Virginian

di Triz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ventitré aprile ***
Capitolo 2: *** Concerti in privato ***
Capitolo 3: *** Di viaggi straordinari e fossette ***
Capitolo 4: *** Il ballo di Danny ***
Capitolo 5: *** Eco ***
Capitolo 6: *** Nella tempesta ***
Capitolo 7: *** Perdere ***
Capitolo 8: *** Il tenente tedesco ***
Capitolo 9: *** Musica silenziosa ***
Capitolo 10: *** Wibbley Wobbley ***
Capitolo 11: *** Dama ***
Capitolo 12: *** Tre gradini e poi... ***
Capitolo 13: *** 121 e 112 ***
Capitolo 14: *** Le cose come si deve ***
Capitolo 15: *** Musica ***
Capitolo 16: *** Necrologio ***
Capitolo 17: *** Un posto nell'aldilà ***
Capitolo 18: *** La prova del nove ***
Capitolo 19: *** Do not disturb ***
Capitolo 20: *** Capire ***
Capitolo 21: *** Un uomo diverso ***
Capitolo 22: *** Il lato positivo ***
Capitolo 23: *** Please don't go ***



Capitolo 1
*** Ventitré aprile ***


Ventitré aprile
 
Prompt: Perchè, nonostante tutti questi anni Tooney ci ripensa a Novecento e si chiede se in qualche modo sarebbe stato possibile salvarlo.

Il ventitré aprile di ogni anno, al porto di Plimouth, un vecchio si sedeva di fronte al mare e se ne stava lì a pensare.
La gente che lì viveva e lavorava ormai lo sapeva, tant'è che spesso le mamme vietavano ai loro figli di avvicinarsi a lui e le coppiette non si mettevano nella stessa panchina per paura di disturbare.
Nessuno, però, sapeva perché quella data precisa e neppure cosa pensasse quell'uomo quando si sedeva, ma la verità era che non avevano né il tempo né la voglia di chiederglielo.
Sarebbe bastato un pizzico di entrambe per scoprire che Tim Tooney si sedeva a pensare perché non aveva più la vecchia tromba, altrimenti avrebbe improvvisato tante di quelle note da non rimpiangere più quello che non aveva potuto fare con Novecento.
Perché era esattamente questo che faceva: pensava al Virginian, pensava a Novecento, alle sue mani sui tasti del pianoforte, alla sua musica che canticchiava persino a bocca chiusa, ai suoi occhi blu come l'Oceano che aveva sotto i piedi, pensava alle tante occasioni perdute con lui e fantasticava su una vita sulla terraferma che quel maledetto ventitré aprile stroncò prima ancora che nascesse.
Pensava a questo, Tim Tooney, e pensava a quanto ancora avrebbe potuto fare per salvare Novecento da un destino che aveva già deciso e scritto di suo pugno.

(223 parole)

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Capitolo 2
*** Concerti in privato ***


Concerti in privato

Prompt: Concerti in privato

Quello della sua prima e burrascosa notte sul Virginian non fu l'ultimo concerto privato che Novecento concesse a Tim durante la sua permanenza sulla nave.
Tra una tarantella in terza classe e un valzer nella prima, quei concerti erano aperti solo a Tim Tooney ed era in quelle occasioni che Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento sfoderava la sua musica migliore.
La più bella, quella che voi fareste suonare a tutto volume per la persona più importante del vostro universo, Novecento la suonava a Tim ogni volta che lo vedeva.
Non voleva impressionarlo, non mirava alle sue lodi o a chissà che altro: Novecento voleva soltanto che Tim capisse.
E il trombettista Tim Tooney lo capì quattro anni dopo il suo arrivo, quando fece i complimenti al suo pianista con un bacio sulle labbra.

 
(134 parole)

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Capitolo 3
*** Di viaggi straordinari e fossette ***


Di viaggi straordinari e fossette

Prompt: Non c'era nessuno che volava come lui. Aveva sempre vissuto su una nave, eppure riusciva a volare in città che non aveva mai visto. Oh, quanto avrebbe voluto accompagnarlo nei suoi viaggi.

A volte, quando Novecento non se ne accorgeva, Tim lo osservava di nascosto mentre suonava.
Si sedeva, metteva le mani sulla tastiera e si dimenticava di tutto il resto, troppo occupato a viaggiare chissà dove al di là della sua mente: qualunque cosa gli fosse successa - avrebbero potuto sollevarlo di peso e portarlo via -, Novecento non si sarebbe accorto di niente
Tim lo vedeva negli occhi di Novecento quando lui si estraniava dalla realtà, socchiusi e spesso fissi su un particolare insignificante che però non vedeva. Per gli altri, poi, era uno spasso assistere a una loro conversazione quando Novecento smetteva di suonare.
«Dov'eri?».
«Eh?».
«Dov'eri? Con la testa, dico».
«Ero qui, Tim, insieme al resto del corpo».
«Dagli occhi non sembrava».
«Dici? Oh, allora non lo so» rispondeva Novecento dopo averci riflettuto un po'.
E la storia si ripeteva ogni giorno, ogni notte, in ogni occasione in cui Novecento si metteva al pianoforte.
Poi un giorno, dopo un solo in cui aveva fatto note meno normali del solito, Novecento si avvicinò a Tim: «Prima che tu me lo chieda, ero con te» disse.
«Con me? Sul serio?» domandò Tim meravigliato e Novecento annuì.
«Abbiamo bevuto birra in un pub irlandese e poi tu hai cominciato a ridere. Ti ho mai detto che mi piace quando ridi? Ti vengono delle fossette qui» e indicò le guance di Tim: «E così fai ridere anche me. È stata proprio una bella giornata».
«Sì, anche per me» commentò Tim e commosso gli diede una pacca sulla spalla.

