LORDRAN

di Dear M
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo. ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo. ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo. ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo ***


~~20 Luglio 2000

 AURORA, ILLINOIS– ‘Erano delle persone riservate, ma sempre disponibili.’ Ecco le parole rotte dalle lacrime, della vicina di casa della famiglia Evans.
 E’ successo in zona N River street, dove il corpo di Kyle Evans, celebre giornalista, è stato trovato morto nel salotto di casa.  A dare l’allarme è stata la vicina della famiglia, che ha affermato di aver sentito delle urla e solo in un secondo momento all’interno della casa si è sviluppato un incendio. Sul posto si sono recati immediatamente i Vigili del Fuoco, che hanno provveduto a fermare le fiamme e le forze dell’ordine. L’incendio per fortuna non ha causato nessun morto, ma il signor. Evans è deceduto nell’accaduto, ancora la causa è sconosciuta. Della signora Lilian McAdams, in Evans, non si sa molto, sembra scomparsa nel nulla. Salva, invece, la figlia, 4 anni,  che per motivi familiari era andata dalla zia. Ancora non chiara la causa dell’incendio a seguito del quale l’abitazione è rimasta distrutta. Secondo alcune voci non confermate, l’opinione dei magistrati è che si sia trattato di un incendio doloso e di suicidio.
                                                                                                            (Aurora News)

 
26 Settembre 2014

 Era iniziato un nuovo anno alla ‘Sullivan South High School’, la mia scuola. Quella mattina la professoressa di chimica entrò in classe con un insolito sorriso malizioso sulla labbra. Non avevo idea del motivo, ma la cosa mi terrorizzava. Infatti, pochi istanti dopo mi trovai davanti ad un foglio bianco. Sorpresa! Giusto per non farsi mancare niente il primo week-end di quarta liceo. Chimica era una di quelle materie per la quale non impazzivo. Tutte quelle lettere, quei numeri, quei calcoli, non facevano per me. Quindi, come la maggior parte dei liceali che in quel momento si sarebbe trovato nella mia situazione, decisi di copiare da Danielle, la mia migliore amica, un piccolo genietto. Ovviamente, il fato quella mattina non era dalla mia parte. Fatto sta che, la serpe della professoressa mi spostò al primo banco. Ero in trappola! La mia unica possibilità era Cassidy Frost, secchiona della classe. Ma anche lei, da buona intelligentona, non ne volle sapere nulla. Benissimo! Eravamo rimasti in due, io e il mio compito ancora bianco dopo 10 minuti. Se il buongiorno si vedeva dal mattino, quella sarebbe stata una giornata di merda, ne ero sicura.

-Summer, come è andato?!- mi chiese Danielle al suono della campanella.
 -Uno schifo! A te?-risposi grattandomi la testa
 -Sinceramente penso bene, ho risposto a tutto!-
-Io non ho saputo rispondere neanche alla metà di quelle stupide domande!-brontolò Cameron, il terzo elemento del trio. Era un ragazzo alto, capelli mori e occhi scuri. Lui e Danielle erano i miei migliori amici, gli unici amici che mi ero fatta a Kingsport.
 -Siamo sulla stessa barca Cameron!- esclamai battendogli il pugno.
  -Io, invece, penso di essere stata brava in questo test!- esclamò Danielle e come risposta ottenne solo una smorfia da Cameron, seguita da una domanda retorica.
-C’è qualcosa in cui non sei brava Dani?!-

Già, Danielle Martinez era un genietto, come ho detto prima. E non aveva solo la qualità di essere brava a scuola, ma era anche una bella ragazza, la bellezza sud Americana, infatti suo babbo era originario dell’Argentina. Non era molto alta, era magra e estroversa. Aveva i capelli neri corvino che portava quasi sempre sciolti e aveva anche una zazzera, sotto la quale si nascondevano due piccoli occhi scuri a mandorla, probabilmente ‘ereditati’ da sua madre che era filippina. Lei e Cameron si conoscevano sin da bambini, io invece ero la nuova arrivata del gruppo, quella che da una decina d’anni s’era trasferita da Aurora, Illinois e aveva solo due amici. Ho un carattere particolare, dopo gli avvenimenti passati mi sono chiusa, mi sono creata una corazza resistente. Non sono molto disposta a conoscere gente nuova, non mi piacciono gli estranei e alle volte risulto arrogante. Fortunatamente, Danielle e Cameron sono più espansivi e anche piuttosto testardi. Ricordo che vollero fare amicizia con me, ‘obbligatoriamente’, testuali parole.

 Al suono dell’ultima campanella, Cameron e Danielle presero il solito pullman e tornarono a casa insieme, mentre io, abitando vicino, andavo sempre a piedi e quasi sempre da sola.  Quella volta, appena girai l’angolo, trovai Logan, capitano della squadra di football della scuola, e Jade, cheerleader, che si stavano letteralmente consumando l’uno con l’altra. Che schifo!
 Senza dire una parola, ma pensando di tutto, passai a dritto e indossai le cuffie.
 Cameron mi presentò per la prima volta Logan, giocano nella stessa squadra. Mi disse che voleva conoscermi, perché era attratto da me e che avrebbe voluto una possibilità. Io lasciai stare subito la cosa, non era una buona idea uscire con uno del genere, diciamo che non riuscii a trovare quella giusta alchimia, anche per il semplice motivo che il suo unico interesse verso una ragazza, anzi, verso qualunque cosa respirasse, fosse quello di palpare, odorare, provare. Che schifo, di nuovo!

 Appena arrivai a casa, trovai mia zia Megan in giardino che stava annaffiando i suoi adorati fiori. Lei era la sorella minore di mio padre, che appena seppe dei miei, non esitò a prendermi con sé e io non l’ho mai ringraziata tanto per questo. Era una donna sulla quarantina d’anni, non tanto alta e le somigliavo molto. Inoltre aveva una passione sfrenata per i fiori e la cucina.
 Dopo pranzo, precisamente verso le 15, Danielle mi chiamò chiedendomi se mi andava di studiare storia insieme, così salutai mia zia e uscii di casa con una semplice borsa e il libro di storia in mano. Fuori c’era una calma quasi insolita. Decisi di approfittarne per fare la strada più lunga e rilassarmi un po’. Adoravo la tranquillità e il silenzio, quindi camminai lentamente per assaporare tutta quella bellissima quiete. La contemplazione di quella pace venne interrotta quando sul ciglio opposto della strada vidi un uomo che mi fissava. Notai che mi stava seguendo!

 Era un uomo che metteva i brividi. Molto alto, braccia insolitamente lunghe, movimenti leggeri e indossava un impermeabile di colore nero che lo copriva completamente. Poi, guardando più in basso notai che i piedi non c’erano. Non aveva i piedi!
 Così cercai di far finta di niente, abbassai lo sguardo e accelerai il passo, un piede dopo l’altro, uno dopo l’altro, sempre più veloce, cercando di seminarlo, fino a quando non me lo ritrovai davanti e sobbalzai. I suoi occhi erano terrificanti, di un giallo acceso. E il suo sguardo… agghiacciante. Rimasi a fissarlo per qualche istante, poi per non dare nell’occhio, cercai di indietreggiare lentamente, ma quell’uomo continuava a camminare verso di me. Presa dal panico cominciai a correre, cercavo di andare più veloce possibile e appena attraversai la strada mi voltai per vedere dov’era finito e vidi un’automobile passargli attraverso come se fosse un fantasma. In un primo momento pensai ad un sogno, cercai di convincermi che non poteva farmi del male, era tutto finto. Invece, nonostante io continuassi a sbattere gli occhi e a rilassarmi, quella specie di mostro era ancora lì. Cominciai a gridare aiuto, avevo bisogno di qualcuno. All’improvviso, girando l’angolo inciampai sul ciglio del marciapiede e l’uomo fantasma ne approfittò per farmi del male, ma prima che arrivasse a toccarmi qualcosa lo fece gridare di dolore e alzando gli occhi gridai anche io: vidi un pugnale oltrepassargli il petto e qualche secondo dopo, vidi il mostro dissolversi nell’aria. Rimasi a terra sconvolta e senza fiato, continuando a fissare quel ragazzo biondo misterioso. Dopo qualche istante, qualcuno venne a darmi una mano, erano Danielle e Cameron. Nel panico, non mi ero nemmeno accorta di essere vicino casa della mia migliore amica.

-Summer?! Che è successo?- disse aiutandomi ad alzare. Cameron mi tirava su da un braccio e Danielle dal braccio opposto. Non risposi, ero impaurita e stavo ancora fissando quel ragazzo, che sembrava più confuso di me.
 -Che stai guardando, Summer?!- chiese Cameron.
 -Lui!- dissi con un filo di voce indicandolo.
-Summer, non c’è nessuno!- esclamò Danielle preoccupata di quello che stavo dicendo.
-Come?! Non lo vedi?! E’ proprio…- ma appena mi voltai per indicarlo di nuovo, il ragazzo era sparito nel nulla, proprio come quel mostro.
 -Vieni, andiamo in casa. Hai solo bisogno di riposo.- disse Cameron.

 Raccontai ai ragazzi tutto quello che era successo, ma mentre parlavo mi rendevo conto di dire cose che non stavano né in cielo, né in terra. Era impossibile e anche le loro facce stranite erano d’accordo. Quindi, per evitare di continuare a sembrare pazza, decisi di lasciare stare tutto quello che avevo vissuto in quei terribili 10 minuti, magari avevano ragione loro, avevo bisogno solo di riposo o di un po’ di distrazione. Così, appena finita la lunga sessione di studio, Danielle mi propose di andare a ballare. Quella sera, all’Eclipse, unica discoteca della città, ci sarebbe stata una gran festa: musica, ragazzi e tanto divertimento, così dicevano le locandine in città. Anche se non ero amante della discoteca, pensai tra me e me perché non andare. Chiamai mia zia per avvertirla che sarei rimasta a dormire da Danielle, se gli avessi detto della discoteca, penso che non mi avrebbe mandato, soprattutto in quest’ultimo periodo. Non so bene il motivo, ma negli ultimi mesi era diventata più ansiosa e ossessiva, come se qualcosa la spaventasse.

 Verso le 22 e 30 ci avviamo in macchina all’Eclipse. La musica era altissima e la gente tantissima. Ansia, era l’aggettivo che mi descriveva di più in quel momento, ero sicura che non mi sarei trovata per niente a mio agio. L’attesa per entrare in quel locale fu a dir poco lunga, ma una volta entrati, Cameron e Danielle non persero un secondo e si buttarono in pista, io invece, non essendo amante, optai per bere qualcosa: mojito. Con il bicchiere in mano raggiunsi il divanetto nero vicino alla finestra e da seduta cercavo con lo sguardo i miei amici, una cosa praticamente impossibile, troppa gente e troppo caos. Così lasciai stare, cominciai a bere il mio drink e a sorridere ai ragazzi che incrociavano il mio sguardo. Il locale era avvolto dal fumo che arrivava dalle tantissime sigarette accese, almeno 2 ragazzi su 3 fumavano, le luci colorate si inseguivano sulla pista, prima viola, poi verde, poi rosso, le ragazze agitavano i loro capelli e con movimenti sensuali cercavano di accaparrarsi il ‘maschio’ più sexy. Insomma, la vitalità sgorgava fuori e riempiva l’aria. Però, sono sempre stata dell’idea che gli umani fossero essere stupidi che avevano una cosa così preziosa tra le mani e la trattavano in modo tanto superficiale, quasi spaventoso. Quella sera fu solo la conferma di questa mia teoria, soprattutto quando vidi un ragazzo con più di un piercing in viso e un borsetto, che distribuiva, come niente fosse, delle pasticche. Allibita da tutta questa situazione guardai altrove e notai un ragazzo moro e con gli occhi colore del mare che mi stava fissando dal bancone del bar. Mi sorrideva, mi stuzzicava, allora, anche se finora mi sono descritta come una ragazza asociale che ce l’ha con il mondo intero, non significa che non so flirtare con un ragazzo sconosciuto. Cominciai a fissarlo, a toccami il labbro inferiore e a sorridere, come se volessi dire ‘Vieni qui, c’è un posto libero per te’. Con uno scatto fulmineo, il ragazzo divenne improvvisamente attento e fissava un punto del locale. Cercai di  capire cosa stavo fissando e seguendo la linea del suo sguardo vidi una ragazza. Ok, non ero nemmeno più in grado di flirtare con un ragazzo, lo ammetto. Comunque, cercai di non prenderla troppo sul personale, ma ovviamente, riconoscendo che quella ragazza era 'wow' , potevo solamente dire: GAME OVER.

 Vedendolo andare verso la ragazza, mi sollevai sulle punte dei piedi, nel tentativo di vedere oltre l’enorme folla. Piano, piano che si avvicinava a lei, notai che in realtà la persona che stava raggiungendo non era la ragazza, ma bensì un ragazzo biondo. ‘Ragazzo biondo? No!’ Pensai tra me e me.

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Eccoci qua. Ho deciso di pubblicare la storia sulla mia pagina, per vedere se poteva avere più successo. Mi raccomando ci tengo molto. Fatemi sapere cosa ne pensate e tutte le domande che avete. BACIONI.
Dear M.  

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Capitolo 2
*** 2 Capitolo ***


~~Stavo seguendo con sguardo attento e impaurito i ragazzi. I due si fermarono davanti alla porta dell’uscita sul retro e cominciarono a parlare. La situazione sembrava normale, fino a quando il famoso ragazzo biondo infilò una mano dentro il suo giubbotto nero e tirò fuori lo stesso pugnale della volta prima. Lo puntò alla gola del bellissimo ragazzo moro e lo spinse fuori dalla porta. Pensando a quello che poteva succedere decisi di raggiungerli fuori. M’insinuai tra la folla nel panico e cercando di farmi spazio, andai a sbattere contro un ragazzo, era Cameron.
-Chiama la polizia!- gli dissi allarmata
-Cosa?!- mi urlò a causa del volume alto della musica, ma percepì che era stranito.
-Cameron, chiama la polizia, adesso!- gli urlai in faccia, prima di avviarmi verso quella porta.

