Il gelo nel sangue

di Betsy Gravestone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***



Capitolo 1
*** Parte I ***




La notte volgeva alla sua ora più tarda. La luna si specchiava dal cielo svelandosi in tutta la sua magnificenza, sospesa nello spazio immenso più chiaro e stellato che Londra avesse mai visto negli ultimi mesi, come se ricambiasse lo sguardo degli uomini che la stavano mirando. 
Damian se ne stava con il viso rivolto verso l'alto, a fissare quel cerchio perfetto appuntato al petto del cielo. Aspettò che sua sorella scendesse dalla carrozza e fosse al suo fianco per abbassare lo sguardo.
«La luna stasera sembra essere nostra testimone.» le disse.
Evette Burns fissò gli occhi scuri nei suoi e annuì. La ragazza ostentava sicurezza, avvolta dal collo fino alle caviglie dal suo mantello scarlatto, ultimo dono di suo padre, Lord Charles Anthony Burns. L'uomo, per la stampa dell'epoca, era stato assassinato un anno prima da un manigoldo nel quale si era imbattuto per strada una fredda sera di dicembre. Per i figli invece Lord Burns era stato brutalmente ucciso da un non morto nel cimitero di Highgate, quello stesso luogo che ora si ergeva silenzioso e deserto davanti ai loro occhi. 
Duncan, ancora seduto a cassetta, si sporse verso di loro. 
«Farò il giro del perimetro e lo costellerò di ostie sacre e aglio.»
L'uomo non aspettò risposta; sputò a terra saliva e tabacco, borbottò qualcosa come sono stanco di questo mestiere e poi spronò i cavalli a ripartire. Evette e Damian lo guardarono allontanarsi, col fiato sospeso. Il desiderio di richiamarlo indietro e di porre subito fine a quella follia scappando, sfiorò la mente dei due giovani. Ma nessuno dei due osò tramutarlo in fatto concreto. 
Entrambi si caricarono sulle spalle i sacchi che avevano precedentemente scaricato dalla carrozza e senza parlare, armati di torce, si avviarono verso le tombe. Imboccarono un sentiero di pietra che serpeggiava verso l'interno, dividendo in due le abitazioni dei morti. La luce fioca delle torce illuminava i profili delle lapidi, delle croci e degli angeli piangenti donando loro un'insolita e inquietante vitalità. 
«E se fosse già qui intorno?» domandò Damian con voce così bassa che costrinse sua sorella a fare uno sforzo per udirlo.
«Egli è già qui.» rispose Evette stringendo con una mano la sua torcia e con l'altra la grande croce d'oro che portava appesa al collo. «Si dice che la notte di Samhain, Egli si aggiri tra i morti in cerca prima di cadaveri freschi da trafugare, e che poi esca fuori dalle mura del cimitero alla ricerca di esseri umani da irretire e rendere suoi schiavi. Se affrettiamo il passo arriveremo alla sua tomba prima che Egli ne esca.»
Evette si lanciava attorno delle occhiate preoccupate. Si aspettava quasi che quel mostro sbucasse fuori all'improvviso per assalirla e morderle il collo così come aveva fatto con suo padre, uccidendolo. 
Guardò con la coda dell'occhio suo fratello; era stato giusto portarlo con lei? Li dividevano solo due anni, ma Damian le sembrava ancora un ragazzino inesperto delle cose del mondo e di quelle ultraterrene, e quella missione poteva turbarlo fino a fargli perdere la ragione; se non la vita stessa. Lei, al contrario, aveva già affrontato un non morto e con l'aiuto di Duncan gli estirpò via la sua maledizione, prima infilandogli un paletto nel cuore e poi recidendogli la testa di netto. Ancora non riusciva a riprendersi da quell'episodio, ancora le urla agghiaccianti del mostro la perseguivano di notte. E non fece altro che chiedersi da quel momento in poi come aveva potuto suo padre condurre una vita simile, nascondendo a tutti chi fosse veramente, celando la sua vera natura di cacciatore di mostri di cui Londra sembrava pullulare. 
Un rumore li fece sobbalzare entrambi. Un ramo spezzato, il cui eco si diffuse nella notte. Evette arrestò il passo e Damian la imitò. Il ragazzo si sfiorò la croce che gli penzolava dal collo, l'afferrò poi con dita tremanti e la alzò davanti a sé, come a erigere uno scudo protettivo. 
«Siamo arrivati troppo tardi.» sussurrò.
Evette non rispose. Cacciò fuori il paletto di legno di frassino che teneva nella sua sacca, uno dei tanti che aveva personalmente intagliato e portato con sé; lo strinse nella mano sollevandolo in alto, pronta a fendere chiunque si fosse frapposto tra lei e suo fratello, tra lei e la vita. 
«La sua tomba è vicina. Vieni.»
Tornò a camminare. Sentiva il respiro di Damian al suo fianco, pesante e irregolare. I passi andavano veloci ma incerti sul sentiero di pietra che si curvò a sinistra e si restrinse. Le tombe ai loro lati sembravano cunicoli aperti, pronti a risucchiarli in un vortice di terrore e morte. Lo scricchiolio si ripeté, più vicino questa volta. Sembrava provenire da un punto imprecisato delle tenebre, lì dove giacevano le tombe dei cadaveri più antichi. Evette sentì il sangue nelle vene mutare in ghiaccio e qualcosa le suggerì che non erano più soli. Egli doveva aver già scoperchiato il suo sepolcro; in quella mistica notte dove la linea tra la vita e la morte è così sottile da essere quasi cancellata con un soffio, doveva essersi risvegliato poco dopo il crepuscolo. Ciò significava che da tempo vagava tra le lapidi. Che da tempo li stava aspettando. 

