Sarebbe stato meglio se non ti avessi mai conosciuta

di Einsamkeit_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***



Sarebbe stato meglio se non ti avessi mai conosciuta.

 

I

Quella mattina mi svegliai di soprassalto. La sveglia non aveva suonato ed ero fortemente in ritardo. Afferrai al volo il toast preparatomi da mia madre, mi infilai la divisa scolastica, presi la borsa piena di libri e corsi alla porta. “MA’! IO VADO!” urlai cercando di non strozzarmi con la fetta di pane e allacciando le scarpe.
Uscendo dalla porta di casa percorsi la discesa che portava alla stazione Toyama e una volta arrivata lì, il treno c’era già.
Quindi timbrai il biglietto ed entrai tra la folla.
“Uao.” Pensai. “Per un pelo.” Le porte si chiusero e partimmo.
Dal finestrino riuscivo a vedere il mio paese scorrere veloce. A quei tempi vivevo a  Nagamachi, un paesino molto bello, dove l’antico ed il moderno si fondevano insieme. Infatti, bastava girare la testa che si trovavano casa nuove di cemento o mattoni e case antiche di legno e paglia. Il Giappone stesso ignorava la sua esistenza, temo. L’unica cosa per la quale era ricordato nil libri di testo, anche se di rado veniva citato, era per ‘la casa del samurai’, oppure per il ‘distretto del samurai’. Insomma, era famosa per i samurai in generale e lo è tutt’ora.
Dopo cinquanta minuti scarsi, nei quali avevo trovato un posto per sedermi vicino ad un uomo alto e quasi calvo, arrivammo nella stazione di Toyama, altri cinque minuti a piedi e sarei giunta davanti alla mia scuola. Era un edificio bianco rettangolare con un sacco di finestre ed un enorme cortile interno, compreso di giardino che veniva curato dal club di giardinaggio. Sul tetto dell’istituto eravamo solito riunirci io e alcuni amici durante la pausa pranzo o la ricreazione. Purtroppo questi miei amici, erano di classi differenti. Ryosei, che frequentava la 4°B ed era un ragazzone che a prima vista poteva mettere paura ma che in realtà era buono come il pane e Soseki un altro ragazzo, della 5°A magro come uno chiodo, i capelli abbastanza lunghi che di solito teneva legati con un codino. Lui frequentava il club di calcio ed era uno dei più popolari della scuola un po’ per la sua bravura in quello sport un po’ perché era davvero belloccio.
Anche io ero abbastanza famosa a scuola. Gli studenti mi chiamavano ‘il lupo’.
Mi chiamo Yasuko Takahashi, ai tempi frequentavo il club di letteratura antica, appassionata com’ero ai tanka [NdA:Tanka= sono delle poesie brevi tipiche giapponesi] e oltre a me c’erano altre due ragazze, anche se non ci avevo mai parlato davvero, un po’ perché quando mi immergevo nella lettura volevo stare sola, un po’ perché quelle due ragazze non erano mai presenti in aula. Comunque, in quel periodo avevo i capelli lunghi fino a metà schiena, gli occhi scuri, ero anche troppo alta rispetto le mie compagne di classe e le ragazze in generale, forse era anche per questo che per lo più, venivo evitata. In ogni modo, in classe ero molto vivace, mi ero fatta delle ottime amiche anche se preferivo stare con una in particolare Satoko.
 
Arrivai in classe e mi sedetti al mio posto.
“Buongiorno Yasuko.” Satoko, era seduta dietro di me, e scriveva qualcosa sul suo quaderno.
“Ehilà, sacchan!” salutai. “Che hai fatto ieri di bello?” le chiesi.
“Ieri? Nulla di chè. Ho studiato.”
“Studiato? Di domenica?!” le domandai inorridita.
“Mh.” Mugulò. “Non sono come qualcuno di mia conoscenza a cui basta il minimo voto.”
Mi senti pugnalata. In effetti io odiavo la scuola. Non mi importava nulla di voti e cose varie e agli esami prendevo sempre il minimo indispensabile per passare. Non avevo mai voglia di impegnarmi, soprattutto nello studio.
“Buongiorno.” Entrò Miyoshi.
Era una ragazza dai lunghi capelli biondastro, con gli occhi nocciola e un visetto tondo. Quando sorrideva si vedevano i buchetti nelle guance, quelli che hanno anche i bambini. Io la trovavo semplicemente adorabile.
A dire la verità non la trovavo solo adorabile.
Se devo proprio essere sincera,
penso che l’amassi già in quel periodo, anche se ancora bene non me ne rendevo conto.
 
