Der Atem eines Speicher

di Eisen im Blut
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo soffio: Il bianco della perdita ***
Capitolo 2: *** Secondo soffio: L'argento della consapevolezza, Il dorato di quel giorno ***
Capitolo 3: *** Terzo soffio: Il nero delle lacrime ***
Capitolo 4: *** Quarto soffio: Il rosso della fine, Il celeste di quel cielo amato ***
Capitolo 5: *** Quinto soffio: Il viola dell'inizio ***



Capitolo 1
*** Primo soffio: Il bianco della perdita ***


 

Autore : Eisen im Blunt
Titolo 
Der Atem eines Speicher 
Fandom : Axis Power Hetalia
Personaggi : Austria/ Roderich Edelstein, Prussia/ Gilbert Beilschmidt
Pair : PruAus
Genere : Drammatico, Introspettivo
Raiting : Ho voluto iniziare con il verde ma avviso che potrebbe salire a giallo

Note : 
 Salve a tutti ! 
Rieccomi su EFP dopo un breve periodo di silenzio, dovuto più che altro all'università, a scrivere nuovamente qualcosina su una delle mie coppie preferite. Spero vi possa piacere e come sempre ringrazio in anticipo chi avrà il tempo di leggere questo primo capitolo e magari lasciare una piccola recensione. Questa storia come già scritto nell'introduzione parteciperà al concorso
 
Holy ship [ Hetalia + Free contest ] ed inserisco a seguito anche le informazioni scelte che appariranno nella storia o dalle quali ho preso spunto.

Buona lettura !



Coppia: PrussiaXAustria
AU: Amnesia 
Canzone: How to save a life
Citazione: La gente muore solo quando viene dimenticata -Isabel Allende

 



P R I M O  S O F F I O:
Il bianco della perdita





La gente muore solo quando viene dimenticata
Isabel Allende 




-Non lascerò che questo avvenga
-Mai ?
-Sarebbe stato del tutto inutile esserci incontrati di nuovo
-Danke schon Roderich




Erano le sei e mezza quando l’albino aprì gli occhi in quella stanza.
Con la destra si toccò il petto, all’altezza del cuore, indugiò qualche secondo sulla piccola zip della felpa per poi risalirla, aprirla e scoprire la pelle del petto quel tanto che la cerniera gli permetteva. Il rumore fu attutito dal piumone che lo aveva protetto dagli spifferi gelidi della notte appena passata. Il calore del suo corpo, sotto la canottiera e la felpa, fu liberato dal tessuto umido che aveva impregnato le coperte portandolo a rabbrividire appena nell’aria gelida della mattina. Si sciolse i muscoli, ancora intorpiditi, sedendosi per poi restare con la sola canottiera nera a proteggerlo. Piegò le ginocchia in un fluido movimento fino a poterci poggiare la fronte senza correre il rischio di farsi male ed abbracciò le proprie gambe. Prese aria, spingendo il proprio corpo ad attivarsi al meglio, mentre chiudeva ancora una volta gli occhi rossastri al mondo.  Aveva passato una notte senza sogni, fortunatamente, che era arrivata come una pesante coltre ed aveva cancellato gran parte delle ore passate sveglio.
Era disorientato.
Alzò gli occhi e guardò fuori dalla finestra della  stanza. Cadeva la neve, in soffici fiocchi, e la piazza al di fuori del vetro appena appannato ne era interamente ricoperta.  Si alzò e si tolse i vestiti lasciandoli scompostamente cadere sul morbido tappeto ai piedi del letto, lasciando quest’ultimo nel disordine in cui l’aveva devastato durante la sua notte solitaria, in cerca del bagno. L’acqua tiepida ed  il sapone nell’ampia doccia fecero il resto per risvegliarlo completamente. Una volta pronto tornò nella propria stanza dove si diresse verso l’armadio per prendere una comoda felpa dall’ampio scollo con le maniche a tre quarti grigio fumo, una T-Shirt a righe bianca e nera e dei jeans grigio chiaro strappati in più punti. Era strano muoversi di nuovo, il suo corpo non lo sentiva davvero proprio, sentirlo così docile nella risposta che i suoi pensieri gli suggerivano. Si osservò il palmo della mano dove scivolava una goccia dal polso ancora umido per la doccia appena fatta. Piano piano calava indisturbata tra le pieghe della sua pelle verso il dito indice. Le falangi, poi l’unghia e la punta. Avrebbe potuto fermarla e raccoglierla, come ci si sarebbe aspettato da una persona normale, ma la sensazione tattile era incredibile e destabilizzante al tempo stesso. Non si rese neppure conto dei secondi che inesorabilmente passavano mentre  osservava il proprio viso nell’ampio specchio a figura intera posto accanto all’armadio che gli rimandava i piccoli dettagli della storia aveva sempre visto. Queste piccole cicatrici biancastre e rosate si sommavano come i brividi che gli percorrevano nella sua interezza la schiena e le gambe fino ad arrivare al pavimento. Si portò una mano tra i capelli bianchi come la neve mentre tentava di sistemarsi con le dita quelle ciocche morbide ed ancora umide dall’acqua. Osservò le proprie caviglie ancora nude lasciate scoperte dall’orlo scucito dei pantaloni mentre i suoi piedi adagiati così dolcemente al pavimento tanto da renderlo morbido sotto di lui si perdevano per la pelle così chiara da avere un colore simile al marmo in terra.
Chiuse gli occhi e sospirò appena. Era una sensazione bizzarra ed unica. Si avvicinò silenziosamente al piccolo pulcino che ancora addormentato respirava serenamente e profondamente su un piccolo e morbido cuscino posto sul comodino accanto al letto. L’ombra di un dolce sorriso incurvò le labbra del ragazzo mentre timidamente, come se avesse timore di svegliarlo o fargli del male, allungava un indice fino alla testolina tiepida di quel batuffolo dorato. Sapeva di chiamarsi Gilbert e sapeva che quel pulcino era più di quanto la parola amico potesse definirlo appieno e che si chiamava esattamente come lui Gilbird.
Ma…Tutto il resto gli era completamente sconosciuto.