 
(256 parole)

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Capitolo 4
*** Il ballo di Danny ***


Il ballo di Danny

Prompt: Su quello che suonava lui avrebbe ballato per sempre.

Il pianoforte era tutta la sua vita, ma ballare era l'unica altra cosa che Novecento amasse fare con tutto il cuore.
Non era un ballerino professionista, la sua capacità di muoversi al ritmo della musica non era neanche lontanamente alla pari di quella di suonare, ma più di una volta Tim aveva sorpreso Novecento muovere qualche passo in solitudine nella sua cabina.
A far ballare gli altri era il numero uno, certo, ma per far ballare lui...
«Novecento, solo un giro, dai!».
«Non so, Tim, e qui?» chiedeva perplesso indicando il pianoforte.
«Posso pensarci io» disse Stevie, il pianista che di solito occupava il posto di Novecento quando era malato.
«Va bene, Tim, ma ballo solo con te».
E Tim ci aveva provato a fargli cambiare idea - insomma, due uomini che ballano insieme! -, ma Novecento aveva passato un'intera vita a infischiarsene delle convenzioni sociali, quindi perché cominciare proprio quella sera?
Pur essendo bravo, Stevie non era ai livelli di Novecento, e il pianista aveva anche pestato un paio di volte i piedi di Tim, ma il trombettista avrebbe ripetuto infinite volte quel giro di valzer così speciale.

 
(189 parole)

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Capitolo 5
*** Eco ***


Eco

Prompt:  Lui non suonava mai a terra, ma la sua musica risuonava ovunque andasse.

Sul Virginian, prima o poi, tutti - dall'ultimo macchinista al riccone della prima classe - avevano modo di ascoltare la musica di Novecento.
Quando alla fine del viaggio i passeggeri scendevano a terra, raccontavano in giro del pianista fenomenale che aveva suonato di tutto e di più.
«Proprio così, ti dico, e faceva... Aspetta, com'era?» dicevano tutti e a bocca chiusa, anche stonando un po', canticchiavano le note che Novecento credeva che loro volessero sentire.
Tim Tooney non era stato diverso da tutti gli altri, anzi.
Per lui, non c'era giorno e notte in cui la musica del suo amico pianista non ritornasse alla memoria: bastava un niente - una battuta di uno sconosciuto o un gesto quotidiano - perché un brano non riprendesse a suonare, come se Novecento avesse preso dimora nel suo cervello e stesse suonando da lì.
Come quel mattino in cui, di ritorno dalla sua passeggiata quotidiana, vide quella ragazza dai capelli scuri prendere in braccio il proprio bambino in lacrime e canticchiargli nell'orecchio quella canzone...
Se Novecento fosse stato lì, si sarebbe subito ricordato di Lou, la bambina di cinque anni che in terza classe gli stava sempre appiccicata e lui, per farla addormentare, suonava esattamente quelle note.
Se Novecento fosse stato lì...
«Signore, è tutto a posto?» chiese la Lou ormai grande guardando Tim con sospetto.
«Eh? Ah, sì, sì, grazie».
E Tim se ne andò, con la consapevolezza che, come una condanna o forse una benedizione, avrebbe continuato ad ascoltare l'eco della musica di Novecento.

 
(252 parole)

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Capitolo 6
*** Nella tempesta ***


Nella tempesta

Prompt: Quando Novecento suonava sembrava quasi che ballasse, tutti restavano ad ammirarlo, ma solo Tim aveva il permesso di ballare con lui mentre fuori imperversava la bufera.

Era mattino presto, ma dal cielo color piombo e dall'oceano in subbuglio c'era da aspettarsi una tempesta con i fiocchi. Novecento e Tim erano da soli sul ponte, mentre da lontano un piccolo gruppo di signori della prima classe cominciava a lamentarsi del freddo pungente che li investiva.
Poi Novecento diede a Tim un bacio sul collo, uno di quelli che al suo trombettista piacciono tanto, e uno dei signori li aveva visti reagendo con una smorfia disgustata.
A Novecento, che gli aveva chiesto perché di quella reazione, Tim se ne era uscito con un: «Sai, Novecento, quelli come noi non piacciono a molte persone che vivono sulla terraferma».
Per Tim la questione era morta lì, ma lo stesso non si poteva dire per Novecento.
Ci pensò per tutto il giorno, mentre suonava e persino mentre era in bagno, e ogni volta che guardava Tim con la voglia di dargli un altro dei suoi baci rivedeva quell'uomo ben vestito che storceva la bocca come se si fosse trovato davanti a un pessimo piatto.
E fu così per tutto il giorno, mentre fuori l'Oceano si preparava a far ballare il Virginian.

«Novecento, non mi hai parlato per tutto il giorno, si può sapere che c'è?».
Novecento non alzò gli occhi e continuò a suonare la tarantella, mentre Tim faceva di tutto per reggersi sul seggiolino del pianoforte che scivolava in lungo e in largo. Attraverso le vetrate, l'Oceano e il vento urlavano nel nero della notte.
«Ha per caso a che fare con il tizio di stamattina?».
Tim lo conosceva troppo bene, eppure non erano passati nemmeno tre anni da quando era salito per la prima volta sul Virginian: Novecento rallentò il tempo della musica e fissò Tim negli occhi, ricordandosi di una cosa che il vecchio Danny gli aveva detto da piccolo.
«Quando qualcuno ti guarda male, ragazzo, significa che gli rode il fatto di non essere come te».
"In culo quell'uomo e la terraferma, allora!" pensò Novecento sorridendo a Tim e avvicinandosi al suo viso per...
CRASH!
«Voi due! Giuro su Dio che prima o poi vi ammazzo!» berciò furibondo il capitano del Virginian.

