Sunk heart

di guimug
(/viewuser.php?uid=76540)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Southampton 1912 ***
Capitolo 2: *** New York 1987 ***



Capitolo 1
*** Southampton 1912 ***


                                                                                 Sunk heart
 


 



CAPITOLO 1 – Southampton 1912
 
 
La carrozza correva nella brumosa campagna inglese divorando la strada in una fredda alba d’aprile del 1912, ma per la sua passeggera sembrava che anche quel carro di contadini sorpassato poco prima andasse più veloce! Aveva fretta, tanta fretta…se non fosse giunta in tempo avrebbe perso l’occasione per vederlo, per confessargli finalmente ciò che aveva nel cuore e che per orgoglio e paura non aveva mai avuto il coraggio di esternare.
 
“Presto cocchiere! Quanto manca per Southampton?”
“Stia tranquilla signorina” rispose l’uomo a cassetta con voce un po’ affannata per lo sforzo di guidare la carrozza a quella velocità “arriveremo in tempo!”
“Non può andare più veloce?” incalzò la ragazza sporgendosi ancora di più dal finestrino.
“Si calmi e resti seduta!!” la rimproverò l’uomo “Lasci fare a me, non posso spingere di più questi poveri animali altrimenti si fermeranno e non arriveremo affatto!!”
Rassegnata Candy si lasciò cadere sui sedili con aria affranta e lasciò che la mente vagasse sugli ultimi avvenimenti che l’avevano portata a compiere quel viaggio così precipitoso. Era caduta stupidamente nell’ennesimo tranello ordito da Iriza ma stavolta era rimasto coinvolto anche Terence, erano stati attirati con uno stratagemma nelle scuderie al solo scopo di farli sorprendere dalle suore per essere accusati di portare avanti una tresca segreta fra le mura del collegio….l’espressione trionfante di Iriza alle spalle di Suor Gray quando li avevano scoperti ancora era impressa nella sua memoria
“Maledetta!!” mormorò aggiungendo mentalmente altri epiteti che non avrebbero dovuto trovar posto nella testa di una ragazza di buona famiglia, poi la sentenza di espulsione dal collegio e l’intervento di Terence che, da nobile qual’era, si sacrificava per lei.
“Oh Terry, perché? Perché hai voluto andartene in quel modo?”
 
Nel momento in cui aveva saputo che il ragazzo si era preso la responsabilità dell’accaduto ed aveva abbandonato il collegio Candy aveva finalmente preso coscienza dei suoi sentimenti, aveva finalmente capito che quel turbamento che provava quando stava vicino a Terence era amore ed ora stava perdendo la possibilità di dichiararlo.
Non poteva permetterlo! Aveva saputo che Terence era riuscito a trovare, grazie al buon nome del suo casato, un biglietto per New York sul nuovo transatlantico in partenza quella mattina ed ora correva disperata per raggiungerlo prima che salpasse per dirgli tutto ciò che finora si era tenuta dentro.
“Ti amo Terence!”, quelle tre parole così semplici eppure così restie a farsi pronunciare le avrebbe gridate e allora lui non sarebbe salito sulla nave ed avrebbero cominciato il loro futuro insieme.
Candy si riscosse dai suoi pensieri e guardò dal finestrino, la nebbia si era ormai dissipata ed il sole aveva fatto la sua comparsa sopra la brughiera: “Accidenti, ma quanto è alto…è ormai mattina piena e la nave partirà verso mezzogiorno!!”
Scrutò il panorama intorno ma nulla faceva presagire che il porto fosse ormai vicino, a perdita d’occhio solo verdi prati e rade macchie di alberi, affranta chiuse gli occhi e pregò Dio che la facesse arrivare in tempo.
Dio! Di sicuro Suor Gray anche se si professava Sposa di Cristo non aveva nemmeno idea di cosa fosse la pietà e la misericordia divina, le aveva ben concesso di andare a salutare Terence ma ricordava bene il sorriso beffardo con cui glie lo aveva comunicato….sapeva che sarebbe stato quasi impossibile giungere in tempo e voleva con questo prendersi la rivincita dopo l’umiliazione che il giovane Grandchester le aveva inflitto.
Ed intanto il tempo passava, Candy forse si era assopita perché riaprendo gli occhi vide che la carrozza stava attraversando una periferia urbana e dietro le file di case si scorgevano le gru per il carico delle merci sulle navi, finalmente erano a Southampton!
 
