Storia di un'Assassina

di Geh__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Colpe ***
Capitolo 2: *** Le due collane ***
Capitolo 3: *** La verità ***
Capitolo 4: *** Un inutile oggetto per la procreazione ***
Capitolo 5: *** Scelte da prendere ***
Capitolo 6: *** Lacrime di arrivederci ***
Capitolo 7: *** Rinascita ***
Capitolo 8: *** Cadute e galline ***
Capitolo 9: *** Inquietanti scoperte ***
Capitolo 10: *** Il processo ***
Capitolo 11: *** Il matrimonio ***
Capitolo 12: *** Due anni dopo ***
Capitolo 13: *** L'ospite ***
Capitolo 14: *** Sviste ***
Capitolo 15: *** Rodriguez ***
Capitolo 16: *** Verso l'isola ***



Capitolo 1
*** Colpe ***


                                     Dopo le folgoranti vittorie in Italia Napoleone decise di invadere l'Egitto, all'epoca alleato della Gran Bretagna, e il Direttorio acconsentì all'impresa. Sulla via dell'Egitto, Napoleone conquistò Malta a scapito dei Cavalieri di San Giovanni. In seguito l'esercito francese sconfisse gli Ottomani nella Battaglia delle piramidi. Nel frattempo la flotta britannica, comandata dall'ammiraglio Nelson, distrusse quella francese nella battaglia del Nilo. Venuti a conoscenza della disfatta francese, gli ottomani misero in piede un esercito per attaccare Napoleone in Egitto, ma Napoleone ancora una volta preferì contrattaccare. Venne anche pianificata l'invasione della Siria, ma l'assedio di Acri fallì, così Napoleone dovette far ritorno in Europa, lasciando una significativa parte dell'esercito in Egitto. Gli uomini rimasti in Egitto subirono un attacco congiunto dalle forze britanniche e mamelucche, ma vennero respinte nell'assedio del Cairo nel marzo 1800. Nonostante le vittorie sui campi di battaglia, l'esercito francese dovette arrendersi lo stesso, poiché scoppiò un'epidemia
 
 
 

Parigi, Epinard ventôse 1800


Nel frattempo, due fratelli, uno dai folti capelli neri e uno dai capelli rossi, lottavano nel giardino della loro casa. Felici, e ignari di ciò che il destino riservava a loro di lì a poco. 

«Arielle, guarda dove metti i piedi! Non ti stiamo insegnando niente?»
«André, dici così solo perché sei consapevole che sono migliore di te!» 
André sgrana i suoi occhi verdi fino a farli diventare due fessure, non ha il tempo di rispondere perché Annie, la nostra domestica, ci chiama «Signorini Roux, il pranzo è servito»
«Annie, per l'amor del cielo, quando ci chiamerai con i nostri nomi?» le chiedo io scocciata. Ormai Annie lavora da noi da quindici anni, e per me è come un membro di famiglia. 
«Grazie, veniamo subito» risponde mio fratello, Annie con un mezzo sorriso, fa un inchino e torna dentro
«Dovresti smetterla di trattare così i nostri domestici, non è una cosa buona vista dall'esterno» mi rimprovera mio fratello. Non è una cosa buona vista dall'esterno? E allora tutti i casini che sono successi in questi ultimi anni a cosa cavolo sono serviti? Annie è ancora un membro del Terzo Stato e noi i nobili a comandarla? No, so che mio fratello è oltre a questo... 
 «André, e tu dovresti smetterla di dirmi ciò che devo o non devo fare. Non sono più una bambina. Ma evidentemente, sembrate non capirlo. Un giorno dovreste dirmi del perché di questi addestramenti, parlate di matrimonio, ma se avreste voluto far sposarmi lo avreste già fatto, ho ventidue anni anni ormai!»
Decido di cambiare argomento, ci sono già state abbastanza (per non dire troppe) discussioni riguardo questo frangente e non ho nessuna voglia di ascoltare le stupide idee di mio fratello per l'ennesima volta. Reagisce come ha sempre reagito, alzando gli occhi al cielo e sbuffando «Ti prego, non ricominciare! Tutto a tempo debito. E già che ci sei, posi tu le cose?» e senza che mi dia il tempo di rispondere, corre dentro.
"Mi state dicendo così da 12 anni!» gli urlo dietro. 
Metto in ordine di malavoglia le spade di legno, il mio amato arco e le frecce, e mi sento a disagio, come se qualcuno mi stesse osservando.
Mi guardo attorno, non c'è nessuno. Così, guardo verso il cielo, oggi c'è un sole che scioglie... probabilmente la mia pelle sarà diventata l'equivalente di un peperone. Sento già il fastidioso bruciore che proverò durante questi giorni.
Il mio sguardo volge verso il palazzo di fronte, e rimango perplessa per ciò che vedo, ci sono due uomini incappucciati sul tetto, sono di spalle e guardano attentamente la strada. Però, all'improvviso, come due uccelli volano via. 


«Dove va, signorina Arielle?» mi chiede Annie con la sua voce acuta. Ma da dove cavolo è sbucata?
«Esco» asserisco io. Ho già deciso i miei piani e non voglio che Annie me li intralci. Lamento tra tre... due... uno... 
«Non credo sia il caso stasera... è così tardi...»
«Non è affatto tardi. E posso uscire da sola, so cavarmela» facendo segno verso la spada che ho appeso alla cintura. 
«Per l'amor di Dio, se proprio deve andare, si porti anche questa." apre un cassetto della mia scrivania e prende la pistola. 
«E mi raccomando, lei non...»
«...ha visto niente. Esce sempre dalla finestra?»
«Elementare, a dopo Annie»  vado fuori al balconcino, faccio un salto e con una capriola atterro sul suolo. 
Corro fuori dal mio giardino e mi avvio verso il locale di Giselle. Alzo il cappuccio sulla testa essere più invisibile possibile, cammino a passo veloce per raggiungere prima Giselle. Per le strade, come consuetudine, incontro  gente molto ambigua, ma per fortuna non mi infastidiscono,  dopo un po' arrivo a destinazione. 
Apro la porta del locale, ed è pieno di persone che bevono, che cantano, che cercano di litigare con qualcuno senza alcun motivo apparente. E, ovviamente, malinconica, c'è Giselle dietro al bancone: Giselle, la mia più cara amica. O almeno, fino a un anno fa. Fino a quando tutto è cambiato. 
Mi vede da lontano e dalla sua faccia non si nota una gran felicità nel vedermi. Quel suo sguardo mi uccide ogni volta. E non capisco perché, io non ho fatto niente. La colpa non è mia. Mi avvicino al bancone e con irritazione mi chiede «Arielle. Che ci fai qui?»
«Sono venuta a trovarti...»
«Peccato che io non voglia vedere te» una pugnalata nello stomaco. 
«Ah ti prego Giselle... quando la smetterai con questa storia? Lo sai che io non c'entro niente! Ti devo portare Margot a testimoniare? In quel caso mi crederai?!» le urlo io, cerco di essere forte, ma in realtà vorrei soltanto mettermi a piangere e che lei mi abbracciasse e che mi dicesse che non fa niente, che è tutto come prima. Ma non sarà mai così. 
«Vattene» mi intima a denti stretti «subito» consapevole che non cambierà idea, sbuffando, me ne vado. 
«Un giorno avrai un'illuminazione e ti renderai conto di stare sbagliando. Fino a quel momento io non ti cercherò più»
«Và al diavolo Arielle Roux!»
Esco dal locale, esausta, mi siedo a terra e inizio a piangere. Quanto odio piangere? E' uno spreco di energie, gli occhi ti diventano gonfi, e una volta che inizi non riesci a fermarti. Ahimé dall'anno scorso lo sto facendo troppo. 
All'improvviso, nel bel mezzo di una raffica di singhiozzi, sento una voce chiamarmi «Ehi là, bambolina. Perché stai piangendo?» la voce proviene da un uomo alla mia sinistra, subito dopo, un'altra voce viene dalla mia destra «Certo che quella spadadeve valere molto, da chi l'hai rubata eh? Magari ti ci strappo i vestiti da dosso con quella!» e gli fa seguito una risata da pazzo. Ah ma per favore, proprio stasera dovevano capitarmi questi due. Scelgo di giocare con loro, e fingo di lamentarmi
«No... vi prego... non fatemi del male...»
«Oh, bambolina, non ti faremo del male... dacci le tue cose e non ti faremo niente...» e l'altro si mette a ridere, di nuovo. Stupidi idioti... si avvicinano, estraggo la spada e senza pensarci due volte, lascio un taglio sul viso dell'uomo con la risata da pazzo. Emette un urlo e si accascia a terra con la faccia sanguinante tra le mani.
«Lurida puttana!» mi insulta l'altro, corre nella mia direzione, ma io mi abbasso e cade a terra, prendo la pistola, e gli sparo alla gamba. 
Mi inginocchio, e all'uomo ai miei piedi, dico «Per la cronaca, la spada è mia»
Dopo un po' di corsa, realizzo che dovrei tornare a casa, ma non voglio e non voglio nemmeno rimanere in strada, potrei salire su un tetto, perché no? 
Solo perché l'ultima volta sono caduta e mi sono rotta la gamba (per miracolo) non vuol dire che cadrò di nuovo. E dopo quello che ho fatto... un po' di aria da lassù mi servirebbe.
Adocchio un tetto che potrebbe fare al caso mio, e con grande concentrazione inizio a arrampicarmi. 
«Arielle, non guardare giù, guarda dove metti i piedi»  dopo degli attimi di terrore in cui ho temuto la mia morte, arrivo sul tetto e inspiro una boccata d'aria. Guardo il panorama, mi ero dimenticata quanto tutto fosse più bello da quassù.
«Parigi, sembri così calma da qua» e mi siedo ammirando la mia città. Da qui ho una perfetta visuale di Notre Dame. Dopo dieci minuti, sento un rumore venire da dietro, di scatto prendo la spada e la punto da dove ho sentito venire il rumore. Infatti, vedo una sagoma di un uomo.
«Da dove spunti fuori?!» gli chiedo io bruscamente
«Sono sempre stato qua» mi risponde lui con tono tranquillo.
«Ma io non ti ho visto...» gli dico continuando a tenere la lama puntata verso di lui 
«L'ho notato. Ah, puoi pure abbassarla, non ho intenzione di farti niente» 
«Perché dovrei crederti?»
«Giusta domanda. Uno, perché non sono come quei due prima, due, perché ero qui a fare quello che stavi facendo tu. Ora preferirei tornare al silenzio in cui mi stavo crogiolando fino a un minuto fa»
Va bene, sono confusa. Questo tizio dai modi non molto educati ha visto tutta la scena. Non voglio ancora farlo tornare a crogiolare nel silenzio
 «Mi hai vista?»
«Sì»
Che gran uomo dall'estremo coraggio! Ha visto tutto e non è sceso nemmeno un momento dal suo covo. E osano ancora dire che noi donne siamo il sesso debole? Come se mi avesse letta nel pensiero, mi dice «Stavo venendo ad aiutarvi»
«Come puoi aver visto, ce l'ho fatta da sola»
«Sì, e anche egregiamente. Chi vi ha insegnato a usare la spada?» 
«Pardon, monsieur, ma perché non si fa vedere? E' abbastanza inquietante parlare con un'ombra» 
Si avvicina, ma continuo a non vedere niente, perché ha il cappuccio che gli copre il viso, scoprendogli solo la bocca. 
Come un flash mi ritorna in mente la scena di stamane, dei due uomini incappucciati sul tetto. 
«Non cambia molto così, eh»
 «Come vi chiamate?» mi chiede, fingendo di non avermi sentita. 
«Arielle»
«Allora arrivederci, Arielle»
Arrivederci?
«Hey! Quel est votre nom?»
 «Sono Arno» e senza aggiungere altro, salta giù con una tale eleganza che mi lascia appiattita.
Arno. Mi chiedo se lo incontrerò di nuovo. Quel arrivederci mi ha lasciata piena di dubbi. 






Salve!
Storia su Assassin's Creed, già. Ho appena finito Unity, e quindi la mia testa ha avuto mille idee in testa. E' una cosa molto stupida, lo so, ma se non scrivo da qualche parte i film che mi faccio in testa non vivo bene! Ah, e per quelli che si chiedono: ma che cavolo è Epinard ventôse?! E' il  16 febbraio nel calendario rivoluzionario francese, che si ebbe dal 1792 al 1805! (sì, mi piace Storia...)
Capitolo corto ma credo abbiate immaginate che è solo un intro. 
Al prossimo capitolo! x 

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Capitolo 2
*** Le due collane ***


 

 


Doronic ventôse


«Arielle, per l'amor del cielo, sei pronta?!» Mia madre urla dal fondo delle scale impaziente, per la... quarta volta, credo, le rispondo
«Sì, un momento solo!»
Esco dalla mia stanza, e correndo la raggiungo giù. La vedo mormorare a mio fratello:
«Nemmeno si stesse vestendo da sposa...»
« I miei più sentiti complimenti, tanto tempo per prepararti ma resti sempre dalla dubbia bellezza»
«Complimenti per la varietà delle offese, testa di vacca»
«Arielle, seriamente, che abiti cupi oggi!" osserva mia madre, Hillary, con tono schifato
«Oggi? Lei si veste sempre così. La sua vita è un eterno funerale».
Si riferiscono alla tonalità dei miei vestiti: vestito grigio e mantello nero con una sciarpa rossa che spezza il tutto.  «Scusate ma devo dissentire: ho la sciarpa rossa!» André mi guarda il collo, e aggrottando le sopracciglia mi chiede «Dov'è la collana?»
Intende la collana che ho da sempre di cui non ho mai capito il significato del simbolo, uno strano triangolo.
«Qui, come sempre»
«Su Arielle, andiamo. Oggi andremo al mercato. Devo comprare delle cose personalmente per il ballo di stasera!»
Siano maledetti i balli e siano maledetti chi li organizza. «Devo proprio venirci?»
«Sì, signorina. Già non sei venuto al precedente. Non vorrai mica essere etichettata come la figlia apatica?» «Apatica e aggiungici anche zitella» aggiunge André guardandosi allo specchio «Io almeno ho un cervello a differenza tua, idiota!»
«Ragazzi! Abbassate la voce. Dimostrate la stessa maturità di due bambini di 5 anni. Forza, sarà meglio andare, a dopo caro! Annie, avverti tu Edgard se torna e non ci trova»
Mia mamma mi tira per la mano e mi trascina fuori, sgrano gli occhi per la brutta luce che c'è oggi. In più è anche nuvoloso, probabilmente verrà a piovere.
«Dov'è la carrozza?»
«Niente carrozza. Oggi si cammina» perfetto, di male in peggio! Mentre camminiamo e parliamo delle solite cose, una signora che non ho mai visto prima, si ferma a salutarci.
«Hillary! Da quanto tempo che non ci vediamo!»
«Emma, saranno almeno sei anni!» le risponde mia mamma con un gran sorriso sulla faccia. La studio meglio, forse l'ho vista. No, non l'ho vista. Oppure la scambio con una che ho visto l'altro giorno...
«E questa deve essere tua figlia Arielle, ma quanto ti sei fatta grande e molto graziosa, per altro!» poi, all'improvviso, si sofferma sulla mia collana e sbianca.
«Che cosa c'è?» le chiedo, irritata da questo suo comportamento.
« Ma nulla cara! Mi dispiace Hillary, devo correre, arrivederci!» mia madre non ha nemmeno il tempo di rispondere, che questa strana tizia scappa via.
«Mamma, ma cosa l'è preso a quella? Manco avesse visto un fantasma. Va bene, voglio capire che la mia collana non è questa bellezza, ma addirittura sbiancare... e sù!»
«Non ne ho idea... non ci pensare, è sempre stata un po' tocca quella» ma dal suo tono, capisco che mente. Che cosa significa la mia collana? Non è la prima volta che mi capita. E succede sempre con vecchi amici di mia madre.
  Dopo essere arrivate al mercato e dopo aver fatto varie spese, con mia grande gioia stiamo per andar via. «Quando finiranno queste gi...» vengo interrotta da uno sparo. Spontaneamente butto mia madre e me a terra, in un secondo c'è il caos più totale: frutta che vola di qua e di là, persone che si picchiano, che urlano, guardie che cadono a terra morenti «Che sta succedendo?!» chiede mia madre «Non ne ho idea! Ma ce ne dobbiamo andare subito!» ci ritroviamo in una calca di persone che cercano di scappare e muoversi è davvero difficile, come se non bastasse, perdo mia madre e nel panico inizio ad urlare «Mamma! Mamma!» «Arielle!» sento la sua voce, ma non vedo lei,  sono bloccata e se mi muovo è soltanto perché la gente trascina, provo ad andare più esternamente possibile ma vengo tirata da qualcuno per la giacca.
«Se vuoi ti aiuto io a ritrovare la via di casa!» E' un uomo con in bocca un solo dente, quanta bellezza!
«Lasciami stare!» e gli dò un pugno in pieno viso, che dolore alla mano...  inciampo in qualcosa e cado a terra, le persone non mi notano e mi camminano addosso, non riesco nemmeno ad alzarmi. Poi, non so come, qualcuno mi tira da terra, e mi porta in un balconcino sopra la strada dove fino a un secondo fa stavo morendo schiacciata. Mi giro per vedere il "salvatore" e con mio grande sorpresa, trovo Arno.
«Meglio se tu venga dentro»
«Grazie, grazie...» mi siede sul pavimento sporco di polvere, col respiro affannato e gli occhi chiusi.
«Brutto giorno per andare al mercato»
«Direi di sì... Gesù! Mia madre!»
«Sta bene, l'ho vista andare via con qualcuno che sembrava conoscere»
Quindi mia madre è andata via senza nemmeno cercarmi. Sì, credo proprio che quando la rivedrò le dirò qualcosa di non molto carino... mentre penso alle cose da dire a mia madre, noto qualcosa che non posso lasciare indifferente: Arno ha lo stesso simbolo della mia collana su uno dei guanti.
«Che significa?!»
«Posso immaginare a cosa tu ti riferisca» facendo segno verso il suo guanto «Da dove l'hai presa?» mi chiede.
«Non lo so, me la ricordo da sempre» rispondo giocherellandoci.
«Questo, è il simbolo della mia confraternita...» me lo dice titubante, come se non fosse sicuro che è una cosa che io possa venire a sapere. In effetti, quello che mi dice mi sembra... strano. Confraternita? Faccio parte di una confraternita e non lo sapevo? «Scusa?»
«La confraternita degli Assassini»
Tutto quello che dice mi sembra una grande, colossale battuta, e inizio a ridere. «Non c'è niente da ridere» dice lui serio e irritato «Invece fa ridere, e molto. Io farei parte di questi Assassini e non lo sapevo? Divertente. Allora anche mio fratello! Pazzesco...» dico ancora ridendo.
«Tuo fratello ha la stessa collana?» «No, ha un simbolo diverso. Una specie di croce rossa... è sempre degli Assassini?» Arno non risponde, sembra esterrefatto dalle mie parole «Arno?»
«No, Arielle, la collana di tuo fratello... è il simbolo dei Templari... i più vecchi nemici degli Assassini».
Resto senza parole, il che per me è assurdo, cerco di trovare qualche nesso logico... proprio non ci riesco.
«Cerca di scoprire qualcosa. Ci vediamo stasera, stesso posto di ieri» perché gli importa così tanto? Ma non glielo chiedo. Sono confusa, e non riesco a connettere. «Non sono a casa stasera»
«E dove?»
«Ad un ballo»
«Bene, ci vediamo lì» sta per saltare via dalla finestra, ma gli dico «Ma non ti ho detto quale ballo!» non mi risponde, si limita a fissarmi, e salta... di nuovo. Rimango lì da sola con mille interrogativi che non so se avranno una risposta. Maledetto Arno.  

«André, che cosa puoi dirmi a proposito dei Templari?»
«Perché me lo chiedi?»
«Così... pura curiosità...»
«Nulla... nulla che ti riguardi...» e se ne va via, preoccupato.  



E' sera, sono in carrozza e sono preoccupata per il futuro incontro con Arno.  Non sono riuscita a scoprire molto, tutto ciò che ho ottenuto è solo una risposta vaga da mio fratello: una risposta che mi ha fatto fare una supposizione, che sia un Templare e non vuole farmelo sapere per la mia collana?  Non ne ho la più pallida idea. Insomma, non avrebbe senso, Arno ha detto che Templari e Assassini sono nemici... noi siamo una famiglia... siamo fratello e sorella, non siamo nemici. «Arielle... quasi dimenticavo...» Mia madre interrompe i miei pensieri aprendo una piccola scatola nera, dall'interno prende una collana, una delle collane più belle che abbia mai visto: è un girocollo, e al centro ha una pietra quadrata nera, con intorno delle piccole pietre rosse. Rimango senza parole. La seconda volta in una giornata... che cavolo sta succedendo? «Mamma! Ma è meravigliosa... grazie...»
«Ti voglio tanto bene. E Arielle, ricorda che sei forte. Più di quanto tu possa immaginare» 
Dimentico all'istante la discussione avuta questo pomeriggio, e la abbraccio più forte che mai. «Anche io»
Non so perché, ma ho uno strano presentimento.
La carrozza si ferma, segno che siamo arrivati, scendiamo e ad accoglierci c'è il signor Delacroix con il figlio Alliaume, un completo idiota dal naso adunco. Ormai è risaputo che il signor Delacroix voglia combinare un matrimonio tra me e il figlio, ma né io, né tantomeno la mia famiglia ne vogliamo sapere, ma lui non si dà vinto. Almeno è caparbio.
«Non potete neanche immaginare, la gioia che mi avete donato recandovi qui, al ballo organizzato da mia moglie!» «La gioia è tutta nostra, Florian» gli risponde mio padre Edgard, con la serietà che lo contraddistingue. «Ma quale spettacolo sono tua moglie e tua figlia, Edgard!» si complimenta baciandoci le mani, noi facciamo un piccolo inchino. Quanto odio queste formalità. 
«Arielle, conosci già Alliaume» Alliaume mi bacia la mano e mi inchino di nuovo «Incantato, Arielle» «Andiamo dentro, sù!»
Alliaume mi prende per la mano e a denti stretti, dice «Non ti sposerei nemmeno se fossi l'ultima donna sulla faccia della terra, ma mio padre insiste» «Credimi Aiullame, la cosa è reciproca» arrivati dentro, mi trascina subito a ballare per far felice il padre. 

«André... aiuto... salvami!» supplico a mio fratello
«Oh ma dai non è così male... se gli metti una maschera sulla faccia...»
«Finiscila! E' un'ora che non mi molla! Vado a fare un giro, coprimi!» senza aspettare una sua risposta, fuggo dalla sala da ballo. 
Vado in giardino e devo dire che gli idioti hanno una casa davvero bellissima, rimessa a nuovo da poco. Guardo innamorata il roseto ben curato, ma il color rosso sangue dei suoi petali mi fanno venire in mente il viso che ho "tagliato" a metà a quell'uomo. Ritraggo subito da quei fiori per scalciare via quella immagine dalla mia testa. Come una pazza inizio a parlare da sola «Odio i balli... stupido i...»
«Idiota?» faccio un salto per lo spavento e, quando mi giro, trovo Arno alla mia destra.
«Dovresti seriamente finirla con queste entrate a sorpresa, iniziano a darmi fastidio»
«La prossima volta le darò l'avviso, va bene?» mi dice con aria da sfottò.
«Ho chiesto oggi...»
Gli racconto l'accaduto, e pensieroso dice
«La tua supposizione ha senso. Ma ancora non si capisce il fatto che tu non sapessi niente...» dopo queste parole, sentiamo un urlo.  «Che diavolo...» corriamo subito da dove veniva il grido, persone in cerchio attorno a un corpo, quel corpo... non può essere... sto sognando... è mia madre. Vicino all'arma che le ha tolto la vita, un biglietto: I traditori non vengono dimenticati.

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Capitolo 3
*** La verità ***


Vicino all'arma che le ha tolto la vita, un biglietto: I traditori non vengono dimenticati.
Non mi rendo conto di ciò che sta succedendo, tutto va a rallentatore, vedo André immobilizzato, come se fosse una statua, mio padre che urla "Arielle và via!" "No..." cerco di avvicinarmi al corpo inerme di mia madre, ma vengo trascinata via "lasciatemi stare!Lasciatemi!Mamma!" urlo isterica, ma non mi lasciano e mi portano in una stanza e mi ci chiudono dentro. 
Cerco in tutti i modi di aprire la porta, ma inutilmente. E inizio a piangere. Le lacrime escono come se non avessero una fine, cosa è successo?
Perché? Stava bene... sta bene, deve essere uno scherzo... uno stupido scherzo "Non può essere... non può essere..."  mi alzo, e vado a stendermi su un divano. "E' tutto un incubo... quando mi sveglierò non sarà successo niente..." e crollo in un sonno profondo. 

"Arielle, vieni." sono in un lungo corridoio buio, e c'è mia mamma nell'altro lato. 
Corro verso di lei, ma non arrivo mai, come se il corridoio si allungasse "Arielle non c'è più tempo..." "Aspetta!" ma mia madre, senza aspettarmi, va via.


