Replay

di Shayleene
(/viewuser.php?uid=875592)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Replay

Prologo

Invincibilità. Chiunque si sarebbe inchinato davanti al suo immenso potere.
Gloria. Il suo futuro era quello di diventare l'unico dio esistente, adorato dall'intero pianeta Terra.
Immortalità. Plasmando a suo piacimento i fili ingarbugliati del Destino sarebbe rimasto fuori portata dalla Morte, che non avrebbe mai pututo raggiungerlo.


Nonostante li separasse uno spesso vetro, riusciva perfettamente ad udire il ritmico "bip" emesso dai macchinari che tenevano in vita la ragazza distesa sul lettino in quella stanza asettica, il cui biancore quasi accecava chiunque vi posasse lo sguardo. Diversi aghi collegati a delle flebo le iniettavano tutto ciò di cui aveva bisogno, mentre una fascia attorno al braccio le misurava periodicamente la pressione. Un piccolo oggettino simile ad una pinza grigia stretta al dito indice segnalava i suoi battiti, producendo un breve suono a intermittenza.
Gli occhi erano chiusi, il respiro lento e profondo; tutto faceva presupporre che stesse dormendo, e infatti era così. Un sonno indotto da farmaci che durava da molto, molto tempo. Nonostante ciò le sue guance non avevano mai perso il loro caratteristico colorito roseo, nè le labbra erano diventate livide come quelle di una malata. Gli ricordava una versione moderna della fiaba di Biancaneve, se non fosse stato che nel suo caso nessun principe azzurro sarebbe venuto a salvarla. L'incantesimo della mela avvelenata non si sarebbe mai spezzato fino a quando la ricerca non avesse avuto esiti positivi, o nel caso in cui il narcotico che le somministravano insieme ai medicinali non la uccidesse prima.
Posò la fronte su vetro lucido, lasciando un'impronta. Chissà se un giorno si sarebbe mai risvegliata, osservando nuovamente il mondo con i suoi occhi azzurri, tornando alla vita. Era quello che si chiedeva da anni, che bramava ardentemente. Desiderava che accadesse perchè nonostante tutto si era affezionato a lei, o perchè ciò avrebbe significato l'avverarsi del suo obbiettivo? Era più importante la vita di una singola persona o la riuscita di un esperimento che avrebbe cambiato il futuro dell'uomo? Se si fosse liberata dal sonno che la teneva imprigionata, la vecchia lei sarebbe morta. Per sempre.
-Signore, è quasi il momento.- La voce gracchiante e timorosa di uno dei supervisori lo riscosse dalle sue riflessioni. L'ometto appena arrivato, basso, pelato e in un camice bianco più grande di almeno tre taglie chinò il capo in segno di rispetto, evitando il suo sguardo. Sembrava che tutti lo temessero lì dentro, ma non era ancora riuscito a capire se lo doveva alla sua posizione o al fatto che lo reputassero un pazzo. Probabilmente essere stato uno dei pochi ad aver deciso di dare il via all'esperimento nonostante tutti i rischi che avrebbe comportato e tutte le regole etiche e morali che avrebbe infranto gli aveva dato un'aura di rispetto.
-Fammi strada.- gli rispose secco, seguendolo attraverso numerosi corridoi candidi e completamente spogli inframezzati da alcune porte grigie prive di targhetta. Non incontrarono anima viva fino a quando non raggiunsero l'ala est del palazzo, dove c'era un caotico fermento di supervisori che correvano frenetici da una stanza all'altra portando fogli pieni di dati.
-Prego, da questa parte.- gli disse l'uomo che lo aveva accompagnato fin lì indicandogli con la mano la porta accanto a loro, facendolo entrare nella sala computer n°8.
Sui numerosi schermi compariva la stessa scena ripresa da diverse angolature, e nella parte più bassa vi era un conto alla rovescia che stava quasi per raggiungere lo zero. Il giovane si avvicinò al computer principale posando il dito affusolato sul bottone verde al centro della tastiera. Era certo che questa volta sarebbe cambiato qualcosa. Nonostante tutti i fallimenti ottenuti in quegli anni, sentiva che sarebbe stata la volta buona. Il segnale del termine del countdown risuonò familiare alle orecchie.
-E' giunto il momento- mormorò, facendo pressione sul tasto fino a che non si udì un click.
L'immagine sugli schermi svanì, sostituita da un'unica parola: "Restart".