“Signorina, dove devo portarla di preciso?” chiese il cocchiere.
“Al molo dove parte il nuovo transatlantico, non ricordo come si chiama….sa quella nave di cui tutti parlano!”
“Ho capito signorina, ci saremo in pochi minuti!”
Pochi minuti…..sarebbero bastati? Guardò il sole che implacabile ormai era alto nel cielo, doveva mancare poco alla partenza e Terence probabilmente si trovava già a bordo; forse se arrivava in tempo le avrebbero permesso di salire a salutarlo ma lei lo avrebbe costretto a scendere dalla nave…o forse sarebbe rimasta a bordo anche lei, nascosta nella sua cabina come clandestina! Al pensiero arrossì, ma forse era proprio quello che voleva; scappare coll’uomo che amava, lasciarsi tutto alle spalle e seguirlo nella sua avventura di diventare attore, e al diavolo le convenzioni sociali e quell’ingombrante nome Andrew!
“Siamo arrivati signorina!” A quella voce Candy trasalì, finalmente era a destinazione!
 
Più che scendere volò giù dalla vettura con l’uomo che la guardava crollando lentamente il capo, di fronte a lei un lungo edificio a tre piani recante l’insegna “White Star Line” e dietro le sommità di quattro fumaioli che lasciavano uscire un denso fumo grigio scuro.
“Ce l’ho fatta!!” pensò Candy “La nave è ancora qui!!”, ma in quella due colpi della potente sirena annunciavano che era stato dato l’ultimo avviso ai visitatori di abbandonare la nave e che gli ormeggi stavano per essere levati.
Candy impallidì, forse era stato tutto inutile e non sarebbe riuscita a vederlo. Immaginava già il ghigno soddisfatto dei Suor Gray al suo rientro al collegio, cominciò a correre superando il cancello d’accesso al molo e l’immensa nave le si presentò in tutta la sua magnificenza, ma lei non aveva tempo per ammirare quel gioiello dell’ingegneria navale.
Gli inservienti avevano già staccato le passerelle e chiuso i portelli d’accesso, non c’era più possibilità di salire a bordo; disperata cominciò a chiamare “Terence!! Terence!!” sperando che il ragazzo fosse alla balaustra con gli altri passeggeri per osservare la partenza.
Guardava ma non riusciva a scorgerlo, “Terence!!! Sono Candy!! Terence rispondi!”….nulla, correre non era servito a nulla!
Ad un tratto al suo orecchio giunse qualcosa di familiare, un suono che le entrava direttamente nel cuore, il suono di un’armonica! Alzò lo sguardo nella direzione da cui proveniva ed ecco, sulla balconata di uno dei ponti più bassi un ragazzo si sporgeva suonando lo strumento come un richiamo:
“Terence!!”
“Candy, cosa fai qui?”
“Non potevo lasciarti andare via così! Dovevo dirti una cosa importante….Terence io ti amo!!!”
Terence rimase interdetto, aveva sperato tanto in quel momento ed ora non poteva far altro che guardare da lontano la sua Candy senza poterla stringere per dirle ciò che provava….mentre la nave cominciava staccarsi dalla banchina raccolse tutta la sua voce ed urlò “Anch’io Candy, ti aspetterò a New York!!”
“Terence!! Io verrò…….” ma ormai la distanza ed il frastuono delle macchine non permettevano più di capirsi, i due ragazzi rimasero a fissarsi occhi negli occhi in una muta dichiarazione d’amore uniti da quel filo di sguardi che lentamente si allungava come le stelle filanti che gli altri passeggeri avevano lanciato dal ponte a chi era rimasto a terra ma che si erano inevitabilmente spezzate alla partenza, invece quel filo d’oro che partiva dai loro occhi ed univa i loro cuori avrebbe sfidato la distanza transoceanica e, Candy ora lo sapeva, li avrebbe ricongiunti a New York per iniziare la loro vita insieme.
 
La nave era ormai lontana dal molo e si approssimava all’uscita del porto, Candy indugiava ancora sulla banchina assieme a qualche curioso che commentava la partenza del gigante del mare con frasi di circostanza:
“E’ un trionfo per la marina inglese” o “E’ veramente la più grande meraviglia del mondo!”
Candy sorrideva mentre si avviava all’uscita del molo sentendo quei commenti altisonanti, pensava anche al nome esagerato che avevano dato alla nave: chissà come gli era venuto in mente? Mentre ripassava sotto l’arco d’accesso colse però un ultimo commento da parte di un vecchio marinaio:
“L’uomo può costruire macchine meravigliose, ma Davy Jones (lo spirito del mare n.d.r.) sarà sempre più forte!!”
“Che volete dire Martin?” chiese un inserviente della compagnia White Star
“Che sento un cattivo presagio….”
Candy si voltò un momento ad osservare lontano la sagoma della nave ormai ridotta ad un puntino, le parole del vecchio l’avevano preoccupata; lasciò vagare lo sguardo un momento ma poi scacciò dalla mente i cattivi pensieri, non poteva dare ascolto ad un vecchio ubriacone e poi tutti dicevano meraviglie di quella nave definita “inaffondabile”
Risalì sulla carrozza che era rimasta ad attenderla e disse al cocchiere “Torniamo alla Royal St. Paul school!”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** New York 1987 ***


