AoN - 1 - Bandiera Nera [da revisionare]

di Ghost Writer TNCS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Emrad ***
Capitolo 2: *** Francis ***
Capitolo 3: *** Arïth ***
Capitolo 4: *** Eleonorah ***
Capitolo 5: *** Naadir ***



Capitolo 1
*** Emrad ***


Emrad

Data: 4117 d.s., prima deca[1]
Luogo: pianeta Marath, sistema Essud

L’isola nota col nome di Abandon non era molto grande e ospitava solo una piccola città sporca e sgangherata. Più della metà degli edifici erano adibiti a bordelli, c’era un discreto numero di taverne e poi una percentuale ridotta di altri negozi, i cui proprietari erano dediti prevalentemente al commercio di armi o al contrabbando di oggetti magici.

La legge lì non esisteva. O meglio non esisteva nessuno in grado di farla rispettare. In compenso c’era una sorta di regolamento non scritto che tutti quanti erano tenuti a rispettare: non rubare, non uccidere e non scatenare risse all’interno dei locali. Sorprendentemente quasi tutti sembravano seguire queste direttive. Ma del resto ogni pirata che si rispetti deve assecondare le leggi del Codice d’Onore dei Pirati, e il Codice tutelava il più importante centro di ritrovo dei fuorilegge del mare quasi come se fosse un luogo sacro.

In quel momento una nave raggiunse uno degli innumerevoli moli situati nei pressi della città e attraccò. Subito alcuni uomini saltarono agilmente giù dal parapetto, desiderosi di poter finalmente godere della compagnia del gentil sesso, altri invece preferirono fare con maggiore calma e sfruttarono le scalette di corda.

Uno degli ultimi a scendere fu un uomo alto e muscoloso dal capo rasato. Al fianco portava una scimitarra, ma non era un membro della ciurma. Aveva chiesto un passaggio al capitano di quella nave, e questi glielo aveva accordato in cambio di una adeguata somma di denaro e di un lavoro giornaliero a pulire la nave. Non era stato piacevole, ma almeno era arrivato a destinazione in tempo.

Infilò una mano in tasca e ne trasse fuori un pezzo di carta piuttosto sciupato ma ancora leggibile. La persona che voleva incontrare si recava ad Abandon ogni primo giorno del mese e trascorreva tutta la giornata nella taverna più grande della città per permettere a chiunque volesse entrare nella sua ciurma di incontrarla.

Anna Bedder. Girava voce che fosse appena una ragazza, eppure le erano bastati pochi mesi per guadagnarsi una fama a dir poco invidiabile. La cosa però non doveva stupire: lei possedeva la Black Soul, e questo potere innato le dava la possibilità di fare quasi ogni cosa. Perfino far colare a picco una nave della marina senza ricevere una singola cannonata.

L’uomo rimise in tasca il foglietto e si avviò in direzione della taverna in questione. Era venuto fin lì per chiederle di entrare nella sua ciurma, ma nonostante la sua forza e la sua esperienza non era certo che lei lo avrebbe accettato. Stando alle voci, aveva rifiutato tutti i pirati che si erano proposti, e alcuni già si chiedevano quale fosse il suo vero obiettivo. Un capitano senza una ciurma non poteva sperare di vivere a lungo, ma forse per un possessore di Coloured Soul questo non aveva importanza. Poco male, presto lo avrebbe scoperto.

Trovare la taverna non fu difficile. Era enorme, quasi il triplo in ampiezza rispetto alle costruzioni vicine, e l’insegna sgangherata riportava l’inequivocabile scritta “Il Kraken”, con tanto di piovra e tentacoli. Un nome azzeccato date le dimensioni del locale.

Il fracasso che usciva dal portone spalancato e dalle finestre era incredibile, e quando entrò divenne ancora più assordante. Per non parlare della puzza! Era proprio vero che i pirati erano allergici al sapone…

Provò a guardarsi intorno, ma con tutta quella confusione era impossibile trovare la persona che stava cercando. C’erano pirati di ogni tipo, da quelli grandi e grossi a quelli che senza dubbio facevano ricorso alla magia, ma soprattutto non mancavano le prostitute.

Decise di raggiungere il bancone, dove un uomo grasso e sporco stava facendo finta di pulire alcuni boccali con un panno lercio.

«Che ti porto?»

«Un boccale di nedoh.»

Quello annuì e gli versò il liquido dorato e spumeggiante direttamente nel bicchierone che aveva in mano.

L’uomo bevve un lungo sorso. Il nedoh era senza dubbio uno dei suoi alcolici preferiti. Era talmente buono da vincere perfino lo schifo che provava verso il contenitore in cui era stato versato.

«Sto cercando Anna Bedder.»

Il taverniere lo scrutò per un attimo. Il suo sguardo era eloquente: “Un altro che vuole fare squadra con quella là… Poveretto”. «È di sopra.» gli disse accennando col capo alla scala.

«Ti ringrazio.» Bevve l’ultimo sorso di nedoh, lasciò sul banco una moneta e poi raggiunse la rampa. Conduceva ad una balconata ad anello che seguiva l’intero perimetro della taverna, lasciando al centro un buco da cui osservare il piano terra. Là sopra il rumore era leggermente attenuato, tuttavia non mancavano le prostitute più o meno vestite.

Si mise a camminare lungo la balconata, scrutando distrattamente le persone sedute ai tavoli nel tentativo di riconoscere Anna Bedder. E alla fine la trovò. Cavolo, era davvero giovane! Così a prima vista non poteva avere più di diciotto anni. Indossava una camicia nera mezza sbottonata dalle maniche gonfie, dei pantaloni aderenti e degli stivali. Era abbastanza snella e il seno non era particolarmente prosperoso, le gambe incrociate sul tavolo la facevano sembrare un maschiaccio, il viso invece aveva dei tratti molto femminili, con il naso sottile e la bocca delicata. I capelli erano neri e mossi, le sopracciglia eleganti, gli occhi invece erano due pozzi scuri e indecifrabili messi in risalto da una precisa mano di trucco. Stava parlando con degli uomini, tuttavia il suo sguardo non tradiva la minima esitazione: sembrava pronta ad ucciderli in qualsiasi momento.

L’uomo decise di avvicinarsi un po’ di più per cercare di sentire il discorso. Ad occhio e croce la giovane stava parlando con un capitano pirata, un tizio dalla folta barba con un ampio soprabito, e gli uomini alle spalle di quest’ultimo dovevano fare parte della sua ciurma.

«… e sprechi il tuo talento.» stava dicendo il barbuto «Unisciti alla mia ciurma, e insieme domineremo tutti i mari!»

Subito i membri della ciurma risposero con delle grida di battaglia, ma questo non servì ad impressionare la ragazza in nero.

«Non intendo prendere ordini da nessuno e non intendo entrare in nessuna ciurma.» affermò con voce piatta, quasi annoiata.

«Cos’è, hai paura dei miei uomini?» fece il capitano con un ghigno «Non ti devi preoccupare, non ti toccheranno neanche con un dito se farai quello che ti dico. Se farai la brava, potrei anche farti dormire nella mia cabina…»

A quelle parole Anna scattò in piedi. «Potrei fare fuori te e la tua ciurma senza nemmeno bisogno di muovere un dito! E ora vattene, la mia pazienza non è infinita!»

L’altro però non si tirò indietro, anzi fece un passo avanti. «Mi stai sfidando? Guarda che anche io possiedo una Soul…»

I loro sguardi bramavano lo scontro, era chiaro anche a chilometri di distanza. Ma non potevano. Il Codice non lo permetteva.

«D’accordo, fa’ come vuoi.» tagliò corto il capitano barbuto voltandole le spalle «Ma sappi che, la prossima volta che ci incontreremo, non sarò così gentile. Addio, Anna Bedder.» Tornò a voltarsi verso di lei. «Anzi no: a presto…»

I membri della ciurma risero sotto i baffi, come se stessero già pregustando il loro imminente incontro. Davvero credevano di poter tenere testa al possessore di una Coloured Soul?

L’uomo si fece da parte e li osservò allontanarsi verso la scala che portava al piano terra, quindi si voltò verso Anna. Era tornata a sedersi, ma la sua rabbia non era affatto sbollita. Afferrò il boccale quasi vuoto che aveva davanti, se lo scolò con furia e poi lo scaraventò contro la ringhiera. Il bicchierone andrò in frantumi, e qualcuno dal piano di sotto imprecò in maniera piuttosto colorita quando i cocci di vetro caddero a terra.

Sapeva che non era un buon momento, però non voleva aspettare ancora. Rimase fermo qualche minuto, giusto il tempo per far svaporare l’ira della giovane, quindi si fece coraggio e si avvicinò. «Anna Bedder, dico bene?»

Lei lo trafisse con uno sguardo. «Chi lo vuole sapere?»

«Mi chiamo Emrad Al’Asah, vorrei entrare nella tua ciurma.»

Anna lo fissò ancora per qualche secondo, i suoi occhi neri in quelli marroni dell’uomo, quindi studiò il suo viso. Aveva dei tratti forti e decisi, sopracciglia molto chiare che quasi non si vedevano, un naso abbastanza grande e la mascella robusta. Era piuttosto alto, le braccia robuste erano messe in risalto dal gilet aperto sul davanti, così come il petto muscoloso e il collo taurino; aveva il capo rasato e gli aculei sugli avambracci dovevano essere stati tagliati con grande cura, esattamente come la barba. Per ultimo lanciò anche un rapido sguardo alla scimitarra che portava alla vita.

«Cosa ti fa pensare che dirò di sì?»

«Sono bravo a combattere, l’ho già fatto come mercenario su diverse navi pirata, e so utilizzare i cristalli magici. E sono anche un meccanico. Posso rendere la tua nave la migliore di tutti i mari.»

«La mia nave è già la migliore di tutti i mari.» ribatté Anna senza la minima esitazione.

Emrad non si scompose. «Allora la farò diventare di gran lunga la migliore di tutti i mari.»

Quelle parole riuscirono a dipingere un accenno di sorriso sulle labbra della giovane. «Ah sì? E come pensi di riuscirci?»

L’uomo si sedette al tavolo e si protese leggermente verso di lei. «Hai mai sentito parlare degli uomini del cielo

Anna si strinse nelle spalle. «Tutti hanno sentito parlare degli uomini del cielo. Esseri che vengono da posti sconosciuti e che si nascondono fra le persone normali. Una stupida leggenda.»

«Se ti dicessi che io sono un uomo del cielo?»

La giovane si protese verso di lui. «Penserei che tu mi vuoi prendere per il culo.»

«E invece è la verità. E te lo posso dimostrare. Costruirò un motore per la tua nave. Un motore che la renderà la più veloce di tutti i mari e che le permetterà di navigare anche in assenza di vento.»

«Posso già muovere la nave anche senza vento.»

Emrad non se ne stupì. «Ma ti costerà fatica. E non puoi farlo mentre dormi. Invece col mio motore potremmo navigare quanto ci pare, finché avremo carburante. E posso occuparmi anche dell’artiglieria.»

Anna si appoggiò allo schienale della sedia, rimuginando tra sé su quella proposta. Quel tipo sembrava interessante, e un esperto di armi le avrebbe fatto comodo. Dubitava che fosse davvero un uomo del cielo, però se fosse stato vero…

«D’accordo, sei nella mia ciurma. Vai al molo ovest e aspettami alla quinta passerella. La mia nave è una caravella nera con le vele nere e con la polena a forma di pantera.»

Emrad si alzò di scatto. «Sì, vado subito! Grazie Anna… emh, capitano!»

Lei annuì. «Ah, un’altra cosa.»

L’uomo si voltò.

«Portami un boccale di nedoh prima di andare.»


***


Emrad raggiunse il molo ovest e poi si mise a contare la passerelle. Dunque, Anna aveva detto che la sua nave era nera, con le vale nere e con una polena a forma di pantera… Non sarebbe stato difficile riconoscerla.

In breve raggiunse la passerella numero cinque, il numero scritto su un grosso sasso era sbiadito era ancora leggibile, però non c’era la nave. A ridosso della passerella c’erano un brigantino dalle vele a strisce bianche e rosse e una corvetta beige; vedeva anche un altro brigantino blu e nero e poi un galeone con la polena a forma di sirena, ma della nave di Anna nessuna traccia. Provò anche a controllare le passerelle vicine, ma non trovò nessuna caravella nera con le vele nere e la polena a forma di pantera. Che si fosse sbagliato? No, era sicuro che l’appuntamento fosse alla passerella cinque del molo ovest… Cosa doveva fare?

Era primo pomeriggio, e pensandoci non sapeva nemmeno l’ora dell’appuntamento. Probabilmente quella sera stessa, ma non poteva esserne assolutamente certo. Era così felice di essere stato accettato nella ciurma che non si era preoccupato di raccogliere tutte queste informazioni. Che idiota! Nemmeno fosse uno stupido moccioso!

Forse doveva tornare indietro per chiedere ad Anna di spiegarsi meglio. Doveva dirle che la nave non c’era. Ma lei gli aveva detto di aspettarlo lì, ne era certo, e non voleva fare una brutta figura già il primo giorno.

Tirò un calcio ad un pezzo di legno e quello cadde in mare con un docile plop. Avrebbe aspettato. Non aveva scelta. Sarebbe rimasto lì fino all’arrivo del suo capitano.


***


Era notte fonda. Il suo stomaco aveva smesso di contorcersi per la fame, ma cominciava a chiedersi se avesse fatto bene a sopportare fino a quel momento. Anna non si era ancora vista, e dentro di lui si stava affermando con forza il dubbio. Anzi i dubbi. Che avesse capito male? Che fosse nel posto sbagliato? Che fosse stato ingannato?

Guardò il cielo stellato. Su Horta, il suo pianeta natale, c’erano ben sette lune, su Marath invece non ce n’era nemmeno una. Non che facesse molta differenza. Aveva lasciato la sua terra per fuggire dalla guerra, ma non aveva avuto fortuna da nessuna parte. E così era andato su Marath. Molte persone ci andavano per lasciarsi alle spalle i problemi di un universo troppo caotico, e un pianeta ricco di magia come quello era perfetto per loro. Gli indigeni non avevano la minima idea di quanti alieni si nascondessero tra loro.

«Mi hai aspettato davvero.»

Emrad per poco non sobbalzò. Scattò in piedi, la mano sull’elsa della scimitarra, ma quando vide Anna rimase bloccato.

«La tua nave…» riuscì a dire dopo qualche secondo «non c’è.»

«La mia nave non è mica ormeggiata qui.» ribatté la giovane. «Vieni, ti faccio vedere dov’è.»

L’uomo rimase per un attimo imbambolato. Lo aveva preso in giro?!

«Ehi, aspetta! Perché mi hai detto di aspettare qui se la tua nave è da un’altra parte?»

«Per metterti alla prova.» rispose Anna senza scomporsi «Voglio che i miei uomini eseguano sempre i miei ordini. In ogni caso se fossi venuto a dirmi che la mia nave non c’era l’avrei considerato comunque come un fatto positivo.»

Emrad non riusciva a credere alle proprie orecchie. Era solo una prova. Una fottutissima prova. Beh, se non altro l’aveva superata.

«Hai già mangiato?» gli chiese Anna mentre camminavano lungo il molo.

«No.»

«Allora questo è per te.» affermò la giovane porgendogli un panino ripieno di verdura e pesce «Spero ti piaccia, se no possiamo andare a comprare qualcos’altro.»

«Questo va benissimo.» bofonchiò lui con la bocca piena.

La giovane si concesse un sorriso. Era bello avere un po’ di compagnia.

E poi finalmente raggiunsero la nave.

«Emrad, ti presento Tenebra.»

L’uomo osservò ammirato la polena a forma di pantera. Gli occhi erano verdi come smeraldi e sembrava sul punto di scagliarsi sulla sua preda con gli artigli ricurvi e le zanne aguzze. Era stata fatta in maniera davvero impeccabile.

«Hai dato un nome alla nave?» chiese poi, un po’ stranito.

Lei lo guardò, altrettanto stranita. «Certo!»

