Diversi

di HarleyHearts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In ospedale (R) ***
Capitolo 2: *** La visita e un lieve contatto che diede inizio a tutto (R) ***
Capitolo 3: *** Svenimenti e appuntamenti(R) ***
Capitolo 4: *** Cioccolata calda (R) ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Una giornata non tanto pessima. ***
Capitolo 7: *** Bacio. ***
Capitolo 8: *** Lettera. ***
Capitolo 9: *** Confusione e biblioteca. ***
Capitolo 10: *** Un vero primo appuntamento. ***
Capitolo 11: *** Come me. ***
Capitolo 12: *** Orso n°2. ***
Capitolo 13: *** I fratelli Verri. ***
Capitolo 14: *** Mai aspettare sul ciglio della strada. ***
Capitolo 15: *** Spiegazioni. ***
Capitolo 16: *** Qualche giorno prima. ***
Capitolo 17: *** Fairy Law. ***
Capitolo 18: *** La serata non è finita. ***
Capitolo 19: *** Zuppa di funghi e fratelli dalla bocca larga. ***
Capitolo 20: *** A cena con l'Alpha. ***
Capitolo 21: *** Il ritorno del trio. ***
Capitolo 22: *** La decisione di Shannon. ***
Capitolo 23: *** Lo studio dell'orso-tattoo. ***
Capitolo 24: *** Bekka. ***
Capitolo 25: *** Finalmente la verità. ***
Capitolo 26: *** Tempo. ***
Capitolo 27: *** Punti scoperti. ***
Capitolo 28: *** Come neve al sole. ***
Capitolo 29: *** Dead bite ***
Capitolo 30: *** Paura e dubbi. ***
Capitolo 31: *** Speranza. ***
Capitolo 32: *** Soda all'uva. ***
Capitolo 33: *** Meraviglia che supera il dolore. ***
Capitolo 34: *** Parole non dette. ***
Capitolo 35: *** Un abbraccio sapeva d'addio ***
Capitolo 36: *** Carletto - l'alligatore verde ***
Capitolo 37: *** I rimedi della nonna funzionano sempre ***
Capitolo 38: *** Arrivo ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Dopo tanto tempo ***
Capitolo 41: *** Mancanza ***



Capitolo 1
*** In ospedale (R) ***


DIVERSI

Capitolo 1
In ospedale

 

Lyla trattenne malamente uno sbadiglio, osservando il proprio riflesso nello specchio fissato dietro l’anta del suo armadio. Erano da poco passate le sette del mattino, nell’aria risuonavano già le note della sua canzone rock preferita, e la ragazza non aveva la più che minima voglia di prepararsi per andare in Università.

Sapeva che doveva farlo perché era un suo dovere presentarsi a lezione, ma era molto tentata dall’idea di mandare tutto al Diavolo e tornarsene a dormire, avvolta nell’abbraccio del suo morbido e rassicurante piumone.

Non aveva nulla contro i suoi professori o le lezioni in sé, nella maniera più assoluta. Amava Storia dell’arte! Se così non fosse stato, non l’avrebbe mai e poi mai scelta come indirizzo di studi dopo il liceo.

Ma quel giorno, la voglia di Lyla di rendersi un minimo presentabile era davvero ai minimi storici e se non fosse stato per sua madre, che l’aveva chiamata dal piano di sotto per fare colazione, con molte probabilità sarebbe ritornata a letto.

La ragazza si lasciò sfuggire un secondo sbadiglio, più rumoroso del primo, ed iniziò a cercare qualcosa da mettere nell’armadio a due ante scuro.

Tirò fuori una maglia a maniche lunghe bianca, che appoggiò con cura sul letto per non stropicciarla, e poco dopo un paio di jeans neri abbastanza vecchiotti che aveva dall’ultimo anno di scuola media.

Si vestì veloce e, dopo aver legato i lunghi capelli corvini in una coda malfatta, andò al piano di sotto dove la madre la stava attendendo.

 

 

Shannon Moore era una donna eccezionale, agli occhi della figlia maggiore. Ad appena quarantacinque anni non solo era una delle migliori avvocatesse in tutta Washington D.C., ma anche una straordinaria madre che da sola si era ritrovata a badare a due figlie femmine, di cui una piccolissima.

Molto spesso Lyla si era domandata come facesse sua madre ad essere sempre così presente nonostante gli impegni, specialmente da quando loro padre le aveva abbandonate quando sua sorella Marie era ancora in fasce.

In segreto, la corvina sognava di poter diventare un giorno una donna forte ed indipendente come lei, e di potersi davvero realizzare nella vita. Un sogno alquanto comune, ma che le veniva spontaneo dal profondo del cuore.

- Buon giorno, tesoro – la salutò la donna, con un ampio sorriso ad illuminarle il viso, da dietro il bancone della cucina.

Stava finendo di impiattare una bella porzione di pancake ai mirtilli appena fatti, e Lyla sentì lo stomaco ruggire per la fame.

- ‘Giorno, mamma – ricambiò la figlia, sedendosi su uno degli sgabelli girevoli davanti alla madre.

Lanciò un occhio alla sua destra, e notando il posto di sua sorella ancora vuoto e intoccato, le venne spontaneo chiedere – La pulce? –

L’avvocatessa arricciò la bocca in un’espressione per niente rassicurante.

- È ancora a letto, con la febbre. Non è altissima, e sembrerebbe migliorata rispetto a settimana scorsa, ma per sicurezza ho voluto prendere un appuntamento con il dottore per oggi pomeriggio lo stesso – la informò, pulendosi le mani su un vecchio strofinaccio vicino a lei – A tal proposito devo chiederti un favore, Lyla –

- Certo, ma’. Chiedi pure –

- Questa mattina mi hanno chiamata dallo studio, e per fartela breve sono costretta a rimanere lì fino a sera. Puoi accompagnare te Marie a fare la visita? – le domandò la donna, passandole il piatto con la colazione.

- Non preoccuparti. La accompagno io la pulce appena torno dall’Università. Dopo dammi indirizzo e orario, così non ci sono problemi. Lo sai che non riesco mai a ricordare l’indirizzo della dottoressa Parker –

- Oh no, cara – la fermò Shannon, portandosi una ciocca castana dietro l’orecchio – Non ho preso appuntamento da lei –

Lyla alzò appena gli occhi verdi dal cibo, per incontrare quelli della madre.

Se non aveva preso appuntamento da lei, allora da chi?

- È entrata da pochissimo in maternità, ma è stata così gentile al telefono da consigliarmi di andare dal nuovo pediatra che hanno assunto in ospedale. Si dice che sia davvero molto bravo – le spiegò, prima di prendere tra le mani un vassoietto con su la colazione per la piccola Marie.

La corvina riprese a masticare i propri pancake, con aria assorta. Non sapeva nemmeno che la dottoressa Parker fosse incinta, ma la sua preoccupazione maggiore era un’altra ed era tutta rivolta verso il nuovo pediatra in ospedale.

Conoscevano la signora Parker da tantissimi anni, visto che era stata anche la sua pediatra a suo tempo, e il dover portare la sorellina da uno sconosciuto la preoccupava leggermente. Aveva una brutta sensazione addosso.

- Come si chiama questo nuovo dottore? – domandò incuriosita la ragazza.

Shannon andò a staccare dal frigorifero un piccolo post-it tutto stropicciato, e scritto con la sua inconfondibile scrittura geroglifica. Solo lei era in grado di interpretare quell’insieme di liniette, tracciate completamente a caso secondo il parere di Lyla. Si domandava sempre come facesse a capire quella roba; per lei era un vero mistero.

- Si chiama… Ciel O’Konnor –

 

 

- Ciel? Davvero esiste qualcuno che si chiama così? -

- A quanto pare sì, Beki – rispose Lyla alla propria migliore amica, con un’alzata di spalle.

Lei e Rebekka erano amiche dai tempi del liceo, da quando si erano ritrovate come vicine d’armadietto al primo anno. Avevano legato quasi immediatamente, grazie anche al carattere peperino e solare della bionda texana.

Rebekka sgranò gli occhi scuri, sinceramente sorpresa.

- E pensare che mi sono sempre lamentata dei miei per la scelta del mio nome. Sapere che esistono genitori che danno nomi ben peggiori ai propri figli mi risolleva un po’, lo devo ammettere –

- Non è tanto male, invece – intervenne una terza voce, maschile – Mi sa tanto di nome da protagonista di romanzetti erotici –

Lyla alzò gli occhi al cielo, dopo l’ultima frase dell’altro suo migliore amico, Robert.

Le due ragazze avevano stretto amicizia con lui dopo che, quest’ultimo, prese le loro difese durante un episodio alquanto spiacevole. Due ragazzi che frequentavano i loro stessi corsi si erano permessi di fare delle battute alquanto squallide e di cattivo gusto su Rebekka, e sulla scollatura della semplicissima maglia che aveva deciso di indossare quel giorno; loro aveva deciso di far finta di niente, anche perché leggermente intimorite, ma Robert che aveva ascoltato tutto poco dietro no. Il castano quel giorno disse di tutto, e minacciò i due che se non avessero chiesto immediatamente scusa a Lyla e Rebekka avrebbe reso noto a chi di dovere delle loro gentili molestie.

Inutile dire che quelle furono scuse che mai arrivarono alle due giovani, e il povero Robert si beccò persino un paio di spintoni, ma poco gli importava. Per lui era meglio parlare davanti ad episodi simili, piuttosto che far finta di niente e starsene in silenzio.

- Uh, è vero! – concordò l’amica bionda, dopo aver preso un lungo sorso del suo cappuccino d’asporto – Magari è pure carino –

- Magari è solo il pediatra che visiterà mia sorella – propose Lyla, rifacendosi la coda sempre più sfatta.

Sia Robert che Rebekka sbuffarono infastiditi, per l’uscita della corvina.

- Quanto sei noiosa, Lyluccia – la riprese Robert – Potresti stare un po’ al gioco anche te però –

Lei in risposta sospirò stanca.

- Lo so, ragazzi. Ma è che… sto un po’ in ansia per mia sorella. Sono già due settimane che non sta affatto benissimo, e per lei è davvero strano. Non ho mai visto Marie malata da quando è nata. Ogni tanto sono capitati due o tre raffreddori, ma per il resto davvero niente. Non è mai successo prima… -

- Ehi, tesoro – le appoggiò una mano sulla spalla il ragazzo – Sei in pensiero per tua sorella, è normalissimo. Anch’io sono così con la mia, si tratta di istinto da fratello-sorella maggiore. Vedrai che non sarà niente di che, e Marie si riprenderà senza problemi. Ammalarsi è umano, Lyla. Si sarà presa solo qualche virus più antipatico dei precedenti –

Aveva ragione Robert, alla fine dei conti. Forse si stava solo facendo troppi film mentali per una semplice influenza, nulla di più.

A distrarla dai propri pensieri ci pensò Rebekka, che iniziò a raccontare loro del suo ultimo disastroso appuntamento con un ragazzo che faceva Lettere nel loro stesso istituto, e così rimasero a chiacchierare fino all’inizio delle lezioni.

 

 

 

Verso l’ora di pranzo la corvina tornò a casa, dove diede il cambio a sua madre che era rimasta per badare alla piccola malata.

- Se hai bisogno, sul fornello c’è ancora la pentola con il brodo di pollo di tua sorella, sennò puoi cucinarti quello che preferisci. Basta che non sporchi la cucina; va bene, tesoro? –

L’avvocatessa parlò così veloce che Lyla fece un po’ fatica a seguirla, ma annuì con la testa prima di vederla infilarsi velocemente il soprabito e uscire di corsa dopo averle stampato un rapido bacio sulla guancia.

Una volta rimasta sola nel salone di casa, salì le scale per andare a vedere come stesse sua sorella.

Trovò Marie già perfettamente vestita, seduta sul lettino singolo della sua camera, con tra le mani il suo vecchio coniglietto di peluche di nome Fluffy.

- Ehi, pulce – la salutò, appoggiando una mano sullo stipite della porta – Come ti senti? –

- Bene – rispose lei, tranquilla – Ho detto a mamma che sto bene, ma lei non mi crede –

- Certo che ti crede, tesoro – ribatté la corvina, entrando nella stanzetta dalle pareti color pastello.

La maggiore andò a sedersi all’angolo del letto, ed accavallò le gambe prima di riprendere a parlare.

- Lo sai come è fatta mamma. È solo molto preoccupata per te, e vuole essere sicura che ti rimetta al cento percento –

La piccola dai lunghi boccoli dorati alzò gli occhi verdi in quelli della sorella. – Sicura? –

Lyla annuì con la testa, decisa.

- Super sicura –

Lanciò uno sguardo al display del telefonino, per controllare che ora fosse. L’appuntamento era fissato per le 16:30, avevano ancora un sacco di tempo a loro disposizione.

- Visto che abbiamo un paio di orette libere prima d’uscire, ti va di fare qualcosina? Possiamo andare a vedere qualche cartone in salotto –

Alla parola “cartone” la piccola bionda parve illuminarsi, e saltò giù dal letto con un balzo stringendo al petto il coniglietto di pezza. Lyla non riuscì a non rimanere intenerita da quella scena, e dopo aver preso per mano la sorellina, scesero le scale per andare al piano di sotto.

- Possiamo guardare “Mulan”? – domandò Marie, dopo essersi seduta sul divano in stoffa davanti alla TV.

La corvina sorrise, tirando fuori dalla libreria a fianco il DVD del film. Era sicurissima che sua sorella le avrebbe chiesto di vederlo; era il suo preferito, e aveva perso il conto di tutte le volte in cui le aveva chiesto di guardarlo insieme.

- Certo, pulce –

 

 

 

Arrivata l’ora di andare, Lyla aiutò la piccola Marie a mettersi giacchino e sciarpa invernale prima d’uscire. Nonostante fossero solo gli inizi d’ottobre le temperature erano calate vertiginosamente, ed era meglio uscire ben coperti se non si voleva rischiare di prendersi qualche malanno.

Una volta vestita la sorellina, dopo qualche protesta da parte sua, la corvina iniziò a ravanare nella borsa a tracolla alla ricerca delle chiavi della propria macchina.

Dovette rovesciare quasi metà dell’intero contenuto sul tavolo da pranzo in cucina, prima di riuscire a trovare le tanto desiderate chiavi.

L’ospedale dove dovevano andare distava circa venticinque minuti di macchina da lì, e se non volevano rischiare di arrivare in ritardo dovevano darsi una mossa, considerando il solito traffico cittadino.

Marie rimase stranamente in silenzio per quasi tutto il tragitto, e risultò parecchio strano alla maggiore. Fino a poco prima l’aveva vista allegra e chiaccherona come al solito, mentre ora… sembrava quasi un’altra bambina. Così quieta, così silenziosa.

Lyla pensò che fosse dovuto all’imminente visita pediatrica. Marie si era mostrata contraria fin da subito, e quasi sicuramente il suo silenzio doveva essere una sorta di “protesta” a ciò. Alla corvina sembrò l’opzione più plausibile.

Giunte a destinazione, Lyla chiese indicazioni ad un’infermiera all’ingresso su come raggiungere lo studio del dottor O’Konnor.

La donna che si trovarono davanti, poco più che trentenne, lanciò loro un lungo sguardo prima di domandare – Avete un appuntamento? –

- Sì – annuì la corvina – Abbiamo un appuntamento per le 16:30, a nome “Moore” –

L’infermiera andò a verificare sul computer al bancone dell’atrio, prima di dire qualcosa.

- Secondo piano, reparto di pediatria, sulla destra – parlò rapida, per poi andarsene.

Lyla rimase un attimo infastidita dai modi della donna, così poco cordiali, ma preferì lasciar perdere.

Non avrebbe rischiato di arrivare in ritardo per litigare con un’infermiera maleducata; era l’ultima delle sue intenzioni.

 

 

Trovare lo studio del dottor O’Konnor si rivelò parecchio più difficile di quello che aveva immaginato, anche perché la pediatria non si trovava affatto al secondo piano, come le aveva così cordialmente indicato l’infermiera poco prima.

Dopo un paio di giri andati a vuoto, le due riuscirono a trovare il reparto giusto così come anche la porta dello studio del dottore.

Vicino alla porta chiusa dello studio spiccava una targhetta metallica con su il nome del pediatra, scritto in uno stampatello maiuscolo alquanto chiaro. Dopo qualche secondo di esitazione, la corvina si decise a bussare lievemente contro la superficie liscia per annunciare il loro arrivo, ed attese.

Dall’interno dello studiò riuscì a sentire l’inconfondibile suono di una sedia che strisciava contro il pavimento, e quando la porta si aprì… rimase di sasso.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DELLA MENTE MALATA:

Era da un bel po’ che ne parlavo, ma mi sono messa seriamente al lavoro solo da un mesetto circa.

Finalmente mi sono decisa a revisionare i capitoli di “Diversi”. Per le persone allarmate da questa mia decisione, dico di stare tranquillizzarvi. Non sarà come le mie solite revisioni in cui cambio tutto tutto. Nope.

Qui riscriverò semplicemente i capitoli, togliendo ed aggiungendo ovviamente, ma niente di troppo drastico. In più, la stesura dei futuri capitoli avverrà contemporaneamente perciò avrete entrambi; capitoli nuovi + capitoli riscritti.

Cosa ne pensate del primo (nuovo) capitolo di questa storia?

Se vi va fatemelo sapere mediante un commentino :3

Cordiali saluti

-Harley Hearts

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** La visita e un lieve contatto che diede inizio a tutto (R) ***


 

Capitolo 2
La visita e un lieve contatto che diede inizio a tutto

 

Ciel O’Konnor non era affatto come Lyla se lo era immaginato.

Era un uomo parecchio giovane, ad occhio e croce poco più grande di lei, e con un abbigliamento che lo faceva sembrare quasi uno studente appena uscito dalle superiori.

L’unico elemento che lo faceva sembrare un dottore era il camice bianco e slacciato che aveva indosso, da cui si potevano intravedere sotto i jeans sbiaditi e la felpa verde scura con cappuccio che portava.

La ragazza alzò di poco lo sguardo per osservarlo in volto. I capelli erano corvini come i suoi, ma notevolmente più corti e tirati indietro con quello che sembrava essere, ad una prima veloce occhiata, del gel. Aveva un lievissimo accenno di barba scura ad incorniciargli la mascella squadrata, mentre gli occhi…

Lyla pensò istantaneamente di non aver mai visto occhi più belli in vita sua. Chiarissimi, di un azzurro che tendeva al grigio verso l’iride.

La ragazza rimase lievemente intimorita dall’aspetto del dottore davanti a lei. Era molto bello, questo nessuno poteva negarlo. Persino troppo bello, per uno che faceva il pediatra in quel vecchio ospedale.

- La… signora Moore? – domandò, titubante, per poi passare lo sguardo prima sulla piccola e poi sulla ragazza.

“Bene” pensò lei, leggermente infastidita “L’ennesimo che mi scambia per una ragazza madre. Fantastico”.

- No. Sono la figlia – ci tenne a precisare Lyla.

- Oh – esclamò l’uomo.

Era imbarazzo quello che Lyla gli lesse un secondo negli occhi?

- Venite, entrate pure. Iniziamo subito la visita –

 

 

 

 

Quaranta minuti dopo, il dottor O’Konnor stava già prescrivendo la ricetta dell’antibiotico per la piccola Marie. Era saltato fuori che la bambina si era presa solo una lieve influenza stagionale; una di quelle che girano periodicamente, e che si possono far passare con molta tranquillità con le giuste medicine e ore di riposo.

Lyla e la madre si erano tanto preoccupate per nulla, alla fine dei conti.

- Deve prendere questo farmaco per almeno sei giorni, ogni dodici ore, insieme ai pasti. In casa state molto attenti a non saltare una somministrazione, o non avrà più effetto. Una volta finito il primo ciclo d’antibiotico, vi consiglio di ritornare per fare una veloce visita di controllo, giusto per vedere come va. Direi… che è tutto –

Una volta posata la penna a sfera, l’uomo alzò lo sguardo verso Lyla seduta davanti a lui, porgendole il foglietto che aveva appena finito di compilare.

- Se dovessero esserci problemi di qualunque tipo, non esitate a telefonarmi. È sempre meglio fare un controllo in più che uno meno, in ogni caso. –

La corvina annuì con la testa, trovandosi d’accordo con le sue parole.

Lanciò una rapida occhiata alla sorellina seduta al suo fianco. Era con la testolina bionda china leggermente in avanti, ed era intenta a far dondolare le gambe avanti indietro, su quella sediolina imbottita che la faceva sembrare ancora più piccola.

Anche il dottor O’Konnor la stava osservando, e sul suo volto nacque un lieve sorriso intenerito, che non sfuggì affatto all’occhio attento di Lyla.

Era bello anche quando sorrideva così.

La corvina si diede mentalmente della sciocca, e scacciò via quello strano pensiero. Che cosa diavolo stavo pensando?

- E visto che questa piccola è stata veramente brava, le proporrei un bel premio. Sempre se la sorellona è d’accordo –

Marie alzò gli occhioni colmi d’aspettativa verso la sorella maggiore, che non poteva dire un “no” davanti a quello sguardo. Era più forte di lei; quando la sorellina sfoderava il visino da cucciolo, lei non riusciva a non capitolare. Era qualcosa di a dir poco impossibile.

- La sorellona non ha niente in contrario –

La bionda si aprì in un ampio sorriso, mentre il dottore tirò fuori dal cassetto della scrivania un lecca-lecca rosso. Quando glielo porse, la piccola non si pensò un secondo prima di prenderlo e ringraziarlo con voce timida.

- Grazie mille, dottore. È stato davvero molto gentile – si sentì di ringraziarlo la ragazza.

O’Konnor le sorrise, e Lyla sentì il cuore mancarle un battito nel petto. Aveva un sorriso splendido, come quelli che si vedono nelle pubblicità dei dentifrici in televisione, di un bianco così chiaro che era impossibile che fosse naturale. Aveva fatto di sicuro qualche sbiancamento di recente, lei ci avrebbe messo una mano sul fuoco.

- Dovere, signorina Moore – disse lui, alzandosi dalla sedia d’ufficio – Ci tengo sempre a far sentire a loro i bambini che vengono. Posso comprendere benissimo che a molti i dottori possano non piacere, è quasi normale direi. Pensi che anch’io da piccolo ne avevo il terrore – ammise, con un sorriso che riuscì a contagiare anche Lyla.

Un dottore che da bambino aveva paura dei dottori, sapeva un po’ di barzelletta.

- Come ha detto lei, è una cosa quasi normale. Specialmente per chi non è molto abituato a vederli, o ad ammalarsi come nel caso di mia sorella –

Anche Lyla si tirò su, prendendo la borsa che aveva lasciato al fianco della sedia.

- Grazie ancora, dottore –

La corvina gli tese una mano, pronta a salutarlo.

Non sapeva spiegarselo, ma aveva una strana sensazione addosso. Una voglia che le sussurrava all’orecchio di rimanere ancora lì, a parlare con Ciel O’Konnor. Assurdo.

L’uomo mormorò un semplice – Già –, prima di stringere la mano della ragazza.

Un semplice contatto, palmo contro palmo.

Un fugace sfioramento.

Non appena la pelle della mano di Lyla andò a toccare quella del dottore, percepì una fortissima scossa colpirle la colonna vertebrale, facendola quasi sussultare. La ragazza non fu l’unica, però, a percepirla, e questo fece ritrarre inconsciamente entrambi, sotto lo sguardo della piccola Marie.

Lyla non comprendeva cosa fosse appena successo, e da dove fosse spuntato lo strano stato d’ansia che al momento gli contorceva lo stomaco.

Era una cosa normale? No… non credeva. Non sapeva nemmeno cosa fosse capitato.

La ragazza sapeva solo che aveva un’incredibile voglia di andarsene. E al più presto possibile.

Per questo risalutò il pediatra, il più educatamente possibile, e prese per mano la sorellina pronta ad andarsene.

- Aspetti, signorina Moore! –

Il tono usato dal dottore fece fermare all’istante la ragazza.

Le era sembrato, per pochissimo, che l’uomo non volesse che se ne andasse, ma pensò quasi subito che si trattasse della sua fervida immaginazione. Quella situazione stava diventando sempre più assurda, con il passare dei secondi.

- Per il prossimo appuntamento… - iniziò – Può andar bene per giovedì, sempre alla stessa ora? –

E lei che aveva sperato che le volesse dire qualcos’altro.

- Nessun problema. Arrivederla - acconsentì, uscendo rapidamente dallo studio.

Una volta fuori, Lyla riprese a respirare normalmente, sentendosi sollevata di non avere più quegli occhi chiari ad osservarla con così tanta intensità.

 

 

Il resto della settimana passò tranquillo per Lyla, tra le lezioni in Università e le cure della sorellina minore. Già in un paio di giorni grazi ai medicinali prescritti da O’Konnor, la piccola Marie si riprese a vista d’occhio.

Arrivato il giorno della visita, la corvina decise di lasciar accompagnare la piccola dalla madre. Lei non se la sentiva proprio di ritornare in ospedale, e rivedere il medico.

Ancora non era riuscita a spiegarsi bene cosa fosse successo in quello studio. Ogni volta che si ritrovava a pensarci, risentiva la stessa ansia di quel giorno chiuderle la bocca dello stomaco.

Ne aveva parlato anche con Robert e Bekka, il giorno dopo l’accaduto, per sapere che cosa ne pensassero loro.

La risposta che le diedero, fu la più scontata per i due.

- Semplice, ti piace il dottore! –

Lyla aveva dato loro dei pazzi immediatamente, chiudendo là il discorso non volendolo più riaprire.

Non poteva piacerle una persona che non conosceva. Per una come lei, era quasi fisicamente impossibile, oltre ad essere assurdo sotto ogni punto di vista.

Anche se Ciel O’Konnor era davvero un bellissimo uomo, lei non si fermava alla mera estetica delle persone. Aveva bisogno di una base solida di conoscenza, prima di poter affermare che le piacesse qualcuno, e non solo in ambito amoroso.

Il dottore era bello, ma il discorso si concludeva lì.

Lyla aveva provato a darsi delle risposte, che avessero un minimo di fondamento logico, ma non c’era riuscita. L’ideale per lei era lasciar perdere, e dimenticare quella strana ed inspiegabile vicenda.

 

Facendosi sfuggire un rumoroso sbadiglio, la ragazza andò a sedersi a gambe incrociate sull’ampio piumone del letto a due piazze in camera sua. Sottobraccio il suo fedele portatile, e in mano il telefono cellulare.

Aveva da pochissimo finito di chiacchierare con Rebekka del suo ultimo appuntamento, con un ragazzo che frequentava i loro stessi corsi, quando l’apparecchio riprese a vibrarle in mano.

Sullo schermo luminoso lampeggiava la scritta “mamy”, e la corvina si affrettò a rispondere.

- Lyla, tesoro. Tutto bene? –

- Sì, ma’. Tutto benissimo – le rispose tranquilla, appoggiando il pc davanti a lei – Come è andata la visita? –

- Bene, bene. Il dottore è stato davvero molto cordiale –

Già. Anche settimana scorsa lo era stato, e Lyla aveva percepito fin da subito che O’Konnor fosse uno che non solo sapeva fare il proprio lavoro, ma che era anche molto bravo con i bambini. Se vuoi fare il pediatra poi, l’ultima deve essere un’abilità di base, o rischi di non uscirne vivo una volta finito il turno di lavoro.

- Ti devo chiedere un favore – se ne uscì all’improvviso Shannon, facendo drizzare le orecchie alla figlia.

- Certo, mamma. Chiedi pure –

- Io e tua sorella siamo bloccate nel traffico. C’è un casino che non hai idea… Visto che in casa non c’è niente da mangiare, puoi andare a compare qualcosa al minimarket? –

Lyla lanciò un occhio all’orario sullo schermo. Erano da poco passate le cinque.

Sì, poteva farlo tranquillamente.

- Non ti preoccupare. Faccio io – le disse, tirandosi in piedi – La lista è attaccata al frigo, come al solito? –

- Sì, tesoro. È al solito posto – le confermò la donna – Mi raccomando, Lyla. Stai attenta, e non comprare porcherie –

La corvina alzò gli occhi al cielo.

- Non ti preoccupare, ma’ – cercò di rassicurarla, prima di salutarla veloce e riattaccare la chiamata.

Il minimarket più vicino a casa loro era quello del vecchio Peter, che si trovava giusto ad una decina di minuti di camminata da lì. Non era grandissimo, rispetto agli standard medi della loro zona, ma aveva un sacco di prodotti buoni e a prezzi decenti. La carne poi, a suo personale parere, era la migliore di tutto il quartiere. Molto spesso lei e sua madre erano andate lì solo per quella.

Lyla non si preoccupò molto del suo aspetto, prima d’uscire. Visto che non doveva andare chissà dove, si limitò a legarsi i capelli in una coda alta, e ad infilarsi il proprio giaccone. Aveva giusto un po’ di matita nera sbavata all’angolo esterno dell’occhio, ma la lasciò così. Non era così evidente, e non aveva molta voglia di star lì a perdere tempo per sistemarsela.

Preso tutto ciò che le serviva, lista della spesa in geroglifico compresa, uscì finalmente di casa.

 

 

Lyla si ritrovò a masticare l’ennesima imprecazione tra i denti, dovendo ritornare indietro con il cestello per la quinta volta. Era da quando era entrata, che continuava a fare così. Avanti e indietro, avanti e indietro…

E la causa era solo una: la lista.

Ventitré anni compiuti, e ancora non riusciva a comprendere la scrittura frettolosa di sua madre.

La parola su cui si stava concentrando in quel momento, poi, sembrava la più difficile da interpretare.

Zaime?

Parne? . . .

No, non poteva essere pane. Quello lo aveva già decodificato mezz’ora fa.

- Carne! – esclamò poi, vittoriosa, decifrato l’enigma.

Ecco. Si stava dimenticando la cosa più importante da prendere, e che aveva superato poco prima.

Fece nuovamente dietro-front, ripiegando il foglietto in tasca. Poteva farcela. Mancava praticamente solo quella, e sarebbe potuta tornare a casa.

La prossima volta dirò a mamma di ordinare cinese” si ritrovò a pensare, passando lo sguardo sullo scaffale della carne, alla ricerca di una confezione che la ispirasse più delle altre.

Una volta individuata con lo sguardo, fece scattare la mano per prenderla. Mai Lyla si sarebbe aspettata di scontrarsi con una seconda mano, molto più grande e calda della sua.

Una mano che le era stranamente familiare poi…

Alzò gli occhi chiari, e rimase sconvolta nel riconoscerne il proprietario, sorpreso quasi tanto lei.

A distanza di una settimana, ecco di nuovo Ciel O’Konnor davanti a lei.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo della mente malata:

Ed ecco il secondo capitolo revisionato! Sono felicissima ;-;

Non potete nemmeno immaginare quanto.

Rispetto alla vecchia versione, o tolto/aggiunto alcune cosine, ma alla fine è pressoché lo stesso capitolo. (Forse scritto un pelino meglio, rispetto a quello di tre anni fa)

Come sempre, vi invito a farmi sapere cosa ne pensate :3

Il vostro feedback è sempre importantissimo per me!

Io vi porgo i miei omaggi

- Harley

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi lascio sotto le vecchie risposte ai commentini dei primi capitoli, più tutti i link dove potete trovarmi

 

 

 

 

Risposte ai commentini <3

CloveRavenclaw39:
Ciao :3
Sono felicissima che ti sia piaciuto l'inizio della storia *^* Spero vivamente che ti sia piaciuto anche questo, e che la storia continui a piacerti in futuro :D
Grazie mille per aver recensito! Spero di poter leggere in futuro altre tue recensioni
un bacio
- Harley ;*

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Svenimenti e appuntamenti(R) ***


 

Capitolo 3
Svenimenti e appuntamenti

 

Lyla rimase palesemente sconvolta nel ritrovarsi davanti il dottor Ciel O’Konnor, nel minimarket vicino a casa sua.

”Che cosa diavolo ci fa qui?” pensò lei confusa, ritraendo la mano come scottata da quel fugace contatto.

C’era qualcosa che non quadrava in quella scena. Lui doveva trovarsi in ospedale. Che fosse uscito prima? No, non poteva essere. E anche se fosse… come aveva fatto ad arrivare nell’alimentari del vecchio Peter, così velocemente?

Lyla faceva fatica a spiegarselo.

- Dottor O’Konnor, che sorpresa trovarla qui – constatò la corvina, infilandosi la mano in tasca.

Meno c’erano opportunità per possibili sfioramenti, e meglio era per lei.

L’uomo si lasciò sfuggire un’espressione di lieve disagio, dopo le sue parole.

- Puoi darmi tranquillamente del “Tu”, non ci sono problemi. Non siamo in ospedale, e siamo pressoché coetanei. È parecchio strano darsi del “Lei” tra persone della stessa età, non trovi? – ridacchiò il dottore, cercando di alleggerire l’aria pesante che si era andata a creare tra loro due.

Già. Sarebbe risultato un filo strano farlo, ma Lyla… aveva quasi sentito la necessità di usarlo, come per mettere una sottile barriera in mezzo. O meglio, per auto-mettersi una sottile barriera.

Per quale assurda ragione le stavano tornando alla mente le parole dei suoi amici?

- Ti chiami Lyla, giusto? –

La ragazza sobbalzò, sentendo pronunciare il suo nome, ed alzò fulminea gli occhi sul viso del dottore.

Letto l’improvviso timore nelle sue iridi verdi, Ciel O’Konnor si affrettò ad aggiungere – Me l’ha detto tua madre oggi, quando è venuta a portare tua sorella alla visita –

Ah. Sua madre e la visita, giusto.

Lyla si limitò a mormorare un lieve “Sì”, per poi stringersi nelle spalle. Era fortemente a disagio.

E lei odiava, come tutti a questo mondo, sentirsi in tale maniera.

Stava pregustando la sua imminente fuga, quando l’uomo riprese a parlare.

- È stata una bella coincidenza trovarci qui, no? –

- Sì… bellissima –

C’era un lato positivo in tutta quella situazione: Lyla non sembrava essere l’unica a disagio, lì.

Anche Ciel stava iniziando a mostrare evidenti segni di turbamento, e persino la ragazza se ne accorse nel modo in cui iniziò a passarsi la mano sul retro del collo.

Il dottore era agitato quasi quanto lei, se non di più, e ancora una volta Lyla non riusciva a spiegarsi il perché.

Dopotutto, erano due completi sconosciuti. Non c’era bisogno di essere così a disagio, alla fine dei conti.

Ma anche se erano due completi sconosciuti, Lyla era quasi… felice di averlo rivisto. Il che era un’enorme contraddizione per se stessa.

La corvina si sentiva come divisa a metà. Da una parte voleva scappare a gambe levate, tornare a casa e far finta che non fosse successo niente. Dall’altra, era tentata di rimanere e parlare un po’ con lui, per sapere qualcosina in più sul suo conto.

Un pensiero davvero stupido, se ne rendeva conto, per questo scelse la fuga.

Non fece però nemmeno in tempo a muovere mezzo passo nella parte opposta, che Ciel bloccò ogni sua intenzione riprendendo a parlare.

- So che forse ti risulterò troppo diritto, ma… ti andrebbe di prendere un caffè insieme, uno di questi giorni? –

Lyla tentennò.

Ciel O’Konnor le stava davvero chiedendo d’uscire, davanti al reparto della carne del minimarket del vecchio Peter?

Era una scena quasi… surreale, oltre che parecchio stramba.

Non poteva uscire con il pediatra di sua sorella. O poteva?

I suoi amici, su questo ne era sicurissima, l’avrebbero spinta con un calcio nel sedere ad accettare l’invito. Ma lei?

Anche se si trattava solo di un semplice caffè, doveva declinare l’offerta. Era giusto così, per lei.

- Sì –

Peccato solo che il cervello e il resto del suo corpo, non la pensassero esattamente come lei.

Si stava andando a ficcare in un casino di dimensioni titaniche…

 

 

Lyla uscì dall’alimentari a passo di marcia, stringendo con forza le buste della spesa tra le mani e borbottando parole sconnesse.

Il numero.

Aveva dato il suo numero di telefono a Ciel O’Konnor, come se nulla fosse.

Visto che sarebbero usciti, era stato quasi d’obbligo scambiarsi i recapiti telefonici. Sarebbe stato parecchio difficile organizzare qualcosa senza sapere le disponibilità dell’altro, però…

Lyla non sapeva darsi un “però”. Se non avesse davvero voluto dargli il proprio numero, non l’avrebbe fatto, e se era successo il motivo era chiaro.

Lei, o una parte di lei, voleva uscire con Ciel O’Konnor.

Era un desiderio sbagliato il suo? D’altronde non lo conosceva affatto, e non sapeva niente di lui se non poche cose. Poteva essere una persona orribile, come no, questo non poteva saperlo.

La corvina si fermò sull’uscio di casa sua, ed iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore.

Da quando non usciva con qualcuno? Mesi, forse. Faceva persino fatica a ricordarsi con precisione quando fosse avvenuto l’ultimo.

Rob e Beki avevano cercato di proporle qualche uscita, con amici di amici, ma lei aveva quasi sempre rifiutato. Lei semplicemente non era molto ragazza d’appuntamenti, ecco.

Si annoiava con una facilità disarmante, e faticava parecchio a trovare qualcuno con cui trascorrere una piacevole serata.

Da quel punto di vista era sempre stata non poco sfigata.

Magari con il dottor O’Konnor… sarebbe stato diverso.

 

 

La mattina seguente Lyla si svegliò più fiacca rispetto al solito. Aveva uno strano senso di nausea che le chiudeva la bocca dello stomaco, ed un lievissimo cerchio alla testa che non le aveva permesso di riposare come avrebbe dovuto la notte prima.

Non era esattamente il modo migliore per iniziare una giornata, che avrebbe trascorso tra lezioni e studio in biblioteca.

No, non lo era per niente.

Lanciò un occhio al display del telefonino che teneva sul comodino vicino al letto, per controllare l’orario, e fece un rapido conto mentale.

Aveva pochissimo tempo per prepararsi ed uscire di casa. Sfortuna voleva poi, che lei quel giorno fosse pure senza macchina.

Sua madre le aveva ricordato solo la sera prima che avrebbe preso la sua amatissima macchinina rossa, regalatele il giorno del suo diciannovesimo compleanno, per portarla dal meccanico per il suo annuale cambio delle ruote invernali.

E Lyla non aveva proprio questa gran voglia di prendersi la metropolitana, nello stato in cui era, per arrivare puntuale a lezione. Era cosa risaputa che non esisteva niente di più letale di un mezzo pubblico nella mattina di un giorno lavorativo. Niente.

Nonostante il malditesta, divenuto all’improvviso più martellante, la corvina riuscì a tirarsi su dal letto e ad acchiappare qualche indumento da poter indossare nel minor tempo possibile. Dei pantaloni elasticizzati neri ed un golfino beige dal collo rotondo, le sembrarono la scelta migliore.

Preparò con cura la borsa con le proprie cose, ed uscì di casa senza nemmeno far colazione. La nausea non le avrebbe permesso di avvicinarsi ad un pezzo di cibo neanche da lontano, figurarsi ingerirlo.

Quel giorno il Karma non sembrava proprio sorriderle.

Corse verso la stazione metro vicina, il più velocemente possibile, ma una volta arrivata quasi in prossimità dell’entrata dovette bloccarsi, aggrappandosi con una mano ad una inferriata di una villetta che si trovava lì.

Lyla non si sentiva affatto bene. Il fiatone per la corsa sembrava essere insostenibile, e mai si era ritrovata prima d’allora a respirare così male; nemmeno dopo la più disperata delle corse.

Aveva anche iniziato a girarle la testa, tanto da doversi aggrappare con più forza al cancello con la paura di cadere da un momento all’altro.

Che i suoi precedenti sintomi fossero stati peggiorati dal fatto che avesse saltato la colazione?

Non lo credeva molto possibile. Aveva saltato mille colazioni prima, anche in momenti in cui la sua saluta non era delle migliori, ma mai si era ritrovata a stare così male.

La corvina pensò che il suo fosse un malore passeggiero, e che potesse risolversi tutto nel giro di pochi minuti di riposo. Così non fu.

Il respiro era ancora spezzato, lo stomaco sembrava essersele ribaltato quasi completamente e la vista le si era fatta leggermente più opaca.

I rumori le arrivavano alle orecchie ovattati, ma era troppo presa da quello che le stava succedendo per potersi accorgere anche del mondo circostante.

Le persone le passavano affianco, incuranti del suo malessere, come se vedere una ragazza giovane come lei stare male fosse la cosa più normale possibile. 

- Lyla! –

Un suono ovattato le arrivò più forte, rispetto agli altri, ma lei sembrò curarsene poco.

La vista le si abbassò completamente di colpo, e lei crollò a terra come una bambola di pezza.

 

 

Lyla aprì gli occhi a fatica, non riuscendo a capire subito dove si trovasse.

Era sdraiata su quello che era un lettino per le visite mediche, in quello che sembrava essere un piccolo studio ospedaliero dalle pareti anonime e alquanto tristi.

Che cosa era successo? La ragazza ricordava solo che era stata male, poco prima di scendere in metropolitana per andare a lezione. Poi… vuoto. Non ricordava niente.

- Ti sei svegliata, vedo –

La figura di Ciel O’Konnor apparve al fianco del suo lettino, e la corvina si sorprese nel vederlo.

Sembrava quasi un’altra persona, rispetto alla prima volta che l’aveva visto in ospedale solo una settimana prima.

Nessuna felpa o jeans scolorito, solo un semplice maglioncino a collo altro nero ed un jeans blu scuro sotto.

I capelli neri erano sempre tirati indietro, ma la barba era stata accorciata di qualche centimetro, per sommo dispiacere della ragazza.

Aveva sempre avuto un debole per i ragazzi con una bella barba, fin da ragazzina.

- Come ti senti? – le domandò, con una leggera nota preoccupata nella voce.

O forse se l’era immaginata solo lei, non sapeva dirlo con certezza.

- Bene… credo – rispose, guardandosi intorno per non incrociare il suo sguardo – Che è successo? –

- Sei svenuta – le spiegò – Penso tu abbia avuto un abbassamento di pressione improvviso. Hai per caso qualche sintomo particolare? Nausea, giramenti di testa… -

Lyla scosse lievemente la testa. I malori di quella mattina le sembravano un ricordo lontano, e si sentiva quasi nuova.

Ciel, dopo che la ragazza gli spiegò come stesse, sembrò rilassarsi di colpo. Sicuramente si doveva essere spaventato nel vedere una ragazza svenirgli davanti, così all’improvviso. Chiunque nella sua situazione lo avrebbe fatto, pensò la ragazza.

La ragazza si tirò delicatamente su, e cercò con lo sguardo la borsa con le proprie cose, fallendo.

- Scusami, sai dirmi che ore sono e dov’è la mia tracolla? –

- Sono da poco passate le nove e un quarto, e la tua borsa è qua –

Ciel tirò fuori la sua tracolla azzurra da sotto il lettino su cui era seduta, e Lyla si sentì un poco sciocca quando lo ringraziò dopo averla stretta tra le mani. Era proprio nel luogo più stupido della stanzetta in cui si trovavano, e lei non ci aveva nemmeno pensato di controllare lì sotto.

La ragazza fissò la stoffa chiara per qualcosa secondo, indecisa sul da farsi.

Ormai le lezioni erano già iniziate da più di un’ora, e non aveva tanto senso per la corvina farsi tutta la strada dall’ospedale alla sua Università per poter assistere a soli pochi minuti. No, non aveva affatto molto senso.

- Ti ringrazio davvero per avermi aiutata, e… scusa per il disturbo – disse la ragazza, scendendo dal lettino.

Ciel scosse la testa, lievemente.

- Tranquilla, nessun problema. È il mio lavoro alla fine –

Era stata una fortuna che O’Konnor si trovasse nei paraggi, nel momento del malore della ragazza. Nella sfiga della situazione Lyla era stata parecchio fortunata.

Con non poco imbarazzo, la corvina fece per salutare il dottore ed andarsene, quando questo la bloccò dicendo – Lyla, senti… -

La ragazza si fermò, attendendo che continuasse la sua frase.

Dato quel tacito via libera, Ciel riprese.

- Hai qualche impegno adesso? – le domandò.

- In realtà, no – rispose di getto – Perché? –

- Volevo chiederti se ti andasse di andare a prendere qualcosa, in un bar qua vicino. Sempre se ti va, ovviamente –

Rimase sorpresa, e faticò a credere a ciò che aveva appena sentito. Il dottore le aveva appena chiesto d’uscire.

Uscire insieme.

Non riusciva a trovarlo… incredibile. Non trovava altre parole per descriverlo.

Quell’invito voleva significare che l’uomo provava dell’interesse nei suoi confronti; in lei.

Non che fosse una ragazza non abituata a ricevere inviti da persone interessate nella sua persona. Non era di certo una latin lover, questo lo riconosceva, ma aveva collezionato le sue uscite negli anni.

Sapere però di essere riuscita a destare l’interesse di un uomo come Ciel O’Konnor, le faceva uno strano effetto. Che cosa avesse visto in lei, di così speciale, lo sapeva solo lui.

Lyla valutò accuratamente la proposta del corvino, prima di pensare una risposta decisiva.

Un caffè non si poteva di certo negare a nessuno, e lei necessitava di bere qualcosa di zuccherato al più presto. Perciò, per quale motivo non cogliere la palla al balzo?

- Sì. Mi farebbe molto piacere –

 

 

 

 

ANGOLO DELLA MENTE MALATA:

Sapete quando avete il desiderio impellente di fare qualcosa, e non riuscite proprio a distogliere la mente da quel pensiero là? Ecco. Io mi sento esattamente così con la revisione di Diversi.

La scrittura dei capitoli nuovi (che tu sia dannato cap. 39) sta andando molto a rilento, e sento il bisogno di sistemare… i problemi, i numerosi problemi, dei vecchi capitoli. Spero possiate comprendere questa povera volpe casinista.

Siamo solo al capitolo tre, e la situazione deve ancora scaldarsi a dovere. Sinceramente non vedo l’ora di mettermi all’opera :3

Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo! Il vostro feedback è sempre molto importante per me.

Io vi porgo i miei omaggi

-Harley

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Capitolo 4
*** Cioccolata calda (R) ***


 

Capitolo 4
Cioccolata calda

 

Il locale in cui la portò Ciel era davvero molto carino.

Era un baretto piccolo, dall’aria confortevole e retrò, con il bancone e buona parte del mobilio in legno scuro e con un discreto numero di posti a sedere.

A primo impatto, le era sembrato uno di quei posti aperti da così tanto tempo che neanche gli stessi proprietari sapessero dire con esattezza da quanto lo fossero; un po’ come vedeva spesso in alcuni film o serie TV su Netflix.

Vennero accolti da una giovane cameriera bruna che, con un ampio e cordiale sorriso sulle labbra scure, li invitò a sedersi in uno dei tavolini rotondi ancora disponibili. Una volta accomodatisi, la ragazza diede loro un paio di sottili menù plastificati per scegliere le proprie ordinazioni, e si allontanò lasciandoli finalmente soli.

C’era l’imbarazzo della scelta, e Lyla non aveva la più che pallida idea di cosa prendere. Di una cosa era certa: voleva qualcosa di super zuccherato, per tirarsi su dopo quello che le era successo poco prima. Non le era mai successo in vent’anni di vita di avere uno svenimento, o anche solo un incidente simile, prima di allora. Non sapeva come spiegarselo, razionalmente.

La sera prima stava benissimo, e solo poche ore dopo si era sentita male. Che fosse stato davvero un calo di pressione, così improvviso?

Anche se le sembrava a dir poco assurdo, quella era la spiegazione più plausibile che riusciva a darsi.

Dopotutto quello che le era successo era una cosa normalissima. Poteva tranquillamente accadere a chiunque. Non aveva ragioni di stare a preoccuparsi ulteriormente.

Lyla alzò appena gli occhi dal menù, per osservare la figura dell’uomo seduto davanti a lei.

Ciel O’Konnor stava facendo scorrere veloce lo sguardo sulle parole stampate, e aveva un’aria alquanto assorta. Fin troppo, quasi.

Per pochi secondi, la ragazza pensò che stesse persino facendo finta di essere così concentrato, ma cacciò via quel pensiero quasi subito. Il corvino non aveva ragioni di fare una cosa del genere; almeno così Lyla credeva.

Non poteva di certo immaginare che il pediatra, seduto davanti a lei con quell’aria così rigida e composta, stesse morendo dentro per l’agitazione.

- Te cosa prendi? -

- Come, scusa? -

Ciel parve cadere dalle nuvole, dopo la domanda della ragazza.

- Te cosa prendi? - scandì nuovamente Lyla, alzando appena il menù - C’è così tanta scelta, che non so davvero cosa scegliere. Volevo sapere se te avevi già scelto qualcosa - ridacchiò, appena.

Per quanto stupido, alla ragazza era sembrato un buon modo per rompere il ghiaccio ed iniziare un discorso. Un buon punto di inizio, ecco.

Dall’altra parte, Ciel parve un attimo riprendersi e sciogliersi un poco. Appoggiò la lista plastificata sul tavolino, e si sporse appena in avanti con il busto, cogliendo impreparata la ragazza. Non aspettandosi di ritrovare il viso del dottore così vicino al proprio, Lyla sentì le gote colorarsi.

- Pensavo di prendere una cioccolata calda. Qua ne fanno di davvero buone, e sono parecchio conosciuti nella zona proprio per questo - disse, indicandole con un dito le lettere stampate che riportavano il nome della bevanda - Se posso permettermi di consigliarti qualcosa, e ti piacciono le cioccolate calde, ti direi di provarne assolutamente una delle loro. Non te ne pentirai, credimi -

Lyla annuì un paio di volte, prima di distogliere lo sguardo da Ciel abbassando il capo.

- Vieni qua spesso? -

- Abbastanza - rispose lui - Di solito ci vengo nel mio giorno libero, o nei week-end quando ne ho il tempo, ma non mancano le piacevoli eccezioni come questa -  

Le guance della ragazza si colorano di un leggero rosa. Il dottore, alla fine, non le aveva detto niente di esagerato, ma l’ultima parte della frase l’aveva fatta sentire… speciale. Era sciocco, se ne rendeva conto. Anche perché con molte probabilità lei non c’entrava niente in quel discorso.

 

- Come va, adesso? -

Lyla alzò gli occhi dalla tazza di ceramica fumante, dopo averla riposta di nuovo sul tavolino.

- Molto meglio, grazie - rispose, con un piccolo sulle labbra - Avevo proprio bisogno di qualcosa di zuccherato da bere, e questa cioccolata è fantastica -

- Te l’avevo detto, no? Una delle migliori in circolazioni - disse, con una lieve nota soddisfatta nella voce.

- Già - abbassò un secondo lo sguardo, alla ricerca di qualcosa da dire - Di solito andavo in un posticino vicino alla mia Università, per bere una buona cioccolata, ma non ha niente a che vedere con questa -

- Che cosa studi? - le domandò, curioso.

- Storia dell’Arte. Sono all’ultimo anno -

Ciel parve rimanere leggermente sorpreso, una volta saputo il suo indirizzo di studi.

- Deve essere interessante - commentò - E dopo che cosa ti piacerebbe fare? -

La corvina aspettò un po’ prima di rispondere. Non era nuova a domande del genere. Ogni volta che qualcuno scopriva il suo indirizzo, da parte sua o di altri era irrilevante, saltava sempre fuori quella domanda.

“Che cosa vuoi fare dopo?”

Alcuni glielo chiedevano per mera curiosità, altri invece per giudicarla e cercare di farle capire che quello “non l’avrebbe mai portata ad avere un lavoro come si deve o un futuro garantito”. Le cene con i colleghi di sua madre le avevano insegnato tanto.

Era lieta però di leggere semplice curiosità negli occhi chiari del dottore seduto davanti a lei. Nessuna aria di superiorità, perplessità o voglia di giudicarla. Solo semplice e spontanea curiosità.

Fu questo a convincerla e a spingerla a rispondergli sincera.

- Mi piacerebbe insegnare, dopo. Magari in una scuola media, o un liceo - gli rivelò, non poco imbarazzata.

Non parlava molto spesso di quello che avrebbe voluto fare nella sua vita con leggerezza. Tendeva sempre a rimanere un passo indietro, dando risposte vaghe o inventandosi persino di non saperlo.

Ma con Ciel O’Konnor… una piccola parte di lei sentiva che era diverso.

- Davvero? - chiese - Gli adolescenti sanno essere dei veri sciacalli. Io non avrei mai il coraggio di andare ad insegnare qualcosa, anche solo ad un paio di loro. Avrei il terrore di finire sbranato vivo da un momento all’altro -

Lyla ridacchiò divertita, coprendosi la bocca con una mano.

- Vero, possono essere tremendi, ma non così tanto. Se tu fossi un loro docente, dubito fortemente che ti torcerebbero anche solo un capello -

Uno come lui come professore sarebbe stato il sogno proibito di chiunque. Non solo aveva una bella presenza, ma aveva un modo di porsi e parlare che riusciva ad incantare chi lo ascoltava. Per un professore del genere, Lyla avrebbe venduto un rene.

- Dici? - inarcò un sopracciglio.

- Dico dico - ridacchiò ancora lei - Hai un buon modo di porti, e parlare. Saresti il sogno di qualsiasi studente -

- Persino il tuo? -

Il cuore della ragazza accelerò di colpo.

- Mh. Potrebbe essere, ma dipende molto da che materia andresti ad insegnare - rispose, riuscendo a mantenere il controllo per miracolo - Se ti avessi avuto come professore di fisica, molto probabilmente ti avrei visto come una manna dal cielo. Quello che avevo al liceo era una vera carogna, e riusciva a farti odiare qualsiasi cosa -

- Ti capisco alla perfezione. Io ne avevo uno così per storia. Per tutti e cinque gli anni è stato il mio incubo peggiore, e pure dopo. Alle volte mi capita di risognarlo, mentre mi urla contro con quella sua voce gracchiante “O’KONNOR TI METTO F!”. Ho i brividi solo al pensiero -

- I professori così sono un fattore comune di tutti gli studenti del mondo - ragionò ad alta voce lei, rigirandosi la tazza di ceramica tra le dita - Ed è questo il vero peccato, secondo me. Tantissimi studenti si ritrovano a odiare materie in cui, con molte probabilità se avessero avuto docenti diversi, non lo avrebbero mai fatto. I lavori come questo ti danno l’opportunità di trasmettere la propria passione ai più giovani, e di far comprendere loro quanto certe cose nel nostro mondo possano essere… meravigliose -

Ciel ascoltò le parole della ragazza con estrema attenzione, e gli occhi che brillavano d’ammirazione. L’evidente passione che aveva messo in quel discorso era tangibile.

Gli era più chiaro ora perché la ragazza volesse fare un lavoro del genere, nel suo futuro. Voleva trasmettere le stesse emozioni che provava per quella materia, a classi intere di adolescenti.

Un obiettivo tanto ammirevole, quanto difficile da raggiungere. Specialmente se ci si voleva rivolgere ad un pubblico di giovanissimi.

- Secondo me diventerai una professoressa fantastica - le disse d’istinto, sincero - Ci sarebbe bisogno di più gente come te in giro -

Lyla arrossì violentemente, e sentì il cuore batterle nel petto con maggiore intensità.

- G-grazie - balbettò, evitando di guardarlo dritto negli occhi per quanto era nervosa.

Nessuno, prima d’allora, le aveva mai detto una cosa del genere, e l’effetto delle sue parole era stato devastante per il suo corpo. Era così emozionata, che non riusciva più a trovare delle parole adatte da usare e non sapeva che rispondergli oltre a quel semplicissimo “grazie”.

Fortunatamente ci pensò Ciel a riequilibra la situazione, e senza nemmeno rendersene conto, presero a parlare con leggerezza come due amici di vecchia data.

 

 

Uscirono dal bar quasi un’ora e mezza dopo, ridendo e chiacchierando allegri. Il corvino fu così gentile da riaccompagnarla fino alla porta di casa sua, non sentendosela affatto di farle percorrere tutta quella strada completamente da sola.

Arrivati a destinazione, il dottore aspettò un po’ prima di andarsene e, con entrambe le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni e lo sguardò rivoltò altrove per l’imbarazzo, disse - Sono stato davvero bene con te, Lyla -

- Anch’io - disse lei, emozionata quasi quanto lui.

- Sarebbe bello… rifarlo, qualche volta -

Ciel aveva assunto un’aria parecchio impacciata, così tanto da far sorridere spontaneamente la ragazza. Le sembrava un ragazzo troppo irreale per essere vero.

- Già. Lo penso pure io -

Quello fu il turno del cuore del giovane dottore di perdere un battito, per l’emozione.

Lyla lo salutò con un timido saluto, prima di salire le scale ed entrare in casa. Dopo che scomparve dietro la porta, Ciel rimase ancora qualche secondo lì fuori, con la mano tesa in aria e un ampio sorriso ad illuminargli il viso. Poi, si rimise le mani in tasca e se andò.

 

 

Il giorno dopo in Università, Lyla raccontò tutto per filo e per segno ai suoi due migliori amici.

- Non ci posso credere - commentò sorpresa Rebekka, prima di prendere un lungo sorso del suo cappuccino.

- Hai capito la nostra Lyluccia! Te la fai con il dottore, e non ci dici niente -

- Ma se ve l’ho appena detto, Rob. Ed io me la faccio con nessuno, per la cronaca. Siamo andati solo a prendere una cioccolata insieme, e poi mi ha accompagnata a casa - ci tenne a chiarire la corvina, giocherellando con il coperchio di plastica del proprio caffè d’asporto.

- Queste sono cose che vanno dette subito, non appena accadono. Non di certo il mattino del giorno dopo, nella caffetteria della scuola - borbottò, con fare offeso lui.

- Sono pienamente d’accordo con Rob - rincarò la dose Beki, annuendo con la testa e prendendo un nuovo sorso di caffeina - A quando il prossimo appuntamento? -

- Ah, questo non lo so. Non abbiamo fissato niente, e per quel che ne posso sapere potrebbe anche non esserci mai una seconda uscita -

- Ma come? - domandò il ragazzo, evidentemente confuso - Da quello che ci hai raccontato il dottore è ben intenzionato a voler uscire con te ancora, e te pure. Da dove vengono tutti questi dubbi? -

Lyla impiegò un po’ per rispondere.

- Non lo so, ragazzi - sospirò, poi - È che è troppo bello per essere vero. Un uomo bellissimo, medico, super divertente e simpatico, interessato a me. Ci deve essere per forza la fregatura; c’è sempre, dai -

In ventitré anni ne aveva viste davvero di tutti i colori, e specialmente da quando aveva iniziato l’Università. Lei, Robert e Bekka avevano fatto una bella collezione tra casi umani e relazioni disastrose. Alla faccia degli album di figurine.

- Non essere sempre così negativa, tesoro - la ripresa la bella texana - Non stare a crearti problemi persino dove non ci sono. Sei una ragazza fantastica, e ti meriti una persona fantastica al tuo fianco. Magari è tutto così bello, proprio perché non ci sono fregature -

- Do ragione al cinquanta percento a Beki - intervenne il ragazzo.

- Persino il cinquanta? Sono sorpresa - commentò lei, ricevendo un’occhiataccia da parte del castano.

- Sul fatto che ci possano essere o meno delle gabole dietro l’angolo, non lo possiamo sapere con sicurezza. Però non devi essere così negativa, specialmente ora. Vivi questa esperienza con serenità. Conta che te lo sta dicendo uno che è negativo per natura -

- Vero. Lo sappiamo tutti quanto posso essere negativo il nostro Robby - lo interruppe ancora la bionda, dandogli un lieve pizzicotto giocoso sul braccio.

- Ehi! Mi hai fatto male, disgraziata - si lamentò, massaggiandosi la parte offesa.

Lyla e Rebekka scoppiarono a ridere divertite.

Forse i suoi amici avevano ragione. Non doveva stare a farsi problemi inutili, e tantomeno non doveva crearseli lei dal nulla.

Forse, per una volta, il Destino aveva deciso di premiarla mettendole sulla propria strada una persona come Ciel.

 

Finite le lezioni verso l’ora di pranzo, i tre uscirono dall’edificio scolastico con un’aria a dir poco distrutta.

- Rebekka, sei dei nostri? Io e Lyla volevamo andare a mangiare qualcosa al volo al giappo di cui vi avevo parlato -

- Quello con il cameriere che ti piace? - domandò la ragazza, per avere una conferma.

- Esattamente - rispose, dandole una gomitata complice insieme ad un occhiolino malizioso - Vieni con noi? -

L’espressione desolata della bionda valeva più di mille parole.

- Lo vorrei tantissimo, ma devo andare da mia nonna. Le devo dare una mano in negozio - sospirò, triste - Sarà per la prossima volta -

- Mangeremo una ciotola di cirashi anche per te, amica - le promise lui.

- Grazie - si finse commossa la bionda - Ci sentiamo dopo, ragazzi - li salutò, andando verso la metro vicina.

- A dopo, Beki -

Lyla e Robert salutarono ancora una volta l’amica bionda, prima di incamminarsi verso il ristorante lì vicino. Una bella abbuffata di cibo, dopo una giornata scolastica davvero stancante, era quello di cui i due ragazzi avevano proprio bisogno.

 

 

 

 

ANGOLO DELLA MENTE MALATA:

Eeeeeeeee, siamo qui. Alla fine del quarto capitolo completamente revisionato, yey!

Chiedo perdono per averci impiegato così tanto tempo per farlo uscire ;-; perdonatemi.

Sono una brutta persona ;-;

Devo dire che sono molto soddisfatta di come sia uscito. Rispetto alla “vecchia versione” penso che il miglioramento sia parecchio evidente XD Voi quale versione preferite?

Se volete, lasciatemi un commentino per farmi sapere cosa ne pensate.

Io vi porgo i miei omaggi

HH

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


capitolo 5
Capitolo 5
Illusioni e flirt al ristorante.


- Tesoro, penso proprio che oggi sia il tuo giorno non fortunato, di più! - esclamò Robert, prima di gustarsi una fattina di pesce crudo e lanciando uno sguardo complice all'amica.
A Lyla mancò un battito, comprendendo le parole del castano seduto davanti a lei.
Ciel era lì.
La corvina si voltò e notò che il dottor O'Konnor era veramente lì, e non era solo.
Con lui c'erano un uomo poco più alto di lui ma spesso il doppio, un doppio-palestrato con le braccia completamente tatuate, capelli a spazzola neri, una leggera barba ed ochi azzurrissimi, e una donna.
Più che donna forse Lyla farebbe meglio a definirla "dea".
Una "dea" con un corpo da urlo, fasciato da un abito grigio, con i lunghi capelli mori e gli occhi grigi.
Una "dea" che si trovava letteralmente incollata al braccio di Ciel.
In un momento tutta la magia si era spezzata, e Lyla si risistemò sul posto scocciata.
- Sembrava troppo bello per essere vero - borbottò.
Ma cosa ti aspettavi Lyla?
Che la tua vita iniziasse a migliorare così bene di botto? Avresti dovuto capirlo che non poteva essere reale.
Robert non proferì parola, rimase fermo ed immobile sulla sedia.
Mascella contratta e sguardo rigido.
C'era una cosa che Robert odiava più di qualsiasi altra al mondo: gli uomini che ferivano le donne a lui care.
Si alzò di colpo, sotto lo sguardo preoccupato di Lyla che, avendo intuito le sue intenzioni, lo prese saldamente per il braccio fermandolo.
- Non ci pensare nemmeno, Rob. Lascia perdere - lo minacciò, ma lui non l'ascoltò.
- Lyla, mollami. Lo sai perfettamente che odio queste cose per... tu sai cosa. Non puoi chiedermi di stare lì buono, mentre per colpa di quello stai così. Me ne fotto allegramente - ribattè irato.
Lyla sospirò; sapeva benissimo cosa voleva fare il suo amico e il perchè (lo capiva benissimo), ma non poteva permettersi che Robert commettesse una tale cazzata in un luogo come un ristorante.
- Robby facciamo un compromesso: noi finiamo di mangiare e poi, dopo aver pagato il conto, gli spacchi la faccia. Va bene? -
Se Robert avesse sbollito, Lyla sapeva che non avrebbe più voluto fare niente di simile, a mente fredda.
- Ma io volevo farlo adesso - piagnucolò lui, ritornando ad avere il solito tono leggermente pià acuto del Robert di tutti i giorni.
Alla fine si risedette al suo posto e ritornò a mangiare il suo pesce, sotto lo sguardo sollevato della ragazza.
" Pericolo scampato " pensò, serena.
Ma a quanto pare no.
Lyla non ebbe nemmeno il tempo per potersi rilassare mezzo secondo, che il gruppetto del dottor O'Konnor venne scortato da un cameriere verso un tavolo non poco lontano dal loro.
In un primo momento Lyla non si accorse di niente, finchè non vide rimutare l'espressione del volto di Robert.
Da furiosa a seria, e da seria a confusa.
- Lyla? Sono pazzo? - le chiese l'amico, con un tono di voce più basso.
Lei trovò molto strana quella domanda e si limitò a rispondere con un - Completamente svitato, parola mia! - ridacchiò - Perchè questa domanda? -
- L'orso tatuato, quello con Dottor Onnipresente, mi ha fatto l'occhiolino e segno con la mano di chiamarlo! - finì scandalizzato. Lyla lo fissò seria per un paio di secondi, ed infine scoppiò definitivamente a ridere.
- Non ridere, disgraziata! - ma lei non smise.
Disgraziata? Ma cos'era diventato Rob, una vecchietta?
- Non puoi chiedermi di non ridere e subito dopo chiamarmi "disgraziata" con quel tono da vecchia! - ribattè lei, smettendo piano di ridere - Che c'è di così scandaloso in un ragazzo che ci prova con te? Sei gay, non ti dovrebbe far piacere che un bel uomo ti abbia notato? -
- Ma è... grosso. Troppo grosso. Sembra un orso! - le rispose impaurito.
Lyla alzò gli occhi al cielo.
Robert e le sue paturgne non finiranno mai di confonderla.
Intanto, poco lontano dai due, il tanto discusso trio stava prendendo posto al loro tavolo.
- Ho trovato il mio compagno! - esultò il ragazzone tatuato, tenendo pur sempre un tono di voce abbastanza basso.
- Come fai a dirlo, Alberich? L'avrai visto solo per tre secondi, se non di meno! - ribattè leggermente stupita la mora.
- Si chiama "imprinting", sorella. Pensa, lo hai avuto persino tu con il tuo amatissimo William! - la beffeggiò.
La ragazza offesa, volse lo sguardo alla sua destra, in cerca dell'appoggio di Ciel, che era però intento a leggere il menù e non aveva dato alcun ascolto alla conversazione dei due.
- Ciel? Mi dai una mano? Dì a nostro fratello che è impo_-
- E' possibile, Katia. La maggior parte di noi ha l'imprinting con il tatto, ma questo non rende impossibile che possa succedere anche solo con la semplice vista. Successe anche a nostro nonno, non ricordi? -
- Già, non ricordi? - rincarò la dose Alberich con un odioso sorrisetto vittorioso dipinto in volto.
Katia incrociò le braccia al petto con fare offeso ed infantile - Secondo me non te lo dà -
Sia Alberich che Ciel scoppiarono definitivamente a ridere per l'affermazione tanto ridicola della sorella minore.
Quando si metteva Katia era capace di sparare delle vere assurdità.
Ciel chiese a suo fratello chi fosse il tanto famoso imprinting a vista, e rimase shoccato nel voltarsi. Non lo sconvolse di certo il ragazzo seduto al tavolino, proprio no, ma la ragazza che era con lui.
- Lyla - mormorò.
Fu solo un sussurro, ma sua sorella lo sentì più che bene.
- La ragazza? Dov'è?? -
Sapeva che suo fratello aveva avuto l'imprinting con una ragazza, ed era curiosissima di vederla. Quando un Alpha aveva il colpo di fulmine, si voleva subito sapere chi sarebbe diventata la futura "Femmina Alpha" del branco.
Seguì lo sguardo del fratello, che sembrava aver assunto un'espressione da ebete, e finalmente la vide. Una ragazzina giovanissima, dai lunghi capelli corvini e dai grandi occhi da cerbiatta verdi.
Nel frattempo Ciel stava ribollendo di rabbia e frustazione.
Quello era il suo ragazzo? Era possibile?
No, non sembrava il suo ragazzo.
Eppure...
- Ciel? -
- Che c'è? - chiese sgarbatamente a Katia.
La mora gli indicò il posto vuoto al suo fianco ed affermò - Se ne è andato. E' andato a parlare con quel ragazzo -


- Oh misericordia! - squittì Robert - Sta venendo qui! -
Lyla alzò lo sguardo confusa dal suo piatto, e vide "L'orso tattoo", soprannominato così da Rob, avvicinarsi.
- Ehi! - esclamò questo rivolti a Robert, sfocciando un ampio sorriso.
"Ehi?" pensò lei, alzando un sopracciglio dubbiosa.
- Come va, ragazzi? - chiese subito dopo.
- Bene ... - mormorò lei.
- Andava bene prima - borbottò a mezza voce Rob, facendo alzare gli occhi al cielo a Lyla.
Quel ragazzo era più lunatico di una femmina in quel periodo del mese. Su questo non c'erano dubbi.
Il ragazzo tatuato fece finta di non sentirlo, e riprese a parlare - Ti ho visto prima e mi chiedevo se ti andasse di_-
- No - rispose secco Robert, spiazzandolo.
- Cosa? -
Alberich rimase impietrito. Non l'aveva nemmeno fatto finire di parlare, e già gli dava un due di picche? Giammai.
Nessuno dava un due di picche ad un O'Konnor.
- Ma non mi hai nemmeno fatto finire - gli fece notare lui, cercando di continuare a sorridere.
Robert alzò gli occhi castani su di lui.
Oggettivamente era un bel uomo, ma lui non frequentava uomini così tanto più grandi di lui!
- Non sono gay, mi dispiace. Cambia aria -
Ok. Per poco Lyla non si strozzò con la sua Diet Coke, trattenendosi dal ridere spudoratamente davanti al suo migliore amico; come Alberich dal resto.
Che Robert fosse omosessuale si vedeva, anche da lontano.
- Non dire stronzate! Si vede lontano un miglio che sei gay! - ribattè Alberich, incrociando le braccia al petto.
Quel ragazzino pensava davvero di fregarlo? Con chi pensava di avere a che fare?
- Sono a pranzo con la mia ragazza. Non vedi? Sono eterissimo! -
" Sì, Robbie ... come un arcobaleno" si trattenne dal commentare Lyla.
Alberich schioccò la lingua - Allora sei un gay che fa finta di essere etero, e la ragazza qui presente è la tua copertura -
Lyla scoppiò definitivamente a ridere davanti alla faccia sconcertata di Robert.
L'orso tattoo era un bel osso duro.
- Ok. Sono gay... - ammise alla fine - Ma non esco con i vecchiacci - aggiunse subito dopo
- Non sono un vecchiaccio - rispose, leggermente offeso il tatuato - Sarò giusto poco più grande di te! -
- Quanti anni hai? - chiese Robert.
- 26 - rispose Alberich.
Rob rimase sorpreso, ma preferì non darlo a vedere.
Dimostrava come minimo 36 anni quello. Non di certo 26!
- Sei troppo vecchio! -
- Ah, sì? Perchè scusa, quanti anni hai tu? - chiese divertito.
- 16 - rispose prontamente il castano, sparando una balla più grande di quella precedente.
- Non hai 16 anni - ribattè l'altro.
" Non può avere realmente quell'età " pensò, leggermentr allarmato, il corvino.
Guardò meglio il giovane ragazzo davanti a lui.
Dimostava, minimo minimo, 20 anni; era impossibile che fosse così tanto giovane.
Lyla non poteva credere alle proprie orecchie.
Robert le stava davvero provando tutte per liquidare quel ragazzo.
- Alberich, lascia stare i ragazzi. Su! - lo riprese una voce femminile.
" La dea " pensò allibita Lyla, osservando la ragazza di prima appoggiare una mano sulla spalla dell'orso tatuato.
Bastò ricordarsi di lei che l'umore di Lyla precipitò sottoterra, e Robert se ne accorse subito.
- Non ho la minima idea di chi tu sia - iniziò Robert alzandosi dalla sedia ed attirando inavertitamente l'attenzione di alcuni presenti - Ma non mi interessa. Andiamocene Lyla, te l'avevo detto che dovevamo andarcene prima - prese la sua borsa e, sotto lo sguardo confuso dei presenti, se ne uscirono dopo aver pagato velocemente il conto.
Poco prima di uscire dal ristorante, Lyla si voltò incrociando gli occhi grigi di Ciel che la stavano silenziosamente osservando.