In ogni caso, mi persi a guardarla, come al mio solito.
Sacchan  tossì ed io trasalì notando che Miyoshi mi stava guardando sorridente ma con un’espressione confusa sul volto.
Io arrossì vistosamente e mi girai dalla parte di Sakoto.
“Quando la smetterai?” mi chiese quest’ultima.
“D-di fare che?”
“Di perderti nelle ‘meravigliose curve della bella Miyoshi’.” Mi rispose di rimando.
“I-io non la stavo affatto guardando! Soprattutto non le sue curve!”
“Se se!” e rigettò il suo volto tra i libri.
Io lancia un’occhiata a Miyoshi che seduta al suo posto era circondata da quella mandria incapace dei nostri compagni. Quanta invidia provavo. Quanto odio. Avrei voluto che lei parlasse solo con me, che fosse solo mia. Ma questo non era possibile, in quanto Miyoshi ed io… c’eravamo scambiate parola di rado e ogni volta io arrossivo come un’idiota.
 
Le prime tre ore volarono. Arrivò la ricreazione ed avevamo 20 minuti per rilassarci e mangiucchiare.
Mentre camminavo verso il tetto, sapendo che i miei due amici mi stavano aspettando, pensai a Miyoshi e a quel suo bellissimo sorriso, ero in quel periodo della vita che non si capisce bene dove cominci il ‘voler bene’ ad una persola e l’‘amarla’
 Feci i primi tre scalini quando mi sentii chiamare da una voce famigliare.
Molto famigliare. Mi girai di scatto.
“Yasuko-san?”
Lì in piedi, che mi guardava dritta negli occhi c’era la ragazza dei miei pensieri in carne ed ossa.
“Yasuko-san, posso… parlarti?”
Annui arrossendo. Lei mi si avvicinò e si sedette sul terzo scalino, e mi invitò a fare lo stesso.
Mi sedetti rossa in volto. Non avevo idea di cosa volesse dirmi, so solo che ero davvero molto spaventata.
La ragazza dagli occhi nocciola, che in realtà, ora che ce l’avevo davanti notai avevano delle sfumature ambrate, sospirò, aprì la lattina di Fanta che notai teneva in mano e bevve un sorso.
Volevo alzarmi, e scappare via ma non lo feci. Quella situazione però era davvero assurda.
Dopodiché appoggiò la lattina sul secondo scalino e estrasse dalla tasca una brioche.
Io stavo perdendo la pazienza e la calma. Per quale strana ragione, se mi doveva parlare, ci stava impiegando così tanto?
Quando aprì la bustina contenente il cornetto, notai che la fece scoppiare. Quindi, per alleviare la tensione, o quanto meno, la mia tensione, chiesi:
"Anche tu lo apri così?”
Miyoshi dal canto suo, mi guardò tenendo con la bocca l’intero dolcetto e in quel momento scoppiai a ridere.
Era così buffa con quell’espressione! Sembrava uno scoiattolo con la bocca piena di noci.
“Allora…sai ridere anche tu!” esclamò ridendo a sua volta.
“In che senso, eh?” chiesi ansimando.
“Beh, ogni volta che volevo parlarti avevi un’aria truce e sembravi pronta a scoppiare di rabbia!” mi rispose prendendo fiato. “Soprattutto questa mattina!”
Ci rimasi di sasso.
Poi, in un sussurro, con un lieve sorriso aggiunse:
“Ma nonostante questo, volevo avvicinarmi a te.”
Ero impietrita. Cosa aveva appena detto? Che avessi capito male? Miyoshi, la ragazza che da un bel po’ popolava i miei pensieri… voleva avvinarsi a me????????
Ero pazza.
Ero senz’altro pazza, pensai.
“Eh? EHHH?”
“Akuro-san mi ha detto che disegni manga.”
Ritornai in me a quelle parole. Akuro aveva parlato di me di sua spontanea volontà o c’era sotto qualcosa? Oppure Miyoshi aveva chiesto di me?
Nah, impossibile.
“è vero?” mi chiese.
“Ehm… si…” la guardai strano, non capivo se stava facendo un giro assurdo per arrivare a quello che voleva realmente dirmi o cos’altro.
“Anche io.”
Assurdo.
Non riuscivo più a dire nulla.
La ragazza che mi piaceva… perché mi piaceva, giusto? DISEGNAVA MANGA?????
Era senz’altro un sogno.
Non poteva essere la realtà.
Era troppo bello!
Probabilmente era uno di quei sogni, che quando ti svegli, ci rimani male.
 