I due rimasero in silenzio a contemplare quella piccola caravella completamente nera. Perfino le corde avevano una sfumatura corvina.

Emrad non riusciva a credere che una singola persona fosse in grado di governare quella nave, per quanto di dimensioni ridotte.

«Vieni, ci conviene andare a riposare. Domani ci sarà da lavorare.»

«Vuoi già partire per qualche scorreria?»

«No.» Il bel viso di Anna venne oscurato da un nero sorriso. «Voglio conquistare una bandiera pirata.»

Emrad rimase bloccato, l’ultimo pezzo di panino a pochi centimetri dalla bocca. Secondo il Codice d’Onore dei Pirati era possibile conquistare la bandiera di un’altra ciurma solo dopo averla completamente annientata.

«Non fare quella faccia, hai detto di saper combattere.» gli fece notare Anna salendo la scala di corda della sua nave. Saltò il parapetto e poi lo guardò dal ponte. «Domani scopriremo se hai detto il vero.»

Emrad rimase fermo ancora qualche istante, quindi addentò l’ultimo boccone e cominciò a salire la scala di corda. Se il suo capitano voleva combattere, allora avrebbe combattuto. E le avrebbe dimostrato di cosa era capace.


***


La mattina dopo la caravella di Anna lasciò il molo e si avventurò lentamente verso il mare aperto.

Emrad stentava a credere ai propri occhi. La ragazza era seduta davanti al timone e la nave stava procedendo con calma senza alcuna guida apparente. Le vele color della pece si erano spiegate da sole, le corde corvine si muovevano come serpenti dotati di vita propria, e perfino il timone stesso stava mantenendo la rotta senza bisogno di mani a controllarlo. Sicuramente era merito della Black Soul della giovane.

«Vai sull’albero maestro e tieni d’occhio i dintorni.» gli ordinò Anna «Avvisami quando avremo compagnia.»

L’uomo non se lo fece ripetere e salì agilmente la scala a pioli che conduceva alla postazione di vedetta. Da lì poteva vedere perfettamente in tutte le direzioni e non avrebbe avuto difficoltà ad individuare eventuali navi nemiche.

Per una ventina di minuti non vide niente di particolarmente interessante, solo un paio di navi che si allontanavano da Abandon in direzione opposta alla loro, poi eccola. Una possente imbarcazione che faceva rotta proprio contro di loro.

«Una nave si avvicina!» esclamò con voce potente «È un galeone dalle vele nere e rosse!»

«La bandiera?»

Emrad prese il cannocchiale che aveva con sé e controllò. «Un teschio con dietro un vulcano, credo.»

Anna sorrise. «D’accordo, adesso puoi scendere.»

L’uomo tornò sul ponte e le porse il cannocchiale. «Vuoi vedere anche tu?»

Lei si alzò e andò vicino al parapetto per osservare a sua volta la bandiera del galeone. «Sì, sono proprio loro. Metti via il cannocchiale e poi torna qui. Ci sarà da divertirsi…»

Emrad fece come ordinato e, mentre andava a riporre l’oggetto sottocoperta, vide che le vele nere si stavano ammainando da sole. Dunque Anna era proprio decisa ad affrontarli.

«Intendi combattere qui?» gli chiese una volta portato a termine il suo compito.

«Ovviamente no.» Gli rivolse uno sguardo eloquente. «Non voglio che Tenebra si rovini.»

Detto ciò salì sul parapetto e si lasciò cadere in mare. Incredulo, Emrad si sporse subito per capire cos’avesse in mente. Mai avrebbe potuto immaginare ciò che aveva davanti: Anna era in piedi sull’acqua e ondeggiava insieme alle onde, come se si trovasse su una superficie solida come terra, solo in movimento.

La giovane sollevò il capo verso di lui. «Che fai lì impalato?! Salta giù!»

L’uomo, sempre meno convinto, scavalcò il parapetto. Aveva forse scelta?

Saltò, le mani protese in avanti e le gambe leggermente piegate per attutire… l’urto? Anche provandolo in prima persona gli sembrava incredibile. Era proprio come camminare sulla terraferma… solo che non era ferma.

«Muoviti, non voglio che Tenebra sia colpita da una cannonata.»

«L’affetto che nutri verso la tua nave è ammirevole, ma se ci colpiscono a noi?»

Anna non si scompose e continuò a camminare. «Non succederà.»

E in effetti fu proprio così. Probabilmente i pirati dell’altra nave erano increduli quanto Emrad, e per questo non osarono sparare una singola palla di cannone verso di loro.

Una volta di fronte al galeone, una sorta di nebbia nera avvolse le gambe di Anna e del suo compagno, spingendoli verso l’alto, sul ponte della nave nemica. Almeno un centinaio di uomini li stavano aspettando, le armi già in pugno.

«Davvero un bello spettacolino il tuo, te lo concedo.» Era stato il capitano del galeone a parlare, lo stesso uomo barbuto che aveva cercato di reclutare Anna il giorno prima. «Hai forse cambiato idea?»

La giovane lo ignorò e si voltò verso Emrad. «Se ne uccidi più di cinquanta, ti nominerò vicecapitano.»

L’uomo sguainò la sua scimitarra. «Vicecapitano in una ciurma di due?»

«Preferisci il mozzo?»

Emrad ruotò la sua arma. «Il vicecapitano va bene.»

«Uomini, mostrate a questi due cosa succede a chi si prende gioco di noi!» esclamò il capitano barbuto, per niente entusiasta di essere stato ignorato.

La ciurma rispose con un grido unanime e tutti quanti si gettarono all’attacco. Anna respinse il primo gruppo con un’onda d’urto, poi però Emrad dovette dare fondo a tutta la sua esperienza non lasciarci la pelle.

Un fendente dall’alto, un colpo laterale, una parata, un altro fendente. I cadaveri si moltiplicavano in fratta intorno a lui, ma non poteva abbassare la guardia.

Uccidere cinquanta uomini era tanto anche per lui. Ma questo voleva dire che Anna ne avrebbe fatti fuori almeno altrettanti, più il capitano nemico probabilmente. Sarebbe stato un vero massacro…


***


E un massacro fu. Il mare intorno al galeone era tinto di rosso ed Emrad non aveva bisogno di sporgersi per sapere che un banco di pesci affamati si era radunato sotto la nave, attirato dall’odore del sangue. In realtà più della metà dei Pirati del Vulcano erano fuggiti quando avevano capito di non poter vincere, ciononostante poteva dire di averne fatti fuori almeno una trentina.

«Capitano, ho finito.»

Anna gli aveva dato l’ordine di prendere dalla stiva del galeone tutto ciò che poteva essere rivenduto, e così aveva fatto.

La giovane intanto era ancora in piedi di fronte all’altro capitano, quest’ultimo in ginocchio, sconfitto. Quel tipo possedeva la Lava Soul quindi era in grado di controllare a piacimento la lava, ciononostante era stato completamente surclassato dalla Black Soul di Anna.

Emrad si era sempre considerato un tipo coraggioso ­­­– non così coraggioso da sfociare nella stupidità, ma comunque abbastanza da affrontare a viso aperto i propri nemici – quella giovane però gli faceva davvero paura.

«Vuoi uccidermi…?» esalò il barbuto con voce bassa «Come hai fatto con la mia ciurma…?»

Anna lo guardò sorridendo. Un sorriso dolce e sadico al tempo stesso. «Se avessi voluto, l’avrei già fatto. Tu vivrai. E dirai a tutti quello che ho fatto. Quello che i pirati Bandiera Nera hanno fatto. Questo è ciò che succede a chi si mette contro di noi.»

Sollevò la mano e una zampa di energia corvina scaturì dal suo palmo, si allungò verso l’alto, afferrò il vessillo degli sconfitti e lo strappò via con forza.

«E questa bandiera si unirà alla mia collezione.»

Gli voltò le spalle e si avvicinò al parapetto del galeone, lo stesso fece Emrad. Tenebra li aveva raggiunti subito dopo la fine dello scontro, quasi come un animale fedele che farebbe di tutto per il proprio padrone.

I due salirono sulla loro caravella e questa si allontanò tranquilla, cavalcando il vento con fare nobile ed elegante, proprio come una pantera.

Anna si ritirò sottocoperta, probabilmente per andare a riporre la bandiera col teschio e il vulcano che aveva appena conquistato, Emrad invece sollevò lo sguardo per osservare la loro bandiera. Era completamente nera, senza scritte, simboli o disegni. I pirati Bandiera Nera. Un nome azzeccato per la ciurma di colei che possedeva la Black Soul.

Per quel che ne sapeva, in tutto l’universo esistevano appena due o tre persone dotate di Coloured Soul, e Anna Bedder era una di queste. Un potere tanto raro quanto devastante.

«Capitano, dove siamo diretti?»

La giovane andò a sedersi davanti al timone e incrociò le gambe su quest’ultimo. «Ad assaltare qualche altra nave. Ci serviranno parecchi soldi per costruire il motore di cui mi hai parlato, vicecapitano.»



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[1] La sigla d.s. indica la datazione spaziale (detta anche datazione standard). L’anno spaziale ha una durata di circa 1,12 anni terrestri e si divide in 10 mesi chiamati “deche”.
Le età vengono comunque indicate secondo la durata dell’anno terrestre.

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Capitolo 2
*** Francis ***


Francis

Data: 4117 d.s., quarta deca
Luogo: pianeta Marath, sistema Essud

Tenebra si avvicinò con tutta calma al molo, le vele nere si ammainarono e una robusta corda color della pece serpeggiò verso la bitta libera più vicina per completare la manovra di ormeggio.

Emrad fu il primo a scendere: non attese nemmeno di srotolare la scala di corda, ma saltò direttamente sul molo, arrancò per alcuni passi e poi si lasciò cadere sul legno umido e sporco. «Anna, tu sei completamente pazza!»

La piratessa saltò a sua volta dal parapetto e atterrò elegantemente di fronte a lui. «Siamo vivi e Tenebra non ha subito danni, è questo che conta, no?»

«È stata una follia affrontare tutte quelle navi della marina.» affermò l’uomo in tono cupo «La prossima volta non saremo così fortunati…»

«Non è stata la fortuna a salvarci.» ribatté la giovane aggiustandosi il cappello nero «Sono stata io.»

Emrad fece un verso di stizza, sulle sue labbra però c’era un sorriso sincero. Non era facile avere a che fare con un capitano come Anna Bedder, nonostante questo era felice di fare parte della sua ciurma.

«Andiamo, siamo in ritardo.»

L’uomo si rimise in piedi e si accodò alla ragazza. Erano passati tre mesi da quando si era unito ai pirati Bandiera Nera e a volte credeva di conoscere Anna da sempre, altre invece gli sembrava di non sapere nulla di lei. Era una persona parecchio strana: sapeva essere un capitano sanguinario e un guerriero inarrestabile, di tanto in tanto però emergeva anche un lato dolce e infantile del tutto comprensibile per una ragazza della sua età.

Mentre camminavano per le vie della città di Abandon, notò diversi sguardi che gli altri pirati riservavano a lui e al suo capitano. In realtà soprattutto al suo capitano. Non che la cosa lo stupisse: in quei due mesi avevano fatto un paio di imprese piuttosto eclatanti ed erano riusciti a fuggire per ben quattro volte alle navi della marina, col risultato che la taglia sulla testa di Anna aveva subito un’ulteriore impennata. Si sentiva quasi offeso a pensare che la sua valeva meno di un decimo di quella della ragazza.

Purtroppo non erano ancora riusciti a mettere da parte abbastanza soldi per poter comprare tutti i pezzi necessari a costruire il motore che aveva in mente, in compenso Anna aveva accettato di buon grado la sua richiesta di acquistare una coppia di robuste protezioni per gli avambracci. A vederle sembravano solo due comode difese in cuoio rinforzato, in realtà però nascondevano nella parte interna diversi cristalli magici che all’occorrenza gli avrebbero permesso di scagliare incantesimi o di sfruttare magie curative. Un comodo espediente che gli aveva già salvato la vita in un paio di situazioni.

Raggiunsero la taverna Il Kraken e, come la volta precedente, presero un boccale di nedoh a testa prima di salire sulla balconata. Anche lì la puzza non mancava, però almeno il rumore non era così forte da ostacolare le conversazioni.

Non dovettero attendere molto per vedere arrivare il primo pretendente. Era un uomo giovane, dal fisico prestante e il viso attraente, con lo sguardo fiero e il sorriso ammaliante, Emrad però lo degnò appena di un’occhiata: la prostituta che era con lui era davvero molto carina e la scollatura le arrivava quasi all’ombelico.

«Sei tu Anna “Bandiera Nera” Bedder?» domandò il nuovo arrivato con un luminoso sorriso. Probabilmente era l’unico cliente di tutta la taverna che non aveva i denti ammuffiti.

«Sono io.» confermò la piratessa prima di prendere un altro sorso dal suo boccale. Il suo tono era freddo e distaccato: se il fascino di quel tipo l’aveva colpita, di certo non lo dava a vedere.

«Il mio nome è Francisco, Francisco Basil.» Le sorrise di nuovo. «Ma tu puoi chiamarmi Isco…»

«E vorresti entrare nella mia ciurma, Isco

«Esattamente. Sono sicuro che insieme potremo fare grandi cose.» Le fece l’occhiolino e le mostrò ancora una volta la dentatura perfetta.

Emrad era già stufo di lui e del suo atteggiamento, così si scolò l’ultimo sorso di nedoh e si alzò.

«C’è qualcosa che sai fare?» domandò Anna con fare tagliente.

Le labbra del giovane si distesero in un’espressione eloquente. «Ci sono molte cose che so fare…»

La prostituta che era con lui non riuscì a trattenere un risolino e gli si appiccò ancora di più.

Anna contrasse lievemente le labbra e poi anche lei mandò giù gli ultimi sorsi della sua bibita. A quel punto Emrad non poté che compatire il giovane: aveva impiegato un mese per capire che quello voleva dire che il suo capitano si stava per arrabbiare, e quando il suo capitano si arrabbiava c’era il serio rischio di rimetterci qualche osso, se ti andava bene.

«Allora? Sono dentro?» chiese il pretendente con quella sua aria da dongiovanni.

La ragazza lo trafisse con uno sguardo fin troppo eloquente. «Sorridi ancora in quel modo e ti spacco i denti.»

Il giovane non poté fare a meno di schiudere le labbra con aria divertita. «Quale modo?»

Emrad scosse il capo. Addio al suo bel sorriso…

Il pugno di Anna fu talmente rapido che il giovane non lo vide nemmeno arrivare. Si udì un colpo, poi il disperato grido di dolore dell’uomo che crollava a terra. La prostituta urlò spaventata e corse via, appena in tempo per non vedere il suo cliente che sputava una mezza dozzina di denti insanguinati.

«Anna…»

La ragazza si voltò verso il suo vicecapitano e probabilmente quella distrazione salvò il giovane, che senza sorridere arrancò via.

 I due pirati Bandiera Nera rimasero fermi a fissarsi per alcuni lunghi secondi, poi il capitano se ne tornò a sedersi.

«Non l’avrei ucciso, se è questo che ti preoccupava.»

«Secondo il Codice è anche vietato scatenare risse nei locali.»

«Spaccare la faccia a qualcuno non è scatenare una rissa.» obiettò lei dopo aver raccolto il cappello da terra.

Emrad fece un verso di stizza. A volte Anna riusciva a sorprenderlo anche in senso negativo. «Vado a prendere dell’altro nedoh. Ne vuoi?»

Lei fece di sì con la testa mentre dava qualche pacca al suo copricapo per cercare di levare lo sporco.

Altri pirati si offrirono di entrare nella ciurma dopo il giovane, però non ebbero maggiore fortuna e tutti quanti vennero allontanati in modo più o meno gentile.

«Se ti annoi, puoi anche andare a cercarti qualche prostituta.» disse ad un tratto Anna «Quella di prima mi sembra che ti piaceva. Non ci trovo nulla di male, se è questo il problema.»

