How many times can two people fall in love?

di 365feelings
(/viewuser.php?uid=54908)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I can’t stop this feelings / deep inside of me ***
Capitolo 2: *** Feelings are intense / Words are trivial ***
Capitolo 3: *** Lights will guide you home ***
Capitolo 4: *** We might be dead by tomorrow (Will/Nico) ***
Capitolo 5: *** Living like we're renegades ***
Capitolo 6: *** You’re no good for me / But baby I want you ***
Capitolo 7: *** Sleeping with ghosts ***



Capitolo 1
*** I can’t stop this feelings / deep inside of me ***


Titolo: I can’t stop this feelings / deep inside of me
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: commedia, sentimentale
Avvertimenti: au, oneshot, headcanon, slow build relationship
Prompt: I met you at a summer camp years ago why are you acting so comfortable around me!au
Note: sorry not sorry torno con un’altra raccolta solangelo ispirata ai prompt lasciatimi per l’iniziativa di San Valentino (che è ancora in corso, quindi non esitate a lasciarmene altri, su qualunque coppia; nella pagina c’è anche la mia ship list). E ora so che non aspettavate altro, le note.
  • Quando Nico torna a New York ha diciotto anni; questa infatti è l’età in cui gli americani finiscono l’high school e iniziano il college, che è equiparabile alla nostra università e dura quattro anni, al termine dei quali si possono conseguire dei master. La Columbia University fa parte della Ivy League (comprendente altri sette istituti privati, tra i più antichi negli USA e più prestigiosi al mondo) ed la più vecchia università dello stato di New York e si trova a Manhattan. È anche tra le più costose, insieme alla Hopkins.
  • Da quanto ho capito Mrs. O’Leary è un mastino anche se l’avrei preferita Terranova.
  • Nel mio headcanon, Will è di San Diego.
  • Amo troppo la brotherhood Nico/Hazel e non potevo non inserirla. Spero di non essere andata OOC.
  • Parentesi Lou Ellen: nei libri compare sì e no in tre righe e di lei non sappiamo nulla, quindi mi sono presa la libertà di crearle un background che ho già accennato in altre mie storie (Out of the darkness, brighter than a thousand suns principalmente). Riassumendo: è di Salem, suo padre ha un negozio di antiquariato, ha i capelli rosa ed è un’appassionata di fumetti. Qui aggiungo che ha una nonna paterna un po’ all’antica e in realtà avrebbe i capelli neri (come Ecate, se non sbaglio Riordan l’ha descritta con lunghi capelli neri – o me lo sono sognata?)
  • Coney Island è una penisola e un quartiere di NY conosciuto per il luna park, è anche il luogo in cui è nato l’hot dog e ci sono molti campi da basket; il JFK è uno degli aeroporti di NY ed è bianco (o almeno così è nelle foto, quindi immagino che l’effetto albedo sia notevole in estate).
  • Ho disseminato la storia di reference e non ho voglia di elencarle tutte, quindi spero le ritroviate (e le apprezziate). Altrimenti fa niente non è vero.
 
 
 
 
A Cecilia, che è il mio Tullio e mi manca un sacco.
 
 
 
I can’t stop this feelings / deep inside of me
 
 
Sta portando a spasso il cane quando lo vede. O sarebbe meglio dire che il ragazzo vede lui, perché Nico cammina con lo sguardo basso senza curarsi delle persone che lo circondano. In un primo momento quindi non lo nota, ma quando si ferma, aspettando che Mrs. O’Leary termini di annusare il palo di un lampione, inizia sentirsi osservato.
Si guarda allora intorno e lo vede: è alto almeno dieci centimetri più di lui e per un brevissimo istante lo scambia per Jason, ma il ragazzo che lo sta fissando è molto meno muscoloso dell’amico, non ha alcuna cicatrice sul labbro né un paio di occhiali e i capelli biondi sono una massa spettinata. Inoltre Jason è con Leo e Piper. In definitiva, Nico non ha mai visto il ragazzo fermo a pochi metri da lui.
Ricambia lo sguardo, leggermente infastidito (non gli piace essere osservato), e spera che l’altro non abbia intenzione di parlargli (gli piace ancora meno dover conversare).
«Ci conosciamo?» gli chiede invece avvicinandosi e nonostante il cenno negativo di Nico aggiunge «Ti ho già visto, sono certo che è così».
«Non ho idea di chi tu sia» replica lapidario, lanciando un’occhiata a Mrs. O’Leary che se la sta prendendo con comodo. Il ragazzo non sembra per niente convinto e assume un’aria pensierosa; pochi secondi dopo lo sguardo gli si illumina di consapevolezza e con tono sicuro esclama: «Long Island, 2007, Campo Mezzosangue».
«Ti ho già detto che –» a metà però è costretto a fermarsi perché qualcosa è scattato nella sua mente. Long Island, 2007, Campo Mezzosangue. Tutto ciò gli è terribilmente familiare e lo riporta all’estate dei suoi dieci anni quando lui e sua sorella erano stati lasciati a Farm Road 3141 con un bagaglio a testa e l’augurio di divertirsi. Nico era entusiasta all’idea di indossare magliette arancioni, fare attività all’aperto e ogni sera giocare a caccia alla bandiera nei boschi; era l’estate perfetta per un bambino iperattivo che fino ad allora aveva trascorso le vacanze in collegio. Bianca all’inizio si era mostrata un po’ restia, ma poi aveva trovato un gruppo di ragazze con cui aveva stretto amicizia e presto si era dimenticata del fratello minore. Erano stati i tre mesi più belli della sua vita, o almeno questo pensava allora: aveva incontrato altri appassionati di Mitomagia, imparato nuovi, coloriti insulti e, soprattutto, aveva conosciuto Percy Jackson. L’anno successivo, però, mentre Bianca partiva con le sue nuove amiche, lui era stato costretto a restare in campagna da sua nonna. Questo per due estati consecutive – un vero strazio; tuttora Demetra non fa altro che parlare di cereali e fiori e di come sua figlia avrebbe dovuto sposare un partito migliore, un medico magari – poi suo padre aveva deciso di trasferirsi sulla costa ovest, in California, cioè a molti, moltissimi chilometri da New York e da Percy Jackson. Forse per farsi perdonare, Ade lo aveva iscritto al Campo Giove, lo stesso che frequentava l’altra sua sorella; non era stata una brutta esperienza, lì aveva avuto modo di legare con Hazel, conoscere Jason e Reyna e fare chiarezza sui suoi sentimenti – ma non era la stessa cosa di Long Island, lì non c’era il ragazzo di cui si era innamorato. Per questo, con la scusa del college, era tornato a New York carico di insicurezze adolescenziali e di aspettative forse un po’ troppo alte che Percy alla fine non aveva saputo soddisfare.
Ora, a due anni dall’ammissione alla Columbia University, si ritrova per le strade di New York con al guinzaglio il cane di quello che era stato l’eroe della sua infanzia (e poco più tardi la sua storica cotta) e davanti a sé un ragazzo che dice di ricordarsi di lui, quando invece Nico non ha idea di chi sia l’altro.
«Sapevo di averti già visto» continua allegramente lo sconosciuto «Sei il ragazzino delle carte di Mitomagia, si chiamava così il gioco, giusto? Eri con tua sorella, mi ricordo anche di lei perché si era unita al club femminile di tiro con l’arco, che non faceva altro che monopolizzare i bersagli».
«Le cacciatrici di Artemide» commenta con una smorfia «Bianca adesso è da qualche parte in Asia ad allenarsi per un torneo con Zoe».
«Bianca! Ecco come si chiamava. Ha continuato, quindi».
Si limita ad annuire osservando distrattamente un taxi; non era sua intenzione iniziare a parlare della sorella – di parlare in generale. Purtroppo però a Mrs. O’Leary il ragazzo sembra piacere, perché ora lo sta annusando con interesse, e Nico decide di intervenire prima che il cane decida di lasciarsi accarezzare.
«Senti, mi dispiace, ma io non mi ricordo di te» gli dice ed è la verità (all’epoca aveva notato poco altro che non fosse Percy Jackson) ed è anche troppo tardi perché l’altro sta già grattando le orecchie del mastino. Per qualche secondo lo sconosciuto sembra ferito e Nico quasi si sente in colpa – quasi.
«Oh. Beh, è stato tanti anni fa, eri ancora piccolo all’epoca».
Annuisce ancora una volta e spera che quell’incontro abbia termine; fa caldo e tutto quel sole gli dà fastidio, inoltre non ha per niente voglia di fare vita sociale.
«Sei in città nei prossimi giorni?» gli chiede invece l’altro poco prima di salutarlo «Perché io lavorerò tutta l’estate al CHB caffè».
 
«Conti di andarci, non è vero?» gli chiede Hazel mangiandosi parte della frase perché tra i denti tiene un enorme elastico nero. La ragazza sullo schermo a sinistra, infatti, si sta raccogliendo, non senza difficoltà, la folta chioma in una coda alta. Non osa immaginare quanti gradi ci siano in California; a San Francisco si stava anche bene, ma a Los Angeles le estati erano tremende, ricorda fin troppo bene di un agosto in cui la temperatura è arrivata a toccare i 28°.
«Quello che dice Hazel» commenta la ragazza che occupa la parte destra dello schermo. I pixel sono sgranati, ma i lineamenti di Bianca sono facilmente riconoscibili.
«Non lo so» risponde. Ha portato Mrs. O’Leary da Annabeth neanche mezz’ora prima, tornandosene poi nel suo appartamento a rimuginare sull’incontro di quel pomeriggio e finendo per cercare su Skype le sue sorelle. Mentirebbe se dicesse che non è tentato, tanto più che il ragazzo si è dimenticato di dirgli il suo nome, tuttavia l’idea di uscire e conoscere quello sconosciuto (scoprire che magari non gli piace per niente o peggio, che gli piaccia) lo frena.
«Devi uscire dal nido» continua Bianca, poco prima di scomparire dallo schermo e di apparire offline.
«Ha di nuovo perso la connessione?» chiede Hazel «Comunque ha ragione, sei grande abbastanza da poter spiccare il volo e covare nuove relazioni e sentimenti e sì, insomma, quelle cose lì».
«Devi lavorare ancora un po’ sulle metafore riferite al mondo animale» le suggerisce, perché non ha il cuore di dirle che dovrebbe invece proprio smettere, i risultati sono spesso grotteschi se non imbarazzanti. L’idea di covare qualsiasi cosa lo inorridisce.
«Me lo dice anche Frank» risponde con un sorriso di scuse e Frank è un altro che non ha il cuore di dirle la verità – stanno entrambi aspettando che qualcuno lo faccia al posto loro.
«Salutamelo. E salutami anche Reyna e Jason e gli altri».
«Come sempre» replica lei «Mi prometti che ci fai un pensiero su questo affascinante sconosciuto?»
«Non è affasciante».
«Da come lo hai descritto sembra proprio di sì, invece».
 