Suonò la campanella.
Non la maledissi mai tanto come quella volta.
Attraversammo il corridoio per metà e poi girammo a destra. Arrivammo in classe parlando ancora.
“Chi è il tuo mangaka preferito?” mi chiese tutto d’un fiato.
“Akira Toriyama.” Risposi io dandomi un pizzicotto sulla guancia. Dovevo svegliarmi. Quella non era la realtà!! “Il tuo?”
“Eiichiro Oda.”
Ci dividemmo all’entrata della classe, ognuna diretta verso il proprio banco, tutti i nostri compagni, compreso professore di inglese che ci osservavano con occhi sgranati.
Nessuno si sarebbe mai aspettato che Miyoshi ed io tornassimo in aula insieme.
Eppure,
quella non era un sogno,
ma bensì una stupenda realtà.
 
Dopo l’ora di inglese, quella di letteratura e di diritto, arrivò la pausa pranzo.
Il mio stomaco brontolava da almeno un’ora e mezza perché durante l’intervallo non avevo mangiato niente stressata com’ero.
Camminando nel corridoio mi sentii picchiettare su una spalla, girandomi trovai Ryousei da un lato, Soseki dall’altro.
“Ehy, ma dov’eri a ricreazione, eh?”
“Con una persona.” Feci io, alzando il mento fiera.
“Con una persona, tu? Timida come sei?”
“EHY!”
 “Calmati Yasuko! Lo sai che Soseki fa il deficiente! Piuttosto, cos’hai per pranzo?”
“Che ti importa eh, Ryosuke? Tanto non mangerò con voi oggi!”
“Come sarebbe a dire?”
“Ho un appuntamento!” ridacchiai e girai l’angolo verso l’aula d’arte.
Era verso. Avevo un appuntamento.
E con Miyoshi!
Prima di rientrare in classe mi aveva detto che voleva farmi vedere i suoi disegni che erano nell’aula d’arte e che quindi se volevo, potevamo incontrarci e pranzare insieme…
Eccome se volevo!
Trangugiai gli onigiri{NdA: Onigiri= polpette di riso ripiene} che avevo per pranzo prima di entrare, dopodiché feci scorrere la porta dell’aula.
All’interno c’erano alcuni studenti più grandi e Miyoshi, seduta su uno sgabello che sfogliava un album.
“Ehy!” salutai
“Sei arrivata!” mi sorrise.
Arrossi e mi sedetti vicino a lei. Le nostre ginocchia si sfiorarono. Rabbrividì lievemente.
“Ecco i miei lavori.” Mi disse porgendomi l’album.
Prima di sfogliarlo, le dissi tutto d’un fiato:
 “Li ho anche io. Ma sono in classe. Se vuoi posso andargli a prendere?”
“Vengo con te!”
Ci incamminammo verso la classe, eravamo al secondo piano e dovevamo scendere al piano terra, girare a destra, camminare fino in fondo al corridoio e aprire la porta della IV E.
Nel tragitto, la gente ci fissava con tanto di occhi.
Io non ci ero davvero abituata, e poi… vedere una come me, insieme a Miyoshi, sicuramente la scuola ebbe di che sparlare.
Io non sono mai stata proprio un buon esempio.
Sono sempre stata un maschiaccio scalmanato, infatti in prima liceo insieme a Ryosuke spaccammo le porte dei bagni del quarto piano. Fummo sospesi per una settimana e mezzo.
In seconda Ryosuke se la prese con una macchinetta rotta che non dava il resto e finii in punizione anche io non si sa per quale losca ragione.
In terza ci calmammo un po’ ma quando arrivò Soseki riprendemmo le nostre attività da teppisti e bucammo i palloni da basket della scuola, solo perché secondo Soseki era uno sport inutile. Nessuno sa ancora chi sia stato in realtà, anche se tutti sospettavano di noi, ovviamente, ma non avevano prove.
Inoltre, io e i ragazzi eravamo sempre stati molto nascosti, solo poche persone sapevano che eravamo grandi amici, per lo più la gente mi vedeva girare per la scuola da sola, c’è chi pensava che tutti quegli atti di vandalismo li avessi compiuti da sola… cosa che non è assolutamente vera…comunque sia, ora vi spiegerò perché mi chiamavano ‘il lupo’: anni fa, quando io frequentavo ancora la prima, successe un fatto strano: trovarono dei segni di artigli sul muro interno dell’aula di chimica… purtroppo per mia disgrazia mi trovai proprio sul luogo del crimine, e  per questo fui incolpata e chiamata ‘il lupo’… ancora oggi mi chiedo, con cosa  la gente possa pensare che io abbia fatto quei segni…
Miyoshi invece, era calma e serena. Eravamo davvero l’una l’opposta dell’altra: era una delle ragazze più popolari della scuola. A dire il vero, ad essere popolari, erano quattro ragazze, una per ogni punto cardinale, una per ogni zona della scuola: vicino all’aula di scienze e biologia che erano posizionate a ovest, c’era Katsuko, A nord dove c’era la palestra e l’aula del preside Asako. A sud, il bar e la zona studenti vi era Junko anche detta  Mamuska per via delle sue origini russe. E ad est, dove vi era l’aula di informatica, di arte e di filosofia c’era Miyoshi.
Mi sentivo estremamente imbarazzata con tutti quegli occhi puntati addosso. Io ero, e lo sono tutt’ora una persona estremamente timida!!!
“Yasuko, stai bene?”
“S-si.” Balbettai io mentre avanzavo in modo sempre più rigido.
Arrivammo in classe, non so per quale miracolo e mi sedetti al mio posto. “ugh, non mi sono mai sentita così osservata prima di oggi!”
“M-mi dispiace davvero! E’ tutta colpa mia! S-scusami!!”
“N-no, figurati! E’ colpa mia che non ci sono abituata!” risata nervosa. “Comunque ecco qui, il mio album.”
Ci scambiammo i raccoglitori.
Avevo in mano i disegni di Miyoshi!! Non avrei mai pensato di poterli tenere in mano!!! Quale emozione!!!
Lo aprii lentamente. Mi apparve una ragazza seduta su una sedia con la divisa scolastica simile alla nostra. Pensai che era davvero brava. Girai pagina e trovai un gruppo di ragazzi vestiti come Tarzan armati di bastoni che giocavano a Briscola. Girai e rigirai e mi sorpresi molto di quanto era brava! Solo che il suo stile mi ricordava qualcuno… girai pagina ancora una volta e trovai un disegno di Zoro lo spadaccino di One Piece.
“Ecco cosa mi ricordano! Eiichiro Oda!!”
“S-si è vero prendo spunto da lui per fare i disegni… invece tu…” disse sfogliando l’album “hai già uno stile tuo e sai disegnare i personaggi in diverse pose anche complicate!! I miei sono così statici!! Sei davvero brava!!!”
Arrossi così tanto che ero in perfetta sintonia con la cravatta della divisa.
“Non fare quella faccia!” rise Miyoshi. “Puoi sempre migliorarti, eh!”
Scoppiammo a ridere come pazze, un prof entrò in classe sentendoci e ci riprese.
 