Risposte ai commentini <3

CloveRavenclaw39:
Se il favoloso fosse riferito ad un cameriere o al ragazzo della cassa, questo non lo sapremo mai XD Già, la nostra povera Lyla dovrà star dietro le pazzie di Rob per molto tempo... Un po' mi dispiace per lei.
Spero che il capitolo ti sia piaciuto :3
un bacio
- Harley ;*



Angolo della mente malata:
Festeggiamo ragazzi, perchè sono risorta! :D
Ho finito gli esami settimana scorsa (ho anche fatto un viaggetto a Venezia per accompagnare mia sorella alla Zombie Walk di sabato 23) e sono finalmente tornata!
Lo so, teoricamente dovrei aggiornare altre mie storie (che sto trascurando), tipo la ff su Pucca, ma avendo già molti capitoli già scritti (che devo solo sistemare al pc) mi trovo ad aggiornare prima questa storia ^-^'
Per farvi capire di "Diversi" sono già arrivata a scrivere (in brutta) fino al capitolo 15, mentre dell'altra  storia su Pucca solo fino al 7 (e ne ho pubblicati 6). Da questo punto di vista sono un po' sfasata, ma se non ho l'ispirazione non riesco a scrivere. Sorry :(
Ma torniamo a questa storia.
Vi dico già una cosa, che varrà da qui fino alla fine della storia: Non è mai come sembra.
Se credete che Ciel sia una cosa, vi assicuro che non è quella cosa. Se pensate che Lyla sia un'altra, vi assicuro che nel 99,9% dei casi è sbagliata.
Questa storia va sicuramente contro corrente a molte altre presenti online, per molti versi, e se ci aggiungiamo la mia mente folle che partorisce delle idee veramente malate... Vi lascio alla vostra immaginazione.
Ci tengo a dirvelo perchè so che alcuni di voi stanno già facendo alcune ipotesie e teorie, e io lotto contro l'istinto di sparare spoiler a mitaglietta.
Ricordate: lo spoiler è il male. E' una cosa brutta e cattiva. Non cadiate mai nel suo tranello.
Come sempre spero che il capitolino vi sia piaciuto
un bacino zuccheroso
- Harley ;*

Ci tengo a ringraziare:
1 - Desyree92 [Contatta]
2 - elindor02 [Contatta]
3 - fantasygirlblack96 [Contatta]
4 - harrymyhero [Contatta]
5 - mekiki [Contatta]
che hanno messo la storia tra le seguite :3
1 - CloveRavenclaw39 [Contatta]
che ha messo la storia tra le ricordate :3
1 - Nakioto [Contatta]
che ha messo la storia tra le preferite <3
vi lovvo tanto <3 <3


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Capitolo 6
*** Una giornata non tanto pessima. ***


capitolo 6
Capitolo 6
Una giornata non tanto pessima.


- Lyla, sei sicura che non vuoi che salga con te? Non mi piace l'idea che tu rimanga da sola finchè non torna Shannon con tua sorella -
Lyla scosse ripetutamente la testa.
- Stai tranquillo, Robbie. Non sono più una bambina di 3 anni; posso stare a casa da sola tranquillamente. Se dovesse succedere qualcosa ti chiamo, ed ora muoviti se no farai tardi a lavoro -
Robert si lasciò sfuggire una smorfia.
" Già... il lavoro. Me ne ero scordato " pensò dando un'occhiata al display del telefonino per controllare l'ora.
- Vai, se no la signora Laster ti dovrà fare una bella strigliata. Povera donna! Quante pene le dai! - continuò a scherzare l'amica.
- Non è vero, tesoro! - mise il broncio - Io sono un ragazzo modello! - si pavoneggiò.
Lyla rise - Va bene. "ragazzo modello". Ti chiamo dopo. Ciao -
In risposta Robert le fece una linguaccia, come un bambino piccolo, e non appena sparì dietro al portone mise in moto la smart color giallo canarino. Più e più volte Lyla e Beki lo avevano esplicitamente preso per il curo per il colore acceso della sua macchina.
Gli dicevano che andava in giro con la macchina di Tweety, ma a lui piaceva.
Washigton era piena di macchine grigie e tristi, una vera palla! Almeno lui, nel suo piccolo, dava un po' di vivacità con la sua piccola smart.
Il pensiero di Robert ritornò agli avvenimenti di prima, nel ristorante giapponese.
Non aveva mai incontrato in vita sua un ragazzo così insistente come quell'orso tatuato.
Certo, lui aveva messo su un teatrino di quelli per fargli capire che non era interessato abbastanza ridicolo, ma si era ritrovato con le spalle al muro.
Alberich... che razza di nome era Alberich, poi.
Se doveva essere oggettivo, Robert lo trovava decisamente attraente (anche se quella tipologia di maschio non gli era mai garbata tanto) ma parlando con lui aveva avvertito delle strane sensazioni.
In un primo momento aveva avuto paura; una paura mischiata ad eccitazione. Ed era stato proprio questo insieme di sensazioni che lo aveva spaventato tanto da portarlo a rifiutarlo.
In pochi minuti si trovò davanti alla piccola insegna del "Honey Star", un piccolo locale che faceva sia tavola calda che fredda. Il locale era in perfetto stile anni '50, ed ogni volta che vi entrava gli sembrava di essere finito in Grease.
La proprietaria, la signora Laster, era una simpatica signorotta sulla cinquantina, tutta curve, dai particolari capellii color rosso Ferrari e dai modi sempre allegri e pimpanti(1).
Lo spirito di una quindicenne rinchiuso nel corpo di una cinquantenne.
Robert aveva iniziato a lavorare lì da un paio di anni, più o meno da quando aveva iniziato l'università.
La paga era buona (a confronto di quelle offerte mediamente per dei lavori part-time), riusciva a pagare bene l'affitto e le bollette, e si trovava a suo agio. Cosa poteva volere di più?
Certo, molte volte c'era della clientela fastidiosa (nonostante si trovassere nel 2015 c'era ancora gente che si lamentava delle persone omosessuali) ma riusciva bene o male a tollerarli.
- Oh oh! Eccoti arrivato, Robert! Su su, corri a metterti la divisa, caro. Summer(2) si sta facendo in 6 per stare dietro a tutti i tavoli. Oh oh! - esclamò allegra la proprietaria, riprendendo quasi subit a saltellare in giro per la sala.
" No, non è per niente una persona normale " pensò il ragazzo, scuotendo la testa divertito per poi dirigersi nello spogliatoio per infilarsi la divisa.


- Robby? Mi fai 4 caffè lisci e 2 cappuccini per il tavolo 9? -
- Certo, Sum. Arrivano subito! - confermò il ragazzo mettendo in moto la macchina per il caffè.
- Non ne posso più! - si lamentò lei, appoggiandosi al bancone ed incrociando le braccia - Sono già le 5 del pomeriggio e continua ad arrivare gente! Sembrano non finire più! -
Summer lavorava al Honey Star da quasi 6 mesi. Era una ragazza molto simpatica ed energica, anche se si lamentava quasi sempre per qualsiasi cosa a parere di Robert. Si era trasferita in quella città momentaneamente per completare i suoi studi universitari.
Non ha mai detto a nessuno del lavoro in che facoltà studiasse, e nessuno aveva mai fatto domande. Compreso Robert.
Sarebbe stato alquanto complicato spiegare a degli umani che lei frequentava la facoltà di giurisprudenza per mostri. Sarebbe stato davvero complicato.
Preparata l'ordinazione per la bionda Robert, dando le spalle al bancone, incominciò a pulire il piano di lavoro opposto con uno straccio.
"Ancora un'oretta e posso tornare a casa" pensò sereno il castano.
Era talmente preso dai suoi pensieri che non si rese minimamente conto di un ragazzo, che si era appena seduto al bancone aspettando che il cameriere di girasse per poter ordinare qualcosa.
Per Alberich era stata una giornata davvero pessima quella. Non solo aveva ricevuto un due di picche dal suo futuro (ed ignaro) compagno; ma passando per quella strada, gli si era bucata la ruota posteriore della mote e, dovendo aspettare che arrivasse il mio amico Tom con il furgoncino, era entrato in quel ridicolo bar per bere qualcosa.
Una vera giornata di merda.
Iniziò a tamburellare, con fare nervoso, le dita sulla superficie lucida del banco, attendendo che il cameriere lo notasse e gli chiedesse cosa gradisse; ma il ragazzo non sembrava essere in alcun modo interessato a voltarsi nella sua direzione.
- Ehi, scusa? Io vorrei ordinare - fece sgarbato, cercando di attirare l'attenzione del ragazzo.
Robert si sentì congelare dentro.
" Eh no!" pensò " Questo si chiama stalking, per Dio!"
- Lo sai che quello che stai facendo è legalmente punibile dalla legge? - chiese il castano voltandosi infastidito, appoggiando una mano sul bancone e l'altra sul fianco.
Robert era alquanto scocciato e non riusciva a credere che quel ragazzo fosse tanto insistente da seguirlo fino a lavoro.
Anche Alberich era sconvolto; non si sarebbe mai sognato di incontrare il suo futuro compagno così presto di nuovo.
Comprendeva il suo fastidio. Oggettivamente a chiunque sarebbe sembrato che lui l'avesse seguito o pedinato, ma invece no. Era stato proprio il destino a farli rincontrare così presto.
Era questo che pensava Alberich: il destino gli aveva appena dato una seconda possibilità e lui non se la sarebbe mai e poi fatta scappare una seconda volta.
Doveva fare con calma e cercare di non essere troppo irruente ed insistente per non farlo spaventare. No, assolutamente.
- Non sapevo lavorassi qua - disse con sincerità. Alzò una mano ed indicando fuori continuò - Alla mia mota, qualla là fuori, si è bucata una ruota e sto aspettando un mio amico che mi venga a prendere con il suo pick-up -
Robert alzò un sopracciglio scettico, ed incrociò le braccia al petto - E tu pensi davvero che io ci creda? - chiese.
Alberich sospirò pesantemente e si passò una mano sul viso. Quella sì che era una dura prova per i suoi nervi.
- Puoi anche non credermi se non vuoi ... - iniziò puntando gli occhi grigi in quelli di Rob - Io sono stato sincero e ho la coscienza pulita -
Con quella affermazione Robert si sentì punto nel vivo.
- Mi stai dando del bugiardo? - chiese andando subito sulla difensiva.
Quella era sua caratteristica: avere la coda di paglia era uno dei (tanti) difetti del povero castano.
Sul volto di Alberich nacque un piccolo sorriso - Non mi sono permesso di dire niente del genere -
Il ragazzo castano davanti a lui in quel momento gli parve più tenero che mai.
Un piccolo pulcino arrabbiato che stava arruffando le penne.
Abbassò lo sguardo sulla targhetta in metallo attaccata alla divisa, e finalmente scoprì il nome della persona che sarebbe stata destinata ad amare per sempre: Robert.
- Senti... lo so che mi sono comportato in modo alquanto sgarbato al ristorante - Robert iniziò subito ad ascoltarlo curioso. Voleva sapere dove voleva andare a parare - Con la mia testardaggine ed insistenza ho rovinato il pranco a te, alla tua amica e ai miei fratelli -
" Stop! " pensò Robert, in un momento di lucidità " Fratelli? Erano tutti e tre fratelli? Quindi il dottorino non ha preso per il culo Lyla.."
- Ti volevo chiedere scusa -
Per Alberich, che era stato abituato a non scusarsi quasi mai, pronunciare quelle parole gli erano costate uno sforzo immane.
Voleva sistemare le cose con quel ragazzo.
Robert lesse negli occhi del corvino una pura sincerità e si sentì leggermente in colpa per come si era comportato nei suoi confronti.
Tutta la sua rabbia ed ostilità erano sparite nell'esatto momento in cui aveva incrociato i suoi occhi, per bene.
Prima, nel ristorante, aveva evitato di fissarlo dritto negli occhi e ciò l'aveva fatto per il senso di paura che lo aveva attanagliato all'inizio con lui.
Avevano un taglio affilato ed erano una perfetta metà tra il grigio e l'azzurro ghiaccio. Un colore talmente intenso che Robert aveva potuto ammirare solo nei film o nelle foto modificate al computer. Non credeva che potesse esistere un essere vivente con un colore d'occhi simile.
- Anch'io... mi dovrei scusare con te - confessò Robert, grattandosi imbarazzato il capo - Mi sono comportato anch'io male, e in modo irragionevole. Le scuse sono reciproche -
Alberich era sconvolto, dalla gioia.
Non era tutto perduto.
Forse la sua giornataccia si sarebbe rivelata, alla fin fine, non tanto male come aveva creduto all'inizio.




Note:
(1): La signora Laster è la cugina della signora Delfina di "My little mermaid". Chi ha letto la storia può già intuire qualcosina ;)
(2): sì, Summer Lightwood. Un altro personaggio legato alla serie di "My little love". La figlia di Sophie Evans ed Alec Lightwood.





Angolo della mente malata:
Buon salve mie caramelle al caffè :3
Come state?
Finalmente sono riuscita ad aggiornare qualcosa T.T Sono felice. Le mie settimane sembrano peggiorare di giorno in giorno ... sono disperata >.<
Devo ancora aggiornare due mie storie (e non so quando troverò il tempo per scrivere O.O) più finire di preparare il primo capitolo del seguito di "My little mermaid" per questo week-end. Ce la posso fare, dai..
Che dire? Cosa pensate del capitolino? Vi piacciono Alb e Robbie? :3
Vi anticipo già che il prossimo capitolo sarà sempre dedicato a questa coppietta, e dall'8 si riprende con Lyla (e con un bel colpo di scena ihihihihi *ride con fare malvagio in un angolo poco illuminato della stanza*)
Fatemi sapere quello che pensate con un bel commentino <3
Io vi saluto e vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*

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Ve se ama 'na cifra <3 <3



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Capitolo 7
*** Bacio. ***


capitolo 7
Capitolo 7
Bacio.


Robert era intento a preparare alcune ordinazioni per gli ultimi tavoli, sotto lo sguardo curioso ed attento di Alberich. Erano passati quasi 45 minuti dalla loro chiaccherata, e dell'amico di Alberich nemmeno l'ombra.
Che fosse una palla?
Stranamente Robert non lo credeva. Sentiva che l'uomo tatuato seduto al bancone fosse stato totalmente sincero nei suoi confronti, e questo non riusciva a spiegarselo.
Lanciò un fugace sguardo all'orologio a muro. Mancava solamente un quarto d'ora ed il suo turno di lavoro sarebbe finito.
Non appena consegnò le diverse bevande ad una indaffarata Summer, il telefonino dell'orso-tattoo prese a squillare.
Alberich lesse velocemente il nome sul display luminoso e rispose.
- Ohi Tom! Dove sei, amico? - esordì il corvino.
Robert non seppe mai cosa disse quel Tom ad Alberich di preciso, ma dalle sue espressioni e dai commenti che seguirono riuscì a farsi un'idea abbastanza chiara: il suo amico gli aveva appena dato buca.
Alberich era furioso; era appena scattato un allarme a nord, e Tom e gli altri si erano trovati costretti ad intervenire. Mentre lui era bloccato lì, in quel ridicolo locale in stile anni 50.
Si passò una mano sul viso stanco e Robert, mosso da uno strano istinto, gli si avvicinò.
- Tutto bene? -
- Eh? Sì sì. Tutto benissimo - si limito a rispondere, colto di sorpresa.
Non si sarebbe mai aspettato che il ragazzo gli si sarebbe avvicinato, spontaneamente, e che si sarebbe interessato di come stesse.
Era piacevolmente sorpreso.
- Problemi con il tuo amico? - chiese ancora Robert.
- Una specie... - rimase vago il corvino, non entrando volutamente nei dettagli.
Era già un miracolo se stavano parlando così pacificamente, non lo voleva mica spaventare.
Alberich doveva trovare un modo alternativo per ritornare a casa attraversando la città. Magari avrebbe chiamato un taxi, sperando di avere con sè abbastanza denaro per pagarlo.
Robert vedendo l'orso-tattoo così afflitto tra sè e sè, fu preso nuovamente da uno strano istinto.
Il ragazzo a momenti non si riconosceva quasi più; non capiva proprio cosa gli stesse succedendo.
Era forse uscito completamente di matto, perdendo del tutto la bussola? Molto probabile.
- Senti... - iniziò leggermente titubante il ragazzo castano attirando subito su di sè l'attenzione dell'altro.
" Maledetti occhi azzurri " pensò Robert trovandosi con il cuore che palpitava maggiormente per l'emozione.
- Io finisco il turno tra meno di 15 minuti. Se vuoi ti posso dare un passaggio -
Quello, Alberich, lo vide come un aiuto divino o una manno dal cielo.
Quel ragazzo era una continua sorpresa per lui; e questo gli piaceva.
Alberich accettò immediatamente, fin troppo allegro. Allegro come quando un bambino si sente dire dalla madre che andrà a giocare al parchetto a cui tanto desiderava recarsi.
I quindici minuri d'attesa passarono in un lampo e Robert, presa la sua giacca, scortò Alberich verso la sua macchina, che non appena vide si lasciò sfuggire una smorfia di puro disgusto.
- Quella ... è la tua macchina? - chiese pesando attentamente le parole ed aspettandosi una risposta più che negativa.
- Sì, perchè? - chiese Robert che, osservata l'espressione sul volto dell'orso-tattoo, capì cosa stesse pensando in quel momento.
- Cos'è? Ti senti attaccato nella tua virilità? - lo beffeggiò Robert, inarcando un sopracciglio ed incrociando entrambe le braccia al petto.
Il ragazzo scosse il capo alzando le braccia in segno di resa.
Sentiva che non gli conveniva molto far arrabbiare Robert, ed aveva ragione. Non conveniva mai farlo arrabbiare.


Salirono in macchina senza proferire parola.
Di tanto in tanto, Alberich si girava per osservare il profilo del suo futuro compagno. Il naso dritto, la bocca leggermente carnosa e gli occhi arrwnri e concentrati sulla strada da percorrere per riportarlo a casa.
Spostò lo sguardo sui capelli; non erano corti come i suoi, ma nemmeno tanto lunghi. Erano ... "giusti". Di un interessantissimo color castano chiaro con riflessi ramati. Certo, erano sfumature quasi impercettibili all'occhio umano, ma non per uno come lui.
Alberich aveva il forte istinto di toccarli, accarezandogli così la testa, ma sapeva che sarebbe stato un gesto fin troppo avventato. Per tale ragione decise di trattenersi e si limitò ad osservarlo in religioso silenzio.


Arrivarono in un batter d'occhio davanti al portone della palazzina dove viveva l'orso-tattoo.
Robert parcheggiò la macchina ad uscì insieme all'altro ragazzo.
- Ti devo ringraziare, Robert. Sei stato molto gentile ad offrirti di accompagnarmi; ti devo un favore -
Il castano si gratò la testa imbarazzato - Non ho fatto nulla di che. Penso che anche tu avresti fatto lo stesso con chiunque -
Alberich scosse la testa divertito - No, io non l'avrei mai fatto per chiunque - affermò convinto - Ma per te sì - aggiunse con un tono di voce leggermente più basso ma pur sempre udibile da Robert che, sentite tali parole, perse un colpo al cuore (forse anche un paio).
- Senti - riprese a parlare il corvino, salendo alcune scale e mettendo la mani in tasca - Lo so che sono stato fin troppo affrettato con te, ma... volevo chiederti se ti andrebbe bene scambiarci i numeri di telefono -
Il castano battè un paio di volte le palpebre.
" Il numero? "
- Vuoi ... il mio numero di telefono? -
- Beh, non di certo quello della tua carta d'identità - rise l'altro, e Robert si ritrovò a constatare quanto bella fosse quella risata.
" Cosa? " pensò sconvolto Robert " Ma cosa diavolo mi viene in mente? "
- Certo. Mi va bene - rispose il castano, accettando la proposta del tatuato.
Che c'era di tremendo nel scambiarsi un semplice numero di cellulare? Non sarebbe morto nessuno.
Scambiatisi i rispettivi numeri, Alberich alzò una mano in segno di saluto - Grazie ancora, Robert. Ci si becca in giro -
" Ci si ... "becca" in giro? " pensò il castano divertito " Ma come diavolo parla il mio orso-tattoo? " si chiese divertito.
Lo vide voltargli le spalle per aprire il portone e sentì una morsa dolorosa al cuore.
Che diavolo gli stava prendendo? Che stesse iniziando a soffrire di disturbi di personalità multipla?
Il suo braccio si mosse in automatico e chiuse le lunga dita affusolate intorno, per quanto poteva, all'avambraccio muscoloso e tonico di Alberchi, che osservava confuso il castano davanti a lui.
Non appena gli occhi scuri di Robert incrociarono quelli grigio/azzurri dell'altro, si mosse di puro istinto per la prima volta in tutta la sua vita.
Con l'altra mano gli afferrò il colletto della giacca nera e premette con forza e decisione le sue labbra contro  quelle di Alberich.







Angolo della mente malata:
Buon dì miei puncake ai mirtilli, cioccolato e miele :3
Come state?
Lo so. Lo so, il capitolo è corto. Non uccidetemi per questo! Vi posso assicurare che nel prossimo succederà una cosa, che non posso dirvi per non farvi spoiler, ma che vi assicurò delinerà l'inizio della parte più interessante di storia. Insinuerò il dubbio nelle vostre piccole e giovani menti muhahahahaha *risata malefica con tuoni in sottofondo* :3
Che dire? Sto fangerlizzando per il primo bacio di Alb e Robbie :3 Non sono carini pucciosi? Per me sì :3
Dal prossimo ritorneremo dalla nostra Lyluccia cara e, come già annunciato precedentemente, ne succederanno delle belle :3
Spero che il capitolino vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino qui sotto
io vi saluto
un bacino zuccheroso
- Harley ;*

Ci tengo a ringraziare:
1 - Desyree92 [Contatta]
2 - elindor02 [Contatta]
3 - fantasygirlblack96 [Contatta]
4 - mekiki [Contatta]
che hanno messo la storia tra le seguite :3
1 - CloveRavenclaw39 [Contatta]
che ha messo la storia tra le ricordate :3
1 - giglio16 [Contatta]
2 - ICE1984 [Contatta]
3 - Nakioto [Contatta]
4 - Saretta_27 [Contatta]
che hanno messo la storia tra le preferite <3
Vi lovvo tanto <3 <3





link dove potete trovarmi ;3
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Capitolo 8
*** Lettera. ***


capitolo 8
Capitolo 8
Lettera.


Lyla rise - Va bene, "ragazzo modello". Ti chiamo dopo. Ciao - salutò il suo migliore amico e rientrò in casa, appoggiandosi con la schiene contro la superficie legnosa della porta. Si portò entrambe la mani al viso, e sospirò pesantemente.
Che razza di giornata era stata quella.
"A quanto pare sto proprio sul culo al karma" pensò ripercorrendo mentalmente quello che era stato il -disastroso- pranzo al ristorante giapponese.
"Ho bisogno di una barretta di cioccolata fondente e di una Black Devil"
Appese il giaccone all'attaccapanni ed aprì la borsa, pronta per afferrare il pachetto di sigarette, ma il suo desiderio di affondare i dispiaceri nel fumo e nel cibo furono sventati dallo squillo del telefono di casa, a cui si trovò costretta a rispondere.
- Pronto? -
- Tesoro? Sono la mamma. Mi puoi fare un grandissimo favore? -
- Va bene. Dimmi - acconsentì, iniziando a giocherellare con il filo della cornetta, attorcigliandoselo intorno alla punta dell'indice come era solita fare da quando era più piccola. Si divertiva a farlo, e stranamente la rilassava.
Da piccola lo faceva principalmente perchè lo vedeva spessissimo fare nei film, e il vizio le era rimasto.
- Nel mio studio... c'è un fascicolo. C'è scritto sopra "caso Robbins". Prendimelo e mettilo sul tavolo in cucina, così quando passo lo prendo al volo - sentì sua madre soffocare, malamente, un'imprecazione molto colorita, segno che stava guidando ed era bloccata -molto probabilmente- nel traffico. Non era una novità.
- Levati dalla strada, cretino! La corsia mica è tutta tua! - la sentì ruggire inviperita, e Lyla dall'altro capo si ritrovò a scuotere la testa divertita.
Sua madre quando saliva in macchina diventava una bestia; come se fosse posseduta da qualche demone maligno, o qualcosa del genere.
- Ok, mamma. E' al solito posto? -
- Sì sì - la liquidò veloce, troppo presa dalla guida - Appena sono vicina a casa ti richiamo. Ciao, tesoro - e riattaccò senza darle nemmeno il tempo di ricambiare il saluto.
Lyla si era abituata; sua madre si comportava sempre così quando era in ritardo e fortemente sotto pressione.
Non era semplice per una giovane donna come Shannon, di appena 45 anni, riuscire a gestire egregiamente il lavoro d'avvocato e crescere, da sola, al meglio le due figlie (Lyla di 23 anni, e Marie di 7).
Più di una volta aveva rischiato di cedere sotto il peso di tutte quelle responsabilità, era davvero faticoso gestire tutto, ma Shannon si era promessa -gli aveva promesso- di farcela. Ne andava anche la sicurezza delle sue uniche figlie.


Lyla si trascinò, con passo lento e svogliato, fino al piccolo ufficio della madre. Una stanzetta dalle pareti color verde scuro, una libreria contenente una quantità di libri ben maggiore del suo limite, una scrivania in legno di ciliegio ben lucidata (e stranamente ordinata) e un piccolo archivietto in metallo grigio, posto in un angolo della stanza ben nascosto e poco illuminato.
Lyla odiava quel coso.
Nonostante i cassetti si bloccassero di continuo, sua madre si era sempre rifiutata di comprarne uno nuovo. Che cosa vedesse in quella ferraglia lo sapeva solo lei.
Il cassetto in cui l'avvocatessa teneva i casi più recenti era il secondo e, come di consuetudine, non si voleva decisamente aprire.
" Maledetta ferraglia! " pensò la corvina, mentre dava qualche strattone più deciso senza avere alcun risultato.
Strinse con più forza il manico in ferro, e diede un ulteriore strattone con maggiore forza.
Il problema fu che Lyla non calibrò bene la forza.
Infatti il cassetto non si era mosso di un millimetro, ma aveva rischiato di far cadere l'intero mobile. Per fortuna lo aveva bloccato prontamente con entrambe le mani, facendo però cadere così a terra tutti i fogli e quadernetti appoggiati sopra.
La ragazza soffocò malamente un'imprecazione, mentre si abbassava a raccogliere e sistemare quel disastro.
- Perchè mamma li molla sempre qui?  Non può metterli al loro posto ogni tanto? E poi ha il coraggio di dire che sono io quella disordinata -
Impilò ad uno ad uno tutti i fascicoli e, dopo averli riposti al loro posto, notò a terra una piccola lettera.
La busta, strappata su un lato, era di un giallognolo pergamena, priva di scritte e con un sigillo di cera rossa rotto sull'apertura.
" Sembra uscita da un film sul Rinascimento " pensò la ragazza, rigirandosela tra le mani.
" Che ci fa mia madre con una lettera del genere? Chi può averla mandata? "
Essendo l'esterno completamente anonimo, Lyla tirò fuori dalla parte strappata la lettera ripiegata tre volte su sè stessa con incredibile cura ed attenzione.
L'aprì ed iniziò a leggere.

" Mia amata Shannon,
la guerra è ormai giunta alla fine.
Tra pochi giorni verranno insieme a noi, a dare supporto in campo, alcuni branchi da est e da sud.
Ancora poco e potrò rivedere te, mia adorata, e le nostre preziose bambine. Non passa giorno in cui il mio pensiero non sia rivolto a voi. Da quando mi sono visto costretto ad andarmene e lasciarvi, seppur per il vostro bene, sento costantemente la vostra mancanza e un terribile vuoto che mi dilania il petto, giorno dopo giorno.
Dalla tua ultima lettera hai accennato al fatto che Marie non stesse molto bene. Spero vivamente che la sua salute sia migliorata, e non riguardi uno sviluppo improvviso della sua natura.
Sai perfettamente come la penso a riguardo allo sviluppo tardivo delle nostre figlie: più tempo ci impiegano, meglio è per loro. Davvero.
Lyla invece come sta? Inizia a dare qualche segno di cambiamento, anche lieve? Spero mi risponderai negativamente.
Al momento, siete più al sicuro a Washington, nascoste dalla maggior parte di quelli come noi, e più lentamente le piccole iniziano a svilupparsi meglio è.
Molto probabilmente nelle prossime settimane verrà Vieri a farti visita, per vedere come state e per valutare se la "zona" è ancora sicura.
Molti di loro, nonostante i combattimenti, riescono ad entrare in territorio americano superando i posti di controllo e ad insinuarsi nelle città più grandi, sotto il nostro naso.
Spero di ricevere al più presto tue notizie,
Ti amo e per sempre tuo
Cedric. "

Lyla lesse più e più volte quel nome, fino a credere di essere uscita completamente di senno e di avere le allucinazioni.
Non poteva essere vero, ma sapeva che non era uno scherzo di cattivo gusto.
Dentro di sè sentì un fortissimo gelo, e le parve di aver perso tutta l'aria che aveva nei polmoni tanto le facevano male.
Dai grandi occhi verdi iniziarono a scendere calde lacrime, che portavano via con sè il nero del trucco.
Lyla, in pieno stato di shock, riuscì a singhiozzare una sola parola:
- Papà -





Risposte ai commentini <3

CloveRavanclaw39:
Sono contenta che tu abbia trovato il capitolo carino, e mi dispiace che nemmeno in questo tu abbia trovato Lyla e Ciel (ritorneranno dal capitolo prossimo).
Grazie per aver lasciato un commento
- Harley


Artena:
Robert sta iniziando a cedere, piano piano. Diciamo che entrambe le storie avranno degli altri e dei bassi, soprattutto molto più avanti.
La storia verrà spiegata "meglio" più avanti, ma ti posso già dire che l'imprinting non è nessuna forza arcestrale che costringe due persone ad amarsi, è più un sesto senso che ti dice "Ohi, bello. Quella è la tua anima gemella, non fare cazzate". L'innamoramento, arriva dopo, quando i due iniziano a conoscersi e vedono che si trovano in sintonia.
Non ti posso dire che tipo di mostri sono i fratelli O'Konnor, sarebbe uno spoiler bello e buono, ma posso dirti che non sono licantropi. I licantropi ci sono, e appariranno; ma più avanti. Posso "anticiparti" che i fratelli O'Konnor hanno dei "contatti" (se così posso definirli) con questa tipologia di mostro, ma loro sono un'altra cosa.
In questa storia non è tutto come sembra (sono un po' cattiva da questo punto di vista, perchè vi faccio credere una cosa ma... in realtà è tutt'altra).
Ti ringrazio davvero tanto per aver lasciato un commentino alla storia
- Harley






Angolo della mente malata:
Lo so, lo so.
Il capitolo è corto, il capitolo è brutto, nel capitolo non succede niente di interessante e blah blah blah.
Con questa frase non voglio risultare sgarbata, maleducata, arrogante o altro, ma credetemi quando dico che sono veramente stanca. Sto portando avanti 4 storie diverse, contemporaneamente, nonostante tutti i miei problemi della vita di tutti i giorni, che come già detto in altri "angoli della mente malata" non sto ad elencare qui sul web (perchè, e qui scusatemi il francesismo, non sono cavoli vostri).
A volte penso " Dai Andre, le persone che ti seguono dopo tutto sono persone umane come te. Riusciranno sicuramente a capire! "
Beh, cari ragazzi e ragazze, dopo 4 anni che "scrivo" su internet mi sono resa conto che alle persone non frega un beaneamato cazzo se tu hai i tuoi cazzo di problemi e che non puoi stare dietro a persone che, nonostante tu provi a parlarci e a spiegarti, continuano ad andarti contro come se niente fosse.
Sarà... che ne so, l'undicesima volta che spreco un angolo dell'autore per parlare di cose di questo genere , e questa cosa mi manda seriamente in bestia.
Non voglio stare ogni volta  a scusarmi con persone a cui non frega niente delle mie scuse. Non ha senso.
Io amo scrivere, sul serio. E' l'unico mio momento, in tutto l'arco della giornata, in cui mi sento bene e in pace con me stessa, e non sto esagerando. Io amo sul serio scrivere le mie storielle, a prescindere se queste piacciano o meno. Ma non posso vivere con il pensiero costante, con la preoccupazione costante che il capitolo possa piacervi o meno, facendomi mille pare mentali e mille problemi.
Io impiego tutto il mio tempo libero scrivendo, perchè è parte di me, e sto seriamente male quando non lo faccio.
Voi non avete idea di quanto mi renda felice sapere, quando mi scrivete in privato o via commento, che la storia vi piaccia e che vi ritrovate coninvolte nella lettura. Davvero, non ne avete idea.
La cosa che mi dispiace di più sapete qual è? Che, nonostante tutto quello scritto fino ad adesso, in due leggeranno quello che ho scritto. Non sto scherzando. Due. Se non di meno.
E sapete come faccio a saperlo? Perchè lo capisco da come mi scrivete i commenti o i messaggi privati.
Ma non solo in questa storia; in TUTTE. Sia su EFP che su Wattpad. SEMPRE.
A 'sto punto, una persona intelligente mi direbbe: "Andrea cara, smettila di scrivere questi angoli. Tanto nessuno li legge. Perchè sprecare tempo, se tanto nessuno li legge?"
Ottima domanda! Forse sarà perchè ho ancora un briciolo di speranza e spero nell'intelligenza delle persone.
A me dispiace sul serio ragazzi ( rivolta a chi legge questi angoli e a chi è dotato di un minimo di intelletto) perchè vi siete dovuti subire tutta questa tiritera lunghissima, ma sono davvero queste le cose che mi fanno pensare "Ma chi cazzo me lo fa fare?"
La volete sapere un'altra cosa divertente?
A prescindere che sia su EFP o su Wattpad,via messaggio privato o commento, ci sarà la persona che mi scriverà, non avrà capito un cazzo di quello che ho scritto, e che si lamenterà del fatto che il capitolo è corto, è brutto e che le note dell'autore sono più lunghe del capitolo in sè. E' dal 2012 che mi succede, e purtroppo sarà sempre così.


Ci tengo comunque a ringraziare:
1 - Artena [Contatta]
2 - Desyree92[Contatta]
3 - elindor02[Contatta]
4 - fantasygirlblack96[Contatta]
5 - mekiki [Contatta]
6 - sil_1971 [Contatta]

che hanno messo la storia tra le seguite.
1 - CloveRavenclaw39
che ha messo la storia tra le ricordate.
1 - giglio16 [Contatta]
2 - ICE1984 [Contatta]
3 - Nakioto [Contatta]
4 - Saretta_27 [Contatta]

che hanno meso la storia tra le preferite.
Grazie, davvero.

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Capitolo 9
*** Confusione e biblioteca. ***


capitolo 9
Capitolo 9
Confusione e biblioteca.


Lyla si strinse nel cappotto color fragola, carcandovi un qualche conforto, mentre camminava a passo svelto sul marciapiede in cemento.
La notte prima non aveva chiuso occhio a causa della miriade di pensieri che le ronzavano in testa, regalandole una "deliziosa" emicrania che le trapanava le meningi.
Spinta da una forza misteriosa, aveva preso la decisione (se saggia o meno, non sapeva dirlo) di non fare parola alla madre della lettera che aveva trovato.
L'argomento "padre" era alquanto tabù tra di loro; Lyla non si ricordava neanche più quando fosse stata l'ultima volta in cui lo vide, suo padre.
Il volto di Cedric Fox giaceva sbiadito in un angolo buio ed isolato della sua mente.
Forse aveva sbagliato.
Forse avrebbe dovuto chiedere spiegazioni a sua madre, riguardo tutta la loro situazione familiare.
Perchè suo padre se ne era andato sette anni fa?
Perchè lei e sua sorella portavano, da sempre, il cognome della madre e non quello di loro padre?
Ma soprattutto... perchè diavolo sua madre era rimasta in contatto, epistolare, con il padre per tutti quegli anni, non facendone parola con loro?
Poteva capire mantenere il segreto con la piccola Marie, aveva solo 7 anni, ma con lei? Era più che maggiorenne. Aveva 23 anni, santissimi numi.
Incurante delle persone che la circondavano, Lyla si bloccò di colpo, facendo così borbottare alcune persone dietro di lei che per poco non le erano finite addosso.
Ponendosi domande su domande sapeva che non avrebbe mai risolto niente. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, e sapeva perfettamente a chi rivolgersi.


- Ho fatto il più velocemente possibile. Al telefono sembrava una cosa davvero grave, e guardando la tua faccia ora... sembra che c'ho visto giusto. -
- Non puoi immaginare quanto, Beki - mormorò Lyla, mentre stringeva tra le mani la tazza bianca di caffè nero.
Rebekka si sfilò il cappotto per sedersi davanti all'amica sulla poltroncina del Joe's Caffè, uno dei tanti caffè vicino allo loro università e luogo dove le aveva chiesto telefonicamente di incontrarsi.
- Si tratta del dottor Stranamore? Hai scoperto che è sposato? Che ha dei marmocchi? -
Scosse la testa. In quel momento Ciel O'Konnor era davvero l'ultimo dei suoi pensieri.
Alla risposta negativa della corvina, Beki la osservò confusa per poi incitarla a continuare.
- Riguarda mio padre -
L'espressione della texana mutò di colpo, diventato seria e rigida.
- Raccontami tutto -

Lyla si teneva la testa con entrambe le mani, con i gomiti ben piantati sul tavolino lucido e con i lunghi capelli corvini a coprirle il volto a mo' di tendina.
La posa esprimeva solo in parte quello che la ragazza provava dentro di sè; disperazione, confusione e tanta paura.
Al contrario il volto di Rebekka sembrava non trasmettere emozione alcuna.
La più completa apatia.
Era davvero rimasta sconvolta dalle parole dell'amica.
La texana sapeva quanto il discorso "padre" fosse un tasto fin troppo dolente per Lyla.
Cedric Fox, il padre di Lyla, era stata una figura paterna praticamente assente nella vita della loro famiglia.
Il lasso di tempo che passava a casa, con moglie e figli, era niente in confronto a quello che passava fuori per "lavoro".
"Lavoro" di cui Lyla sapeva poco e nulla.
Un giorno, una sera di sette anni fa, sparì di punto in bianco.
Lyla non si ricordava nemmeno più di suo padre.
Quell'uomo per lei non era nient'altro che una pallida figura che giaceva abbandonata in un angolo buio e freddo della sua mente.
Purtroppo si ricordava perfettamente il dolore, suo e di sua madre.
Shannon era sempre stata una donna forte, indipendente e sicura; ma la sera della scomparsa del marito, la sua maschera di forza e sicurezza cadde.
Shannon sapeva perfettamente le motivazioni che avevano costretto suo marito a lasciare la famiglia. Lei sapeva tutto, ma le figlie no.
Lyla e Marie non potevano minimamente immaginare cosa e chi avesse spinto il padre a partire.
- Dovresti parlare con tua madre - ruppe così il silenzio Rebekka, mentre osservava la corvina.
- Questa lettera era indirizzata a lei. Potrebbe, dovrebbe darti delle spiegazioni -
Lyla non rispose. Si tirò su e passò una mano tra i lunghi capelli neri.
- ... Ma non è quello che vuoi; se no l'avresti già fatto - continuò poco dopo Beki, facendosi sfuggire un sospiro dalle labbra.
La bionda texana aveva centrato il problema di Lyla.
Lei non voleva delle spiegazioni.
Lei non sapeva neanche cosa voleva, ma non poteva nemmeno far finta di non aver mai letto quella lettera; non ci sarebbe mai riuscita.
Suo padre aveva accennato ad una guerra al termine, a branchi e... trasformazioni. E il punto era che lei non voleva sapere, per paura.
Preferiva rimanere nella più completa ignoranza.
Ma così si sentiva una codarda, e Lyla non voleva esserlo.
Per nessuna ragione, tanto meno a causa di suo padre.
- Facciamo così - iniziò con calma la texana, attirando la sua attenzione - Tu adesso ci pensi, ci dormi su e fai passare un po' di tempo. Ora come ora sei troppo sconvolta dalla scoperta, non ragioneresti a mente lucida. Quando ti si saranno schiarite le idee deciderai se parlare o meno con Shannon -
Lyla annuì, trovando sensate e giuste le parole dell'amica.
Rifletterci su sembrava la scelta più saggia in quel momento.


Le due ragazze passarono il resto della mattinata ed il pranzo insieme.
Rebekka fece il possibile per non far pensare a Lyla alla lettera e a tutto quello che comportava; in parte ci riuscì. Anche la corvina fece del suo meglio per rilassarsi e passare un po' di tempo in serenità con la bionda.
Dopo il pranzo la texana fu costretta a lasciare l'amica per recarsi al negozio di famiglia per dare una mano.
Era da quando Rebekka era piccola che i genitori gestivano un piccolo alimentari nel sud della città; e di tanto in tanto la ragazza usava il suo tempo libero per aiutare i genitori con il loro negozio, o la nonna materna (che abitava più a est) con il suo negozio.
Lyla sapeva solo che la nonna di Rebekka era  molto eccentrica ed una grande collezionatrice d'oggetti rari e d'epoca; che tipo di negozio gestisse non lo sapeva proprio, e Beki ne faceva raramente parola.
La corvina invece decise di andare in biblioteca. Negli ultimi giorni non era riuscita a studiare al meglio, e se non voleva perdere la sua buona media doveva rimettersi in carreggiata.


Non appena entrò in biblioteca salutò di sfuggita la vecchia bibliotecaria, Stacy, con un cenno della mano e un caloroso sorriso, per poi occupare il suo solito posto; quello in fondo alla stanza, illuminato dalla grande vetrato che dava sul giardino davanti all'edificio.
Lyla appoggiò la sua tracolla sul tavolo ma, invece di aprirla per tirare fuori i libri, si guardò intorno.
Aveva una strana sensazione.
Non c'erano molte persone, oltre a lei e Stacy; saranno stati in 4-5 circa. Ma c'era qualcosa che non quadrava.
Se lo sentiva.
La risposta a quella strana sensazione non tardò ad arrivare, non appena -spinta da una forza misteriosa- si voltò alla sua sinistra.
Lì, tra gli scaffali della biblioteca, ritto in piedi intento a sfogliare un volume di medicina, vi era Ciel O'Konnor.


" Bene " pensò Lyla, con non poco sarcasmo " O lui è davvero Dottor Onnipresente, o sto davvero tanto sul culo al karma "
Come si era seduta, Lyla era già pront ad alzarsi ed andarsene, se non fosse stata fermata dalla sua voce; dalla voce di qualcuno che aveva sentito il suo odore e che possedava dei riflessi alquanto sviluppati.
- Lyla? - non appena si sentì chiamare da lui, la povera ragazza ebbe un tuffo al cuore.
Perchè Dio aveva donato una tale voce a Ciel O'Konnor? Oltre all'aspetto d'angelo, pure la voce?
- Ciao Ciel! - lo salutò lei nervosa, con un sorriso tirato, voltandosi verso di lui.
- Che bella sorpresa - commentò lui con un sorriso.
" Già... Bellissima " pensò la corvina.
- Come mai sei qua? - le chiese poi.
Lyla indicò la borsa ancora sul tavolo - Per studiare un po' - rimase vaga.
Ciel si fece scappare una risata - Già. Domanda un po' sciocca la mia. Stai bene? -
- Cosa? -
Lyla si sentì presa in contro piede.
Se stava bene? Non c'era la domanda di riserva?
- Ti ho chiesto se stai bene; ti vedo un po' strana -
La ragazza scosse la testa - Tutto bene - rispose frettolosamente. Fin troppo.
Ciel non era uno stupido. Lo leggeva negli occhi della corvina che c'era qualcosa che la turbava nel profondo.
Lo percepiva.
- Non sembrerebbe - commentò lui, facendo così sospirare la ragazza.
- E'... una storia molto lunga, e complicata. Soprattutto complicata - gemette quasi l'ultima parola.
- Ne vuoi parlare? -
Ciel si stava dimostrando molto comprensivo e disponibile, ma Lyla sapeva che non si poteva sbilanciare con lui.
Aveva una ragazza, per Dio.
Meno confidenza gli dava meglio era, per lei.
- Meglio di no - iniziò stroncando lì il discorso - Non dovresti essere con la tua ragazza? - chiese, con un pizzico di acidità, abbassando lo sguardo sulle sue mani.
Ciel sembrò cadere dalle nubi.
- Ragazza? - chiese confuso - Lyla? - la chiamò - Io non ho una ragazza -
Lo sguardo di lei ritornò fulmineo sul dottore.
Non aveva la ragazza? E chi diavolo era quella fotomodella al ristorante?
La sua confusione trasparì dall'espressione facciale della corvina.
- Ma, la ragazza che era con te? -
- Intendi al ristorante giapponese? -
Lyla annuì, e Ciel dovette combattere con l'istinto di farsi sfuggire una risata.
- Katia è mia sorella -
Lyla non si era mai sentita tanto in imbarazzo in tutta la sua vita, ed era lì lì per scavarsi una fossa dove nascondersi dagli occhi grigi di Ciel.
- Io... Oddio. Scusa - balbettò lei, con il viso rosso dalla vergogna - Che imbarazzo - commentò poco dopo, con un tono di voce leggermente più basso.
- Tranquilla, non ti devi sentire imbarazzata - cercò di rassicurarla Ciel - Se ti può far sentire meglio... io ho creduto che il ragazzo in tua compagnia fosse il tuo ragazzo - le confidò con un sorriso imbarazzato.
Lyla alzò lo sguardo per incrociare gli occhi grigi di Ciel.
Si osservarono per alcuni secondi, occhi negli occhi, per poi scoppiare a ridere ed essere ripresi dalla povera Stacy, che li osservava da dietro il bancone con un mezzo sorriso dipinto sul volto.
Alla fine Lyla si risedette al tavolo della biblioteca, insieme a Ciel.
Parlarono a bassa voce per un'oretta buona, e la ragazza era felicissima di essersi sbagliata.
Ciel le parlò molto dei suoi fratelli, Katia ed Alberich, ma non toccò mai il discorso "genitori".
Quello, purtroppo, era un tasto dolente per entrambi.
- Senti, Lyla... ti andrebbe di uscire a cena con me, questa sera? Conosco un posto dove fanno della carne alla griglia favolosa - le disse Ciel non appena uscirono dalla biblioteca.
Un appuntamento.
Un vero appuntamento. Senza svenimenti (forse) o qual'altro.
- Sì, mi farebbe molto piacere - rispose sincera, con un sorriso.
- Grande! - esclamò lui raggiante - Passo da te per le 8:00, va bene? - chiese in aggiunta.
Lei annuì.
Uscire con lui le avrebbe fatto più che bene, e di sicuro quella sera non avrebbe pensato alla lettera e a suo padre.

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Capitolo 10
*** Un vero primo appuntamento. ***


capitolo 10
Capitolo 10
Un vero primo appuntamento.


Non appena Lyla ritornò a casa convocò una riunione d'emergenza con Robert e Rebekka.
Necessitava del loro aiuto.
Nel giro di 10 minuti scarsi entrambi i suoi migliori amici erano seduti sul letto di camera sua.
- Esponi il problema - parlò Roberto.
- Appuntamento. Questa sera. Con Ciel O'Konnor - elencò rapidamente.
Il ragazzo sgranò gli occhi, sorpreso, e Rebekka fece altrettanto. I due si lanciarono uno sguardo d'intesa, per poi voltarsi verso la corvina davanti a loro.
- Io mi occupo dei vestiti, Beki i capelli -
L'ampio sorriso sornione di Robert inquietò non poco la povera Lyla.


Un'ora e mezza dopo, Lyla era seduta sul suo letto.
Mancava poco più di mezz'ora all'appuntamento con Ciel, e lei era rimasta sola con Robert. Beki era dovuta tornare a casa, mentre il castano non avendo nulla da fare aveva deciso di rimanere con la sua amica.
Robert raccontò per bene a Lyla cosa era successo con Alberich qualche giorno prima, e del bacio. Soprattutto del bacio.
- Lo hai baciato, davvero? - chiese sconvolta la ragazza.
- - gemette Rob, mettendosi le mani tra i capelli - Non so cosa diavolo mi sia preso... ma l'ho baciato io. Io ho baciato di mia spontanea volontà l'orso-tattoo -
Era la prima volta, da quando Lyla aveva memoria, che Robby faceva il primo passo con un ragazzo.
Non lo aveva mai fatto prima. Nemmeno con i ragazzi a cui sbavava dietro da anni.
Certo, capitava spesso che lui ci provasse spudoratamente con qualcuno, ma non li baciava mai per primo.
Invece con Alberich è stato diverso.
Dopo il bacio, Robby raccontò a Lyla di essere scappato a gambe levate.
In perfetto stile "Beep Beep", con tanto di nuvoletta di fumo.
Era da quel giorno che il ricordo di quello fatto tormentava il povero Robert. Il suo pensiero finiva sempre lì, sulla morbidezza delle labbra di Alberich.
Parlare con Lyla lo aiutò un poco a buttare fuori alcune delle cose che teneva dentro.
- È meglio se ti lascio, Lyla - disse Robert, alzandosi dal letto della corvina - Tra non molto arriverà il tuo dottore, ed è meglio se io non sia presente al suo arrivo. Mi raccomando: domani voglio una descrizione dettagliata - rise facendole un occhiolino. Lyla rise di rimando ed accompagnò il ragazzo fino alla porta.

Alle 8 spaccate sentì il campanello di casa suonare, e si precipitò a prendere cappotto e borsetta per uscire.
Quella sera Lyla indossava un vestitino nero elesticizzato, ben stretto sul seno formoso e morbido lungo la gonna che arrivava poco sopra il ginocchio, con dei motivi floreali blu elettrico, delle calze color fumo sotto e degli stivaletti neri con 10 cm di tacco.
Ciel era esattamente davanti alla scalinata che portava alla porta d'ingresso, appoggiato alla sua macchina.
Lyla non era mai stata una grandissima intenditrice di autovetture, e le uniche cose che riuscì a capire della vettura del dottore erano che fosse di una casa straniera (europea forse) e che era di un bel blu scuro metallizzato.
- Sei bellissima - il commento dell'uomo la fece, vistosamente, arrossire.
- Grazie! Anche tu - balbettò Lyla.
Ciel, da vero gentiluomo qual'era, aprì la portiera della corvina facendola accomodare prima di mettersi al posto del guidatore.
Il viaggio fu molto breve, ed i due si ritrovarono davanti ad un ristorantino nel centro.
Lyla osservò curiosa l'esterno del locale: ampie vetrate, una bella insegna al neon e due piccoli cespugli ai lati dell'ingresso.
A prima vista sembrava un posto davvero molto carino.
Niente di troppo lussuoso o eccessivo. Una giusta via di mezzo; come piaceva a lei.
L'interno non era da meno: luci calde, tavoli rotondi ben apparecchiati e un clima accogliente.
Uno dei camerieri li fece accomodare ad uno dei tavoli sotto l'ampia finestra e, dopo aver lasciato loro i menù, li lasciò soli.
- Allora... come ti sembra? Il posto, intendo - le chiese curioso Ciel.
- È molto carino e confortevole. Mi piace - sorrise Lyla ed il corvino si sentì sollevato.
Voleva che quell'appuntamento fosse a dir poco perfetto. Ci teneva molto
Voleva che tutto fosse perfetto con lei.
Tutto.


- Non ci posso credere! - esclamò meravigliato Ciel - Anche a te piace Dylan Dog? È incredibile - continuò piacevolmente sorpreso.
Più parlavano più sia Ciel che Lyla si rendevano conto di avere davvero tantissime cose in comune.
- Sei la prima persona che incontro che lo conosce e lo apprezza come me. Qui non è molto conosciuto come fumetto - riflettè ad alta voce Lyla.
Ciel era sempre più affascinato dalla ragazza seduta davanti a lui.
Bella, intelligente, colta e amante della fumetti come lui.
Cosa poteva chiedere di più dalla vita?
- Ci manca solo che i tuoi autori preferiti siano Poe ed Oscar Wilde, ed abbiamo veramente quasi tutto in comune - ridacchiò Lyla, sorseggiando un po' di vino rosso.
Il silenzio che seguì la sua uscita la lasciò un attimo spaesata.
Non poteva essere.
Alzò lo sguardo e notando gli occhi leggermente sgranati di Ciel, ebbe una conferma.
- Non ci posso credere! Sono davvero i tuoi autori preferiti? - trillò allegra e, all'ulteriore conferma dell'uomo, sorrise ancora più allegra.
Era il primo uomo, in assoluto, che Lyla avesse mai conosciuto a cui piacessero i suoi stesi autori.
" Sembriamo praticamente anime gemelle "
Ma Lyla non sapeva quanto fossero vere quelle parole, pensate con tanta leggerezza.


Il resto della cena passò tranquilla, tra una chiacchera ed una risata. Lyla stava magnificamente in compagnia di Ciel; e lo stesso valeva per lui.
Avevano una sintonia, una alchimia, a dir poco perfetta.
" Chi sa... " pensò osservando di nascosto Ciel, intento a pagare il conto "Forse è davvero quello giusto"

- Ti va di fare una passeggiata? -
Alla richiesta del dottore, Lyla accettò subito.
Passaggiare con Ciel, lungo la via illuminata del centro, mano nella mano, le sembrava un'idea magnifica.
Lyla sentiva il cuore martellarle nel petto. Era così agitata che non si accorse di essersi bloccata finchè Ciel non le chiese - Tutto bene? -
Lyla annuì - Sì sì, tutto bene - si affrettò a rispondere.
Come le aveva sempre ripetuto Beki quello era il suo momento di agire. Non doveva farselo sfuggire.
- Questo appuntamento è stato veramente perfetto, Ciel. Non mi sono mai sentita così bene... con nessuno, prima do'ora. Mai -
Le parole della sua compagna lo riempirono di gioia.
Ma mai come quelle che seguirono.
- Ciel... - Lyla prese un bel respiro, prima di sganciare la bomba - Credo di essermi innamorata di te -
Il fiato gli si mozzò.. Lyla non poteva immaginare quanto tempo avesse aspettato il corvino prima di sentire quelle parole.
Agì di scatto.
L'abbracciò e la sollevò qualche centimetro da terra, tra le risate della corvina.
- Mi hai appena fatto l'uomo più felice dell'universo, Lyla. Non puoi nemmeno immaginarlo! -
Gli occhi di Ciel brillavano di gioia ed euforia.
Il suo sorriso era qualcosa di illegale, a detta di Lyla; lei lo trovava come sempre bellissimo.
Anche lei agì di scatto, seguendo le sue emozioni e il suo istinto.
Si alzò sulla punte, per avvicinarsi al viso dell'uomo, e posò delicatamente le labbra contro le sue.
Finalmente Lyla Moore stava baciando Ciel O'Konnor.
Era ora.






Angolo della mente malata:
Sto fangirlizzando da 15 minuti buoni <3
Sì, io fangirlizzo sulle mie coppie.
Buon salve miei deliziosi biscottini al mango :3 Come state?
Finalmente, dopo 10 capitoli, abbiamo un'evoluzione nel rapporto tra Ciel e Lyla! Festeggiamo.
Ma attenzione: dopo i momenti super pucciosi e love love, arrivano quelli brutti... Sono una persona orribile. MUAHAHAHAHA. *risata malefica*
Vi anticipo un paio di cosette per i prossimi capitoli. Il prossimo capitolo, che non sarà molto lungo e chiedo già perdono per questo in anticipo (non posso fare molto, questi capitoli li ho scritti qualche mesa fa, non posso allungarli più di tanto! Considerate che adesso sto scrivendo in brutta il capitolo 22 e fatevi qualche calcolo) sarà concentrato anche su un personaggio già introdotto dai primi capitoli della storia, ma che non ha ancora avuto molto spazio per sè (Vediamo se indovinate ;) ).
In quello dopo invece, nel capitolo 12, apparirà un nuovo personaggio <3 (Sì, mi piacciono molto i nuovi personaggi <3 ); ed è un personaggio che per ora è stato solamente nominato. (Questo secondo me è più difficile da indovinare)
Che altro posso dirvi? Spero con tutto il cuoricino che il capitolo vi sia piaciuto, ed io ritorno dai miei Pantera (<3 <3)
un bacino zuccheroso
- Harley ;*


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Vi lovvo tanto <3 <3


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Capitolo 11
*** Come me. ***


capitolo 11
Capitolo 11
Come me.


Lyla si sentiva come avvolta in una delicata e soffice nuvoletta vaporosa.
Il bacio, che era partito in maniera molto casta, si era evoluto in qualcosa che di "casto" non aveva proprio nulla.
In un primo momento Ciel era rimasto congelato sul posto. Non si sarebbe mai aspettato che sarebbe stata proprio Lyla a fare il primo passo, ma non ne era minimamente dispiaciuto. Tutt'altro.
Non appena aveva realizzato la situazione, si era buttato (o meglio avventato) con voracità sulle labbra della ragazza che stringeva con possessività.
I due furono costretti a separarsi solo per non dare troppo spettacolo.
Non era molto tardi, e c'erano ancora molte persone che passaggiavano per il centro.
Il cuore di Lyla pompava sangue all'impazzata e sentiva le gote bruciarle, per quanto erano colorite.
Ora sì che tutto era veramente perfetto.


La mattina seguente Lyla sembrava camminare da un metro da terra, da quanto era felice. Sembrava una quindicenne alla prima cotta.
- Lyla, tesoro. Va tutto bene? - le chiese la madre, non appena si sedette per fare colazione.
- Certo, mami - rispose lei, con il classico sorriso da ebete innamorata e l'aria sognante, mentre mescolava con il cucchiaio i suoi cereali e latte.
Shannon non era molto sicura della cosa.
Aveva visto sua figlia "innamorata" diverse volte, ma mai in quella maniera.
Conosceva sua figlia; non si faceva mai prendere così tanto da una relazione.
Tendeva a mettere sempre una leggera barriera tra lei e i suoi "morosi"; una sorta di protezione, per entrambi.
In questo si rispecchiava completamente in sua figlia.
Anche lei era così una volta; soprattutto all'età di sua figlia.
Anche lei tendeva a tenere una certa distanza con i ragazzi che frequentava.
Solo con uno non ci era riuscita...
Shannon ebbe un sussulto pensandoci.
Che fosse...
Con la scusa di dover mettere via la tazza sporca dal residuo di caffè, osservò meglio la figlia.
Sembrava totalmente persa in un mondo totalmente suo.
" No. Non può essere " pensò allarmata la donna, portandosi una mano alla fronte.
Era giunto il fatidico momento; un momento che l'avocatessa sperava sarebbe arrivato il più tardi possibile.
- Tesoro, vado ad accompagnare Marie a scuola. Ci vediamo questa sera - la salutò la madre, con un bacio sulla guancia, prendendo al volo la propria ventiquattrore e la giacca.
Lyla ricambiò il saluto e riprese a mangiare, mentre sua sorella e la madre uscivano di casa.
- Mamma, stai bene? - chiese timidamente la bambina, osservando la genitrice dallo specchietto retrovisore, con i propri occhioni verdi.
Shannon sorrise alla piccola, cercando di non far trapelare la miriade di emozioni che provava dentro di sè.
- Certo, cucciola. La mamma sta benone; è solo un po' di stanchezza - rispose mettendo in moto verso la scuola della piccola.
Marie aveva sempre dimostrato, fin dalla tenera età, un'incredibile capacità nel capire quando una persona le mentiva o meno.
Sapeva che la madre le stava dicendo una bugia; lo sentiva.
- Sei sicura, mamma? - continuò a chiedere la piccola bionda, non tanto convinta.
- Sicurissima, tesoro -
Per fortuna di Shannon arrivarono velocemente alla scuola, impedendo così alla piccola di casa Moore di fare ulteriori domande.
La donna aspettò di vedere la figlia varcare l'ingresso dell'edificio, prima di prendere il telefono dalla borsa e fare quel numero.
Il numero riservato solamente a casi come quelli.
" Rispondi, cazzo " pensò agitata, tamburellando le unghie laccate contro il volante.
- Pronto? -
Sentire la sua voce, calda ed accogliente, le diede enorme sollievo.
- Sono Shannon. Abbiamo un problema - disse velocemente, portandosi i capelli all'indietro con la mano e mordicchiando l'unghia del pollice, come era solita fare quando pensava o era estremamente nervosa.
- Che è successo? - chiese preoccupata la voce.
- Riguarda Lyla... -
Shannon potè chiaramente sentire attraverso la cornetta del telefono, il suono di una sedia che veniva spostata e il rumore di qualcuno che si era appena alzato.
- Vi hanno trovate? - chiese ancora la voce, più preoccupata di prima.
- No, cielo. No - rispose la donna.
- Allora cosa? -
Shannon non sapeva come dirlo nella maniera più carina possibile, ma non aveva tempo.
Doveva sganciare la bomba.
- Lyla ha avuto l'imprinting -






Angolo della mente malata:
Dam dam DAAAAAM!
Se ve lo stavate chiedendo, questa doveva essere una musica d'effetto... più o meno.
Buon salve miei Lords and Ladies, come state?
Lo so. Il capitolo è corto. Lo so.
Ero indecisa se pubblicarlo da solo, o fare il doppio aggiornamento più avanti; alla fine ho deciso di pubblicarlo da solo, e il prossimo uscirà quando dovrà uscire (?).
Ora frenate i cricetini impazziti nelle vostre testoline e aspettate prima di tirare fuori ipotesi su ipotesi. Fatemi prima dire una cosa: NON E' TUTTO COME SEMBRA.
Se pensate che Lyla sia una cosa, state pur certi che nel 98% dei casi non è quella cosa; e lo stesso vale per Ciel, Alb e compagnia bella.
È una mia "caratteristica" mischiare cose, fare cose assurde e leggermente fuori dall'ordinario.
Ho creato una storia in cui una sirena, una ragazza coniglio e un demone lupo si fidanzano con tre vampiri... Posso davvero scrivere di tutto (e non avete idea di cosa la mia mente sia capace di partorire o scrivere ogni giorno).
Forse ho qualche problema... Non so perchè, ma ho questa sensazione. Eppure durante il giorno sono una persona molto tranquilla e pacifica.
Tornando a noi... Shannon è il personaggio misterioso che ho nominato nello scorso "Angolo della mente malata". Vi anticipo già che lei sarà un personaggio molto importante per la storia, poichè numerosi misteri partiranno (o sono già partiti) da lei. Se vi state chiedendo chi sia l'uomo della telefonata, mi dispiace dirvi che lo scoprirete solo dopo un bel po' di capitoli (questo personaggio apparirà nel capitolo 22 e non è facile nemmeno lui da indovinare poichè è stato nominato UNA sola volta in tutta la storia fino ad adesso).
Cos'altro posso dirvi? Ah, sì. Qualcosina sul prossimo capitolino, ma... questa volta sarò molto stronza, perchè vi dirò solo il titolo del capitolo (lo so, già sto percependo l'odio nei miei confronti; ma io vi voglio tanto bene <3 )
ORSO N° 2.
E con questo ho detto tutto. Potete liberare i vostri piccoli Hamtaro.
Io vi saluto
vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*


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Capitolo 12
*** Orso n°2. ***


capitolo 12
Capitolo 12
Orso n° 2.


Robert era al settimo cielo per l'amica. Finalmente Lyla stava avendo tutta la felicità che meritava.
Gli aveva raccontato, davanti ad una tazza di cappuccino fumante, come si era svolto l'appuntamento con il dottorino e soprattutto come si era evoluto.
- Te lo posso assicurare, Robby: non mi sono mai sentita così, prima d'ora, con nessuno. È... Bellissimo! - esclamò la ragazza, con un sorriso che avrebbe fatto invidia persino allo Stregatto de "Alice nel paese delle Meraviglie".
- Si chiama amore, sciocchina - ridacchiò Robert, appoggiando la tazza in ceramica semipiena sul piano.
- Sono davvero felice per te, Lyla - le confidò il migliore amico, con un sorriso sincero.
- Te, invece? - gli chiese lei, dopo essersi resa conto di non aver fatto altro che parlare di lei da quando si erano seduti lì.
Al momento non avevano parlato per niente di Robert, e Lyla non voleva focalizzare tutta l'attenzione su di sè; non le sembrava giusto.
- Niente di niente... purtroppo - rispose, con una scrollata di spalle, poco prima di appoggiare la testa sul palmo della mano destra.
Se per fortuna, o meno, Robert non aveva più rivisto Alberich, e si sentiva... strano.
Non sapeva nemmeno lui cosa gli stesse capitando; sembrava non essere più padrone del suo corpo.
Non riusciva più a dormire la notte, e si sentiva stranamente irrequieto; sempre.
Non riusciva davvero a capire cosa gli stesse succedendo.
Inoltre nelle poche ore in riusciva, miracolosamente, a chiudere occhio, i suoi sogni venivano monopolizzati dall'orso-tattoo.
I suoi nervi, e soprattutto i suoi ormoni, non avrebbero resistito ancora per molto. Su questo ne era più che sicuro, purtroppo.
Quando Robert riportò la sua attenzione sulla corvina seduta davanti a lui, notò una strana espressione fare capolinio sul suo volto.
- Penso che sia davvero una qualità di famiglia... l'essere onnipresenti, intendo - affermò Lyla, tenendo lo sguardo ben fisso su un punto oltre le spalle del castano.
"Eh, no! No. No. E assolutamente NO!" pensò inpanicato lui, voltandosi qual tanto che bastava per riconoscere la chioma corvina di Alberich, in compagnia di un altro uomo.
Robert si ritrovò a fissare con stupore e leggero astio l'altro corvino, seduto al fianco del suo orso-tattoo.
"E adesso chi minchia è QUELLO?" pensò, nero.
A livello di stanca, lo sconosciuto era grosso quanto Alberich con dei lunghi capelli scurissimi, leggermente mossi, che gli ricadevano sulla spalle ed uno strato di barba, leggermente più folta rispetto a quella dell'altro.
"Un altro orso" pensò Robert.
Lui, in confronto ad orso numero due, sembrava davvero un ragazzino: corporatura esile, barba inesistente e capelli corti castani.
Sembrava appena uscito dalle superiori.
- Ehi, Rob - lo chiamò Lyla, facendolo così uscire dal suo strano stato di trance.
- Stai bene? Vuoi che ce ne andiamo? - gli chiese preoccupata la ragazza, notando la sua espressione afflitta e lo stato d'animo colato a picco.
Robert scosse la testa deciso, accendendosi magicamente.
L'orso-tattoo avrebbe avuto pane per i suoi denti.
Afferrata la tazza ed ingurgitato il liquido restante al suo interno di colpo, sotto lo sguardo sempre più confuso della ragazza, sul volto di Robert si dipinse un sorriso diabolico e si affrettò ad andate al bancone.
Esattamente nel punto più vicino a dove erano seduti Alberich e il suo amico Tom.


- Mi stai dicendo che non lo hai più avvicinato da allora? E perchè mai, Alb? Non è nel tuo stile, amico! - Tom fissava confuso il suo migliore amico.
Conosceva Alberich da quando erano due mocciosi, che passavano le loro giornate rubacchiando più biscotti possibili dalle loro dispense senza mai farsi beccare dai genitori.
Lo conosceva bene quasi quanto i suoi stessi fratelli di sangue; e nonostante ciò gli risultava oscuro il motivo per il quale aveva agito in quella maniera.
Alberich paziente? Non diciamo stronzate.
Il giorno in cui un O'Konnor fosse diventato paziente, si sarebbe verificata la tanto attesa e temuta Apocalisse; con tanto di zombie usciti di senno e i cavalieri della morte, o stronzate simili.
- Lo so, cazzo! Non so nemmeno io cosa mi prenda. Ma so che non lo voglio forzare. È umano, ed è fragile; sia a livello mentale che di corpo. Non posso permettermi di fargli troppe pressioni, o ne soffrirebbe anche lui. Non può ancora capire cosa succede, in questi casi, a dei predatori come noi. È tutto troppo complicato, per qualcuno che non appartiene al nostro mondo -
Alberich si portò entrambe le mani, ricoperte di tatuaggi, alla testa con fare esasperato. Ancora poco e sarebbe definitivamente scoppiato.
- Per questo ti limiti solo a controllarlo da lontano quando puoi e controlli, ossessivamente, il suo profilo Facebook? - chiese candidamente Tom, dando un veloce sorso al suo bicchiere di succo d'arancia.
Il corvino arrossì di botto in volto - Non è vero che controllo ossessivamente il suo Facebook! - ribattè lui, facendo ridacchiare l'amico.
- Ma se ti becco di continuo a controllare quello che posta e le foto che pubblica! - gli fece notare quasi subito, con un sorrisetto sornione dipinto in volto.
Alberich, sconfitto, alzò entrambe le mani in segno di resa.
- Ok. Ok. Forse l'ho fatto... ma devo assicurarmi che non ci siano altri che gli ronzino intorno - si difese il tatuato, prontamente.
Tom scosse divertito la testa  - Sei proprio cotto, amico. Proprio partito. Se trovare la propria anima gemella ci rende così cotti e mezzi rincoglioniti, ho paura per il giorno in cui incontrerò la mia - scherzò lui, coinvolgendo nella sua risata anche Alberich.
Tom aveva ragione: era davvero cotto perso, e ne era felice.
Finalmente, dopo anni di sofferenze e sacrifici, e nonostante il momento buio che loro tutti stavano passando, aveva trovato uno scorcio di felicità.
Ripensare poi al bacio che si erano scambiati lui e il suo futuro compagno, gli incendiava il sangue nelle vene.
Non appena si era ritrovato le labbra di Robert attaccate alle sue, aveva agito d'istinto ed aveva approfondito il bacio. In quel momento Alberich era davvero pronto ad aprire la porta, portarlo di sopra nel suo appartamento e farlo suo; anche sul pavimento in legno del suo salotto, se necessario.
Purtroppo i suoi piani d'azione svanirono nel nulla, nell'esatto momento in cui Robert si staccò da lui e fuggì via con la velocità e l'eleganza pari a quella di una gazzella, che fugge da un leone affamato.
Sorrise divertito al solo ricordo.
Quel ragazzo gli avrebbe dato non pochi grattacapi.
- Senti Alb... - iniziò leggermente titubante Tom - Il tuo compagno è quello che mi hai fatto vedere in foto, giusto? Quello magrolino, con i capelli caastani e il resto -
Alberich, confuso, osservò l'amico perplesso - Sì... perchè? - chiese infine.
Il corvino si limitò ad alzare un dito e mormorare un - Allora quello che starai per vedere non ti piacerà per niente -


Robert conosceva dai tempi del liceo uno dei camerieri di quel locale, un tale di nome Jessie. Quest'ultimo aveva fatto una corte spietata al povero castano; una corte durata per due anni, fino a qualche mese fa quando Jessie si era finalmente deciso a mollare la spugna.
Non che Jessie fosse un ragazzo spiacevole, assolutamente. Era un ragazzo molto carino e simpatico, dai vispi riccioli biondi e gli occhi neri. L'unico problema era che Robert non provava alcun tipo di interesse nei suoi confronti, o almeno non del tipo che sperava il biondo.
- Ehi, Jessie! Come va? - lo salutò Rob, appoggiandosi al bancone, dove il biondo stava preparando dei caffè, e sfoggiando il suo miglior sorriso da crepacuore.
Una sorta di "Sguardo che conquista"(1).
- Ehi, Robbie! Tutto bene, te? È da un po' che non ci si vede - ricambiò lui il sorriso, consegnando l'ordinazione ad una sua collega ed appoggiando entrambe le mani sul piano.
- Adesso molto meglio - sorrise ancora, e per poco Jessie non cadde a terra dalla sorpresa.
Si era forse perso qualcosa? Perchè da quello che gli sembrava Robert, quel Robert Knight, ci stava provando con lui.
Forse stava lavorando troppo in quel periodo, e il suo cervello gli stava giocando un brutto tiro mancino.
Se fosse stato per il castano, Robert avrebbe continuato con il suo piano malefico di pura sadica vendetta se un certo omnoe non fosse intervenuto, afferrandolo saldamente per il braccio e trascinandolo via.
Portato fuori dal locale, Alberich girò l'angolo del bar e spinse contro il muro di mattoni il povero, ed infastidito, Rob.
- Che diavolo vuoi? - gli ringhiò Robert, assottigliando lo sguardo e massaggiandosi il braccio dolorante.
- Cosa voglio? - ringhiò altrettanto Alberich, alzando il tono di voce ed avvicinando il proprio corpo a quello del castano - Spero vivamente che tu stia scherzando Robert, perchè quello che stava succedendo lì dentro... - ed indicò con il pollice l'angolo alle sue spalle - Non mi stava piacendo proprio per niente -
Preso da una strana forza, il castano alzò lo sguardo verso gli occhi azzurro/grigio del corvino con evidente aria di sfida - E cosa stava succedendo lì dentro? - chiese, a mento alto e trattenendo il respiro.
Forse Robert soffriva di forti istinti suicidi; molto probabile.
- Il ragazzo che mi piace - e non disse "innamorato" per non turbarlo, nonostante la rabbia cieca - Ci stava provando con un broccolo biondo davanti al sottoscritto, come se non ci fossi - la parola "broccolo" la sputò quasi con maggiore rabbia e Robert se ne accorse, ma stranamente non fece alcun commento a riguardo.
- Senti un po' orso-tattoo, prima di fare la scenata isterica da fidanzatina psicopatica, fatti un bel esame di coscienza! Non sono io quello che stava uscendo a colazione con un altro - anche Robert si ritrovò ad alzaare notevolmente la voce e a gonfiare il petto per carcare di contrastare, seppur debolmente, la grandezza del corvino.
"Ma a questo nel biberon gli mettevano già gli steroidi?"
Le parole di Robert lo scossero un poco, e alla fine capì a chi si riferisse - Se parli di Tom, lui è il mio migliore amico ed è pure etero! - lo informò, pur non perdendo la propria arrabbiatura.
Il castano rimase fermo, leggermente rosso in volto ancora per la rabbia e le guance leggermente gonfie, come un bambino piccolo.
Lentamente il ragazzo sembrò sgonfiarsi, ma nemmeno a lui sembrava essere passata la rabbia.
- Chi mi assicura che tra orso numero due e te non ci sia del tenero? - chiese mentre incrociava le braccia al petto.
- Lo stesso che assicura a me che tra te e il broccolo biondo non c'è del tenero - rispose Alberich, copiando la posa del ragazzo davanti a lui.
Su una cosa si poteve essere certi: entrambi erno dei grandissimi testoni.
Alla fine, dopo essersi rilassato un poco, Robert si passò una mano sul viso stanco.
- Tutto questo non ha alcun senso logico! - borbottò, con fare esasperato, Robert sull'orlo di una crisi di nervi.
- Tutto cosa? - gli chiese curioso Alberich.
Il ragazzo indicò entrambi e tutto quello che lo circondava.
- Noi, questa situazione... tutto. Non è umanamente possibile che appari tu dal nulla, insieme ai tuoi chili e chili di muscoli tonici e perfetti, e sconvolgi così la mia vita, rivoltandola come se fosse una calzino, e far fint che sia tutto normale. Non è tutto normale, Cristo! - si sfogò il castano, parlando come una macchinetta impazziata.
Aveva persino il fiatone.
Alberich lo poteva perfettamente capire; anche lui provava la stessa confusione interiore, ma almeno lui sapeva come spiegarla mentre Robert no. Toccava a lui aiutarlo a non uscire completamente di senno.
- Posso perfettamente comprendere come ti senti, Robert. Sei agitato, non riesci più a dormire, continui e ricontinui a ripensare al bacio dell'altro giorno e quando hai pensato che ci fosse un possibile rivale, hai sentito la gelosia corroderti il fegato e le membra, impedendoti di agire con razionalità e di fare d'istinto. Tutto questo lo so, perchè è lo stesso che capitando a me con te -
Robert rimase colpito da quella piccola confessione, e gli fece comprendere di non essere il solo ad avere tutta quella confusione interiore. Anche Alberich provava le stesse cose che provava lui, in ugual misura.
- Che ne dici di cancellare tutto quello che è successo poco fa e ripartire da capo? - gli chiese, con un sorriso tenero dipinto in volto.
Non avendo tanto da perdere, se non la propria sanità mentale, accettò ricambiando il sorriso dell'orso-tattoo e stringendogli la mano, in accordo silenzioso.
Tenendo ben stretta la mano del ragazzo, il sorriso tenero di Alberich mutò in un ghigno malizioso.
- Ora me lo dai un altro bacio? - gli chiese, con fare impudente e provocatorio, facendo arrossire di vergogna il povero Robert.
- N-Non ci penso nemmeno, stupido orso-tattoo - balbettò, con il viso in fiamme, cercando di liberarsi la mano, dalla presa ferrea dell'altro, con uno strattone; inutilmente, per ovvie ragioni.
- Ma come? L'altra volta non sembravi pensarla alla medesima maniera - si lamentò il corvino, gonfiando le guance con fare infantile.
In una situazione normale, Robert avrebbe riso di quella reazione; invece si limitò a guardarlo ancora più male, rispetto a prima.
- L'altra volta era un'altra situazione! - rispose frettolosamente, ancora in imbarazzo, prima di dare un altro strattone al braccio intrappolato - E mollami, disgraziato! -
Con l'arrabbiatura era emerso anche il lato da "vecchietta isterica" di Rob, ed Alberich soffocò una risata; sia per il tono con cui pronunciò tali parole, sia per il dolce tentativo di ribellarsi.
Era impossibile per Alberich non vedere Robert come un tenero pulcino, che strepitava e beccava, arruffandosi le piume.
- Ti lascio andare se questa sera esci con me - il sorriso diabolico di Alberich, nascosto da uno radioso, fece impallidire come un lenzuolo il povero castano.
"Quest'uomo è più diabolico di quello che da a vedere" pensò sconvolto.
Alla fine, cedette. Se rivoleva indietro il suo braccio, con Alberich era costretto ad accettare la proposta.
- Va bene. Esco con te questa sera... ma ora mollami il braccio - acconsentì Robert e l'orso-tattoo, dopo averlo liberato, gli sorrise raggiante.
- Allora oggi pomeriggio ti chiamo per metterci d'accordo sull'appuntamento - Robert ebbe un sussulto - Verso a che ora ti posso chiamare? - domandò infine, sfoggiando un ampio sorriso vittorioso.
Stranamente Robert sentiva di avergliela data vinta troppo facilmente.
Aggrottò le sopracciglia e, massaggiandosi il braccio liberato, fece una smorfia infastidita, prima di rispondere - A nessuna ora! - e fece per allontanarsi.
Alberich sorrise, ed iniziò a seguire il suo pulcino arrabbiato.
- Ti va bene per le 5:00, o preferisci le 5:30? - chiese.
- Nessuno dei due! Non mi chiamare proprio! - ribattè isterico, continuando a camminare per rientrare nel locale e raggiungere Lyla.
Il sorriso del corvino non si spense minimante - Vada per le 5:30 -



NOTE:
(1): Se avete colto la citazione a "Rapunzel" siete delle belle persone ed avete vinto un biscotto immaginario! :3








Risposte ai commentini <3

CloveRavenclaw39:
Sì, la piccola Marie è mooolto più intelligente di quello che sembra ;) è più furba di tutti i personaggi messi insieme (e non scherzo).
I lupi mannari ci sono in questa storia, sono presenti... Però io non faccio spoiler. Non dico niente... sta a voi lettori indovinare ;)
Ti ringrazio per aver lasciato un commentino
Io ti mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*

Artena:
Allora... a molte tue domande non posso darti risposta, ora, perchè ti farei degli spoiler belli pesanti sulla storia (e non è nelle mie intenzioni).
Shannon non si troverà subito con le spalle al muro, ci vorrà ancora un po' prima che faccia la sua parte (se così dire)... ma quando verrà sarà un bel casino.
Mi dispiace davvero tanto non poterti dare una risposta come si deve, ma ti rovinerei davvero più della metà della storia .
>.<
Ti ringrazio per aver lasciato un commentino alla storia
io ti mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*

Angolo della mente malata:
Sono risorta! (Un po' come Goku, ma senza sfere del drago XD)
Il capitolino è un capitolino molto easy, molto leggero e finalmente appare Tom; il migliore amico di Alb. Ricordatevi di lui perchè questa non sarà la sua ultima comparsa :3
Buon salve miei Lords and Ladies!
Ho notato con molto piacere che alcuni di voi stanno iniziando a porre delle ipotesi sulla storia e a me piace un sacco leggere cosa le vostre menti producono c: ma io sono come Thomas Astruc (per chi lo conoscesse): NO SPOILER! :3
Scoprirete ogni cosa a suo tempo... a suo tempo. Un tempo che è davveeeeeero molto corto. Credetemi ;)
Vi anticipo già che i prossimi capitoli saranno dedicati a Ciel e Lyla, quindi niente secondo capitolo consecutivo di Rob ed Alb (un po' mi dispiace ma loro torneranno nel capitolo 16, per tale ragione non disperate) e nel prossimo, inoltre, appariranno DUE altri NUOVI PERSONAGGI. Due fratelli; entrambi italiani.
Come sempre io vi invito a lasciarmi tanti bellissimi commentini alla storia! Mi piace rispondervi, lo sapete :3
Io vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*


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Capitolo 13
*** I fratelli Verri. ***


capitolo 13
Capitolo 13
I fratelli Verri.