Carpe diem, recita il messaggio WhatsApp inviatogli da Reyna. Immagina che in California e in Asia sappiano già tutti che tre giorni prima un ragazzo lo ha fermato per strada; la cosa, scopre, lo infastidisce meno di quanto credeva.
Rilegge l’incoraggiamento ed entra.
Dietro il bancone ci sono tre persone: un ragazzo dai capelli castani e dall’aria spigliata che sta prendendo l’ordinazione di un donna, una ragazza intenta a disporre su un vassoio dei cupcakes e infine lui. È di spalle davanti alla macchina del caffè e non lo ha ancora visto; è ancora in tempo per andarsene, ma proprio mentre lo pensa gli arriva un altro messaggio. Questa volta è Hazel e gli intima di non azzardarsi ad uscire prima di aver scoperto il nome dello sconosciuto.
Sospira e si mette in coda e quando finalmente il ragazzo lo nota e gli sorride Nico si sente andare il volto in fiamme – raramente qualcuno che non sia un famigliare gli ha mai sorriso così.
 
«Per caso ti ricordi di Will Solace?» chiede con il tono più noncurante possibile mentre aiuta Annabeth a sistemare lo striscione di bentornato che Rachel ha preparato per Tyson, in congedo dalla marina per quel fine settimana. Percy è andato a prenderlo al porto insieme ad Ella, mentre Grover si sta occupando delle pizze – con il rischio che non le vedano mai arrivare.
«Ha frequentato anche lui il campo estivo» aggiunge con casualità.
La ragazza ci pensa qualche secondo mentre scende dallo sgabello e poi annuisce, facendo oscillare i riccioli biondi raccolti pochi minuti prima in una coda.
«Alloggiava nella cabina sette» risponde «Insieme a Lee Fletcher, un ragazzo di cui non ricordo il nome e un altro. Come si chiamava il tipo che ha litigato con Clarisse?»
Nico la guarda stringendosi nelle spalle: doveva già essere al Campo Giove quando quell’aneddoto era accaduto.
«Yew! Michael Yew!» esclama lei poco dopo «Comunque certo che mi ricordo di Will. L’ultimo anno, giusto prima di iniziare il college, mi sono fatta male durante una delle attività cercando di aiutare Percy. L’intervento di Will mi ha salvata, altrimenti credo che avrei perso le prime lezioni. Sarebbe stata una grande seccatura».
Nico annuisce e dalla tromba delle scale, che conducono al tetto dove attualmente si trovano, risuona squillante la voce di Rachel.
«Sono arrivati!»
Annabeth gli sorride e non fa domande, ma prima che Juniper faccia la sua comparsa con le pizze, seguita da Grover e gli altri aggiunge: «Era un bravo ragazzo, simpatico».
 
È tornato al CHB caffè altre cinque volte, ripetendosi che comunque non aveva nulla di meglio da fare, e tra una bevanda e l’altra Will gli aveva proposto di bere qualcosa insieme uno di quei giorni. Nico non ha saputo come catalogare quell’invito, ma ora siede in uno Starbucks e davanti a lui ci sono un paio di occhi azzurri che lo osservano curiosi. Di riflesso si nasconde dietro la tazza del caffè.
«Studi a New York, quindi».
«Columbia» risponde «Letteratura» e poi aggiunge «Tu?»
«Medicina alla Hopkins. Sono di San Diego, ma mia madre si è trasferita a New York ormai anni fa. Le vacanze estive le trascorro qui, d’inverno invece torno in California».
Nico immagina di dover dire qualcosa anche lui, quindi rivela di avere amici sulla costa ovest e una sorella che no, non è Bianca.
Quando beve anche l’ultimo sorso di caffè realizza di averci impiegato più tempo nel normale e di averlo fatto per avere una scusa per restare in compagnia dell’altro. Will non sembra averlo notato o se lo ha fatto non lo ha dato a vedere e salutandolo gli ha detto che lo avrebbe aspettato l’indomani al CHB.
 
«Sei libero questo fine settima?» gli chiede, mettendogli in mano la sua ordinazione.
«Perché?» risponde, ma dietro di lui si è velocemente formata una fila di clienti in attesa dal momento che è l’ora di punta, quindi si avvia verso l’uscita. Ha ormai percorso l’isolato quando si accorge che sul cartone è stato scritto un numero di telefono – il numero di Will – che non tarda a salvare in rubrica.
Quella sera gli ripete la domanda e pochi minuti dopo lo schermo del telefono si illumina.
Ti va di venire al Campo Mezzosangue con me?
 
«Non gli avevi detto che c’eravamo anche noi?» fa in tempo a chiedere Cecil, a metà tra l’offeso e il divertito, prima che casualmente Will gli pesti un piede con aria serafica.
Gli altri tre indossano le loro magliette arancioni anche se ormai non frequentano più il campo da quando hanno iniziato il college. Quando possono, però, tornano a far visita a Chirone; di solito restano una giornata e danno una mano con le attività.
È lieto che quella non sia un’uscita a due, ma che ci siano anche Cecil e Lou Ellen: si sente sollevato e decisamente meno nervoso, in fondo conosce Will solo da un mese. Sarebbe stato strano e molto imbarazzante e non sa perché ci stia ancora pensando, dato che quello non è un appuntamento.
Scuote il capo, seguendoli oltre l’arco di pietra che segna l’ingresso al Campo Mezzosangue, e quasi senza rendersene conto per qualche istante torna bambino. Le capanne tra gli alberi, la Casa Grande e il campo da pallavolo, ragazzini con magliette arancioni che si rincorrono e ovviamente Mr. D che non sembra invecchiato nemmeno di un anno da quando lo ha accolto per la prima (e unica) volta – «Vedi di non creare rogne».
Si riprende velocemente e saluta Chirone che inaspettatamente si ricorda di lui, nonostante all’epoca lo abbia conosciuto solo per poche settimane prima della fine del campo.
La giornata trascorre velocemente ed è piacevole, più di quanto si aspettasse: Lou Ellen e Cecil hanno aiutato nell’orto e Will ha dato una mano in infermeria, quanto a lui, sono riusciti a trovargli qualcosa da fare.
«Non sono più quel tipo di persona» aveva detto, mentendo spudoratamente perché sotto il letto ha ancora la sua collezione. Pochi minuti dopo, in ogni caso, si è ritrovato accerchiato da una decina di bambini – «È una carta rara quella che vedo?»
 
Le settimane successive sono un susseguirsi continuo di impegni: Jason, Piper e Leo si fermano cinque giorni a New York, Percy organizza falò sulla spiaggia quasi ogni weekend ora che la Camaro è stata riparata, Rachel inaugura una nuova galleria e il mese successivo parte per andare a difendere le balene in Giappone insieme a Juniper e Grover, Lou Ellen si rivela un’appassionata di fumetti, inizia a vedere Will quasi ogni giorno e scopre una parte della città che non aveva mai considerato, Coney Island. È lì che mangia il migliore hot dog di sempre e inizia leggere i libri assegnatigli dal professore di letteratura greca, mentre ogni tanto alza lo sguardo dalla pagina e osserva lo studente di medicina giocare a basket. Non è ancora riuscito a ricordarsi di lui e immagina non ci riuscirà mai, ma, come sottolinea Hazel, l’importante è averlo conosciuto ora – può ricordare Will per entrambi.
L’estate, tra un saggio sull’apollineo e dionisiaco dalla letteratura greca a quella moderna e le passeggiate in Hyde Park con Mrs. O’Leary, passa in un baleno e prima che se ne renda conto la città si svuota e le lezioni ricominciano. Percy e Annabeth sono i primi a tornare al college, li seguono Cecil e Lou Ellen mentre Will tarda a fare ritorno a Baltimora.
«Teniamoci in contatto» gli dice prima di prendere l’areo.
 
È a lezione quando gli arriva il messaggio e non riesce a trattenere un sorriso.
Lou Ellen lo ha fatto veramente.
Nell’immagine allegata, la ragazza sorride mentre sfoggia un caschetto rosa – rosa bubblegum ad essere precisi. Non aveva fatto altro che parlarne per tutta l’estate, di quanto le sarebbe piaciuto tagliarsi i lunghi capelli corvini e tingerseli.
Sua nonna come l’ha presa?
È addolorata.
Poi Will aggiunge: Come vanno le lezioni?
 
Le vacanze di Natale arrivano con la neve e una Hazel seppellita sotto diversi strati di lana.
«Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna» gli dice, mentre avvicina le mani al termosifone «Gli altri arriveranno tra un giorno o due. Pensavo di preparare il Gumbo».
La mattina della vigilia trova Will su Skype; è in maglietta a maniche corte e alle sue spalle riesce a vedere il mare.
«Dovresti venire a San Diego, ci sono le foche».
E ci sono io. Non lo dice, ma lo sentono entrambi.
 
A febbraio Nico capisce che quello sarà l’anno delle promesse. Ade promette di non regalargli più autisti per rimediare ad un rapporto padre e figlio che non è sempre stato sereno, Bianca promette di tornare a casa e lui promette di andare a trovare Hazel e gli altri a Los Angeles. Percy assicura a sua madre che quello è l’anno giusto per laurearsi e Leo giura che non darà mai più fuoco a niente. Se saranno mantenute ancora lo sa.
Will invece non promette nulla, ma gli regala aneddoti e sorrisi sgranati dai pixel e Nico sente crescere qualcosa dentro di sé, un sentimento che covava già da un po’ e che non sembra voler scomparire nemmeno con la distanza.
 