Aprii la porta sul retro e uscii dal locale. Ero in una piccola traversa della strada principale, era buio e c’era un cattivo odore. Quando mi voltai a destra notai i due ragazzi e per non farmi vedere mi nascosi dietro un secchione della spazzatura, le gambe tremavano e il respiro era sempre più pesante. In realtà, in quel momento, i due non erano più da soli, ma in compagnia di altri giovani amici del biondo: un ragazzo e una ragazza, che stavano ponendo incessantemente la stessa domanda al ragazzo moro: ‘Quante siete?’ Tra me e me pensai ‘Quante siete chi?’, ma il moro rispose.
-Non so di cosa parli!-
-Si che lo sai! Quante siete?- la tranquillità con cui il biondo si rivolse metteva i brividi.
-Davvero, non so niente di questa storia!- ripeté il ragazzo
-Servi di Satana, secondo la religione e esseri maledetti secondo Lor…-
-Basta Nathan!- esclamò la ragazza accanto a lui.
-Sì, ha ragione Jasmine. Facciamola finita, uccidilo!- disse il ragazzo avvicinandosi al moro con rabbia
-Allora? Non aggiungi niente?- chiese Nathan fissando il moro che si trovava con le spalle al muro.
-So dove si trova Apas…-
-Sta mentendo Nathan! Il maestro ce lo avrebbe detto!- esclamò Jasmine
-Tejas, è la verità!- disse il moro rivolgendosi a Nathan.
-Uccidilo, Nathan. Non ci dirà nulla!- disse l’altro amico del biondo.
Nathan alzò la mano dove impugnava il solito pugnale con quella lama estremamente affilata. Il ragazzo moro sussurrò – Apas è in pericolo e io posso aiutarvi!- In quel momento gli occhi del biondo, Nathan, si riempirono di rabbia e dolore.
-Secondo le nostre scritture, voi dite sempre di poterci aiutare, ma in realtà non vedete l’ora di distruggerci. E’ arrivato il momento che tu raggiunga il tuo padrone… All’Inferno!- Sollevò nuovamente la mano con il pugnale che infilzò dritto nel petto del ragazzo. Non resistei oltre. Uscii da dietro il secchio urlando ‘Fermo’, ma era troppo tardi. Il ragazzo si dissolse nell’aria, come se non fosse mai esistito, mentre gli altri tre, cominciarono a fissarmi spaventati e senza parole. Avevano gli occhi sbarrati e lo sguardo smarrito. Sarei dovuta essere io quella spaventata, non loro! Il primo a parlare tra di loro fu il ragazzo castano, ancora non avevo capito il suo nome.
-Cos’è?- chiese fissandomi sempre con quello sguardo pieno di rabbia, come se gli avessi fatto un torto.
-E’ una ragazza, Ian. Sicuramente ne avrai già vista qualcuna, no?!- disse ironicamente avvicinandosi. Cominciò a girarmi intorno, come se lui fosse il predatore e io la sua più succulente preda. Poi si fermò davanti a me fissandomi dritto negli occhi. I suoi erano chiari, di un verde non brillante, ma tendente al giallo. Erano profondi e pieni d’intensità. –Ti dirò anche di più Ian... E’ una ragazzina e…-
-Non chiamarmi ragazzina!- esclamai interrompendolo.
-E’ un essere umano!- disse la ragazza raggiungendo quell’arrogante biondo, Nathan.
-Ma ci può vedere?!- chiese confuso e da lontano Ian.
-Non sono mica cieca, eh..-
-Oh sì che lo sei.- disse Nathan spostandosi il ciuffo della criniera dorata –E’ meglio che torni dentro, lo dico per il tuo bene!-
-Non tornerò a ballare. Se io torno la dentro, voi ucciderete altri ragazzi, strani, ma innocenti!- il cuore stava battendo all’impazzata, come se da un momento all’altro potesse uscire dal mio petto.
-E a te cosa importa?- chiese Nathan portando le braccia al cielo
-Non potete andare in giro e uccidere le persone!-
-Hai ragione- ammise Nathan – Ma vedi, quella non era una persona, ragazzina. Può sembrare una persona, parlare come una persona e sorridere come una persona, ma in realtà è tutto tranne che una persona!- disse agitandosi e alzando il tono della voce.
-Nathan, basta!- esclamò la sua amica riccia.
-Tu sei pazzo!- farfugliai – Ho fatto chiamare la polizia, saranno qui a momenti...-
Tutti e tre mi guardavano in silenzio, così continuai a parlare tra le lacrime.
 –Siete tutti pazzi… Pensate di essere degli eroi? Uccidete la gente come niente fosse. La polizia…-
-La polizia non potrà farci niente… Di cosa ci può mai accusare?- disse Nathan avvicinandosi a me nuovamente. Il suo amico Ian lo seguì con un’espressione irritata in volto.
Guardai oltre i due ragazzi per vedere se c’era qualche traccia  a terra o qualche maledetta cosa che avrebbe potuto sbatterli dentro, ma non c’era niente. Il ragazzo s’era come dissolto e il pavimento era pulito, come se quello che era appena successo,  non fosse mai successo.
-Quando muoiono tornano alla loro dimensione originale, ma se le lasciassimo vivere non…-  Nathan stava cercando di spiegare, ma la sua sempre più simpatica amica, lo interruppe.
-Nathan, stai attento a cosa dici. Non possiamo fidarci di lei!-
-Ci può vedere, ti sembra poco?!- disse voltando lo sguardo verso Jasmine.
In quel momento, Ian, con uno scatto fulmineo, mi bloccò le braccia dietro la schiena e tappò la mia bocca con una delle sue enormi mani.
-Allora, cosa facciamo di lei?!- chiese con quel sorriso malizioso, quasi odioso.
-Lasciala stare!- esclamò Nathan allontanandosi indifferentemente
-Dovremmo portarla con noi, penso che Seros voglia conoscerla!- disse continuando a sorridere.
-No! E’ troppo pericoloso, lei non è dei nostri!- esclamò Jasmine.
-Ne sei sicura?- sussurrò Nathan alla ragazza. Il suo tono tranquillo era da brividi, spaventoso quasi più della pazzia di Ian e il nervosismo di Jasmine.
-Allora, la ragazzina?- ripeté Ian vedendo che Nathan era indifferente
Tra me e me pensai ‘Non sono una ragazzina, stronzo che non sei altro!’
-Te l’ho già detto. Lasciala stare!- disse senza neanche voltarsi.
Alle sue parole, Ian obbedì come un cagnolino bastonato, e appena lasciò la presa cascai a terra e le ginocchia andarono contro l’umido asfalto di quella strada. Gemetti per un secondo e rimasi immobile, mentre le lacrime bagnavano le mie guance rosee.
All’improvviso, sentii due voci preoccupate chiamarmi incessantemente. Erano Cameron e Danielle in compagnia di 2 poliziotti. Mi voltai di scatto, ma rimasi a terra. I 2 poliziotti erano sulla porta, mentre i miei amici, mi aiutarono a tirarmi su.
-Tutto bene, Summer?- chiese Danielle guardando la strada buia.
-Cosa ci fai qui da sola?- chiese preoccupato Cameron.
Lo guardai con gli occhi rossi e gonfi, poi mi voltai verso i 3 ragazzi. Ian e Jasmine se ne stavano andando con calma, mentre Nathan rimase lì a guardare, con la maglietta ancora sporca di sangue. Era evidente che nessuno dei presenti li vedesse, tranne me.
-Credevo fossero qua fuori!- tentai di trovare una giustificazione a tutta quella confusione.
-Chi?- chiese Danielle stranita
-Delle persone pericolose. Evidentemente mi sono sbagliata. Scusate!-
Notai che lo sguardo di Danielle incrociò quello di Cameron che incrociò, subito dopo, quello dei due poliziotti e passò da preoccupazione a imbarazzo in pochissimo tempo.


-Ma che ti prende?- mi chiese Cameron, tendendo per mano Danielle, e inseguendomi fuori dal locale.
-Voglio tornare a casa!- dissi continuando a camminare
-Hai accettato qualcosa che ti hanno offerto?- chiese Danielle convinta di aver trovato la soluzione al mio stato confusionario.
-No! Certo che no. Ho solo bevuto un Mojito!- esclamai voltandomi
-Sai, alle volte mettono delle pasticche dentro i drink, solo per essere sicuri che le persone si divertano!- disse Danielle in modo insistente.
-Senti, non sono stata drogata. Sto bene!- esclamai innervosita.
-Certo!- esclamò Cameron -Ho visto la tua faccia quando eravamo sul retro. Eri spaventata e anche tanto, Summer!- e si fermò sul ciglio della strada.
-Ragazzi, è stato semplicemente un errore. Ok? Un errore.- risposi senza sbilanciarmi troppo.
-Bè, è stato imbarazzante, se proprio lo vuoi sapere!- esclamò Danielle con tono provocatorio. –Adesso non potremo più tornare là dentro e…-
-Che se ne frega! Lo odio, se proprio vuoi saperlo!- urlai voltandomi un’ultima volta, prima di avviarmi verso casa.
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Commenti, commenti. Allora che ne pensate? Bacioni, M.

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo ***


~~‘Un cerchietto color oro le cingeva i lunghi capelli neri, il suo volto bellissimo era abitato da grandi occhi azzurri, come l’acqua, la sua essenza più grande…’
-Mamma, mamma dove sei? Mamma!- mi svegliai di soprassalto dopo aver gridato un  paio di volte queste parole. Stavo sognando. C’era mia mamma e io bambina. Le chiesi di raccontarmi una favola prima di andare a dormire e lei mi portò davanti ad un suo quadro. Era bellissimo. C’era il mare e sulla riva una ragazza mora con i capelli lunghi e gli occhi azzurri, proprio come me. Aveva un lungo vestito bianco, diventato trasparente a causa dell’acqua e il cielo era diverso dal nostro cielo. Non era azzurro, era dominato da un grigio tendente al nero e piccole, piccole erano disegnate 3 sagome, quasi insignificanti ai nostri occhi, ma molto importanti secondo mia madre.
Dopo essermi sciacquata il viso con un po’ d’acqua fredda scesi per fare colazione.  Mia zia, come tutte le domeniche, non era a casa perché aveva la fiera del fiore. Aveva un banchetto poco lontano dalla città. Così mi preparai un bicchiere di latte caldo con qualche biscotto e cominciai a leggere qualcosa per passare tranquilla la mattinata, ma i miei piani furono interrotti dallo squillo del telefono di casa.
-Pronto?-
-Buongiornooo!- urlò Cameron dall’altra parte della cornetta.
-Mica tanto!- risposi senza nessun tipo di entusiasmo
-Che è successo? Ancora per ieri sera?-
-Principalmente si, ma sono proprio confusa in questi giorni. Non capisco cosa mi succede!-
-Ah tranquilla, sarà l’ansia pre-compleanno!- disse un’altra voce dall’altra parte della cornetta.
-Danielle, quale compleanno?-
-Pronto Summer! Il tuo… - dissero all’unisono prima di scoppiare in una fragorosa risata.
-Ah giusto. 18 anni!- esclamai esultando e buttandomi sul divano del salotto.
-Oggi vado ad aiutare Noah al bar, vuoi venire?- chiese Cameron -Almeno stiamo lì tutto il giorno, più tardi ci raggiungerà anche Danielle e aspettiamo la mezzanotte. Che ne dici?-
-Beh, non lo so…- dissi strattonando nervosamente il filo del telefono.
-E dai…- mi supplicò Cameron
 -Va bene. Basta che sia una giornata tranquilla, non come ieri sera!- dissi mettendo le mani avanti. Non si sa mai.
-Tranquilla Sum!- Danielle urlò così tanto che mi costrinse ad allontanare la cornetta dall’orecchio. -Tra poco vengo a casa tua. Sono a piedi!- esclamò Cameron prima di salutarmi.
Terminata la chiamata, sulla mia faccia spuntò uno di quei sorrisi che non facevo da tempo. Magari la maggiore età avrebbe portato aria migliore di quelle ch si stava respirando in quel periodo, almeno per me. Appena mi voltai per tornare al mio libro, notai una foto di mio papà, nonché fratello di mia zia, sul caminetto del salotto. Era un uomo alto, dalla carnagione chiara, con grandi occhi scuri e capelli biondi, beh diciamo che non ho preso i tratti fisici di mio padre, ma forse ero simile a lui caratterialmente. Purtroppo mia zia non parla spesso di lui. So solo come si chiamava, Kyle, e come era morto, anzi solo dove, il come era ancora un mistero, come la scomparsa di mia madre. L’unica cosa che mi rimaneva di mio padre era un anello che portavo sempre, un anello con una piccola pietra blu come decorazione. Era il mio porta fortuna, la cosa più cara che avevo. Le dicerie popolari e i magistrati dicevano che mio padre era un pazzo suicida, che aveva organizzato tutto, e dopo aver fatto sparire la moglie e consegnato la figlia alla sorella, ha dato fuoco alla casa e si è ucciso. Io non ho mai creduto a questa storia, non conoscevo mio padre, ma sono convinta che lui non voleva fare del male a nessuno.
Il rumore delle chiavi che girava nella porta d’ingresso mi fece svegliare dai miei pensieri mattutini. Poi, la porta si aprì con un colpo secco. Era Michael, il fidanzato di mia zia, o qualcosa del genere. Erano sicuramente ritornati dalla fiera, notando le condizioni degli abiti di Michael.
-Ciao Michael – dissi andando in cucina a bere un bicchier d’acqua. –Dov’è la zia?-
-Stava sistemando alcune cose giù!- disse sorridendo.
Mi affacciai dalla finestra per vedere mia zia e notai che la macchina era piena di scatole.
-A cosa servono tutte quelle scatole?- chiesi indicando la macchina dalla finestra.
-Emh… Per fare un po’ di ordine!- stavolta rispose sforzando un sorriso.
A quella risposa feci spallucce e lo raggiunsi in cucina. Stava bevendo una tazza di caffè e mi sembrava il momento più adatto per fargli una domanda che mi frullava nella testa da quella mattina.
-Michael?-
-Sì?- disse continuando a sorseggiare caffè e leggere il giornale.
-Se tu avessi visto una cosa che gli altri non possono vedere, cosa faresti?-
In quel momento la tazzina gli scivolò dalle mani e gli macchiò il giornale, che dovette buttare. Lo aiutai a pulire e mi scusai mille e mille volte, non volevo metterlo in difficoltà.
-Scusa, lo so che sembra da pazzi, ma…-
-Ci sta che è un tuo dono. Non devi né averne paura, né provarne vergogna. Sei come tua madre, anche lei vedeva le cose in maniera diversa! -disse abbozzando una risposta
-E mio padre? Com’era?-  chiesi sedendomi sul piano della cucina.
Michael parve turbato e colto di sorpresa da quella domanda, ma tutti erano così quando tiravo fuori l’argomento ‘mamma e papà’. Prima che mi potesse rispondere, mia zia arrivò in casa con diversi scatoloni e con il fiatone.
-Ehilà!- disse chiudendo la porta di casa con la gamba.
-Zia! A cosa servono gli scatoloni?-
Mia zia Megan cercò lo sguardo di Michael in silenzio, mentre si mordicchiava morbosamente il labbro inferiore. In quel momento Michael le fece un cenno con la testa che rimandava lo sguardo su di me. Forse mia zia doveva dirmi qualcosa?
-Vi dispiacerebbe parlare anche con me!- scattai
-Beh, ci trasferiamo!- disse tutto d’un fiato mia zia
-Bene, sono contenta. Dov’è che andate?- chiesi sorridendo
-No, ce ne andiamo tutti e 3!-
-Cosa?!- in quel momento guardai Michael che aveva le braccia conserte e guardava a terra. – No, non posso farlo!- scattai in piedi indignata.
-Mi dispiace, ma è già deciso!- esclamò mia zia raggiungendo la libreria del salotto e cominciando a sfilare libri.
-Diglielo tu. Ti prego Michael!- dissi voltandomi verso di lui e supplicandolo.
-E’ una decisione che spetta a tua zia. Sei minorenne!-
-Ma perché? E’ stato difficile per me farmi degli amici qui e adesso me li fate perdere così. Non ce la faccio più!-
-Li potrai vedere anche dalla California!- disse mia zia continuando a pulire la libreria
-Cosa? California?- dissi sempre più stupita. – Senti, se vuoi due volete andare, andate, non m’interessa! Sono grande abbastanza per badare a me stessa, domani faccio 18 anni, zia…- dissi con le lacrime agli occhi.
-Assolutamente no!- rispose la voce ferma di mia zia. – Sei ancora troppo piccola, potrebbe succederti di tutto!-
-Cosa? Cosa potrebbe succedermi?- dissi seguendola mentre si spostava da una stanza all’altra, per prendere varie cose e metterle in quel maledetto scatolone.
-Io vado…- disse Michael aprendo la porta e catturando la nostra attenzione.
-Michael aspetta!- disse mia zia seguendolo fino alla porta di casa.
Volevo sentire, così mi avvicinai il più possibile e capii solo qualcosa, soprattutto le parole affrettate di mia zia.
-Megan, non puoi continuare così, sai che loro ci possono trovare!- disse Michael scuotendo la testa
-Ma Summer non è pronta!-
-Sì invece, più di quanto credi!- sibilò Michael. – Kyle aveva detto di aiutarla, non di ostacolarla!-
-Non posso tenerla in casa chiusa e…-
-Certo che no! Parlale e basta!-
Mentre parlavano la porta si aprì di colpo e mia zia si spaventò. Era Cameron che era passato a prendermi per andare da Noah.
-Sei pronta, Sum?- mi urlò dal portone. – Oh, scusate! C’è qualcosa che non va?- disse dopo essersi reso conto di trovarsi tra mia zia e il suo ragazzo.
-Lascia stare, Cameron. Andiamo!- dissi scendendo le scale.
-Summer, dobbiamo parlare! - disse mordendosi nuovamente il labbro inferiore
-Avremmo un sacco di tempo per parlare… In California!- sussurrai facendo una smorfia. – Non aspettarmi alzata, torniamo tardi, festeggiamo il mio compleanno!- e prendendo Cameron per la manica del giacchetto lo trascinai fuori inviperita.