"Arielle... svegliati..." apro gli occhi e trovo André, distrutto. "Andiamo a casa." "André che è successo? Dov'è mamma?" 
"Lo sai già..." mi risponde prendendomi la mano "Non è vero... non è VERO!" gli urlo contro, e corro via dalla stanza. 
Passo nel posto dove prima ho visto mia madre morta, e c'è ancora la pozza di sangue sul tappeto, mi sale la nausea e scappo da quella maledetta casa.
Devo andare a casa, devo andare a casa, devo andare a casa. Mi sembra non arrivare mai. 
Quando arrivo, trovo mio padre fuori "Arielle, dobbiamo parlare." "Ora?" "Sì, te ne prego." dalla sua voce si capisce quanto sia a pezzi. Come faremo adesso? 
Andiamo nel suo studio, e inizia a parlare "Credo che sia il momento, di spiegarti tutto. Degli addestramenti. Delle collane." dovevo aspettare la morte di mia madre per sapere tutto? "Devi sapere, che quando io e tua madre ci siamo conosciuti, facevamo entrambi parte di due confraternite: io degli Assassini, e tua madre, dei Templari. Assassini e Templari sono nemici da sempre, e questo è il problema di tutto, io e tua madre commettemmo l'errore di innamorarci. Un Assassino e una Templare innamorati? Ovviamente, scatenammo del fermento, ma riuscimmo ad arrivare ad un accordo: uscire dagli ordini, e quando avremmo avuto dei figli, avremmo dovuto farli unire ai rispettivi Ordini. Se avessimo avuto una femmina, lei dagli Assassini." non so perché, ma quello che dice non mi stupisce, ormai non mi stupisce niente "Quindi? Devo unirmi agli Assassini?"  "No, non devi. Tua madre ha lottato per non farti unire, ha perso la sua vita. Arielle, non dovrai mai e poi mai unirti agli Assassini."  ha lottato per non farmi unire? Ma di che parla? "E perché non voleva farmi unire?!" gli dico irritata "Ti ha sempre vista come una bambina, una principessa. E le principesse non combattono..." non posso sentire di più, mi alzo e me ne vado sbattendo la porta. Sono tutte contraddizioni.
Come fa? Come fa a parlare di tutto ciò in un momento del genere? 
"E' appena morta mamma e si mette a parlare di Confraternite..." e ricomincio a piangere. Ma qualcuno mi chiama "Arielle?" riconosco questa voce, è Arno. Deve smetterla di spuntare dove gli pare e piace.  
"Si?" "Mi dispiace per tua madre." non gli rispondo, non riesco a dire niente "Io, so che non mi crederai, ma ti capisco." capirmi? "In che senso?" 
"Quando ero piccolo, mio padre fu assassinato." "Mi dispiace..." e, si abbassa il cappuccio. So che non è il momento adatto per pensare certe cose, ma... è bello. "Non ti avevo mai visto il viso." "C'è sempre una prima volta." 
Sei mesi dopo 
Dopo la morte di mia mamma è stato tutto un caos. A casa nostra c'era sempre gente nuova, i parenti che ci venivano a trovare, i nostri amici, i "falsi" che non ci hanno mai considerato. Ci sono i litigi con mio padre per gli Assassini, e poi... la cosa peggiore: vogliono farmi sposare. Ma io non lo farò, mai. 
Ho fatto pace con Giselle, siamo tornate legate come prima. E ormai vedo ogni giorno Arno,  credo di stare iniziando a provare qualcosa per lui, ma non può nascere niente, io perché non ci riesco, per Alain e per mia madre. E Arno, per Elise. Non mi ha raccontato tutto nei dettagli, ma so che lei è morta.
E so quanto la morte di una persona da te amata possa segnarti, come è successo con me. Ma non è solo questo, lui non mi vedrà mai come più di un'amica, e mi va bene così. Ora sono ad incontrarlo sul tetto dove ci incontrammo la prima volta, ma ancora non arriva. 
"Salve." sussulto per lo spavento "Ciao Arno." "Che hai?" mi chiede sedendosi accanto a me "Non crederai mai a quello che ti dirò." "Illuminami."
"Mio padre... vuole farmi sposare." "Come?" mi chiede "Te lo giuro... non ci posso credere. Dopo la morte di mia madre, non è più lo stesso... dice cose senza senso.." 
"Tra cui questa." 
"Esatto."
"Non può costringerti se tu non vuoi." 
"Non lo so Arno... so solo che ho paura." 
"E di cosa?"
"Di sposare qualcuno che non voglio? O di sposarmi e basta?"
"Non puoi sposarti solo perché lo vuole lui, hai ventidue anni Arielle, prendi le scelte da sola! Prima per gli Assassini, ora per questo!" dice arrabbiato "Lo sai che per gli Assassini non ho scelta! Dovresti capire invece di urlarmi contro!"
"Io voglio cercare di farti capire!"
 "Non ci riesci! Grazie ma non voglio sentirmi fare la predica, me ne vado. Arrivederci." lui però inizia a seguirmi "Perché mi stai seguendo?" gli chiedo arrabbiata "Perché non dovrei?" mi dice con aria di sfida, decellero il passo, lui mi raggiunge e mi mette un braccio intorno al corpo  "Purtroppo la tua antipatia è immensa." gli lancio uno sguardo di irritazione, ma rimaniamo a guardarci, mi impiglio nei suoi occhi marroni, i nostri visi si avvicinano ma ci blocchiamo entrambi "Arielle, non possiamo." dice con voce malinconica, e Arno va via.






SALVE! Capitolo piccolissimo, lo so! 
Che dit
e di recensire? Sarei molto contenta. :)

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Capitolo 4
*** Un inutile oggetto per la procreazione ***


Ho la testa ancora su quel tetto, pensando agli occhi di Arno attaccati ai miei, sono così sovrapensiero che non mi rendo conto di essere arrivata a casa. Noto una carrozza a me sconosciuta in giardino. Chi sarà mai?
Entro in casa, e vengo accolta da mio padre che mi sussurra “Arielle, che fine avevi fatto?” “Ero in giro.” “In giro... sei in pantaloni?! Vatti subito a cambiare, abbiamo ospiti.” e mi fa l'occhiolino. No... no no no... “Ospiti in che senso?” “Ospiti nel senso di ospiti, Arielle. Và sopra.” di malavoglia, vado nella mia stanza, e trovo un abito di seta color lavanda sul letto. Come pensavo, mio padre avrà organizzato un incontro con qualcuno per un "matrimonio". Poteva almeno parlarmene... ma non gliene frega niente di quello che penso! Va bene, papà, ricorderai questo giorno. Ma una sensazione di panico inizia a prendermi, inspira ed espira. Non ti sposerai, non ti sposerai, non ti sposerai.
Qualcuno bussa alla porta “Signorina Arielle, posso entrare?” “Sì Annie...” le dico cercando di sembrare più calma possibile, ma non abbocca, sa che sto male, mi conosce troppo bene.
“Non è costretta...” mi dice triste abbracciandomi “Lo so, Annie. Mio padre dovrebbe saperlo che è tutto inutile con me.” Inspira ed espira “Ve lo mettete il vestito?” “Fosse per me andrei in pigiama, ma non posso.” mi spoglio, e Annie mi aiuta a mettere il bustino, me lo stringe tantissimo, tanto da non respirare “Quanto odio questi cosi... li brucerei tutti...” “Sto soffocando io per voi!” dice Annie ridendo. Dopo aver messo il bustino, infilo il vestito, e devo ammettere che mi sta davvero bene, dal colore alle forme. Il colore del vestito fa risaltare ancora di più i miei occhi verdi e i capelli, castano rossi. “Siete davvero bellissima con questo vestito.” si complimenta Annie “Furbo mio padre vero? Sarà meglio scendere, mi accompagni?” “Certo.”
Arrivo davanti al salone, ma non ce la faccio, mi giro verso Annie “Non posso Annie, non posso…” le dico con la voce imbrattata dal panico “Invece ce la fai Arielle. Sei una ragazza forte. So che questo è un bruttissimo periodo, ma io ti conosco e so come sei fatta. Quindi, testa alta ed entra in quella stanza.” Le parole di Annie mi danno coraggio. Ce la faccio. Respiro profondo, ed entro. Mio padre si alza e mi viene incontro “Arielle!Finalmente!Ti presento Anselme  Dubois  e il figlio Armand” l'uomo basso, che ha al posto dei capelli una delle orribili parrucche bianche che vanno di moda e un paio di occhiali rotondi sul naso a patata, fa contrasto vicino al figlio alto e robusto, dai capelli biondi legati dietro, e due occhi malinconici color nocciola, anche lui è costretto a fare qualcosa che non vuole fare? Guardarlo mi provoca una fitta allo stomaco, somiglia troppo ad Alain.
"Onorato di conoscervi." si presenta dandomi un bacio sulla mano.
“Sediamoci sediamoci! Non vogliamo mica stancarci!” ci sediamo, e io mi metto da sola su una poltrona.
“Allora, Arielle, quanti anni hai?” mi chiede Anselme  “Ne compirò ventitré a fine mese.” “Ventitré?E ancora non è sposata?” chiede scioccato girandosi verso mio padre, perché non chiude la bocca questo ciccione? “Ehm… diciamo che Arielle è sempre stata una ragazza libera. Io e mia moglie abbiamo sempre preferito far prendere ai nostri figli le scelte da soli.” “Capisco… mio figlio ha 20 anni, anche se vostra figlia è più vecchia di tre anni, non credo darà problemi per dei futuri nipoti. La vedo una ragazza apposto, anche se un po’ magra… sapete… a noi uomini piacciono più cicciottelle…” ma cosa sta blaterando questo vecchio idiota? “Mi scusi?” chiedo cercando di essere il più calma possibile “Si, Arielle?” chiede Anselme  “Sto cercando di capire il senso delle vostre parole. Sto, più che altro, cercando di fare qualcosa che non mi condurrà a nulla, perché ciò che ha detto non ha nessun nesso logico.” “Arielle…” dice mio padre come rimprovero “Cosa, padre? Mi stupisce il fatto che tu non dica niente!Mi lasci trattare come un inutile oggetto per la procreazione!” “Signorina Arielle il vostro comportamento mi disgusta…” “A me disgusta il vostro, signor Dubois. State certi che non darò mai alla luce i vostri futuri eredi. Buona giornata.” Dico uscendo dalla stanza. Sento la palla di lardo urlare “Mai in tutta la mia vita ho incontrato una ragazza tanto maleducata nei miei confronti…!” allora ha incontrato ragazze tutte stupide, caro Anselme.
Arrivo in camera e mi ci chiudo dentro, rimango con il viso sulla porta, cercando di capire quello che è appena successo. Non so cosa sia peggio: le parole di Anselme o l’indifferenza di mio padre davanti le sue parole. “Uno stupido oggetto per la procreazione eh?” sussulto per la domanda improvvisa “Giselle, che ci fai qua? Comunque, è un inutile oggetto per la procreazione” “Giusto... ero venuta a portarti questo, lo hai dimenticato a casa mia ieri sera.” E mi restituisce l’arco, l’arco… come diamine ho fatto a dimenticarlo?! “-ma Annie mi ha detto che c’erano ospiti, e abbiamo ascoltato tutta la conversazione… un’idiota, quell’Anselme. Insieme al figlio.” “Già… comunque a parte questo…” ma vengo interrotta dal bussare della porta “Chi è?” “Sono Armand.” Mi giro interrogativa verso Giselle, che bisbiglia “Non ne ho idea!” apro la porta, e Armand mi dice “Volevo scusarmi per il comportamento di mio padre. E’ stato inappropriato e i suoi commenti, devo dirlo, sono stati da vero ignorante. Ora devo scappare, arrivederci, Arielle.” E senza che mi dia il tempo di dare una risposta, Armand fugge via. Come fa a essere così bello e, a quanto sembra, educato, con il padre così brutto e stupido? Chiudo la porta e esclamo “Bah!” “Almeno è stato gentile.” Dice Giselle stendendosi sul letto  “Arielle… hai notato a chi somiglia?” mi chiede cauta, come se quella domanda potesse uccidermi “Ad Alain, lo so. Comunque, non cancella il comportamento del padre, e di mio, padre.” “Assurdo vero?Un uomo dice queste cose a tua figlia e stai lì senza dire niente…” “Lasciamo stare… devo raccontarti una cosa.” “Se ti fai fatta così rossa, riguarda una sola persona…” le racconto l’accaduto del tetto, e esordisce con “Che imbecille!” mi metto a ridere “Giselle!Non è stupido… sarà distrutto…” “Per la ragazza morta, eh? Si però Arielle, lei è morta da sei anni, non avrebbe dovuto superarlo?” “Ognuno ha i propri tempi…” all’improvviso entra mio padre, che arrabbiato mi chiede “Arielle, mi spieghi il tuo comportamento?” ma salve papà! “Io non devo spiegarti proprio niente, dovresti essere tu a spiegarmi il tuo comportamento.” “Io non devo spiegarti proprio niente… hai perso un’occasione…” non deve spiegarmi niente?Sta scherzando spero!E non riesco più a trattenermi, le parole mi escono di getto “Tu devi spiegarmi perché sei stato lì impalato mentre venivo umiliata da quel vecchio ciccione!Devi spiegarmi perché non vuoi farmi unire agli Assassini quando sei consapevole che siamo in pericolo!Devi spiegarmi perché, da quando è morta la mamma, sei un’altra persona!Rivoglio il mio vecchio padre!” attendo una risposta, ma non arriva, mio padre si limita a fissarmi, saluta Giselle e va via. “Mi spiegate perché scappate tutti!?” dico urlando, devo assolutamente uscire, devo calmarmi. “Giselle, usciamo.” “Dove andiamo?” “Nel nostro giardino.” Riferendomi al posto che è sempre stato mio, di Giselle e Alain. Mi rimetto i vestiti che avevo prima, prendo l’arco e io e Giselle usciamo. “Corsa?” mi chiede entusiasta “Corsa sia.” A queste parole, iniziamo a correre. Sentiamo tante persone urlare “Attente!” oppure “Cretine!” e tanti altri aggettivi, ma non c’importa di nulla, pensiamo solo a correre, ma qualcuno mi blocca “Che cavolo…” alzo gli occhi e, inaspettatamente, trovo Arno. “Dove vai così di fretta?” mi chiede tenendomi ancora bloccata “A fare un giro…” ma poi, noto che il suo gilet ha un’enorme macchia rossa. “Arno… quello è sangue?” chiedo preoccupata, lui guarda dove sto indicando “Non lo avevo notato…” risponde ironico “Ma sei bianchissimo! Dobbiamo andare…” “Dove?” “A casa mia. Mio padre saprà cosa fare.” “No…” “Invece sì.” gli dico insistentemente “Se me lo dici così…” ci avviamo verso casa, e, quando arriviamo c’è mio padre fuori la porta “Arielle?Chi diavolo è?” “Salve, padre di Arielle.” Saluta Arno, ma, a queste parole, sviene.

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Capitolo 5
*** Scelte da prendere ***


«Levati» mio padre mi sposta e facendosi aiutare dal maggiordomo, porta Arno nel suo studio, io lo seguo, ma mi lascia fuori «Tu. Rimani qua.» è arrabbiato. Ma almeno lo sta aiutando. Sopravviverà? O mi lascerà anche lui? Come Alain e come mia madre? Le ferite lasciate da loro sono troppo grandi, non potrei sopportarne un'altra ancora. Giselle mi viene incontro «Ora, dobbiamo soltanto aspettare...» non le rispondo, e mi siedo sulla poltrona nel salotto.  Un urlo. E' Arno. «Si sarà svegliato!» dice Giselle, corro nello studio e chiedo cosa sia successo, vedo Arno sdraiato sul tavolo, ha due bruttissime ferite, che arrivano dal petto alla spalla «Niente, vattene! Portatela fuori!» sento Arno chiamare il mio nome «Arielle...» ha la voce sofferente, sto per avvicinarmi a lui, ma vengo trascinata fuori dal maggiordomo «Signorina Arielle rimanga fuori!» e mi sbatte la porta in faccia. Torno nel salotto, non riesco a stare ferma e faccio avanti e indietro per la stanza «Arielle... cerca di calmarti, non è così grave... è solo svenuto... non sta morendo!» Giselle cerca di calmarmi, ma inutilmente «Anche ad Alain era solo una ferita, e sta sotto terra da un'anno e mezzo.» è stupefatta dalla mie parole, e mi risponde dopo un po' di tempo «...per Alain, è stato diverso. Non ha voluto farsi curare. E' rimasto indifferente, ma ora con Arno, c'è tuo padre.» è vero. Alain non volle far niente per la sua ferita, perché Alain?
«Arielle, vorrei una spiegazione. Chi è questo ragazzo? Che è ovviamente un Assassino. Che ci faceva con te?» ero così sovrapensiero che non avevo notato che mio padre fosse entrato nella stanza, mi alzo di scatto e gli chiedo «come sta?» «Sta bene, soltanto una ferita superficiale, ha perso molto sangue... ma se la caverà... ora, rispondi alla mia domanda.» alla sua risposta torno a respirare... se la caverà... «Arielle?» «Arno, è un mio amico.» gli rispondo io «Questo lo avevo capito, mi chiedo come tu sia entrata in contatto con questo Assassino, e che rapporto ci sia fra voi due.» «L'ho conosciuto un po' di tempo fa. Ci siamo incontrati, abbiamo parlato e da lì siamo diventati amici. Sentito? Amici» «Come hai detto che si chiama?» mi chiede mio padre con faccia preoccupata «Arno Dorian.» «Dorian?» «Sì, ma perché hai questa faccia?!» gli chiedo «I-io... conoscevo il padre...» «Davvero?» ma non mi risponde, e penso che abbia senso, mio padre e il padre di Arno erano entrambi assassini... probabile che mio padre conoscesse anche Arno? «Il figlio di Charles... era un bambino... che Cormagh sia maledetto…» e mormorando queste parole, mio padre esce dalla stanza. Chi è Cormagh? «Ma che gli è preso? Sembra abbia visto un fantasma!» dice Giselle «Mi hai tolto le parole di bocca...» e esco dalla stanza per andare a vedere Arno, entro nello studio e si trova sul divano, dorme, e ha il viso rilassato. Quanto è bello? No, Arielle no! Niente sentimenti. Niente. Prendo una sedia, ma inciampo in qualcosa e cado a terra. «Sono un genio...» borbotto «Arielle, sei tu?» ho svegliato Arno. Brava di nuovo Arielle! «Sì... scusa, me ne sto andando...» «Aspetta... vieni qua...» «Dimmi.» mi fissa con gli occhi socchiusi «Ti volevo ringraziare. Se non ti avessi incontrata probabilmente sarei morto...» «Lasciatelo dire... sei un completo idiota!» gli dico dandogli uno schiaffo sulla spalla «Arielle la spalla…» mi dice con faccia dolorante «Scusami… comunque, sei uno stupido! Perdi tutto quel sangue e te ne vai in giro così?!» «Oh Arielle… ma io non mi riferivo a prima…» «Cosa?» ma Arno torna a dormire. Che cosa voleva dire? Resto ancora vicino a lui, dopo un po’ lo sento mormorare un nome… non riesco a capire… ma poi sento meglio… Elise.
Esco dallo studio, ma non sono arrabbiata, come potrei esserlo? Sarebbe ridicolo, perché io capisco Arno. Io lo capisco, provo i suoi stessi sentimenti.. Lui amava Elise, io amavo Alain. Lui ha perso Elise, io ho perso Alain. E questa cosa, seppur brutta, ci lega. Torno nella mia stanza, e trovo Giselle sul mio letto «Come sta?» «Bene… si è svegliato… mi ha detto una cosa strana…» «Ovvero?» «Che se non mi avesse incontrata sarebbe morto.» Giselle mi guarda con faccia interrogativa «E cosa c’è di strano? E’ vero!» «Dopo ha detto che non si riferiva ad oggi, ma non capisco...» «Non capisci? Tu hai capito benissimo! Ma fai finta di non capire! Si riferiva a quando ti ha incontrato la prima volta, intendeva che gli hai cambiato la vita!» non è vero. Non può essere, è una cosa troppo sdolcinata, assolutamente non adatta a me «Giselle finiscila di dire sciocchezze o mi farai salire il vomito. Ora vorrei dormire, buonanotte!» «Ma...» «Buonanotte, Giselle.» «Buonanotte…» e con la testa piena di dubbi, crollo in un sonno profondo.
Stranamente stamattina mi sveglio di mia spontanea volontà, lascio dormire Giselle, e corro giù, vengo chiamata da mio padre «Arielle vorrei parlarti…» «Dimmi.» «Sediamoci, ti prego.» andiamo in salone «Chiudi la porta.» cosa vorrà dirmi di cosa importante? Dio fa che non voglia parlare di matrimoni… ci sediamo, e inizia a parlare «Ieri, mentre non c’eri, ho ricevuto una visita, e ho preso con questa persona un’importante decisione: ti sposerai.» sputo l’acqua che stavo bevendo «Scusa?!» «Hai capito bene… ti sposerai, ormai hai quasi 23 anni, non puoi continuare a fare la mantenuta in casa mia.» «Papà… tu sai cosa voglio fare… non me lo hai mai permesso…» «Non farai mai l’assassina.» l’assassina? L’ha dimenticato? «Il medico!» gli urlo in faccia «Sei una donna… non potresti mai diventarlo…» «E come alternativa vuoi farmi sposare con qualcuno a me sconosciuto?Complimenti.» «Ah Arielle finiscila! Questo tuo fare indisponente non attacca con me! E poi fai già l'attrice a teatro! Ma ovviamente, quando ti sposerai non potrai più farlo...» «Posso sapere con chi dovrei sposarmi?» «Armand Dubois. Dovrai sposare, volevi dire.» «E se invece non lo farò?» «Puoi preparare i bagagli seduta stante.» touché. Proprio ciò che più temevo, sento salire le lacrime, ma poi inizia a ribollire la rabbia «Se mi sposo comunque me ne andrò, hai così tanta voglia di cacciare tua figlia da casa?!» non ha il tempo di rispondere che entra Arno. E’ bianchissimo, ancora non si è ripreso del tutto «Volevo ringraziarvi per tutto, signor Roux.» «Te ne stai andando?» «Sì, arrivederci. Grazie ancora.» «Arrivederci, Arno.» mentre Arno fa per andarsene, mi lancia uno sguardo in cui mi fa capire che vuole parlare, avrà sentito la conversazione? «Arielle, domani verranno qui. Non fare sciocchezze.» con l’anima piena di rabbia, gli dico le prime parole che mi vengono in mente «Da oggi ha un solo figlio, Edgard.» e esco.
Torno in camera mia, e scoppio a piangere.
Non so quante ore sia stata sul letto a fissare il soffitto, Annie è venuta diverse volte, anche mio fratello e Giselle, ma non li ho risposti, non ho alcuna voglia di parlare. «Arielle.» sussulto, e mi trovo Arno davanti, con il suo solito cappuccio che gli copre la faccia. Devo imparare a chiudere la finestra.
«Ciao.» e torno a guardare il soffitto «C’è una soluzione.» non gli rispondo, sapendo cosa voglia dire.
«Puoi ancora essere una assassina, lo sai.» alle sue parole mi arrabbio, non capisce che per me è difficile? «Si! Si lo so! Ma, ti vuoi mettere nei miei panni?!Non sono in una situazione molto facile!» «Preferisci sposare quel ragazzo?» no, affatto. «Immaginavo-» senza accorgermene me lo ritrovo vicino «-ti prego, fai la scelta giusta.» e mi porge un medaglione con il simbolo degli Assassini. «Che cos’è?» gli chiedo «Quando vorrai unirti, lo capirai.» 

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Capitolo 6
*** Lacrime di arrivederci ***


«Quando ti vorrai unire, lo capirai.»
Queste parole continuano a rieccheggiarmi in mente da quando Arno se n’è andato. Cosa devo fare? Sposarmi con una persona per la quale non provo nulla ma continuare ad avere i rapporti con mio padre, o fare ciò che voglio per poter vendicare la morte di mia madre e saldare un conto di mio padre anche se questo implicherebbe non averlo più? Ho la testa che mi scoppia, troppe domande e nessuna risposta. Potrei provare a dormire, riposata potrei riuscire a prendere una decisione. Mi metto sotto le coperte, e dopo molto tempo di insonnia riesco finalmente a dormire.