Il JFK è un mastodontico edificio in vetro e acciaio e brilla tanto da far male agli occhi sotto il sole di luglio. Al suo interno Nico aspetta nervosamente che il diretto Baltimora-New York atterri e quando finalmente il tabellone elettronico segna il suo arrivo deglutisce.
Ha atteso per un anno intero quel momento e ora non sa cosa fare. Da quando Will lo ha fermato per strada quel pomeriggio di giugno sono passati interi mesi, durante i quali ha scoperto che il ragazzo in fondo non è male – nonostante i suoi innumerevoli difetti, tra cui spiccano il suo essere terribilmente testardo e irritante. Senza contare che è una persona mattiniera ed è fissato con la salute, quell’altrui soprattutto.
Peggio ancora, tra un caffè e diverse chiamate Skype, ha realizzato che gli piace. Gli piace il suo sorriso e il modo in cui riesce a rendere spontanea e disinteressata ogni sua azione. Gli piace il fatto che non vada mai di fretta, come riesca a illuminare le giornate delle persone che incontra anche se in mezzo ci sono diversi chilometri di distanza (trecento, li ha contati) e che sia sempre ottimista e fiducioso. Gli piace anche quando perde fiducia in se stesso e si rifiuta di alzarsi dal letto (è accaduto una volta, prima degli ultimi esami, e i pixel della telecamera non hanno giovato alla sua aria sciupata) e potrebbe piacergli un po’ anche quando lo assilla con l’importanza di una dieta sana e dell’attività fisica – significa che ci tiene a lui, no?
Hazel lo ha incoraggiato ad aprirsi invece di chiudersi in sé stesso come invece è solito fare e Reyna gli ha ricordato che è bene dare voce a ciò che si ha dentro e Nico vorrebbe seguire i loro consigli, sa che sono giusti. Allo stesso tempo però è tentato di fare dietrofront e uscire dall’aeroporto prima di essere visto. Non sa cosa ci sia tra lui e Will, non sa nemmeno se ci sia qualcosa o se sia l’unico a provare delle dannatissime farfalle nello stomaco quando pensa all’altro.
Mentre è combattuto tra l’idea di restare e quella di andarsene, una ormai familiare e scompigliata zazzera bionda compare tra la folla e lui resta immobile sotto il tabellone degli arrivi, il colorito più pallido del solito.
Will lo raggiunge rapidamente, con sé ha due borse da viaggio e ai piedi indossa un paio di infradito. Nico cerca qualcosa da dire, immagina di doversi congratulare di persona per la laurea, ma l’altro gli sorride e si dimentica di ogni cosa che non sia il suo cuore che fa le capriole. Gli è mancato così tanto, se fosse una persona più espansiva lo abbraccerebbe, tuttavia non lo è quindi si limita ad un cenno del capo che non lascia trasparire il tumulto interiore – prova anche lui quello che provo io? È davvero felice di vedermi? Ha frequentato qualcuno mentre era alla Hopkins? Mi ha mai visto come qualcosa di più di un amico?
Poi Will Solace lo bacia (sulle labbra, davanti all’intero aeroporto) e tutte le domande smettono di vorticare nella sua mente.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Feelings are intense / Words are trivial ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Feelings are intense / Words are trivial
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: au, flash fic (732 w), apocalisse zombie!au
Prompt:
leaning their foreheads together, completely out of breath after a long kiss, Apocalisse!au, Zombie!au, Feelings are intense / Words are trivial – Enjoy the silence - Depeche Mode
Note: mi scuso per il ritardo con cui sto aggiornando questa (ma non solo) raccolta e con cui rispondo alle recensioni, ma la real life ha un po’ preso il sopravvento e non ho il tempo per scrivere come vorrei. Quindi cosa ci faccio qui? Beh, non ho il tempo per scrivere come si deve i successivi i capitoli, ma ne ho non è vero per una flash fic. Questo aggiornamento, dunque, non era previsto, ma chi sono io per porre freni all’ispirazione quando giunge (soprattutto se si tratta di una solangelo). Per cui addio amatissima slow build relationship.
  • Tutta colpa di questa cosa, comunque. E in particolare di: leaning their foreheads together, completely out of breath after a long kiss.
  • Al che ho pensato bene di usare uno dei prompt dell’iniziativa di San Valentino (Apocalisse!au, di Killuale).
  • E poi mi sono ricordata di un altro prompt (zombie!au, con Will che salva Nico, di Alexiel Mihawk) lasciatomi per il fanfiction meme (che è ancora in corso).
  • Non contenta sono andata a pescare un altro prompt dalla sezione prompt prfani della piscinadiprompt (Feelings are intense / Words are trivial – Enjoy the silence - Depeche Mode)
  • In BoO Will dice di aver ereditato pochi altri talenti oltre al potere di guarire le persone (e se ne dispiace, patatino) quindi è canon il fatto che non sia un guerriero. Allo stesso tempo, però, lo abbiamo visto (in TLH) con un arco in spalla e se non sapessi usarlo io non me ne porterei mai in giro uno; da qui, quindi, il mio headcanon di Will che fa penosamente schifo con la scherma e ha una mira discreta, ma non eccezionale, al di sotto degli standard medi dei figli di Apollo. Tutte queste parole per giustificare lo stupore suo e di Nico nel momento in cui uccide lo zombie (e fa un centro perfetto).
  • C’è un piccolissimo spoiler di BoO, ma non vi dico qual è così non lo notate nemmeno (credo).
 
 
 
Feelings are intense / Words are trivial


 
 

Il rumore dello sparo riecheggia ancora tra le pareti scrostate di un vecchio deposito senza tetto e Nico non sa per cosa essere più sconvolto, per l'essere stato a tanto così dal trasformarsi in cibo per zombie o perché, per la prima volta da quando lo ha conosciuto, Will Solace non ha mancato il bersaglio.
Un centro perfetto, il cranio del morto è esploso come un'anguria matura schizzando materia cerebrale ovunque, soprattutto sui suoi vestiti – puzzerà come un cadavere putrescente ora, ma può sopportarlo. Ciò che conta è non essere stato mangiato o, peggio, non essere stato infettato; per quanto miserabile possa essere la vita di uno come lui, senza famiglia e amici né casa alla spalle, ci tiene quanto basta per non volerla terminare in quel modo e a salvargliela è stato proprio Will Solace, di qualche anno più grande e con una quasi laurea in medicina, ma assolutamente incapace di uccidere uno zombie. Almeno fino a qualche istante prima. Se non fosse stato presente non ci crederebbe nemmeno.
L'altro sembra più sconvolto di lui, ha la stessa aria stralunata di quando si è ritrovato a gestire una partoriente; dopo aver fatto nascere Chuck le sue mani non hanno smesso di tremare per almeno un'ora, se lo ricorda bene – è stata la prima volta che si sono toccati.
Apre la bocca per dire qualcosa ed è assurdo che sia proprio lui a parlare per primo (lui che sta sempre zitto e risponde a monosillabi), ma l'intera situazione è così fuori dagli schemi (quando mai non ha saputo gestire uno zombie?) che non ci fa quasi caso.
Fa caso invece a Will che lascia incoscientemente cadere la pistola tra i calcinacci e gli si avvicina e, soprattutto, fa caso alla sua bocca che si scontra con la propria. Le parole gli muoiono in gola e si dimentica completamente di quello che voleva dire, se voleva dire qualcosa – si dimentica di tutto ciò che non sia il ragazzo che ora lo sta baciando.
Sente le labbra dell'altro premere contro le proprie e la sua lingua farsi strada nella sua bocca, sente il proprio corpo rispondere con entusiasmo e il cuore, nel petto, fare le capriole impazzito.
Will è caldo e morbido e frenetico, fa scivolare le mani dietro la sua nuca e gli tira appena i capelli baciandolo con più ardore, mentre Nico si aggrappa a lui.
Quando si separano sono entrambi accaldati e respirano a fatica; si sorreggono a vicenda, fronte contro fronte e le mani che ancora indugiano sul corpo dell'altro.
Non sa bene cosa sia successo, se sia solo adrenalina o se sia altro (per lui sicuramente lo è, da quando lo ha conosciuto non ha smesso di provare una fastidiosa sensazione, come di farfalle nello stomaco) e di cosa si tratti di preciso, ma è ancora troppo sconvolto dalla piega che ha assunto quel giro di ricognizione per pensarci seriamente.
L'unica cosa su cui riesce a concentrarsi sono le labbra di Will, gonfie e arrossate, piegate in un sorriso imbarazzato ma per nulla pentito, e il tepore, come una sensazione di benessere, che gli procura quella vista.
Allo stesso tempo, però, mentre i secondi passano senza nessuno dei due apra bocca o faccia qualcosa, Nico inizia a sentirsi a disagio, quindi si allontana bruscamente ed è solo quando non ha più le mani dell'altro appoggiate sulle sue spalle che si rende conto di quanto in realtà fosse piacevole quel contatto. In ogni caso si affretta a rifilargli una delle sue occhiate intimidatorie (non parlare, non dire una parola, non pensare nemmeno) che su di lui non hanno mai avuto un grande effetto (uno degli innumerevoli motivi per cui il biondo è un'enorme seccatura); non perde infatti il buon umore, il sorriso anzi diventa più sicuro. Stranamente però rimane in silenzio.
Il suo sguardo chiaro sembra dirgli non c'è bisogno di parlare e per una volta si trovano d'accordo. Qualsiasi cosa suonerebbe banale, se non addirittura imbarazzante, e non ha per niente voglia di affrontare l'argomento. Così gli fa cenno di raccogliere la pistola e proseguire, che hanno già perso fin troppo tempo e lo sparo potrebbe aver attirato altri zombie, ma il ragazzo non gli dà retta. Si avvicina e lo bacia nuovamente (con più calma questa volta) e Nico pensa che Will si stia prendendo un po' troppe libertà. Ma scopre che non gli dispiace.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Lights will guide you home ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Lights will guide you home
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: malinconico
Avvertimenti: au, oneshot, fantasy au, medieval au
Promptluci nella notte di Alexiel Mihawk
Note: oh, un aggiornamento di kuma_cla! (non se ne sentiva il bisogno)
  • Sento di dover dare delle spiegazioni. Ciò che segue è una cosa metà strada tra un fantasy medievale a tinte cupe e il delirio di una che alla notte non riesce a dormire. Siccome questo dovrebbe essere un drabble fest, ho cercato di limitarmi, ma comunque è venuta una cosa più lunga del dovuto. È tutto volutamente vago e ho allegramente unito atmosfere medievali (il monastero e l’armatura da cavaliere) a riferimenti mitologici (il dio è ovviamente Apollo e i suoi fedeli ne riflettono le varie nature: sacerdote, guaritore e guerriero). La guerra può essere intesa come un richiamo a Crono e a Gea oppure no. Will e Nico sono un po’ OOC, ops.
  • La storia è stata scritta in occasione del I Should Be At The JIB Drabble Weekend indetto dal gruppo facebook We are out for prompt.
 
 



 
Lights will guide you home

 
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you
(Coldplay, Fix you)


La prima volta che le vede, Nico ha smarrito la strada da così tanto tempo che gli sembra di camminare nell'oscurità da sempre ed è così stanco, così abituato al buio che quasi non si accorge di loro. Ma le luci sono lì. Sono lontane, forse a un'ora di distanza, forse a un giorno, e sono dei bagliori tremuli che la notte cerca di soffocare, ma sono reali e Nico non ha nulla da perdere – tutto da guadagnare.
Decide di seguirle.
 
Si sveglia all'improvviso e non ha ancora aperto gli occhi, ma sa che c'è un intruso. Lo sente muoversi nella stanza, troppo vicino a lui, e automaticamente la mano corre al proprio fianco, senza però trovare ciò che sta cercando.
«Tranquillo, la tua spada è qui» dice l’intruso «Da quando sei arrivato, hai dormito per tre giorni».
Impiega qualche secondo di troppo a mettere a fuoco l’interlocutore, gli occhi ormai abituati al buio, ma alla fine distingue chiaramente una spettinata zazzera bionda.
«Uno dei fratelli credeva che tu fossi morto e mi ha mandato a chiamare, ma è evidente che eri solo molto stanco» gli spiega il ragazzo e le labbra si arricciano verso l'alto, sembra divertito.
«Immagino che avrai molta fame. Ti ho portato la cena» aggiunge poi, porgendogli un vassoio che Nico accetta senza dire nulla. Ha dimenticato l'ultima volta che si è nutrito, inizia a mangiare con foga perché scopre di avere fame, tanta fame.
Sente l’altro muoversi nella stanza, la tunica dei monaci che fruscia attorno alle sue gambe, e sente anche che gli dice qualcosa («Io comunque sono Will e studio per diventare guaritore»), ma non alza lo sguardo.
 
La prima volta che le accende, Will è solo un bambino, la guerra è appena iniziata e sua madre non lo ha ancora lasciato al monastero.
Inizialmente lo fa per aiutare suo padre a trovare la strada di casa.
Gli dicono che è inutile, che lui non tornerà, ma le candele rimangono accese, notte dopo notte, anche se l'uomo non fa ritorno – non lo farà mai.

