Meanwhile, in the land of Camelot...

di Jordan Hemingway
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mattino ha l'oro in bocca ***
Capitolo 2: *** Il costo della vita ***
Capitolo 3: *** Era una torrida estate... ***
Capitolo 4: *** Un morso solo non ha mai ucciso nessuno? ***



Capitolo 1
*** Il mattino ha l'oro in bocca ***


Scritta per l’event del gruppo FB We are out for prompt, credit del prompt a Hiromi_chan (#merthur 1il mio vicino di casa mi sveglia tutte le mattine alle sei con la colonna sonora del re Leone, ora gli busso alla porta armato di cuscino per soffocarlo, ma.... oh. Nessuno mi aveva detto che ha gli occhi blu)
 
 
“AAAAAAAZIBEGNAAAAAAA!”
Non. Di. Nuovo.
“SCIBABI’ SCIBABA’!”
Non hai bisogno di guardare la sveglia (anche perché le tue palpebre si rifiutano di alzarsi per più di qualche millimetro) per sapere che sono le sei del mattino e la testa di fagiolo che occupa l’appartamento accanto al tuo ha di nuovo alzato al massimo il volume del suo stereo per darsi la carica.
Premi il cuscino contro le orecchie, ma è inutile.
“INGONYAMA NENGW’ENAMABALA!”
Ora, ti ritieni una persona paziente e comprensiva (o almeno così dicono in laboratorio, dato che sei in grado di sopportare le infinite liste di esperimenti e controlli che ti assegna Gaius senza battere ciglio), tuttavia due mesi di levatacce all’alba, sabati e domeniche compresi, minerebbero il carattere di Gandhi, figuriamoci il tuo.
Oltretutto, a parte alle sei del mattino, la testa di fagiolo non sembra essere mai in casa quando tu bussi alla sua porta per esprimere le tue sacrosante lamentele, e a giudicare dalle risate e dallo sgommare della Porsche che hai intravisto ieri notte (degna conclusione di una giornata dove lo studio pratico delle molteplici combinazioni di acido nucleico ti ha costretto a saltare pranzo e cena) dubiti che il motivo dell’assenza sia la dedizione al lavoro.
“INGONYAMA NENGW’ENAMABALA!”
A dire il vero, non credi proprio che quell’asino lavori per vivere. Giusto una sensazione.
Finora hai cercato di essere accomodante,  paziente, tollerante… 
“VOGLIO DIVENTAR PRESTO UN REEE!”
... Ma tutto ha un limite.
“Lo uccido.” Annunci al drago di pelouche che ti guarda sarcastico dal comodino. “Dico sul serio.”
Afferri il cuscino, quel morbido cuscino dove pensavi di poter dormire almeno altre due ore, e fai quello che avresti dovuto fare due mesi fa: spalanchi la porta e marci verso l’interno 5/A, con quella che speri sia un’espressione da serial killer.
“HAKUNA MATATA!”
Non ti limiti a bussare educatamente: inizi ad attaccare il portone con calci e pugni, tentando di sovrastare il volume della musica.
“SENZA PENSIERIIIIII….”
“Apri, testa d’asino!”
“LA TUA VITA SARAAAAAA’….”
E, incredibilmente, la tua voce deve aver sforato i limiti di decibel consentiti, dato che le assi di legno retrocedono e ti ritrovi sbilanciato in avanti per i pugni dati al nulla.
“Qualche problema?” Mulinando le braccia riesci a mantenere l’equilibro quel tanto che basta a rimetterti in posizione eretta. Magnifico.
“Sì: la tua radio…” E poi alzi lo sguardo e ti ritrovi a fissare gli occhi più blu che esistano al mondo, del tipo che credevi esistessero in natura due iridi così.
“E L’AMORE AVVOLGERAAA’… I SOGNI E LA REALTAAA’!”
Ti riscuoti, cercando di non sembrare il cretino che senti di essere.
“La mia radio?” L’asino dagli occhi color cielo non pare minimamente scosso dalla tua irruzione: anzi, è pure infastidito, come se non capisse il problema evidente a chiunque dotato di orecchie.
La cosa ti riporta alla tua giusta rabbia. “Il volume, si sente fino alle fondamenta.” Sbotti, aggrappandoti al cuscino stropicciato.
“Non è poi così alto.” Il biondo alza le spalle, e si prepara a richiudere la porta.
Infili il cuscino nella soglia. “Sono mesi che mi sveglio alle sei del mattino…”
“Perché dovrebbe interessarmi?” Sta per tornare dentro, così decidi di passare alle maniere forti.
“Oltre che sordo, sei pure idiota, testa d’asino?”
“Come mi hai chiamato?” La porta si riapre: non capisci bene il perché, ma il suo sguardo per nulla raccomandabile ti riempie di sollievo.
“Testa d’asino.”
“E LUI NON HA CHE LEI ORMAI NEI PENSIERI SUOOOOOIIII!”