«Andiamo Arielle, muoviti! Sei la solita!» «Si sto venendo!» «Se ci fai aspettare ancora giuro che ce ne andiamo…» mi urla Alain impaziente, così esco dalla mia camera «Eccomi, contenti?» «Direi proprio di si! Ci hai fatto aspettare 20 minuti…» dice Giselle irritata «Io direi 18…» «Ma stai zitta…» dice Alain stampandomi un bacio sulle labbra. «Ragazzi un po’ di contegno…» «Scusa Giselle, ma proprio non ce la facciamo a non farti irritare. Mi raccomando, fate piano.» e mi avvio verso la porta di ingresso. «Dove andate voi tre?» chiede mia madre all’improvviso spuntando da dietro «Ad una festa!» risponde Giselle «Ad una festa vestiti così?» facendo riferimento ai nostri abiti non proprio adatti ad una festa «Alle feste ci vai con l’arco e le frecce Arielle?» «Ehm… questa è una festa particolare organizzata da alcuni ragazzi altrettanto particolari, sai… noi conosciamo un sacco di persone…» mia madre mi scruta per capire se sto dicendo la verità «Ragazzi particolari, mh? E come si chiamano? Anche io conosco un sacco di persone.» «Già, come si chiamano!» esclamo io «Com’è che si chiamano? L… L…» chiedo nel panico a Giselle e Alain «Lefebvre! Si… i fratelli Lefebvre!» risponde Alain «Lefebvre? Quei due? Ma non li odiavate?» «E continuiamo a farlo, ma sai, per le feste non conta!» dice Giselle ridendo, con la sua solita risata isterica di quando è in difficoltà «Non conta?» perché non ci lascia in pace per l’amor del Cielo! «Mamma mamma mamma… che brutta parola ‘odio’, noi non odiamo nessuno! Abbiamo solo qualche antipatia, tutto qua... possiamo andare adesso?» mia madre attende un po’ prima di rispondere «Certo… andate… mi raccomando, niente guai!» «Stà tranquilla!» e dandole un bacio sulla guancia, ce ne andiamo.
«Allora, siamo pronti per questa festa dai Lefebvre?» chiede Giselle «Non vedo l’ora di farli ballare a quei figli di puttana.» risponde Alain pieno di rabbia «Alain, niente guai, prendiamo l’orologio e ce ne andiamo. Va bene?» «Va bene.» il modo titubante in cui ha risposto non mi piace affatto, ma faccio finta di nulla.
«Ecco qua, casa Lefebvre.» «Non se la passano male questi due.» «Niente affatto, e rubano anche gli oggetti delle altre persone. Come ho già detto: figli di puttana. Ragazze, allora, conosciamo già il piano, ma ripassiamolo: Giselle stordirà le due guardie all’entrata principale mentre Arielle entrerà dalla finestra e io dal retro, quando saremo dentro, andremo in giro per trovare l’orologio. In bocca al lupo.» io e Giselle ci avviamo, ma vengo tirata da Alain «Mi raccomando, non cadere.» dice divertito «Grazie Alain, come se non fossi già abbastanza in ansia.» e accennando un sorriso, lo lascio lì. Mentre mi arrampico sul muro per raggiungere la finestra aperta rischio qualche volta di cadere, ma fortunatamente entro in casa intatta, quatta come un gatto vado alla ricerca dell’orologio, ma sento la voce di Gustave Lefebvre «Merda merda merda.» nel panico, mi nascondo nella prima cosa che trovo avanti, in un armadio. L’armadio ha dei buchi e riesco a vedere Gustave Lefebvre, che blocca Giselle tenendole puntato un coltello alla gola «Allora? Dove sono i tuoi amichetti, mh?» «Muori,Gustave.» gli dice Giselle, anche se prova a non farlo vedere, è impaurita e non riesco a vederla da sola ancora di più, così esco dall’armadio. «Lasciala, Gustave, o giuro che ti ammazzo.» lo minaccio con un freccia «Oh oh oh, eccola, l’altra! Arielle… Giselle… due puttanélle.» «Lurido imbecille!» gli urlo io, ma un’altra voce si aggiunge «Come hai chiamato mio fratello, Arielle? Non ho sentito bene.» E’ Margot Lefebvre, e tiene bloccato Alain con la spada. Vedo gli occhi azzurri di Margot pieni di rabbia, per lei la sua casa è un posto sacro, e noi lo abbiamo appena violato. «Scommetto che siete venuti qua per questo…» Gustave ci mostra l’orologio del nonno di Alain con la mano libera «spreco di tempo, mi dispiace.» e lascia cadere l’orologio, dopodiché, lo schiaccia con un piede. Vedo l’orologio del nonno di Alain ridotto malissimo a terra, irrecuperabile, e mi viene una stretta al petto perché Alain ci teneva tantissimo, era stato un cimelio della sua famiglia da sempre. Infatti, Alain urla «Bastardo!» e cerca di correre verso Gustave, ma Margot lo ferisce con la spada sulla spalla. Da lì il caos, io che incocco una freccia verso Margot che riesce a scappare, Giselle che riesce a divincolarsi da Gustave e lo colpisce con un pugnale sulla coscia. Mi avvicino verso Alain sanguinante, con le lacrime agli occhi gli dico «Alain non dovevamo venire qua… è stato sbagliato… morirai…» «Arielle, nulla è reale, tutto è lecito.» «Alain ma che significa? Alain… Alain…»


Mi sveglio di soprassalto e capisco cosa dovrò fare: mi unirò agli Assassini. Risognare quella notte questa volta, mi ha fatto prendere una decisione, la risposta di Alain è stato un chiaro suggerimento ‘Nulla è reale, tutto è lecito’ è il motto degli Assassini. Non ci penso di più, mi alzo e inizio a preparare i bagagli, prima di unirmi andrò da Giselle, non posso rischiare di rimanere intrappolata qui dai Dubois e da mio padre. Ripongo i vestiti nella valigia alla rinfusa, prendo un’altra borsa e ci infilo le mie altre cose: le armi, profumi e gioielli. Dopo essermi vestita e pronta per andarmene, mi viene in mente una persona: Annie. Annie, una delle persone più importanti della mia vita, colei che c’è sempre stata nei momenti più brutti, la sto abbandonando, così, senza una spiegazione. «Non posso svegliarla… non mi lascerebbe mai andare via… le scriverò una lettera.» prendo un foglio, penna e inchiostro e inizio a scrivere:
Cara Annie,
quando leggerai questa lettera probabilmente mi starò unendo agli Assassini. Si, hai letto bene: mi unirò alla confraternita. So che non era questo ciò che volevate per me, ma lo sapete, non avrei mai potuto vivere una vita che non volevo, una vita che non sentivo mia. Annie, non piangere (perché sono consapevole del fatto che starai bagnando questo foglio con le tue lacrime) questo non è un addio, è un arrivederci. Sorridi, sarò libera, vivrò una libertà che dalla morte di Alain non ho più sentito. Siate felici per me, anche se la mia vita negli ultimi due anni si è riempita solo di infelicità.
Ciao, Annie, ci vediamo presto.
P.S: salutami Marcel, e digli che nonostante sia antipatico, gli ho sempre voluto bene.
Con Amore, Arielle
«Credo andrà bene…» lascio la lettera sul letto, esco fuori al balcone e sperando che non facciano troppo rumore, lascio cadere il bagaglio con i vestiti all’interno. Quella con le altre cose la lascio in spalla, non posso rischiare che si rompano… e con un salto, arrivo giù in giardino. Prima che me ne vada, do un’ultima occhiata a quella che era casa mia, e penso al modo in cui ho lasciato mio padre, e si bagnano gli occhi, ma ricordo che non sto andando a morire, e che li rivedrò.
Ma André? Come ho fatto a dimenticare mio fratello? Dalla morte di mia madre, ci stiamo vedendo davvero pochissimo, perché sta investigando su chi potrebbe averla uccisa, lui ha paura che sia stato qualcuno del suo Ordine, che si è voluto vendicare per il tradimento compiuto dalla mamma 28 anni fa, ma cerca di non pensarci. Il secondo motivo… è assolutamente ridicolo, a mio parere. Mio fratello, è fidanzato, con Victoire Dupont. Una altezzosa viziata di prima categoria. Come fa a piacere ad André, sinceramente non lo so, probabile che non lo capirò mai. Ad ogni modo, i due si sarebbero dovuti sposare due mesi fa, ma ovviamente date le circostanze non hanno convolato a nozze. Ma, ora hanno deciso un’altra data, e Victoire ha voluto preparare tutto daccapo, dunque tiene mio fratello molto impegnato. E ora… André è un templare. E io diventerò un’Assassina. Assassini e Templari sono nemici da sempre. Lo saremo anche io e mio fratello? Non ci avevo pensato… sono una stupida, e ora non posso più tornare indietro. Titubante, lascio la strada della mia casa.
Quando arrivo a casa di Giselle, entro in casa sua con le chiavi (condividiamo anche le chiavi di casa) e vado a svegliarla «Giselle… Giselle… Giselle!» «Altri cinque minuti…» ma poi realizza «Eh? Ma chi è?» chiede spaventata «Un maniaco pronto a struparti.» «Ah Arielle… sei tu… che… ci fai qua alle tre di notte?!» «Sono venuta perché… va bene, non so come la prenderai.» le rispondo sedendomi accanto a lei «Cosa?» mi chiede lei ancora dormendo «Mi unirò agli Assassini.» le dico di getto «E vuoi unirti in casa mia? Aspetta… cosa?!» «No… sono venuta per questa notte perché se fossi rimasta in casa non mi avrebbero più lasciata andare, era la mia unica possibilità di scappare.» « Ma Arielle… va bene, appoggio la tua scelta. Per me dovevi farlo già da prima e lo sai, ma comunque tu meritavi di più…» percepisco la malinconia nella sua voce. So che è seria, che pensa davvero che meritassi di più, perché Giselle mi ha sempre vista come una principessa e vedermi così, con il fidanzato e la madre morti, cacciata di casa e costretta a unirmi a una Confraternita segreta la intristisce. Intristisce anche me, ma è meglio buttarla sul comico «Immagini come sono bella e misteriosa col cappuccio?! Anche se sembrerò più sudata e puzzolente dato che stiamo ad Agosto.» Giselle si mette a ridere «Esatto, è il 20 di Agosto e tra cinque giorni è il tuo compleanno! Che cosa vorrai fare?!» chiede esaltata, è vero, tra cinque giorni è il mio compleanno e l’avevo completamente dimenticato «Assolutamente niente.» «Oh ma finiscila… non vorrai startene in giro a uccidere persone vero?!» dopo questa frase, capisco che Giselle è una completa idiota «No, semplicemente non ho voglia di festeggiare visto che ho subito un lutto che non ho per niente superato sei mesi fa!» le dico io arrabbiata «Hai ragione… scusami» e mi abbraccia, odio doverlo ammettere, ma mi sento meglio «Vado di là. Buonanotte.» le dico staccandomi da lei «Notte Ary!» «Chiamami di nuovo Ary e ti faccio pentire di avermi dato le chiavi di casa. Notte cara!»
Ora devo capire come posso raggiungere Arno… prendo il medaglione che mi ha dato prima, e inizio a fissarlo. «Un medaglione col simbolo degli Assassini, grande aiuto Arno!» e continuo a fissarlo applicata, all’improvviso, una specie di disegno inizia a comparire sul medaglione… io l’ho visto già, ma che cos’è? Pensa Arielle pensa… dove l’ho visto? E mi compare avanti la cappella di Sainte Chapelle. 

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Capitolo 7
*** Rinascita ***


Vengo svegliata da Giselle verso le nove, e sento un magone sullo stomaco, ho avuto un incubo che mi fa riflettere molto sulla scelta che sto per prendere. Ho sognato i due stupratori che ho ucciso 6 mesi fa, assassinii che non ho dimenticato e continuano a farmi salire i sensi di colpa, nonostante lo abbia fatto per difendere me stessa, perché quei due, sicuramente, avrebbero fatto lo stesso con me. Quello che mi chiedo è: ce la farò ad uccidere altre persone? Se nel momento in cui dovrò agire, mi tirerò indietro? Devo parlarne con qualcuno che può capirmi, e il primo pensiero va a mio a padre, ma non posso… ho bisogno di mio fratello. 
Quando arrivo fuori casa di mio fratello, spero con tutto il cuore di non trovarci mio padre, o di non essere accolta da Victoire. Prendo coraggio e busso alla porta. «Chi è?» tiro un sospiro di sollievo, è André. «André, sono io.» e mi apre la porta. «Arielle!» mi tira dentro e chiude la porta. «Ho saputo della tua fuga… se così la si può definire, come puoi ben immaginare a casa è il caos… nostro padre è furioso con te, Anselme de Bois e Annie sono furiosi con nostro padre, Marcel è furioso con Annie perché urla troppo…. E io…. Io sono fiero di te. Perché sei finalmente riuscita a prendere una decisione. Lo so che diventerai un’Assassina e io sono un Templare… ma per me rimarrai sempre mia sorella e mai e dico mai riuscirei ad odiarti. E poi mi fido sempre meno del mio Ordine… ma di questo ne parleremo dopo, perché sei qui?» dopo queste parole, un’ondata di affetto mi travolge il cuore, abbraccio mio fratello e lui stranamente ricambia. «Va bene basta… è troppo per me. Sono qui perché volevo parlarti della mia scelta. Mi chiedo se riuscirò a fare ciò che gli Assassini fanno. Se riuscirò ad uccidere.» gli dico io «Beh… Arielle devi pensare al fine per la quale tu lo fai. » «Lo so André, ma la domanda resta sempre la stessa.» «E la risposta è che devi cacciare le palle.» «Ah?» «Si Arielle! Caccia le palle! Devi essere coraggiosa! Non lasciarti buttare giù da interrogativi inutili! Senti… devo darti una cosa.» e si avvia verso il suo studio, quando entriamo non posso non notare il caos presente nella stanza: carte e bottiglie mezze rotte di vino sul pavimento, i vestiti messi su una poltrona… certo mio fratello non è mai stato l’ordine in persona, ma così è davvero esagerato. «André ma cosa è successo qua dentro?» «Lo sai che sono molto impegnato…» per molto impegnato intende: molto impegnato a scoprire chi ha ucciso la mamma. André è distrutto, sta metabolizzando nella propria maniera, io penso giorno e notte agli Assassini e lui pensa giorno e notte ad investigare. «Tieni.» e mi porge una grande scatola nera di legno. «Ma che cos’è?» gli chiedo io «Un regalo.» la apro e all’interno c’è un bastone. Un bel bastone, per carità, ma cosa dovrei farcene esattamente? «Un bastone?» «Idiota… guarda.» lo prende, tira il manico dorato a forma di testa di aquila e in realtà si rivela un lungo pugnale, mentre nell’altra estremità c’è un bottone, lo preme, ed esce una lama di falce. O mio Dio. «E’ stupendo!» gli dico prendendo in mano l’arma esaltata «Lo so… sembra un semplice bastone ma in realtà è un’arma letale. Usala bene…» «Grazie André… grazie mille… credo sia il primo regalo da parte tua…» gli dico ridendo «Dopo ventitré anni era pure ora.» mi dice triste, vedere mio fratello così mi fa stare malissimo e capisco che devo stargli vicino più che posso «Ora mi spieghi cosa stai combinando?» gli chiedo, mi fissa un po’ prima di rispondere «Lo sai già… ma sono ad un punto morto. Quando penso che si stia evolvendo qualcosa torna tutto al punto di partenza, credo di stare raggiungendo il limite della sopportazione…» e si stende su una poltrona esausto «Se ti serve aiuto…» «Oh ti ricordi dopo sei mesi di aiutarmi?» mi chiede irritato «André ho avuto altro nella testa!» «Sì certo, mentre io stavo a farmi il culo per cercare l’assassino di nostra madre tu piangevi nella tua stanza!» si è arrabbiato, molto, probabilmente pensa questa cosa da molto tempo e io gliel’ho fatta ricordare, meglio lasciare perdere «Me ne vado, grazie del regalo…» non mi risponde e vado via. Nonostante l’ultima scena, parlare con lui mi ha messo coraggio, quindi mi avvio direttamente verso la cappella.
Per fortuna la cappella di Sainte Chapelle non è lontana dalla casa di André e quindi la raggiungo subito. La guardo da fuori, e la vetrata è uguale all’immagine del medaglione… entro dentro, e mi chiedo cosa dovrei fare. Guardo verso la vetrata e sotto, su un balconcino, c’è uno strano oggetto con una fessura rotonda. Trovato. Il problema è arrivarci... dovrei arrampicarmi? Fin lassù? Arielle Roux, devi farlo, “caccia le palle!” «Va bene… caccio le palle.» mi dico da sola, mi guardo in giro per vedere se c’è qualcuno ma fortunatamente la cappella è vuota. Mi volgo verso il muro, e inizio a salire. Concentrati, non guardare giù. Guarda dove metti i piedi, e le mani. Finalmente arrivo «Senza problemi. Sto migliorando.» e mi scappa un sorriso. Senza accorgermene, come una cretina, inciampo in uno scalino e cado a terra. Sofferente, massaggiandomi il fondoschiena, mormoro «Come non detto... »
Infilo il medaglione nella fessura, ma non succede niente. «Dai!» e all’improvviso sento dire da una vocina nella mia testa ‘girala’. Ora sento anche le voci, sto impazzendo davvero. Ascolto la voce nella mia testa e giro il medaglione, effettivamente accade qualcosa: i lampadari si abbassano sullo stesso piano del balconcino, e più lontano, sul pavimento si è aperto un varco. «Ora devo anche saltare sui lampadari, mi troveranno morta. Già immagino cosa diranno, Arielle Roux: morta suicida.» fisso i lampadari per mettermi coraggio, e senza pensarci un attimo di più, salto. Il lampadario, con mio grande sorpresa, rimane fermo. E salto sull’altro, e sull’altro ancora, finché non arrivo sopra al varco sul pavimento, guardo il nero profondo, e mi butto.
Atterro in una… balla di fieno? Mi alzo, e effettivamente sono atterrata in una grossa balla di fieno.
«Perché avere una semplice entrata era troppo complicato.» nella stanza c’è una porta, la apro, e apro la bocca per lo stupore, ciò che trovo avanti a me è stupendo. Sembra di stare in un palazzo reale, un lungo corridoio con grandi statue di Assassini porta ad una grande sala, con due scale a chiocciola ai lati, al centro della sala c’è un grande varco che porta in un’altra sala, il triplo più grande di questa all’entrata. «Chi diavolo sei tu?» mi chiede una voce femminile, mi giro e trovo una donna sulla cinquantina sopra le scale, nonostante le rughe dell’età resta una bella donna. Non so cosa risponderle «I…io…» «Tu?» mi chiede lei, che si sta iniziando ad irritare «Arielle?» questo è Arno, che spunta da dietro la donna. «La conosci?» chiede la donna ad Arno «Sì, la conosco.» risponde lui continuando a fissarmi, escono altri tre uomini, poi la donna si gira di nuovo verso di me, e mi chiede «Come ti chiami?» «Arielle Roux.» rispondo io decisa, perché ho già fatto la figura dell’idiota all’inizio «Roux? La figlia di Edgard?» chiede un uomo stupito dalla mia risposta «Sì.» «Finalmente tuo padre ti ha deciso a mandarti…» dice la donna «Sono venuta da sola.» «Chi ti ha dato il medaglione?» ma Arno anticipa la mia risposta «Io.» «Tu Arno? Per quale motivo non ce ne hai parlato?» «Non l’ho trovato necessario.» la donna è infastidita, molto infastidita, ma cerca di non darlo a vedere «Per quale motivo hai deciso di unirti agli Assassini se non è stato tuo padre a mandarti?» mi chiede lei. Arielle, pensa alla tua risposta molto bene, non dare risposte affrettate. Ma… perché non dire semplicemente la verità? «Allora?» insiste lei «Ho visto l’unione alla Confraternita come una possibilità di fuga.» «Fuga da cosa?» chiede un altro uomo «Dalla mia vita, probabilmente.» «Cosa avrebbe la tua vita che non va? Da quanto ne sappiamo, hai vissuto nel migliore dei modi, non ti è mancato nulla.» mi chiede lo stesso uomo, sento tutti gli occhi degli Assassini puntati su di me e mi mettono a disagio, ma non lo do a vedere , e rispondo alla sua domanda «Nemmeno la morte.» e li guardo dritti negli occhi, loro non mi dicono nulla, si limitano a dirmi «Aspetti giù, signorina Roux.» poi la donna dice ad Arno «Arno, rimani qua con Arielle. Dovrà schiarirle le idee su questo posto suppongo.» e entra dentro ad una stanza assieme agli altri. 
Arno scende giù da me, e cerco di reprimere la gioia che provo da quando l’ho visto. 
«Ci hai messo del tempo.» mi dice «Lo so.» gli rispondo semplicemente «Cos’è questo posto?» «Un posto in cui noi Assassini ci alleniamo, studiamo. E’ nostro da più di trecento anni. E da questi tunnel si arriva in qualunque posto della città. » mi dice lui con grande fierezza «Capisco. Chi erano quelli?» «Il consiglio. Maestri Assassini. Che hai Arielle?» mi chiede lui «Niente. » ma non è vero, il colloquio che ho avuto mi ha fatto ricordare per davvero, i motivi della mia unione agli Assassini. Ripenso alla mamma, ripenso ad Alain, e mi viene un dolore al petto troppo forte. Il respiro si fa affannoso, e sto per iniziare a piangere. Non posso farmi prendere dal panico adesso, non adesso Arielle, caccia le palle, caccia le palle… mi siedo su una delle scale, e mi metto la testa tra le mani. «Sicura di sentirti bene?» mi chiede Arno preoccupato «Sì, sto bene… ho solo mal di testa…» «Ma stai piangendo.» «No che non sto piangendo!» gli dico io arrabbiata, poi mi tocco le guance, e sono bagnate, sto piangendo e non me ne ero accorta. «Come vuoi.» mi dice lui rassegnato.
«Signorina Roux, venga.» dice la donna di prima, spuntata dal nulla, avviandosi verso la “sala enorme”, io e Arno la seguiamo. Non riesco a non rimanere incantata dalla grandezza della sala, che più ad una sala somiglia ad un enorme grotta, avanti a tutto, c’è una fontana con su inciso il simbolo degli Assassini, e sopra, su una specie di balcone, si trova il Consiglio. Vado al loro cospetto, invece Arno si unisce a loro. Un uomo al centro, che suppongo sia il capo, inizia a parlare «Arielle Roux, dopo esserci confrontati, siamo arrivati alla conclusione che tu potrai giovare all'Ordine. Dunque, da oggi sarai un’Assassina a tutti gli effetti. Prima di procedere, però, vorremmo anche il parere del Maestro Dorian.» Maestro Dorian? Quindi Arno, non sarebbe un semplice Assassino, bensì un MAESTRO Assassino e io non ne avevo idea? Molto bene. «Sapete cosa penso. La ragazza è stata addestrata fin da piccola per il combattimento, non sono sicura lo sia stata per l’arrampicarsi sugli edifici, ma imparerà. E’ pronta.» «Molto bene. Su, avanti, bevi Arielle.» e capisco che vuole che io beva dall’acqua della fontana. Che sia davvero acqua? Non faccio domande, e decido di bere e basta. Sembra non succedere niente, ma all’improvviso sento un fortissimo mal di testa, non riesco a reggermi in piedi e cado in ginocchio sul pavimento. Tutto a un tratto, vedo passarmi avanti tutti i ricordi della mia vita, dai più belli ai più brutti: il Natale in famiglia, quando ho conosciuto Alain, quando prendemmo il gatto, i duelli con mio fratello in giardino, la conoscenza con Arno sul tetto fino alla morte di mia madre. Ora, invece, mi trovo nel corridoio dei Delacroix, non un semplice corridoio, quel corridoio… e vedo mia madre, bellissima e sorridente, come lo è sempre stata. Sono lontana da lei e inizio a vederla sfocata, un uomo sospetto le si sta avvicinando, cerco di urlare ma non mi esce la voce, corro, corro con tutte le forze che ho in corpo, ma non la raggiungo, è tutto inutile… è troppo tardi. Dal corridoio dei Delacroix, vengo trasportata sotto alla cattedrale di Notre Dame, mi giro, e vedo un’ondata di lava venire verso di me: l’unica soluzione è arrampicarsi. Così inizio a salire, salgo più che posso, ma senza alcuna spiegazione vengo buttata all’indietro, sto cadendo nel vuoto, ma non muoio, mi ritrovo in un grande spazio grigio affollato. Le persone sono disposte a cerchio attorno ad un uomo, ai piedi di quest’uomo c’è un cadavere. Non so come, ma so che devo ucciderlo. Mi faccio strada tra la folla per avvicinarmi, arrivo vicino l’uomo, e lo pugnalo. Dopo la pugnalata, il buio.
Riapro gli occhi, e sto nella grotta, con gli Assassini sopra di me. 
Il “capo” prende la parola «Da oggi, Arielle Roux è morta. Ed è rinata come sorella dell’ordine degli Assassini. Non dimenticare, Arielle, che noi seguiamo un Credo: Trattenere la lama dalla carne degli innocenti, Nascondersi in piena vista e infine, Non compromettere la confraternita. Segui il Credo, e non avrai dispiacevoli conseguenze.» 
E’ finita. Faccio parte dell’Ordine. 

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Capitolo 8
*** Cadute e galline ***