A parte l’imbarazzo iniziale, mi sentivo così a mio agio con lei! Parlammo di manga e di anime tutti i giorni seguenti, eravamo sintonizzate sulla stessa lunghezza d’onda, era davvero emozionante poter dividere con qualcun altro i propri sogni e desideri. In quel periodo pensai a quanto le cose andassero bene, pensai che non ci sarebbe mai accaduto nulla di male e che saremmo restate così per sempre.
Solo Dio sa quanto in realtà mi stessi sbagliando.
 
 
Ciao! Sono Einsamkeit_ e questo è il primo capitolo di questa ff! Spero vi sia piaciuto … ance se ne dubito…

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Capitolo 2
*** II ***


II
 
 
Da quel giorno di novembre, io e Miyoshi diventammo ottime amiche. Anche se, ammettendolo o no, io speravo in qualcosa di più.
La mattina veniva a scuola sempre qualche minuto dopo di me, e entrando in classe salutava me per prima.
L’intervallo lo passavamo insieme così come anche la pausa pranzo. Soseki e Ryosuke erano molto arrabbiati perché li stavo trascurando. Io non riuscivo a far combaciare le cose.
Così, una mattina, mentre mi lavavo la faccia mi venne un’idea che non mi sembrava affatto male.
Una volta arrivata a scuola, invece che svoltare a destra verso la mia sezione, andai a sinistra.
“Ehy, Ryosuke.” Dissi bussando sul muro vicino alla porta aperta.
“Ohh, ma guarda chi si vede! Allora non sei morta! Esisti ancora!” disse lui felice di vedermi, ma anche un po’ arrabbiato.
“Mi dispiace di averti trascurato, Ryosuke. Vorrei rimediare. Lo sai no, che ho fatto amicizia con Miyoshi?”
“Certo che lo so! Non parli d’altro quando andiamo verso la stazione.”
“Shh! Sei pazzo? Non dirlo così ad alta voce! Mi fai sembrare una pervertita.”
“Tsè, ma lo sei Yasuko. Comunque, che vuoi?”
“Ah già, a pranzo vediamoci sul tetto, dillo anche a Soseki vi voglio presentare Miyoshi.”
“Come se non la conoscessimo già! E’ famosa per la sua bellezza!”
“Eddai, sii carino! Non fare lo scorbutico o non ti vorrà nessun ragazzo!!”
“Ghhh-“ fece lui diventando rosso come un peperone. “SHH! SEI PAZZA?”
“Ci vediamo dopo!” corsi via.
In effetti, Ryosuke… era gay, e lo è tutt’ora… Me lo aveva confidato in terza media.
Durante una giornata di sole primaverile, al doposcuola, mentre tornavamo a casa.
All’inizio ero rimasta scioccata su quella stradina stretta.
Ma poi, scrollando le spalle ricordo che dissi: “embè? Mi è sempre piaciuto avere un amico gay. Almeno so con chi parlare di uomini.”
Arrivata in classe, chiamai Miyoshi al mio banco, lei, facendo sobbalzare i capelli che quel giorno li portava raggomitolati in soffici boccoli, ad ogni passo, arrivò subito, sorridendo come al suo solito.
“M-mi piacerebbe che conoscessi i miei amici.” Dissi guardandole il volto e sentendo le orecchie diventare rosse.
“I tuoi amici?” chiese “Intendi Soseki e Ryosuke, vero?”
“Mh! Proprio loro! Che ne dici?”
“Certo! Mi farebbe molto piacere!”
“Bene!”
 