-Ti rendi conto? Non ci posso credere!-  dissi mentre ero seduta al tavolo del bar di Noah. – Come se non le bastasse tutto quello che ho passato!-
-Magari invece ti farà bene, Sum!-
-Cameron, ti prego non ti ci mettere anche tu.- lo gelai.
Il locale di Noah era pieno, forse perché era domenica. La maggior parte delle poltrone erano occupate, quindi io e Cameron avevamo optato per un semplice tavolino vicino al bancone del bar. C’erano tantissimi adolescenti, tutti lì per il profumo del caffè e per la calda accoglienza. Era piacevole, anche se la mia giornata era cominciata nel peggiore dei modi.
-Vuoi un tè, così ti calmi?- mi chiese Cameron gentilmente.
-No, fatti fare una cioccolata calda!- gli dissi sorridendo
Dopo pochi minuti, Cameron tornò con una tazza di caffè macchiato per lui e un tazza di cioccolata calda per me. Ci voleva proprio, ero come rinata! Stavo benissimo, fino a quando sentii qualcuno ridacchiare alle mie spalle. Mi voltai. Seduto al bancone del bar c’era Nathan. Mi stava fissando e poi si alzò facendomi un cenno con la testa.
-Cosa c’è?- mi chiese Cameron notando che avevo lo sguardo perso nel vuoto.
– Torno subito, aspetta qui!- gli dissi correndo verso la porta.
Aprii la porta velocemente e lui era lì fuori, tranquillo.
-E’ il tuo ragazzo?- chiese con un sorrisetto malizioso.
-Cosa? No! E’ un amico.-
-E lui lo sa?!-
-Voglio sapere perché mi stai seguendo!- ero irritata
-Ti sto seguendo?- disse scuotendo la testa
-Se non te ne vai chiamo la polizia!-
-E cosa gli dici! ‘Signor agente, sono una ragazza che viene inseguita da delle persone invisibili!’ Ti prego, fallo!- dissi avvicinandosi.- Ti prenderai in giro da sola, ragazzina!-
-Sono Summer, non ragazzina!- dissi a denti stretti
-Lo so chi sei. Sembri un essere umano, ma mi vedi! Com’è possibile?-
-Sembro un essere umano? E tu cosa sei? Non sei umano?-
-Sono umano, ma non sono come te!- disse con tono disinteressato alla mia reazione.
-Ti credi migliore? E’ questo?- dissi incredula
-Anche! Seros ha detto che sei pericolosa, da tenere sotto controllo!- disse continuando a fissarmi, una cosa quasi fastidiosa.
-Pericolosa? Io? Tu hai ucciso una persona, io no.-
-Io sarò anche un assassino, ma so chi sono!- esclamò con tono di sfida.
-Anche io so chi sono: una semplice ragazza. Chi è questo Seros?-
-Il mio tutore. Comunque: io non direi le cose prima del tempo, fossi in te!-
All’improvviso, Nathan mi afferrò la mano destra e la cominciò a guardare, la teneva tra le sue e la girava. Però sembrava deluso, sembrava come se non avesse trovato quello che cercava, magari si sbagliava sul mio conto e io ero veramente quella che dicevo di essere ‘Una semplice ragazza’. Poi lasciò andare la mano.
-Tu sei pazzo!- dissi sempre più allibita della situazione.
-Sta per andare via il sole, ci conviene andare adesso!-
-Come scusa?-
-Senti, quando arriviamo dove dobbiamo arrivare, Seros ti spiegherà tutto e le tue domande verranno soddisfatte. Ok?-
-E se io non volessi venire?- dissi incrociando le braccia davanti al petto.
-Problema tuo. Se non ci vieni con le buone, ci verrai con le cattive.-
-Scusa, stai dicendo che se non vengo, mi rapisci?- non credevo alle mie orecchie.
Ma prima di ricevere una risposta, il mio cellulare cominciò a suonare, interrompendo la nostra chiacchierata. Abbassai e abbassai, mia zia stava diventando pesante.
-Zia, che c'è?- risposi scocciata
 -Chiama Michael e digli che aveva ragione, mi hanno trovata!-un brivido di paura corse lungo la mia schiena.
-Ti hanno trovata?! Zia!- era confusa e spaventata, ma prima di ricevere qualche risposta mia zia abbassò.
 -Summer, che succede?- chiese Nathan cercando di incrociare il mio sguardo che era fisso sul cellulare. Lo ignorai e chiamai di nuovo mia zia, ma… ‘In questo momento la persona da lei chiamata è irraggiungibile. La preghiamo di riprovare più tardi…’ Composi di nuovo quel numero e ancora una volta, fino a quando il telefono, presa dall’ansia, non mi scivolò dalle mani e cadde a terra.
-Cosa è successo?- mi chiese Nathan afferrandomi per i polsi. Io avevo la lacrime agli occhi, non potevo dirgli niente, non volevo. Sicuramente lui c’entrava con tutta questa storia. Così, la rabbia s’impadronì del mio corpo e con un movimento brusco, mi liberai dalla forte presa di Nathan e cominciai a correre verso casa.

Arrivata davanti casa e le sensazioni in quel momento duplicarono, ma peggiorarono quando entrai e trovai la porta socchiusa. Aprii piano e notai un gran disastro. Arrivai fino al salotto e vidi i cuscini strappati, libri ovunque, mobili rovinati, poi notai la foto di mio padre a terra, la raccolsi e vidi che era stata bruciata per metà. Una lacrima in quel momento mi rigò il viso. Mentre piangevo e stringevo al petto quella piccola fotografia, notai un’altra cosa strana, che mi fece tornare alla mente uno strano ricordo. Era una quadro, anzi era il quadro che avevo sognato quella notte, il quadro di mia madre. Era impossibile. Quel quadro si trovava nella mia vecchia casa che era stata distrutta dalle fiamme. Come ha fatto ad essere lì?
Ma un rumore risuonò in tutto l’appartamento, facendomi spaventare; proveniva dalla cucina. Con lo stomaco contratto per la paura, mi voltai e andai verso quel rumore. Allungai la mano per aprire la porta e una volta dentro, trovai solamente il gatto della vicina sul tavolo. Probabilmente s’era perso o spaventato. Così, mi avvicinai per accarezzarlo, come facevo sempre prima di andare a scuola, ma appena arrivai a toccarlo, notai gli occhi gialli e un urlo di terrore esplose dalla mia gola. Indietreggiai, ma inciampai. Quel mostro ne approfittò per venirmi incontro, ma velocemente mi alzai e corsi verso il salotto. Afferrai una pinza, di quelle che si usano per mettere la legna nel camino, e la puntai dritto a me per difendermi. Quell’essere era spaventoso, velocemente mi raggiunse e cominciò a dire delle parole –Apas…. Apas…-
Spaventata, infilzai più volte il mostro con quella pinza, ma non reagiva. Anzi, la situazione sembrava peggiorare, soprattutto quando la creatura si alzò su due zampe e mi afferrò per un braccio, lanciandomi contro il muro opposto della stanza. Gemetti per il dolore e cascai a terra tramortita. Mi girava la testa, ma sapevo che se non avessi reagito, quel mostro mi avrebbe uccisa. Mentre ero a terra, l’essere mi arrivò addosso e mi alzò per il collo, facendomi sbattere un’altra volta contro il muro. Non riuscivo a respirare, cercavo di togliere la sua mano dal mio collo, ma sembrava impossibile. Abbassando lo sguardo notai che le mie braccia erano libere, così quando la creatura aprì la bocca per mordermi, io infilai due dita nei suoi occhi e mi lasciò cadere urlando. Approfittai della situazione e rotolai su un fianco per allontanarmi, ma il mostro allungò una mano e mi afferrò la caviglia. Mi tirò verso di lui e mi diede un morso sul collo, in quel momento urlai dal dolore, ma la creatura, improvvisamente, allentò la presa e dopo un ultimo grido, si dissolse nell’aria. Con un ultimo sforzo strisciai fino alla porta, dove, alzando lo sguardo, vidi Nathan.
-Nathan…- dissi con un filo di voce.
-Non c’è più, non c’è più!- disse aiutandomi a mettermi in piedi.
Vide il morso che il mostro mi aveva dato violentemente sul collo. Si strappò una parte della manica della camicia e l’ avvolse intorno al mio collo, per coprire la ferita.
-Hai nelle vene il veleno della tenebra. Se non vieni con me, morirai!-
-No! Devo trovare mia zia!-
Cominciai ad aprire tutte le porte della casa, per vedere dove era nascosta e se era ancora in casa, fino a quando notai la porta dello studio di Michael socchiusa. La spinsi delicatamente verso l’interno. Entrai nella stanza, ma non c’era nessuno. Girando velocemente lo sguardo, vidi una mano spuntare da dentro l’armadio, mi avvicinai, spostai l’anta e cominciai ad urlare.
C’era sangue ovunque e il corpo di mia zia privo di vita. Aveva gli occhi aperti e i vestiti strappati. Nathan, sentendo le urla corse nello studio e rimase scioccato alla visione. Mi abbracciò senza dire niente, ma sentivo il suo dispiacere, come se conoscesse mia zia da anni.
In quel momento la fatica e il dolore si stavano facendo sentire. Avevo male alle gambe, alle braccia. Era come se il veleno mi stesse mangiando dentro, ogni minima parte. Mi accasciai sul suo corpo, Nathan mi prese al volo e mi accompagnò verso il freddo pavimento.
-Devi venire con me.- disse appoggiando sul mio collo uno strano oggetto.
-Cos’è?- chiesi con le ultime forze
-Niente, tranquilla!- rispose indaffarato
La stanza cominciò a girare, riuscivo a vedere solamente delle immagini che si rincorrevano veloci e poi il buio.