Emrad rimase senza parole. Non sapeva bene cosa rispondere: non si era mai trovato ad affrontare un simile argomento con il suo capitano, ma nemmeno con una qualsiasi altra donna in realtà.

«Ti conviene sbrigarti, perché tra un po’ potrei cambiare idea e decidere di farti fare qualcosa di molto meno piacevole.»

L’uomo sollevò le mani e si alzò. L’ultima volta che Anna aveva usato le parole “qualcosa di molto meno piacevole”, si era trovato a combattere all’ultimo sangue contro un altro pirata in una gabbia a bordo di un galeone. Aveva vinto, tuttavia in quei momenti il pensiero di lasciare i pirati Bandiera Nera era stato parecchio forte. Alla fine però aveva deciso di restare: far parte di quella ciurma era qualcosa di unico, e in seconda battuta non aveva intenzione di ricominciare daccapo la ricerca di una nave su cui lavorare. In ogni caso non voleva ripetere l’esperienza, soprattutto se l’alternativa era passare un po’ di tempo con quell’affascinante fanciulla di prima…

Una volta sola, Anna prese il boccale ancora pieno per un terzo del suo vicecapitano e lo versò nel proprio. Sperava di aver fatto la cosa giusta a mandarlo via. La verità era che non sapeva mai bene come comportarsi con Emrad: aveva sempre paura di sembrare troppo debole o troppo autoritaria, e alla fine il suo orgoglio la spingeva ad essere ancora più autoritaria.

Ad essere sinceri, non era mai stata brava a relazionarsi con le persone. L’essere nata con la Black Soul le aveva spalancato qualsiasi porta, però l’aveva anche trasformata in una specie di mostro da temere o usare.

Lei ci teneva a lui. Nonostante tutto Emrad continuava a seguirla e a supportarla, quindi non voleva rischiare di perderlo. Era quanto di più simile ad un amico avesse avuto negli ultimi anni.

«Mi scusi, è lei Anna Bedder?»

Quelle parole distrassero la ragazza dai suoi pensieri, inducendola a sollevare il capo. Sebbene cercasse di non darlo a vedere, era piuttosto curiosa: era la prima volta in assoluto che qualcuno si rivolgeva a lei con tutta quella formalità. Si trattava di un vecchio hystricide dalla pelle bruna, non era molto alto e i capelli avevano perso la loro rigidità, quindi li teneva dignitosamente pettinati all’indietro. La barba era un po’ incolta, gli aculei sugli avambracci invece erano stati tagliati con cura. Il fisico smilzo lo escludeva dalla categoria dei guerrieri, in compenso il suo sguardo racchiudeva un’esperienza decennale. Probabilmente era un veterano della pirateria.

«Sono Francis Shoun, ho letto che sta cercando degli uomini, quindi mi vorrei proporre come navigatore. Le ho anche portato questa.»

Rovistò un attimo nel suo tascapane e poi ne tirò fuori un rotolo di carta ingiallita che spiegò di fronte alla ragazza. Era una mappa e indicava la posizione di qualcosa.

«Questo è il luogo dove il capitano Winzer ha nascosto il suo tesoro. Purtroppo la sua nave è stata affondata e lui è morto con tutti i suoi uomini, quindi nessuno sa dove si trovi. Ovviamente con questa mappa lo posso ritrovare.»

«E come fai ad averla?»

Il vecchio incurvò le labbra in un sorriso velato di nostalgia. «Sono stato anch’io un capitano, tanti anni fa. Diciamo che ho i miei contatti.»

Anna si lasciò cadere sullo schienale con fare pensieroso. Non era del tutto certa che quel vecchio potesse tornarle utile, però con i soldi ricavati dal tesoro, magari Emrad avrebbe potuto realizzare il motore per Tenebra. «D’accordo, domani salperemo per quell’isola; se troveremo il tesoro, sarai dei nostri. Ti sta bene?»

Francis chinò leggermente il capo. «Certo. La ringrazio per la sua fiducia.»

La ragazza gli elencò le caratteristiche distintive della sua nave, quindi lo indirizzò ad un molo sbagliato come aveva fatto con Emrad. Il vecchio pirata annuì nuovamente, ripose la mappa nel suo tascapane e si avviò.

Anna rimase al suo posto e continuò a sorseggiare il suo alcolico, in attesa di ulteriori pretendenti. Tutto sommato un navigatore le avrebbe fatto comodo: lei con i suoi poteri poteva fare molte cose, ma non ciò che non conosceva. Il sigillo del poliglotta ad esempio, realizzato per essere in grado di comunicare anche con chi parla lingue diverse, aveva dovuto farselo fare da un mago specializzato. La sua Black Soul aveva dei limiti esattamente come tutte le altre Soul, questa però era un’informazione che avrebbe difeso anche sotto tortura: conservare la sua aura di onnipotenza era una delle cose a cui dava maggiore importanza.

Circa venti minuti dopo, Francis ricomparve all’interno del Kraken. «Mi spiace, sono andato alla decima passerella del molo sud, ma non trovato nessuna nave nera con la polena a forma di pantera.»

La ragazza sorrise. «Non ho mai detto che la mia nave era ormeggiata lì.»

«Quindi era un test?»

Anna fece di sì con la testa. «Apprezzo che tu sia venuto fin qui ad avvisarmi. Se vuoi puoi sederti e aspettare con me, tanto devo restare qui fino a stasera. Salperemo comunque domattina.»

«Credo che accetterò la sua offerta.» annuì il vecchio pirata sedendosi sulla sedia lasciata libera da Emrad.

Il silenzio tra i due divenne presto abbastanza pesante, al punto che Anna decise di dire qualcosa per riscaldare l’atmosfera: «Hai detto che eri un capitano. Che genere di capitano?»

Francis si strinse nelle spalle. «Uno di quelli che non ha mai guadagnato un briciolo di fama.»

«E come mai?»

«Io non sono nato con i poteri e non sono mai stato un guerriero particolarmente abile. Sono diventato capitano perché me la cavavo bene con la navigazione e sapevo prendere le decisioni giuste al momento giusto. Anche la mia ciurma non era niente di speciale.» Parlava con una leggera malinconia, ma senza amarezza: non avevano ottenuto gloria, però doveva aver vissuto molte avventure con i suoi uomini.

«E perché hai deciso di unirti alla mia ciurma?»

«Beh, perché lei, con i suoi poteri, ha le potenzialità per affermarsi come uno dei più grandi capitani della Storia.» Le lanciò uno sguardo significativo. «Lo so che sembra stupido, però se lei ci riuscisse con il mio aiuto, mi sentirei… appagato.»

Anna mandò giù l’ultimo sorso di nedoh. «E così vuoi farmi diventare uno dei più grandi capitani della Storia, eh… Sai che ti dico? Mi piace come idea! Per riuscirci però dovremo fare parecchia strada.»

Il vecchio incurvò leggermente le labbra: «Conosco delle rotte favorevoli.»

La sua pronta risposta strappò un sorriso anche alla ragazza. «Toglimi una curiosità: sei davvero sicuro che quella mappa ci porterà al tesoro?»

Francis fece schioccare la lingua, lo sguardo velato da un leggero dubbio. «Le coordinate sono giuste, di questo sono sicuro, l’unica cosa che temo è che qualcuno lo abbia già preso.»

«Se salpiamo domani, quando arriveremo?»

«Se le condizioni sono favorevoli, dovremmo arrivare entro tre giorni.»

«Allora fra tre giorni sapremo se il tesoro è ancora lì.»


***


Come da programma, la mattina seguente salparono di buon’ora e cominciarono la traversata verso l’isola del tesoro. Dopo Francis non si era presentato nessun altro valido pretendente, così la ciurma si era stabilizzata sui tre elementi.

«Allora, come procedono i lavori?» domandò Anna.

«Ho quasi finito di fissarlo.» annunciò Emrad, intento ad assicurare un congegno magico nella cabina dedicata allo studio delle rotte, situata nel cassero di poppa a fianco di quella di Anna.

Era stato proprio Francis ad indicare il negozio dove trovare un simile strumento e, grazie ad esso, avrebbero potuto sapere in qualsiasi momento la distanza che c’era tra la loro posizione attuale, una posizione arbitraria impostabile in qualsiasi momento e una terza posizione fissa, nel loro caso l’isola di Abandon. Era un congegno piuttosto raro e costoso, non erano molti gli alchimisti capaci di realizzarlo, però grazie ad esso era sempre possibile sapere le loro coordinate anche in condizioni sfavorevoli e con un margine di errore minimo.

«Ok, ho finito.» annunciò il vicecapitano alzandosi per contemplare i risultati del proprio lavoro.

Anna sorrise soddisfatta e poi tornò sopraccoperta. Quel rilevatore era una miglioria non indifferente per la sua amata Tenebra, tanto che aveva già deciso di mantenere Francis nella ciurma anche se il nascondiglio del tesoro si fosse rilevato una delusione: avere al suo fianco un ex capitano con la sua esperienza era qualcosa che non avrebbe potuto comprare nemmeno con tutto l’oro del mondo.

Il giorno seguente, il vecchio diede ulteriore prova delle sue conoscenze avvisandoli per tempo di un’imminente tempesta, il che permise loro di raggiungere la meta senza incontrate particolari complicazioni.

Francis era un tipo silenzioso e abbastanza riservato, però, quando sbarcarono sulla spiaggia del tesoro, nei suoi occhi brillava una luce di speranza sincera, quasi infantile.

«Venite, dovrebbe essere da questa parte.»

Gli altri due pirati lo seguirono attraverso la foresta, ben presto però Emrad dovette prendere la testa del gruppo per fare strada a colpi di scimitarra. Avanzarono così per una quarantina di metri abbondanti, addentrandosi sempre più nella fitta vegetazione, poi di colpo si trovarono davanti ad una conformazione rocciosa.

«Credo che ci siamo.» annunciò Francis consultando le informazioni sulla mappa «L’ingresso dovrebbe essere qui da qualche parte.»

Cominciarono ad aggirare la parete grigia e irregolare, fino a quando il vecchio non diede l’ordine di fermarsi. «L’ingresso è dietro questo masso, ne sono quasi certo, dobbiamo solo riuscire a spostarlo.»

A parole sembrava facile, però il pezzo di roccia era alto almeno tre metri, largo altrettanto e profondo quasi un metro. Senza la magia era impossibile muoverlo.

Anna fece un passo avanti. «Lasciate fare a me.»

Allungò un braccio verso il grosso masso e delle esalazioni nere si sollevarono dal suo corpo, protendendosi in avanti silenziose come fumo. Alla ragazza bastò un cenno della mano e il potere della sua Black Soul sollevò il pesantissimo blocco di pietra, scagliandolo via come fosse un fastidioso sassolino.

Francis, che aveva solo sentito parlare degli straordinari poteri della giovane, non riuscì a nascondere la proprio sorpresa.

Anna avanzò di qualche passo nella caverna che aveva appena rivelato e incrociò le braccia. «Uomini, direi che abbiamo fatto centro.»

Emrad osservò con ammirazione i numerosi sacchi disposti a ridosso delle pareti, quindi si inginocchiò davanti al forziere di circa ottanta centimetri per quaranta posto al centro della piccola grotta. Era chiuso da un grosso lucchetto, tuttavia bastò un cenno del capitano per farlo saltare via.

L’uomo sollevò il coperchio di legno scuro e di colpo rimase senza parole. Era piena di monete d’oro, gioielli e pietre preziose.

Francis si avvicinò per vedere meglio e anche il suo viso si illuminò di gioia: il tesoro del capitano Winzer era davanti ai suoi occhi.

Anna sorrise con fare soddisfatto. «Emrad, dici che basteranno per costruire il motore per Tenebra?»

Lui mosse il capo, visibilmente estasiato. «Direi proprio di sì, capitano…»


***


L’alto ufficiale della marina si aggiustò gli occhiali e lesse distrattamente il foglio che aveva davanti. La carica di governatore gli assicurava molti privilegi, su tutti una lussuosa villa in cui abitare, però aveva anche dei risvolti piuttosto noiosi, ad esempio l’obbligo di inviare un rapporto mensile ai suoi superiori. E pensare che, con ogni probabilità, non sarebbe nemmeno stato letto.

D’un tratto qualcuno bussò alla porta.

«Avanti.»

Un giovane ufficiale aprì il portone dell’ampio studio e si mise sull’attenti. «Contrammiraglio, c’è un uomo che desidera parlare con lei. Dice di essere il capitano Parsifal Match, dei Pirati del Vulcano.»

L’ufficiale si tolse gli occhiali. «Avete già controllato se dice il vero?»

«Sissignore. Possiede il potere della Lava Soul, non ci sono dubbi.»

Il contrammiraglio celò con maestria il proprio nervosismo. «Ha per caso detto cosa vuole?»

«Mi spiace, ha detto solo che desidera parlare con lei. In ogni caso abbiamo già provveduto a sigillare i suoi poteri con un collare anti-magia. Non ha nemmeno opposto resistenza.»

La notizia sorprese non poco l’uomo seduto alla scrivania. Cos’aveva in mente questo Parsifal Match?

«Fatelo passare.»

«Sissignore.»

Il giovane lasciò l’ufficio e dopo meno di mezzo minuto tornò in compagnia dell’inaspettato ospite. Il capitano dei Pirati del Vulcano era un uomo abbastanza alto e robusto, indossava un ampio soprabito e la barba bruna era folta anche se non molto lunga. In spalla aveva una sacca lercia quanto i suoi vestiti e quattro marine lo seguivano come ombre per essere sicuri che non causasse problemi.

«È lei la persona più alta in grado qui?» chiese Parsifal con voce ferma.

«Sono io, contrammiraglio Steward Tarther. Cosa l’ha spinta a venire fin qui?»

«Voglio servire la marina come corsaro.» Abbassò la sacca e la aprì. «Questi li può considerare una prova delle mie motivazioni.» E rovesciò il contenuto sul pavimento dello studio. Si trattava di tre teste, tutte quante con i capelli bruciacchiati, così come ciò che restava dei colli. Era come se i loro corpi fossero stati ridotti in cenere.

L’ufficiale non riuscì a reprimere un’espressione di disgusto. La vista era raccapricciante, ma l’odore era anche peggio. Per fortuna riuscì a trattenere il conato di vomito, in ogni caso si portò il suo fazzoletto di seta bianca sul naso. «E cosa l’ha spinta a prendere questa decisione?»

Una scintilla di odio puro sfavillò negli occhi del capitano barbuto. «Vendetta.»

Il contrammiraglio Tarther non avrebbe voluto prolungare quella conversazione, ma la domanda uscì senza che se ne rendesse conto: «Contro chi?»

Parsifal serrò i pugni. «I pirati Bandiera Nera.»



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Capitolo 3
*** Arïth ***


Arïth

Data: 4117 d.s., sesta deca
 

I tre mercenari si misero schiena contro schiena per coprirsi a vicenda. Si trattava di bastiodonti – massicce creature alte tre metri e mezzo con delle corna da ariete ai lati del capo – e tutti e tre reggevano dei fucili mitragliatori di grosso calibro. Un loro compagno era steso a terra poco distante, privo di sensi, mentre il quinto era chissà dove nella vicina foresta, probabilmente anche lui fuori gioco.

Un movimento del terreno li mise in allerta. Dal suolo si sollevò una creatura di terra, pronta a colpirli, ma uno di loro la distrusse con la sua potente arma da fuoco. Neanche il tempo di respirare che qualcosa sfrecciò al loro fianco, scatenando un torrente di fiamme. Due bastiodonti fecero per voltarsi, ma il loro aggressore era già fuggito, sostituito da una sagoma avvolta da esalazioni nere. Il braccio del nuovo nemico si allungò in un tetro tentacolo che li investì tutti e tre insieme, scaraventandoli a terra nonostante il loro notevole peso.

Il capo del gruppo riuscì a non perdere lucidità e, steso a terra, fece fuoco contro il nero aggressore, i proiettili però non furono abbastanza rapidi: dal nulla era apparsa una spessa barriera di metallo scurissimo, e i colpi la deformarono senza però riuscire a perforarla.