 
(355 parole)

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Capitolo 7
*** Perdere ***


Perdere

Prompt: "And the more | I hide I realize | I'm slowly losing you," (Skillet, Comatose)
Note: Partecipa alla sfida La corsa delle ventiquattro ore indetta su Facebook.

Tim Tooney non disse subito a Novecento che quell'anno avrebbe lasciato il Virginian per sempre.
Nel profondo del suo cuore, Tim credeva - o meglio, sperava - che ciò che Novecento provasse per lui fosse più forte del suo attaccamento alla nave.
Capì di essersi sbagliato quando preparò le valigie davanti ai suoi occhi nella cabina.
«Novecento, seguimi sulla terra» disse Tim indossando il cappotto: «Si tratta di pochi gradini, poi potremo stare insieme anche sulla terraferma».
«Perché? Qui non ti piace?».
Tooney sospirò e non provò nemmeno a rispondergli - davanti a cento risposte, Novecento avrebbe trovato centouno obiezioni.
Lasciò che Novecento lo abbracciasse, poi si mise il cappello e perse il suo pianista per sempre.
 
(108 parole)

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Capitolo 8
*** Il tenente tedesco ***


Il tenente tedesco
Prompt: "And I will find the enemy within | Because I can feel it crawl beneath my skin" (Breaking Benjamin, Dear Agony)
Note: Partecipa alla challenge La corsa delle ventiquattro ore indetta su Facebook.

Durante la guerra, quando il Virginian divenne un ospedale galleggiante, fu pescato dal Mediterraneo e fatto prigioniero un tenente tedesco di nome Tobias.
Ciò che a Novecento interessava di più di lui era che, prima della guerra, Tobias era un trombettista di un certo talento e per questo gli ricordava Tim Tooney.
«E qvesto tuo amico dofe sarebbe?» gli domandò Tobias in un inglese stentato quando Novecento gli fece notare questa cosa e il pianista alzò le spalle.
«Non lo so, ma spero che non sia morto».
«Beh, allora defe essere proprio speciale, per te!».
"Non sai quanto" pensò Novecento riprendendo a suonare per lui, ma non lo disse.

 
(104 parole)

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Capitolo 9
*** Musica silenziosa ***


Musica silenziosa
 
Prompt: L'ultimo brano, peccato non avere un pianoforte!

E anche Tim se ne era andato.
Novecento sapeva benissimo che sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrebbe visto e non voleva che se ne andasse piangendo: ricordava ancora, infatti, l'ultima sera in cui avevano suonato insieme, quando si era messo a piangere durante l'assolo.
Voleva ricordarlo con un sorriso - per questo gli aveva raccontato quella scemenza sull'aldilà - e ora era rimasto solo.
Ora sì che un bel pezzo finale ci sarebbe stato da Dio.
Ma avevano portato via tutto, persino quel terribile pianoforte verticale in terza classe: come diavolo avrebbe fatto, ora, a suonare il suo ultimo brano?
Un'idea lo illuminò e sorrise.
Si sedette sulla carica di esplosivo, chiuse gli occhi e immaginò, come aveva sempre fatto: immaginò di avere i tasti bianchi e neri del pianoforte sotto le dita, sorrise e suonò la musica silenziosa che aveva nella sua testa.
La prima esplosione coincise con l'accordo finale.

 
(152 parole)

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Capitolo 10
*** Wibbley Wobbley ***


Wibbley Wobbley

Prompt: Mi piace spendere del tempo insieme a te.

«Leggiamo insieme stanotte, ti va?» aveva proposto Novecento prima di esibirsi in prima classe.
Il trombettista Tim Tooney, da bravo fessacchiotto illuso quale era, si era convinto che quel pianista eccentrico che aveva appena conosciuto fosse anche un tipo acculturato, oltre che un ottimo musicista, e magari amasse persino quei grandi classici che Tooney aveva imparato a odiare a scuola, con grande disappunto della maestra di turno.
Il lettore può quindi immaginare la perplessità di Tim quando, alla cabina di Novecento, lo vide con una pila di vecchi giornali sul letto e nessun libro in giro.
«Non hai detto che avresti voluto leggere insieme a me?».
«Infatti» annuì Novecento e aprì il primo giornale della pila sulle pagine delle corse dei cavalli.
Fu in quella sera che Tim capì cosa intendesse Novecento per letture serali: seduto a cavalcioni sull'unica sedia della cabina e con una mano appoggiata sul pugno chiuso, Tim sentì Novecento trattenere a stento le risate man mano che leggeva i nomi idioti che ricconi altrettanto idioti avevano affibbiato ai loro campioni da corsa.
E quella sera di letture non fu nemmeno l'ultima.
«Mi leggi qualcosa tu stasera, Tim?» domandò Novecento sei mesi dopo quando lo accolse nella cabina.
«Eh, uhm, okay» rispose lui spiazzato e si sedette sul letto, con il giornale tra le mani e la testa di Novecento sulle ginocchia.
«Allora, primo Mickey Mouse - ma come diavolo fai a chiamare un cavallo come un cartone, dico io -, seguito da Lucilla Mirtilla - davvero? Ma che razza di nome è? - e da Glassa al Cioccolato».
«Glassa al Cioccolato è divertente, dai!» commentò Novecento.
«Vabbè, sarà, poi... uhm, Come Va Va, Ruota Panoramica e ultimo - questa devi proprio sentirla, Novecento - Wibbley Wobbley!».
Il nome Wibbley Wobbley doveva averlo parecchio divertito se Novecento arrivava a tenersi la pancia dal ridere: «Mi piace, sai?» disse tra le risate.
«Cosa, Wibbley Wobbley?».
«Ma no, passare il tempo con te così, senza suonare» ribatté guardandolo a lungo negli occhi scuri, poi allungò una mano e prese un altro giornale: «Su, basta, passiamo a un altro» gli disse.
«D'accordo, agli ordini!» disse Tim con sarcasmo, poi aprì il giornale con un grande fruscio per darsi un'aria di importanza e cominciò a leggere: «Primo classificato Nuvole Rosa, seguito da Sorbetto al Limone, da Ragion Veduta e da...».
Da nessun altro, perché Novecento ne aveva approfittato per schiacciare un pisolino.
"Proprio adesso che devo andare in bagno, 'sto cretino!" pensò Tim sbuffando.