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Capitolo 4
*** 4 Capitolo ***


~~-Ha dormito tutta la notte!-
-Secondo me, non si sveglia più…-
-Ian!-
-Dico solo la verità, lei non è noi e Nathan ha sbagliato a portarla qui-
-Nathan non ha mai sbagliato!-
-C’è sempre una prima volta, Jasmine –

Riuscivo a sentire tutto, ma i miei occhi non volevano aprirsi, erano come incollati tra di loro. Era in una grande stanza, perché le voci di Jasmine e Ian, rimbombavano e c’era profumo di vaniglia, una cosa gradevole.
-Se fosse una di noi sarebbe già in piedi!-
-Ian, per favore. Il veleno di una tenebra è doloroso per noi, immagina per una ragazza senza nessun tipo di protezione!-
-Io non ci spererei più tanto, Jasmine… -
-Nathan dov’è?-
-Penso che non gliene freghi niente!-

-Quando fa così è veramente… Ian, si è mossa!-
-Cosa?-
-Avverti  Nathan e Seros, veloce!-

Quando aprii gli occhi, sopra di me vidi un grande lampadario con alcune candele e il soffitto in legno. Come avevo dedotto, si trattava di una grande sala. Mi misi a sedere dolorosamente, mi faceva male tutto, ma soprattutto la testa. Mi guardai attorno: mi trovavo su un letto bianco, in mezzo ad altri letti uguali, penso che ce ne fossero una decina. La stanza era illuminata anche da grandi finestre, alcune aperte e alcune coperte da tende di pizzo bianco. Sembrava un posto tranquillo.
-Buongiorno!- disse una voce femminile, mentre cercavo di capire dov’ero -Allora ce l’hai fatta, pensavamo tutti che saresti morta!-
Alzai lo sguardo e vidi Jasmine sistemare delle cose in un mobiletto che si trovava alla fine del mio letto. Aveva i capelli castano scuro e mossi, decorati con un fiore giallo e rosso. Indossava un corsetto marrone con dei sandali alti, che ricordavano le scarpe dei romani e degli occhi sensuali.
-Piacere, Jasmine, anche se le scritture mi chiamano Prithivi!- disse avvicinandosi a me e stringendomi la mano.
-Piacere Summer… Le scritture?- chiesi stropicciandomi un occhio.
-Ti spiegherà tutto Seros!-
-Il vostro tutore?-
-Ah però… Nathan non ti ha risparmiato quasi nulla eh?!- disse sorridendo.
-Nathan dov’è?-
-Da qualche parte!- disse scrollando le spalle. –Senti, intanto che ti vesti, vado ad avvertire gli altri!-
-I miei vestiti dove sono?-
-Ah, devi indossare altri abiti per stare qui! -disse indicando un paravento
-I miei non vanno bene? - chiesi facendo una smorfia
-I tuoi non andrebbero bene nemmeno per una festa in convento!-
-Molto gentile!-
-Qui siamo tutti così e Nathan è lo scontroso per eccellenza, facci l’abitudine!- disse –Ma questo fa parte del suo essere così maledettamente sexy, non credi?-
-No! I ragazzi scontrosi non mi attraggono!-
-Non ci credo che Nathan non ti piaccia. Piace a tutte!- disse ridendo
-Io non sono tutte.-
-Sei scontrosa... Probabilmente ti troverai bene alla svelta!- disse finendo di sistemare
-Dove siamo?- chiese andando dietro al paravento
-A Lordran, il nostro mondo!-
-Il vostro m…- ma Jasmine m’interruppe.
-A tutte le tue domande, risponderà Seros, non c’è tempo. E comunque, vuoi un consiglio? Fatti una doccia che puzzi!-
-Grazie tante, eh!-esclamai
-Ah, bello il tatuaggio!- esclamò da lontano prima di uscire.
-Cosa?- chiesi stranita, così mi guardai a lo specchio e… ‘Ma che...’ pensai tra me e me, fissando quello strano disegno nero formato da tanti ghirigori.
Appena fatta la doccia, indossai quell’abito particolare. Ero ‘‘coperta’’da una vestito a fascia bianco, quasi trasparente, di un tessuto leggerissimo che era decorato con del cuoio marrone che mi copriva tutto il collo e scendendo verso il seno, si ricongiungeva al vestito. Ero scalza, anzi, avevo semplicemente dei nastri bianchi, che s’intrecciavano da sotto il ginocchio fino ad arrivare al piede e in testa avevo un cerchietto color oro.
Mi asciugai velocemente i capelli neri, ma li lasciai umidi e li fissai facendomi una grande treccia. Uscii da quella stanza, senza aspettare Jasmine. Il corridoio era buio e deserto. Era il genere di corridoio dei film horror, quello lungo e tetro, dove tu corri, corri, ma non finisce mai. L’aria odorava di polvere e di cera. Mi aggiravo per il corridoio facendo scivolare la mia mano sulla vecchia parete, ricoperta da una carta da parati marrone, con qualche decorazione più chiara. Appena svoltai l’angolo, trovai una porta di una camera aperta. C’era Nathan in piedi di fronte alla grande finestra. Sembrava che avesse i capelli d’oro, grazie alla luce del sole. Mentre guardava fuori, si tolse la maglietta e ne indossò una nera. Rimasi a guardare, forse Jasmine aveva ragione… Mi piaceva quel ragazzo bello e dannato…
Evidentemente, dovevo aver fatto rumore, perché Nathan si voltò di scatto.
-Chi è?-
-Sono io…- dissi entrando nella stanza
-Summer?- disse sistemandosi il ciuffo – Ti sei svegliata, finalmente!-
-Già…- sussurrai mordicchiano il labbro inferiore
-C’era qualcuno con te?-
-Jasmine, ma era uscita per avvisare qualcuno. Mi aveva detto di aspettarla, ma..-
-Ma non l’hai fatto! Avrei dovuto avvisarla che sei testarda e non fai mai quello che ti viene detto… Andiamo, ti porto da Seros!-


Avevamo raggiunto delle porte di legno ad arco, bellissime. Decorate nei minimi dettagli, con al centro un disegno. Era un cerchio e ai quattro punti cardinali c’erano gli elementi naturali: al sud, il fuoco; a ovest, l’acqua; a est, l’aria e a nord, la terra.
All’improvviso, Nathan tirò le due porte verso di sé e un vento leggero mi spostò i capelli, il rumore del mare rilassò i pensieri, il calore del sole baciava la mia pelle e la terra fresca accarezzava i miei piedi. Alla sola vista di quel paesaggio, le parole svanirono e gli occhi s’illuminarono. All’orizzonte c’era il mare con le sue onde che si rompevano contro le forti rocce. Nel cielo, il sole faceva da padrone e le nuvole venivano spostate delicatamente da quell’aria buona. La terra era ricoperta di verde, tante piccole foglie decoravano il suolo e qualche fiore sparso qua e la, dava quel senso di tranquillità. Il rumore della piccola cascata lì vicino, che finiva in un laghetto, era indispensabile, per rendere quel luogo ancora più magico di quanto non lo fosse già.
Sentii Nathan arrivarmi da dietro e se ne stava lì con le braccia incrociate, sorridendo con quella sua aria terribilmente attraente.
-Bello, non è vero?!-
-Bellissimo…-
-Già… Benvenuta, mia cara!- disse un vecchio signore avvicinandosi a me e Nathan, prima di chinarsi e baciarmi la mano. –Sono Seros, il tutore dei ragazzi!-
-Summer Evans-
-Sono onorato di fare la tua conoscenza!-
Quando sorrise, tantissime minuscole rughe si formarono vicino ai suoi occhi e per non essere maleducata, ricambiai il sorriso.
-Andiamo nel mio ufficio…- disse facendo cenno di seguirlo. Per un istante esitai e guardai dritto negli occhi Nathan che mi rassicurò.
Ci dirigemmo verso la cascata. L’ufficio di quell’uomo si trovava proprio sotto. C’era una porta incastrata nel tronco di un albero, una cosa che non si vede tutti i giorni. All’interno, era una sala circolare con il soffitto a cono. Le pareti erano ricoperte da libri di ogni genere e di ogni colore. Gli scaffali erano altissimi, infatti per raggiungere alcuni libri c’erano delle scalette. Il parquet era lucido e decorato con delle pietre che formavano un disegno, che non riuscivo a capire… Erano dei triangoli e formavano una specie di stella… Al centro della stanza, c’era un enorme scrivania in vetro, dove Seros era già seduto, e mi aspettava. Era un uomo magro, di una certa età sicuramente, ma aveva degli occhi azzurri bellissimi e i capelli bianchi come la neve. Uomo molto elegante, che indossava vestiti del mio mondo, una bellissima camicia bianca, con una cravatta decorata e un  classico smoking. Poteva sembrare un famoso avvocato di New York, se non fosse stato per la brutta cicatrice che aveva in viso…
-Allora… Benvenuta Summer!- disse facendomi accomodare.
-Grazie…- risposi con un filo di voce.
-Mi è arrivata voce che hai affrontato una tenebra… Complimenti!-
Prima che potessi dare una risposta, la voce di Ian interruppe la chiacchierata. Era all’interno della stanza, a sedere sulle scale, che portavano ad una delle librerie.
-Davvero tu ci credi Seros?!- disse sconvolto e deluso
-Cosa vuoi dire ?- chiese Seros con le braccia conserte
-Una tenebra non avrebbe mai attaccato un’umana e per di più una ragazzina!-
-Non sono una ragazzina. Ho 18 anni…-
-Oh, tanti auguri!- disse Nathan senza far trasparire nessun tipo di sentimento.
-Seros, e’ una semplice ragazza del Missouri!-
-Tennessee, grazie!- lo corressi
-Sono felice che questa chiacchierata sia iniziata nel migliore dei modi!- disse Nathan cominciando a ridere sotto i baffi
-Hai intenzione che lei stia qua a prenderci in giro?- disse Ian indicandomi
-A prendere in giro te, non me… E perché no… Prendila come una prova di resistenza!- rispose Nathan tranquillamente
-Tu alle volte metti alla prova la mia pazienza!- rispose Ian avvicinandosi a Nathan
-E tu la mia, non sai quante volte!- disse con un tono di voce fermo. – Quando l’ho trovata il veleno stava già facendo effetto, sarebbe morta!-
-Sarebbe stato meglio!- esclamò Ian con un tono sarcastico
In quel momento gli occhi di entrambi cambiarono colore. Quelli di Ian divennero grigi, un grigio intenso, mentre quelli di Nathan si colorarono di rosso. Ma la mia voce, catturò la loro attenzione.
-Deve essere stato un errore!— esclami rivolgendomi a Seros
-Le tenebre non fanno questi tipi di errori. Se hanno attaccato tua zia, c’è un motivo… Un motivo valido! – disse Ian guardandomi con ostilità
-Stai accusando mia zia di qualcosa?!- dissi innervosita
-Quello che vuole dire – intervenne Seros – è che una tenebra non attacca gli esseri umani…-
-Io e mia zia siamo umane…-  sussurrai trattenendo le lacrime
-Dobbiamo far rapporto al re..- disse Seros
-No! Non possiamo…- obbiettò Nathan
-Nathan dobbiamo risolvere la…-
-Non è umana…- disse a voce bassa interrompendo Seros che lo guardò allibito. – Ieri, a casa sua… Beh, dovevo portarla via da lì, lei non stava in piedi così…Beh… Le ho inciso una runa.-
-Cosa?- disse Seros picchiando la mano contro la scrivania di vetro. –Lo sai meglio di tutti gli altri che non puoi marchiare gli esseri umani, Nathan!-
-Lei non lo è. Ha funzionato, quindi non può esserlo.-
-Non è questo il punto. Avresti potuto ucciderla!- disse con rabbia Seros.
-Non è possibile… Solo noi possiamo averle!- disse Ian toccandomi quella specie di tatuaggio.
-Lei è una di noi…- sussurrò Nathan a Seros
-Non è possibile!- esclamai lasciando cadere il mio corpo su una poltrona lì vicino.
-Deve esserlo Seros… !- disse Nathan appoggiando le mani sulla scrivania
-Basta!- esclamò Seros azzittendo Nathan. – Non spaventiamola…- sussurrò
-Però ho ragione. Tutto questo spiega anche quello che è successo a sua zia. Magari era una di noi prima…-
-No! No… Mia zia, era solo una semplice fioraia...- dissi interrompendo la loro conversazione.
-Allora tua madre, tuo padre… Che sai di loro?- disse guardandomi
-Nulla… Solo che sono scomparsi!- dissi abbassando lo sguardo con le lacrime agli occhi. Faceva male ripensare a quei giorni.
Nathan non disse più niente, sospirò e si appoggiò ad una libreria.
-Michael! Il fidanzato di mia zia potrà spiegarmi qualcosa!- al pensiero di Michael fui colta da un senso di colpa. Ero scomparsa e non aveva notizie di me. – Devo chiamarlo?- mi voltai verso Nathan – Per favore!- chiesi supplicando con le lacrime che si stavano impadronendo dei miei occhi.
Inizialmente esitarono, ma alla fine Nathan m’indicò il telefono vicino alla montagna di libri sulla scrivania.
-Pronto?-
-Michael!-
-Summer!- rispose con sollievo – Stai bene?-
-Si, io si… Ma la zia…-
-Lo so. Ho visto!- rispose con voce rotta. –Dove sei?-
Non lo sapevo nemmeno io dove mi trovavo. Guardai Nathan, Seros e Ian, e tutto quello che vedevo mi sembrava sempre più folle e impossibile.
-In città. Non so di preciso dove..-
-Sei al sicuro?- mi chiese preoccupato
-Spero! Cosa sta succedendo Michael?- chiesi piangendo
-Non so dirtelo...-
-Ti prego ho bisogno di sapere!-
-Non lo so. So solo che ora è arrivato il momento di crescere… Da sola!- fece un bel respiro – Domani c’è il funerale e…-
-Ci sarò!- risposi asciugandomi le lacrime
-Ti voglio bene!-
-Anche io.. Ciao!-
Restai per qualche secondo a fissare il telefono e subito dopo posai il ricevitore al suo posto, mentre le mani mi tremavano e le lacrime scendevano velocemente.
-Allora?- mi chiese Ian
-Domani devo andare al funerale… Mi ha detto solo questo!-

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Capitolo 5
*** 5 Capitolo ***