 

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Capitolo 2
*** Secondo soffio: L'argento della consapevolezza, Il dorato di quel giorno ***


Autore : Eisen im Blunt
Titolo 
Der Atem eines Speicher 
Fandom : Axis Power Hetalia
Personaggi : Austria/ Roderich Edelstein, Prussia/ Gilbert Beilschmidt
Pair : PruAus
Genere : Drammatico, Introspettivo
Raiting : Ho voluto iniziare con il verde ma avviso che potrebbe salire a giallo

Note : 
 Salve a tutti ! 
Eccomi con il secondo aggiornamento di questa storia, per la vostra gioia (?), e forse entro sera dovrebbe arrivare anche il terzo. Come sempre mi auguro vi possa piacere e ringrazio in anticipo chi avrà il tempo di leggere questo capitolo e magari lasciare una piccola recensione. 


Buona lettura !



Coppia: PrussiaXAustria
AU: Amnesia 
Canzone: How to save a life
Citazione: La gente muore solo quando viene dimenticata -Isabel Allende

 



S E C O N D O  S O F F I O:
L'argento della consapevolezza,
Il dorato di quel giorno

 

 
Step one you say we need to talk
He walks you say sit down it's just a talk
He smiles politely back at you
You stare politely right on through
Some sort of window to your right
As he goes left and you stay right
Between the lines of fear and blame
You begin to wonder why you came

