

 "Scusalo, da quell'altezza non guarda in basso o gli vengono le vertigini!" disse la stessa voce che si stava sbellicando dalle risate.
 Quando Padme alzò lo sguardo, riuscì ad identificarla. Lunghi capelli biondi, occhi azzurri e un viso angelico. Rimase a bocca aperta mentre Roger Taylor scoppiava in un'altra risata.

 "N-non l'ho fatto apposta, non ti avevo vista..." disse una voce gentile, appartenente ad un uomo molto più alto, con i capelli ricci. Senza dubbio Brian May, in tutta la sua tenerezza e il suo splendore.

 "Non... Non c'è problema, è anche colpa mia..." provò a dire lei, rossa in volto. Era sempre così, si imbarazzata tantissimo a parlare con persone del genere, anche se sapeva che in quell'anno i Queen non erano ancora famosi come lo sarebbero stati da dopo l'anno successivo. Deglutì un paio di volte, cercando qualcosa da dire. Per fortuna fu salvata dalla voce di un altro uomo che arrivava quasi a passo di marcia.

 "Se volete fare i piccioncini almeno avvisate che ve ne volete andare via senza di noi!" esclamò, guardandoli male entrambi. John Deacon, il bassista, si sistemò poi una ciocca dei lunghi capelli castani e rivolse un sorriso alla nuova arrivata. "Sicuramente questi cafoni non si sono presentati! Piacere, io sono John Deacon. Tu sei...?" disse, allungando una mano. Lei sorrise e gliela strinse.

 "Padme, solo Padme. E non è un problema, vi conosco..." aggiunse quasi a bassa voce. Il volto di Roger si impossessò di un sorriso a trentadue denti.

 "Visto? Abbiamo dei fan!" batté le mani un paio di volte, facendo anche un piccolo saltello. "La sorella segreta di Bri ci conosce!"

 "Sorella...?" chiese il diretto interessato, aggrottando le sopracciglia e guardando prima Roger e poi Padme. Lei scosse la testa.

 "Non sono tua sorella, abbiamo solo i capelli simili!" disse con un sorriso. Lui annuì piano, sembrava quasi... Deluso. "Non fare quella faccia, però..." aggiunse dispiaciuta. Diamine, si era totalmente scordata che Brian era l'unico ad essere figlio unico e avrebbe tanto voluto una sorellina. Lui scosse la testa, facendo ballonzolare i ricci da una parte all'altra con un nuovo sorriso.

 "Non preoccuparti, non è un problema" le disse, per poi passarle un braccio attorno alle spalle.

 "È imbarazzante... Sembro una bambina di fianco a te!" commentò lei con una risata, seguita dagli altri tre. Risata che negli uomini si spense in un imbarazzato schiarirsi di gola appena video una figura a braccia conserte e lo sguardo truce.

 "Siete tutti e tre degli stronzi" disse lapidario, scuotendo poi testa per far andare i capelli neri come la pece dietro le spalle. Padme si rizzò nel sentire quella voce, diventando anche appena rossa. Non era possibile, non ci credeva... "E lei? Avete adottato una ragazzina?" chiese curioso Freddie Mercury, guardando la ragazza ancora vicina a Brian.

 "In realtà ho ventisei anni... Non sono una ragazzina..." borbottò in risposta.

 "Ventisei?! Non ci credo. Ci stai prendendo per il culo!" sbottò Roger con gli occhi spalancati per la sorpresa.

 "No, davvero, ne ho ventisei... Lo so che sembro più piccola..." rispose, stringendosi appena nelle spalle e sorridendogli debolmente.
 Diede una fugace occhiata al cantante, ma distolse subito lo sguardo per non diventare ancora rossa come un peperone. John si accorse di come lei guardava Freddie e sorrise.

 "Andiamo a prenderci un caffè, allora? Vieni anche tu, Padme?" aggiunse guardandola, vedendo che già tentava di tirarsi indietro.

 "I-io, ehm... In realtà... Credo che... Uhm..." balbettò goffamente, sentendo nuovamente le guance avvampare.

 "Dai, vieni! Sembri stare molto simpatica a loro, soprattutto a Roger, voglio conoscerti anche io!" esclamò il moro, con un gran sorriso che si impossessava del suo volto. Padme deglutì a vuoto e annuì, con un groppo in gola e un'agitazione nelle viscere così forte che era paragonabile solo a quella che aveva sentito durante l'esame di laurea.

 "V-va bene, vengo anch'io all-" non fece in tempo a finire la frase che il batterista la tirò da un braccio, preso dall'entusiasmo del conoscere un'altra persona.

 "Ehi, attento a non fare male a mia sorella!" rise Brian, seguendoli con più calma. Il biondo borbottò qualcosa tra sé e sé, allentando la presa mentre la giovane si lasciava sfuggire un leggero risolino divertito.
 Uscirono tutti e cinque dalla porta principale dello studio, da tutt'altra parte rispetto a dov'era entrata lei. Perfetto, giusto per perdersi ancora di più!
 Li seguì, stando qualche passo appena indietro. Non sapeva assolutamente dove andare e soprattutto non voleva stare in mezzo appena piedi, lei che era appena arrivata dal nulla. Freddie se ne accorse, vedendola con la coda dell'occhio. Allora rallentò il passo quel tanto che bastava per starle di fianco.

 "Solitaria, mia cara? Ti stiamo per caso antipatici?" le chiese sorridendo mentre infilava le mani nelle tasche. Lei scosse energicamente la testa, facendo rimbalzare baldanzosi i riccioli.

 "No, anzi... Ti... Cioè, vi adoro, ma... Non vorrei risultarvi d'intralcio, ecco..." gli rispose balbettando. Lui sorrise e si inclinò appena verso di lei.

 "Mi?" chiese, per poi scoppiare in una risata. La smise quando vide che Padme era ancora più in imbarazzo, allora le concesse di vedere un sorriso dolce. Le prese una mano e si avvicinò al suo orecchio. "Ti serve solo l'incoraggiamento giusto... Se ti abbiamo invitata non ci sei d'intralcio, no? Anzi... Devo dire che soddisfi l'ego di tutti noi! Sei una delle nostre prime fan" accompagnò quelle parole con una leggera stretta. "Grazie"

 "Di cosa?!" esclamò, aggrottando le sopracciglia nel momento in cui si girava verso di lui. Era lei a dover ringraziare tutti loro per averle aperto un'immensa porta e averle portato una così grande passione. Lui si limitò a rivolgere un altro sorriso al quale Padme questa volta rispose, e per il quale non poté fare a meno di pensare a quanto fosse fortunata. Era così vicino, gli stava tenendo la mano e riusciva a sentire il suo profumo.
 Era convinta di trovarsi in paradiso in quel momento, se non fosse stato che sapeva di essere a Londra. La sua Londra, quella di Freddie. E forse era ancora più strano, ma aveva imparato imparato non pensare più logicamente e semplicemente accogliere a braccia aperte tutti quello che i viaggi col Dottore le offrivano.
 Venne scossa dalla voce di Brian che li chiamava dentro al bar. Arrossì nuovamente nel sentirsi chiamare 'coppietta felice', seguendo l'altro uomo con passo appena incerto.
 Andarono verso un tavolino attaccato alla finestra e non troppo in disparte. Padme si guardò intorno, notando una sorta di nostalgia nell'arredamento che ricordava gli anni '50. Un polveroso jukebox d'epoca giaceva semi-inutilizzato in un angolo, mentre un modello più nuovo aveva attirato l'attenzione di persone delle età più disparate e sembrava apprezzato soprattutto dai ragazzi che volevano conquistare il cuore delle belle fanciulle che si portavano appresso. I quadri, riproduzioni di grandi opere o lavori grafici, ricoprivano gran parte dei muri altrimenti di un color verde menta leggero, e se ne potevano notare alcuni appesi di recente forse per mascherare una nuova crepa o una macchia.
 Notò le stoviglie, vecchie e appena annerite dal tempo, ma pulite alla perfezione. Quando si sedette, passò la mano sul tavolo e constatò che era capitata la stessa sorte anche a quello.
 Una cameriera oltremodo graziosa si avvicinò a loro per ritirare le ordinazioni. Attirò subito l'attenzione dei presenti, soprattutto quella di Roger, per i dolci boccoli neri che le ricadevano sulle spalle e i vispi occhi verdi che passavano in rassegna ognuno. Le sue labbra rosee si schiusero in un sorriso malizioso in direzione del biondo, il quale rise e ordinò del caffè. Lei lo appuntò sul taccuino, per poi rivolgersi verso Brian che ordinò un cappuccino, così come John. Quando poi la cameriera fece per aprire bocca in direzione di Freddie, Padme si schiarì la gola.