Il vampiro li spiava con occhi che erano abissi, profondi come la disperazione più cupa. Osservava la ragazza, osservava il ragazzo. Avvertì nell'aria un odore di sangue familiare; aveva già saggiato uno della loro specie. Lord Burns era caduto nella sua trama, trovando la morte in seguito a un furioso scontro. Il vampiro sogghignò e si mimetizzò tra le tenebre, sue amanti e testimoni, e attese il momento propizio per uccidere. 

Evette riconobbe da lontano la sua tomba. Sul frontespizio di quel marmoreo mausoleo c'era inciso il nome di Lord Edward Taylor Butler, vissuto nei primi anni dell'800. Evette accelerò il passo e costrinse suo fratello a fare lo stesso. Quale pazzia era mai la loro? Uccidere un vampiro che nella notte di Samhain usciva dalla tomba per straziare uomini, donne e bambini? Le ci vollero mesi di duro studio e faticose ricerche per risalire all'identità di quel mostro; e stavolta era certa di non sbagliarsi, era sicura di non vegliare sulla tomba sbagliata nel cimitero sbagliato come molte volte le era accaduto. Ma quando il sospetto di essere arrivata troppo tardi divenne certezza, la situazione le sfuggì di mano e rischiò di crollare nel panico più assoluto. Non si era sbagliata, quell'essere si era già liberato del suo sudario, e doveva danzare in quel momento con gli spiriti dei defunti, ridendo della loro stoltezza. 
La porta del mausoleo era spalancata. Un debole lume s'intravedeva all'interno. L'odore di putrefazione era così persistente che sia Evette che suo fratello furono costretti a portarsi un lembo del mantello sul volto. 
«Dobbiamo creare una barriera, presto!» gridò Evette conscia dell'inevitabile.
Egli era lì, da qualche parte. Forse lontano, forse così pericolosamente vicino da attentare alle loro vite. I due giovani posarono a terra le sacche e cacciarono fuori altre due torce che si affrettarono ad accendere. Il fuoco illuminò quella porzione di cimitero, riflettendo le sue fiamme sulle cripte vuote e sulle lapidi spezzate. 
«La croce, Damian! Tieni bene in mostra la croce! E scappa se ti ordino di farlo!»
Damian, che tremava sotto il suo mantello pesante, assentì con la testa. I denti gli battevano nella bocca dalle labbra livide, e non seppe se era per la frescura della notte o per la paura. E quando vide quella figura apparire alle spalle di sua sorella, un grido gli morì in gola e temette di perdere i sensi. Il vampiro comparve alle spalle di Evette come se le tenebre l'avessero partorito in quel preciso momento. I suoi lineamenti si confondevano con la notte, che era la sua alleata e la sua forza. Lo vide ghignare e mancò poco che non impazzisse. Evette notò la sua espressione terrificata e seppe ancora prima di voltarsi che il mostro era dietro di lei. 
Duncan le aveva insegnato che pochi secondi bastano a morire, come pochi secondi bastano a decidere di rimanere in vita. Le aveva detto “non permettere al tuo cervello di prendere decisioni azzardate, e al tuo corpo di fare cose avventate. Il non morto sfrutta il tuo terrore, se ne ciba e lo usa contro di te”. 
Evette sollevò le dita tremolanti per afferrare la croce appesa al petto e si voltò di scatto per mostrarla al suo assalitore, stando bene attenta a non fissarlo in quegli occhi malevoli e ingannatori. Ma questo era già svanito. 
«Dove...?»
Le grida di suo fratello risposero alla sua domanda. Il vampiro aveva attaccato il giovane Damian perché aveva capito che dei due era lui il più inesperto. Damian venne scaraventato addosso a una lapide corrosa dal tempo, e perse la sua fiaccola che si smorzò a terra. Evette gridò a sua volta per attirare l'attenzione del mostro. Chi lo avesse visto in quel momento, e l'avesse conosciuto in vita, avrebbe davvero detto che quello era Lord Edward Taylor Butler. O almeno ne conservava l'aspetto. Ma dentro quell'involucro di carne, conservatasi nel tempo, vi albergava un demonio che nulla aveva a che fare con l'uomo che lo ospitava. Evette sapeva che era decisamente più dolce la fine che diventare piuttosto un non morto senza anima e senza cuore, qualcosa di malvagio che sarebbe vissuto nell'oscurità finché il mondo avesse avuto vita. Almeno, nella triste fine di suo padre, quel martirio gli era stato risparmiato. 
«Vieni da me, mostro!» gridò ancora Evette, sollevando in alto sia la fiaccola che il paletto di frassino. 
Il vampiro sembrò cacciare fuori una risata, anche se il suo fu un ghigno grottesco e un boato profondo che fece indietreggiare la ragazza di un passo. Un colpo al petto. Non mancare il cuore. Il coltello con il quale avrebbe dovuto recidere la testa del mostro giaceva ancora nella sua sacca. Per un attimo la sua sicurezza vacillò e pensò di morire quella notte. Quella mistica notte dove le paure e le leggende diventano una realtà impronunciabile. 