È nella biblioteca e sta leggendo un antico manoscritto sulle tecniche di guarigione quando Rachel lo avvisa che il cavaliere nero – così lo hanno chiamato i monaci – se ne è andato.
Sono passati sette giorni da quando ha bussato alla porta del monastero e per tutto il tempo della sua permanenza non ha parlato, tanto che i suoi fratelli lo hanno creduto muto. Ma la quinta notte lo ha sentito lamentarsi nel sonno e pronunciare nomi e parole sconnesse.
Gli ha suggerito di fermarsi più a lungo, per guarire il suo spirito, e non si stupisce che l’altro non gli abbia dato retta, sembra una di quelle persone che non ascoltano i buoni consigli; per fortuna, la sera prima, ha riempito di cibo le bisacce della sua cavalcatura.
«Che ne pensi di lui?» chiede.
L’oracolo vaga con lo sguardo tra gli scaffali e Will sospetta che in quel momento non sia davvero lì con lui.
«Cammina con la morte» risponde dopo un po’ e poi, con tono più allegro, aggiunge «Saliamo? È pronto il pranzo».

*

La seconda volta che le vede, Nico ha una ferita che gli attraversa il fianco e la febbre brucia come l'inferno ormai da giorni. Bianca, che da sempre infesta i suoi incubi e anche le sue veglie, sembra reale come mai lo è stata da quando ha smesso di respirare.
È stato molte volte ad un passo dalla morte, la sua stessa esistenza è in bilico e in diverse occasioni è certo di essere stato più aldilà che aldiquà. Questa volta però è diverso, questa volta ha paura – e non sa perché.

Anche se le mani di Will sono leggere sul suo fianco e su ciò che resta della ferita che ha iniziato a guarire il giorno prima, quando è crollato all’ingresso del monastero, non può fare a meno di provare dolore. Impreca a denti stretti, stringendo i pugni.
«Vedo che quando vuoi sai parlare» commenta l’altro, proseguendo con impegno il suo operato – gli occhi chiusi, l’espressione concentrata, le mani ferme e calde. Quando termina i labbri della ferita si sono quasi richiusi, presto non avrà più bisogni di fasciature e sulla sua pelle resterà solamente un’altra cicatrice.
Si riveste lentamente, mentre Will sistema le ampie maniche della tunica che aveva arrotolato fino ai gomiti per curarlo e prende le bende sporche di sangue che ha appena cambiato.
Nella penombra della stanza i capelli biondi del guaritore catturano la luce delle fiaccole e si accendono di bagliori dorati; è bello.
«Nico» dice, senza aggiungere altro, prima che l’altro lasci la stanza.

La seconda volta che le accende, Will è in monastero e studia per diventare guaritore. Fuori dalle mura le ombre si allungano e il fumo delle pire funebri oscura un sole già pallido.
Uno degli altri ragazzi gli ha detto che ha un dono e che le sue mani sono benedette, che può salvare vite e lui non desidera altro, quindi studia e di notte accende altre candele. Per i suoi fratelli, perché facciano ritorno dalla guerra vivi.
Che è inutile, questa volta lo capisce da solo, e le candele vengono dimenticate accese.

Nico è così silenzioso e cupo che non si accorge subito della sua presenza, ma quando lo fa sobbalza e chiude di scatto il vecchio tomo che stava leggendo – uno dei libri proibiti che parla di tecniche di resurrezione e negromanzia – alzando una nuvola di polvere che gli solletica il naso e lo fa starnutire.
Il cavaliere nero si limita a guardarlo senza dire nulla come fa spesso, anche se ora conosce il suo nome. Ha imparato anche alcune cose su di lui, cose che ha scoperto da solo o che all’altro sono sfuggite o che il suo corpo ha rivelato.
Sa, ad esempio, che non è per niente mattiero e che appena sveglio ha un pessimo carattere (non che poi migliori durante la giornata). Sa che ama giocare a carte e che è curioso, anche se non fa domande.
A sue spese ha scoperto che non è facile prenderlo di sorpresa e che non è saggio provarci, se non si vuole finire con la testa separata dal resto collo – a lui la sua testa piace dov’è per cui non gli arriverà mai più alla spalle.
Sa anche che ha sofferto molto in passato e che sta ancora soffrendo, ma non è una cosa difficile da comprendere. Che è stato in guerra glielo dice l’armatura e alcune abitudini militari, ma che è che un combattente glielo rivela il corpo segnato da innumerevoli cicatrici – gli piacerebbe conoscere la storia di ognuna di esse, perché è certo che ce l’abbiano.
«Devi dirmi qualcosa?» gli chiede, ma Nico non proferisce parola e se ne va.
Will a volte non sa proprio da che parte prenderlo.

*

La terza volta che le vede, Nico non è ancora pronto ad ammettere a se stesso che le stava cercando.
 
Si sono lasciati il villaggio alla spalle ormai diverse ore prima e sebbene il monastero disti a poco meno di un giorno di cammino, preferisce accamparsi. Fosse da solo, proseguirebbe, ma sta scortando Will e anche se la guerra è finita, le ombre sono ancora lunghe.
«Puoi abbassare la guardia, non ci succerà nulla».
«Non puoi saperlo» replica lui, intenzionato a non separarsi dalla spada. La notte ha ormai inghiottito ogni cosa e il fuoco che hanno accesso illumina a mala pena i loro volti.
«Ho consultato l’oracolo prima di lasciare il monastero» rivela e vedendo che Nico non abbassa la guardia aggiunge «Rachel è brava».
E poi ancora: «Dovresti imparare a fidarti di più delle persone».
Inizialmente non risponde e ascolta la notte, ma è silenziosa, non ci sono né sospiri né grida.
«E tu dovresti smetterla di sfidare la morte».
«Non mi sembravi così contrariato quando ti ho salvato la vita».
Parlare con Will a volte è seccante e stancante, in più di un’occasione ha desiderato poterlo sgozzare per farlo tacere. In quel momento però sente di non potersi chiudere nei suoi silenzi – ha un debito da ripagare, in fin dei conti, una vita per una vita.
«Non mi riferisco a quello, lo sai» sospira «La gente muore ogni giorno» e aggiunge «Non puoi annullare la morte. È contro natura».
Fa una pausa, il ricordo di Bianca è così vivo e doloroso. È lì con lui e non se ne è mai andato: è così reale che gli sembra quasi di poter allungare la mano e sfiorarla, ma sa che se lo facesse incontrerebbe solamente ombre.
«E, soprattutto, non puoi riportare indietro chi è già morto».
«Fratello Asclepio però —» inizia Will, agitandosi sotto le pesanti coperte che ha portato con sé.
«È stato punito ciò che ha fatto» lo interrompe «Conosco anch'io la storia e so che non finisce bene».
L’altro rimane in silenzio ed è così strano non sentirlo parlare. Sente improvvisamente il desiderio di accertarsi che sia veramente lì con lui, che la notte non lo abbia inghiottito – non lo potrebbe sopportare, realizza.
«Lascia andare i fantasmi del tuo passato» aggiunge «È un consiglio che mi hai dato tu e che stranamente è buono. Dovresti seguirlo».
«Ehi, tutti i miei consigli sono buoni» replica Will «Lo hai seguito?»
«Ci sto lavorando».

La terza volta che le accende, Will lo fa per abitudine.
Ma nella luce di quelle candele c'è di nuovo un po' di speranza.
 
Osserva il monastero: è tutto ciò che conosce da diversi anni, da quando sua madre lo ha affidato alle persone che lo abitano – fratelli che venerano un dio di luce e praticano la pace e la guerra indifferentemente.
Nico gli ha detto che nella capitale non ci sono monasteri, solo templi di marmo e alabastro, e che quello del suo dio è rivestito d’oro; gli piacerebbe vederlo, un giorno.
Alle sue spalle l’altro si sta preparando per ripartire e quando si volta è già a cavallo. Nero il destriero, nera la spada e l’armatura, nero il cavaliere.
Le persone lo temono, lui ne è attratto.
Resta, vorrebbe dirgli.
«Torna» sussurra al vento.

*

Nico non ha ancora una casa e non ha trovato la pace che non sapeva di cercare, forse non la troverà mai, ma non vaga più nella notte senza meta. E dopo tanto tempo ha di nuovo un vessillo.
Bianca ogni tanto torna a trovarlo nei suoi sogni, che non sono più agitati come una volta, ed è sempre più pallida; è destinata a scomparire, a restare un ricordo e nulla di più. È giusto così.
«Il re mi ha affidato una missione».
Will porta ai polsi le bende sacre del suo dio e le sue mani benedette hanno smesso di sfidare la morte. Cura i feriti, allieva i dolori degli altri e studia ancora, ma non cerca più di riportare indietro chi ormai riposa nei capi Elisi.
«La strada la conosci».
Questa volta le luci le accendono insieme.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** We might be dead by tomorrow (Will/Nico) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: We might be dead by tomorrow
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: angst, triste, introspettivo
Avvertimenti: slash, au, post apocalittico!au
Prompt: Distopia!AU in cui il mondo è in rovina e la notte ogni tanto sembra durare per sempre
Note: non mi faccio viva da un po’ perché la combo esami + real life + influenza è bella tosta, ma non sono morta.
  • Il prompt è di Alexiel Mihawk, lasciatomi per il Fanfiction meme. Se volete partecipare non esitate e lasciatemi tanti prompt.
  • Allora, doveva essere una distopia!au ma non ce l’ho fatta, la notte che sembra durare per sempre mi ha sviata e sono ricaduta nel post apocalittico che mi piace tanto e su cui voglio scrivere di più. È molto probabile che a questa storia ne seguirà un’altra, p0rn; se riuscirò a scriverla (e se riuscirò a ficcarci un minimo di trama) sarà decisamente più distopica di quanto questa non lo sarà mai.
  • Il titolo è tratto dall’omonima, tristissima canzone che ho ascoltato mentre plottavo questa cosa.
  • Cosa importante: questa storia non è nuova, l'ho scritta e pubblicata mesi fa e originariamente si trovava nella raccolta L'età degli eroi. Ho deciso di spostarla perché vorrei che ci fosse un minimo di ordine tra le mie ff (illusa) e questa è una solangelo, una au e il titolo riprende la strofa di una canzone (come gli altri tre capitoli di questa raccolta insomma).
 
 
 
 
Notti più buie del buio e giorni uno più grigio di quello appena passato.
Come linizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo.
La strada, Cormac McCaarthy
 
 
Quando torna nella grotta a mani vuote, senza nemmeno un ramoscello con cui accendere un tiepido fuoco, trova i sacchi a pelo già stesi, uno accanto all’altro come ogni notte da più di due mesi ormai. Will si è infilato completamente vestito in quello più grande e lo stesso può sentirlo tremare. Lo raggiunge in silenzio, mettendo in tasca la torcia che gli ha permesso di ritrovare la strada. È uscito dalla grotta che il pallido sole ancora illuminava i suoi passi ed è rientrato che la notte aveva ormai oscurato ogni cosa. Una notte cieca, che sembra non debba più andarsene, e fredda come è fredda la morte.
 