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Capitolo 2
*** Il costo della vita ***


 Scritta per l’event del gruppo FB We are out for prompt, credit del prompt alla promptatrice (#merthur - Arthur ha tipo 37 di febbre e si comporta come fosse in fin di vita.
Arthur: "Abbracciami e basta"
Merlin: "Tu sarai la mia rovina")
 
 
“Merlin…” Esalò Arthur, alzando appena la mano dal letto, perfetta immagine di un cavaliere morente.
Il mago continuò a cuocere la colazione senza neppure voltarsi.
Per un momento, il re sembrò tornare nel regno dei vivi. “Mi vuoi ascoltare, Merlin?”
“Solo dopo aver mangiato.” Merlin allungò la padella su cui sfrigolavano due fette di pancetta e due uova.
La faccia di Arthur assunse una curiosa tonalità verde smorto. “Sto morendo e tu pensi ad avvelenarmi?” Si lasciò ricadere sui cuscini.
“Trentasette e due non è nemmeno una febbre…”
“Ho detto che sto per morire, chi sei tu per contraddirmi?”
“L’idiota che ti ha aspettato per più di mille anni?” Merlin incrociò le braccia.
“Sento che questa volta è davvero la fine…” Esalò il biondo, senza preoccuparsi dell’aria omicida che pian piano si faceva strada sul viso del suo compagno. “Per cui, Merlin, vieni qui.”
Sospirando, il moro si avvicinò al letto. “Sono qui: vuoi un'altra aspirina?”
“Abbracciami e basta.” Mormorò il giovane re, fissandolo con quegli occhi azzurri a cui Merlin non aveva mai saputo opporsi.
“Tu sarai la mia rovina.” Borbottò, facendo quel che gli veniva chiesto. La stretta di Arthur non faceva pensare per nulla a un malato terminale, e nemmeno il bacio che ne conseguì. “Questa è la decima padella bruciata in due settimane.” Lo informò, mentre l’odore di uova carbonizzate si spandeva nella camera. “Hai idea di quanto costi una padella antiaderente?”

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Capitolo 3
*** Era una torrida estate... ***


Scritta per l'event del gruppo FB We are out for prompts su prompt di Eisblume: "Merthur AU. Arthur voleva ucciderlo, non c'erano dubbi a riguardo. Perchè insomma, okay che erano coinquilini, ma c'era bisogno di girare tutto il giorno senza maglietta?!"
 
D’accordo, faceva talmente caldo che perfino l’asfalto sembrava sfaldarsi al solo sguardo. Il condizionatore aveva esalato l’ultimo respiro giorni prima, nel pieno di agosto e con un tecnico in ferie (alle Canarie: Merlin maledisse mentalmente lui e tutta la sua stirpe, sventolando un fascicolo della tesi con forze sempre minori), per cui l’appartamento poteva essere scambiato per l’anticamera dell’inferno.
E, come se non bastasse il caldo, il suo coinquilino aveva deciso di ucciderlo.
“Merlin!” Possibile che quel somaro avesse ancora le forze per impartire ordini?
Arthur comparve sulla porta della stanza: “Il frigorifero non funziona.” Annunciò con lo stesso entusiasmo di un condannato a morte, appoggiandosi allo stipite.
Merlin deglutì: i suoi occhi erano già stati irrimediabilmente attirati sullo spettacolo che i pettorali del coinquilino offrivano da giorni a ogni ora. “Hai controllato la spina?” Fu l’unica replica sensata che riuscì a elaborare.
L’altro sbuffò. “Ti sembro così stupido?” Posò le mani sui fianchi: gli addominali perfetti splendevano per il sudore.
Una goccia di sudore scese dalla scapola di Arthur, percorrendo lentamente il petto, l’addome, per poi infilarsi…
“Chiama un medico-cioè un fabbro-volevo dire,” il fascicolo della tesi aveva preso ad agitarsi avanti e indietro con un  impeto tale da perdere qualche pagina, “chiama il servizio clienti e lasciami scrivere, asino.”
La risposta di Arthur fu un sorriso storto paragonabile soltanto a un colpo di mazza ferrata a tradimento. “Sai, Merlin, il caldo ti rende nervoso.” Ghignò, aggiustandosi distrattamente i boxer. “Dovresti uscire a prendere un po’ d’aria…” Indicò la finestra: entrambi sapevano benissimo che la temperatura esterna sfiorava l’Armageddon. “Chiudere i libri…” Merlin era meno di un mese dalla consegna della tesi. “Vedere gente, insomma: avere una vita sociale?” Senza accorgersene, Arthur si era avvicinato al letto coperto di fascicoli e libri, e quei pettorali (e addominali) scolpiti ora erano a poca distanza da Merlin, sarebbe bastato allungare il braccio…
“Fuori di qui!” Merlin lanciò il fascicolo finale della sua tesi addosso a Arthur, centrandolo in testa e, miracolosamente, mettendolo in fuga.
“Il servizio clienti lo chiami tu.” La voce dell’altro fu smorzata dal suono della porta della stanza che si chiudeva.
Decisamente, rifletté Merlin accasciandosi sul letto, se Arthur stava cercando di ucciderlo, ci stava riuscendo benissimo.
 