Con un’imprecazione gettò a terra l’arma e balzò in avanti. Era sorprendentemente veloce per uno della sua stazza: in un attimo aggirò lo scudo e respinse un pugno di energia corvina. La sua avversaria, una ragazza con indosso una camicia nera mezza sbottonata, spiccò un balzo e gli rifilò una ginocchiata al mento. Lui non demorse, le afferrò la gamba e la scaraventò a terra. Era alto il doppio di lei e pesava il decuplo, non poteva farsi sconfiggere!

«Avanti! In piedi!» tuonò verso i suoi compagni per dare loro coraggio.

I due bastiodonti ancora coscienti provarono a rialzarsi, ma degli strani serpenti si avvolsero intorno ai loro corpi come robuste corde, bloccando loro i movimenti. Il capo del gruppo dovette stare attento a non farsi legare a sua volta, allo stesso tempo deviò un colpo a sorpresa della sua avversaria. Le tirò un pugno al viso, ma lei restò in piedi. Quella ragazza aveva davvero una forza straordinaria; se non fosse che era un potere quasi leggendario, avrebbe pensato che possedesse una Volontà.

Qualcosa lo centrò alla testa, un colpo che sembrava una cannonata da tanto fu violento. Vacillò un attimo. Bastò quell’istante e la sua avversaria gli scatenò dal basso un pugno di energia dritto sul mento, facendolo saltare di almeno un metro. Ricadde a terra con un tonfo fragoroso e non si mosse.

Anna si asciugò il rivolo di sangue che le scendeva dal labbro ed evocò ancora una volta i suoi lugubri poteri, decisa a togliere di mezzo quei mercenari. Stava per colpire, ma all’ultimo le tornarono alla mente le parole di Emrad: “Anna, non esagerare, non è colpa loro se siamo qua.”

Strinse i denti e serrò i pugni. Le esalazioni corvine si attenuarono leggermente, ma così non fu per la sua ira. Quanto è successo l’aveva fatta infuriare come poche volte le era capitato, in ogni caso il suo compagno aveva ragione: non erano loro i responsabili…

Emrad roteò con forza la sua scimitarra, deviò due lame nemiche e poi abbatté la propria contro l’uomo che aveva davanti. Il malcapitato lanciò un urlo di dolore e crollò sul ponte della nave, seguito poco dopo dai suoi due colleghi.

Una sfera magica colpì il pirata, scagliandolo a terra, lui però strinse i denti e pronunciò un incantesimo curativo. I cristalli nascosti nelle protezioni degli avambracci si attivarono e gli restituirono vigore, permettendogli di schivare il successivo attacco. Scagliò a sua volta un incantesimo offensivo contro il mago che l’aveva attaccato, quindi si voltò alla sua sinistra. C’era una mezza dozzina di altri guerrieri pronti ad affrontarlo.

Lui si scrocchiò il collo e sorrise. «Sentiamo, chi vuole essere il primo?»

I sei si lanciarono in avanti, ma qualcosa li investì all’improvviso: un’onda nera, forte come uno tsunami, che li scaraventò fuoribordo, fracassando il parapetto e graffiando il legno del ponte.

Emrad si voltò e vide il suo capitano che sollevava altri quattro uomini con dei tentacoli dotati di mani artigliate e li scaraventava in mare.

«Bene, direi che erano gli ultimi.» sentenziò Anna guardandosi intorno.

Il ponte della grossa nave, una vecchia fregata a tre alberi della marina, era costellato di macchie di sangue, e qua e là erano abbandonati i corpi degli sconfitti. La maggior parte era ancora viva, almeno per il momento, e lo stesso valeva per il capitano. Era la terza volta che combattevano contro Parsifal Match, l’ormai ex capitano dei Pirati del Vulcano che aveva deciso di diventare un corsaro solo per vendicarsi di loro, e per la terza volta avevano vinto.

«È stato divertente combattere con voi.» gli disse Anna con quel suo tono di compiaciuta superiorità «Quando avrete voglia di essere di nuovo presi a calci, tornate a trovarci.»

L’uomo barbuto le lanciò uno sguardo assassino, ma la sua volontà omicida non poteva essere trasformato in un’azione efficace contro un’avversaria come quella.

Vide i pirati Bandiera Nera che saltavano già dal parapetto della nave e non poté fare nulla per impedirglielo. Ancora una volta aveva avuto prova che, nonostante la sua abilità di controllare la lava, lui era del tutto impotente contro la Volontà Nera di Anna Bedder.

D’un tratto la sua attenzione venne catturata da un’arma. Si trattava del fucile magico di uno dei suoi uomini, pensato per poter sparare sia sfere di energia che proiettili di vario tipo. Ricordava che il proprietario aveva elogiato molto quell’arma e le varie munizioni che aveva, quindi si era già fatto una mezza idea di come potesse funzionare.

Il corsaro gli si avvicinò e prese il fucile, dopodiché inserì il caricatore dei dardi avvelenati. Non avrebbe permesso a quei due di andarsene indenni per la terza volta!

A fatica raggiunse il parapetto e appoggiò l’arma sul legno per cercare di stabilizzare il tiro. La nave nera dei suoi nemici non era molto distante, però presto si sarebbe allontanata. Doveva sbrigarsi!

Non aveva mai sparato, però sentiva che non avrebbe sbagliato. La sua determinazione era troppo forte! Inquadrò nel mirino la figura in nero della sua nemica e subito affondò sul grilletto. La carica magica esplose, scagliando con forza il dardo fuori dalla canna. Sparò ancora, e ancora, svuotando il caricatore nella speranza che almeno un colpo andasse a segno.

Prima che se ne rendesse conto, il suo dito stava già premendo a vuoto.

Di nuovo presente a se stesso, controllò se aveva fatto centro. Maledizione! Perché non riusciva a ucciderla?! Ma poi vide la giovane che si voltava, uno sguardo furente dipinto sul viso. E allora capì: aveva mancato lei, però un dardo era riuscito a centrare un vecchio pellebruna che prima non aveva notato. Non aveva idea di chi fosse, ma era felice di essere riuscito a colpirlo: ferendo lui, era riuscito a ferire anche Anna Bedder.

Lasciò andare il fucile e scoprì il polso sinistro, doveva aveva un oggetto simile ad un orologio, ma con una bussola al posto del quadrante per le ore. Ruotò la corona e poi premette il piccolo pulsante posto nella parte inferiore. Bastarono pochi istanti e la sua fregata si risvegliò: spiegò le vele e cominciò ad allontanarsi dalla nave dei pirati Bandiera Nera, acquisendo in fretta velocità. Quella ragazzina non era certo la sola a possedere una nave incantata…

Vedere Francis che veniva colpito e si accasciava a terra, era stato per Anna come ricevere una stilettata al cuore. Avrebbe voluto inseguire la fregata del corsaro, rompergli tutte le ossa e poi farlo inabissare con la sua nave, ma Emrad era riuscito a farla ragionare: non potevano perdere tempo, il loro compagno aveva bisogno di cure immediate.

Per fortuna il suo vicecapitano era a conoscenza di un medico che viveva su un’isola non troppo lontana dalla loro posizione, tuttavia trovarlo fu più difficile del previsto…

Tenebra correva a tutta velocità, le vele chiuse, scalfendo la superficie del mare col suo scafo nero. Il motore costruito da Emrad la stava spingendo ben oltre i trenta nodi, velocità già doppia rispetto a quella raggiungibile dalla maggior parte delle altre navi, Anna però aveva comunque la sensazione di andare troppo piano. Si trovava sulla prua della nave, proprio alle spalle della polena a forma di pantera, incurante degli schizzi e del vento contro la pelle.

«Emrad, non si può andare più veloce?»

L’uomo scosse mestamente il capo. «Mi spiace, questo è il massimo che possiamo fare con i cristalli che abbiamo comprato.» La raggiunse al parapetto di prua. «Vedrai, faremo in tempo.»

La ragazza non rispose, lui però vide le sue dita che si serravano sul legno scuro, facendolo gemere. Mise una mano sulla sua per cercare di farle coraggio. «Anna, non è colpa tua.»

Lei si ritrasse con uno strattone. «E invece sì! Siete i miei uomini, dovrei essere in grado di proteggervi!»

Si mise a camminare nervosamente sul ponte, come una fiera in gabbia. Da quando avevano fatto rotta verso l’arcipelago Byg, luogo dove viveva il medico, la giovane non si era ancora azzardata ad andare a sincerarsi delle condizioni di Francis.

Emrad non aveva il coraggio di dirlo apertamente, ma la sua sensazione era che la ragazza provasse qualcosa di simile alla paura. Lo capiva dal leggero tremolio delle sue mani, dalla sua incapacità di restare ferma, dal suo atteggiamento chiuso e scostante. Non era la Anna di sempre.

Era quasi mezz’ora che viaggiavano e finalmente avvistarono qualcosa. Era sicuramente la loro meta, non c’erano altre terre nei paraggi, e questo riaccese la loro speranza: ormai erano quasi arrivati, presto il loro compagno sarebbe guarito.

L’arcipelago Byg era formato da una serie di isole vulcaniche, di cui la più giovane ancora attiva, e l’unica abitata si trovava più o meno nel mezzo del gruppo. Emrad aveva saputo che il medico, un alieno come lui, si era stabilito lì per non attirare l’attenzione, ma quando arrivarono, scoprirono che i suoi tentativi di tenere un basso profilo erano stati infruttuosi.

Convincere un gruppo di pescatori a parlare non fu difficile.

«Ha detto che dei tipi lo stavano cercando, così è andato su un’altra isola per combattere senza causare danni al villaggio.» esalò un vecchio senza due denti, terrorizzato dall’arrivo della nave pirata. «È… È quella lì.» aggiunse indicando il cucuzzolo di terra verde.

I due raggiunsero in fretta la loro nuova meta, e appena Anna ed Emrad ebbero messo piede sulla spiaggia, una fragorosa esplosione li fece arrestare. Si scambiarono uno sguardo d’intesa: i “tipi” erano già riusciti a trovare il medico, dovevano agire in fretta.

Guidati dal rumore, attraversarono l’intricato groviglio di tronchi e liane fino a quando non avvistarono il campo di battaglia: si trattava di un’ampia zona rocciosa, libera dalla vegetazione e piuttosto irregolare. Le due fazioni si erano asserragliate in punti strategici, restando al riparo mentre sparavano proiettili e incantesimi sui nemici.

«Da che parte sarà il medico?» fece Emrad cercando di cogliere le sagome dei combattenti, ma stando attendo a non esporsi.

«Chissene frega, li sistemo tutti e poi ci pensiamo.» affermò Anna.

Fece per rilasciare i suoi poteri, ma il suo compagno le afferrò un braccio. «Anna, non essere avventata. Non sappiamo con chi abbiamo a che fare.»

«Sono io il capitano, e sono io che prendo le decisioni!» lo zittì lei con lo sguardo di chi non ammette repliche.

Emrad strinse i denti, abbassando gli occhi. Sapeva bene che i poteri di Anna erano del tutto fuori dalla sua portata, ciononostante non poteva permettere che agisse in maniera imprudente contro avversari sconosciuti.

Per una volta la fortuna decise di sorridergli e, tornando a guardare i punti da cui provenivano gli attacchi, riuscì ad individuare il mezzo busto di una creatura possente, dalla pelle grigiastra e con un paio di corna da ariete ai lati del capo. Di certo non era il medico che stavano cercando.

«Anna, aspetta, ho capito da che parte andare! Da quella parte ho visto un tipo che mi sembrava un bastiodonte, il nostro uomo deve trovarsi per forza da quest’altra!»

Lei lo trafisse con uno sguardo. «Ne sei sicuro?»

«Al cento percento.»

«E allora muoviamoci.»

Restando seminascosti tra il fogliame, risalirono il costone roccioso su cui si era presumibilmente barricato il medico e ben presto lo individuarono. Solo che non era solo. Erano in tre, tutti hystricidi, il che lasciava supporre di essere nel posto giusto.

Ben presto uno di loro li vide e si voltò di scatto, pronto a sparare con il suo fucile magico. «Fermi dove siete!»

«Aspetta, non vogliamo combattere!» si affrettò a dire Emrad, uscendo allo scoperto basso e con le mani in vista. «Un nostro compagno è stato avvelenato, abbiamo bisogno di un medico. Stiamo cercando Arïth Svasìrr.»

«Sarei ben felice di aiutarvi, credimi, però al momento sono un po’ occupato.» affermò uno dei tre, quello con i capelli-aculei biondi e la pelle più chiara.

«Ehi, aspetta un secondo, quella è “Bandiera Nera” Bedder!» esclamò il tipo che li aveva visti prima, un pellebruna con la barba raccolta in due corte treccine.

Una raffica di colpi li scosse, rammentando loro di essere nel bel mezzo di una battaglia.

«Chi sono quelli che vi attaccano?» chiese Emrad «Prima mi è sembrato di vedere un bastiodonte.»

Da quelle parole, Arïth capì subito che anche lui veniva dallo spazio, così parlò apertamente: «Sono cinque bastiodonti armati di fucili mitragliatori di grosso calibro e dotati di armature ad energia. Stanno sfruttando il fuoco di soppressione per tenerci bloccati e intanto provano a colpirci con le granate, ma per fortuna stiamo riuscendo a respingerle. Gli incantesimi diretti non hanno effetto su di loro, e credo che stiano usando proiettili anti-magia.»

Anna lanciò uno sguardo al suo vicecapitano. «Che ha detto?»

«Stanno usando armi molto potenti e molto veloci per tenerli bloccati qua, e intanto cercano di colpirli con dell’esplosivo. È anche probabile che con le loro armi possano ferire pure te.»

«Sei davvero Bandiera Nera, quella con la Volontà Nera?» chiese loro il terzo uomo, un pellerossa dai capelli castano scuro.

«Sono io.» confermò la ragazza. «Avete già un piano?»

Il pellerossa sorrise. «Adesso sì.»

Il piano proposto dall’hystricide era semplice: lui e Anna si sarebbero avvicinati ai nemici passando per la zona boscosa e li avrebbero colti di sorpresa alle spalle. Mentre avanzavano, avevano incrociato uno dei bastiodonti – evidentemente anche i loro nemici avevano in mente lo stesso piano – ma erano riusciti a sconfiggerlo e avevano raggiunto gli altri quattro aggressori.

Lo scontro era stato duro, perfino la ragazza era stata costretta ad impegnarsi, alla fine però erano riusciti ad avere la meglio.

Un rumore di passi. La giovane si voltò verso l’hystricide, abbassando per un attimo la guardia. Bastò quell’istante e il capo dei mercenari portò la mano alla fondina della cintura, sfoderando una pistola al plasma. In unico gesto la puntò e fece fuoco.

«Defensia!»

Il proiettile si infranse su una barriera magica e Anna si riscosse, fece guizzare una zampa di energia nera e strappò l’arma dalle mani del bastiodonte. Un secondo dopo i serpenti magici si avvolsero intorno al corpo di quest’ultimo, bloccandogli i movimenti come per i suoi compagni.

Poco dopo il pellerossa li raggiunse. «Andiamocene, non so quanto resisteranno le serpi-corda.»

La piratessa annuì e insieme al mago tornò dagli altri. Appena arrivati, la giovane spiegò ad Arïth quanto era successo a Francis, e il medico si fece subito condurre alla nave per cominciare le cure.

Mentre lui si occupava del navigatore, i due maghi che erano con lui rimasero sul ponte della nave per controllare la situazione: la ragazza in nero e l’uomo rasato avevano permesso loro di sconfiggere i mercenari, però erano pur sempre pirati, quindi per il momento era meglio non abbassare la guardia.

«Grazie per averci aiutati.» disse il pellerossa in tono sincero e amichevole «Noi due siamo di Phoenix Feather; io sono Thahein[2] e lui è Khaled.»

«Non vi preoccupate, era anche nei nostri interessi. Noi siamo i pirati Bandiera Nera; io sono Emrad e lei è il capitano Anna Bedder. L’uomo avvelenato è il nostro navigatore, si chiama Francis. Non vorrei farmi gli affari vostri, ma come mai siete qua? Siete amici di Arïth?»