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Jocelyn si precipitó in camera sua subito dopo che i suoi le avevano rivelato che c'era il suo regalo di compleanno ad attenderla pronto ad essere utilizzato, senza quasi fermarsi a ringraziarli. Sapeva già che cosa avrebbe trovato perché era più di un anno che insisteva per comprarlo, anche a costo di spendere tutti i risparmi che aveva accumulato facendo lavoretti estivi da vari conoscenti che possedevano dei negozi.
Arrivata sulla soglia lo vide: eccolo là il suo computer nuovo di zecca e soprattutto di ultima generazione. Lanciò un piccolo strillo di eccitazione, avvicinandosi quasi timorosa alla scrivania in legno chiaro piena zeppa di oggetti. Con l'età era diventata molto più ordinata rispetto quand'era bambina, ma quell'angolo era perennemente in un disordine quasi totale, visto tutto il tempo che ci passava. Peluche, gufi di varie forme e materiali, matite, penne, segnalibri fatti a mano o acquistati, cartoline: ogni cosa seguiva una specie di "disordine organizzato". Era così che lo definiva lei quando sua madre brontolava per quel "campo di battaglia", cosa che avveniva come minimo una volta alla settimana senza sortire grandi risultati.
Scostò la sedia dai cuscini azzurri, accomodandosi sopra e legandosi i capelli in una coda come faceva automaticamente ogni volta che si sedeva alla scrivania. Odiava che i ciuffi di capelli neri le andassero negli occhi mentre leggeva o disegnava. Diede un'ultima occhiata al cellulare, trovando un messaggio della sua migliore amica Stephanie. Quel giorno era letteralmente scappata via da scuola senza neppure darle il tempo di salutarla da lontano, ma sapeva che se si fosse fermata a chiacchierare con lei sarebbe tornata a casa come minimo per cena. Steph era davvero una persona fantastica, tuttavia non sapeva proprio cosa significava essere sintetici.
"E figuriamoci poi oggi che è il mio diciannovesimo compleanno" pensò Jocelyn divertita sollevando lentamente lo schermo del PC portatile color turchese, il suo preferito, e premendo il tasto di accensione. Finalmente avrebbe potuto lavorare decentemente ai progetti scolastici senza temere che tutto si resettasse da un momento all'altro come le era capitato fin troppe volte, ma soprattutto l'ottima webcam le avrebbe permesso di fare delle video-recensioni di alta qualità rispetto alla precedente.
La lettura aveva sempre fatto parte del suo essere, e da un anno aveva creato un blog in cui pubblicava dei video dove dava le sue opinioni su ciò che leggeva. Gli utenti fissi non erano moltissimi, ma dato che il suo obbiettivo era solo diffondere quella sua passione non le importava più di tanto.
La musichetta che segnalava l'accensione del dispositivo le fece illuminare gli occhi dall'aspettativa: non vedeva l'ora di scoprire tutti i nuovi programmi che l'attendevano. Sapeva che doveva essere stato un grosso sacrificio economico per i suoi, anche perchè con tutte le volte che si era fermata a guardare le vetrine del negozio di elettronica conosceva quasi a memoria i prezzi degli articoli esposti.
Lanciò un rapido sguardo all'orologio a forma di piuma appeso sopra l'enorme letto violetto, e vide con piacere che erano solo le cinque e diciassette: ancora due ore prima che avesse inizio il bombardamento di messaggi con gli auguri. Era infatti fermamente convinta che nessuno dovesse farglieli nemmeno un minuto prima dell'orario esatto in cui era nata, per evitare ogni sfortuna. Ormai amici e parenti l'avevano capito, e non facevano neppure più caso a quella stranezza. Ed era sempre per superstizione che si era riempita la camera di gufi di ogni tipo, dai pupazzi alle statuine ai disegni realizzati da lei stessa.
Analizzò com'era strutturato il nuovo sistema operativo cercando di familiarizzare con tutte quelle nuove icone e menù, inserendo poi una chiavetta rossa nella presa USB e trasferendo tutti i suoi file e immagini che aveva nel vecchio PC. Esultò estasiata vedendo tutte le nuove funzioni aggiuntive presenti, e si affrettò a collegarsi ad internet per comunicare la fantastica notizia sul suo blog, "Living inside books".
Le sue mani scorrevano rapide e sicure, mentre la mente lavorava per conto suo. "Cari utenti, il mio super computer è finalmente arrivato! E per festeggiare questo evento insieme al mio compleanno non c'è nulla di meglio di un nuovo video, quindi stay tuned!"
Premette invio per pubblicare il post, allungando poi il braccio per prendere il libro che aveva terminato ieri sera e che doveva ancora essere recensito. Dopo essersi data una sistemata ai capelli e aver tossito un paio di volte per schiarirsi la voce, accese la webcam dando inizio al video.
-Buon pomeriggio readers! Essendo un giorno speciale volevo celebrare con un libro altrettanto speciale, per cui ecco a voi "Il dono delle furie" di Elizabeth Miles! Come avrei potuto non apprezzare un romanzo così inquietante, struggente e intenso? Una visione davvero moderna e realistica delle Erinni. Per chi non lo sapesse, nell'antichità le Erinni erano...-
Quando le sembrò che fossero passati all'incirca tre minuti, concluse con un "Alla prossima lettura!" e premette stop. Era abbastanza soddisfatta dal risultato, ma come ogni volta decise di riguardare il video ottenuto per verificare di non aver fatto errori.
Tuttavia, quando cliccò su play ciò che vide non fu affatto quello che ricordava. L'angolazione della ripresa era la stessa, ma la sua camera era cambiata totalmente. Tutti i mobili erano coperti da un telo bianco, e quasi tutti i suoi libri e oggetti erano spariti dagli scaffali. Quello che però la sconvolse maggiormente era quella che teoricamente avrebbe dovuto essere lei, ma che allo stesso tempo non lo era. Sembrava più vecchia di almeno tre anni, e il suo viso era contorto in una smorfia di terrore.
-Verrà a cercarti anche questa volta, non credergli!- si sentì dire dalla sua stessa voce che in quel momento percepiva come qualcosa di estraneo. La Jocelyn del video iniziò a piangere, stringendo così forte i braccioli della sedia che le sue mani sbiancarono. Sembrava quasi pazza, terrorizzata a tal punto da qualcosa da aver perso il controllo. I capelli erano tutti arruffati come se si fosse appena risvegliata da un incubo, e il trucco le stava colando come lacrime nere sulle guance pallide. -Non fidarti di lui, o ti ucciderà! Devi ribellarti, liberarti dalle sue catene! Ti supplico, non lasciare che ti...-
Lo schermo nel computer si annerì di colpo, e quando si riaccese il video era scomparso. Jocelyn rimase per qualche secondo immobile, fissando sconcertata lo schermo senza muovere il muscolo. Doveva essere stato uno scherzo organizzato dai suoi insieme a qualche suo amico, non poteva esserci un'altra spiegazione plausibile, non poteva essere altrimenti. Si portò una mano alla bocca, rendendosi conto solo in quel momento di stare tremando come una foglia.

 
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Il giovane continuava ad urlare ordini ai supervisori di tutte le sale computer dal microfono sulla sua scrivania. Non riusciva ancora a capire cosa fosse appena successo: il momento prima stava osservando come tutti gli altri la stessa scena che si ripeteva come sempre, e quello dopo tutti gli schermi di ogni singolo computer dell'edificio si erano oscurati per almeno un minuto.
Non era mai accaduto prima e la cosa lo aveva gettato nel panico più completo, sebbene nel profondo stesse esultando. Perchè un segnale come quello poteva significare solo una cosa: il corso degli eventi stava finalmente per subire una svolta. Tuttavia non poteva permettere che le cose sfuggissero al suo controllo, e pertanto doveva assolutamente scoprire cos'era accaduto in quel lasso di tempo.
Si alzò di scatto dalla sedia recandosi con passo marziale nella sala di controllo. Quando i supervisori lo videro entrare, sui loro volti comparve immediatamente la paura.
"Ed è giusto che sia così, perchè tra poco tempo sarò in grado di spegnere le loro vite con un minimo gesto" pensò freddamente, controllando tutto ciò che stava accadendo attorno a lui.
-Ebbene, avete scoperto cos'è successo? Spero per voi che non sia stato un guasto tecnico, o il responsabile ne pagherà care le conseguenze.- sibilò, facendo rabbrividire tutti i presenti. Un uomo canuto probabilmente vicino alla settantina, gli si avvicinò. -No signore, non è stato affatto un problema tecnico.- mormorò, scartabellando tra numerosi fogli. -Abbiamo notato che durante il presunto black-out la sua attività cerebrale si è intensificata quasi del doppio, raggiungendo dei picchi assolutamente fuori dal normale.- Il giovane guardò attentamente i grafici che l'uomo gli stava mostrando, tentando di comprendere dove volesse arrivare.
-E questo cosa significa?- gli chiese.
Il supervisore si aggiustò il colletto della camicia con nervosismo. -E' solo una supposizione, tuttavia... è possibile che il suo subconscio sia riuscito ad intuire parte di ciò che le sta accadendo, e stia cercando in qualche modo di avvisarla.-
Il giovane rimase sbalordito da quella possibilità. Non credeva che sarebbe mai stata capace di una cosa del genere, ma a quanto sembrava era ancora più speciale di quanto se ne fosse reso conto lui stesso.
-Questo non deve assolutamente accadere!- gridò, tirando un pugno sull'armadio alla sua destra. -Voglio che chiamiate tutti i medici dell'organizzazione, tutti gli psicologi, chiunque! Aumentate il dosaggio di medicinali, se necessario, ma impedite in ogni modo possibile al suo subconscio di ottenere altre informazioni.-
Tornò nel suo ufficio, preparandosi a fare una telefonata importante. Si sarebbe aspettato qualsiasi cosa da lei, ma non certo che si ribellasse. Non a lui. Tuttavia non le avrebbe permesso di deluderlo, non giunti a quel punto.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***