Il professore di filosofia finì la lezione proprio allo scoccare della campanella.
Miyoshi prese il pranzo dalla borsa, e così feci io.
“Allora, dove ci dobbiamo incontrare? Non vedo l’ora!”
“Sul tetto, vieni.”
Salimmo le scale dei quattro piani, e finalmente arrivammo.
Ryosuke era in piedi appoggiato alla ringhiera e Soseki seduta sui gradini.
“Ehilà!” urlai sventolando un braccio al cielo.
“Ehy, Yasuko! E’ da una vita che non ci parliamo, eh?”
“Mi dispiace molto! Ero impegnata con la mia nuova amica! Miyoshi Kobayashi!”
“Piacere di conoscervi!” disse inchinandosi.
“Ehy! Non servono tutte queste formalità!” Ryosuke rise. “Io mi chiamo Ryosuke Ogawa, e questo è Soseki Inoue.”
“Ehilà!” fece quest’ultimo ancora seduto sugli scalini.
“P-piacere” balbettò Miyoshi.
“Allora? Mangiamo?” chiesi felice
“E’ meglio stare qua, fuori fa freddo! Ci siamo quasi congelati prima!” ridacchiò Soseki.
“Nah, non può fare così freddo! E’ appena novembre!” salii tutti gli scalini fino in cima, sotto gli sguardi vigili di tutti e tre.
Aprii la porta e … una folata di vento freddissimo mi fece gocciolare gli occhi.
Tutti risero.
Anche Miyoshi.
La sua risata era così limpida.
Pareva quasi che provenisse direttamente dal suo cuore.
Era così bella quando rideva, così felice.
E, quello che pensai in quel momento, fu che avrei voluto renderla felice ad ogni costo.
 
Da allora diventammo inseparabili.
Grazie a Miyoshi ora anche noi tre uscivamo allo scoperto insieme e non come lupi solitari.
I pettegolezzi si ampliarono, ricordo di aver sentito delle ragazzine di prima dire ‘Il lupo si è trovata un branco.’
Ad ogni modo, erano i momenti più magici di tutta la mia adolescenza.
A ricreazione Miyoshi mi seguiva ovunque andassi, le nostre compagne di classe mi guardavano con fare feroce, ma io me ne fregavo deliberatamente e anzi, a dirla tutta, ci provavo gusto.
 