Venerdì Lyla uscì dall'università felice come non mai, e il motivo era uno solo: Ciel.
Essendo quello il giorno libero del dottore, il pediatra aveva proposto alla ragazza di pranzare insieme e poi passare il resto della giornata insieme; magari andando nel pomeriggio al cinema.
Appena fuori dalla struttura, Lyla trovò Ciel ad attenderla appoggiato alla sua automobile.
La ragazza gli corse subito incontro e, non appena i loro sguardi si incrociarono, si aprirono entrambi in un ampio sorriso.
- Ciao! - lo salutò raggiante, prima di depositargli un tenero bacio a fior di labbra - È da tanto che aspetti? -
Il corvino scosse il capo - Sono appena arrivato, tranquilla - la rassicurò lui, ricambiando il sorriso e dandole un altro bacio affettuoso.
Il cuore della ragazza pompò più velocemente, e da un momento all'altro  le sarebbe uscito dal petto; ci avrebbe scommesso.
Lei e Ciel non erano una di quelle coppiette sdolcinate e stucchevoli, che passano il loro tempo ad amoreggiare in pubblico, ma ogni tanto si lasciavano andare in qualche bacetto a stampo  molto casti.
Entrambi non sopportavano le manifestazioni amorose troppo spinte in luoghi pubblici, ritenendole inappropriate la maggioranza delle volte ed alquanto volgari. Si può dimostrare di amare qualcuno anche attraverso una sola stretta di mano; senza dover obbligatoriamente ficcare la lingua in gola all'altro in un negozio o in un ristorante.
Salita sulla vettura, Ciel mise in moto.
Quando si erano sentiti via telefono quella mattina, il dottore aveva proposto a Lyla un ristorantino, nell'est della città facilmente raggiungibile in 20 minuti di macchina, i cui proprietari erano due suoi vecchi amici.
- Conosco Riccardo e Stefano da quasi 7 anni, da quando si sono trasferiti qui dall'Italia per aprire il loro ristorante di cucina tradizionale, Sono due ragazzi molto alla mano, ti piaceranno - le assicurò, raccontandole alcune cosine sia sui proprietari che sul ristorante in questione.
Aveva già sentito parlare del "Bella Luna", ma non aveva mai avuto occasione di recarsi lì. Era un ristorante di cucina italiana tradizionale, molto in voga tra i ragazzi giovani (e non) della città.
Le sembrava strano che nè Robert nè Beki l'avessero mai obbligata, o assillata fino alla morte, per andarci tutti insieme.
Nel loro gruppetto erano loro due a proporre sempre nuovi ristoranti da visitare e provare, lei si limitava ad andare con loro e mangiare. Con molta semplicità.
Arrivati al ristorante, ad accogliere loro fu un bel ragazzo, dalla pelle abbronzata e i corti capelli scurissimi.
- Ciel, amico mio(1)! Che piacere vederti. Aspetta che ti chiamo Rick! - esclamò il ragazzo, dando una bella pacca sulla spalla al dottore e stringendogli con vigore la mano. Non appena il bruno si accorse di Lyla, il suo sorriso si allargò ancora di più - Ma sei in dolce compagnia, vedo! Non dirmi che questo splendore è la tua ragazza -
Lyla arrossì lievemente per il complimento, e si presentò al ragazzo; sicuramente uno dei due fratelli.
- Io sono Stefano, il fratello Verri più affascinante. Incantato di fare la vostra conoscenza, madame - si presentò, facendo un teatrale inchino e cavalleresco bacio mano.
Ciel le aveva raccontato che Stefano era quello più burlone dei proprietari, e che molto sicuramente si sarebbe dovuta aspettare una scena simile.
Poco dopo si avvicinò a loro un secondo ragazzo, con la medesima pelle abbronzata di Stefano ma i capelli di un bel biondo cenere.
- Perdona mio fratello, Ciel; lo sai come si diverte a fare l'Arlecchino della situazione - il bruno bonfocchiò un "Ehi!" - Tu sei Lyla, giusto? È un piacere conoscerti. Io sono Riccardo e sono, come avrai ben notato, il fratello normale - si presentò, stringendole la mano, e lanciando una frecciatina all'altro italiano.
- Venite. Vi accompagno al vostro tavolo -


Riccardo fu davvero molto gentile, e li seguì per quasi tutto il pranzo, aiutando a rendere tutto perfetto.
La cucina era fantastica, e il locale veramente accogliente; esattamente come i due proprietari.
- Devi vivere a Washington  da davvero tanto tempo, per conoscere così bene così tanti posti buoni - rifletè Lyla, versando una bustina di zucchero di canna nel suo caffè macchiato e girandolo con il cucchiaino.
Certo, Washington era una grande città, ma uno come Ciel O'Konnor non passava di certo inosservato. Specialmente in un liceo o in una università.
Lyla percepiva un qualcosa di strano nell'uomo seduto davanti a lei.
Come un velo di mistero che le confondeva i sensi e che copriva per intero la figura del dottore.
- In realtà... - ridacchiò Ciel in lieve imbarazzo - Sono in questa città da meno di 5 mesi - le confidò, sconvolgendola.
- Davvero? - chiese stupita, con gli occhi che le si sgranarono per la sorpresa.
- Non lo avrei mai detto. Ma come fai allora a conoscerla così bene? -
5 mesi non erano fisicamente possibili o suffcienti per conoscere bene una città.
Lei viveva lì da quando era piccolissima, e nonostante tutti quegli anni non conosceva bene Washington come Ciel.
- Anche se vivo stabilmente qui da così poco tempo, sono venuto qui molto spesso; sia per lavoro sia per la mia famiglia - le spiegò.
- La tua famiglia è originaria di qui? - chiese, curiosa.
Ciel scosse la testa - Solo Alberich è nato qui; il resto della famiglia è canadese. Fino a poco tempo fa vivevo ancora lì -
A Lyla piaceva scoprire dettagli sulla vita del suo ragazzo.
Scoprire che era canadese la stupì, e le venne da ridacchiare.
Non era possibile.
- Sei canadese? Ma... anch'io sono canadese - gli rivelò Lyla, a metà tra lo stupito e il divertito.
Erano davvero più simili di quello che credeva.
Lyla sapeva che tutta la sua famiglia era originaria di quel paese, ma per ragioni a lei sconosciute, sua madre e suo padre si doverano trasferire a Washington quando lei aveva pochi anni di vita.
Anche sua sorella Marie, come il fratello di Ciel, era nata in quella città.
- Questa sì che è davvero una sorpresa - commentò Ciel, piacevolmente stupito.
Lyla e Ciel continuavano a parlare, ridacchiando di tanto in tanto.
Nessuno dei due poteva immaginare quanto fossero uguali, seppur diversi.
Le cose che Ciel e Lyla avevano in comune erano molte più di quelle che potevano anche solo sognare.

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Capitolo 14
*** Mai aspettare sul ciglio della strada. ***


capitolo 14
Capitolo 14
Mai aspettare sul ciglio della strada.


- Ciel, provo un forte rispetto nei tuoi confronti. Davvero. Ma non andremo a vedere quel film horror. Nemmeno se mi ci trascini di peso -
Niente e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea.
Nemmeno gli occhioni da cucciolo bastonato di Ciel.
" Santissimi numi, questo uomo dovrebbe essere illegale in 53 stati. Più le isole" pensò la ragazza.
- Preferisci la commedia romantica? - chiese lui, divertito, incrociando le braccia al petto.
Lyla sentì un brivido percorrerle la schiena, di disgusto.
- Nemmeno per sogno - si limitò a dire, scrollando le spalle.
Se doveva scegliere tra un film con zombie mangia budella, ed un filmetto rosa con due cretinetti sdolcinati... la scelta le risultava alquanto ovvia.
- Vada per il film horror - si arrese alla fine, facendo sorridere vittorioso Ciel.
Anche il suo sorriso dovrebbe essere illegale. Troppo luminoso.
- Non fare quella faccia, Lyla. Vedrai, sarà divertente -
La corvina lo osservò dubbiosa - Come può essere divertente un film horror? -
In risposta ridacchiò lievemente - Un giorno te lo spiegherò - disse enigmatico, accompagnandola all'interno del multisala con mano stretta al suo fianco.


Le due ore di proiezione passarono molto velocemente.
Alla fine il film non era stato così orrendo come la ragazza pensava.
Non si era divertita come Ciel, che aveva stranamente ridacchiato ogni volta che compariva un mostro, ma aveva trascorso una bella giornata in sua compagnia.
Quando uscirono dal cinema erano già le 5:30 del pomeriggio, e Lyla aveva promesso alla madre che sarebbe tornata per cena.
- Abbiamo ancora un po' di tempo prima di riaccompagnarti a casa. Ti va di andare a bere qualcosa di caldo? - le chiese dolcemente Ciel, passandole un braccio intorno alle spalle con fare premuroso, e lievemente possessivo.
Il dottore aveva notato, non appena si erano ritrovati fuori, che la ragazza si era stretta maggiormente nel cappotto; segno che aveva freddo.
Per tale motivo le si era avvicinato maggiormente per riscaldarla.
Il suo senso iper-protettivo si faceva sentire con prepotenza, soprattutto se era in compagnia di Lyla.
La voleva proteggere, ad ogni costo.
Lyla annuì, in risposta alla proposta di Ciel.

- Aspettami un secondo qui. Vado a prendere la macchina e torno subito - queste furono le parole di Ciel, poco prima di sparire dalla sua vista e lasciandola ad aspettare all'angolo della strada del multisala.
Due ore prima, Ciel aveva faticato non poco nel trovare un parcheggio libero, e sfortunatamente l'unico che era riuscito a trovare non era molto vicino.
Per lui la distanza non era minimamente un problema, era allenato per sopportare distanze ben più lunghe; la sua preoccupazione era per Lyla. Non voleva che si affaticasse troppo, o che prendesse troppo freddo.
A Lyla non dispiaceva doverlo aspettare, lì vicino al cinema.
Non credeva che sarebbe successo chi sa quale cosa, rimanendo lì.
Purtroppo, e non era la prima volta, Lyla si sbagliava.


Intorno a lei, all'aperto e fuori dal cinema, non c'era più nessuno. Era rimasta unicamente lei, e questo la lasciò stranita.
In una città grande come Washington, in una zona come quella, era bizzarro che non ci fosse nessuno per le strade.
Lyla sentiva una strana sensazione, all'altezza della colonna vertebrale.
Un brivido gelido che le entrava fin dentro le ossa.
Aveva un brutto presentimento, e capì che c'era qualcosa che non andava in tutta quella situazione.
- Come mai una così bella fanciulla è qui, sola al freddo, in un posto come questo? -
Lyla si voltò, per osservare colui che le aveva rivolto la parola poco prima.
Era un ragazzo: molto alto, dalla corporatura snella ma atletica, capelli biondo scuro che arrivavano sopra le spalle e... gli occhi ambrati.
" Ma è davvero diventato di moda usare lenti colorate?" si chiese, perplessa, osservando il bizarro colore delle iridi dello sconosciuto.
Non era la prima volta che qualche cretino le si avvicinasse facendo lo scemo, era abituata a gestirli e mandarli al loro posto.
- Senti, è meglio se cambi aria. Sto aspettando il mio ragazzo - lo liquidò, con freddezza, tornando a guardare la strada.
Ma quanto ci metteva Ciel?
Purtroppo lo sconosciuto non lasciò perdere tanto facilmente.
- Tranquilla, non ho quel genere di intenzioni - ridacchiò il biondo, avvicinandosi pericolosamente a Lyla.
La corvina non capiva cosa volesse da lei quel ragazzo, ma nella sua testa scattò un campanello di pericolo. Un campanello che si trasformò in un vero e proprio allarma quando rivide gli occhi del ragazzo.
Non erano più ambrati, come pochi secondi prima, ma di un rosso intenso. Con tanto di pupilla verticale nera e... Porca puttana! Quelle erano zanne!
Quello fu il suo ultimo pensiero razionale, poi l'istinto prese possesso del suo corpo.
Corse via, sentendo dietro di lei la risatina divertita del ragazzo.
Dire che era terrorizzata, sarebbe risultato un eufenismo. Dentro di lei percepiva un misto tra terrore, confusione, paura e... adrenalina, seppur in minima quantità rispetto alle altre emozioni.
Ormai era scesa la sera, e la strada che stava percorrendo era illuminata dai lampioni, posti a distanza regolare.
Si girò un paio di volte e, non vedendo nessuno alle sue spalle, si fermò.
Lo aveva seminato.
Tirò un sospiro di sollievo, ma la sensazione di pericolo non spariva.
Il motivo lo capì subito.
- Sei davvero buffa, ragazzina - rise il biondo, apparendo al suo fianco.
Con una velocità disumana, le bloccò con un braccio il busto, con la mano dell'altro le tappò la bocca, e la trascinò in un vicolo.
Lyla si ribellò con tutte le forze che possedeva, ma quel ragazzo sembrava essere fatto di pietra.
Come era possibile?
- Tranquilla, vedrò di fare il più velocemente possibile. Dopo non ricorderai più nulla... - le sussurrò il biondo, avvicinandosi al suo orecchio sinistro.
Lyla voleva piangere.
Dove diavolo era finito Ciel?
Sentì l'alito freddo dello sconosciuto sul collo, e strinse gli occhi di riflesso tanto da farle male.
" Che qualcuno mi aiuti" pregò.
- Mollala, vampiro -
Lyla riconobbe immediatamente colui che ringhiò tali parole.
Ciel era davanti loro; il viso sfigurato dalla rabbia e dalla furia.
Vampiro? Aveva detto davvero quella parola?
Il ragazzo biondo obbedì subito, lasciandola libera, e la ragazza cadde in ginocchio. Era ancora profondamente sconvolta, e soprattutto scossa.
Non riusciva a reggersi in piedi.
- Scusami, amico. Non sapevo che fosse impegnata con uno di noi - si scusò il ragazzo, alzando entrambe le mani in segno di resa - Potevi dirmi che stavi con un lupo, ragazzina. Mi sarei andato a cercare qualcun'altra. Non sono il tipo che cerca rogne, per Dracula -
"Lupo?"
Lyla ne era sicura: sarebbe svenuta da lì a poco.
O era completamente impazzita, e quello che sentiva era frutto di un'allucinazione uditiva, o erano quei due ad essere impazziti.
Vampiri? Lupi?
Cosa diavolo stava succedendo?
- Sparisci - la freddezza con cui Ciel pronunciò quell'ordine, la fece rabbrividire.
Lyla non aveva mai visto Ciel in quella maniera.
Trasudava ira e pericolosità da ogni poro.
L'assalitore non lo fece ripetere una seconda volta; come era apparso, sparì nel nulla il più velocemente possibile.
Lo sguardo, e la posa di Ciel rimasero rigidi per alcuni minuti. Minuti che Lyla impiegò per rialzzarsi ed osservare con più attenzione quello che, dopottutto, era e restava il suo ragazzo.
Da quando lo conobbe, quel giorno in ospedale, la ragazza aveva percepito qualcosa che non quadrava.
La prima volta, stringedogli la mano, aveva provato paura. Una paura che, quel giorno, la spinse a fuggire.
La nebbia di mistero che circondava Ciel O'Konnor era destinata a dissolversi.
- Ciel, voglio una spiegazione -
La voce ferma di Lyla riuscì ad attirare l'attenzione del dottore, che corse da lei.
In quel momento lo sguardo del corvino tornò sereno e limpido; lo stesso sguardo che Lyla conosceva ed amava.
- Ti spiegherò tutto Lyla, adesso. Prima però ci conviene andarcene da qui; non è sicuro - le spiegò lui, prendendola sotto braccio ed accompagnandoa via da quel vicolo.
Lei, stranamente, si fece condurre via con tranquillità e passivamente.
Riuscì a chiedergli solo una cosa, prima di salire nella sua macchina - Dove stiamo andando? -
- A casa mia -

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Capitolo 15
*** Spiegazioni. ***


capitolo 15
Capitolo 15
Spiegazioni.


L'appartamento del dottor O'Konnor era un trilocale molto ampio e ben ordinato. La cucina e il salone erano uniti, e Lyla si concesse qualche secondo per ammirare la stanza.
La cucina moderna, ben pulita, il tavolo da pranzo rettangolare a 6 posti, il divano a "L" blu scuro e il grande televisore.
Tutto ben pulito ed ordinato; rispecchiava perfettamente la personalità di Ciel.
Soprattutto la sua mania per l'ordine.
- Qui potremmo parlare con serenità e liberamente... Mi dispiace davvero per come si è conclusa la serata. Scusami - disse Ciel, chiudendosi alle spalle la porta ed abbassando il capo, mentre stringeva le mani a pugno.
La serata non doveva prendere quella piega.
Per una sua distrazione, Lyla aveva rischiato.
Era stata alquanto fortunata nel trovare un vampiro, piuttosto che uno di... quelli.
Se Lyla si fosse trovata davanti ad uno di loro, difficilmente sarebbe sopravvisuta.
Loro non erano degni di essere considerati "mostri"; erano le più infide delle bestie.
- Non so di cosa tu ti stia scusando, Ciel. Non è stata colpa tua... Anche se, in tutta questa storia, ci sono molte cose che non mi sono chiare, so che non ti devi scusare per niente. Ti dovrei ringraziare, invece... Mi hai salvata -
Lyla era sincera; pensava davvero quello che aveva appena pronunciato.
Nonostante tutto lei si fidava del suo ragazzo, anche se non lo conosceva da tanto tempo e molte cose sulla sua persona le erano oscure.
Si fidava di Ciel, era era fortemente convinta che non le avrebbe mai fatto del male senza un buon motivo.
Quella piccola ragazza, dagli occhi da cerbiatta, lo stupiva ogni gioro sempre di più.
Sebben fosse stata quasi morsa da un mostro di Samir(1), ora sembrava... tranquilla.
Sembrava che si sentisse a suo agio, lì con lui.
Ciel sperava che sarebbe rimasta così, tranquilla e serena, con lui anche dopo aver saputo tutta la verità.
Lo sperava con tutto il cuore.


Seduti entrambi sul divano di casa O'Konnor, Ciel stava cercando il modo più sempluce per spiegarle... tutto. Ma la paura di spaventarla era tanta. Tantissima.
- Ciel - lo chiamò dolcemente la ragazza, appoggiando una mano sulla sua coscia. Vedeva che il dottore era fortemente in difficoltà; sembrava quasi disperato.
- Lyla... ho paura che quando saprai tutta la verità, scapperai inorridita da me - le sue parole la lasciarono stupita.
Ciel aveva davvero paura che lei lo avrebbe lasciato.
- Non lo farò - rispose con sicurezza la corvina, mentre l'uomo scuoteva lievemente la testa con un sorriso amaro dipinto in volto.
- Non lo puoi sapere... - ribattè lui, e questo fece innervosire, non poco, Lyla.
- Se ti dico che non lo farò, non lo farò! Fidati di me -  lo zittì, nervosa.
Non sapeva cosa le nascondesse di tanto orribile Ciel, ma non sarebbe scappata mai da lui o da nessun altro.
Non lo avrebbe fatto.
Ciel allora prese coraggio, ed iniziò a parlare - Io non sono umano, Lyla - le rivelò, facendola ridacchiare.
Cosa ci trovasse di divertente, Ciel non lo capiva proprio.
- Fino a qui c'ero arrivata, anche grazie al piccolo dialogo che hai avuto con quel biondino. Io volevo sapere il resto -
Che Ciel O'Konnor non fosse una persona ordinaria, ci era già arrivata da tempo.
Quello che a Lyla interessava sapere era il resto della storia.
In quel momento alla ragazza tornò in mente un dettaglio particolare, della conversazione tra Ciel e il biondo. Si erano chiamati reciprocamente "lupo" e "vampiro".
- Quel ragazzo ti ha chiamato "lupo". È questo quello che sei? Un lupo, intendo - gli chiese, tenendo sempre la mano sul suo ginocchio.
Ciel annuì, e prese la mano della ragazza tra le sue. Come per darsi coraggio.
Quello più spaventato tra i due, era proprio lui.
- Sì, è quello che sono - rispose, calmo.
- Figo - commentò Lyla, lasciando sconvolto il dottore.
Poco dopo scoppiò a ridere, più leggero.
Lyla non era strana, era un enigma per lui. Forse non sarebbe mai riuscito a comprenderla, e a capire come come funzionasse la sua mente.
- Quindi... sei una sorta di licantropo? - chiese curiosa Lyla.
Lo sguardo di Ciel O'Konnor mutò rapido.
Tagliente e freddissimo.
- Ti chiedo di non paragonarmi a quelle bestie, Lyla - disse arrabbiato, per poi passarsi una mano sul viso - Scusami, è vero. Tu non lo puoi sapere... - mormorò poi, scusandosi con la ragazza, che non si era aspettata una reazione di quel genere.
- È meglio se ti spiego tutto dall'inizio - le disse Ciel, con tono più calmo - Devi sapere che noi mostri viviamo in mezzo a voi umani da millenni. Un tempo, voi eravate perfettamente a conoscenza della nostra esistenza e vivevamo in armonia. Le cose iniziarono a cambiare con l'arrivo delle prime guerre tra mostri e umani... I morti furono numerosissimi, da entrambe le parti, ma alla fine si raggiunse un accordo: vivere nascosti tra divoi, o nei nostri rispettivi mondi. Con il passare degli anni, e con il ricambio delle generazioni, gli umani finirono per dimenticare -
Lyla ascoltava rapita Ciel.
Quindi, tutte le creature che lei credeva fossero di pura fantasia, esistevano veramente. Incredibile.
Fin da bambina, le erano sempre piaciute le storie fantasy. Forse era per questo che non era ancora svenuta dallo shock.
Molto probabile.
- Prima hai detto che voi... mostri potevate vivere o in mezzo a noi, o nei vostri rispettivi mondi. In che senso "mondi"? - chiese la ragazza.
- Molto prima che ci fossero le guerre tra razze, il mondo dei mostri, oltre a trovarsi in più dimensioni a parte, era anche diviso in regni. Ogni regno era riservato ad una tipologia di mostri diversa. Ne esistono davvero tantissimi, ma altrettanti sono stati divisi... -
Erano davvero tante informazioni per la corvina, ma Lyla sembrava tenere bene.
Ciel le spiegò anche che, un tempo, per i mostri era vietato avere contatti con mostri appartenenti ad altri regni. C'erano persino delle mura, a dividere il tutto. Per fortuna le mura furono distrutte nel I secolo a.C., e questo divieto fu tolto. Non tutti però presero bene la distruzione delle mura.
Un esempio erano proprio i licantropi.
- Il regno dei luppi un tempo veniva chiamato Wolmon, e non era formato da soli lycan come in molti pensano. Wolmon era costituita da tutti i mostri con una natura legata ai lupi; lycan, mutaforma, demoni-lupo e dei-lupo. Vivevano tutti insieme, ma non in pace. I lycan volevano avere il potere totale su Wolmon, a qualsiasi costo. Nel mio mondo loro sono celebri per essere... le creature più violente e sanguinarie che possano esistere. Non sanno controllarsi, come il resto dei mostri, e finiscono sempre per uccidere o ferire qualcuno. Quando le mura furono distrutte, i licantropi non presero bene la notizia e nacquero così le prime rivolte e tensioni. Tutti i mostri-lupo furono costretti a lasciare la propria terra per rifugiarsi altrove, ed avere salva la vita. Il peggio è scoppiato qualche decennio fa, con l'arrivo della guerra vera e propria -
La parola "guerra" fece sobbalzare Lyla.
Per un attimo le era ritornata in mente la lettera di suo padre.
- Dopo l'abbandono di Wolmon, noi mostri-lupo ci siamo sparsi un po' in tutto il mondo; sia umano che non. La maggior parte degli uomini-lupo(2) vive nel nord del Canada, insieme ad altri branchi di mutaforma di animali carnivori, come gli uomini-orso o gli uomini-aquila. Vivevamo in pace e prosperità, fino a quando i lycan non hanno deciso di attaccarci apertamente; noi uomini-lupo ed anche gli altri branchi - le raccontò, e Lyla si ritrovò a mormorare un - Perchè? Avevano Wolmon... perchè attaccarvi? - chiese, tremante.
- Ci vedono come dei traditori da punire, per aver abbandonato il nostro regno e per non esserci sottomessi; gli altri per loro sono altrettanto traditori per averci aiutato e per essersi messi contro di loro. Sono decenni che li combattiamo e, per fortuna, la guerra sembra giunta alla sua fine -
Qualsiasi persona normale, dopo una lunga rivelazione di quel calibro, sarebbe svenuta o si sarebbe messa a ridere; Lyla no.
Scoprire che esistevano delle creature sovrannaturali intorno a lei, non l'aveva turbata così tanto.
Come aveva detto Ciel, erano millenni che era così perciò, sapere, non le avrebbe cambiato più di tanto la vita.
Sapere invece che c'era una guerra in atto, nascosta agli occhi delle persone comuni, l'aveva sì turbata.
Ora che ci pensava... nella lettera di suo padre, Cedric aveva nominato dei branchi e soprattutto aveva parlato di una guerra. Che parlasse della stessa guerra? No, sarebbe impossibile.
- Non ho ben capito una cosa, però - disse Lyla.
- Dimmi pure - la incitò Ciel che, anche se non lo dava a vedere, era piacevolmente sorpreso dalla sua compagna.
- Che mostro-lupo sei? - chiese.
Il dottore le sorrise dolce, prendendole di nuovo la mano.
Quel semplice contatto riuscì a rilassare entrambi, facendoli sentire completi e sereni.
- Un mutaforma - rispose, spiegandole poi le differenze tra ogni mostro-lupo.
I mutaforma ed i licantropi vivono in branchi, anche molto grandi, e sono capeggiati da un lupo Alpha, che gestisce e comanda il branco; i demoni-lupo e gli dei-lupo, essendo creature millenarie (nella maggioranza dei casi) ed immortali, tendono ad essere più solitari e a non vivere in grossi gruppi.
I lycan, o più comunemente conosciuti come licantropi o lupi mannari, sono mostri capaci di passare dalla loro forma umana ad una a metà tra quella e quella di un lupo. Nella loro forma trasformata sono alti anche 2-3 metri e, a detta di Ciel, sono la "cosa più orribile che un essere vivente possa vedere".
Appartengono alla categoria di mostri immortali, possono vivere a lungo ed hanno un invecchiamento rallentato, e tendono a nutrirsi molto con carne cruda e sangue. Se umana o animale, Ciel preferì non definirlo.
I mutaforma, in generale, sono mostri capaci di trasformare il proprio corpo umano in uno animale.
Gli uomini-lupo, trasformati, sono dei grossi lupi giusto poco più grandi di uno normale, e sono creature mortali.
Nascono, crescono, invecchiano e muoiono come gli esseri umani. E si nutrono come tali, per fortuna.
I demoni-lupo sono come i mutaforma ma, oltre ad essere immortali, hanno anche dei "poteri magici"; sono capaci di padroneggiare elementi naturali, come il fuoco o l'elettricità.
Quando sono trasformati sono molto più grandi  dei mutaforma, quasi quanto dei piccoli pony.
Infine, gli dei-lupo sono le creature più rare e particolari nel loro genere.
A differenza degli altri mostri-lupo non nascono con una forma "umana", ma la acquisiscono con il tempo. Nascono come lupi e vivono come tali per la maggior parte della loro vita.
Trasformati sono quelli più grandi di tutti, come dei furgoncini.
Tutti i mostri-lupo sono estremamente legati alla natura ed hanno un'abilità che li accomuna: l'imprinting.
Un'abilità che permette ad alcuni mostri, attraverso il tatto o la vista, di riconoscere la propria anima gemella quando la incontrano.
- Oh - commentò Lyla, leggermente delusa staccando la mano da quella di Ciel.
La ragazza era stata presa da uno strano stato di ansia, misto gelosia, dopo aver saputo quel particolare.
Pensava che, se Ciel avesse incontrato la sua futura compagna, il dottore l'avrebbe lasciata su due piedi. Spezzandole il cuore, come altri prima di lui.
Proprio quando era convinta di aver trovato la persona giusta per lei.
- Lyla - la chiamò Ciel, avvicinandola a sè ed abbracciandola - Ho avuto l'imprinting con te -







NOTE:
(1): Samir è il regno dei vampiri. Nominato anche nelle storie della serie "My little love".
(2): mutaforma.



Angolo della mente malata:
AMATEMI!! 3 CAPITOLI. 3!
Mai nella vita ho pubblicato così tanti capitoli in un colpo solo, ed infatti sono stanchissima >.< Inizialmente avevo annunciato sulla pagina FacciaLibro che avrei fatto solo una doppio aggiornamento, ma alla fine ho cambiato idea perchè sono io. Io cambio continuamente idea XP
Buon salve miei Lords & Ladies <3 Come state?
Finalmente uno dei grandi misteri della storia è stato svelato: LA NATURA DI CIEL! Festeggiamo!
Nei capitoli scorsi avevo fatto presente, molte volte, di fare attanzione per quanto riguarda la natura dei personaggi perchè (e qui ci ho preso!) sicuramente alcuni di voi sarebbero potuti cadere in inganno.
Questo è un tema che sarà molto presente anche nella serie "My little love": LICANTROPI NO MUTAFORMA (volevo metterci il simbolo "diverso" ma non lo trovo :( )
Negli ultimi soprattutto ho notato questo "mischiamento" (se possiamo definirlo così) tra questi due mostri in molte storie, ma io ho sempre avuto una visione leggermente diversa al riguardo.
Per me il licantropo è quello classico, più o meno; quello metà lupo, abbastanza brutto a vedersi. (Perchè, diciamocelo, non so proprio questi fiorellini di campo che in molte vogliono farce credere).
Mentre il mutaforma, come dice la parola stessa,è un uomo che cambia forma e si trasforma in qualcos altro.
E, piccola parentesina per chi segue anche la serie "My little love", la storia della guerra tra licantropi e mostri-lupo sarà molto importante. Soprattutto per la storia di un personaggio in particolare che non nomino, ma chi sa ha capito ;)
Che altro dirvi? So che molti di voi sono curiosissimi di sapere il fatidico "Ma Lyla che diavolo è?", e vi do ragione. Posso capire i lettori di EFP, perchè oggettivamente non è una cosa facilmente indovinabile (proprio per niente), ma i lettori di Wattpad dovrebbero averlo già capito da un beeeeeel po'. Poichè su Wattpad c'è un piccolo spoiler, che nessuno ha notato (credo). Perchè chi l'avrà notato, saranno davveeero in pochi. Ne sono sicura.
Ma torniamo alla storia! Cosa ne pensate della piega che sta prendendo? Come sempre se avete domande, curiosità, sogni nel cassetto o altro... fatemelo sapere con un bel commentino :3
Io vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*


Ci tengo a ringraziare:
1 - Artena [Contatta]
2 - Desyree92 [Contatta]
3 - elindor02 [Contatta]
4 - fantasygirlblack96 [Contatta]
5 - Maggi96 [Contatta]
6 - mekiki [Contatta]
7 - noemichan [Contatta]
8 - sax77 [Contatta]
9 - sil_1971 [Contatta]
che hanno messo la storia tra le seguite :3
1 - CloveRavenclaw39 [Contatta]
2 - noemichan [Contatta]
che hanno messo la storia tra le ricordate :3
1 - giglio16 [Contatta]
2 - ICE1984 [Contatta]
3 - Nakioto [Contatta]
4 - Saretta_27 [Contatta]
che hanno messo la storia tra le preferite <3
Ve se ama 'na cifra <3


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Capitolo 16
*** Qualche giorno prima. ***


capitolo 16
Capitolo 16
Qualche giorno prima.


- Dai, Rob! Non farla più tragica di quello che è. Non ci crede nessuno che non vuoi uscire con il fratello del ragazzo di Lyla! -
Robert sbuffò sonoramente contro la cornetta del suo telefono.
Ovviamente Beki aveva ragione, ma lui non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
- Tu non l'hai conosciuto, Beki. Alberich è... strano. Non puoi capire - borbottò il castano, passando dalla sua camera alla cucina/soggiorno.
Da quando aveva iniziato l'università, Robert viveva in quel piccolo bilocale nella stessa palazzina di sua sorella e sua madre. Non aveva avuto il pieno coraggio di lasciarle totalmente da sole, non se la sentiva proprio.
La sua non era mai stata una famiglia serena, ed era sempre stato lui a proteggere, come poteva, sua madre e sua sorella minore.
Erano le persone più importanti della sua vita, insieme a Lyla e Beki, e le voleva proteggere a tutti i costi e in tutti i modi.
- Secondo me hai solo paura, Robbie - le parole di Rebekka lo colpirono come un macigno.
Era vero: Robert aveva paura, di tantissime cose.
I sentimenti che provava per quell'orso-tattoo erano talmente contrastanti, che lo destabilizzavano.
Non era solito impegnarsi nei rapporti amorosi proprio perchè aveva paura di rimanerci ferito, come aveva spesso visto succedere a sua sorella e a sua madre.
- Forse hai ragione... - ammise infine, passandosi una mano tra i capelli castani.
Il suone del campanello di casa attirò la sua attenzione.
Velocemente salutò la sua amica, ed andò ad aprire la porta con passo trascinato.
- Buon giorno, Bobbie! -
Esisteva una sola persona al mondo che lo chiamava in quella maniera: Arianne, sua sorella minore.


Arianne Knight era una bellissima ragazza di vent'anni. Alta, formosa e dai lunghi capelli castani e gli occhi scuri.
Lavorava a tempo pieno come barista in un locale della città, il Fairy Law(1).
- Buon giorno a te, Rie. Entra pure - la salutò il fratello maggiore, facendole spazio per farla entrare.
Sua sorella era solita fargli qualche visitina a sorpresa, di tanto in tanto, e a lui faceva davvero piacere.
Sua sorella non era molto diversa da lui, dal punto di vista caratteriale: avevano entrambi lo stesso carattere strambo e i modi di fare inusuali.
- Oggi mamma lavora tutto il giorno e, visto che ero a casa sola soletta, ho pensato di venire a fare una visitina al mio fratellino - gli sorrise Arianne, sedendosi sul divanetto rivestito in stoffa azzurra.
Poco dopo però, il suo sorriso svanì; c'era qualcosa che non andava.
- È successo qualcosa - affermò sicura, osservando più attentamente Robert.
Il ragazzo si affrettò a negare le parole della sorella, ma questa non sembrò cambiare opinione.
- Non prendermi per il culo, Bobbie. Non sono una sciocca. C'entra sicuramente un ragazzo -
Robert sobbalzò; sua sorella, in quelle occasioni, sembrava proprio una strega. Forse possedeva qualche potere latente, di cui il ragazzo non era a conoscenza.
Molto probabile.
Con la forza Arianne si fece raccontare tutto: di Alberich, del loro primo incontro e dell'appuntamente di quella sera.
- Secondo me sei stato adottato; non posso credere di avere un fratello tanto stupido - commentò Arianne, seduta a gambe incrociate sul divano e tenendo con la mano destra una bottiglia di birra piena per metà.
- Non sono stupido - borbottò per protesta, con fare alquanto infantile lui.
La sorella scosse la testa con fare esasperato - Allora non capisco - decretò - Da quel che mi hai raccontato piaci a questo ragazzo, che è un fusto super sonico, con cui dovresti uscire questa sera e, nonostante a te piaccia e tutto il resto, tu non vuoi uscirci? Perchè? - chiese confusa, appoggiando sul tavolino la bottiglia vuota.
Robert ci pensò parecchio prima di rispondere alla sorella.
- L'ho baciato - confessò, e la bruna lo osservò stranita. Come per dire "e allora?".
- L'ho baciato io, di mia spontanea volontà e all'improvviso - aggiunse per chiarire, rosso in volto come un pomodoro maturo.
- Oh - si lasciò sfuggire Rie, comprendendo meglio la situazione.
- Ti piace sul serio il ragazzo -
Arianne conosceva perfettamente suo fratello, e sotto certi versi erano simili.
Si spaventavano a morte quando si rendevano conto di provare dei sentimenti molto forti per una persona ed evitavano, come la peste, di fare il primo passo.
Se suo fratello lo aveva fatto, la situazione era più grande di quello che pensava.
Sapeva cosa fare.
- Prendimi un'altra birra e vieni di là con me - esclamò la castana, alzandosi in piedi ed indicando con la mano la stanza del fratello.
- Che vuoi fare? - le chiese preoccupato, in un momento di lucidità.
Rie gli rivolse un sorriso furbo e, sistemandosi la lunga chioma, si limitò a rispondergli con un - Ti preparo per l'appuntamento di questa sera, Bobbie -


- Rie, ti ringrazio davvero di cuore per il tuo aiuto ma... Era davvero necessario che mi accompagnassi fino al ristorante? -
La castana annuì convinta - Che sorella sarei se ti lasciassi andare da solo? Hai bisogno del mio sostegno morale fino alla fine - rispose con sicurezza, dando la fratello una poderosa pacca sulla spalla.
Robert sospirò; sua sorella era fatta così, non ci poteva fare niente.
- A che ora ti devi incontrare con il tuo fusto? - chiese
- Tra venti minuti lì davanti al ristorante di cucina messicana, infondo alla strada - disse, mentre con il dito le indicava l'insegna luminosa, ben visibile seppur a distanza. Rappresentava un simpatico sombrero, che si accendeva e spegneva ad intervalli regolari.
- Sono curiosa di conoscere il fusto che ha fatto breccia nel cuore del mio fratellino - commentò allegra Arianne, camminando fianco fianco con Rob.
Il ragazzo aveva cercato di farle cambiare idea, ma non c'erano state ragioni. Sua sorella voleva conoscere Alberich a tutti i costi, quella sera.
Rie era proprio una testona di prima categoria; quasi peggio del fratello maggiore. Quasi.
- Ti vorrei ricordare che quello più grande fra noi due sono io, Arianne -
La ragazza fece finta di non sentirlo e continuarono a camminare, fino a quando non si fermarono esattamente davanti al ristorante di cucina messicana, e rimasero sconvolti.


- Alb, amico, sul serio... Mi speghi perchè ti devo accompagnare io al tuo appuntamento? - chiese confuso Tom, mentre faceva manovra con il pick-up, alla ricerca di posteggio decente.
- Perchè la mia moto è dal meccanico, e avevo bisogno dell'aiuto del mio migliore amico - rispose il corvino, con fare ovvio.
- Non mi sembra che questa mattina io ti sia stato di grande aiuto - borbottò l'altro, per niente convinto.
Alberich scosse la testa - Invece se non fosse stato per te, questo appuntamento non ci sarebbe mai stato. Mi stai portando fortuna con Robert, amico -
Tom non sapeva se il suo migliore amico fosse davvero serio o se stesse scherzando, ma con tutta sincerità preferiva non saperlo.
Sul serio.
Era in quei momenti che Alberich gli faceva quasi paura.


Parcheggiata la macchina, Tom fu costretto ad accompagnare il corvino fin davanti al ristorante dell'appuntamento.
Rimasero entrambi stupiti nel trovare, lì fuori, Robert in compagnia di una giovane ragazza.
- Abbiamo un piccolo problemino... - esordì il castano, grattandosi la testa - Il ristorante è chiuso -
Alberich si diede mentalmente dell'idiota almeno una cinquantina di volte; si era dimenticato che quello era l'unico giorno di chiusura del locale.
Tom ne era sempre più convinto: il suo migliore amico, da quando aveva avuto l'imprinting con il giovane umano, stava diventando sempre più stupido.
Si stava sul serio rincitrullendo il povero Alberich.
- Ho un'idea! - se ne uscì all'improvviso Arianne, attirando su di sè l'attenzione di tutti e in particolare dell'altro corvino - Perchè non venite al "Fairy Law"? -




NOTA:
(1): Questa è una piccola chicca sulla storia. Per il personaggio di Arianne, mi sono parecchio ispirata al personaggio di Cana Alberona del manga/anime Fairy Tail, creato da Hiro Mashima (il mio mangaka preferito in assoluto <3). Arianne vuole essere una sorta di richiamo/tributo al personaggio.



Angolo della mente malata:
Amo alla follia Arianne :3 Voi cosa ne pensate della sorellina del nostro caro Rob?
Vi anticipo già che sto già progettando una storia (si un'altra) su di lei, ma non vi dico nient'altro. (Sapete che sono della filosofia "NO SPOILER").
Nei prossimi capitoli succederanno un saaaacco di cosine interessanti :3 Sotto ogni punto di vista ;) Ma non vi dico perchè sono malvagia, e devo difendere la mia malvagia immagine di autrice perfida (Anche se sotto sotto vi voglio bene, e lo sapete anche voi).
Cosa pensate succederà nel prossimo/prossimi capitoli?
Fatemelo sapere con un commentino qua sotto
Io vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*

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Capitolo 17
*** Fairy Law. ***


capitolo 17
Capitolo 17
Fairy Law.


Alberich sarebbe sempre stato grato all'idea geniale della sorellina del suo futuro compagno. Aveva salvato il loro appuntamento proponendo di andare al locale dove lavorava.
Il corvino conosceva di nome il proprietario di quel locale; Macao, un ex mago in pensione.
Il "Fairy Law" era frequentato da una clientela mista, sia umani che mostri, e fino alle 22:00 faceva da ristorante poi si trasformava in discoteca.
Alla fine il tranquillo appuntamento a due, tra Robert ed Alberich, si era magicamente trasformato in uno da quattro.
Alberich aveva costretto Tom a rimanere, mentre Rob sua sorella.
Entrambi avevano paura che, se fossero rimasti da soli, avrebbero combinato qualche casino.
Sotto consiglio della sorella, il castano si era rilassato ed aveva cercato di essere più aperto nei confronti dell'orso-tattoo.
Parlarono molto quella sera.
Robert scoprì che Alberich lavorava in città come tatuatore in uno studio di sua proprietà, e che era di origini canadesi.
In compenso il corvino scoprì che Robert studiava storia dell'arte all'Università, e che sognava di lavorare in una galleria d'arte o in un museo.
Non furono gli unici a parlare molto quella sera.
Anche Tom ed Arianne, a grande sorpresa di entrambi, scoprirono di avere molte cose in comune.
Davvero tantissime.


- Perchè tu e il tuo fusto tatuato non andate a bere qualcosa di là, soli soletti? - gli propose sottovoce Arianne, mandando così nel panico il fratello.
Certo, l'appuntamento doveva essere solo tra lui ed Alberich, ma aveva paura di rimanere da solo con lui.
Arianne, conoscendo bene il "cuor di leone" di Robert, chiese aiuto all'altro fusto seduto davanti a lei.
Se quei due volevano che l'appuntamento andasse a buon fine, dovevano intervenire Rie e Tom.
Con la scusa di dover andare a prendere da bere al bancone bar, Arianne e il corvino si allontanarono al fine di lasciare da soli i due piccioncini.
Robert osservò la lunga chioma castana della sorella allontanarsi, ed entrò subito nel panico.
Stare da solo con Alberich in quel momento gli sembrava un'idea terribile.
I motivi erano principalmente due: 1) avrebbe fatto una cazzata e avrebbero finito per litigare; 2) avrebbe fatto una cazzata e sarebbe finito per saltare addosso all'O'Konnor più giovane.
- Sembriamo due adolescenti al primo appuntamento - ridacchiò Alberich, appoggiando sul tavolo il suo long drink vuoto per metà.
Robert si trovò d'accordo con lui, ed annuì con la testa - Per assurdo sembrano più a loro agio mia sorella e Tom. Sembra il loro appuntamento, non il nostro -
Il tatuatore aveva notato come il suo migliore amico osservava la sorella del suo futuro compagno.
Non era certo che si trattasse di imprinting, ma era sicuro del fatto che a Tom piacesse Arianne. Anche tanto.
Era meglio per il corvino tenere le mani al loro posto e non rovinare tutto, se ci teneva a tenere la testa sul collo.
- Alla fine l'hai ammesso - sorrise furbo il tatuato.
Robert lo osservò confuso - Cosa? -
- Il fatto che questo sia un appuntamento - sorrise ancora Alberich, mentre il castano alzava un sopracciglio in un'espressione perplessa.
- Non l'ho mai negato - gli fece notare.
- Ma nemmeno confermato, prima di qualche secondo fa -
Robert alzò gli occhi al cielo.
Sarebbe sempre stato così con lui?
Erano da poco scattate le 22:00 quando la piccola pista da ballo iniziò, pian piano, a riempirsi.
Ad Alberich venne un'idea - Ti va di andare a ballare? -
- Assolutamente no! - scattò su Robert.
- Perchè? - chiese il corvino, come un bambino a cui era appena stato negato un cono gelato.
- Perchè non so ballare - rispose l'altro, incrociando le braccia al petto.
Anche Alberich non sapeva ballare, ma questo preferì non rivelarlo.
Il suo obbiettivo non era andare a ballare con il castano, ma provocarlo piano piano affinchè si sciogliesse un po'.
Anche se avevano parlato parecchio durante la cena, Robert aveva sempre mantenuto una certa rigidità.
Era arrivato il momento di fare qualcosa.
- Allora ti va di andare un secondo fuori a prendere una boccata d'aria? -
Robert parve pensarci un secondo, valutando l'offerta del tatuato.
Alla fine, accettò, e sul viso di Alberich nacque un grande sorriso spontaneo e allegro.


Varcata la soglia, l'aria fresca della notte colpì in pieno viso Robert, che si ritrovò a stringersi automaticamente nella sua giacca.
L'azione del castano non passò inosservata ad Alberich.
- Hai freddo? - gli chiese, con premura.
Il ragazzo scosse il capo.
- Peccato. Avrei potuto riscaldarti con il mio corpo - sorrise Alb, malizioso.
A Robert sarebbe davvero piaciuto far sparire in qualche modo quel sorrisino impudente, che tanto odiava ed amava al tempo stesso, ma si limitò a lanciargli una semplice occhiataccia mentre tirava fuori dalla tasca un pacchetto rosso.
- Fumi? - chiese il tatuatore, non nascondendo in alcun modo la smorfia di disappunto dipinta sul suo volto.
- - rispose tranquillo Robert, tirando fuori dal pacchetto di Marlboro rosse una sigaretta e dalla tasca opposta il suo fedele zippo argentato.
- Fa male fumare - si lamentò l'uomo tatuato, ricevendo in risposta un'occhiataccia da parte di Rob.
Il castano, nonostante il commento del corvino, si portò la sigaretta alla bocca e l'accese in tutta tranquillità sotto lo sguardo attento di Alberich; Robert non si sarebbe mai sognato che l'uomo gli avrebbe preso la sigaretta di bocca, spezzandola a metà sotto il suo sguardo sconvolto e lanciandone lontani i resti.
- Che diavolo fai, orso-tattoo? - squittì isterico Rob, osservando con fare assassino il colpevole dell'omicidio della sua povera sigaretta.
- Come già detto prima: fumare fa male; non dovresti farlo, è un brutto vizio - gli rispose Alberich, incrociando le braccia muscolose al petto tonico.
Robert era indeciso tra lo strangolarlo o il passarsi una mano sul viso stanco.
Stare con Alberich era una lotta continua per i suoi nervi.
- Fammi indovinare: il tuo viziaccio invece è importunare poveri ragazzi indifesi, portandoli quasi ad una crisi di nervi, vero? - il sarcasmo nella voce del castano era ben palpabile, ed Alberich si ritrovò a sorridere ancora una volta sornione.
- No - rispose inizialmente, allargando maggiormente il sorriso - Il mio viziaccio è provocare il ragazzo che mi piace da impazzire in mille modi diversi, e portarlo involontariamente ad una crisi di nervi -
Era ufficiale: l'orso-tattoo si divertiva a farlo uscire di senno.
Era sicuro che la loro sarebbe stata una relazione costellata da battibecchi e piccole provocazioni.
- E poi preferisco baciarti senza avere in mezzo a noi il sapore del tabacco bruciato e della nicotina sulle tue labbra - commentò, con voce roca e vibrante Alberich, avvicinandosi lentamente a Robert. Come un predatore con la sua preda.
Sentendo le parole del corvino, Rob arrossì vistosamente e percepì dei forti brividi di eccitazione prendergli la colonna vertebrale e le membra.
- L'alta volta non ti sei lamentato, da quanto mi risulta - lo provocò il castano, seppur con voce tremante.
Alberich ridacchiò roco, avvicinandosi maggiormente, e Robert si sentì mancare.
Tutto quello che provava, in quel momento, gli sembrava amplificato mille volte tanto.
Era normale provare dei sentimenti tanto forti e profondi per una persona che conosceva da così poco? Era davvero normale?
Robert non sapeva davvero cosa credere, in quel frangente di secondo.
Lì all'aperto, fuori dal "Fairy Law", ad un palmo di distanza da Alberich O'Konnor, il giovane Robert Knight aveva paura di essersi perdutamente innamorato del suo orso-tattoo.
- L'altra volta non avevi fumato in giornata, e se lo avessi fatto lo avrei sicuramente sentito -
Ora che O'Konnor glielo faceva notare, quel particolare giorno non aveva toccato neanche mezza sigaretta prima del loro bacio. Quando poi era tornato a casa, nel tardo pomeriggio, ne aveva fumate quasi quattro di fila per il nervoso e l'ansia.
- Lo sai vero che questo non mi convincerà a smettere? - lo stuzzicò nuovamente Robert, alzando il mento con fare provocatorio ed osservando Alberich dritto negli occhi.
Il corvino ridacchiò - Lo sospettavo - ammise - Ma non ho fretta di farti cambiare idea. Ho tanto tempo a disposizione per farlo - gli sussurrò roco, prima di abbassarsi definitivamente sulle sue labbra.




Angolo della mente malata:
Buon salve miei Lords & Ladies :3
Ecco finalmente la prima parte del primo appuntamento di Rob ed Alberich. Sì, ho detto "prima parte". Ovviamente non crederete che il loro appuntamento finisca così, no? ;)
Nei prossimi capitoli succederanno taaaante cosine interessanti, e ne verranno rivelate dell'altre (pian pianino).
Ho notato che in molti di voi stanno già facendo qualche ipotesi sulla natura di Lyla ecc.. Non posso (per ovvie ragioni) ancora rivelare cosa sia esattamente, ma posso dirvi che molti di voi sono fuori strada (alcuni persino in aperta campagna per farvi capire).
Come già detto non è una cosa molto intuibile, poichè (per ora) nella storia non sono apparsi molti riferimenti o altro che possano aiutarvi a capirlo. Però è comunque bello leggere le vostre ipotesi :)
Il prossimo capitolo, come si è potuto già dedurre, sarà incentrato ancora su Robert ed Alberich. Lyla e Ciel torneranno in quello dopo, state tranquilli ;) (e tornerano con alcune piccole chicche).
Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto,
Vi invito a lasciare un commentino qua sotto <3
io vi mando un bacino zuccheroso
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Capitolo 18
*** La serata non è finita. ***


capitolo 18
Capitolo 18
La serata non è finita.


Quello che era iniziato come un casto bacio, si era evoluto velocemente in uno molto più passionale e profondo.
Robert sentiva il cuore pronto ad uscirgli dal petto, e schizzare in strada come un razzo della NASA.
Si trovava letteralemente spalmato contro il muro in mattoni del "Fairy Law" dal corpo tonico, dannatamente tonico ed atletico, di Alberich.
Di solito il castano non si lasciava andare così tanto con i ragazzi che frequentava, ma con Alberich sentiva che era tutto diverso.
Non aveva mai provato dell'emozioni di tale intensità per nessuno, prima di lui, e questo lo destabilizzava.
Era davvero innamorato perso del ragazzo che, in quel momento, lo stava baciando e stringendo con possessività.
In un barlume di lucidità, Alberich riuscì a staccarsi con riluttanza.
- Se non vuoi che mi spinga più avanti di così, ti conviene fermarmi ora. Dopo non sarò più padrone di me stesso, sappilo - lo informò il corvino con voce rotta dall'eccitazione.
Il suo piccolo pulcino non poteva minimamente immaginare quanto fosse combattuto tra il prenderlo lì, incurante del passaggio di probabili passanti, e il trascinarlo a casa sua e farlo lì.
Se Robert non l'avesse fermato in quell'esatto momento, la situazione sarebbe davvero degenerata.
- E se io... - Rob si schiarì un poco la voce, prima di riprendere a parlare - Non volessi che ti fermassi? - chiese, lievemente titubante, alzando gli occhi scuri verso quelli grigi di Alberich, che si erano sgranati per lo stupore.
Fu quella la goccia che fece straboccare la diga, riducendola in mille pezzettini, ed allagando la valle sottostante.
- Sei venuto con la tua macchina? - chiese veloce Alb, per poi vedere il castano scuotere la testa.
- Mi ha accompagnato Arianne, con la sua -
Robert non fece nemmeno in tempo di finire di parlare, che Alberich lo stava già trascinando di peso verso il parcheggio del locale.
- Aspetta! Come facciamo con Arianne e Tom? Non lascio da sola mia sorella! -
- L'accompagnerà Tom; ti puoi fidare di lui - rispose frettolosamente Alb, tirando fuori dalla tasca dei jeans la chiave di una macchina non sua.
- Ma si può sapere dove stai andando? - chiese nuovamente Rob, osservando confuso il corvino davanti a lui.
- A prendere la macchina di Tom -


Robert non era solito fare "grandi pazzie" come quella; non era il tipo che si faceva prendere dai propi istinti primordiali, ma con Alberich si era reso conto che tutto era diverso.
Si sentiva... più vivo.
Anche se, seduto vicino al corvino dal lato del passeggero nella macchina di Tom diretti all'appartamento di Alberich, si sentiva divorato vivo dall'ansia.
Robert era proprio uscito di testa. Sì, signore.
Fuori come un balcone, e pazzo come il Cappellaio di Alice.
Non vi erano altre spiegazioni logiche agli occhi del castano.
Rob, seduto sul quel sedile di pelle consumata, si prese la briga d'osservare con attenzione per la prima volta il suo orso-tattoo.
Aveva tagliato e modellato la barba, in modo che non superasse il mezzo centimetro di lunghezza, ed aveva indossato una camicia bianca, con le maniche arrotolate fino ai gomiti rendendo così ben visibili i tatuaggi sugli avambracci.
Riportò lo sguardo sul viso dell'uomo al suo fianco, e ne studiò meglio i lineamenti.
La mascella era molto squadrata e il naso, se visto di profilo, si vedeva che non era perfettamente dritto.
Molto probabilmente se lo era rotto da ragazzo, ma quella era solo una supposizione di Rob.
- Ti piace quello che vedi? -
Robert sobbalzò sulla sedia, mentre incrociava lo sguardo e il sorriso malizioso di Alberich.
Il corvino aveva avvertito da subito il suo sguardo curioso addosso, e lo aveva lasciato fare.
- Per niente - rispose Rob, incrociando le braccia al petto e girando il viso dalla parte opposta, facendolo così sorridere.
Sapevano entrambi che era una bugia enorme, e non c'era nemmeno il bisogno delle parole per sottolinearlo.
In pochi minuti si ritrovarono davanti alla palazzina dove viveva Alberich, e Robert ne riconobbe immediatamente il portone.
Il portone davanti al quale aveva baciato per la prima volta Alb, di sua inaspettata iniziativa.
Sceso dalla macchina, Robert avvertì il peso dell'ansia schiacciarlo.
Sapeva quello che stava facendo?
Assolutamente no.
Ne era sicuro, in quel momento?
Forse.
Se ne sarebbe pentito un domani?
Molto probabilmente.
Voleva stare con Alberich quella notte?
Robert sospirò ed osservò il suo orso-tattoo che, dopo aver aperto il portone, lo osservava con fare curioso.
Con ogni fibra del suo corpo.


Alberich, varcata la soglia di casa insieme a Robert, si autoimpose di non saltare con fare famelico addosso al suo piccolo pulcino. O almeno non subito.
Non voleva rischiare di spaventarlo, o essere scambiato per un maniaco, e farlo scappare via.
Il suo appartamento era un bilocale molto spazioso.
La cucina fusa insieme al soggiorno era molto semplice ed accogliente, ed era composta da un piano cottura molto moderno e da un'isola, con tanto di sgabelli laterali.
C'era anche un ampio divano ad "L" nero, una TV a schermo piatto ed una console con qualche videogioco.
- Vuoi... qualcosa da bere? - chiese Alb, schiarendosi la voce.
- Sì, grazie. Un bicchiera d'acqua -
Robert, da quando aveva messo piede in quell'appartamento, gli era parso di avere il deserto in gola.
Non era mai stato così agitato in vita sua; nemmeno la prima volta che aveva dovuto sostenere un esame in Università o quando era andato a fare la patente.
Bevuto, in un solo sorso, il bicchiere d'acqua, Robert sentì subito la gola meno secca.
- Senti... - iniziò il castano, tenendo ancora fra le mani il bicchiere di vetro ormai vuoto - Di solito non mi comporto mai così, con i ragazzi con cui esco di solito - gli confidò sincero, con le gote lievemente rosate per l'imbarazzo.
Voleva provare ad aprirsi con Alberich, in totale sincerità e libertà. Voleva... farsi conoscere.
L'uomo tatuato lo ascoltava curioso.
- Così come? - chiese, avvicinandosi al ragazzo ed appoggiandosi all'isola della cucina con il fianco, mentre il castano prendeva a torturarsi le mani come aveva fatto minuti prima in macchina, dopo aver posato il bicchiere.
- Così imbarazzato e confuso continuamente, non li bacio dopo neanche dodici ore di conoscenza, soprattutto di mia iniziato, e non vado a casa loro al primo appuntamento - sospirò.
Sentì il suo orso-tattoo avvicinarsi, ma non lo baciò o abbracciò come molti si sarebbero aspettati, si limitò a dargli delle affettuose pacchette sulla testa.
- Mi sembra di averlo già detto una volta: quello che provi tu, lo sto provando anch'io. Se devo essere sincero: io non ho mai chiesto scusa a nessuno in tutta la mia vita, nemmeno ai miei fratelli, ma con te l'ho fatto. Non sono mai andato così "lentamente" con nessuno prima di te, e non avevo mai portato nessuno a casa mia prima di adesso - l'ultima confessione lasciò Robert lievemente sorpreso.
- Stiamo facendo entrambi tante cose "per la prima volta" da quando ci conosciamo; guardiamola come una cosa positiva -
Robert dovette dargli ragione.
Forse lui si stava facendo troppe pare mentali, e doveva semplicemente lasciarsi un po' andare.
- Ora ti spogli? - gli chiese, poco dopo, Alberich con un grande sorriso candido ed entrambe le mani appoggiate sulle sue spalle.
Il castano ci impiegò qualche secondo a registrare le sue parole, e quando lo fece arrossì vistosamente.
- Ma ti sembrano domande da fare così sfacciatamente, con tanto candore?? - squittì Rob, imbarazzato fino al midollo.
L'orso-tattoo lo osservò confuso - Come avrei dovuto chiedertelo, allora? -
- Non avresti dovuto farlo, punto! - squittì ancora il castano, portandosi entrambe le mani al volto.
Alberich inclinò la testa da un lato - Vuoi che ti spoglio direttamente? -
- NO!! - urlò quasi in risposta, ancora più imbarazzato.
Robert osservò sconvolto il corvino mentre scoppiava a ridere di gusto.
- Tranquillo, stavo scherzando - rispose, tra una risata e l'altra, portando una mano sulla testa del castano per scompigliargli i capelli con fare affettuoso.
Quella sera Alberich scoprì quanto amasse passare le mani tra i capelli soffici del suo compagno. Lo faceva sentire in pace e serenità con il mondo.
- Se prometto di non allungare, troppo, le mani, rimani qui questa notte? - gli chiese, sperando in una risposta positiva.
Alberich moriva dalla voglia di allungare le mani su Robert, eccome se ne aveva la voglia, ma non poteva di certo comportarsi come un allupato.
- Potrei valutare l'idea... - rimase vago Rob, incrociando le braccia al petto.
Quando era entrato nell'appartamento del suo orso-tattoo, si era immaginato che la serata si sarebbe evoluta in tutt'altra maniera.
Nella sua testa si era sviluppato un vero e proprio filmino a luci rosse.
Ma anche l'idea di dormire, solamente, al fianco di Alberich... gli scaldò il cuore. L'immagine di loro due, abbracciati teneramente e dormienti, lo fece sorridere.
- Come mai stai sorridendo? -
La voce di Alberich lo fece tornare con i piedi per terra.
- Niente. Niente - balbettò rosso in viso e imbarazzato - Se... - tossì un paio di volte, per schiarirsi la voce - Se avessi deciso, per pura ipotesi, di restare a dormire... come farei con il pigiama? - chiese, palesemente in imbarazzo, facendo sorridere malizioso il corvino.
Quel sorriso non significava niente di buono.
- Puoi dormire nudo, per me non c'è alcun tipo di problema -
- Alberich! - lo riprese rosso Rob, mentre il corvino alzava entrambe le mani in segno di resa.
- Stavo scherzando, pulcino. Non c'è bisogno di arruffare le piume - rise divertito Alb - Ti presto un mio pigiama... anche se ho il presentimento che ti andrà un po' largo -
In confronto a lui, Robert era esile come un rametto ed era più che certo che le sue vesti gli sarebbero andate larghissime.
Punto nel vivo, Rob incrociò nuovamente le braccia ed alzò un sopracciglio - Scusa se non faccio uso di steroidi, e non sono grosso come te - commentò piccato, lanciando all'uomo tatuato una frecciatina seguita da un'occhiataccia che lo fecero ridere.
- Non ti volevo, in alcun modo, offendere, pulcino. E poi io non faccio uso di steroidi -
L'occhiata scettica di Robert lo fece ridere ancora di più.
- Parola di lupetto! - si mise una mano sul cuore - Tutto quello che vedi tesoro, è roba naturale - si pavoneggiò mostrando i muscoli dei bicipiti - Vuoi toccare? - chiese subito dopo, sfoggiando un altro sorriso malizioso.
Quello fu il turno di Robert per ridere di gusto.
- Meglio di no, orso-tattoo - rispose.
- Hai paura che, sentendo la durezza dei miei muscoli, tu possa cambiare idea e saltarmi addosso con fare famelico? - lo provocò il corvino, ridacchiando ed avvicinandosi maggiormente.
Anche il castano ridacchiò - Potrebbe essere -
Si stava divertendo un mondo nel provocarlo. Era un vero spasso.
- Allora abbiamo un problema - esordì Alb, attirando la sua attenzione.
- Di che tipo? - chiese confuso Robert.
- Io la notte dormo nudo - sorrise.
- Alberich! -



Angolo della mente malata:
Ogni volta che scrivo un capitolo con protagonisti Alb e Rob perdo un polmone XD
Amo scrivere su loro due. Mi diverto come una bimba al parco giochi!
I nostri tesorini stanno facendo piano piano passi avanti, e mamma Harley è contentissima!
Non so bene quando aggiornerò la volta prossima, perchè giugno sarà un mese bello pieno per me.
Per farvi capire: il 4 giugno è il mio compleanno (+18 viva me! <3), il 6 devo partire per andare fuori Milano in un'altra città perchè dal 7 all'11 di giugno ho gli esami (e c'ho una paura che non vi dico) e poi ho giusto il tempo di tornare a casa disfare-rifare la valigia perchè devo partire per andare in Grecia due settimane.
Voglio morì.
E in più ci sono anche gli ultimi, meravigliosi giorni di scuola... che meraviglia.
Vi do un consiglio: evitate come la peste il liceo scientifico/scientifico con scienze applicate.
Lasciate perdere. Andate all'agrario, risparmiatevi anni di sofferenze. Ve lo dico con il cuore in mano.
Stronzate a parte, vi è piaciuto il capitolino?
Nel prossimo torneranno i nostri dolciosi Ciel e Lyla, con alcune novità con loro; siete pronti?
Io vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*


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Capitolo 19
*** Zuppa di funghi e fratelli dalla bocca larga. ***


capitolo 19
Capitolo 19
Zuppa di funghi e fratelli dalla bocca larga.


- Le hai raccontato tutto? - chiese sorpreso Alberich, appoggiando il suo caffè americano sul bancone del bar ed osservando sbalordito il fratello - E come ha reagito? -
- Bene - sorrise raggiante Ciel - Lyla... è davvero incredibile. Certo, all'inizio era un po' scossa, ma sfiderei chiunque a non esserlo dopo quello che ha passato. Prima il quasi attacco del vampiro, poi scoprire che il proprio ragazzo è un mutaforma. Non sono cose che si digeriscono facilmente, ma lei l'ha fatto! -
Ciel era davvero al settimo cielo.
Lyla aveva reagito davvero bene alla scoperta della sua vera natura e dell'imprinting. Ha impiegato diverso tempo per spiegarle che nel mondo sovrannaturale l'imprinting non era una forza divina che obbligava due persone ad innamorarsi.
No, sarebbe stato alquanto ridicolo.
Per i mostri l'imprinting era un sesto senso, che permetteva di riconoscere l'anima gemella quando si incontrava; l'innamoramento arrivava dopo quando, dopo aver conosciuto la persona, ci si rendeva conto di essere in perfetta sintonia l'uno con l'altra.
Non esisteva l'innamoramento istantaneo, solo il colpo di fulmine.
Come in tutti i rapporti interpersonali vi era un'evoluzione, e non si poteva saltare un passaggio o più.
- Sono davvero felice per te, fratello - gli disse sincero Alb - Io devo ancora dirlo a Robert, e pensavo di aspettare ancora un po'. Non so come potrebbe reagire -
Al solo pensiero di un possibile rifiuto, Alberich entrava nel panico. Non era per niente semplice come poteva sembrare.
- Non devi avere fretta, Alb. Io mi sono ritrovato costretto a rivelare tutto a Lyla, di fretta e in furia; a te andrà sicuramente meglio - lo incoraggiò il fratello maggiore, dandogli una bella pacca energica sulla spalla.
Ciel aveva sempre la parola giusta, al momento giusto.
Sapeva come tirarti su di morale, e farti sentire decisamente meglio.
Non a caso, era l'Alpha del loro branco.