Non è mai stato un amante del contatto umano. O forse sì, non lo ricorda più; forse un tempo è stato un bambino normale, ma quei giorni sono finiti molto tempo prima e ciò ne che resta a volte va a trovarlo quando dorme. Ma sono sogni e i sogni non contano, non gli riempiono la pancia, non gli riportano in vita Bianca. Il contatto umano è una cosa a cui ha rinunciato senza soffrire, che non gli manca, che non gli serve. È questo quello che si ripete mentre entra nel vecchio sacco a pelo appartenuto a qualcuno più alto di lui. Però poi avverte il respiro di Will sul suo collo e qualcosa all’altezza del petto si scioglie. È piacevole.
 
Lo ha trovato che cercava di farsi ammazzare. Erano da qualche parte tra Nashville e Memphis e correva con il suo giubbotto giallo tra le macerie di un piccolo centro abitato; alle calcagna aveva tre mastini. Altri tre abbaiavano a un chilometro di distanza agganciati ad una sbarra di ferro e accanto a loro stava un uomo che sembrava uno scheletro. Il ragazzo era veloce, ma i cani guadagnavano terreno.
Inizialmente aveva pensato di girarsi e continuare per la sua strada; stava per farlo quando qualcosa lo aveva fermato e lo aveva spinto ad usare tre delle cinque pallottole che gli restavano. Più tardi avrebbe capito che quel qualcosa era lo sguardo del ragazzo. Will era vivo. Non come lo era lui o come poteva esserlo l’uomo che gli aveva sguinzagliato contro i cani. Will era vivo.
In seguito è rimasto con lui, non che lo avesse voluto all’inizio, anzi, ha cercato di allontanarlo. Ha sempre viaggiato da solo e non ha mai amato la compagnia, soprattutto se questa implica occhi troppo azzurri e sorrisi troppo luminosi – come può sorridere, si chiedeva? Ma Will, ha scoperto presto, non è solo chiacchierone e ottimista, è anche testardo.
«Vai a Nuova Roma? Ci vado anch’io, facciamo la strada insieme».
E semplicemente un giorno ha smesso di considerarlo un peso e ha iniziato a cercarlo con lo sguardo per assicurarsi che stesse bene – e che fosse davvero lì, che la sua non fosse tutta un’allucinazione. Ma le mani sulla sua spalla erano reali e tiepide.
«Perché non mi hai detto prima che eri ferito?! Rischi un’infezione. In ogni caso, sei fortunato: ho studiato medicina alla Hopkins».
E lo era anche il corpo accanto il suo la prima notte che Will ha accostato i sacchi a pelo.
«Calore umano, Nico. Fidati, non ti ucciderà».
 
Rimane sdraiato in ascolto, ma non ode altro suono che non sia il respiro regolare di Will. A volte la notte può essere silenziosa, così silenziosa che non sai più se sei vivo o morto, altre volte è lacerata da urla agghiaccianti e a nulla serve tapparsi le orecchie, altre ancora i rumori che sente sono solo i suoi incubi che gli ricordano chi ha perduto e come ha fatto a sopravvivere. Quella notte c’è solo il respiro di Will, è una buona notte.
Si gira nel suo sacco a pelo fino a fronteggiare il ragazzo. L’oscurità è cieca e impenetrabile, tenere gli occhi aperti o chiuderli non fa alcuna differenza, ma non gli serve la luce per vedere l’altro: lo ha osservato a lungo nelle ultime settimane e ricorda con esattezza i lineamenti regolari del suo volto.
Non è sicuro di quando sia accaduto, ma un giorno si è reso conto che Will Solace, nonostante quel ridicolo giubbotto giallo che lo rende un bersaglio facile in un mondo in cui tutti i colori sono sfumati nel grigio, è davvero bello. La prima volta che lo ha visto a petto nudo si è accorto che ha anche una corporatura atletica: la fame ha lasciato segni sul suo corpo, ma non lo ha reso un mucchietto di ossa come ha fatto con lui.
Realizza che avrebbe voluto incontrarlo prima.
Prima che il mondo finisse, prima della morte di Bianca, quando il sole era una certezza e le notti non duravano giorni, quando Nico Di Angelo ricordava come si ride e cosa vuol dire vivere. Non ora, che è solo l’ombra di se stesso e il mondo è in rovina. Non adesso, che potrebbero essere morti entro domani, con la fame che attanaglia lo stomaco e il freddo che scava fino alle ossa e il buio che annulla ogni cosa.
 
Nello stomaco non ha nulla se non la fame che lo consuma piano da dentro e negli occhi l’oscurità di un mondo senza più dio, ma nelle orecchie ha il suono lieve del respiro regolare di Will ed è quanto basta per sentirsi un po’ meglio – un po’ vivo.
Nel silenzio della notte le labbra di Nico trovano quelle di Will.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Living like we're renegades ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Living like we're renegades
Coppia: Will/Nico
Rating: giallo per sicurezza
Genere: angst, introspettivo
Avvertimenti: linguaggio! (circa), tematiche delicate (ma proprio accennate), In the flesh au
Note: eccomi di ritorno con una solangelo
  • Storia scritta per la XIV week dell'inziativa PJO Ship Weeks Italia indetta dal CampMezzosangue.
  • È il seguito di questa storia con Chris e Clarisse. In the flesh è un telefilm bellissimo sugli zombie in cui esiste una cura che permette alle persone infette di tornare umani. Se non lo avete mai visto shame on you e correte a vederlo (in ogni caso questa ff e anche l'altra possono essere lette come delle generiche zombie au, ricordatevi solamente che PDS sta per sindrome da decesso parziale che indica la condizione di si è risvegliato ma poi è guarito).
  • Alcune precisazioni: Nico si è ovviamente suicidato inseguito alla morte di Bianca (che però non si è risvegliata). Nel telefilm esiste una droga chiamata Blue Oblivion (God bless Arianna per aver ricordato il nome) che riporta gli zombie allo stato di famelici.
  • Non sono riuscita ad inserirlo, ma a trovare la cura è stato Apollo e Will ha la casa a sua disposizione perché il padre è sempre in laboratorio a perfezionare la formula e ad effettuare esperimenti. Sempre non detto, ma nell'headcanon di questa au Lee e Michael sono morti a causa degli zombie/sono morti e non si sono risvegliati/si sono risvegliati e sono stati uccisi; insomma, sono morti.
  • Il titolo è una strofa della canzone Renegades degli X Ambassadors.
 
 
 
 
Living like we're renegades
 
 
Steso a letto, immobile e solo, Nico osserva il soffitto sopra di sé.
Will si è già alzato da un pezzo; Will si sveglia sempre presto e occasionalmente prova ancora a fargli seguire il suo esempio. «Chi dorme non piglia pesci» gli dice oppure «Il mattino ha l'oro in bocca» o altre cazzate del genere a cui non ha mai dato retta prima, quando effettivamente dormiva, e a cui non intende prestare ascolto ora. Il ragazzo, diciotto anni e un ottimismo che proprio non riesce a comprendere data la quantità di merda che la vita gli ha riservato, sembra non prestarci attenzione e insistere di tanto in tanto. È cocciuto. Per quanto gli riguarda, anche lui può esserlo.
Se rimane a fissare il soffitto, comunque, non è per testardaggine o pigrizia.
Ci sono giorni (e questo è decisamente uno di quelli) in cui, più degli altri, pensa che sia sbagliato, contro natura quello che condividono. Will si merita di meglio, una vita alla luce del sole e non un'esistenza da rinnegato, qualcuno di caldo al suo fianco, di umano. Lui, invece, non si merita nulla, sicuramente non Will, i suoi baci, le sue carezze, i suoi sorrisi e le sue parole gentili. Cosa ha fatto per guadagnarsele? Assolutamente nulla. Tutto sbagliato, quello che c'è tra di loro.
In giorni così non vorrebbe nemmeno alzarsi dal letto (con quale scopo?), in giorni così vorrebbe essere morto o trovare il coraggio per morire, di nuovo. In fondo lo ha già fatto e senza rimpianti, perché ora dovrebbe essere diverso? Perché questa volta non ci sarebbe alcun ritorno. E allora? Quando si è tolto la vita, non aveva certo in programma di risvegliarsi nella propria bara; quando si è suicidato, voleva solo morire. Se lo facesse ora, almeno ne avrebbe la certezza. Quindi perché esitare, perché rimandare, perché restare in quella casa, tra le lenzuola sfatte di un letto ormai freddo senza il corpo di Will a scaldarlo? Cosa lo trattiene? Cosa lo spinge a trascinarsi in quello stato? Né morto né vivo.
È come se qualcuno gli avesse dato l'opportunità di fare le cose bene; ritenta, sei ancora in tempo. Ed è da stupidi rifiutare le seconde occasioni, lo sa bene e lui è molte cose ma non uno stupido; forse è per questo che non riesce ad uccidersi questa volta, perché tutti vogliono una seconda occasione per fare le cose bene, per vivere, per aggiustare le cose, per rimediare ai propri errori, per essere felici e lui non è da meno. Solo che non sa come si faccia ad essere felici. Così è bloccato in quel limbo, né morto né vivo, un adolescente affetto da PDS. Bella merda.
Stanco di fissare il soffitto, si volta e lo sguardo si posa sul suo comodino.
L'alternativa è più allettante, riposa sul fondo del primo cassetto da diversi mesi, e in giorni come quelli la tentazione di cedervi è davvero molto forte.
Osserva le venature del legno, si vede allungare il braccio o e aprire il cassetto. La sua mano bianca, morta, sa dove cercare e l'istante dopo ce l'ha nel palmo. È una pastiglia tonda, la ingoia. La droga fa subito effetto. Nico si vede di nuovo per le strade, nei boschi, tra la nebbia: la fame come unico istinto. Non è bello ma è più facile.
Dalla cucina proviene, improvviso, il rumore del bollitore; il fischio si insinua nella sua mente e interrompe il flusso di pensieri, riportandolo alla realtà.
C'è Will nell'altra stanza, questo è il primo e unico pensiero che formula. Will che gli ha teso una mano quando nessun altro voleva avere a che fare con lui, che lo ha accolto in casa sua e lo ha sempre trattato come una persona e non come un mostro o un malato; una persona, un ragazzo, un adolescente. La prima volta che lo ha baciato e lui si è scostato, chiedendogli se fosse impazzito, Will si è scusato. «Credevo di piacerti. Dimentica» gli aveva detto, tenendo lo sguardo basso, e Nico aveva dovuto ammettere che aveva ragione — «Mi piaci. Ma sono affetto da PDS». «E allora?» si era sentito rispondere e a quel punto era toccato a lui baciarlo, perché che altro puoi fare se il ragazzo che ti piace ti dice una cosa simile?
Will che si occupa delle sue iniezioni (e lo fa con delicatezza, timoroso di fargli male), che lo abbraccia quando i ricordi di quando era famelico si fanno più vividi e che gli mette in mano la pila del bucato o l'aspirapolvere — «Beh, non penserai mica di non fare nulla tutto il giorno?»
Sempre Will, che gli propone maratone di film e serie tv e che non gli dà mai tregua, facendolo innervosire e, più spesso di quanto gli piaccia ammettere, anche ridere.
 