 "Due Earl Grey per noi" disse lapidaria, fulminandola con lo sguardo. Nel vedere una rivale abbastanza agguerrita, l'altra contrasse labbra e annuì appena, per poi segnare e andarsene ancheggiando in modo esagerato.

 "Quanto era bella?!" esordì Roger dopo essersi ripreso.

 "Troppo volgare, aveva le tette di fuori" commentò la giovane, incrociando le braccia sul petto. Il biondo fece una smorfia, affermando che diceva così solo perché tra donne si è gelose.

 "In realtà lo sembrava anche a me un po'... Era... Esagerata, ecco..." con queste parole John diede ragione alla ragazza seduta di fianco a lui. Brian annuì appena, anche se comunque era molto carina anche per lui. Guardarono poi tutti Freddie, interrogativi, per sapere cosa ne pensasse lui.

 "Io? Oh! Preferisco le rosse, cari" rispose sornione, quasi sovrappensiero, mentre cercava qualcosa. Padme quasi si strozzò con la sua stessa saliva, iniziando a tossire violentemente mentre John, con un sorrisetto, le batteva sulla schiena. Prese l'occasione per avvicinarsi al suo orecchio.

 "Hai fatto colpo, mi sa. Potresti fargli bene..." sussurrò, per poi rimettersi bene contro la sedia. Lei rimase qualche secondo immobile, a rimuginare sulle parole appena sentite, poi un'incredibile felicità la pervase, un calore che nasceva nel basso addome e saliva a scioglierle il cuore insensibile da troppo tempo all'amore. Non aveva trovato mai così irritante la presenza di altre persone come in quel momento in cui desiderava con tutta se stessa rimanere da sola con lui.
 Fu la cameriera che tornava con le ordinazioni a distrarla dalle sue riflessioni. Mise lo zucchero e mescolò in silenzio il suo the, mentre Roger si dilungava sulla ragazza con Brian e John e Freddie continuava a cercare qualcosa.

 "Eccola!" esclamò con veemenza, quasi rovesciando la tazza nell'impeto. Mostrò agli altri musicisti dei fogli con delle parole e un abbozzo di musica scritto sopra.

 "Cos'è? Una nuova canzone?" chiese Brian, che era troppo occupato dal suo cappuccino per aver seguito il discorso. E lo si poteva facilmente notare dal generoso baffo di latte che si trovava, pulito solo grazie alla prontezza di John che gli passò un tovagliolo. Freddie annuì.

 "Sì... Immaginate riferita a chi..." quasi grugnì, con un tono tanto arrabbiato che risultava quasi spaventoso. Padme si sporse appena, notando poi il titolo: 'Death on two legs'. Oh, allora capiva tutto... I suoi compagni le diedero una veloce scorsa, uno sulla spalla dell'altro; confabularono tra di loro e asserirono che doveva leggerla anche Padme per vedere se piaceva al pubblico.
 Lei annuì, ben felice di compiere quel piccolo compito. Prese delicatamente i fogli in mano, leggendo le prime righe. C'era qualcosa di diverso dalla versione che conosceva lei... Sciocchezze, certo, ma...

 "Avete una matita? Ci sono un paio di cose da sistemare..." tentò con un sorriso. Prese la matita che Freddie le porgeva e rise appena al suo sguardo interrogativo. "Ho studiato letteratura e poesia, so quello che faccio, tesoro..." borbottò poi, con le sopracciglia corrugate e le labbra appena in fuori. Cambiò le parole che erano diverse e, una volta finito, consegnò il tutto al cantante.
 Lui lesse la nuova versione, poi sorrise soddisfatto. Gli piaceva davvero tanto, avevano avuto una buona idea a farla leggere anche a lei. Padme sorride, sorseggiando il the e guardandolo. Sembrava quasi luminoso quando era soddisfatto e così di buonumore. Era molto più bello del solito, gli occhi gli brillavano come due piccole pietre nere. Scosse appena la testa quando si accorse di starlo fissando, nascondendo l'imbarazzo dietro alla tazza.
 Scherzando e ridendo assieme passarono il tempo e, una volta finite le consumazioni e pagato il dovuto, si alzarono e uscirono. In testa c'erano Roger e John, che l'aveva seguito solo dopo aver fatto l'occhiolino a Padme. La ragazza gli sorrise dolcemente in risposta, guardando poi anche Brian passare davanti a lei. Come all'andata, rimasero in coda lei e Freddie. Tuttavia, questa volta non fu lui a prendere l'iniziativa; anzi si trovò la mano della ragazza davanti al naso.

 "Voglio stringerti la mano" gli disse con un gran sorriso sulle labbra, sorriso che l'uomo non trovò la forza di non ricambiare calorosamente. Le prese la mano, ma prima di permetterle di fare altro, gliela lasciò e le passò il braccio attorno alle spalle. Lei, in risposta, lo avvolse attorno alla sua vita, beandosi del suo profumo che riusciva a sentire da quella distanza così ridotta. Era quasi come una droga, avrebbe potuto vivere il resto dei suoi giorni con quel profumo attorno. Tese l'orecchio appena lo sentì canticchiare la canzone dei Beatles. Avrebbe voluto chiudere gli occhi per apprezzarla meglio, ma non voleva andare a sbattere contro nulla quindi pensò bene di evitare. Strabuzzò gli occhi quando le disse di cantare con lui.

 "Cosa?! Ma sono stonata! Davvero!" esclamò, guardandolo. Lui rise.

 "Avanti, non è per una gara... È solo per divertirsi!" le rispose. La pregò così tanto che alla fine cedette, e ogni volta che la canzone recitava 'I want to hold your hand', lui la stringeva appena di più a sé. Ora poteva dire di essere ad un passo dal paradiso.

 "Sappi però che non te la perdono..." borbottò, guardandolo minacciosa una volta arrivati davanti allo studio. Gli altri erano entrati, e fuori erano rimasti solo loro due.

 "Oh, davvero? Nemmeno se ti invito a cena?" propose, sorridendo beffardo e piegandosi appena su di lei.

 "C-cena? Vuoi... Portarmi fuori a cena...?" chiese lei, totalmente incredula e presa alla sprovvista da quella domanda. Tutto il proposito di una falsa arrabbiatura era svanito come neve al sole per colpa di quel viso così adorabile e invitante e di quella voce così calda.

 "Certo. Ecco... Alle sette a questo indirizzo, va bene?" la guardò dopo aver scritto su un pezzo di carta l'indirizzo di un ristorante e averglielo dato. Lei annuì convinta e gli sorrise.

 "Sì, benissimo! A dopo allora..." lo salutò, quasi trasognata.

 "A dopo, mia cara! E tranquilla... Saremo solo io e te" le disse facendole l'occhiolino. Si salutarono un'ultima volta con la mano e poi le loro strade si separarono con una dolce attesa in petto.


 

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Capitolo 2
*** Open the doors to me babe - to your heart again ***