«Noi due non direttamente, però è amico di un membro della gilda, e quando ci ha chiesto aiuto, noi eravamo i più vicini.» gli spiegò Khaled, il pellebruna, «Voi invece come mai siete venuti su queste isole? Immagino sapevate che lui si trovava qui…»

«Già, avevo sentito del suo arrivo qualche mese fa. La nostra era un’emergenza e quindi siamo venuti qua perché era il medico più vicino.»

«Dobbiamo dedurre che sei un alieno?»

Emrad annuì. «È così.» Quei due non sembravano venire dallo spazio, ciononostante non si stupiva della sua osservazione: per quel che ne sapeva, almeno la metà dei membri di Phoenix Feather non era nata su Marath, e questo era uno dei segreti del loro successo.

Il vicecapitano continuò a parlare con i due maghi per ingannare l’attesa, Anna invece preferì restare per conto suo, affacciata sul parapetto della nave ad osservare il moto calmo delle onde. Nonostante tutto, non riusciva a non pensare al peggio, e il timore di perdere un compagno le attanagliava la mente. Sentiva il suo corpo che tremava, e lei odiava mostrare le sue debolezze.

Dopo una decina di minuti, finalmente Arïth uscì dalla cabina del capitano dove si trovava Francis. Subito gli altri quattro gli si fecero intorno per sapere delle sorti del pellebruna.

«Sono riuscito a identificare il veleno e a neutralizzare il suo effetto. Avrà bisogno di riposarsi ancora per un po’, ma ormai dovrebbe essere fuori pericolo.»

Emrad tirò un grande sospiro di sollievo e anche Anna avvertì un enorme peso che scompariva.

«A questo punto credo di dovervi ringraziare tutti quanti per avermi aiutato a scappare da quei mercenari.» proseguì il medico «E immagino di dovervi delle spiegazioni. Beh, per farla breve, devo parecchi soldi ad un tizio, solo che lui mi ha fregato e quindi adesso non ho più un centesimo. Speravo di potermi nascondere qui, ma evidentemente mi sbagliavo.»

«Ricardo ci ha detto che sei un ottimo medico, potresti unirti a Phoenix Feather.» gli suggerì Thahein «Per te è troppo pericoloso restare da solo.»

«Ti ringrazio per l’offerta, ma non posso accettare. Se mi unissi ad una gilda, andrebbe a finire che metterei in pericolo tutti i suoi membri, e magari anche la città in cui c’è la sua sede. Non riuscirei a sopportarlo…»

«Unisciti a noi invece.» gli disse Anna con il tono di chi sta dando un ordine «Abbiamo bisogno di un bravo medico, e in cambio potremmo proteggerti da quel tizio che ti chiede soldi. Noi siamo già dei ricercati, uno in più non farebbe gran differenza.»

«Ecco, io…»

«Anna è un po’ avventata, ma è un bravo capitano.» gli assicurò Emrad «Vedrai che ti troverai bene.»

Il medico tentennò ancora per qualche istante, poi però annuì. «Beh, penso valga almeno la pena di provare.»

«Scusate se mi intrometto, ma vorrei chiedervi un favore.» disse a quel punto Khaled «Io sono un evocatore di aquile e siamo arrivati fin qui cavalcandone due giganti, però adesso avrebbero bisogno di riposo. Non è che ci potreste dare un passaggio fino alla città più vicina?»

Anna si concesse qualche attimo per riflettere sui pro e i contro della cosa. «D’accordo, tanto avremmo comunque dovuto fermarci per fare provviste.»

«Prima di partire però dovrei avvisare gli isolani che me ne sto andando.» fece notare Arïth.

«Sì, va bene. Tenebra, hai sentito? Andiamo!»

Le vele si spiegarono da sole e la caravella cominciò a muoversi verso l’isola abitata dai pescatori.

«Nave incantata?» chiese Khaled ad Emrad.

Il vicecapitano aprì la bocca, ma dopo un attimo si accorse di non conoscere la risposta. Sapeva che su quel pianeta c’erano diverse navi a cui erano stati imposti degli incantesimi per renderle capaci di navigare in quasi totale autonomia, tuttavia non aveva mai chiesto ad Anna se Tenebra apparteneva a tale categoria. Stava per domandarglielo, ma la vide ferma davanti alla cabina dove riposava Francis e si zittì: non era il momento di chiamarla.

Un po’ più in disparte, anche Arïth stava osservando la giovane in nero. Era grato a lei e al suo compagno per l’aiuto che gli avevano dato, questo però non implicava che si fidasse di loro. Era stato ingannato troppe volte, anche da gente che conosceva da tempo e di cui non aveva mai dubitato, quindi era diventato piuttosto diffidente. Solo il suo senso del dovere di medico lo aveva spinto a salire su quella nave di pirati, e l’istinto di conservazione lo aveva portato ad accettare l’offerta di entrare nella ciurma.

Nemmeno con i due maghi di Phoenix Feather poteva dire di essere in confidenza, tuttavia la loro presenza lo rassicurava: se la vita su quella nave non l’avesse convinto, avrebbe sempre potuto scendere a terra insieme a loro e cercare un altro posto in cui nascondersi.

Anna intanto era ancora ferma davanti alla porta. Quando era più giovane, aveva cercato di curare la gamba rotta del suo fratellino utilizzando i suoi poteri, il risultato però era stato solo di peggiorare la situazione al punto che lui aveva addirittura rischiato di perdere l’uso dell’arto. Ricordava ancora lo schiaffo che le aveva tirato sua madre, era stato in quel momento che aveva capito che nemmeno la sua Volontà poteva renderla onnipotente.

Da allora si era sempre sentita a disagio in presenza di malati o feriti, ormai però Francis stava meglio e il medico aveva detto che gli serviva solo un po’ di riposo. Doveva andare da lui. Cavolo, lei era pur sempre il suo capitano!

Decise di farsi coraggio e abbassò la maniglia. Entrò con passo incerto nonostante quella fosse la sua cabina, e con uno sforzo di volontà si decise a guardare verso la branda. Il suo navigatore era ancora sdraiato sopra le coperte, tranquillo. Avvisato dal rumore, aprì gli occhi per vedere chi fosse entrato.

«Capitano, mi dispiace per tutti i problemi che ho causato.»

Il viso teso della giovane si sciolse in un’espressione di dolce sollievo. «Va tutto bene, non è colpa tua. E poi sembra che il medico che ti ha curato sia disposto ad unirsi alla ciurma, quindi tutto sommato è andata bene.»

Il vecchio annuì.

Anna fece un passo verso la porta, ma prima di uscire si voltò sorridendo. «Ora riposati, e goditi la mia cabina finché puoi. Da domani si torna al lavoro.»

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Capitolo 4
*** Eleonorah ***


Eleonorah

Data: 4117 d.s., nona deca
Luogo: pianeta Marath, sistema Essud

La ragazza correva senza sosta per uno dei sudici vicoli di Abandon, il fiato corto di chi sa di essere inseguito. Aveva la pelle olivastra, un po’ più scura rispetto a quella tipica dei pelleocra, i suoi occhi erano grandi e luminosi, e una bandana gialla le copriva parte dei capelli castani. I suoi abiti erano sporchi e logori, in particolare la gonna, talmente corta da risultare pericolosa per una persona così giovane su un’isola piena di pirati e fuorilegge.

Si fermò un attimo per riprendere fiato e si voltò indietro. Per un attimo le parve di scorgere una sagoma, ma subito questa svanì in uno dei tanti pertugi.

«Ehi bambolina, ti sei persa?»

La ragazza si girò di scatto e vide un paio di uomini che si avvicinavano con delle bottiglie in mano. Erano chiaramente ubriachi ed entrambi avevano una sciabola pronta nella cintura.

Senza rispondere si affrettò a correre via, guizzando svelta ogni volta che trovava una deviazione per cercare di seminare gli inseguitori.

Sapeva di non poter andare avanti così, più deviazioni faceva e più correva il rischio di venire presa di mira da altri uomini, così decise di dirigersi verso la sua meta senza perdere altro tempo.

Attraversò diverse stradine piene di gente ubriaca e negozi di contrabbandieri, superò un gruppo di pirati impegnati in una rissa e poi finalmente la vide. La taverna Il Kraken era davvero grande come se l’era immaginata, ma era anche molto più rumorosa.

Osservò la grande facciata ancora per qualche secondo mentre riprendeva fiato, quindi si decise ad entrare. Era arrivata con un giorno d’anticipo, ma era meglio così: aveva fatto tanta strada e sarebbe stato un vero guaio se fosse stata in ritardo.


***


Tenebra stava viaggiando con andatura svelta, solcando il mare calmo in maniera elegante ma decisa.

Anna si trovava a prua e stava osservando la superficie cristallina che scorreva rapida sotto di loro, infrangendosi appena sullo scafo nero della sua nave. Avevano appena assaltato un piccolo galeone impegnato nel trasporto di cristalli magici grezzi e per il momento la loro principale priorità era mettere più spazio possibile fra loro e i possibili inseguitori. Purtroppo le informazioni che avevano raccolto non si erano rivelate molto precise, quindi avevano perso diversi giorni per riuscire ad intercettare le navi da trasporto. Inconvenienti del genere erano abbastanza comuni in un mestiere come il loro, il problema principale era che adesso erano in ritardo sulla tabella di marcia e sarebbe stato impossibile arrivare ad Abandon per il primo giorno del mese.

La giovane si voltò e si sedette sul parapetto, proprio alle spalle della polena a forma di pantera. Ormai era inutile piangersi addosso, e poi le bastava pensare alla stiva piena di cristalli per tirarsi su di morale.

Osservò la bandiera nera della sua ciurma che sventolava fiera in cima all’albero maestro. Era da quando avevano salutato Thahein e Khaled di Phoenix Feather che aveva un’idea in testa, una specie di chiodo fisso che non ne voleva sapere di andarsene: entrambi avevano un tatuaggio a forma di piuma, l’emblema della loro appartenenza alla gilda, e anche a lei sarebbe piaciuto che tutti i membri della sua ciurma avessero un tatuaggio, magari proprio una bandiera nera.

A prescindere da questo, era stato piacevole viaggiare con i due maghi, infatti prima di salutarsi si erano anche scambiati le frequenze delle rispettive bolle per le comunicazioni in modo da potersi contattare a vicenda in caso di necessità.

«Scusate, lo so di essere ripetitivo, ma pensate davvero che sia una buona idea tornare su quell’isola lì…?» fece Arïth, impegnato a ricucire un taglio sul braccio di Emrad. «Abandon…Vi ricordo che l’ultima volta hanno cercato di uccidermi con una bottiglia rotta.»

«E io ti ricordo che non ci sono riusciti.» ribatté l’uomo rasato senza scomporsi.

Alla fine il medico aveva accettato di unirsi alla ciurma, tuttavia c’erano alcuni aspetti di quella nuova vita a cui ancora non era riuscito ad abituarsi.

«Sì, ma quella volta sono stato fortunato perché erano completamente ubriachi… E se la prossima volta non lo fossero? E se mi tendessero una trappola?»

«Chiedo scusa, volevo informarvi che siamo quasi arrivati ad Abandon.» annunciò Francis «Se il vento tiene, tra circa mezz’ora dovremmo essere a terra.»

Arïth non parve entusiasta della notizia e si affrettò a concludere il suo compito.

«Perché ti preoccupi tanto? Ci siamo noi a guardarti le spalle.» gli fece notare Emrad.

«E ve ne sono grato, ma potrebbe capitare che veniamo coinvolti in una rissa, ci separiamo, io rimango solo, e poi… Non sono mica forte come voi! Se mi danno una botta in testa, una commozione cerebrale non me la leva nessuno!»

«Sei un mago, non puoi usare qualche incantesimo per combattere?» gli chiese Anna.

«Sono un medico, non un mago. La mia conoscenza della magia riguarda solo le tecniche curative.»

La giovane, che non era abituata a questo genere di vincoli, si limitò a guardarlo con aria poco convinta.

«Potresti procurarti qualche oggetto magico che ti permetta di scagliare magie offensive.» gli suggerì Emrad, intento a testare la mobilità del braccio ferito. Di colpo nella sua mente si accese una lampadina. «Potresti procurarti un talismano sintetico! Non sono sicuro che su questo pianeta li vendano, però magari troviamo qualcosa di simile.»

«Esattamente cos’è un talismano sintetico?» gli chiese Anna «È una specie di catalizzatore?»

 «Oh, è molto di più!» ribatté l’omone rasato «Quando lo metti al collo, quello si fonde con il tuo corpo e tu ottieni subito dei poteri magici. Questi poteri dipendono dal tipo di talismano, e ne esistono di moltissimi tipi. In origine c’era un solo talismano per ogni tipo di potere, ad esempio uno per controllare il fuoco, uno per diventare più veloce, uno per ipnotizzare la gente e così via, ormai però da questi talismani originali ne sono state fatte delle copie sintetiche che ne riproducono gli effetti. In un certo senso sono come le Soul, con l’unica differenza che non sono abilità innate, ma puoi andarli a compare.»

«Credo di aver capito… E quanti ne puoi avere?»

«Di quelli originali al massimo uno, quelli sintetici invece dipende da come sono stati realizzati.»

«Che ne dici Arïth? Saresti più tranquillo se avessi un talismano?»

«Mmh… Sì, credo che potrebbe essere d’aiuto… Il problema è che, per quel che ne so, costano parecchio…»

«Emrad, ce lo possiamo permettere un talismano sintetico?»

L’uomo fece qualche rapido calcolo mentale per cercare di capire quanto denaro avessero a disposizione. «Il prezzo di un talismano sintetico varia molto, e sarebbe meglio evitare di prenderne uno di bassa qualità perché potrebbe rivelarsi una fregatura… In ogni caso è difficile fare una stima perché qui la moneta non è l’arcos, ma penso che, con un altro assalto o due a dei galeoni, allora avremmo abbastanza soldi.»

«Insomma non te li regalano.» intuì Anna «Beh, comunque credo ne valga la pena: non sarebbe male avere qualche uomo in più in grado di combattere.»

Effettivamente durante l’ultimo arrembaggio gli unici a lottare seriamente erano stati Anna ed Emrad, e non era stato facile tenere testa da soli all’equipaggio del galeone e alla relativa scorta.

Il medico di bordo non parve entusiasta all’idea di dover prendere parte ai futuri scontri, in ogni caso la prospettiva di ottenere un talismano sintetico non gli dispiaceva affatto: sarebbe stato bello riuscire a difendersi da solo da eventuali attacchi da parte di altri mercenari inviati dal suo creditore.

Nel frattempo Tenebra continuava a solcare le acque leggermente increspate dell’oceano e grazie ad una brezza favorevole riuscirono a raggiungere Abandon con qualche minuto d’anticipo rispetto alla previsione del loro navigatore.

«Francis, Emrad, voi andate a cercare degli acquirenti per i cristalli; io e Arïth andremo al Kraken per vedere se c’è ancora qualcuno che si vuole unire alla ciurma.»

«Farò in modo di guadagnare il massimo dal nostro bottino.» le assicurò il vecchio pellebruna prima di salutarli.

Anna e il medico procedevano a passo spedito per le caotiche stradine di Abandon, quest’ultimo però continuava a guardarsi intorno preoccupato, facendo il possibile per restare vicino al suo capitano.

«Arïth, lo sai che non piace quando la gente mi sta troppo appiccicata.» lo sgridò la giovane.

«E me ne ricordo bene, però…» Si interruppe di colpo quando un uomo apparve di fronte a loro sfondando una finestra, seguito a ruota da un altro. Erano entrambi piuttosto brilli ed erano impegnati in un’accesa rissa.

Il medico si affrettò a spostarsi in modo che Anna fosse tra lui e i litiganti, a cui presto si aggiunsero altri pirati altrettanti ubriachi.

«Farsi scudo con una donna non è molto elegante.» gli fece notare lei.

«La regola non vale se la donna in questione possiede una Coloured Soul.»

