Finding Myself

di Gretas96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1.
“Sei un cretino!”
Così finisce la storia che credevo fosse quella giusta, che credevo fosse il mio “vissero per sempre felici e contenti”. Avete presente l’incubo peggiore di tutte le ragazze, cioè trovare il proprio fidanzato con la propria sorella? A me è successo veramente, e posso dire che la situazione fa più schifo di quanto si possa immaginare. Ero sicura che Jason, il mio ragazzo beh, il mio ex ormai, fosse il principe azzurro delle fiabe, il ragazzo con cui avrei passato il resto della mia vita, invece lo ritrovo non solo nella mia casa, ma anche nella mia stanza a baciare mia sorella. Li trovo avvinghiati l’uno all’altra, continuano imperterriti a baciarsi come se io non fossi entrata nella stanza, come se io fossi un fantasma.
“ sei un cretino!” urlo. Improvvisamente i due si staccano e sgranano gli occhi come se avessero visto un mostro.
“Beth, tesoro, ti giuro che ti posso spiegare tutto” inizia a farfugliare il bastardo, alzando le mani in segno di resa. Alzandosi dal letto viene verso di me e cerca di afferrarmi le mani.
“ah sì? Spiegami allora!” sibilo.
“tesoro, in realtà questo è tutto uno scherzo! Sai, come quelli che fanno su Youtube.” Cerca di spiegare lui, gesticolando furiosamente, cercando di abbozzare un falso sorriso. Questa è la balla più grossa del secolo! Noto che mia sorella sta singhiozzando, almeno ha la decenza di tacere.
“sai Jason, se c’è una cosa che non riesco proprio a fare è perdonare i bugiardi; in ogni caso continuate pure, tolgo il disturbo.” Sento che sto per cedere, ma non posso proprio farlo adesso. Devo resistere e fargli capire che io non sono il suo burattino, ho resistito fin troppo a lungo senza dire una parola, credendo che ogni litigio fosse sempre l’ultimo, credendo che ogni cosa si sarebbe sempre risolta, anche se ero sempre io a doverci rimettere, credendo che fosse in realtà questo il prezzo del “per sempre”. Beh, in questo momento mi sono resa conto che il “per sempre” è in realtà una cazzata che ti rovina la vita.
“no, no, no, tesoro! Non te ne andare! Dai è stato solo un errore, non capiterà più!” mi fa quel sorriso che solitamente mi convince a dimenticare tutto e ricominciare da capo. Non questa volta però, il mio cuore ha già troppi graffi e non ha posto per un altro ancora.
“Jason” dico con voce melliflua e sul suo viso compare un ghigno soddisfatto “cambi mai le parole con cui cerchi di persuadermi? Sai, dovresti proprio farlo perché ormai non funzionano più!” dicendo questo giro i tacchi ed esco dalla stanza. Faccio pochi passi e sento afferrarmi il braccio da dietro, con un’agilità che credevo di non avere riesco a liberarmi e con tutta la forza che mi rimane tiro uno schiaffo al bastardo. Lui resta di stucco e mi guarda con uno sguardo smarrito, portandosi la mano alla guancia, come se non si rendesse conto di quello che avevo appena fatto; sfrutto questo a mio vantaggio e corro verso l’uscita precipitandomi verso la macchina. Metto in moto e parto proprio mentre vedo Jason uscire di casa e correre verso di me. Premo sull’acceleratore e parto senza sapere dove andare.   