Sono quindici giorni esatti da quando sono diventata un'Assassina e ho già perso il conto delle cadute che ho preso. Avere Arno come maestro non è per niente semplice. E' severo, e... è impazzito, se così si può dire. Si comporta diversamente, è freddo, distante. Quando provo a parlargli o risponde a monosillabi o semplicemente non risponde. E inoltre dico, fortuna che deve insegnarmi solo come arrampicarmi sugli edifici, perché se avesse dovuto allenarmi anche alla lotta credo che avrei dato di matto. Ogni mattino devo svegliarmi alle sei e devo fare una corsa da casa mia fino a Notre Dame, sui tetti. Perché devo imparare a stare sugli edifici come sto in strada e perché devo rafforzare la massa muscolare, certo sta facendo effetto, ma è estenuante. E se mi fermo a respirare inizia a fare monologhi del tipo «Non potrai respirare quando sarai seguita da 10 guardie!» o cose del genere... inizio a capire perché gli altri Assassini pensano ciò che pensano su di lui, ovvero che è severo o che è l'antipatia fatta persona, perché sta facendo la stessa cosa con me. Ora, sto andando sopra al tetto di casa mia perché devo fare la solita corsa. Apro la finestra e mi accorgo che sta piovendo, perfetto, come se avessi già abbastanza voglia. Vado sopra al tetto e Arno è lì, come sempre, che guarda il panorama. Purtroppo quei sentimenti che stavo provando per lui non si stanno allievando, e incontrarlo mi fa sempre lo stesso effetto. «Buongiorno.» gli dico io, facendo seguito ad uno starnuto. «Buongiorno.» mi risponde senza neanche girarsi, quanta cordialità Arno, devo complimentarmi. «Sta piovendo.» dico io sperando che oggi mi risparmi «Dunque?» «Sarà prudente correre sui tetti con questa pioggia?» «Arielle, quando sarai in missione, potrà anche stare facendo una tempesta, se dovrai correre, dovrai correre. E se non corri cosa succede?» «Muoio.» rispondo già conoscendo l'antifona «Esatto Arielle, muori. Inizia.» dice irritato. Senza speranze, inizio a correre sui tetti, ormai conosco a memoria il tragitto, ma oggi devo stare particolarmente attenta, perché si scivola e se scivolo rischio seriamente di farmi male. La pioggia si fa sempre più intensa e io sono fradicia come una spugna e inizio a starnutire senza fermarmi, tant'é che sono costretta a fermarmi. «Non fermarti.» mi rimprovera Arno, Dio ma perché non mi da una tregua per due minuti? «Non so se l'hai notato ma ho freddo, sono zuppa e devo starnutire di continuo.» dico io con voce esasperata «Perché io no invece?! Ma non mi fermo e continuo, ed è quello che dovresti fare anche tu!» «Hai una tolleranza maggiore al freddo, evidentemente. » gli rispondo nemmeno guardandolo in viso, Arno non risponde e continua a fissarmi, ma so che si sta arrabbiando... scenata tra tre... due... uno... mi prende per le braccia e scuotendomi mi dice «Ascoltami bene, Arielle, forse tu non stai prendendo la situazione seriamente. Io, ti sto allenando per ciò che diventerà un lavoro per te. E un giorno dovrai fuggire da qualcosa di molto più pericoloso di me, anche con la pioggia. Lo capisci questo? O la tua cocciutaggine è tale da non farti entrare niente nel cervello?!» “O la tua cocciutaggine è tale da non farti entrare niente nel cervello?!”  questa frase… me la disse Alain… rimango imbambolata, sento Arno come se fosse lontano. Ritorno sulla terra e mi divincolo dalla sua presa, e inizio a correre per allontanarmi da lui. Devo togliermelo dai piedi.
Sono arrivata nel quartiere di Notre Dame, mi trovo sull'estremità del tetto più alto e sono pronta per saltare su un altro. Ma scivolo e cado dal tetto, credo di stare per morire, ma per miracolo, Arno arriva e mi prende la mano. Mi tira su e rimango in ginocchio a guardare giù sulla strada, se fossi caduta per ogni probabilità sarei morta. «Stai bene?» mi chiede Arno «Come vedi, sì.» «Devi stare più attenta.» «E chi sei tu? Mio padre?» il suo comportamento inizia a darmi sui nervi, va bene che ha 10 anni in più, ma non deve trattarmi come una bambina. «No, solo che non ci starò sempre io a prenderti.» «E che ti devo dire? Non mi prendevi allora Arno! Mi lasciavi cadere!» «Non essere stupida…» «Guarda che sono serissima, mi lasciavi cadere! Non dovevi prendermi! Ora tornerei a casa perché sono fradicia, grazie a te.» e gli faccio un sorriso ironico, sperando che si irriti quanto sono irritata io. Ma non lo fa, si scosta e basta per farmi passare. «Tra due ore al covo, Arielle.» mi dice di lui dalle mie spalle, mi giro e annuisco. Arrabbiata, torno a casa per cambiarmi e potermi riposare un po’. Mi risveglio alle nove, e fortunatamente ha smesso di piovere, quindi posso andare al covo senza problemi. In cielo, il sole di settembre è tornato a dar calore. In strada non si respira un’aria cattiva, le persone pian piano si stanno riprendendo, la Rivoluzione ha toccato tutti, ed è finita da poco. Ma sappiamo come rialzarci. Quando passo, alcune signore si girano a guardarmi, probabilmente per il abbigliamento insolito e le armi, oramai mi sto abituando.
Arrivata al covo, noto una figura di spalle a me familiare che parla con Arno, si gira, e rimango scioccata: è Armand Dubois. Rimaniamo a fissarci, non posso credere ai miei occhi, lui è chiaramente imbarazzato. Si avvicina e mi dice «Arielle Roux.» «Armand?! Che… che ci fai qua?!» «Ehm, ci lavoro. O almeno così dicono.» ci lavora? Quindi Armand è un Assassino? Ma perché non lo sapevo? Perché nessuno me lo ha detto? Perché non me lo ha detto Arno? «Ci lavori?» «Sì, Arielle. Sono un Assassino anche io, da almeno tre anni, ormai. Tutta la mia famiglia lo è. Non lo sapevi? Credevo che tuo padre ti avesse informata.» più parla, più domande si formano nella mia testa. «Non ne avevo idea.» «Oh beh, comunque, sono appena tornato da un viaggio a Londra, per questo non ci siamo visti prima. Ho saputo della tua fuga, se così la si vuol chiamare, hai creato un po’ di scompiglio certo, ma se tu non volevi perché dovevi sposarmi?! Nemmeno io volevo a dir la verità… senza offesa ovviamente… sei una bellissima ragazza e anche molto intelligente, da quel poco che ho potuto vedere, ma i matrimoni combinati non mi sono mai piaciuti…» Armand, che a quanto pare è logorroico, viene fermato da Arno, che dice «Mi dispiace interrompervi. Ma, Arielle, tardiamo con gli allenamenti.» mi dice guardandomi negli occhi con irritazione «Lo so.» gli rispondo tenendogli lo sguardo «-perdonami, Armand. Continuiamo a parlare dopo.» «Certo, certo, Arielle. A dopo.»
Vado nella sala d’allenamenti, e mentre inizio a riscaldarmi, Arno, ovviamente, come se non avesse nient’altro da fare a parte che rimproverarmi, dice «Sono le nove e un quarto.» «E quindi?» «E quindi un quarto d’ora fa dovevi stare già qui.» «Per una volta non fa niente.» e torno a fare ciò che stavo facendo. «Capisci che sono il tuo Maestro e che devi trattarmi con rispetto?» sto per dirgli quanto mi faccia schifo, ma veniamo interrotti dalla voce stridula di Nicole Moreau «Uuh, sembra che qui non andiamo d’accordo. Vero Arno?» e ride come un’idiota, entra nella sala sbattendo più che può i suoi lunghi capelli neri. E’ evidente che Nicole provi qualcosa per Arno, ma non so se i suoi sentimenti sono ricambiati. Certo, Nicole è una bellissima ragazza, alta, slanciata, due occhi azzurri color ghiaccio e il naso all’insù, ma è tanto bella quanto falsa. E io per qualche strana ragione sono gelosa di lei, perché mi accorgo degli sguardi che si lanciano, ma è solo attrazione fisica… non può provare dei sentimenti verso… verso questa… «Ciao Nicole.» le risponde Arno «A che sta questa qui?» chiede Nicole. Questa qui? Lo sa che ho un nome? Lo sa che anche se sono soltanto una Novizia devo essere rispettata? E non ce la faccio a starmi zitta. «Questa qui, si chiama Arielle.» le dico guardandola dritta negli occhi «Lo so come ti chiami.» mi risponde lei, chiaramente infastidita dalla risposta. Starà pensando che l’ho messa in imbarazzo davanti ad Arno, e non la vedo come una che dimentica. «Allora se lo ricordi, la prossima volta.» le dico io, il sorriso dalla faccia di Nicole si spegne, e dice «Arno, posso vedere personalmente, come sta messa Arielle?» e pronuncia Arielle in tono di sfida. «Non cre…» ma lo interrompe «Oh su dai, che farà mai?» «Va bene.» è arrivato il momento che speravo, far vedere a questa gallina che anche io valgo qualcosa. Prende due bastoni di legno, e me ne passa uno. «Pronta Arielle?» «Sì.» e appena rispondo, si lancia su di me, la sala si inizia a riempire anche di altre persone, e sento che stanno osservando incuriositi la scena: l’Assassina esperta e la Novizia che lottano, non sono cose che capitano tutti i giorni. Io paro tutti i suoi colpi, e dopo non so quanto tempo che combattiamo, riesco a colpirla. «Allora non fai così schifo.» «Sono meglio di quanto credi, Nicole.» e ripeto il suo nome allo stesso modo in cui lei prima ha detto il mio. Non so come, riesce e divincolare il mio bastone, approfitta della situazione e mi da un pugno nella pancia, mi bisbiglia nell’orecchio «Non abbastanza, però.» Il dolore che provo è allucinante, sento gli organi venir fuori, mi viene da vomitare, ma non gliela do vinta, approfitto di un suo momento di distrazione, e con il bastone le colpisco le gambe, la faccio cadere e glielo punto sul collo. «Io direi che lo sono.» lei mi guarda furiosa, si alza e esce dalla stanza dicendo «Ovviamente gliel’ho data vinta.» già, certo Nicole. Arno mi viene vicino e mi dice «Sei stata brava.» «Quello che sento è un complimento?!» «Sì Arielle, è un complimento.» e mi mette una mano sulla spalla. Quel semplice tocco mi fa capire quanto mi manchi il vecchio Arno. Gli levo la mano dalla spalla, e me ne vado per fatti miei. Devo pensare a troppe cose, ma specialmente ad Armand Dubois. Pian piano inizio a capire… facendomi sposare con Armand, che è Assassino e di famiglia di Assassini, mio padre avrebbe in ogni caso saldato il conto con gli Assassini senza che io mi unissi. Ma perché non me lo diceva e basta? Ho capito, devo parlare con mio padre.
 
 

Da quando Arielle è entrata negli Assassini sono cambiato totalmente verso di lei. E la cosa mi fa stare male più di quanto pensassi. All’inizio che la conobbi, Arielle mi attirava perché mi ricordava Elise. Ma andando avanti col tempo, conoscendola, ho imparato a distinguerle. A vedere solo Arielle e non pensare Elise. Ciò che provo per lei mi spaventa, specialmente adesso che sono il suo Maestro, per questo cerco di esserle il più lontano possibile. Oggi sta piovendo, sono sicuro che avrà da lamentarsene, e mi scappa un sorriso. «Buongiorno.» è lei. Non ti girare Arno, non guardarla. «Buongiorno.» «Sta piovendo.» mi dice lei, non avevo dubbi. «Dunque?» «Sarà prudente correre sui tetti con questa pioggia?» capisco il fatto che sia spaventata, ma deve imparare che non deve fermarsi avanti nessuna difficoltà «Arielle, quando sarai in missione, potrà anche stare facendo una tempesta, se dovrai correre, dovrai correre. E se non corri cosa succede?» «Muoio.» mi risponde lei con faccia scocciata, il suo tono non mi piace, capisco anche il fatto che sia arrabbiata con me per il comportamento, ma rimango il suo Maestro. «Esatto Arielle, muori. Inizia.» e lei parte gettandosi sul tetto di fronte. La seguo, sperando che non si faccia male. Dopo l’esperienza che ho passato, con Arielle sono particolarmente in ansia, molto di più da quando ho parlato con il fratello…


Sono ad una taverna, a bere, per non pensare. Un uomo viene e si siede vicino a me, chiede una birra, non so perché ma so che vuole qualcosa, infatti, dopo un po’, mi da a parlare «Sei tu, vero?» «Chi?» «L’Assassino che ha fatto unire mia sorella Arielle, il genio che l’ha condannata a morte, Arno. Sei tu.» le sue parole sono come una coltellata nel cuore «Sono io.» il fratello di Arielle distoglie lo sguardo dal bancone, mi guarda in faccia e mi dice «Finalmente ti ho trovato.» si interrompe, e fa un sorso di birra, dopo aver bevuto riprende la parola. «Prenditi cura di Arielle. Dopo il guaio che hai fatto è l’unica cosa di buono che potresti fare. Mia sorella, in certe circostanze non riesce a controllare le sue emozioni, agisce d’impulso … controllala, è sempre stata un fuoco, Arielle. Un fuoco pronto a crescere sempre di più, ecco perché abbiamo sempre cercato di tenerla lontana da questa vita. Ma ora che ha un potere così grande tra le sue mani, non so come andrà a finire. Quindi, ti prego Arno… a nome mio, di mio padre… e di mia madre: prenditi cura di lei.» «Perché dici che ho fatto un guaio? Non pensi che Arielle sia in grado? La stavate uccidendo, tenendola rinchiusa in casa, privandole della sua libertà.» il fratello da un pugno sul tavolo «Cosa ne sai tu di mia sorella? Come potrebbe fare ciò che fate voi? Come potrebbe uccidere a sangue freddo una persona, se diventava triste solo se vedeva un gatto randagio in mezzo alla strada? Come potrebbe arrampicarsi sugli edifici, quando inciampa soltanto quando cammina? Certo, è sempre stata brava a lottare, ma non potrebbe mai farlo nella realtà. Tu non sai niente di lei, niente. Voi Assassini… credete sempre di poter fare tutto, per la libertà… trasformerete mia sorella in un mostro voglioso di uccidere.» cerco di ignorare le sue ultime parole, e provo a rispondere più calmo che posso «Te l’ha mai detto tua sorella, di quanto a volte si sentisse oppressa da voi? Ti racconto una storia: una sera, ero su un tetto, quando inizio a sentire delle voci… due uomini, che volevano rubare gli oggetti ad una ragazza… che volevano stuprarla… lei si lamenta… io sto per scendere per andare ad aiutarla, ma lei all’improvviso caccia una spada e ne uccide uno, con una pistola uccide l’altro. Dopo sai cosa fece? Salì su quel tetto, arrampicandosi. Avrai capito di chi sto parlando vero? Ci conoscemmo, e diventammo amici, finché non pensai che avevo conosciuto una sola ragazza straordinaria quanto lei. Sei sicuro di conoscerla, tua sorella?» «Che fine ha fatto, l’altra ragazza?» distolgo lo sguardo da lui, non riesco a risponderlo, perché Elise è morta. «Come immaginavo. Quello che dovevo dirti dovevo già dirtelo. Arrivederci, Arno.» mentre sta per andarsene gli dico «Ci tengo a lei.» «Me lo auguro. Perché credimi, se dovesse succederle qualcosa, io e tutto i Templari del mondo ti verremo a cercare, finché non ti avremo preso. » e esce dalla taverna.
 
Mentre corriamo, si ferma e tira profondi sospiri, è stanca, posso capirla, ma non può fermarsi appena accenna stanchezza. Deve imparare molte cose. «Non fermarti.» le dico «Non so se l'hai notato ma ho freddo, sono zuppa e devo starnutire di continuo.» ma perché deve comportarsi da bambina viziata? Non mi sono mai lamentato così con Bellec. Anche perché se lo avessi fatto mi avrebbe dato un calcio nel… fondoschiena. «Perché io no invece?! Ma non mi fermo e continuo, ed è quello che dovresti fare anche tu!» «Hai una tolleranza maggiore al freddo, evidentemente. » sento l’irritazione crescere sempre di più, se vuole farmi arrabbiare, ci sta riuscendo. La prendo tra le braccia e le dico «Ascoltami bene, Arielle, forse tu non stai prendendo la situazione seriamente. Io, ti sto allenando per ciò che diventerà un lavoro per te. E un giorno dovrai fuggire da qualcosa di molto più pericoloso di me, anche con la pioggia. Lo capisci questo? O la tua cocciutaggine è tale da non farti entrare niente nel cervello?!» non mi risponde, è come se rimanesse ipnotizzata, ha lo sguardo nel vuoto «Arielle? Sveglia! Pronto?!» ritorna sulla terra, e inizia a correre. Sono dietro di lei, sta correndo troppo velocemente e non riesco a raggiungerla, all’improvviso, alla fine del tetto scivola, e non so come riesco a prenderle la mano. Per poco moriva. Non pensarci Arno… non è morta, sta bene. Io non sono preoccupato per lei soltanto per il fratello, Dio, può minacciarmi quanto vuole il fratello, non ha idea di chi io sia, sono preoccupato perché se perdessi anche lei non so cosa farei. «Stai bene?» «Come vedi, sì.» io non so se ho mai conosciuto una ragazza più scorbutica, mi limito a dirle «Devi stare più attenta.» «E chi sei tu? Mio padre?» il suo comportamento inizia a darmi sui nervi, perché si comporta come una bambina e non da adulta?! «No, solo che non ci starò sempre io a prenderti.» «E che ti devo dire? Non mi prendevi allora Arno! Mi lasciavi cadere!» «Non essere stupida…» «Guarda che sono serissima, mi lasciavi cadere! Non dovevi prendermi! Ora tornerei a casa perché sono fradicia, grazie a te.» mi lancia un sorrisetto ironico, per darmi fastidio ovviamente, ma non ci riesce, mi viene in mente quando Elise si arrabbiò perché le salvai la vita. Mi scosto per farla passare, mentre se ne va le dico «Tra due ore al covo, Arielle.» si gira e annuisce. Mentre torno a casa, la pioggia per fortuna sta finendo, vedo due uomini secchi e alti come uno stecco contro un altro grasso come una palla, che gli dicono «Allora ciccione? Dacci quello che hai o giuro che ti ammazziamo!» l’altro gli dice «Mangiamo te a pranzo!» l’uomo si lamenta «Vi prego… ho una famiglia… lasciatemi in pace…» «Non vuoi collaborare allora… ti avevamo avvisato ciccione…» e caccia un coltello, non posso vedere di più, vado dietro i due e faccio una doppia uccisione. Aiuto l’uomo che ho salvato ad alzarsi, mi dice abbracciandomi «Grazie, monsieur! Non lo dimenticherò!» ma quanto è pesante? Lo scosto dalla presa e senza dirgli nulla, me ne vado.
Sono le nove e dovrebbe arrivare Arielle. Entra Armand Dubois, tornato dopo quindici giorni da un viaggio a Londra, mi saluta «Arno! Che piacere rivederti!» ricambio il saluto «Armand, bentornato.» un po’ sono geloso di Armand, una gelosia inutile, perché Arielle non ha voluto sposarlo. Mentre parliamo del suo viaggio, Arielle entra e fissa noi due che parliamo, Armand nota che mi sono distratto e si gira a guardare. La scena che ne segue mi fa ridere e non poco: Arielle rimane con gli occhi spalancati per lo stupore, mentre Armand non sa che fare per l’imbarazzo. Armand si avvicina a lei e le dice «Arielle Roux» «Armand?! Che… che ci fai qua?!» «Ehm, ci lavoro. O almeno così dicono.» prima di risponderlo, Arielle lo fissa con gli occhi sbarrati, come se cercasse di capire se dice la verità «Ci lavori?» Armand incredulo le risponde «Sì, Arielle. Sono un Assassino anche io, da almeno tre anni, ormai. Tutta la mia famiglia lo è. Non lo sapevi? Credevo che tuo padre ti avesse informata.» lo credevo anche io. Ora sarà ancor più furiosa con me perché mi dirà che non gliel’ho detto «Non ne avevo idea.» «Oh beh, comunque, sono appena tornato da un viaggio a Londra, per questo non ci siamo visti prima. Ho saputo della tua fuga, se così la si vuol chiamare, hai creato un po’ di scompiglio certo, ma se tu non volevi perché dovevi sposarmi?! Nemmeno io volevo a dir la verità… senza offesa ovviamente… sei una bellissima ragazza e anche molto intelligente, da quel poco che ho potuto vedere, ma i matrimoni combinati non mi sono mai piaciuti…» Arielle sta per rispondergli, ma li interrompo, perché stiamo perdendo tempo e… non mi piace affatto come si guardano «Mi dispiace interrompervi. Ma, Arielle, tardiamo con gli allenamenti.» «Lo so.» mi risponde come se volesse congelarmi, e ci riesce. «Perdonami, Armand. Continuiamo a parlare dopo.» «Certo, certo, Arielle. A dopo.»  
 
Arielle si avvia da sola nella sala degli allenamenti. E’ molto arrabbiata con me, lo so. Ma non deve arrivare sempre in ritardo «Sono le nove e un quarto. » «E quindi?» «E quindi un quarto d’ora fa dovevi stare già qui.» «Per una volta non fa niente.» deve smetterla di trattarmi come un’idiota… «Capisci che sono il tuo Maestro e che devi trattarmi con rispetto?» vuole rispondermi, ma veniamo interrotti dalla voce stridula di Nicole Moreau «Uuh, sembra che qui non andiamo d’accordo. Vero Arno?» e ride come un’idiota, entra nella sala sbattendo più che può i suoi lunghi capelli neri. E’ evidente che Nicole provi qualcosa per me, ma non ricambio i suoi sentimenti. Lei però è convinta del contrario, dopo che andammo a letto insieme. Più di una volta, in realtà. Solo che lei mi aveva provocato, e io sono un uomo. Certo, Nicole è una bellissima ragazza, alta, slanciata, due occhi azzurri color ghiaccio e il naso all’insù, ma non è il mio tipo. E ho un’altra persona in testa.  «Ciao Nicole.» «A che sta questa qui?» mi chiede. Questa qui? Evviva il rispetto degli altri. Per fortuna, senza stupirmi, Arielle le risponde «Questa qui, si chiama Arielle.» guardandola dritta negli occhi «Lo so come ti chiami.» risponde lei, chiaramente infastidita dalla risposta. «Allora se lo ricordi, la prossima volta.» questi sono i momenti in cui confermo i miei sentimenti.  «Arno, posso vedere personalmente, come sta messa Arielle?» Nicole Moreau e tutta la sua cattiveria all’azione, assolutamente non è una buona idea. «Non cre…» ma mi interrompe «Oh su dai, che farà mai?» effettivamente, Arielle se la potrà cavare benissimo. «Va bene.» Nicole prende due bastoni di legno, e gliene passa uno. «Pronta Arielle?» «Sì.» Nicole si lancia su di lei, ma Arielle le tiene testa. La situazione mi imbarazza:  quella con cui ho avuto una “storia” e Arielle. E Arielle è Arielle. Lo scontro finisce con la vittoria di Arielle, ovviamente la soddisfazione che provo è grande. Vado da lei, e le dico «Sei stata brava.» «Quello che sento è un complimento?!» «Sì Arielle, è un complimento.» e le metto una mano sulla spalla, per avere anche un minimo contatto. Mi leva la mano dalla spalla, e se ne va per fatti suoi. Sono certo di una cosa: con Arielle non sarà per niente semplice.




Salve! Nuovo capitolo, come avrete notato dal punto di vista anche di Arno. La cosa è divertente, perché si vede la stessa scena con pensieri diversi.
Arielle è convinta che Arno la odi e Arno è convinto che Arielle odi lui, quando in realtà è ovvio che i due si piacciono. Poi entra in scena un nuovo personaggio, Nicole, la classica bella e cattiva, mi sa proprio che la rivrederemo... e, come abbiamo visto, Arno ha incontrato André, e André è arrabbiato con Arno perché è preoccupato per la sorella. E, colpo di scena, Armand Dubois è un Assassino. Zan Zan Zan. Ditemi cosa ne pensate, al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** Inquietanti scoperte ***


«O mio Dio! Arielle!» urla Annie chiudendomi in un abbraccio, quanto mi sia mancata nessuno lo sa… quanto mi sia mancata casa mia, nemmeno. «Annie che bello rivederti…» dico togliendomi dal suo abbraccio «Perché Arielle, perché l’avete fatto?» chiede sull’orlo delle lacrime «Non piangere… lo sai già perché l’ho fatto. Non devi essere triste! Sto bene, non mi vedi?» «Sì… sì… vi vedo, ma la casa è vuota senza di voi… e vostro padre, vostro padre! Se ne sta chiuso nel suo studio Dio solo sa a fare cosa…» «E’ in casa adesso?» Annie mi risponde titubante «Sì… è in casa…» «Allora vado da lui…» dico avviandomi verso il suo studio, ma Annie si mette avanti a me, bloccandomi «Che stai facendo?» «Non potete farlo! Si infurierà quando vi vedrà! Sapete, non l'ha presa tanto bene… non andate… non andate per l’amor del cielo!» «Annie, fammi passare.» le dico io seria, il suo comportamento inizia a darmi fastidio, ma prima che possa rispondere, mio padre esce dal suo studio, anche se lo chiamerei covo, e chiede bruscamente «Annie! Chi diavolo è?» l’uomo che mi trovo avanti non è mio padre: ha la barba cresciuta, i capelli disordinati, le occhiaie scure, la camicia fuori dai pantaloni, cose che mio padre ha sempre odiato, ha sempre evitato. Ed è ubriaco, sento l’odore di vino da un miglio… mio padre non si è mai ubriacato. L’ho scosso così tanto? Il suo sguardo si posa su di me, e vedo gli occhi riempirsi di rabbia «Tu!» «Ciao!» rispondo io nervosamente, ma non mi saluta, mi viene incontro e mi sbatte contro il muro «Stupida bambina viziata! Questa è la gratitudine per quello che abbiamo fatto io e tua madre? Sei un’ingrata! Non ti meriti niente, niente dalla vita! Esci da questa casa e non farti mai più rivedere!» e mi butta a terra. Non riesco a descrivere quello che provo, è un misto di tristezza e rabbia, gli occhi si riempiono di lacrime… ma non posso dargliela vinta, non posso. Così mi alzo da terra, e gli dico «Pensare che ti avevo perdonato!» lui non la prende molto bene, prende un vaso e cerca di lanciarmelo addosso, per fortuna lo schivo. «Contento tu… addio.» scappo via, vado in un vicolo per nascondermi. Mai, mai in vita mia mio padre mi aveva messo una mano addosso… ‘Sei un’ingrata’ ‘Non farti mai più rivedere’ e il vaso lanciato addosso… non dimenticherò mai questa scena… mi è venuta la nausea, si fa sempre più forte e dopo un po’ vomito. Aspetto del tempo per riprendermi, e quando mi sento meglio, vado a casa mia e di Giselle, perché ora mi sono trasferita da lei, non voglio pensare… non voglio pensare… e vedo sul tavolo una bottiglia di vino chiusa. La apro e inizio a berla «Ho sempre odiato il vino…» ma non m’importa, bevo fino a finirla, inizio a barcollare e cado a terra, rido, rido come una pazza. «Devo sembrare proprio ridicola.» e continuo a ridere, dopo non ricordo niente.
25 novembre 1800
Quando vengo nella biblioteca mi sento sempre in pace.
La calma che aleggia qui non si sente da nessun'altra parte. Nessuno che parla, nessuno che ti cerca, i libri, l'odore dei libri... già, credo sia l'unico posto in cui io mi senta davvero tranquilla. Ora, sto leggendo un vecchio libro su dei racconti Inglesi, sono a Beowulf, un eroe nipote del re dei Geati, che arriva in aiuto al re Danese Hrothgar, perché la reggia in cui vive viene attaccata da un mostro di nome Grendel.
«Arielle?» mi sembrava troppo strano che nessuno venisse a distubarmi. «Sì?» rispondo cercando di sembrare il meno seccata possibile «Il consiglio reclama la tua presenza.» il consiglio? Che vorranno da me? «Che vogliono?» «Non lo so, mi hanno solo mandata a chiamarti.» «Va bene, grazie Vivianne.» Vivianne è una degli Assassini con cui ho fatto amicizia. E' una ragazza a posto, è gentile e simpatica. E non mi fa troppe domande sulla mia vita, questo mi basta già. Mi alzo per andare nella sala del consiglio, nella sala d'entrata c'è Nicole Moreau, che parla con un ragazzo che non conosco, si gira e mi lancia un'occhiata torva, la ignoro e salgo le scale, cammino lungo il corridoio dove ci sono altri Assassini avanti il camino che parlano tra di loro, arrivata fuori la porta, tiro un profondo sospiro e busso «Avanti.» entro, e trovo tutti i maestri seduti al tavolo, tra cui Arno. «Come stai, Arielle?» mi chiede il Gran Maestro Quemar «Bene, grazie.» «Ti starai chiedendo perché ti abbiamo convocata qui, suppongo.» «In effetti sì.» rispondo io provando a reprimere l'agitazione «Io, e tutti gli altri, in questi giorni abbiamo pensato molto su di te.»  s'interrompe e fissa il resto del consiglio. Perché non va dritto al punto? Penso che tra poco sverrò per l’agitazione, ma fortunatamente riprende la parola «Tu ormai sei entrata nella Confraternita da tre mesi, e già con una preparazione, dunque abbiamo chiesto al Maestro Dorian se tu avessi fatto progressi.» e s'interrompe di nuovo, si diverte? Guardo Arno, ha lo sguardo fisso sul tavolo, non ho idea di cosa possa aver detto. Ripenso alla figura oscena che ho fatto l'altra sera, quando mi ha trovata ubriaca nella taverna di Giselle, ripenso a come, a detta di Giselle, mi abbia presa di peso e portato a casa mia, e non gli ho nemmeno detto grazie. Inoltre litighiamo davvero spesso, l'ultima volta è stata... ieri, raggiungendo l'apice, se ci penso è stato un litigio piuttosto imbarazzante, abbiamo discusso su cose ridicole, cose di cui un Maestro e la sua allieva non dovrebbero parlare. Si, Maestro, perché ormai per me Arno è il mio Maestro, nient'altro.
«Ma t'impegni per essere antipatica o sei così naturalmente?!» «Potrei farti la stessa domanda!» gli urlo io «Non alzare i toni così con me, sono sempre il tuo Maestro!» e ripeto la sua frase facendogli il verso, poi aggiungo «Uh, scusa. Ti ho forse offeso?» «Io mi chiedo ancora perché ti stia dietro!» «Se mi comporto così è soltanto per colpa tua! Per il tuo comportamento da totale imbecille!» e spalanco gli occhi per quello che ho appena detto. Non dovevo dirlo... non dovevo proprio dirlo... «Scusami?» mi chiede lui sconcertato «Scusa cosa? Non ti rendi nemmeno conto? Da quando sono entrata nell'ordine sei diventato un'altra persona nei miei confronti. E non capisco il perché. Nicole ti avrà fatto qualche lavaggio del cervello?!» credo di non essermi mai arrabbiata così tanto in vita mia, le parole mi escono senza pensarci, mi sento come una bambina, ma sto dando sfogo a tutti i pensieri che ho accumulato in questi mesi. «Cosa c'entra Nicole in tutto questo? Arielle non capisco cosa tu stia dicendo, stai blaterando cose senza senso! Se mi comporto così nei tuoi confronti è perché voglio insegnarti ad essere una brava Assassina, lo faccio per te! Ma evidentemente sei troppo impegnata a pensare altre cose... come Armand, per esempio!» mi urla Arno «Armand? Cosa c'entra Armand? Poi sono io quella che dice cose senza senso?! Io e lui siamo amici! E Nicole c'entra, perché lei, non so per quale motivo mi odia, e so bene il rapporto che c'è tra voi due.» «E che rapporto c'è? Sentiamo.» e ora non so se dirglielo, dirgli quello che ho visto... in fin dei conti non sono affari miei. Ma poi ripenso a come abbia rovinato tutto, come abbia rovinato il rapporto che c'era tra noi due, e glielo dico «Vi ho visti mentre vi baciavate! Fuori la biblioteca!» «E io ti ho vista completamente ubriaca nella taverna della tua amica, credi che lo abbia dimenticato?» e mi faccio rossa come un peperone, casualmente, questa famosa serata è successa lo stesso giorno in cui ho visto Arno e Nicole insieme. Ma ovviamente non c'entra nulla lui, ho soltanto dato sfogo a due anni di vita deplorevole. «Se mi ubriaco non sono affari tuoi…» sei incoerente, Arielle, anche chi bacia sono affari suoi. «Sono affari miei quello che faccio con Nicole.» appunto. Non so più cosa dire, ha ragione. «Hai finito adesso? Per me possiamo finirla qui. Ci vediamo domani, Arielle.» vorrei dirgli che mi dispiace, che sto sbagliando a comportarmi così, ma l'orgoglio ancora una volte prevale. 