Anna si lasciò scappare un sorrisetto divertito e senza troppi complimenti si fece largo a suon di onde di energia nera che spazzavano via tutto ciò che si trovava sulla loro strada.

Una volta raggiunta la taverna Il Kraken, si concessero entrambi un boccale di nedoh e poi si diressero come di consueto al piano superiore per aspettare eventuali candidati.

Essendo in ritardo, non avevano molte aspettative, invece ben presto qualcuno si fece avanti: era una ragazza dalla pelle olivastra, doveva avere due o tre anni in meno di Anna e portava una bandana a coprire parte dei capelli castani. Indossava una gonna molto corta che lasciava scoperte le gambe snelle, un top sgualcito e un grembiule pieno di macchie; in mano aveva un vassoio, quindi forse lavorava come cameriera. Aveva un livido sullo zigomo sinistro e i suoi occhi dorati erano lucidi di emozione.

«Tu sei… sei Anna Bedder…?» esalò con voce tremante, come se si trovasse di fronte al suo più grande idolo.

«Sono io.» confermò la giovane senza smettere di scrutarla.

La ragazza tirò su col naso e le lacrime cominciarono a rigarle le guance. «Siete arrivati… Temevo che non sareste venuti… Io… Ti prego, vorrei entrare nella tua ciurma!»

Anna continuò ad osservarla con aria indagatrice, inclinando leggermente il capo quando la cameriera quasi gridò l’ultima frase. «Perché vuoi entrare nella mia ciurma?»

La ragazza abbassò lo sguardo, imbarazzata. «Io… ecco… Ci sono degli uomini che mi stanno inseguendo… dei pirati…» Le parole uscivano a fatica, aveva tenuto dentro il suo dolore per troppo tempo. «Mi hanno comprata come schiava… per fare di me quello che volevano… Io sono scappata, ma continuano ad inseguirmi… Anna Bedder, anche tu sei un pirata, sei fortissima, però sei anche una donna… Ti prego, farei qualsiasi cosa per entrare nella tua ciurma…»

La diretta interessata non parve minimamente commossa da quella storia e la sua espressione rimase invariata. «C’è qualcosa che sai fare?»

La cameriera si affrettò a sollevare il capo. «So cucinare! Lo faccio da quando ero piccola, quindi sono abbastanza brava. Posso cucinare quasi tutti i tipi di cibi, lo giuro!»

Anna si concesse un’espressione di pacata soddisfazione. «Bene, allora stasera cucinerai per noi con quello che la mia ciurma sarà riuscita a comprare.» Le spiegò a grandi linee com’era fatta Tenebra, quindi la indirizzò al porto sbagliato come aveva fatto con gli altri membri della ciurma.

Al sentire quelle parole, la ragazza si irrigidì. «Io… Posso cucinare per voi, davvero, però non posso andare fino al porto da sola… Gli uomini che mi cercano potrebbero essere qui in giro… ti prego…»

«Capitano, ha ragione…» provò a dire Arïth. Non si fidava di quella cameriera carina e indifesa, in ogni caso non gli sembrava giusto costringerla ad attraversare da sola quella città di fuorilegge ubriachi.

La piratessa sospirò. Effettivamente, se quella ragazza fosse stata costretta ad aspettarli da sola su un molo, le probabilità di trovarla ancora lì al loro arrivo sarebbero state molto basse, e questo a prescindere dalla sua effettiva volontà di unirsi alla ciurma. «D’accordo, ci andremo insieme. Puoi aspettare fino a stasera?»

Lei annuì enfaticamente. «Certo!»

Un urlo dal piano inferiore.

«Arrivo!» gridò in risposta la cameriera. «Scusatemi, ho convinto il proprietario a darmi una camera, però in cambio devo lavorare per lui fino a quando resto qui.» Mosse alcuni rapidi passi verso la scala. «Se volete qualcosa, chiamatemi! Ah, mi chiamo Eleonorah!» E subito corse al piano inferiore per rimettersi al lavoro. Nonostante i brutti ceffi con l’abitudine ad allungare le mani che era costretta a servire, adesso sembrava al settimo cielo.

Anna si abbandonò allo schienale della sua sedia. «Allora, come ti è sembrata?»

«Carina, indifesa, spaventata, entusiasta di vederti. Ma naturalmente è anche possibile che sia solo una brava attrice.»

La piratessa sorrise tra sé. Arïth era sempre incredibilmente diffidente, ma la cosa non le dispiaceva: era importante avere almeno una persona così nella ciurma.


***


Come promesso, prima di tornare alla loro nave, i due pirati andarono a chiamare Eleonorah per portarla con loro.

Attraversare la città non fu particolarmente agevole, infatti Anna si trovò ad avere ben due persone spaventate che non volevano saperne di concederle il suo spazio personale. La più preoccupata era decisamente la ragazza, che continuava a guardarsi intorno come se da un momento all’altro qualcuno potesse cercare di aggredirla.

Una volta raggiunta Tenebra, Eleonorah si presentò agli altri due membri della ciurma e poi si fece condurre alla cambusa per mettersi a cucinare.

«Avere un cuoco a bordo non mi sembra una cattiva idea.» fece notare Emrad «Mi spiace dirlo, ma non so chi tra noi quattro cucina peggio.»

«Io lo so invece,» ribatté Arïth «sei tu.»

L’uomo rasato gli rifilò un’occhiataccia, ma in realtà sapeva di non potergli dare torto.

«Se posso dire la mia, non mi sembra giusto abbandonare al suo destino una ragazza così giovane.» disse Francis «Non fatico ad immaginare cosa le abbiano fatto i pirati che l’avevano comprata come schiava…»

«Non mi piace fare l’uccello del malaugurio, però vi ricordo che potrebbe benissimo averci raccontato un mucchio di bugie.» obiettò il medico.

«Ma l’hai vista?!» esclamò Emrad «Si vede lontano un miglio che ha passato le pene dell’inferno! Hai visto che livido ha sulla faccia?»

«Cambiando argomento, come è andata la vendita dei cristalli?» domandò Anna.

«Direi abbastanza bene, siamo riusciti a venderne quasi due terzi ad un buon prezzo.» rispose Francis «Per gli altri sono sicuro che troveremo presto degli acquirenti: ho già provveduto a far girare la voce. Ho anche comprato un po’ di provviste fresche.»

Emrad inspirò profondamento. «Ehi, lo sentite anche voi questo profumino?»

«Sembra che la nostra cuoca ci sappia fare.» constatò il vecchio pellebruna «Spero solo che non abbia utilizzato solo le parti migliori degli ingredienti per fare bella figura.»

Poco dopo la ragazza sbucò da sottocoperta. «Scusatemi, quando volete ho finito di cucinare.»

«Non vedevo l’ora!» esclamò l’uomo rasato.

«Il clima è ottimo, potremmo mangiare sopraccoperta.» suggerì Francis.

«Buona idea.» annuì Anna «Avanti, andiamo a prendere tavolo e sgabelli.»

Spinti dalla fame, i membri della ciurma si affrettarono a preparare tutto l’occorrente per consumare la cena. Appena ebbero finito, Eleonorah portò in tavola ciò che aveva cucinato.

«Spero vi piaccia, ho cercato di utilizzare tutto il possibile da ogni cosa che ho preso dalla dispensa.»

L’odore della minestra era ottimo, ma la cosa migliore era senza dubbio il sapore: ogni ingrediente era stato dosato con notevole maestria e cotto alla perfezione, i pezzi di pesce e di verdura contrastavano magnificamente col brodo saporito e alla fine nel pentolone non rimase nulla.

«Cavolo, tu sì che sai cosa vuol dire cucinare!» esclamò Arïth, decisamente soddisfatto.

«Era da una vita che non mangiavo una minestra così buona!» ammise Emrad.

«Ti faccio i miei complimenti, ci vuole una grande esperienza per riuscire a sfruttare così bene anche le parti meno nobili dei vari ingredienti.» affermò Francis.

«Bene Eleonorah, direi che hai riscosso un certo successo tra i miei uomini.» constatò Anna «Sarà un vero piacere averti come cuoca, prima però c’è una cosa che vorrei risolvere: i pirati che ti avevano comprata come schiava, hai detto che sono su quest’isola, giusto?»

La ragazza si irrigidì al sentire quelle ultime parole. Annuì. «Mi hanno inseguita per cercare di catturarmi di nuovo, però non li ho più visti da quando sono arrivata al Kraken.»

«Spero siano ancora qui, preferirei dargli una bella lezione il prima possibile, così da evitare di trovarceli fra i piedi in futuro.»

Gli occhi di Eleonorah si illuminarono, dopo un attimo però si incupì. «Ti avviso, è gente pericolosa… So che siete forti, però cercare uno scontro inutile…»

«Non è inutile.» ribatté Anna «È per assicurarmi che non cerchino più di fare del male ad un membro della mia ciurma.»

Di nuovo gli occhi della ragazza si accesero di una sfavillante ammirazione. Divennero addirittura lucidi per la commozione. «G… Grazie Anna… capitano.»

«Bene, ora sbaracchiamo e andiamo a dormire.» ordinò la piratessa alzandosi in piedi «Domani dovremo dare una bella lezione ad una ciurma di pirati!»


***


Il mattino seguente i vari membri della ciurma si riunirono per la colazione e, con gran stupore generale, Eleonorah si presentò con indosso alcuni dei vestiti di Anna oltre alla consueta bandana gialla. La camicia le andava un po’ grande, tuttavia l’indumento che sembrava causarle più problemi erano i calzoni aderenti che arrivavano poco sopra il ginocchio.

«Ecco… non sono molto abituata a portare i pantaloni…» ammise con un certo imbarazzo.

«Appena arriviamo in un’altra città, ti compreremo dei vestiti nuovi.» le promise Anna.

Una volta che tutti ebbero riempito lo stomaco, di nuovo si divisero in due gruppi: Emrad e Francis si sarebbero occupati della vendita dei rimanenti cristalli, gli altri tre invece sarebbero andati in cerca dei pirati che stavano inseguendo Eleonorah.

«Abandon non è piccola e soprattutto è molto caotica: come pensi di trovarli?» chiese Arïth.

Anna gli sorrise con aria saccente. «Spargendo la voce.»

Entrarono in una locanda piena di gente e si avvicinarono al bancone.

«Ehi, hai per caso sentito di una ciurma che cerca una schiava fuggita?» domandò il capitano al locandiere.

«Di che schiava parliamo?»

«Questa qua.» rispose Anna prendendo Eleonorah per un braccio e mostrandola all’uomo «Allora, hai sentito qualcosa o no?»

Quello si strinse nelle spalle. «Mi spiace, non ne so nulla.»

«Mmh, peccato. Ecco, tieni, spargi la voce che i pirati Bandiera Nera hanno trovato la schiava e che sono disposti a restituirla, ovviamente in cambio di un piccolo compenso.»

Il locandiere prese le due monete e le fece sparire in una tasca del grembiule. «Con vero piacere.»

Anna gli rivolse un sorriso di circostanza e poi uscì dalla locanda trascinandosi dietro Eleonorah.

«Ehi, non erano questi i patti!» esclamò la ragazza, sconcertata e impaurita.

«Non ti preoccupare, non intendo restituirti.» le assicurò la piratessa «Il punto è che, se avessi detto che volevo prenderli a calci, allora dubito che quelli che ti cercano si sarebbero presentati.»

Lei la osservò con i grandi occhi lucidi. «Davvero…?»

«Certo. Sei la cuoca della mia nave adesso.»

Andarono avanti così per il resto della mattina, visitando i locali più affollati per spargere la voce e in questo modo attirare a loro i pirati che cercavano Eleonorah. Non avevano idea di quanto ci sarebbe voluto affinché questi si presentassero, tuttavia la fortuna sembrava essere dalla loro parte e già nel tardo pomeriggio un corposo manipolo di persone si presentò al molo dove si trovava Tenebra.

«Bandiera Nera!» esclamò uno di loro a gran voce, probabilmente il capitano, «Siamo qui per la nostra ragazza!»

Anna, che ormai stava facendo l’abitudine a quell’appellativo, si affacciò al parapetto. «Bene, avete fatto in fretta! Ehi, Eleonorah! Vieni qui!»

La ragazza deglutì e si sforzò di fare come richiesto.

«Sono loro?»

La giovane annuì timidamente, lo sguardo basso.

«Quanto vuoi per restituircela?» chiese il capitano.

«Non voglio un bel niente! Lei adesso fa parte della mia ciurma, quindi vi ordino di lasciarla in pace. Se proverete a darle ancora fastidio, vi ucciderò tutti quanti.»

«Cosa?! Scherzi, spero! Lei è nostra, l’abbiamo comprata! E poi tu che te ne fai, sei lesbica per caso? Quella ragazza non ti serve a nulla!»

Anna batté il pugno sul parapetto e dal suo corpo si sollevarono degli aliti di fumo nero. «Eleonorah non è un oggetto! Lei è la nostra cuoca. Se proprio ci tenete a riaverla, allora venite a prendervela!»

L’altro pirata stava per rispondere, ma poi esitò. Un suo uomo gli toccò un braccio e scosse rapidamente il capo, visibilmente preoccupato.

Il capitano fece un verso di stizza e mandò a quel paese Anna con la mano. «E va bene, tenetevela!» Si voltò. «Me ne posso comprare dieci di ragazze come quella!»

Detto ciò il manipolo di filibustieri si allontanò rumoreggiando, decisamente arrabbiati, ma senza osare ingaggiare uno scontro con i pirati Bandiera Nera. La fama della ciurma di Anna Bedder si era ormai consolidata, e non era la prima volta che dei possibili rivali preferivano ritirarsi pur avendo dalla loro la superiorità numerica.

«Ma come? Niente rissa?» sbottò Emrad, la scimitarra in pugno e un’espressione delusa dipinta sul viso.

«E meno male!» ribatté Arïth «Anche se… Insomma, li lasciamo andare così? Ce l’hanno detto apertamente che compreranno altre schiave…»

«Siamo pirati, mica paladini della giustizia.» gli fece notare Anna sollevando le spalle.

«E poi togliere di mezzo una ciurma non servirebbe a stroncare il traffico di schiavi.» puntualizzò Francis.

«Emh, ragazzi… Grazie per aver fatto tutto questo per me!» esclamò Eleonorah abbassando il capo, commossa.

«Dai, non serve che ti inchini così…» fece Emrad prima di riporre la sua arma nella cintura.

«E poi il modo migliore per sdebitarti è quello di cucinarci un’altra cena come quella di ieri.» affermò Anna con un sorriso d’intesa.

La ragazza ricambiò il sorriso e annuì. «Certo!»


***


Un cielo stellato e privo di lune aveva ormai spodestato l’azzurro del giorno e Tenebra ondeggiava dolcemente al ritmo lento della risacca, come per aiutare il suo equipaggio a prendere sonno.

Dormivano tutti. La Black Soul di Anna le permetteva di percepire il pericolo anche mentre riposava, quindi sarebbe stato inutile lasciare qualcuno a tenere d’occhio la situazione.

Una luce si accese all’improvviso sottocoperta, trasformando l’oblò in un disco giallo. Eleonorah si guardò intorno, le orecchie tese per cercare di captare il minimo rumore, quindi salì la scaletta che portava sul ponte e scese agile dalla nave, correndo poi lungo il molo fino a nascondersi dietro una vecchia baracca sgangherata.

Controllò ancora che nessuno la stesse guardando, quindi sollevò il braccialetto a placche metalliche che aveva al polso sinistro e premette sulla parte inferiore di una delle sezioni. Sul suo palmo aperto apparve una sagoma e dopo un istante le linee si consolidarono, rivelando quello che aveva tutta l’aria di essere un semplice orologio. Ripeté la procedura con un’altra delle placchette e questa volta apparve un sofisticato cubo metallico. Il primo era un comunissimo overwatch – un avanzato apparecchio che combinava la funzionalità di un computer e la praticità di un orologio da polso – il secondo invece serviva per inviare il segnale ad una stazione ricevente, ed era indispensabile dato che Marath non disponeva di satelliti. Aveva nascosto i due dispositivi in altrettante tasche dimensionali del suo braccialetto, un accessorio tanto discreto quanto versatile.