Open the doors to me babe - to your heart again



"Dottore!" esclamò la ragazza non appena entrò nella sala di comando del TARDIS. Aveva un grande sorriso sul volto e i suoi occhietti verdi scattavano nervosi da una parte all'altra.
Il Dottore non c'era in quella grande sala, e il problema era che non sapeva nemmeno dove si trovasse.
Improvvisamente una morsa le prese lo stomaco. Era sola? Il Dottore l'aveva abbandonata lì? No, altrimenti non ci sarebbe stato nemmeno il TARDIS. Allora poteva essergli successo qualcosa? Impossibile, il Dottore sapeva sempre come cavarsela. O almeno così credeva.
Non le piaceva essere da sola in quel posto immenso, le metteva ansia a causa di tutte le stanze che si trovava. Si era persa in più occasioni, e solo grazie all'intelligenza artificiale di cui quel mezzo era dotato era sempre riuscita a ritrovarsi. O meglio, quasi sempre. Il più delle volte era stato il Dottore a doverla andare a recuperare chissà dove perché non riusciva più a trovare la strada.
Si strinse appena nelle spalle, dirigendosi poi sicura verso la quarta porta che incontrava girando in senso orario. Poi dritto e la porta in fondo. Lì si trovava la stanza che il Dottore le aveva lasciato per il tempo in cui avrebbero viaggiato assieme. Il suo piccolo angolo in cui poteva dormire o rimanere un po' da sola quando ne aveva bisogno. Sorrise guardando i muri. In poco tempo era già riuscita a mettere parte di sé in quel piccolo angolo, si poteva intravedere, se non tutta, almeno parte della sua personalità. Di sicuro era anche da quello che il Signore del Tempo aveva compreso quanto amasse quel gruppo di bambini troppo cresciuti e l'aveva portata da loro. Beh, più precisamente da lui.
Si sistemò gli occhiali sul naso e scosse leggermente la testa. Ok, ora doveva pensare a cosa doveva mettersi. Fosse stata ai suoi tempi sarebbe stato facile, ma in quell'epoca non sapeva come doveva vestirsi per non risultare quasi un personaggio fantascientifico venuto dal futuro. Alla fine, frugando nell'enorme guardaroba che il Dottore le aveva messo a disposizione, trovò qualcosa che poteva andare: un paio di pantaloni a vita alta e con il fondo largo - i tipici pantaloni 'a zampa di elefante' degli anni '70 - bianchi, una camicia avorio con dei disegni floreali sul rosso e un bel paio di zeppe alte, in modo da non sembrare troppo piccola di fianco all'uomo che stava per incontrare.
Sapeva benissimo che non era tipicamente vestita come la moda del tempo dettava, ma era nata circa vent'anni dopo e poteva affidarsi solo a vecchie foto e a ciò che il suo intuito le dettava. Prese al volo un cappotto corto e non troppo pesante, nero, e uscì di corsa dal TARDIS.

"Dove credi di andare?!" sbottò il Dottore, che stava in quel momento entrando nella cabina blu e, per questo, era stato travolto dalla foga della ragazza. La guardava ora con un sopracciglio alzato e un'espressione genuinamente curiosa in volto mentre la squadrava da capo a piedi.

"Dove sei stato tu, piuttosto! Comunque devo andare, ho... Ho un... Appuntamento" gli rispose lei. Nel dure l'ultima parola arrossì fino alle orecchie, confondendo con la montatura degli occhiali e con i suoi capelli. Il Dottore la guardò confuso, poi spalancò gli occhi e schioccò la lingua sul palato: aveva capito.

"Non puoi andare" affermò risoluto, dirigendosi verso il pannello di controllo. Padme aveva la bocca letteralmente aperta. "Ora, se per-"

"Perché mai non potrei, scusa?!" quasi gli ringhiò contro. Era uno scherzo? Prima la faceva andare così vicino al suo sogno tanto da poterlo toccare e poi la portava via, come una madre che ti sveglia di mattina? Non era su di lei che doveva vendicarsi se la sua 'amica' - ci credeva poco oltretutto, come minimo erano quasi sposati - era da un'altra parte!

"Perché non sarebbe giusto" sentenziò, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni e avvicinandosi a lei. "Perché lo salveresti, e non puoi"

"Ti sto chiedendo solo una sera, Dottore. Un solo appuntamento con lui... Ti prego... È tutta la vita che lo sogno…”

"Padme..." la ammonì, massaggiandosi le tempie.

"Per favore" lo supplicò nuovamente, guardandolo negli occhi. Lo vide cedere e dentro di sé esultò per la vittoria.

"Va bene. Ma domani mattina alle undici in punto ti rivoglio qui, ok?" le ordinò sospirando, come un padre che concede qualcosa alla figlia dopo tante richieste. Lei annuì, sorridendo. Si sbilanciò tanto da dargli addirittura un bacio sulla guancia - gesto per il quale si beccò un'occhiata a dir poco strabiliata.

"A domani Dottore!" gli urlò allegra mentre usciva dalla cabina, dopo aver ripreso la borsa che aveva abbandonato sulla sbarra durante il breve dibattito.

Si chiuse la porta alle spalle e arricciò appena il naso. Cosa intendeva il Dottore quando le aveva detto che non poteva salvare Freddie? Si era dimenticata di chiederglielo. Si strinse appena nelle spalle. Lo avrebbe fatto il giorno dopo, non era un grosso problema. Tirò fuori il bigliettino che il moro le aveva dato qualche ora prima, controllando la via. Non era esattamente vicina, a quanto si ricordava della sua Londra era a una fermata di autobus all'incirca. Si guardò intorno e si avvicinò alla fermata situata a pochi metri di distanza. Il mezzo arrivò in poco tempo, e si stupì addirittura di essere in anticipo davanti al ristorante. Rise leggermente tra sé e sé. Di solito era il ragazzo ad aspettare la ragazza, con loro era il contrario…
Sospirò. Beh, non che loro fossero propriamente 'normali'. Quella serata non lo sarebbe stata. Scrollò le spalle e sorrise. Non le importava quanto strano potesse essere. Stava per passare una serata assieme a Freddie Mercury. Il suo cantante preferito, la sua guida, la sua stella polare. L’amore della sua vita. E non voleva rovinarsi un momento così bello per delle stupide paranoie. Probabilmente era un sogno e si sarebbe svegliata con un sapore agrodolce in bocca, ma non le importava assolutamente nulla. Sarebbe stata con lui, e quello le bastava.
Intravide da lontano la testa nera come l’ala di corvo dell’uomo che stava aspettando e agitò la mano più in alto che poté per farsi vedere. Si accorse che l’aveva notata dal sorriso che si dipinse sulle sue labbra e il gesto di saluto con la mano. Si avvicinò velocemente a lei e la salutò con un bacio sulla guancia - per il quale Padme dovette fare violenza su se stessa per non svenire all’istante.

“Scusa per il ritardo” le disse sempre con un sorriso. Lei scosse la testa e lo invitò ad entrare nel ristorante. Lui le tenne la porta aperta e entrò appena dietro di lei, parlando poi con il ragazzo che si trovava all’entrata.
Padme perse qualche istante ad osservarlo. I pantaloni di raso bianco gli fasciavano elegantemente le gambe lunghe e snelle, la camicia candida infilata sotto la cinta come la moda dell’epoca dettava e un giubbotto che pareva di pelle nera con una sciarpa celeste chiaro appena appoggiati sul braccio. Sentiva il cuore martellarle nel petto, sembrava quasi volesse uscire da quanto si faceva sentire. Prese un grosso respiro, sperando che quello potesse calmarla definitivamente - cosa che ovviamente non successe. Era completamente cotta di quell’uomo e ora che lo stava conoscendo veramente ne era ancora più convinta. Si era follemente innamorata di lui, e sapeva che non andava assolutamente bene. Non poteva perdere così la testa per un uomo che era del tempo sbagliato.
Si riscosse e si schiarì la gola appena il cameriere li incitò a seguirlo. Padme li seguì, stringendo la cinghia della borsa con entrambe le mani. Era nervosa, aveva paura di mandare a puttane l'unica occasione che poteva avere con l'uomo. Si stava letteralmente torturando il labbro inferiore, strappando le pellicine e facendo uscire anche piccole gocce di sangue che prontamente lavava via con la punta della lingua.
Si sedette di fronte al moro, quasi evitando il suo sguardo. Si sentiva a disagio, fuori posto. Scosse la testa decisa, causando uno sguardo un po’ confuso da parte del suo compagno di cena.

“Tutto a posto, cara?” disse piano, le sopracciglia corrugate a metà tra il divertito e l’interessato.
Padme annuì, facendo ballare i ricci crespi tutti attorno al viso.

“Sì, non preoccuparti. Ordiniamo, che ho fame!” disse lei, sorridendo. Aveva deciso, per una sera, di dimenticare tutte le sue insicurezze e di lasciarsi andare.
Rise assieme all’uomo, prendendo il menù e scorrendo tutte le pietanze con lo sguardo.


****



Finirono di mangiare anche abbastanza presto, così che poterono fare una piacevole passeggiata non completamente al buio. Era una bella serata, il cielo era limpido e stranamente si vedevano bene le stelle e la luna. Una sera perfetta, ecco.
Padme sorrise, prendendo un grosso respiro. Guardò l’uomo al suo fianco e rilassò le spalle. Perché era così tesa? Stava bene con lui, si sentiva a suo agio. Eppure aveva sempre paura che qualcosa potesse andare storto, come suo solito. Era capace di rovinare tutto, quindi cercava di stare attenta a qualsiasi movimento facesse. Forse stava attenta anche a come respirava. Non avrebbe potuto dirlo, la testa era in parte altrove.
Lo guardò quando lo vide fermarsi, imitandolo. L’uomo si stiracchiò e poi si voltò verso di lei.

“Non ho voglia di tornare a casa, non ancora.”