 
(413 parole)

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Capitolo 11
*** Dama ***


Dama

Prompt: Fai quel gioco con me, Novecento.

«Dio santo, Novecento, no! Non così!» lo rimproverò Tim Tooney scuotendo la testa. Novecento poteva anche essere il più valido pianista del mondo, ma a giocare a dama era una schiappa come pochi.
«Cos'ho sbagliato?».
«Non dovevi muovere quella, ma questa!».
«E perché?».
«Perché era un'ottima strategia per vincere, va bene? Forza, ricominciamo!» mugugnò Tim ordinando i pezzi sulla scacchiera. Sarebbe stata un'ardua impresa fare di Novecento un discreto giocatore prima del torneo dell'indomani sera organizzato in prima classe sul Virginian, torneo a cui il pianista aveva accettato di iscriversi solo per una semplice curiosità.
«Inizia tu, Novecento».
«Perché proprio io?».
«Ah, Cristo!» esclamò Tim al colmo dell'esasperazione.

* * *

«Novecento, sono io» disse Tim bussando alla porta della sua cabina: «Ti va di fare una partita a dama, stasera?».
Sapevano entrambi che la partita era solo una scusa stupida: per Tooney, quella era la sua ultima sera e non gli andava di passarla da solo perché Novecento non aveva preso bene la notizia che Tim sarebbe sceso per sempre dalla nave.
«Possiamo anche non giocare a dama, se vuoi» aggiunse Tim continuando a bussare, poi alzò gli occhi al cielo e diede un calcio alla porta: «Oh, per l'amor del cielo, apri questa cazzo di...».
La porta della cabina si aprì e Novecento, con la testa inclinata da un lato e un sorriso triste, accolse Tim a braccia conserte.
«Chi comincia, tu o io?».

 
(236 parole)

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Capitolo 12
*** Tre gradini e poi... ***


Tre gradini e poi...

Prompt 1: Scenderesti se ci fossi io al tuo fianco?
Prompt 2: Ultimi istanti.
Note: Questa what if? è nata dall'unione dei fill di due prompt distinti

«Tim, perché ci stanno guardando?» domandò Novecento timidamente alla vista di tutti quegli operai che lo fissavano allibiti.
«Non so, Novecento, forse perché non credevano che tu fossi realmente nascosto sulla nave?» buttò lì Tim con sarcasmo, ma Novecento non sorrise.
Scendere ogni gradino sembrava una tortura per lui: continuava a guardarsi indietro e, se non ci fosse stato Tim Tooney a tenergli la mano, probabilmente sarebbe tornato di corsa dentro la nave ormai allo sfascio.
«Novecento, mancano solo altri tre gradini, coraggio» lo incitò Tim mettendogli un braccio attorno alle spalle.
«E dopo i tre gradini?».
«Ci penseremo quando sarà il momento, okay?».
Novecento esitò ancora e con un rapido movimento si liberò dalla presa di Tim.
"Ti prego, Signore, se esisti, fa' che non torni sulla nave" pregò il trombettista trattenendo il respiro "L'Apocalisse, un fulmine, qualsiasi cosa, ma Novecento di nuovo su quella maledetta nave no, ti prego".
E, se non Dio, qualche santo doveva aver ascoltato Tim Tooney, visto che Novecento afferrò di nuovo la sua mano e scese con lui i tre gradini rimasti.

* * *

Erano passati trentotto anni da quei tre gradini.
Trentotto lunghissimi e faticosissimi anni, fatti di alti e bassi come per ogni coppia che avesse vissuto insieme così a lungo, ma almeno Tim non aveva dovuto vederlo saltare in aria sulla nave.
Ma poi era arrivato, il giorno in cui Novecento prese le sue cose e levò per sempre le tende da questo mondo: era il primo dell'anno e, come sempre, avevano festeggiato l'ottantatreesimo compleanno di Novecento ammirando i fuochi d'artificio che si vedevano in tutta la loro bellezza dal terrazzo del piccolo appartamento dove vivevano. Quando festeggiava il suo compleanno, di solito, Novecento diventava cupo e silenzioso e non ci voleva un genio per capire dove andasse il suo pensiero in quei momenti.
Ma quella sera fu molto diverso.
«Grazie Tim».
«Di che?».
«Di aver sceso quei tre gradini con me, quel giorno» disse Novecento: «Non ce l'avrei mai fatta da solo».
Commosso, Tim lo aveva baciato sulla guancia rugosa e Novecento aveva suonato per lui, dimostrando che potevano passare anche secoli, ma le sue dita avrebbero continuato a donare al suo trombettista la musica più straordinaria che avesse mai sentito.
Si addormentarono insieme, ma al mattino fu solo Tim Tooney a svegliarsi.