Quel giorno Ciel O'Konnor aveva la giornata piena in ospedale.
Nonostante fosse solo sabato, aveva già tre appuntamenti in mattinata e quattro nel primo pomeriggio.
Un vero inferno.
Per sua fortuna amava quel lavoro, e questo gli rendeva il tutto meno pesante e più gradevole.
Verso mezzogiorno era talmente preso da alcuni documenti che, se fosse stato per lui, si sarebbe dimenticato persino di pranzare; fortunatamente era venuto qualcuno in suo soccorso.
Seduto alla sua scrivania, Ciel sentì bussare lievemente alla porta dello studio - Avanti - disse, tenendo ancora gli occhi ben fissi sui suoi documenti.
- Permesso - la voce chiara di Lyla, seguita da un delizioso profumo floreale, attirò immediatamente l'attenzione del dottore.
- Lyla! - esclamò, con un sorriso luminoso - Che ci fai qua? - le chiese alzandosi ed andandole incontro.
La ragazza gli mostrò il sacchetto che teneva in mano - Oggi non avevo niente da fare, così sono venuta a portarti qualcosa da mettere sotto i denti. Non hai pranzato, vero? -
Il corvino scosse il capo, allargando il proprio sorriso, ed afferrando la ragazza per i fianchi - Sei stata molto carina a preoccuparti per me. Lo apprezzo tanto -
Lyla arrossì lievemente sulle gote - Non ho fatto niente di che. Se non penso io al mio lupetto, chi lo fa? -
Sentendo quel piccolo nomignolo, Ciel ridacchiò divertito - È da  ieri sera che hai preso a chiamarmi così - ridacchiò lui, prendendo dalle mani di Lyla il sacchetto ed appoggiandolo sulla scrivania in legno.
- Ti da fastidio? - chiese lei sedendosi sul bordo, vicino a Ciel.
- Affatto - scosse il capo - Cosa mi hai portato di buono? - chiese subito dopo, aprendo con fare curioso la busta di carta e facendo ridacchiare Lyla.
- La migliore zuppa di tutta la città - lo informò, orgogliosa lei - Vicino a dove lavora mia madre conosco un posto che la fa davvero strepitosa. Ti ho preso una zuppa di funghi -
- È la mia preferita! - esclamò sorpreso Ciel - Come facevi a saperlo? -
Lyla sorrise imbarazzata - Diciamo che ho avuto un piccolo aiuto da casa - rispose - Ho chiesto ad Alberich quale fosse il tuo piatto preferito, e cosa gradissi maggiormente - gli rivelò, aiutandolo a tirar fuori le due porzioni da asporto di zuppa, le posatine di plastica e i tovaglioli di carta.
Spostarono anche le varie scartoffie del dottore, per evitare di macchiarle accidentalmente.
- Sicuramente mio fratello avrà voluto qualcosa in cambio; ci metto la mano sul fuoco -
Lyla si fece sfuggire una lieve risatina - Non è stata un'informazione gratuita - disse - In cambio gli ho dovuto dire quali fossero i piatti preferiti di Robert, e credimi: non sono affatto pochi -
Dopotutto, quello tra Lyla ed Alberich era stato uno scambio equo.
Entrambi si erano perfettamente trovati d'accordo su un particolare: per conquistare un uomo bisognava prima passare per il suo stomaco.
Era strano per Lyla avere dei segreti con Rob, o con Bekka, ma sapeva che non poteva rivelare loro una cosa così grande.
Robert molto probabilmente avrebbe scoperto tutto da Alberich da lì a poco; ma Rebekka... era meglio se non avesse mai saputo.
Un conto era digerire che il proprio ragazzo fosse una creatura sovrannaturale, un altro che il ragazzo della propria migliore amica lo fosse. Era tutt'altra storia.
- Quando ci si mette mio fratello sa essere davvero tremendo - disse il corvino con un sorriso, prendendo una generosa cucchiaiata di zuppa.
- Ma mai quanto te, mio caro lupetto Alpha -
Per poco Ciel non si strozzò con il liquido caldo, sentita l'affermazione della sua ragazza.
Suo fratello aveva la bocca troppo larga.
Il dottore si annotò mentalmente di farla pagare al fratello minore, e riportò lo sguardo e la concentrazione sulla studentessa al suo fianco.
- Te l'ha detto, quindi? - chiese, leggermente ansioso e in imbarazzo.
- Non esattamente - gli rispose, sorridendo per farlo stare più tranquillo - Ha solo esclamato, poco prima di salutarmi al telefono, "Salutami quell'Alpha musone". Niente di più -
Era certo. Alberich aveva davvero la bocca troppo larga, per i suoi gusti.
- Volevo aspettare un pochino prima di dirtelo. Non volevo rischiare di sovracaricarti di troppe informazioni, tutte in una botta sola, senza darti il tempo per metabolizzare il tutto - le spiegò Ciel, appoggiando la confezione ormai vuota sulla scrivania ed avvicinandosi maggiormente a Lyla.
- Sono riuscita a non svenire e a non scappare urlando dopo la scoperta dell'esistenza di creature, che credevo esistessero solo nei libri fantasy e che il mio ragazzo è un uomo-lupo. Penso che sapere anche che è a capo di un branco, non mi avrebbe cambiato più di tanto le cose -
Secondo il ragionamento della giovane ragazza, Ciel dovette darle ragione.
Forse era stato troppo provveduto, e soprattutto paranoico.
Il dottore spiegò alla giovane compagna che, mediamente, le compagne umane non accettavano subito il proprio compagno mostro e il loro mondo.
Le menti umane erano molto chiuse e limitate dinanzi al mondo sovrannaturale; ma non quella di Lyla.
Non sembrava scossa, o spaventata, nel sapere che l'uomo di cui era innamorata era un mutaforma, un lupo Alpha a capo del più grande branco di suoi simili che prendeva dal Nord America fino ad una parte del Canada.
- Sarà perchè mi piacciono molto i libri fantasy - aveva risposto come motivazione per la sua curiosa calma.
- Guarda il lato positivo, Ciel. Non mi importa cosa sei. Potresti essere anche un pony arcobaleno, questo non muterebbe in nessuna maniera quello che provo per te -
In quel momento Lyla si sentiva come con il cuore in mano davanti a Ciel.
Pensava davvero quello che gli stava dicendo; non stava mentendo.
Con Lyla, Ciel si sentiva amato profondamente e questo lo faceva sentire veramente bene.
In pace con il mondo.
Non si sentiva così dai tempi in cui i suoi genitori erano ancora vivi.
- Mi spieghi un po' come funziona un branco? Sono molto curiosa. Sempre se ti va, ovviamente - gli chiese, dondollando leggermente le gambe fasciate dai jeans chiari e guardandolo con i suoi grandi occhi da cerbiatta verdi.
- Lo farei più che volentieri, Lyla. Ma è meglio non farlo qui; è troppo rischioso. Ti va bene questa sera a cena? Solo noi due? -
La proposta del suo ragazzo la mandò in fibrillazione.
- Certo! - acconsentì raggiante - Dove andiamo questa sera? - chiese curiosa, subito dopo, mentre Ciel le regalava un ampio e brillante sorriso.
- Che ne dici di casa mia? -



Angolo della mente malata:
No, tranquilli. Non state sognando XD
Ho davvero aggiornato dopo un giorno. Strano, ma vero.
Dovrei teoricamente ripassare per il mio imminente esame, ma mettiamo il fatto che sono pigra da far schifo + il fatto che so di sapere le cose (No, tranquilli non sono diventata una filosofa greca XD) che ho studiato/e ri-ripassato negli ultimi mesi (Dopo un po' ti viene una crisi isterica a furia di ripassare sempre le solite cose) + il fatto che ho un livello di concetrazione pari a quello di un criceto morto in prognosi riservata... e abbiamo il perchè di questo aggiornamento improvviso.
Faccio schifo, lo so. Mi scuso di essere nata (cit.) (Chi capisce la citazione vince un biscotto immaginario :3)
Ma passiamo al capitolo che è più interessante!
Ebbene sì, il nostro amato Ciel O'Konnor è un Alpha. Ma, preparatevi. Perchè nel prossimo capitolo verrà spiegata la composizione di un branco, abbastanza diversa dalla versione standard ;)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto <3
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Capitolo 20
*** A cena con l'Alpha. ***


capitolo 20
Capitolo 20
A cena con l'Alpha.


Nonostante fosse una cena informale, quella tra lei e Ciel, Lyla aveva deciso comunque di farsi carina per lui. Aveva indossato un vestitino in maglia color grigio chiaro, delle calze scure molto coprenti e degli stivaletti neri con pochissimo tacco.
La strada per arrivare a casa del suo dottore se la ricordava perfettamente e, nonostante l'offerta di Ciel per andare a prenderla, aveva preferito andare da sola con la sua macchina.
Già Ciel si stava facendo in quattro per la cena, lei come minimo poteva portare da sè la sua persona fino a lì.
Si era anche offerta di portare qualcosa da bere, ma il corvino aveva insistito affinchè non lo facesse.
Alla fine si era vista costretta a fare come voleva lui.
Essere tremendamente testardi era una prerogativa della famiglia O'Konnor; di tutta la famiglia.
Arrivata nella via dove abitava Ciel, Lyla parcheggiò la macchina poco lontano dal portone d'ingresso.
Dall'episodio del "vampiro biondo", Lyla non si sentiva più sicura ad attraversare di sera lunghi tratti di strada da sola. Si faceva prendere molto dall'ansia, ed anche il più piccolo rumore poteva rappresentare un pericolo mortale.
Lyla aveva preferito non parlarne con Ciel per non farlo sentire in colpa.
Si sentiva ancora colpevole per averla lasciata ad aspettare da sola vicino al cinema, e la ragazza non se la sentiva d'infierire.
Ad accoglierla all'ingresso dell'appartamento fu proprio il suo ragazzo, con indosso jeans, camicia blu scuro con le maniche arrotolate sui gomiti e un ridicolo grembiule verde bottiglia allaciato ai fianchi e con diverse macchie sparse qua e là.
Aveva un'aria leggermente sconvolta, e i capelli scuri arruffati.
Non appena la vide, i suoi occhi parvero illuminarsi.
Si salutarono, con tanto di bacio a stampo, e la fece accomodare all'interno.
La cucina sembrava un campo di battaglia, ma il profumino che alleggiava nell'aria era a dir poco paradisiaco.
Il tavolo da pranzo era stato preparato con cura e precisione quasi maniacale. Semplice ed effetto; esattamente come piaceva a Lyla.
- C'è un profumino davvero delizioso! - esclamò estasiata la ragazza, avvicinandosi curiosa alle pentole fumanti - Cosa hai preparato di buono? -
Gli occhi di Lyla brillavano di pura eccitazione e curiosità, e vedere quella scena fece nascere un dolce sorriso sulle labbra di Ciel.
Con un braccio le circondò il fianco e con fare teatrale iniziò ad elencare - Lo chef questa sera propone: risotto ai frutti di bosco, seguito da un delizioso arrosto di cinghiale servito su letto di purea di patate e, per concludere, cheese cake ai mirtilli -
Ciel si era davvero atteggiato come uno di quei pomposi camerieri francesi tanto parodizzati, e Lyla non era riuscita a trattenere un risolino divertito.
- Sembra tutto squisito. Hai davvero preparato tutti questi piatti da solo? - chiese, davvero stupita, dalla quantità e qualità delle portate.
Lyla non era una cima in cucina, se la cavava egregiamente con i dolci, ma le pietanze elencate dal suo ragazzo le sembravano alquanto laboriose e complicate da preparare. O forse era solo una sua impressione.
- Devo ammetterlo: non è tutta farina del mio sacco - ammise il dottore - La cheese cake l'ha fatta Katia. Io sono una frana con i dolci, mentre le prime due portate le ho fatte io... sotto consulenza telefonica di Riccardo e Stefano -
Lyla riuscì a vedere, attraverso gli occhi di Ciel e le numerose pentole presenti, tutto l'impegno che ci aveva messo per preparare tutto e rendere quella serata perfetta ai suoi occhi.
Quella consapevolezza le riscaldava nel profondo il cuore, e le commuoveva.
Si girò verso il suo ragazzo, gli cinse i fianchi ed appoggiò la testa contro il suo torace. Incurante di macchiarsi il vestito con le macchie sul grembiule del dottore.
- È la cosa più dolce che qualcuno abbia mai fatto per me. Grazie, Ciel -
In quel momento Lyla voleva davvero dirgli mille parole, per fargli comprendere come si sentiva, ma non riuscì a dire nient'altro oltre a quella frase.
Ciel riuscì a comprendere lo stato d'animo della corvina, e il petto gli si gonfiò d'orgoglio. Era riuscito nel suo scopo, e felice strinse maggiormente la ragazza contro il suo petto.
Entrambi si sentivano al settimo cielo, e in pace con il mondo.


- Parlami un po' di come funziona un branco. Com'è essere un Alpha? - gli chiese curiosa Lyla, dopo aver finito la seconda fetta di torta.
A Ciel faceva davvero piacere vedere la propria compagna così curiosa di scoprire lui e il suo mondo; gli piaceva rispondere alle sue curiosità.
- La struttura di un branco cambia molto da mostro a mostro e dalla grandezza del branco stesso. Il mio branco, in quanto formato da lupi mutaforma, è molto complesso nella sua composizione. A capo di tutto c'è l'Alpha. Il suo compito è amministrare, proteggere e guidare il branco, e ne esistono di due tipi: gli Alpha di nascita e gli Alpha di diritto.
Gli Alpha di nascita si riconoscono dal colore del manto, unico per ogni specie. Per i lupi è il nero; se un lupo nasce con il manto di questo colore diverrà in futuro un Alpha. Mentre, per farti un altro esempio, per gli uomini-orso il colore del manto che deve avere un Alpha di nascita è il grigio.
Nascere Alpha non rende necessariamente una persona degna di esserlo, e qui subentrano gli Alpha di diritto. Un qualsiasi membro di un branco può decidere di sfidare apertamente il proprio Alpha in un combattimento, nel quale dovesse vincere lo sfidante quest'ultimo acquisterebbe per diritto il titolo di Alpha.
Al fianco di un Alpha ci sono il Beta e il Gamma. Il Beta è il secondo in comando, quando l'Alpha non c'è è lui ad amministare il branco. Il Gamma, oltre ad avere gli stessi identici poteri di un Beta, è anche la "guardia del corpo" dell'Alpha; ha il compito di proteggerlo ed assisterlo.
Poi... ci sono i quattro Delta. L'intero territorio del branco è diviso in quattro zone, o per meglio dire distretti, e a capo di ognuno di loro vi è un lupo Delta. Ogni Delta ha il compito di gestire la propria zona, e fare un rapporto mensile sulla situazione e portarlo direttamente all'Alpha, o ad uno dei due sottoposti.
Ogni branco è provvisto anche di un esercito; il nostro è davvero molto grande e formato dai lupi più forti e valorosi. A capo dell'esercito abbiamo tra lupi particolari: Omicron, Pi e Rho. Oltre a guidare l'esercito dell'Alpha, in occasioni molto particolari possono diventare i boia e sicari del branco; anche se, nella maggioranza dei casi, queste mansioni vengono lasciate ai Mastini o ai Segugi. Questi due non fanno veramente parte del branco. Sono più una sorta di mercenari che possono decidere di aggregarsi ad un branco, di loro spontanea volontà, o di venire semplicemente assunti dall'Alpha come qualsiasi altro mercenario.
Infine restano due figure molto importanti per un branco, che rappresentano l'anzianità e la saggezza del branco stesso: il Consiglio degli Anziani e la lupa Veggente.
Il Consiglio degli Anziani, come ben intuibile dal nome, è un consiglio formato dai lupi più anziani del branco e tra di loro si possono trovare ex figure di spicco, come vecchi Alpha, Beta od Omicron. Hanno il compito di consigliare l'Alpha ed istruire i lupi più giovani.
Ed infine, ma non per importanza, abbiamo la lupa, o in rari casi lupo, Veggente.
Devi sapere che noi mutaforma siamo mostri molto legati e dediti alla Madre Terra e alla natura, ed abbiamo bisogno di figure (quali Veggenti o Shamani) che ci aiutino a rimanere in sintonia con essa.
Spiegare a parole il ruolo di una lupa Veggente è... complicato. Dovresti vederlo con i tuoi occhi.
Per quanto riguarda la tua precedente domanda, essere l'Alpha di un branco è un po' come essere il sindaco di una cittadina, ma con più responsabilità e doveri. Tutto sommato è bello; il branco è come una famiglia, e la famiglia viene prima di tutto... anche della propria felicità -
Lyla rimase piacevolmente stupita dalle parole del suo ragazzo.
Non poteva minimamente immaginare quanto fosse complesso e strutturato un branco di mostri, e da come ne aveva parlato Ciel le si era scaldato il cuore.
Teneva davvero tanto al suo branco; lo si percepiva chiaramente.
- Che tipo di Alpha sei? Prima hai accennato al fatto che ne esistono di due tipi - gli chiese, dopo qualche minuto, sedendosi insieme a lui sul divano in salone.
Ciel la fece accocolare contro il petto ed iniziò a parlare - Di nascita. La prima volta che mi sono trasformato a sette anni, i miei hanno quasi avuto un infarto - ridacchiò l'uomo, ripensando a quel giorno di tanto tempo fa, con una leggera nota di malinconia - Sono stato il primo caso di lupo Alpha, di nascita, nella mia famiglia e non se lo aspettavano proprio. Ne erano davvero felici, anche se leggermente preoccupati dal ruolo che avrei dovuto ricoprire... -
La malinconia, nel tono di Ciel, era evidente e Lyla si girò verso di lui.
Non le era sfuggito il fatto che il suo ragazzo avesse parlato al passato dei suoi genitori, e questo le aveva fatto intuire il motivo di quell'improvvisa tristezza.
- Sono stati i licantropi? - chiese timidamente, con la paura di essere troppo brusca.
Ciel annuì, e d'impulso strinse maggiormente la ragazza in una morsa protettiva.
- I miei erano i vecchi Pi e Rho, ed erano a capo di due terzi dell'esercito. Una notte caddero in un'imboscata dei lycan... quel giorno persero la vita moltissimi lupi, poco più della metà, e i corpi dei miei genitori non furono mai ritrovati. Io avevo sedici anni, Alberich quindici e Katia solo tredici. È stata molto dura per noi andare avanti, ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Due anni dopo divenni l'Alpha del branco, e dopo pochi anni Alberich divenne il mio Gamma e Katia il nuovo Pi -
Ora Lyla riusciva a comprendere quel velo di costante malinconia che, di tanto in tanto, riusciva a scorgere negli occhi del pediatra.
Perdere i genitori così giovani è qualcosa che ti segna dentro; una ferita che non può guarire, mai.
Per un attimo, complice il silenzio sceso nella stanza, Lyla ripensò alla lettera che aveva trovato nello studio di sua madre.
Cedric aveva accennato ad una guerra, trasformazioni e branchi; che c'entrasse, in qualche modo, con il mondo di Ciel?
Lyla non lo sapeva, e non sapeva se parlarne o meno con l'uomo che la stringeva a sè su quel divano scuro.
Quella sera la ragazza decise di non toccare l'argomento, poichè non era sicura, e i due rimasero lì a parlare d'argomenti futili e a coccolarsi come due adolescenti.




Angolo della mente malata:
Eeeeehhhh buon salve miei Lords & Ladies! :D
Siamo al capitolo ventiiiii *canticchia allegra*. Giuro che non ho bevuto robe strane e che non sono sotto dubbie sostanza (o almeno credo).
Cosa belle stanno per succedere, fidatevi.
Vi dico già che il prossimo capitolo sarà uno molto leggero e di passaggio, in cui vedremo Lyla, Rob e Beki tutti insieme e... nel capitolo 22 arriva un personaggio che, non è propriamente nuovo, ma è già stato nominato una volta (in un momento molto particolare). Non dico altro.
Domani non so se riesco ad aggiornare (anche perchè è il mio compleanno), e non sono nemmeno sicura su domenica. Come già detto, mi  sembra l'altra volta, lunedì parto per andare a fare gli esami in un'altra città (4-5 giorni di MERAVIGLIOSI ESAMI) e devo ancora fare la valigia. Sì, faccio schifo. Non dovrei fare le cose all'ultimo, me lo dice sempre anche mia madre. Ma è contro la mia natura portarmi avanti in qualsiasi cosa nella mia vita. Sono un caso perso. Capitemi.
Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto
io vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*


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Capitolo 21
*** Il ritorno del trio. ***


capitolo 21
Capitolo 21
Il ritorno del trio.


Era da tanto che Lyla, Beki e Robert non uscivano tutti e tre insieme, per andare a fare un giretto tranquillo per le vie della città.
Alla corvina erano mancati quei momenti.
L'idea era stata di Rebekka che, con la scusa di un meritato pomeriggio di shopping, voleva interrogare i due amici sulle loro relazioni con i fratelli O'Konnor.
- Non ci credo nemmeno un secondo che tu ed Alberich l'altra sera abbiate solamente dormito insieme - intervenne Bekka rivolta a Robert, mentre scrutava una camicetta color lavanda con fare critico - Tra noi tre sei tu quello pervertito. È impossibile che tu non abbia fatto proprio niente niente; non saresti il Robert Knight che conosciamo - seguendo il ragionamento della texana, Lyla dovette trovarsi d'accordo con il suo pensiero.
Certo, Robert non era uno che andava a letto con qualcuno al primo appuntamento... ma non andava nemmeno a dormire a casa loro con così tanta tranquillità!
C'era qualcosa che stava omettendo dal resoconto della serata. Se lo sentivano.
- Ok - alzò le mani in segno di resa Robert, avvicinandosi alle due amiche - Non vi ho raccontato proprio tutto tutto... - ammise e Rebekka esclamò un "Lo sapevo!".
- Non pensiate male, però! - iniziò - Non abbiamo fatto niente di "troppo spinto" - mimò le virgolette - Ci siamo solo baciati, tanto, e... coccolati un po'. Niente di male; anche se Alberich, di tanto in tanto, allungava un po' troppo le mani - il volto di Robert divenne leggermente più colorito mentre raccontava.
Lyla alzò un sopracciglio dubbiosa - E tu ovviamente, mentre lui allungava le mani, da buona vittima rimanevi inerme sotto il suo tocco - disse, con l'accenno di un sorriso malizioso.
- Certo che no! - ribattè lui, sfoggiando un sorriso molto più malizioso di quello dell'amica e terribilmente simile a quello del suo ragazzo - Toccavo anch'io. Eccome se ho toccato -
L'ultima affermazione fece scoppiare a ridere di gusto Lyla e Rebekka, portandole a piegarsi lievemente in avanti.
Il vecchio Robert era tornato.
- E tu, cara la mia Lyluccia - la chiamò il ragazzo - Non fare tanto la santarellina con noi. L'ho visto il tuo dottorino e, come Bek non credeva a me, io non credo a te. Dicci come sono andate le cose, per intero; un po' di coccole ci sono sicuramente state -
La corvina aveva paura a chiedergli cosa intendesse con "coccole". Lei aveva una visione molto più innocente della cosa, ma molto probabilmente Robert no. Ne era sicurissima.
- Di sicuro non sono andate come la tua mente pervessa sta immaginando - affermò con fermezza, girando un po' tra gli scaffali alla ricerca di qualcosa di interessante - Ci siamo coccolati, ma non nel modo pervesso in cui lo intendi tu -
- Pervesso? - chiese, fintamente sconvolto lui portandosi una mano al petto - Con tali parole ferisci il mio povero animo, Lyluccia. Non intendevo niente di tutto ciò; ero solo curioso di venir a conoscenza se, per puro caso, Ciel avesse improvvisato una piccola "visita medica", lì sul divano di casa sua -
L'innocenza del tono di voce di Robert e il contenuto delle parole stesse, lasciarono Lyla ammutolita.
- Non so a te Lyla, ma a me Robert pervertito era mancato - ridacchiò la bionda, passandole un braccio intorno al collo, come per darle forza e sostegno morale.


Dopo aver passato un paio di orette in giro per negozi, il trio decise di fermarsi in un bar per prendere qualcosa da bere.
Fuori faceva ancora freddo, e dopo due ore di avanti e indietro, sentivano la necessità di ingerire liquidi caldi.
Si sedettero ad un tavolino quadrato, vicino alla parete opposta all'ingresso, e sotto ad uno specchio rettangolare appeso lì.
Lyla e Beki ordinarono dei the al limone, mentre Robert un cappuccino.

- Ahahahahaha. Non ci posso credere! -
Rebekka non riusciva più a trattenere le lacrime dalle risate, e Lyla non era da meno. Per fortuna la corvina possedeva molto più autocontrollo, rispetto alla texana.
- Siete delle disgraziate! - squittì Robert, con voce acuta - Ridete delle mie disgrazie! - finì, allargando le braccia con fare teatrale.
Il ragazzo aveva appena finito di raccontare alle sue due migliori amiche cosa Alberich aveva deciso di organizzargli per il week-end.
Una cosa che, agli occhi di qualsiasi persona, sarebbe risultata la "cosa più dolce e romantica che un ragazzo potesse organizzare".
- Quanto sei teatrale, Robbie! - commentò Bekka, alzando gli occhi al cielo e puntandogli contro un'unghia smaltata di celeste - Dovresti essere felice che il tuo fantastico ragazzo ti organizzi una cosa tanto carina. Ad avercelo un ragazzo così! -
Robert fulminò la texana con lo sguardo - Io odio il campeggio con tutto il cuore. Lo sai! -
- Allora perchè non gliel'hai detto? -
La domanda di Lyla riuscì ad ammutolire il castano per alcuni secondi.
- Perchè quando mi ha detto di voler organizzare questo campeggio/pic-nic era così entusiasta che non me la sono sentita di dirgli che io odio andare per boschi, dormire in tende e fare pic-nic sull'erba. Non sono mica cappuccetto rosso, io! -
Lyla si trattenne dal fargli una battutina legata ai lupi.
Robert, per quanto ne sapeva lei, non era ancora venuto a conoscenza della vera natura del suo orso-tattoo. Infatti, Alberich aveva voluto organizzare quel mini viaggio proprio per rivelargli il proprio segreto.
- Dai, Robbie. Non sarà tanto male! - cercò di incoraggiarlo la corvina - Romperai un po' la monotonia, ed andrai a fare qualcosa di nuovo con il tuo ragazzo. Vedila come una semplice mini vacanzina romantica per voi due -
Il castano parve pensare alle parole dell'amica, ma non sembrava ancora convinto al 100%.
Dovette intervenire Rebekka per convincerlo una volta per tutte.
- Pensa solo a questo, Rob: voi due, soli soletti, isolati dal mondo, in un bosco, in una tendina microscopica, carne contro carne... Lascia lavorare la tua mente perversa, e vedrai che questa sarà la migliore vacanza della tua vita. In tutti i sensi, baby -
Il discorso della bella texana ebbe l'effetto sperato, e il cervello del ragazzo iniziò a creare un vero e proprio film vietato ai minori; la conferma fu l'ampio sorriso malizioso che apparve sul viso di Robert.
- Ho la netta sensazione che lo stare sempre con Alberich non ti abbia fatto molto bene - e con l'ultima affermazione di Lyla scoppiarono a ridere tutti e tre ancora una volta.



- Questo pomeriggio avete qualcosa da fare? Io sono bloccata al negozio di nonna fino alle quattro, ma potremmo organizzare qualcosina - propose Rebekka agli altri due.
Erano da poco usciti dal bar dove si erano ritrovati, dopo aver bevuto la loro bevande calde, a pranzare molto velocemente con dei sandwich.
- Mi sembra una buona idea; potremmo andare a cenare al sushi. Nel pomeriggio sono un po' impegnato: fra poco devo andare a lavoro, poi devi andare a prendere mia madre in ufficio perchè è senza macchina ed infine Alberich mi aveva proposto di andare a trovarlo nel suo studio di tatuaggi... ma non so se ci andrò. Non mi fanno impazzire quei posti - riflettè Robert ad alta voce, elencando gli impegni del suo indaffarato pomeriggio.
Quando il suo orso-tattoo gli aveva proposto di andare a fargli una visita sul lavoro, era rimasto alquanto sorpreso.
L'ultima volta che era stato in uno studio di tatuaggi risaliva a tre anni prima per accompagnare sua sorella Arianne appena maggiorenne; è stata la prima ed unica volta in cui l'accompagnò.
Alla fine del primo tatuaggio di Rie, Rob era uscito dal negozio sconvolto e traumatizzato.
Molto probabilmente, quel pomeriggio, si sarebbe limitato ad aspettare Alberich all'ingresso, salutarlo e poi andarsene.
Sì, molto probabilmente avrebbe fatto così.
- Tu, Lyla? -
La corvina si volse verso Rebekka - Ti devi vedere con Ciel? - chiese poco dopo.
Lyla scosse la testa - Oggi lavora tutto il giorno fino a tardi. Sono liberissima -
- Ok. Allora! - esclamò - Facciamo alle 8:00 al solito ristorante giapponese -
I tre conoscevano un ristorantino, vicino a casa di Robert, in cui andavano dai tempi del primo anno di Università. In quel posto erano quasi di casa e conoscevano buona parte dello staff.
Era un locale aperto esclusivamente di sera, che faceva anche da sushi bar. Un posto davvero delizioso.
Certo, l'ultima volta che Lyla e Rob erano andati a mangiare giapponese non era andata tanto bene in un primo momento, ma sicuramente quella sera non ci sarebbero stati problemi.



Angolo della mente malata:
Mi sento uno straccio.
Ho finito gli esami, mi sono fatta 6-7 ore di macchina fino a Milano e (dopo nemmeno 24 h che ero a casa) ho dovuto rifare la valigia e partire per Verona con mia sorella maggiore. (Dei suoi amici hanno partecipato ad una fiera,e un botto di altre robe ed io sono andata con lei).
Se contiamo anche il fatto che il 18 parto e io devo lavare e stirare il mondo (non sto scherzando. Sono due-tre giorni che faccio lavatrici su lavatrici), potete comprendere in piccola parte il mio stato d'animo.
Sono a pezzi.
Lo dico già adesso, onde evitare problemi ed inutili ripetizioni: NON SO QUANDO AGGIORNERO'. NON LO SO.
Potrei postare un capitolo poco prima del 18, come uno agli inizi di luglio. Non lo so.
Perciò per favore, non riempite i commenti-messaggi privati di "Aggiorna" o "Aggiorna subito". Non lo dico per essere sgarbata o altro, ma mettetevi nei panni di chi scrive per un momento. Farsi il mazzo per scrivere un capitolo, nonostante i problemi della vita di tutti i giorni, e ricevere in cambio solo un "Aggiorna immediatamente" (dopo neanche 30secondi dall'aggiornamento) ... non è proprio il massimo. (Purtroppo non mi riferisco solo a questa storia).
Noi ci sentiamo alla prossima
- Harley

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Capitolo 22
*** La decisione di Shannon. ***


capitolo 22
Capitolo 22
La decisione di Shannon.


Quella mattina Shannon era davvero nel panico, e il problema non era il caso di cui si stava occupando da un mese a quella parte.
In cuor suo era al settimo cielo che la sua primogenita avesse avuto il suo imprinting, ne era davvero felice, ma il problema era il momento in cui era arrivato.
Lyla, non ricevendo fin dalla tenera età gli stimoli adatti che le avrebbero permesso di trasformarsi, non aveva mai mostrato i sintomi di un qualche cambiamento sovrannaturale e per tale ragione era davvero insolito che avesse avuto un imprinting, senza la sua parte mostruosa sviluppata.
Era davvero un caso strano e particolare, che complicava alquanto la loro situazione.
Shannon era consapevole del fatto che, prima o poi, avrebbe dovuto rivelare tutta la verità alle figlie, ma non si sentiva ancora pronta.
Sarebbe stato tutto più semplice se al suo fianco ci fosse stato Cedric.
La donna sospirò pesantemente, si portò indietro i lunghi capelli mossi castani, ed appoggiò entrambi i gomiti contro la superficie liscia della sua scrivania.
Un lieve bussare alla porta del suo ufficio attirò la sua attenzione.
- Avanti -
Dall'ingresso fece capolinio una chioma nivea e, riconosciuto il proprietario, Shannon scattò in piedi.
- Ciao, Shannon. Sono arrivato il prima possibile. Ho faticato non poco per riuscire a venire qui da solo; Cedric voleva venire a tutti i costi. È un vero testone quando ci si mette - ridacchiò Vieri, richiudendo la porta alle sue spalle.
- Come sempre - ridacchiò la donna, avvicinandosi al giovane uomo di appena trent'anni per poi abbracciarlo.
- Sono davvero felice di rivederti, Vieri -
Shannon vedeva il ragazzo come un figlio, e lei e la sua famiglia gli dovevano davvero tanto per il suo aiuto.
- Lo stesso vale per me. Anche se avrei preferito rivederti in occasioni più rosee... -
Al commento del biondo la donna annuì lievemente col capo, prima d'incrociare le braccia sotto il seno.
- Quindi è certo? Intendo quello che mi hai rivelato via telefono -
La donna annuì - Ne sono più che sicura. Riconosco un mostro quando ha un imprinting, e Lyla... - sospirò - Lo ha avuto - finì con certezza, prima di ritornare a sedersi alla scrivania, seguita da Vieri che si accomodò davanti a lei.
- Sai chi è? - le chiese.
- Penso sia il suo attuale ragazzo. È il nuovo pediatra all'ospedale, in sostituzione della dottoressa Parker. Si chiama Ciel O'Konnor - pronunciato il fatidico nome, l'uomo sobbalzò e sgranò incredulo gli affilati occhi celesti.
- Spero con tutto il cuore, Shannon, che tu stia scherzando -
Le parole di Vieri la destabilizzarono.
Per quale motivo avrebbe dovuto scherzare su una cosa simile?
- Lo conosci? -
Il biondo rise - Se lo conosco? - ridacchiò - Diamine, sì. Anche abbastanza bene -
Quella risposta fece agitare maggiormente la donna.
La sua preoccupazione stava salendo alle stelle.
Chiese spiegazioni all'uomo, con tono deciso.
- Ciel O'Konnor è l'attuale Alpha del branco di uomini-lupo che prende Nord America e Canada, e nostri alleati nella guerra lycan. Ho avuto modo di dialogare spesso con il suo Beta e il Gamma. È un ottimo capo, del suo calibro ce ne sono davvero pochi, specialmente di nascita -
- È un Alpha di nascita? - chiese sorpresa Shannon.
Quando l'aveva incontrato, molto tempo prima, per la visita della piccola Marie, non si era minimamente accora che fosse un mostro, figurarsi un Alpha di nascita.
- Non so se questo sia un bene oppure no - pensò ad alta voce, per poi sospirare.
Quella sì che era una situazione davvero complicata.
- Guarda il lato positivo - cercò di rassicurarla Vieri - L'avere come compagno un lupo Alpha può solo che renderla più al sicuro. Ogni compagno darebbe la vita per il proprio imprinting, e se O'Konnor è il suo... Lyla è tra artigli sicuri -
Shannon annuì, anche se non era sicurissima.
Forse era vero. Forse Lyla era davvero al sicuro insieme a quell'uomo.
- Devo parlare con lei e Marie -
- È vero. Devi farlo - concordò il biondo - Non abbiamo più molto tempo, e più aspettiamo peggio sarà -
Vieri aveva ragione, e Shannon lo sapeva.
Il tempo non era più loro alleato da molto tempo.
Non potevano rimandare all'infinito quel discorso; anche se in cuor suo avrebbe preferito.
- Avete trovato mio fratello? - chiese la donna, con un sussurro e voce rotta.
Vieri negò con il capo - Non siamo più riusciti a rintracciarlo. Pensiamo che sia andato a nascondersi coi lycan. Gli ultimi attacchi da parte loro mostrano una conoscenza fin troppo dettagliata dei nostri territori, per qualcuno che non era dei nostri. Quel verme, per vendicarsi, sta spifferando tutti i nostri punti scoperti al nemico - ringhiò furente in risposta, facendo sospirare stanca ancora una volta la castana.
- Tipico da lui - commentò, amara - Avete già provveduto a rinforzare i confini e gli eserciti? -
Vieri annuì - Cedric ha già provveduto, ma non escludiamo la presenza nei branchi di altre spie dei lycan. Le stanno giocando tutte le loro carte, in questo momento -
- È un bene - affermò lieta Shannon - Sanno di star perdendo, ed hanno paura. Fanno bene. In questo modo si stanno scoprendo, e ci stanno fornendo altri modi per colpirli. Ora è davvero questione di pochissimo tempo, e la guerra sarà davvero conclusa -
Con la fine della Grande Guerra contro i lycan sarebbe ritornata la pace, e non sarebbe più colato il sangue di poveri fratelli mostri innocenti.
Sarebbe tutto ritornato come prima e lei si sarebbe potuta ricongiungere con suo marito, dopo tanti anni di sofferente e dolorosa attesa.
- Posso chiederti un ultimo favore, Vieri? -
- Certo, Shannon. Chiedi pure; lo sai che sono al vostro servizio - le rispose Vieri, alzandosi dalla sedia di pelle scura imbottita.
- Vorrei che, quando parlerò con le mie figlie, ci sia anche tu; in qualità di Beta del branco, ovviamente. Mi saresti di grande aiuto - disse sincera Shannon, alzandosi anche lei dalla sua sedia ed accompagnando l'uomo fino alla porta.
- Va bene. Non credo che dovrebbero esserci problemi - riflettè lui - Io rimarrò qui in città ancora per una settimana circa... quando pensanvi di parlare con le tue figlie? - chiese curioso.
- Domani sera -




Angolo della mente malata:
Peeensavate che al telefono con Shannon, qualche capitolo fa, ci fosse Cedric... ed invece no :P
Era il nostro, e da me amatissimo, Vieri che finalmente entra in scena come si deve. (Era stato nominato nella lettera di Cedric a sua moglie e al telefono era lui)
Che dire? Ci stiamo avvicinando al momento cruciale. Nei prossimi capitolini ci saranno non poche scoperte, alcune sconvolgenti ed altre un pelino meno.
Per chi freme dalla voglia di scoprire la verità su Lyla dovrà attendere ancora un po'. Nel prossimo capitolo ci sarà un approfondimento sulla vita/passato di Robert e sulla sua situazione famigliare, con l'aggiunta dell'arrivo in scena di due nuovi personaggi (che vi annunciò già essere uno la madre di Robbie, Christine, e l'altro una donna di cui scoprirete meglio la storia più avanti di nome Daphne).
Sono da poco tornata della Grecia e non scherzo dicendo che la settimana trascorsa sia stata la peggiore della mia vita. Se dovessi elencare tutte le cose disastrose (e veramente brutte) che mi sono capitare in soli miseri 7 giorni penso che non mi credereste.
Ma non sono qui per parlare della mia vita che sta sprofondando nelle gelide e nere acque dello Stige (Ho passato le vacanze a leggere Percy Jackson), parliamo d'altro!
Ho deciso di partecipare su Wattpad con questa storia, e altre due (forse se ne aggiunge anche un'altra non so), ai Wattys 2016 :D
Premetto dicendo che io scrivo un unico grande Angolo della mente malata sia per Wattpad che EFP (non sto a scriverne due diversi con il poco tempo che ho), e molto probabilmente i lettori di EFP non sanno neanche cosa sono (e nemmeno io fino a qualche settimana fa se devo essere sincera, nonostante sia iscritta su Wattpad da quasi due anni) e per farla moooolto breve è un sorta di concorso. Detta molto easy. E niente, ho deciso di partecipare così :) un po' per divertimento e un po' per fare qualcosa di nuovo (sinceramente me ne frega zero di vincere o altre robe, lo faccio solo per partecipare).
Io vi mando un bacino zuccheroso <3
- Harley ;*

Ci tengo a ringraziare:
1 - Aoi_Chou [Contatta]
2 - Artena [Contatta]
3 - BlackGirl_Chan [Contatta]
4 - Desyree92 [Contatta]
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14 - valentinagm [Contatta]
15 - white_chaos_dragon [Contatta]
che hanno messo la storia tra le seguite :3
1 - CloveRavenclaw39 [Contatta]
2 - NancyZquad_1D [Contatta]
3 - noemichan [Contatta]
che hanno messo la storia tra le ricordate :3
1 - giglio16 [Contatta]
2 - ICE1984 [Contatta]
3 - lamu4ever15 [Contatta]
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5 - reaperangels [Contatta]
6 - Red23 [Contatta]
7 - Saretta_27 [Contatta]
che hanno messo la storia tra le preferite <3
Vi lovvo tanto tanto <3 <3



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Capitolo 23
*** Lo studio dell'orso-tattoo. ***


capitolo 23
Capitolo 23
Lo studio dell'orso-tattoo.


Uscito da lavoro, Robert si diresse verso la sua esuberante macchinetta. Aveva venti minuti buoni per poter raggiungere l'ufficio di sua madre, Christine.
La donna lavorava come impiegata in un'agenzia assicurativa, a metà tra la banca e il municipio cittadino.
Aveva iniziato a lavorare lì subito dopo il divorzio, quasi cinque anni fa.
Il padre di Robert era un uomo schifoso; viscido e cattivo come pochi.
Aveva tradito la moglie così tante volte da assicurarsi il titolo di "marito meno fedele" fino alla fine della specie umana e della vita.
Robert ricordava ancora perfettamente le innumerevoli volte in cui aveva trovato sua madre, nel cuore della notte, in lacrime a causa del marito.
Fin troppe.
Sia lui, che sua sorella Arianne, non erano mai riusciti ad accettare quel genitore che di paterno possedeva ben poco.
Non appena sua madre, dopo anni di tradimenti, chiese il divorzio lui sparì nel nulla.
Le uniche cose che gli divano la certezza che fosse ancora vivo, erano della orribili cartoline d'auguri che spediva a Rob e Rie ogni Natale. Niente di più.
A differenza dell'invisibile padre, Christine aveva accettato molto bene l'omosessualità del figlio. A sua madre non interessava con chi andasse; l'unica cosa che desiderava con tutto il cuore era il bene dei propri bambini.


Robert parcheggiò esattamente davanti al piazzale difronte al palazzo, e dopo pochi minuti salì a bordo sua madre con la sua indomabile chioma di ricci ribelli castani.
- Ciao, passerotto - lo salutò la madre, depositandogli un dolce bacio sulla guancia - Come è andata con Lyla e Beki? Stanno bene? - chiese curiosa, mentre si allacciava la cintura di sicurezza e Robert faceva ripartire la vettura.
- Sì, stanno bene. Questa sera usciamo tutti e tre a cena, come ai vecchi tempi. È da un sacco di tempo che non organizzavamo qualcosa tutti e tre insieme - la informò il figlio, facendo sorridere Christine lieta.
- E con il tuo ragazzo come va? -
Alla domanda, così improvvisa, della madre per poco Robert non inchiodò con la macchina.
Aveva iniziato a sudare freddo, e ad agitarsi.
Il motivo era uno solo: lui non aveva ancora parlato a sua madre di Alberich. Era stato ben attento a non farne alcuna parola.
Come faceva sua madre a saperlo?
- È stata Arianne, vero? - chiese.
- - rispose con semplicità Christine, portando così Robert a ridurre entrambi gli occhi a due fessure.
Sua sorella e la sua boccaccia larga; gliel'avrebbe fatta pagare.
- Te ne stavo giusto per parlare... - tentò di difendersi il ragazzo.
- Non è vero - rispose sempre con calma la madre - Lo sai anche tu che non lo avresti fatto -
Ed era verissimo.
- Lo sai vero che lo voglio conoscere? -
Robert stava grondando sudore per l'agitazione.
- Ma, mami, non è un po' troppo presto per conoscerlo? Stiamo insieme da nemmeno_-
- Lo sai vero che lo voglio conoscere? - chiese ancora, con calma, mentre il figlio sospirava stanco e sconfitto.
Robert non poteva vincere contro sua madre.
- Quando? -
- Questo venerdì. Faccio il polpettone di carne -


Riaccompagnata Christine a casa, Robert guidò fino allo studio di Alberich.
Non appena arrivò, spense il motore e rimase con entrambe le mani ben salde sul volante in pelle nera. Tamburellò le dita nervoso su di esso, indeciso sul da farsi.
Scendere o non scendere.
Sarebbe sceso e sarebbe rimasto all'ingresso ad aspettare Alb, lo avrebbe salutato e poi tutti a casa propria.
Era un piano magnifico.
Sì, avrebbe fatto così! Era deciso.
Lo studio da fuori non sembrava molto grande, ed aveva un'insegna al neon molto particolare; citava: "Raven & Wolf's tattoos", ed aveva una piccola testa di lupo raffigurata sotto.
" Che cosa strana..." pensò Robert, osservando il disegno con fare rapito.
Scosse la testa, e decise finalmente di varcare la soglia.
Come sospettava il ragazzo, nemmeno l'interno del negozio era molto spazioso.
I muri, tinti di un rosso molto spento, sfoggiavano numerose fotografie di tatuaggi e disegni di ogni forma e stile.
Alla destra dell'ingresso c'erano delle piccole poltroncine singole, in pelle nera, e davanti a lui c'era un bancone di vernice lucida del medesimo colore.
Dietro al bancone, una ragazza dagli accecanti capelli rosa lo osservava curiosa. Avrà avuto sì e no la stessa età di Rob e, oltre ai vivaci capelli colorati, aveva un piercing al labbro inferiore e le braccia, visibili grazie ad una canottiera, piene di tatuaggi in bianco e nero.
Lo osservò per qualche secondo, prima di aprirsi in un ampio e luminoso sorriso.
- Tu devi essere sicuramente il ragazzo di Alberich - affermò, con molta sicurezza, la ragazza dai capelli rosa mentre si alzava dalla sua postazione e gli si avvicinava, tendendo una mano - Io sono Daphne, ma puoi chiamarmi Didi. È un piacere conoscerti; Alberich non fa altro che parlare di te -
Quella piccola rivelazione fece lievemente arrossire Robert, mentre ricambiava la stretta di mano e rispondeva alla presentazione.
- Alberich in questo momento sta finendo di tatuare un cliente; se vuoi puoi aspettarlo qui. Non dovrebbe metterci molto - lo informò Didi, indicandogli la fila di divanetti vuoti.
Il castano annuì meccanicamente ed andò a sedersi con velocità.
Si sentiva leggermente nervoso e a disagio; lui e quei posti non andavano molto d'accordo.
Sentire poi addosso lo sguardo della ragazza, che lo osservava attenta, non aiutava proprio per niente.
Robby era così rigido su quelle poltroncine, da sembrare un soldatino di piombo.
Osservandolo, Daphne pensò di aiutarlo a rilassarsi un pochino e di farlo sentire più a suo agio; come era solita fare sempre con i nuovi clienti o i ragazzi al loro primo tatuaggio.
Didi si sedette al posto vuoto vicino a quello del ragazzo, incrociò le lunghe gambe fasciate da dei leggins neri, ed iniziò a parlare.
- Cosa fai di bello nella vita Robert? - gli chiese, attirando la sua attenzione.
- Emh... Studio all'Università - mormorò, leggermente incerto.
Quel posto gli faceva davvero un brutto effetto. Non era mai stato un ragazzo timido in vita sua, nemmeno da bambino, e non aveva nemmeno mai balbettato.
Lo sguardo della ragazza parve illuminarsi - Wow. Che figo! E cosa studi di preciso? - chiese ancora, con fare curioso.
In quel momento Didi sembrava proprio un'adolescente; sprizzava la freschezza e la vivacità di una ragazzina.
- Studio Storia dell'arte -
Daphne rimase di sasso - Non ci posso credere! - esclamò raggiante, avvicinandosi leggermente al viso del ragazzo - Anch'io ho fatto Storia dell'arte all'Università, quando la frequentavo tanti anni fa. Che coincidenza! - sorrise lei, mentre la mente di Robert rimaneva fossilizzata in un punto ben preciso.
" Tanti anni fa? "
- In che senso "tanti anni fa"? - ebbe il coraggio di chiedere il castano, leggermente confuso.
- Beh, sono passati davvero tanti anni da quando frequentavo l'Università e mi sono laureata. In quel senso "tanti anni fa" - gli spiegò la tatuatrice, faticando a capire il motivo di quella domanda.
A Robert si accese una lampadina.
- Scusa la domanda indiscreta, Didi... - iniziò titubante lui - Ma tu quanti anni hai? -
- Trentasette - rispose con candore lei, mentre per poco il castano non cadeva a terra sconvolto.
- Trenta_cosa? - si fece scappare, scioccato e a bocca aperta, mentre la donna ridacchiava divertita per la sua reazione.
- Lo so - ridacchiò lei - Sembro molto più giovane; me lo dicono in tanti. Non sei il primo che ha questa reazione - lo rassicurò Didi, mettendogli una mano sulla spalla.
Robert faticava davvero a credere alle parole di Daphne.
Aveva conosciuto persone che portavano dannatamente bene i propri anni, ma così mai.
Era sconvolto.
- Ti giuro che ti avrei dato al massimo ventitre anni! - esclamò sincero Rob, facendo ridacchiare ancora una volta Didi.
- Ne sono lusingata - disse lieta.
Il rumore di una porta che veniva aperta attirò l'attenzione dei due, e poco dopo videro uscire un ragazzo.
Era magrolino, con indosso dei vestiti parecchio più grandi della sua reale taglia e un cappellino da baseball con la visiera all'indietro.
Robert notò anche che aveva l'avambraccio destro completamente fasciato da una strana pellicola trasparente.
- Allora JJ, com'è andata? - chiese Didi al ragazzo, alzandosi dalla poltroncina e ritornando dietro al bancone lucido.
JJ scosse il capo - È stato un inferno. Ha fatto un male cane - rivelò, riferendosi al tatuaggio.
- Mi sarei stupita del contrario - sorrise la ragazza, poco prima di rivolgersi nuovamente a Robert - Alb adesso è libero; se vuoi adesso puoi andare da lui. La porta è la seconda sulla destra, quella blu scuro -
Anche se il castano avrebbe preferito rimanere lì ed aspettarlo, prese l'inspiegabile decisione di alzarsi ed andare dal suo ragazzo.



La stanza dove si trovava Alberich non era molto grande, ma abbastanza illuminata dalle luci al neon poste sul soffitto.
Era la classica stanza in cui venivano tatuati i clienti, con tanto di poltroncina e mostruosa macchinetta elettrica.
Quella cosa spaventava sul serio il povero Robert; faticava davvero tanto nel riuscire anche solo a guardarla per più di due secondi di fila.
Alberich era seduto su uno sgabello, chino su un tavolino da lavoro, intento a scarabocchiare qualcosa su un foglio, con indosso un paio di occhiali da vista dalla montatura nera lucida.
"Non.ci.posso.credere."
- Tu porti gli occhiali -
Sentendo la sua affermazione, Alberich si voltò sorpreso e, riconoscendo il ragazzo, si aprì in un ampio sorriso.
- Ciao, Robert! - lo salutò, alzandosi in piedi ed avvicinandosi al suo ragazzo, per salutarlo per bene.
- Tu porti gli occhiali -
La mente del castano era rimasta congelata su quel particolare. Non riusciva a smuoversi da lì.
- Emh... sì. Porto gli occhiali - confermò leggermente confuso, avvicinandosi maggiormente e cingendogli i fianchi con le mani - C'è qualche problema? - chiese, notando lo sguardo sbarrato di Robert.
- Tu porti gli occhiali - ripetè per l'ennesima volta, facendo ridacchiare il tatuatore.
- L'hai già detto; per tre volte - gli fece notare, con un sorriso - Di solito metto le lenti a contatto, soprattutto quando esco, ma quando tatuo preferisco tenere gli occhiali. Se ti danno così tanto fastidio posso toglierli - lo informò, portandosi una mano alla montatura scura, ma Rob lo bloccò fulmineo.
- Non t'azzardare nemmeno! - lo fermò, lasciandolo confuso per un momento, prima di portargli entrambe le braccia intorno al collo, stampandosi in faccia un sorriso malizioso davvero poco rassicurante - Ho sempre avuto un debole per gli uomini con gli occhiali! -






Angolo della mente malata:
Aggiornamento super mega iper lampo, perchè ho poco tempo e devo correre >.<
Devo fare un milione di cose e ho davvero poco tempo! (Povera me >.<)
Vi preannuncio già che nel prossimo capitolo succederà una cosa super mega interessante, che SICURAMENTE nessuno di voi si aspetterà :3 (Mi sento un poco malvagia)
Ma visto che sono (un pochino) buona vi dico anche che il prossimo capitolo si intitolerà "Bekka". Nient'altro. Lascio lavorare le vostre menti di fantasia ;)
Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto
io vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*


Ci tengo a ringraziare:
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Capitolo 24
*** Bekka. ***


capitolo 24
Capitolo 24
Bekka.


Erano le 5:30 del pomeriggio, e Lyla era già a casa sua sdraiata sul divano del salotto.
Era da un paio di ore che la ragazza aveva iniziato a sentirsi... strana. Non sapeva nemmeno lei come spiegare quella multitudine di sentimenti e pensieri che affollavano la sua mente.
Tutto era incominciato quando aveva ripreso a pensare alla lettera di suo padre.
Erano ormai passati diversi giorni dal suo ritrovamento, e non ne aveva ancora parlato con nessuno a parte Beki.
Non se la sentiva di parlarne con sua madre, non ancora almeno.
Forse avrebbe potuto chiedere qualcosa a Ciel, e sentire il suo punto di vista sulla faccenda.
Non poteva essere solo una coincidenza, e parlare con il suo lupetto molto probabilmente le sarebbe davvero servito.
Ciel quel giorno avrebbe lavorato fino a tardi in ospedale e, sapendolo, Lyla decise che gliene avrebbe parlato il giorno seguente.
Il venerdì era il giorno libero del dottore e visto che sicuramente avrebbero passato la giornata insieme, avrebbe avuto tutto il tempo per esporgli i suoi dubbi sulla lettera di suo padre.
Ancora sdraiata sul divano, Lyla si stiracchiò pigramente tirando fuori dalla tasca dei jeans blu il suo telefonino, per controllare velocemente l'orario.
Doveva prepararsi per la cena con Robert e Beki.
Quella serata doveva essere dedicata unicamente a loro tre, e nessun altro.


Arrivati al ristorante, i tre ragazzi andarono subito a sedersi al tavolo che avevano prenotato.
Il ristorantino era illuminato da una dolce luce soffusa, proveniente da una serie di lampadari circolari posti sul soffitto, e i tavolini erano squadrati e di un legno molto scuro.
Oltre ad avere i tavoli, sparsi nella stanza in maniera ordinata, il ristorante aveva anche un lungo bancone, dove le persone potevano sedersi ed ordinare in santa pace.
- Non ci credo che sei entrato in uno studio di tatuaggi, senza svenire - esclamò meravigliata Rebekka, tenendo in una mano il suo cosmopolitan ghiacciato - Cavolo! Stare con questi O'Konnor vi fa veramente bene, ragazzi. Non è che hanno un terzo fratello, single, nascosto da qualche parte? -
Lyla si ritrovò a ridacchiare alla battuta della bionda - Credo proprio di no, Bek -
Rebekka era al settimo cielo per i suoi migliori amici; finalmente stavano avendo tutta la felicità che si meritavano. Riusciva a leggerlo nei loro occhi e negli ampi sorrisi.
La bionda in quella situazione provava un pizzico di buona invidia: anche lei desiderava avere al proprio fianco un uomo che l'amasse anche solo la metà di come facevano i ragazzi dei suoi amici.
Ma Rebekka lo sapeva.
La sua situazione era un pelino più complicata e delicata, rispetto a quella di molti.
Lei era la prima a dirlo: non si può costruire molto senza la sincerità; ma non riusciva, e non poteva, esserlo al 100%.
Nemmeno con Rob e Lyla.


- Comunque lo voglio conoscere anch'io il tuo dottorino, Lyluccia. Qua l'unica a non averlo ancora incontrato sono io - si lamentò, fintamente offesa, la bella texana.
Di solito Lyla faceva conoscere quasi immediatamente i ragazzi che iniziava a frequentare all'amica, ma quella volta non le era ancora capitata l'occasione giusta.
Le aveva fatto vedere, qualche giorno prima, una foto che la ritraeva insieme al suo corvino, ma dal vivo niente.
Nemmeno di striscio.
- Domani mattina, se hai tempo dopo le lezioni, te lo posso far incontrare visto che viene a prendermi - le propose Lyla.
- Certo che ho tempo, darling - sorrise la bionda - Ho sempre tempo per conoscere il ragazzo della mia ragazza preferita. Ti vorrei ricordare che devo ancora dargli la "Benedizione di Bekka", sia a lui che al fratello tatuatore - ricordò, lanciando una velata frecciattina al castano seduto con loro.
"La Benedizione di Bekka" Lyla ridacchiò lievemente al ricordo.
Era una sorta di usanza la loro. Rebekka, quando incontrava i ragazzi che frequentavano lei o Rob, li valutava e decideva se dargli o meno la sua "benedizione".
La bionda texana era come un cane da tartufo in quelle situazioni; fiutava i cretini e gli stronzi a metri di distanza.
Qualità che, insieme alla sua schietta sincerità, aveva salvato i culi di Lyla e Robert un milione di volte.
A molti queste caratteristiche di Rebekka non piacevano, ma Lyla e Rob l'adoravano anche per quello.
Sapevano che non esisteva amica migliore e più fidata di Rebekka Jodie Miller.
- Io vado a prendere qualcos'altro da bere al bancone; voi volete qualcosa? - chiese la bionda alzandosi dal tavolino, sfoggiando il suo splendido tubino grigio perla.
Lyla scosse la testa - Io sono apposto così. Ho paura di non poter reggere un secondo drink -
Non era solita bere molto alcol, per questo preferiva fermarsi al primo bicchiere quando poteva.
La bionda, dopo la risposta dell'amica, si ritrovò ad annuire.
- Tu, Robbie? -
- Per me un moscow mule analcolico. Devo guidare dopo -
Memorizzata la richiesta del castano, la bella texana si allontanò con sicuro e fluido verso il bancone bar.



Per fortuna, al bancone non c'era molta gente e per Rebekka fu facile avvicinarsi e chiedere le sue ordinazioni al barman di turno. Un altro cosmopolitan per lei, e un moscow mule analcolico per Robert.
Mentre osservava il ragazzo dietro al bancone preparare con maestria i drink sotto i suoi occhi, la ragazza iniziò a tamburellare con fare nervoso il tacco delle sue décolleté.
Si sentiva così da una ventina di minuti circa, e non riusciva a comprenderne il motivo.
Era agitata e ansiosa, come se il suo corpo sapesse già che da lì a poco sarebbe successo qualcosa di grosso.
Lanciò una rapida occhiata alla sua destra, mentre aspettava.
Tutti gli sgabelli erano occupati da uomini e donne di ogni età, intenti a bere in calici trasparenti o a mangiucchiare qualche piatto a base di pesce, ma a colpirla in modo particolare fu uno.
Era un uomo sulla trentina, di una bellezza sconvolgente per lei.
Nonostante fosse seduto, Rebekka riuscì ad intuire che fosse molto alto e con una bella corporatura. Aveva i capelli così chiari e luminosi da sembrare quasi bianchi, e non biondi.
La ragazza non riuscì a vedergli gli occhi, visto che era girato di profilo, e non ebbe nemmeno altro tempo per osservare ulteriormente quello sconosciuto.
Il barman attirò la sua attenzione, porgendole i due drink ordinati precedentemente, e la ragazza si vide costretta a tornare al tavolo dei suoi amici, con ancora in testa la capigliatura nivea di quell'uomo.



Il giorno seguente, alla fine delle lezioni, Lyla e Bekka stavano aspettando l'arrivo di Ciel stando sedute su un muretto vicino all'uscita.
Il dottore aveva chiamato poco prima la corvina chiedendole scusa per il ritardo, ed informandola che sarebbe arrivato nel giro di pochi minuti a causa del traffico.
- Vedrai, Ciel ti piacerà. Riesce a farsi amare da tutti - le disse Lyla quella mattina.
Questo Beki non lo metteva in dubbio. Aveva visto come era cambiata in meglio la sua migliore amica.
Era diventata più solare, e sorrideva quasi sempre quando parlava del suo ragazzo.
Se era riuscito a rendere così felice Lyla, Ciel O'Konnor non poteva che essere una bella persona e un amorevole ragazzo.
Come da parola, in pochi minuti le ragazze videro arrivare la macchina metallizzata del corvino.
La prima cosa che pensò Bek quando vide in volto Ciel per la prima volta fu "Lyluccia ha scelto proprio bene" ma, quando l'uomo si avvicinò a loro due, la bionda si sentì strana; e non ci mise molto a comprenderne il motivo.
Il dottor Ciel O'Konnor, il ragazzo della sua migliore amica, non era un essere umano.
Era un mostro.



Ciel e Rebella parvero lanciarsi degli strani sguardi per alcuni secondi, e questo non passò inosservato agli occhi di Lyla.
Lanciò a sua volta uno sguardo al suo lupetto, come per chiedergli "C'è qualcosa che non va?".
Lo sguardo di lui era incredibilmente serio, ma non per questo arrabbiato o alterato in alcuna maniera.
Bastarono poche parole, per sconvolgere la mente della corvina.
- Lei sa -
Rebekka sapeva tutto, e questo sconvolse non poco la ragazza, facendole persino sgranare gli occhi.
Non era la sola; anche Rebekka si trovava nella stessa situazione della corvina.
Rimase qualche secondo in silenzio, incapace di proferire parola alcuna.
Per fortuna di entrambe, a prendere le redini della situazione fu Ciel - Venite. Avrete bisogno di parlare -
Il mutaforma accompagnò le due ragazze nel bar vicino all'Università e alla biblioteca e, dopo essersi seduti ad un tavolo lievemente isolato, a parlare per prima fu Lyla.
- Beki... cosa sei? -
La ragazza sentiva la gola incredibilmente secca e il cuore che pompava veloce per l'agitazione.
- In parte sono umana - iniziò a rispondere la bionda texana - ma anche una specie di maga -
Lyla sgranò gli occhi per la sorpresa, alla rivelazione dell'amica.
- Spiegati meglio - la invitò la corvina, con voce dolce.
Lyla non era assolutamente arrabbiata con l'amica per averle taciuto una cosa del genere.
Poteva capirla.
Ciel le aveva raccontato che i mostri non potevano rivelare la propria natura con tanta leggerezza.
Sicuramente Rebekka aveva taciuto per una questione di paura; non poteva immaginare come avrebbero potuto reagire lei e Robert.
- Sono per un quarto maga, da parte di nonna. I miei genitori sono entrambi umani, ed io sarei dovuta nascere come tale. Ero convinta di essere una semplice ragazza fino a qualche anno fa quando, mentre ero al negozio di nonna, ho iniziato... a sentire qualcosa. Una sorta di attrazione per gli oggetti strambi che mia nonna teneva nel retro bottega; non sapevo che questi non erano altro che manufatti magici. Lei è stata la prima ad accorgersi del mio cambiamento, prima ancora di me, ed è stata lei ad aiutarmi a capire meglio la mia natura -
La bella texana continuò a parlare per una quindicina di minuti buoni.
Rebekka non era una maga molto potente; era una semplice Guaritrice, una maga specializzata nella creazione di lozioni curative ed infusi benefici.
Tutto quello che sapeva sul mondo dei mostri le era stato insegnato da sua nonna negli ultimi anni, così come il riconoscere un altro mostro quando se lo trovava davanti.
- Non ci posso credere - commentò infine la corvina, lasciandosi scivolare contro la schienale imbottito della poltroncina su cui era seduta con Ciel - La mia migliore amica è una maga, mentre il mio ragazzo un uomo-lupo - seguì un lungo silenzio che fece preoccupare i due ragazzi con lei - Tutto questo è una figata assurda! - esclamò poi con un ampio sorriso, che fece sciogliere Rebekka.
La bionda si lasciò scappare una risata cristallina.
- Questa è la Lyla che conosco -
Come già disse una volta a Ciel, a Lyla non interessava minimamente la natura delle persone a lei care.
Rebekka era la sua migliore amica dai tempi del liceo, e niente avrebbe cambiato le cose.
Ovviamente Lyla tempestò l'amica di quesiti, a cui la bionda fu più che felice di rispondere.
Finalmente poteva essere completamente sincera con lei, e la cosa la riempiva di gioia.


Verso mezzogiorno e mezzo, la coppietta salutò la bionda texana per andare a mangiare un boccone.
Avevano invitato la ragazza ad unirsi a loro, ma Rebekka aveva gentilmente declinato l'offerta; non voleva fare il terzo in comodo.
Poco prima di lasciarsi, Bek sussurrò all'amica queste parole - Ciel si è meritato le Benedizione; vedi di non fartelo scappare - seguito poi da un occhiolino alquanto complice e malizioso.





Angolo della mente malata:
Penso di nutrire forti istinti suicidi; o forse sono solo pazza, dipende dai punti di vista.
E' da tempo immemore che mi lamento di avere tante storie a cui dover pensare, e stranamente il numero anzichè calare aumenta. C'è davvero qualcosa che non va in me.
A quante storie sono?
5 ufficiali, 1 momentaneamente sospesa e un'altra (l'unica che avevo completato per ora) da riscrivere completamente.
Ho un problema; mentale ovviamente.
Ma, ehi! :D *musica da colpo di scena* Rebekka non è umana! Sorpresona!
Ve lo aspettavate?
Ma le sorprese non sono finite qui! EEEH VOOOLEVATE!
Il prossimo capitolo sarà IL Signor Capitolo. Avete capito bene.
Nel capitolo 25 si scopre NON solo la verità sul padre di Lyla, ma anche la natura della stessa ragazza! Tante cose belle stanno per succedere :3
Siete pronti?
Io vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*



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che hanno messo la storia tra le seguite :3
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che hanno messo la storia tra le ricordate :3
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Vi lovvo tanto <3 <3



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Capitolo 25
*** Finalmente la verità. ***


capitolo 25
Capitolo 25
Finalmente la verità.


- Non avrei mai immaginato che la mia Bekka fosse una maga; sono rimasta davvero sorpresa - disse Lyla, non appena si sedette sul sedile in pelle scura della macchina del suo ragazzo.
- Noi mostri viviamo in mezzo a voi indisturbati da secoli. Molto probabilmente Rebekka non è nemmeno l'unica ragazza mostro che conosci. Siamo tantissimi, e sappiamo come non farci notare troppo -
Le parole di Ciel riuscirono ad incuriosire la ragazza ancora di più.
Da quanto le aveva detto, chiunque incontrasse per strada poteva essere una potenziale creatura sovrannaturale. Dal bambino che giocava con lo skate nel parchetto, all'uomo in giacca e cravatta che uscita dal proprio ufficio per l'ora di pranzo.
La cosa non dispiaceva minimamente alla corvina.
Si sentiva come un quattordicenne ad una fiera del fumetto: elettrizzata.
Ciel portò la ragazza in un piccolo ristorantino, vicino alla casa di quest'ultima e sotto sua richiesta.
Lyla era ben decisa a parlargli della misteriosa lettera di suo padre, e sentire cosa ne pensava in proposito.
Purtroppo quella mattina, prima di andare a lezione, si era dimenticata di mettere in borsa la lettera.
Al massimo, non appena avrebbero finito di pranzare, avrebbe invitato Ciel a casa sua e gliela avrebbe fatta vedere lì.
Pranzarono con una bistecca ai ferri e due bicchieri di Diet Coke.
- Lyla, ti vedo strana... c'è qualcosa che non va? - le chiese lievemente preoccupato il suo lupo, sfiorandole la mano con la propria.
- Una cosa ci sarebbe - gli confidò, stringendo di rimando la mano del ragazzo, che in quel momento le sembrava notevolmente più grande e calda rispetto la sua.
- C'è una cosa che mi sta turbando da diverse settimane, e volevo proprio parlartene per avere un tuo giudizio a riguardo -
La serietà nello sguardo di entrambi era quasi palpabile, tanto era forte.
Ciel non aveva mai visto Lyla così seria, da quando la conosceva.
Sapere che c'era qualcosa che la turbava, da diverso tempo, agitava anche lui, e per questo le chiese - Di che si tratta? -
- Di mio padre -


Lyla non aveva mai avuto l'occasione di parlare di Cedric con il suo lupo, da quando avevano iniziato a frequentarsi.
Lui sapeva solo che non c'era una figura maschile all'interno della famiglia Moore, e niente di più fino ad allora.
Ciel aveva preferito non fare domande a riguardo, anche per rispetto nei confronti della propria futura compagna; preferiva aspettare che fosse lei ad aprire l'argomento, seguendo i propri tempi, e a tempo debito.
La corvina gli raccontò, davanti ad una fetta di Carrot Cake, tutta la storia sulla sua situazione familiare fino ad arrivare al ritrovamento della lettera nello studio di sua madre.
- Quella lettera era di mio padre. Da quanto ho letto ci doveva essere questo scambio reciproco via epistolare già da un po' di tempo, ma non so da quanto di preciso. In tutti questi anni pensavo che fosse semplicemente scomparso, in una notte di tanto tempo fa, abbandonando me, mia sorella e soprattutto mia madre; ed invece è rimasto in contatto con lei per chissà quanto tempo -
Lyla dovette prendere un grande respiro, prima di riprendere a sfogarsi e parlare con il dottore.
- Nella lettera mio padre ha parlato di una guerra giunta quasi alla fine, di branchi e al fatto di averci lasciate a Washington per la nostra sicurezza -
Lo sguardo del corvino, per tutto il tempo in cui aveva parlato la ragazza, non aveva subito alcun mutamento, ma dentro di lui stava riflettendo a fondo sulle sue parole.
- Come si chiama tuo padre, Lyla? -
Quella domanda, priva di colore e posta così all'improvviso, prese di sorpresa la giovane ragazza.
- Cosa? -
- Il nome di tuo padre; qual è? - ripose la domanda.
- Cedric Fox -
Fu una questione di attimi.
Nell'esatto momento in cui Lyla rispose, il suo telefonino prese a squillare con insistenza, mentre gli occhi grigi di Ciel si spalancarono per lo stupore.
Sicuramente si trattava di un omonimo; non trovava altre spiegazioni.
Ma se così non fosse, Ciel necessitava di un'ulteriore conferma.
Tirato fuori il telefonino dalla tasca della giacca, la corvina lesse velocemente sul display luminoso il mittente della telefonata. Era sua madre.
"Strano" pensò, mentre declinava la chiamata "Di solito non mi chiama mai a quest'ora. La richiamerò dopo".
- Scusami tanto, Ciel - si scusò la ragazza, appoggiando il telefonino sul tavolo - Era mia madre -
- Come si chiama? - chiese il corvino.
- Shannon. Perchè? -
Cedric Fox e Shannon Moore.
Era quella la conferma che cercava, ed era veramente sconvolto. Se in positivo o negativa, Ciel doveva ancora deciderlo.
Non riuscì a dire nemmeno una parola, poichè i due furono nuovamente interrotti da una chiamata della madre della ragazza.
Lyla si scusò ancora - Devo rispondere -
Ciel O'Konnor non prestò molta attenzione alla telefonata in sè, ma si preoccupò maggiormente delle espressioni sul volto della sua ragazza; mutate in un'espressione sconcertata e confusa.
La telefonata durò un paio di minuti scarsi, e quando terminò Lyla parve molto scossa.
Lo stato d'animo in cui si trovava la corvina, fece preoccupare notevolmente l'uomo-lupo.
La chiamò dolcemente, cercando di attirare la sua attenzione ma, quando gli occhi verdi di lei incontrarono i suoi, capì che la situazione era più critica di quello che pensava.
- Mia madre ha detto che deve parlarmi, e devo andare a casa; ha detto che devi venire anche te - iniziò Lyla, trattenendo il respiro - Ha detto: "Porta anche il tuo lupo" -


Come facesse Shannon a sapere di Ciel, era un vero mistero per Lyla.
Troppe informazioni, e troppi pensieri affollavano la mente della giovane; presto sarebbe svenuta, Lyla ne era sicura.
Lei e il dottore arrivarono a casa Moore in una manciata di secondi, ma la ragazza non se la sentiva di oltrepassare la porta di casa.
Era felice di aver scoperto della natura di Ciel, e di Rebekka quella stessa mattina, ma erano comunque notizie che andavano metabolizzate lentamente e con calma.
Quello non era il momento giusto per una crisi di nervi; per niente.
Ciel strinse a sè la ragazza, cercando di darle un qualche conforto.
- Io sono con te, Lyla - le sussurrò, depositandole un bacio tra i lunghi capelli - Non importa cosa accadrà, nè ora nè in futuro: io sarò sempre con te, fino alla fine dei miei giorni - confessò con voce bassa, stringendola maggiormente.
Lyla si accoccolò contro il petto tonico dell'uomo-lupo, appoggiando una mano contro il pettorale sinistro, coperto dallo strato leggero della maglia.
Fece dei grossi respiri profondi prima di girarsi, pronta per aprire quella porta.
L'ingresso di casa era sempre lo stesso, così come ricordava.
Dal salotto sentì delle voci, una delle quali riconobbe essere di Marie, e un odore nuovo. Non seppe come definirlo, ma la ragazza era sicura che con sua madre e sua sorella ci fosse una terza persona a lei sconosciuta.
La sua supposizione si rivelò essere corretta quando vide, in piedi nel suo salotto, un uomo dai capelli così chiari da sembrare nivei.
Ciel era esattamente al suo fianco, e le stava tenendo teneramente la mano.
Shannon, non appena vide la figlia, le rivolse un dolce sorriso materno, e si avvicinò alla coppia.
- È un onore conoscerti, Alpha Ciel O'Konnor. Ho sentito molto parlare di te - si rivolse al corvino l'avvocatessa, accennando un lieve inchino con la testa.
Lyla era sconvolta.
Sua madre sapeva!
Come diavolo era possibile?
La donna, percependo solo in parte lo stato d'animo della sua prima genita, si girò verso di lei, accennando un sorriso colpevole - Ci sono così tante cosa che non ti ho detto, figlia mia, ma è giunto il tempo della verità. Avanti, sedetevi pure - li invitò, indicando con la mano il divano e le due poltrone.
Lyla si sedette sul divano, vicino alla sua piccola pulce che osservava prima Vieri poi Ciel.
- Tu sei il dottore dell'ospedale - affermò con molta sicurezza la piccola bionda, osservando il corvino che era rimasto in piedi vicino alla sua ragazza - Mi ricordo di te - aggiunse subito dopo, mentre Ciel le rivolgeva un sorriso intenerito.
- Mi ricordo anche di te - affermò poi Marie, rivolgendo lo sguardo in direzione di un Vieri lievemente sorpreso.
L'ultima volta che aveva visto la piccola bionda Moore, questa aveva poco meno di un mese di vita. Era impossibile che si ricordasse di lui.
- Ti ho visto in un mio sogno -
Vieri lanciò una rapida occhiata a Shannon.
Un'occhiata che solo lei riuscì ad interpretare.
Con i nervi a fior di pelle, Lyla osservava tutti i presenti facendo saettare lo sguardo da una parte all'altra, come una pallina impazzita.
- Mamma - la chiamò - Io in questa situazione non ci sto capendo più niente, e sento la testa che sta per scoppiare. Dì quello che devi dire, te ne supplico - la pregò la ragazza, come una velata supplica.
Shannon emise un sospiro di stanchezza - Quello che sto per dirti, non è semplice. Fatico a trovare le parole giuste, e un inizio adeguato... -
- Lyla e Marie non sono umane, vero? -
La domanda precisa del lupo fece calare momentaneamente un pesante silenzio.
Lyla si voltò sconvolta, prima in direzione del suo ragazzo che osservava dritto negli occhio la madre, poi in direzione di quest'ultima.
Ora la studentessa ne era più che certa: sarebbe svenuta da lì a poco.
Cosa diavolo voleva dire che lei e sua sorella non erano umane? Stavano scherzando, forse?
- - confermò l'avvocatessa, studiando le reazioni sui volti delle figlie.
Se Lyla pareva sconvolta e confusa, la piccola Marie invece sembrava  tranquilla e completamente a suo agio.
Come se sapesse già cosa volesse dire la madre.
- Cosa? - balbettò la corvina, stringendo di riflesso la mano di Ciel, cercandovi un piccolo conforto.
- Come è possibile? -
- Ora vi racconterò ogni cosa, e tu Lyla finalmente riuscirai a comprendere le parole scritte da tuo padre nella lettera che hai trovato -
La ragazza sgranò gli occhi verdi, per la sorpresa.
Sua madre sapeva che aveva trovato la lettera di Cedric.
Come diavolo era possibile tutto questo?
La ragazza sentiva la testa che stava per scoppiare, per colpa di tutte quelle domande che le frullavano dentro, causandole quella terribile emicrania.
- Ti spiegherò anche come faccio a sapere tutto questo, e del fatto che so che conosci la natura del tuo compagno. Vi chiedo solo di non interrompermi, e di farmi parlare fino alla fine -
Lyla e Marie annuirono in silenzio, pronte ad ascoltare le parole della genitrice e a scoprire la verità che Shannon aveva taciuto per tantissimi anni.