“Ho visto un pub non lontano da qui. Sembrava carino, potremmo andare lì. Che ne dici?”

“Un pub?” ridacchiò lui, per poi annuire. “Va bene. Se ti fa sentire a tuo agio va bene.”

Padme arrossì fino alla punta delle orecchie. Allora se ne era accorto? Diamine, stava cercando di essere il più attenta possibile e invece… Invece stava rovinando tutto. Dannazione!

“Ma se tu preferisci altri locali, va bene… I-insomma…” provò lei, la voce sottile e leggermente tremula. Freddie rise. Che bella risata che aveva, sentirla dal vivo era meraviglioso.

“Mia cara, non preoccuparti. Andremo in quel pub. Ogni tanto una serata tranquilla mi fa bene” le rispose, facendole l’occhiolino.

Padme si concesse un sorriso, rilassando le spalle. Camminavano vicini verso il locale, lui con le mani nelle tasche del giubbino e lei con gli arti attorno alla cinghia della borsa. I loro gomiti si toccavano appena, non dicevano una parola. Cosa avrebbe potuto dirgli? C'erano tante cose di cui voleva renderlo partecipe. Voleva dirgli che era anche grazie a lui se tutto andava bene. Voleva dirgli cosa provava ogni volta che sentiva la sua voce. Voleva dirgli cosa pensava di lui.

Voleva dirgli che lo amava.

Ma lui non avrebbe capito. Lei lo conosceva da anni, ma lui solo da mezza giornata. Sarebbe stato inutile e rischioso, avrebbe voluto sapere come faceva ad avere tante informazioni su di lui. Senza contare che tutto il resto sarebbe stato impossibile, lui…

“Era questo il pub?” la sua voce dolce la interruppe dai suoi pensieri.
Alzò lo sguardo verso di lui, chiedendogli di ripetere. Non aveva capito, era troppo presa dai suoi pensieri. Lui le fece nuovamente la domanda, non riuscendo a nascondere una leggera risata. Padme arrossì per la figuraccia e annuì, guardando a terra per cercare di nascondere le guance rosse.

“Sì, è questo” disse sicura, schiarendosi la gola.

L'uomo allora le aprì la porta, facendola entrare e seguendola subito dopo. Si guardò attorno e indicò un tavolo libero, spingendo appena la ragazza con una mano sul fianco.

“Comunque, sei adorabile quando arrossisci” le sussurrò all’orecchio mentre la faceva sedere, posizionandosi poi davanti a lei.

Padme arrossì di più, se possibile. Allora l’aveva vista! E ora rideva divertito, lo stronzo! Si divertiva a prenderla in giro.

“Certo che sei stronzo” le uscì dalle labbra ancora prima di riuscire a fermarlo. Dannazione, dannazione! Ora avrebbe pensato che lo odiava!

“E perché mai, Padme?”

“Perché mi prendi in giro e ti diverti pure!” ormai era fatta, ci avrebbe un po’ giocato e… Perché ora la stava guardando serio? Le aveva anche preso le mani. Che stava succedendo? Non capiva più nulla, sembrava che quella sera avesse lasciato il cervello sul TARDIS. Non che fosse comunque molto esperta in queste cose.

“Cerco di metterti a tuo agio. Si vede che sei nervosa, stai mettendo ansia anche a mia zia che sta in India! Voglio farti ridere, tutto qui” si strinse nelle spalle. “Scusami se ti ho offesa”

“N-no, figurati… Nessuna offesa, io… Stavo scherzando” accennò una leggera risata, notando poi i fogli del menù e la carta delle bevande. “Dovremmo prendere qualcosa, che ne pensi?”

“Sì, direi di sì. Io prendo una birra, tu?”

“Io un Long Island” disse con un sorriso. Freddie annuì e si alzò.

“Vado a prenderli, aspettami qui”

“No, scappo con quel manzo da solo in quell’angolo!” indicò con la testa un bel ragazzo che in effetti era da solo. Rise allo sguardo torvo di Freddie, che si girò col mento per aria e l’aria stizzita. “Stavo scherzando, è ovvio che ti aspetto! Vai, su!” lo spinse leggermente, facendogli quasi perdere l’equilibrio.

Certo, quel ragazzo era bello, ma lei era felice di essere lì con lui. Non voleva altro, per quanto belli potessero essere tutti gli altri.
Dopo pochi minuti il moro tornò al tavolo, i bicchieri in mano. Posò davanti a lei il cocktail e poi si accomodò al suo posto.

“Allora, niente bel ragazzo?” le chiese, prendendo un sorso della sua birra. Diede un'occhiata all’angolo in cui prima c'era l'altro, ma vide che ora era vuoto. Probabilmente se ne era andato. In fondo, ne era felice. Era bello, vero, ma non avrebbe sopportato che attirasse la sua attenzione.

“No” disse scuotendo la testa, succhiando poi il liquido dalle cannucce. Si mise a giocare con esse, facendo tintinnare i cubetti di ghiaccio contro il vetro. Alzò poi lo sguardo, sorridendo, fino a incrociare i suoi occhi.

Sono stupendi, si trovò a pensare Padme. Con quel taglio orientale, così scuri ed espressivi. Erano dolci, meravigliosi, due piccoli pezzi di cielo notturno che lei in quel momento poteva osservare senza problemi.

Sono stupendi, pensò Freddie, osservando le iridi smeraldine della ragazza. Gli ricordavano il mare di Zanzibar quando era colpito dalla luce in particolare modo, quelle acque di solito cristalline che prendevano il colore della speranza. Gli piacevano, non aveva problemi a dirlo con chiarezza. Li avrebbe volentieri guardati per tanto tempo e… Adorava come si illuminavano quando rideva o semplicemente lo guardava.

“Che peccato. Potevi corrergli dietro. E ora?” la punzecchiò con le parole, non sapeva nemmeno lui dove volesse arrivare. Semplicemente stava seguendo il corso dei suoi pensieri, il peggio che sarebbe potuto capitare era… Già, qual'era? Vederla andare via. E lui non voleva succedesse.

Padme si concesse un altro sorso del cocktail, lasciandolo sulle spine. Lo guardò, per poi sorridere.

“Lo dici come se fosse una cosa tragica. Quel ragazzo non era male, ma ho già il più bello del pub al mio tavolo” concluse.
Del mondo avrebbe voluto dire. Perché era quello che pensava. Ma doveva trattenersi, andarci piano e pensare razionalmente.
Non che lui l’aiutasse con quel sorriso. Dannazione, doveva per forza essere così bello?!



Note a piè pagina

Non è mia abitudine mettere delle note alla fine dei capitoli che pubblico, a meno che non sia l'ultimo.
NON è l'ultimo, in caso ve lo stiate chiedendo! Solo che, nella recensione che ho ricevuto per lo scorso capitolo, mi è stata sollevata una grossa domanda che posso tradurre più o meno così: chi è il Dottore?
In effetti ha ragione, non ho spiegato dando per scontato che fosse una serie conosciuta da tutti, ma molti ne avranno sentito parlare senza averla mai vista.

Allora, cominciamo dalla serie in sé e per sé.
Doctor Who è una serie televisiva britannica, prodotta dalla BBC. La serie vecchia è andata in onda dagli anni ‘60 agli anni ‘80 e quella nuova - un continuo dell'altra - parte dal 2005 ed è attualmente mandata in onda e prodotta.
I Dottori della serie nuova sono interpretati da quattro attori:
Christopher Eccleston per la prima stagione;
David Tennant per la seconda, terza e quarta stagione (ed è anche il Dottore presente in questa storia);
Matt Smith per la quinta, sesta e settima stagione;
Peter Capaldi dall’ottava stagione e attualmente presente.

Ora alla domanda principale: chi è il Dottore?
Il Dottore è un alieno dalle sembianze umane, fa parte della specie “Signori del Tempo”. Col TARDIS - Time And Relative Dimension In Space - può viaggiare in qualsiasi punto dell’universo e in qualsiasi epoca. È una sorta di macchina spaziotemporale, per capirci.
Lui può vedere tutto, sa cosa è successo, succede e succederà, e sa che ci sono alcuni punti fissi che non possono cambiare - che so, l'assassino di Hitler che non può essere né anticipato né posticipato.
Qui ho, tra l'altro, deciso di rendere la morte di Freddie un punto fisso nella storia, dal momento che è anche “grazie” a lui che si sono incrementati gli studi sull’AIDS e sono state trovate cure che permettono di viverci. Ergo, non può essere salvato.