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Capitolo 4
*** Un morso solo non ha mai ucciso nessuno? ***


Scritta per l'event del gruppo FB We are out for prompts, su prompt di Himawari: Merthur, Zombie!AU. Uno dei due viene ferito, e non si capisce se è stato morso oppure è una ferita normale.
 
“Merlin, ti ho già detto che non è un morso.”
La notte stava lasciando il posto all’alba, e i morti viventi terrorizzavano ancora il regno di Camelot.
Tranne trenta di essi, le cui membra bruciavano allegramente in una pira allestita per l’occasione da Arthur e dal suo fido tuttofare.
Si erano imbattuti nel gruppetto la notte precedente, di ritorno dalla caccia (gli approvvigionamenti di selvaggina erano diventati sempre più rari, dalla comparsa del morbo), e tra una parata e un affondo (e un incantesimo mormorato a mezza voce per evitare che Camelot perdesse il suo principe) il tempo era volato, come sempre.
Una normale nottata, almeno fino a che Merlin non si era accorto della macchia sugli abiti di Arthur.
“Vi dico che devo controllare.” Merlin cercò di mascherare il panico trincerandosi dietro l’esasperazione. “Sono le vostre regole, dopotutto.”
“E’ solo una macchia, nemmeno un graffio, devo essere caduto su un cadavere ancora in buono stato…”
“Il sangue dei morti viventi è nero, non rosso.”
“Insomma, Merlin!” Sbottò il principe. “Credi davvero che uno di questi esseri possa avermi morso a…”
I due si guardarono.
“Generalmente, puntano al cervello.” Affermò cautamente Merlin, mentre una serie di battute si affacciava alla sua mente, pronte per quando il pericolo fosse stato scongiurato.
Come se lo avesse capito, Arthur lo fissò cupo. “Non provare nemmeno a pensare a quello a cui stai pensando.”
“Non sto pensando a niente.”
“Continua così.”
“Devo controllare.” Merlin tornò alla carica. “Non sarete in imbarazzo…”
“Imbarazzo?” Le guance di Arthur assunsero una tinta più rosea. “Quando tutto questo sarà finito, ti aspetta la gogna.”
“Come volete, ma fatemi controllare quella ferita.” Merlin tossicchiò. “Dovreste, ehm…”
“Ho capito, ho capito.” Arthur si girò. “Guai a te se lo racconterai in giro. Allora, ti sembra un morso?”
“Sembra solo un graffio. Forse siete caduto su una pietra.”
“Che cosa ti avevo detto?”
“Aspettate, forse…”
“Cosa?” Il tono di Arthur salì di qualche ottava.
“Niente, mi era sembrata l’impronta di un incisivo, ma era solo la luce.”
“Merlin, appena arriviamo al castello ti farò spalare letame.” Arthur si tirò su i calzoni e se li legò con forza, prima di salire a cavallo, con cautela.
“Agli ordini, maestà.” Merlin lo seguì. Il sollievo si mutò presto in ilarità.
“Se sentirò questa storia in giro, sei un uomo morto.”
“Certo, maestà.”
“Parlo sul serio, Merlin.”
“Non preoccupatevi: chi mai crederebbe che il principe di Camelot abbia rischiato di farsi mordere proprio sul…”
“Stai zitto!”

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