Il vampiro attaccò. Con un balzo che i suoi occhi non riuscirono a captare, le fu di fronte e la ragazza venne disarmata della torcia. Prima che anche il paletto le venisse sottratto, Evette fendette l'aria ma non fu abbastanza veloce da colpirlo. Quando poi risuonò alle sue orecchie lo sparo di una pistola, capì che forse non tutto era perduto. Il vampiro, più sorpreso che spaventato, s'allontanò da lei ancora ghignando. 
Damian si era rialzato in piedi e stringeva tra le mani la rivoltella fumante. Il vampiro tentò ancora di attaccarlo, ma il giovane trovò la forza di alzare la sua croce e il mostro latrò, indietreggiando disgustato. Evette sfruttò quei pochissimi secondi per ripescare dalla sacca il suo pugnale. La lama era lunga, affilata e larga, adatta per mozzare teste e amputare arti. Pesava nella sua mano, ma la ragazza la tenne stretta lo stesso. Senza perdere altro tempo prezioso si avventò alle spalle del vampiro che scartò di lato, sfuggendo a quel puerile assalto. 
«Non potete nulla contro di me, miseri insetti senza valore.»
La voce del vampiro aveva un timbro basso, roco, gutturale, che facilmente s'insediava nella mente umana per corromperla e portarla al delirio. Damian ed Evette si disposero fianco a fianco, l'uno armato di pistola, l'altra di pugnale e paletto. Tremavano nella notte buia rischiarata solo dalla debole luce delle fiaccole e delle torce, abbandonate a terra come fuochi fatui. Il vampiro svanì per ricomparire alle loro spalle, a poca distanza. Si tenne pronto per un nuovo assalto, e questa volta avrebbe attaccato la ragazza affondando i canini nella sua carne giovane e invitante. Il tempo dei giochi era finito. Il suo volto per tanto si trasfigurò e i denti gli crebbero producendo una sorta di sgradevolissimo sfrigolio. Il sibilo della morte. Gli occhi passarono dalla pece al rosso delle braci ardenti, due voragini di perdizione. Nella notte dei non morti, avrebbe brindato col sangue di quelle due anime stolte. 
Evette sapeva che non si sarebbe mai voltata in tempo per parare un altro attacco. Sapeva che non avrebbe potuto difendere suo fratello dalla morte. Ciò che non sapeva però era che Duncan li aveva raggiunti attirato dal rumore dello sparo e che, zigzagando tra le tombe, approfittando di quei momenti di panico vissuti dai due ragazzi, si era piazzato alle spalle del vampiro ed era pronto con la sua mannaia a fendere il colpo mortale. 
La luna dall'alto osservò la mano dell'uomo che si calava pesante sul corpo del mostro. Recise con una mossa la testa del non morto che volò via dal corpo, esplodendo come un tappo di bottiglia. Il taglio netto produsse il rumore appena percettibile di ossa spezzate e il sangue zampillò a fiotti. Evette e Damian si voltarono appena in tempo per vedere che la testa cadeva a terra e rotolava fino a cozzare contro una delle lapidi divelte dal terreno e corrose. Il tonfo che il corpo privo di vita produsse cadendo a terra li fece sobbalzare. Damian, compreso che il vampiro era stato eliminato, si piegò sulle ginocchia tenendosi una mano sullo stomaco. Evette, che non si decideva ancora ad abbassare le sue armi, incontrò lo sguardo accigliato e furibondo di Duncan.
«Vostro padre ora è stato vendicato.» parlò l'uomo senza alcuna emozione nella voce «Ma voi due principianti avete ancora molto da imparare. E non sono nemmeno certo che sopravviverete a lungo a una simile vita.»
Evette non rispose. Non riusciva ad articolare una frase. Il suo cuore batteva ancora così forte che sembrava aver invaso anche gli altri suoi organi vitali, sostituendoli. Damian si rialzò in piedi lentamente, conscio che l'uomo poteva avere ragione ma non per questo dissuaso dal fare un nuovo tentativo. Suo padre era stato un grande cacciatore di non morti. Con la dose giusta di coraggio e accortezza, forse poteva divenirlo anche lui. 
«Samhain è la festa che loro prediligono tra tutte.» riprese a parlare Duncan, la mannaia ancora stretta nella mano dalla quale stillava del sangue «Fino all'alba possono ancora risorgere e infestare la città. Accadranno molte cose questa notte che non potremo evitare, altre invece alle quali possiamo trovare rimedio. Gli spiriti non riposano quieti in queste ore e...»
Il lungo sermone di Duncan venne interrotto dallo scricchiolio di un ramo spezzato, molto simile a quello che avevano udito i due ragazzi prima che il vampiro si palesasse. 
Qualcosa si stava aggirando tra le tombe, puntando forse nella loro direzione. La caccia, a quanto sembrava e secondo quanto aveva detto Duncan, non era ancora finita. Evette strinse forte il suo paletto, Damian le strappò dalla mano il pugnale, sollevandolo quasi sopra la testa. 
Quando la creatura sbucò da dietro una cripta, una donna questa volta abbigliata di un lungo vestito bianco come la sua pelle pallida e smorta, i due fratelli rincuorati dalla presenza del vecchio compagno di caccia di Lord Charles Anthony Burns, si tennero pronti ad affrontarla.
Damian ed Evette attaccarono, e di nuovo la quiete del cimitero venne intervallata da grida, grugniti infernali, colpi di lama, mentre il terreno si bagnava ancora una volta del diabolico sangue del mostro. 
E la luna fissava dall'alto. 