Se volete poi informazioni approfondite sulla serie non esitate a scrivermi oppure andate a spulciare la pagina di Wikipedia - sia italiana che inglese - che di sicuro sarà più chiara ed esaustiva di me! Qui vi ho messo solo le nozioni necessarie per comprendere ciò di cui parlo!

E se posso darvi un consiglio… Guardate Doctor Who! Lo amerete se vi piace la fantascienza!

Padme xx

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Capitolo 3
*** Don't take it away from me because you don't know what it means to me ***


Don't take it away from me because you don't know what it means to me




Lasciarono da parte il bicchiere vuoto e, questa volta, fu Padme ad alzarsi per prendere da bere. Un'altra birra per Freddie e una bibita analcolica per lei. Tornò al tavolo non senza fatica, cercando di non far strabordare i liquidi dai bordi. Il barista aveva decisamente abbondato, prima non erano così pieni. Gli avvicinò gentilmente la birra e si sedette nuovamente al suo posto, sospirando.
“Decisamente difficile!” disse teatralmente, poggiandosi una mano sulla fronte. Freddie rise.
“Ma non rompere le palle!” la prese in giro. La ragazza fece finta di essersi offesa, alzando il mento verso destra e incrociando le braccia sul petto. “Tra l'altro, ti ha riempito di più i bicchieri. Ovvio, ad una bella ragazza…”
“Bella ragazza… Allora doveva riempirli così a te, Melina” scherzò lei, facendo una smorfia. Lui rise.
“Ehi! Però è un bel nome se dovessi fare la drag queen… Lo terrò presente”
“Scemo!” rise lei, assieme a lui. Avrebbe dovuto dirgli anche il nome che avrebbe avuto Elton John in quel loro strano gioco? No, era meglio di no. Si sarebbe accontentata di essere l’ispirazione per il suo, era un traguardo che la faceva già sentire bene. “Comunque c'è una ragazza che continua a fissarti” disse poi in modo semplice, rilassando le spalle e tornando a guardare di fronte a sé.
“Se è rossa e seduta al tavolo con me, lo sapevo già” rise nuovamente, ma smise subito allo sguardo truce della ragazza.
Guardò oltre la sua spalla e effettivamente c'era una ragazza che lo guardava. Scrollò le spalle, osservando le bollicine della schiuma candida che scoppiavano a contatto col vetro.
“Non mi interessa”
Padme rimase decisamente stupita da quell’affermazione. Non se lo aspettava, ma quella piccola frase l’aveva resa dannatamente felice. Ovviamente non lo avrebbe mai ammesso, non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione. Ma la semplicità della sua voce avvolta dalla sua solita dolcezza… L’aveva fatta sciogliere. Ogni minuto che passava con lui, sentiva di adorarlo sempre di più. Non solo come Freddie Mercury, ma proprio come uomo. Adorava Farookh, quel giovane uomo gentile ed altruista, un po’ ingenuo ma dolce. Era meraviglioso parlare con lui, vedere come i suoi occhi si illuminavano ogni volta che si parlava di qualcosa che amava.
Sorseggiò piano la sua coca cola, facendo scoppiare le piccole bollicine pungenti sul palato in una sorta di solletico. Tenne lo sguardo basso, verso il bicchiere. Vedeva le sue mani, le dita lunghe e aggraziate della mano sinistra dipinte di nero che tamburellavano gentilmente sul tavolo a ritmo di una musica che aveva lui in mente. Probabilmente pensava al concerto che stava per arrivare o a una canzone che avrebbe voluto mettere nel prossimo album. Non ne aveva idea, Padme, non riusciva a riconoscerne il motivo. Le spuntò un leggero sorriso sulle labbra. Adorava quelle mani, le aveva sempre viste in foto e avrebbe potuto riconoscere il proprietario anche solo da quelle. Erano tutto il contrario delle sue. Quelle di Freddie erano grandi, belle e delicate. Contrasse appena le dita contro il bicchiere freddo.
“Ehi, tutto bene?” lo sentì dire. Alzò la testa, leggermente confusa, e lo vide guardarla con le sopracciglia corrugate e lo sguardo a metà tra il preoccupato e il curioso. Quanto tempo era rimasta a fantasticare?
“Sì, certo… Vado in bagno un attimo” replicò sorridendo, mentre si alzava. Lui annuì leggermente e la ragazza si allontanò, cercando non senza difficoltà le indicazioni per il bagno. Alla fine dovette arrendersi e chiedere informazioni alla ragazza che stava al bancone, seguendo poi la strada che le aveva indicato.
Aveva sempre avuto difficoltà a trovare i servizi in posti come quello, ogni tanto aveva fatto anche delle figuracce. Una volta si era trovata in un'altra sala con le persone che stavano mangiando. L'avevano guardata con altissimo sospetto, dal momento che stava facendo passare il suo sguardo verde su tutta la sala. Sembrava quasi stesse cercando qualcuno o avesse qualcosa di losco in mente.
Scosse la testa mentre si lavava le mani, reprimendo una leggera risatina. Ne aveva fatte di figure di merda, abbastanza da riempire un intero libro.
Aprì la porta del bagno e tornò verso il suo tavolo. Chissà se Freddie si sarebbe messo a ridere a quelle storie… Rimase impietrita quando vide la scenetta che le si parò davanti.
Deglutì un paio di volte. C'era una ragazza seduta di fianco a Freddie. Di fianco poteva sembrare un eufemismo, visto che aveva letteralmente il seno spalmato sul suo braccio e sembrava cercare di attirare la sua attenzione in tutti i modi possibili. Lui non sembrava prestarle molta attenzione, ma non l’avrebbe di certo biasimato se avesse deciso di ricambiare, di flirtare con lei. Si era quasi dimenticata del fatto che a lui piaceva farlo, ma forse in quel momento si sentiva in colpa.
Si avvicinò trattenendo il respiro. Non guardò il sorriso che l'uomo le stava rivolgendo in quel momento, si limitò a prendere la borsa e il giubbino. Sapeva che lui, molto probabilmente, era confuso da quel comportamento. Chiunque lo sarebbe stato. Uscì rapidamente dal pub, fortunatamente passando inosservata. Probabilmente erano abituati a scenate e uscite più teatrali. Lei sembrava solamente avere fretta, come se fosse in ritardo o qualcuno la stesse aspettando fuori. Non che fosse tanto sbagliato. Forse avrebbe dovuto andare dal Dottore per tornare a casa. Sarebbe stata la cosa giusta da fare, lei non apparteneva a quell’epoca, per quanto le sarebbe piaciuto. Non avrebbe mai dovuto passare nemmeno un minuto in più in quella Londra, nella sua Londra.
“Padme! Cazzo, ti vuoi fermare o no?!” lo sentì strillare dietro di lei. “È la quarta volta che ti chiamo!” concluse, avvicinandosi di più e prendendole il polso. Lei si fermò, prese un grosso respiro e si girò verso di lui.
“Torna dentro…”
“Non senza di te”
“Ma quella ragazza era interessata a te. Ed era bella. Molto bella” replicò con un sorriso triste. In effetti era vero. Aveva i capelli più rossi dei suoi, gli occhi azzurri e anche da seduta sembrava molto più alta di lei. In più era decisamente più magra e… Apparteneva a quel tempo. Sarebbe stato più giusto.
“Sei gelosa?” la stuzzicò con un sorrisetto, che però sparì non appena incrociò il suo sguardo. Sospirò, passandosi le mani nei capelli. “Senti, non mi interessa quella ragazza. È bella e tutto quello che vuoi, ma non è lei che mi interessa. Chiaro?”
“Non parlo di impegni. Parlo di una notte, di sicuro ti divertiresti di più e-”
“Dio, ma ti ascolti quando parli?! Sei fottutamente insopportabile!” la fermò, quasi urlando.
Padme rimase a guardarlo. Si sentiva in colpa, dannatamente in colpa. Fece un passo indietro, come per andare via. Di sicuro non l'avrebbe più voluta lì…
“Dove cazzo stai andando?”
“Me ne vado. Non mi sopporti, è inutile che stia qui…”
Lo sentì fare un verso esasperato, per poi tirarla verso di sé. Lo guardò confusa, stava per parlare ma venne zittita immediatamente dalle sue labbra. Le sue mani, quelle bellissime mani scivolarono a tenerle il viso, le accarezzò le guance con i pollici. La ragazza stette, dal canto suo, immobile, gli occhi spalancati. Come era successo? Un momento prima le diceva che era insopportabile e quello dopo… Quello dopo la baciava. Era contraddittorio, sbagliato e bellissimo. Piano, quasi tremante, poggiò le sue mani sui polsi dell'uomo, chiudendo lentamente gli occhi. Decise di prendere il coraggio a due mani e ricambiò quel bacio, per non fargli credere che fosse sgradito. In effetti, era una cosa su cui aveva fantasticato per tanto tempo. Si era sempre chiesta se quelle labbra erano morbide come sembrava, che sapore avessero. Ora lo sapeva, sapeva com'era baciare quell'uomo che sembrava così irraggiungibile.
Sapeva di birra, quella che aveva bevuto prima e, probabilmente, lasciato a metà per rincorrerla. Aveva sempre odiato la birra, ma in quel momento le piaceva più che mai. Si sposava perfettamente con il sapore delle sue labbra, quasi fosse un accostamento obbligato.
Anche lui si sentiva il cuore nelle orecchie? Non avrebbe saputo dirlo. A lei batteva così forte da farle male al petto, le costole scricchiolavano come pronte a frantumarsi da un momento all'altro.
Rimase con gli occhi chiusi anche qualche istante dopo che le loro labbra si furono separate. Credeva fosse un sogno, e non voleva farlo terminare. Era troppo bello per vederlo sciogliersi come neve al sole. Quando li riaprì, ogni traccia di ostilità era sparita dagli occhi neri del suo compagno. Sorrideva, e lei non poté fare a meno che imitarlo. Anche la minima traccia di quella stupida ed insulsa gelosia che provava prima era svanita. Stava semplicemente bene lì, assieme a lui. Era tranquilla nonostante le tremassero le gambe e il cuore le battesse ancora come un martello.
“Direi che possiamo anche andare…” si azzardò a sussurrare lui, rompendo il silenzio con quella sua voce dolce e melodiosa. La ragazza si limitò ad annuire piano, allungando una mano a prendere timidamente la sua. Lui gliela strinse con più coraggio, incamminandosi con lei al suo fianco.
Le era sempre piaciuto passeggiare lungo il Tamigi alla sera, da quando si era trasferita nella metropoli. Adorava vedere come la luce della luna e quelle di case e negozi si riflettessero nell’acqua nera, impreziosendola di tocchi adamantini e arcobaleno. Era meraviglioso, si sentiva sempre bene quando i suoi occhi incontravano quella vista meravigliosa. Alzò leggermente lo sguardo, incontrando il profilo dell’uomo che era lì con lei. Somigliava un po’ ai suoi occhi. Anch’essi erano neri e luccicavano quando colpiti da una luce esterna o interna. Padme adorava gli occhi chiari, i suoi preferiti erano quelli verde chiaro. Credeva fossero meravigliosi, non come i suoi che erano di un verde così scuro da essere scambiato per marrone. Tuttavia, non aveva mai visto degli occhi più belli di quelli di Freddie. Era abbastanza ironico, se ci pensava. Erano del colore più scuro a cui potesse pensare, eppure lei li avrebbe scelti a scapito di qualsiasi altro senza pensarci due volte.
“Vuoi andare da qualche parte in particolare?” chiese lei, quasi come se stesse chiedendo qualcosa di estremamente imbarazzante. E in effetti, ai suoi occhi poteva anche sembrarlo. L’uomo scosse la testa.
“Se per te va bene, potremmo andare da me” suggerì con tranquillità e anche un mezzo sorriso sul volto. Padme si sentì mancare il respiro per qualche istante. Le stava davvero chiedendo di andare a casa sua?! Sembrava incredibile. Beh, tutta la serata lo era, a pensarci bene. Quasi era tentata di tirarsi un pizzicotto per scoprire se fosse davvero sveglia oppure se stesse solo dormendo.
Si accorse che stava ancora aspettando una risposta, allora annuì e gli sorrise leggermente.
“Certo” sussurrò timidamente, al che il sorriso dell’uomo si allargò e la stretta sulla sua mano si fece più ferma.