Il pomeriggio di un giorno di gennaio, camminando per i corridoi deserti durante il doposcuola, trovai Miyoshi con le cuffiette nelle orecchie appoggiata al muro dell’aula ricreazione che ascoltava musica muovendo leggermente la testa a ritmo.
Mi vide e mi salutò abbassando il volume e togliendosi un auricolare.
“Ehy Yasuko!”
“Micchan! Che ci fai qui? Non dovresti avere pomeriggio oggi, giusto?”le chiesi curiosa mettendo le monetine nella macchinetta del caffè.
“E’ vero non ce l’ho!” esclamò. “Ma dato che a casa oggi non c’è nessuno, ho pensato di rimanere a scuola e magari, se ti va, andare verso casa insieme.” Lo disse tutto d’un fiato.
In quel momento il mio cuore fece le capriole per la felicità.
Pensai ai treni che avevo la sera, e mi venne in mente l’orario delle 21.15. Pensai che quello potesse andare bene.
“Io ho un treno alle 21.15. Quindi se vuoi possiamo andare a mangiare un boccone insieme.”
Miyoshi era il ritratto della felicità. E lo ero anche io.
“Mi piacerebbe molto provare quel nuovo chiosco che hanno aperto vicino alla biblioteca comunale!”
“Volentieri!” sorrisi mostrando un lato di me che non facevo vedere a tutti, ovvero il mio lato gentile e amorevole.
“Wow, Yasuko… sei proprio fika così!”
Tutte le sfumature del rosso ricoprirono il mio volto.
“C-CHE?!!??!?!?!?!?!?!”
“Non essere imbarazzata!” rise “Lo penso davvero, eh!”
CHEEEEEEEEEEEEEE??!?!?!?!?!?!??!?!?!?!?!??! Pensai questa volta diventando più violacea.
 
Era lì, che mi aspettava in piedi con lo zaino sulle spalle e un gran sorriso stampato sulle labbra.
Mi infilai le scarpe ed uscii chiudendomi la giacca con la lampo.
“Scusami, è da molto che aspetti?”
“Affatto!”
“Dov’è questo posto, allora?”
“Ti guido io.”
 
Il sole stava tramontando e noi, Miyoshi ed io, eravamo sedute al tavolino vicino alla finestra, di quel locale piccolino che si faceva spazio tra due grattacieli, che vedendolo da fuori sembra lo stessero schiacciando.
Appena entrate ci trovammo davanti un ometto basso e ben piazzato con la bandana bianca legata al capo e un grembiule con il logo del negozio.
Dopo circa cinque minuti dalla nostra ordinazione, una ragazza alta dai capelli chiari ci portò i nostri piatti.
Due ciotole di ramen fatto in casa.
Sarà stato per il fatto che era la prima volta che mangiavo fuori dalla scuola con Miyoshi, o forse il fatto che lo era davvero, ma trovai quel ramen davvero delizioso!
Nei mesi a seguire, quella sarebbe stata la nostra ‘base’ noi ragazzi andammo spesso in quel piccolo chiosco. Era il nostro posto speciale, un luogo dove riunirci e stare bene insieme.
 
Febbraio arrivò come un fulmine.
E così anche la tanto attesa festa di San Valentino.
Nonché, per una sfortunata combinazione degli eventi…
IL MIO COMPLEANNO.
 
Quella mattina il sole batteva alto ed era leggermente più caldo degli altri giorni.
Io, come ogni anno, mi svegliai giù di morale.
Odiavo quella stupida festa, e ancora di più i miei genitori che avevano scelto di farmi nascere proprio in questa data.
Uscii di casa con una fetta di torta alle mele fatta da mia madre e con ‘tanti auguri’ da parte del mio vecchio.
Anche la vicina Oda si affacciò dalla finestra e mi urlò un ‘buon compleanno’ tutta allegra.
In stazione, quando arrivai a Toyama, Soseki e Ryosuke mi erano venuti a prendere, cosa che di solito non facevano.
“Ehià, vecchiaccia!” mi chiamò Soseki sbattendomi una manata sulla schiena.
“Sei pazzo?!” esclamai furiosa.
“Uhh guarda Ryo-chan! Ha già il cattivo umore tipico dei vecchi! Hai anche gli acciacchi, eh?”
“TE LO DO IO L’ACCIACCO.” Urlai fuori di me.
“Ohy” fece Ryosuke che era rimasto impassibile. “Me li hai portati i cioccolatini?”
“CIOCCOLATINI, STO CAZZO.” E mi avviai verso scuola abbandonandoli lì a ridere come due scemi.
 
Arrivata a scuola, un senso di vomito e disgusto mi prese le viscere. Vedere tutte quelle coppiette scambiarsi i cioccolatini ed effusioni in pubblico era davvero disdicevole e non ne potevo già più.
Entrai in classe lanciandomi al mio posto, le gambe non credo mi avrebbero retto un momento di più.
“Buon compleanno Yasuko.” Satoko, mi lanciò un pacchetto con tanto di fiocchetto.
“S-sakoto-chan!” piagnucolai “sei l’unica che mi vuole bene e non mi prende in giro! Ti voglio bene!!!”
Aprì il pacchetto e dentro vi erano pupazzetti fatti a mano con il Fimo.
“Ma questo è Goku versione chibi e pure supersaiyan?? E quest’altro invece è Totoro?? Ma questo è un granchio carinissimo!!” Le saltai letteralmente addosso abbracciandola come una piovra e piangendo di gioia
Ogni anno, Sakoto era l’unica a farmi regali (a parte la torta di mia madre) anzi, a parte a Ryosuke e Soseki era l’unica a ricordarsi del mio compleanno.
Entrò Miyoshi dalla porta e mi diedi un contegno.
Sorridendo mi salutò.
“Buongiorno Yasuko!”
“Buongiorno Miyoshi!” ricambiai.
Non avevo ancora detto a Miyoshi del mio compleanno, anche se in realtà, come il resto della classe, avrebbe dovuto saperlo.
Ad ogni modo, sentii una leggera morsa allo stomaco quando, salutandomi non aveva aggiunto ‘buon compleanno’.
 