«E?» chiedo io, impaziente di una risposta «E ha detto che sei pronta a lavorare da sola.» spalanco gli occhi per lo stupore, guardo Arno, e lui guarda me, c'è un profondo imbarazzo tra noi due, devo parlargli assolutamente «Davvero?» «Sì, Arielle, davvero. In effetti abbiamo già una missione per te. C'è stato detto dai nostri informatori, che in un quartiere periferico della città stanno scomparendo dei bambini. Sappiamo anche chi è stato a rapirli, sapere il colpevole ci ha lasciati senza parole, e Dio solo cosa ci fa. La persona in questione, è un ex Assassino, Eugène Gauthier, cacciato da noi per aver violato il Credo, non avremmo mai pensato che si sarebbe spinto così a tanto… noi vogliamo che tu lo uccida. Pensi di potercela fare?» è arrivato il momento che più mi spaventava, il momento di uccidere. Se penso di potercela fare? Non lo so, ma so che devo farlo e basta. «Sì.» «Bene, agirai domani. Nel frattempo ti consiglio di andare dal sarto, potresti aver bisogno di una nuova... tenuta.» «Grazie, davvero. Arrivederci.» e esco dalla stanza con un gran sorriso sulla faccia, la mia prima missione da sola, sono agitata. Certo ho fatto delle cosucce con Arno, ma appunto come ho detto erano cosucce e stavo sempre con lui. Mi metto giù in sala ad aspettarlo, e finalmente dopo un po' di tempo arriva. «Arno.» lo chiamo io «Arielle.» mi risponde lui freddamente «Volevo... ringraziarti. E chiederti scusa, per il comportamento che ho avuto. Sono stata una bambina, non so cosa mi sia preso, sono stata una delusione perché mi credevi diversa, e poi parlare della tua vita privata... è stato da stupida. Mi dispiace.» e me ne vado. Mi aspetto che lui mi chiami, che mi dica qualcosa, ma non fa niente.
«Giselle? Giselle? Dove diavolo sei?!» sono venuta nella taverna di Giselle per dirle la notizia, ma nell’entrata non c’è, e nemmeno nel deposito. «Qui!» e Giselle spunta da, sinceramente, non so dove.  «Che fine avevi fatto?» le chiedo io «Nessuna, sono sempre stata qui, sto cercando una cosa ma non la trovo…» «Che cosa?» «Nulla di importante. Come mai sei qui?» vedo Giselle piuttosto preoccupata, e la cosa non mi piace affatto «Stai bene?» «Si, perché tutte queste domande?» non le credo, neanche un pochetto, conosco Giselle come le mie tasche e so quando le cose non vanno bene «Giselle so che stai mentendo. Quindi, o mi dici che hai o mi dici che hai, non hai nessuna alternativa.» «Mio padre…» «Ah, è vivo?» «E’ vivo e continua a farsi sentire. E’ venuto qui prima e ha detto che se non gli trovo una vecchia bottiglia di vino del 1740, che a detta sua abbiamo qui, mi butta in mezzo alla strada.» ecco cosa stava cercando «Sei tu che dovresti buttarlo in mezzo alla strada, lo sai questo no?» il padre di Giselle è sempre stato un… connard. La madre di Giselle morì quando lei era molto piccola per una malattia, non ricordo neanche quale, e il padre cadde in una grande depressione, che lo portò al bere, beveva così tanto che a volte perdeva la sua lucidità e picchiava Giselle. Lasciava la figlia sgobbare nella taverna mentre lui stava con qualche puttana, Giselle è sempre stata forte, ed è riuscita a crescere benissimo anche senza il padre e la madre. Posso dire che noi siamo stati come una famiglia per Giselle, per me lei è come una sorella. «Lo so, lo so… ma purtroppo rimane mio padre. Il problema ora è che non la trovo da nessuna parte» «La compriamo da qualche parte, non può essere tanto difficile trovare una bottiglia di vino del ’40, abbiamo fatto cose molto più complicate» Giselle ci pensa un po’, e alla fine si decide «Va bene… possiamo farcela» usciamo, e stiamo all’incirca due ore a girare in tutti i negozi di vino di Parigi per trovarne uno così vecchio, ma quando stavamo perdendo le speranze, finalmente lo troviamo.
«Perfetto! Quant’è?» «150 franchi, mademoiselle.» «Quanto?!» esclama Giselle dando i pugni sul tavolo, sia io che il negoziante sbandiamo per lo spavento «E’ molto vecchio…» «Ne ho solo 50…» si lamenta Giselle «Aggiungo io i soldi mancanti.» «Non esiste.» «Calcolalo come l’affitto, va bene?» «Arielle…» ma la interrompo prima che possa dire qualcos’altro e compro la bottiglia di vino, usciamo dal negozio e le dico dandole il pacchetto con il vino «Ora, devo dirti una cosa.» «Io ti ringrazio invece, mi hai salvato le chiappe. Che devi dirmi?» «Non sono più una Novizia!» «E’ fantastico Arielle! Hai già qualche missione?» «Sì… e non sembra neanche una cosa tanto semplice…» gli racconto ciò che dovrò fare, ed esclama «Lo sai? A volte penso che vorrei essere anche io un’Assassina. Potrei, no?» «Potresti. Ma non devi farlo. Giselle, noi uccidiamo persone…» ma vengo interrotta «Brutte persone.» «Relativamente. Ad ogni modo, saranno anche brutte persone, ma restano esseri umani. E io non ci vivo bene con questa cosa.» ed è vero, non mi piace uccidere, a chi piace? Purtroppo non ho avuto scelta, ma Giselle può scegliere, e non deve, non deve unirsi. «Ti prego Giselle, promettimi che non ti unirai.» Giselle aspetta un po’ prima di rispondere, ma alla fine mi dice ciò che volevo. «Sì Arielle, te lo prometto.»
Sta mentendo. 
26 Novembre
Sono un tetto studiando il mio obiettivo, e lui sta studiando il suo, un altro bambino. Aspetto il momento giusto per poterlo seguire e vedere dove li porta. Non è come lo immaginavo  –malvestito, con aria da alcolizzato, o con la gamba di legno- al contrario, ha l’aria di essere molto curato, mi sembra preoccupato e si guarda continuamente attorno, fa bene. Lo vedo avvicinarsi al bambino, e scendo dal tetto in un vicoletto per non essere notata, offre un dolcetto al bimbo e si comporta gentilmente. «Mi aiuteresti, petit? Sono un po’ vecchio io e non ce la faccio a portarlo da solo…» dice facendo cenno ad un carretto vicino al muro che dà inizio ad un vicolo «Certo, signore.» è il momento. I due si avvicinano al carretto, il bimbo prende il carretto ed esclama «Signore, ma è leggero!» «Perché è ancora vuoto.» gli dà una botta in testa e lo fa svenire, ovviamente, lo butta nel carretto. Si avvia dentro al vicolo e furtivamente lo seguo, è davvero lungo, mi giro dietro e la strada non si vede nemmeno. All’improvviso si ferma, mi nascondo dietro un contenitore di legno, si gira per accettarsi di non essere seguito e bussa vicino, a quanto pare una porta, e da dietro dicono «I cavalieri della tavola…» rotonda, mi dico da sola, ma non risponde così «Quadrata.» «Son qui se non vuoi…» «Sgommar.» ma che diamine ho appena ascoltato? Sono due idioti. La porta si apre e il secondo idiota esclama «Allora, l’hai portato?» perché ha un viso conosciuto? Dove l’ho visto, dove l’ho visto, dove l’ho visto… e mi compare la scena del mercato di molti mesi prima, quando un uomo senza denti mi venne vicino e io gli diedi un pugno, ecco chi è! E’ lo sdentato! «Sì, Fidèle, fammi entrare adesso!» Eugène lo scosta in malomodo e sbatte la porta dietro di lui. Come faccio ad entrare adesso? Guardo sopra e ci sta una finestra mezza aperta, ecco come entrerò. Inizio ad arrampicarmi sul muro, quando arrivo vicino la finestra provo ad aprirla… ma è bloccata, cerco di vedere all’interno ma è così sporca che non si vede nulla, avvicino il viso più che posso e ci sono dei bambini che lavorano e altri che puliscono, ecco per cosa li rapiscono. Ma cosa staranno lavorando? Mi accerto che ci siano solo i bambini, e busso, è una bimba sulla decina d’anni ad aprirmi, sono spaventati, e mi riempiono di domande «Chi siete?» «Come avete fatto a salire?» «Che cos’è quel bastone con la testa di uccello?» la stessa bimba che mi ha aperto mi viene vicino e mi tira la giacca per farsi notare «Scusi signorina…» «Sì?» «Siete qui per liberarci, vero? Siamo così stanchi… vogliamo tornare dalle nostre famiglie…» e inizia a piangere, la abbraccio e dico a tutti loro «Sì, sono qui per aiutarvi. Però dovete stare zitti… non devono scoprirmi. Come vi chiamate?» e mi dicono tutti i nomi: lei si chiama Jasmine, un bimbo rossastro pieno di lentiggini si chiama Fabien, uno molto alto con i denti a coniglio si chiama Hubert, un’altra bimba dai bellissimi capelli biondi e gli occhi azzurri si chiama Irène… sento dei passi venire verso sopra, e mi nascondo dentro un armadietto… è così piccolo che ci vado a stento, spero di non essere scoperta, non voglio dover uccidere Eugène davanti i bambini, sono già spaventati abbastanza. Ma non è Eugène, è Fidèle «Con chi parlavate?» chiede bruscamente «Con nessuno, monsieur.» risponde Jasmine «Non dite scemenze, vi ho sentiti parlare…» «Parlavamo tra di noi, monsieur.» «Chi vi ha dato il permesso di parlare?» e tira i capelli di Jasmine «Dovete lavorare e basta!» «Mi sta facendo male!» non ha alcuna intenzione di lasciarla andare, e non posso vedere altro. «La lasci.» gli ordino io «E tu chi diavolo sei?» esclama mollando la presa, prima che possa rispondere sale anche Eugène, e anche lui ha la stessa reazione dell’altro idiota «Chi diavolo è questa?!» «L’ultima persona che vedrai, Eugène.» e inizia a ridere «Tu… mi vuoi far credere…» e ride «…che mi vuoi uccidere…» e corro verso di lui mentre sta ancora ridendo, ma si scansa e vado a finire contro il muro. «Gli Assassini contro i Templari non hanno nessuna speranza.» Templari? Quindi Eugène è diventato un Templare? Mi giro e il mio dubbio viene chiarito, mi sta mostrando una collana con il simbolo dei Templari, esattamente come la ha mio fratello «Detto da un ex Assassino è ironico.» gli dico io «L’ho capito dopo… che gli Assassini sono dei pazzi…» «Dopo che sei stato cacciato, giusto? Che casualità. Bambini, andate via.» Eugène sorride, dopo che tutti i bambini sono andati via, mi risponde «Come sei ingenua… scommetto che sei una nuova recluta… dopo capirai… » «Ciò che devo capire l’ho già capito, e stai pur certo che io non mi unirò mai all’ordine dei Templari.» Fidèle, di cui mi ero completamente dimenticata, urla «Come osi! Stupida troietta…» e brandisce la spada, io prendo il “bastone” regalatomi da André, caccio la lama di falce, e riesco ad infilargliela nel collo. Vedo la sua ultima espressione del viso, è perplesso, non se lo aspettava, vedo il sangue sgorgare dal suo collo, vedo accasciarsi Fidèle a terra morto, ucciso da me. Non guardarlo Arielle… non guardarlo… senza accorgermene Eugène mi prende per il collo e mi sbatte a terra, provo in tutti i modi a togliermelo di dosso, ma la sua stretta è troppo forte e mi sento soffocare «Era mio fratello! Tu hai ucciso mio fratello!» gli vedo gli occhi lucidi, e nonostante ora lui stia uccidendo me, mi sento tremendamente in colpa. Ma il pensiero corre a mio padre, a mio fratello, ad Arno, a Giselle, ad Annie e alla vita che ho avanti e che devo vivere… così, gli do un calcio forte nelle sue parti intime e mi lascia. Pian piano mi riprendo, vedo Eugène ancora a terra con la faccia piena di dolore, non posso perdere questo momento, caccio la lama celata, corro da lui e lo uccido. Sento Eugène morente parlarmi «Alla fine ci sei riuscita… capirai ragazza… capir...» ma non riesce a finire la frase. Gli chiudo gli occhi, e dico una frase che ho letto in alcuni libri «Requiescat in pace.» mi alzo e cerco di non pensare a ciò che ho appena fatto.
Vado vicino ai tavoli dove stavano lavorando i bambini, e provo a capire cosa stessero producendo… delle bombe a scatto… le ho già viste da qualche parte, ma non ricordo dove, se una persona le sfiora soltanto possono far succedere qualsiasi cosa, il problema è cosa, farli produrre da bambini poi… mi affaccio e vedo se ci sono ancora i bambini giù, con mia grande fortuna sono ancora lì, sto per chiamarli ma ricordo i corpi di Eugène e Fidèle, meglio se scendo io. «Bambini, devo chiedervi una cosa, che cosa stavate lavorando?» «Oh mon cherie noi non volevamo… ci hanno costretti…» dice un bimbo che sembra il più grande di tutti gli altri, avrà 13 anni «Lo so.» «Erano delle bombe a scatto, solo sfiorate dovevano cacciare un fumo che doveva far diventare le persone delle marionette… ci hanno insegnato come produrle…» «Un gas, Pierre. Un gas.» lo corregge Irène. Un gas per far diventare le persone delle marionette nelle mani dei Templari. «Li hanno già avuti gli altri queste bombe?» «Sì… un carico…».Tutto questo è assurdo… devo subito disfarmi delle altre. Prima prendo due bombe per farle vedere al consiglio, il resto, lo brucio. E’ l’unica soluzione… già è un problema il carico già spedito, figuriamoci tutte queste altre… cerco dei fiammiferi da qualche parte e dopo un po’ li trovo, li accendo tutti e li butto a terra. Scappo via prima che il fuoco divampi, e corro il più lontano possibile da quell’edificio con i bambini. Arriviamo in strada e capisco che è arrivato il momento di salutarli «E’ stato un piacere.» e tutti loro corrono ad abbracciarmi, stranamente mi sento… soddisfatta. Oggi avrò anche ucciso due persone, ma ho scoperto cose importanti e ho liberato dei bambini innocenti dalla schiavitù.
Torno al covo e corro direttamente nella stanza del Consiglio, e ci sono tutti: il Gran Maestro Quemar, Sophie Trenet, Guillame Beylier... non vedo Arno. Avrò interrotto qualche litigio, perché hanno tutti il viso scosso. «Allora, Arielle? Confido che sia andato tutto bene.» «Eugène Gauthier è morto, signore. E ho scoperto cose molto strane.» «Dì pure.» mi avvicino e poggio le bombe sul tavolo. «Cosa sarebbero queste?» chiedono tutti «Sono delle bombe fumogene, queste non sono funzionanti, solo se sfiorate cacciano un gas che ipnotizza le persone, o a detta dei bambini, li trasforma in marionette. Ecco cosa facevano… per i Templari. Eugène Gauthier era un Templare, assieme al fratello.» iniziano a bisbigliare tra di loro, sento Quemar dire «Non è possibile…» «Ho sentito di un incendio nella periferia.» dice Sophie, so benissimo che ha capito cosa ho fatto. «Ho bruciato tutto il resto… hanno già spedito un carico…» «Hai fatto bene, Arielle. Ora ce ne occuperemo noi, hai lavorato egregiamente.» e capisco che mi sta congedando, faccio un piccolo inchino ed esco dalla stanza.
Alla fine, se pensi alle cose buone che fai, essere un’Assassina non è così male.
 
 
Salve!
Ecco il nuovo capitolo.
All’inizio vediamo una fine del capitolo precedente, Arielle che parla con il padre (incontro che non va affatto bene) e dopo si ubriaca. In seguito, il litigio tra Arielle e Arno che li fanno sembrare due bambini (e capiamo che Arielle si è ubriacata una seconda volta, mica prenderà il vizio?) e la prima missione di Arielle.
Spero vi sia piaciuto, recensite per dirmi cosa ne pensate! Alla prossima :)

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Capitolo 10
*** Il processo ***


13 dicembre
«Arielle, tuo fratello ci ha detto che hai un nuovo lavoro... certo, fare l'attrice era molto più piacevole, ma anche questo, lo trovo eccitante» mi va il pollo storto per quello che ha detto Victoire, mi dò dei colpi sul petto e bevo un po' di acqua. Ora va meglio. «Prego?» chiedo desiderosa di capire, trova eccitante uccidere persone? No, non credo che André gli abbia detto degli Assassini. «Sì Arielle! Fare la volontaria per dei poveri orfanelli... è così bello e premuroso da parte tua! Sai, ti ammiro molto: ti distingui dalle altre ragazze… lavori, hai un carattere forte e indipendente. Non sai come vorrei essere come te» infatti. La volontaria? Bella fantasia. E poi questi complimenti… non credevo le stessi così simpatica. Ad ogni modo, trovo la situazione divertente e decido di continuare la scenetta, inoltre non mi trovo per niente a mio agio in casa di Victoire; i suoi nonni erano Templari e i suoi bisnonni prima di loro e così via. Non so perché i suoi genitori non lo siano o non lo siano stati, André non me l'ha mai detto, quindi sono ben lieta di fare qualcosa di divertente. «Grazie Victoire… e non hai idea di quanto mi renda felice rendere felici quelle bestioline!» mio fratello si affoca per la mia frase e sento il padre di Victoire dire alla moglie «Credo che il pollo abbia qualche problema cara...» «No no! E' buonissimo.» esclama André bevendo un po' d'acqua «Bestioline?» mi chiede interdetta Victoire «Non ne hai idea... sono delle pesti...» dopo aver finito la seconda portata, la madre di Victoire urla «Il dolce!» «Arielle spero ti piaccia!» mi dice il padre, lo assaggio, ed è una torta con la crema al cioccolato, è davvero buonissima «E’ squisita.» «Grazie cara, la nostra cuoca fa dei dolci meravigliosi.» dopo aver divorato tre fette di torta –ero particolarmente affamata- André mi chiama «Arielle, devo dirti una cosa molto importante. Scusatemi.» dice agli altri alzandosi «Certo.» e lo seguo.
«Che c’è?» gli chiedo io, ho la sensazione che sia successo qualcosa, perché è stato molto taciturno tutta la serata «Ho scoperto qualcosa…» lo sapevo… ho paura di quello che ha scoperto, ma devo finalmente sapere, qualunque cosa essa sia «E?» «Ho spedito una lettera a Marcel, perché ho pensato potesse sapere qualcosa e difatti, non ha deluso le mie aspettative. Nostra madre sapeva. Sapeva che sarebbe successo qualcosa.» e ora capisco del perché la mattina mi lasciò da sola al mercato, capisco perché mi diede quella collana, dell’abbraccio… capisco tutto, sapeva che sarebbe morta. E poi penso: ancora non aveva scritto a Marcel? Non gliel’ho mai detto perché credevo lo avesse già fatto! Gli chiedo «Come faceva a sapere? Chi la informò?» «Non lo so con precisione… Marcel non lo sapeva, nostra madre non gliel’ha mai detto… ma ha un nome, è sicuro che sia stato lui, ha detto che non ci ha mai parlato perché credeva che fosse un compito che noi dobbiamo svolgere, e non ce l’ha fatta.» «E chi sarebbe?» «Donatien Dufour» è un Templare, ho letto il suo nome tra i registri nella biblioteca «Dobbiamo andarci.» esclamo io, decisa a scoprire più che mai l’assassino «Adesso?» «Ora.» «E’ tardi Arielle…» «Abbiamo indugiato abbastanza, non mi interessa di che ore sono.» dico arrabbiata. No, non posso aspettare altro tempo, devo sapere. «Va bene.» finalmente André acconsente, e andiamo nel salone.
«Arielle, torna quando vuoi, sei una ragazza meravigliosa!» «Mia moglie ha ragione, Arielle. Sei sempre gradita sotto il nostro tetto.» Victoire con un sorriso eccitato viene ad abbracciarmi e io di malavoglia, sono costretta a ricambiarglielo. «Vi ringrazio, siete stati gentilissimi e la cena è stata perfetta. Arrivederci, e buonanotte.»
Dopo i saluti, io e André entriamo in carrozza e apro una borsa che ho portato prima. «Che ci tieni lì dentro?» e io gli rispondo cacciando la lama celata. «Ah, capisco.» «Gustave, potresti fermarti un attimo?» chiedo al cocchiere «Certo, signorina Arielle.» e sento pian piano la carrozza fermarsi «Che stai facendo?» «Non penserai che mi cambierò avanti a te! Scendi un attimo.» «Tutto ciò è assolutamente ridicolo e tu rimani sempre una brutta pazza.» borbotta André scendendo dalla carrozza. Rimasta sola, mi sfilo il vestito e infilo i pantaloni e gli stivali, metto la camicia e il panciotto, il cappotto nero con la cappa color porpora, i guanti e infine la lama celata al braccio sinistro «Ho finito.» dico ad André prendendo il bastone dalla borsa, André sale e dice «Sei abbastanza inquietante cappuccio.» «Tu sei inquietante sempre, anche senza cappuccio.» siamo arrivati a casa di André e la carrozza si ferma. Scendiamo, e Gustave mi fissa con aria interrogativa, sicuramente stupito per il mio cambio d’abito. «Gustave, io e Arielle andiamo ad occuparci di una cosa.» «Va bene, signorini Roux. State attenti.» l’apprensione di Gustave mi commuove un po’, è il nostro cocchiere praticamente da sempre e lo vedo come un membro della famiglia.
Io e André ci avviamo verso la casa del Templare, a metà strada gli chiedo preoccupata «E se non sapesse niente?» «Non lo so. Non ci pensare.» e non gli dico nient’altro, provo davvero a non pensarci ma è impossibile. Arrivati fuori casa di Donatien Dufour, André esclama «Farà di tutto per cacciarmi dall’Ordine dopo questo, fortuna che vive da solo.» «Non potrà che farti un favore.» André mi lancia un’occhiata storta e io alzo le mani in segno di resa, bussa alla porta e aspettiamo un po’ di tempo prima che vengano ad aprici «Chi diavolo è a quest’ora?!» e ad aprire è proprio il signor Dufour, non sembra antipatico, la lunga barba grigia e l’altezza spropositata lo fanno sembrare il Mago Merlino mischiato ad un gigante «Salve, signor Donatien. Sono André Roux, sono desolato per l’orario ma è urgente.» «Oh André! Se sei tu sei perdonato… lei è …» e studia il mio abbigliamento, non lo vedo stupido, quindi avrà capito perfettamente chi sono e infatti, fissando la lama celata dice con voce fredda, una voce molto diversa da quella che ho sentito due minuti fa «…la sorella Assassina.» a queste parole inizia a piovere, e molto forte. «Mi dispiace per la sua presenza ma sono sicuro che se gli spiegassi i motivi per la quale sono qui capirebbe.» le parole di André mi irritano, e non poco, ma decido di non dire niente, non voglio rendere la situazione più difficile di quello che già è, Donatien non risponde e André sta per parlare ma lo supero io «Signor Dufour, so benissimo che sono una Assassina e lei un Templare, ma io e mio fratello siamo qui per nostra madre. So che lei la conosceva e che eravate amici, vi chiedo di vedere solo due ragazzi privati della loro madre in cerca di una verità.» sono consapevole di essere molto persuasiva con le parole, ma non so se questa volta ci sono riuscita. André mi scosta e dice nervosamente «Oppure potremmo lasciarla qui fuori e potrei entrare solo io!» Donatien finalmente parla «Per l’amor di Dio André, ma non vede il tempo che c’è fuori? Entrate, dannazione.» io e André entriamo in casa e non posso fare a meno di notare il disordine che la quantità di libri creano, ma nonostante questo il camino accesso con due poltrone avanti e un gatto sul tappeto la rende accogliente. Seguiamo Donatien nel salone e vedo un quadro di una donna sul camino, ricordo che André ha detto che il signor Dufour vive solo, e forse inizio a capirci qualcosa. «Era mia moglie, e si chiamava Arielle. E aveva i tuoi occhi. Forse per questo ti ho lasciata entrare.» ci avevo visto giusto «Mi dispiace.» «Davvero? Non dovrebbe. Sono stati gli Assassini.» «I-io…» «Lasci stare. Lei è troppo giovane ed è stato un sacco di tempo fa, lei non c’entra.» si gira verso André «Credo di potervi aiutare.» e va al piano di sopra. «André, lo sapevi che sua moglie è morta?» «No, non ne avevo idea…»
Passano dieci minuti, e Donatien ancora non arriva. «Perché ci sta mettendo tutto questo tempo?» chiedo ad André «Non lo so. Vado a controllare.» il gatto si siede sulle mie gambe e inizio ad accarezzarlo, ricordo il mio gatto… «Arielle!» urla André, corro su e vado nello studio del signor Dufour. Ciò che vedo mi lascia senza parole: Donatien è morto. «Come diavolo è successo?!» gli chiedo io, ma non è André a rispondermi… è una voce che odio, che conosco troppo bene. «Sono stata io, Arielle.» mi giro, e c’è Nicole Moreau. Non è sola, è con Arno. Il cuore inizia a battermi forte, sento salire la rabbia dentro di me, Nicole ha ucciso l’unica fonte di verità che avevamo a disposizione «Perché l’hai fatto?!» le urlo io «Non mi sembri molto felice… perché Arielle? Cosa dovrei pensare? Che lavori con i Templari?» «Nicole, stà zitta.» le dice Arno «Scusami? Non so se l’hai notato ma era in compagnia di due Templari.» non riesco più a controllarmi, e le salto praticamente addosso. Sto per prenderla a pugni, ma vengo tirata da Arno «Arielle… non farlo… calmati…» «Non hai idea di quello che mi ha fatto… » «Datemi un buon motivo per la quale non dovrei uccidervi.» intima André «Se uccidi noi, devi uccidere anche tua sorella. Lei è una di noi… o almeno così credevo. In effetti se la uccidessi non mi dispiacerebbe così tanto!» risponde Nicole con voce isterica, sento Arno dire «Idiota.» e la addormenta. Una cosa buona della serata. Vedo André puntare la spada verso Arno, e Arno ovviamente, fa la stessa cosa. «Ti avrei già ucciso, se avessi potuto. Ma perché non farlo adesso?» gli dice André con gli occhi pieni di rabbia «Semplicemente non credo che ti converrebbe.» non sopporto nessuno dei due, e mi rendo conto che devo fare qualcosa prima che si uccidano a vicenda. Non posso perdere mio fratello, né tantomeno Arno. E mi metto tra i due «Finitela. Tutti e due.» ma non mi danno ascolto, anzi André mi intima «Arielle, levati.» non so cosa fare… pensa Arielle… e mi viene in mente una pazzia. Prendo la pistola, e me la punto alla testa. «Arielle che diamine stai facendo?!» urla André «Arielle, posala.» mi dice Arno «Se non la finite entrambi giuro che lo faccio.» «Non lo faresti…» dice André a bassa voce, nemmeno sua sorella che minaccia di suicidarsi lo convince? «Davvero? Lo sapete, che non ci sto tanto con la testa ultimamente.» si Arielle, darti della pazza migliora tanto la situazione. «Ve l’avevo detto…» e sto per premere il grilletto… «No!» urla Arno e con la spada butta la pistola a terra, e viene ad abbracciarmi. Questo assolutamente non me lo aspettavo… sento il cuore battermi all’impazzata, ma mi divincolo dal suo abbraccio, prendo la pistola e sparo verso Nicole. «Fortuna che era scarica.» «Hai finto?!» «Certo che ho finto! Perché dovrei suicidarmi?» «Arielle… tu ora vieni con me.» mi dice Arno «Così la dai in pasto agli altri?!» risponde André furioso «Dare in pasto? Ma ti ascolti quando parli? Non sono io il problema qui.» e fa cenno verso Nicole. «Arielle, inizia a dispiacermi il fatto che tu non l’abbia uccisa.» mi dice André guardando verso Nicole «Anche a me.» rispondo io.
Vado al covo con Arno e Nicole, che è ancora un po’ imbambolata e predica come un’ubriaca «Te la farò pagare… te la farò pagare… Arielle…» «Che hai detto, Nicole?» le dice Arno, e lei sta zitta. Arriviamo, e Arno mi dice «Vado sopra, tu stai qui con lei.» «Va bene.» dopo che Arno è salito sopra, mi giro dove dovrebbe stare Nicole ma non la vedo più. La vedo arrivare dal corridoio con diversi Assassini «La vedete? Arielle Roux! Lei! Stava lavorando con due Templari! Prendetela, portatela nelle segrete!» urla Nicole puntandomi il dito contro «Cosa?! Non è vero! Non le crederete!» ma due Assassini, che sono stretti amici di Nicole, mi prendono e mi trascinano «Lasciatemi stare!» e riesco a togliermi dalla presa di uno, ma mi riprende «Che sta succedendo qui?!» urla il Gran Maestro Quemar «Gran Maestro, siamo alla presenza di una traditrice! Io a nome degli altri miei confratelli chiediamo un processo per decretare la sua colpevolezza!» «Noi non chiediamo proprio niente!» urlano Vivianne e Armand «E’ assolutamente ridicolo.» continua Armand «Ridicolo? Il maestro Dorian può confermarlo, Arielle stava lavorando con due Templari.» «E’ vero, ma per affari privati!» urlo io, stupida! Ho peggiorato la situazione… sento gli Assassini bisbigliare tra di loro «Silenzio! Portatela in una cella, domani mattina si farà il processo.» ordina Quemar guardandomi con faccia compassionevole «Cosa?! Ma non ho fatto niente!» ma è inutile urlare, mi portano giù nelle segrete, e mi buttano in una cella come un fantoccio. Viene Nicole Moreau e mi dice «Dovresti saperlo Arielle, l’acqua lo spegne il fuoco. Buonanotte.» e ho capito benissimo la metafora, l’acqua sono i suoi occhi e il fuoco i miei capelli. Mi butto a terra e inizio a parlare sola «Tanto non mi uccideranno. Non possono uccidermi. Al massimo mi cacciano» e sento freddo, si gela qui sotto. Sento qualcuno scendere le scale e spero con tutto il cuore che non sia Nicole, fortunatamente è Arno, che porta una coperta. «Mi dispiace.» mi dice porgendomi la coperta «Tu non c’entri.» «Andrà tutto bene, non ti faranno niente.» «Questo, non lo sappiamo. Sarà meglio che tu vada, non vorrei che ti trovassero qui a parlare con una “traditrice”.» ma in realtà vorrei tanto che rimanesse qui a farmi compagnia «Sicura?» «Sì, buonanotte Arno.» «Buonanotte.» e va via.
 