Attivò il cubo-antenna, quindi accese l’overwatch. Digitò la password sullo schermo olografico e poi andò all’elenco dei contatti. Controllò un’altra volta l’ora visualizzata in alto a destra, quindi si decise a far partire una chiamata. Non dovette attendere molto e il piccolo comunicatore proiettò la testa olografica di una volpe umanoide.

«Spero tu abbia buone notizie.» esordì la creatura, probabilmente un vulpesiano, con voce sorprendentemente profonda.

 Eleonorah si affrettò ad annuire. «Ho fatto come mi avevate chiesto, sono riuscita ad entrare nella ciurma.»

Il muso dell’altro rimase freddo e inespressivo. «E hai verificato se quella ragazza ha davvero la Black Soul?»

«Ecco… non ancora…»

«E allora perché mi hai disturbato? Vedi di scoprire se quella ragazza ha la Black Soul o no, e non seccarmi ancora fino a quando non ne sarai certa. Ti ricordo che ti sei fatta catturare da dei trafficanti di schiavi come una stupida e ho dovuto mandare i miei uomini per farti fuggire da quelli che ti avevano comprato; voglio sperare che non sia stata una perdita di tempo.»

Lei si affrettò a scuotere il capo, intimorita. «No, no, davvero! Vi prometto che non vi deluderò.»

«Sarà meglio.» E così com’era comparso, l’ologramma del vulpesiano sparì.

Rimasta sola, Eleonorah stette immobile per alcuni lunghi secondi, in silenzio. Spense l’overwatch e il cubo-antenna, quindi li ripose entrambi nelle tasche dimensionali del suo braccialetto.

I rumori di Abandon arrivavano fin lì – urla, spari e strepiti che si susseguivano senza sosta – la ragazza però riusciva a sentire solo il tenue suono della risacca marina.

Portò le gambe al petto, cingendole con le braccia e nascondendo il viso sulle ginocchia. Non voleva che altri la vedessero piangere.



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Capitolo 5
*** Naadir ***


Naadir

Data: 4118 d.s., seconda deca
Luogo: pianeta Marath, sistema Essud

Ga’pai era un piccolo borgo affacciato sull’oceano, popolato prevalentemente da pescatori e marinai di passaggio. L’atmosfera tranquilla e rilassata, combinata al clima gradevole, ne faceva un luogo ideale in cui fermarsi e prendersi una pausa dalla precipitosa routine delle città più grandi e fiorenti.

I pirati Bandiera Nera vi si recavano ormai quasi ogni mese e Francis sfruttava le conoscenze maturate in anni di scorribande per informarsi su possibili incarichi o, più frequentemente, sulle rotte dei galeoni impegnati nel trasporto di cristalli o altri materiali preziosi. Proprio a Ga’pai inoltre avevano trovato la bottega di un abile tatuatore dove si erano fatti disegnare in maniera indelebile il loro emblema: Emrad ce l’aveva sul braccio destro, Francis sul dorso della mano destra, Arïth sull’avambraccio sinistro, Eleonorah sul fianco sinistro e Anna sul petto, spostato dal cuore di quel tanto che bastava da non essere coperto dal reggiseno.

La ciurma si era divisa in due gruppi e i tre uomini erano andati alla ricerca di qualche notizia interessante, nel frattempo le due donne si erano concesse un po’ di tempo libero per parlare di argomenti più femminili.

Francis aveva portato i suoi compagni da un vecchio amico che gestiva un piccolo chiosco di giornali e ciò che aveva sentito lo aveva lasciato incredulo, anche Emrad e Arïth erano rimasti a bocca aperta.

Giusto il tempo di ringraziarlo e già si erano allontanati: dovevano informare subito Anna, se le voci erano vere, non c’era un minuto da perdere.


***


«Guarda quel vestito, secondo me ti starebbe benissimo.» affermò Eleonorah indicando un delicato abito rosso porpora impreziosito da numerosi ricami.

«Mah, quello mi piace di più.» ribatté la piratessa indicando un vestito nero con la schiena scoperta reso più luminoso da alcuni ricercati inserti in oro.

La cuoca scosse il capo. «Dovresti dare più colore al tuo guardaroba.»

Anna sorrise divertita. «Se mai dovessi andare in un posto dove sono vietati i vestiti neri, mi metterò qualcosa di tuo.» Si girò verso un’altra vetrina dove erano esposti alcuni abiti maschili. «E poi, adesso che ci penso, mi piacerebbe comprare uno di quei soprabiti con le spalline da cui penzolano dei cordoncini… Danno molta autorità, non trovi?»

«Si chiamano spalline a frange. E poi, signora autorità, ti faccio presente che stai andando in giro in reggiseno.»

Le due donne ripresero il loro tranquillo giro, ma quando meno se lo aspettavano un piccolo animale atterrò sulla testa di Eleonorah e le rubò la bandana. Si trattava di un cebo macao[1], una piccola scimmia dal piumaggio molto colorato in grado di arrampicarsi ovunque per poi lanciarsi in precise planate, ma anche di ripetere le frasi che sentiva.

«Craah, missione compiuta!» esclamò l’animaletto, e come un fulmine si arrampicò su una grondaia.

«No!» esclamò la cuoca, incredula e preoccupata, «Era un regalo di mia sorella!»

«Ci penso io.» affermò Anna. Provò a far guizzare uno dei suoi tentacoli, ma non aveva fatto i conti con l’agilità del ladro, che senza difficoltà evitò la presa e continuò la sua corsa.

La giovane soffocò un’imprecazione. «Inseguiamolo.»

Le due piratesse cominciarono a correre dietro alla piccola scimmia, il cui piumaggio blu e verde la rendeva per lo meno facile da tenere d’occhio fintanto che restava nel loro campo visivo. Per loro sfortuna, i cebi macao erano animali furbi oltre che dispettosi, e quell’esemplare sapeva benissimo come far perdere le sue tracce. Al momento giusto si infilò in un vicolo laterale e in un attimo sparì. Una creatura tanto agile poteva essere andata ovunque.

La cuoca si guardò intorno sempre più preoccupata, aveva addirittura le lacrime agli occhi. Doveva tenere davvero molto a quella bandana.

«Craah, topi in trappola! Topi in trappola!»

La voce da pappagallo del cebo macao attirò l’attenzione delle due ragazze, che in un istante sollevarono lo sguardo. La scimmia si trovava sul bordo di un tetto e da lì le osservava, ovviamente senza mollare la sua refurtiva.

Anna socchiuse gli occhi, decisa a non farsi scappare di nuovo quel piccolo ladruncolo. «Adesso ti…»

Uno scoppio improvviso la interruppe e dal nulla si sollevò una densa nuvola di fumo. Subito cominciarono a tossire e i loro occhi si riempirono di lacrime, ma per fortuna il capitano riuscì a limitare i danni spazzando via il gas. Ma adesso dov’era il cebo macao?

Un uomo si presentò dinnanzi a loro. Era un pelleocra e i suoi capelli-aculei erano di un marrone molto scuro, lo stesso di baffi e pizzetto. Portava una fascia sulla fronte di foggia tipicamente piratesca e il suo viso aveva dei tratti gradevoli, con gli zigomi un po’ pronunciati e gli occhi truccati.

Senza dire nulla corse in avanti con un lungo coltello in pugno, deciso ad ingaggiare battaglia. Anna, che non aveva nessuna intenzione di perdere tempo con uno scontro, scatenò un’onda d’urto contro di lui.

Non ottenne alcun risultato.

Colta di sorpresa, la piratessa ci mise un attimo ad elaborare una contromossa e l’aggressore era già ad un passo da lei. La giovane arretrò con un balzo, scansando il coltello del misterioso aggressore, a quel punto però arrivò il grido di Eleonorah: «Anna! Attenta!»

La ragazza non fece in tempo a voltarsi che qualcuno la prese alle spalle, colpendola a tradimento con il suo coltello.

Il primo aggressore svanì nel nulla, rivelandosi per l’illusione che era, ma la cuoca nemmeno se ne accorse. I suoi occhi dorati, ora sbarrati per lo sconcerto, erano bloccati sulla terribile immagine comparsa dinnanzi a lei.

Si udì un tonfo e il cappello di Anna planò in una pozza di fango.

Lo sguardo del capitano dei pirati Bandiera Nera era perso nel vuoto, assente. Era come se nemmeno lei riuscisse a crederci: i suoi occhi stavano osservando il suo stesso corpo senza testa, reso ancora più inquietante dagli zampilli di sangue che uscivano dal collo. Ciò che restava di lei rimase immobile alcuni lunghissimi secondi, barcollò un istante e poi cadde in ginocchio, fino a stramazzare in avanti, riversando sangue a fiotti.

Eleonorah tremava, incapace di una qualsiasi reazione.

Anna era… Anna era…

L’assassino prese la testa della sua vittima e in un attimo corse via, sparendo tra i vicoli di Ga’pai.

La cuoca continuò a fissare il cadavere di quella che era stata il suo capitano. Arretrò di un passo, andando a sbattere contro un muro. Strisciò su di esso fino a quando non fu a terra.

Non riusciva a crederci. Anna non poteva essere… morta.

Finalmente i suoi polmoni si riempirono d’aria e urlò, talmente forte che alla fine le fece male la gola. Avrebbe voluto gridare ancora, chiamare i suoi compagni, ma non riusciva più a muoversi. I suoi occhi erano talmente pieni di lacrime che non riusciva nemmeno a vedere ciò che aveva davanti, ma forse questo era un bene. Si strinse le gambe al petto e nascose il viso sulle ginocchia, rannicchiandosi impotente su se stessa.

Un rumore concitato di passi. Emrad, Francis e Arïth stavano cercando le loro compagne quando avevano sentito il grido, e il presentimento che potesse trattarsi di Eleonorah li aveva spinti ad andare a controllare.

Ciò che trovarono li lasciò paralizzati. Non erano necessarie le competenze mediche di Arïth per capire che non c’era più nulla da fare per Anna.

Ci volle un po’ prima che qualcuno avesse la forza di abbozzare una reazione. Emrad si avvicinò alla cuoca e le mise una mano sulla spalla. Avrebbe voluto fare di più per cercare di consolarla, ma la verità era che perfino lui si sentiva smarrito. Non credeva che una cosa simile sarebbe potuta accadere, avrebbe voluto pensare che si trattava solo di un errore, eppure…

Adesso cos’avrebbero fatto? Ora che Anna “Bandiera Nera” Bedder non c’era più, cosa ne sarebbe stato della sua ciurma?

«Beh, che state facendo?»

Tutti quanti si voltarono di colpo e per un attimo ebbero l’impressione di essere vittima della medesima illusione. Il loro capitano era lì di fronte a loro, su una spalla teneva una persona legata come un salame grazie a delle corde nere, e dalla cintura si allungava una sorta di guinzaglio stretto intorno al collo del cebo macao.

Anna attirò a sé il suo cappello e lo sbatté un paio di volte per togliere lo sporco. Solo allora passò in rassegna i volti increduli dei suoi uomini e sul suo viso apparve un’espressione di sincero stupore. «No, aspettate un secondo. Davvero pensavate che bastasse così poco per farmi fuori?»

Eleonorah balzò in piedi come una molla. «Anna!» E come un treno corse incontro al suo capitano, gettandole le braccia al collo e stringendola forte, al punto che l’uomo legato cadde a terra con un gemito.

«Dai, sto bene, davvero…» provò a dire la piratessa, imbarazzata da quella situazione.

Eleonorah allentò la presa e arretrò di mezzo passo per asciugarsi le lacrime.

«Ecco, questa dovrebbe essere tua.» aggiunse il capitano porgendo la bandana gialla.

La cuoca sbarrò gli occhi e in un impeto di gioia la abbracciò di nuovo, se possibile con trasporto ancora maggiore. «Grazie Anna! Grazie! Grazie!»

La giovane in nero, che evidentemente temeva più gli abbracci prolungati delle coltellate alla gola, rimase per alcuni lunghi secondi bloccata, incerta se abbracciarla a sua volta. Alla fine le diede un paio di pacche affettuose sulla schiena, poco dopo Eleonorah si ricordò che il suo capitano non amava quelle manifestazioni d’affetto troppo appiccicose e quindi si affrettò a lasciarla andare.

Anna si voltò verso i tre uomini della sua ciurma mentre continuava a dare pacche al suo cappello nel vano tentativo di pulirlo meglio. «Come mai siete già qui? Avete trovato qualche lavoro interessante?»

 «“Interessante” sarebbe riduttivo!» esclamò Francis riscuotendosi dal suo stato di shock «Una nave da esplorazione dell’impero nowano inviata nella zona artica ha trovato un uovo di drago marino! L’impero sta già organizzando una piccola flotta per andarlo a recuperare, se riuscissimo a rubarlo, potremmo ricavarci un mucchio di soldi.»

«Anche nello spazio troveremmo sicuramente degli acquirenti interessati.» aggiunse Emrad, che tra tutti era quello meno sorpreso dal ritorno in scena del capitano. «Potremmo già rientrare dei soldi spesi per il talismano di Arïth.»

La giovane non nascose la sua soddisfazione. «Grandioso, allora salpiamo immediatamente! Non possiamo farci sfuggire un’occasione del genere!»

«Anna…» fece il medico «ma quelli…?»

Il cebo macao stava cercando, invano, di liberarsi dal suo guinzaglio a suon di morsi, il sicario invece era legato talmente stretto da non riuscire a muoversi.

La giovane mise un piede sul fianco di quest’ultimo, che non riuscì a soffocare un mezzo grugnito. «Ho pensato che un assassino nella ciurma potrebbe farci comodo, però non ne vuole saperne di collaborare.»

«Capitano… non dirai sul serio…» provò a ribattere Arïth.

«Perché no? Una lama in più fa sempre comodo, e poi questo potrebbe fare fuori chiunque.» ribatté la piratessa, che evidentemente non si considerava parte del “chiunque”.

«Ma è proprio questo il problema!» protestò il medico, indignato.

«Rilassati, non intendo mettere in pericolo i membri della mia ciurma. Ora andiamo, avremo modo di parlarne quando saremo in mare aperto.» Anna sfruttò i suoi poteri per sollevare il sicario e metterselo in spalla, quindi si incamminò verso il molo dove era ormeggiata Tenebra.

Gli altri quattro pirati si scambiarono alcuni sguardi interrogativi, poi, uno dopo l’altro, si accodarono al loro capitano. Nessuno di loro era entusiasta all’idea di condividere la nave con quell’assassino, d’altro canto però non volevano perdere tempo e rischiare così di farsi sfuggire il preziosissimo uovo.


***


Il possente vascello della marina nowana esplose la bordata, inclinandosi di svariati gradi sotto la spinta feroce dei suoi ottanta cannoni. Anna osservò le sfere di metallo che si avvicinavano fischiando e il suo corpo venne pervaso da esalazioni nere. Arretrò il braccio destro e poi lo fece scattare in avanti, la mano aperta: l’aria davanti a Tenebra ebbe un sussulto e le palle di cannone vi si schiantarono sopra, rimbalzando in acqua con scrosci fragorosi.

Ci avevano messo quasi tre settimane per raggiungere quella nave, avevano superato una tempesta e avevano avuto una piccola scaramuccia con un’altra ciurma pirata, ma la parte difficile era adesso.

Una delle due fregate incaricate di scortare la grande nave da guerra provò ad avvicinarsi alla caravella dei pirati Bandiera Nera, ma la piratessa non si fece intimorire e deviò facilmente le due palle di energia che l’imbarcazione aveva sparato contro di loro. Caricò a sua volta sul palmo un denso globo nero come la pece e lo scagliò contro i nemici. La sfera descrisse una lunghissima parabola in aria, schivò un incantesimo d’intercettazione e poi si abbatté sulla fregata. Per un attimo non accadde nulla, poi il globo nero esplose in una miriade di fasci di energia taglienti come lame che fecero a pezzi le vele, squarciarono il legno e dilaniarono i corpi dei marinai.