Capitolo 2

 
Si sfilò il cellulare dalla tasca, componendo un numero che ormai conosceva fin troppo bene. Dopo alcuni squilli durante i quali aveva trattenuto inconsapevolmente il respiro, una voce profonda e chiaramente maschile rispose. -Liam, era ora.-
Era umiliante vedere come quell'uomo riusciva ad intimorirlo solo chiamandolo per nome. Lì, nel cuore dell'organizzazione, era abituato ad essere quello che incuteva timore, a comandare su chiunque. Ma gli bastava sentire la sua voce per ricordarsi che doveva sempre continuare a guardarsi alle spalle.
-Signor Coleman, spero che gli affari vadano bene come sempre.- lo salutò, agitandosi leggermente sulla sedia in pelle.
-Lasciamo perdere questi stupidi convenevoli.- lo bloccò immediatamente l'altro con la sua solita freddezza. -Spero che tu abbia finalmente raggiunto un qualche risultato, visto che ormai è fin troppo tempo che finanzio i tuoi esperimenti da scienziato pazzo senza ricavarne nessun profitto.-
"Maledetto, non perde mai l'occasione per ricordarmelo." pensò Liam frustrato stringendo con forza il pugno. Odiava dipendere fino a quel punto da qualcuno, ma i soldi erano assolutamente necessari se voleva continuare la sua ricerca, e Coleman era l'unico di cui si sentiva in qualche modo di potersi fidare. O perlomeno, avrebbe potuto farlo fino a quando lui non si sarebbe stufato degli infiniti insuccessi denunciandolo alla polizia dicendo loro di essere stato raggirato o addirittura minacciato per fare in modo che lo finanziasse.
Non lasciò però che ciò che pensava trasparisse dal suo tono di voce.  -Questa volta posso darle un'ottima notizia. La ragazza sta iniziando a mostrare alcuni segni di sviluppo della sua potenzialità, anche se con molta probabilità ci vorrà ancora un po' prima che si svegli.-
Dall'altro capo del telefono si sentì qualcosa sbattere su una superficie. -E' da quasi due anni che vi concentrate unicamente su quella maledettissima ragazza, e mi vieni a dire che ci vorrà ancora tempo?! E' impossibile che sia la Tramite, uccidetela e cercate altre persone su cui tentare l'esperimento!-
Un brivido scese lungo la spina dorsale di Liam, facendolo rabbrividire. Alcuni aggettivi che non avrebbero mai potuto descrivere Coleman erano magnanimo e altruista. Aveva costruito il suo impero finanziario basandosi su truffe e omicidi di cui nessuno era mai riuscito a rintracciare il colpevole, quindi una morte in più sulla coscienza non gli avrebbe certo pesato. Tuttavia, Liam non poteva permettere che ciò accadesse.
-Si sta sbagliando, lei  è la Tramite!- lo rassicurò mentre si sentiva il sudore imperlargli la fronte. -Ci siamo infiltrati nei database di ogni ospedale del mondo analizzando le componenti sanguigne di ogni paziente, ma di quelli che avevano le caratteristiche adatte per essere dei Tramiti l'unica sopravvissuta ai test fino ad ora è lei! La supplico, mi dia ancora un po' di tempo e vedrà che riusciremo a farla risvegliare!-
Per alcuni secondi non ci fu alcuna risposta, e Liam temette che la sua ora fosse ormai prossima. Se Coleman l'avesse denunciato e la polizia avesse scoperto tutto ciò che aveva fatto, sarebbe finito sulla sedia elettrica senza neppure un processo. Violazione dei sistemi informatici. Esperimenti con cavie umane. Omicidio. 
-Voglio che tu sappia che la mia pazienza sta giungendo al limite, Liam.- disse con tono minaccioso Coleman. -Ma visto che se ciò che stai progettando riuscirà a funzionare io otterrò un potere immenso, ti lascerò stare ancora per un po'. Spero di ricevere presto una tua chiamata, e questa volta per dirmi che si è concluso tutto nel migliore dei modi.-
La chiamata terminò di colpo senza lasciargli modo di controbattere. Liam premette un pulsante sulla sua scrivania mettendosi in contatto con l'équipe di medici dell'organizzazione.
-Aumentate il dosaggio di medicinali.- ordinò, fissando con sguardo vacuo la porta. -Dobbiamo fare in modo che liberi completamente il suo potere.-
La corsa contro il tempo era iniziata. 

--------------------------------------------------------------------------------------

-Ancora tanti auguri tesoro!- Stephanie la stritolò in uno dei suoi soliti abbracci che rischiavano sempre di soffocarla, facendola quasi inciampare sulla scalinata che portava all'ingresso della loro scuola. -Accidenti però, certo che ieri sera avresti potuto organizzare una festicciola, no? Avevo giusto bisogno di sfogarmi un po', con tutte queste maledette verifiche!-
Jocelyn alzò gli occhi al cielo, scrollando il capo. -Steph, lo sai che i miei genitori non vogliono. E comunque potevi andare in discoteca, ti saresti divertita comunque!- le rispose. Aveva ormai dimenticato il motivo per cui erano diventate amiche, e se qualcuno glielo avesse chiesto non avrebbe potuto spiegarglielo. Nonostante fossero piuttosto differenti era nato tra loro un legame così forte che erano diventate come due sorelle. Stephanie era la più briosa ed estroversa delle due, sempre pronta ad attaccar bottone con chiunque -ancor meglio se ragazzi- e ad andare a feste. Non era una delle tante "ragazze Barbie" senza cervello, semplicemente le piaceva parlare ed intrattenersi con gli altri.
Jocelyn non era esattamente timida, ma non sentiva neppure il bisogno di attirare l'attenzione di nessuno e nè di uscire ogni sera con persone diverse, anche se da quando erano diventate amiche si era aperta molto di più anche con chi non conosceva da molto tempo. Per la prima non c'era passatempo migliore dello shopping sfrenato ad ogni centro commerciale disponibile, mentre la seconda preferiva farsi una camminata al parco lasciandosi ispirare dalla natura per le sue storie. 
Durante il primo anno di scuola non si erano parlate molto, forse per il fatto che la scuola aveva moltissimi studenti, ed era facile che si formassero gruppetti. Ora che ci pensava bene, la prima volta che si erano parlate davvero era quando l'aveva trovata in lacrime nei bagni delle ragazze durante la pausa pranzo. Inizialmente Stephanie non aveva voluto dirle per quale motivo stesse piangendo, ma dopo qualche minuto in cui Jocelyn era rimasta in silenzio accanto a lei le aveva rivelato che i suoi stavano per divorziare perchè sua madre aveva scoperto che il marito aveva un'amante già da un bel po' di tempo.
Jocelyn l'aveva abbracciata lasciando che sfogasse tutto il suo dolore e la sua delusione. Non c'erano bisogno di altre parole in quel momento. Da quel giorno iniziarono ad avvicinarsi sempre di più, fino a diventare quasi indivisibili.
-Guarda, ti ho portato un regalino! Non indovinerai mai cos'è!- esclamò Stephanie elettrizzata porgendole un pacchetto blu con un fiocco turchese.
Jocelyn scartò lentamente il regalo, restando a bocca aperta quando vide cosa c'era all'interno. Prese tra le mani una morbida sciarpa viola fatta a mano. Avrebbe voluto esserne felice, ma aveva una stranissima sensazione di déjà-vu. In qualche modo sapeva che cosa le aveva regalato l'amica, anche se non avrebbe mai potuto prevederlo. 
Il sorriso sul volto di Stephanie svanì, lasciando il posto ad un'espressione delusa. -Scusa, forse non ti piace? Ho provato a farla io, ma non è che sia venuta proprio benissimo, me ne rendo conto...-
-Ma no, assolutamente!- la interruppe Jocelyn rendendosi conto di essere stata scortese nei suoi confronti. -E' davvero stupenda, non avrei potuto chiedere regalo migliore! Guarda, me la metto sub...- Improvvisamente provò un fortissimo senso di nausea accompagnato a delle vertigini tali che le sembrava di girare all'infinito in una ruota. Traballò in avanti, udendo a malapena le grida preoccupate dell'amica e le sue braccia che la stringevano. Si sentiva malissimo in ogni fibra del suo corpo, come se al posto del sangue le scorresse nelle vene un liquido bollente. Quello che però le procurava più dolore era il cervello, che sembrava stesse per esplodere all'interno del suo cranio. Non riusciva neppure a parlare, gli arti inermi. 
Dopo alcuni istanti tutto divenne nero davanti ai suoi occhi, e perse i sensi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***