La ricreazione la passai da sola.
Miyoshi era stata abbordata da un gruppo di ragazzi che volevano il suo cioccolato, Soseki e Ryosuke non volevo vederli, in qualche modo ce l’avevo ancora con loro, e in più, ero abbastanza triste.
Stavo camminando da un po’, non so neanche io dov’ero diretta direttamente, ma ad ogni modo mi importava solo di rimanere un po’ da sola.
Successe in un secondo, qualcuno chiamò il mio nome.
“Yasuko-san?”
Alzai il viso e mi ritrovai davanti una ragazzina dai capelli legati in una treccia laterale accompagnata dalla sua fedele amica dai capelli corti e spettinati.
“Sei Yasuko-san, vero?” chese quest’ultima.
“C-certo che è lei!” rispose la ragazza con la treccia arrossendo ancora di più.
Io non risposi, ero un po’ confusa ad essere onesti.
“Ehm…” fece timidamente.
“Senti, Hoshiyo. Se non ce la fai lo dirò io.” Si schiarì la voce.
Io che continuavo a chiedermi cosa volessero quelle due. Ad occhio che croce dovevano essere della prima, massimo della seconda.
“Io sono Setsuko Otomiya, e questa è la mia migliore amica Hoshiyo Morinaga.” Mi sembrò che quel ‘migliore amica’ lo avesse sottolineato con un tono di voce più gutturale.
“Frequentiamo la 2°C e lei vorrebbe tanto darti la sua cioccolata di San Valentino, dentro ci ha infilato pure un bigliettino con il suo numero di telefono! E tutto questo perché è innamorata di te!!!!”
Quella Setsuko lo disse così velocemente che inizialmente non compresi. In un secondo, tutto quell’insieme di parole sbrodolate mi si sistemarono nella mente e capii.
“Cos-??” riuscì a chiedere scioccata.
Ma la ragazza, Morinaga, mi mise tra le mani il suo cioccolato, prese la sua amica per mano e scappò via.
Ma mentre io ero ancora lì, che cercavo il vero significato di quella parola, Hoshiyo Morinaga, tornò di corsa verso di me, mi sorrise ancora più rossa e mi esclamò “Buon compleanno!”
Ero frastornata. Come faceva quella ragazza a sapere come mi chimav- No, pensandoci bene, quello ormai era di dominio pubblico- ma… COME FACEVA A SAPERE CHE ERA IL MIO COMPLEANNO?!
 
La campanella suonò e mi risvegliò da quella specie di trans in cui ero andata a capitolare, facendomi quindi tornare in classe.
Quando i miei compagni mi videro con quel fagottino in mano, non so bene cosa pensarono o cosa fecero. Ero troppo impegnata a risolvere il mio enigma.
 
Nel pomeriggio, io e il mio gruppo di amici, ci ritrovammo nel chiosco tanto famoso.
“Quanti ne  hai ricevuti eh, Ryosuke?” chiese Soseki seduto sul tavolo mentre scartava l’ennesimo bigliettino d’amore.
“Tanti come al solito, non mi spreco neanche ad aprirli comunque.”
“Tsè! Non troverai mai una ragazza così, sai?”
“Non potrebbe interessarmi di meno.” Rispose di scherno.
“Ah, certo. A te interessa solo il tuo amato kendo, eh?”
Annui svogliato. Ryosuke praticava il kendo, sport nazionale giapponese, sia fuori che dentro scuola. Era uno dei campioni over 23 più bravi del Paese.
“Ehilà Yasuko-chaaaan!” urlò Soseki vedendomi entrare con il morale sotto terra.
“Com’è andata?” Mi chiee poi.
“B-bene” mentii. “Avete già mangiato? Senza aspettarmi??!”
“Non arrivavi più!” mugulò Soseki “Stavo morendo di fame.”
“Non c’è Miyoshi?” chiesi guardandomi attorno.
“No.” Mi rispose Ryosuke. “Ha detto che era stanca per le continue avance.” Rise.
Io sentii ancora quella morsa allo stomaco, questa volta un po’ più forte.
“Comunque ecco!” Ryosuke prese un grosso pacco da sotto al tavolo “Non potevamo non farti il regalo per i tuoi 17 anni. Tanti auguri da parte mia e di Soseki.” Quest’ultimo grugnì.
Scartai il regalo che si riverlò essere l’edizione limitata e completa di Dr. Slump di Akira Toriyama, il mio mangaka preferito.
“Cavolo, ragazzi! Dovrà esservi costata una fortuna!”
“Già!” scherzò Ryosuke “Per questo gli scorsi anni non te lo abbiamo mai fatto, stavamo risparmiando.”
Il mio cuore si rallegrò. Quella era una delle poche edizioni con il commento e le risposte dei fan da parte dell’autore. Non vedevo l’ora di andare a casa e leggerli.
 