Nel frattempo, dall’altra fregata partì uno squadrone di uomini alati che provarono a prenderli alle spalle, ma non avevano fatto i conti con Arïth: le abilità in combattimento del medico erano pressoché nulle, tuttavia il talismano Idrag che aveva ottenuto gli permetteva di sfruttare a piacimento l’acqua, ad esempio sparando temibili getti ad alta pressione contro chiunque osasse avvicinarsi.

Emrad era insieme a loro sul ponte della nave, pronto ad ingaggiare battaglia, Francis ed Eleonorah invece si trovavano sottocoperta e si limitavano a tenere d’occhio la situazione. L’uovo di drago marino si trovava a bordo del vascello, difeso da oltre seicento marinai molti dei quali in grado di utilizzare la magia: riuscire a rubarlo sarebbe stata una vera impresa.

Il cebo macao si affacciò oltre la spalla della cuoca e si guardò intorno a sua volta. «Craah, combattivo negoziato!»

Il vecchio pellebruna e la giovane pelleocra non riuscirono a trattenere un mezzo sorriso. Al contrario del suo padrone, Rio – questo il nome dell’animale – era riuscito a conquistarsi la simpatia di tutto l’equipaggio, ciononostante ogni notte tornava da Naadir per dormire al suo fianco.

Uno scossone mise in allerta i pirati. Anna era riuscita a far fuori la seconda fregata e il colpo non era arrivato dal vascello, ma allora cos’era successo?

Emrad fece il giro della nave per assicurarsi che qualcuno non stesse cercando di issarsi a bordo. «Anna, non c’è nessuno qui! Cos’è stato?»

Francis ebbe di colpo un brutto presentimento. Stava per avvisare i suoi compagni quando uno scoppio d’acqua costrinse tutti a voltarsi in quella direzione: un uomo barbuto era appena saltato fuori dal mare ed era atterrato sul castello di prua di Tenebra, zuppo dalla testa ai piedi e pronto alla battaglia.

«Ci rincontriamo, Bandiera Nera!»

Lo stupore di Anna era palpabile. Parsifal Match, l’ex capitano dei Pirati del Vulcano, era lì di fronte a lei, e la cosa che più la lasciava basita era che l’aveva ucciso diversi mesi prima, per la precisione gli aveva strappato gli arti e l’aveva gettato in mare per cercare di dargli una lenta e dolorosa agonia. Perché se lo trovava ancora tra i piedi, e perché sembrava un mezzo pesce?

«Esatto, era proprio la faccia che speravo di vedere.» ghignò il pirata barbuto «Immagino…»

Il pugno d’energia nera lo centrò in pieno viso, rompendogli la mandibola e scaraventandolo di nuovo in acqua.

«Anna, aspetta!» esclamò Francis «Quel tipo non è da solo, sono sicuro che adesso fa parte…»

Il vecchio pellebruna non ebbe il tempo di finire la frase che altri uomini balzarono fuori dal mare, atterrando sul ponte di Tenebra con le armi in pugno. E non erano soli. Molti altri stavano assalendo il vascello della marina, arrampicandosi con sorprendente rapidità sulle sue fiancate per scatenare un devastante assalto a sorpresa.

Fu allora che apparve. In un enorme scoppio d’acqua, una nave uscì dal mulinello che la circondava, rivelando uno scafo di metallo e l’assenza di vele: era un sommergibile vecchio e incrostato, eppure allo stesso tempo futuristico e indistruttibile.

«Lo Scrigno di Davy Jones…» esalò Francis, atterrito, «la nave incantata più potente di tutti i mari…»

«Non mi interessa chi sono!» sentenziò Anna «Buttiamoli fuori dalla mia nave!»

In un attimo scoppiò la battaglia. Gli uomini mezzi-pesce attaccavano con forza, tecnica e tenacia, rivelandosi ben presto dei nemici molto più ostici di quelli che avevano affrontato fin ad allora.

«Anna, questi non sono come gli altri!» esclamò Emrad dopo aver respinto l’assalto di un pirata con una chela al posto della mano sinistra «Queste sono chimere[2]! Non possiamo sconfiggerle tutte!»

La piratessa afferrò la testa di un nemico con un pugno di energia nera e la frantumò come fosse una noce. Odiava rinunciare ai suoi obiettivi e ancora di più odiava scappare, ma sapeva che Emrad aveva ragione. C’erano troppi nemici, restare in quelle acque avrebbe voluto mettere in serio pericolo la vita dei suoi uomini. «Tenebra, ce ne andiamo!»

Subito la nave rispose all’ordine del suo padrone e mosse le vele per cercare di catturare un vento favorevole, ma tentare di fuggire era inutile fintanto che il ponte della nave pullulava di chimere.

Un urlo acuto ruppe la cacofonia della battaglia. Un uomo aveva afferrato Eleonorah con il suo tentacolo e stava cercando di trascinarla con sé in mare.

Emrad non poteva intervenire, era già impegnato a combattere contro tre chimere, e lo stesso valeva per Arïth, Anna poi stava facendo l’impossibile per impedire agli aggressori di distruggere Tenebra. Con una lama corvina mozzò l’arto da calamaro, permettendo così alla cuoca di correre sottocoperta, poi si rivolse a Naadir: «Trecentomila juweel[3] per scacciare questi bastardi dalla mia nave.»

L’assassino non ci mise molto a decidere: «Accetto.»

Le sbarre nere si sciolsero e tornarono ad Anna, l’ex prigioniero invece si mise i piedi. I lunghi giorni di inattività avevano reso il suo corpo pesante e legnoso, ma non aveva tempo per pensare a queste frivolezze. Schivò di lato una sciabola, da una manica tirò fuori un coltello e con micidiale precisione centrò l’occhio sinistro del suo aggressore. La chimera non urlò, non si dibatté, arretrò solo di un passo: gli uomini di Davy Jones erano senza dubbio dei combattenti spaventosi.

 Naadir si gettò a terra e con una capriola raccolse una spada con cui parò il fendente diretto alla sua testa. Con un abile gioco di polso si liberò della pressione del nemico e gli conficcò l’arma nell’altro occhio, trapassandogli il cranio da tartaruga.

Raccolse anche la spada che era del suo avversario e già dovette difendersi da un nuovo attacco. Vide una chimera che balzava sul parapetto, stava per lanciarle contro una spada quando un getto d’acqua la sparò in mare. Senza distrarsi colpì il nemico di fronte con un fendente al viso, saltò su una cassa e con un balzo fu sul cassero di poppa. Tagliò la testa da murena di una chimera, ne sgozzò un’altra prendendola alle spalle e poi si lanciò di nuovo sul ponte, sfruttando una corda per cogliere di sorpresa l’ennesimo nemico.

Naadir non possedeva la forza fisica di Emrad o i poteri di Anna e Arïth, in ogni caso era un guerriero davvero fenomenale che sapeva sfruttare a suo vantaggio ogni caratteristica del campo di battaglia in cui si trovava. Era costato un po’, in ogni caso era un bene averlo come alleato in quello scontro.

I quattro guerrieri diedero fondo a tutte le loro abilità e così, non senza fatica, riuscirono a respingere anche l’ultima chimera di Davy Jones. Tenebra ormai era lontana dallo Scrigno e con ogni probabilità il capitano nemico aveva deciso di lasciarli andare, preferendo concentrarsi sull’uovo di drago marino. A questo proposito, il vascello della marina nowana stava ormai colando a picco e gli uomini dell’equipaggio – i morti così come quei pochi ancora in vita – sarebbero presto diventati cibo per pesci.

Anna si sedette alle spalle della polena, scura in volto. All’inizio credeva cha la principale seccatura sarebbe stata dover uccidere di nuovo l’ex capitano dei Pirati del Vulcano, ma ormai quello era diventato un dettaglio del tutto insignificante. Quel giorno avevano subito senza dubbio la più totale sconfitta nella storia della sua ciurma, e la sua nave ne riportava i segni: il legno nero era pieno di graffi e squarci, il parapetto era stato rotto in più punti e il timone era completamente distrutto, così come le eliche installate da Emrad. Ora l’imbarcazione procedeva a rilento, triste e sbilenca.

Anche i membri dell’equipaggio erano un po’ ammaccati e Arïth si stava occupando di curarli.

«Naadir, se vuoi uccidermi, ti sconsiglio di farlo adesso.» affermò la piratessa senza sollevare lo sguardo «Non sono proprio dell’umore adatto.»

«La scadenza del contratto era tre giorni fa.» ribatté il sicario senza scomporsi «Se anche ti uccidessi, non vedrei un centesimo.»

 «Ah sì? Ottimo, allora dopo discuteremo della tua paga: sei assunto nella ciurma.» Il capitano si alzò e, senza guardare in faccia nessuno, attraversò il ponte. «Mi dispiace ragazzi, ma la prossima volta sconfiggeremo quei bastardi.»

«Erano troppi ed erano chimere.» le fece notare Emrad «Non saremo mai in grado di sconfiggerli.»

Anna si voltò. «E allora dovremo trovare altri uomini, persone in grado di rendere la nostra ciurma ancora più forte. Non ho preso il mare per essere la numero due.» Passò in rassegna i membri della sua ciurma, inclusi Naadir e Rio, che aveva abbandonato il suo nascondiglio per sedersi sulla spalla del suo padrone. Erano delusi, preoccupati, sconfitti. Lei era il capitano, era suo compito risollevare il morale del gruppo. Ma come? «Aaah, chissenefrega!»

Attirò sulla sua mano la testa mozzata di una chimera, si avvicinò al parapetto e la scagliò con forza, talmente tanta che la persero di vista prima ancora che cominciasse a cadere.

«Dite che uscirà dall’atmosfera?» commentò Emrad con un mezzo sorriso.

«Ciurma, anche voi!» ordinò Anna «Prendete qualcosa che non vi piace e gettatela in mare! Non si può vincere sempre, però siamo pirati e quindi non voglio più vedere quei musi lunghi!»

Il primo a muoversi fu il vicecapitano. Prese una strana arma arrugginita un tempo appartenuta ad una chimera e la scagliò con forza fuoribordo, seguendola con gli occhi fino a quando non cadde in acqua. Sospirò. «Effettivamente mi sento meglio.»

Seguendo il suo esempio, anche gli altri membri dell’equipaggio gettarono fuoribordo armi, oggetti o parti del corpo mozzate degli uomini di Davy Jones.

Anche Rio partecipò, lanciando in acqua il tentacolo di quello che aveva cercato di catturare Eleonorah. «Craah, non vi piace!»

«Naadir, anche tu. Ora fai parte dalla ciurma.» gli disse Anna.

«In realtà questa spada non mi dispiace.» ammise il sicario «Preferirei tenerla fino a quando non recupero le mie armi.»

«Ricevuto, come preferisci. Sono a Ga’pai?»

L’uomo annuì. In realtà a Ga’pai c’erano solo quelle che si era portato dietro per uccidere la piratessa, tuttavia non aveva intenzione di rivelare i suoi rifugi.

«Allora vedremo di passarci. Cambiando argomento, Francis, quanti soldi abbiamo?»

«Parecchi, capitano. Diversi milioni di juweel, se la memoria non mi inganna.»

«Ottimo, allora direi che non ci sono problemi. Prima però è meglio che mi prenda cura di Tenebra…»

Anna aprì le mani e subito delle esalazioni corvine cominciarono a fluire dal suo corpo, spargendosi per il ponte, avvolgendo la chiglia e risalendo sui parapetti così come sugli alberi. Ben presto gli altri membri della ciurma ebbero l’impressione di viaggiare su una tetra nave fantasma avvolta in una nebbia completamente nera.

La piratessa chiuse gli occhi per concentrarsi al massimo e nell’aria si diffusero rumori di legno che sfregava, scricchiolii e crepitii. In realtà ci vollero solo pochi secondi, ma all’equipaggio parve durare un’eternità e, quando finalmente il fumo nero di dissolse, rimasero a bocca aperta: Tenebra era stata completamente rimessa a nuovo, l’intero ponte non riportava più un singolo graffio e anche l’assetto era stato perfettamente raddrizzato. Sicuramente anche il timone era stato aggiustato e ora le vele potevano raccogliere al meglio la forza del vento.

«Emrad, il motore lo lascio riparare a te.» disse Anna.

L’uomo rasato annuì. «Appena raggiungeremo un porto, vedrò di dare un’occhiata per capire il tipo di intervento da fare.»

«Francis, voglio che prepari una rotta.»

«Per dove, capitano?»

Anna sorrise. «Un posto dove andare a divertici.»

Il vecchio ricambiò l’espressione. «Con piacere, capitano.»

Anche gli altri membri della ciurma sembravano soddisfatti di quella decisione, e questo rese più sincero il sorriso della piratessa. Dopo una sconfitta come quella che avevano appena subito, la cosa migliore era voltare pagina e ricominciare da qualcosa di piacevole.

Eppure, nonostante il clima rasserenato, c’era qualcuno che ancora si sentiva teso. E non si trattava di Arïth – che pur mantenendo un po’ di sana diffidenza, aveva accettato la decisione del suo capitano – ma bensì di Eleonorah. Era da un bel po’ che si sentiva così, quel dubbio la inseguiva fin da quando si era unita alla ciurma, e la presenza di Naadir non aveva fatto altro che acuire il suo tormento. In particolare da quando, quella sera, era andata a parlare con lui. Avevano lasciato Ga’pai da poco più di una settimana e l’assassino era ancora chiuso nella gabbia di Anna…


Tenebra procedeva lenta, scivolando leggera sul mare calmo e scuro. Il cielo senza lune era l’ideale per rilassarsi e Naadir sembrava profondamente addormentato, tuttavia bastò un leggero rumore di passi per fagli aprire gli occhi. Era Eleonorah.

L’assassino la osservò, come sempre in silenzio, e questa volta la cuoca non si ritrasse, anzi andò verso di lui. Era la prima volta che si avvicinava da sola a quelle sbarre di metallo nero.

«Non ti permetterò di fare del male ad Anna. Lei è mia amica e… e voglio proteggerla! Non ti permetterò di ingannarla!»

Naadir la fissò impassibile. «Stai parlando con me, o con te stessa?»


Con quella semplice domanda, l’assassino era riuscito a lasciarla completamente spiazzata. Dentro di sé aveva sentito crescere la paura di essere scoperta, di dover dire addio a quella ciurma dove credeva di aver trovato degli amici, così era scappata, rifugiandosi sottocoperta.

In realtà non sapeva nemmeno perché avesse sentito il bisogno di andare a parlare con Naadir. No, in realtà lo sapeva: il suo capo ormai stava cominciando a perdere la pazienza e presto avrebbe dovuto prendere una decisione: tradire Anna e i pirati Bandiera Nera, oppure mettersi contro uno dei capitani di Barbanera, con tutto ciò che ne consegue. Aveva cercato in tutti i modi di trovare una scappatoia, magari dicendo che la sua amica non possedeva davvero la Black Soul, ma sapeva che sarebbe stato inutile e che in quel caso avrebbe dovuto dire addio alla ciurma.

«Ehi, tutto bene?»

La voce di Anna la fece trasalire. «Io… Sì, scusa, sono solo un po’ stanca…»

«Beh, Francis ha detto che ci vorrà qualche giorno, quindi avrai tempo per riposarti.» la rassicurò la piratessa.

La cuoca annuì, grata per l’interessamento del suo capitano, ma proprio per questo ancora più preoccupata.

Presto avrebbe dovuto prendere la decisione più difficile della sua vita, e l’unica certezza era che in ogni caso avrebbe dovuto dire addio alle persone a lei più care.



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[1] Il nome di questo animale deriva dal cebo cappuccino, una piccola scimmia, e dall’ara macao, un pappagallo molto colorato.

[2] Nella mitologia greco-romana la chimera è un mostro con tre teste (una di capra, una di leone e una di drago); in biologia invece è un essere vivente nel cui corpo sono presenti cellule geneticamente distinte.
In TNCS il termine assume il secondo significato.

[3] Il valore di 100 juweel è paragonabile a quello di 1 euro.

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