Capitolo 3

 
 
Non appena riprese conoscenza un forte odore di antisettico le penetrò nelle narici, riportandola bruscamente alla realtà. Era distesa su un lettino dell'infermeria della scuola, anche se più che infermeria era una stanzetta come le altre in cui al posto dei banchi c'erano alcuni letti, una scrivania di formica e un enorme armadio metallico con medicinali e bende nell'angolo vicino alla finestra . Tre facce la stavano osservando, ognuna con un diverso livello di preoccupazione.
Quando Stephanie si accorse che aveva gli occhi aperti, si precipitò su di lei strapazzandola come uno dei peluche che teneva su una piccola mensola della sua camera. -Oddio Jocelyn, mi hai fatto prendere così tanta paura!- esclamò, quasi soffocandola nel suo petto prosperoso. -Adesso stai meglio, vero?-
-Se tu mi lasciassi respirare forse riuscirei a risponderti..- mugugnò Jocelyn, liberandosi dal suo abbraccio e cercando di sistemarsi i capelli arruffati. In quel momento vide ai piedi del letto il viso sconosciuto di un ragazzo, che studiava con finta aria interessata il muro tenendo la testa leggermente inclinata verso destra.. Stephanie colse l'occasione per presentarlo con entusiasmo. -Jos, quello davanti a te è il tuo salvatore! Si chiama...-
Il giovane la interruppe, rivolgendo a Jocelyn un sorriso educato. -Adam, piacere. Comunque credo che la tua amica stia esagerando, ho fatto solo ciò che dovevo!- aggiunse, con una risata cristallina, arrossendo leggermente.
Steph tuttavia non era dello stesso parere. -Scherzi?! Avresti dovuto vedere com'è riuscito a prenderti al volo poco prima che tu cadessi a terra come una pera cotta! Ok, non intendevo dire che sembravi una pera cotta... insomma, mi hai capita!- disse con enfasi, facendo una smorfia verso Jocelyn che trattenne a fatica una risata. 
"E' inutile, non cambierà mai!" pensò divertita. Stephanie era sempre stata una persona molto schietta e impulsiva, e le capitava spesso di dire cose che ad altri sarebbero potute risultare offensive ma che in realtà non erano affatto delle critiche. Quello era un altro motivo per cui andavano molto d'accordo: entrambe apprezzavano la verità nuda e cruda piuttosto che delle bugie elaborate per non ferire nessuno.
In quel momento intervenne l'infermiera, che era rimasta precedentemente in disparte. Era una giovane forse sulla trentina, dai tratti delicati e gioviali che ispiravano immediatamente fiducia. In un certo modo sembrava quasi strano vedere una come lei indossare un camice bianco e utilizzare strumentazioni mediche. Se l'avesse incontrata per strada avrebbe scommesso che fosse un'insegnante delle elementari o una fioraia, visto le sue gote rosse che le facevano pensare ai tuilpani.
"Certo che ultimamente ne vedo a bizzeffe di medici e infermieri..." Subito dopo aver formulato quel pensiero, rimase basita. Era da più di un anno che non andava in un ospedale neppure per un prelievo, allora perchè mai gli era venuta in mente una cosa simile?
"Probabilmente sarà dovuto al malessere di stamattina, sono solo un po' scombussolata." concluse, cercando di dimenticare in parte l'accaduto sebbene fosse piuttosto difficile. Che figuraccia! Era svenuta davanti a mezzo corpo studenti come una femminuccia alla vista del sangue, altro che le eroine dei suoi romanzi preferiti.
-D'accordo Jocelyn, mettiti lentamente a sedere.- le disse l'infermiera aiutandola ad alzarsi. -Senti il battito cariaco accellerato? Hai giramenti di testa?-
Alla risposta negativa della ragazza, schiribacchiò alcune frasi su una cartellina che aveva appoggiato sulla scrivania. Successivamente le misurò la pressione stringendole una fascia attorno al braccio, annotando i valori ottenuti. -Sembra tutto nella norma, probabilmente è stato un semplice calo di pressione.- la rassicurò con un sorriso. -Ad ogni modo è meglio che per oggi tu torni a casa dopo aver mangiato qualcosina. Con un po' di cibo e di riposo tornerai come nuova!-
Jocelyn annuì, scendendo dal letto e chinandosi per infilarsi nuovamente le scarpe da ginnastica. -La ringrazio molto.- le disse, uscendo dall'infermeria seguita da Stephanie che la fissava come se dovesse tornare a cadere da un momento all'altro, e da Adam, il quale sembrava non sapesse bene cosa dire. Dopo essersi chiuso la porta alle spalle, il ragazzo tossicchiò per attirare la loro attenzione. -Direi che io ora posso tornarmene in classe, non vorrei che il professore mi credesse disperso!- scherzò, passandosi le mani tra i capelli biondo scuro che gli coprivano la fronte.
Stephanie guardò l'orologio. -Ma adesso c'è la pausa pranzo! Potresti venire a pranzare con noi al bar della scuola, che ne dici?- gli propose entusiasta. Adam sembrava indeciso sul da farsi, ma Jocelyn sostenne l'idea dell'amica. 
-Steph ha ragione, non ho ancora avuto modo di ringraziarti per l'aiuto. Lascia che ti offra almeno il pranzo.- gli disse, rivolgendogli un sorriso. -A proposito, il mio zaino?- chiese, guardandosi attorno.
-Tranquilla, è nel tuo armadietto!- le rispose pronta Stephanie.
Dopo essere passati dal corridoio principale a riprendere le loro cose, i tre si sedettero in uno dei tavolini del piccolo bar che serviva agli studenti come punto di ritrovo durante la pausa pranzo. Non c'erano molti posti disponibili, ma la scuola non aveva avuto i soldi necessari per costruire una mensa e dunque si dovevano accontentare.
Intanto che aspettavano le bibite e i panini che avevano ordinato, Stephanie si lanciò all'attacco con le tecniche che Jocelyn conosceva fin troppo bene. Lo sguardo della sua amica significava solo una cosa: Adam l'aveva colpita parecchio. Non era lei ad aver lasciato i suoi ex, erano loro ad essere rimasti delusi quando avevano scoperto che non era affatto una ragazza facile come poteva sembrare e l'avevano piantata in asso. Nonostante ciò Stephanie non aveva ancora rinunciato a trovare il ragazzo dei suoi sogni, e a quanto pare Adam era un possibile candidato. Effettivamente era piuttosto carino, anche grazie agli occhiali che mettevano in risalto le sue iridi verdi e le ciglia piuttosto lunghe, oltre ad avere un corpo asciutto ma non smilzo. Una perfetta unione tra l'aria intellettuale e sportiva.
-Ci siamo già visti da qualche parte per caso?- gli chiese Stephanie giocherellando con i suoi lunghi capelli ricci che le incorniciavano perfettamente il viso. 
Stranamente il ragazzo non ebbe alcuna reazione particolare all'espressione civettuola della ragazza, che solitamente faceva iniziare a balbettare chiunque la vedesse. -Sono arrivato solamente da alcune settimane, ma magari mi hai intravisto nei corridoi.- le rispose cortesemente, senza sbilanciarsi.
Jocelyn provò a fare mente locale, senza però ricordare di averlo mai incrociato. Tuttavia aveva sentito che era arrivato un nuovo studente nella 5B, e pareva che fosse già un premio molto ambito da parecchie ragazze.
-Jos, stai ancora dormendo? Adam ti stava chiedendo se volevi che qualcuno ti accompagnasse a casa!- Stephanie le diede un buffetto sulle guance, osservandola però con aria leggermente seccata. Con tutta probabilità non aveva apprezzato l'attenzione che Adam non le stava riservando dedicandola invece a Jocelyn.
-Scusatemi, ero solo soprappensiero.- borbottò lei, passandosi una mano sul viso. Si sentiva ancora piuttosto stanca e confusa per ciò che era successo. 
-Tranquilla, ti capisco. Stephanie mi ha detto che i tuoi sono al lavoro e che solitamente torni a casa a piedi. Se ti va posso accompagnarti io a casa, giusto per sicurezza.-
"Non accettare. Ribellati!" Un ordine perentorio le arrivò al cervello, lasciandola disorientata. Si sentiva ancora piuttosto instabile sulle sue gambe e avrebbe voluto accettare senza riserve la gentile proposta, tuttavia qualcosa dentro di sè le ripeteva di rifiutare l'invito. Una strana sensazione di malessere si diffuse in ogni cellula del suo corpo. Non era un vero e proprio dolore fisico, quanto una specie di "allarme" causato dal suo sesto senso. Stava per dirgli che sarebbe stata felice del suo aiuto, e fu quindi con stupore che si sentì rispondere:-Ti ringrazio, ma credo proprio che per oggi prenderò l'autobus.- 
Aprì nuovamente la bocca per ritrattare ciò che aveva detto, ma non riuscì a formulare nemmeno una sillaba. Per la seconda volta era come se il suo corpo non le appartenesse, quasi stesse osservando la vita di un'altra persona tramite i suoi occhi, ma non potesse in alcun modo interagire col mondo esterno.
Se anche Adam rimase deluso, non lo diede a vedere. Anzi, prima di alzarsi per ritornarsene in classe la salutò con un caloroso saluto, soffermando lo sguardo su di lei qualche secondo in più rispetto a quanto aveva fatto con Stephanie. -Nessun problema, ci si vede in giro!- disse, allontanandosi con passo rilassato.
---------------------------------------------------------------------------