(FINE PRIMA PARTE)

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Capitolo 2
*** Parte II ***



L'aria era talmente gelida che neppure i pesanti mantelli di lana bastavano a proteggere dal freddo della notte. La neve ora scendeva dal cielo a fiocchi radi e quasi invisibili, mentre la coltre spessa della strada rendeva il percorso difficoltoso e faceva apparire la meta sempre più lontana.

Damian si voltò un poco a guardare sua sorella: Evette, con il cappuccio calato pesantemente sulla testa, sembrava una figura oscura e senza vita che camminava silenziosa al suo fianco.

La via era deserta e non solo perché il tempo sconsigliava a ogni persona razionale di non uscire di casa; mancavano poche ore al Natale e ogni famiglia di Londra, benestante o meno abbiente che fosse, doveva trovarsi riunita attorno a una tavola, o al caldo sotto pesanti coperte.

Non era così che la loro vigilia di Natale doveva trascorrere. Non era così che dovevano andare le cose.

Evette svoltò a sinistra, e la piazza deserta e semibuia di Covent Garden si aprì davanti ai loro occhi. Non c'erano mendicanti a chiedere elemosina, scacciati forse da quella morsa di gelo che avrebbe rischiato di portar via loro la vita. Non c'erano cuori vivi che battevano, a parte quelli di Damian ed Evette. Calpestando la neve e lasciando una lunga scia di impronte, i due fratelli giunsero davanti al numero 9 di un vecchio edificio di Neil Street. Solo allora il silenzio della notte fu interrotto da un grido che agghiacciò loro le vene e che li dissuase dai loro intenti. Evette fece ricadere la mano che stava per afferrare il battente della porta. Damian tremò sotto le vesti e si ritrovò a invocare il nome di suo padre, ucciso solo qualche tempo prima dalla mano di un non morto.
Ed era a uno di questi esseri che stavano per far visita.
«Sei sicura che Duncan sia già arrivato?» domandò a sua sorella.