Si affaccia alla porta della cucina in cui solo qualche giorno prima Clarisse ha lasciato Chris. Sul tavolo ci sono una tazza e un laptop acceso e Will sta leggendo una rivista scientifica on line. Non appena lo nota, alza il capo e gli rivolge un sorriso gentile e caldo, luminoso.
Anche per quel giorno Blue Oblivion rimane sul fondo del cassetto.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** You’re no good for me / But baby I want you ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: You’re no good for me / But baby I want you
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: commedia, un po' triste 
Avvertimenti: flash fic (557 + 345 w), modern au
Prompt: muro; fare una fotografia ad un amico finito dietro le sbarre
Note: nuovo aggiornamento ma non abituatevi, probabile che dopo questo io sparisca per un po’ (sebbene sia sempre attiva sul profilo fake di fb)
  • Storia scritta per la XIV week dell'inziativa PJO Ship Weeks Italia indetta dal CampMezzosangue.
  • Storia scritta per La corsa delle 48 ore un’iniziativa indetta dal forum Torre di Carta.
  • Il titolo proviene da Diet Mountain Dew di Lana Del Rey
  • Mi sono dovuta trattenere perché il bando di Torre di Carta parlava di flash fic e con la prima stesura avevo realizzato una OS. Ho risolto dividendo il testo in due parti e usando due prompt; mi rendo conto che è una soluzione un po’ tirata ma di più (o meglio, di meno) non sono riuscita a fare. Quando si tratta di solangelo chi mi ferma più (potendo infatti avrei scritto ancora). Questo comunque è quanto e non mi pare ci sia nulla da precisare, non ci sono headcanon particolari e nemmeno spoiler. Se trovate errori fatemelo notare, grazie.
 
 
 
 
You’re no good for me / But baby I want you
 
 
Seduto su una delle due panche della cella, Will si controlla la mano. La apre con cautela e poi flette le dita, aspettandosi fitte di dolore che non arrivano e constatando che fortunatamente non ha nulla di rotto. Sarebbe potuto essere un bel guaio dato che conta sulle sue mani per guadagnarsi da vivere una volta che avrà ottenuto la laurea e ha sentito storie di chirurghi che hanno perso il loro tocco magico a causa di qualche falange rotta e maldestramente sistemata.
In retrospettiva, quindi, non una delle sue idee migliori prendere a pugni quel tipo (come diamine gli è venuto in mente?!). Anche se non si è fatto male è stato arrestato. Lui, che in ventitré anni di vita non ha mai avuto problemi di nessun genere con le autorità e che molto presumibilmente non ne avrebbe mai avuti.
Si passa l’altra mano sul collo, fissando il muro ammuffito e storcendo il naso, e si chiede quanto tempo passerà prima che i suoi amici e la sua famiglia vengano a sapere dell’accaduto di quella sera. Non tanto perché è finito in cella (se ne farebbero una ragione e ci scherzerebbero) quanto piuttosto per le circostanze che lo hanno portato lì dov’è – per la persona con cui si trovava.
Già molte delle sue conoscenze non vedono di buon occhio Nico Di Angelo e il fatto che lui continui a frequentarlo nonostante gli stia stato più volte ricordato che quel ragazzo è una compagnia da evitare. Un’infanzia turbolenta, la madre che muore in un incidente e il padre che non lo riconosce, l’orfanotrofio e le prime case famiglia, la sorella che scappa e che finisce sul tavolo di un obitorio, altre famiglie affidatarie, nessuna disposta a portare a termine l’adozione, le cattive frequentazioni: Nico Di Angelo è una calamita per le tragedie e i guai e il suo carattere schivo e scontroso non lo aiuta ad integrarsi. Persino Clarisse lo ha avvisato di stare attento e una raccomandazione del genere, fatta da lei che si è costruita una reputazione da bulla e prepotente infilando nella tazza del cesso le teste dei suoi compagni di classe, è ridicola.
Riconosce che Clarisse, in anni di insospettabile amicizia, non lo ha mai messo nei guai (e al contrario ha fatto in modo che nessuno gli desse fastidio durante gli anni del liceo quando era confuso sulla sua sessualità, cosa di cui le sarà eternamente grata) e che invece frequentare Nico lo ha portato in una cella puzzolente, ma non è quello il punto. Chiunque avrebbe reagito come ha fatto quando quel tipo ha iniziato a infastidire Nico (Clarisse lo avrebbe gonfiato di botte e spedito all’ospedale). Il punto è che la gente inizierà a dire che Di Angelo ha una cattiva influenza su di lui, il che è falso, lo sa lui e lo sa Nico, ma questo spingerà il ragazzo ad allontanarsi («Per non rovinarti la reputazione» gli ha detto tempo fa con tono ironico ma senza sorridere) e questa è l’ultima cosa che Will vuole.
Ci tiene a lui. All’inizio era solo un interesse nato per caso, poi è diventata una sfida (il fatto che tutti gli dicessero di stargli alla larga e che l’altro lo evitasse lo hanno spinto a cercarlo con più insistenza) e ora è qualcosa di completamente diverso – se ne sta innamorando.
 
Ha i gomiti appoggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani e sta rimuginando su come pochi istanti di avventatezza lo abbiano trascinato in quella spiacevole situazione, quando si sente chiamare da una voce familiare. Alza il capo e scopre che dall’altra parte delle sbarre c’è Nico. È felice di vederlo, anche se non capisce bene cosa ci faccia lì. Inoltre per il loro primo incontro dopo la rissa si aspettava uno sguardo accusatore da te lo avevo detto che facevi meglio a non starmi attorno, ma forse ha un’espressione così stravolta che l’altro ha deciso di posticipare il discorso a più tardi (cosa che a lui va più che bene) e ora lo fissa con i suoi occhi scuri senza lasciar trasparire emozioni. Will non è ancora bravo nel riconoscere gli umori del ragazzo e spesso si domanda a cosa stia pensando, ma in quel momento gli sembra che lo stia controllando, come per accertarsi che stia bene.
«Che ci fai qui?» chiede alzandosi.
«Ti ho pagato la cauzione» spiega l’altro, prendendo il proprio telefono dalla tasca della giacca di pelle. La cauzione, giusto, non ci aveva nemmeno pensato.
«Cosa fai?»
«Immortalo il momento per i posteri» replica.
In un’altra occasione apprezzerebbe l’aria vagamente divertita di Nico e la risata che non riesce quasi a trattenere (un evento assai raro che meriterebbe di essere documentato ben più della sua faccia dietro le sbarre), al momento però non desidera produrre memorie digitali della sua presenza nella centrale di polizia e quando la serratura scatta è profondamente grato all’agente che lo sta rilasciando.
«Pensa a quanto si alzerà la tua reputazione da duro» gli dice Nico mentre stanno uscendo, dopo che hanno recuperato i suoi averi e firmato alcune carte. Will tiene le mani nelle tasche del vecchio giubbino di jeans di uno dei suoi fratelli e lo precede di qualche passo, ansioso di mettersi alle spalle quella spiacevole avventura.
L’aria fresca della notte è un toccasana per i suoi nervi (e anche per le sue narici).
«Non credere che non lo abbia già fatto».

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Sleeping with ghosts ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Sleeping with ghosts
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: angst, commedia, sentimentale, introspettivo
Avvertimenti: modern au, oneshot, medium!Nico, ghost!Will
Prompt: #94 X è un medium e Y un fantasma!au
Note: ogni tanto ritorno. La storia non è esattamente come contavo venisse, ma non mi dispiace quindi tiè, beccatevela.
  • Il prompt è quello della challenge 100au del CampMezzosangue, mentre l'idea di far lavorare Nico in una casa coloniale dell'orrore viene un prompt che littledarkrin aveva lasciato per la PJShipWeeks.
  • Il titolo proviene dall'omonima canzone dei Placebo.
  • La figura di Hazel in questa storia è ispirata a quella di Blue Sargent (The Raven Cycle). Forse scriverò un seguito, forse no. L'idea è quella che Hazel riesca ad amplificare le cose, in questo caso Will e il suo corpo. 
  • Ultimante io e le storie lunghe siamo un po' meh. Questo non significa che abbia perso l'ispirazione o l'interesse per fandom, anzi. Ma è più probabile trovare aggiornamenti qui (Miscellanea; come dice il titolo: raccolta di cose a caso brevi) e qui (Fahrenheit 32; missing moments e future fics di In città zero gradi).
  • Ultima cosa: è in corso una nuova iniziativa, la Sping Shower. Cosa state aspettando? Partecipate!


 

1. Will

La regola numero uno (ex numero due e salita al prima posto dopo che non parlarmi non guardarmi non toccarmi è stata cancellata ancora mesi prima) di una ridicola lista stilata dal suo coinquilino è non entrare in camera mia.
Will fissa ancora per qualche secondo la porta chiusa non perché abbia paura di infrangere uno dei divieti (in quei mesi di convivenza li ha infranti tutti almeno una decina di volte) ma perché sta valutando se Nico meriti di essere svegliato o se piuttosto essere lasciato dormire. Alla fine decide che è il caso di farlo alzare.
Per quanto ci provi, non riesce proprio ad essere un fantasma dispettoso e rancoroso.
Passare attraverso le cose non gli piace, per questo la porta del bagno e dello sgabuzzino sono sempre aperte. Quella della camera di Nico, invece, è sempre chiusa – come se bastasse quello a scoraggiarlo dall'infrangere la regola numero uno. Non gli piace, è vero, ma non per questo a volte, come in quel momento, non lo fa.
Dall'altra parte è buio e solo alcuni deboli raggi di sole filtrano dalle tapparelle abbassate. Si avvicina al letto, il piede che pesta e attraversa la sveglia caduta sul pavimento, e con un sospiro inizia a chiamarlo.
Nico impiega un po' di tempo per reagire e quando lo fa è all'apice della sua insofferenza e del suo cattivo umore. Quando capisce cosa sta accadendo gli lancia uno dei cuscini, che evita, e poi un altro, che non evita.
«Ehi! Che modi sono?!»
«Vaffanculo Solace. Cosa ci fai in camera mia? Ti avevo detto di non entrare».
«Sono venuto a svegliarti, è tardi» replica e se fosse ancora vivo si starebbe mordendo l'interno della guancia per non rispondergli male. Lo conosce ormai da mesi e lo trova anche piuttosto divertente, ma ci sono momenti in cui il suo carattere scorbutico sfida la sua pazienza.
«Perché? Che ore sono? Se stai cercando ancora una volta di –»
«Quasi mezzogiorno».
«Cosa?!»
«Ti avevo detto che uscire a bere una birra con Percy Jackson non era una buona idea e che rientrare tardi era ancora peggiore».
Non appena finisce la frase se ne pente. Primo perché Percy Jackson non è un argomento di cui discutere con un Nico appena svegliato e in ritardo per il lavoro. Secondo perché non aveva intenzione di suonare così petulante e risentito. Se Nico vuole uscire a prendere una birra con un suo amico di infanzia (storica cotta) e rientrare tardi è perfettamente libero di farlo (come ha effettivamente fatto). Ha venticinque anni, è adulto, non deve rendere conto a nessuno delle sue azioni, tanto meno a lui. Non vuole essere quel tipo di coinquilino, amico, qualsiasi cosa sia geloso – anche se, in effetti, lo è. 
Nico, comunque, non sembra averlo ascoltato.
«Perché non mi hai svegliato?!» gli domanda accedendo la luce e scoperchiando il letto con urgenza.
«Credo di capire come si senta la madre di un figlio adolescente ingrato».