Guardava i fuochi d'artificio dalla finestra della camera d'ospedale.
Non aveva mai preso bene la morte di Novecento - non l'avrebbe mai presa bene - e la sua salute che andava sempre più a farsi benedire ne era una più che valida dimostrazione.
Guardava i fuochi d'artificio, ma dalla sua bocca non uscirono lodi per quel meraviglioso spettacolo colorato: Tim Tooney stava raccontando una storia, la storia di uno straordinario pianista e del forse un po' meno straordinario trombettista che lo amava, a un infermiere di nome Jack Dodgeson, sua unica compagnia per quella sera.
«Sembra una storia assurda, signor Tooney, lo sa?» commentò Jack con un sorriso.
«Lo è, infatti, eppure è la verità».
«E perché la racconta a me?».
«Perché una volta Novecento mi disse che non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla» mormorò Tim e al pensiero del suo amato pianista sorrise: «Lo dica, Dodgeson, lo dica al suo "amico", il dottor Morris» aggiunse e Jack arrossì.

Timothy Joseph Tooney fu dichiarato morto alle 9:34 del primo gennaio del 1984.

 
(567 parole)

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Capitolo 13
*** 121 e 112 ***


121 e 112
Prompt: Novecento/Fem!Tim: La volta in cui si presentò alla cabina di Novecento.

Thea Tooney non era una donna come le altre.
Era una trombettista, e solo questo le aveva attirato le perplessità di genitori, amici, parenti e molti musicisti che le avevano riso in faccia non appena lei si presentava alla porta di questa o quella band per chiedere il posto da trombettista che cercavano.
Il Virginian e la sua band rappresentavano un nuovo inizio per lei e per la sua tromba, o almeno Thea lo credette finché non fu accolta alle prove della band con i fischi degli altri colleghi: l'unico che non ridacchiava di lei in quei tragici pomeriggi era il pianista, ma quello aveva un'aria talmente svampita che Thea non lo considerò neppure.
La sua prima serata fu un vero incubo, non riuscì a fare un assolo degno di questo nome e, una volta finito il concerto, si scolò d'un fiato due brandy e progettò di fare le valigie per scendere alla prima occasione dalla nave: i suoi passi affrettati risuonarono sul parquet dei corridoi mentre si dirigeva verso la sua cabina. Thea aprì la porta e trovò Novecento, il pianista della band, mentre si slacciava il cravattino e quella fu l'ultima goccia.
«Oh, grandioso, siamo passati anche agli scherzi nella cabina?».
«Cosa?».
«Ah, ah, molto spiritoso, davvero, FUORI!».
«Ma che caz...».
«Sparisci dalla mia cabina o ti faccio sparire io!».
«La tua cabina?» riuscì a dire Novecento, poi inarcò le sopracciglia e sorrise, colto da un'improvvisa illuminazione: «Ci deve essere uno sbaglio, questa è la mia cabina».
«No, no, no, vedi? La mia cabina è la 121 e questa è...».
Rimase interdetta quando lesse il numero 112 sulla porta: fissò a bocca aperta Novecento, poi la porta e ancora il pianista, poi fece l'unica cosa sensata contro la frustrazione di quei sette giorni d'inferno.

 
*

Il vecchio Danny aveva spiegato a Novecento che le donne erano una stranezza a parte in questo mondo, ma non aveva avuto il tempo di entrare nel dettaglio: Novecento, dunque, non seppe cosa fare con la nuova arrivata della band che ora stava piangendo come una fontana davanti alla sua cabina. Pensò che, forse, il motivo fosse uno scambio di cabine di cui il pianista era all'oscuro e, convinto di questo, decise di prendere in mano la situazione.
«Senti, Thea, se è per le cabine...».
«Fanculo le cabine!» mugugnò lei tra i singhiozzi e, mentre tirava fuori un fazzoletto dalla tasca, mandò a quel paese gli altri ragazzi della band, il Virginian, il mondo e anche se stessa, che era stata così idiota da credere che con il culo sull'oceano sarebbe stato diverso.
Novecento si guardò la punta dei piedi e poi fissò Thea mentre si soffiava il naso: poverina, quelli della band erano stati poco gentili con lei in quei giorni e lui che pensava solo alle cabine!
«Thea».
«Che vuoi?».
«Sto andando in terza classe a suonare, vuoi venire con me?».
Thea si asciugò gli occhi, si rimise il fazzoletto in tasca e annuì, pensando che a parte frignare come una bambina non le restasse molto da fare per quella sera.
Prese il braccio di Novecento e si lasciò guidare da lui fino alla terza classe, così come accadde per tutte le sere dei sei anni che seguirono.

 
(537 parole)

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Capitolo 14
*** Le cose come si deve ***


Le cose come si deve
Prompt: Fem!Novecento/Tim, "Non credi che dovresti scendere per provare a trovare un marito?"
"Ma un marito io ce l'ho già, Tim."