Capitolo 2 – New York 1987
 
 
La televisione era accesa su un canale di news ma l’anziana signora non prestava molta attenzione a ciò che veniva detto dai giornalisti, guerre, rapine e svariati fatti di cronaca non l’appassionavano più di tanto, nei suoi quasi novant’anni aveva visto talmente tante cose che faceva fatica ad impressionarsi.
No, la televisione le serviva più che altro per compagnia mentre, sola in casa, si dedicava ai piccoli lavori di ricamo; sentire in sottofondo delle voci la distraeva dai pensieri nostalgici e le permetteva di dedicarsi al suo lavoro senza che la mente vagasse a richiamare fantasmi del passato.
Non che fosse sola del tutto, la sua famiglia le era sempre vicino ma figli e nipoti avevano i loro lavori e in questo periodo di grande fermento economico erano quasi sempre fra Wall Street e viaggi all’estero, per cui i momenti che trascorreva sola in casa erano molto frequenti-
Meno male che lei aveva il suo bel da fare a confezionare lavori di ricamo per una fondazione benefica che il suo defunto marito Albert aveva creato partendo da un piccolo orfanotrofio; “The Pony’s house foundation” era un’istituzione molto conosciuta negli ambienti newyorkesi per il suo impegno nella salvaguardia dei diritti dei bambini abbandonati e maltrattati ed ogni anno assegnava dei premi a persone meritevoli in quel campo. I premi, oltre che in somme di denaro, consistevano anche in un trofeo e in un piccolo lavoro di ricamo eseguito espressamente dalla presidentessa emerita della fondazione e che illustrava la motivazione per cui la persona veniva premiata.
Candy sorrise guardando attraverso le lenti bifocali il quadrato di tessuto su cui stava lavorando, era destinato ad un medico che in Africa si prendeva cura dei bimbi orfani del Sahel e rappresentava l’uomo col camice bianco circondato dai piccoli; ad un certo punto la sua attenzione fu attratta dal lancio di un servizio del notiziario, si parlava di un importante recupero sottomarino….normalmente Candy non avrebbe dedicato molta attenzione a notizie simili eccetto a quelle riguardanti una nave in particolare, posò il ricamo e si concentrò sulla notizia.
 
“Nella giornata di oggi il celebre oceanografo Robert Ballard ha annunciato che saranno messi in mostra i primi oggetti recuperati dal relitto del Titanic, questa esposizione sarà allestita il prossimo 14 Aprile, anniversario del naufragio,  in una sala del museo Guggenheim di New York e sarà riservata ad un pubblico selezionato mentre il resto del mondo potrà assistervi grazie alla diretta TV in mondovisione…..”
 
Candy ebbe un brivido, ogni volta che sentiva nominare quella nave il suo cuore aveva un tuffo ed il suo pensiero correva a quella maledetta primavera del 1912 quando il mondo le era crollato addosso, chiuse gli occhi e lasciò che il filo dei ricordi si dipanasse nella sua mente.
 