****


“E questa è casa! Non è molto grande, ma prima o poi avrò una villa enorme con un giardino meraviglioso” annunciò Freddie, sorridendo mentre teneva la porta aperta per la ragazza. Lei sorrise. Parlava di Garden Lodge, lo sapeva. Avrebbe tanto voluto essere lì con lui una volta costruita per poter vedere quel bellissimo sorriso e i suoi occhi luccicare di orgoglio e felicità. Sarebbe stato meraviglioso.
“Secondo me è molto carina. Già è più grande di casa mia!” ridacchiò lei, passando la mano su un mobile. Aveva bisogno di toccare quelle cose, di sentire che era davvero lì e non stava immaginando tutto. Sentì la sua risata leggera e dolce, non riuscì a trattenere un altro sorriso mentre guardava ciò che la circondava.
“Fa caldo qui dentro, ti consiglio di togliere il giubbino. A meno che tu non voglia scioglierti, allora non ti posso dire nulla, mia cara” le suggerì, appendendo il suo chiodo e la sciarpa all’attaccapanni. Lei si girò e annuì. In effetti cominciava ad avere estremamente caldo, non se ne era accorta prima. Gli passò la giacca e la borsa e tornò a passeggiare per il salotto. Era davvero molto carino, le piaceva.
“Mi suoni qualcosa?” esordì, indicando il pianoforte. Lui la guardò, forse un po’ sorpreso, ma subito sorrise e annuì.
“Certo, perché no? Hai qualche idea?” le chiese, sedendosi sullo sgabellino lungo e facendole cenno di mettersi di fianco a lui. Si accomodò, gonfiando le guance mentre pensava alle canzoni che poteva chiedere. Scosse poi la testa, facendo girare i ricci tutti attorno al viso.
“No. Stupiscimi!” si morse il labbro inferiore, osservando i tasti bianchi e neri di quello strumento che tanto la affascinava.
Lo vide tenere la lingua tra i denti mentre pensava a tutte le canzoni che poteva riproporle al piano, per poi sorridere quando gli venne in mente. Le sue dita iniziarono a muoversi elegantemente sui tasti, producendo una musica dolce e lenta, molto simile ad una ballata romantica. Non riconobbe subito la melodia, non riusciva a ricondurla ad un titolo, ma l’aveva già sentita. Probabilmente era dei Beatles, lo stile era quello - sebbene filtrato da quello di Freddie, cosa che le faceva apprezzare la canzone ancora di più.
“Something in the way she moves, attracts me like no other lover, something in the way she woos me...” iniziò a cantare. Something dei Beatles, ecco cos’era. Sorrise e chiuse gli occhi, ondeggiando leggermente a ritmo di musica. Era meraviglioso, bellissimo. Si ricordò che, quando l'aveva ascoltata la prima volta, aveva subito pensato che sarebbe stata meravigliosa cantata da lui. Era contenta di sentire che non si era sbagliata. La sua voce la accarezzava e la cullava, ogni parola sembrava misurata e creata al momento, apposta per loro due. Era così bello…
Aprì gli occhi e lo guardò. Osservò le sue mani muoversi con velocità e dolcezza sullo strumento. Erano quasi ipnotiche. Erano molto più lente rispetto a quando suonava ai concerti, la melodia era più dolce. Passò poi alle sue labbra. Le guardò arricciarsi e vestire le parole, che assumevano una sfumatura ancora più dolce grazie a quella bocca. Adorava come si arrotondavano e luccicavano, rosse e carnose alla luce del lampadario.
Lo afferrò per la manica non appena ebbe finito si suonare e si avventò sulla sua bocca, baciandolo quasi con urgenza. Ne sentiva il bisogno, aveva bisogno di sentire le sue labbra contro le proprie. Erano morbide e dolci, si muovevano con gentilezza. Le passò una mano sulla nuca, avvicinandosi di più a lei mentre giocava con i suoi capelli. Schiuse leggermente la bocca, lasciandogli libero accesso alla bocca. I denti non davano fastidio, sembravano quasi non esserci, e lui era così dolce e gentile in quel bacio.
Lo vide sorridere quando si separarono, era leggermente divertito.
“Adesso prendi tu l’iniziativa, eh?” chiese trattenendo una leggera risata, ma continuando ad accarezzargli dolcemente i capelli. Lei arrossì violentemente. Non ci aveva pensato, aveva ragione… Doveva scusarsi? Non lo sapeva nemmeno lei, si sentiva così in imbarazzo!
“S-scusa…?” chiese poco convinta. Non sapeva precisamente se dovesse farlo, ma era come se si sentisse in dovere di scusarsi. Quasi lo avesse offeso a morte. Lui sorrise e scosse la testa gentilmente.
“Non devi scusarti. Ero solo un po’ sorpreso perché sembravi molto timida, mia cara. Ma non disdegno affatto, non credere! Apprezzo davvero molto” commentò con un sorriso, gli occhi socchiusi.
Padme dovette mordersi il labbro inferiore per non dire cose a sproposito, magari mezze urlandole perché lei non era affatto capace di modulare la voce. Perché doveva essere tutto così difficile? Non poteva essere come tutte le altre ragazze che trovano estremamente facile approcciarsi agli altri senza fare brutte figure? Doveva essere sempre quella goffa, quella strana, che dice battute a sproposito che non fanno ridere nessuno se non lei.
“Padme? Ehi, ci sei?” le agitò una mano davanti, ridendo. Lei arrossì ancora di più se possibile e balbettò qualche scusa sconnessa. Appunto, parlava di figuracce…
“Scusa, mi ero incantata” replicò, cercando di suonare il più naturale e tranquilla possibile. Si azzardò anche a sorridergli come niente fosse. Lui rise leggermente, scuotendo appena la testa.
“Me ne ero accorto!” si passò una mano tra i capelli, ravvivandoli. Era forse nervoso anche lui…? “Posso offrirti qualcosa? Non so… Quello che vuoi” Padme ridacchiò. Si sarebbe divertita…
“Voglio vederti cucinare!” esclamò con un sorriso sornione. Lo vide immobilizzarsi e guardarla con gli occhi spalancati.
“Scusa?”
“Hai capito bene!”
“Ma non so cucinare!”
“Appunto per questo voglio vederti farlo!” disse, non riuscendo più a trattenere una grossa risata che cercò comunque di dissimulare e nascondere con una mano.
“Allora sei stronza!” esclamò, cercando di suonare arrabbiato ma non riuscendo comunque a nascondere la risata. La prese per i fianchi e iniziò a farle il solletico. Lei cominciò a ridere e dimenarsi per cercare di sfuggirgli, ma lui la tenne più stretta. “Eh no, adesso la paghi!” aggiunse, continuando a muovere le dita contro i suoi fianchi.