«Non credi che dovresti scendere per provare a trovare un marito?».
«Ma un marito io ce l'ho già, Tim».
Tim Tooney rischiò di strozzarsi con il pranzo a causa di quelle parole: Denise Boodmann T. D. Lemon Novecento sposata? E con chi? Da quando?
«Ah, davvero?» emise lui riprendendo a respirare normalmente.
«Certo, io e te siamo sposati, no?».
Tim rise davanti alle parole piene di ingenuità della pianista: non conosceva Denise sin da bambina e, quindi, non aveva la più pallida idea di cosa Danny o chi per lui le avesse insegnato a proposito del matrimonio e di quelle cose là.
Decise, perciò, di spiegarglielo lui in quel momento.
«Vedi, Novecento, noi non siamo sposati».
«Dici sul serio?».
«Ovviamente».
«E perché non siamo sposati?».
«Perché, ecco, non abbiamo fatto le cose come si deve».
«E quali sono le cose da fare come si deve?».
«Dobbiamo parlarne per forza adesso?».
Novecento annuì, spinse via il piatto e, con i gomiti sul tavolo, si mise il viso tra le mani in attesa di sentire le grandi parole di Tim Tooney a proposito delle cose come si deve. Il trombettista sospirò - chi lo aveva infilato in quella conversazione del cavolo? - poi si pulì la bocca con il tovagliolo e cominciò a spiegare.
«Tanto per cominciare, bisogna fare la proposta di matrimonio»
«La proposta di matrimonio?».
«Sì, e ci sono la cerimonia con amici, parenti, abito bianco, abito nero e quelle cose là».
«Okay, poi?».
«Poi si fanno le cose da coppia sposata, si sta un po' insieme...».
«Anche noi stiamo insieme».
«Sì, ma non in quel senso».
«Uhm, e poi?».
«E poi si fanno i bambini e si crescono».
«Tutto qui?».
«A grandi linee, sì».
Novecento tacque pensierosa, mentre Tim riprendeva a mangiare. La questione sembrava chiusa lì, eppure...
«Tim».
«Sì?».
«Mi vuoi sposare?».
E Tim Tooney rischiò per la seconda volta di strozzarsi con il cibo.

 
(317 parole)

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Capitolo 15
*** Musica ***


Musica
Prompt: Suonare era il loro modo per stare insieme. Anima e corpo.

Tra le cose che condizionavano il loro rapporto, la musica meritava un posto d'onore.
Probabilmente Tim e Novecento non avrebbero mai potuto incontrarsi se lo zio del trombettista non avesse regalato lo strumento a Tooney e se il pianista non avesse sfiorato quei tasti bianchi e neri per la prima volta a otto anni.
La musica li aveva resi quelli che erano, li aveva fatti incontrare sul Virginian e li aveva fatti conoscere durante quella notte di tempesta.
Quando Novecento ci arrivò dopo una notte particolarmente insonne, gli sembrò di aver raggiunto l'illuminazione divina. A Tim Tooney, che fu svegliato da Novecento per questa cosa, sembrò che il suo fidanzato fosse ubriaco o avesse tutte le rotelle fuori posto.
Ma quella rivelazione cambiò del tutto il loro modo di suonare insieme: non che lo facessero in un modo migliore rispetto a prima, ma quei duetti e quegli assoli - quelle note poco normali - divennero più straordinari di quanto già non fossero.

(162 parole)

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Capitolo 16
*** Necrologio ***


Necrologio
Prompt: Quando il Virginian fu distrutto Tim rimase tutto il tempo a guardarlo.

Novecento è morto.
Con il groppo in gola che rischia di soffocarlo, Tim Tooney non riesce a pensare a nulla di diverso da questo.
Un pianista straordinario, che avrebbe potuto fare meraviglie premendo un solo tasto del pianoforte, era saltato in aria assieme a quella carcassa di nave che ora finiva di bruciare in mezzo all'oceano.
Ma Tim sapeva che Novecento non era solo questo.
Lui era molto di più: lui e le sue teorie strampalate, le sue abitudini altrettanto bizzarre, la sua testa straordinaria e le incredibili danze sull'oceano in burrasca. E poi le mani che sfioravano i tasti, gli occhi che sembravano scavare nella sua anima alla ricerca di chissà cosa, i tratti dolci del suo viso...
Tutto questo non c'era più.
E per quanto Tim sperasse che non fossero veri quei resti che fissava da minuti interminabili, niente e nessuno avrebbe potuto mai cambiare questo stato delle cose.

 
(151 parole)

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Capitolo 17
*** Un posto nell'aldilà ***


Un posto nell'aldilà
Prompt: "Terrò un posto per te, di là, Tim. Vieni quando sei più comodo."
Tim aveva pianto dopo che Novecento era morto, davanti ad una tomba invisibile.
"Ci vedremo tra tanto tempo, Novecento."

Note: Non prendete sul serio la parte centrale.

Tim avrebbe voluto tanto telefonare a sua sorella Kat: lei, che se ne intendeva di linguaggio dei fiori, avrebbe sicuramente trovato quello che avrebbe significato "Perché non sei sceso da quella nave, pezzo di merda?".
E la cosa più brutta in tutta quella situazione era che Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento non aveva nemmeno uno straccio di tomba su cui appoggiare quell'ipotetico mazzo di fiori: tra l'altro, perché riservare un posto al cimitero per uno che, almeno in via ufficiale, non era mai esistito?
Tim si era dovuto accontentare, dunque, di una panchina del porto per piangere davanti a quella grande tomba d'acqua che era l'oceano, aspettando che la morte arrivasse anche per lui.

L'aldilà era un posto veramente strano.
C'era tanta gente insolita da conoscere e altrettanta che era meglio evitare, ma il più strano di tutti era sicuramente il pianista che, appena arrivato, aveva causato non pochi grattacapi all'ingresso.
Già da quando aveva constatato di avere entrambe le braccia tutte intere si capiva che non era proprio normale; aveva raccontato una curiosa storia a proposito della sua nascita su una nave che poi era esplosa con lui dentro e, dopo una lunga via burocratica, aveva potuto finalmente mettere piede nell'oltretomba.
Però c'era da ammettere che suonava veramente bene: i suoi concerti, che teneva spesso per la gioia di tutti i presenti, compensavano del tutto le sue numerose stranezze, una delle quali riguardava il posto che teneva sempre libero vicino a sé.
A chi chiedeva per chi fosse quel posto sempre libero, Novecento - questo era il nome del pianista - rispondeva che si trattava di una persona estremamente importante per lui, a cui aveva promesso prima di morire che lo avrebbe aspettato per tutto il tempo che gli sarebbe servito e che non sapeva quando sarebbe arrivata.
«Spero il più tardi possibile» concludeva sempre e i suoi interlocutori, spesso, si scambiavano gomitate e risatine davanti al suo lieve rossore.