- Non siamo umani, e non lo siamo mai stati. Giustamente vi starete chiedendo cosa siamo, e la risposta è semplice: mutaforma. Ero molto giovane quando conobbi ed ebbi l'imprinting con vostro padre, ma è stato davvero amore a prima vista. All'epoca l'Alpha del nostro branco era mio fratello maggiore, vostro zio Barann; ma non era un buon leader, nonostante fosse un Alpha di nascita. Barann era ed è sempre stato un mostro spregevole, dedito solo ai suoi meri interessi, e il nostro branco era prossimo alla rovina. Fu così che un giorno vostro padre decise di sfidare apertamente l'Alpha in un combattimento, da cui uscì vincitore diventando così il nuovo capo. Barann non prese affatto bene l'umiliazione della sconfitta, così decise di scappare e abbandonare il branco, sparendo nel nulla. La felicità della pace raggiunta grazie a vostro padre non durò molto, con l'inizio della Grande Guerra contro i licantropi -
Il corpo di Shannon fu percorso da un lungo brivido, al ricordo della guerra appena scoppiata, e dovette prendere un grosso respiro prima di riprendere il proprio discorso.
- Io ero da pochi mesi incinta di Lyla, quando Cedric mi convinse a lasciare il Canada per nascondermi, inizialmente momentaneamente, qui a Washington D.C.. Lentamente i mesi si trasformarono in anni, e la nostra permanenza qui divenne praticamente definitiva. Vostro padre cercava di venire qui da noi il più frequentemente possibile, ma non poteva lasciare il branco; specialmente durante le battaglie. Fui io stessa a convincerlo a lasciarci. Il branco necessitava la sua presenza, molto più di noi -
Lyla sentiva gli occhi pizzicare, e dovette premere la mano libera dalla presa di Ciel contro la bocca, per soffocare il singhiozzo che minacciava di uscire.
Aveva passato così tanto tempo ad odiare quel padre, che era convinta le avesse abbandonate all'improvviso senza ragioni, non sapendo la realtà della situazione.
Si sentiva tremendamente male.
Ciel era al suo fianco, sempre in piedi, mentre le stringeva ancora la mano destra ed ascoltava in silenzio le parole della madre della sua ragazza.
Anche Shannon, come la figlia maggiore, non stava per niente bene.
Tenere nascosta la verità e le loro origini alle proprie figlie le era costato davvero tanto, ed innumerevoli volte si era ripetuta come un mantra che era per il loro bene.
- Quindi... - la voce le uscì più strozzata, di quello che Lyla potesse immaginare - Siamo anche noi degli uomini-lupo? -
L'espressione sul volto della madre divenne a dir poco sconvolta.
- Assolutamente no - esclamò poco prima di voltarsi nella direzione del dottore, come una tacita scusa.
- Nutro un forte rispetto per la razza del tuo compagno Lyla, ma non siamo lupi. Per carità! -
Tempo prima Ciel aveva spiegato alla corvina che per ogni animale esisteva una controparte mutaforma, ma che solo i mostri capaci di trasformarsi in animali carnivori vivevano in branchi.
Se non erano dei mostri lupo, cosa potevano essere?
- Siamo volpi -
Uomini-volpe.
Lyla impiegò qualche secondo per analizzare la notizia.
- Cosa? - le sfuggì, con voce leggermente più acuta del solito.
La sua migliore amica era una maga, il suo ragazzo un lupo Alpha e lei, insieme a tutta la sua famiglia, era una volpe.
Sembrava una barzelletta di pessimo gusto.
- Se siamo delle donne-volpe perchè non ci siamo mai trasformate? - riuscì a chiedere, poco dopo.
- Perchè siete per un quarto umane - le spiegò Shannon - Vostro nonno paterno è umano, e il suo sangue rallenta la trasformazione. Inoltre fin da bambine non avete mai ricevuto i giusti stimoli che vi avrebbero portato ad una trasformazione completa -
- Come mai avete deciso di rivelare tutto adesso? -
Questa volta a prendere la parola fu Ciel, dopo aver lanciato una rapida occhiata a Vieri, rimasto indisparte in un angolo per tutto il tempo del discorso della Femmina Alpha.
Il dottore conosceva molto bene quella volpe, e sapeva che la sua presenza lì non voleva dire niente di buono.
- Si tratta di Barann -
La piccola e melodiosa voce di Marie precedette quella di Shannon e Vieri, sconvolgendo la sorella più grande.
Shannon dovette trattenere l'ampio sorriso che stava per increspargli le labbra; la situazione non era delle migliori.
Ora il malessere della bionda le fu subito più chiaro.
Non era legato ad un'influenza stagionale, ma bensì ai suoi poteri che lentamente si stavano risvegliando nonostante la tenera età.
La sua piccola Marie sarebbe diventata una grande Volpe Veggente.
L'avvocatessa confermò con un cenno della testa - Di questo però ve ne parlerà il qui presente Vieri, il beta di vostro padre -
Chiamato in causa l'uomo dai capelli nivei si fece avanti, sotto lo sguardo attento di Lyla e quello incredibilmente consapevole di Marie - Di recente ci è giunta la voce che Barann si stia nascondendo dai lycan, e che gli stia rivelando per pura vendetta tutti i punti scoperti di noi volpi. I licantropi stanno perdendo e ne sono consapevoli; stanno giocando tutte le loro carte, tutte quelle rimaste. Vostro zio sa che Cedric ha costretto la propria compagna gravida ad abbandonare il branco per la vostra sicurezza, come sa che voi siete il suo punto debole -
- Arriverebbe ad uccidere la propria sorella e le sue nipoti, solo per vendetta? -
Il disgusto nella voce del lupo era tangibile, e nell'udirla Lyla ebbe un brivido.
Shannon abbassò il capo, e si lasciò sfuggire una smorfia - Arriverebbe a fare di peggio, e ne ha già dato prova in passato -
La donna non riusciva a trattenere il disgusto nella propria voce, e gli occhi le si fecero tremendamente lucidi, prossimi al pianto.
- Prima di vostro padre, un'altra volpe osò sfidarlo per toglierli il ruolo di Alpha del branco - iniziò a raccontare - E la volpe in questione era nostra sorella Lyanna -
Shannon si dovette premere una mano sulla bocca, pronunciato quel nome, per soffocare i singhiozzi che le stavano scuotendo il petto.
Vieri, sapendo già la fine del racconto, le si avvicinò e posò una mano sulla schiena per darle conforto e per dirle, in un silenzioso messaggio, che poteva continuare lui a parlare; lei non ce l'avrebbe fatta a raccontare, quell'orribile storia, una seconda volta nella propria vita.
Nessuno ci sarebbe mai riuscito.
Sia Lyla che Marie si strinsero nella spalle, avendo già intuito la fine che aveva fatto quella zia che non avevano mai conosciuto.
Le due, però, non potevano nemmeno immaginare le atrocità di quella storia.
Non potevano.
- L'ha... uccisa? - chiese, con voce flebile, Lyla.
- Non si è limitato a quello - prese la parola Vieri, mentre i singhiozzi dell'avvocatessa diventavano man mano più silenziosi - Durante il combattimento, nella loro forma trasformata, Barann le ha staccato la testa con un solo morso... - si sentì un singhiozzo più forte, da parte di Shannon - E l'ha messa su una picca, nel centro della nostra città, lasciandola lì per sette giorni e sette notti, come monito d'avvertimento per chi avesse anche solo pensato di sfidarlo nuovamente -




ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
Wow... No, sul serio.
Finalmente è arrivato il Giorno Gioiglorioso! :D (Ogni riferimento ad Alice in Wonderland è puramente casuale)
Era dai primi capitoli che morivo dalla voglia di rivelare la natura di Lyla :3
Se devo essere sincera Barann mi sta uscendo più cattivo di quello che avevo pensato agli inzi, ma anche lui ha il suo perchè. Ho grandi, gloriosi propositi per questa storia *^* (Mi sento molto Loki in questo momento).
Il prossimo capitolo sarà uno molto tranquillo di passaggio, ma tenetevi pronti perchè succeranno un sacco di cosette d'ora in poi (sia cosine belline sia... alcune molto molto molto molto molto... MOLTO brutte)
Ma non odiatemi per questo >.<
Già mi sento in colpa per aver accoppato senza pietà Lyanna. Mi sto rendendo conto che uccidere un personaggio di una propria storia non è per NIENTE semplice, almeno per me. Mi sento una persona orribile :(
Cosa ne pensate del capitolino?
Ve lo aspettavate che Lyla era una volpe?
Posso dire che i lettori di Wattpad avevano già dagli inizi un paio di spoiler (sia nelle vecchie copertine che nei tag della storia), mentre i poveri lettori di EFP no.
Piccola nota: sì, scrivo un solo "angolo della mente malata", sia per Wattpad che per EFP.
Sinceramente mi sembra stupido farne due diversi per dire le stesse cose, ne faccio uno e risparmio tempo :)
Fatemi sapere cosa pensate del capitolino con un commentino <3
Tanti biscotti e cuoricini per voi <3
- Harley



Ci tengo a ringraziare:
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che hanno messo la storia tra le seguite :3
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che hanno messo la storia tra le preferite <3
<3 <3 <3



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Capitolo 26
*** Tempo. ***


capitolo 26
Capitolo 26
Tempo.


Lyla si lasciò accompagnare in camera sua da Ciel che, mentre la scortava al piano di sopra in un religioso e pesante silenzio, con una mano le stringeva un fianco con dolcezza come per darle un lieve sollievo.
La corvina era completamente traumatizzata, e non c'erano parole per descrivere in modo adeguato il suo stato d'animo.
La sua mente era talmente sconvolta, che non sapeva più a cosa pensare nè a come pensarlo.
Era come se una mandria di elefanti africani le fosse passata sopra, lasciandola stordita e sconvolta allo stesso tempo.
Ciel era talmente preso e preoccupato per la propria ragazza, che non si curò nemmeno per un secondo di studiare l'ambiente in cui stavano entrando, che altro non era la camera da letto della corvina.
Se si fosse trovato lì, in un altro momento e in un'altra situazione, avrebbe studiato con curioso interesse le pile di CD e libri, sparsi qua e là per la stanza, e i poster di band Rock/Metal appesi alle pareti; purtroppo non se lo poteva permettere, non al momento.
Lyla si accomodò, quasi automaticamente, sul letto a due piazze al centro della stanza, mentre l'uomo prendeva posto al suo fianco.
- Sfogati - l'invito di Ciel fu appena udibile ad orecchio umano, ma ebbe l'effetto sperato.
Lo capì nell'esatto momento in cui vide il busto della sua ragazza scosso dai forti singhiozzi, e le lacrime oscurarle gli occhi da cerbiatta facendole colare tutto il trucco.
Di riflesso il dottore la strinse a sè; era tremendamente doloroso vederla in quella situazione, lì indifesa e vulnerabile tra le sue braccia.
Lyla cercò di allontanare lievemente il viso dalla maglia chiara del suo ragazzo, con grande disappunto di quest'ultimo - Ti macchierò la maglietta con l'eye-liner e il mascara - si giustificò lei.
- Non mi importa -
- Ma ti resterà la macchia! - ribattè ancora Lyla, facendo alzare gli occhi al cielo al corvino, con fare divertito.
- Vorrà dire che me ne comprerò un'altra nuova -
La sua risposta fece gonfiare le guance a Lyla, come una bimba piccola.
- Lupo ottuso - boffonchiò, indispettita, facendo ridacchiare Ciel.
- Vero. Lo sono - sorrise.
- Un lupo tremendamente ottuso - rincarò la dose Lyla.
Il sorriso sulle labbra di Ciel non si spense minimamente.
- Vero - riconfermò - Ma sono anche un lupo tremendamente sexy - finì, con finta modestia, facendo alzare lo sguardo a Lyla che lo osservava con un sopracciglio inarcato.
Il trucco colato sugli occhi le dava un'aria stranamente buffa.
- E modesto, oserei dire - ridacchiò poi.
Si strinse ancora di più contro il petto di Ciel, ed inspirò il suo profumo a pieni polmoni.
Sapeva di ammorbidente e pulito; un odore che le piaceva da impazzire, e riusciva a calmarla.
In quel momento l'unica cosa che voleva, e doveva fare, era spegnere il cervello e non pensare più a niente.
Purtroppo sapeva che non poteva farlo.
Non ancora.


Quando Lyla e Ciel scesero di sotto, trovarono la madre della ragazza e la sorellina in cucina.
Shannon era intenta a preparare una cioccolata per la piccola Marie che, seduta su uno degli sgabelli in legno chiaro, faceva dondolare le gambe avanti e indietro.
Sembrava tutto normale, agli occhi della ragazza. Come se poche ore prima non fosse successo niente.
Purtroppo sapeva che non era così, e vedere Vieri in un angolo della sua cucina, con in mano una tazza di caffè, fu una conferma.
- Volete qualcosa da bere? - la voce dell'avvocatessa riportò Lyla alla realtà, attirando la sua attenzione e quella del suo ragazzo.
Qualcosa di caldo l'avrebbe aiutata a distendere i nervi.
Lei e Ciel presero entrambi una tazza di caffè; nero per lui, e macchiato con un goccio di latte per lei.
Nella cucina regnava uno strano e pesante silenzio.
L'unico rumore che regnava nella stanza era quello del cucchiaino contro le pareti della tazza in ceramica della piccola bionda di casa.
Con la tazza calda tra le mani, Lyla osservava la sorellina con fare assorto.
Poco prima nel salone Marie aveva fatto alcune affermazioni e domande che, lì per lì, la corvina non aveva analizato a dovere.
Sua sorella sembrava sapere cose che non avrebbe dovuto sapere; o almeno non ancora.
C'erano ancora troppe cose che la ragazza non capiva o non sapeva, e voleva saperne di più.
Anche se, molto probabilmente, altre informazioni sovrannaturali le avrebbero fatto scoppiare il cervello.
- Ora che ci hai detto la verità... - la voce le uscì più roca del previsto - Cosa succederà? -
Shannon si voltò verso la primogenita, dopo aver lasciato un'occhiata rapida a Vieri lontano da lei.
- Partiremo il prima possibile per il Canada. Washington non è più molto sicura, e tu e tua sorella dovete stare al sicuro; tra quelli come noi -
Gli occhi verdi della ragazza si sgranarono, sconvolti.
Lasciare la città?
- Ma non possiamo lasciare la città di punto in bianco, così! Io ho l'Università, e Marie la scuola; come faremo? - chiese, visibilmente agitata, Lyla.
Al suo fianco Ciel le mise una mano sulla coscia - In ogni scuola umana ci sono sempre dei mostri nei corpi docenti. Basterà spiegare loro la situazione, e per il resto ci penseranno loro -
La risposta del suo ragazzo non la soddisfò minimamente, ma non rispose.
Capiva che la loro non era una situazione semplice.
Se suo zio le voleva morte, come aveva ben intuito, non poteva di certo mettersi a piagnucolare come una bambina capricciosa.
C'erano in ballo cose molto più grandi di tutti loro, ma non potevano lo stesso fuggire dalla città come se niente fosse.
Almeno voleva poter parlare prima con Beki e Robert.
Con la texana avrebbe potuto parlare anche subito, con Robert invece avrebbe dovuto aspettare come minimo fino a lunedì.
- Possiamo aspettare fino a lunedì prossimo? - chiese la corvina - Vorrei poter... parlare con Beki e Robert, prima -
La donna non ne era molto sicura, e per questo si voltò in direzione del Beta silenzioso in cerca di qualche consiglio.
- Non dovrebbero esserci problemi - intervenne Vieri - L'importante è stare attenti, e non lasciare mai nessuna di voi da sola o in luoghi isolati -
Le parole del Beta volpe riuscirono a rincuorare la corvina in parte, ma le lasciarono anche una nota amara addosso.
Questo voleva dire che sarebbe stata perennemente sotto sorveglianza?
Per due giorni avrebbe anche stretto i denti.


Un'ora e mezza dopo Vieri se ne era già andato, e l'unico uomo rimasto in casa Moore era Ciel.
- Come ti senti? - le chiese, sull'uscio della porta, indeciso sul lasciarla.
Sentiva che Lyla non stava bene, e non si sentiva di lasciarla così presto.
Sapeva che la corvina davanti a lui era una ragazza forte; non solo lo percepiva, lo sentiva chiaramente.
Come sentiva chiaramente la sua instabilità emotiva.
Ciel aveva imparato a leggere i mini segnali che il corpo della corvina gli mandava, e di conseguenza aveva imparato ad interpretare i suoi stati emotivi.
Ovviamente il suo non era un metodo efficiente al 100%, ma lo aveva aiutato non poco con la sua ragazza.
- Sto bene, Ciel. Tranquillo - cercò di rassicurarlo.
Sapevano entrambi che stava mentendo - Ora sono solo... stanca, e confusa. Incredibilmente confusa - rivelò, passandosi una mano sul viso - Voglio stare un po' da sola, per metabolizzare la notizia -
Il dottore annuì con la testa.
Capiva cosa gli stava dicendo, e le avrebbe lasciato tutto lo spazio di cui necessitava; seppur a malincuore.
- Capisco - mormorò - Se hai bisogno, chiamami. In qualsiasi momento. Io ci sono per te, Lyla -
Ciel le aveva preso d'istinto la mano mentre parlava, e Lyla dovette trattenersi dal non scoppiare a piangere una seconda volta.
Lei, che non era mai stata una ragazza dalla lacrima facile, quel giorno aveva versato più lacrime che in ventitre anni di vita.
Il calore che la sua mano scaturiva, riuscì a tranquillizzare momentaneamente la corvina.
Era incredibile come bastasse un piccolo gesto, da parte del suo lupetto, per riuscire a farla stare meglio.
- Ciel... - lo chiamò dolcemente, stringendogli maggiormente  la mano, in una lieve presa.
Era sul punto di parlare, quando l'uomo la precedette depositandole un bacio sulle labbra e regalandole inseguito un dolce sorriso.
Sapeva perfettamente cosa voleva dirgli, e per questo l'aveva fermata consapevolmente.
Non era il momento. Non ancora.
Per quello ci sarebbe stato tempo, in futuro.
Non avevano alcuna fretta.
Con la mano libera, Ciel tracciò il profilo della guancia di Lyla in una lenta carezza.
Loro due non avevano bisogno delle parole per comprendersi.
Bastava un lieve contatto, uno sguardo, e loro si capivano immediatamente.
Prima di andarsene definitivamente, Ciel depositò un secondo bacio sulle labbra della ragazza, sulle quali indugiò lievemente di più rispetto a quello precedentemente; poi, salito in macchina, sparì dalla vista della giovane corvina.








ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
Mi sono presa buona parte del mese di agosto per pensare...e stare un po' tranquilla.
Siamo agli inizi di settembre, e posso affermare con molta fermezza che l'estate 2016 è stata la peggiore della mia vita (persino peggio di quella di quando sono andata in vacanza all'estero con il mio ex e dei nostri amici, e lui è stato così carino da rompere con me a metà vacanza).
Ho sopportato di tutto, e me ne sono capitate di ogni. Sono andata dai lutti familiari, a ragazzi di merda con cui ho avuto a che fare, problemi di salute (miei o dei miei cari)... veramente di tutto. E non mi sono mai lamentata di questo su internet, in questi tre mesi.
Ho continuato ad aggiornare, a rispondere quando potevo ai commenti e ai messaggi privati, e ho cercato di essere il più presente possibile con tutti.
La cosa brutta è che molti di voi non si rendono, realmente, conto del lavoro che c'è dietro ad ogni mia storia e ad ogni mio capitolo.
Cercherò di spiegarlo il più rapidamente possibile, per non darvi troppa noia.
Ancora prima di iniziare a scrivere il primo capitolo di ogni mia storia, scrivo (a mano, con carta e penna) TUTTO lo svolgimento di trama partendo dall'idea iniziale che mi è venuta, snocciolandola molto rapidamente, e scegliendo nel mentre il titolo della storia e i nomi dei personaggi principali.
IO so già cosa "dovrò far accadere" in tutto l'arco narrativo di Diversi, come so già tutto quello che succederà in Simili ed Uguali.
Ovviamente, mentre scrivo i capitoli mi vengono nuove idee, spuntano nuovi personaggi a caso, e cambio alcune cosette... ma questa è un'altra storia.
Dopo aver scritto la trama, e i nomi dei protagonisti, prendo un quaderno (la scelta molto spesso viene a caso) ed inizio a scrivere.
La versione cartacea delle mie storie è sempre un pelino diversa dal capitolo che poi trascrivo al pc, e che voi leggete poi online. Tendo sempre a modificare delle piccole cose, ad aggiungere o a toglierne dell'altre... è questo per me vuole dire doppio lavoro.
Inoltre (chi legge su Wattpad non lo può sapere, ma i lettori di EFP se ne saranno ovviamente accorti) tendo a mettere nella maggior parte delle mie storie i discorsi in grassetto, più altre piccole modifiche nel testo, e questo vuol dire altro lavoro extra che mi auto infliggo. (che non sto a rifare anche su Wattpad quando faccio copia in colla dalla pagina html su cui scrivo, perchè non ho tempo e voglia di farlo una seconda volta).
In più vi dico anche, per chi non lo sapesse o non avesse mai scritto su una pagina html, che questo non funziona come Word perchè non segnala gli errori di battitura perciò (indovinate?) DOPPIO LAVORO quando devo rileggere i capitoli per togliere gli errori che mi scappano (e me ne scappano sempre alcuni, nonostante i controlli che faccio).
Adesso...vi spiego il perchè di tutta questa tiritera assurda, che so che molti di voi non avranno letto.
Ho cercato di spiegarvi in parte tutto il lavoro che faccio, per passione, per le mie storie e per voi. Ho iniziato 4 anni fa a scrivere online e a condividere le mie strampalate storie, per passione, su EFP. Non ho mai agito per le visualizzazioni o la "fama", o qualsiasi altra stronzata di questo genere. Sinceramente a me non mi è mai fregato di raggiungere le grandi cifre di visualizzazioni o commenti... sì, mi fa piacere vedere che c'è gente che legge quello scrivo... ma mi sto rendendo conto che molte persone stanno perdendo la testa, per delle stronzate. Personalmente preferisco molto di più il "metodo di EFP" per quanto riguarda le visualizzazioni, perchè sono private e le vede solo l'autore... ma qua sto divagando.
Io metto davvero il cuore in quello che faccio, ci spendo tempo e fatica per creare anche solo un singolo capitolo... e sentirmi sminuita in quanto "ragazza che scrive online" (scrittrice mi sembra un titolo molto grosso) mi fa male.
Ma male sul serio.
Questa volta non me ne frega assolutamente un cavolo di niente se questa nota viene più lunga del capitolo in sè, ma voglio veramente parlarvi come si deve con sincerità e schiettezza.
Il web non è un bel posto.
Sfatiamo il mito che l'internet è un posto bellissimo, dove le persone si ritrovano in armonia ed allegria, intonando canzoni Disney, perchè NON è assolutamente così.
Sono anni che ho a che fare con i famigerati "leoni da tastiera", e me la sono sempre cavata bene o male. In 4 anni sono stata insultata, derisa, trattata nei peggiori dei modi, ho ricevuto persino della minacce un paio di anni fa... ma sono sempre andata avanti.
Più di una volta ho subito furto di idee, e di mie storie intere persino, e ho avuto a che fare con gente davvero sgradevole, ma sono sempre andata avanti. Ho stretto i denti, e sono andata avanti.
Sono arrivata a vergognarmi della mia passione per la scrittura con tutti, persino con i miei amici e i miei cari, e l'ho tenuta nascosta.
Una cosa che pochi sanno, e che sto tirando fuori solo da un paio di settimane, è che persino i miei più cari amici non sapevano fino a pochi giorni fa che scrivo online. L'ho sempre tenuto nascosto, e avevo il terrore di parlarne (cosa che ho tutt'ora, e sto facendo fatica a smuovermi).
Noi tutti ci troviamo su piattaforme online, che permettono di pubblicare gratuitamente e liberamente le proprie storie (sia originali che fanfic) e di poterle condividere con un milione di persone a noi sconosciute.
Una piccola cosa che a me da personalmente fastidio è che in tanti si stanno dimenticando, o si sono dimenticati, che siamo su una piattaforma libera e gratuita online.
Qui la gente non si dovrebbe scannare perchè capita che due o più persone hanno un'idea comune per una storia e una ff, lo ritengo a dir poco assurdo.
Un conto è subire un plagio di una storia (cosa a me purtroppo capitata sia qualche anno fa che di recente) un altro avere idee comuni. Può capitare che un'altra persona può avere un'idea simile alla tua o a quella di un altro, perchè come l'hai pensata tu la possono pensare altri.
L'ispirazione, e qui parlo più per il mio punto di vista e la mia esperienza, per una storia può venire nei modi più disparati. Si va dalle esperienze di vita personale, dai film/libri/fumetti o da qualsiasi altra cosa che ci circonda. Io sfido chiunque a trovarmi una storia completamente originale, ai giorni nostri, che non sia anche solo lontanamente simile ad un'altra per certi versi a livello di idea iniziale.
Avere idee simili non fa due storie simili.
Io voglio chiedervi scusa per questo sfogo immenso, ma posso solo dire che ne avevo davvero davvero bisogno.
Cercherò di farmi perdonare cercando di pubblicare il prima possibile un prossimo capitolo, ma non me la sento di promettere niente.
Ci tengo anche a ringraziare quelle poche persone che mi hanno scritto messaggi dolcissimi, che mi hanno fatto davvero commuovere e che mi hanno stupita di come delle persone che in fin dei conti sanno pochissimo di me siano riuscite a darmi una scrollata per andare avanti a testa alta.
Grazie davvero.
- Harley




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Capitolo 27
*** Punti scoperti. ***


capitolo 27
Capitolo 27
Punti scoperti.


Venerdì sera Robert era teso come una corda di violino.
Era a casa di sua madre, insieme a sua sorella Arianne, e da lì a poco il suo ragazzo sarebbe arrivato per cenare insieme a loro.
Sua madre era in cucina, intenta a preparare cibo in quantità industriale. Sembrava che stesse cucinando per un plotone della Marina Militare, per il cenone di Capodanno.
Rie, invece, era insieme al fratello nel salotto dell'appartamento con una bottiglia di birra nella mano; lei era seduta sul divano, mentre il castano camminava avanti e indietro.
- Bobbie, calmati - gli disse la ragazza - Se continui così, farai una fossa nel pavimento - rise.
Robert le lanciò un'occhiataccia, in risposta; era colpa sua se si trovavano in quella situazione.
La ragazza alzò gli occhi al cielo - Non guardarmi così. Te l'ho detto che non l'ho fatto apposta - borbottò - Ti ho già chiesto scusa - pigolò, facendo sospirare il fratello.
Era vero, gli aveva chiesto scusa. Questo però non cancellava l'ansia che lo stava divorando vivo.
L'incontro tra sua madre ed Alberich avrebbe segnato la fine del mondo, o la fine di Robert.
Non c'erano molte alternative.
Quando aveva detto al suo ragazzo che Christine lo voleva conoscere, venerdì sera a cena, aveva segretamente sperato in un suo rifiuto; ma visto che il Karma lo odiava profondamente, non solo Alb aveva accettato l'invito a cena, ma si era anche mostrato sinceramente entusiasta della cosa.
L'unico a non essere al settimo cielo per quella cena era Robert, e nel profondo quella consapevolezza lo faceva sentire uno schifo.
La sua storia con Alberich era nata all'improvviso, così dal nulla, e si era sviluppata in tempi molto rapidi.
Non aveva avuto nemmeno il tempo materiale per assimilare la cosa, che si era ritrovato con un ragazzo al suo fianco ed una cena di "presentazioni" alla mamma.
Il ragazzo non riusciva a togliersi dalla testa l'immensa paura di una possibile rottura tra lui e l'orso-tattoo.
Come tutto era nato all'improvviso, tutto poteva scomparire in un lampo da un momento all'altro.
Per questo Robert era così spaventato, e non voleva far conoscere sua madre al tatuatore; non voleva esporsi ulteriormente.
Odiava farlo, con chiunque. Non voleva che nessuno, se non le persone a lui più vicine, conoscesse i suoi punti scoperti, e la famiglia era uno di quelli.
Il gracchiare del citofono gli fece trattenere il respiro per la sorpresa.
Si voltò fulmineo verso la sorella che, con ancora in mano la sua birra, si stava alzando per andare a rispondere alla cornetta di plastica bianca.
- Sali pure, cognatino. Intanto mando giù la tua dolce metà -
Poteva uccidere sua sorella minore?
L'idea gli era molto allettante, in quel momento.
- Rie... - la chiamò con voce grave e minacciosa, pronto a strangolarla con le mani tese in avanti.
La ragazza, con un ampio sorriso stampato sul volto, gli diede un paio di pacche gentili sul braccio destro.
- Vai, fratellino. Il tuo principe tatuato è appena arrivato a cavallo del suo rombante destriero; non vorrai mica farlo attendere in vano? - ridacchiò lieve, aprendo la porta ed invitandolo a sorpassare la soglia.
Ora ne era sicuro: avrebbe ucciso sua sorella Arianne. Di una morte lenta e sofferta.


La prima cosa che Robert notò, non appena si ritrovò davanti Alberich, fu il suo abbigliamento.
Il tatuatore indossava un jeans nero a gamba dritta, una camicia immacolata bianca ben abbottonata fino al colletto, e su una giacca elegante blu.
I capelli neri erano stati tirati all'indietro e fissati con un po' di gel, e la barba era stata accorciata con cura.
Robert si accorse solo in un secondo momento del mazzo di fiori misti che reggeva nella mano sinistra, ben avvolto in una carta colorata, e della busta rettangolare nell'altra, sicuramente contenente una bottiglia di vino.
- Non dovevi scomodarti - gli disse avvicinandosi, e liberandolo dal peso del vino - È solo una cena - cercò di sminuire.
Alberich in risposta scosse la testa - Non è solo una cena; è LA cena, pulcino. Conoscerò tua madre, e sono davvero agitato - gli confessò, con un ampio sorriso sulle labbra - Non ero così emozionato da quando ho dovuto presentare la mia tesi di laurea -
L'ultima frase prese in contropiede il castano, che si ritrovò a sbattere un paio di volte gli occhi, prima di prendere la parola.
- Sei laureato? - chiese, con evidente stupore.
- - rispose Alb, con semplicità - In Economia. Non te l'avevo detto? -
Robert scosse la testa, sorpreso. Un dettaglio del genere se lo sarebbe ricordato di sicuro.
Più conosceva il ragazzo davanti a lui, più si rendeva conto, per sua grande sorpresa, che Alberich incarnava il suo tipo di uomo ideale, sotto molteplici versi.
Se glielo avessero detto qualche mese prima, sicuramente avrebbe riso in faccia al suo interlocutore.
- Sono comunque molto emozionato di conoscere tua madre - riprese a parlare.
Si portò una mano al collo, e si sistemò il colletto della camicia bianca frettolosamente.
- Come sto? - chiese poco dopo, emozionato.
Sulle labbra di Robert nacque un sorriso spontaneo, intenerito da quella scena.
Lo avrebbe ammesso a fatica, ma quel lato del suo orso-tattoo gli piaceva. Non era il solito Alberich pompato ed arrogante, ma bensì uno più dolce e sensibile. Un lato del corvino che usciva allo scoperto molto raramente.
- Stai benissimo, orso-tattoo - sorrise, depositandogli un bacio a stampo sulle labbra.
Robert si staccò troppo velocemente per i gusti del tatuatore, che in risposta borbottò qualche parola per lamentarsi.
- Andiamo prima che mia sorella venga a curiosare - sospirò il castano, iniziando a salire i primi scalini - Se non la uccido questa sera, non la uccido più -
Alberich ridacchiò, davanti all'espressione imbronciata del suo ragazzo - Tua sorella mi piace; è simpatica -
Robert grugnì una risposta.
Sua sorella era tutto, tranne che simpatica.
- Grazie, cognatino! - la voce di Rie, seguita dalla sua testolina castana, spuntò dallo scorrimano del secondo piano.
- Da quant'è che sei lì? - chiese Robert, incrociando le braccia al petto.
La ragazza parve pensarci un secondo, mentre si grattava il mento con un'unghia smaltata di blu.
- Da un po'... - rimase vaga - Sinceramente speravo in qualcosa di più vietato ai minori, ma mi so accontentare. Siete così dolciosi -
Sì, Robert avrebbe ucciso sua sorella quella sera stessa. Ora ne aveva la certezza.
Alle sue spalle Alberich se la rideva di gusto - Non sei l'unica che ci sperava -
Il castano gli rivolse fulmineo uno sguardo stralunato. Ci mancava solo che Arianne ed Alberich si coalizzassero.
Bontà divina!
- Rie, fila in casa! - le ordinò il maggiore, puntandole un dito contro e fulminandola con lo sguardo.
La ragazza, prima di scomparire dalla loro vista, fece una linguaccia al fratello, che si passò una mano sul viso con fare stanco ed esasperato.
Se c'era qualcuno che ci avrebbe rimesso le penne quella sera, sarebbe stato molto probabilmente lui; non sua sorella.
Non appena i due ragazzi misero piede nel piccolo appartamento, furono investiti in pieno dal delizioso odore delle portate cucinate da Christine.
Anche sua madre si era preparata di tutto punto per quella cena. Indossava un vestito in maglia, di un tenue color lavanda, che scendeva morbido sul corpo magro fin sotto al ginocchio.
I lunghi capelli ricci e castani erano stati rinchiusi da un elastico colorato in quella che sarebbe dovuta essere, in principio, una coda bassa. O almeno era quello che pensava Robert.
La tavola rettangolare della cucina era stata preparata per quattro persone, da Robert ed Arianne quasi un'ora prima, e vi erano state poste sopra alcune della portate.
Il polpettone di carne, al centro della tavolata, i svariati contorni di verdure, al forno e saltate in padella, una teglia intera di pasta al forno e un arrosto di tacchino farcito con crema di castagne e verdure miste.
Considerando che Robert e sua madre mangiavano come dei piccoli pulcini, Rie ed Alberich sarebbero scoppiati come dei tacchini al pranzo di Ringraziamento.
Christine si era fatta prendere lievemente la mano. Giusto un poco.
La donna si pulì frettolosamente le mani con uno strofinaccio color giallo canarino, e raggiunse i ragazzi in salone.
- Tu devi essere il ragazzo del mio passerotto. Io sono Christine; è un vero piacere fare la tua conoscenza - si presentò la donna, porgendo una mano al ragazzo di fianco al figlio.
- Io sono Alberich e il piacere è reciproco, signora - rispose il corvino, stringendole la mano.
Nel frattempo Robert era arrossito, ed aveva lanciato un'occhiataccia alla genitrice.
Doveva proprio chiamarlo "passerotto" davanti ad Alb?
Christine aveva capito il motivo dell'occhiataccia del figlio, e rispose al suo sguardo mettendo entrambe le mani sui fianchi leggermente arrotondati dalle passate gravidanze.
- Non guardarmi così, signorino. Sono tua madre, è mio dovere chiamarti con nomignoli imbarazzanti. Non gli ho mica fatto vedere le foto di quando eri piccolo, e con il sederino all'aria... - gli fece presente lei - Non ancora, almeno -
Quella sarebbe stata una serata tremendamente lunga per il povero Robert. Davvero molto, ma molto lunga e soprattutto stressante. Lo sapeva.
Mentre si spostavano in cucina, Alberich sussurrò qualcosa all'orecchio del castano, e gli diede una giocosa pacca sul sedere, facendolo così arrossire ancora di più.
Sì. Quella serata sarebbe stata davvero stressante per il povero Robert.


L'aria gelida serale colpì in pieno volto Robert ed Alberich, mentre i due uscirono dal portone del palazzo.
- È stata una bella serata, dopotutto - ammise Rob, grattandosi il mento con un dito - Mi aspettavo qualcosa di più... disastroso e imbarazzante. Sono contento che non sia andata così -
Infatti, per grande sorpresa del castano, la cena appena conclusa si era svolta in maniera abbastanza tranquilla.
Persino Arianne si era trattenuta dal non fare troppe battute inopportune.
Alberich si liberò in una lieve risata divertita - Tendi ad essere un po' pessimista, alle volte -
- È vero. Sono un inguaribile pessimista io - ridacchiò il castano, con un'alzata di spalle, prima di stringersi nella giacca.
- Tua madre è una donna davvero fantastica - gli confidò, con una lieve nota malinconica nella voce.
Una nota che non passò inudita dal ragazzo al suo fianco che, preoccupato dal tono usato dal corvino, gli mise una mano sul braccio.
- C'è qualcosa che non va? - osò chiedere, avvicinandosi ulteriormente.
Robert non aveva mai sentito Alberich usare un tono così... malinconico. Si era ormai abituato a sentirlo sempre allegro e malizioso, e vederlo con quella luce spenta negli occhi gli faceva uno stranissimo effetto.
Un effetto che non gli piaceva per niente.
Non avevano mai parlato della famiglia del corvino, ma quel tono di voce face comprendere a Robert che quello fosse un argomento alquanto delicato.
Alberich scosse la testa - Solo un po' di malinconia momentanea. Stai tranquillo, sta già passando - cercò di rassicurarlo, prendendolo per un fianco ed avvicinandolo al proprio corpo.
La vicinanza dei loro corpi, seppur coperti dagli spessi strati dei giubbotti autunnali, riusciva a tranquillizzarlo come nient'altro al mondo.
Anche l'odore di Robert aiutava molto: lavanda misto melo.
Un odore incredibilmente dolce, quasi fin troppo per i gusti medi del tatuatore, ma che sotto sotto gli piaceva da impazzire.
La lieve nota di tabacco, proveniente dal castano vicino a lui, gli fece storcere il naso.
Il suo pulcino non se lo voleva proprio togliere quel vizio.
Si battibeccavano parecchio su quell'argomento; Robert non aveva la più che minima intenzione di mollare le proprie sigarette. Non ci pensava proprio.
- Se vuoi parlarne io ci sono, sappilo -
Le parole di Rob riuscirono a scaldare il cuore del corvino. Erano parole sincere, pensate veramente, e non dette per circostanza.
Purtroppo Alberich non se la sentiva ancora di parlare dei propri genitori con il ragazzo.
Non si sentiva ancora pronto ad aprire quell'argomento tanto delicato per lui e per i suoi fratelli; non ancora.
- Domani mattina a che ora partiamo? - chiese Robert, cambiando volutamente discorso.
Aveva capito che il corvino non se la sentiva di parlargli di quell'argomento e, per non recargli fastidio o imbarazzo, preferì cambiare discorso per alleggerire la situazione.
- Presto - rispose Alberich - La strada sarà lunga, e prima partiamo meglio è. Direi verso le 6:30 di mattina -
Sconvolto, il castano sgranò gli occhi mentre osservava il ragazzo al suo fianco, sperando che si trattasse di qualche scherzo dei suoi.
Rob ci stava sperando sul serio, ma purtroppo l'altro non stava affatto scherzando.
- Le 6:30? - chiese, con un filo di voce lievemente strozzata ed acuta - Di mattina? -
- Sì... C'è qualche problema? - chiese confuso Alb.
Robert scosse la testa, ingoiando la miriade di imprecazioni che rischiavano di uscire dalla sua bocca.
- Assolutamente no - mentì - Allora... ci vediamo domani mattina - il castano cercò di stamparsi in volto un sorriso.
Non voleva rivelare ad Alberich quanto odiasse il campeggio, e il doversi alzare così presto; Robert non se la sentiva proprio.
Il suo ragazzo sembrava tenerci davvero tanto a quell'uscita, e non voleva di certo rovinargliela.
Si trattava solo di un week-end. Un semplice, e banalissimo, week-end.
Avrebbe stretto i denti e sopportato tutto per sole 48h.
Che mai sarebbe potuto succedere di tanto disastroso in soli due giorni?
- Robert? -
- Sì? -
- È vero che odi il campeggio? -
Il ragazzo deglutì a vuoto per l'agitazione - Non direi proprio "odio"... - iniziò, con una piccola smorfia in volto - Diciamo più che non si trova proprio tra le mie attività preferite, ecco -
Robert tirò un sospiro pesante - Chi te l'ha detto? -
- Esplicitamente nessuno - rispose Alb - L'ho semplicemente intuito. Perchè non me l'hai detto? Avrei organizzato qualcos'altro - disse, ponendogli una mano sulla spalla.
Se c'era una cosa che Alberich non voleva fare, nel modo più assoluto, era mettere a disagio il proprio ragazzo.
Non aveva minimamente pensato all'eventualità che a Robert non sarebbe potuto piacere andare a fare campeggio con lui.
Non ci aveva pensato, ed era stato sciocco e superficiale.
Rob si strinse nelle spalle, prima di riuscire a trovare la voce per dargli una risposta adeguata - Eri così entusiasta per questo week-end che non me la sono sentita proprio di dirti quanto odi le attività all'aria aperta. Avrei finito per guastare il divertimento, e non volevo darti questo dispiacere... Mi dispiace - abbassò il capo colpevole.
- Non ti devi scusare - sospirò Alberich - Ho sbagliato io ad organizzare tutto, non chiedendoti niente prima. Sono io quello che ha sbagliato, e che dovrebbe chiedere scusa... Se vuoi posso annullare l'uscita -
Robert, con uno scatto fulmineo, alzò e scosse il capo - Assolutamente no! - affermò, sconvolgendo il tatuato,che si aspettava una risposta positiva.
Si rese conto, solo in un secondo momento, del tono eccessivamente alto che aveva usato e perciò, prima di ricominciare a parlare, tossì un paio di volte per regolare la voce.
- Ti sei fatto in quattro per organizzare questo viaggio, e non sarò io a rovinarlo. Sarà... divertente, fare qualcosa di nuovo -
Il viso del tatuatore si aprì in un ampio sorriso, e dovette fare appello a tutte le sue forze mentali per non stritolarlo in una morsa calorosa, mentre Rob dovette trattenersi del non arrossire come una scolaretto.
Continuava a ripetersi che, il loro, sarebbe stato un week-end tranquillissimo.
Non sarebbe successo niente che avrebbe turbato le loro vite.
Assolutamente no.



ANGOLO DELLA SUPER SCIMMIA:
Manca giusto un'insegna luminosa, che grida "SPOILER/ATTENZIONE" e siamo a posto XD
Penso che sia banale (?) dire che durante il week-end succederà qualcosa, che non dirò cosa, e che voi sicuramente non vi aspetterete mai, perciò penso sia meglio andare avanti...
Lo so che siete turbati per il titolino qui sopra. Ho sempre scritto "L'Angolo della mente malata" dal 2012,e posso capire che vederselo cambiare all'improvviso possa essere leggermente traumatico (lo è anche per me tranquilli).
Lo so. Suona strano.
Soprattutto la parte della "Super scimmia", ma ha il suo perchè e possiede radici antichissime (come il perchè chiamo mia sorella maggiore Carlino).
Magari un giorno vi narrerò le vicende di come io sia diventata una super scimmietta... Un giorno.
Che posso dirvi?
Gli ultimi due mesi sono stati belli tosti per me. Per chi non lo sapesse mi sto "trasferendo" in un appartamento a Milano, insieme a mia sorella maggiore, per questioni di studio. (Lighter, come già detto altre volte, si basa su questa mia esperienza di vita che sto vivendo in prima persona).
Ho iniziato il quinto anno di liceo scientifico, e questo vuole dire MATURITÁ (Depressione is over 9000 e Leopardimispicciacasa )
Settimana scorsa (sabato) ho anche partecipato alla zombie walk che si è tenuta a Milano, come evento promozionale dell'evento in discoteca per Halloween (Monsterland), con il mio cosplay del Joker versione zombie/batarangconficcatoinviso e... sono apparsa con il bel visino inquietante in una foto su "Il Giorno" (hanno fatto un articolo sul evento e caso ha voluto che ci fossi anch'io nella fotina *^*).
Devo essere sincera: mi hanno fatto un botto di foto, di cui il 97% venute un peliiino male. Ma chissene frega :D io sono felicia lo stesso!
Visto che mi è stato chiesto anche su Twitter e Faccialibro lo scrivo anche qui (anche se so che non ve ne fregherà niente XD), il 31 non parteciperò all'evento di Monsterland perchè sarò al Lucca Comics & Games di quest'anno a fare cosplay e a girare come una scimmietta impazzita tra gli stand :3
Per quanto riguarda invece un futuro aggiornamento... non so dirvi niente.
Già riuscire a trascrivere questo capitolo è stato un parto, non voglio nemmeno immaginare come sarà il prossimo. Io cercherò comunque di scrivere nei buchi di tempo libero, e di essere il più possibile disponibile via social.
Se avete domande, teorie, sogni nel cassetto che nessuno vuole ascoltare tranne il vostro amico immaginario Danielo Pablito Esteban Della Rosa Ramirez, non fatevi problemi a scrivermi :3
Mi piace parlare con voi <3 Siete così dolcini <3
Tanti bacini zuccherini a tutti <3
- Harley



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Capitolo 28
*** Come neve al sole. ***


capitolo 28
Capitolo 28
Come neve al sole.


- Porca vacca -
Fu questa l'elegantissima e finissima uscita che fece Rebekka, seduta insieme alla migliore amica sul suo letto, dopo aver ascoltato il racconto della corvina sul giorno prima.
Era sabato mattina e Lyla era andata, sotto controllo di Vieri, a casa della bella texana per raccontarle tutto quello che le era successo nemmeno ventiquattro ore prima; sia per chiederle qualche consiglio a riguardo, sia per renderla partecipe della cosa.
Sulle prime, Rebekka rimase sorpresa nell'apprendere che anche la sua migliore amica fosse un mostro, seppur in cuor suo aveva sempre saputo che Lyla non era una comunissima e semplice ragazza di origini canadesi, ma la cosa che la sconvolse maggiormente fu la notizia dell'imminente viaggio che avrebbe dovuto fare.
Sapere che Lyla doveva lasciare la città, perchè era in pericolo di vita, le aveva lasciato una sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco.
Sapere che la sua migliore amica sarebbe potuta morire, da un momento all'altro, le lasciava un doloroso vuoto nel petto.
Bekka si passò una mano sul volto, e si stropicciò lievemente gli occhi.
Ci mancavano solo le lenti a contatto a darle fastidio in quel momento.
- Già - mormorò Lyla, portandosi una ciocca di capelli corvini dietro all'orecchio - È tutto così... assurdo! - pigolò subito dopo, stringendo tra le braccia un cuscino color lilla, con su la buffa stampa di un cane semplificato - Vorrei tanto non partire - le confidò, con una piccola smorfia sul volto.
- Ma devi - aggiunse Beki, con la medesima smorfia sul viso, incrociando le gambe sul materasso.
Rebekka e Lyla erano sempre state insieme dai tempi della scuola superiore, e non erano mai state lontane per lunghi periodi di tempo.
Persino durante le pause estive e le vacanze stavano sempre insieme, non riuscendo a sopportare la lontananza.
Se non riuscivano a resistere per nemmeno un mesetto lontane, come potevano farlo per un tempo indeterminato?
- E se venissi con voi? - propose all'improvviso la bionda, cogliendo impreparata l'amica.
- Sono un mostro anch'io; potrei venire con voi -
La smorfia sul volto di Lyla si fece più accentuata.
- È un'idea a dir poco folle, Bekka. Non so nemmeno se è possibile quello che mi stai chiedendo... E con Rob? Non possiamo mica lasciarlo, entrambe, da solo qui a Washington! Non sarebbe giusto -
- Portiamolo con noi - aggiunse, con ovvietà, la texana - Da quello che mi hai detto, Robert è il futuro compagno di Alberich. Se rimanesse qui, sarebbe anche lui in pericolo. Lo porteremo con noi -
Il piano di Rebekka era completamente folle agli occhi della corvina. La faceva davvero più semplice di quello che era in realtà.
Non poteva nemmeno lei prendere tutto ed andarsene come se nulla fosse, e Rebekka le proponeva di scomparire tutti e tre insieme?
Era fuori di testa.
Completamente fuori come un balcone.
- Bekka, tu sei pazza! Per prima cosa: Robert non sa ancora niente di Alberich e di... questo mondo, non possiamo nemmeno immaginare come potrebbe reagire alla rivelazione. Secondo: non possiamo sparire tutti e tre, insieme, dalla circolazione così all'improvviso - le fece notare la corvina, con tono di voce leggermente mal fermo e più acuto di alcune note.
Gli occhi scuri della bionda si sgranarono per la sorpresa, ma non fece in tempo ad aggiungere niente che Lyla riprese a parlare.
- E se, per assurdo, Robert accettasse la questione senza problemi e ci preparassimo tutti e tre per partire, sicuramente mia madre e Vieri non sarebbero d'accordo -
- Vieri? - chiese Rebekka, confusa.
- Il Beta del branco - le ricordò - Quello che mi ha accompagnata qua, e che mi sta facendo da guardia del corpo -
Nella mente della bionda si accese una lampadina, che la fece scattare giù dal letto con una mossa fulminea, e le fece prendere al volo la giacca in pelle nera appoggiata sulla sedia della scrivania.
La texana si mosse ad una velocità tale, che Lyla riuscì a domandare una sola cosa prima di vederla varcare la soglia della stanza.
- Dove vai? -
- A parlare con l'omone qui fuori -


Diversamente da quello che si poteva pensare, Rebekka era una persona molto diligente e raramente soggetta ad improvvisi colpi di testa.
Purtroppo non ne era immune, ai colpi di testa, e quando scattava era davvero impossibile fermarla.
Non appena Lyla aveva visto la bionda texana lasciare la stanza, si era alzata a sua volta dal letto a aveva afferrato il giubbotto, anche lui sulla sedia, al volo.
Mentre la maga scendeva gli scalini a due a due, la corvina cercava di stare al suo passo, mentre si infilava impacciatamente il giubbotto nero.
Però cercare di stare al passo di Rebekka, era come stare al passo di Bolt: impossibile.
Lyla se lo sentiva; stava per perdere un polmone, se non entrambi.
- Beki, aspettami! - ansimò a fatica, ma la ragazza sembrò non sentirla nemmeno, troppo presa dalla corsa.
Quando arrivarono al portone della palazzina, Rebekka si fermò come se nulla fosse, mentre Lyla sembrava essere sul punto di svenire.
Solo in quel momento la bionda si accorse dello stato dell'amica, e il suo sguardo mutò in uno a metà tra il dispiaciuto e il colpevole.
- Scusa - mormorò, dispiaciuta, avvicinandosi e mettendole una mano sulla schiena mossa dai grossi respiri della ragazza.
- Stai bene? -
- Penso di aver perso un polmone - borbottò la corvina, mettendosi lentamente dritta e massaggiandosi la schiena.
- Facciamo due - concluse poco dopo, con ancora un lieve respiro affannoso a scuoterle il petto.
Rebekka era sinceramente dispiaciuta.
Si era completamente dimenticata che Lyla, a differenza sua, aveva sempre nutrito un forte disprezzo per qualsiasi cosa rientrasse nel grande mondo delle "attività motorie".
Con il senno di poi, la cosa risultava molto strana.
Lyla era una volpe, e come tale avrebbe dovuto quanto meno apprezzare almeno un'attività motoria.
Certo, gli uomini-volpe non erano tutti dei grandissimi sportivi, come potevano essere le amazzoni, ma non erano nemmeno tanto pigri come gli uomini-gatto.
La cosa era molto strana.
- La prossima volta avvertimi un pelino prima, quando decidi di scattare giù dalle scale come Bolt - la mise sul ridere la corvina, riassumendo una posizione retta.
Rebekka ridacchiò un paio di volte, mentre apriva ed usciva dal portone principale insieme all'amica.
Vieri era esattamente dall'altro lato della strada, appoggiato alla sua macchina grigia e con in mano il telefono cellulare, intento a digitare un messaggio.
Rebekka osservava con interesse l'uomo-volpe; sentiva di averlo già visto da qualche parte, ma non riusciva proprio a ricordarsi dove.
Aveva come un vuoto nella mente.
Come se qualcuno fosse passato con una gomma da cancellare,e l'avesse privata di un dettaglio importante.
Quello stato di confusione l'avrebbe fatta uscire di testa.
I capelli chiari erano stati legati con un piccolo elastico nero dietro la nuca, e gli occhi erano coperti da un paio di occhiali da sole, con la montatura in ferro e le lenti a specchio blu.
Mentre le due ragazze si avvicinavano all'uomo, che attraverso le lenti colorate le osservava incuriosito, la texana non riusciva a non chiedersi di che colore fossero gli occhi che si celavano dietro.


- Assolutamente no - fu la risposta secca del Beta, mentre riponeva il telefonino nella tasca interna della giacca verde militare.
Non aveva nemmeno fatto finire di parlare Lyla, che già l'aveva stoppata dandole la propria risposta con tono schietto e deciso. Un tono ed un modo di fare che avevano fatto saltare i nervi alla bionda.
- Senti un po', bell'imbusto - lo richiamò lei - Mi sa che non hai capito bene come stanno i fatti. A me, con tutta sincerità, non frega un beneamato cazzo della tua posizione di Beta nel tuo branco di volpi-fighette. Io sono la migliore amica di Lyla, e non me ne starò qua con le mani in mano come se niente fosse; e lo stesso vale anche per Robert. Con noi paghi uno, e prendi tre. Niente storie - ruggì, incrociando le braccia al petto.
Lyla sgranò gli occhi sconvolta, e fece passare lo sguardo prima sulla sua migliore amica, poi sul Beta dei suoi genitori.
Prevedeva aria di bufera.
Per trenta secondi buoni, regnò un pesante e teso silenzio tra di loro.
Rebekka osservava l'uomo dai capelli nivei con gli occhi castani ridotti a due fessure scure, attendendo una risposta, mentre Vieri si sfilava molto lentamente gli occhiali e se li appendeva al collo a "V" del maglioncino che indossava.
Nonostante i movimenti lenti e controllati, gli occhi azzurri della volpe trasparivano tutta la sua furia.
- Senti un po', biondina ossigenata - iniziò lui, con voce lievemente incrinata dal nervoso - Se c'è qualcuno che non ha capito niente della situazione, sei tu. Non stiamo parlando di una vacanzetta tra i boschi in allegria. Dove andremo c'è ancora una guerra, anche se alla sua conclusione. Lì la gente muore ogni secondo per mano di licantropi ed altri mostri traditori. Non ho alcuna intenzione di portarmi appresso una ragazzina capricciosa ed un umano, sotto la mia responsabilità! Non se ne parla assolutamente -
Lyla si fece piccola piccola, mentre Vieri pronunciava quelle parole, e Rebekka si gonfiava sempre di più assumendo un colorito quasi scarlatto in volto.
- Persino un idiota... - iniziò, come un ruggito, la texana - Si renderebbe conto che sono una bionda naturale, razza d'imbecille! Ma ti funzionano gli occhi? -
Sia il volto della corvina che quello dell'uomo vennero sfigurati per lo sconcerto.
Davvero la bionda si era fossilizzata su un argomento simile?
Il fatto di essere una bionda naturale?
Santissimi numi.
Vieri si passò una mano sul viso, e si massaggiò gli occhi stanco.
- Mi dispiace molto Lyla, ma i tuoi amici non possono venire con noi. Converrai con me che è troppo pericoloso, anche per loro -
Anche se non l'avrebbe mai ammesso alla sua migliore amica, Lyla non poteva dare torto alla volpe.
Era davvero troppo pericoloso; per chiunque, e non solo per loro.
Vieri stava pensando alla loro incolumità, e non poteva garantirla anche a Robert e Bekka.
Era già tantissimo tenere sulle spalle la vita di tre persone, figurarsi se se ne fossero aggiunte altre due.
Sotto quel punto di vista, la corvina poteva comprendere Vieri.
Era una responsabilità immensa.
Dall'altra parte, Rebekka non sopportava minimamente il modo di fare dell'uomo che aveva davanti.
Chi diavolo si credeva di essere?
- Ehi, chiappe di marmo! Io sono ancora qua; stavi discutendo con me! - gli schioccò le dita davanti agli occhi, per attirare la sua attenzione.
Lyla pensò, e pregò, di aver udito male.
Aveva davvero chiamato Vieri "chiappe di marmo"? Lo aveva fatto veramente?
L'uomo riportò tutta la sua attenzione sulla ragazza furente, che lo osservava con le braccia incrociate sotto il seno.
Anche lui, come Lyla, pensava che le sue orecchie gli stessero facendo un brutto scherzo.
- Come mi hai chiamato, scusa? - chiese, a metà tra lo sconvolto e il sorpreso.
- "Chiappe di marmo", e se vuoi lo ripeto pure - rispose Rebekka, come se stesse rispondendo ad una domanda sul tempo atmosferico - Che c'è? È vero - si difese, rivolgendosi alla corvina che l'osservava come una marziana.
Lyla non ci voleva credere, e nemmeno Vieri.
Rebekka era davvero... incredibile. In tutti i sensi; positivi e negativi.
- Tu non verrai, e nemmeno il ragazzo -
La bionda indurì lo sguardo, ancora una volta - Se pensi che ti darò ascolto, e rimarrò qua buona buona, sei un illuso -
- Considero la discussione chiusa qua. Non ho alcuna intenzione di continuare questa... pagliacciata - affermò risoluto l'uomo, con un tono di voce che non ammetteva repliche.
Lyla aveva la sensazione, e la paura, che quei due avrebbero continuato a litigare ancora per molto tempo.
Sembravano essere entrambi due grossi testoni.
- Sarai anche gnocco, ma sei un prepotente di prima categoria - boffonchiò Beki, indispettita, cercando aiuto nell'amica che l'osservava sempre più sconvolta.
- Che c'è? - chiese, nuovamente, confusa - Gli occhi ce l'ho, e gnocco è gnocco. Non posso mica dire il contrario - si difese lei.
Più andavano avanti, più quella discussione prendeva una piega sempre più imbarazzante.
Incredibilmente imbarazzante,
Fortunatamente Vieri riuscì a tagliare la discussione, con grande ed immenso disappunto da parte di Rebekka, che giurò in maniera alquanto teatrale che non sarebbe finita lì, e caricò in macchina Lyla pronto per riaccompagnarla a casa.
Anche se cercava di non darlo a vedere, Vieri sembrava ancora turbato dallo strano scambio di battute avuto con la bionda amica di Lyla.
Per lui, quella ragazza era completamente assurda e fuori di testa.
Non si era mai sentito così a disagio con qualcuno in tutti i suoi trent'anni di vita.
Era... assurdo!
Quella biondina ossigenata era assurda!
Era ancora così nervoso, che si ritrovò a stringere il manubrio della vettura con forza.
- Vieri, scusami. Posso chiederti una cosa? - gli chiese Lyla, torturandosi una ciocca corvina tra le dita, e distraendolo dalla sua serie di pensieri.
- Ti prego non ricominciamo con il discorso della tua amica - la supplicò quasi, con una smorfia in volto.
Riaprire quel discorso era proprio l'ultima cosa che Vieri voleva fare in quel momento.
Tutto, ma non quello!
- Cosa? No no! Non volevo parlare di quello - lo rassicurò lei molto velocemente - Volevo chiederti se potevamo fare una piccola deviazione... -
- Vuoi che ti porti in ospedale? -
Lyla annuì - Sì. Possiamo farlo? -
- Questo possiamo farlo - confermò la volpe, mettendo la freccia a destra e preparandosi a svoltare al prossimo incrocio.


Quando arrivarono davanti all'ospedale, erano quasi le 11:30 di mattina.
Il giorno precedente la ragazza aveva detto a Ciel di avere bisogno di un po' di tempo per pensare, e da quando si erano salutati sull'uscio della casa di lei non si erano più sentiti.
Nonostante gli avesse detto lei che voleva un po' di tempo per sè per rimettere in ordine le proprie idee, in quel momento aveva un impellente desiderio di vederlo e parlargli.
Si sentiva incredibilmente incoerente, ma non le importava più di tanto; era sempre stata incredibilmente incoerente, in svariati campi.
La ragazza lasciò Vieri nella sala d'attesa dell'ospedale, e si diresse con passo spedito e deciso verso le rampe di scale alla sua destra.
Anche se le volte in cui era andata lì a trovarlo si potevano contare sulle dita di una mano, Lyla ricordava perfettamente la strada da percorrere per arrivare allo studio del suo ragazzo.
Più saliva gli scalini, più nella sua testa faceva capolinio un dubbio; un bruttissimo dubbio.
E se lui non la volesse vedere?
Era un pensiero sciocco ed infondato, Lyla se ne rendeva conto, ma non riusciva a toglierselo dalla mente.
Era stupido, e lo sapeva.
Non c'erano ragioni per le quali potesse succedere una cosa simile.
Ciel non sarebbe mai potuto essere infastidito dalla presenza della corvina, e vice versa.
Doveva stare calma.
Quando Lyla arrivò a destinazione, notò la maggior parte delle sedie in plastica blu, poste fuori dallo studio, occupate da genitori con figli malaticci.
O almeno, la maggior parte lo sembravano.
La corvina si sedette sull'unica sediolina libera, vicino ad un bambino di più o meno sette anni, con le guance paffute e rosate, che stringeva tra le mani un fumetto di Superman.
Dall'altro lato del bambino col fumetto, vi era seduta quella che presumibilmente era la madre, vestita di tutto punto, con tra le unghie smaltate di rosa cipria un rossetto color carne ed uno specchietto da borsetta.
Lyla notò anche l'assenza di una fede al dito, e non faticò a comprendere il motivo della sua presenza lì.
Comprendere che quella donna fosse lì per il dottore, e non sicuramente per far visitare il figlio che spruzzava salute da tutti i pori, non le diede fastidio.
Un po' le dispiaceva per quella donna.
Non provava nient'altro che dispiacere; solo quello.
Sapeva che Ciel non avrebbe mai potuto provare qualcosa per qualcun'altro, maschio o femmina che fosse, che non fosse lei; e non lo pensava con arroganza.
Non era solo la presenza dell'imprinting a darle quella sicurezza, ma soprattutto la fiducia che riponeva nel suo lupo.
Molte persone non si rendevano conto di quanto potesse essere deleterio un sentimento negativo come la gelosia, arrivando persino a giustificarlo in molti casi.
Se c'è fiducia da ambe le parti, e dei sentimenti veri, essere gelosi risulta a dir poco ridicolo.
Un piccolo singhiozzo, alla sua destra, attirò l'attenzione di Lyla.
Il bambino vicino a lei stringeva con forza il fumetto tra le piccole manine, e sembrava sul punto di scoppiare a piangere a dirotto dagli occhi lucidi e il viso arrossato.
- Adam, tesoro! Che succede? - chiese preoccupata la donna, rivolta al figlio.
- Mamma... - pigolò il piccolo - Superman ha perso - singhiozzò, subito dopo.
La rivelazione del piccolo Adam destabilizzò la donna, che non si aspettava minimamente una risposta simile, e non sapeva bene come comportarsi.
- Non ti devi preoccupare - intervenne Lyla, senza pensarci un secondo - Superman se la caverà; lo fa sempre - cercò di rincuorarlo.
Il bambino alzò i grandi occhi scuri su di lei, con una flebile luce di speranza in essi - Davvero? Ma Lex Luthor lo ha imprigionato e avvelenato con la kriptonite... Come farà? È impossibile! - esclamò, gesticolando con le mani ed aprendo il fumetto sulla pagina incriminata finale, che ritraeva l'eroe apparentemente vinto.
- Stiamo parlando di Superman, il supereroe più forte del mondo, l'uomo d'acciaio... Riuscirà a liberarsi e a sconfiggere quel malefico pelatone - ribattè la corvina, con sicurezza e convinzione, riuscendo a contagiare maggiormente il piccolo.
- Davvero? Lo credi davvero? -
Lyla annuì con decisione - Ne sono più che sicura! - gli sorrise, raggiante - Ti svelo un piccolo segreto - bisbigliò appena, facendo finta di stargli confidando qualcosa di davvero super segreto - I buoni vincono sempre. Anche quando sembrano distrutti, feriti, stanchi e sull'orlo della fine... loro si alzano sempre, per proteggere gli innocenti e le persone a loro care, e sconfiggono i cattivi -
Le sue parole riuscirono ad avere l'effetto sperato, e sul viso di Adam apparve un enorme e radioso sorriso.
La madre del piccolo osservò con gratitudine Lyla, e le mimò un "Grazie mille" con le labbra.
Un ringraziamento che la ragazza ricambiò un sorriso e un "Di niente" appena sussurrato.


Passò un'ora e mezza prima che l'ultimo bambino, accompagnato dal genitore, entrasse nello studio per farsi visitare.
Nel mentre Lyla stava rileggendo le ultime conversazioni in chat con Rebekka e Robert.
Il ragazzo non lo sentiva bene da quella mattina da quando era partito, complice anche l'assenza di una rete stabile nella zona in cui si trovava, mentre Bekka non la smetteva di tartassarla sulla sua folle idea e su quanto volesse mettere sotto con la macchina (più e più volte, ha voluto sottolineare) il povero Vieri.
Oggettivamente, Vieri aveva tutte le motivazioni per non volere che i suoi amici venissero con loro in Canada, ma anche Rebekka non era completamente nel torto.
Ripensare alla loro discussione di prima, le fece portare in automatico una mano alla fronte.
Rebekka non solo era priva di peli sulla lingua, ma era anche sprovvista completamente del senso del pudore e della vergogna.
"Chiappe di marmo", poi! Come faceva a pensarle certe cose, Lyla proprio non lo sapeva.
La ragazza fece appena in tempo a riporre il telefono nella tasca della giacca, che la porta dello studio del dottor O'Konnor si aprì.
- Mi raccomando signora Parker deve usare la pomata sulla zona lesa almeno tre volte al giorno, e possibilmente coprirla con una garza per evitare l'esposizione al Sole. Tempo una settimana e dovrebbe migliorare; anche se fossi in Scott eviterei la piscina per almeno un paio di settimane -
A seguire la voce dell'uomo fu una serie di veloci e convenzionali ringraziamenti, insieme ad una paffuta signorotta sulla cinquantina e ad un bambino dai folti capelli rossi.
Nella sala d'attesa, su quelle scomode sedioline in plastica, era finalmente rimasta solo la corvina che, non appena furono completamente usciti il bambino e la madre, si precipitò alla porta dello studio.
Ciel era ancora in piedi, e non molto lontano dalla soglia, quando fece il suo ingresso Lyla.
Sgranò gli occhi per la sorpresa, e dischiuse lievemente le labbra senza nemmeno rendersene conto.
- Ciao - lo salutò la corvina, precedendolo di poco - Disturbo? -
- Assolutamente no! - rispose rapido Ciel, avvicinandosi alla propria ragazza e chiudendo la porta alle sue spalle - Sono sorpreso, e molto aggiungerei. Non mi aspettavo una tua visita così presto. Pensavo avessi bisogno di un po' di tempo per... te - le rivelò, con una nota leggera di perplessità nella voce.
Lyla, quasi in automatico, si portò una mano tra i capelli e passò il peso da una gamba all'altra.
- È così, infatti - confermò, titubante - Ma avevo bisogno di vederti - gli confidò, sincera e timida.
Quelle parole riuscirono a sciogliere ulteriormente il cuore del lupo, e gli fece comparire sul volto un sorriso intenerito.
Si abbassò appena e le depositò un bacio a fior di labbra, molto fugace.
- Ho poco meno di un'oretta per la pausa pranzo. So che non risulterà molto romantico, ma ti va un panino veloce al bar dell'ospedale? Ci sediamo giù e parliamo un po', magari - le propose, giocherellando con una ciocca dei capelli della ragazza e rigirandosela tra le dita.
Ciel, oltre per gli occhi da cerbiatta della corvina, aveva un debole per i suoi capelli.
Lunghi, morbidi e neri.
Non erano nè lisci nè mossi, stavano più nel mezzo; e gli piacevano da impazzire.
Lyla era sul punto di accettare di buon grado, quando il telefonino del dottore distrusse il momento tra i due.
Confuso, il corvino si portò una mano nella tasca del camice candido e ne tirò fuori il telefonino squillante.
Diede una rapida occhiata al display luminoso e, dopo aver letto il nome di Alberich, rispose.
- Ehi, Alb? Che succede? -
Seppur il volume del telefono non fosse altissimo, Lyla riuscì a sentire l'agitazione nella voce del fratello di Ciel.
La telefonata fu un conseguirsi di "Calmati", "Che diavolo è successo?" e "Calmati, e raccontami che è successo".
Lyla si preoccupò notevolmente, e l'espressione sconvolta e spaventata di Ciel non la tranquillizzò per niente.
- Non prendere la strada umana, prendi l'autostrada per mostri e fottitene. Quando arrivi vieni sul retro dell'ospedale; intanto vado ad avvisare gli altri dottori. Vedi di stare tranquillo. Andrà tutto... bene -
La telefonata si concluse con dei frettolosi saluti e quando si chiuse, Ciel era pallido.
- Che è successo? -
Il dottore non le rispose, e si passò una mano sul volto in difficoltà.
- Ciel! - lo chiamò, allarmata e con forte decisione - Cosa cazzo è successo? -
- Un lycan... - iniziò, a fatica - Ha attaccato Robert, e lo ha morso -




ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
Un parto è stato 'sto capitolo!
E quelli che verranno saranno pure peggio; io vi ho avvertiti u.u
Io lo ridico, e non voglio risultare scortese, ma spero vivamente che sia l'ultima volta che lo scrivo. Lo so, non aggiorno con frequenza (questa è sempre stata una mia caretteristica, non fate i finti sorpresi) ma specialmente in questo periodo mi sembra (posso dirlo?) ovvio.
Porca miseria ragazzi, ho la maturità. Non è che non c'ho voglia di aggiornare perchè sono una ragazza cattiva, e scrivo solo quando mi va e fuck the system.
Devo studiare, non ci sono cazzi. Ma solo a me pare ovvia 'sta cosa? Seriamente. Se funziono male io ditemelo, magari è così.
Poi, apro e chiudo parentesi. A me non da fastidio se dite che non aggiorno da tanto tempo. È vero, e non posso dirvi assolutamente niente.
A me, da incredibilmente fastidio, quando... le cose mi vengono scritte in una determinata maniera.
L'educazione, ci tengo a sottolinearlo, non un optional e certe personcine sembrano esserselo dimentico.
Finchè siete educati con me, io sono educata e pacata con voi. (Anche qui mi sembra ovvia la cosa...)
E poi... io lo sto dicendo ovunque quello che mi sta succedendo. Qui, sulla pagina Facebook, su Twitter, sulla bacheca di Wattpad... Eh, che cavolo. Non potete ancora chiedermi "perchè non aggiorni?", mi sembra assurdo.
Ragazzi, io non sono nessuno e non voglio fare paternali o altro a voi. Nella maniera più assoluta.
Ma sto cercando di essere il più attiva possibile sulle varie piattaforme, e più disponibile con voi, non potete venire VOI a dire A ME come mi dovrei comportare, cosa dovrei fare e quando dovrei farlo.
Ho una vita, come voi (sorpresa! Sono una persona anch'io, esisto, e non sono un'entità astratta che scrive magicamente)
Ho degli interessi, come voi.
Ho degli hobby (sorpresa, mega sopresona kinder), come voi!
Per quanto ami scrivere (chi mi conosce sa che è la mia vita) non è l'unica cosa che amo fare.
Non appartengo alla categoria di persone che non ha un cazzo da fare dalla mattina alla sera, e che si può permettere di pubblicare un capitolo al giorno.
(Manco d'estate riesco a pubblicare un capitolo al giorno, e dovrei farlo adesso? Mi dispiace dirlo, ma state messi male)(<-- nota: c'è gente me l'ha veramente scritto via messaggio privato, dicendo che dovrei impiegare il mio tempo *si schiarisce la voce* "meno nelle stronzate, e più nella scrittura dei capitoli")
WOW.
Facciamo un bellissimo applauso collettivo per questi individui, che hanno capito TUTTO dalla vita.
...
E questi saranno gli adulti di domani? Io ho paura.
Sul serio.
Ho davvero paura.
Come già detto, SI RITORNA AD UN CAPITOLO AL MESE esattamente come agli inzi della storia (chi è veterano e segue dagli albori si ricorderà).
E... Per favore. PER-FAVORE. Se mi dovete tampinare con messaggi minatori, in cui mi chiedete almeno una ventina di volte al giorno quando aggiorno... non fatelo.
Impiegate quel tempo per leggere un buono libro.
A me non piace "sprecare" queste note per dire sempre le stesse cose, ragazzi.
Mi annoio io, e vi annoiate voi. Non ha senso.
Comunque ci tengo a ringraziare alle persone che seguono la storia, e continuano a supportarla <3 Vi lovvo sempre tantissimo, sappiatelo <3 <3
Bacini zuccherosi e sbrilluccicosi a tutti
- Harley

Ci tengo a ringraziare:
1 - Aoi_Chou [Contatta]
2 - Artena [Contatta]
3 - cochi [Contatta]
4 - Desyree92 [Contatta]
5 - Elenalily_corvonero [Contatta]
6 - elindor02 [Contatta]
7 - fantasygirlblack96 [Contatta]
8 - federicanegri98 [Contatta]
9 - Feffe95 [Contatta]
10 - Francesca_90 [Contatta]
11 - LadyLicionda [Contatta]
12 - lamu4ever15 [Contatta]
13 - Maggi96 [Contatta]
14 - mekiki [Contatta]
15 - noemichan [Contatta]
16 - Rabbit_183 [Contatta]
17 - sax77 [Contatta]
18 - sil_1971 [Contatta]
19 - valentinagm [Contatta]
20 - Vivians [Contatta]
21 - white_chaos_dragon [Contatta]
22 - _ALEXEI_ [Contatta]
che hanno messo la storia tra le seguite :3
1 - CloveRavenclaw39 [Contatta]
2 - NancyZquad_1D [Contatta]
3 - noemichan [Contatta]
4 - Silvylovy25 [Contatta]
che hanno messo la storia tra le ricordate :3
1 - BlackGirl_Chan [Contatta]
2 - giglio16 [Contatta]
3 - hola1994 [Contatta]
4 - ICE1984 [Contatta]
5 - Kalstar [Contatta]
6 - lamu4ever15 [Contatta]
7 - Nakioto [Contatta]
8 - reaperangels [Contatta]
9 - Red23 [Contatta]
10 - Saretta_27 [Contatta]
11 - Silvylovy25 [Contatta]
che hanno messo la storia tra le preferite <3
vi lovvo tanto tanto <3 <3

link dove potete trovarmi ;3
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Capitolo 29
*** Dead bite ***


capitolo 29
Capitolo 29
"Dead bite"


Le 6:00 di mattina dovevano essere un orario vietato dalla legge, a parere di Robert.
Si svegliò a fatica, e fece appena in tempo a darsi una sistemata e a prendere il borsone per il weekend, che Alberich lo chiamò al telefono per comunicargli che era sotto casa sua.
Il castano prese un ultimo respiro e, come un gladiatore pronto ad entrare nell fossa colma di leoni e bestie feroci, si fece coraggio e scese.
Doveva pensare ai lati positivi che avrebbe portato quell'uscita, esattamente come gli aveva suggerito Beki.
Doveva pensare a quei bei lati positivi.
Non appena scese, il ragazzo rimase sorpreso di vedere la jeep di Tom parcheggiata davanti a casa sua, ma poi ricordò.
Alberich aveva detto che si sarebbe fatto prestare la macchina dell'amico, essendo la sua moto poco consona per il viaggio.
Posizionò il suo borsone nel bagagliaio della macchina, ed andò a sedersi al posto vicino al guidatore.
L'abitacolo era caldo e la radio, seppur fosse impostata su un volume molto basso, era accesa e trasmetteva una canzone pop in voga al momento.
- Buon giorno - lo salutò l'orso-tattoo, rivolgendogli un ampio e caldo sorriso.
- Buon giorno, Alb - ricambiò il sorriso e il saluto, sporgendosi appena per baciarlo.
Un bacio che, teoricamente, sarebbe dovuto essere molto casto e rapido, ma che si tramutò in qualcosa di completamente diverso.
Negli ultimi tempi, Robert aveva cercato di trattenersi dal non essere troppo... "se stesso" con il corvino che stava baciando.
Non voleva risultare agli occhi del tatuatore come un pazzo ninfomane, tutto qui, ma stare calmi e tranquilli con Alberich era davvero impossibile.
E Robert che si voleva trattenere, ed aspettare di essere arrivati in campeggio per lasciarsi andare.
Povero ed ingenuo Rob.
Il castano si allontanò dal proprio ragazzo solo quando, il fastidio procuratogli dal bracciolo della macchina, contro il fianco magro, divenne insostenibile.
- Accidenti - commentò il corvino, con un ghigno sul volto - Se tutti i "Buon giorno" saranno così, vedrò di venirti a svegliare alle 6:00 del mattino più spesso - ridacchiò, prima di depositargli un altro bacio sulle labbra.
Robert non riuscì a trattenere il sorriso spontaneo che gli nacque sulle labbra.
- Tu prova a svegliarmi di nuovo ad un orario simile, e i "Buon giorno" così te li puoi sognare la notte -
La minaccia però non lo scalfì minimamente, anzi sembrò divertirlo ancora di più.
- Oh no, tesoro - lo riprese giocoso, avvicinandosi nuovamente al suo viso - Nei miei sogni, la notte, io e te facciamo tutt'altro - lo provocò.
- Sei un pervertito - e non lo disse scandalizzato, ma più divertito come Alb.
- Io? - domandò lentamente, e fintamente sconvolto il tatuatore - E perchè mai? Non ho mica specificato cosa facciamo. Se tu pensi male, la colpa mica è mia... - lo prese in giro.
- E poi, tra noi due, quello con lo sguardo languido ed eccitato sei tu -
Robert, sentite le sue parole, arrossì vistosamente e balbettò, parecchio indispettito, un - Non è vero! Non ho nessuno sguardo languido, io -
Alberich inarcò un sopracciglio, e scoppiò a ridere - Certo! Io sono un gelataio, e tu non ti sei appena immaginato una mia versione super sexy e pornografica, in cui ti chiedo come vuoi il mio bel "cono gelato" -
Rosso in volto, Rob rimase in silenzio per alcuni secondi; muto come un pesce.
- Vorrei poter dir qualcosa, ma non mi sento in grado di poter ribattere adeguatamente - rivelò infine, sincero, facendo ridacchiare maggiormente il corvino.
Alla fine, tra una risata e l'altra in cui venne coinvolto anche Robert, l'orso-tattoo mise in moto e finalmente partì.