Rientrata al collegio dopo la partenza di Terence non aveva fatto passare molto tempo prima di prendere la decisione di lasciare anche lei la scuola e raggiungere il suo amato in America.
Aveva quindi salutato i suoi cari amici Archie e Stear e le loro fidanzate Annie e Patty e si era incamminata verso l’ignoto, non aveva voluto informare lo zio William della sua decisione sia per non dargli subito un dispiacere sia perché voleva provare di essere in grado di provvedere da sola a se stessa.
Quando giunse, dopo svariate peripezie, al porto di Southampton non aveva considerato nemmeno l’idea di salire su una nave di linea….non aveva soldi per il biglietto e quindi si era recata direttamente al porto mercantile dove sperava di trovare un imbarco su un cargo per l’America, in cambio di lavoro o come clandestina!
Mentre vagava per le banchine aveva sentito voci di un disastro avvenuto in pieno oceano ma presa com’era dai suoi pensieri non vi aveva prestato molto ascolto, pensava ad uno dei tanti naufragi che purtroppo fanno parte della vita di mare; e poi lei aveva fretta e quando finalmente era riuscita ad imbarcarsi su di un mercantile nessuno più ne aveva parlato.
Ricordava bene il viaggio, prima la clandestinità nella stiva e poi il servizio a bordo come cuoca e cameriera; era stato duro ma la speranza di incontrare Terence al suo arrivo la sosteneva, fu solo quando sbarcò a New York che la verità le si presentò in tutta la sua cruda drammaticità.
Anche se erano passati quasi due mesi ancora i giornali strillavano notizie riguardanti il naufragio del’enorme transatlantico e Candy non riusciva a credere a ciò che leggeva…..il Titanic affondato, più di mille morti, e Terence?
Si precipitò negli uffici della capitaneria di porto dove era ancora attivo un servizio informazioni per i parenti delle vittime.
L’impiegato l’aveva accolta con aria di sufficienza, considerando che il naufragio era avvenuto il 14 aprile questa ragazza si presentava solo il 12 giugno a chiedere notizie? Probabilmente non glie ne importava poi molto di chi aveva a bordo!
Comunque le mise davanti due fascicoli, in uno c’era la lista dei superstiti mentre nell’altra vittime accertate e dispersi (come suonava beffardo quel nome….come se ci fosse ancora possibilità di ritrovarli); Candy scorse il primo elenco con il respiro affannoso e le mani tremanti ma non trovò nulla mentre nel secondo fra i “dispersi” figurava:
 
Cabina 0235 – Ponte 1 Prima Classe – Terence duca di Grandchester
 
Fu come se un macigno le avesse sfondato il cuore, tutte le sue speranze si infrangevano contro quella registrazione come la nave su cui viaggiava il suo amore si era infranta su quella montagna di ghiaccio, freddo ghiaccio che ora le gravava sull’anima…era la fine di tutto!
Uscì dall’ufficio e giunta in strada non resse più, si accasciò contro il muro dell’edificio della Capitaneria e scoppio in un pianto dirotto….
 
Candy riaprì gli occhi e si asciugò una lacrima che scendeva da sotto gli occhiali, Dio quanto faceva ancora male ripensare a quei momenti! Riprese a guardare il notiziario che spiegava che per assistere alla presentazione al Guggenheim bisognava scrivere alla direzione del museo e sperare di essere fra i meritevoli; prese nota dell’indirizzo, spense la TV e telefonò all’ufficio di sua nipote.
“Mary ciao sono nonna Candice…..si, si sto bene non preoccuparti ma ho bisogno di un favore, segnati questo indirizzo Arthur Jones c/o Guggenheim Museum 5th avenue 89 New York….si, ho bisogno che tu richiedi due inviti per l’esposizione del 14 aprile….si, quella sugli oggetti del Titanic…..tu non preoccuparti del perché voglia partecipare sappi però che mi accompagnerai….si, va bene….si ti voglio bene anch’io, ciao Mary”
Accidenti quanto era difficile a volte quella ragazza, aveva proprio la stessa testa dura della nonna!
La richiesta fu mandata e, complice l’importanza del nome Andrew che aveva negli ambienti che contano la stessa importanza di un Kennedy o di un Trump, non ci furono difficoltà e la sera del 14 Aprile Candy entrava nella sala al braccio di sua nipote Mary; erano presenti parecchi esponenti della cosiddetta “buona società” e molti la salutarono, Candy ricambiò i saluti ma non diede confidenza a quella gente così come era solito fare  Albert, che li frequentava solo per il tempo necessario agli affari ma che non aveva mai voluto intrattenere rapporti di amicizia con quelli che definiva “squali affamati”.
Riuscì quindi a districarsi dalla folla e si avvicinò alle teche dove erano esposti gli oggetti recuperati dalla disgraziata nave, nelle vetrine c’erano posate annerite e vassoi deformati con ancora visibile il marchio “R.M.S. Titanic”, gioielli ossidati e brandelli di stoffa che un tempo erano stati indumenti.
Documenti corrosi recuperati da una piccola cassaforte, un fischietto da marinaio, piatti e bicchieri, una lampada ed un piccolo oggetto rettangolare schiacciato ed annerito ma che a Candy provocò un tuffo al cuore al solo vederlo. Lesse il cartellino accanto all’oggetto “Armonica a bocca – probabilmente appartenuta ad uno dei passeggeri dei ponti di prima classe”.
 