Sono passati quattro giorni da quando Nico ha rivisto Percy Jackson e ovviamente non si è lasciato scappare neanche una mezza parola su come sia andata la serata. Will pensa di non aver mai detestato così tanto la riservatezza dell'altro e la sua curiosità, per non parlare del suo dispensare buoni consigli.
Quando per la prima e unica volta gli ha parlato di questo Perseus lo ha ascoltato in silenzio, grato per quel momento di intimità, e poi gli ha detto «Penso che dovresti smettere di scappare e affrontare Percy Jackson. Potrebbe stupirti». A distanza di mesi rimpiange di aver aperto bocca. A distanza di mesi il pensiero che potrebbe averlo buttato tra le braccia di un altro lo tormenta. A distanza di mesi si detesta perché non ha alcun diritto di sentirsi così. Dovrebbe essere un buon amico (o coinquilino o quello che è) ed essere felice per lui, non geloso.
«Avanti» gli dice Nico di punto in bianco mentre stanno guardando Daredevil.
«Eh?»
«Lo so che stai morendo dalla voglia di chiedermelo» continua senza distogliere lo sguardo dallo schermo e mettendo in pausa il telefilm «Per cui avanti, chiedi».
Se fosse ancora vivo, probabilmente il suo cuore avrebbe appena perso un battito: Nico gli ha dato il permesso di fare una domanda personale (uno dei divieti presenti nella lista).
A questo punto non è più nemmeno sicuro di voler sapere la risposta perché e se si sono messi insieme o qualcosa del genere? Percy ha una fidanzata storica, ma se avesse cambiato idea? Insomma, si sta parlando di Nico di Angelo: non una bellezza convenzionale (e nemmeno un carattere facile), certo, ma comunque una bellezza. A volte è quasi grato di essere morto, perché se fosse ancora vivo non riuscirebbe a stargli così vicino o a parlargli senza arrossire e balbettare e tradire i suoi sentimenti. Quasi. Perché essere stato investito ed essersi risvegliato sopra il proprio cadavere fa schifo.
«Com'è andata con Percy?» chiede alla fine e spera che l'altro non noti l'incertezza, l'incredulità e il timore nel tono della sua voce.
«Bene» replica «Abbiamo parlato».
Will, che ha iniziato a conoscere il ragazzo e i suoi tempi, sa che il racconto non è ancora terminato e attende in silenzio il seguito.
«Ha chiesto ad Annabeth di sposarlo e lei ha accettato».
Altra pausa.
Foggy resta immobile sullo schermo.
Lui resta in attesa. Se fosse ancora vivo starebbe trattenendo il respiro.
«Gli ho detto che sono gay. E che è stato il primo ragazzo di cui mi sono innamorato. E che l'ho superata e che in fondo non è nemmeno il mio tipo».
Altro silenzio, ma questa volta il racconto è finito. Nico schiaccia il tasto play e Foggy riprende a camminare e a parlare. Se fosse ancora vivo, Will avrebbe ripreso a respirare.

Da quando Nico si è trasferito essere morto non è più così brutto. Certo, sarebbe stato meglio essere ancora vivo, però Will il bicchiere l'ha sempre visto mezzo pieno o almeno ci ha sempre provato. Quindi anche adesso si concentra sulle cose positive, un atteggiamento che da mesi sta cercando di trasmettere al suo coinquilino. Senza molto successo, a dire la verità, ma la speranza è l'ultima a morire.
«Non può essere così terribile».
«Ci sarà anche Demetra. Terribile è riduttivo».
«Però rivedrai Hazel. Non sei felice di rivederla?» insiste, ricevendo in risposta un sì borbottato «Guarda il lato positivo e lascia perdere tutto il resto».
«Quanto sei seccante».
Gli sorride e gli raccomanda di divertirsi mentre lo accompagna alla porta. Nico si è trasferito lì alla fine di luglio e fino ad ora è uscito di casa solo per andare a lavoro. Quella è la prima volta che si assenterà per diversi giorni e Will all'improvviso si ritrova a dover ricordare a se stesso che il bicchiere è mezzo pieno e non mezzo vuoto. È difficile. Si concentra sul fatto che Nico tornerà dalla sua famiglia e che questa è una cosa positiva. Gli rivolge un altro sorriso di incoraggiamento per convincerlo ad andare e per convincersi che vada tutto bene.
«Allora io vado».
Annuisce.
Non andare non andare resta non abbandonarmi ti prego non lasciarmi solo.
«Vai!» ribatte e se avesse ancora un corpo lo spingerebbe fuori di casa.
«Non entrare in camera mia» gli ricorda Nico prima di uscire, poi la porta si chiude alle sue spalle e Will è solo.
Sono solo pochi giorni, si ripete guardandosi attorno. Giusto il tempo di festeggiare il Natale e poi torna. Solo pochi giorni. Sei rimasto da solo per anni. Cosa sono in confronto pochi giorni?
Inizia a tenerne il conto rannicchiato sul letto di Nico.

 

2. Nico

Se ci pensa fa quasi ridere. Nella casa coloniale presso cui lavora e in cui si sono consumati sanguinosi delitti non c'è l'ombra di un fantasma. Nel suo nuovo appartamento, invece, sì.
Quasi. Perché quella è sua dannatissima vita, non una puntata di Ghost Whisperer e lui non ha tempo da perdere.
«Solace, ti vuoi muovere?!» sbotta davanti la porta chiusa «Avanti, sbrigati!» insiste «Ma si può sapere che stai facendo in bagno? Sei morto! Morto!»
«Non serve agitarsi tanto e ricordar–» replica Will uscendo dalla stanza, ma Nico non lo ascolta nemmeno e si precipita in bagno attraversando il corpo del fantasma.
«Che rude!» lo sente dire dall'altra parte della porta e si chiede come abbia fatto a finire così. Uno passa anni ad ignorare la gente morta per cercare (senza troppo successo) di portare un po' di tranquillità nella propria disastrata vita e di sembrare meno strano agli occhi del mondo e poi basta cambiare casa per vanificare ogni sforzo.
Una volta era diverso. Quando era piccolo gli piaceva parlare con i fantasmi e aiutarli se poteva. All'inizio non li distingueva nemmeno dai vivi, poi ha imparato. Poi Bianca, la sola che all'epoca gli aveva creduto, è morta e l'unico fantasma di cui aveva bisogno non si è presentato.
Da un'altra stanza, probabilmente dalla cucina, Will gli ricorda di fare colazione prima di andare a lavoro e Nico si passa le mani sul volto. Non ha proprio idea di come abbia fatto a finire così: una lavoro molto al di sotto delle sue potenzialità (come in famiglia amano ricordare) e un appartamento (e forse qualcosa di più) condiviso con il fantasma più seccante che abbia mai avuto il dispiacere di incontrare.

Ha smesso da tempo di entusiasmarsi per il proprio compleanno, in fondo non è che un giorno come un altro e un costante promemoria che lui sta invecchiando mentre Bianca no. Will ovviamente non la pensa allo stesso modo, figuriamoci, e prende quasi come un affronto personale il suo non voler festeggiare.
Ha la netta sensazione che se avesse ancora un corpo gli starebbe preparando una torta e il pensiero lo rallegra e lo intristisce allo stesso tempo perché fa male ricordare che una volta anche Will era fatto di carne e sangue e poteva toccare le cose (le persone) senza passarci attraverso. Non sa esattamente quando ha iniziato a fare male, probabilmente tra un litigio e una risata, ma ha iniziato e ora fa dannatamente male – così tanto che vorrebbe strapparsi il cuore dal petto. Pensava, sperava di non dover provare più nulla di simile. Poi gli è capitato tra capo e collo Will La mattina ha l'oro in bocca Solace e ha provato, lui davvero ci ha provato all'inizio, a tenerlo lontano, a non conoscerlo, a non ridere alle sue battute, a non seccarsi per i suoi rimproveri, a non farlo entrare nella sua vita (nel suo cuore), ma ha evidentemente e clamorosamente fallito.
«Cos'è quel muso lungo?!» gli domanda il fantasma «È il giorno del tuo compleanno, non puoi essere triste. Te lo proibisco».
«Me lo proibisci?» ribatte alzando un sopracciglio. Fantasma o meno, Will è una delle poche persone che conosce che non si fa problemi a prenderlo di petto. Non lo tratta come un pazzo o un essere delicato, non ha paura di lui (disgraziatamente), non si gli muove attorno con circospezione come se fosse sul punto di esplodere o qualcosa del genere. Will lo affronta, gli tiene testa (o ci prova) e Bianca era come lui.
Per un istante l'altro si blocca, allarmato dal suo sguardo, poi ripete «Sì, te lo proibisco» e Nico trova che sia quasi divertente.

Ci sono momenti (e questo è uno di quelli) in cui si chiede cosa ci sia di sbagliato in lui. Perché deve esserci. Per forza.
Bianca diceva che era speciale, perché vedeva cose che gli altri, che nemmeno lei, erano in grado di vedere; che il suo era un dono. Le persone dicevano che era strano, probabilmente malato; che tuttalpiù la sua era una maledizione.
A Bianca non importava se gli piacevano i maschi piuttosto che le femmine, a lei bastava che lui fosse felice. Alla persone, invece, importava eccome.
Razionalmente Nico sa che non c'è niente che non vada in lui (tranne forse il vedere i fantasmi). Il desiderio, però, di essere normale, nella media, ordinario lo colpisce a tradimento ancora una volta. Non è più un adolescente insicuro e stravolto dalla morte della sorella, quel Nico appartiene al passato. Ma basta così poco per farlo riaffiorare. Come ad esempio una spruzzata di efelidi sotto un paio occhi blu.
Perché non può avere una vita tranquilla e regolare? Perché deve essere in grado di vedere cose che gli altri non vedono? Perché non possono piacergli le ragazze?
A pochi passi da lui Will ride e con lui sembra farlo l'intera stanza. Quando è felice è come se lo fossero anche le cose che lo circondano.
Perché non può piacergli un ragazzo qualsiasi vivo?
La risata del fantasma lentamente si spegne.
«Cosa c'è?»
«Niente».
«Non è vero» ribatte Will. Sembra così tranquillo e rilassato, sembra uno che lascia perdere e invece è uno che insiste e lotta. Infatti aggiunge: «Non mi piace quando menti».
È anche diretto. È uno che, a differenza di lui, sa usare le parole e sa cosa dire. È paziente e non lo lascerà andare fino a quando non gli avrà risposto.
Potrebbe mentirgli e potrebbe perfino farla franca. È un abile bugiardo e Will ha troppa fiducia negli altri. Potrebbe, sì, potrebbe.
«Vorrei averti conosciuto prima» gli dice invece e continua «Vorrei -»
«No» lo interrompe «Ti prego, non continuare».
«Volevi la verità» gli fa notare «E la verità è che vorrei poterti baciare».
Poco prima Will stava ridendo ed ora è come se gli avessero appena strappato il cuore dal petto. Lo sguardo che gli rivolge è come se avessero appena spento il sole.
«Lo vorrei anch'io» sussurra il fantasma, allungando una mano per sfiorargli una guancia. Ma le dita attraversano la sua pelle e il braccio di Will ricade contro il fianco.
«Lo vorrei anch'io» lo sente bisbigliare ancora.