Evette si voltò verso di lui. La pelle del viso era pallida e quando parlò del fumo denso le uscì dalla bocca.

«E' qui e non è solo. Non ci avrebbe mai telegrafato questo indirizzo se non lo fosse.»

Duncan, vecchio compagno di caccia di Lord Charles Anthony Burns, aveva scritto loro dicendo che due cadaveri erano stati rinvenuti nella neve e che la causa del decesso era da attribuirsi all'opera di un non morto. Damian ed Evette avevano discusso a lungo se raggiungere l'uomo oppure ignorare la sua richiesta. I due giovani avevano appreso da poco l'esistenza del mondo soprannaturale, e ancora i loro sogni venivano infestati da eventi che per poco non li avevano fatti impazzire entrambi. Ma non potevano tralasciare quel messaggio; sapevano che Lord Charles Anthony Burns, ovunque fosse la sua anima, non li avrebbe mai perdonati. Evette sollevò di nuovo il braccio per picchiare il battente, quando la porta si spalancò di colpo. Una donna, i cui abiti rivelavano una natura molto povera, scrutò alla luce della sua torcia i loro volti e poi fece cenno loro di entrare. Damian afferrò il braccio di sua sorella e ubbidì.

«Il demonio è al piano superiore. L'hanno intrappolato.» parlò la donna tremando così tanto che Evette e Damian potevano sentire i suoi denti battere l'uno sull'altro.

«Resti qui.» le rispose Damian che tentò di mascherare il suo terrore dietro una finta aria autorevole.

In realtà avrebbe imboccato a ritroso la porta e sarebbe scappato via nascondendosi sotto un tappeto di neve gelida. Evette cacciò fuori dal mantello l'altra mano, quella che teneva stretto tra le dita un paletto di legno appuntito. Quindi si diresse verso la scalinata che portava al piano superiore. Damian la seguì. Giunti al quarto scalino si bloccarono di colpo poiché un altro grido disumano trapassò i loro timpani. Evette cercò la mano di suo fratello che il ragazzo strinse con forza. A cosa stavano andando incontro? E Duncan dov'era?

La vecchia donna li accompagnò con il suo lume fino al piano superiore. Poi affidò la luce al ragazzo e scappò via senza proferire parola, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi e cadere. Lungo il corridoio di quella fatiscente abitazione un'unica porta era aperta: la penultima a destra. Da quella si elevò un altro grido, seguito da parole che i due ragazzi non capirono. Sembrò loro latino, e solo in quell'istante seppero associare quella lingua con i numerosi libri che Lord Burns teneva nel suo studio. I passi di Evette e Damian erano sincronizzati. Uno due...tre. E poi si arrestarono all'unisono quando Duncan si palesò sulla soglia della porta.

«Ragazzi miei, ce ne avete messo di tempo a venire. Entrate presto, dobbiamo sigillare l'ingresso!»

Damian strinse le dita di sua sorella così forte che Evette fu costretta a trattenere un gemito di dolore. Sigillare la porta una volta entrati voleva dire che non avevano più speranza o occasione di fuggire via. Prima di chiedersi se quella fosse davvero una buona idea o prima di sospettare che dietro quella chiamata ci fosse dell'altro, i due fratelli si decisero a entrare. Damian precedette sua sorella e quando varcarono la porta, questa fu subito richiusa alle loro spalle da Duncan. L'uomo fece girare la chiave nella toppa, dopodiché si chinò per spargere una lunga striscia di sale sul pavimento. Completò l'opera sistemando alcune ostie consacrate piazzate con cura a semicerchio. Solo Evette prestò attenzione a quelle brevi operazioni. Damian aveva invece già fissato gli occhi sulla figura che si trovava al centro della stanza. Dalle vesti e dai lunghi capelli scuri sembrava una donna: ripiegata su se stessa, accartocciata nelle sue gonne, teneva il volto e le mani rivolte a terra. Sembrava ferita o agonizzante, perché alle volte lasciava andare dei gemiti o meglio... dei sibili. Quando anche Evette la vide trattenne il respiro. Era senza dubbio quello il non morto che aveva causato degli omicidi sospetti in quella zona di Londra. Evette fece scivolare il cappuccio dalla testa e si voltò a guardare Duncan. L'uomo le posò una mano su una spalla, ma tornò subito ad affiancarsi ai suoi due compagni di caccia, uomini dalla corporatura robusta che parvero non badare alla presenza dei due giovani. I tre avevano formato attorno alla figura del non morto un cerchio all'interno del quale delle croci, tutte della stessa grandezza e misura, erano state come conficcate nel pavimento. Damian s'accorse che le assi di legno erano intrise di acqua che presumette fosse benedetta. Il non morto era stato catturato e intrappolato in quella sorta di gabbia improvvisata. Catturato, ma non ucciso ancora.