How to safe a life - The Fray




Aveva già visto anche troppe persone per i suoi gusti. Volti a lui per lo più sconosciuti che dovevano ricordargli qualcuno o qualcosa e che puntualmente si riempivano di delusione quando si trovavano davanti alla più semplice e pura verità. Aveva perso se stesso e non ricordava niente al di fuori del suo nome. O per meglio dire ogni tanto un determinato gesto oppure una linea del volto gli provocavano una stretta al cuore ed una sottile malinconia, come se la sua mente ed il suo intero corpo sentissero ancora i ricordi che erano svaniti dentro di lui, ma nulla di più che flebili sensazioni appena percettibili. Chi era il giovane che dichiarava di essere suo fratello ? Chi era  il biondo che gli si è seduto davanti e continuava a definirlo una cosa di sua proprietà ? Chi era il moro che era appena arrivato leggermente scomposto come se avesse corso per tutto il tragitto ed adesso stava parlando con suo “fratello”?
L’albino osservò in silenzio l’arrivo di quel ragazzo mentre si concedeva pochi secondi per risistemarsi i capelli scuri e gli abiti sgualciti dall’attività che aveva appena fatto, salutava il biondo e dopo qualche breve parola lo congedava con gentilezza chiudendo dietro di sé la porta di quella stanza e gli si avvicinava con grazia ed eleganza . Il classico signorotto, probabilmente bacchettino ed irritante, che nascondeva dietro un paio d’occhiali un viso altero e fin troppo composto nei confronti di qualsiasi cosa la vita aveva da offrirgli. Non sapeva che così facendo si perdeva il meglio della loro lunga esistenza ? Avrebbe potuto dirglielo e fargli notare che doveva rilassarsi di più, esattamente come faceva lui, e… Che avrebbe mai potuto dirgli considerato che fin da quella mattina per com’era adesso non l’aveva una vita ? Gilbert abbassò per un attimo il viso privando il mondo delle proprie iridi dal colore impossibile mentre cercava ancora una volta di mettere in ordine le poche parole che gli avevano raccontato prima di alzare nuovamente lo sguardo su di lui. La Prussia e la Germania Est. Non poteva essere vero, non una cosa così assurda e che decretava una vita a metà e senza un vero futuro, eppure ogni cosa gli sembrava troppo reale e troppo perfetta per rompere quelle che credeva e sperava fossero menzogne. Le cicatrici, gli orrori nascosti sul suo corpo, i sentimenti contrastanti ai quali non sapeva dare un vero nome. L’albino distolse lentamente lo sguardo portandolo a guardare il cielo plumbeo fuori dalla finestra della sua stanza fin dall’inizio poco interessato al nuovo visitatore che era giunto al suo capezzale e che si sarebbe aspettato, esattamente come i suoi predecessori,  qualcosa da lui. Eppure un battito mancato del proprio cuore, come un sottile filo che lo conduceva verso quello che per lui era uno sconosciuto, lo fece desistere dal suo proposito, forse anche la mera curiosità, e dopo una manciata di minuti riportò il suo sguardo rubino sulla figura altrui restando ancora ostinatamente girato verso la finestra. Lo osservava, incuriosito, ma non lo voleva osservare davvero.
Si perse nei suoi lineamenti aggraziati e nelle sue forme toniche, con i fianchi leggermente pronunciati, prima di fermarsi sul suo viso delicato e pallido.  Le labbra piene appena increspate nella ricerca di aria e vita, il piccolo neo che gli disegnava il mento e l’angolo sinistro della bocca e gli occhi violacei saggiamente nascosti dietro le lenti degli occhiali per mascherare le emozioni sempre vivide ed ovviamente palesi per essere sempre taciute che gli illuminavano lo sguardo. Il giovane tedesco si stupì di come semplicemente osservandolo con la dovuta attenzione piccoli dettagli e peculiarità si rivelavano ai suoi occhi come piccoli tesori nascosti scuotendolo nel profondo. Ancora questa sensazione senza nome che gli stringe il cuore in una morsa quasi dolorosa per quello che ha dimenticato.

- Gilbert

Al suono del suo nome l’albino girò il capo e parzialmente parte del busto verso il suo interlocutore senza tuttavia dedicargli una qualsivoglia emozione se non un infinitesimale inarcarsi del proprio fine sopracciglio per il tono usato. Arrabbiato. Preoccupato. Speranzoso. Probabilmente ed esattamente come gli altri pensava fosse uno scherzo che aveva intessuto per il proprio diletto ed anche lui si sarebbe puntualmente  ritrovato deluso da quella nebbia che avvolgeva nella sua interezza i ricordi sopiti del prussiano. Non era riuscito a dissolverla neppure per colui che era suo fratello e parte della sua  stessa nazione ora. Osservando per un altro secondo in silenzio  l’espressione altrui quasi si dispiacque per la dura realtà che gli si sarebbe prospettata di lì a poco, visto che non gli suscitava neanche una vera antipatia come si sarebbe potuto dire per il suo predecessore, ma doveva prima di tutto proteggere se stesso.

- Risulta essere questo il mio nome
- Che diavolo stai facendo ? Sei completamente impazzito ?
- Grazie per tutta questa delizia, comunque nein, non sono impazzito
- Allora cosa stai facendo ?
- Prima di tutto.. Chi sei ?