Liam osservò assorto la figura sullo schermo che rimpicciolì sempre di più scomparendo del tutto. L'aumento della dose di medicinali mostrava già i primi effetti, e l'esperimento stava procedendo molto più speditamente di prima. Dal giorno del cosiddetto "incidente" non si erano più verificati fatti anomali, tanto da temere che quello fosse stato un semplice caso. Liam era però certo che non fosse così: gli eventi stavano iniziando a cambiare, avviandosi lentamente verso la fine.
-Signore, la fase di reminiscenza sta per avere inizio.- La voce di uno dei supervisori lo riscosse, facendogli riportare l'attenzione su ciò che stava accadendo sulla schermata. Comparvero una serie di immagini in sequenza che ormai conosceva così bene da riuscire a descriverne il dettaglio più insignificante. Nel computer accanto, un video continuava a mostrare le scene che l'intero corpo di supervisori stava studiando da anni. 
Un sorriso amaro comparve sul suo volto, mentre i ricordi riprendevano ad assillarlo senza alcuna pietà. Più di una volta aveva avuto il desiderio di abbandonare tutto, risvegliare la ragazza e riportarla dai suoi genitori. 
Ma non poteva.
Il momento del risveglio si stava avvicinando, e con esso l'enorme potere che lo avrebbe reso più onnipotente di ogni dio in cui gli uomini credevano. Nel suo cuore non avrebbe dovuto esserci nient'altro che la speranza di raggiungere quell'obbiettivo, ma la verità era che non poteva fare a meno di rodersi per i sensi di colpa, aggiunti alla paura per la sua reazione quando avrebbe riaperto gli occhi. Era da quasi tre anni che la osservava da dietro quel vetro, mantenuta in vita da dei macchinari, memorizzando ogni sua singola caratteristica e accarezzando il suo corpo con lo sguardo. Tutto aveva avuto inizio con un'enorme bugia, e proprio quando se lo sarebbe meno aspettato le cose avevano iniziato a cambiare. 
Lui stesso aveva iniziato a cambiare, rendendosi conto di sentimenti che credeva fossero frutto di una semplice finzione ma che invece stavano diventando fin troppo reali giorno dopo giorno, trasformando il progetto a cui aveva lavorato per anni con fierezza in una specie di tortura.
Nel profondo della sua anima desiderava che quando avesse riaperto gli occhi lei lo riconoscesse. Forse però sarebbe stato meglio per entrambi se ciò non fosse affatto accaduto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Delle mani la tenevano ferma nonostante stesse spingendo con tutte le forze per fuggire da quel posto. Non riusciva ancora a capire perchè l'avesse portata lì, ma quando aveva visto la stanza in cui volevano rinchiuderla per farle chissà cosa aveva tentato in ogni modo di andarsene. A nulla erano valse le suppliche, gli insulti, le minacce: quegli uomini sembravano non ascoltarla minimamente, seguendo alla lettera gli ordini perentori di qualcuno lì vicino di cui però non riusciva a scorgere il viso. 
Eppure era certa che la colpa di quello che le stava accadendo fosse solamente di quel tizio, che in qualche modo era riuscita a raggirarla portandola fin lì.
-Perchè l'hai fatto?- gridò, mentre delle lacrime calde iniziarono a scorrere salate sulle sue guance. Non ottenne nessuna risposta, soltanto i suoi occhi fissi su di lei che parevano chiederle scusa e allo stesso tempo esultare.
-L'iniezione.- sentì dire, e un attimo dopo la sensazione di un ago conficcato nel braccio le fece provare dolore. -Quando tornerai da me sarai finalmente libera, Jocelyn.-