 

3. Hazel

Il nuovo appartamento non sembra molto grande, ma è curato e pulito. Da suo fratello non si aspettava niente di meno e lasciando le scarpe e il piccolo trolley all'ingresso avanza fino alla cucina che intravede in fondo alla sala.
Sta appoggiando la borsa della spesa sul bancone che separa le due stanze quando si accorge che davanti il piano cottura c'è un ragazzo. È alto e biondo e non si aspettava di trovarlo in casa. Non si aspettava di trovare nessuno.
All'inizio quindi è sorpresa e anche un po' imbarazzata, perché sa che Nico è gay e per lei questo non è un problema, ma non hanno mai parlato molto della sua vita sentimentale né lo ha mai visto in compagnia di qualcuno. Ed ora c'è un bel ragazzo nella cucina di suo fratello e non ha idea di come ci si debba comportare, tanto più che Nico non le ha detto nulla. Cosa deve fare? La sorella gentile o la sorella protettiva? Deve salutarlo e presentarsi o deve fargli un discorso intimidatorio del tipo se spezzi il cuore a mio fratello poi te la devi vedere con me?
Poi il bel ragazzo in questione la nota, le rivolge un sorriso gentile e luminoso e Hazel improvvisamente non è più agitata.
«Scusami, non sapevo che ci fosse qualcuno in casa» gli dice e mentalmente si annota di rimproverare Nico perché lui potrà anche aver ereditato il pessimo carattere e le pessime maniere del loro padre, ma lei no e detesta essere scortese o maleducata. Quindi si avvicina porgendogli la mano, ignorando la strana sensazione che prova, come se quello sconosciuto fosse slegato dal tempo e dallo spazio.
«Io sono –»
«Hazel» continua il ragazzo, guardando per un istante la sua mano con curiosità e sorpresa e poi stringendola «Nico mi ha parlato di te. Io sono Will. Will Solace».

Scambiare aneddoti divertenti su suo fratello mentre prepara la cena con quello che suppone essere il fidanzato di suddetto fratello è l'ultima delle cose che credeva avrebbe fatto quel giorno. O quella settimana. O in quella vita. Ma Will è una persona bellissima (anche se lo ha appena conosciuto non ne ha dubbi) e tutto in lui, nel suo modo di porsi e nelle sue parole la mette a suo agio.
Per cui quando quella sera Nico rientra da lavoro, la trova intenta a ridere mentre gira il mestolo nella pentola.
«Tutto bene?» le chiede, guardandola perplesso con ancora il giubbino di pelle addosso.
«Sì, sì, scusami» gli risponde abbassando il fuoco e raggiungendolo per salutarlo con un abbraccio veloce «Will mi stava raccontando –».
Lo sente irrigidirsi tra le sue braccia e sa che suo fratello non apprezza il contatto fisico, ma non ha mai reagito così alle sue manifestazioni d'affetto quindi si allontana quanto basta per guardarlo in volto.
«Cosa c'è?» gli chiede preoccupata. 
«Hai detto Will».
«Sì, Will» conferma senza capire e voltandosi verso il ragazzo che sta finendo di apparecchiare la tavola e che agita una mano in segno di saluto.
«Nico?» lo chiama, cercando di ottenere una risposta, ma suo fratello non sembra intenzionato a dargliela. Le rifila la scusa che è stanco per il lavoro («Staccare biglietti per appassionati delle case dell'orrore è un'attività più impegnativa di quanto nostro padre non pensi») e di non preoccuparsi. Hazel ovviamente si preoccupa e intuisce che le sta nascondendo qualcosa, ma lo asseconda. Almeno per il momento.

Come molte altre persone non ha mai visto un fantasma in vita sua, tuttavia non dubita, non lo ha mai fatto, che Nico ne sia in grado e mentre gli altri si chiedono perché credere a una simile storia lei si chiede perché no.
Quindi quando suo fratello le dice che Will, il bellissimo e meraviglioso Will con cui ha chiacchierato e cucinato e riso, è un fantasma e le spiega l'intera storia, lei gli crede. Non vede perché non dovrebbe e questo spiegherebbe la strana sensazione che ha provato. Quando era piccola, a volte, capitava che fosse sua madre a dover andare dal lavoro e non il contrario (possedevano un negozio nel quartiere francese di New Orleans, proprio sotto il loro appartamento, ed era lì che solitamente Marie Levesque esercitava la sua arte – così la chiamava). Quando accadeva, a volte, sua madre la portava con sé perché «Amplifichi le cose» – così le diceva. All'autrice dei suoi giorni, invece, Hazel non ha mai creduto del tutto, complice la consapevolezza che gli amuleti venduti non avevano alcun potere dal momento che erano loro stesse a fabbricarli e che le pietre e le perline comprate al mercato erano tutto fuorché magiche. Forse però Marie Levesque non mentiva del tutto quando parlava di lei. In ogni caso ora è troppo tardi per chiederglielo, dal momento che è morta una decina di anni prima lasciandole in eredità una dubbia reputazione e debiti che non sarebbe riuscita ad estinguere per molto, veramente molto tempo, se non fosse intervenuto suo padre.
«C'è solo una cosa che non capisco» gli dice «Com'è possibile che io riesca a vederlo. Gli ho anche stretto la mano».
«Questa è una cosa che non capisco nemmeno io» ammette Nico «Non ho mai fatto ricerche, non so veramente come funzioni il mondo dei fantasmi. È la prima volta che assisto ad un simile fenomeno».
Lo sguardo di entrambi si sposta allora su Will che seduto sul divano si sta riempiendo la bocca di popcorn. Sentendosi osservato si blocca e abbozza un sorriso. Nico rotea gli occhi e Hazel trova che siano adorabili e all'improvviso la colpisce un pensiero. Ha dato per scontato che fossero fidanzati o che si stessero frequentando, ma la consapevolezza che Will sia in realtà morto (una consapevolezza terribile) cambia tutto. Significa che anche volendo non possono frequentarsi. Anche volendo non possono stare insieme. E lei non ha dubbi che vorrebbero. È in quell'appartamento solo da poche ore, ma conosce suo fratello, conosce la sua natura solitaria e sa che nessuno è bravo quanto lui ad escludere le persone dalla sua vita. Se Will gli avesse davvero dato fastidio non gli avrebbe permesso di avvicinarsi così tanto o avrebbe traslocato. Invece è rimasto e si è innamorato di lui.
Le si spezza il cuore.
«Se me ne vado Will perde consistenza» inizia e Nico, che intuisce cosa sta per dire, la blocca.
«No. Hazel. No. È la tua vita, è preziosa, non puoi stravolgerla così. Non puoi trasferirti. Pensa a Frank, all'università, alla tua carriera».
«Anche quello che c'è tra voi è prezioso» ribatte e in un'altra occasione si soffermerebbe su quanto è adorabile Nico quando arrossisce, ma non è quello il momento e regge il suo sguardo, sfidandolo a dire il contrario. A capitolare, alla fine, è suo fratello.
«Non è che dobbiamo decidere tutto subito. Apparentemente ci sono diverse cose su cui dobbiamo informarci e il mio aereo èdopodomani. Direi di andare a letto ora e di iniziare le ricerche domani mattina» propone guardando entrambi i ragazzi, che annuiscono, e poi aggiunge «Io prendo il divano. Will, sono sicura che Nico non avrà problemi ad ospitarti in camera sua».

 

4. Will e Nico

Da quando è rientrato a casa Nico non ha smesso di provare una strana sensazione che deve essere felicità, solo che lui ha dimenticato cosa voglia dire essere così felici e non sa come comportarsi. Fa quindi ciò che gli riesce meglio e si chiude in se stesso, anche se non è sua intenzione apparire freddo o distaccato, soprattutto non ora che Will è davanti a lui e può essere toccato. Il solo pensiero lo fa fremere e vorrebbe, quanto vorrebbe, allungare la mano verso il ragazzo. È tutta la serata che combatte il desiderio di toccarlo e ora che sono da soli, ora che effettivamente potrebbe resta immobile. Bloccato. Imbarazzato.
Will d'altro canto teme che avere di nuovo un corpo, anche solo momentaneamente, possa essere un problema, perché sa quanto l'altro ci tenga agli spazi personali e un conto era invaderli prima, quando era solo un ricordo incorporeo di ciò che un tempo è stato, e un conto è invaderli ora. Si passa una mano sul collo, cercando qualcosa da dire per smorzare la tensione ed evitando accuratamente lo sguardo di Nico; non una cosa troppo difficile, questa, dato che anche il ragazzo guarda ovunque tranne che lui.
«Non penso che i miei pigiami ti vadano bene».
Alla fine è Nico a rompere il silenzio e Will per un istante non capisce.
«Cosa... Ah, sì certo» borbotta poi, guardando la maglia a maniche corte e i jeans che indossa da quando si è risvegliato senza più un corpo «Resto così».
«Ok» ribatte il ragazzo, visibilmente a disagio, e Will a quel punto apre la bocca per dire qualcosa, solo che non sa ancora cosa e alla fine si sente dire con voce un po' tremula: «Così anche quello che c'è tra noi è prezioso».
Nico allora rotea gli occhi, mentre la sensazione che avverte, quella che deve essere felicità, diventa ancora più intensa. Così tanto che non sa più nemmeno cosa sta facendo e si ritrova a coprire rapidamente la distanza che li separa e a baciarlo.
Non è una cosa programmata ed è passato diverso tempo dall'ultima volta che ha baciato qualcuno, tanto che se ne resta con le mani lungo i fianchi ed è pronto a ritrarsi come se si fosse appena scottato, ma Will non glielo permette. Gli prende il volto tra le mani e lo bacia a sua volta come se da questo dipendesse la sua vita.
Nico è fuori allenamento, ma le labbra dell'altro sono morbide e lui inizia a ricordare. Affonda le mani tra i capelli biondi del ragazzo, le fa scorrere fino alle spalle e si aggrappa alla sua maglia come per paura che possa svanire da un momento all'altro. Solo che non lo fa. Sotto le sue mani, contro il suo corpo, sulla sua bocca Will è concreto, è reale, è fatto di pelle da accarezzare. Nico lo bacia come avrebbe voluto fare già da tempo.
«Buona notte!» esclama all'improvviso Hazel dal salotto facendoli sobbalzare «E fate i bravi!»
Arrossiscono, le orecchie di Will vanno letteralmente a fuoco e le guance di Nico si colorano di rosa, ma non si allontanano e nella penombra della stanza sorridono.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3036245