Perché?
«Questi sono i figli di Lord Burns?» domandò l'uomo alla sinistra di Duncan che si voltò a guardare Damian ed Evette.

Si soffermò soprattutto a studiare la ragazza senza curarsi di nascondere il suo interesse. Evette sollevò un poco il paletto che aveva stretto nella mano, come se dovesse utilizzarlo contro l'uomo anziché contro il non morto, immobile lì all'interno del cerchio di croci e acqua santa.

«Si sono loro, Edmond. E l'anima del buon loro vecchio padre uscirebbe dalla tomba per perseguitarti piuttosto che vederti maritato assieme a sua figlia!»
«Smettete di tergiversare! Stiamo solo perdendo tempo!» li rimproverò l'altro uomo che si accucciò sul corpo della vampira dando come l'impressione di accertarsi se fosse ancora “viva”. «Questa dannata non vivrà ancora a lungo. Se morisse ora sarebbe stato tutto vano.»
Evette e Damian si lanciarono un'occhiata dubbiosa. Dunque ciò a cui stavano per prendere parte era una sorta di interrogatorio, ecco perché quella “donna” non era stata ancora uccisa. Ma la risposta a questo primo quesito spalancava le porte a molte altre domande. Duncan sembrò leggere loro la mente perché parlò prima che a farlo fosse qualcun altro.

«Dobbiamo sapere quanti e quali covi di non morti ci sono in questa zona della città.»
Fece per aggiungere altro ma ricacciò le parole in bocca.

L'uomo chinato sul corpo de non morto si risollevò in piedi per caricare un calcio con la gamba destra e sferrarlo sulla schiena della vampira. Questa emise un debole grido. Evette a quella scena sobbalzò e inorridì, sorprendendosi a provare compassione nei confronti di quell'essere. Era inerme, non avrebbe potuto nuocere a nessuno nelle condizioni in cui versava. Perché torturarla?

«E come...pensate che possa dirvi qualcosa se...la picchiate in quel modo?» domandò Damian balbettando e temendo di infastidire con le sue parole i due cacciatori che non conosceva.

Si chiese inoltre, ma senza rivelarlo a voce alta, perché Duncan permettesse uno spettacolo del genere.

Con quelle parole si inimicò i due uomini che si voltarono a guardarli torvi e minacciosi. La paura per la presenza del non morto passò decisamente in secondo piano, e il ragazzo si pentì di aver risposto al richiamo di Duncan e di aver portato sua sorella con sé.

«Diglielo Duncan!» eruppe Edmond con aria seccata «Alla menzogna che hai detto non ci crederebbe neppure un bambino!»
L'anziano cacciatore si grattò la testa e tentennò. Raccolse le parole giuste nella testa e bloccò giusto in tempo uno dei cacciatori che stava per parlare e precederlo, con aria piuttosto seccata.

«Quest'essere era presente alla morte di vostro padre.» spiegò.

«Con...contribuì alla sua morte?» domandò Evette fissando ora il corpo della vampira con occhi diversi.
Se solo fino a qualche istante prima aveva provato una sorta di compassione nei suoi confronti, questa era già svanita.

«Non esattamente.»

La vampira provò a sollevare la testa senza riuscirci. Come avrebbero poi appreso i fratelli Burns, le era stata posta un'ostia consacrata sotto la lingua. Ecco perché non accennava a muoversi, indebolita da quel “sortilegio”.

«Lei era con vostro padre e me quando fummo attaccati nel cimitero di Highgate.» riprese Duncan «Vostro padre sapeva chi era prima ancora che lo scoprissi io, e assieme a lei stava dando la caccia al suo Creatore.»
«Assieme...a lei? Vuoi dire, Duncan, che nostro padre collaborava con questi...demoni?»
Damian si sentì mancare. Non bastava la sconcertante rivelazione di quel mondo nascosto nelle tenebre; si aggiungeva alla vita segreta di Lord Charles Anthony Burns un altro inquietante tassello che non solo gettava luce sull'esistenza di suo padre, ma che proiettava allo stesso tempo delle misteriose ombre sulla sua figura.