~~Volevo stare un po’ da sola, così andai verso il mare. Ero seduta sulla riva, quando all’improvviso qualcuno si sedette vicino a me senza dire una parola.
-Sai, quando si piange è perché si è frustrati, stanchi… E’ normale.-
Era Seros.
-Cosa vuoi?- dissi voltandomi verso di lui con gli occhi rossi e il viso stanco.
-Parlare con te. Potresti iniziare col raccontarmi quello che è successo!- disse porgendomi un fazzoletto. Io lo presi in silenzio e facendo un bel respiro, provai a calmare la mia rabbia, la mia frustrazione e la mia confusione.-Era la prima volta che vedevi una tenebra?-
-No, anche quando ho incontrato Nathan l’ho vista… Ma non avevo capito cosa fosse…-
-Tua zia non ti hai mai parlato di cose strane?-
-Strane? No, non credo… Nell’ultimo tempo, era più ossessiva, come se qualcosa la spaventasse…-
-E i tuoi genitori?- disse d’un tratto Seros
- Sono morti… - dissi senza affrontare più di tanto il discorso.
-Lo so…-
A quest’affermazione, mi voltai di scatto verso Seros.
-Vedi, Nathan c’ha visto benone… Tuo padre era uno dei nostri… Il più forte, il più coraggioso, il più audace e il più pericoloso.-
-Dei vostri?- chiesi incuriosita. Avevo trovato qualcuno che per la prima volta, mi parlava di mio padre.
-Eh già… Noi siamo gli elementi… Cioè, voi siete gli elementi. Io sono solamente il vecchio tutore…- disse sorridendo
-Conoscevi mio padre?-
-E come se lo conoscevo. Tejas, il fuoco!- disse guardandomi con in volto un bellissimo sorriso.
-Non capisco.-
-Vedi, tanto tempo fa, Lordran, il nostro mondo, era un posto tranquillo, dove le famiglie vivevano felici, lavoravano, facevano festa, si amavano… Il 3 Luglio nacquero due gemelli: Kyle e Austin, due bambini adorabili. Erano indivisibili, facevano le cose sempre insieme e non si lasciavano scappare nulla! Quando compirono 6 anni, Kyle cominciò a fare cose strane, era diverso dal gemello, aveva un potere che Austin non avrebbe mai potuto avere. Comandava il fuoco! Austin inziò ad essere geloso del fratello e i due persero quell’amore che le legava. Kyle, verso i 18 anni, fu eletto Dio del fuoco e aveva un compito, proteggere il suo mondo, insieme ad altri tre ragazzi: il Dio dell’aria, e le dee della terra e dell’acqua. Purtroppo, non tutti i bambini di Lordran hanno questi poteri, ma solamente gli eletti che sono sempre 4. Tutti gli altri hanno diversi destini: druidi, sirene, fate, eruditi… Qualcuno però resta semplicemente un abitante di Lordran, senza una caratteristica particolare. Austin, era uno di questi. Quando venne a sapere ciò, andò su tutte le furie e si allontanò dalla città. Vedi… I nativi del Melo…-
-I nativi del melo?-
-Sì, è il nostro calendario… Dipende in quale mese vieni concepito, da lì ti viene affidato un albero…- si fermò un istante e mi guardò sorridendo - Comunque, i nativi del Melo sono persone brillanti spiritualmente. Non limitano gli altri perché credono fermamente in tutti gli aspetti positivi dell'essere umano. Sono amanti dell'armonia e persone estremamente generose. Anche se la ricerca della conoscenza è un fine predominante del loro modo di agire e spesso possono rimanere vittime di una certa superficialità. Se i nativi non riescono a trovare un campo in cui sfogare le loro energie, possono trovarsi in difficoltà, allontanandosi dai loro principi e divenendo persone troppo critiche e distruttive.-
-E questo che divenne Austin?- chiesi cercando di fare chiarezza dentro di me.
-Dopo 1 anno Lordran visse un periodo terribile. Il cielo si oscurò e qualcuno decise di attaccarla. Non eravamo pronti, non eravamo attrezzati, ma il nemico  approfittò…-
-Chi era?-
-Tuo zio Austin. Comandava le tenebre… Uccisero senza pietà i bambini, distrussero case e intere coltivazioni. Rasero al suolo la città e…-
-E’ lì che ti sei fatto quella cicatrice?-
-Sai, quando chiudo gli occhi ricordo quei momenti: sangue e cadaveri, terra smossa, le urla delle donne e dei bambini... Io mi trovavo nel castello del Re Vendrick, avevo come compito, oltre che tutore degli elementi, quello di proteggere la famiglia reale di Lordran e nel farlo ho guadagnato questo.  - disse indicando la cicatrice sul volto – Una tenebra mi attaccò e persi i sensi. Quando mi svegliai era già troppo tardi… La regina era stata uccisa, mentre il re aveva ferite gravi sul volto che lo hanno portato alla cecità…- disse sospirando e guardando l’orizzonte. -I 4 elementi fecero il possibile per la città… Alla fine ci riuscirono, riuscirono a mandare via le tenebre, ma purtroppo sia Aria che Terra morirono in quella battaglia. Kyle era amareggiato, perché da una parte aveva un paese da salvare, ma dall’altra aveva il fratello. Così dopo aver protetto la città per molti anni, decise di lasciarci e di andare a vivere nel mondo degli umani. Lì conobbe una donna, Lilian. Si sposarono ed ebbero una bellissima bambina che chiamarono…-
-Summer…- sussurrai incredula.
-Esatto!-
-Perché è morto se è venuto via?- chiesi trattenendo le lacrime
-Austin seppe di te. Venne a sapere che aveva avuto una bambina e che era felice! La felicità, nel mondo delle tenebre non è conosciuta. La gelosia lo stava mangiando dentro, quindi decise di andarlo a trovare! Tuo padre era stato avvisato che Austin sarebbe arrivato, così chiamò una sua cara amica, Megan, e ti affidò a lei...-
-Cosa?! Una cara amica?- chiesi alzandomi in piedi
-L’aveva preparata, le aveva detto come comportarsi con te, come parlarti, di cosa parlarti… Poi, dopo averti dato un bacio sulla fronte e averti regalato un anello, vi lasciò andare. Disse anche a tua madre di andarsene con voi, ma rimase al fianco di Kyle, ricordando la frase del matrimonio ‘… finchè morte non ci separi..’.-
-Quindi Megan non è mia zia?- chiesi con lo sguardo perso nel vuoto, ma Seros non mi rispose, continuò a parlare, come se io non gli avessi fatto nessuna domanda.
-Tua madre e tuo padre non ti hanno mai parlato di questo mondo?- chiese alzandosi
-No, aspetta… Chi era Megan?-
-Un’amica. Un’ancella affidata a tuo padre…-
-O mio Dio… Io l’ho chiamata zia, l’ho amata come una di famiglia… Ho pianto sul suo corpo!- esclamai cominciando a piangere ed urlare.
-I tuoi non ti hanno mai detto nulla della Profezia?-
-Non ce la faccio, non ce la faccio… Voglio andarmene!-
Cominciai a camminare su e in giù sulla spiaggia, cercando una soluzione in quella tremenda confusione che si stava creando, anzi che s’era già creata.
-Summer!- esclamò Seros afferrandomi per un polso – Tranquillizzati e prova a ricordare. I tuoi ti hanno mai parlato di una Profezia?-
-No, l’unica cosa che ricordo è una favola. Mia madre me la raccontava davanti un quadro…- dissi asciugandomi la lacrime
-Un quadro?- chiese incuriosito
-Sì, l’ho ritrovato a casa di mia zia… Cioè, Megan… Dopo aver affrontato quel…- dissi ripensando a quel terribile momento – Senti, non può essere stato un errore?-
-Se fosse stato un errore, tu non avresti visto la tenebra, non avresti visto noi e non saresti qui!-
-Perché sono qui?- chiesi sospirando
-Pensiamo che tu possa essere… Un elemento!-
-Non è possibile!- sussurrai sempre più sconvolta. Mi sembrava ridicola, una situazione veramente ridicola.
-Avere questo potere è un onore, proteggere il tuo paese è…-
-Non è il mio paese!- urlai -Non conosco quella gente, non conosco voi e evidentemente nemmeno me!-
-Trovare i 4 ragazzi non è difficile, se si trovano a Lordran, ma se come te, si trovano in giro per il mondo… Ci vuole tempo… Sono passati 18 anni e ti abbiamo trovata… Devi stare con noi!-
-Perché siete sicuri che io sia…-
-Non siamo sicuri, ma il fatto che tu ci possa vedere, che tu sia resistita alla potenza di una runa e…-
-Non capisco…- dissi disperata mettendomi la testa tra le mani
- e la profezia…- disse Seros sottovoce
-Cos’è?-
-La profezia ci aiuta a trovare gli elementi… Non ci dice dove siano, ma descrive i ragazzi nei minimi dettagli… E tu… Tu assomigli ad Apas…-
Quel nome mi fece tornare alla mente le orribili immagini della ‘lotta’ contro la tenebra a casa mia. Lui mi aveva chiamato per la prima volta con quel nome… ‘Apas’.
-Qualcosa non va?- mi chiese Seros vedendomi sconvolta
-Che significa quel nome? Apas?-
-Apas è il nome che le nostre scritture attribuiscono alla dea dell’acqua…-
-Quindi io sarei…-
-Esatto!- Seros aveva un grande sorriso e per poco non piangeva –Jasmine è Prithivi, dea della terra. Ian è Wayu, dio dell’aria e Nathan è  Tejas, dio del fuoco, come tuo padre.-
-E io cosa dovrei fare?-
-Se tu fossi uno dei 4 elementi, dovrai rimanere qui. Devi proteggere Lordran fino alla tua morte. Siete stati scelti e vi è stato dato un compito…-
-Ma io non so cosa devo fare Seros! Non sono cresciuta qui come gli altri…-
-Imparerai. Se è il tuo destino, imparerai!-
-Devo andare a casa. Ti prego?!- chiesi con gli occhi pieni di speranza
-Questa è la tua casa…-
-Ti prego- dissi – Devo andare al funerale di mia… Di Megan!- Seros esitò, poi mi rivolse un cenno con la testa – Solo se Nathan ti accompagna!-
Ringraziando tornai nell’ufficio di Seros, dove trovai Nathan, Ian e Jasmine. Ero ancora molto sconvolta e incredula, per tutto quello che m’era stato detto e per tutto quello che avevo passato, ma avevo voglia di tornare a casa, forse credevo, anzi speravo di trovare qualcuno.
-Seros ha detto che posso andare a casa – dissi entrando nello studio. Nathan lasciò cadere il libro che aveva tra le mani e si alzò dalla sedia. –Cosa ha detto?-
-Ho il funerale… – aggiunsi -  Ma posso andare solo se tu vieni con me!- dissi rivolgendomi a Nathan
-Nathan…- sospirò Jasmine andandogli incontro, ma Nathan la ignorò.
-Devo vedere se la mia famiglia c’entra qualcosa con questa storia!- esclamai seriosa e preoccupata.
-D’accordo…- rispose Nathan guardandomi dritta negli occhi
-Veniamo con voi!- disse Jasmine facendo alzare Ian dalla sedia.
-No! Meglio se andiamo soli…- disse Nathan, facendoli accomodare.

Mentre eravamo in quel solito corridoio buio e tetro, avevo bisogno di chiedere una cosa a Nathan.
-Nathan?-
-Sì?-
-Come facevi ad essere certo che la runa non potesse uccidermi?-
-Ho provato!- ammise lui continuando a camminare, mentre io stranita mi fermai.
-Dovevi esserne abbastanza sicuro, visto che Seros ha detto che potevi farmi fuori!-
-Ero sicuro al novanta per cento!- disse fermandosi
-Ah…-
Ero incazzata nera, così appena Nathan s’avvicinò perché notò che c’era qualcosa che non andava, gli diedi uno schiaffo sonoro e continuai a camminare.
-E questo?- chiese sconvolto
-E’ per il dieci per cento rimasto!- urlai lasciando che la porta dell’uscita si chiudesse alle mie spalle.
Per raggiungere casa mia, prendemmo la metro. C’era tensione e silenzio nell’aria a causa dello schiaffo che gli avevo dato, ma mi aveva fatto arrabbiare, poteva uccidermi!
Scesi dalla metro, ci dirigemmo verso casa mia e Nathan cominciò a fischiettare tenendo le mani in tasca.
-Ti dispiace piantarla!- chiesi – Mi stai dando fastidio!-
Nathan sembrò non aver sentito le mie parole, sta di fatto che iniziò a fischiare più forte e più veloce.
-Ok, d’accordo, d’accordo… Scusa per lo schiaffo. Sei contento?-
-Aspettavo che tu lo facessi da un po’… Sei fortunata che io sono un tipo tranquillo…- disse aprendo il cancello del mio giardino. – Prego!- e mi fece una piccola smorfia.
Sembrava tutto uguale a come avevamo lasciato. Finestre aperte e luci spente. Entrammo in casa ed era ancora tutto in disordine. Cuscini aperti, con le piume sparse per tutta la casa. Libreria vuota e cucina completamente distrutta.
-Sei contenta?- disse Nathan – Non c’è nulla!-
Io scossi il capo. – Dov’è il quadro?-
-Che quadro?-
-Di mia madre!- esclamai cercando ovunque –Era qui quando siamo venuti via!- dissi indicando vicino al camino.
-Quando siamo venuti via era ieri, magari è passato qualcuno!-
-Ieri?! O mio Dio…-
-Qualcosa non va?- chiese Nathan appoggiandosi allo stipite della porta d’ingresso.
-Ieri sera era il mio compleanno e i miei migliori amici mi aspettavano…-
-Avevi cose più importanti da fare!-
-No! Mi state rovinando la vita…- dissi urlando e voltandomi verso di lui. Ma la nostra discussione fu interrotta da un rumore che proveniva da una delle stanze.
-Cosa è stato?- chiesi avvicinandomi a Nathan
-Non siamo soli…- sussurrò Nathan tirando fuori una spada affilata e mettendosi davanti a me, come per proteggermi.
-Viene dalla mia camera?- chiesi spaventata. Nathan non rispose, si limitò a fare un cenno con la testa e avviarsi verso quella porta socchiusa. Mi avvicinai per toccare la porta, ma Nathan mi toccò il braccio e mi disse:-No! Entro prima io!-
-No… E’ casa mia!- Nathan mi scoccò una rapida occhiata, ma io stavo già girando la maniglia. Appena entrai vidi Danielle sul letto e il quadro appoggiato sulla scrivania.
-Danielle?! Che ci fai qui?- chiesi stranita
-Ero venuta a cercarti… Ti aspettavamo al bar…- disse dispiaciuta
-Mi è successo di tutto… Scusa!- poi abbassai lo sguardo e vidi il quadro –Eccolo!- esclamai cercando di afferrarlo.
-Non toccarlo!- esclamò Danielle stringendolo a sé e ringhiando. Sobbalzai all’indietro andando a sbattere contro Nathan. Quella non era Danielle. Cosa le era successo?!
-Indietreggia, lentamente…- mi sussurrava Nathan nell’orecchio. Purtroppo, Danielle si rese conto che volevamo scappare così iniziò a correre verso di noi.
-Scappa!- mi urlò Nathan
Andai a cercare un nascondiglio, ma tutto sembrava estremamente stupido, mi avrebbe trovato comunque. Non volevo uscire dalla casa per non lasciare solo Nathan, ma non potevo nemmeno stare lì a guardare.
Mentre ero indaffarata nel cercare una soluzione, sentii un grido. Con lo stomaco contratto per il terrore corsi in salotto. Per un momento provai un’ondata di sollievo nel vedere il mostro a terra, ma quando cominciò a muoversi e si alzò, vidi Nathan sdraiato e immobile… Feci piccolo urlo che cercai di soffocarlo tappandomi la bocca, ma purtroppo il mostro mi sentii e cominciò a dirigersi verso di me. Non sapevo cosa fare ero nel pieno panico, così cominciai ad afferrare diverse cose, una dietro l’altra, e gliele lanciavo contro. La creatura non sembrava nemmeno accorgersene e continuava ad avvicinarsi. Così corsi dietro il divano e raggiunsi il corpo di Nathan, afferrai la spada e la puntai dritta a me.  Il mio respiro si fece più pesante e la paura aumentava sempre di più.
-Danielle, ti prego!- esclamai a denti stretti- Non voglio farti del male… Ti prego!-
Non mi sentiva. Non era lei a comandare quel corpo.
-Se ti avvicini dovrò ucciderti!-
All’improvviso la mia schiena toccò il muro. Non potevo più arretrare. A distrarre il mostro da me, fu la suoneria del telefono di casa e poi…
‘Ehi ciao, siamo la famiglia Evans. Adesso non siamo in casa, però puoi sempre lasciare un messaggino dopo il bip.’
‘Ehi Summer, sono Cameron. E’ quasi 2 giorni che non ti fai sentire. Dove sei? Hai dimenticato anche il tuo compleanno, ho mandato Danielle a cercarti. Ho provato a chiamare il cellulare, ma c’è la segreteria. Ho saputo di tua zia, spero di vederti al funerale. Richiamami.’
Una lacrima mi rigò il viso, mi dispiaceva tutta quella situazione, ma il mostro né approfittò per saltarmi addosso. Grazie ai miei riflessi scappai, ma la creatura era più veloce di me e  mi raggiunse. Mi spinse contro il muro e rimasi a terra confusa e dolorante, ma vedevo che quell’essere si stava avvicinando. Appena si trovò sopra di me, cercò di mordermi, ma chiusi gli occhi e infilzai il mostro. Lo infilzai più volte, ma nessuna di queste aveva effetto. Alla fine, esausta, diedi un’ultima pugnalata e colpii il mostro alla gola. Cominciò ad urlare e barcollare, fino a quando non cadde a terra. Tremava, aveva degli spasmi e all’improvviso riapparve il corpo di Danielle, lacerato dai miei colpi di spada. Quella ragazza minuta, la mia migliore amica… L’avevo appena uccisa.
Ma un altro pensiero sorse alla mia mente: Nathan.
Lo raggiunsi. Era ancora lì, a terra. Non riuscivo a vederlo così. Lo consideravo il più forte, indistruttibili. Mi accovacciai accanto a lui e lo abbracciai. Cominciai a piangere, pregando che si risvegliasse, ma non succedeva niente, fino a quando una mia lacrima cadde sul suo viso e andò a bagnare delicatamente le sue labbra. In quel momento Nathan cominciò ad accarezzarmi la testa e lentamente aprì gli occhi.
-O mio Dio.. Grazie!- dissi abbracciandolo più forte.
-Ciao. Come stai?- chiese tenendo il mio volto tra le sue mani.
-L’ho uccisa Nathan. Ho ucciso la mia migliore amica…- sussurrai alzandomi e con un cenno lo invitai a seguirmi. Lo portai a vedere il corpo di Danielle.
-Mi dispiace!- disse Nathan afferrandomi per un braccio e baciandomi la fronte. Poi andò in camera mia a recuperare un quadro, lasciandomi lì a piangere su quel piccolo corpo.
All’improvviso una voce interruppe le mie lacrime.
-Che hai fatto?-
Alzai lo sguardo e vidi Cameron. Aveva gli occhi gonfi e lo sguardo perso.
-Non è come sembra!- esclamai alzandomi in piedi
-Hai ucciso Danielle? L’hai uccisa?- disse urlando e accovacciandosi verso il corpo.
-Dovevo farlo e…-
-Perché? Perché? – mi urlò -No…-
Si dondolava insieme al corpo. Era disperato ed io era la causa di tutto ciò.
-Mi dispiace Cameron…- dissi con un filo di voce
-Ti dispiace? Tutto qua?- mi domandò lasciamo il corpo a terra e alzandosi in piedi -Sei sparita… Ti abbiamo aspettato tutta la sera...-
-Avrei voluto esserci…- sussurrai abbassando la testa. Non riuscivo a competere con il suo sguardo.
-Sì, certo…- disse sforzando un sorriso – Ma non c’eri!-
In quel momento arrivò Nathan in salotto e disse: - Ho preso tutto, andiamo!-
-Quindi è con lui che sei?- disse Cameron indicando Nathan – Con il biondo?-
-Mi sta aiutando…-
-Ad uccidere i tuoi amici? Chi sono io? Il prossimo?- disse alzando la voce
-Ti prego Cameron. E’ una situazione complicata...-
-Prova a spiegarla!-
-Non posso…Non l’ho capita nemmeno io…-
Lo guardai dritto negli occhi. E non servivano più altre parole.
-Non dirò niente. Non dirò che ti ho vista, che ti ho parlato, che hai ucciso Danielle… Perché ti voglio bene, ma sappi che per questo mi sto odiando!-
-Non l’ho fatto apposta. Mi ha costretto. Non era in sé!- cercai di spiegare con voce rotta
-Vattene! Ti prego…- disse voltandosi per un’ultima volta.