“Smettila!” quasi urlò, senza riuscire a smettere di ridere. Lo prese per i polsi e si liberò, scappando dall'altra parte della casa. Sentì distintamente che anche lui si era alzato e, ridendo leggermente, la voleva seguire.
Si chiuse nella prima stanza che trovò, riprendendo fiato e massaggiandosi i fianchi. Si guardò attorno. Era finita nella sua camera da letto… Si morse il labbro. Dannazione! Non ne aveva intenzione, lei…
“Ah, passi già lì, eh?” commentò lui dopo aver aperto la porta, poggiandole le mani sulle spalle. Lei sobbalzò, sorpresa. Si girò verso di lui.
“No, in… In realtà è la prima stanza che ho trovato e… Non volevo!”
Lui scosse la testa, come a dirle che non doveva preoccuparsi e men che meno scusarsi. Si allontanò leggermente, andando verso il comò.
“Mi sono piaciute le correzioni su Death on two legs di stamattina” disse con tono calmo, ravanando nei cassetti. Tirò fuori dei fogli scritti, quasi non c'era più uno spazio bianco. Glieli porse. “Non so se riuscirai a capirci qualcosa, non credo, ma vorrei la leggessi”
Padme annuì, prendendo i fogli. Si tolse le scarpe e si andò a sedere a gambe incrociate sul letto, la schiena contro un cuscino. Sentì il materasso abbassarsi di fianco a lei e le molle cigolare pigramente, segno che anche Freddie si era accomodato. Guardò i fogli. C'erano righe scritte e poi cancellate, scarabocchi e disegnini ornavano quasi ogni angolo. Si sistemò gli occhiali e si portò i capelli indietro, cercando di decifrare le parole che riusciva a malapena a leggere.
“Non si legge un cazzo! Nemmeno il titolo!”
Lui rise, passandosi una mano sulla fronte.
“Lo so, tesoro. Quello è il foglio peggiore. Ecco, prendi questo…” sfilò uno degli ultimi dalle dita della ragazza, mettendolo in cima. “Ho provato a scriverla mettendo assieme tutto, ma non mi convincono molto alcune parti”
La ragazza annuì, assicurandolo con il pollice ai suoi compagni. Si costrinse a rimanere calma. In cima capeggiava la grande ed elegante scritta ‘Bohemian Rhapsody’. Si schiarì la gola, iniziando a leggere il testo. Era perfetto, era proprio quello… Voleva dire che non ne era così sicuro? Sorrise.
“È perfetta così. Davvero. Sarà un grande successo!”
“Dici davvero?” si raddrizzò con la schiena, gli occhi gli brillavano. “Vorrei farla in parte operistica, una specie di opera rock, ma non credo che la manderanno mai per radio…”
“Fidati di me, un modo lo troverai” gli fece l'occhiolino. “Credo proprio che con questa canzone sfonderete e sarete conosciuti dappertutto!” non voleva dirgli che sarebbe successo davvero, non gli avrebbe creduto. Ma quello sembrava un augurio, un qualcosa che tutti potrebbero dire e che, se avverato, può sembrare mera coincidenza. Lo vide sorridere, felice e impaziente di vedersi finalmente famoso. “Ho una sola domanda…”
“Tutto quello che vuoi”
“Che cosa significa?” non le costava nulla chiederglielo. Al massimo non le avrebbe risposto. Ma lei era così curiosa… Voleva saperlo, non lo avrebbe detto a nessuno. Sarebbe stato il suo piccolo, grande segreto. Freddie sorrise, scuotendo leggermente la testa.
“Mi spiace, ma il segreto mi seguirà nella tomba!” ridacchiò.
“Allora ti conviene inventare qualcosa per le interviste, te lo chiederanno di sicuro!” in fondo sapeva che non glielo avrebbe detto. Era forse un po’ delusa? No, non molto… andava bene così, dopotutto.
“Dirò che non lo so!” commentò con nonchalance. “Ti piace davvero?”
“Da morire” replicò sorridendogli dolcemente. Lui si sollevò e si allungò appena, prendendo delicatamente i fogli e poggiandoli sul cuscino. Le stampò poi un bacio sulle labbra con tanto di schiocco.
“Ti fermi a dormire?”
“Io credo…” si illuminò una lampadina nel suo cervello. Dannazione, e se Mary fosse arrivata? Di sicuro non sarebbe stata felice e avrebbe potuto rovinare la vita di entrambi in un modo che non avrebbe voluto immaginare. “La tua fidanzata non torna a casa stasera?”
“Mary? No, è dai suoi genitori… Sua madre non sta molto bene e quindi suo padre ha chiesto aiuto a lei. Non preoccuparti” le sorrise, passandole una mano tra i capelli. Si sentiva leggermente sollevata. Non voleva certo andarsene in quel momento, voleva stare con lui tutto il tempo possibile.
Si sistemò di fianco a lui, stirando leggermente la schiena. Gli passò un braccio attorno al petto. Aveva un buon profumo, le piaceva molto. Soffocò uno sbadiglio, mettendosi meglio. Le carezze dell'uomo sulla schiena la rilassavano così tanto… Prese a giocare con i suoi capelli, come faceva sempre quando era stanca.
“Vuoi cambiarti?”
“Mh?”
“In caso ti addormenti. Non credo siano molto comodi quei vestiti…”
“Non è una scusa per guardarmi mentre mi spoglio?” replicò, tuttavia si alzò annuendo. In fondo aveva ragione, le conveniva cambiarsi.
“Cazzo, mi hai scoperto!” commentò ridendo, aprendo un cassetto dell’armadio e lanciandole una t-shirt bianca e un paio di pantaloncini. Gli mostrò il dito medio e si cambiò, notando con la coda dell'occhio che lo stava facendo anche lui. Si tolse il reggiseno una volta che aveva indossato la maglietta, poggiandolo sopra agli altri vestiti. “Potevi toglierlo anche prima…”
“Pervertito!” ridacchiò sedendosi accanto a lui.
“Non vi capisco voi donne. Perché lo portate se ve ne lamentate sempre?”
“Beh…” l'aveva presa in contropiede. Già, perché lo facevano? Era effettivamente una tortura. “Le donne con le tette grosse devono metterlo per tenerle… Altrimenti poi fa male la schiena”
“Okay, e quelle piatte come te?”
“Ehi!” gli tirò uno schiaffo sul braccio mentre lui rideva e cercava di proteggersi. “Decenza, credo. Io poi cerco di farle sembrare più grandi. Anche se a volte vado in giro senza”
“Dovresti farlo sempre! Come le hippie. Così si vedrebbero sempre dei bei meloni saltellare su e giù!” rise di nuovo, mentre Padme lo guardava stizzita e gli tirò un pizzicotto sul fianco.
“Ma certo che sei stronzo!”
“Fino al midollo, tesoro!” affermò, prendendole i polsi e tirandosela più vicino per poterle dare un bacio.