Di colpo la sua mente fu riportata violentemente al quel maledetto giugno 1912: Candy piangeva disperata sul marciapiede nell’indifferenza dei passanti, se si fosse trovata in un altro luogo forse qualcuno si sarebbe interessato a lei ma da due mesi ormai quel luogo era teatro quotidiano di scene di disperazione e la gente non ci faceva più caso.
“Perché piangi signorina?” disse una vocina
Candy alzò lo sguardo e vide una bambina che la guardava incuriosita tenendo la mano della mamma, “Perché piangi?” ripeté la piccola.
Candy si alzò e si asciugò gli occhi, poi ripose alla bimba “Perché ho saputo che una persona che mi era molto cara non tornerà più!”
“Era anche lui su quella grande nave? Sai, c’eravamo anche io e la mia mamma….”
Candy guardò la piccola e poi la signora che ricambiò il suo sguardo con un’espressione di dolce e sincera partecipazione: “Si, era anche lui sulla nave ma non ce l’ha fatta”, e mentre pronunciava quelle parole sentì ancora le lacrime salirle roventi agli occhi.
“Jodie, lascia stare la signorina! La perdoni signorina, non voleva mancarle di rispetto.”
“Si figuri signora” rispose Candy “dovete aver passato dei momenti terribili”
“Orribili” disse la donna “non pensavo che avrei potuto raccontarlo ma…”
“Ci ha salvate un cavaliere!!” irruppe Jodie con la sua voce argentina “ci ha prese in braccio e ci ha messe sulla scialuppa lasciandoci il suo posto, e poi ci ha salutate mentre scendevamo in mare suonando l’armonica per noi!”
L’armonica….mio Dio!! “Dimmi piccola” la incalzò Candy “com’era quel cavaliere?”
“Era bello, alto e con i capelli lunghi e gli occhi castani, aveva una voce dolce e gentile ma sembrava triste…”
Terence! Era proprio nel suo carattere soccorrere chi era in difficoltà, sacrificarsi per chi aveva più bisogno….le lacrime ricominciarono a scendere copiose; “Signorina tu lo conoscevi? Era un tuo amico?”
“Era il suo fidanzato?” chiese la signora, Candy annuì scoppiando in pianto e si abbandonò nell‘abbraccio di quella donna sconosciuta che era stata testimone degli ultimi minuti di vita del suo Terry.
 
“Mary, io devo avere quell’armonica! Usa ogni mezzo, fai valere il nome degli Andrew, paga qualsiasi prezzo ma la devo avere!!”
Mary guardò la nonna, lesse qualcosa di strano nei suoi occhi e capì che non era il semplice capriccio di una persona anziana ma una reale necessità, “va bene nonna, farò tutto quanto in mio potere, te lo prometto!”: Mary mantenne la promessa e due settimane dopo l’armonica era nel suo salotto di Park Avenue
Seduta nella sua poltrona Candy teneva lo strumento annerito fra le mani e lasciava scorrere la mente su quel che avrebbe potuto essere, chiuse gli occhi e immaginò una sala ed un valzer ed il suo Terence che, compito come un vero nobile inglese, la invitava a ballare:
“Terence, se arrivato finalmente!”
“Scusa il ritardo Signorina Tuttelentiggini, ho avuto qualcosa da fare”
“Si lo so, Jodie me lo ha detto! E’ proprio da te non saper resistere al grido di una fanciulla in difficoltà, sai che ti ha definito un cavaliere? Se sapesse invece che sei un gran maleducato!!” Rise guardandolo negli occhi e lui rimase incantato ancora una volta dai suoi occhi azzurri e dai suoi meravigliosi capelli biondi.
Dio quanto l’amava, non avrebbe potuto esprimere a parole quanto era profondo il sentimento che l’univa a quella creatura.
“Candy!”
“Si Terence?”
“Vieni con me?”
“Ovunque tu voglia e per sempre!”
“E allora andiamo!!”
La prese per mano e la condusse nella grande sala illuminata; prima di varcare la soglia però Candy si voltò indietro un momento e vide, nella luce incerta della sera, una poltrona con una donna anziana che pareva dormisse il sonno più sereno, con le labbra atteggiate ad un dolce sorriso come di chi stia facendo un sogno meraviglioso e fra le mani un piccolo oggetto annerito.
“Che c’è Candy? Rimpianti o nostalgia?”
“Nulla di tutto ciò Terry, ora sono pronta ad andare”
Entrarono nel salone e cominciarono le danze…..nell’ormai buio salotto newyorkese l’armonica scivolò a terra con un tonfo sordo.
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3275775