 
(322 parole)

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Capitolo 18
*** La prova del nove ***


La prova del nove
Prompt: "Tim è riuscito a tirare Novecento fuori da quella nave. Novecento ha imparato ad amare la terraferma se c'era Tim accanto a lui"

«Allora, Novecento, tutto chiaro?».
«Sì, certo».
«Ripetilo, allora».
«Non devo dire a tua madre che io e te stiamo insieme, nemmeno un cenno».
«Ecco, bravo» rispose l'altro e fece per suonare il campanello. Tim non vedeva sua madre dal giorno in cui era partito per Plymouth per far scendere Novecento dal Virginian, occupato com'era a spiegare a Novecento come funzionasse il mondo della terraferma: il pranzo dalla signora Tooney era la prova del nove, dopo la quale Novecento sarebbe stato abbastanza solido da poter girare il mondo sulle proprie gambe.
Ovviamente, dato che la terraferma non era come il Virginian, la prova si sarebbe superata solo se Novecento non avesse accennato nemmeno per sbaglio alla sua relazione con Tim: due uomini che stanno insieme, gli aveva sempre detto il trombettista, di solito non erano ben visti.
«Speriamo che tutto vada bene» mormorò Tooney dopo un momento.
«Io sono ottimista, Tim, secondo me andrà alla grande».
«Tu dici?».
«Se ci sei tu vicino a me, nulla può andare storto, no?».
Tim sorrise e gli diede una pacca sulla spalla, mentre la signora Tooney apriva la porta.

 
(185 parole)

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Capitolo 19
*** Do not disturb ***


Do not disturb
Prompt: Ogni volta che prova ad aprire il proprio cuore a Novecento arrivano degli ospiti ad interromperli! 

«Ehi, Novecento, ti va di suonare?».
«Tooney, muovi le chiappe che ci sono le prove!».
«Voi due, vi vuole il comandante!».
Tim Tooney prese in seria considerazione l'idea che, sul Virginian, tutti stessero complottando contro di lui: prendeva in disparte Novecento, dopo aver riportato sul collo la sua testa tra le nuvole, e quando tentava di aprire bocca e dichiararsi eccolo che arrivava, lo stronzo di turno, per mandare all'aria tutto quanto.
E Novecento, il suo adorato bastardo, sembrava goderci di questa cosa: sorrideva, annuiva e chiedeva cinque minuti prima di arrivare, il tempo necessario perché Tim gli parlasse, ma il trombettista aveva già scosso la testa e si era allontanato imprecando a tutto spiano contro il mondo intero. E chi accidenti era Novecento? Un divo del cinema?
Ma quel giorno a pranzo nulla sarebbe potuto andare storto: il tavolo vicino alla finestra del salone permetteva a entrambi l'intimità necessaria e Tim aveva già il suo discorso pronto da fare a Novecento prima del caffè.
«Novecento» lo chiamò Tim dopo essersi pulito la bocca con il tovagliolo.
«Sì?».
«Ehilà, Danny!» esclamò gioviale O'Connor avvicinandosi al tavolo e dando una pacca sulla spalla del pianista: «Ti va di...».
«No, O'Connor» ringhiò Tooney esasperato puntando la forchetta contro il marinaio: «E se non muovi il culo via da qui, questa te la faccio mangiare».
Raramente Tim metteva in pratica le sue minacce, ma il suo tono era tale che Neil O'Connor si allontanò con la stessa fretta con cui era arrivato: «Non c'era bisogno di essere così violenti, Tim» commentò Novecento alzando un sopracciglio.
«Sta' zitto, Novecento, e ora apri bene le orecchie».
E finalmente, dopo mesi, riuscì a dirgli tutto.
 
(279 parole)

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Capitolo 20
*** Capire ***


Capire
Prompt 1: Aveva l'impressione che Novecento non avrebbe mai capito.
Prompt 2: Quando si trattava di Novecento, Tim si bloccava.

Tim aveva sempre avuto dei problemi con le altre persone.
Certo, era perfettamente capace di essere gioviale con gli amici, ma quando era in presenza di persone che gli piacevano davvero - persone come Novecento - Tim Tooney semplicemente si bloccava per la paura.
Temeva, infatti, che Novecento non avrebbe mai capito i sentimenti che Tim provava nei suoi confronti: sapeva, ovviamente, che il pianista aveva una visione del mondo parecchio strana, sempre in funzione del Virginian e del pianoforte, ma Tooney non voleva perdere una persona così cara per un incomprensione grande come un amore non corrisposto.
Ma il trombettista non avrebbe dovuto temere nulla di tutto questo: Novecento lo aveva capito - lui e il suo sesto senso - e per Tim provava la stessa cosa.

 
(128 parole)

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Capitolo 21
*** Un uomo diverso ***


Un uomo diverso
Prompt: Era luminosa la luce di Novecento, persino mentre moriva.
Note: La flash è una AU ambientata nell'universo della serie di Doctor Who.