- Vedrai, il posto dove stiamo andando ti piacerà - ruppe ad un certo punto il silenzio il tatuatore, non appena imboccarono l'autostrada fuori dalla città.
- È un piccolissimo parco naturale, situato intorno ad un laghetto artificiale, davvero bellissimo. Ci vado da quando ho più o meno dodici anni. È... - indugiò leggermente, prima di riprendere a parlare, e questo il castano lo notò - Il mio posto speciale - finì, con un tono di voce più basso e profondo.
Poco dopo, Alberich scosse velocemente la testa, tenendo sempre gli occhi fissi sulla distesa di cemento grigio, e trattenendo a stento un risolino imbarazzato - Ti sembrerò un deficiente -
- Non è vero - ribattè prontamente il castano - Questo non ti fa sembrare un deficiente; nella maniera più assoluta - lo rassicurò, dolcemente.
- Anch'io ho un posto speciale, se ti può rassicurare - confidò.
Alberich sgranò gli occhi per la sorpresa, e gli lanciò un rapidissimo sguardo - Davvero? -
- -
Il ragazzo iniziò a torturarsi le mani. Indeciso sul continuare o meno.
Alla fine, dopo una rapida riflessione, prese la sua decisione.
- I miei nonni materni hanno una villetta con giardino nel North-east Alexandria, e quando ero piccolo andavo a trovarli quasi tre volte a settimana - iniziò a raccontare il castano, giocherellando ogni tanto con la zip metallica della propria giacca - Avevo, sì e no, sette anni quando mio nonno decise di costruirmi questa gigantesca casetta sull'albero, sul melo che c'era nel giardino sul retro - al ricordo, il ragazzo si lasciò sfuggire una risata leggera.
Un risolino che Alberich non riuscì a non trovare delizioso.
- L'avevo simpaticamente ribattezzata "Fortezza del Cavaliere Bluries", dall'unione del mio cognome e quello da nubile di mia madre. Ci passavo davvero un sacco di tempo, e l'avevo arredata di tutto punto, per quanto mi era concesso. L'avevo riempita di cuscini colorati, giocattoli e ci avevo persino portato una vecchia e malconcia radio -
La serie di ricordi che ne conseguirono portarono nel cuore del castano una multitudine di sentimenti contrastanti.
Sentimenti buoni, ma soprattutto sentimenti negativi.
- Era il mio posto preferito - finì, in un sussurro.
- Non lo è più? - chiese confuso il guidatore.
- No, lo è ancora... ma è un pelino complicato -
Quella casetta era e resterà sempre il posto speciale di Robert, non sarebbe mai potuto succedere qualcosa che avrebbe potuto cambiare le cose.
Anche se erano ormai anni che non ritornava a casa dei suoi nonni, la sua Fortezza e i ricordi a lei legata sarebbero sempre rimasti nel suo cuore.
- Quando avevo quindici anni feci coming out con la mia famiglia, ma non tutti presero la notizia bene - gli raccontò - Primo fra tutti mio nonno materno, che lo vide come un vero e proprio tradimento, tanto da proibirmi di ritornare e mettere piede in casa sua -
Prima di quell'evento, il rapporto che aveva con suo nonno era davvero bellissimo. Era assurdo come un bel rapporto come quello che c'era stato tra Rob e suo nonno, fosse stato completamente distrutto dall'orientamento sessuale del primo.
Quando il padre aveva reagito male alla sua omosessualità, Robert non aveva sofferto tanto quanto con il nonno materno.
L'assenza di dolore era dovuta sicuramente dalla mancanza di qualsiasi tipo di relazione tra lui e il padre, ma questa era un'altra storia.
- Cavolo... mi dispiace, Rob -
Il castano scosse il capo - Scusami. Non volevo rattristare la situazione - si scusò invece lui.
- Non scusarti -
Alberich strinse leggermente il volante nero tra le mani, e tirò un sospiro veloce.
- Penso sia normale avere anche ricordi tristi legati al proprio posto speciale - ragionò, ad alta voce.
Nella testa del ragazzo si accese un piccolo allarme, che lo avvisò che quell'argomento avrebbe finito per rattristare ulteriormente la situazione tra loro due, e sentì la forte necessità di fare qualcosa.
- Ti va se mettiamo un po' di musica? - gli chiese Rob, indicando la radiolina.
- Certo - annuì con la testa - Se vuoi nel cruscotto ci sono un po' di CD di Tom. Puoi guardare se c'è qualcosa di interessante -
Dire che il cruscotto del migliore amico del suo ragazzo fosse pieno zeppo di dischi, sarebbe stato un eufemismo.
La prima cosa che lo colpirono furono svariati CD degli Skillet, degli AC/DC, dei Pantera e alcuni degli Hollywood Undead.
Quest'ultimi erano tra i gruppi preferiti di Robert, che si rivelò molto sorpreso di ritrovarsi dei loro CD tra le mani.
- Quelli, in realtà, sono miei. Li avevo prestati a Tom qualche settimana fa per farglieli conoscere, visto che non li aveva mai ascoltati prima -
Il castano osservò sconvolto l'orso-tattoo.
Si era davvero riferito ai CD degli Hollywood Undead che stringeva tra le dita.
- Ti piacciono gli Hollywood Undead? -
- Sono il mio gruppo preferito - rispose, orgoglioso, il corvino - Perchè? A te non piacciono? -
- Stai scherzando? - esclamò, sconvolto - Sono anche il mio gruppo preferito -
Fino a quel momento, Robert era stato più che certo di non avere niente in comune con il proprio ragazzo, e scoprire che si sbagliava lo lasciò piacevolmente sorpreso.
Forse, alla fine dei conti, Robert ed Alberich non erano così tanto diversi come potevano sembrare ad una prima e rapida occhiata.
Forse, erano davvero più simili di quello che pensavano.
Così, con in sottofondo le note di "Dead bite", iniziarono a canticchiare come due ragazzini spensierati.


Il viaggio non fu per niente traumatico come aveva pensato malamente Robby, e alla fine si rivelò persino piacevole.
Si fermarono giusto un paio di volte; la prima volta per fare rifornimento, e la seconda per pranzare in una tavola calda che trovarono sulla strada.
Riuscirono ad arrivare a destinazione nel primo pomeriggio, e quando lasciarono la strada asfaltata per una composta principalmente da terra e ciottoli, Robert iniziò ad osservarsi in giro stupefatto.
Era così abituato al grigiore e al cemento di Washington, che tutto quel verde lo destabilizzò non poco.
Gli faceva... strano. Non uno strano in senso negativo, ma più uno strano "bello".
Alberich parcheggiò la macchina in mezzo al verde e al nulla, e il castano si girò verso di lui confuso - Parcheggi qui? -
- - rispose, semplicemente - Stai tranquillo, è una zona sicura questa. Più in là... - ed indicò davanti a loro - A circa cinque minuti di cammino, ci sono le rive del laghetto ed un posto fantastico dove accamparsi; specialmente di notte, il panorama diventa fantastico -
Nello sguardo di Alberich si accese una luce d'eccitazione, che riuscì a meravigliare il castano.
Quel posto doveva essere davvero fantastico, per il suo orso-tattoo.
Scesero entrambi dalla macchina, iniziarono a tirar fuori il necessario per accamparsi e, insieme ai propri borsoni, si caricarono tutto in spalla, pronti per incamminarsi.
Lo avrebbe ammesso a fatica, ma quel posto lasciò estasiato Robert.
Era tutto così verde e silenzioso, da non sembrare nemmeno reale.
Il castano non si era mai trovato circondato da così tanti elementi naturali in tutta la sua vita, e la cosa lo rattristò.
Si era così tanto abituato al grigiore e alla vita cittadina, da schifare tutto quello che si trovava al di fuori.
A conti fatti, la situazione era molto triste in effetti.
Il rumore di un rametto spezzato, in tutto quel silenzio, fecero sobbalzare e spaventare il povero Robert.
- Che è stato? - squittì, spaventato, voltandosi di scatto verso la strada appena percorsa.
La risposta arrivò subito quando, in mezzo alla via di terra battuta, apparve una piccola macchiolina color grigio-marrone.
- Calmati, pulcino. È solo una lepre - lo rassicurò, indicandogli il batuffolino che li osservava curioso con i suoi piccoli occhietti brillanti.
Rob si sentì un idiota, ma continuò a non sentirsi tranquillo.
Come se da dietro la maschera da teneroso Tamburino, potesse sbucare dal nulla una creatura mostruosa da un momento all'altro.
Il castano scosse la testa, cercando di scacciar via quello sciocco pensiero.
Stava guardando troppo "Stranger Things" negli ultimi giorni, e questo non faceva bene alla sua mente già fin troppo paranoica di suo.
Per arrivare nel posto indicatogli da Alb, ci impiegarono anche meno di cinque minuti a piedi.
Si fermarono nell'esatto punto in cui finivano gli alberi, ed inziava un piccolo prato che finiva sulle rive del laghetto artificiale.
Non era molto grande, e se si aguzzava abbastanza la vista era possibile riuscire a vedere l'altra sponda, al di là della distesa d'acqua chiara.
Robert si rivelò essere un completo disastro nel montare la semplice tenda portata dal tatuatore, tanto da indurre quest'ultimo a lavorare per lo più da solo.
- Sono un disastro - boffonchiò il castano, sedendosi a gambe incrociate sull'erba fresca, non molto lotano dal proprio ragazzo che aveva quasi finito di lavorare.
- Non sei un disastro, pulcino - cercò di consolarlo l'uomo, con un sorriso rassicurante sul volto.
Robert scosse il capo contrariato - Non mentire; lo sai anche tu che ho ragione. Sono un disastro inutile - boffonchiò, ancora.
Alberich non avrebbe mai ammesso che il suo ragazzo era completamente "impedito" nel montare una tenda, e gli dispiaceva vederlo così. Non voleva che Rob si sentisse "inutile".
- Dividiamoci i compiti. Io finisco di montare la tenda... - e gli indicò la struttura quasi completata - Mentre tu puoi andare a raccogliere un po' di rami per il fuoco -
- Lo sai, vero, che mi sto sentendo come quei bambini a cui le madri danno la farina, con cui sporcarsi le mani, per illuderli di star aiutando in qualche modo? - gli chiese Rob, alzandosi da terra, e ridacchiando leggermente.
Alberich scoppiò a ridere di gusto. Ora che glielo faceva notare, risultava proprio così.
- A noi però la legna per il fuoco serve davvero - gli fece notare, con ancora il sorriso divertito sulle labbra.
- Farò finta di crederci -
Nonostante il tono giocoso e scherzoso usato dal castano, il tatuato decise di lasciae un attimo il lavoro che stava facendo e richiamò il ragazzo che era già sul punto di andare.
- Vieni qui un attimo - lo chiamò Alberich, porgendogli una mano.
Robert rimase interdetto, non capendo dove volesse andare a parare.
Alberich gli fece nuovamente segno di avvicinarsi, allungando maggiormente il braccio teso nella sua direzione, ma il ragazzo aspettò qualche secondo prima di tendere a sua volta il braccio e stringergli la mano.
Il corvino lo avvicinò a sè e, dopo avergli appoggiato la mano libera sul fianco, disse - Ti voglio confidare un segreto - iniziò, prima di abbassare ulteriormente la voce, riducendola ad un bisbiglio - Fino ai diciasette anni non avevo la più pallida idea di come si montasse una tenda. Ogni volta che ci provavo, combinavo sempre qualche disastro -
Robby lo osservò sorpreso - Davvero? - chiese, un pelino scettico.
Non ci credava fino in fondo.
Forse Alb lo stava dicendo solo per tirarlo su di morale; o almeno, questo era quello che pensava lui.
Robert non poteva immaginare quanto fossero veritiere le parole del suo orso-tattoo.
- Puoi chiedere a Tom una conferma, se vuoi. È stato lui ad insegnarmi, stanco di montarmi sempre lui la tenda ogni volta che andavamo in campeggio con i suoi genitori -
- Non immagini nemmeno quanto - rise lui, coinvolgendo anche il castano.
- Quello che volevo dirti, raccontandoti questo, è che non ti devi cruciare se non sai fare qualcosa; nessuno nasce imparato a questo mondo. E poi, da quello che mi hai detto, tu odi fare campeggio quindi, a maggior ragione, certe cose non le sai fare. Non è una colpa. È già tantissimo che tu sia qua, con me -
Il castano gli sorrise grato.
Era stato davvero carino a dirgli quelle cose, per farlo stare meglio.
Ancora una volta, Alberich riusciva a dimostrarsi una persona completamente diversa dall'uomo arrogante, che pensava di aver conosciuto quel giorno al ristorante giapponese; e questo rendeva Rob sempre più felice.
- Cavolo... - commentò, poco dopo Rob - Grazie -
- Per averti raccontato che non sapevo ancora montare una tenda, dopo cinque anni di campeggio? - chiese il corvino, ancora con il sorriso sulle labbra.
- Per aver detto la cosa giusta, per farmi sentire meglio - rivelò, stringendogli maggiormente la mano, ricambiando il suo sorriso con uno incredibilmente dolce, come segno di ringraziamento.
Alberich, per grande sorpresa del castano, arrossì lievemente sulle gote - Di solito è Ciel quello bravo con le parole, che riesce a dire sempre la cosa giusta nel momento giusto. Io sono più bravo a gesti; a parlare sono un disastro -
- Sarei tentato di dire qualcosa di simile a "Allora siamo due splendidi disastri", o qualcosa del genere, ma non vorrei finire per sembrare uno di quei post che scrivono le coppie smielate su Facebook - e risero entrambi.
- Ma ti immagini? - riuscì a chiedere Alb, tra una risata e l'altra - Io e te, una coppia smielata? -
Rob rise più forte - Mi viene il diabete solo a pensarci - e ripresero a ridere di gusto.
Il castano si asciugò via, con l'indice della mano destra, una lacrima che gli era sfuggita da un occhio, ed osservò il suo orso-tattoo con ancora il petto scosso dalle risate.
Una scena gli scaldò segretamente il cuore, e lo fece sorridere ancora più intenerito.
- Alb? - lo chiamò.
- Sì? -
Robert scosse la testa. Non era ancora il momento.
- Niente - mentì - Vado a prendere la legna -


Per riuscire a trovare dei rametti decenti, e che non sembrassero spighe di grano, Robert si vide costretto ad allontanarsi un po' dalle rive del lago.
Era riuscito a trovare, all'incirca, quattro rametti e mezzo che sembrassero degni per un piccolo falò, mentre la maggior parte di quelli che aveva trovato sulla via sarebbero stati perfetti per essere intrecciati tra loro, e creare un bel cappello estivo.
Il ragazzo si piegò appena per raccogliere l'ennesimo rametto, per studiarlo con fare critico, quando sentì il forte rumore di foglie secche calpestate e arbusti spezzati.
Robert prese un veloce sospiro, per tranquillizzarsi e calmare il cuore nel petto, e si tirò su con la schiena.
"È solo uno stupido coniglio" si ripetè svariate volte nella mente, non voltandosi, e riportando la propria attenzione sul legnetto che stringeva tra le dita.
Il rumore si ripetè alle sue spalle, ancora più pesante e forte, e fu seguito immediatamente da un suono basso e prolungato.
Un ringhio cupo, e profondo, che gli fece salire dei lunghi brividi d'orrore sulla pelle.
"Uno stupido coniglio, molto grosso, molto obeso, e molto cattivo"
La paura gli attanagliò la bocca dello stomaco, e i muscoli gli si contrassero in automatico dolorosamente.
Si dice che quando si è vicini alla morte si sente qualcosa, ma in quel momento, oltre alla paura, Rob non riusciva a sentire nient'altro.
Cosa lo spinse a voltarsi, non lo seppe, ma quando lo fece se ne pentì quasi all'istante.
Dovette alzare la testa per riuscire ad osservare completamente quella creatura.
Altissima e grossa come un furgoncino, dalla pelliccia scura e rada in più punti.
Aveva una fisionomia incredibilmente simile a quella umana, ma condivideva ben poche cose con questa razza.
Gli arti superiori erano molto più lunghi del normale, sfioravano quasi il terreno con i lunghi artigli marroni, e portavano la creatura a sbilanciarsi e ad ingobbirsi in avanti con il corpo grosso, ma allo stesso tempo terribilmente denutrito.
Il muso, perchè quello che stava osservando in altro modo non poteva definirlo, era schiacciato e scavato.
Gli occhi erano due piccolissime sfere rosse e nere, che sembravano con guardarlo nemmeno, e le fauci erano qualcosa di davvero orripilante.
I denti sul davanti erano notevolmente più grandi rispetto agli altri, risultando così parecchio sproporzionati nel complesso, ed erano di un inquietante color giallo tendente all'arancione.
La creatura gli ringhiò nuovamente, e Robert fece appena in tempo ad urlare terrorizzato, che questo scattò nella sua direzione, chiudendo le fauci sulla sua coscia destra.
Serrate le file di denti appuntiti, la creatura scosse rapidamente la testa, sbattendo contro il suolo il corpo del ragazzo urlante e disperato, per poi lanciarlo via contro il tronco di un albero.
Il corpo del castano rimbalzò prima contro il legno e poi contro il terriccio fresco, facendolo gemere e piangere sia per il dolore alla schiena sia per quello alla gamba ferita.
La coscia gli doleva e bruciava come l'Inferno.
Il pantalone  era stato fatto a brandelli sulla coscia, e il tessuto si era già impregnato di scuro e liquido sangue, mischiato alla sporca terra.
La velocità con cui il liquido usciva dai segni profondi, fecero impallidire e gemere il ragazzo, la cui vista lo stava rapidamente abbandonando.
Le ultime cose che riuscì a sentire, e a vedere, furono altri ringhi, lunghi guaiti, e una grossa macchia nera e marrone saltare alla gola della creatura.



ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
WOW.
Questo capitolo è stato tra i più difficili che abbia mai scritto. Sul serio.
(E non parliamo di quelli che verranno...)
Lo so che molti di voi mi vorranno uccidere lentamente, e in maniera atroce, ma questo (nella storia) doveva accadera, e presto capirete anche il motivo.
Non so quando riuscirò a pubblicare il cap. 30, ma nel caso.... VI AUGURO UN BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO :D
(Lo so forse questo capitolo non è il massimo per augurarvi buone feste, ma facciamo finta di niente)
Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino!
bacini zuccherosi a tutti voi
- Harley

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che hanno messo la storia tra le preferite <3
vi lovvo tanto tanto <3 <3



PS. Tutto questo è stato scritto prima di scoprire che il mio pc è stato infettato da un virus, che mi ha rovinato tutto quello scritto/creato in 4 anni di lavoro.
Io sono molto incazzata perchè la roba che ho perso non è poca, e non so bene come recuperarla... ma boh. Non so proprio cosa fare.
Non so quanto riprenderò a scrivere, perchè persino il capitolo 28 è stato completamente fanculizzato e anche questo verrà rovinato...
La rabbia è tanta, perchè la roba che stavo preparando, le cose scirtte in tutti questi anni non erano affatto poche...
Cercherò comunque di tenervi aggiornati sulla vicenda,e ... niente. Spero di poter riprendere al più presto.










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Capitolo 30
*** Paura e dubbi. ***


capitolo 30
Capitolo 30
Paura e dubbi.


Fu la prima volta, in tutta la sua vita, che Alberich si lasciò divorare completamente dalla furia più cieca ed oscura.
Nell'esatto momento in cui aveva fiutato la paura del suo ragazzo, e aveva udito quel ringhio animale, era scattato trasformandosi senza pensarci nemmeno un secondo.
Aveva corso, e più le urla di Robert si facevano forti e strazianti, più lui accelerava; così come la rabbia, che divampava dentro di lui.
Rabbia rivolta principalmente verso se stesso.
Avrebbe dovuto fiutare la presenza di un altro mostro nelle vicinanze.
Avrebbe dovuto fiutare il pericolo.
Avrebbe dovuto proteggere Robert.
Quella zona rientrava nel territorio di suo fratello, e non riusciva a concepire come avesse fatto un lycan ad entrare senza far scattare nessun allarme.
Quando saltò alla gola del mannaro, per ucciderlo e farlo a pezzi, non dovette lottare molto prima di riuscire a ridurlo ad una carcassa irriconoscibile.
Era molto debole e denutrito rispetto alla maggior parte dei mostri della sua razza, e in quel tragico incidente fu una manna dal cielo.
Se Rob si fosse imbattuto in un lupo mannaro normale, sarebbe sicuramente morto sul colpo e al primo morso.
Il morso.
Quello era la cosa che preoccupava maggiormente il Gamma, in quel momento esatto.
La licantropia era un gene molto particolare, che non possedeva unicamente caratteristiche ereditarie; per innumerevoli versi, era spaventosamente simile ad un virus, che colpiva gli esseri sprovvisti di un loro gene mostruoso nel corredo genetico.
Un virus trasmissibile non solo tramite il "classico" morso da parte di un mannaro, ma anche mediante lo scambio di sangue ed i rapporti sessuali non protetti.
Spaventato per la sorte del proprio ragazzo, il Gamma si ritrasformò rapidamente ed accorse verso il suo corpo svenuto e ferito.
Se lo caricò in braccio, stando ben attento alla gamba ferita che grondava ancora sangue, e lo portò alla macchina di Thomas.
Ancora privo di sensi, lo adagiò per il lungo sui sedili posteriori, e gli fece una medicazione momentanea con quello che trovò nel piccolo kit di pronto soccorso, che il Rho teneva in caso d'emergenza.
Erano principalmente bene e garze sterili.
Quando si mise al volante, il corvino non riuscì a trattenere un'imprecazione alquanto colorita.
Non riusciva a trovare le chiavi della macchina, e spazientito perchè non aveva tempo da perdere decise di farne a meno; avrebbe pagato il meccanico a Tom.
Con forza staccò la plastica in prossimità della toppa della vettura, cercò i cavi di contatto e, stando ben attento, li fece reagire tra loro.
I fili colorati fecero un paio di scintille e un rivolino di fumo tenue, ma riuscì a far partire il fuoristrada solo dopo altri due tentativi.
Quando sentì il motore rombare potente, Alberich ringraziò la Madre Terra e si girò per controllare il ragazzo.
Era ancora privo di sensi, e di tanto in tanto mugugnava per il dolore inconsciamente.
Dovette trattenere un altro ringhio furente, mentre faceva retro marcia e partiva in direzione della strada asfaltata.
Non poteva percorrere la rete stradale umana, avrebbe impiegato il triplo del tempo e non poteva permetterselo.
Nascoste agli occhi dell'uomo, per decenni, erano state costruite strade e super strade, celate grazie alla magia, riservate unicamente ai mostri viaggiatori.
Le strade per mostri non solo erano le più sicure e pulite in tutti i mondi, ma erano anche le più veloci mai costruite.
In viaggi che, con le strade umane, sarebbero potuti durare anche giorni interi, con le strade per mostri sarebbero durati meno della metà del tempo.
Sterzò con forza ed accelerò imboccando l'entrata della strada.
Da dietro, sentì Robert gemere lievemente ed agitarsi nel sonno.
L'odore del sangue stava pian piano diventando intollerabile, tanto da obbligare il tatuatore ad aprire appena il finestrino alla sua sinistra per cambiare l'aria.
Continuava a ripetersi nella testa, come un mantra, che doveva sbrigarsi.
Solo dopo una quindicina di minuti di strada, Alberich realizzò di non aver chiamato ancora suo fratello.
Doveva avvertirlo.
Ringraziò mille volte l'idea di indossare gli abiti ad anti-strappo magici(1), che gli aveva regalato Katia di ritorno dalla sua visita a Monscity(2), e prese a tastarsi la tasca destra alla ricerca del telefonino.
Fortunatamente aveva il numero del dottore tra la lista delle chiamate rapide.
"Rispondi, cazzo. Rispondi!"
- Maledizione rispondi, Ciel! - sbottò, ad alta voce, dando una rapida botta con il palmo della mano sul volante.
Se ci avesse messo un pizzico di forza in più, lo avrebbe distrutto; la lista delle cose di Tom da far riparare si stava allungando sempre più velocemente.
- Ehi, Alb. Che succede? -
- È successo un fottuto disastro! Il distretto di Apel ha subito una violazione e... Cristo! Levatevi da questa cazzo di strada! - si distrasse, inveendo contro alcuni poveri e pigri guidatori.
Dall'altro lato della cornetta, sentì chiaramente il fratello rimanere sorpreso del suo stato emotivo e dal tono di voce usato.
- Calmati. Cosa diavolo è successo? - domandò preoccupato il dottore.
- Un mannaro! - ringhiò - Ha morso Robert! È ancora vivo, ma sta perdendo troppo sangue e non so se... - scosse la testa, cercando di scacciar via quell'orribile eventualità - Sto arrivando a Washington. Dammi meno di un'ora, e sono lì -
Ciel sospirò pesantemente. Non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere, come lui d'altro canto.
- Farò preparare una sala per l'intervento. Ora calmati Alb, lo so che è difficile, ma devi stare calmo. Lo salveremo -
Fu in quel momento che Alberich iniziò a pensare, e a tormentarsi, su un dettaglio ben preciso.
Era sicurissimo che suo fratello avrebbe fatto in modo che Robert si salvasse; su questo non aveva il più che minimo dubbio.
La cosa che lo tormentava, che gli scavava dentro, era un'altra: sarebbero riusciti a prelevare tutto il veleno, prima che questo facesse il suo completo corso, rendendo così Robert un lycan?
Come avrebbe reagito in quel caso?
Se Robert fosse diventato un licantropo, lui come avrebbe reagito?
Come avrebbe reagito nel vedere il proprio ragazzo soffrire e perdere completamente il controllo di sè, ogni notte di luna piena?
Lo avrebbe guardato alla stessa identica maniera, con cui era solito osservarlo?
La risposta lo spaventava terribilmente, non perchè temesse che fosse negativa, ma perchè sapeva essere più che positiva.
Alberich amava Robert, e niente avrebbe mutato i suoi sentimenti per lui; nemmeno la sua nuova, eventuale, natura.


Incurante delle parole del corvino, Lyla si era impuntata e aveva iniziato a seguirlo passo passo.
Non riusciva a stare ferma; specialmente in un momento simile.
Sapere che il suo migliore amico fosse stato attaccato da un licantropo, l'aveva fatta uscire di testa.
Era talmente presa dal seguire passo passo il proprio ragazzo, da essersi perfettamente dimenticata di avvisare Vieri e Rebekka.
La prima cosa che aveva fatto il pediatra, appena finita la telefonata con il fratello, e dopo aver reso partecipe la corvina sulla situazione, era letteralmente corso nel reparto di chirurgia per cercare due sue colleghi.
- Aspettami qui, Lyla. Qui è ammesso solo il personale - le chiese gentilmente il dottore, veloce e un poco dispiaciuto.
La ragazza annuì quasi meccanicamente con la testa, ancora pallida in volto.
Era consapevole di non poter seguire ovunque Ciel per l'ospedale.
Lei non era un medico, e non poteva di certo girare tranquillamente per tutti i reparti come se niente fosse.
Per questo, seppur a malincuore, si sedette sulle sedioline in plastica poste lì per i visitatori.
Se le circostanze fossero state diverse, Ciel sarebbe rimasto con la corvina per tranquillizzarla e spiegarle accuratamente ciò che sarebbe successo da lì a poco; purtroppo la situazione non era così.
L'ospedale in cui lavorava era diviso praticamente in due aree. Una, che era quella di facciata, era dedicata ai pazienti umani; l'altra invece, ben nascosta agli occhi di molti, era riservata interamente ai mostri e alle persone coinvolte con loro.
Il punto di congiunzione tra le due aree era proprio nel reparto di chirurgia.
- Lopez, hai per caso visto il dottor Sanderson e la dottoressa Green? - chiese rapidamente il pediatra, ad uno degli infermieri di turno in quel momento.
Il giovane infermiere annuì con la testa  - Sono entrambi in fondo al corridoio, dottore. È successo qualcosa? - chiese, notando la sua ormai ben evidente preoccupazione.
Ciel scosse la testa - Ho bisogno di parlare con loro di una cosa molto importante. Grazie - rispose, sempre più frettoloso, percorrendo il lungo corridoio illuminato dalle luci al neon bianche.
Non tutto il personale dell'ospedale era formato da mostri o umani consapevoli, e per tali ragioni dottori come O'Konnor non potevano parlare liberamente con tutti.
Le situazioni negli ospedali misti erano sempre parecchio complicate. Per tutti.
Il dottor Sanderson e la dottoressa Green erano tra i migliori chirurghi, di entrambi i mondi, in tutta Washington D.C., e non ci potevano essere dottori migliori di loro in circolazione.
Paul Sanderson lo conosceva dai tempi dell'Università, avendo entrambi studiato nello stesso istituto a Monscity, ed era sposato con Julian Green da quasi due anni.
Cosa volesse che fossero entrambi elfi, ed era molto raro che due mostri come loro abbracciassero la medicina moderna con la stessa medesima passione.
La prima ad accorgersi del suo arrivo fu proprio Julian che, osservato già da lontano il suo viso pallido e la sua agitazione, capì immediatamente la gravità della situazione.
- Che è successo? - chiese praticamente, avvicinandosi insieme al marito, al lupo.
- Un ragazzo umano è stato morso da un licantropo. È ancora vivo, ma mi è stato riferito che sta perdendo molto sangue. Bisogna  preparare una sala operatoria per rimuovere il veleno in circolo; prima che inizi a mutare le cellule umane in maniera irreversibile -
- Ci penso io - si fece avanti Paul - Jul tra poco meno di un'ora deve operare un demone bambino; io sono libero -
Il pediatra annuì - Bene - esclamò - Allora andiamo. Mio fratello sarà qui a momenti con il ragazzo ferito -


Quando Alberich arrivò nel parcheggio posteriore dell'ospedale, sterzò di scatto con il volante e frenò bruscamente la vettura, curandosi ben poco dell'accuratezza del parcheggio appena effettuato.
Uscì, sbattendo la portiera sempre con poca cura, e si affrettò a prendere tra le braccia Robert per trasportarlo all'interno.
Nell'ultimo tratto di viaggio era capitato un paio di volte che il castano riprendesse coscienza per pochi secondi, ma ogni volta sveniva poco dopo.
La fascia che il tatuatore gli aveva messo, prima di partire, era ormai intrisa di sangue e aveva assunto una tonalità molto cupa di rosso.
Aveva bisogno al più presto di una trasfusione, o non ce l'avrebbe fatta.
Il suo incarnato stava perdendo sempre più velocemente colore, e stava mutando in uno tendente al grigio cadaverico.
Non appena varcò l'ingresso della struttura, fu subito avvicinato da una serie di medici ed infermieri, di cui gli unici visi conosciuti erano quelli di suo fratello maggiore e del dottor Sanderson.
Gli fecero adagiare il corpo del castano su una barella, e due infermieri gli chiesero cordialmente di allontanarsi e di lasciar lavorare loro.
Alberich li osservò scandalizzato - Non se ne parla proprio! Io sto con lui - ringhiò.
Uno degli infermieri, quello dalla corporatura più esile, tentò di farlo ragionare - Signore, questo non può farlo. Le devo chiedere di andare ad aspettare nella sala d'attesa -
- Prova a mandarmi via - lo sfidò apertamente il Gamma, osservandolo con rabbia, e spaventando a morte allo stesso tempo il povero infermiere.
Dovette intervenire Ciel, per farlo ragionare davvero - Alberich non essere sciocco! Lo so che è difficile per te, ma lo sai anche tu che non puoi andare con loro. Vai ad aspettare nella sala d'attesa di sopra - il maggiore gli strinse una mano sulla spalla spessa e robusta - È in ottime mani. Vai -
Nonostante la sua parta razionale sapesse che suo fratello, e i medici con lui, avessero ragione, la sua parte irrazionale rifiutava categoricamente quel pensiero.
Alla fine, sotto ordine del suo Alpha e fratello maggiore, il tatuatore rimase fermo ed immobile sul posto, fino a quando non li vide scomparire dalla loro vista.
Il pediatra gli diede una pacca molto leggere sulla schiena, e lo accompagnò nella sala d'aspetto, dove ad attenderli pazientemente c'era Lyla.





NOTE:
(1): Abiti che, grazie alla magia, durante eventuali trasformazioni o mutazioni non si distruggono, ma "spariscono" momentaneamente per poi ricomparire integri, come se nulla fosse.
(2): Capitale e città di tutti i mostri.

ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
Buon salve dolcini cari :D
Alla fine sono riuscita a sistemare il problema con il pc e, anche se ho perso un bel po' di roba ç-ç, posso tornare a scrivere.
Mi dispiace dirvi che i capitoli "pesantini" non sono finiti :( ma andranno pian piano a migliorarsi.
Io ve lo dico: preparatevi psicologicamente.
Metto già da adesso le mani avanti XD
Spero che il capitolino vi sia piaciuto, e fatemi sapere via commentino cosa ne pensate o come penserate si evolverà la vicenda ;)
tanti bacini zuccherosi volanti a tutti voi
- Harley

Ci tengo a ringraziare:
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ve se ama 'na cifra <3 <3


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Capitolo 31
*** Speranza. ***


capitolo 31
Capitolo 31
Speranza.


La prima cosa che fece Lyla d'istinto, non appena riconobbe le sagome dei due uomini-lupo avvicinarsi a lei, fu correre ad abbracciare Alberich.
Il ragazzo tatuato non rispose subito alla stretta, ancora scosso per la serie di traumatici ed infelici eventi appena verificatisi.
Gli faceva strano essere stretto nel tenue abbraccio della ragazza.
Gli faceva... bene, un poco, essere stretto in quella morsa rassicurante.
- Mi dispiace, Alb - gli disse - Come sta Robert? -
Nonostante cercasse di nasconderlo, la giovane ragazza aveva gli occhi lucidi e la punta del naso ancora arrossata; l'evidente segno che aveva finito da non molto di piangere.
- Lo hanno appena portato in sala operatoria - rispose Ciel - Ora possiamo solo aspettare. Come ho già detto ad Alb, Robert è in ottime mani -
Lyla annuì leggermente con la testa, mentre osservava con la coda dell'occhio l'uomo tatuato sedersi su una delle sedioline, che in confronto al suo corpo risultavano microscopiche.
La muscolatura era tesa, e buona parte della maglietta e della parte superiore del pantalone erano macchiati di rosso scuro.
Immaginò che quel sangue non fosse del tatuatore, e questo fece rabbrividire la ragazza.
Cosa diavolo era successo al suo migliore amico?
E cosa sarebbe successo poi?
Lyla ne era terrorizzata, tremendamente terrorizzata.
- Quello... - la corvina deglutì, indicando ad Alberich il sangue sugli indumenti - Quello è il sangue di Rob? -
Alberich la inchiodò con gli occhi grigi, così vuoti e tristi, ed annuì un paio di volte, ancora rigido sulla sedia e con le mani unite sulle gambe.
Lyla dovette mettersi una mano davanti alla bocca, per trattenere il singhiozzò che minacciava di uscirle dalle labbra, ed inspirò dal naso.
- Oddio - gemette, mentre veniva avvolta dalle braccia rassicuranti del suo pediatra.
Ciel la strinse a sè, e le accarezzò la schiena con il palmo della mano aperto, con lenti movimenti circolari.
- Devi chiamare Apel e Buk al più presto - se ne uscì di punto in bianco il Gamma, con lo sguardo puntato dritto davanti a sè, rivolgendosi al fratello - Sono riusciti ad entrare nel distretto di Delta 1, senza far scattare l'allarme. Bisogna intervenire prima che si verifichino altri episodi analoghi - le mani tatuate si strinsero, fino a far diventare le nocche bianche.
- Il lycan che ha attaccato Robert era molto debilitato, molto più del normale, e questa è stata una fortuna per lui. Se fosse stato un vero licantropo... - fece una pausa per riprendere fiato, e gli occhi gli divennero più lucidi - Robert sarebbe morto, e questo lo sappiamo entrambi -
- Pensi che fosse un esiliato? -
- Molto probabile, ma non ci metterei la mano sul fuoco - rispose, atono.
Si lasciò andare placidamente contro il sedile della seggiola, e portò una mano al viso con una lentezza disumana. Massaggiò gli occhi, con fare stanco, e riportò entrambe le mani sulle gambe toniche; sempre con infinita lentezza, e non abbandonando mai completamente la sua rigidità.
Lyla si strinse le braccia sotto il seno, ed incassò la testa nelle spalle.
Stavano tutti male; tremendamente male.
Era un dolore inquantificabile, che prendeva cuore e testa, e ti distruggeva lentamente nel profondo.
Il loro nemico, in quell'istante, era solo uno: il tempo.
Nemico beffardo, che sembrava essersi congelato in quel corridoio che puzzava di medicinali e disinfettante.
La mente di Alberich si era completamente svuotata, mentre osservava le invisibili crepe della parete davanti a lui.
Al contrario, la mente di Lyla era affollata come una stazione metropolitana alle 8 di mattina; era caos allo stato puro.
Piena di domande, e di idee spaventose.
- Cosa succederà a Robert? -
L'azzardata domanda della ragazza attirò la sola attenzione del pediatra, mentre l'uomo tatuato pareva perso in un mondo oscuro.
Ciel aspettò qualche secondo prima di rispondere, per poter pensare alle parole più opportune da pronunciare.
- Le possibilità sono due. Se durante l'intervento riescono a togliere tutti i residui di componente genetico mannaro, prima che questo attacchi le cellule di Robert, non succederà niente di grave; in caso contrario... - Ciel sospirò una seconda volta - Diventerà un licantropo -
Sconvolta, la corvina si lasciò cadere sulla sedia al fianco di Alberich, e diede libero sfogo al pianto che soffocava ormai da svariati minuti.


Il tempo passò. Molto lentamente, ma lo fece.
Ciel aveva lasciato i due ragazzi lì, per andare a vedere a che punto fossero con l'operazione.
Il pediatra era stato incredibilmente abile nel celare la sua preoccupazione.
L'asportazione della tossina si stava protraendo molto di più di quello che sperava, e aveva sforato il tempo medio.
Questo lo aveva preoccupato a tal punto da indurlo a lasciare il fratellino e la ragazza da soli, ancora seduti sulle scomode sedioline di plastica blu.
Lyla, che aveva smesso di piangere da pochissimi minuti, ora si reggeva la testolina corvina tra le mani, mentre Alberich non si era mosso di un solo millimetro.
La ragazza si era domandata, svariate volte nella mente, come stesse veramente l'uomo al suo fianco.
Dire che fosse distrutto non sarebbe mai bastato, perchè il dolore che traspariva dai lucidi occhi chiari... non era quantificabile.
Era un dolore che ti contagiava, e che ti faceva condividere con lui lo stesso stato d'animo.
Lyla non poteva nemmeno immaginare cosa stesse pensando il corvino, e non dovette nemmeno chiederglielo perchè fu lui a rompere l'opprimente silenzio.
- Non mi importa se Robert diventerà un licantropo - mormorò, voltandosi appena verso la ragazza - Non mi importa se... non sarà più un essere umano, o se inizierà ad odiarmi a causa di questo incidente. Voglio solo che stia bene -
Gli occhi di entrambi si fecero più lucidi, e la ragazza tirò lievemente su con il naso - Lo vogliamo tutti, Alberich - rispose la giovine, riportando lo sguardo sulle mani che teneva strette sul grembo.
Un pensiero riuscì a farle spuntare un piccolo sorriso sulle labbra rosate.
- Se Robert fosse qui, in questo momento, avrebbe fatto sicuramente una battuta sul suo essere una persona tremendamente lunatica e sulla sua possibile nuova natura. È da lui fare battute tremende nei momenti peggiori -
Alberich si lasciò sfuggire un risolino divertito - È vero - confermò, con aria decisamente più serena e tranquilla.
Passarono pochi secondi.
- Lyla? - la chiamò.
- Sì, Alb? -
- Penso di amarlo - confidò, riportando lo sguardo dritto davanti a sè.
La ragazza non riuscì a nascondere il sorriso che le nacque spontaneo - Lo penso anch'io -


Passarono meno di una decina di minuti quando Ciel ritornò, portando con sè buone notizie.
- L'operazione è andata. Lo stanno spostando ora in una delle camere libera - li aggiornò il pediatra, scatenando la gioia dei due ragazzi.
Alberich abbracciò di slancio il fratello maggiore,e lo strinse in una morsa spacca ossa.
- Ora come sta? - gli chiese, subito dopo, ansioso.
- È ancora sotto anestesia, ma sta benissimo - gli sorrise Ciel - Robert è stato davvero fortunatissimo. Il licantropo che lo ha morso era sterile; il veleno non ha attaccato nemmeno una cellula -
Sentita quella frase, Alberich non riuscì più a trattenersi e si lasciò andare in un lungo e liberatorio pianto di gioia e commozione.
Alla fine, era andato tutto bene per davvero.


- Che si fa ora? - domandò la ragazza, rompendo involontariamente il momento di serenità che si era creato - Sua madre e sua sorella saranno preoccupatissime, e scommetto che nessuno le ha avvisate... -
Ciel annuì, riflettendo su come comportarsi - Non possiamo dire loro cosa è realmente successo, e in più abbiamo il problema che non sappiamo come potrebbe reagire Robert. La situazione è parecchio complessa - sospirò, mentre Alberich al suo fianco abbassò il capo afflitto.
Si era completamente dimenticato dell'eventualità, che Robert avrebbe potuto rifiutare tutta la situazione.
L'eventualità che avrebbe potuto rifiutare lui, schifato e sconvolto dalla verità e dalla sua vera natura.
- Diremo che è stato attaccato da un orso - propose il tatuatore, con voce piatta - Con lui ci parlerò poi io. Lo convincerò... a non dare di matto; anche se dovesse rifiutarmi - strinse le mani a pugno, con lo sguardo triste puntato sul pavimento, mentre Lyla gli si avvicinò.
La ragazza gli posò una mano sul braccio muscoloso, con un'espressione rassicurante in volto.
- Non lo farà -
Un sorriso poco convinto apparve sul volto del tatuatore.
Lo sperava con tutto il cuore.
Lo sperava davvero.



ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
E chiudiamo questo 2016 con questo ultimo capitolo :)
Domani è il 31, e per ovvie ragioni non aggiornerò nessuna storia, perciò... questo è effettivamente il mio ultimo capitlo dell'anno.
L'operazione di Robby è andata bene, ma adesso? Come reagirà alla verità?
Dovrete attendere l'anno prossimo per saperlo ;)
Come pensate che si evolveranno le vicende a questo punto? Cosa succederà di bello?
E soprattutto... come reagiranno gli altri personaggi?
Vi "spoilero" già che il prossimo capitolo sarà principalmente dedicato a...
...
...
Beki.
Lascio lavorare i vostri cricetini (il mio al momento non si sente tanto bene XD)
Come sempre vi invito a farmi sapere cosa ne pensate via commentino <3
(Va bene anche se volete parlarmi delle vostre teorie che nemmeno il vostro amico immaginario ispanico Danielo Pablito Esteban Della Rosa Ramirez vuole ascoltare XD Adoro leggere le vostre teorie :3)
Io vi mando tanti bacini zuccherosi
e vi auguro un buon fine 2016 e un ottimo inizio 2017 :3
Dai, raga! Che con il 2017 si parte abbomba XD (è quello che sto cercando di auto ripetermi all'infinito da un po' di tempo a questa parte >.< l'anno prossimo sarà la morte per me ç-ç)
- Harley

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Capitolo 32
*** Soda all'uva. ***


capitolo 32
Capitolo 32
Soda all'uva.


Quando le arrivò la telefonata di Lyla, in cui le comunicò, tra un singhiozzo e l'altro, cosa fosse successo al loro migliore amico quella stessa mattina, corse a prendere la metro più vicina a casa sua per andare in ospedale.
Nonostante l'amica l'avesse rassicurata con una seconda telefonata, mentre era ancora in metro, dicendole che era andato tutto bene e che Robert non era più a rischio trasformazione, la texana non era riuscita a togliersi quella sgradevole sensazione all'altezza del cuore.
La paura che si prova, quando si viene a sapere che una persona cara ha avuto un incidente, è davvero indescrivibile ed inspiegabile. Solo chi ci è passato lo sa; gli altri non possono nemmeno lontanamente immaginarlo.
Impiegò una quindicina di minuti buoni, e dovette cambiare due linee, prima di arrivare a destinazione.
La struttura ospedaliera davanti a lei non le era mai sembrata così spaventosa e cupa in vita sua.
Varcò le porte scorrevoli, trattenendo involontariamente il respiro, e non fece nemmeno in tempo ad avvicinarsi alla gabbiola per chiedere dove andare, che riconobbe due volti noti non molto lontani da lei.
- Ciel! Chiappe di marmo! - li chiamò a voce alta, alzando una mano a mo' di saluto, ed attirando l'attenzione anche di due vecchie inservienti, che le lanciarono un'occhiata a metà tra lo scandalizzato e il divertito.
Vieri incassò la testa nelle spalle, pregando che si trattasse di un incubo, mentre il pediatra al suo fianco gli lanciava una rapida occhiata divertita.
Rebekka si rese conto solo quando si avvicinò a loro, che i due uomini reggevano tra le braccia dei panini e delle bevande.
- Ciao, Rebekka - la salutò educatamente Ciel, con un sorriso - Stiamo andando a portare da mangiare a mio fratello e Lyla. Ti unisci a noi? -
La ragazza annuì con la testa - Robert come sta? - chiese, preoccupata, al pediatra.
- Sta ancora dormendo. Lo hanno spostato in una delle camere libere nell'ala umana - le spiegò, mentre si incamminavano verso gli ascensori del piano terra - Tu hai già pranzato? Se vuoi posso andare a prenderti qualcosa al bar -
La gentilezza e la premurosità dell'uomo-lupo lasciarono la bionda notevolmente sorpresa, e la portarono a domandarsi se tutti gli Alpha fossero come lui, o se quella fosse solo una sua caratteristica.
Non era molto esperta in materia "Alpha" e questo non lo poteva proprio sapere, nonostante la sua natura e gli insegnamenti di sua nonna.
- No no, tranquillo. Ho già pranzato - mentì, scuotendo leggermente la testa, e stampandosi un ampio sorriso in volto.
In realtà si era completamente dimenticata di farlo e, quando Lyla le aveva telefonato, lo stomaco le si era chiuso.
Ciel sembrò crederle senza problemi, mentre Vieri non smetteva di osservarla con uno sguardo indecifrabile; e la cosa la metteva fortemente a disagio, anche se cercava di non darlo a vedere.
Quando sentì la mano della volpe sulla spalla sinistra, per poco non ebbe un infarto.
- Torniamo subito - disse lui, rivolto al dottore, prima di trascinarla via e borbottarle un - Tu ora vieni con me -
Sempre più confusa, la bella texana si lasciò trascinare via senza opporre, stranamente, la più che minima resistenza.
L'albino la portò, senza tante cerimonie, davanti ai distributori automatici. Frugò nelle tasche dei pantaloni scuri, tirò fuori una monetina, la inserì e digitò rapidamente un codice, sempre sotto lo sguardo confuso della bionda.
Era sul punto di uscirsene con una delle sue tipiche frasi alla Beki, quando Vieri fu più veloce di lei.
- So riconoscere quando uno mente - le disse duro, a mo' di rimprovero.
Si piegò appena sulle ginocchia, e quando ritornò su porse alla ragazza una lattina colorata.
- Sei libera di non mangiare niente, ma almeno bevi qualcosa di zuccherato per compensare -
Beki rimase sorpresa, e sgranò lievemente gli occhi scuri in risposta.
Passò lo sguardo prima sul viso impassibile dell'albino, poi sulla lattina che le stava ancora porgendo.
Titubante, la texana afferrò la bibita, stando ben attenta a non sfiorargli la mano, e biascicò un - Grazie -
- Di niente - rispose il Beta, con un tono leggermente meno duro.
O almeno, così sembrò alla ragazza.
Rebekka lanciò un'ultima occhiata alla lattina di soda all'uva, prima di aprirla dalla linguetta, con un ampio sorrisone in volto.
- Forse non sei così malaccio come pensavo, Chiappe di marmo. Se continui così finirò per credere che si celi un cuore d'oro, sotto quella coltre di muscoli tonici - lo provocò, inarcando un sopracciglio biondo, e con l'angolo della bocca tirato leggermente in su.
La volpe le schioccò un'occhiataccia.
- Tu invece ti riveli sempre più sfacciata e priva di ogni senso del pudore, biondina -
- Grazie! Lo prendo come un complimento - lo ringraziò, allargando maggiormente il sorriso divertito.
Vieri scosse un paio di volte la testa, rimasto senza parole, e si avviò verso gli ascensori insieme alla ragazza, il cui sorriso non accennava a scomparire.
Mentre sorseggiava la bibita zuccherina, Bekka continuava ad osservarlo con la coda dell'occhio scuro.
- Sai... - fu lei a rompere il silenzio, mentre Vieri chiamava l'ascensore - Continuo a pensare di averti già conosciuto, ma non riesco a ricordarmi dove - gli rivelò.
- Avrò un viso comune - liquidò lui la faccenda, facendo ridere di gusto la ragazza.
- Hai un viso comune esattamente come quello di Benedict Cumberbatch - ridacchiò, prendendo un altro sorso di soda - Sei quasi più gnocco di quell'uomo -
Vieri le lanciò un'altra occhiataccia.
- Che c'è? Ho detto "quasi" - si difese - Non volevo urtare la tua mascolinità. Voleva essere un complimento -
Lui si ritrovò a scuotere nuovamente la testa, e a tirare un lungo sospiro per l'esasperazione.
- Ma sei sempre così... -
- Bellissima? - provò Beki, sbattendo le lunghe ciglia chiare, ed appoggiando il dorso della mano contro il mento.
- Spudorata - concluse invece lui.
La maga fece finta di pensarci su un secondo.
- Sì, lo sono sempre - confermò - Mi piace definirmi "estremamente sincera" - affermò, con una scrollata di spalle, e una serenità che sconvolse ulteriormente l'uomo.
- Comunque, la vuoi sapere una cosa? - gli chiese poco dopo.
- Ho il terrore di dirti di sì -
Rebekka si lasciò scappare un'altra risatina, prima di prendere un'altro sorso dalla lattina.
- La soda all'uva è la mia preferita -
Dopo quella rivelazione, le porte dell'ascensore si aprirono davanti a loro, e Rebekka non potè notare gli occhi celesti di Vieri sgranarsi visibilmente.


Quando arrivarono a destinazione, la bionda texana riconobbe Ciel insieme a Lyla, intenta a bere un succo di frutta, mentre un terzo ragazzone continuava a fare avanti e indietro davanti ad una porta chiusa, come una fiera in gabbia.
Fu grazie all'evidente presenza di tatuaggi, e dalla corporatura per niente esile, che riuscì a riconoscerlo come Alberich.
La prima ad accorgersi della loro presenza fu Lyla, che scattò in piedi come una molla e corse verso di lei.
L'abbracciò di slancio, e si accorse immediatamente degli occhi ancora lucidi della corvina.
Rebekka la strinse maggiormente, le diede un paio di carezze sulla schiena e le sussurrò parole di conforto.
- Non si è ancora svegliato? -
Lyla scosse la testa, sciogliendo la stretta - Non ancora - sospirò - Prima ci avevano permesso di entrare nella camera, ma ci hanno fatto uscire quasi subito delle infermiere - e quello le spiegò l'umore, sempre più nero, dell'uomo tatuato.
Lo sentì borbottare qualcosa di indecifrabile, sicuramente qualche imprecazione contro quelle stesse infermiere, prima di avvicinarsi a loro.
- Se continui così farai un buco nel pavimento, ragazzone -  gli disse la bionda, con un piccolo sorriso ad incresparle le labbra - Avrei preferito conoscerti in circostanze differenti, ma la vita è una vecchia stronza acida. Non è mai carina con nessuno - commentò, scuotendo leggermente la testa, ed attirando l'attenzione di un confuso Alberich.
- Tu devi essere Rebekka - se ne uscì infine, con un piccolo sorriso - Robert mi ha parlato di te -
Il sorriso sul viso della bionda si allargò maggiormente - Anche lui mi ha parlato di te, e posso confermare che aveva ragione -
Si avvicinò al tatuatore e, prima di riprendere a parlare, lo osservò velocemente - Puoi fare un giro su te stesso? -
Evidentemente stranito, il corvino lanciò sguardi confusi ai presenti, non capendo dove volesse andare a parare la ragazza.
L'unico a mettersi una mano sul viso, temendo il peggio, fu Vieri.
- Tranquillo, non ti mangio - lo rassicurò la texana, con una risatina - Devi solo fare una piccola giravolta - e gli fece segno con il dito di girarsi.
Ancora titubante, il Gamma obbedì alla richiesta della maga, che nel mentre lo osservava con severo occhio critico.
- Sì sì. Aveva ragione - confermò, risoluta, annuendo con la testa ed incrociando le braccia sotto il seno.
- Attento, Chiappe di marmo, qua c'è qualcuno che rischia di rubarti il titolo - ridacchiò la bionda, in direzione della povera volpe.
Alberich si lasciò andare in una lunga risata, coinvolto da quella della bella texana.
Nel frattempo Lyla pensò che quei due, insieme, sarebbero potuti diventare un vero pericolo pubblico.
Molto probabilmente Robert avrebbe dato di matto.
Robert avrebbe dato sicuramente di matto.
- Mi piace questa ragazza -
Anche Ciel e Lyla scoppiarono definitivamente a ridere, ma vennero bloccati dal suono della porta che attirò l'attenzione di tutti.
Dalla camera di Rob uscì una vecchia infermiera, dalla pelle rugosa scura e dagli occhi piccoli e neri.
- Il ragazzo sta ancora dormendo, ma potete entrare. Mi raccomando: non fate troppo chiasso -
Alberich non la ascoltò nemmeno, e non appena gli fu permesso si fiondò nella camera.
Ciel si avvicinò alle ragazze, rimaste ancora fuori, e disse - Vado a far telefonare alla madre di Robert e alla sorella. Useremo la scusa dell'orso per ora... poi vedremo -
Le due annuirono con la testa, serie, prima di entrare nella camera con un dolore all'altezza del petto.
A metà tra il cuore e la bocca dello stomaco.



ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
Ehi ehi, belle personcine!
Come state? Cosa pensate del capitolino?
Lo so che è molto corto rispetto agli altri, ma essendo un capitolo di passaggio non volevo appesantirlo troppo. Come sempre semino i capitoli di piccoli indizi che, magari per ora significaranno poco per voi, ma fidatevi: hanno il loro perché ;)
Con i prossimi capitoli si partirà a bomba, e devo dire che sono molto emozionata >.< Manca davvero pochissimo e si aprirà finalmente il secondo arco narrativo di D. e qui... inizieranno i casini veri! Ma non voglio spoilerarvi altro su questo perchè sono malvagia :3 (neanche più di tanto... forse)
Fatemi sapere via commentino come credete che si evolverà la storia da questo momento in poi.
Adoro leggere le vostre teorie, ma questo dovreste già saperlo XD
Ah, una piccola cosa!
NON so quando aggiornerò d'ora in avanti fino a giugno. Ormai avrete già capito che le mie belle tabelline di marcia siano andate a farsi benedire da tempo, e non so veramente come gestirmi come si deve.
A me per prima spiace non poter postare con regolarità, ma mi trovo davvero in difficoltà.
Posso solo che chiedervi di pazientare ulteriormente.
Mi sono accorta che in molti hanno abbandonato la storia per questo motivo, e... mi spiace. Davvero molto.
Purtroppo io mi trovo in questa situazione al momento, e non voglio nemmeno stare a ripetere le mie motivazione perchè sto davvero diventando noiosa negli ultimi tempi ^-^'' ed io per prima so che sono sensate. Non è che non aggiorno perchè sono cattiva e voglio farvi un torto.
Cercherò comunque di fare del mio meglio, e di portarvi almeno un capitolo al mese.
Con questo vi saluto e vi mando tanti bacini zuccherosi
- Harley


Ci tengo a ringraziare:
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che hanno messo la storia tre le seguite :3
1 - CloveRavenclaw39 [Contatta]
2 - Gioz_12 [Contatta]
3 - NancyZquad_1D [Contatta]
4 - noemichan [Contatta]
5 - Silvylovy25 [Contatta]
che hanno messo la storia tra le ricordate :3
1 - BlackGirl_Chan [Contatta]
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che hanno messo la storia tra le preferite <3
vi lovvo tanto <3 <3