La ragazza scattò seduta, stringendo con forza le coperte. Aveva la fronte madida di sudore e il respiro accelerato, il cuore che pareva essere stato strappato in mille pezzi e calpestato.
-Un maledetto, maledettissimo sogno...- mormorò Jocelyn ancora scossa. Si passò le mani sul viso per stropicciarsi gli occhi assonnati, percependo del bagnato sulla pelle. Lacrime. Aveva pianto come nell'incubo. Ricordava quel particolare, ma tutto il resto era svanito nonostante lo sentisse a portata di mano se solo ci avesse pensato ancora un po'. In fondo era proprio quello che accadeva con i sogni: la maggior parte scompariva non appena ci si svegliava. E lei era certa che era stato un bene dimenticare. Si alzò lentamente dal letto rabbrividendo per la bassa temperatura che come sempre c'era in camera sua, e dopo aver infilato le ciabatte camminò fino al bagno usando come unica illuminazione il suo cellulare.
Si sciacquò il viso con l'acqua fredda strofinandolo con energia per strapparsi di dosso anche gli ultimi residui di sonnolenza. Era passata una settimana da quando era svenuta davanti alla scuola, e da allora aveva iniziato ad avere degli incubi terribili quasi ogni notte, di cui però non riusciva a rievocare i ricordi. Non ne aveva parlato con i suoi visto che le era capitato anche da piccola di avere un periodo in cui non riusciva a dormire bene proprio per quel motivo, e sperava che non durasse troppo neppure quello attuale.
Il display del cellulare segnava le sette, quindi sarebbe stato inutile rimettersi a dormire. Tornata in camera si svestì, infilandosi il suo paio di jeans preferito e una t-shirt con la stampa di un dragone. Mentre la stava indossando si bloccò col braccio destro ancora sollevato, aggrottando le sopracciglia: nel punto in cui l'avambraccio di collegava al braccio c'era una piccola macchiolina violacea, simile a quelle che solitamente apparivano qualche ora dopo aver fatto un prelievo di sangue. Non ricordava che l'infermiera le avesse fatto un'iniezione o prelevato del sangue, ma in ogni caso era passato troppo tempo perchè il segno fosse ancora visibile. 
Si inumidì leggermente la punta dell'indice con le dita passandolo sull'incavo del braccio, e la macchia se ne andò via. "Solo dello sporco..." pensò, finendo di prepararsi e uscendo di casa dopo aver messo in spalla lo zaino.
Adam la stava aspettando all'ingresso della scuola insieme a Stephanie, come aveva iniziato a fare da quando si erano conosciuti. Jocelyn credeva che lo stesse facendo solo per pura cortesia e che si sarebbe stufato presto, ma a quanto sembrava aveva sbagliato a giudicare. Ultimamente passavano molto tempo insieme, e aveva scoperto parecchie cose su di lui che l'avevano stupita come ad esempio il fatto che abitasse già da solo, in quanto suo padre era capo di un'azienda multinazionale e non aveva il tempo materiale per prendersi cura di lui. Non aveva mai nominato la madre, quindi Jocelyn aveva dedotto che non fosse più in vita.
-Jos, buongiorno! Certo che hai davvero una brutta cera oggi... dormito male?- la salutò allegra Stephanie, perfetta come sempre. Sembrava che lei non potesse mai avere una giornata no: il leggero trucco era perennemente presente e steso in maniera impeccabile che faceva risaltare i suoi occhi nocciola screziati d'oro, gli abiti abbinati con un gusto raffinato e i capelli biondi acconciati ogni volta in maniera diversa valorizzando il suo viso dalla pelle abbronzata.
-Gentile come sempre...- mugugnò Jocelyn dandole un rapido abbraccio e salutando Adam con un sorriso. -Forza, andiamo a prendere qualcosa da mettere sotto i denti, sto morendo dalla fame!-
Le prime quattro ore di scuola passarono stranamente in un baleno. Durante la breve pausa di quindici minuti Jocelyn ricevette un SMS dalla madre che le chiedeva di andare dalla zia Marie, quella che possedeva un piccolo negozietto di articoli per la casa, a ritirare un oggetto che aveva ordinato. 
-Fantastico, adesso dovrò allungare il giro e andare fino da quella svitata!- brontolò la ragazza sedendosi con malagrazia sul muretto che circondava la scuola. -Ti prego Steph, non puoi lasciare che la affronti da sola!-
La sua amica rise, scuotendo la lunga chioma bionda che quel giorno ricadeva sulle sue spalle come una cascata dorate. -Avanti, non fare la vittima! Che mai ti potrà fare una signora come lei?-
-Lo sai benissimo che non è normale, hai già dimenticato che l'ultima volta che ci sono stata voleva farmi fare una foto con i nani da giardino perchè pensava che così sarebbero diventati più felici e quindi più belli?-
Stephanie fece un vano tentativo di rimanere seria, ma si vedeva perfettamente che aveva gli occhi lucidi come quando stava per scoppiare a ridere. Le appoggiò la mano sulla spalla, fingendo un'espressione desolata. -Mi dispiace davvero tanto, ma dopo ho un impegno con mia sorella.- Fece una smorfia sconsolata, a dimostrazione che avrebbe preferito andare con lei da una zia svitata piuttosto che sopportare la sua sorellastra per un solo minuto. -Ad ogni modo potresti chiedere a Adam, sono certa che non farà storie.-
Jocelyn la guardò confusa, inclinando leggermente il capo con aria pensierosa. -Ma io credevo... credevo che ti piacesse!- mormorò per non farsi sentire.
La bionda arricciò le labbra, mentre gli occhi le si illuminavano di una luce gioiosa. -Sai com'è,- sussurrò, -io ho cercato di fare colpo, ma a quanto pare lui è immune al mio fascino! Quindi ho cambiato preda...- Le fece l'occhiolino, indicando con un cenno discreto un ragazzo appoggiato ad una colonna davanti all'ingresso dell'edificio.
-Non ci credo! E non mi dici nulla? Guarda che voglio conoscere tutti i dettagli!- esclamò Jocelyn afferrando le mani dell'amica. Il nuovo discorso venne tuttavia interrotto dal suono della campanella che avvisava gli studenti di ritornare in classe.