****


Padme si svegliò quando il sole era già alto nel cielo la mattina dopo. Si stropicciò gli occhi. Girò la testa e sorrise leggermente. Quasi si era dimenticata di essere lì. Freddie stava ancora dormendo, il viso mezzo affondato nel cuscino e un braccio attorno alla vita della ragazza. Di sicuro il risveglio più bello che avesse mai avuto. Si allungò sul comodino per riprendere gli occhiali, cercando di non svegliarlo. Diede un'occhiata alla sveglia. Le nove meno un quarto. Non era nemmeno così tardi, avevano ancora un po’ di tempo da passare assieme.
Si alzò, scivolando via dal suo abbraccio il più piano possibile. Non voleva svegliarlo, non in quel momento almeno. Sgattaiolò in bagno e, dopo qualche minuto, in cucina. Voleva preparare la colazione, sperando di non far danni. Magari sarebbe riuscita a fare un the decente. O forse no. Ma voleva provarci lo stesso. Al massimo avrebbero pulito e sarebbero andati a mangiare fuori.
Frugò tra i ripiani dei mobiletti finché trovò il bollitore. Lo riempì d’acqua e lo mise sul fuoco, dedicandosi poi alla ricerca delle bustine del the. Le fece scivolare gentilmente nelle tazze, stando attenta a prendere l’Earl Grey, il preferito dell'uomo. Rimase qualche istante davanti alla teiera. Come faceva a sapere quando era pronto? Doveva fischiare, come le pentole a pressione? Era abituata ai bollitori che suonavano, o al massimo a mettere la tazza piena di acqua calda nel forno a microonde per un minuto. Si grattò la testa. Era completamente senza idee.
“Problemi col the, tesoro? E poi sarei io quello che non sa cucinare?” ridacchiò divertito Freddie, passandole le braccia attorno da dietro. Poggiò il mento sulla sua spalla, l'aria divertita mentre Padme gli faceva la linguaccia.
“Non ho mai detto di esserne capace, in realtà. Comunque non sei simpatico!”
“Ah, che peccato! E dire che volevo svelarti come capirlo…” disse, nascondendo una risatina nel collo della ragazza. Era quasi in procinto di chiederglielo, quando un fischio acuto nacque dalla teiera. Gli mostrò il dito medio, trionfante.
“Non ne ho più bisogno!”
“Allora sono inutile!” rise di nuovo, separandosi da lei e alzando le mani. Prese un pacco di biscotti che lanciò sul tavolo mentre lei versava l'acqua nelle tazze e le poggiava davanti a due sedie.
“C'è il miele?”
L'uomo annuì, indicandole un mobiletto sopra il ripiano della cucina. Padme si alzò in punta di piedi per riuscire a raggiungerlo, odiava essere così bassa. Recuperò anche un cucchiaino e si sedette di fianco a lui, addolcendo il the e addentando un biscotto. Fecero colazione in silenzio. Si sarebbero dovuti separare in poco tempo, nessuno dei due voleva farlo.
Una volta finito, misero tutto nel lavandino. Padme voleva lavare, ma Freddie le disse che non doveva preoccuparsi. Lo avrebbe fatto lui dopo. La sospinse verso la camera per cambiarsi. Non doveva far tardi, altrimenti avrebbe perso il suo viaggio.
“Dove devo accompagnarti?”
“Allo studio di registrazione di ieri. È lì che viene a prendermi il mio… Amico” disse leggermente esitate, allacciandosi la camicia. Lui annuì, finendo di vestirsi a sua volta.
Quando furono pronti, uscirono di casa e presero un taxi. Il viaggio fu abbastanza silenzioso, disturbato solamente da alcuni vani tentativi del tassista di instaurare una conversazione e le note di varie canzoni che passavano alla radio. Era decisamente imbarazzante. Non era uno di quei silenzi tranquilli, in cui non si ha bisogno di parlare. Lì non sapevano cosa dire, a parte qualche risatina alle battute del conducente o delle risposte mezze borbottate. Ovviamente lui non aveva riconosciuto Freddie. Padme si trovò a pensare che sarebbe stato divertente quando, in futuro, quell'uomo si fosse reso conto a chi aveva dato un passaggio. Probabilmente avrebbe sputato il caffè o qualsiasi cosa avesse in bocca. Fu tuttavia veloce ad arrivare a destinazione. Dopo una breve lotta per chi dovesse pagare il passaggio - che vinse Padme - si trovarono davanti agli studi di registrazione. Freddie si passò una mano tra i lunghi capelli corvini.
“Abbiamo ancora dieci minuti” disse piano, guardandola negli occhi. Lei annuì, deglutendo a vuoto. “Ci rivedremo?”
“Io… Non lo so. Lo spero” gli disse con un leggerissimo sorriso. Non ne era per niente convinta, il Dottore non l'avrebbe di certo portata di nuovo da lui. Si mordicchiò il labbro inferiore.
“È un addio, quindi?” mormorò, aggrottando le sopracciglia. Padme non riusciva a guardarlo negli occhi. Quegli occhi così belli… Non poteva mentirgli guardandolo così. Sospirò pesantemente.
“Per ora… Sembrerebbe di sì. Vorrei tanto che non lo fosse…” si strinse appena nel giubbino per la folata di vento. Freddie ridacchiò leggermente, ma la ragazza poteva percepire una leggera nota di tristezza dietro la sua voce. Si sentì sfiorare la guarda e alzò lo sguardo, incontrando il suo. Sorrideva. Come poteva esistere un uomo più perfetto di lui?
“Nemmeno io. Però sono contento di averti incontrata” continuò, poggiando la fronte contro la sua. Padme poteva sentire il suo profumo dolce entrarle nelle narici. Lo amava, non poteva negarlo. Si separò leggermente, togliendosi un anello e mettendoglielo in mano. Era una semplice fedina d'oro, senza niente di particolare.
“Tienilo. Mettilo quando vuoi e sarà come avermi lì con te” si passò la lingua sulle labbra. Sapeva che quello suonava come un vero e proprio addio, ma in fondo sapeva che lo era. Vide l'uomo annuire e infilarsi l'anello sull'indice destro. Guardò l'orologio da polso e sospirò. “Devo andare ora…”
“Devi per forza?”
“Sì… Non vorrei nemmeno io” accennò un sorriso leggero nella sua direzione e gli accarezzò piano una guancia. “Ciao…” quasi aveva paura paura dire quella parola. Si girò e iniziò ad allontanarsi. Si bloccò quando si sentì prendere per un braccio. Si trovò velocemente tra le sue braccia e sentì le sue labbra permute con forza contro le sue. Si trovò a ricambiare quel bacio con le mani sul suo viso. Forse quello sarebbe stato il loro ultimo bacio. anzi, ne era convinta. Quando si separarono, rimasero qualche istante a guardarsi negli occhi, finché Freddie aprì la bocca per parlare.
“Credo che ora tu debba proprio andare…” sussurrò.
“Già…” sospirò. Si guardarono ancora per qualche istante e poi si salutarono con una dolce e leggera carezza.
Padme si infilò nel vicoletto buio in cui sapeva trovarsi ancora il Tardis. E infatti era lì, sempre meraviglioso. Sospirò e tirò fuori la sua chiave, aprendolo e entrandovi a passo lento. Il Dottore alzò la testa, sorridendo felice.
“Padme! Bentornata! Dove andiamo?” chiese entusiasmato, pigiando qualche tasto. La risposta della ragazza, però, gli fece abbassare le spalle. La guardò con gli occhi grandi, dispiaciuto. In fondo sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma si era lasciato convincere. La vide andare via con la schiena curva. Il Dottore sospirò. Gliela doveva, doveva farlo per l'ultima volta. Digitò una data, lontana di qualche anno. Probabilmente se ne sarebbe pentito, ma non poteva viaggiare con la sua compagna in quello stato. Doveva porvi rimedio assolutamente.
24 novembre 1991. Sì, doveva portarla lì.

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