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Capitolo 33
*** Meraviglia che supera il dolore. ***


capitolo 33
Capitolo 33
Meraviglia che supera il dolore


La prima cosa che sentì, prima ancora di aprire gli occhi, fu il fastidioso ronzio delle luci al neon.
Un ronzio lungo e tremendamente fastidioso.
Quando aprì gli occhi, e si ritrovò ad osservare un triste e spoglio soffitto grigio. Ci impiegò qualche secondo per ricapitolare chi fosse e come facesse a trovarsi in quel posto.
Si ricordava di essere andato con Alberich in campeggio e poi... di essere stato attaccato da quel... Cane? Orso? Lupo?
Non lo sapeva.
Non aveva mai visto niente di simile.
Il ronzio si fece così intenso, da costringerlo a strizzare gli occhi e a mugugnare infastidito.
Quelle luci lo stavano facendo uscire fuori di testa.
- Spegnete quelle cazzo di luci -
Quello che avrebbe voluto uscisse come un ringhio, finì per diventare un lieve mormorio appena accennato.
Dall'altra parte della camera sentì qualcuno muoversi.
- Robert, tesoro!
La voce acuta di sua madre lo colpì in pieno come uno schiaffo, e subito dopo la vide alla sinistra del lettino in cui si trovava.
Era pallido in volto, molto più del normale, e aveva gli occhi rossi e gonfi.
I lunghi ricci castani erano legati in una arruffata e malandata coda di cavallo, e aveva un'aria incredibilmente stanca. Come se non dormisse bene da giorni.
- Tesoro, come stai? -
Bella domanda.
Come stava?
Non lo sapeva nemmeno lui, come stava.
La prima parola che gli venne alla mente fu "indolenzito".
- Non lo so - gracchiò, con voce secca e la bocca ancora impastata - Dove siamo? -
- A Washington, caro - gli rispose Christine, accarezzandogli i capelli castani con movimenti lenti e delicati, scostandogli di tanto in tanto qualche ciocca dal viso.
- Non ricordi niente? -
Il ragazzo, per quanto riuscisse, scosse lievemente la testa.
Non era sicuro di ricordarsi veramente quello che era successo. Non lo era affatto.
- Sei stato aggredito da un orso - singhiozzò la donna - Fortunatamente Alberich è riuscito a scacciare l'animale con una di quelle pistole scaccia cani - un altro singhiozzo, e la donna si ritrovò ad inspirare rumorosamente con il naso - Eravamo tutti così preoccupati, passerotto -
Robert sentì chiaramente un groppo salirgli in gola, e rimanere lì bloccato, togliendogli quasi il respiro.
Il suo pensiero andò al suo ragazzo, preoccupato.
Lui dov'era?
- Alberich dov'è? -
- È andato, sotto mio ordine, a prendere qualcosa da mangiare alle macchinette al piano terra - lo rassicurò lei - Il tuo ragazzo è un vero testone, persino peggio di te. Da quando ti ha portato in ospedale, non si è mai voluto allontanare -
La donna si lasciò sfuggire un lieve sospiro - Non ha voluto nemmeno pranzare e cenare come si deve, quel ragazzo. L'ho dovuto quasi minacciare per farlo allontanare tre secondi... Si vede che ci tiene tanto a te -
Sul viso del castano nacque un piccolo sorriso.
Il suo orso-tattoo era un vero idiota, e quando sarebbe tornato glielo avrebbe detto chiaro e tondo in faccia.
Non poteva trascurare così la sua salute; era un incosciente.
- Rie, invece? -
- È qua fuori, sta dormendo. Vuoi che la svegli? -
Scosse lievemente la testa - Lasciala pure dormire ancora un po'; non svegliarla - fece una piccola pausa, e con gli occhi andò a cercare un orologio.
Scansionò tutte e quattro le pareti della stanza, ma non ne trovò nessuno.
- Che ore sono? -
- Le 10 di sera, tesoro - mormorò la donna, dando una rapida occhiata all'orologio che portava al polso, lievemente nascosto dalla manica del maglioncino.
Il ragazzo, confuso, lanciò al genitore un'occhiata alquanto perplessa.
L'orario di visita non doveva essere già finito da un pezzo?
Comprendendo la sua perplessità, la madre aggiunse - È stato il fratello di Alberich. È stato così gentile da convincere gli inservienti a farci restare ancora un pochino -
Christine sarebbe andata volentieri avanti a parlare, se il suono della porta che si apriva non avesse attirato la loro attenzione.
Alberich era appena entrato nella piccola camera, con tra le mani una confezione di biscotti aperta ed appena toccata.
Accortosi dello stato del ragazzo, sgranò gli occhi per la sorpresa e parve illuminarsi.
- Sei sveglio - esclamò.
Christine, con un lieve sorriso sulle labbra, si alzò in piedi.
- Vi lascio un attimo soli, mentre vado a vedere come sta Arianne - disse, andando verso la porta.
Prima però, si fermò esattamente al fianco del corvino e gli puntò un dito contro - E tu, signorino... vedi di mangiare qualcosa come si deve dopo. Non costringermi a doverti imboccare con la forza, come facevo con Robert da piccolo; ne sarei più che capace - minacciò, lanciandogli un ultimo sguardo prima di uscire.
Alberich non riuscì a comprendere se la madre del suo ragazzo stesse scherzando o meno, ma preferì saggiamente di non indagare. Aveva altro a cui pensare al momento, ed era l'unica cosa che gli importava.
- Ciao -
L'uomo tatuato andò a sedersi sulla sedia vicino al letto, in lieve imbarazzo.
- Ciao - ricambiò il saluto, sorridendo appena con l'intento di tirar su l'umore dell'uomo.
Glielo leggeva negli occhi chiari: si sentiva in colpa.
Bastò guardarlo negli occhi per comprendere il suo stato d'animo. Gli sembrava... così semplice leggerlo.
Come se fosse un libro stampato in stampatello maiuscolo, completamente aperto e semplice da leggere.
- La cosa che mi ha attaccato... - iniziò, con la gola secca e voce un po' insicura - Non era un orso, vero? -
Il lupo sgranò lievemente gli occhi ed abbassò il viso, indeciso sul da farsi.
Gli avrebbe mentito?
- -
No, non lo avrebbe fatto.
Robert aveva il diritto di sapere la verità, e il corvino si era stancato di omettergli sempre quella parte della sua vita che desiderava ardentemente condividere con lui.
Il castano chiuse gli occhi, ed inspirò rumorosamente.
Voleva davverp sapere cosa l'avesse attaccato? Non lo sapeva, con sincerità.
Alberich era irrequieto, sulla piccola sedia dove poco prima era seduta sua madre, e la cosa non fece che preoccuparlo e metterlo in ulteriore ansia.
Perché stava così? Cosa c'era che lo tormentava così tanto, e così in profondità?
- Cos'era? -
- Robert, senti... - tentennò, in difficoltà.
Il ragazzo gli prese una mano, la strinse tra le sue, stando ben attento alla flebo attaccata al suo braccio, e gli donò un sorriso carico di incoraggiamento. Come per dirgli "Tranquillo, io sono qui. Va tutto bene".
- Cos'era? - riprovò, con più dolcezza.
Alberich sospirò, ancora.
- Ho paura che se te lo dirò, tu... - non finì la frase.
Il castano si lasciò sfuggire una smorfia sul viso, lievemente infastidita, e gli lanciò una rapida occhiataccia scherzosa.
- Non succederà - gli strinse la mano - Ora però dimmi cosa è successo. Ho... dei ricordi molto confusi, ma sono sicurissimo che ciò che mi ha aggredito non era un orso, come ha detto mia madre -
- Non lo era, infatti - confermò il tatuatore, osservando le loro mani intrecciate.
Le mani di Rob erano molto più esili e chiare rispetto alle sue, più grosse e ricoperte da scuri tatuaggi.
Insieme facevano uno strano contrasto.
Un bel contrasto.
- Era un licantropo -
Robert sarebbe molto volentieri scoppiato a ridere, se i suoi occhi non fossero stati così seri e spaventati.
- Sei serio - disse infatti, dopo un po' - Sei davvero serio -
Lo sguardo sorpreso del castano venne interpretato dall'altro come uno spaventato.
Era preoccupato per la sua reazione, tanto da iniziare a vedere "paura" persino dove non ce ne stava nemmeno un pizzico.
- Robert, ti prego non prendermi per pazzo. Quello che ti sto dicendo è la verità -
Lui scosse la testa - Non l'ho mai pensato. Forse un po' stupido alle volte, ma pazzo non credo - ridacchiò, lieve.
Alberich rimase interdetto davanti alla reazione del ragazzo, e si lasciò sfuggire un piccolo sorriso amaro.
- Alberich, seriamente - iniziò Rob, alzandosi a sedere sul letto, con calma - Non ho dieci anni, e siamo entrambi adulti. Se mi dici che quella cosa era un licantropo, per quanto assurdo possa sembrare, voglio crederti. O almeno, ci voglio provare... -
Il ragazzo lasciò una mano intrecciata a quella del suo orso-tattoo, e con l'altra andò a massaggiarsi la fronte.
- Ok, sì. Un licantropo è roba da pazzi - disse - Ma ho visto la creatura che mi ha attaccato, ed anche se i miei ricordi legati all'accaduto sono molto... confusi, so che non poteva essere un orso -
Il corvino rimase in silenzio per secondi che parvero infiniti.
- Teoricamente non dovresti reagire così. Dovresti urlarmi contro del pazzo, e dovresti... essere terrorizzato -
- Dovrei fare un sacco di cose, ma non le faccio mai - rispose Rob con una scrollata di spalle, per poi diventare completamente serio.
Abbassò gli occhi scuri, per osservare le loro mani ancora intrecciate tra di loro.
- Ovviamente non sono tranquillo, quello che è successo... è stato orribile. Ma non risolverò niente se adesso mi faccio divorare dalla paura o inizio a sclerare -
Il Gamma rimase notevolmente sorpreso dalle sue parole, e non fece niente per nasconderlo.
Non si sarebbe mai aspettato parole simili.
- Robert... io so che se ti racconterò tutta la verità, tu scapperai a gambe levate da me, ma te lo devo. Ti devo raccontare tutto -
- Dimmelo, allora - lo invitò, dolcemente - Prometto di non dare di matto. Sarà per la morfina che ho ancora in circolo, ma starò qui e ti ascolterò fino alla fine - lo rassicurò, poi.
Alberich attese un paio di minuti prima di iniziare a parlare. Tempo che impiegò per cercare le parole più adatte da pronunciare.
Sicuramente suo fratello, quando si era visto costretto a dire tutta la verità a Lyla, non si era trovato in difficoltà tanto quanto lui.
Ciel era decisamente più bravo di lui con le parole, e sapeva sempre dire la cosa giusta al momento più opportuno.
Lui invece era un completo disastro.
Non sapeva nemmeno da dove iniziare, con precisione.
Doveva solo... iniziare dall'inizio; con calma.
- Sei stato attaccato da un licantropo, e fortunatamente non solo era molto debole, ma anche sterile. Così... non hai corso il rischio di diventare come uno di loro -
Robert sgranò gli occhi, visibilmente sconvolto - Sarei potuto diventare un lupo mannaro? -
Il tatuatore annuì con la testa.
- Una sorta di via di mezzo tra un uomo e un lupo, con denti appuntiti, artigli e con seri problemi legati alle fasi lunari? -
L'uomo annuì una seconda volta, con un piccolo sorrisino sulle labbra.
- Già sono lunatico di mio, ci mancava solo la licantropia - ridacchiò il castano, coinvolgendo anche l'altro.
Al corvino tornarono in mente le parole di Lyla, e non riuscì a trattenersi dal ridacchiare ulteriormente lieve.
Lo aveva detto: Robert avrebbe fatto sicuramente una battuta del genere.
- Che fine ha fatto... il licantropo che mi ha attaccato? -
Alberich attese un po' prima di rispondere - È morto - si limitò a dire, teso.
- Lo hai ucciso te? -
- -
Rimasero in silenzio entrambi per altri secondi, con ancora le mani intrecciate e strette tra di loro.
Il castano iniziò a muovere il pollice sul dorso della mano tatuata, tracciando disegni circolari immaginari.
- Sei una specie di cacciatore di licantropi? - osò chiedere, timidamente.
La sua semplice domanda lo fece ridere di gusto; manco gli avesse raccontato la più divertente delle barzellette, o gli avesse fatto vedere il video di una gatto buffo su internet.
- Ahahahaha un cacciatore - continuò a ridere, asciugandosi con l'indice della mano libera una lacrima sfuggita dagli occhi chiari.
Rob gonfiò le guance, assumendo l'espressione di un piccolo criceto indispettito.
Non riusciva a capire cosa ci fosse di tanto divertente nella sua domanda.
Si era forse perso qualcosa?
- Scusa, scusami. Non volevo offenderti - riuscì a dirgli, tra una risata e l'altra - Devi sapere che non esistono più cacciatori di mostri ormai da secoli; dai tempi del Medioevo quasi. Essere paragonato ad uno di loro mi è sembrato solo molto buffo - spiegò, con ancora un lieve sorriso sulle labbra.
- Ma se sei riuscito ad ucciderlo - iniziò Robert, confuso - Allora non sei umano -
Un ragionamento più che sensato.
Seppur il tono usato dal castano fosse uno dei più tranquilli e normali, Alberich percepì un lungo brivido d'agitazione colpirgli la spina dorsale. Non aveva mai provato così tanta agitazione in tutta la sua vita.
- No, non lo sono - confermò, abbassando gli occhi grigi, per poi rialzarli poco dopo. Voleva vedere la reazione del proprio ragazzo.
- Sono un mutaforma. Un uomo-lupo -
Robert annuì un paio di volte, cercando di metabolizzare le nuove informazioni.
- Ok - esalò, con un altro movimento della testa - Sei un uomo-lupo... e che vuol dire? - domandò, cercando di immaginarsi quali fossero le differenze tra licantropi e uomini-lupo.
La differenza stava forse nella quantità di peli?
- Vuol dire che sono un mostro capace di mutare la mia forma umana in una animale - gli spiegò cauto, mantenendo sempre un tono di voce dolce e pacato, impaurito da un'eventuale reazione eccessiva da parte sua.
Il ragazzo sembrava completamente calmo e tranquillo, con lo sguardo perso nell'osservare il viso del proprio orso-tattoo, mentre la sua mente sviluppava immagini alquanto... singolari.
Alberich, che per un secondo sembrò leggerlo dentro, si lasciò sfuggire un sorrisetto malizioso.
- Ti sei appena immaginato una mia versione pornografica, in questo momento? -
- Mi sono immaginato due nostre versioni pornografiche, in pieno stile BDSM. Con me nelle veci del padrone, tu del sottomesso, e con tanto di collare e frusta... -
Rimasero entrambi in silenzio.
- Siamo sicuri che la roba che mi stanno iniettando via flebo non rientri nelle sostanze poco lecite? -
- Direi più che è la tua mente ad essere poco lecita - ridacchiò il corvino, lanciandogli uno sguardo languido - Io ti rivelo di non essere un semplice essere umano, e tu inizi a farti delle fantasie erotiche su di noi? -
L'uomo si avvicinò al viso del castano e gli soffiò un - Mi piace -
Rob arrossì violentemente sulle gote, a causa del tono e della estrema vicinanza con il suo ragazzo, ma cercò di non darlo troppo a vedere.
- Sarà a causa della tensione sessuale repressa - scrollò le spalle.
Il sorriso sul volto del tatuatore si allargò ancora di più - Allora ammetti che c'è della tensione sessuale repressa tra di noi -
Anche sul volto del ragazzo apparve un ampio sorriso malizioso - È quello che ho detto - confermò - Sarebbe stupido a questo punto stare a negare la sua esistenza -
I due rimasero lì in quella posizione per altro tempo, in completo silenzio.
- È tutto così... assurdo - affermò Rob, rompendo il silenzio con un sussurro.
Una fitta alla testa gli fece serrare di scatto gli occhi, e lo costrinse a portarsi una mano alla fronte.
Era un dolore lancinante, che durò solo per pochi secondi.
Alberich scattò fulmineo, preoccupato per lo stato del ragazzo.
- Sto bene. Sto bene - si affrettò a tranquillizzarlo, portandogli una mano all'avambraccio - Solo troppe informazioni da registrare - cercò di metterla sul ridere, nel tentativo di tranquillizzare Alb.
Un risolino isterico sfuggì dalle labbra chiare del castano, e lì il Gamma comprese.
Robert si stava sforzando di apparire così calmo e tranquillo, quando in realtà aveva un vero e proprio tifone dentro.
Si stava sforzando di mostrarsi calmo, per non far star male lui; per non farlo soffrire.
Quella era una caratteristica del castano: sacrificarsi per non far soffrire le persone a lui care. Lo aveva sempre fatto, per tutta la sua breve vita.
Prima con sua madre, poi con sua sorella Arianne... ed ora anche con Alberich.
Robert poteva solo immaginare come si era sentito, e come si sentiva, il corvino; o almeno, non poteva ancora comprenderlo appieno al momento.
Poteva solo immaginare quanto gli fosse stato difficile rivelargli quel particolare sulla sua persona.
Perchè per Robert era questo, il suo essere non umano; un particolare, un qualcosa in più.
Alberich non era affatto cambiato. Era esattamente lo stesso, di un'ora, una settimana e un mese fa.
Era sempre lo stesso.
Lo stesso identico orso-tattoo arrogante, che gli aveva fatto l'occhiolino e il segno di chiamarlo, quel giorno al ristorante giapponese.
Lo stesso identico orso-tattoo arrogante, che aveva baciato d'istinto quella volta che lo aveva accompagnato a casa.
Lo stesso identico orso-tattoo arrogante, a cui aveva fatto una scenata di gelosia quando lo aveva visto fare colazione con Tom.
Lo stesso identico orso-tattoo arrogante, con cui era uscito e aveva baciato fuori dal Fairy Law.
Lo stesso identico orso-tattoo, con cui aveva dormito la sera stessa a casa sua, senza andare oltre a qualche bacio e toccatina fugace.
Lo stesso identico orso-tattoo, che aveva fatto conoscere a sua madre.
Lo stesso identico orso-tattoo, con cui aveva la folle paura di aprirsi e lasciarsi andare.
Lo stesso identico orso-tattoo che si era ritrovato ad amare, come mai nessuno prima di lui.
- Se non vorrai più vedermi lo posso comprendere, Robert -
Le parole di Alberich lo colpirono come uno schiaffo improvviso.
E quando poi gli lasciò la mano, per mettere una distanza tra di loro, il gelo che ne seguì fu terribile. Gli sembrava di non aver mai provato un freddo simile, prima di allora.
- Ti ho mentito, e non ti ho detto tantissime cose. Ho evitato numerosi discorsi, ma se l'ho fatto... è stato per la paura di perderti e di espormi troppo con te. Ci sono... così tante cose che non sai -
- E dimmele, allora - intervenne Rob, fermo - Ti sembrerà assurdo quello che ti starò per dire, ma posso comprendere come ti senti e come ti sei sentito. Lo so perchè l'ho sentito anch'io. Ho provato le stesse identiche sensazioni, e non solo con te - gli rivelò, iniziando a gesticolare animatamente.
- Ho provato la stessa identica sensazione quando conobbi Lyla e Beki in Università. L'ho provata con qualsiasi persona che ho conosciuto da quando ho quindici anni, e persino con la mia stessa famiglia prima - fece una piccola pausa - Sarò pazzo io, che vedo collegamenti astrali ed assurdi persino dove non ci sono, ma non riesco a non vedere delle similitudini tra la tua paura di rivelarmi la tua natura e di aprirti con me, e la mia paura di aprirmi con le persone e di essere semplicemente me stesso -
La sua paura di rivelare, i primi tempi, il suo orientamento sessuale.
Alla fine dei conti, Alberich e Robert non erano affatto diversi, e la lista delle cose in comune continuava ad allungarsi sempre di più.
- Alb, non siamo così diversi noi due - riprese a parlare, guardandolo dritto negli occhi - Non hai nemmeno idea della paura che avevo, e che ho tutt'ora con te. La mia vita è sempre stata un conseguirsi di eventi spiacevoli e giganteschi casini... e le cose belle che mi sono capitate si possono contare sulle dita di una mano. È assurdo come, più mi ripetevo di starti lontano e di non cedere, e pià mi avvicinavo a te, smontando pezzo per pezzo l'armatura che avevo costruito per difendermi -
- L'armatura del cavaliere Bluries non ha resistito al mio fascino -
Sui visi di entrambi nacquero dei piccoli sorrisi, specchio della complicità ormai nata tra di loro.
- Che orso-tattoo modesto - rise il castano, allargando il sorriso.
Gli occhi chiari dell'altro si illuminarono di una calda e chiara luce divertita - Come sempre -
Robert sorrise, intenerito.
- A me non importa della tua natura, Alb; a me interessa solo che tipo di persona sei, e di come ti comporti. La cosa che mi ha turbato maggiormente, in tutto quello che mi hai raccontato, è stato scoprire che hai ucciso quella creatura -  
- Ho dovuto farlo - lo fermò - Se non l'avessi fatto ti avrebbe potuto uccidere, e questo non lo avrei mai permesso -
- Lo posso comprendere - annuì con la testa Rob, lanciando un'occhiata alla gamba ferita coperta dal lenzuolo candido.
- Mi rimarrà la cicatrice secondo te? -
- Non lo so - rispose Alberich, cupo in volto - Molto probabilmente sì -
Il corvino trattenne a stento un ringhio.
Il solo pensiero di una cicatrice sul corpo di Robert, lo mandava ancora di più fuori di testa.
- Quindi... - iniziò il castano, alzando lo sguardo e congiungendo le mani - Sei un uomo-lupo. Figo -
- Già - si limitò a rispondere l'altro, con di nuovo un piccolo sorriso sulle labbra.
- C'è... altro che mi devi dire? -
Il tatuatore annuì.
- Molto di più di quello che immagineresti -


- Aspetta aspetta aspetta - lo bloccò rapido, ad occhi sgranati, causando l'ilarità del corvino - Penso di essermi perso qualche pezzo. Ricapitoliamo! - affermò, con una strana e buffa espressione in volto.
Alberich appoggiò il mento sul palmo della mano destra, con il gomito piegato sul materasso, assumendo un'espressione divertita ed intenerita al medesimo tempo.
In quell'istante, Robert gli sembrava un bambino incuriosito e meravigliato dalle parole del proprio ragazzo. Aveva persino un'evidente luce allegra che gli brillava negli occhi.
Sembrava non ricordarsi nemmeno del luogo dove si trovava, o di cosa fosse successo solo quella stessa mattina.
Era così... incredibilmente spensierato.
- Tu sei un uomo-lupo, e sei il Gamma del branco di tuo fratello - iniziò a ripetere, lentamente. Come per imprimere meglio quelle informazioni nella propria mente.
- -
- Che è in pratica una specie di guardia del corpo extra per l'Alpha, alias sempre tuo fratello -
- In maniera molto strizzata, ma è così - annuì il corvino.
- E sei mortale, a differenza degli altri mostri-lupo -
- Esattamente - confermò, ancora.
- Quindi niente roba stile romanzo fantasy, in cui c'è una storia tormentata perchè l'umano è mortale e la creatura sovrannaturale no? -
Alberich scosse la testa, ancora più divertito.
- Niente roba in stile romanzo fantasy, mi dispiace -
Robert annuì anche lui con la testa, ed aggrottò la fronte - Meglio. Le ho sempre trovate un botto noiose quel tipo di storie - gli rivelò.
Il corvino si lasciò sfuggire un risolino - Nella società dei mostri non c'è più questo tipo di problemi da secoli ormai; l'unico problema restano le gravidanze miste. Magari un giorno te ne parlerò meglio - disse, iniziando a giocherellare con le lunghe dita del ragazzo.
- Non riesco a non essere sorpreso dalla tua reazione, pulcino. Non hai sclerato, e hai ascoltato le mie parole con estrema calma e serenità... ed io che ero così spaventato da una tua possibile reazione negativa - confidò, estremamente sincero, con una rapida ombra cupa che gli attraversò gli occhi grigi.
- Dovresti averlo già capito che non sono come la maggior parte della gente qui fuori; non sono mai stato "comune" io -
Con una morsa ad attanagliargli lo stomaco, e il cuore che pompava prepotentemente nella sua gola, Rob valutò accuratamente se continuare o meno a parlare; se aprirsi ulteriormente, o meno.
Prese un bel respiro.
- Non avrei mai potuto avere una reazione sproporzionata con te, Alb. Certo, abbiamo avuto i nostri trascorsi, ed abbiamo litigato parecchio, ma... Tu, Alberich, non mi hai mai fatto del male. Non mi hai mai ferito, a differenza di altre persone prima di te -
La stretta si fece più dolorosa...
- Non avrei mai potuto rifiutarti, o avere una reazione esagerata perchè... -
ed opprimente, fino a togliergli il fiato...
- Perchè mi sono innamorato di te, e mi fido -
e alla fine, si sciolse.


ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
Non avete idea della fatica che mi ha dato questo capitolo.
Non ne avete proprio idea.
La trascrizione poi... Lunga e tortuosa.
È da tanto che non aggiorno questa storia, lo so, ma è scontato dire che ho avuto problemi-cose da fare.
Ho potuto constatare, ancora una volta, che su Wattpad l'educazione (proprio la minima richiesta) non è molto benvista da alcuni utenti.
Dico solo una cosa: se dovete scrivermi messaggi o commenti in cui mi dite in maniera alquanto sgarbata che DEVO aggiornare, che non sto aggiornando o robe simili, ve lo dico proprio fuori dai denti, NON. FATELO. La mia sopportazione è davvero scesa a meno mille negli ultimi mesi.
So perfettamente da sola che devo aggiornare. LO SO. Non ho bisogno di gente che me lo deve ripetere più volte al giorno.
Se non aggiorno è perchè ho qualcosa che mi impedisce di farlo. Che siano problemi miei, poca voglia di scrivere o anche solo fissare il muro bianco completamente senza motivo.
Non devo dar conto a nessuno di voi, e non mi devo più scusare. Mi sono davvero stancata.
Io lo so, lo so, che ci sono personcine carine che non lo fanno con cattiveria e che aspettano con ansia un aggiornamento perchè "gli piace tantissimo la storia"... però certa anche di mettervi nei panni dell'altra persona.
Non sono un entità astratta che scrive. Sono una persona, che scrive. Per hobby.
Questo NON è il mio lavoro. NON vengo pagata per farlo.
Lo faccio perchè mi piace.
Però non mi piace per niente l'atteggiamento che hanno alcuni utenti di Wattpad. Su EFP ne ho avuti di problemi, ma a questi livelli mai.
E nessuno si metta a dire che "sono bambine" quello che lo fanno, perchè ho visto farlo anche da utenti quasi miei coetanei (e ho 19 anni, non 14).
Veramente ragazzi. Se dovete scrivere "aggiorna" o messaggi poco carini, NON FATELO. Fissate il muro piuttosto.
O mettetevi ad insegnare al pesce rosso della vicina il tip tap.
Con questa chiudo,
e vi saluto
-Harl

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Capitolo 34
*** Parole non dette. ***


capitolo 34
Capitolo 34
Parole non dette


Il Gamma rimase immobile per svariati secondi, fermo come una statua di sale.
La morsa che lo aveva fatto soffrire per interminabili secondi, e che si era miracolosamente sciolta nel momento esatto in cui aveva udito le parole di Robert, era tornata a tormentargli il cuore.
- C’è una cosa di cui non ti ho parlato -
- Cosa? - domandò confuso il castano, che non si aspettava una risposta simile.
La cosa iniziava a spaventarlo, e fargli pensare male.
Cosa non gli aveva detto?
Sicuramente non poteva essere una cosa positiva per il ragazzo, e il tono che aveva usato, insieme alla circostanza, non facevano altro che farglielo credere con maggiore intensità.
- Riguarda noi due, ed è... è una cosa che succede a quelli come me -
Robert inarcò un sopracciglio - Cosa? - marcò, con più forza.
Alb prese un bel respiro, preparandosi ad una delle spiegazioni più difficili della sua vita.
- L’imprinting -  




Lyla aprì gli occhi nel momento esatto in cui Rebekka iniziò a toccarle lievemente la spalla. Voltò lo sguardo e notò, vicino alla bionda amica, il viso conosciuto di Rie.
- Bobbie è sveglio - le comunicò, con un’espressione decisamente più rilassata in volto.
La corvina si accorse subito però che non era solo rilassata, ma nascondeva in sé una strana nota che non riuscì a comprendere subito. C’era qualcosa che non andava.
Si tirò su e lanciò, prima una rapida occhiata a Rebekka seduta vicino a lei, poi una seconda alla sorella del castano.
- Che è successo? - domandò, subito dopo.
Arianne si lasciò sfuggire una piccola smorfia - Non ne sono sicurissima, ma mi sa che Rob ed Alberich stiano litigando -
Ambe due le ragazze sgranarono gli occhi, spaventate.
Quello non era un bene.
Non lo era affatto.
Era forse possibile... che Robert non avesse accettato la natura del proprio ragazzo?
Se così fosse... come avrebbe reagito con loro due?





- Che cazzo vuol dire, me lo vuoi spiegare? - urlò quasi il castano, tirandosi su a sedere con evidente fare nervoso - Che mi ami perché sei obbligato? - sputò fuori, furente.
- Non ho mai detto una cosa del genere! - ribatté duramente l’altro, serrando la mascella - Non mi sono innamorato perché è stato l’imprinting a farmelo fare, ma perché ti ho conosciuto e mi sono innamorato per come sei te. Questo non ha niente a che vedere con quello che provo nei tuoi confronti -
Robert sgranò gli occhi esterrefatto. Non riusciva a credere a quello che stava sentendo.
- Come non ha niente a che vedere con quello che provi per me? Certo che c’entra, razza di... stupido orso-tattoo! Lo hai detto tre cazzo di secondi fa! -
- No, invece - ribatté ancora il corvino - Ho detto che l’imprinting ci permette di capire chi è la persona perfetta per noi, non che ci obbliga a provare forzatamente determinati sentimenti verso qualcuno. Sarebbe assurdo! -
Questa volta fu il turno dell’altro di stringere la mascella.
- È assurdo! Da come l’avevi spiegata sembrava quasi che fosse stato questo “sovrannaturale potere e forza mistica” a dirti “Ehi, lo vedi quel tipo? Bene. BADAZUM! Ora lo ami!”. Io cosa diavolo avrei dovuto capire? - parlò ancora, con un tono parecchio elevato.
- Che ti amo, e basta! - urlò anche Alb.
- Beh ti amo anch’io, e allora? - ripetè, con la medesima enfasi, incrociando le braccia al petto stizzito.
Rimasero entrambi in silenzio, e stizziti, per alcuni secondi.
- Perché stiamo litigando? -
- Non lo so! -
E rimasero in silenzio.
Il lieve suono, di qualcuno che bussava alla porta, attirò l’attenzione di entrambi.
Si fece avanti pochi secondi dopo, senza nemmeno chiedere il permesso, Ciel O’Konnor.
- Che vuoi Ciel? - domandò rapido il tatuatore, in maniera alquanto sgarbata.
 L’uomo gli lanciò una rapida occhiataccia e serrò la mascella, prima di distendere nuovamente i lineamenti del volto.
- Non vorrei disturbarvi, o interrompere il vostro litigio, ma ci tengo a comunicarvi che siete perfettamente udibili in tutto l’ospedale - spiegò, calmo - Vi consiglierei di abbassare un poco il volume, se non volete che tutti sappiano i fatti vostri -
I due, in silenzio, annuirono un paio di volte con la testa.
Il corvino fece per andarsene, ma si fermò sulla soglia della porta.
- Alb? - lo chiamò, sempre calmo.
- Sì? -
- Parlami ancora con quel tono e ti ribalto - un sorriso amorevole, che nascondeva tutt’altre intenzioni ed una non poco velata minaccia.
Alberich rimase ancora in silenzio, mentre osservava il fratello maggiore andarsene. Sospirò pesantemente, e riportò gli occhi chiari su quello che sperava essere ancora il suo ragazzo.
Gli occhi scuri erano socchiusi, e la fronte era contratta in una linea dura.
- Sei ancora arrabbiato con me? - gli domandò il tatuatore.
- Non lo so - borbottò - Sono sempre arrabbiato con te -
Il corvino si lasciò sfuggire un sorriso - Siamo in due allora -
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, e lo guardò male - Io non ti do mai motivi per essere arrabbiato con te; caso mai è il contrario - gli fece notare.
L’altro scosse la testa - No, caro mio. Potrei farti una lista scritta con tutte le ragioni - rise.
Negli occhi di Robert si accese una luce di sfida - Elenca, su - lo provocò, con un piccolo ghigno in volto.
Lui scosse la testa - Magari un’altra volta, con più calma - disse, con il medesimo ghigno, se non più grande.
- Quindi mi ami -
- È quello che ho detto, sì -
- Ed io amo te -  
- È quello che hai detto tu, orso-tattoo! -
Rimasero entrambi in silenzio per altri secondi.
- E abbiamo appena litigato -
- Sai che novità - rise Robert - Stiamo giocando ad affermare l’ovvio, e me lo sono perso? -
Lo sguardo che gli lanciò il tatuato non prometteva niente di buono.
Se lo sentiva: avrebbe fatto, da lì a poco, una delle sue solite battutacce. Anzi! Non se lo sentiva, lo dava per certo.
- Sai cosa ci starebbe bene ora? - domandò, malandrino.
Robert temette il peggio.
- Non lo so, e non lo voglio proprio sapere! - squittì, rosso in volto.
Alberich parve non sentirlo nemmeno.
- Un po’... - iniziò lentamente, per potersi gustare le reazioni del castano, che divenne più rosso ed iniziò a balbettare.
- Non t’azzardare, Alberich! -
- ... di sano è meraviglioso... -
- Non ci devi nemmeno provare! Non ti ascolto più! Non ci provare, stupido orso! - pigolò.
- Sesso post discussione e riconciliatore! - finì con un ampio sorrisone, sporgendosi appena verso il volto dell’altro.
Robert divenne ancora più rosso per quanto possibile, e gli lanciò un’ulteriore occhiataccia.
- Ti odio quando fai così - brontolò, ancora paonazzo.
Alberich rise divertito - Non è vero, e lo sai pure te -
- Già - sospirò il ragazzo, rassegnato - Purtroppo lo so -
Robert iniziò a torturarsi le mani, con fare nervoso. Gli dispiaceva aver reagito così male con il corvino alla rivelazione dell’imprinting, ma in un primo momento si era sentito quasi preso per il culo.
L’aver pensato ad una sottospecie di forza, che aveva praticamente obbligato il ragazzo vicino a lui a provare qualcosa nei suoi confronti, lo aveva fatto stare malissimo. Come se i suoi sentimenti non fossero ricambiati, ed Alberich stesse con lui perché doveva e non perché lo volesse davvero.
Forse, la moltitudine di informazioni ricevute, e la serie di esperienze appena vissute, lo avevano caricato a tal punto da farlo scoppiare in tale maniera.
Forse, ne aveva proprio bisogno, sfogarsi in quella maniera; però gli dispiaceva avergli urlato addosso.
- Mi spiace aver reagito così male - si scusò il castano.
Alberich scosse la testa - Tranquillo, la colpa è mia. Non mi sono spiegato bene, e ti ho caricato di troppe informazioni in poco tempo. È comprensibile che tu sia scoppiato ad un certo punto -
Rimasti nuovamente muti, l’uomo osservò a lungo il castano - Vuoi che... me ne vada? Per lasciarti un po’ di tempo per te... -
Quelle parole gli costarono care da pronunciare, e solo il silenzio che ne conseguì riuscì a farlo stare ancora più male.
- Non lo so sinceramente- pronunciò infine Robert, con lo sguardo sempre basso.
Non sapeva davvero cosa volesse in quel momento, e non si riteneva abbastanza lucido al momento per poter prendere una decisione di qualunque tipo.
Era stanco... e confuso, principalmente.
Erano successe così tante cose, in così poco tempo, che sarebbe stato impossibile per chiunque riuscire a reggere tutta quella mole di cose.
Robert non riusciva nemmeno ad autospiegarsi decentemente i sentimenti che stava provando.
Era confuso e spaventato? Sì, lo era.
Ma non era la storia dei licantropi a spaventarlo maggiormente, bensì la situazione con Alberich. Lui non era dotato di un interruttore per i sentimenti; se aveva detto di essere innamorato di lui, era perché lo era veramente.
Amava Alberich, ma la questione dell’imprinting e dell’essere per certo la sua anima gemella... lo spaventava, a morte.
Era come avere una responsabilità ed un peso sul cuore in più, non sapeva come spiegarlo.
- Alb, io... Mi dispiace, ma sono davvero tante informazioni e tanti avvenimenti da digerire - iniziò il castano - Forse ho bisogno solo di un po’ di tempo per metabolizzare il tutto, ma la mia testa è colma di così tanti “forse” che non so quasi più che pensare o fare. Ho paura di... poter sbagliare qualcosa -
- Lo posso capire - sospirò l’uomo, distogliendo lo sguardo - Non voglio metterti ulteriore fretta. Se le cose fossero andate diversamente ti avrei dato più tempo per metabolizzare questa storia, e avrei quanto minimo aspettato ancora un po’ prima. Ti lascerò tutto il tempo di cui avrai bisogno, Robert. Aspetterò -
Rob annuì un paio di volte, e non poté non sentirsi incredibilmente in colpa.
Stava forse sbagliando?
Si stava comportando troppo da egoista?
Dopotutto anche Alberich stava soffrendo per quella situazione, e non era di certo l’unico.
Ma... non sapeva bene cosa fare o dire.
L’uomo tatuato si alzò dalla sedia lentamente, a capo chino, pronto a lasciare la stanza.
- Vuoi che vada a chiamare tua madre e tua sorella? -
Il castano fece di sì e, nonostante avesse voluto fermarlo e dire qualcosa, lo osservò semplicemente uscire e andarsene.
Le parole non dette furono quelle che fecero più male, ad entrambi.



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Capitolo 35
*** Un abbraccio sapeva d'addio ***


capitolo 35
Capitolo 35
Un abbraccio sapeva d'addio



Con i cuori che pulsavano ritmici nei petti, Lyla e Rebekka osservarono timorose la porta della camera ospedaliera del loro migliore amico.
Era domenica mattina e la sera prima, quando avevano visto uscire Alberich con il morale e il cuore a pezzi, per paura avevano deciso di rimandare quel momento al giorno seguente. Dovevano parlare con Robert, e non potevano posticipare quel discorso ancora.
Il giorno seguente Lyla sarebbe dovuta partire per il Canada, e non poteva nella maniera più assoluta farlo prima di aver parlato con lui.
Alla fine Rebekka aveva preso la decisione di non partire con la corvina, per poter rimanere a Washington con il ragazzo.
Un altro che sarebbe rimasto in città era Ciel.
Il pediatra le aveva spiegato che al momento era bloccato lì, sia per il lavoro in ospedale che per questioni riguardanti il suo branco, e che con molte probabilità si sarebbe liberato tra una settimana massimo due.
Nonostante riversasse grana fiducia in Vieri e nel branco di Cedric Fox, non se la sentiva di lasciarla andare via così tranquillamente.
Per questo aveva chiesto ad Alberich, in qualità di suo Gamma, di andare con loro.
- È compito di un Gamma proteggere l’Alpha del branco e tu, essendo la mia futura compagna, sei anche la futura Femmina Alpha del nostro - le aveva spiegato.
Il tatuatore non si era ribellato all’ordine del fratello; sia perché sapeva che era tra i suoi doveri proteggere anche Lyla, sia perché, visto come si era evoluta la faccenda con Robert, faticava a rimanere lì senza vederlo per potergli lasciare tempo per sé. Avrebbe dato di matto, e avrebbe potuto combinare qualche stronzata.
Le due ragazze presero un lungo respiro profondo, e si lanciarono un’occhiata d’intesa.
Era ora.
Il momento di tagliare la testa al toro.






- Voi due siete delle deficienti, persino peggio di quello stupido orso-tattoo - le sgridò Robert, severo, seduto nel letto d’ospedale a braccia incrociate - Come avete anche solo potuto pensare che mi sarei arrabbiato per una cosa simile? -
Le ragazze abbassarono i visi colpevoli.
- Non sapevamo come avresti potuto reagire, con noi. Visto come... ti sei arrabbiato con Alberich, eravamo terrorizzate dalla tua reazione - parlò Rebekka, giocherellando con una ciocca di capelli biondi.
Lo faceva sempre quando era nervosa.
Era quasi un abitudine. Girare e rigirare una o più ciocche tra le dita.
Non sapeva nemmeno lei perché lo faceva.
Robert scosse nuovamente la testa, allibito.
- Ripeto: siete delle deficienti - ripetè - Ragazze mie, da quanto ci conosciamo? Non avrei mai potuto reagire male con voi per una cosa così. Certo, sono sorpreso, e anche un po’ sconvolto... ma chi non lo sarebbe? Siete le mie migliori amiche. Potreste anche essere degli alieni con la pelle blu, e non mi importerebbe -
Rimasero tutti e tre in silenzio.
- Esistono? -
Sia Lyla che Robert si girarono verso l’amica bionda, in cerca di una risposta. Sotto pressione, la bella texana fece passare lo sguardo prima su uno poi sull’altra un paio di volte, e solo alla fine iniziò a parlare.
- Nello specifico non lo so, ma se esistiamo noi mostri mi sembra un tantino assurdo escludere l’idea in principio - alzò le spalle.
- E pensare che da piccolo Bobbie Brown mi dava del pazzo quando affermavo di credere negli alieni! - esclamò il ragazzo ad un certo punto, assumendo un’aria pensierosa - Dovrei farmi ridare tutte le merendine che mi ha preso -
Beki inarcò un sopracciglio ben disegnato - Ma non era quel ragazzino che alle elementari ti fregava sempre la merenda? -
- Esattamente! - esclamò, con una luce risentita negli occhi - Tutte quelle merendine al cioccolato perdute... E ora scopro che avevo ragione! Il mondo è crudele -
Le due ragazze si fecero scappare delle risatine divertite. Robert era riuscito a risollevare la situazione, e a far sparire ogni tensione.
- Ho un’idea! - esclamò Rebekka all’improvviso, unendo entrambe le mani davanti al viso.
- Ora che voi due sapete dell’esistenza del mondo dei mostri, potremmo organizzare qualche gita;  ovviamente non subito, aspetteremo prima che si calmino le acque, ma sarebbe davvero una figata pazzesca -
Lyla adorava l’entusiasmo dell’amica, e in un primo momento ne rimase parecchio contagiata. Purtroppo la texana stava dimenticando un paio di fattori parecchio importanti: l’ancora attuale guerra contro i lycan, la sua situazione di pericolo e il piccolissimo fatto che c’era uno zio, di cui non sapeva nemmeno l’esistenza, che la voleva morta insieme al resto della sua famiglia.
Nonostante questo, la corvina non se la sentì di uccidere i buoni propositi di Rebekka, e si limitò a dire un - Appena tornerò, organizzeremo tutto - con un piccolo sorriso sulle labbra, per indurla a credere alle sue parole. Non sapeva nemmeno se sarebbe mai ritornata a Washington, dopo tutto. 
- A proposito di questo... - intervenne a Rob, rivolgendosi a lei - Quand’è che partiresti di preciso? -
- Domani mattina presto - rispose, abbassando lo sguardo per puntarlo sulle sue mani strette in grembo - Vieri ed Alberich hanno detto che è il momento migliore per partire, le strade saranno praticamente deserte -
Sentendo pronunciare il nome del proprio ragazzo, Robert ebbe un piccolo sussulto. Come se non si aspettasse di sentirlo in quel discorso.
- Alberich? Lui che c’entra, scusa? -
Avrebbe capito Ciel, ma perché Alberich si sarebbe dovuto mettere d’accordo con Vieri per l’orario di partenza? Che gli avesse fatto una specie di consulenza?
Magari era roba da mostri mutaforma; lui questo non poteva saperlo.
- Alberich verrà con noi in Canada, sotto richiesta di Ciel - la ragazza esitò un attimo - Non ti ha detto niente? -
Il silenzio che ne seguì fu una risposta più che evidente.
No, non lo sapeva.
- Mi chiamate un’infermiera? Voglio uscire da qui -
Le due ragazze si osservarono preoccupate, e un poco allarmate. Prevedevamo guai, guai grossi.
- Dai Robbie, calmati. I dottori hanno detto che devi riposare; non è il momento per i colpi di testa - cercò di farlo ragionare Rebekka, alzandosi in piedi ed appoggiandogli una mano sulla spalla per  farlo distendere.
Mano che il castano scacciò via malamente, iniziando ad agitarsi come un’anguilla impazzita.
- Fatemi uscire! Voglio uscire di qua per ammazzare quell’idiota! -
- Non essere ridicolo, Rob! - urlò più forte la bionda, per sovrastare la voce dell’amico - Non puoi farti dimettere così - prese al volo dal comodino vicino al letto il telefonino di Rob, e glielo porse - Se vuoi urlargli contro, fallo via telefono. Gli chiedi di venire qua, e lo uccidi; così siamo tutti contenti... più o meno -
Il ragazzo rimase fermo e in silenzio, studiando il volto della bella texana, come per valutare la sua proposta. Non sembrava molto convinto.
- Ma se lo faccio venire qua rischio che qualche medico lo salvi prima - le fece notare dopo un po’.
- Non succederà. Chiamalo, su -
La bionda gli mise il telefonino sotto il naso fino a quando, dopo un lieve sbuffo, Robert non lo prese per scorrere la rubrica alla ricerca del numero di Alberich.







- Secondo me stai facendo una stronzata di dimensioni titaniche -
Il commento del suo migliore amico lo fece sbuffare via telefono come una teiera. Lo sapeva pure lui di star sbagliando, ma sperava che almeno Tom gli dicesse il contrario.
- Non so davvero che fare, Tom. Mi sono andato a ficcare da solo in una situazione del cazzo... Come me ne tiro fuori? -
- Tirartene fuori, ora, mi sembra un pelino tardi. Il massimo che puoi fare è sistemare la situazione con Robert perché, lasciatelo dire amico, fuggirsene così qui non farebbe altro che peggiorare il vostro rapporto -
- Hai ragione - sospirò, il corvino - Vado a parlargli -
- Bravo, Alb - fu la risposta orgogliosa da parte di Tom - Mi raccomando: non fare casini, come tuo solito - lo ammonì, lievemente preoccupato.
- Non lo farò - promise - E tu non fare stronzate con Arianne -
- E come potrei? Siamo a centinaia di km di distanza -
- Appunto per questo, stai attento -
- Te pure -
Chiusa la telefonata, Alberich osservò lo schermo nero del telefonino per interminabili secondi, prima di lasciarlo cadere sul divano del suo salotto.
Non era da lui comportarsi così, ma quando aveva parlato con Ciel gli era sembrata la scelta migliore. Cambiare aria, per permettere al ragazzo di riprendersi.
Più se lo ripeteva, più si sentiva un’idiota per non averne parlato con Robert.
Una piccola parte dentro di lui, sapeva il perché: aveva paura della sua reazione.
“Te ne vai in Canada? Bene, restaci” o qualcosa di simile. Questo lo spaventava a morte.
Era sul punto di andarsene in bagno per farsi una doccia prima d’uscire, quando il cellulare prese a squillare.
Il corvino lo guardò confuso da lontano. Che fosse ancora Tom?
No, non lo era.
E quando lo prese in mano, per verificare il mittente della chiamata, ebbe un tuffo al cuore.
Si sentiva già un uomo morto. Terribilmente morto.
Pallido in volto, il tatuatore toccò il tastino verde per accettare la chiamata e, come un condannato a morte davanti alla ghigliottina, si preparò al peggio.
- Se non muovi subito le chiappe per venire qua, nell’arco dei prossimi cinque minuti, giuro che vengo a casa tua e ti ammazzo! Con le mie stesse mani! -
Aveva ragione Tom; doveva parlargli prima.
- Pulcino, senti... - provò a parlare.
- Pulcino ‘sto cazzo! - lo precedette, furioso - Vieni subito qua, o in Canada ci vai single e castrato - e chiuse la telefonata, senza nemmeno attendere una risposta dal corvino.
Sapeva che Alberich sarebbe corso. Ne andava non solo della loro relazione, ma anche della sua salute fisica.
Pensare che, quando lo aveva conosciuto, aveva pensato che fosse un ragazzo esile e delicato. Uno di quelli a cui basta una folata di vento troppo forte per rompersi un braccio.
No, Robert non lo era proprio per niente. Era l’esatto opposto di una persona simile, alla fine dei conti. Esile nell’aspetto, ma non nel contenuto.
E se non si fosse mosso, si sarebbe ritrovato lui con un braccio rotto, se non peggio.







Quando il tatuatore arrivò davanti alla stanza del proprio ragazzo, prese un lungo respiro prima di entrarvi.
Si sentiva davvero come un condannato a morte, o un maturando pronto ad andare al proprio esame.
Quando varcò la porta, trovò Robert seduto sul letto. Schiena dritta, braccia incrociate al petto e gli occhi scuri ridotti a due fessure.
- Hai trenta secondi per darmi una spiegazione decente prima che riprenda a sclerare. Sfrutta al meglio il tuo tempo - sentenziò, duro, lanciandogli una lunga occhiataccia.
Conoscendolo, se fosse partito con un “Mi dispiace” o qualcosa del genere, il castano sarebbe scoppiato come una bomba.
Doveva scegliere con cura le parole se voleva sopravvivere, anche se non era il suo forte.
- Ho sbagliato a non dirti niente prima, e so di essere un coglione... -
- Fin qui la pensiamo alla medesima maniera - commentò Robert, per poi assottigliare ancora di più gli occhi.
- Si può sapere perché non me l’hai detto? Hai idea di come ci sia rimasto male sentendomelo dire da Lyla? -
Alberich abbassò il viso colpevole, e tirò un lungo sospiro.
Non poteva nemmeno immaginarlo.
- Non sopportavo l’idea di stare qua, senza poterti star vicino e sapendo che, con molte probabilità, non avresti neanche voluto vedermi -
L’arrabbiatura del ragazzo parve scemare lentamente.
Alberich era stato stupido, su questo nessuno poteva dire niente, ma aveva avuto le sue ragioni. Si stava allontanando per tutelare se stesso. Non agiva né per fare un dispetto a lui, né per cattiveria. Semplicemente, non voleva stare ancora più male di come già stava.
- Capisco - parlò il castano, ora più calmo - Avrei comunque preferito venirlo a sapere da te -
- Lo so -
- Per quanto starai via? -
- Non lo so ancora con precisione - rispose, portandosi una mano tra i capelli cortissimi - Sicuramente non potrò lasciare il territorio per un paio di settimane, fino a quando non arriverà anche mio fratello. Poi vedremo -
Robert abbassò il capo afflitto.
Questo voleva dire che non solo non avrebbe rivisto la sua migliore amica per chissà quanto tempo... ma nemmeno il proprio ragazzo.
Con lui ci sarebbe stata anche Rebekka, certo, ma per quanto volesse un bene dell’anima alla bionda, avrebbe comunque sentito un enorme vuoto dentro. Un vuoto incolmabile.
Il ragazzo riprese a torturarsi le mani, con fare nervoso.
- Vorrei poter venire con voi - gli rivelò, infine.
- Robert, non puoi - gli fece notare il lupo - È troppo pericoloso, e hai bisogno di riposo. Non lo dico perché non ti voglio con me, anzi. Ma venire con noi non solo vorrebbe dire essere sottoposti ad un costante pericolo, ma abbandonare la tua vita qua -
Davanti alle parole del lupo, Robert iniziò a sentire gli occhi pizzicare e la vista farsi mano mano sempre più appannata.
- Ma se è tutto così fottutamente pericoloso, perché state andando lì? Non è peggio? Sono stupido, non riesco proprio a capire -
- Per la famiglia di Lyla, ora come ora, ogni posto non è sicuro. Suo zio non è un mostro da sottovalutare, così come anche i mannari. Se dovesse rimanere qua, non solo sarebbe una preda facile, ma... potrebbero andarci di mezzo anche delle persone innocenti; umani e non. L’intera città potrebbe diventare un campo di morte e sangue. Non possiamo permettere che avvenga una cosa del genere -
Robert comprese le parole del tatuatore, ma non riuscì a mandar giù il fatto di dover rimanere bloccato lì senza poter fare nulla di nulla.
Si sentiva completamente inutile.
Un peso.
Sapere inoltre che anche il suo ragazzo avrebbe... rischiato la vita, lo faceva stare ancora più male.
Complici lo stress accumulato nei giorni scorsi, le rivelazioni e tutte le preoccupazioni del momento, Robert si ritrovò involontariamente a singhiozzare sempre più forte.
Alberich al suo fianco si limitò ad abbracciarlo in silenzio, massaggiandogli la schiena con delicatezza.
Rimasero così anche dopo che il ragazzo si fu calmato, senza mai dire una parola.
Stretti in un muto e triste abbraccio.










Angolo della mente malata:
Devo essere sincera: pensavo che non sarei riuscita a pubblicare oggi.
Nella settimana appena trascorsa mi è successo di tutto. Sono stata malissimo, è stata male mia madre, sono dovuta andare a prendere alcuni dei regali di Natale (mi sento così fiera di me, perché sono quasi riuscita a prenderli tutti *^*), sono andata anche a prendere alcune cose per casa nuova (per me rimarrà sempre casa nuova anche dopo anni lol) e oggi sono uscita ancora...
Ringraziamo il fatto che settimana scorsa mi ero già portata avanti con la trascrizione del capitolo, sennò non ce l’avrei mai fatta XD.
Vi avviso subito che nel prossimo capitolo tornerà Lyluccia, perciò non disperate :3 (coff coff e in quello dopo ancora Bekka coff coff io non ho detto niente coff coff)
Intanto, cosa pensate del capitolo?
Se volete fatemelo sapere con un commentino :3
-H




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Capitolo 36
*** Carletto - l'alligatore verde ***


capitolo 36
Capitolo 36
Carletto - l'alligatore verde



Il momento di partire arrivò troppo presto per Lyla.
Osservava con gli occhi lucidi le pareti della propria stanza, e un peso tremendo all'altezza dello stomaco.
Aveva paura. Un tipo di paura che non aveva mai provato prima, e non sapeva descrivere.
Era costretta a lasciare casa sua, la casa nella quale era cresciuta, la sua città e i suoi amici, per andare in un posto che non conosceva.
In più, c'erano persone che la volevano morta. Persone che volevano morta lei, sua sorella e sua madre.
Ah, e suo padre. Il padre che aveva dato per morto e che aveva ingiustamente odiato per tantissimi anni, e che da lì a poco tempo avrebbe rivisto.
Lyla scosse freneticamente la testa, per cercare di scacciare via quei pensieri.
Se avesse continuato a pensarci, sarebbe finita per impazzire sul serio.
Per quanto potesse, doveva pensare ad altro.
- Lyla, tesoro? - la chiamò la madre, dal piano inferiore - Dobbiamo andare -
La corvina sospirò, prima di caricarsi in spalla il borsone in tela e prendere in mano il trolley che aveva preparato.
Uscita da camera sua, girò la testa verso destra e rimase sorpresa nel trovare la piccola Marie. Era seduta per terra, davanti alla porta di camera sua, con le ginocchia strette al petto e la testa appoggiata su di esse.
- Ehi, pulce - la chiamò, dolce - È ora di andare -
Marie rimase in silenzio, e si strinse nelle spalle.
Lyla allora appoggiò il borsone a terra, e mollò la presa dal trolley. Attese una risposta dalla sorella per altri secondi, poi si lasciò andare in un sospiro.
Senza dire niente, la maggiore andò a sedersi vicino alla bionda sul pavimento, incrociando le gambe fasciate dalla tuta nera.
- Che succede, pulce? -
- Non voglio andare via - pigolò la piccola - Mi piace stare qua -
Sul volto della sorella maggiore nacque un sorriso malinconico.
- Lo so, tesoro - le passò una mano sulla testa, in una carezza affettuosa - Ma non sarà per molto. Staremo via per poco tempo, poi torneremo a casa -
A Lyla non piaceva mentire alla sorella.
Nessuno sapeva per quanto tempo sarebbero stati via. Esattamente come nessuno sapeva se mai sarebbero ritornati lì.
Era tutto un'enorme incognita per loro, ma non se la sentiva di raccontare tutto alla sorellina.
Marie era incredibilmente sveglia, e con una marcia in più rispetto a molti suoi coetanei. Lyla non voleva darle un ulteriore peso. Già tutto quello era troppo per lei, che era così piccola.
A sei anni i bambini dovevano pensare a cose come l'amicizia e i cartoni animati; non di certo a mostri sanguinari e guerre.
Più ci pensava, più Lyla la trovava una cosa orribile.
Perché la loro vita doveva cambiare così?
Marie lanciò un lungo sguardo alla sorella, ma preferì rimanere in silenzio.
Con quale coraggio avrebbe potuto rivelare alla sorella maggiore, che sapeva perfettamente che le cose non sarebbero andate in quel modo?





Viaggiarono su una macchina, tutti e cinque. Vieri e Shannon davanti, con quest'ultima alla guida, mentre le due sorelle ed Alberich dietro.
Durante la prima parte del viaggio Lyla scrisse alcuni messaggi a Ciel, ma non ricevette subito una risposta.
Sapeva che il suo ragazzo a quell'ora stava lavorando, e per questo non poteva star dietro al telefonino, ma non riusciva a trattenersi dal controllare continuamente lo schermo del proprio.
Dopo l'ennesimo sguardo sconsolato allo schermo, la corvina riposò il piccolo apparecchio elettronico in borsa.
- Vedrai che ti risponderà - la consolò il lupo, alla sua destra - È solo parecchio impegnato con il lavoro, ma appena avrà un buco ti risponderà immediatamente -
- Già - confermò la ragazza - Da una parte sono contenta che si impegni così tanto in ospedale, ma... -
- Dall'altra ti manca da morire - finì il corvino, per lei.
Lyla annuì con la testa.
Complice il fatto che non sapeva quando l'avrebbe rivisto, o anche solo sentito, stava sentendo la sua mancanza il doppio.
In quel periodo tutte le sue emozioni parevano amplificate, e la cosa non le piaceva affatto.
- Ti capisco Lyla, alla perfezione - continuò a parlare Alberich, tirando fuori il proprio di telefonino.
Lyla gli lanciò un'occhiata fugace, e capì che anche lui stava aspettando una risposta dalla persona amata.
Il giorno precedente aveva parlato con Robert, per sapere come fosse andata con il tatuatore.
Aveva lasciato l'amico a dir poco furioso con l'altro, per non avergli parlato del viaggio in Canada, e si era preoccupata per lui.
Gli ultimi giorni erano stati... stressanti.
Stressanti e pieni di avvenimenti traumatici.
Per questo si era molto preoccupata per lui. La paura che potesse mandare al diavolo tutto, da un momento all'altro, era tanta.
- Tutto bene con Rob? -
Alberich fece un sorriso tirato.
- Non lo so nemmeno io -  rivelò, sincero - Penso bene però, tutto sommato -
Lyla annuì con la testa, e portò lo sguardo davanti a sé, beccando per pochi secondi gli occhi della madre.
Nonostante avesse anche Lyla le iridi verdi del medesimo colore, i loro erano occhi completamente diversi.
Quelli di Shannon non erano completamente verdi, ma sfumavano nel castano verso la pupilla.
Lyla e Marie invece li avevano solo del primo colore, perché non li avevano presi da lei.
Per anni la maggiore, in particolar modo quando era più giovane, li aveva odiati perché le ricordavano suo padre.
Cosa avrebbe fatto, una volta arrivati?
Come si sarebbe comportata?
Non lo sapeva.
Non poteva di certo andare da suo padre, abbracciarlo e chiedergli scusa per averlo ingiustamente odiato per tutto quel tempo. Sarebbe stato assurdo, ed anche un pelo strano.





A metà viaggio si fermarono per fare benzina e una piccola pausa, e Lyla rimase sconvolta. Non si era affatto accorta, fino a quell'esatto momento, che la strada che avevano percorso non era una normale. Così come non lo era per niente la stessa stazione di servizio in cui si trovavano.
La corvina osservò stralunata quello che sembrava essere un uomo, con una testa da squalo, e un casco pieno d'acqua, fare benzina alla propria moto a pochi metri da loro.
Si dovette trattenere anche dal farsi scappare un gridolino sorpreso, quando una coppia di giovani centaure le passarono di fianco, per poter entrare all'interno dell'Auto-grill.
No, non stava dormendo. Ne era più che sicura.
Come era più che sicura che tutto quello che stava vedendo non era frutto della sua immaginazione.
Non era una persona così creativa.
Quando scesero tutti dalla macchina, Shannon si avvicinò a lei e alla piccola Marie che prese per mano.
- Benvenute, ragazze, nel vostro primo Monster-grill -



Lyla era elettrizzata come mai quel giorno, e continuava a girare e rigirare meravigliata come una bambina piccola.
Se da fuori il posto sembrava minuscolo e, strutturalmente parlando, uguale a tutte le stazioni di servizio che era abituata a vedere, una volta entrata dovette ricredersi.
Quel posto non solo era gigantesco, ma sembrava non avere mai fine. File di scaffali a perdita d'occhio, un soffitto altissimo e il tutto era illuminato dagli ampi finestroni della zona caffetteria.
Molti degli articoli che vendevano ad una prima occhiata, sembravano essere i classici articoli da Auto-grill.
Cibo, libri, musica, giornali...
Ma quando ci si avvicinava, e venivano osservati da un occhio più attento, la differenza diventava palese.
- Oreo al sale ed alghe essiccate? - lesse ad alta voce la corvina, confusa.
Ma chi era il folle che avrebbe potuto mangiare una cosa simile?
- Roba da marini, bleah - commentò Alberich, schifato in volto, dando un'occhiata al pacco di biscotti che teneva in mano Lyla.
- Marini? -
Le tornò alla mente l'uomo-squalo che aveva visto fare benzina.
Che quello fosse un "marino"?
Legato al mare lo era, quindi era plausibile che lo fosse.
- Già - confermò il tatuatore - Mio fratello non te ne ha parlato? -
La ragazza scosse lievemente la testa. Ciel le aveva parlato a grandi linee della società di mostri in cui vivevano, ma era stata una spiegazione generica e fatta in fretta; non era sceso molto nei particolari, se non quando le parlò dei mostri-lupo.
Aveva capito benissimo che esisteva ogni tipo di mostro possibile, ma non era riuscita ad immaginarsi un mondo così tanto... articolato; vario.
- Accipicchia - commentò lui.
Si grattò la testa, in evidente disagio, ed iniziò a girarsi intorno.
- Come te lo spiego? - borbottò, tra sé e sé, l'uomo - Trovato! - esclamò poco dopo, facendo sussultare lievemente Lyla per la sorpresa.
Alberich andò a prendere qualcosa in un angolo pieno di libri e riviste, e tornò subito indietro per mostrarle cosa avesse preso.
Era un libro per bambini.
"Le avventure di Carletto - l'alligatore verde".
Che cosa doveva farci lei con un libro per bambini? Doveva leggerlo a Marie?
Alberich intuì la sua perplessità, dall'eloquente sguardo che la corvina lanciò poco dopo.
- È un libro per bambini molto famoso tra noi mostri, perché ci viene fatto leggere fin dalla più tenera età - iniziò a spiegare, facendole vedere di tanto in tanto qualche pagina illustrata - Qua viene spiegato, in maniera molto semplificata, come è suddivisa la società odierna, dei regni rimasti e delle varie tipologie di mostri. Certo, resta sempre un libro per un pubblico molto giovane, ma come infarinatura generale dovrebbe andare bene -
Lyla prese il libricino tra le mani, e portò i grandi occhi verdi in quelli del fratello del suo ragazzo.
- Grazie, Alb. Sei molto gentile - lo ringraziò, grata.
Il tatuatore scosse leggermente la testa, e si portò una mano al collo.
- Non c'è bisogno di ringraziarmi, Lyla; non ho fatto niente - disse, imbarazzato - Avrei anche potuto spiegarti tutto io, ma sono una frana totale nel spiegare le cose. L'ultima volta che l'ho fatto, non è finita bene -
Distinto Alberich andò a riprendere in mano il proprio telefonino, per controllarne lo schermo, ma lo ripose quasi subito. Ancora nessuna risposta da parte di Robert.
Che fosse ancora arrabbiato con lui?
A Lyla dispiaceva vederlo così giù di morale. Dava per certo che anche il suo migliore amico stesse più o meno nello stesso modo.
Alberich e Robert non solo si amavano parecchio, ma si volevano anche bene, e quella situazione faceva loro male; era evidente a chiunque.(1)
- Quindi è così che è fatto un Auto-grill per mostri? È davvero... - si fermò ad osservare una ragazza, con coda e orecchie da gatto, fare la fila in cassa - Particolare -
Il ragazzo riportò l'attenzione su di lei - Sì, sono più o meno tutti così. Una vera noia mortale -
Lyla lo guardò allibito.
Una noia mortale?
Per lei era tutt'altro, invece!
Quel posto pullulava di persone e creature magiche, che solo pochi mesi prima non avrebbe mai immaginato essere reali.
Persino il cibo era surreale, per lei; come anche il libro che teneva tra le mani, e le riviste che stava guardando Shannon, a qualche metro da loro.
Anche la più piccola ed insignificante cianfrusaglia, ai suoi occhi diventava qualcosa di strabiliante.
A lui invece sembrava tutto normale, ordinario, perché era abituato a tutto quello. Lui era nato e cresciuto in quel mondo. Non come lei... che si sentiva una completa straniera.




Mangiarono un boccone veloce nel self-service della stazione di servizio. Lyla rimase delusa nello scoprire che il cibo servito, era lo stesso classico da self-service da Auto-grill.
Mostri o umani faceva poca differenza in quel momento: la scarsa qualità del cibo era sempre la stessa.
Stavano facendo un ultimo giro tra gli scaffali, quando il telefonino di Alberich prese a squillare.
Non dovette nemmeno domandargli chi fosse, perché riuscì a comprenderlo grazie al suo ampio e luminoso sorriso.
Robert finalmente gli stava rispondendo. 
I loro occhi si incrociarono per pochi secondi, lei gli sorrise come per dire "Vedi? Era solo questione di tempo", e l'osservò uscire via per poter parlare in santa pace.
Non appena il tatuatore uscì dalla struttura, Lyla prese in mano il proprio di telefonino, quasi spontaneamente.
Purtroppo per lei, Ciel non le aveva ancora risposto. 



Uscì fuori dall'Auto-grill per poter prendere un po' d'aria fresca, e fumarsi una sigaretta per rilassare i nervi.
Con il sacchetto del Monster-grill appeso al polso, tirò fuori dalla borsa il proprio pacchetto di sigarette.
Ne accese una ed inspirò profondamente.
Con la sigaretta tra le labbra, riprese il telefonino tra le mani e lo sbloccò.
Aveva ricevuto un paio di notifiche su Whatsapp, dal gruppo che condivideva con Rebekka e Robert. Erano entrambi da parte della bionda, ed erano rivolti a lei; le chiedeva se era già arrivata, e come stava andando il viaggio.
Digitò rapida una risposta, mentre aspirava una seconda boccata di fumo.
Diede anche un'occhiata alla chat con Ciel, e... non aveva ancora visualizzato. Notò con dispiacere però che era entrato sull'app, solo dieci minuti prima.
Era entrato... senza visualizzare i suoi messaggi.
Che fosse successo qualcosa?
Sospirò, triste, e bloccò il telefono.
Era meglio non pensarci troppo, sarebbe solo che finita per starci ancora più male.
Il suo sguardo cadde nuovamente sulla bustina, appesa al suo polso.
Era il momento migliore per iniziare a leggere qualche paginetta.




Aveva da poco finito il primo capitolo, quando il resto del gruppo uscì dalla stazione di servizio, pronti per ripartire.
Marie le corse incontro, per poi saltarle quasi addosso. Se la corvina non avesse avuto i riflessi pronti, si sarebbero ritrovare entrambe a gambe all'aria.
Da quando si erano messi in viaggio, Lyla non aveva visto la sorellina così allegra. Quando erano partiti da casa, la bionda aveva un umore a dir poco pessimo, mentre ora rideva e sorrideva radiosa. Non sapeva cosa fosse successo lì dentro, ma era felicissima di vedere la piccola Marie così. Si sentiva decisamente più sollevata.
- Guarda, Lyla! - esclamò la bionda, mostrandole il suo bottino.
Era una bambola, con coda e orecchie da volpe, molto graziosa. Ecco spiegato il cambiamento d'umore.
- Me l'ha presa mamma. Ti piace? -
Lyla sorrise, intenerita.
- Sì, pulce. È bellissima - le accarezzò delicata la testolina bionda.
La piccola ridacchiò divertita e, mano nella mano con la corvina, tornarono alla macchina.
Durante la seconda parte del viaggio, dove a prendere il volante fu Vieri nonostante le proteste di Shannon, non ci fu più segno del silenzio opprimente che caratterizzò la prima. Marie giocava con la sua nuova bambola insieme ad Alb, sua madre e Vieri parlavano su quale strada convenisse prendere per arrivare il prima possibile, mentre Lyla aveva ripreso a leggere il proprio libricino.
Nonostante fosse scritto in maniera molto semplificata, essendo rivolto ad un pubblico infantile, riuscì a comprendere meglio alcuni concetti che in precedenza non le erano così chiari.
Monscity, di cui aveva già sentito parlare, era considerata la capitale del regno dei mostri. Era un centro urbano quasi infinito, all'avanguardia rispetto a molti altri, e nel quale vivevano in maniera pacifica tutte le diverse razze, senza pregiudizi o discriminazioni; almeno, così diceva il libro.
Si segnò mentalmente di chiedere ad Alberich, in un secondo momento, se anche quell'ultima parte fosse veritiera o meno; lei ne dubitava fortemente.
Oltre a Monscity, esistevano altri... luoghi dove i mostri vivevano all'oscuro degli esseri umani, ma i più importanti erano gli altri regni.
Wolmon, il regno dei mostri-lupo.
Waterlia, il regno dei mostri marini.
Samir, il regno dei vampiri. 
I più importanti, ma non gli unici. Nel libro vennero accennati posti come Gosthtown, le Foreste Incantate di Mogur, gli Inferi persino... ma non più di semplici e basilari spiegazioni.
La mente della ragazza si stava caricando di numerose informazioni, ma più queste aumentavano più le spuntavano nuove domande e curiosità.
Era sempre stata circondata da qualcosa di fantastico, e non se ne era mai minimamente accorta.
Era tutto così... incredibile! Non trovava altre parole per descriverlo.
- Alb? - lo chiamò piano, con il timore di disturbarlo - Posso farti qualche domanda? -
- Certo, Lyla - si voltò verso di lei il corvino, con un ampio sorriso - Chiedi pure -
- Qui dentro vengono elencati tutti i regni, o per caso ne vengono accennati solo alcuni? - domandò, porgendo il libricino per fargli dare una veloce sfogliata.
- Beh, in realtà ne mancano parecchi. Ci sono solo quelli più famosi, diciamo -
Nei posti davanti i loro discorsi incuriosirono Vieri, che lanciò loro un rapido sguardo attraverso lo specchietto retrovisore.
- Parlate di regni? - domandò la volpe, unendosi al discorso.
- Sì - rispose Lyla - Essendo ancora parecchio ignorante in materia, Alberich mi ha consigliato questo libro per farmi un'infarinatura generale -
Ma davvero tanto tanto generale.
- Che libro è? - domandò, a sua volta incuriosita, Shannon.
- "Le avventure di Carletto - l'alligatore verde" - lesse ad alta voce la ragazza, con molta tranquillità.
Vieri trattenne a stento una risata, ed incassò la testa nelle spalle tenendo ben saldo il volante tra le mani. Sia Shannon che Alberich gli lanciarono un'occhiataccia, ma lui continuò incurante a sghignazzare.
- E tu volevi farle imparare qualcosa con quel libro per ragazzini? - domandò Vieri, tra una risatina e l'altra, ad Alberich.
Il Gamma assottigliò per quanto possibile ancora di più gli occhi, in un'espressione di evidente fastidio.
- Per farle avere una veloce infarinatura va benissimo, visto che nessuno si è degnato di spiegarle a suo tempo tutto quello che necessitava sapere sul nostro mondo -
L'uomo dai capelli nivei smise istantaneamente di ridere, e lanciò uno sguardo di fuoco al lupo che venne ben ricambiato.
Avrebbero continuato a lanciarsi sguardi su sguardi, se Shannon non fosse intervenuta.
- Ora basta, Vieri -
L'albino la osservò in una muta protesta, ma la donna fu irremovibile.
- Ora basta, Vieri - 
Lui sbuffò, infastidito, e tornò con lo sguardo verso la strada.
- Appena arriveremo ci penserò io a spiegarti a dovere tutto quello che necessiti sapere... - parlò il Beta, con un tono che non ammetteva repliche - E con un libro decente - borbottò poi sottovoce, beccandosi un'altra occhiata di ammonimento dalla donna al suo fianco.
Lyla osservò il libricino, che tenevano ancora in mano Alberich, ed annuì con la testa.
Forse era meglio così.
Non aveva nulla contro il libro consigliatole dal ragazzo del suo migliore amico, ma forse avere delle mini-lezioni fatte come si deve le sarebbero state più d'aiuto.
Alberich al suo fianco brontolò un - È un libro fantastico - che la fece sorridere.
Ora... doveva solo attendere di arrivare a destinazione. Così si perse ad osservare il paesaggio cambiare velocemente dal finestrino, e diventare sempre più scuro davanti a suoi occhi con il passare delle ore.
Mancava poco, e sarebbero finalmente arrivati... e avrebbero rivisto non solo la terra delle loro origini, ma anche loro padre.









Note:
(1): Vi do un rapida spiegazione, perché so che qualcuno non coglierà appieno la frase o non riuscirà a comprenderla per niente (come purtroppo già successo in situazioni simili). Personalmente ho una visione abbastanza particolare per quanto riguarda amore, volersi bene e l'innamoramento. Qua, in questa specifica frase, con amore intendo la sua parte più passionale, e non l'enorme sfera di sentimenti positivi che di solito viene descritta. È molto complicato per me riuscire a spiegare bene quello che voglio dire, perché penso che impiegherei pagine e pagine (che quasi nessuno leggerà lol). Perciò intendete questa frase come amore = passione e volersi bene come la versione più classica (quella in cui quando vuoi bene a qualcuno faresti di tutto per vederlo felice, ecc..).
Una possibile traduzione, che mi è venuta in mente or ora, potrebbe essere "Alberich e Robert oltre ad essere amanti/innamorati, erano anche amici", per far capire che altre alla parte "passionale" che qualcosa alla base.
Spero di essere riuscita a spiegarmi >.< (quasi sicuramente no, perché faccio schifo nelle spiegazioni)



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Capitolo 37
*** I rimedi della nonna funzionano sempre ***


capitolo 37
Capitolo 37
I rimedi della nonna funzionano sempre



Rebekka si svegliò quel lunedì mattina con l'umore sotto gli stivaletti scamosciati.
La sua migliore amica era appena partita per andarsene in chissà quale cittadina sperduta canadese, mentre il suo migliore amico era ancora in ospedale.
Dover andare in Università così, sola come un cucciolo di cane abbandonato, non era proprio paradisiaco. Avrebbe di gran lunga preferito passare un week-end intero a riordinare le cianfrusaglie di sua nonna, in ordine alfabetico e cronologico.
A proposito della nonna, la bionda si ricordò che quello stesso pomeriggio sarebbe dovuta andare in negozio per darle una mano.
Molto probabilmente sarebbe finita davvero a riordinare gli articoli in negozio, seguendo qualche assurdo ordine per lei indicibile.
Con uno sbadiglio e una stiracchiata, si allungò verso la tastiera del letto per prendere il proprio telefonino. Doveva muoversi, se non voleva finire per arrivare in ritardo a lezione.


Uscì dall'Università verso l'ora di pranzo, con l'aria stravolta e un buco nero al posto dello stomaco.
A lezione era stato persino peggio di come aveva potuto immaginare. Non era riuscita a prendere nemmeno mezza riga d'appunti, ed aveva rischiato di addormentarsi un paio di volte. Era stata una lunga tortura.
Rebekka non sapeva nemmeno perché si fosse iscritta a quel corso di laurea; forse lo aveva fatto solo perché Lyla si era iscritta là, e aveva preferito seguirla.
A differenza dei suoi amici, lei non aveva ancora la minima idea di cosa fare nella sua vita, e alla sua età era visto come qualcosa di allucinante.
Eppure per lei era così.
Non aveva la più pallida idea di cosa fare in un futuro, e in segreto ne soffriva parecchio.
Aveva sempre invidiato Lyla e Rob, con le loro idee chiarissime sul futuro. Lei invece... sentiva come se le mancasse qualcosa. Come se non avesse nulla di speciale alla fine dei conti; e una vocina nella sua testa le sussurrava che era proprio così.

Presa la metro e una volta arrivata nella zona dove si trovava il negozio di sua nonna, la bionda texana si fermò in una tavola calda lì vicina per pranzare e studiare un po'.
Rebekka andava al Doris' Diner da quando aveva poco più di una decina d'anni, e la prima volta che vi era andata per mangiare se la ricordava ancora alla perfezione.
Lei e suo padre erano andati a mangiare in quel locale per festeggiare la prima vittoria della sua squadra di hockey femminile su prato.
Ripensare a quel giorno, la fece sorridere.
Lei e il suo vecchio avevano preso un double cheese-burger gigantesco, con patatine fritte inondate da un mare di salsa BBQ.
Quel giorno era entrata subito in simpatia alla vecchia proprietaria, la dolce signora Doris. Dell'anziana donna Beki conservava un bellissimo ricordo. Sempre sorridente e gentile con i clienti, era stata per lei quasi una terza nonna, che l'aveva accompagnata per buona parte della sua infanzia e adolescenza con buoni consigli e torte paradisiache.
Rebekka era più che certa che non potesse esistere al mondo un dolce migliore di quello che preparava la signora Doris. La sua crostata alle ciliegie era ancora leggenda nel quartiere.
Disgraziatamente, la dolce Doris era venuta a mancare a causa di un brutto male tre anni prima, lasciando nei cuori di chi aveva avuto il piacere di conoscerla un enorme vuoto.
Da allora aveva preso le redini del locale la figlia Emily, la quale lo gestiva con l'aiuto della moglie Valerie e del fratello Lucas.
Fu proprio quest'ultimo ad accoglierla, una volta entrata nel piccolo locale.
Lucas, oltre ad essere molto più piccolo di almeno una decina d'anni rispetto alla sorella, era un ragazzo incredibilmente timido che passava quasi tutto il suo tempo in cucina. Gli unici con cui era molto più spigliato erano i suoi famigliari e lei. Era raro trovarlo, come quel giorno, dietro al bancone.
- Ciao, Rebekka! - la salutò, aprendosi in un ampio sorriso, il ragazzo dai folti capelli castano chiaro - Come stai? -
- Uno straccio, Luke - sospirò lei, avvicinandosi al bancone con aria distrutta.
- Brutto periodo? -
La texana si portò entrambe le mani alla testa, per raccogliere in una crocchia disordinata i lunghi capelli mossi.
- Non puoi nemmeno immaginare quanto -
Beki si guardò un po' in giro alla ricerca del volto della sorella del castano, o della moglie di lei, ma non le vide da nessuna parte.
- Emily e Valerie? - domandò infine, saltando su uno degli sgabelli girevoli.
- Oggi non ci sono. Non la sai l'ultima? -
La bionda scosse la testa.
- Hanno deciso di adottare -
Lucas lo disse con un sorriso così grande che riuscì a trasmettere anche a lei tutta la sua immensa gioia.
- Oddio, Luke! È una notizia grandiosa! - esclamò al settimo cielo Rebekka - Sono così felice per loro. Era da tantissimo che ne parlavano -
Il castano annuì con la testa, passando uno straccio sul bancone pieno di briciole.
- Già - confermò - Fatico ancora a crederci, in verità. L'idea di diventare zio tra qualche mese è... indescrivibile! Non riesco a trovare parole concrete per spiegarti come mi sento -
Il suo tono però valeva più di mille parole, e riusciva a farle comprendere in buona parte l'immensa gioia che provava.
- Immagino. Te non viziare troppo quella povera creatura, sennò poi chi la sente Emily? - ridacchiò, appena.
- Ma se non la vizio io quella povera creatura, come farò poi a meritarmi il titolo di "Super zio di sempre"? -
Rebekka ridacchiò ancora.
- Punti in grande, noto -
- Ovvio - si pavoneggiò, causando ancora più ilarità.
Lucas si fermò un secondo per osservare la bionda davanti a lui, ridere leggera. Quando era entrata nel Diner, Rebekka aveva un umore a dir poco pessimo, mentre ora... sembrava stare decisamente meglio.
Preferiva di gran lunga vederla così solare ed allegra. La trovava... bellissima.
- Ti faccio preparare il solito? Il tuo doppio cheese-burger, con oceano di patatine fritte? -
La bella texana annuì, con energia - E non dimenticarti... -
- La salsa barbecue extra e la tua birra scura? Come potrei? - domandò, retorico.
- Sei il migliore, Luke - lo ringraziò, con un ampio sorriso.
- Come sempre -

Sgranocchiando le ultime patatine rimaste superstiti nel suo piatto, Rebekka si era messa a messaggiare con Rob e Lyla nel loro gruppo comune su Whatsapp.
La corvina e il resto della combriccola in viaggio non erano ancora arrivati a destinazione, nonostante stessero percorrendo una super strada per mostri. Lyla aveva scritto loro che, secondo le previsioni di Vieri, sarebbero arrivati a destinazione a sera.
La texana non riusciva a spiegarselo ma, ripensando a Chiappe di marmo, venne invasa da una sensazione di... familiarità. Era più che certa di averlo già visto da qualche parte; ma non ricordava nella maniera più assoluta dove o quando!
Quella situazione la stava facendo uscire di testa.
Avrebbe dato di tutto per avere anche solo mezza risposta, per poterci capire qualcosa in più.
Che fosse famoso?
D'altronde era il Beta di un branco di volpi abbastanza noto, da quanto aveva capito... magari aveva letto qualche articolo sulla sua persona, qualche tempo prima.
Certo, poteva essere.
Su riviste come Streghetta2000 e Monsterpolitan erano soliti fare articoli frivoli su mostri più o meno noti. Chiappe di marmo le sembrava abbastanza gnocco da meritarsi un trafiletto, a suo parere.
Sospirò afflitta, quando si rese contro di aver finito anche l'ultima patatina rimasta nel piatto.
Controllò rapida l'orario sullo schermo luminoso, e non riuscì a trattenersi dal fare un'espressione contrariata. Mancava poco e sarebbe dovuta andare al negozio.
Se avesse ritardato, anche solo di un minuto, sua nonna le avrebbe fatto una ramanzina infinta; ed era l'ultima delle sue intenzioni fare una cosa del genere.
Con un piccolo balzo scese dallo sgabello girevole, prese al volo giaccone e borsa, ed andò verso la cassa.
Lucas, dall'altra parte della tavola calda, si accorse del suo spostamento e si affrettò a raggiungerla.
- Te ne vai già? -
- Purtroppo sì - annuì, tirando fuori dalla borsa il proprio portafoglio - Mia nonna mi aspetta, e devo andare -
Il ragazzo parve dispiaciuto, ma rimase in silenzio, mentre batteva e stampava lo scontrino per la bionda. Non voleva mostrarsi così palesemente dispiaciuto; almeno non troppo.
Una volta pagato Rebekka ripose il portafoglio in borsa, e fece per andarsene.
Lucas si guardò in giro, indeciso sul cosa fare.
Una delle cameriere del locale, Jennifer, alzò gli occhi al cielo e gli fece segno d'agire.
- Ehi, Rebekka? - la chiamò, con un poco di timore.
Lei si girò nella sua destinazione.
- Sì, Luke? -
Tentennò.
- Buona giornata -
Beki si aprì in un ampio sorriso - Anche a te - ed uscì dal Diner, sotto lo sguardo triste dell'altro.
Jennifer si avvicinò al ragazzo, e gli diede una poderosa pacca sulla schiena.
- Sarà per la volta prossima, campione -

Anche se da fuori poteva sembrare minuscolo, il negozio della nonna della bella texana era enorme e custode di un mondo magico tutto suo.
Nonna Mariah poi era una donna... singolare. La classica vecchietta un po' fuori dalle righe, con un discutibile gusto nel vestire e una di quelle capigliature selvagge, ricche di treccine, perline e persino piume colorate alle volte; ma queste solo in occasioni speciali.
Una volta Rebekka l'aveva persino trovata con quello che, ad una rapida occhiata, era sembrato essere un nido di qualche uccellino molto piccolo. Non aveva fatto domande.
Ormai, con il passare degli anni, la nipote si era quasi abituata alle sue stramberie.
Più o meno.
Rebekka entrò dalla porta d'ingresso, e le sue narici vennero subito invase da un forte odore di infusi alle erbe.
- Le due e quarantasei... -
Nonna Mariah alzò appena gli occhi scuri come il carbone, dalla sua tazza fumante, per poter guardare meglio la bionda davanti a sé.
- Come mai così in anticipo? - domandò, con fare sospettoso.
Per sua nipote arrivare in orario era un miracolo del cielo, figurarsi in anticipo di pochi minuti... c'era qualcosa che non andava.
- Beh, oggi in Università abbiamo finito un po' prima, così... eccomi qui -
L'anziana donna prese un lungo sorso della sua tisana, ed appoggiò con delicatezza la tazza sul bancone in legno scuro.
Prese da lì sotto il bastone ricurvo, suo fedele compagno da una decina d'anni a quella parte, e lentamente fece il giro per raggiungere la ragazza.
- Cosa vuoi che faccia oggi? Devo riordinare_ Ahia! Nonna! -
La bionda si massaggiò fulminea il polpaccio offeso, dal colpo a tradimento dall'anziana.
- Qual è la prima regola? -
- Ma nonna... -
- La prima regola! - ordinò, severa, battendo il bastone a terra con enfasi.
La bella texana sospirò, sconfitta.
- Niente bugie -
- E tu, signorina cara, cosa hai appena fatto? - domandò ancora la donna, appoggiando entrambe le mani sul manico.
La texana mormorò delle parole incomprensibili ma, dopo un'occhiata di Mariah che ne valeva più di mille, dovette ripetere.
- Ti ho detto una bugia, nonna. Scusami -
Ottenuta la confessione che tanto bramava, la maga tornò alla sua precedente postazione.
- Ora... - iniziò, sedendosi ed appoggiando il bastone sotto il bancone - Vuoi spiegare alla tua nonnina che succede, stellina? -

- Che gli spiriti possano proteggere la tua amica e i suoi cari - mormorò la donna, mentre versava una seconda tazza d'infuso alla texana. Rebekka la ringraziò, e la tenne un po' tra le mani per riscaldarsi.
Le aveva raccontato tutto quello che le era successo nell'ultimo periodo, e sua nonna era stata molto comprensiva. Le aveva preparato qualcosa di caldo, e l'aveva ascoltata fino alla fine senza commentare. L'aveva lasciata libera di sfogarsi.
Sua nonna era al corrente della guerra con i lupi mannari molto meglio di meglio di lei.
Mariah si ricordava ancora quando venne annunciata, sulle testate dei giornali, la loro dichiarazione di guerra contro gli altri mostri-lupo, e tutti i loro sostenitori. I suoi figli erano poco più che adolescenti, e l'orrore che aveva provato alla notizia era stato indescrivibile.
Aveva pregato allungo affinché i propri cari non si trovassero mai invischiati in quella orribile vicenda. Ora avrebbe pregato anche per la cara amica di sua nipote.
Non poteva nemmeno immaginare cosa stesse passando quella povera ragazza, con la sua famiglia.
Per non parlare anche del loro amico Robert, umano ed attaccato da un lycan.
Doveva essere un periodo davvero molto duro, per tutti loro.
- Mi fa impazzire il fatto di non poter fare nulla per aiutarli -
Rebekka strinse con maggiore forza la tazza ancora calda.
- Mi sento... completamente inutile - mormorò, infine.
- E tu cosa vorresti fare, stellina? -
La bionda sgranò gli occhi, ed osservò a metà tra il confuso e lo sconvolto l'anziana donna.
- Voglio fare qualcosa, ma... - riabbassò lo sguardo sulla tazza - Non posso fare niente -
- Sciocchezze - la riprese la donna - Si può sempre fare qualcosa -
Rebekka non ci credeva molto. Ai suoi occhi, non poteva fare niente.
Era a malapena una maga e un mostro... avrebbe solo che finita per essere un peso in più.
Non avrebbe mica potuto aiutare Lyla con qualche impacco curativo o qualcosa del genere...
Per poco la bionda non fece rovesciare la bevanda calda, nella furia in cui balzò in piedi.
Lyla non di certo, ma Robert sì!
Bevve un lungo sorso di tisana, incurante della temperatura, e corse verso il retro del negozio.
- Nonna? Sai dove_ -
- Terzo scaffale a destra - rispose Mariah con tempismo, e nascondendo il piccolo sorriso che le spuntò fuori nella tazza di ceramica.
- Grazie, nonnina! -
Quella ragazza era tutta sua nonna.