Anche il propritario del ristorante, il signor Kudou mi fece gli auguri e mi offrì la cena.
 
Una volta a casa, dopo aver magiato un’altra fetta di torta, salutato la nonna al telefono, guardato un po’ la televisione e dopo una bella doccia rigenerante, aprii la borsa con ancora il pacchetto chiuso.
Sedendomi sul letto, decisi di aprirlo.
All’interno vi erano un sacchettino di cioccolatini dalla carta rosata molto buoni, un biglietto di auguri con un cane che se si schiacciava la pancia canticchiava ‘happy birthday’ e il fatidico foglietto con il nome, il cognome e il numero di cellulare.
 
Ero curiosa.
Volevo sapere il perché di un mucchio di cose.
A partire da come faceva a sapere che era il mio compleanno.
Quindi composi il numero.
 
“Ehy! Ciao, sono Yasuko Takahashi.”
La risposta fu immediata.
“Ciao! P-piacere, Hoshiyo Morinaga…”
Ci fu qualche minuto di pausa, e poi mi scrisse ancora:
“Mi dispiace. La mia amica è una vera chiacchierona. Non volevo che ci fosse anche lei, avrei preferito che fossimo solo noi due… anche se io sono timidissima e non credo che sarei riuscita a fare così tanto senza di lei…. Quello… quello che ti ha detto è vero.”
Ancora una breve pausa.
“Sono davvero innamorata di te. Da quattro anni a dire il vero. Forse non te lo ricordi, ma abbiamo frequentato la stessa scuola media. Io ero in prima mentre tu già in terza. Ero vittima dei bulli per via della mia timidezza e quant’altro, e ogni giorno venivo picchiata e derisa.
Un giorno, mentre ero sotto attacco, tu sei venuta lì e hai picchiato quei bulli, ti ricordi? E poi mi hai detto ‘se lo rifanno, chiamami. Ti proteggerò io.’
Da quel giorno sei diventata la mia eroina. A scuola eri conosciuta da tutti per cui è stato facile sapere alcune cose… come ti chiamavi, quand’era il tuo compleanno… ho scoperto anche che ami il riso al curry…”
Io non ricordavo quelle cose, perché alle medie ad essere onesti, mi credevo la protagonista di quel telefilm che facevano vedere la sera, quello dove la frase ad effetto della protagonista era ‘ti proteggerò io’…
Altro messaggio.
“Quindi, sono venuta anche a sapere a quale scuola di saresti iscritta… però non capivo bene i miei sentimenti. All’inizio provavo solo gratitudine, perché grazie a te non mi hanno più picchiata o maltrattata… poi però è cominciato a cambiare in qualcosa di più… pensavo fosse affetto ma poi una mia amica mi ha chiesto ‘ma che è? Sei innamorata di lei?’ e da allora… è cominciato tutto… io… mi dispiace… magari a te fanno schifo queste cose ma… io sono innamorata di te! Però va bene, se non ti piacciono le femmine… io lo capisco assolutamente… quindi ti prego… permettimi di rimanere tua amica! Voglio solo starti accanto! Mi basta!”
Non so come mai, ma la mia risposta fu semplice, veloce, facile.
Non mi dava fastidio che provasse qualcosa per me, perché quella ragazza, mi ricordava un po’ la mia ‘situazione’ amavo Miyoshi ma mi bastava anche starle solo accanto. Proprio come Hoshiyo e me.
Quindi, le scirssi.
“Certo! Mi farebbe piacere. Mangiamo insieme qualche volta, okay?”
 
Quel giorno stravolse la mia vita per sempre.
Sia in bene che in male.
Sono non credevo fosse possibile…
Che quella persona… così…
Fossi …. Veramente io….
 

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