«La vampira sa dove è situata la lapide» riprese Duncan «sotto alla quale è nascosto un oggetto molto prezioso. Dovete sapere che la cappella della vostra famiglia è sempre stata vuota, fatta eccezione ora per il corpo di vostro padre. Che Dio l'abbia in gloria. »
Altro velo scoperto. Evette si domandò cosa ci fosse sepolto sotto quel cumulo di menzogne nelle quali avevano sempre vissuto.

La vampira emise nel frattempo una sorta di rantolo.

«Nella tomba vuota c'era nascosto un diario. Vostro padre trafugò quest' oggetto dalla cappella di famiglia e lo portò altrove.»

«Tutto questo non ha senso...» balbettò Evette senza staccare gli occhi dalla creatura immobilizzata a terra. «Perché la vampira dovrebbe...»

Evette sussultò, colta da un terribile pensiero.

Dovete sapere che la cappella della vostra famiglia è sempre stata vuota...”

La sua mente le suggerì le ipotesi più improbabili e contraddittorie. Senza accorgersene allungò una mano per afferrare quella del fratello. Tentò di controllare il suo tremore, ma non vi riuscì. Damian se ne accorse, strinse le sue dita e in quell'istante sembrò capire anche lui.

Di Lady Chantelle Burns, Damian ed Evette conservavano un vago e timido ricordo. Morta quando loro erano poco più che bambini, aveva lasciato dietro di sé un vuoto incolmabile e molti rimpianti. Nessuno mai in casa Burns provò a intavolare un discorso che riguardasse la donna, che divenne agli occhi dei figli come una sorta di fantasma dal nome impronunciabile. E Chantelle Burns, o almeno la sua identità, ora tornava prepotente nelle loro vite.

In quel momento. Nella stanza semibuia e spoglia di una casa disabitata. La notte della vigilia di Natale.

Damian ed Evette spostarono gli occhi da Duncan alla vampira, dalla vampira a Duncan, in un gioco di sguardi interrogativi sui quali si affacciava già l'ombra di un terribile sospetto.

«La vampira conosce l'ubicazione della tomba sulla cui lapide c'è inciso il nome di vostra madre perché ella in realtà...»
«E' nostra... madre...» osò dire Damian con voce così debole che nessuno a parte se stesso lo udì.

Duncan pronunciò le stesse parole del ragazzo ma nessuno dei fratelli Burns lo ascoltò. Ciò superava ogni loro immaginazione. Duncan aveva sempre avuto un pessimo senso dell'umorismo, e questa ne era la prova più evidente.

«Vostro padre nascose il diario in una cassa, sotto terra, e vi pose sopra una lapide che porta le sue iniziali e quelle di Chantelle Burns. Dopo la morte di vostro padre a conoscere il luogo segreto è rimasta solo lei...»
La vampira rantolò ancora, intuendo che era proprio di lei che si stava discutendo. Evette la fissò a lungo, cercando di scorgere qualche tratto del suo volto nascosto dai capelli scuri e lunghi. Esattamente come i suoi. Fece un passo in avanti ma Damian la bloccò. Il ragazzo era impallidito, e Duncan gli si avvicinò per posargli una mano sulla spalla e sostenerlo nel caso fosse svenuto.

«Capite ora perché vostro padre vi ha tenuto nascosta la caccia? E soprattutto perché vi ho fatti chiamare qui?»
«Nostra madre è morta...» parlò Evette convincendosi di quelle sue parole, rifiutando il fatto che davvero quell'essere intrappolato da ostie, croci e acqua sacra fosse...
«Infatti lei tecnicamente è morta.» infierì Edmond.

Con la punta dello stivale picchiettò il fianco della vampira, la quale grugnì e si mosse nel tentativo vano di alzarsi.
«Lasciala stare.»

Damian digrignò i denti, balbettando quelle parole. Presto la vista gli si appannò di lacrime e una furia cieca l'assalì. Menzogne. Erano cresciuti attorniati da bugie e traditori. E ora Duncan, il loro “fedele” servitore, era pronto a sostenere che quella vampira in realtà fosse
Chantelle Burns. La madre che credevano perduta da anni. Inammissibile.