Nathan si avvicinò, mi prese per un braccio e mi fece cenno con la testa di andarcene. Così, dopo aver osservato un altro po’ quella casa e i miei amici, lo seguii.

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Per oggi ci fermiamo qui. Godetevi la storia. Baci, M.

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Capitolo 6
*** 6 Capitolo. ***


 

Quella notte non riuscivo a dormire, so che lì ero al sicuro, ma l’episodio di quel pomeriggio a casa mia mi stava distruggendo. I sensi di colpa erano tanti e non c’era niente che riusciva a distrarmi. Per sfogarmi un po’ decisi di andare in quel luogo magico... Avevo bisogno di stare un po’ da sola, capire e placare la mia confusione.

Entrai da quelle porte ad arco imponenti e di nuovo quella strana sensazione ripercorse la mia schiena. Il vento spostò i capelli, il rumore dell’acqua placò la rabbia, l’erba fresca sotto i piedi mi dava quel senso di libertà, che stavo perdendo da un po’ di giorni e le lanterne di fuoco che illuminavo il sentiero scaldavano l’atmosfera.

Raggiunsi la spiaggia, dovevo pensare. Se tutti la dentro credevano che io fossi la dea dell’acqua, allora dovevo avere qualche strano potere come gli altri. Cominciai a fare movimenti assurdi con le mani, con i piedi, saltavo, correvo... Ma niente, mi sentivo solamente un’idiota.

In preda alla rabbia andai verso il masso che si ergeva sull’acqua e urlando cominciai a sferrare pugni con tutta la forza che avevo. Subito dopo, provai un forte dolore, avevo tutte le nocche sbucciate. Esausta mi sedetti in riva al mare e cominciai a piangere. Quando una di queste lacrime cadde sulla mia mano,sentii bruciare. Notai che la mia lacrima stava rimarginando le ferite e dopo poco sparirono, come se quei cazzotti non li avessi mai dati.

-Summer?!-

-Si...- risposi a Nathan alzandomi in piedi.

-Scusa, ma devo assolutamente chiederti una cosa!-

-Dimmi...-

-Ricordo di essere stato ferito gravemente dal demone... a casa tua... Sarei dovuto morire... Cosa è successo?-

In quel momento ogni tassello del puzzle andò al suo posto e la situazione stava migliorando.

-Devo farti vedere una cosa!-

Andai di nuovo di fronte a quel masso. Sferrai ancora una volta un cazzotto e la mano cominciò a sanguinare.

-Che stai facendo!?- esclamò Nathan tirandomi dal braccio opposto.

-Guarda...- cominciai a piangere e quando la lacrime scivolò sulla mano successe la stessa identica cosa.

-La guarigione...- sussurrò

-Come?-

-Uno dei tuoi poteri è la guarigione...-

-Aspetta... Questo significa che posso guarire Danielle! Posso ancora salvarla!-

-Non credo... Lei non è stata ferita... Un demone si è appropriato del suo corpo e non esiste guarigione che la morte...- vedendomi giù, cambiò discorso –Ehi... Seros vuole vederti... Deve dirti una cosa...-

-Cioè?-

-Probabilmente ti portiamo a Lordran...-

-Non ci siamo già...-

-No! Questo è solo il vecchio istituto...- mi sorrise e con le mani in tasca cominciò a guardare l’oceano.

-Ah, Summer...-

-Si?!-

-Grazie...- sussurrò guardandomi dritto negli occhi. Ecco, quello è stato l’unico momento positivo, dopo tanto tempo. L’unico momento vero.

Dopo essermi voltata un’ultima volta per vedere quello spettacolo, decisi di raggiungere Seros. Si trovava in biblioteca.

-Mi cercavi?-

-Si!- mi venne incontro, si chinò e dopo avermi afferrato la mano destra la baciò.

-Che succede?-

-Andiamo a Lordran!-

-Sinceramente pensavo di esserci già...-

-No, questo è solo...-

-Il vecchio istituto. Ho capito... Ma perché adesso?-

-E’ il momento che i tuoi sudditi sappiano... Vogliono vederti!-

-I miei sudditi?- sussurrai dentro di me

-Ogni anno c’è l’incoronazione dei 4 elementi...-

-Incoronazione?-

-E’ la festa più grande e importante del paese, ma mancavi tu per poterla fare... Stanno organizzando da giorni questo evento... Adesso, è arrivato il momento di andare...-

-Quando partiamo?-

-Domani mattina!- disse avviandosi verso la porta

-Seros! Cosa sanno di me?-

-Tutto quello che devono sapere... Buonanotte...-

-Notte...- sussurrai.

 

La mattina seguente, dopo alcuni preparativi, partimmo per Lordran. Seros ci portò in biblioteca, dove si trovava un portale, così lo hanno chiamato. Andava dove volevi tu, dove i tuoi pensieri più profondi volevano andare. L’hanno anche definito pericoloso, perché la nostra mente spesso è confusa, impaurita e i nostri pensieri non sono chiari... Se attraversiamo il portale e esso non riesce ad identificare bene il luogo dove vogliamo andare, rimarremmo intrappolati lì, per sempre... Lì, in un punto indefinito del tempo... Soli... E senza possibilità di tornare indietro.

Così, per non rischiare di fare brutti ‘incidenti’, ci siamo presi per mano, l’uno con l’altro, e siccome Seros, è in grado di comandare il portale, siamo arrivati dritti, dritti davanti al ponte levatoio del castello di Lordran.

Seros fece uno strano segnale con la bocca e quel ponte si abbassò. A noi quattro, ci caricarono su una specie di carrozza, dove potevamo vedere tutto e tutti potevano vedere noi.

C’era moltissima gente ad acclamarci. Battevano le mani, alzavano bambini al cielo, lanciavano petali di rosa, fiori... C’era un gran vocio... Quasi piacevole... Gli altri 3 ragazzi erano a loro agio, salutavano con disinvoltura, mentre io... Ero un po’ impacciata, vedevo molta gente che m’indicava oppure che sussurrava qualcosa all’orecchio del vicino, ma ad un certo punto Nathan mi prese la mano e mi fece l’occhiolino, come per dire ‘Tranquilla, sei la  benvenuta! Goditi il momento!’.

La carrozza ci portò davanti alla casa reale. Si ergeva sugli scogli, la parte più alta della città; a destra e a sinistra una grande distesa di piccole e case e campi, e poi, all’orizzonte oltre le mura, chilometri e chilometri di onde che si frangevano sulla spiaggia. Sulle scale di quell’immenso palazzo c’era il re Aramis ad aspettarci insieme a moltissimi servi.

-Bentornati!- esclamò salutandoci a braccia aperte. Jasmine e Ian furono i primi ad andargli incontro. Il re li salutò e li fece accomodare, poi Nathan mi prese per mano e mi accompagnò davanti a sua altezza.

-Re Aramis, lei è Summer... Apas, dea dell’acqua!-

-Apas...- respirò l’aria intorno. Poggiò le mani sul mio viso, le lasciò scivolare sui miei capelli e si avvicinò baciandomi la guancia sinistra. – Beh, giravano voci sulla tua bellezza. Di tanto in tanto, le voci erano vere... Benvenuta  a Lordran!-

-Grazie!-

Il re ci accompagnò nella grande sale del palazzo. Un ambiente immenso con il soffitto in avorio, la parete ovest tappezzata di quadri di famiglia che raccontavano la storia di Lordran e quella est aperta sul mare, una vista senza tempo. Ero rimasta senza fiato, incantata, di fronte a quella meraviglia che non poteva essere spiegata. Il rumore del mare, la dolcezza del vento e i raggi di un sole ancora caldo, mi facevano sentire a casa.

-Bello, vero?!- chiese Nathan avvicinandosi

-Bellissimo...-

-Senti, noi adesso facciamo un giro, salutiamo le nostre famiglie e più tardi ci troviamo sulla spiaggia... Vieni con noi?-

-Mi piacerebbe, ma nel frattempo cosa faccio?-

-Fai un giro in città. Ti piacerà... Le persone sono accoglienti!- sorrise e mi lasciò osservare ancora per un po’ quel panorama.

Ascoltai il consiglio di Nathan, decisi di fare un giro, vedere nuove persone... Anzi, i miei sudditi. In città stavo godendo di una bellezza, che a volte, a noi moderni mondani manca. Vidi gli artigiani amare il loro lavoro, quasi lo veneravano. Vidi gli uomini amare le loro donne e i loro figli. Vidi bambini giocare all’aria aperta con gli altri, senza chiudersi dentro ad un video-game. Vidi ragazze sorridere per un semplice fiore di campo donatole dal fidanzato, un gesto nobile e molto semplice. Vidi quella stessa ragazza conservarlo come fosse oro. Vidi uomini e donne nel campo, a lavorare. Vidi persone amarsi, senza odio e senza guerra. Sembrava tutto così pulito e calmo. Una bella atmosfera. C’erano persone che mi salutavano, qualcuno si chinava, addirittura. Solo in quegli istanti capii quanto per loro fosse importante avere una figura di riferimento che proteggesse quella piccola realtà che da soli avevano creato. Persone mi osservavano dai balconi, qualcuno mi porgeva fiori e poi, all’improvviso, una bambina mi prese la mano, me la baciò e mi regalò la sua bambolina di pezza. Una lacrima mi rigò il viso. Così presi la bambina in braccio e continuai la mia passeggiata tra le gente. Avevano cominciato ad applaudirmi, a lodarmi, a gridare a gran voce ‘Apas’. Arrivata infondo ad una via, lasciai la bambina, la baciai sulla fronte e salutai il popolo per tornare a palazzo.

Mentre percorrevo la lunga strada che portava alla scogliera, notai un ragazzo in difficoltà con delle borse. Così decisi di aiutarlo.

-Aspetta... Ti aiuto! Dammi qua... – dissi prendendo due borse molto pesanti.

-Oh grazie!-

-Dove devi portarle?-

-A quella porta là.... A sinistra!-

-Ecco qua... Che fatica!- esclamai poggiando le borse.

-Si... Grazie... Ehm...-

-Giusto...Piacere, Summer!-

-Io sono Matt!-

Era un ragazzo molto bello. Castano, occhi verdi, fisico da lavoratore, alto... Affascinante.

-Sei di qui?-

-No... In realtà non lo so bene!-

-Non lo sai bene?-

-E’ una lunga storia...-

-Se vuoi puoi raccontarmela davanti ad una tazza di tè!-

-In realtà ho da fare!-

-Capisco... Allora ci vediamo in giro. Lordran non è molto grande!-

Io annuendo e arrossendo mi allontanai.

-Summer, mi ha fatto piacere conoscerti...-

-Piacere mio...- sussurrai con una lieve voce.

 

Quella sera scendemmo in spiaggia a piedi nudi, per la gioia di sentire la sabbia fine tra le dita mentre correvamo scalzi. Ma il giorno successivo sapevamo che ci aspettava un grande evento dedicato a cerimonie solenni per noi .