Alcune ore dopo lei e Adam stavano camminando fianco a fianco per le strade della città, affollate dal traffico di auto e pedoni. 
-Non è possibile, capitano tutte a me! Perchè il prof di storia mi ha chiesto l'unica cosa che non avevo studiato? Sono perseguitata dalla sfortuna...- si lamentò Jocelyn, guardando frustrata il voto negativo scritto in nero sul suo libretto. -E adesso chi li sente i miei?-
-Avanti, non essere così negativa... prima o poi sarebbe successo in ogni caso!- cercò di consolarla Adam sortendo piuttosto l'effetto opposto.
Jocelyn aggrottò le sopracciglia lanciandogli un'occhiataccia. -Ehi, stai forse dicendo che sono un'idiota?-
Il ragazzo sollevò le mani affusolate in segno di resa. -Assolutamente no! Semplicemente credo che se era qualcosa che doveva accaderti non avresti potuto evitarla in nessun modo.- Aveva un'espressione seria, come se fosse fermamente convinto di ciò che stava affermando.
-Non dirmi che sei uno di quei fissati del kharma e cose simili.- scherzò Jocelyn mettendosi a ridere. Certo, lei era una persona superstiziosa, ma non aveva mai creduto in nulla del genere, piuttosto preferiva tentare di portare la fortuna dalla sua parte.
-Effettivamente è abbastanza interessante come argomento, ma non è quello che intendevo.- le rispose, sistemandosi gli occhiali sul naso e sembrando molto intellettuale. -A mio parere tutto ciò che accade ha una sua logica e un suo scopo, come se chiunque di noi fosse legato a dei fili che li guidano nelle sue scelte.-
La ragazza lo fissò per qualche istante, ricordandosi di aver letto su qualche libro che c'erano molte persone convinte che il mondo intero fosse in qualche modo "comandato" dal destino. -Certo che come cosa è abbastanza inquietante, saremmo tutti delle specie di burattini!- esclamò con una smorfia.
Adam non le rispose limitandosi a sorridere, e dopo alcuni secondi allungò il braccio indicando un edificio all'angolo della strada con una vetrina molto colorata. -E' quello il negozio di cui mi parlavi?-
Jocelyn sospirò, rallentando inconsapevolmente il passo per ritardare il più possibile l'incontro con Marie. -Già, purtroppo... mi scuso fin da subito per le stupidaggini che dirà mia zia, tu limitati ad annuire per farla contenta e dovremmo cavarcela in mezz'ora.- gli disse.
Giunta davanti alla porta con delle tendine indaco all'esterno, abbassò la maniglia tirando versò di sè e facendo tintinnare il campanellino che segnalava l'arrivo di un visitatore. Solitamente non appena sua zia la vedeva le correva in contro abbracciandola come un bambino farebbe col suo pupazzo preferito, per poi portarla a fare l'immancabile giro del negozio mostrandole tutti i nuovi articoli.
Tuttavia, quando i suoi occhi incontrarono quelli della donna la reazione non fu affatto quella abituale. Nel viso di sua zia comparve un'espressione terrorizzata, e l'istante dopo iniziò a strillare delle frasi senza senso che però con molta probabilità avrebbero potuto essere preghiere.
Jocelyn si bloccò, guardandola a bocca aperta incapace di reagire. Sembrava che sua zia avesse appena visto un fantasma.


Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


Gli occhi chiari della donna erano sbarrati, il corpo scosso da forti tremori.
-No... tu non sei... non puoi...- balbettò con voce strozzata, portandosi la mano alla gola come se qualcuno stesse cercando di strangolarla e stringendo forte il piccolo crocifisso in legno legato ad una catenina.
Jocelyn fece un unico passo in avanti e mormorò con voce indecisa:-Zia...? Sono Jocelyn, la figlia di Elizabeth.- Per un assurdo istante le parve quasi che la figura di Marie diventasse leggermente sfocata nello stesso modo in cui l'immagine di un video danneggiato diventa rovinata. Sbattè le palpebre molto rapidamente, e quando riaprì nuovamente gli occhi tutto era assolutamente normale. 
Sua zia era tranquillamente seduta sulla strana sedia fucsia dall'alto schienale lavorato con decorazioni floreali dietro il lungo bancone sul quale erano posati un'infinità di pacchetti e oggetti di tutte le forme e dimensioni, la maggior parte dei quali avevano chissà quale utilità.
-Tesoro, ma che piacere vederti!- la salutò sollevandosi di scatto dalla sedia così irruentemente da far cadere gli occhiali che aveva sul naso. La ragazza, attonita, si voltò per vedere l'espressione probabilmente sconvolta di Adam, ma rimase ancora più stupefatta dal vederlo tranquillo come non lo era mai stato, tanto che le rivolse persino un sorriso facendole il segno dell'ok con la mano destra.
"D'accordo, sto definitivamente impazzendo. Tutto questo può solo significare una qualche malattia mentale, non c'è altra spiegazione." pensò Jocelyn con un brivido sfiorandosi di riflesso la testa con le mani. Era come se per alcuni istanti avesse vissuto in una specie di mondo parallelo in cui sua zia non la riconosceva, e fosse successivamente tornata nella "sua dimensione". Con la coda dell'occhio vide uno dei rari clienti che frequentavano il negozio aggirarsi curioso tra gli alti scaffali senza dimostrare di aver udito nessun urlo.
Le sue inquietanti riflessioni sulla sua possibile pazzia vennero interrotte da due braccia grassocce che la stritolarono in un abbraccio di quelli che gli adolescenti odiano di tutto cuore, seguito da un bacio a schiocco sulla guancia che si sarebbe potuto sentire fin dal capo opposto del marciapiede. Marie, la sorella di suo padre, era una signora di mezz'età che non appena riceveva qualche velata critica alla sua corporatura piuttosto "robusta" rispondeva con orgoglio che era meglio morire ben sazi e con la pancia piena piuttosto che seguire diete maniacali.
-Sono così contenta che tu sia venuta a trovarmi!- continuò la donna stringendole entrambe le guance con le mani cicciottelle come aveva sempre fatto fin da quando Jocelyn era nata. Quest'ultima fece un sorriso forzato, ancora scossa da ciò che era appena accaduto, o da ciò che lei stessa aveva creduto di aver vissuto. Stava iniziando a dubitare fortemente della sua capacità di distinguere la realtà dall'immaginazione. -Anche tu mi mancavi zia...- mormorò.
Marie emise un altro strillo che mise immediatamente la ragazza sull'attenti, ma che in realtà era indirizzato alla figura dietro di lei. -Non ci credo, hai portato in fidanzatino!- Si lanciò addosso a lui come una palla da bowling scagliata a tutta velocità, iniziando ad elogiarlo dalla punta dei capelli fino alle scarpe. -Ma sei veramente de-li-zio-so!- esordì sillabando con enfasi l'ultima parola, un vizio che indicava un alto livello di felicità. -L'ho sempre detto che mia nipote ha un gusto eccellenti in fatto di ragazzi, vero Jojo? Hai fatto davvero un'ottima scelta!-
Jocelyn era già rossa peperone per come la zia si stava comportando con Adam rendendosi ridicola, e diventò ancora più imbarazzata quando si sentì chiamare con il soprannome che utilizzava da bambina e Adam si mise a ridere. Originariamente era il nome di un panda protagonista di un cartone animato che amava guardare insieme a suo padre, e per questo i suoi genitori per un periodo l'avevano chiamata così. Purtroppo però, mentre loro avevano smesso dopo qualche tempo, Marie non se l'era mai scordato. In quel momento stava solo cercando disperatamente una vanga per potersi sotterrare in santa pace e non dover più patire quella tortura.
-Mi dispiace deluderla signora- disse Adam con un sorriso gentile rivolgendosi alla signora, -ma io e la sua deliziosa nipotina siamo solo amici e compagni di scuola, nulla di più.-
"Finalmente qualcuno che mette le cose in chiaro subito." pensò Jocelyn sollevata. Tuttavia non poté fare a meno di soffermarsi per qualche attimo più del dovuto sulla parola "deliziosa" che Adam aveva usato per descriverla, e che sarebbe stata totalmente superflua. Il ragazzo sollevò per un attimo lo sguardo posando i suoi occhi smeraldini su di lei che sembravano volerle comunicare talmente tante cose da farla quasi disorientare.
Scosse il capo tornando a concentrarsi sulla sua "missione". -Ehm, zia?- disse, cercando di attirare l'attenzione della donna che aveva finalmente smesso di elogiare il povero Adam. -La mamma mi ha mandata qui per ritirare un pacchetto, è per caso arrivato?-
-Certo tesoro, vado subito a prendertelo!- esclamò lei tornando dietro il bancone e iniziando a frugare in cassetti e ceste. -Aspetta, dovrebbe essere qui da qualche parte. Accidenti... ma dove l'avrò messo?- 
Jocelyn si girò verso Adam scrollando le spalle in segno di scuse. Sua zia era certamente un'ottima cuoca, ma quando si parlava di ordine probabilmente un tornado se la sarebbe cavata meglio di lei. 
Dopo essere riemersa come un pesce palla, Marie borbottò:-Devo averlo sistemato negli scaffali delle ordinazioni.-
"Oh no, non un'altra volta..." supplicò Jocelyn aggrottando la fronte e pregando tutti gli dei esistenti. Quegli scaffali si trovavano infatti in fondo al negozio, e quello poteva significare una sola cosa: ancora una volta avrebbe dovuto farsi il tour completo di tutte le novità della casa arrivate durante la settimana. Infatti dopo nemmeno due secondi sentì la zia proclamare con grande soddisfazione:-Già che ci siamo vi mostrerò i nuovi articoli che Bob mi ha portato, sono davvero a-do-ra-bi-li!-
"No, ti prego! Non un altro giro di ranocchie portaombrelli, nani da giardino profumati e battipanni luminosi!" Jocelyn si voltò con aria supplichevole verso Adam, chiedendogli aiuto. Visto tutti i complimenti che aveva ricevuto da sua zia forse sarebbe riuscito a farsi ascoltare.
-Signora, sono davvero addolorato, ma purtroppo io e Jocelyn dobbiamo assolutamente andare studiare fisica e non possiamo trattenerci quanto vorremmo.- disse il ragazzo con un'espressione talmente dispiaciuta che se Jocelyn non avesse saputo che stava fingendo ci sarebbe cascata. -Sarebbe così gentile da consegnarci direttamente il pacchetto? Le prometto che non appena avremo un pomeriggio libero torneremo a dare un'occhiata a tutti questi magnifici oggetti."
"Che abile ruffiano" pensò divertita Jocelyn quando vide la rapidità con cui la zia andò a recuperare la scatolina. "Probabilmente è l'unico capace di schivarsi uno dei suoi famosi tour."
Dopo aver ringraziato uscirono in fretta e furia dal negozio per evitare di rimanere intrappolati in una delle infinite discussioni con Marie. Per un po' Jocelyn era riuscita a dimenticare ciò che le era successo, ma ora che camminavano in silenzio i dubbi si stavano riformando nella sua mente. Dopo aver girato l'angolo della strada che l'avrebbe riportata a casa sua Adam parlò, anticipando ciò che lei avrebbe voluto chiedergli.
-Tua zia è davvero forte, non capisco come mai non la sopporti!- esclamò divertito. -Voglio dire, hai sentito quanti complimenti mi ha fatto?- continuò, passandosi una mano tra i capelli biondi fingendo una posa da modello.
Jocelyn tossicchiò e gli diede una pacca amichevole sulle spalle. -Lei esagera sempre.-
Adam fece l'aria offesa, incrociò le braccia e si avvicinò a lei fino ad avere il viso a pochi centimetri dal suo. -Perché, sono proprio così brutto?- 
Da quella distanza riusciva benissimo a vedere le sue lunghe ciglia, le sfumature degli occhi, il modo in cui gli angoli della sua bocca si arricciavano quando aveva quell'espressione e persino le due fossette che gli erano comparse sulla guancia. La ragazza sgranò gli occhi, facendo un passo indietro improvvisamente piuttosto accalorata. -Ma no, non sto dicendo che sei brutto! Sì insomma, non sei male... nel senso, nella media sei piuttosto decente!-
Adam scoppiò a ridere, sfiorandole col dorso del dito il mento. -Ehi stavo solo scherzando, tranquilla! Comunque posso chiederti perché appena entrati avevi quella faccia sconvolta? Sembrava che tu avessi visto un fantasma!-
Jocelyn deglutì, giocherellando nervosamente con il pacchettino che teneva tra le mani. Doveva raccontargli ciò che credeva fosse successo o era meglio tacere? L'avrebbe sicuramente presa per pazza, perché da quando in qua le persone diventavano "sgranate" come le immagini? 
-Mi era sembrato solo di vedere una persona che non vedevo da molto tempo, tutto qui.-  mentì infine, sentendosi parecchio in colpa. Nonostante si conoscessero una parte di lei voleva fidarsi ciecamente, anche se c'era ancora quella debole vocina insistente che le ripeteva di non farlo. Poco prima di salutarsi e recarsi ognuno a casa propria Adam le sfiorò il braccio, dicendole serio:-Jocelyn, ricordati che per qualsiasi cosa io ci sono.-
Quella sera la ragazza andò a dormire con un senso di colpa in più che la tormentava.

 
-----------------------------------------------------------------------------

Un altro segno. Un altro passo verso il gran momento. Da quando Coleman gli aveva dato l'ultimatum passava quasi tutto il giorno davanti a quegli schermi sperando che l'esperimento procedesse il più rapidamente possibile. Attendeva una qualsiasi discrepanza che dimostrasse che aveva avuto ragione su di lei, che era davvero la Tramite tanto agognata.
Verso mezzanotte decise di tornare nel suo studio lasciando che i supervisori continuassero a controllare la situazione. Faceva sempre più fatica a rimanere impassibile davanti a quei video, a quelle immagini che scorrevano implacabili ricordandogli all'infinito le sue colpe.
Fiducia. Cos'era davvero la fiducia? Non certamente qualcosa di sicuro su cui si poteva contare. Le persone fanno promesse, confidano i loro segreti più profondi e affidano la loro stessa vita ad altri per poi essere traditi. E lui ne era una prova. L'unica cosa su cui davvero si può fare affidamento è il potere, per lo meno fino a quando si è abbastanza degni di manipolarlo.
In quell'istante il cellulare posato sulla scrivania iniziò a squillare, raggelando il giovane sul posto con una suoneria che in quel momento significava solo una cosa: la sua stessa fine.



Salve gente! Lo so lo so, questi due capitoli Liam non ha avuto molta attenzione, ma vi prometto che rimedierò ;) Cosa ne pensate di questo capitolo?

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3261935