«Portami sul TARDIS!».
«Novecento?».
«Per favore, Tim, fa' come ti dico».
Benché scosso, Tim Tooney aiutò il Signore del Tempo a rimettersi in piedi: erano entrambi su Plymouth - non il porto, il pianeta - e lì si erano trovati coinvolti in una guerra terribile. Novecento aveva cercato di proteggere Tim facendolo portare sulla Terra dal TARDIS, ma non aveva fatto i conti con la forza di volontà del suo compagno: non appena Tim era uscito dal TARDIS per accorrere in suo aiuto, un'esplosione vicina aveva investito Novecento.
Con le lacrime agli occhi, Tim Tooney sorresse Novecento fino alla nave e si sorprese quando lo vide riprendersi sempre più velocemente dalle ferite che aveva riportato: «Novecento, stai bene?» chiese incerto sulla porta del TARDIS.
«No, Tim, in realtà sto morendo» rispose ed entrò nella nave.
«Cosa? Ma non puoi morire!» protestò Tim arrabbiato contro quella maledetta guerra in cui Novecento non c'entrava nulla: «Resta qui, esco a cercare un medico».
«Lascia stare, Tim, non servirà» disse Novecento con un lieve sorriso: «Però hai ragione, in un certo senso non posso morire».
Davanti all'espressione perplessa di Tim, il Signore del Tempo aggiunse: «Sai, quelli della mia specie hanno un modo per aggirare la morte, ma...».
«Ma?».
«Io cambierò, Tim, letteralmente. Voglio che tu sia pronto a questo, perché io non lo sono più di tanto, okay?».
Tim annuì, trovando inutili le parole per descrivere quello che provava, e Novecento lo rassicurò: «Continueremo a viaggiare insieme, se lo vorrai, ma sarete tu e un'altra faccia. Tim?».
«Sì?».
«Grazie per essere rimasto».
E poi ci fu una luce così forte che costrinse Tim a ripararsi gli occhi, mentre le mani e il volto di Novecento erano diventati tre fuochi d'artificio: proprio quando Tim pensava di avvicinarsi per aiutarlo, quella forte luce scomparve e Novecento... lui non c'era più.
Era un uomo completamente diverso quello che ora indossava i suoi vestiti: si toccava i capelli rossi e si guardava le mani a bocca aperta, poi guardò Tooney come se lo vedesse per la prima volta.
«Novecento?» chiese Tim deglutendo e l'altro, seppur titubante, annuì.

 
(350 parole)

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Capitolo 22
*** Il lato positivo ***


Il lato positivo
Prompt: Cucinando dolci insieme

«Non ha un bell'aspetto, vero?».
Dopo quella frase, Tim Tooney ebbe un improvviso impulso di buttare Novecento in mare: lui e la sua stupida voglia di dolci - che, chissà perché, arrivava sempre quando i cuochi del Virginian erano in pausa - lo avevano costretto a mettersi ai fornelli con lui e a cercare di mettere su qualcosa di vagamente commestibile senza che le cucine prendessero fuoco.
Fallendo miseramente.
Sconsolato, Tim guardò quella che, almeno in teoria, doveva essere una torta al cioccolato farcita al mascarpone, ma che all'atto pratico risultò essere decisamente tutt'altro: Novecento gli cinse le spalle con un braccio e da come guardava lui la torta Tim capì che prima se ne sarebbero sbarazzati e meglio sarebbe stato per entrambi.
«C'è un lato positivo, però» disse Novecento allegro dopo che la torta fu fatta sparire tra le fiamme della sala macchine: «La cucina è tutta intera».
Per non strozzarlo all'istante, Tim fu costretto a mettersi le mani in tasca.

 
(162 parole)

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Capitolo 23
*** Please don't go ***


Please, don't go
Prompt: Novecento, per favore, non andare.
Note: La flash è una Reverse!AU.

Nascendo e vivendo sul Virginian, Tim Tooney aveva imparato che, come nel mondo della terraferma, sulla nave salivano e scendevano migliaia di strani individui.
Un degno rappresentante di questa categoria fu Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento, un concentrato di bizzarria su gambe già a partire dal nome, così lungo che Tim si limitò a chiamarlo Novecento.
Tim lo conobbe l'anno in cui l'Atlantic Jazz Band ebbe bisogno di un pianista e Novecento fu l'unico a presentarsi per il posto: era perennemente con la testa per aria, di questo se ne accorsero tutti già dopo mezz'ora, ma finché suonava come Dio comandava nessuno ebbe di che preoccuparsene.
Ma mentre Tim non aveva mai conosciuto il mondo al di fuori del Virginian, Novecento era uno di quelli che non riusciva a stare fermo: Tooney rimaneva puntualmente incantato dai racconti dei suoi numerosi viaggi, con la bocca aperta come uno scemo mentre Novecento raccontava dei posti che aveva visto e della gente che aveva incontrato. Dal canto suo, il pianista gli aveva già detto che anche il Virginian non era che una dimora temporanea prima di ripartire per chissà dove, ma non riprese più l'argomento fino a sei anni dopo, quando Tim lo vide chiudere la valigia con le sue cose.
«Vuoi andartene per forza?».
«E tu, sei sicuro di voler rimanere qui?».
Tim non rispose e non accompagnò Novecento fino alla scaletta, nonostante la richiesta del pianista: rimase con gli occhi piantati nella sua schiena a sperare che nel mezzo della scaletta Novecento ci ripensasse, che si voltasse e che facesse ritorno sulla nave, dove Tim lo avrebbe riaccolto a braccia aperte.
Tutto questo, però, non avvenne: Tim vide Novecento scendere l'ultimo gradino con un sospiro e, dopo di allora, di lui non seppe più nulla.

 
(295 parole)

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