 

-Come è andato il giro in città?- mi chiese Nathan sedendosi accanto a me.

-Avevi ragione. Le persone sono accoglienti.-

-Ricorda: Nathan non sbaglia mai...-

-Ne ho conosciuti di ragazzi modesti, ma tu...-

-Io?-

-Sei presuntuoso!-

-Ma sentila...- disse cominciando a farmi il solletico ovunque. Con lui stavo bene. Aveva un carattere particolare, difficile, ma quando c’era lui mi sentivo al sicuro, come se nessuno potesse toccarmi o farmi del male. Quando ero insieme a lui sentivo quella sensazione che non si prova spesso. C’era complicità, armonia, complementarietà... Qualcosa di insolito, ma estremamente bello.

All’improvviso, Seros interruppe tutto, obbligandoci ad andare a riposare, perché ci attendeva una grande giornata. Mentre Jasmine e Ian si avviarono al castello, mano nella mano, Nathan e io ci fermammo un altro po’ sulla spiaggia.

-Sono contento che tu sia qui!-

-Forse anche io...-

-Perché?-

-Mi piace qui.. E’ tutto... Tranquillo...-

-C’è una strana regola che mi ha insegnato la vita, tutto è più brutto da vicino, quando lo conosci meglio...- e detto questo si alzò e si avviò verso il palazzo. – Ah, Summer, per te questa regola non vale...-

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Capitolo 7
*** 7 Capitolo. ***


-La mia bambina! Noooo...Noooo! La mia bambina!-

Cittadini, i vostri dei non vi hanno detto il vero: siamo tornati, abbiamo vissuto tra di voi nascosti, ma ora non più, come avete visto possiamo distruggere chi vogliamo e cosa vogliamo a piacimento, a meno che non ci consegnate questa ragazza. Se ci resisterete, raseremo al suolo Lordran e i suoi abitanti!’

Mi svegliai di colpo. Spaventata e sudata. Avevo appena fatto un altro incubo. In quel periodo non c’era notte che non facessi un sogno del genere, mi tormentava. Quella mattina non potei pensare a lungo su quello che avevo appena sognato, perché ci ordinarono di andarci a cambiare e farci belli, indossando i vestiti cuciti, appositamente per noi, dalle sarte di Lordran.

Erano dei vestiti bellissimi. E ognuno rispecchiava l’elemento che il fato aveva deciso di affidarci. Il mio vestito era lungo, azzurro e bianco, con dei veli leggeri, che davano un tocco essenziale all’effetto dell’abito. I capelli erano raccolti in una lunga treccia e a breve mi avrebbero incoronato. Da brividi direi!

Il re Aramis introdusse la cerimonia ai sudditi, riuniti tutti nella grande sala con il soffitto d’avorio e il panorama sul mare, con un bellissimo discorso, quasi commovente. Poi, entrammo sfalsati, prima Ian, Jasmine, Nathan e infine io. Re Aramis ci fece voltare di spalle al popolo, ognuno di fronte al proprio trono.. Squillarono le trombe, i cittadini acclamavano a gran voce, gridando:- Lunga vita a Lordran! Lunga vita a Prithivi! Lunga vita a Vaju! Lunga vita a Tejas! Lunga vita ad Apas!-

-Quando si ha questo compito a Lordran e per Lordran, lo si ha per sempre, fino alla fine dei vostri giorni!- disse il re al momento dell’incoronazione. Siatene degni figli e figlie del fato! Possa la vostra saggezza illuminarci finché le stelle non cadranno dal cielo... A voi Dei!- esclamò il re dandoci la possibilità di voltarci verso il popolo e sederci nei nostri troni.

-Adesso, insieme ai soldati di Lordran che verranno qua davanti, giurate servizio al vostro popolo, giurate fedeltà e coraggio a Lordran!- esclamò alzando le braccia in cielo e tutto ciò fu seguito da un forte boato.

Appena i soldati si schierarono davanti a noi in ginocchio, notai immediatamente quel ragazzo: Matt. Era stupito, quasi incredulo e mi guardava. Sorrideva e contemporaneamente scuoteva leggermente la testa, come per dire ‘Non ci credo!’.

Quella sera a Lordran ci fu una grande festa: dopo il banchetto vennero le danze e i fuochi; il vino scorreva e la musica era senza sosta.

-Mia Dea!- disse Matt inchinandosi come un soldato e baciandomi la mano.

-Ciao...-

-Non mi aveva detto nulla... Ieri l’ho trattata come una persona qualunque, mi scuso per questo e spero che lei possa perdonarmi...- disse tutto d’un petto e con le braccia dietro la schiena

-Non devo perdonarti di nulla e non ho bisogno che tu mi dia del lei, Matt...-

-Non mi avevi detto nulla...-

-Nemmeno tu mi avevi detto di essere un soldato...-

-Non abbiamo avuto modo di parlarne...-

-Pensavo che tu sapessi chi ero...-

-L’esercito è tornato dopo l’arrivo degli dei... Eravamo al fronte per proteggervi!-

-Grazie!- esclamai sorridendo

-Dovere!- disse mettendosi sull’attenti

-Come faccio a farti smettere di parlare come un soldato?- chiesi sorridendo

-Soldato!- esclamò una voce maschile con tono duro. Era Nathan. –Non dovresti stare qui!-

Notai subito grande tensione tra i due. Un rapporto freddo e scostante.

-Ha ragione. Tolgo il disturbo! Apas...- disse chinandosi nuovamente ai miei piedi. – Tejas...- sussurrò fissando negli occhi Nathan e poi se ne andò.

-Perché lo hai trattato in quel modo?- chiesi

-Sono le regole. Non può stare in camera tua!- esclamò spiegandomi con lo stesso tono che aveva usato con Matt. –Adesso dobbiamo scendere... Seros e il re ci stanno aspettando...-

 

Una volta arrivati nella grande sala, Seros, Jasmine, Ian e il re erano già seduti ad un tavolo e ci stavano aspettando.

-Adesso che siamo tutti, possiamo parlare in modo chiaro!- esclamò il re

-Che succede?- chiese Nathan

-Le tenebre stanno per tornare...- sussurrò Seros

-Come fai ad esserne sicuro?- chiese Jasmine con un tono preoccupato e incuriosito

-Perché ora siete tutti!- disse il re

-Cosa facciamo?- chiese Ian combattivo

-Non dobbiamo allontanarci dalla città.- ordinò il re

-Cosa? Non ha senso!- esclamò Ian battendo un pugno contro il tavolo in legno.

-Bisogna prepararci per difendere la città, Ian...-

-Seros, perché?- chiesi spaventata

-Un soldato è stato sequestrato al fronte e costretto a parlare...-

-Sequestrato da chi?-

-Dalle tenebre, sciocca!- esclamò Jasmine

-Cosa volevano?- chiese Nathan girando continuamente tra le dita il suo anello.

-Sapere se lei era arrivata...- sussurrò il re

-Lei chi?- chiesi

-Tu, Apas...- mi disse Seros appoggiando la sua mano sulla mia

-Me? Cosa vogliono da me?- chiesi con la voce rotta, ma nessuno mi considerò.

-Come agiamo adesso?- chiese Ian, infastidita dal fatto che non potevamo attaccare.

-Dobbiamo solo prepararci alla difesa... Non siamo ancora pronti all’attacco...- disse Seros

-Non siamo pronti? Dobbiamo o ci distruggeranno!- esclamò Jasmine

-Non possiamo...- ribatté Nathan

-Jasmine ha ragione... Se aspettiamo qui, loro vorranno entrare di sicuro e non risparmieranno nessuno, lo sai...- disse Ian voltandosi verso Seros.

-Se attacchiamo facciamo il loro gioco... Sono più di noi!- li rispose Seros

-Perché vogliono me?- ripetei con sguardo basso

-Apas, tu hai poteri che gli altri elementi non possono avere...- mi spiegò il re

-Io non so quali siano i miei poteri...- ribattei preoccupata e confusa

-Loro si...- sussurrò Nathan voltandomi verso di me

-Come faccio a difendere un’ intera città senza le mie ‘armi’?- chiesi

-Cosa sai per ora?- mi chiese Jasmine

-Le tue lacrime... Le sue lacrime sanno guarire!- esclamò Nathan

-Poi?- chiese Ian con tono quasi scocciato.

-Sentite... Non c’è tempo per parlare... Dobbiamo agire...- disse Seros

-Silenzio! Le tenebre vogliono entrare in città... Noi dobbiamo impedirglielo!- ordinò il re battendo il suo pungo contro il tavolo.

-Il sogno...- sussurrai tra me e me

-Come?- chiese Nathan

-E’ un po’ di giorni che faccio uno strano sogno... Ripetitivo e non lo faccio solo quando dormo...- dissi con fatica e deglutendo spesso.

-Hai le visioni?- chiese Seros

-Non lo so...- sussurrai

-Cosa vedi Summer?- mi chiese Nathan

-E’ notte. C’è una bambina, non vedo bene chi sia...-

-Poi?- chiese il re

-Ha una specie di morso sul torace...-

-Morso...- sussurrò Seros

-E’ morta. La mamma l’abbraccia e urla...-

-La mia bambina! Noooo...Noooo! La mia bambina!-

In quel momento tutti alzarono gli occhi di scatto verso le porta d’uscita.

-O mio Dio...- sussurrai spaventata e con le lacrime agli occhi.

Nathan scattò dalla sedia e corse fuori dal castello, seguito da Ian, Jasmine e Seros. Io presi il re sotto braccio e lo accompagnai alla porta. Una scena orribile, proprio come nella visione. Lasciai il re nelle mani di Seros e raggiunsi gli altri.

C’era la mamma che urlava, piangeva disperata e distrutta dal dolore. Dondolava questa piccola bambina tra le sue braccia e gridava: ‘Perché? Perché?’. Una pozza di sangue a terra e le persone che cominciavano a radunarsi. Quando la mamma lasciò la bambina a terra, la riconobbi e il mio cuore si riempì di un vuoto immenso. Era la bambina che mi aveva regalato la sua bambola.

-Che altro hai visto? Che altro hai visto?- mi chiese Nathan urlandomi in faccia e tenendomi per le braccia. Io ero sconvolta, preoccupata, impaurita...

-Una pergamena. Era... Lì...- indicai la pergamena impigliati in un alberello. Nathan corse verso l’albero, seguito da Ian e Jasmine. Aprì la pergamena, la lesse velocemente e ad alta voce.

Cittadini, i vostri dei non vi hanno detto il vero: siamo tornati, abbiamo vissuto tra di voi nascosti, ma ora non più, come avete visto possiamo distruggere chi vogliamo e cosa vogliamo a piacimento, a meno che non ci consegnate ‘la nuova arrivata’. Se ci resisterete, raseremo al suolo Lordran e i suoi abitanti!’

In quel momento tutti i presenti alzarono gli occhi verso di me e mi guardarono. Tra questi c’era anche Matt. Io avevo sentito tutto. Non avrei fatto uccidere nessun’altro bambino o abitante di Lordran. Era me che volevano. Ero spaventata, ma nessun’altro poteva morire per colpa mia. Dopo qualche istante di silenzio, dove si sentiva solo il pianto disperato di una madre, la quale era stata privata dell’amore di un figlio, cominciai a correre. Non volevo più stare lì, non volevo più procurare dolore a nessuno. Raggiunsi il mare, avevo intenzione di affogarmi, di uccidermi... Io ero il problema, la causa di tutto ciò, era arrivato il momento che la causa di tutto ciò sparisse. Ero vicinissima all’acqua del mare, ero pronta, sarei morta. Cominciai a gridare: ‘Sono qui! Prendimi... Sono qui!’. Mentre correvo urlavo, urlavo... Ma all’improvviso una mano mi afferrò per il braccio destro e mi tirò a sé. Era Nathan.

-No! Lasciami! Lasciami! Lasciami!- mi dimenavo tra le se braccia. Ma alla fine mi abbandonai su di lui e scoppiai in un tremendo pianto.

-E’ colpa mia!- dissi singhiozzando

-Non è colpa tua!- sussurrò Nathan baciandomi la testa.- Non è assolutamente colpa tua!-

Dopo un lungo pianto, mi sedetti sulla spiaggia con lui. Oramai era diventata quasi un’abitudine.

-Stai meglio?-

-E’ colpa mia...-

-Te l’ho già detto... Tu non hai fatto niente...-

-Vogliono me. Portatemi da loro!-

-No...-

-Perché? Non voglio che muoia nessun’altro per me...-

- Pensi che dopo che ti avranno smetteranno di uccidere? Loro vogliono te per ucciderti... E dopo averlo fatto, verranno qui e bruceranno tutto e tutti... E noi non avremmo risolto niente...-

-Tutte le persone che si avvicinano a me... Muoino... Mio padre, mia madre, mia ‘zia’, Danielle, questa bambina...-

-Quello che succede oggi, succede ogni giorno. Non affezionarti a nessuno.-

-Perché sei così? Duro con te stesso e con gli altri! E comunque, è troppo tardi. - dissi alzandomi – Mi sono affezionata a tante persone, tra queste ci sei anche tu...-

Nathan si alzò di scatto e mi afferrò nuovamente per il braccio.

-Hai paura?-

-Si, molta. Invece... A te sempre che non spaventi niente...-

-Amarti... E’ la cosa che più mi spaventa, Summer...-

E arrivò in quel momento, mentre il vento spostava gentilmente i miei capelli e il rumore del mare colmava le nostre orecchie. Il bacio più atteso. Ho sempre creduto che un bacio non si potesse descrivere, qualsiasi tentativo di farlo lo banalizzerebbe, verrebbe snaturato dallo sforzo di tradurlo in parole. Il bacio va dato, sentito, assaporato. È un contatto quasi etereo, la magia di un legame speciale e di un’intesa improvvisa. Un bacio è… e basta!

Buongiorno a tutti! Sto caricando la storia in due pagine diverse: MichClaire e Dear M. Mi piacerebbe che questa narrazione crescesse un po' di più, aiutateci, perchè veramente ci stiamo mettendo un grande impegno. Grazie! Scriveteci e fateci sapere cosa ne pensate. Baci, M.

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Capitolo 8
*** 8 Capitolo. ***


Era il momento di alzarsi. Da una parte ero euforica, ricordavo il bacio e Nathan, ma dall’altra avevo ancora impressi nella mente i ricordi più brutti di quella sera... La bambina, le urla della madre...

Quella mattina ci sarebbe stato l’addestramento, la preparazione alla battaglia. Ero preoccupata, per me era del tutto nuovo... Per farmi capire, l’hanno paragonata ad una prova di resistenza di educazione fisica, non ero molto forte in materia...