Il mattino seguente
Non ho chiuso occhio stanotte, troppo indaffarata a pensare alla mia sorte. 
Vedo il sole che inizia ad uscire, e mi bruciano così tanto gli occhi che mi lacrimano. 
Dopo un po', vengo chiamata dalla guardia delle segrete. «Arielle, è ora.» esco, e mi lega le mani dietro la schiena. Mi porta sopra nella sala dell'iniziazione, il processo si terrà lì. La sala è piena di persone, e il Consiglio è dove si trova sempre, sopra quella fontana, sulle scale c'è Nicole Moreau, che mi guarda in cagnesco. La guardia mi porta al loro cospetto e mi slega, mentre mi slega gli sento dirmi «In bocca al lupo, Arielle.» sembra che qualcuno mi sia amico. 
«Arielle Roux, oggi lei è qui perché accusata di aver complottato con i Templari contro la sua confraternita. Cosa ha da dire, in sua discolpa?» formula bene la risposta, non aspettare troppo tempo per rispondere «E parla!» mi urla Nicole Moreau «Portate la signorina Moreau fuori.» ordina Quemar «Cosa? E' ridicolo!» ma nessuno la ascolta, due Assassini la portano fuori. Mi viene da ridere per la scena, ho avuto tempo per pensare, e rispondo «Sì, è vero. Ieri ero con due Templari.» sento gli Assassini parlare tra di loro, non si aspettavano la mia risposta «-ma, ero lì per affari privati. E uno di loro era mio fratello.» «E qualli sarebbero, questi affari?» chiede il maestro Sophie, non mi piace dover spiegare la mia vita privata... ma rischio di essere cacciata... «Ero lì, dal signor Dufour, perché ci avevano detto che era a conoscenza della persona che ha ucciso nostra madre. Non ero per complottare contro di voi, perché avrei complottato contro me stessa, non ero lì dall'Assassina Arielle Roux, ero da Arielle Roux e basta. La ragazza a cui hanno ammazzato la madre.» e sento di nuovo gli altri parlare tra di loro «Non le credo!» «E' innocente!» «Cacciatela!» «Uccidetela!» «Liberatela!» 
Quemar mi chiede «E ha scoperto qualcosa?» «No, perché è stato ucciso. Da Nicole Moreau.» «Ci ha detto la signorina Moreau che ha provato ad ucciderla. E' vero?» ucciderla? No! Solo darle qualche pugno! A parte la scena con la pistola... ma era svenuta... e la pistola scarica «E le credete anche? Sapete tutti che Nicole mi odia! Sentite... voi cosa fareste se uccidessero una persona a voi cara? Non fareste di tutto per scoprire chi sarebbe il colpevole?» urlo agli altri sull'orlo delle lacrime, ringrazio il mio passato da attrice... ma ora non parlano, sono in silenzio. 
«Basta così.» intima Quemar serio. 
«La dichiaro... innocente.»
La gioia che provo è incontrollabile, sapevo che Quemar sarebbe stato razionale. Sapevo che avrebbe capito. Guardo Arno, e mi sorride. Esco dalla sala, e vedo Nicole, le passo vicino e le dico «Nicole, una fiammella può diventare un incendio, che nemmeno tutta l'acqua di questo mondo può spegnere.» «Questa ce la spieghi.» mi dice Armand accompagnato da Vivianne «Ammetto di essermela preparata, e ne è valsa la pena. L'hai vista la sua faccia?» ridendo, andiamo tutti e tre verso l'uscita.






SALVE!
Ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia! 
C'è da dirlo, che stronza Nicole, eh? E povero Donatien, mi è dispiaciuto doverlo uccidere *risata malefica*. Recensite, ditemi cosa ne pensate! A presto!


 

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Capitolo 11
*** Il matrimonio ***


16 dicembre
E' arrivato il giorno che aspettavamo con ansia. Il giorno della condanna di mio fratello.
...Il suo matrimonio.
Va bene, non voglio essere drammatica o cinica, ma ho sempre visto il matrimonio come una segregazione, almeno per la donna. Ed è strano che io pensi ciò, perché ho avuto avanti per tutta la vita un grande esempio di amore, quello dei miei genitori, e inoltre non mi hanno mai costretta a sposarmi con qualcuno che non volessi sposare, tranne nell’ultimo periodo, ma non lo prendo nemmeno in considerazione.
Sotto questo punto di vista, sono stata fortunata di essere un’Assassina, diciamo la verità, non sono come le altre ragazze della mia età, ho una libertà che alle altre è negata.
Ho rivisto mio fratello dopo tre giorni fa, e abbiamo deciso di lasciare “quell’argomento” a dopo il matrimonio.
Per fortuna mi ha assicurato che al matrimonio non saranno presenti Templari, come ci sia riuscito non ne ho idea, in ogni caso, posso stare tranquilla. Tranquilla… non ne sarei così sicura, immagino già tutti le cose che diranno le dame su di me “23 anni e non è sposata!” “Cosa si è messa addosso?” “Avete sentito che si è trasferita a casa della sua amica?”, Signore dammi la forza per stare tranquilla.
«Arielle?» «Sì?» «Siamo arrivate» «Di già?» guardo fuori e purtroppo è così, siamo arrivate fuori la cappella. Fuori la Sainte Chapelle, mi viene da ridere perché è da qui che è iniziato tutto. «Eccitata, Giselle? Preparati a mio padre che mi lancia un altro vaso addosso» Giselle scoppia a ridere «Ma finiscila! Sono sicura che oggi chiarirete, stai tranquilla» «Spero tu abbia ragione» lo spero davvero, tiro un profondo sospiro e scendo dalla carrozza, aggiusto il vestito di tulle nero per evitare di cadere e entriamo. Andiamo dove ci sono anche gli altri membri della mia famiglia, ci sono tutti: mio padre, i miei cugini, le mie zie, i miei nonni e infine mio fratello sull’altare: guardarlo così mi commuove, mi viene in mente tutta la mia vita passata con lui e vado ad abbracciarlo. «Che stai facendo?» mi chiede lui divincolandosi dal mio abbraccio «Provavo a soffocarti. Secondo te?» «Strano, vero? Mi sto sposando!» «Ed io che ti prendevo in giro… » «… ora ti prenderò in giro io» mi sorride, e gli sorrido anche io. Mi avvicino agli altri, mio padre non mi guarda nemmeno in viso, cerco di non darci peso. Mi siedo, ed ecco che iniziano a fare mille domande «Arielle, come stai?» «E a quando il tuo matrimonio?» e poi l’immancabile tatto di mia cugina Aliénor «Ma come ti sei conciata? Sei qui per un matrimonio o per un funerale?» «La tua onestà non mi è per niente mancata. Ad ogni modo tu mi sembri una caramella andata a male» mia zia Océane, la madre di Aliénor si mette a ridere «Mamma!» «Scusami tesoro, ma te lo sei meritato» e l’accarezza in testa. Mia zia Océane è la sorella di mia madre, ed è identica a lei. Vederla mi fa male, me la ricorda troppo. Vengo distratta dal prete, che ordina a tutti di alzarci. Iniziano a suonare l’organo, ci giriamo tutti verso l’entrata e vediamo arrivare Victoire accompagnata dal padre, non riesco a vederle il viso perché coperto dal tulle, ma sembra una vera principessa. Victoire arriva da mio fratello, che le scopre il viso. E’ davvero bellissima, e la sua felicità è immensa.
 
«Io vi dichiaro, marito e moglie.» a queste parole, André e Victoire si baciano; vedo i loro sguardi innamorati, la loro gioia che gli auguro per tutta la vita. Mi escono lacrime di commozione, non provo nemmeno a nasconderle, sono umana e questo è il matrimonio di mio fratello, perché dovrei vergognarmene?
No, il matrimonio non è per niente una segregazione se c’è l’amore.
Entriamo in carrozza, e Giselle inizia a parlare «E’ andata tutto bene. A parte quando non trovavano gli anelli, ma è andata bene» mi metto a ridere, la scena della perdita degli anelli è stata davvero ridicola e il panico di Antoine (colui che doveva portare gli anelli) è stata la ciliegina sulla torta.
«Non nascondo il fatto di aver pianto, vedere mio fratello sposarsi è stato… strano» dico a Giselle «E’ stato strano per me, non oso immaginare per te. Ma non hai pianto come hai pianto per le risate quando Antoine stava per piangere per la disperazione» «Ti prego, non ricordarmelo» il resto del viaggio lo trascorriamo in silenzio, fin quando non arriviamo a casa di Victoire, pronta per la cerimonia.
Attraversiamo la soglia di casa, e Giselle, stupefatta esclama «Certo che non hanno badato a spese» l’enorme salone è stato svuotato ed è stato ornato di fiori di qualunque tipo, riempito di tanti tavoli rotondi per gli ospiti e la tavolata al centro per gli sposi.
Fisso tutti gli invitati, e mi soffermo sulle ragazze che non vedevo da un po’ di tempo, ora sono tutte sposate e già con un figlio, specifichiamo: sposate per matrimoni combinati, che cosa triste.
«La vita della donna media francese: nasci, cresci, impara a cucire, studia, impara ad essere una buona moglie, sposati, fai i figli, crescili e muori. Una bella pacchia, no?» chiedo guardando tutte le dame nella sala.
«Fortuna che per te non è così, vero?» pensiamo… ho avuto la sorte di essere un’Assassina; ossessionata con la vendetta. Non sono una semplice Assassina, sono una cacciatrice delle persone che mi hanno rovinato la vita, di persone introvabili.
«Già, una vera e propria fortuna» rispondo bevendo un sorso di vino.
«Arielle… guarda, c’è Rose! Andiamo a salutarla!» guardo verso Rose, e vicino lei, che parla con un signore che non ho mai visto prima, c’è Anselme Dubois. Cosa diavolo ci fa qua? «Ti raggiungo dopo… inizia ad andare» e mi avvicino al tavolo con le bevande «Altro vino» chiedo al cameriere «Rosso o bianco, madame?» «Rosso» e riempie il bicchiere. Mentre bevo, vengo interrotta dalla voce di mio padre «E’ il terzo che mandi giù, e sono solo 20 minuti che stai qui» «Non vorrai lanciarmi la tanica addosso spero!» gli rispondo bevendo, ma prende il bicchiere e lo posa sul tavolo «Smettila, seriamente» «Che devo fare? Ho preso dal migliore» mi sto rendendo conto di essere troppo in collera con mio padre, devo cercare di stare calma, non posso rovinare il matrimonio.
«Con la differenza che io ho cinquant’anni e tu soltanto ventitré» sto per rispondergli, il mio sguardo si posa sull’entrata, e urlo «Gesù!» «Che succede?» chiede mio padre preoccupato girandosi anche lui. «Cosa ci fa lui qui?» «Credimi papà, mi sto facendo la stessa domanda»
Cosa diavolo ci fa Arno Victor Dorian al matrimonio di mio fratello?
«Perdonami, ma devo informarmi» «Và pure.» e corro da Arno, lo prendo per un polso e lo porto fuori.
«Che ci fai qua?» «Sono stato invitato» mi metto a ridere, è ridicolo. Da chi sarebbe stato invitato? «Davvero? E da chi?» e mi fa vedere l’invito, è vero, è stato invitato. Rimango stupefatta a fissare l’invito, che ci raggiunge Giselle «Arno! Sei arrivato!» cosa sta succedendo? Non sto capendo assolutamente niente.
«Cosa?!» chiedo a lei «Non te l’avevo detto? Ho invitato Arno sotto gentile permesso di Victoire e André» mi risponde con un gran sorriso sulla faccia «E per quale motivo l’avresti fatto?» «Non so se tu lo abbia notato Arielle, ma io sono ancora qui» mi dice Arno irritato «Altroché se l’ho notato!» «Suvvia calmi tutti e due. Arielle l’ho invitato perché ho pensato avessi bisogno di un accompagnatore, e chi meglio di lui?» mi metto a ridere di nuovo «Guarda che non c’è niente da ridere! Sei stata tu a lamentarti con me che non avresti sopportato il parlottare delle altre. Ora ti arrangi bella mia, buona serata!» e Giselle rossa come un peperone, torna in sala. Mi giro verso Arno ormai rassegnata, e mi porge il braccio «Entriamo?» metto la mano sotto il suo braccio «Entriamo»
Rientrati in sala, sento tutti gli sguardi fissi su di noi. Chissà cosa staranno pensando… cerco di non pensarci e lo trascino direttamente al tavolo, dove gli altri sono già seduti: Giselle, le mie cugine Lucréce e Aliénor, il fratello più giovane di Victoire, Gaston e la sua fidanzata, Odile.
«Arielle! Credevamo non venissi più. Oh, e lui è?» chiede Odile con un po’ di malizia nella voce. Siamo tutti consapevoli che Odile non sia una santa, ma non si ferma nemmeno qui? «Lui è Arno…» «…un caro amico di Arielle» risponde Giselle facendo l'occhiolino. Giuro che dopo gliela farò pagare, molto amaramente. «Credo che lei vi abbia detto tutto» dice Arno sedendosi. Lo fisso con gli occhi spalancati, sono forse impazziti tutti stasera? «Non ti siedi, tesoro?» mi chiede Arno. E’ ovvio che lo sta facendo per irritarmi, l’ha voluto lui. Mi siedo facendo una risata da… oca «Oh Arno…» e gli do un calcio sulle gambe. Cerca di reprimere il dolore e sorride anche lui.
«Allora, Arielle… cosa hai provato quando hai visto André all’altare? A me ha fatto una certa, impressione, se così si può dire… sembra solo ieri quando eravamo appena dei bambini» mi dice mia cugina Lucréce, colei con cui sono sempre andata più d’accordo per la vicinanza d’età «La stessa cosa, invecchiamo tutti» rispondo alzando le spalle «Magari ci fosse una ricetta per l’eterna giovinezza…» dice Odile con aria sognante «Tesoro tu per me sarai sempre bellissima...» la elogia Gaston «Certo certo…» come fa a essere Gaston così convinto che Odile ricambi il suo amore? Che idiota. «Arno! Cosa fai come professione?» chiede Odile continuando a tenere il suo sguardo da ‘provocatrice’, Arielle trattieniti dal romperle la sua bocca da pesce gatto. «Io… lavoro nell’esercito» «Meraviglioso, davvero meraviglioso! Dovrebbero tutti avere il vostro coraggio, che bel lavoro…» «Anche Gaston ha un bel lavoro, Odile. E’ il capo delle guardie, non scherza» Odile mi fissa e si limita a rispondere «Certo, certo»
«Arielle quando verrai a casa nostra? Ho imparato a suonare una nuova canzone con il violino, vorrei tanto fartela ascoltare» mi chiede Aliénor «Suoni il violino?» chiede Arno ad Aliénor «Certo! E Lucréce invece canta, ha una voce bellissima…» «E tu invece Arielle? Cosa fai?» mi chiede Odile, è chiaro che voglia prendermi in giro. «Io recito, Odile. Credevo lo sapessi» «Recitavi, vorrai dire. Ho amici che lavorano al teatro e mi hanno detto che non vai da alcuni mesi» «Ho deciso di prendere una pausa. Volevo chiederti un favore… ho saputo che cuci molto bene le tovaglie, vorresti cucirmene qualcuna?» metterla in imbarazzo? Fatto. Il suo colorito ha preso lo stesso colore del suo vestito rosso «Quando vuoi, Arielle» e irritata, si alza, dicendo «Vado un attimo al bagno, perdonatemi» soddisfatta bevo un po’ d’acqua.
Dopo un po’ entrano gli sposi e tutti ci alziamo per applaudirli, raggiungono il tavolo e André inizia a parlare «Amici miei! Sono felice della vostra presenza in un giorno così importante per me e per mia moglie. Vi prego sedetevi, e che il banchetto abbia inizio» mi scappa una risata per la serietà di mio fratello, vederlo così è molto strano.
Mentre siamo nel pieno della seconda portata, Odile, che non sta mangiando inizia a parlare «Arielle, mi ha detto Gaston che per te e André la morte di vostra madre è stata traumatica.» come fa a parlare di una cosa del genere adesso? E’ davvero così cattiva? «Non vorrei parlarne adesso» «Perché no? Non ho mica detto che sei scappata di casa…» tutti si girano verso di lei «Oh, scusate. Effettivamente l’hai fatto. L’ho sempre pensato che fossi diversa dalle altre, ma addirittura scappare di casa… che coraggio…» se voleva farmi arrabbiare, ci è riuscita. Getto le posate sul tavolo e vado via dalla sala.
Esco fuori per prendere un po’ di aria, ricordavo la cattiveria di Odile, ma non la ricordavo così grande. Mettere in mezzo mia madre solo per ferirmi, mi fa schifo. Guardo il panorama che la casa di Victoire offre ed è davvero stupendo, si affaccia direttamente sulla Senna.
«Torni dentro?» mi chiede Arno mettendosi di fianco a me «No» «Allora rimarrò qui» «Fai come vuoi» «Andandotene hai dato pane per i suoi denti. Lo sai?» sapevo che me lo avrebbe detto «Lo so, sinceramente non mi interessa. Se fossi rimasta lì probabilmente sarei saltata sul tavolo per romperle la faccia» «Allora è stato meglio così. In ogni caso l’hai data in pasto alle tue cugine e a Giselle, che non sono più tranquille di te» mi viene da ridere «Avrà quel che si merita» inizia a ridere anche lui.
«Arno, sono felice che tu sia qui stasera» gli dico guardandolo in viso  con non so quale coraggio «Davvero?» «Davvero» continuiamo a fissarci, e poi non so come succede… succede improvvisamente; io e Arno ci baciamo. Rimaniamo solo io e lui come se il mondo esterno non esistesse… e mi sento la persona più felice sulla terra.
Lui si stacca da me, e, guardandomi negli occhi, mi dice «Finalmente» sorridendo, gli rispondo «Finalmente».
Sono sicura di una cosa, non dimenticherò questa serata facilmente.
 