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Capitolo 2
*** 2. ***


2.
È ormai mezzanotte, sono due ore che guido e onestamente non so neanche più dove mi trovo. Queste due ore sembrano essere stati due giorni e sono apatica. Non sento niente e la mia mente sembra essersi fermata. Sono come in uno strano stato di trance, c’è solo silenzio e buio nella mia testa. Decido di accendere la radio e per uno scherzo del destino la radio sta trasmettendo Halo di Beyoncé, la nostra canzone: ricordo subito l’inverno di tre anni fa, ero andata a festeggiare il Natale nel country club al quale apparteneva la mia famiglia, un evento al quale le donne dovevano indossare abiti lunghi e gli uomini lo smoking; mi sentivo come un pesce fuor d’acqua ma i miei avevano minacciato di mettermi in un istituto per “ragazzi difficili” o “ per ragazzi molto speciali” come dicevano loro, così sono stata costretta ad andare; proprio a quella festa, mentre mi facevo un giro furi ho incontrato Jason. Mi sembrava così uguale a me, un ribelle che non stava alle regole della società. Almeno così pensavo, prima di scoprire che i suoi genitori avevano imposto a lui di frequentarmi perché ero di buona famiglia. Mi aveva incantato con le sue bugie e io come un cieco non vedevo nulla, o forse facevo finta di non vedere nulla.
In un istante tutto l’accaduto mi travolge come un uragano, il silenzio che prima regnava nella mia mente ora è diventato un insieme assordante di pensieri che m’impedisce di concentrarmi sulla strada. Vedo una macchina venire verso di me e mi accorgo di essere dalla parte opposta della carreggiata. Sterzo bruscamente e finisco fuori strada.  Ho il fiatone e mi rendo conto solo adesso che sto piangendo. Spengo la macchina e lancio un urlo con tutta la voce che ho. Non sono solo arrabbiata con Jason e mia sorella, sono arrabbiata soprattutto con me stessa perché ho sprecato tre anni della mia vita vivendo a metà, come un fantasma. L’amore per Jason mi aveva prosciugato. Per lui ho rinunciato a tutto: dagli amici alle serate fuori. Mi sono anche iscritta a medicina, facoltà che ho sempre odiato, solo perché lui mi diceva che era la cosa giusta da fare. Quando qualcosa andava storto, mi diceva sempre che era colpa mia, che solo lui sapeva come risolvere la cosa, che solo lui sapeva ciò che era meglio per me, ed io come una stupida, ogni volta ci credevo e dopo ogni litigio mi sentivo malissimo perché ero convinta che la colpa fosse solo mia. Vedevo quel ragazzo come un Dio; solo ora mi accorgo che in realtà era un diavolo. Come se non bastasse dal cielo inizia pericolosamente ad annuvolarsi e la luce della luna scompare. Dopo pochi istanti gocce di pioggia iniziano a cadere, ma io non so dove andare, non so che cosa fare, quindi resto lì, accanto alla mia macchina con lo sguardo perso nel vuoto, vedendo ciò che mi circonda quasi come se fossi una spettatrice della mia stessa vita.
Sento freddo. Decido di tornare in macchina, metto in moto e accendo il GPS per capire dove sono. Istintivamente metto l’indirizzo di casa, non voglio tornare a casa, ma questa è la mia unica possibilità: ho vestiti e capelli fradici e non mi posso permettere di prendere l’influenza, anche se sono sicura che peggio di così non possa comunque stare.
Arrivo a casa. Spero che ormai stiano tutti dormendo, visto che ormai sono le tre del mattino. Mi dirigo verso il piano superiore e con mia gioia vedo che la porta della stanza di mia sorella è chiusa, forse, dopotutto, la fortuna non si è completamente dimenticata di me. Vado nella mia stanza e mi sembra che i muri si stiano restringendo. Ho bisogno di una doccia. Prendo vestiti puliti e mentre apro l’armadio capisco che non posso più stare in questa casa, in questa città. È tutto troppo finto e troppi ricordi si annidano attorno a me come delle ombre minacciose. Devo lasciare la città, anche e non ho né un posto dove stare, né abbastanza soldi per permettermi una stanza. Finita la doccia, prendo il borsone che uso per il corso di ballo da sala, un’altra cazzata che mi ha fatto fare mia madre, e ci infilo dentro tutta la mia roba. Esco velocemente dalla stanza e passo per la cucina per prendere qualcosa da mangiare. Vedo sulla tavola la borsa di mia madre. Forse io non ho soldi ma mia madre li ha. Frugo dentro la sua borsa e prendo le sue carte di credito. So che devo fare presto, prendere quanti più soldi possibili prima che lei si accorga di non averle più e le blocchi. Esco di casa, torno in macchina e mi allontano da quel quartiere all’apparenza perfetto, ma che in realtà nasconde orribili storie di tradimenti e bugie. 