Ci riunimmo nella solita sala, eravamo vestiti con i nostri abiti da battaglia. Indossavo un body bianco, molto attillato, mi sentivo libera nei movimenti, era come se addosso non avessi nulla; sopra portavo un velo trasparente che arrivava fino a terra ed aveva due spacchi ai lati. Ai piedi dei sandali da ‘antica romana’ e tutto ciò era rifinito da un cerchietto color oro e una grande treccia.

Re Aramis affidò ad ognuno di noi i propri strumenti da battaglia.

-A Jasmine, dea della terra... La tua frusta! A Ian, dio dell’aria... La tua lancia! A Nathan, dio del fuoco... La tua spada! A Summer, dea dell’acqua... Non hai strumenti!-

-Come?- chiesi stranita

-Hai i tuoi poteri che sono la più forte di tutte le armi!-

-Come combatto se non ho nulla!- esclamai preoccupata

-Tu hai in più degli altri... Devi solo scoprirlo!- mi spiegò Seros, poi il re riprese a parlare.

-Andate... Abbiate cura di voi stessi... Lordran ha bisogno di voi....- disse il re salutandoci dalle scale del castello, mentre Seros ci faceva strada verso il campo d’addestramento.

Era una grande cupola e non avevo mai visto niente di simile. Lordran per me era uno di quei paesi del passato, dove gli adulti lavoravano la terra e i bambini giocavano con quello che avevano. In realtà no. Lordran aveva tutto. La magia, le permetteva di avere tutto, anche quel’enorme arena dove ci aspettava la preparazione per la battaglia. Nessuno mi aveva spiegato cosa fare e come fare. Ero impreparata. Seros ci ordinò di metterci in fila, uno accanto all’altro, guardando dritti a noi, senza parlare... Disse che sarebbe tornato subito. Poi una voce metallizzata cominciò a parlare: ‘Benvenuti elementi. Quando il vostro nome verrà fatto, vi preghiamo di seguire il sentiero illuminato. Grazie!’

-Ti hanno spiegato come funziona?- mi chiese Nathan sussurrando e guardando avanti a sé.

-No...- sussurrai voltandomi verso di lui.

-Ci guarderanno quando saremo là dentro...- sussurrò. Notai che stava piangendo.

-Ci guarderanno?- chiesi stranita

-Prithivi!- esclamò la voce metallizzata e Jasmine si avviò verso il suo sentiero.

-Verrà trasmesso a palazzo quello che facciamo ogni singolo giorno. Tutta Lordran potrà seguirci in questi giorni...- continuava a spiegarmi sussurrando e asciugandosi le lacrime.

-Giorni?- chiesi preoccupata

-3 giorni là dentro. La regola è sopravvivere...- disse voltandosi verso di me

-Cosa?-

-Pensa solo che chi è intorno a te, è il nemico...-

-Non capisco, Nathan...-

-Siamo tutti contro tutti, chiunque incontri deve morire...-

-Cosa?-

-Ti avevo detto di non affezionarti a nessuno...- disse abbassando lo sguardo

-Nathan... Tu non mi faresti mai del male... Vero?- li chiesi mentre una lacrima attraversava velocemente il mio volto.

-Qua dentro non abbiamo nessun amico...- s’interruppe perché io cominciai a piangere. – Un’altra cosa... Se sei molto brava, ti cercheranno per eliminarti, se invece eviti i fatti, ti ucciderai da sola...-

-Fammi capire, se sono molto brava mi uccideranno e se sono troppo lenta morirò?-

-Si... Dentro non c’è acqua, non c’è cibo e non c’è pace... Tutto ciò lo si conquista se uccidiamo chi incontriamo... Summer, io non voglio farti del male, ma quando manca la pace, la sete e la fame, non c’è Dio che ti comanda...-

-Perché lo fate?- sussurrai

-Il Re e Seros vogliono testare la nostra capacità di uccidere e i nostri miglioramenti... Ci studiano sempre... Ogni istante...-

-Ma così ci uccidono...-

-Summer, a loro non interessa...- disse scuotendo la testa

-Vaju!- di nuovo quella voce. Ian si avviò verso il suo sentiero illuminato.

- Ah, attenta ad Ian, lui ucciderà sicuramente il primo giorno...-

-Perchè non te ne sei mai andato?- chiesi fissandolo con gli occhi gonfi e rossi.

-Una volta che sei a Lordran non puoi andartene...-

-Mio padre l’ha fatto...- vidi il volto di Nathan cambiare espressione – Che succede?-

-Noi non possiamo Summer. Non siamo tuo padre!-

-Sì, invece... Lui era un elemento come noi...-

-Tuo padre è il nemico!- disse interrompendomi e tutto d’un fiato. Ero sconvolta da quella affermazione.

-Tejas!-

-Ti avevo detto che tutto da vicino era più brutto! – sussurrò Nathan e prima di sparire nel suo percorso illuminato mi diede un’ultima indicazione: ‘Non scendere dal piedistallo prima dei 30 secondi!’.

-Apas!-

Come tutti gli altri, ma con paura e la mente piena di preoccupazioni e pensieri, mi avviai verso il sentiero. Mentre camminavo il mio corpo cominciò a smaterializzarsi e in un secondo momento ci trovavamo ognuno in una postazione diversa. Ai quattro punti cardinali: Nord, per Jasmine. Est, per Ian. Sud, per Nathan. Ovest, per me. Stavo piangendo, le lacrime scendevano senza sosta. Ero spaventata, mi guardavo intorno in modo confusionario, non riuscivo a vedere niente con precisione, tranne quel numero: 30. 30 secondi. È il tempo che siamo obbligati a trascorrere sui nostri piedistalli prima che ci diano il via. Siamo posizionati tutti alla stessa distanza dal bosco che ci circonda. Ognuno indirizzato verso vie diverse. Ci troviamo su un tratto di terreno piatto. Davanti a me un rado bosco di pini. Ho paura di quello che potrei trovare. I 30 secondi sono quasi passati e devo prendere coraggio. All’improvviso mi volto e vedo il volto di Nathan, capisco che mi sta guardando e mentre cerco di capire cosa vuole suona il gong. Sobbalzo. Vedo gli altri scattare verso il bosco, allora inizio a correre anche io. Sul limitare della foresta, mi giro un attimo per guardare indietro, per trovare una via d’uscita, ma niente... Quella sembrava l’unica soluzione. Non era rimasto più nessuno. Cominciai a correre finché il bosco non mi nascose dagli altri, poi rallentai e appoggiai una mano sul tronco di un pino.

Ad un certo punto sento un rumore, mi giro di scatto,  e vedo la folta chioma di Jasmine. Iniziai a sudare, avevo paura. In pochi minuti decido di salire su un albero. Volevo stare in alto dove potevo vedere gli altri ed evitarli... All’improvviso mi balenò in mente la frase di Nathan: ‘Se sei molto brava, ti cercheranno per eliminarti, se invece eviti i fatti, ti ucciderai da sola...’. Aveva ragione! Non potevo rimanere tutti e 3 i giorni la sopra. Sarei morta di sete o di fame... Dovevo scendere è affrontare quello che si presentava davanti a me... Scesi adagio da quell’alto pino, mi guardai un po’ attorno e avevo sete. L’unica fonte d’acqua che ricordavo era dove abbiamo iniziato l’addestramento. Da dove siamo partiti. Così, senza pensare, iniziai a correre, quando all’improvviso...

-Summer!-

-Mamma...- sussurrai fermandomi tra gli alberi.

-Summer!-

Veniva dalla spiaggia. Mia mamma mi stava chiamando dalla spiaggia.

-Mamma! Mamma!- urlai. Iniziai a correre ancora più veloce e nel frattempo piangevo, ero contenta. Volevo abbracciarla, raccontarle quello che mi stava accadendo, ma quando arrivai sulla spiaggia... Trovai Ian.... Il mio cuore si fermò e la mente smise di pensare. Le gambe cominciarono a tremare e la bocca a diventare secca.

-Ciao!- mi salutò agitando la sua lancia tra le mani

-Ian...- sussurrai

-Sai come funziona qui?- mi chiese avvicinandosi.

-Si...- io indietreggiai.

-Uno dei due deve morire. Sai bene che non sarò io, vero?- dissi continuando a camminare verso di me.- Non dici niente... Umana!-

-Non sono umana...- sussurrai nuovamente.

-Cosa sai fare? Non ti è stato assegnato neanche uno strumento... Non ti sei fatta due domande?- mi stava stuzzicando.

-Non ho strumenti perché ho i poteri...- risposi continuando ad indietreggiare.

-Il Re dice questa frase a tutti...- disse sorridendo sotto i baffi.

-Tu hai già fatto questo addestramento?- non sapevo cosa dire e cosa fare.

-Questo non è un addestramento... E’ una gara di sopravvivenza!- precisò.

-L’hai già fatta?-

-Sì... E ho sempre vinto...-

In quel momento Ian cominciò ad urlare e a seguirmi. Io non sapevo cosa fare, così scappai, mi buttai in acqua, ma Ian mi seguì. Mi afferrò per una caviglia... Cominciai ad urlare, a chiedere aiuto, ma ad un tratto mi tirò sotto l’acqua ed entrai nel panico. Ripensai a tutto quello che era successo in quei giorni, alle parole e ai baci di Nathan, alle persone che avevo conosciuto, ma notai che sotto l’acqua resistevo. Respiravo bene, come i pesci... Allora presa dalla rabbia e dalla voglia di uscire dall’acqua, diedi un morso nel collo di Ian, lui gemette e il suo corpo si abbandonò. Quando strappai il morso notai che parte di pelle era rimasta attaccata ai denti. Di colpo emersi dall’acqua, trascinando il corpo di Ian. Arrivai fino alla spiaggia, appoggiai il suo corpo morto a terra e mi toccai i denti. Erano affilati, come quelli di uno squalo... Pensai ‘ O mio Dio!’. Mi allontanai di corsa dal corpo di Ian, afferrai la sua lancia e mi nascosi su un albero a piangere. Stavo rannicchiata e mi dondolavo, lì... Su quel pino, impaurita per quello che ero, per quello che avevo fatto e per quello che mi aspettava domani...

La notte, stranamente, passò velocemente... Probabilmente la stanchezza mi portò ad addormentarmi sul quel ramo possente, senza pensieri, ma con tanto dolore. Sapevo benissimo che quella mattina avrei dovuto uccidere qualcun altro, ma non volevo... Scesi comunque dall’albero, volevo tornare in spiaggia per seppellire Ian e chiederli scusa, ma quando arrivai il suo corpo non c’era più, il sangue non c’era più... S’era come smaterializzato... Di colpo mi voltai indietro, a causa di un rumore tra gli alberi. Posizionai la lancia di Ian per difendermi e mi guardavo intorno.

Decisi di entrare nel bosco e camminare per un bel po’, quando all’improvviso trovai la bambola di quella bambina a terra, sporca di polvere. La raccolsi, ci soffiai sopra per renderla più bella e all’improvviso qualcuno mi toccò il fianco destro. Era lei, quella meravigliosa bambina. L’abbracciai e quando alzai gli occhi vidi: -Jasmine!- Nascosi dietro di me la bambina, per proteggerla.

-Che fai? Adesso che è morta, l’aiuti?- disse con tono ironico.

Mi voltai per assicurarmi che la bambina stesse bene, ma lei era a terra, circondata dal sangue e dentro di me risuonava quel pianto pieno di dolore della madre. Mi tappai le orecchie, ma Jasmine mi spinse, persi l’equilibrio e battei la testa a terra. Jasmine ne approfittò per attaccare con la sua frusta. Menomale avevo buoni riflessi, mi spostai in tempo, prima da una parte e poi dall’altra. Jasmine venne più vicina e le diedi un calcio. Si allontanò dolorante, ma quando alzò nuovamente lo sguardo era arrabbiata. Vidi la follia nei suoi occhi. In quel momento tirai fuori la lancia di Ian e decisi di attaccare. La mancai. Poi una visione si impadronì di me. Vidi  il suo prossimo attacco e  lo schivai. Così quello dopo e quello dopo ancora. Lei si stava innervosendo, prese la rincorsa per saltarmi addosso, ma io la schivai nuovamente e senza pensare a quello che stavo facendo, le infilzai la lancia nella schiena, ed essa trapassò la pancia... La sentivo respirare affannosamente e poi, lentamente, cadde a terra. Ero nuovamente senza parole per quello che avevo appena fatto e il dolore e la paura si appropriarono di me. Quando asciugai il mio volto dalle lacrime i corpi di Jasmine e della bambina era scomparsi, anche loro, nel nulla. Nel tardo pomeriggio, sapevo chi mi stava aspettando, ma non gli avrei mai fatto del male. Ogni volta che mi rendevo conto che non lo avrei mai più rivisto mi sentivo morire dentro. Nathan era... Lì... Lo vedevo... Mi fermai, ma fu una mossa vana. Appena mi vide mi sorrise, quel sorriso che non si può dimenticare. Mi venne incontro e si posizionò davanti a me. Lui aveva una spada, io non avevo niente, se non un vestito sporco di sangue e molte ferite. Mi diceva qualcosa, ma non avevo più forze per stare ad ascoltare, non riuscivo a capire cosa mi stava dicendo. Mi spinse, io caddi a terra e da lì, Nathan, cominciò a darmi i calci. Io piangevo dal dolore e lo pregavo di smettere. Poi, in un momento di tregua dai calci, con tutte le forze che mi erano rimaste, mi alzai in piedi, allungai le braccia verso di lui e lo pregai di guardarmi.

-Nathan... Nathan, guardami! Ti prego...- supplicai piangendo – Nathan, sono io, Summer... Ti ricordi quello che mi hai detto... Tu non vuoi farmi del male... Nathan, ti prego, io...- ma feci un errore madornale. Mi avvicinai a lui, pensando che pregandolo tutto si sarebbe risolto. Ovviamente lui non capì e girandosi di scatto, mi conficcò la spada nel fianco sinistro e con una mossa veloce la sfilò. Poggiai subito la mia mano sulla ferita aperta, usciva molto sangue. Poi, lentamente, mi accasciai a terra e vidi Nathan sopra di me, pronto a finirmi. Alzò la spada e tre, due, uno... Ma in quel momento, decisi di reagire, presa ancora dalla paura. Non so come, ma soffiai e l’aria che uscì dalla mia bocca, ghiacciò Nathan. In quel momento, abbandonai il mio corpo a terra. Il respiro divenne più pesante. Sentivo in lontananza delle voci – Presto! Presto! Tiratela su! Tiratela su!- Poi, prima di chiudere del tutto gli occhi, vidi Nathan. Mi prese il volto tra le mani e mi disse: -Resisti! Resisti!- Il mio corpo non ce la faceva, ero arrivata al limite e i miei occhi si chiusero.

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