 
 
 
SALVE!
Sono tornata con un capitolo molto tranquillo: il matrimonio del nostro André!
Sarò sincera, non sono sicura che a quei tempi i matrimoni si svolgessero nella stessa maniera, ma io l’ho descritto molto come i giorni nostri.
Giselle che ha invitato Arno per “non farla rimanere sola” è semplicemente adorabile… la scena del tavolo è davvero ridicola (non quanto la perdita degli anelli di Antoine) e alla fine finalmente succede: IL BACIO TRA ARNO E ARIELLE! YAY!
Al prossimo capitolo, cari lettori. Ditemi cosa ne pensate!
P.S: Sono finalmente in vacanza e nessuno riesce a placare il mio isterismo! (sì, isterismo. Non ho sbagliato termine)

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Capitolo 12
*** Due anni dopo ***


Luglio 1801
Nel momento in cui Arielle Roux prese la nipote in braccio provò un senso di pace che non provava da molto tempo.
Arielle si perse nel prato che quella bimba aveva nei suoi occhi, in quei due bellissimi occhi verdi uguali a quelli di André.
Arielle voleva tanto che in quel momento la persona della quale era innamorata -per lei fu difficile ammetterlo, ci mise un sacco di tempo, ma non potè negarlo a se stessa ancora di più, lei di Arno era innamorata- fosse vicino a lei, ma lei e Arno non si parlavano da un mese. Purtroppo, i fantasmi del passato si facevano sentire, i fantasmi di Alain ed Elise, e per loro intraprendere una nuova 'avventura' non fu semplice. Specie per Arielle, che aveva ancora gli incubi di Alain.
Finché non litigarono e decisero di lasciar perdere. Si diedero addio entrambi con le lacrime agli occhi, solo che nessuno dei due lo sapeva, maledetti cappucci.
Nessuno dei due nemmeno sapeva che prima o poi sarebbero stati insieme, felici, in un mondo o in un altro.
Arielle non aveva neanche il coraggio di dare quella lettera che aveva ricevuto quel mattino stesso.
Lettera di minacce per l'intera famiglia.
Lettera in cui c'era scritto che se non l'avessero finita di cercare l'assassino, avrebbero ucciso tutti. Ad Edgard, André, Victoire e al bambino che portava in grembo.
Arielle pensò che gliela avrebbe fatta leggere domani, la lettera. Non voleva rovinare quel momento.
Arielle ritornò sulla terra grazie a una piccola risata della nipote che la fissava con i suoi due grandi occhi verdi.
«Benvenuta in famiglia, Hillary» mormorò Arielle ad Hillary Roux.
Aprile 1802
«E quindi cosa vorresti fare, Arielle? Esponi la tua grande idea!»
«Probabilmente la considererete una pazzia, ma io propongo di infiltrarci alla festa»
«Pardon, cosa facciamo di solito?» mi chiede Quemar con un sorriso ironico.
«Di solito ci infiltriamo da non invitati, invisible. Troviamo il nostro obiettivo e lo uccidiamo. Ora ci infiltreremo da invitati, ci faremo vedere. Se dobbiamo trovare questi due Templari di cui ignoriamo l'identità, dovremmo stare a cercarli tra la folla, e non possiamo con le nostre normali tenute perché ci faremmo notare, quindi andremo sotto copertura!» Quemar resta a fissarmi con gli occhi sbarrati e Arno dice «Non funzionerà...»
«Hai qualche altra idea? In un modo o nell'altro dobbiamo trovarli e questo mi sembra un buon piano»
«Non è una cattiva idea. Ma devi capire che noi Assassini agiamo in maniere diverse, cosa che sai benissimo, e esporci così non è prudente» mi dice il Maestro Sophie.
«Capisco benissimo. Però dimenticate che in passato ho recitato, non sarà molto diverso recitare a quella festa. Dovete fidarvi di me»
«Bel guaio fidarsi di te» mormora Arno a sè stesso, cerco di ignorarlo. L'unica cosa che voglio ottenere al momento è l'approvazione da parte di Quemar.
«D'accordo. Ma spera per te che tornerai trionfante, Arielle Roux, o davvero non so come reagiremo»
«Grazie Maestro, non vi deluderò» faccio un piccolo inchino e mi giro per andarmene, ma Quemar riprende la parola «Non spererai di fare questa pazzia da sola, vero? Ci vorrà qualcuno che ti farà pensare bene e che non ti faccia agire d'impulso» non Arno per favore... non Arno, e Quemar, come se mi avesse letta nella mente, dice «-non preoccuparti, non sarà chi pensi tu. Stavo pensando ad Armand Dubois»
«Ma Armand è completamente estraneo alla missione» gli dice Sophie
«Lo informeremo di tutto allora. Chiamate Armand»
Armand arriva e Quemar lo informa su tutto. «Cavolo se lo faccio!» esclama Armand, a me esce una risata. Quemar lo guarda stupefatto «Volevo dire… certo, lo farò»
«Arielle, allora è deciso, stasera andrai alla festa di Margot Lefebvre per donare la pace eterna a questi due Templari. Confido in te che non sbaglierai persone. Potete andare»
«Sto sperando che staserà ti vedrò con una meravigliosa parrucca bianca. E anche un tocco di cipria, vero che le metterai?» mi chiede Armand.
«Purtroppo credo che sarò costretta. Conosco Margot Lefebvre, e nemmeno amichevolmente. Se mi riconosce, è la fine della missione»
Lo ammetto, l'unico motivo per la quale ho insisto per questa missione non è solo per quei due Templari... è anche per fare una visitina ai Lefebvre. Voglio finalmente vendicarmi di Alain.
Arriviamo fuori la biblioteca «Armand, la mia fermata è qui»
«Allora a stasera. Dove ci incontriamo?»
«Al Cafè Theatre, alle otto e mezzo» Armand annuisce e se ne va.
Mi siedo in biblioteca e prendo i registri dei Templari, voglio impararli a memoria per facilitare il mio lavoro di stasera.
«Arielle» vengo chiamata da Arno con voce fredda. Che cosa vorrà dirmi? So che mi odia, lo capisco da come si comporta, e ogni volta che parliamo finisce male.
«Arno» si siede avanti a me e mi chiede «Credi che non lo abbia capito perché tu abbia insistito così?»
Arno sa del mio rapporto con i Lefebvre, quindi so benissimo che ha capito. Alzo gli occhi al cielo e riprendo a leggere, ma Arno chiude il libro e dice «Non trovare la scusa di questa missione per una vendetta personale, tu stasera ti occuperai soltanto di ciò che ti ha chiesto Quemar. E' chiaro Arielle?»
«Sì, Arno, ho capito» fa per andarsene, ma io non ho finito di parlare.
«...ma non lo farò» Arno si gira e chiede «Come?»
«Hai capito cosa ho detto. Tu dovresti essere il primo a capire come si convive con un fardello così grande e ora mi vieni a dire, anzi mi vieni a comandare, di non vendicarmi? Con che coraggio Arno? Con che coraggio me lo chiedi?»
Arno era l'unica persona a capirmi mentre ora è l'ultima. Il nostro rapporto sta andando solo a deteriorarsi.
«Hai dimenticato la mia vendetta a cosa ha portato?»
Non l’ho dimenticato. E’ stato cacciato dalla Confraternita.
«No»
«Se te lo sto ordinando, come hai detto tu, è per te. Ma fai come vuoi, quando ci saranno delle conseguenze, non venire da me»
Lo lascio andare via. Sono così stanca di discutere con lui. Il punto è che ha ragione, non posso uccidere senza ordini precisi. Dovrò vendicarmi in qualche altro modo.
              * * *
Io e Armand siamo in carrozza, andando alla festa di Margot Lefebvre.
«Nervoso?» chiedo ad Armand.
«Un pochino, tu no?»
«Se dicessi di no, mentirei. Secondo te sono riconoscibile?»
Ho cercato di fare il mio meglio, ho lasciato gli occhi completamente struccati (perché di solito li trucco con del kajal nero che proviene dall'Egitto), ho messo quanto più cipria potessi (ed è stato molto difficile, perché di certo saranno tossiche), ho tinto le labbra di un forte rosso e ho messo una grossa parrucca bianca.
«Assolutamente no. Sei un'altra persona adesso, a stento ti riconoscevo io. Io invece?» mi chiede titubante.
«Tu... sembri tuo padre. E' abbastanza?»
«Sì, direi di sì»
Arriviamo fuori la villa dei Lefebvre e ci mettiamo in fila per poter entrare.
Porgiamo gli inviti (che non abbiamo ottenuto con grossa difficoltà) e diciamo i "nostri" nomi per farci annunciare.
«Il signore Marcel Cotillard con la moglie Jacqueline»
Entriamo in casa e iniziamo a girarci intorno. Cerco i due Templari.
Cavolo, non deve essere così difficile, i Templari hanno sempre qualcosa che li contraddistingue.
Il mio sguardo si posa su un uomo che sta parlando con Margot Lefebvre. E' di bell'aspetto, moro, sulla quarantina. Ha un portamento diverso dagli altri, credo... che sia uno dei due.
«Armand, credo di averne trovato uno»
«Davvero? Anche io. Chi intendi?»
«Lo vedi quel signore vicino al camino, che parla con una ragazza bionda?»
«Sì. Credi sia lui?»
«Non ne sono sicura...» e io e Armand veniamo interrotti… dall'ipotetico Templare.
«Mi spiace interrompervi, signore. Ma non ho potuto fare a meno di notare quanto sia bella la vostra dama» dice con sorriso accattivante.
«Vi ringrazio, monsieur» il nome. Dì il nome. Dì il tuo nome. Dillo.
«Permettetemi di presentarmi. Frank Rodriguez» e si inchina.
Non è Francese. Noi abbiamo registri di Templari Francesi. Maledizione…
«Io sono Marcel Cotillard, e lei mia moglie Jacqueline» dice Armand.
«Siete Americano! Eppure parlate un perfetto francese!» esclamo io.  
«Vengo spesso in Francia per motivi di lavoro. Posso chiederle un ballo?» Armand mi guarda titubante, e io gli faccio l'occhiolino. Frank Rodriguez non me la racconta per niente giusta.
«Ma certo» risponde Armand. Frank mi porta in mezzo alla sala per danzare.
«Quanti anni avete, mademoiselle?» mi chiede lui.
«Ventotto» mento io.
«Davvero? Eppure sembrate più giovane»
«Che lavoro svolgete che vi porta spesso qui, monsieur? Se posso saperlo, ovviamente»
«Mi piace dire di portare pace al mondo»
Mi serve qualche altro indizio, ma sono sicura che sia lui.
«E’ meraviglioso. E in che modo, monsieur?» chiedo facendo finta di essere impressionata.
«Noi crediamo che controllando le persone, con regole o altro possiamo mirare ad un mondo perfetto»
Touché. E’ lui.
Finisce la musica e io torno vicino ad Armand, Frank ci saluta e torna dal suo compagno.
«Li abbiamo trovati» dico ad Armand.
«Aspettiamo il momento giusto» annuisco e riprendo a guardarmi intorno.
Dopo un po’, vediamo Frank e l’altro andare da un’altra parte, da soli. Questo è il momento che aspettavamo.
Io e Armand iniziamo a seguirli, ma i due all’improvviso si dividono «Tu vai da Frank» mi sussurra Armand.
Frank entra in una stanza, e io gli sto dietro come se fossi la sua ombra. Sto per ucciderlo ma inaspettatamente mi prende il braccio e mi ribalta buttandomi a terra. Mi rialzo subito e punto il pugnale verso di lui. E’ strano non avere la lama celata con me, mi sento… nuda.
«Vi prego, lo posi, ha perso in partenza. Crede che non lo abbia notato, come mi fissavate? Sapevo che sareste venuti stasera. Assassina»
«Allora lotteremo ad armi pari, monsieur Rodriguez, che dice?» dico io togliendomi la parrucca e sfilandomi la gonna del vestito per rimanere con i pantaloni. Prendo la spada, e gliela punto contro.
Frank fa la stessa cosa.
Concentrata.
Potremmo partire da un momento all’altro.
Scaglio il primo attacco, ma lui fa un balzo all’indietro.
«Niente male. Ma voi Assassine non siete abbastanza forti… dovreste imparare qualcosa dalle donne Templari che tanto disprezzate, loro hanno… eleganza nel combattere» e attacca, ma io devio facilmente.
Ora partono una serie di attacchi da entrambi. Le spade si incontrano come se stessero danzando e io, alla fine, riesco a colpirlo al braccio. Non è stato abbastanza, ma sta sanguinando, mentre fissa il braccio ferito, in un attimo di distrazione, mi colpisce alla gamba. Caccio un urlo di dolore.
Entra Armand nella stanza «Arielle, è mor… Arielle!»
Frank mi dice vicino all’orecchio «Per stasera vi risparmio. Ma state pur certa che ci rivedremo Carissima Signorina Arielle Roux. Avvisi anche Arno» e Frank scappa per la finestra. Sono scioccata.
“Carissima Signorina Arielle Roux.”
Quella dannata lettera iniziava così. E cosa c'entra Arno?
Sono stati i Templari.
I Templari hanno ucciso mia madre. 
Dovesse costarmi la vita, ma io ucciderò Frank Rodriguez. Lo giuro sull’anima di mia madre.

 
 

SALVE!
Eccomi qui con un nuovo capitolo! Come avrete notato si ha uno spostamento temporale, ben due anni dopo!
Vediamo che Arielle ha avuto una nipote, che ha ricevuto una lettera di minacce, che con Arno non è andata molto bene e alla fine, si scopre che i Templari hanno ucciso la maman! E Arielle è arrabbiata, moolto arrabbiata. Come andrà avanti? Who knows!
E poi lo dico, io ci provo ad essere romantica, dolce... ma davvero non ci riesco. E mentre rileggevo la parte del 1801 pensavo "Devo cancellare. Troppo sdolcinato" però poi non l'ho fatto... e quel 'in un mondo o in un altro' vi ha spaventati, eh? Fate bene! *sparisce in una fumata viola* 
Spero vi sia piaciuto, ovviamente sarei ben lieta di una recensione! Beh, alla prossima! :)

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Capitolo 13
*** L'ospite ***


Aver appreso che sono stati i Templari ad aver ucciso mia madre è stato più scioccante di quanto pensassi.
Come se il fatto in sé non lo fosse già abbastanza, si aggiunge anche il fatto che hanno tradito la sua fiducia, quella di mio padre, quella di André.
Come reagirà quando saprà che è stato tradito dal suo stesso Ordine? Non voglio nemmeno pensarci.
Avvisi anche Arno’
Cosa c’entra Arno con tutto questo? E’ stato soltanto un modo per minacciarmi o voleva intendere anche qualcos’altro?
«Arielle, ora ti farà un po’ male»
«Che devi fare?» chiedo al medico del covo.
«Devo ricucire, ma mi dispiace, credo ti rimarrà la cicatrice»
Inizia a ricucire e istintivamente ritraggo la gamba.
«Su, non essere stupida, ridammi la gamba!»
Mentre cerco di non urlare per il dolore, entra Armand, che resta a fissarmi. Prima quando ha visto la quantità di sangue che stavo perdendo stava quasi per svenire.
«Dobbiamo bloccare l’emorragia… dobb… Dio ma quant’è?»
«Non preoccuparti, noi donne siamo abituate a perdere grosse quantità di sangue…»
Armand inizia a sorridere istericamente.
«Dobbiamo scappare, sennò ci prendono e tu morirai dissanguata»
Poi sono svenuta io, ma preferisco non parlarne. Mi sono svegliata direttamente nell’infermeria.
«Smetteresti di guardarmi così? Sembra che io stia in fin di vita!»
«Scusami… comunque ti vogliono sù» e fa segno col dito verso sopra.
«Assolutamente no! Arielle ha bisogno di riposo!» esclama il medico.
«No no, ce la faccio. Posso andare»
Dopo avermi bendato la ferita e avermi dato un bastone per sorreggermi –il dolore è troppo forte e non riesco ad usare bene la gamba- e varie raccomandazioni su quando debba andare a cambiare la fasciatura, vado sopra nella sala del Consiglio con Armand.
Mi fanno sedere, e Quemar mi chiede «Cosa è successo per ridurti come una zoppa?» quanta docilità. Anche Arno, devo dire, che non si è curato di venire a vedere come stessi.
«C’è stata una… piccola complicazione» dico le ultime parole tutto d’un fiato, e piazzo un sorriso sulla faccia.
«Questo l’ho notato, Arielle. Racconta tutto»
«Il Templare che è scappato, si chiama Frank Rodriguez. E sapeva che saremmo andati ad ucciderli. E…» ma mi blocco, non so se dirgli la vicenda di mia madre. In fondo a loro cosa importa?
«E?» mi intima Quemar
«E… è stato lui ad uccidere mia madre»
«Cosa?» chiede Arno
«Ti prego, non farmelo ripetere»
«Ma tuo fratello non è un Templare? Perché uccidere la madre di un membro del tuo stesso Ordine? Perché uccidere un’innocente?» chiede il Maestro Beylier.
«Per averla uccisa deve aver avuto direttive dal suo Gran Maestro»
«Shay Patric Cormac»
Cormac.
 “Il figlio di Charles Dorian… che Cormagh sia maledetto…”  non disse Cormagh, bensì Cormac.
Charles Dorian fu ucciso…
Avvisi anche Arno
Non è possibile… il padre di Arno ucciso anche lui dai Templari?
«Il traditore» dice Beylier.
«Perché il traditore?»
«Mi stupisco che tu non lo sappia già. Cormac era un Assassino prima di diventare un Templare»
«Ma perché uccidere la madre di Arielle?» chiede Sophie Trenet
«E’ ovvio, no? » esclama Arno.
So già a cosa sto pensando.
«I traditori non vengono dimenticati» dice Arno.
«Mia madre era una traditrice. Ha sposato un Assassino, rinunciò all’ordine per il matrimonio»
«E ora Arielle, cosa penseresti di fare?» la domanda di Quemar spiazza tutti.
«Penso che dobbiamo donare la pace eterna a Frank Rodriguez e Shay Cormac, signore. E devo essere io a farlo»
Quemar annuisce e dice « Rodriguez era già uno dei nostri obiettivi. Ma Cormac… non sarà semplice uccidere il Gran Maestro. Ne parleremo domani, ora puoi andare»
              ***
«Ciao Annie, scusa l’orario ma devo parlare con mio padre. E’ molto urgente»
«Certo Arielle…» dice Annie sbadigliando, il suo sguardo si posa sulla mia gamba e dilata gli occhi «Cosa diavolo hai fatto alla gamba? Un bastone?»
«Lunga stor…» ma venga interrotta da Annie che mi abbraccia dicendo
«Povera bambina… è anche zoppa adesso…»
«Annie… va tutto bene… non sono zoppa… mi riprenderò»
Vado a svegliare mio padre e quando mi sveglia lancia un urlo.
«Papà?»
«Che… ah Arielle, sei tu. Mi sono spaventato. Cosa ci fai qui a quest’ora?» mi chiede sgranando gli occhi.
«Devo parlarti di una cosa molto importante»
«Andiamo nel mio studio»
Dopo aver preso posto e dopo che mio padre si sia acceso un sigaro, mi chiede «Allora. Di cosa devi parlarmi così urgentemente? E vorrei anche sapere cosa hai fatto alla gamba»
«La gamba è il risultato di un piccolo incidente sul lavoro. Il problema è chi me l’ha fatto... un Templare Americano, chiamato Frank Rodriguez. Ora devo chiederti una cosa: ricordi… quando due anni fa hai aiutato Arno con quelle ferite?»
«Sì»
«Ecco. E ti ricordi quello che mi dicesti ‘Che Cormagh sia maledetto’?»
«Sì. Ma… io non dissi Cormagh, dissi…»
«…Cormac» lo precedo io.
«Arielle, che cosa vuoi dirmi?»
«E’ stato Shay Cormac ad uccidere Charles Dorian, vero?»
Mio padre resta a fissarmi sbalordito dalla mie parole.
«Io… non lo so. Sono sempre stato convinto che sia stato lui, per innumerevoli prove. Ma noi Assassini non abbiamo mai avuto la certezza»
«Credo di aver trovato la certezza che cercavate» dico abbassando lo sguardo.
«Cosa? Arielle che hai fatto?»
«Frank Rodriguez, dopo avermi pugnalato alla gamba, ha citato la lettera, e dopo ha detto ‘Avvisi anche Arno’. Quindi stasera non solo ho scoperto che sono stati i Templari ad uccidere la mamma… ma ho scoperto che hanno ucciso anche Charles Dorian»
«Quindi sono stati loro» dice guardando fuori la finestra.
«Sì papà»
«Sai già cosa devi fare, Arielle. In certi casi la vendetta è ovvia»
«E con André?» dico guardando il quadro di famiglia che abbiamo fatto nel 1788. Io avevo dieci anni ed André quindici, mamma era come sempre bellissima e anche papà. Tutti e quattro felici.
«Deve essere informato, e non ho idea di come reagirà»
«Io lo so già. Uscirà da quel maledetto Ordine, e cercherà in tutti i modi di diventare un Assassino, disinteressandosi completamente al Credo. Vedrà la Confraternita come una via di vendetta»
«Come se aderisse all’ideologia Templare, o come se tu lo facessi con quella degli Assassini. Tu e tuo fratello siete stati costretti. Ad ogni modo, deve saperlo. Non è al sicuro, e nemmeno Victoire e Hillary lo sono. Nessuno lo è»
«Chiederò al Consiglio di mettere degli Assassini di guardia qui e a casa di André» dico alzandomi per andarmene.
«E’ una buona idea. E riguardo Arno… devi informare anche lui. E’ certo che sia stato Cormac ad uccidere Charles. Me lo ricordo… quel Frank Rodriguez, sempre dietro a Shay come un cagnolino, finché non diventò il suo braccio destro»
Dopo aver salutato mio padre e Annie, ancora molto preoccupata per la gamba, mi avvio verso casa di Arno.
Sbando diverse volte per il sonno e la gamba mi fa un gran male, ma devo parlargli stanotte. Non posso aspettare fino a domani. Devo vederlo.
Sono quasi arrivata… ma guardo la fasciatura ed è piena di sangue.
«Non fa niente. Ce la posso fare»
Arrivo fuori casa sua, busso diverse volte alla porta e finalmente viene ad aprirmi.
«Chi viene a que… Arielle?» mi chiede con gli occhi ancora chiusi per il sonno.
«Ciao… scusami… ma devo dirti una cosa… che avrei dovuto dire già da prima…» dico appoggiandomi alla porta, non riesco nemmeno a stare in piedi per il dolore.
«Ma stai sanguinando… e sei pallidissima. Vieni dentro»
Mi siedo sul divano e Arno mi fa stendere.
«Dobbiamo cambiarla …» dice guardando la fasciatura.
«No… lascia stare… prima devo parlarti»
Si siede anche lui e dice «Ti ascolto»
Gli racconto di tutto e alla fine resta a fissare il pavimento, come se fosse la cosa più interessante di questo mondo.
«Sei sicura?»
«Sì»
«Non… puoi fare così» esclama lui. Che cosa intende?
«Così come?»
«Dirmi queste notizie improvvisamente. Notizie di un avvenimento di molti anni fa…»
«E che dovevo fare? Non dirtelo?» dico alzandomi di scatto. La gamba… il sangue ora sta fuoriuscendo dalla fasciatura e la mia gamba si sta sporcando.
«Vendicandoci cosa cambierebbe? Tornerebbero? No Arielle, sono morti. Sono andati. Non torneranno più e noi non possiamo fare niente!» ora sta urlando… le sue parole fanno male.
«Vale a dire che lo farò da sola» e scappo cercando di non pensare alla gamba.
Sento Arno chiamarmi, ma non ho nessuna intenzione di fermarmi.
La testa mi gira sempre di più, all’improvviso perdo l’equilibrio e cado a terra.
La pioggia mi sta bagnando ma non ce la faccio ad alzarmi, è come se fossi in un mondo parallelo. Ho perso troppo sangue… mi stendo completamente a terra.
Non mi interessa di niente, voglio solo dormire.
«Che cavolo stai facendo?» mi chiede Arno incrociando le braccia.
«Lasciami stare… fammi svenire qui»
«L’ho sempre detto che sei completamente pazza» mi prende in braccio e inizia a correre verso casa sua.
«Ti odio…» gli dico con un filo di voce.
«Anche io»
Sorrido.
…dopo svengo, di nuovo.
                       ***
Apro gli occhi e non sono sorpresa per dove mi trovo.
Sono a casa di Arno, precisamente nel suo letto.
Sobbalzo perché credevo di essere sola, invece Arno è qui, con la sua solita tenuta da Assassino.
«Finalmente ti sei svegliata. Mangia, o sverrai di nuovo» mi dice porgendomi una tavoletta di cioccolato. Sentirne soltanto l’odore mi fa salire il voltastomaco e faccio un’espressione disgustata.
«E’ quella con le noccioline. Sei capace di mangiarne tre di fila e ora fai questa faccia?»
«Non ho fame…»
«Mangia» me lo ordina con fare di chi non vuol essere contraddetto, mi costringo a mangiare, e poi ricordo di mio fratello.
«André!» esclamo io saltando dal letto.
«E’ tutto apposto. Tuo padre se n’è occupato e Quemar ha mandato qualcuno di noi con Victoire e Hillary. Armand ha insistito per stare con Giselle… credo che a lui piaccia.»
Armand e Giselle sono una visione piuttosto strana insieme, ma credo che andrebbero d’accordo. Forse… non so se Giselle sopporterà il troppo parlare di Armand.
«Prima Giselle ti ha portato dei vestiti puliti, quindi preparati. Ci aspettano.»
Faccio un bagno, cambio la fasciatura e mi vesto. Rimetto la lama celata al braccio sinistro e mi sento di nuovo me stessa. Forse ieri sera se l’avessi avuta con me sarebbe andata diversamente… ma meglio non pensarci.
                   ***
«Spero che tu non prenda il vizio di svenire, Arielle. E rimettiti con la gamba, ci servi tutta intera» mi dice il Maestro Sophie ridendo.
All’improvviso bussano alla porta e entra Vivianne che dice «Signore, l’ospite è arrivato»
«Prego, fatelo entrare» risponde Quemar alzandosi.
L’ospite? Chi sarebbe? Credo di trovarmi al posto sbagliato al momento sbagliato.
Entra un uomo alto dalla pelle scura, credo che abbia almeno 45 anni. Il Maestro Beylier si alza e va ad abbracciarlo e lo chiama «Rà-Dòna-Ghèdon!»
Sgrano gli occhi per la stranezza del nome e mi giro verso Arno, che va anche lui a salutare l’ospite.
Ora è il turno di Quemar «Che piacere, averti qui»
«Non potevo non accettare il vostro invito»
Mi sento in imbarazzo perché non so che fare e resto a fissare il pavimento. Che belle mattonelle...
Ora purtroppo l’attenzione va su di me, Quemar mi presenta a Radnanorjnonon… qualunque sia il suo nome.
«Sono lieto di presentarti Arielle Roux»
«La figlia di Edgard?» mi chiede lui prendendomi la mano.
«Sì, piacere di conoscerla»
«Piacere mio. Io sono Connor Kenway»
Spalanco gli occhi.
Ratonhnhaké:ton.

 
 
 
 
SALVE!
Ecco qui il tredicesimo capitolo. Ovviamente spero vi sia piaciuto e chiedo una piccola recensione per sapere cosa ne pensate.
Entrano in scena Shay Cormac e… Connor Kenway! Eheh
Sinceramente uno dei miei sogni è un gioco con Arno che si vendica di Shay per il padre e che magari mettessero anche Connor in mezzo! Così, a caso.
Come sono carini Arno e Arielle che dicono di odiarsi? <3
Cioccolata con le noccioline. A chi non piace? A me troppo, e quindi ce l’ho messa ahahah
Che bel nome Radnanorjnonon, quando avrò un figlio lo chiamerò così. Ora vorrei porvi una domanda: voi come immaginate Arielle e Giselle (Giselle che poverella non ho mai descritto fisicamente... non ha una faccia sta ragazza! No, non è vero, in testa la tengo ben impiantata)? Io Arielle la immagino come un miscuglio tra Evie Frye e Emma Stone, già ahah
Al prossimo capitolo, fanciulli!
 
P.S: Sono finite le feste. Sono depressa.

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Capitolo 14
*** Sviste ***


Ratonhnhaké:ton.
«Quel... Connor?» chiedo ipnotizzata.
«Esistono tanti Connor nel mondo, ma credo che io sia quello che pensi tu» risponde Connor abbozzando un mezzo sorriso.
Ho sentito tanto sulle imprese di Connor durante la Rivoluzione Americana. Di come abbia avuto come alleato l'attuale presidente Americano, George Washington, della sua liberazione delle colonie dalla mano dei Templari, di come abbia assassinato il Gran Maestro  Templare Haytham... Kenway, il padre.



«Come sarebbe a dire che ha ucciso il padre?»
«Il padre! Morceau de merde! » esclama Philippe sputando a terra.
«Se non lo avesse ucciso, ora quello morto sarebbe Connor... per mano del padre!»
«Come puoi volere la morte di tuo figlio...»
«Oh, ma chère, quando sarai più grande ti renderai conto che per il potere si fa di tutto!»