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Capitolo 3
*** 3. ***


3.
Sono le otto del mattino, parcheggio la macchina davanti alla banca proprio mentre vedo un impiegato digitare la combinazione per disattivare l’allarme. Il mio aspetto conferma che questa notte non sono riuscita a chiudere occhio, i miei lunghi capelli biondi sono adesso un insieme annodato di fili, due grandi occhiaie si fanno strada sotto i miei grandi occhi verdi. Sono proprio un disastro! Tuttavia non posso lasciare che questo influenzi il mio piano: devo andare in banca e prelevare tutto il denaro presente nelle carte. Fortunatamente il direttore della banca è un amico di famiglia e non oserebbe mai dubitare delle mie intenzioni visto come mi descrivono sempre i miei genitori. Decido di legare i capelli in una crocchia spettinata e mi trucco un po’ per cercare di sembrare almeno in lontananza la vecchia me. Indosso jeans e una vecchia felpa ma il mio elegante giubbino la coprirà. “Si va in scena” dico a me stessa. Entro nella banca e sono subito accolta da Rupert, il direttore.
 “Buon giorno Bethany. Sei in piedi presto oggi!” mi dice esibendo un sorriso cordiale ma finto.
“Buon giorno Rupert. Mi manda mia madre; dobbiamo partire per andare a fare shopping tra pochi minuti e ci serve del denaro liquido. Vorrei prelevare tutto quello che c’è sulle carte.” Dico in tono innocente, dopotutto mia madre aveva sempre raccontato che ero una ragazza diligente, pronta per fare il suo ingresso in società, anche se la verità era ben diversa.
“certo Bethany! Sai che la nostra banca è la migliore in città e qualunque somma di denaro sia richiesta, noi abbiamo sempre la possibilità di soddisfare il cliente!” mi dice impettito Rupert.
 Mi chiedo se, qualche volta, non ceda a questa farsa che è la sua vita. Chi lo sa, magari quando è da solo si veste da centauro oppure da donna, dopotutto anche lui è un essere umano. Pochi minuti dopo Rupert ritorna con una grande busta bianca in mano. Discutiamo ancora qualche istante dopo di che mi congedo e ritorno verso la macchina. Non ho tempo di contare i soldi, so che se voglio davvero lasciarmi tutto alle spalle devo partire il prima possibile e trovare un posto dove stare, dove non ci siano persone che conoscano me o la mia famiglia. Non avrei mai pensato di ritrovarmi, un giorno, a scappare di casa; ho sempre pensato che la mia vita sarebbe stata come quella dei miei genitori: sposare una persona che non ti piace solo per avere un posto importante nella società e fare a gara a chi ha la vita apparentemente più perfetta. Allo stesso tempo però, mi rendo conto che questi tre anni passati con Jason mi sono sembrati come trenta e, sicuramente, avrei dovuto passare la mia vita intera da uno psicoterapeuta se avessi continuato con il mio piano originale.  Forse l’episodio di ieri sera è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, un vaso che era già colmo da un po’. La vita della maggior parte della gente non è altro che una grande finzione: cercare di essere sempre migliori degli altri, ma soprattutto cercare di fare fallire gli altri. Avere una casa più grande del tuo vicino, avere più soldi, essere più belli. Non è forse questo quello che tutti fanno? La società mi teneva imprigionata con delle catene che all’apparenza sembravano fatte di diamante indistruttibile, ma se si dà un’occhiata più da vicino quelle catene non erano altro che fragili pezzi di vetro. Adesso però sono libera, pronta per cominciare una nuova vita, pronta per lasciarmi alle spalle tutto il passato.  In questo momento non ho nulla, ma nello stesso tempo ho tutto. Vado verso una destinazione ancora sconosciuta, pronta ad accogliere tutto ciò che il futuro ha in serbo per me, pronta per ritrovare me stessa.

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