«Lei ci condurrà alla lapide e al diario. Nel diario sono contenute alcune testimonianze che ci aiuterebbero a...»
Evette sollevò la mano che stringeva ancora il paletto facendo segno a Duncan di zittirsi. Ne aveva abbastanza di quelle mezze verità tirate fuori solo quando l'occasione lo richiedeva. La ragazza prese il coraggio a due mani e si staccò da suo fratello per avvicinarsi al non morto. La vampira non muoveva un muscolo e a intervalli emetteva un gemito sommesso. Con il paletto stretto nella mano si piegò sulle ginocchia e tentò ancora di scorgere il suo viso attraverso i boccoli scomposti. Non osò però spostarle i capelli, temendo che lei potesse morderla.

Non poteva essere sua madre quella. Quando come e perché si fosse tramutata in un mostro non era ancora il momento di saperlo. Né lei né Damian erano pronti a simili particolari.

«Come farà a condurvi alla lapide se la trattenete qui?» domandò Evette.
La vampira mosse la testa, ma non sollevò il viso né tanto meno lo sguardo.

«L'abbiamo trattenuta perché il vecchio Duncan voleva che la famiglia si riunisse per qualche attimo. Siamo a Natale no?»
Evette si risollevò in piedi e guardò Edmond con occhi sprezzanti. Detestava quell'uomo più del non morto in quella stanza.

Damian si decise a scattare in avanti, e afferrata sua sorella per un braccio la trascinò via. Non posò gli occhi sulla vampira; avrebbe preferito che fosse un non morto qualunque da torturare e impalare. Sorpreso da quella nuova consapevolezza desiderava solo trovarsi lontano da quel posto, seduto davanti al camino, ad attendere l'arrivo del Natale proprio come avevano sempre fatto fino ad allora.

“La famiglia riunita per qualche attimo”. Una menzogna anche quella.

La famiglia Burns non esisteva se non nelle figure di Damian ed Evette. Che la vampira fosse o no Chantelle Burns non faceva alcuna differenza.

«Immagino non vogliate seguirci.» parlò Duncan.
Nella sua voce si riconoscevano mortificazione e tristezza.

«Dopo questa notte non fare ritorno alla tenuta.» gli rispose Evette «Non voglio vederti, mai più.»
Duncan, il vecchio servitore che aveva visto crescere quei due ragazzi mantenendo segreti che andavano oltre la sua stessa comprensione, assentì con la testa. Immaginò una reazione simile e incassò quel duro colpo senza replicare. Ma non si pentì di quello che aveva fatto; i due giovani avevano diritto di sapere che Chantelle Burns era stata trasformata in un non morto, e che Lord Charles Burns l'aveva cercata in lungo e in largo.

Evette sarebbe rimasta ancora un poco, giusto il tempo per vedere finalmente il viso della vampira e confrontarlo con uno dei numerosi ritratti che si trovavano appesi nella tenuta dei Burns. Ma Damian la trascinò via, incapace di accettare oltremodo quella situazione.

Quando tornarono in strada la neve aveva ripreso a cadere dal cielo. Il freddo si era fatto più violento stringendoli nella sua morsa e gelando il loro sangue. Tuttavia non era tutto questo ad aver ghiacciato le loro vene, rendendo vani i loro sensi.

Evette si risistemò il cappuccio sulla testa e lanciò un'occhiata a suo fratello. Damian, pallido in viso e tremante, lesse nei suoi occhi la sua tacita richiesta e scosse il capo.

«No, per favore. E' la vigilia di Natale.»

Alle loro orecchie giunse un grido; il lamento di Chantelle Burns, o del mostro che si era impadronito di lei, squarciò il silenzio della notte santa. Damian singhiozzò. Evette si sentì soffocare dal nodo che le aveva chiuso la gola e accalappiò suo fratello per un braccio costringendolo a nascondersi in un vicolo poco distante, dal quale potevano osservare la strada. Si strinsero l'un l'altro per scaldarsi e infondersi coraggio. Poi Duncan e gli altri due cacciatori lasciarono il numero 9 di Neil Street trascinando con loro la vampira.

Erano davvero solo le ostie e le croci a renderla così inerme?
Evette guardò ancora Damian, che scosse di nuovo la testa con maggiore decisione. Ma le sue difese crollarono subito, e i due fratelli Burns attesero che il gruppo si fosse allontanato di qualche miglio prima di seguire le loro orme sulla neve.

Dopo qualche istante tutte le campane delle chiese di Londra annunciarono la mezzanotte. Era il 25 dicembre del 1887 e i fratelli Burns avrebbero trascorso quella ricorrenza come tutte le famiglie: assieme a uno dei genitori che credevano di aver perduto.

 

Ma ciò che accadde quando rividero quella vampira, è un'altra storia.

FINE 

 

 

 

 



 

 

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