E ha anche trovato due pezzi dell'Eden. Quando Philippe mi raccontò della sue gesta ne rimasi molto affascinata, conoscerlo è come un sogno che si avvera.
«Ti piace, Parigi?» gli chiede Sophie Trenet.
«Molto. E la immaginavo molto più caotica. Ma di Rivoluzioni ne so qualcosa, e so anche che dopo in un modo o nell'altro la pace viene ristabilita.»
«Questa pace ora con l'Inghilterra... vedremo, quanto durerà. Ora parliamo di cose che spettano a noi Assassini.»
Capisco che è arrivato il momento di levare le tende, ma Quemar mi ferma.
«Quando ti ho dato il permesso di andartene, Arielle? Dovresti rimanere ad ascoltare. »
«Excusez moi, maitre. Ma ho pensato che la mia presenza non fosse gradita»
Mi siedo vicino Arno e a bassa voce mi chiede «Da dove vengono fuori queste buone maniere?»
«Guarda che io sono educata con tutti, sei tu che tiri il lato peggiore»
Quemar inizia a spiegare «Connor, mi ha parlato tramite lettera, che più e più volte è stato attaccato da Templari per ucciderlo. Dov'è la novità? Vi starete chiedendo.»
«Posso dire più della norma» aggiunge Connor.
«Esatto. Credo che sappiate che l'attuale Gran Maestro dei Templari, Shay Cormac, conobbe Haytham Kenway.»
«Fatemi indovinare: ora vuole uccidere Connor per vendicarsi» esclamo io ridendo.
«Sì, Arielle»
«Ah»
Non ero seria, ma invece è proprio così.
«Ratonhnhaké:ton, dovresti sapere che tu, Arno e Arielle avete una cosa in comune: far fuori Cormac. Te ne parlerò dopo»
«Per la mela, no?» chiede Connor.
«Quale mela?» chiede Beylier alzandosi.
«La Mela dell'Eden, quale mela? Lo sapete che è stata rubata no?!»
«CHE COSA?» chiediamo tutti urlando, tranne uno, Quemar.
«Come è possibile?» «Quando?» «Maudit des Templiers!»
«Tu lo sapevi, vero Hervé?!» chiede arrabbiata Sophie Trenet.
«Ve lo avrei detto oggi stesso»
«Sono stato io l'ultimo a prendere la Mela! Era a El Cairo! Come diavolo l'hanno scoperto?!» urla Arno.
«Non ne abbiamo idea... vi prego, calmatevi! Sedetevi!» ci ordina Quemar.
«E' stata rubata tre mesi fa. Fatemi continuare! Templari Americani e Francesci hanno attaccato gli Assassini a El Cairo, sono riusciti a cacciarli... ma purtroppo, la Mela è stata presa. Hanno contattato sia me che Connor, e ora si deve trovare la Mela. Sappiamo il pericolo di quell'oggetto in mano ai Templari.»
«Ma ora Cormac sappiamo dov'è? E' in America o in Francia?» chiedo preoccupata.
«Arielle, non sappiamo nulla. E' come un fantasma. Il passato da Assassino si fa sentire.» mi risponde Connor.
«Ma-» continua Quemar «potremmo iniziare da qualcuno. C'è un signore, al centro della città, proprietario di un negozio di vino. Siamo convinti che egli lavori con i Templari. E' a Parigi soltanto da tre anni e i nostri informatori ci hanno parlato, è stato tradito dal suo accento non propriamente Francese... ma inglese. Che motivo avrebbe di trasferirsi a Parigi durante la Rivoluzione? Nel caos più totale? »
«Andrò subito a parlargli» si alza Connor.
«Arno e Arielle verranno con te.»
«Cosa?» chiede Connor accigliato.
«Hai sentito bene.»
«Sai che lavoro meglio da solo.»
«Sei a Parigi dagli Assassini Francesi, e gli Assassini Francesi faranno parte delle missioni.»
Connor non replica e se ne va. Che carattere.
                                          ***
Passiamo la maggior parte del cammino verso l'enoteca in silenzio. Arno e Connor non sono persone molto loquaci, e mi ritrovo ad essere l'unica a parlare. Mi passa la voglia, perché ricevo risposte non molto soddisfacenti.
«Quando è partito?» «Ieri»
Dopo dieci minuti.
«Lei ha famiglia?» «No»
Altri dieci minuti.
«Lei non parla molto, vero?» «No» ma questa volta gli scappa un sorriso.
Finalmente!
«Perché volete uccidere Cormac?» chiede a me e Arno.
«Ha ucciso mio padre» taglia a corto Arno.
«A me la madre»
«Mi dispiace»
E’ una conversazione così strana. Inizio a ridere da sola.
«Perché ridi?» mi chiede Arno.
«Perché vi rendete conto di cosa parliamo? “Perché volete uccidere Cormac?” “Oh a me ha ucciso il padre!” “Ma davvero? Invece a me la madre!” sembra una barzelletta. Le persone della nostra età hanno vite normali, noi pensiamo a come uccidere persone, come se fosse la normalità. Mi fa ridere, anche troppo.»
«Tu hai ragione, Arielle. Ma noi non siamo persone normali, siamo Assassini.»
«Non ero una Assassina quando mi è successo.» e mi allontano.
Non voglio parlarne di più, aver parlato di questa cosa non è stata una buona idea.
                                    ***
Arriviamo nell’enoteca e del signore non c’è traccia. C’è soltanto un ragazzo.
«Dove possiamo trovare il proprietario?» chiede Connor.
«Perché?» chiede preoccupato.
«Perché, non si può?» chiedo irritata al ragazzo.
Il mio sguardo va fuori alla porta, sulla strada.
E sento un colpo al cuore per ciò che vedo.
E’ Alain.
Che corre.
Inizio a seguirlo, ignorando il dolore alla gamba.
«Arielle, dove vai?!» mi chiede Arno, sento che mi sta seguendo.

«Alain?» urlo io spontaneamente. Che stupida.
Purtroppo le persone mi bloccano la strada, ma vedo ancora la sua testa.
I riccioli biondi.
Mi scontro con una signora e cado a terra.
« Excusez moi» e la aiuto ad alzarsi. Mi giro verso la strada, ma non lo vedo più.
Doveva essere soltanto qualcuno che gli somigliava.
«Arielle, va tutto bene?» mi chiede Arno affannato.
Mi giro e fingo un sorriso.
«Certo. Torniamo. Avrò già fatto la figura della pazza.»
Poi penso ad una cosa…
Io non ho mai visto il corpo di Alain morto.


SALVE A TUTTI!
Eccomi, dopo quasi un mese con un nuovo capitolo.
1. La mela dell’Eden è stata rubata, ZAN ZAN ZAN. Sì, Arno è stato l’ultimo a prendere la mela nel DLC Dead Kings. E alla fine dice di mandarla da ‘Al Mualim, El Cairo’. Al Mualim? Ma c cazz! (la mia reazione)
2. Connor sempre sociopatico. Ok, ammetto di non aver giocato col terzo, ma una volta vidi un mio amico giocarci e da quel poco che vidi Connor non era molto socievole e per il resto mi sono informata su Wikipedia. Se sbaglio qualcosa, ditemelo!
3. Se sbaglio qualche parola in Francese, date la colpa a Google Traduttore.
4. “La pace con gli Inglesi” si riferisce al trattato di Amiens avvenuto nel 1802, che non durò molto.
5. Arielle con Connor è come me con Robert Downey Jr. Che carina.
6. Ma che palle è la tinta? Ogni mese a rifarla.
Va bene, ho finito di dire stupidaggini.
Ho avuto un pomeriggio libero e mi sono data alla fiction che ho trascurato troppo, spero vi sia piaciuto! Recensite!
Alla prossima

P.S: volete sapere il perfetto Alain? Cercate Enjolras di Les Miserables! È lui!

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Capitolo 15
*** Rodriguez ***


Quemar ha organizzato un incontro nella sala delle Iniziazioni con gli altri Assassini per annunciare la presenza di Connor qui. Connor era contrario, anche infastidito, ma Quemar ha insistito, ed è il Gran Maestro, come lui decide, così si fa.
Tutti gli Assassini ascoltano le parole di Connor come ammaliati, tranne una: Arielle. E’ troppo occupata a dormire sulla spalla di Giselle con un libro su metà faccia per non farsi vedere. Giselle le muove le spalla per svegliarla, lei si sveglia di soprassalto e fa cadere il libro a terra, vedo dirle ‘Sono sveglia’, si abbassa per prendere il libro bruscamente ma sbatte la testa nella sedia avanti alla sua e urla «Merde!», tutti si girano verso di lei e Quemar dice «Ringraziamo la signorina Roux per il suo commento poetico, ora torniamo ad ascoltare Connor».
«Esiste una persona più stupida di lei?» mormora Nicole piena di odio.
«Oh, credo proprio di sì» le rispondo io, sperando capisca la frecciata.
Capisce perfettamente, perché mi risponde «Giusto, è Arno Dorian» e torna a guardare Connor.
Arielle non è l’unica a star morendo di sonno, anche io e Connor non siamo in forma. Stanotte è stata una lunga notte, è stato difficile prendere il vecchio dell’enoteca, ma alla fine, ci siamo riusciti. Ma purtroppo non è andata come volevamo, pur di non parlare, si è sparato. La fortuna era però dalla nostra parte e abbiamo trovato una lettera nella sua giacca, da Frank Rodriguez, dove diceva che stasera si sarebbe trovato al Hotel Du Luxembourg. Speriamo soltanto che non venga a sapere della morte del vecchio.
«Bene, ora lasciamo respirare il povero Connor. Potete andare» ordina Quemar.
Torniamo nella sala del consiglio, e rimaniamo tutti perplessi per chi ci troviamo: Edgard Roux.
«Edgard? Che ci fa qui?» chiede Quemar al padre di Arielle. Ha la faccia piuttosto preoccupata.
«Mio figlio André… ha lasciato i Templari» risponde lui sedendosi.
«Era scontato che lo avrebbe fatto» gli dico.
Questa storia va avanti da tre anni, e la rabbia mi cresce sempre di più. In più, da quando ho scoperto che è stato Cormac ad assassinare mio padre ho in me una sete di vendetta che mi sta uccidendo. Dobbiamo uccidere Cormac, io e Arielle.
«Arielle lo sa?» chiede Connor.
«No, ma lo scoprirà in fretta. Perché André… vuole unirsi agli Assassini. E voi non dovete permetterglielo. Vorrà unirsi per vendetta, non seguirà il Credo. E poi sarà in maggior pericolo, come pensate la prenderanno i Templari quando sapranno che si è unito agli Assassini? Sono già abbastanza arrabbiati»
«E quando cavolo avevi intenzione di dirmelo?» entra in scena Arielle, piuttosto arrabbiata.
«Arielle, stavi origliando?» chiede Quemar.
«Non sta… sì, stavo origliando. Papà, mi chiedo cosa tu ti stupisca a fare! Era ovvio che lo avrebbe fatto, credevi davvero che sarebbe rimasto nei Templari per fare il doppio gioco? Che glielo avrebbero lasciato fare? Non sai che era più in pericolo se fosse rimasto? Davvero non ci arrivate?»
Ha ragione, ma i suoi toni non piaceranno affatto a Quemar.
«Signorina Arielle, si ricordi i ruoli e porti rispetto oppure non avrò problemi a togliervi da questa missione»
Appunto.
«Sono l’unica che può farlo»
«Davvero? Qui non stiamo parlando di uccidere il Gran Maestro Templare che ha ucciso vostra madre, stiamo parlando di uccidere il Gran Maestro Templare che vuole creare il caos tra le strade di Parigi con quel suo gas, l’ha scoperto lei, rammenta? Per non parlare della Mela dell'Eden nelle loro mani! Stiamo soltanto tardando l’inevitabile. Inevitabile che è già accaduto, quando? Non ricordo…»
«Sei mesi fa» risponde Arielle.
«Sei mesi fa, esatto. E perché è accaduto Arielle?»
«Per un mio errore» ora abbassa la testa. Come se non ci soffrisse già abbastanza, Quemar deve anche ricordarglielo.
«Appunto. Quindi rimanga al suo posto, o la taglio fuori»
Arielle, inaspettatamente, non dice niente e esce.
«Sei stato troppo duro» Sophie ammonisce Quemar, ma Edgard dice
«No, ha fatto bene. Arielle è sempre stata troppo indisponente. Ad ogni modo, ha ragione, uscire dall’ordine era la cosa più ovvia da fare. Beh, io andrei. Arno, Connor, in bocca al lupo per stasera. E prendete quel figlio di puttana»
«Crepi» gli rispondiamo in coro.
Lo prenderemo, e gli faremo pentire di essere nato.
10 ore dopo
«Allora? E’ qui?» chiede Arielle preoccupata al nostro informatore vestito da cameriere appena uscito dal Hotel Du Luxembourg.
«Perfetto. Dopo che ci siamo occupati delle guardie, tu spari. Chiaro?» chiede Connor.
«Oui» e l’informatore torna dentro.
Seguiremo un piano ben preciso: dopo esserci liberati delle guardie, Martin (l’informatore) sparerà nella sala, e mentre tutti usciranno noi entreremo, bloccando Rodriguez.
Tutti e tre ci avviamo, e furtivi, iniziamo ad addormentare le guardie. Non li uccideremo, perché sono delle semplici guardie dell’Hotel.
Vado vicino Arielle, e le dico «Credo sia pulito»
«Sì, lo credo anch’io» e fa un cenno a Martin.
Pochi attimi dopo sentiamo lo sparo, e come previsto, è il caos.
Entriamo sperando che Rodriguez non scappi. Lo raggiungiamo, e sono io a bloccarlo.
«Perché noi non restiamo qua, che dite?» e lo faccio sedere.
Vedo stupore nei suoi occhi, no, non sa della morte del vecchio. Un punto a nostro favore, finalmente.
«Martin, chiudi le porte» ordina Arielle puntando una freccia su Frank.
«Che ci fate qua?» chiede Rodriguez con arroganza.
«A tenerti compagnia, visto che il tuo compagno è morto» risponde Arielle.
«Lo avete ucciso» dice Frank con rabbia nella voce.
«In verità è stato lui ad uccidersi pur di non parlare. Gli fa onore, gliene rendiamo atto» constata Connor.
Vedere il vecchio Templare togliersi la vita non è stato per niente piacevole, e togliersi la vita è stato un atto nobile.
«Tu non parlarmi, negro» sputa Rodriguez con disprezzo.
Pezzo di mer…
«Fossi in te non lo ripeterei» dice Arielle puntandogli la freccia giusto avanti la faccia.
«Oppure che fai? Mi uccidi? Stupida! So che non lo farete, sono più utile da vivo. Come troverete Cormac sennò?»
A queste parole, Arielle gli butta un freccia nella gamba. E segue l’urlo di dolore.
«Non possiamo ucciderti ma non è detto che non possiamo torturarti finché tu non ce lo dirai» mormora Arielle pressando la freccia nella gamba.
Questo… non è da lei. O almeno così credevo.
«Non vi dirò niente» dice Frank togliendosi la freccia dalla gamba.
«Davvero?» dice Connor mettendo un dito nella sua ferita.
Guardo verso Arielle e ha la faccia schifata. Fa schifo anche a me.
«Davvero! Figli di puttana!» e ci sputa addosso.
Io e Arielle ci guardiamo, e entrambi capiamo che Rodriguez non dirà niente.
«Che dici di un patto?» chiedo a Frank.
«Un patto? Con voi Assassini?» e sputa a terra.
«Arielle» le intimo, sperando che capisca. E lo fa: scocca un’altra freccia nell’altra gamba.
Connor gliela pressa, e lui urla.
«Un patto o continueremo finché non pregherai di risparmiarti. E per un uomo come te pregare è inammissibile»
Rodriguez sta un po’ a pensarci, forse ho fatto centro.
«Parla» dice con dolore nella voce.
«Se ci dirai dove si trova Cormac, non ti ucciderò »
«Dovrei crederti?»
«Hai la mia parola»
Non ti ucciderò io. Hai la mia di parola, non quella di loro due. Ma è un piccolo dettaglio che non aggiungo.
«Iles des Saintes. C’è un castello lì, produciamo il gas ed è il covo di Cormac»
«Antille francesi?» chiede Arielle.
«Sì»
«Merci» ringrazio io.
Rodriguez inizia a ridere istericamente.
«Illusi… credete davvero che riuscirete ad entrare? E’ inespugnabile. Morirete, farete la fine che meritate»
«Shut the fuck up» gli ordina Connor, gli pianta la lama celata nella pancia.
Rodriguez mi guarda e dice «Avevi promesso…»
«Lui, non io» gli dice Connor.
E sotto i nostri occhi, Frank Rodriguez muore.
Iles des Saintes.
«Lo abbiamo trovato» dice Arielle con gioia.
Finalmente.




Salve! Eccomi tornata con un nuovo capitolo, lo ammetto, non sono molto soddisfatta, ma vabbe! Arriviamo sempre più vicini alla fine! *musica triste* Non avete notato nulla di strano all'inizio della storia? Una certa "Giselle" tra gli Assassini? Beh, sapevate sarebbe successo. André ha lasciato i Templari, e sapevate anche quello. E Arno si burla di Rodriguez, astuto il ragazzo! Ditemi cosa ne pensate, alla prossima! X

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Capitolo 16
*** Verso l'isola ***


“Iles des Saintes? Nei Caraibi?” chide Quemar stupito, era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato di sentire. Come dargli torto? Era l'ultima cosa che tutti ci aspettavamo di sentire, me compresa. Non avrei mai immaginato che si trovasse su un'isola. Qualche posto isolato sì, ma non letteralmente.

“Oui” rispondo io.

“E come ci arriviamo fin laggiù?” chiede Beylier preoccupato. Davvero ci sta ponendo questa domanda?

“Con una nave... suppongo” gli risponde Arno.

“Con la mia nave” aggiunge Connor con grande fierezza.

In questo momento Connor pecca di furbizia.

“L'Aquila è troppo famosa ci faremmo scoprire subito se raggiungessimo l'isola con lei” dico con un po' di irritazione nella voce.

“E' esattamente questo il punto” inizia a dire Beylier “come facciamo a non farci scoprire?”

Giusto. Con tutta l'euforia per aver trovato la locazione di Cormac non avevo pensato a come raggiungerlo.

Pensa Arielle. Di solito sei sempre tu quella a cui vengono le idee, fattene venire un'altra ora.

Mi siedo e inizio a pensare qualcosa.

Andare tutti e tre insieme non è per niente prudente, ci saranno informatori e Templari ovunque e in pochissimo tempo sapranno della nostra presenza.

Andremo separati, in navi diverse.

E perché andare da Assassini? Io e Arno potremmo fingere di essere una coppia di neosposi e Connor un pirata in cerca di fortune. Potremmo essere credibili, spero.

“Ho un'idea” dico io saltando dalla sedia trepidante, non vedo l'ora di esporre ciò che ho in mente.

“Non avevamo dubbi, Arielle. Illuminaci pure” dice Quemar guardando fuori al vetro che si affaccia sulla sala delle iniziazioni.

“Andremo separati, Connor su una nave e io e Arno in un'altra. Fingeremo di essere una coppia di sposi e Connor potrà fingere di essere un pirata” anche se non c'è molta differenza tra pirata e Assassino, i vestiti sono quelli.

“Non fa totalmente pena come idea” dice Arno guardando Quemar.

“Non fa schifo? Tu hai un'idea migliore? Mentre ci pensate, io vado a casa” e facendo un inchino, mi congedo.

“Arielle, torna indietro”

Di malavoglia torno indietro “Sì?”

“Si cosa?” mi chiede Arno alzando lo sguardo da certe carte.

“Mi avete chiamata”

“No, nessuno ti ha chiamata”

“E' uno scherzo?”

“Dovrebbe? Te lo sarai immaginato” e torna a leggere le sue maledette carte.

Eppure ero sicura di avermi sentita chiamare. Era così chiara la voce, ma sicuramente l'ho immaginato.

Oppure mi avrà chiamata qualcuno da giù.

Scendo di corsa le scale, sperando che ci trovi qualcuno, ma purtroppo non c'è nessuno.

Vado in biblioteca, e ci sono solo delle ragazze che conosco di vista e che non avrebbero nessuno motivo di chiamarmi.

“Io ho sentito chiamarmi... starò impazzendo...” mentre sono troppo occupata a parlare da sola, vado a sbattere contro qualcuno. E quel qualcuno si rivela essere Giselle.

“Arielle! Parlavi da sola?” mi chiede lei.

“Io? No, certo che no. Approposito, prima sei stata tu a chiamarmi?”

“No, perché?”

Come sarebbe a dire no?! Allora chi diavolo è stato?

“Così, così.”

“Arielle... devo chiederti una cosa...” e abbassa lo sguardo. Ciò che sta per chiedermi la imbarazza.

“Dimmi”

“Vorreichetumiinsegnassitiroconl'arco” e lo dice tutto d'un fiato.

Tiro con l'arco? L'ha sempre odiato e ora vuole che glielo insegni?

“Cosa?! Volevo dire... certo. Nessun problema. E' solo che tu l'hai sempre odiato e non hai mai avuto una mira strabiliante...”

“Lo so... ma, la maggior parte di noi sono bravi a tirare con l'arco e io sono l'unica a non farlo...”

“Non preoccuparti, con me da insegnante sarai bravissima” e le do una pacca sulla spalla, ma aggiungo “...certo non quanto me...” e sorrido.

“Grazie, idiota”

“Ora, perdonami, ma tornerei a casa. Sono distrutta”

Saluto Giselle, e sbadigliando senza fermarmi esco dal covo.

Saranno le dieci e mezza, e stasera il cielo è limpidissimo.

“Davvero una bella ser...” ma non finisco in tempo la frase che vengo sbattuta contro il muro da qualcuno, ovviamente, mi difendo: schiaccio il suo piede, gli do un pugno nella pancia e lo spingo all'indietro.

Caccio la lama dal “bastone” che mi regalò André e gliela punto contro, ma la abbasso subito, perché è André.

“André? Ma che cavolo fai?”

“Cavolo se sei migliorata...” mormora mantenendosi la pancia.

“Ripeto la domanda: che cavolo fai?”

“Avete ucciso Rodriguez... senza di me...”

“Si”

“Perché? Dovevate dirmelo!” urla con rabbia.

“André, calmati. Non potevamo dirtelo. E' stato ucciso per motivi interni alla Confraternita, non potevo dirgli di metterti in mezzo! E sei anche scomparso oggi, hai fatto preoccupare tutti, lo sai?”

“Ho trent'anni me la so cavare da solo. Motivi interni alla Confraternita? Bene, fammi entrare! Voglio diventare un Assassino!”

Oddio no, ecco che delira... giro gli occhi dall'altra parte e inizio a camminare.

“Arielle! Ascoltami!”

“No André! Non diventerai un Assassino! Chiaro? Non puoi. Fino a stamattina eri un Templare, quindi stai zitto”

“Io voglio uccidere Cormac, Arielle! Merito di farlo, quanto lo meritate tu e Arno!” e ora è come se stesse per piangere “speravo che almeno tu mi capissi... non ce la faccio più Arielle... ho una piaga dentro, e si chiama Shay Patric Cormac.”

E' distrutto.

Lo merita quanto me e Arno, è vero.

Devo aiutare mio fratello.

“Va bene, verrai con noi. Ma non diventerai un Assassino. E' chiaro André?”

I suoi occhi sembrano illuminarsi e la cosa mi fa piacere.

“Davvero?”

“Sì”

“Ora, perdonami, ma devo fare una cosa”

“Certo... dì pu...” ma non lo faccio finire di parlare e gli do una botta in testa per farlo svenire.

“Pardon, frère, ma non puoi scoprire dove andremo adesso”

E lo trascino per i piedi, cavolo se pesa!

Poco a poco, sudore dopo sudore, riesco a portarlo al covo e trovo Quemar nell'entrata.

“Arielle, chi cavolo è?” mi chiede.

“Maestro, vi presento mio fratello André Roux”

Nel frattempo scendono anche Arno e Connor.

“E perché è svenuto?”

“Perché credo di avergli dato una botta in testa... niente di grave, ovviamente”

“Perché l'hai portato qui?”

“Perché... perché... perché vuole partecipare alla missione”

“E, scommetto che voglia diventare un Assassino”

“Oui, ma non può”

“No, certo che non può. Parteciperà, va bene Arielle. Ma ora portalo fuori da qua. E, Arielle... prepara le valigie per domani pomeriggio” e mi fa l'occhiolino.

Allora hanno ascoltato la mia idea!

André sta per svegliarsi, e con l'aiuto di Arno e Connor riusciamo a portarlo fuori.


 

Sono eccitata e spaventata dall'idea di ciò che succederà alle Iles des Saintes.


 


 

Il giorno dopo

Quemar grazie alla sua fitte rete di conoscenze è riuscito a procurare a me, Agnès Rousseau, al marito Côsme Rousseau e il loro maggiordomo Dominic un viaggio verso l'isola.

Connor è su un'altra nave, sempre con un'altra identità.

Sarà un lungo viaggio e il tempo purtroppo non ci è amico, il mare è agitato e piove.

“La classica fortuna che mi ritrovo sempre!” dico io ad Arno cadendo a terra perché la nave non sta un momento ferma.

“L'avermi sposato è già una grande fortuna, Agnès, non lamentarti” mi risponde leggendo un libro.

“Ti piacerebbe avermi sposato, Arno” e mi siedo accanto a lui.

“In effetti, sì”

Non l'ha detto davvero... credo di essere diventata rossa come un peperone.

“Arno, devo dirti una cosa. Il giorno in cui andammo a cercare il Templare nell'enoteca quando all'improvviso mi misi a correre, e perché mi sembrò di vedere Alain. Ti prego, non prendermi per pazza...”

“Una volta mi capitò la stessa cosa, una settimana dopo che lei morì. Ma era soltanto una ragazza che le somigliava. Ero in depressione e per un momento ho avuto la sensazione che potesse tornare da me, una sensazione di speranza. Fu un bel colpo. Poi è capitato di nuovo, quando incontrai te. Sei stata la luce che cercavo da tempo, Arielle. E se ti capitasse qualcosa adesso... io non so cosa farei, capisci? Io ti amo, e ti amerò sempre. E ti chiedo scusa se sono stato un bastardo, non lo meritavi”

Le sue parole mi lasciano senza parole, mi ama. E io amo lui. Lo farò sempre. Trovo il coraggio per dirglielo non so come.

“Arno” e gli alzo il viso “Ti amo anche io. Siamo stati due idioti, ma possiamo recuperare ciò che abbiamo fatto. Andrà tutto bene, te lo prometto” e lo bacio.

E dopo, credo sia stato quello il momento in cui sono rimasta incinta.





SENZA PAROLE VERO?
Beh, non so cosa aggiungere.
Il momento romantico è stato molto difficile da scrivere *cerca di trattenere i conati di vomito*. 
Chiedo perdono per il cambio di virgolette, ma ho usato un altro computer con un altro programma e non sapevo come fare le virgolette che uso di solito!
Alla prossima! :)

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