Robert si rigirò con fare annoiato, tra le lenzuola del suo lettino d'ospedale.
Faceva ancora molta fatica a muoversi come prima, ma molto lentamente stava iniziando a migliorare. Almeno ora riusciva a girarsi sul fianco sano, senza imprecazioni eccessive. Era già una conquista per lui.
Le ore lì dentro sembravano non passare mai, e questo lo faceva deprimere ancora di più.
Lui era uno di quei tipi che odiava stare rinchiuso per troppo tempo in un posto; aveva bisogno di uscire, anche solo per mezz'oretta.
Si sentiva come un canarino in gabbia, che poteva solo lamentarsi della sua situazione, senza poter fare un gran che per cambiarla.
Non c'era nemmeno il wi-fi in quello schifo di posto. Un poveretto come lui che doveva fare per passare il tempo? Fissare il muro?
Lui si era bello che stancato di fissare quello stupido ammasso di materiale edile.
Sbuffando, allungò una mano verso il comodino ed afferrò il telefonino. Rispose ad un messaggio da parte di Alberich, con non poca agitazione. Aveva il terrore di aver fatto una cazzata con lui, e poi non si erano lasciati benissimo l'ultima volta.
Non avrebbe dovuto lasciarlo andar via così. Avrebbero dovuto chiarire bene prima, e ora... sentiva la sua mancanza.
Faceva strano ammetterlo.
Alberich gli mancava.
Gli mancava lui, la sua presenza e il loro solito battibeccare.
Gonfiò le guance, indeciso sul da farsi. Un messaggio non gli bastava, doveva chiamarlo.
Forse però era impegnato; con qualche roba da lupi, o che ne sapeva lui. Non sapeva nemmeno se le cose da lupi fossero diverse dalle sue, alla fine dei conti. Era tutto così assurdo.
Si passò una mano sul viso, e sgonfiò le guance. Era riuscito ad accumulare una serie di eventi allucinanti, in pochissimo tempo.
Era stato attaccato e quasi ucciso da un lupo mannaro.
Assurdo.
Aveva rischiato di diventare a sua volta un lupo mannaro.
Ancora più assurdo.
Era poi stato salvato dal suo ragazzo, che aveva scoperto essere un uomo-lupo.
Assurdamente assurdo.
Aveva scoperto poi che anche le sue migliori amiche erano delle creature sovrannaturali.
Assurdo non bastava per dare l'idea.
E come ciliegina sulla torta a strati con doppia panna, era venuto a conoscenza di una leggendaria e terribile guerra, tra mostri buoni e lupi mannari.
Una roba assurdamente da film.
A ripeterselo nella testa, si sentiva un completo imbecille. In tutto quel quadretto fantasy, lui stonava parecchio. Non c'entrava quasi per niente, ed era strano.
Non sapeva come sentirsi all'esattezza. Sembrava essere certo solo su una cosa: sul fatto che gli mancasse da morire Alberich. Solo su questo.
Basta! Doveva smetterla, e prendere una posizione.
Come dice sua sorella Rie: "Con i se e con i ma, non si va da nessuna parte".
Per questo prese un bel respiro, gonfiò il petto e chiamò Alberich.




Angolo della mente malata:
Buon salve, volpini belli.
Come state? Io un po' abbacchiata, a causa del mio dolcissimo karma di merda che è tornato a farmi visita, ma si tira avanti.
Adesso... tutti i miei gloriosi propositi di far uscire a Natale lo speciale di one-shot a tema, di cui ben tre erano dedicate alle famose coppie di questa storia, vacilla non poco.
Se riesco settimana prossima uscirà la prima, dedicata a Rob ed Alb, e nei gironi successi cercherò di far uscire le altre.
Se vi interessa saperlo, saranno in tutto 7 one-shot. La prima dedicata, come già detto, a Rob ed Alberich, la seconda a Vieri e Bekka e la terza a Lyla e Ciel. Le ultime quattro sono invece dedicate alle coppie principali di "My Little Mermaid" "My Little Crazy Bunny" e "My Little Wolf" (quest'ultima in particolare ancora inedita).
Per chi ancora non lo sapesse, la serie di Diversi è una sotto-serie di una molto più grande, aka "My Little Love".
La vecchia versione di MLM non è più online su Watty, perché ho deciso di riscriverla completamente, ma se siete curiosi c'è ancora su EFP (io vi sconsiglio di cuore di andare a leggerla, se proprio volete è online). Mentre della versione nuova ci sono solo 4 capitoli per ora, e due di "My Little Crazy Bunny". Ve lo dico tutto questo perché la società di mostri è spiegata meglio all'interno di queste due storie, mentre qui le spiegazioni vere e proprie verrano più avanti.
Così... se siete curiosi, potete andare a dare un'occhiata :3
Io vi auguro già adesso un BUON NATALE gigantesco (perché ho imparato che nella vita non si sa mai) e vi saluto rapidissima
Ciau
-Harl


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Capitolo 38
*** Arrivo ***


capitolo 38
Capitolo 38
Arrivo

Il luogo in cui arrivarono non era affatto come Lyla se lo era immaginato.
A causa di tutti i romanzi fantasy che aveva letto, si era immaginata una realtà quasi alternativa. Un castello gigantesco, o una sorta di villaggio uscito da un medioevo fantasy... nulla di tutto ciò.
Quella era... una normalissima cittadina provinciale, con tante villette e negozietti di ogni tipo.
Girando in macchina, la corvina giurò di aver intravisto un fioraio e un negozio d’antiquariato, nonostante il buio serale. Sembrava essere tutto più normale di quello che aveva immaginato.
Si mosse sul sedile, con fare agitato, stando però attenta a non svegliare la piccola Marie assopita al suo fianco.
Da una parte Lyla non vedeva l’ora di scendere da quell’abitacolo, dall’altra invece ne era spaventata a morte.
Stavano attraversando la via principale della cittadina, illuminata dalle due file di lampioni poste ai lati. Qualche passante, ancora in giro tra le vie del centro, si fermavano ad osservare incuriositi la loro macchina passare.
Lyla incassò la testa nelle spalle, come per non farsi vedere. Aveva la sensazione che lo stessero aspettando, e non sapeva dire se quello fosse un bene o meno.
Poteva solo sperare che al loro arrivo non ci fosse tanta gente.


Percorsero le strade del centro, fino ad arrivare in una piccola zona residenziale. C’erano tante villette, una di fianco all’altra, dalle mura chiare e i giardini ben curati, molto carine da vedere. Lyla era certa che l’ora non rendesse loro affatto giustizia, ed era molto curiosa di vederle alla luce del sole.
Dopo altri minuti di viaggio, che parvero alla corvina più lunghi del normale, si fermarono con la macchina davanti ad una villetta.
Era leggermente più grande delle precedenti che avevano adocchiato, illuminata sul davanti da alcuni faretti da esterno e il tutto abbellito da vasi di fiori colorati, accuratamente posizionati secondo qualche schema preciso.
Allo sguardo trasmetteva accoglienza, ma secondo la ragazza c’era qualcosa... in più. E la targhetta in legno appesa, con su scritto “MagikHat” in un elegante corsivo, glielo confermò.
Scesi dalla macchina, la prima cosa che colpì Lyla fu il freddo.
Avrebbe dovuto immaginare che lì avrebbe fatto parecchio più freddo rispetto a casa loro, ma aveva sottovalutato il termometro.
Si strinse nel giaccone imbottito, che in quel momento le sembrava imbottito di nulla, ma non si lamentò nemmeno un secondo. Li vedeva gli occhi attenti di sua madre osservarla, studiarla in ogni più piccola mossa, e pronta a prenderla in fallo.
Non si sarebbe mai lamentata, nemmeno se le fossero cadute le braccia per il gelo.
Già la poteva sentire la madre, nella sua testa.
“L’hai messa la maglia interna? Ti avevo detto di metterla! E il giaccone? Ti avevo detto di metterne uno più pesante; questo non protegge niente”.
No. Non le avrebbe dato quella soddisfazione.
Non prima di aver imitato gli Estranei di Game of Thrones, ed essere diventata la nuova Regina degli zombie polaretto.
Prese le sue cose, ed andò insieme al resto del gruppo dentro la villetta, che si rivelò essere un hotel.
Un piccolo hotel molto carino e confortevole anche all’interno.
Dietro ad un piccolo bancone di legno, vi era una signora molto in là con l’età. Era molto piccola di statura e, nonostante fosse seduta china su uno sgabello, Lyla non le avrebbe dato più un metro e trenta d’altezza. Era impegnata nel ricamare qualcosa, forse un centrino ad una fugace occhiata, ma alzò lo stesso lo sguardo per controllare chi fossero i nuovi arrivati.
Per poco non cadde dallo sgabello, quando vide in faccia Vieri e Shannon. Balzò giù con un saltello e un’agilità atipiche per una signora della sua età, e corse ad abbracciare Shannon.
Gli occhi dell’avvocatessa si fecero sempre più lucidi, ma non sfociarono mai nel pianto, come invece fecero quelli della vecchia signora.
La donna, dai lunghi capelli nivei raccolti in uno chignon tiratissimo, osservò la bruna con gli occhi chiari ancora umidi di lacrime.
- Tesoro mio, ma quanto ti sei sciupata in tutto ‘sto tempo. Non dirmi che stai a fa’ qualche stupida dieta, ve’? Lo sai che non ne hai bisogno, cara. Sei una bellissima volpe già così. A furia di mangiare male ti si rovinerà tutto il pelo; quante volte te lo dovrò ripetere? -
La donna parlò ad una velocità tale, che solo Shannon riuscì a seguirla dall’inizio alla fine senza problemi.
- Mi sei mancata anche te, Nicole - ridacchiò la castana, sorridendo felice.
La donna ricambio il sorriso con il medesimo sentimento, e volse lo sguardo chiaro verso di loro, in particolar modo su Lyla e Marie.  
Si portò entrambe le mani davanti alla bocca, e parve trattenere il respiro per l’emozione.
Shannon, che osservava la scena al suo fianco, le appoggiò una mano sulla schiena e mormorò un - Sì - in risposta alla sua muta domanda.
- Ragazze - le chiamò con dolcezza la Femmina Alpha, invitandole ad avvicinarsi - Lei è Nicole, vostra nonna paterna -


Mai Lyla si sarebbe aspettata di conoscere uno dei suoi nonni, materni o paterni che fossero. Aveva sempre pensato che fossero tutti morti, e non si era mai posta tanti quesiti.
Il numero dei parenti che pensava fossero morti, scomparsi o mai esistiti addirittura iniziava a crescere sempre più velocemente.
Non sapeva come reagire alla cosa, però. Non sapeva come reagire, punto.
Si rigirò la chiave elettronica tra le dita, e fissò la porta ancora chiusa di quella che sarebbe diventata, da quel momento in avanti, la sua stanza.
Non aveva ancora avuto il coraggio di entrare.
Lei, sua madre e Marie avevano avuto tre stanze diverse al primo piano della struttura. Quella di Marie e sua madre erano comunicanti tra loro, per ovvie ragioni, mentre la sua era l’unica ad essere leggermente “isolata” rispetto alle altre.
Lyla sapeva che non sarebbe potuta rimanere lì ferma all’infinito.
Anche perché da lì a poco sarebbe arrivato suo padre, forse insieme a qualche altro parente a lei ignoto, e dovevano darsi una sistemata prima.
Sua madre le aveva detto che avrebbero cenato tutti e insieme nel ristorante del piccolo albergo, e le aveva consigliato di correre in camera per sistemarsi se non voleva rischiare di fare tardi.
Lei ovviamente aveva preferito sprecare minuti preziosi, per osservare meglio le venature del legno che aveva davanti.
La corvina scosse la testa per riprendersi. Aveva sprecato tempo già a sufficienza, e se voleva farsi almeno una sana e ristoratrice doccia, doveva smetterla di cincischiare.
Passò la tessera elettronica nell’apposita fessura, e tirò giù la maniglia all’illuminarsi della spia verde. Entrò e, dopo aver premuto l’interruttore della luce, si chiuse con calma la porta alle spalle.
La camera sembrava carina, ad una prima rapida occhiata. Non aveva niente da ridire sul mobilio semplice e minimalista presente, come il letto a due piazze bianco, l’armadio ad una anta e la scrivania minuscola in legno chiaro.
Forse un unico minuscolo appunto avrebbe potuto farlo sulla carta da parati floreale; quella non era proprio il massimo, oggettivamente.
La corvina girò appena la testa verso destra, per notare dietro all’angolo dell’ingresso, una porta scorrevole chiusa, che dava sul letto matrimoniale. Era di sicuro il bagno, quello, e non ebbe nemmeno il bisogno di verificarlo. Non riteneva che ce ne fosse bisogno.
Aveva appena iniziato a slacciare il giaccone, quando il rumore di una forte vibrazione proveniente dalla sua borsa la incuriosì.
Era il suo telefonino, e quando lo prese in mano controllare per poco non le prese un colpo.
Ciel la stava chiamando.




Non stava avendo un’allucinazione dovuta alla stanchezza del viaggio. Ciel la stava chiamando veramente, e “alla buon’ora” le venne da pensare, con fare piccato.
Accettò subito la chiamata.
Per un milli secondo aveva valutato l’idea di lasciarlo suonare a vuoto ancora un po’, ma non le era sembrato né un comportamento maturo né un’azione intelligente, vista la situazione che stavano vivendo.
- Ciao - fu lei la prima a parlare, con un tono di voce che le uscì più mogio di quello che avrebbe voluto.
- Perdonami, Lyla. Oggi non mi sono fatto sentire, ma è davvero successo di tutto e... -
- Ciel, tranquillo - lo fermò rapida, andando a sedersi all’angolo del letto - Avrai avuto i tuoi impegni a lavoro, immagino. Non devi inventarti scuse, non ce n’è bisogno; va tutto bene -
Enorme, gigantesca, abnorme bugia.
Non andava affatto tutto bene. Lo sapeva lei, e lo sapeva bene anche il lupo dall’altra parte della cornetta.
- Non è vero, Lyla. Lo sento dalla tua voce -
La ragazza perse un battito per essere stata scoperta così velocemente.
Era così palese dalla sua voce che stesse così male? A lei non sembrava...
Lo sentì sospirare dall’altro capo, per la stanchezza.
- Sono dovuto andare a comprare un telefono nuovo, perché quello che avevo fino a questa mattina ha fatto una brutta fine -
- Come “una brutta fine”? -
- Un mio collega, durante la pausa pranzo, c’ha rovesciato sopra accidentalmente una tazza di caffè - le raccontò - Ero appena riuscito a prendere in mano il telefonino per risponderti, quando me lo sono visto morire tra le mani... insieme anche ai miei poveri vestiti -
La corvina iniziò ad unire i punti. Era l’ora di pranzo quando aveva visto che Ciel era entrato sull’app, senza visualizzare.
Lei aveva pensato d’istinto che fosse successo qualcosa, e aveva avuto ragione.
Le dispiaceva per la disavventura del suo ragazzo, ma non riusciva a non esserne felice. Questo voleva dire che non l’aveva ignorata completamente senza motivo, o per qualche altra futile motivazione.
Per lei era qualcosa.
- Mi dispiace per il tuo telefono, Ciel - si sentì in dovere di dirglielo lo stesso - Per il resto tutto bene? -
Ciel sembrò sospirare ancora più pesantemente.
Forse doveva prenderla come una risposta negativa.
- In realtà no, ma facciamo finta di sì - cercò di ridacchiare, ma quello che gli uscì fu solo una risata stanca - Te, invece? Sei arrivata? -
- Sì. Siamo arrivati poco fa in albergo, e sono stanca morta. Adesso dovrei anche prepararmi per andare a cena... con non so quali parenti, di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. L’albero poi è di mia nonna, immagina un po’ -
Tolse un secondo il telefono dall’orecchio, per controllare che ora fosse. Con molte probabilità, sarebbe finita per non fare nessuna doccia prima di cena per mancanza di tempo.
Di sicuro i capelli non li poteva di certo lavare; si sarebbero asciugati nel mese del forse dell’anno del mai. Però una doccina veloce veloce forse sarebbe riuscita a farla.  
- Cavolo. Ti aspetta una serata impegnativa, allora -
- Già - rispose lei, sdraiandosi sul materasso.
Accidenti. Era davvero più comodo di quello che avrebbe mai potuto immaginare, ma... era così grande.
Lyla si sentiva minuscola, sdraiata su quell’enorme letto a due piazze, e anche incredibilmente sola.
- Mi manchi - le uscì d’istinto.
Lyla non era solita fare uscite particolarmente smielate con Ciel, ma quella semplice frase le era uscita con incredibile semplicità.
- Anche te, Lyla - rispose - Sto cercando di liberarmi il prima possibile per raggiungerti, ma è complicato. Anche se sono l’Alpha del mio branco, e ho chiesto di potermi assentare un paio di settimane per cause importanti, mi hanno detto che devo aspettare ancora un po’ prima di poter avere una risposta. Mi hanno anche detto che forse, quando sarà, mi permetteranno di assentarmi solo a tempi alterni... tipo una settimana sì e una no. Però su questo non mi hanno dato nessuna certezza -
Lo sentì sospirare dall’altro lato della cornetta.
Quella situazione non piaceva a nessuno dei due, ma erano consci che la loro non era una questione semplice. Ciel oltre ad essere a capo di un branco molto grande, era prima di tutto un medico. Non poteva spostarsi da una parte all’altra, come una pallina da Ping-pong impazzita; aveva delle responsabilità, degli impegni... e per quanto sentisse la sua mancanza, lei doveva essere seconda a tutto quello. Era giusto così.
- Te non preoccuparti - cercò di rincuorarlo - Qua sono al sicuro. Ci sono Vieri, mio padre ed anche Alberich a controllare la situazione. È tutto... sotto controllo -
- Ma non ci sono io - le fece notare - È questo non mi rende tranquillo, Lyla -
La corvina si portò una mano alla guancia. Si sentiva bollente.
Era possibile arrossire così, all’improvviso?
Ciel ci teneva ad essere lì con lei. Aveva il terrore che potesse succede qualcosa, qualsiasi cosa, da un momento all’altro, mentre lui era a chilometri di distanza.
Aveva già perso fin troppe persone a lui carissime... Non voleva aggiungere il nome della ragazza che amava a quella lista di sangue.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per impedirlo.
Davvero qualsiasi.




Angolo della mente malata:
Salve, volpini belli!
Come state?
Come avete già notate, la storia è in revisione e (per chi ancora non lo sapesse) vi spiegherò un attimo come andranno le cose da oggi in poi.
Sarò molto breve, tranquilli. Una settimana farò uscire un capitolo nuovo (come oggi), e quella dopo uno revisionato, cosi da poter “accontentare” un po’ tutti :3
Inoltre, vi consiglio di cuore di andare a leggere i capitoli revisionati quando usciranno (per ora c’è solo il primo) perché... cambierò qualcosina. Niente di grave, o troppo estremo, non temete. Solo dei piccoli miglioramenti che dovrebbero rendere più comprensibile la storia e le dinamiche di alcuni personaggi (e per togliere anche delle brutte cagate sessiste che scrissi anni fa coff coff)
Ho notato con immensa gioia che abbiamo superato le novanta mila letture :3 fatico ancora a crederci, davvero.
Mi scuso poi per il capitolino un po’ noioso >.< so che a molti di voi questi capitoli così non garbino parecchio, però (tenetevi forte) nel prossimo succederà roba interessante!
Sapete cosa?
Vi dirò solo un nome!
...
Cedric
E con questo, sparisco nella mia nuvoletta di fumo.
Vi porgo i miei omaggi
-Harley




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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


 

Capitolo 39
Dopo tanto tempo

 

Per Lyla non esisteva niente di peggio di una cena, per conoscere qualcuno.

In molti le trovavano occasioni utili per farlo, ma non lei. Non riusciva proprio a sopportare l’aria d’imbarazzo che si andava a creare, ogni volta, tra i commensali. La facevano sentire in forte disagio, e spessissimo finiva per fare qualche brutta figuraccia involontariamente.

Con un sonoro sospiro, andò a sistemarsi con le mani il maglione color senape che aveva deciso di indossare quella sera. Non era un capo d’abbigliamento eccezionale, ma era stato un regalo di un Natale passato da parte di sua madre, e lo trovava alquanto comodo.

Lanciò uno sguardo al display luminoso dell’ascensore, che segnava i piani che stavano pian piano superando. Mancava poco e sarebbero arrivati al piano del ristorante dell’hotel. 

Tra le tre, la piccola Marie era quella più tranquilla e non dava alcun segno di nervosismo. Giocherellava con l’orlo della sua gonna blu cobalto, in completo silenzio, lanciando di tanto in tanto sguardi curiosi prima alla madre poi alla sorella maggiore.

Shannon, al contrario della figlia poi, sembrava un fascio di nervi unico. Era lampante che fosse lei la più nervosa di tutti.

Si era preparata con una cura quasi maniacale. Trucco, capelli e vestito erano in perfetto ordine, e Lyla si domandava quanto tempo avesse impiegato per fare tutto.

L’avvocatessa tirò fuori dalla borsetta a tracolla nera uno specchietto per il trucco, e controllò in che stato fossero i lunghi capelli castani. Era già la quarta volta che lo faceva, da quando erano salite in ascensore.

- Mamma - la chiamò la ragazza - Devi stare tranquilla; andrà tutto bene, su -

Quella scena, per la corvina, aveva un che di surreale. Di solito era Shannon quella che la rassicurava nei momenti in cui era in preda all’agitazione, mentre ora si erano invertiti i ruoli. La figlia che rassicurava la madre. Era strano, per lei. 

La donna sembrò stringersi lievemente nelle spalle, prima di rispondere con un flebile - Lo so, tesoro. È che… - sospirò - Sono in ansia -

“Non me ne ero proprio accorta”, si ritrovò a pensare la corvina.

Lyla appoggiò una mano sulla spalla della madre, come simbolo del suo sostegno morale in quella situazione.

Erano anni che non vedeva l’uomo che amava, ed era comprensibile il suo stato d’animo. Voleva apparire al meglio, dopo tutto quel tempo.

- Immagino mamma, ma devi mantenere la calma. Come ho già detto prima: andrà tutto bene -

Shannon si lasciò andare in un lieve sospiro, portandosi una ciocca di capelli castani dietro all’orecchio.

- Da quand’è che ci siamo scambiate i ruoli, io e te? Dovrei essere io a rassicurarti; non viceversa -

Lyla scosse la testa.

- Dobbiamo rassicurarci a vicenda. È questo quello che fanno le famiglie -

 

 

Fuori dall’ascensore ad attenderle trovarono Nicole, al fianco di un’altra donna parecchio più giovane. Avrà avuto poco più di una trentina d’anni, una folta capigliatura gialla decolorata e la pelle abbronzatissima.

Non appena i suoi occhi castano chiari si posarono sulla figura dell’avvocatessa, il suo viso parve illuminarsi di colpo.

- Shanie! - gridò la bionda gioiosa, correndo ad abbracciare la donna che ricambiò con altrettanto sentimento.

- Santo cielo, Clover. A momenti non ti riconoscevo! -

Shannon osservò con sincero stupore quella che era stata, ed era ancora, la sua più cara amica. L’ultima volta in cui si erano viste, quasi due anni prima se la memoria non la ingannava, aveva ancora i capelli del suo colore naturale, un castano parecchio scuro e molto intenso.

- Posso dire lo stesso dite, tesoro. Voglio dire: guardati! Stai una bomba! -

Gli occhi di Clover caddero prima sullo scricciolo biondo, che si nascondeva dietro la gonna dell’avvocatessa, poi sulla figura più slanciata di Lyla.

- Per tutti i toast al formaggio! - esclamò la bionda, eccitata - Voi dovete essere senza ombra di dubbio Lyla e Marie! È la prima volta che vi vedo dal vivo, e le foto non vi rendono affatto giustizia, No, signore -

Clover era un treno impazzito, che prima ti travolgeva, e poi ti lasciava tramortito a terra a chiederti cosa fosse successo.

Lyla riuscì a dissipare i propri dubbi solo dopo, quando Clover fece una breve presentazione, spiegando che tipo di legame ci fosse tra lei e Shannon.

- Sono la migliore amica di vostra madre, fin dai tempi in cui eravamo entrambe due adorabili mostriciattoli che si rincorrevano nel parchetto della scuola - le informò, parecchio orgogliosa.

Molto ingenuamente, Lyla non aveva mai pensato che sua madre potesse avere una migliore amica.

Aveva sempre saputo di qualche collega con cui ogni tanto usciva, o dei rapporti convenzionali che aveva con i genitori dei suoi amici e quelli di Marie… ma non aveva mai sentito niente su “migliori amiche” e nemmeno su Clover.

D’altronde, si ritrovò a ragionare la corvina, sua madre non le aveva detto tante cose; quella alla fine risultava solo come una in più.

Anche se sapeva di non avere tante ragioni, la ragazza non riuscì a non rimanere male anche per quella omissione.

Le sarebbe piaciuto… sapere di più su sua madre, specialmente ora che si era resa conto di non conoscerla quasi per niente.

Lyla alzò lo sguardo oltre le spalle delle due donne davanti a sé, verso la porta a due ante del ristorante dell’hotel.

Sentiva un lieve brusio provenire dalla sala, segno che ci fossero di per certo molte più persone di quelle che si era immaginata lei.

Che fossero tutti parenti?

La corvina non lo credeva molto possibile, vista anche la presenza di Clover.

Forse erano venuti anche dei vecchi amici di Shannon che, vista la sua lunga assenza forzata, una volta saputo il suo ritorno si erano presentati lì per vederla. Era molto probabile, sì.

La corvina prese un lungo sospiro, cercando di calmarsi un minimo. Ora era lei quella agitata, e non più sua madre che aveva iniziato a chiacchierare come se nulla fosse con Nicole.

Almeno lei si era un minimo rasserenata, e Lyla era contenta di ciò.

- Agitata? -

Si voltò verso Clover.

- È così tanto evidente? - domandò la ragazza, lasciandosi sfuggire una risatina nervosa.

- Non tanto, in realtà - le rispose, sincera - L’ho intuito da come aggrotti le sopracciglia -

Le… sopracciglia?

- Fa sempre così anche Shannon, quando è parecchio agitata ma non vuole darlo a vedere. È evidente che hai preso da lei -

- Già… - mormorò Lyla, attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno al dito.

Non si era mai accorta di farlo, prima d’allora. Non c’aveva mai fatto un gran che caso, in verità.

- Penso sia normale esserlo, nella vostra situazione - continuò a parlare la donna bionda - Essere sballottolati così, non deve essere proprio una meraviglia -

No. Non lo era affatto.

Alle volte pensava di essere finita in uno di quei sogni talmente realistici, da illuderti fino all’attimo prima del risveglio di star vivendo davvero tutto quello che la mente ti sta mostrando. Poi ti svegli, realizzi che era tutto frutto della tua immaginazione e puoi tirare un bel sospiro di sollievo.

Lyla si domandava quando sarebbe arrivato quel momento per tutti loro.

La ragazza lanciò un occhio alla propria sorellina, poco più avanti di lei.

E se le fosse successo qualcosa? Se fosse potuto succedere qualcosa a chiunque di loro?

Come avrebbe fatto ad andare avanti?

La corvina non riusciva ad immaginarselo, e non voleva nemmeno pensarci così tanto. La sola idea di qualcosa di vagamente simile la faceva rabbrividire per l’orrore.

Per quelle poche ore, le conveniva davvero concentrarsi sulla cena e solo su quello. Quelle atroci domande che le vorticavano nella testa avrebbero aspettato, in un angolo parecchio remoto del suo inconscio.

- Shane! -

Al suono di una nuova voce, Lyla e la madre sobbalzarono visibilmente. Anche se la corvina non aveva idea di quale fosse l’identità del nuovo arrivato, l’avvocatessa la conosceva alla perfezione.

Sulla soglia della porta davanti a loro, in piedi e con il respiro rotto da un leggero fiatone, vi era Cedric Fox.

Alpha del branco di volpi della zona, marito e compagno di Shannon, e padre delle due giovani Moore.

 

 

 

Di suo padre, Lyla aveva solo un vago ricordo e fece non poco fatica nel riconoscerlo. L’aveva visto così poco nel corso della sua vita, che le sembrò per qualche secondo di avere davanti un semplice estraneo; nulla di più.

A posteriori, trovava orribile vedere quello che era suo padre in quel modo. Quella consapevolezza le lasciava un sapore amaro in bocca.

L’incredibile somiglianza con Marie aiutò la corvina ad identificare l’uomo più velocemente.

Cedric aveva i medesimi boccoli biondi, che gli arrivavano a malapena all’orecchie, e gli occhi completamente verdi come le due ragazze. Aveva un lieve accenno di baffetti sottili e pizzetto, anch’essi biondi, davvero poco visibili.

Lyla si accorse solo in un secondo momento dell’abbigliamento dell’uomo. Camicia azzurra arrotolata fino ai gomiti, pantalone e cravatta scura e… delle cinghie che spuntavano da dietro le spalle. Erano delle fondine da spalla, e anche se la ragazza non vedeva l’ombra di un’arma da fuoco, dedusse che il genitore potesse essere una forza dell’ordine.

Vedere sua madre correre ed abbracciare Cedric, tra le lacrime di entrambi, fece stringere il cuore della corvina.

Lyla dovette impiegare tutte le sue forze per non piangere, anche se ne sentiva l’urgente bisogno.

La ragazza non sembrava essere l’unica toccata da quella scena. Anche Clover e Nicole erano sinceramente commosse da quella riunione, e Lyla non riusciva ad immaginarsi appieno quello che stavano provando.

Era forse un sentimento simile a quello che provava lei per la lontananza del padre? Non lo credeva possibile.

Per quasi tutta la vita la corvina aveva vissuto senza la sua figura, arrivando persino ad odiarlo ingiustamente perché credeva che le avesse abbandonate senza ragione alcune, se non quella che non gli fosse mai importato di loro.

Il senso di colpa era subentrato per gradi, dal ritrovamento della lettera al giorno delle spiegazioni di sua madre, e non poteva nemmeno immaginare come si fosse davvero sentita lei in tutto quel tempo.

Per Lyla era stato quasi più facile non soffrire, con l’aiuto dell’odio, ma Shannon invece…

No, ne era sicura. I loro sentimenti non erano lontanamente simili.

Quando Shannon e Cedric si staccarono dalla loro stretta, l’uomo posò lo sguardo prima sulla piccola Marie poi sulla maggiore al suo fianco.

L’emozione nei suoi occhi verdi divenne ancora più palpabile ai presenti. 

Il corpo di Lyla si irrigidì di colpo, sotto quegli occhi così simili ai suoi, nel momento in cui lo vide fare un passo verso di loro.

Cedric però si fermò quasi subito, titubante.

- Ciao - salutò, dopo un momento di teso silenzio.

- Ciao - rispose lei, con estrema titubanza.

Mai prima di allora si era ritrovata in una situazione con una tensione simile. Le sembrava di avere la testa in subbuglio, e i pensieri completamente offuscati.

Cosa avrebbe dovuto fare? Aggiungere qualcosa? Rimanere in silenzio? Abbracciarlo?

Non ne aveva la più che minima idea. Zero assoluto.

Lyla si trovava in preda ad un turbine di emozioni, che non solo la sconvolgevano come poche cose nella sua vita, ma la lasciavano… inerme, lì davanti a suo padre.

Avrebbe tanto voluto prepararsi un discorso, o qualche frase già pronta da usare in casi d’emergenza come quello.

- È passato così tanto tempo… - lo sentì mormorare, con voce rotta e carica di commozione.

Nel momento in cui poi notò agli angoli dei suoi occhi fare capolino delle grosse lacrime, la corvina si ritrovò a trattenere il fiato.

- Posso… - Cedric si schiarì la voce con un leggero colpo di tosse - Posso abbracciarvi? -

Con ancora il fiato bloccato a bruciarle la gola, la maggiore annuì con il capo.

L’uomo strinse prima lei in una lunga e salda stretta, poi la piccola Marie che lo osservava con molta curiosità e non riuscendo a cogliere appieno ciò che stava accadendo in quella stanza.

Quando era ancora stretta nell’abbraccio del padre, avvolta da quelle braccia così salde e sicure, Lyla sentì il cuore farle male nel petto e gli occhi pizzicare.

Non esistevano parole conosciute dall’uomo per descrivere a dovere un momento simile.

 

 

 

ANGOLO DELLA MENTE:

E come dice il titolo del capitolo, dopo tanto tempo eccomi di nuovo qui. Posso dire che portare questo capitolo online è stato parecchio più difficile di quello che mi aspettassi, ma sono felice di esserci riuscita (anche se fa schifinus lol).

Che dire? In questi mesi sono successe davvero un sacco di sacco, e mi spiace avervi abbandonato così. ;-;

Se volete, fatemi sapere cosa pensate del capitolino :3 Mi fa sempre piacere i vostri messaggi (anche se molto spesso sono lenta a rispondere lol)

Io vi porgo i miei omaggi, e ci si vede nel prossimo capitolino :3 (o in uno di quelli vecchi, visto che li sto riscrivendo)

-Harl

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Capitolo 40
*** Dopo tanto tempo ***


 

Capitolo 40
Dopo tanto tempo

 

Attesero l’arrivo di Vieri ed Alberich prima di accomodarsi nel ristorante dell’albergo.

La prima parola che prese prepotentemente posto nella mente della giovane corvina, una volta entrata, fu “confusione”. Sembrava essere diventata la sua nuova parola preferita degli ultimi tempi, ma per quanto ci provasse non riusciva a trovarne altre che fossero altrettanto adatte a descrivere ciò che stava vivendo o che non fossero suoi sinonimi.

Le tre Moore non avevano fatto nemmeno in tempo a mettere piede nella sala che vennero prese d’assolto ed assalite dagli invitati. Fu un conseguirsi di saluti, presentazioni, nomi e volti che diedero alla testa della corvina.

Tra i primi che si fecero avanti, c’era una coppia, un uomo e una donna sulla quarantina, con a seguito gli evidenti due figli gemelli adolescenti.

L’uomo assomigliava in maniera spaventosa a Cedric, ma con una corporatura parecchio più esile e mingherlina. Aveva dei folti ricci biondi tagliati cortissimi, ed uno spesso paio di occhiali dalla montatura chiara appoggiati sulla base del naso.

La donna invece, dalle spiccate origini indiane, aveva una lunga cascata carbone che le ricadeva morbida dietro le spalle e dei profondi occhi scuri che brillavano come piccole biglie.

I due gemelli poi sembravano essere la perfetta fusione della coppia. Avevano entrambi i capelli neri, ricci e folti come quelli del padre, e gli stessi occhi neri della madre.

- Chitra! Oliver! -

Shannon si aprì in un ampio sorriso gioioso, andando ad abbracciare la coppia.

- Mi siete mancati terribilmente -

- Anche tu, Shannon. Non ne hai idea - ricambiò Oliver, poco prima di sciogliere la stretta della castana.

L’avvocatessa sorrise, e si voltò appena verso le proprie figlie rimaste leggermente in disparte alle sue spalle.

- Vi presento le mie bambine: Lyla e Marie. Ragazze, loro sono Oliver, Chitra e i loro figli Grant e Philip. Ollie è vostro cugino di secondo grado(1), mentre Chitra è la Gamma del branco -

Lyla e Marie si limitarono ad un semplice “Piacere” accompagnato da una lieve stretta di mano, perché poi vennero riprese in ostaggio dal resto degli invitati.

Molti meno parenti di quello che la corvina si era immaginata, e molti più amici e componenti del branco. In tutto saranno stati più di una ventina, e la corvina faticò parecchio nel memorizzare e associare i nomi ai volti di tutti. Erano troppe informazioni tutte in una botta sola, e il suo cervello faticava a starci dietro.

A seguire la giovane coppia con i propri figli, vennero due ragazze. Entrambe castane e dai grandi occhi scuri. Avranno avuto ad occhio e croce più di 26 anni ciascuna, ma nonostante tutti i fattori in comune non sembravano affatto essere imparentate tra di loro.

La prima aveva il naso parecchio più stretto e con una piccola gobbetta sulla sua sommità, mentre nel viso della seconda spiccavano le guance rosse e le forme più rotondeggianti.

- Ciao! - squillarono in sincrono le due, con un paio di ampi sorrisi stampati in volto.

- Io sono Chelsea - iniziò la prima, tendendo una mano verso di loro.

- Ed io Anna - continuò l’altra, copiando l’amica nei movimenti.

- Piacere di conoscervi - conclusero insieme.

Anche se la loro sincronia era leggermente inquietante, Lyla preferì non far trasparire il proprio turbamento, a differenza della piccola Marie che non se ne preoccupò affatto.

- Non potete immaginare quanto fossimo al settimo cielo all’idea di conoscervi finalmente - confidò loro Chelsea.

- Lo eravamo tutti quanti - aggiunse l’amica, annuendo un paio di volte con la testa - Il signor Fox ci ha parlato tantissimo di voi -

A quelle parole, Lyla rimase maggiormente sorpresa.

- Davvero? - si ritrovò a chiedere, senza pensarci.

Le due castane annuirono, ancora una volta insieme.

Sempre più inquietante, quella loro sincronia perfetta.

Anna sembrava essere poi sul punto di aggiungere qualcos’altro, quando venne interrotta da un’altra voce.

- Ragazze, non iniziate come vostro solito - si frappose tra di loro Vieri, con una mano nella tasca posteriore dei pantaloni blu.

- Vedete di non stressarle, e lasciatele respirare poverine -

Anna divenne improvvisamente paonazza in volto, abbassò fulminea lo sguardo verso le punte delle proprie scarpe e borbottò un mormorio inudibile di scuse. Dall’altra parte, Chelsea assottigliò gli occhi in due sottilissime fessure infastidita.

- Non stavamo facendo nulla di simile - commentò la ragazza, aggiungendo un verso stizzito alla fine.

- Ci stavamo solo presentando, in completa tranquillità, prima del tuo arrivo -

L’ultima parte era una chiara frecciatina rivolta a Vieri.

Sembrava gridare “Andava tutto bene, prima che arrivassi te a rompere” e l’uomo, che non era affatto uno sciocco, l’aveva capito benissimo.

Infatti, stampandosi un ampio sorriso di circostanza in volto, chiese - La mia presenza vi infastidisce, forse? -

Anna, che era rimasta in silenzio e con lo sguardo ancora puntato verso il terreno, rialzò rapida gli occhi verso l’albino.

- No - rispose di getto, arrossendo ancora di più.

- Sì - fu invece la risposta dell’amica, che si ritrovò ad incrociare le braccia sotto al seno ancora più infastidita.

Chelsea ce l’aveva con Vieri, e neanche poco.

Lyla si domandava che cosa potesse essere successo tra loro due, e… con Anna. Non se la sentiva ancora di azzardare qualche ipotesi, e forse era persino meglio non farlo. Dopo tutto non erano minimamente affari suoi, anche se aveva la curiosità di saperne di più.

Vieri inarcò un sopracciglio.

- Sbaglio o oggi sei particolarmente acidella, Chelsea? Per caso una vipera ti ha morso la coda? -

La castana assottigliò maggiormente lo sguardo, per quanto le fosse ancora possibile.

- Chissà come mai -

L’aria tra i due si stava facendo sempre più pesante ed irrespirabile, tanto da portare Lyla a cercare con gli occhi disperata Alberich. Sua sorella se la era svignata poco prima, cogliendo al balzo la prima occasione possibile per scomparire come un ninja e riapparire poco dopo al fianco della madre, che stava chiacchierando con Clover ed altri invitati a qualche metro da loro. Alberich era la sua ultima speranza per scappare da quel triangolo di disagio in cui si era ritrovata.

Lo trovò leggermente in disparte, vicino al lungo tavolo preparato per gli invitati, intento a digitare qualcosa sul telefonino. Un messaggio rivolto a Robert, molto probabilmente.

Quando i loro occhi si incrociarono, e il lupo vide quanto fosse in chiara difficoltà la ragazza che gli mimò un “Aiutami” con le labbra, non ci pensò un secondo ad andare in suo soccorso.

- Scusatemi tanto ragazzi, ma devo rubarvi la mia cognatina per un po’. Ve la riporto più tardi, magari -

Con entrambe le mani sulle sue spalle, ed un ampio sorriso tirato, Alberich accompagnò Lyla lontana dal gruppetto. Ciò sembrò buttare benzina sul fuoco, dando via libera alla castana per esplodere completamente contro Vieri, che incassava tutti i colpi come se ci fosse ormai abituato a tempo.

La corvina non avrebbe mai voluto essere nei suoi panni.

Quando non furono più a portata d’orecchio delle volpi, la corvina bisbigliò un - Grazie. Ti devo un favore - rivolto al tatuatore - Enorme -

Alb ridacchiò, appena.

- Che razza di cognato sarei stato se ti avessi lasciata lì, sola, nel momento del bisogno? -

- Uno terribile - scherzò lei, con una mezza risata. - Non so cosa sia successo tra quei tre, ma l’aria intorno a loro era davvero diventata pesante -

- Mi sembra pure che ci stai andando leggera coi termini - le fece notare - Quella volpe sembra sul punto di saltare alla gola del vostro Beta, senza farsi tanti problemi -

Aveva effettivamente ragione. Anche Lyla pensava che se ne avesse avuta l’occasione l’avrebbe potuto fare, vista tutta quella rabbia repressa che teneva dentro di sé.  

- Ma è per caso una sua ex incazzata, o qualcosa di simile? No perché la vedo particolarmente… - ci pensò su - Infuocata -

- Non ne ho la più pallida idea, se devo essere sincera, ma non credo che Chelsea sia una sua ex -

Lo sguardo le cadde sulla figura di Anna.

- Penso piuttosto che sia successo qualcosa che non possiamo immaginare -  

 

 

Seduta tra sua sorella ed Alberich, Lyla studiava con interesse i rimasugli di cibo che aveva nel piatto.

Il chiacchiericcio allegro dei commensali riempiva la sala, insieme al tintinnio di posate e bicchieri semipieni.

Per quanto lei potesse sentirsi fuori posto, respirava un bel clima nell’aria. Allegro e leggero. Tranquillo.

Vedere poi sua madre, così serena e sorridente come non vedeva da tempo, la rendeva felicissima. Shannon scherzava, rideva con Cedric e Clover, e sembrava essere completamente a proprio agio. Come se fosse finalmente rientrata nel proprio elemento naturale dopo un sacco di tempo; come se si sentisse… a casa.

Anche la sorellina della corvina sembrava esserlo, mentre parlocchiava sorridente con Grant e Philip.

Solo Lyla si sentiva l’unica nota stonata nel quadro. Come un tratto marcato di pittura fosforescente nel mezzo di un dipinto fiammingo.   

- Che ti ha fatto di male quella povera bistecca? Guarda che è già morta da tempo - le fece notare Alb, lanciando uno sguardo preoccupato al suo piatto.

La corvina appoggiò la forchetta al lato del piatto, imbarazzata. Era talmente presa dai propri pensieri, da non essersi accorta di aver reso la propria fetta di carne uno spezzatino.

- Va tutto bene? - le domandò il tatuatore.

Lei annuì.

- Ero solo sovrappensiero -

Leggermente riduttivo, ma dava l’idea.

- Allora, Lyla… - attirò la sua attenzione Chelsea, ad un paio di posti a sedere da lei - Prima non abbiamo avuto molto modo di parlare come si deve. Cosa ne pensi della cittadina? Hai già avuto modo di fare un giretto? -

La corvina scosse la testa, lievemente.

- Purtroppo non ho avuto modo di vedere molto, se non quelle poche cose intraviste dal finestrino della macchina mentre venivamo qua. Però, a primo impatto mi ha dato una bella impressione -

- Se vuoi, io ed Anna possiamo farti da guide turistiche. Conosciamo Reenards come le nostre tasche, e possiamo farti conoscere anche gli altri membri del branco - le propose, con un ampio sorriso.

- Grazie, siete molto gentili. Non vorrei disturbarvi -

Ed era sincera. Non voleva davvero disturbare nessuno.

- Tranquilla, non devi farti problemi. Per noi è un piacere - continuò, sempre sorridente, la castana.

Seduto davanti a lei, Vieri aggrottò le sopracciglia evidentemente poco convinto, e questo non sfuggì agli occhi attenti di Chelsea che gli lanciò l’ennesima occhiataccia della giornata.

- Allora non dovrebbero esserci problemi - concluse la corvina, riattirando su di sé l’attenzione della ragazza.

- Che bello! - replicò allegra l’altra - Ti devo avvisare: Reenards non è di certo come Washington, ma sa come farsi amare. Fidati. Ti piacerà da matti -

Lo sperava.

Così come sperava anche di sentirsi parte di tutto quello.

Odiava quella costante sensazione da pesce fuor d’acqua, mista al disagio della situazione generale.

Per quanto tempo avrebbero finto di niente?

Per quanto lei lo avrebbe potuto fare?

Doveva pur sempre tenere in mente il fatto che non fossero lì per vacanza, che ci fosse un motivo più serio alle spalle.

Quando riportò l’attenzione su Chelsea, Lyla la trovò intenta ad elencare una sfilza di attività che, secondo lei, avrebbe sicuramente amato alla follia.

Oltre metà elenco dovette intervenire, ancora una volta, Vieri per cercare di placare la bruna, avendo però solo l’effetto opposto, beccandosi persino la sua ira per averla interrotta così sgarbatamente.

Lyla si domandò se si comportassero così tutte le volte, perché ormai i litigi tra quei due le sembravano quasi una costante.

- Ragazzi, calmatevi - li richiamò severa Nicole, dall’altro capo della tavola - Vi sembra il modo di comportarvi? Nemmeno i ragazzi si mettono a bisticciare come voi due. Guardate i figli di Oliver e Chitra. Persino loro si stanno comportando meglio di voi -

- Ed è tutto dire - aggiunse Philip sghignazzando, dando una gomitata giocosa a Grant.

- Lo puoi dire forte, bro’ - rispose l’altro, restituendo la gomitata di poco prima al fratello.

- Ci scusi, Nicole -

Il primo tra i due litiganti a scusarsi fu Vieri, che sembrava anche essere il più dispiaciuto.

- Non si ripeterà più. Ha la mia parola -

- Bene - annuì la donna, alzandosi in piedi - Ora, chi gradisce ancora una fetta di arrosto farcito? -

 

 

- Sto scoppiando - piagnucolò Lyla, toccandosi la pancia fasciata dal giubbino.

- Non dirlo a me - aggiunse Alberich, al suo fianco - Penso di non aver mai mangiato così tanto in tutta la mia vita. Era tutto buonissimo, ma porca miseria, tua nonna è fuori -  

Nicole si era premurata in prima persona affinché nessun piatto fosse vuoto fino alla fine. Qualcuno aveva provato a protestare, giusto un poco, debolmente, ma erano stati tutti tentativi inutili.

E lei che aveva sempre creduto che tutte quelle storie sulle nonne, che non sanno accettare un no come risposta, fosse fandonie. Si era sbagliata alla grande.

- Già - concordò, stringendosi le braccia sotto al seno.

Fuori dall’albergo faceva un bel freschino, e nonostante la ragazza non fosse munita di un giaccone abbastanza pesante per stare all’aperto per un periodo prolungato, trovava quell’arietta parecchio piacevole.

- Sei riuscita a parlare con Ciel, poi? -

- Sì. L’ho sentito poco prima di scendere per la cena - confermò - Te, invece? -

Il tatuatore si lasciò scappare una risatina.

- Sì, l’ho sentito. Ho l’ordine di mandargli aggiornamenti continui, altrimenti esce fuori di testa - la informò.

- Cosa? -

- Non pensar male. Non vuole essere oppressivo o pesante in qualche modo, è solo… - fece una piccola pausa - Preoccupato da morire -

- Non ho pensato male, infatti. È solo che non mi aspettavo che volesse avere aggiornamenti continui. Non mi ha detto niente -

Sapeva che fosse preoccupato, chiunque lo sarebbe stato in una situazione simile, ma ingenuamente non aveva pensato che volesse essere tenuto aggiornato da suo fratello con frequenza. A lei non aveva chiesto nulla, e l’aveva lasciata libera di gestirsi come meglio credeva. 

- A mio fratello non piace mettere ansia addosso a nessuno, è per questo che tartassa solo me: vuole lasciarti il più tranquilla possibile. Sicuramente quando verrà a sapere che te l’ho detto mi darà dell’idiota, ma penso che sia giusto che tu lo sappia. Mio fratello sa essere un vero testone, e dovrebbe imparare ad aprirsi un po’ di più. In particolar modo con te -

- Perché sono il suo imprinting? -

- No, perché sei la ragazza che ama -

Lyla iniziò a sentire il cuore battere più forte nella cassa toracica, e una morsa data dall’emozione stringerle la bocca dello stomaco, togliendole il respiro.

- Forse… -

La corvina si schiarì la voce diventata all’improvviso più roca.

- Forse dovrei chiamarlo. Che dici? -

Un angolo della bocca del lupo si alzò appena.

- Penso sia un’ottima idea - rispose, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni e facendo per andarsene.

- Alberich? - lo fermò la ragazza, poco dopo aver preso il telefonino dalla borsa.

Il tatuatore riportò lo sguardo chiaro sulla sua figura.

- Non dirò niente a Ciel di quello che mi hai confidato -

Alle sue parole, il ragazzo sorrise.

- Grazie, Lyla - la ringraziò, lasciandola finalmente sola.

Erano solo lei, il suo telefonino e l’aria al sapore di neve di Reenards.

 

 

 

NOTE:

(1): Io personalmente ho ancora un fortissimo dubbio a riguardo, perché non ho la certezza al 110% sulla correttezza(?) di quello che ho scritto. Mi spiego: Oliver sarebbe il cugino di Cedric, e nonostante abbia cercato un po’ un giro online per essere sicura che sia “il cugino di secondo grado di Lyla e Marie” ho ancora il dubbio. Qualora avessi sbagliato vi chiedo di avvertirmi, di scrivermelo, così da poter correggere tutto. Grazie di cuore.

 

 

ANGOLO DELLA MENTE MALATA:

Si narra che in tempo molto lontano, ci fosse una volpe che credeva stoltamente di poter aggiornare le proprie storie senza problemi. Non aveva tenuto a mente però, che nell’ombra si celava il suo più terribile nemico. L’unico in grado di contrastare il suo enorme potere… LA VITA.

 

*inserire musica drammatica da marmotta che si gira sconvolta*

 

Stupidate alla me a parte, torno con un vero nuovo capitolo dopo un’eternità.

Voglio essere sincera con voi, la mia vita nell’ultimo hanno ha subito un enorme scivolone che non mi dico. Una lunga e tortuosa discesa in un mare di (censuriamo per i piccini). E sinceramente quando succede una cosa del genere, la voglia di sorridere al mondo è davvero ben poca.

Non vi starò ad annoiare sui casini della mia vita, perché annoiano persino me figuratevi voi, perciò parliamo del capitolo. Della storia ingenerale.

Sapete che, pian piano come una formichina, sto riscrivendo la storia e come sempre vi invito a leggere i vecchi capitoli revisionati perché qualcosina cambierà. Pochino, ma cambierà.

Il capitolo di oggi è un po’ meh, lo so, ma ho deciso di lasciare Lyluccia tranquilla… per ora.  

Se volete fatemi sapere cosa ne pensate via un commentino.

I vostri pareri sono sempre molto importanti per me >-<

Vi porgo i miei omaggi,

H.H.

 

 

 

 

 

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Capitolo 41
*** Mancanza ***


 

Capitolo 41
Mancanza

 

- Porca vacca, Bobbie! Hai una faccia tremenda! -  fu l’esclamazione di Arianne, una volta entrata nella camera ospedaliera del fratello maggiore - Quello che vedo sul tuo viso è un accenno di barba? -

La lunga occhiataccia che Robert le riservò fu un’eloquente risposta.

I marcati segni bluastri sotto gli occhi erano l’evidente conseguenza di un sonno agitato, davvero poco ristoratore, e il lieve strato scuro che contornava la mascella non aiutava a dargli un’aria migliore.

- Sai sorellina, quando non ci si fa la barba per due giorni questa continua a crescere - le fece notare, piccato.

- Cosa? Ma davvero? - domandò lei, andando ad appoggiare la borsa a tracolla sulla sedia libera vicino al letto - Ed io che pensavo che scomparisse nella notte, grazie alla magica polverina fatata dei follettini della barba -

- Ah ah ah - fece Rob, osservando la sorella ormai al suo fianco.

Arianne portò una mano al fianco fasciato dai jeans a vita alta, e con l’altra si tirò indietro alcuni piccoli ciuffi di capelli sfuggiti dalla coda di cavallo.

- Che è successo? - gli domandò a bruciapelo - Deve essere successo per forza qualcosa, perché non ti ho mai visto ridotto così -

- Sono stato attaccato da un orso, non ricordi? -

Nonostante l’aria indispettita che aveva assunto, Robert sapeva di star mentendo alla propria sorellina, e la cosa non gli piaceva nemmeno. Non poteva però spiegarle le vere ragione per le quali si trovasse in quello stato. Non poteva dirle niente, per il suo bene e per quello delle persone a cui teneva.

Arianne lo osservò allungo, soppesando la sua risposta parola per parola, con aria poco convinta. Ormai la ragazza sembrava aver sviluppato un sesto sento parecchio sviluppato che le permetteva di capire, in tempi più o meno brevi, quando il fratello maggiore le mentiva; una sorta di “Rivela cazzate di Robert 2000”.

- No - sentenziò infine, iniziando a far sudare freddo il castano - Non è questo - aggiunse, poco dopo.

Rie non riusciva ad individuare cosa non andasse nel fratello, e cosa lo tormentasse così nel profondo.

- È successo qualcosa con Alberich? -

Si andò a sedere all’angolo del letto vicino a lui, mentre Robert prese a giocherellare con il bordino cucito del lenzuolo bianco.

- Più o meno - rimase vago.

- Bobbie - sospirò la sorella - Lo sai che con me puoi parlare, sempre e di tutto. Lo sai, vero? -

- Ma certo che lo so - rispose lui, stringendosi nelle spalle - Guarda che non è successo niente di grave -

“Più o meno”

- Avevamo solo leggermente discusso, ma abbiamo chiarito -

Per la seconda volta, Arianne sembrò non credere appieno alle sue parole. Il “Rivela cazzate” aveva colpito ancora.

- Te ne rendi conto da solo, o devo proprio dirtelo ad alta voce? -

- Che cosa? - domandò il ragazzo, confuso.

- Che hai appena sparato una boiata così grossa che persino le sedie se ne sono accorte -

Pizzicato nel vivo, Robert si irrigidì di colpo.

- Io non ho sparato nessuna boiata! -

- Ed io sono Dita Von Teese. Ora, visto che non sono per ovvie ragioni lei e non ho nemmeno il fisico da ballerina di burlesque, possiamo concludere per la proprietà intransitiva delle cazzate che quello che hai appena detto lo è - spiegò lei, accavallando le gambe, ed assumendo un’aria da professoressa saccente.

Robert non riusciva a credere a quello che stava udendo. Gli sembrava che sua sorella fosse uscita di senno.

- Ma scusami - iniziò, dovendo trattenersi dal ridere per il nervoso - Lo saprò io se con il mio ragazzo va tutto bene, o no? -

La ragazza scosse la testa, risoluta.

- Non prendermi in giro, Bobbie - sbuffò, stanca - Se non vuoi parlarne lo capisco, però non fare finta che non ci sia nessun problema. Ti conosco da ben vent’anni, fratellino, e la tua… non è la faccia di uno che non ha qualcosa per la testa che gli toglie il sonno -

Arianne era completamente seria, come poche volte lo era stata nella sua vita. Era preoccupata per il fratello maggiore, e stava malissimo nel vederlo ridotto in quello stato. Stanco, trascurato e con la malinconia negli occhi scuri.

Robert si lasciò andare in un respiro profondo, sconfitto.

Sua sorella aveva ragione. C’era più di qualcosa che non lo lasciava tranquillo, che lo tormentava, ma non riguardava solo Alberich.

Riguardava lui, Lyla, Beki… tutti loro.

Sentiva già la mancanza del proprio ragazzo, e la necessità di averlo vicino a sé in quel momento di sconforto. Voleva sentire la sua voce, la sua presenza…

Anche se si erano riappacificati, a grandi linee, una parte di Robert era ancora tremendamente arrabbiata con lui. Era furioso con lui, e sapeva che non gli sarebbe mai potuto passare in un paio di giorni. Era impossibile.

Si sentiva… abbandonato.

Lasciato indietro, e confuso, proprio nel momento in cui necessitava maggiormente di lui al suo fianco.

Robert si rese conto di essersi messo a singhiozzare, solo quando sentì le braccia di Rie cingerlo in una stretta rassicurante.

- Butta tutto fuori, Bobbie - la sentì dire, lieve, mentre gli passava una mano sulla schiena - Ci sono qua io. Ci sono qua io… -

 

 

Si rigirò il telefonino più e più volte tra le mani, indeciso sul da farsi.

Lo osservava per pochi secondi, con gli occhi ben puntati sullo schermo ancora spento, per poi riprendere i movimenti rotatori con le dita.

Chiamare o non chiamare?

Scrivere o non scrivere?

Queste erano le domande che tormentavano Robert, sdraiato sul letto immacolato.

- Non devi farlo se non te la senti, Bobbie -

Girò appena la testa verso la sorella minore, ancora al suo fianco.

Da quando si era tranquillizzato, Arianne lo aveva lasciato solo per pochi minuti; giusto il tempo per andare a prendere qualcosina da sgranocchiare alle macchinette all’ora di pranzo.

Lui aveva insistito nel dirle di andare a consumare un pasto decente, ma la ragazza si era impuntata come un mulo. Cocciuta e testarda quanto il fratello; tale e quale.

- Lo so - borbottò Rob, riportando lo sguardo sull’apparecchio elettronico - Mi manca -

- Chiamalo, allora -

- Ma sono ancora incazzato con lui - aggiunse, con una smorfia.

- E allora non chiamarlo - scrollò le spalle la ragazza - Però ti conviene prendere una decisione. Così rischi di impazzire -

Ancora una volta, sua sorella aveva ragione.

Peccato che per lui non fosse così semplice prenderne una, altrimenti l’avrebbe già fatto da tempo.

- È più complicato di così. Te la fai troppo semplice - gli uscì come un lamento.

Arianne scosse la testa.

- Nella vita niente è complicato, siamo noi che ci rendiamo la vita difficile per niente -

- E questa frase filosofica da quale biscotto della fortuna l’hai tirata fuori? -

La castana gonfiò le guance, indispettita e vagamente offesa.

- Sai essere un vero stronzo avvolte, fratello -

- Solo avvolte? - domandò, con un sorrisetto sulle labbra che riuscì a contagiarla.

- Non volevo infierire, ma sappiamo entrambi quale sia la verità -

Il trillo di un telefonino prese di sorpresa entrambi.

Rapido Robert riportò la propria attenzione sul proprio cellulare, con occhi colmi di speranza, ma constatò con altrettanta velocità che non era stato lui a produrre alcun suono.

- Scusa, è il mio -

Arianne allungò una mano verso la borsa sulla sedia, e tirò fuori la fonte del trillo di poco prima.

- È Macao. Devo andare a lavoro, Bobbie. Mi spiace - si scusò la ragazza, riponendo l’apparecchio nella tasca posteriore dei pantaloni.

- Mi ero completamente dimenticata di aver fatto cambio di turno con Jimmy questa settimana. Se corro dovrei riuscire a cavarmela - gli spiegò velocemente, rimettendosi giaccone e sciarpa.

Di solito la ragazza lavorava la sera tardi al Fairy Law, ma visto lo stato di salute del fratello, aveva chiesto al proprio capo di fare un cambio di turni per quei giorni. Era stata molto fortunata nel trovarsi un superiore comprensivo come Macao, davvero parecchio fortunata.

La castana si allungò verso il fratello, e gli schioccò un bacio sulla guancia.

- Ah, e mi raccomando Bobbie - iniziò Rie - Se il tuo fusto tatuato osa fare qualche stronzata, o ti fa stare male in qualunque modo, dimmelo che lo metto sotto con la macchina -

Il sorriso innocente con cui terminò quella frase fece raggelare il sangue nelle vene del ragazzo.

Sapeva che sarebbe stata capace di farlo. La conosceva troppo bene.

- Non pensi di star leggermente esagerando, sorellina? Non c’è bisogno di ricorrere a tanta violenza -

Detto da uno che, solo ventiquattro ore prima aveva minacciato il proprio ragazzo di castrazione, suonava un po’ ridicolo.

- Dici? - inclinò la testa da un lato - Allora gli graffierò la macchina - concluse, andando verso la porta.

- Arianne? - la chiamò.

- Sì? -

- Lui ha una moto -

Le labbra rosate della ragazza si aprirono in un nuovo, ampio, e poco rassicurante sorriso.

- Vorrà dire che gli righerò quella - scrollò le spalle - Io scappo. Ci vediamo questa sera, fratellino. Bacini - e sparì dalla sua vista, in corridoio.

Rimasto solo, Robert rigirò un’ultima volta tra le mani il cellulare.

Aveva deciso cosa fare.

 

 

 

Alberich rispose al quarto squillo, quando Robert era sul punto di abbandonare l’idea e chiudere la telefonata.

Il ragazzo sentiva un nodo alla gola, tanta era l’agitazione che stava provando in quel momento, e la voce gli sembrava essersene andata via; insieme a quel briciolo di coraggio che era riuscito, per miracolo, a racimolare. Un vero cuor di leone, nel profondo.

- Ciao - gli uscì flebilissimo.

- Ciao, Robert! -

La voce di Alberich era decisamente più alta e piena di vita della sua. Si sentiva quanto fosse felice per quella semplice chiamata.

- C_ -

Il castano si schiarì la voce.

- Come va lì? -

Una domanda semplice. Banale, persino.

Robert sapeva di essere caduto nella trappola della “conversazione standard” degli anni 2000, ma era stato più forte di lui. Non era riuscito a pensare ad un inizio migliore.

- Tutto bene, dai. Ci siamo appena fermati in una stazione di servizio per fare una pausa e mettere qualcosa sotto i denti - gli raccontò - Te, invece? -

- Una favola - scherzò Robert - Sempre bloccato su questo lettino, con infermiere inquietanti e cibo che sa di cartone, nonostante ciò tutto bene -

- Mi spiace - abbassò leggermente il tono di voce - Se vuoi posso parlare con mio fratello, e gli chiedo se può fare qualcosa a riguardo -

- No no, lascia stare - rifiutò - Tup fratello ha già fatto tanto, e non voglio disturbarlo ancora. Le infermiere mi hanno detto che, se tutto va bene, nei prossimi giorni dovrebbero già permettermi di tornare a casa. Non avrebbe senso disturbalo perciò -

- È una notizia grandiosa, pulcino - esclamò il tatuatore, decisamente più allegro.

Si vedeva che era felicissimo all’idea che avrebbero dimesso il ragazzo, ma a differenza sua il ragazzo non provava lo stesso.

A Robert non piaceva stare là nella maniera più assoluta, nessuno avrebbe mai potuto provare piacere nel stare bloccato in una camera ospedaliera, ma era spaventato all’idea di uscire. Non riusciva nemmeno ad immaginarsi come sarebbero cambiate le sue giornate, una volta fuori. Senza Lyla e senza di lui…

- Non mi sembri però tanto felice, Robert. C’è qualcosa che non va? -

Persino il tatuatore se ne era accorto, a chilometri di distanza.

- No, non c’è niente che non va. Tranquillo - mentì lui, rapido.

Robert però ignorava il fatto che non solo sua sorella possedeva un “Rivela cazzate 2000”, ma anche l’uomo-lupo dall’altra parte della cornetta.

- Pulcino… - lo richiamò infatti, come si stesse rivolgendo ad un bambino piccolo - Lo sai che le bugie non si dicono? -

- Non ne ho dette infatti -

Il silenzio che seguì la sua risposta, lo portò a ribattere ancora.

- Io non ho detto nessuna bugia -

Ancora silenzio che riuscì ad innervosire ulteriormente il ragazzo.

Esasperato, Robert si lasciò sfuggire un verso stizzito.

- Cos’è, tu e mia sorella oggi vi siete messi d’accordo? -

- No - rispose Alb - Evidentemente ti conosciamo entrambi abbastanza bene da capire quando menti e, personalmente parlando, non ho bisogno di vederti in faccia per farlo; mi basta la voce per quello -

Ed era vero. Gli era bastato sentire una piccola variazione nella sua voce per comprendere che ci fosse qualcosa che non andasse.

- Posso sapere cosa sta succedendo, amore? -

Amore.

Era la prima volta che Alberich lo chiamava così. Gli faceva provare qualcosa di strano, al petto.

Ci si poteva emozionare tanto per una sola parola?

- Mi manchi - sbuffò Robert, sganciando la bomba - Ecco cosa c’è -

Dall’altra parte della cornetta il tatuatore si lasciò scappare uno strano verso. Troppo acuto e strozzato per essere davvero venuto fuori da lui.

- Che era quello? - domandò il castano, confuso.

- È la cosa più tenera che ti abbia sentito dire - gli spiegò, con il solito tono di voce.

Robert arrossì vistosamente per l’imbarazzo.

Non gli era sembrato sul momento di aver detto una cosa così tanto tenera da fargli fare un versetto simile.

Non credeva nemmeno che ne fosse in grado, fino a pochi secondi prima.

- Me lo potresti ripetere ancora? -

- Non ci penso nemmeno -

- Eddai - lo pregò il corvino - Di’ “Mi manchi tantissimo, Alberich”. Magari con la voce da centralinista porno -

Il ragazzo lo sentì chiaramente sghignazzare dall’altro lato. Si stava divertendo un mondo nel prenderlo in giro.

- Fottiti, orso-tattoo - sbottò infine, rosso.

Se lo fosse per imbarazzo, rabbia o altro era difficile da dire con certezza.

- Lo vedo difficile, sai? - disse - Vorrà dire che ci penserai te quando ci vedremo -

Lo disse con una nonchalance ed un’allegria che portarono Robert a spalmarsi una mano sulla faccia.

Che cosa aveva fatto di male nella vita?

- Se continui così la prima cosa che farò sarà strozzarti, Alberich -

- Sappiamo entrambi che non è vero - cantilenò il lupo, allegro, e facendo sospirare l’altro.

- Rob? -

- Che c’è? - domandò, stanco.

- Ti amo -

Per quanto lo facesse arrabbiare ed uscire di senno, alla fine non solo l’aveva sempre vinta lui, ma riusciva anche a strappargli un sorriso involontariamente.

- Anch’io, orso -

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DELLA MENTE MALATA:

*UNA STELLA È NATA ED È FRA NOOOI È QUI FRA NOOOOI COME UN LAMPO NELLA NOTTE LUUUI È QUI FRA NOOOOI*

Voi non avete la più che minima idea dello spattone che mi sono fatta oggi, per riuscire a finire la trascrizione del capitolo ‘sta sera e pubblicarlo.

“Ma, Harley, le storie originali mica le aggiorni di venerdì? Perché non hai aggiornato domani, con tutta calma?”

Perché non potevo. Domani dovrò fare 100+1 visite mediche, e non so nemmeno quando tornerò a casa, indi per cui o aggiornavo prima o aggiornavo dopo; però, visto già tutto il tempo in cui vi ho fatto attendere, mi sembrava un minimo carino pubblicare un pelino prima ecco. COMUNQUE

Sono contenta. Negli ultimi tempi mi è tornata una voglia di scrivere, e un’ispirazione per la storia come non avevo da tempo, e la cosa mi rende felicissima. Mi sono anche venute in mente un casino di idee per migliorare e rendere più interessante la storia, e non vedo davvero l’ora di mettermi a scrivere.

Davvero ragazzi, sono di un preso bene che non riesco nemmeno a spiegarlo a parole.

È bellissimo potermi di nuovo sentire così. Purtroppo nei mesi passati ho erroneamente pensato che ciò che mi accadeva nella vita di tutti giorni non avrebbe, in alcun modo, influenzato la mia scrittura. Non solo mi sono sbagliata, ma è andata persino peggio di come avrei mai potuto immaginare. Nice. Ma lasciamo sta’, che è meglio. Parliamo della storia!

Visto che mi è stato chiesto, vi confermo che nel prossimo capitolo non ci sarà ancora Ciel. Purtroppo, so che questa cosa non ve piacerà, però deve lavorare. So che suona brutto, ma lui deve portare la pagnotta a casa e quindi deve lavora’. Succede. È la vita.

Non posso dirvi quando tornerà di preciso, ma posso dirvi che quando sarà, sarete tutti contenti. *occhiolino ammiccante*

Fidatevi di zia Harl.

Se vi va, fatemi sapere cosa pensate del capitolo, e se avete delle domande/curiosità non fatevi problemi nel chiedere.

Risponderò a tutti con piacere :3

Io scappo via,

vi porgo i miei più sinceri omaggi

HH

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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