Due semplici parole che ebbero l’effetto di sconvolgere e far crollare sulla sedia saggiamente posta accanto al letto il moro. Probabilmente doveva digerire il colpo e prendersi il suo tempo per rimettere in ordine i pensieri. Il silenzio divenne pesante con lo scorrere dei minuti e sembrò imprimersi ulteriormente nella mente dell’albino, già quieto di suo e senza la naturale vena allegra e chiassosa che lo caratterizzava, aspettando il momento migliore per continuare la loro conversazione.
Educato, silenzioso  e riservato.
Questa era la precedente natura che aveva coltivato il prussiano, prima di diventare quello che tutti conoscevano, una natura inculcatagli a forza fin dai suoi primi anni di vita dove l’allegria e l’innocenza che dovrebbero conservare i bambini fino all’inizio della maturità  era stata ben presto sostituita dalla violenza e dalla freddezza che gli aveva insegnato l’Ordine Teutonico.
Un’infanzia fatta dal sapore dell’acciaio e dal profumo del sangue.



Guardai con emozione la mantella, bianca su cui campeggia una grande croce nera, che mi stava porgendo il Maestro  indossandola subito dopo con un moto d’orgoglio. Bianca proprio come la mia pelle e i miei capelli. Abbastanza grande da nascondermi per intero e con un ampio cappuccio che mi avrebbe coperto il viso in caso di necessità.
Sono stato finalmente accettato ?

- Finalmente Innocenzo ha riconosciuto la nostra causa, adesso possiamo intraprendere senza più alcun indugio e con maggior decisione la nostra opera

Non è cambiato niente.
Guardai il mare di sangue e cadaveri ai miei piedi, che ricoprono nella sua interezza il campo di battaglia, macchiando l’erba. Un piccolo sorriso folle mi distendeva le labbra e nascondeva tutto il resto al mio stesso cuore. Guardai le mie mani e l’elsa della mia spada, che si sono sporcate del sangue che io stesso ho versato. 
Nell’aria c’è solo l’odore ferroso del sangue e della morte
Per quanto tempo dovrà andare avanti così ?
Quanto tempo trascorrerà prima che diventi una vera Nazione ?




Un semplice ricordo iniziò a spuntare in quel mare latteo che era la sua mente, un piccolo ricordo macchiato d’argento, che lo portò appena a rabbrividire tra le coperte ancora sfatte del proprio letto in cui era seduto. Privò per un istante del mondo le proprie iridi mentre respirava a fondo e cercava nuovamente di fare ordine nel proprio cuore mentre nuovi tasselli della sua memoria iniziavano a combaciare e legarsi ai frammenti di sé custoditi dentro ai diari che gli aveva portato il fratello e nei quali faceva ancora fatica a riconoscersi. Una volta calmo tornò a prestare la dovuta attenzione al suo interlocutore, ancora parzialmente attonito , che a sua volta cercava di restare calmo e mantenere il viso disteso in un espressione cordiale prima di incrinarsi nuovamente alla sua successiva domanda.

- Tu cosa sei venuto a rivendicare da me ?
- Rivendicare ?
-  Ja.. Rivendicare
- Perché pensi che sia qui per rivendicare qualcosa ?
- Il visitatore di prima era venuto con questo intento. Inquietante e sinistro. Voleva che tornassi a casa con lui visto che l’avevo lasciata anni fa con la Mauerfall

L’albino abbassa lo sguardo umettandosi le labbra e reprimendo un nuovo brivido per quei ricordi spiacevoli che aveva evocato prima di recuperare un libro dal comodino e lasciarlo cadere con un tonfo delicato sopra il letto. La storia dimenticata della sua “Nazione”. Visto che non ricordava più chi era davvero avevano pensato bene un iberico ed un francese, a detta loro i suoi migliori amici in ogni avversità, di portargli dei libri di storia nella non troppo segreta speranza che rileggendo quei paragrafi ricchi di date e battaglie avrebbero potuto rinfrescargli un pò la memoria.

- Io non sono qui per tale motivo e puoi chiedermi qualsiasi cosa che io ti risponderò
- Quanta gentilezza. Quindi posso farti qualsiasi domanda e tu mi risponderai ?
- Ja, visto che io non sono qui per rivendicare qualcosa che nemmeno ricorderesti giusto ?
- ….Questo è vero. Dunque tu chi sei e cosa sei per me ?
- …. Io sono Roderich, piacere di conoscerti Gilbert, ed… Ero una delle persone più importanti per te, anche se la nostra relazione era appena nata ed ancora segreta
- Molto conveniente
- Prego ?
- Come faccio a sapere che non stai mentendomi per un tuo divertimento personale ?
- Perché dovrei divertirmi a tue spese in modo tanto idiota ?

Il moro accanto a sé dopo aver ascoltato quelle che riteneva pure idiozie in un sospiro nemmeno troppo taciuto si porta il dito medio e l’indice a sistemarsi gli occhiali che gli erano scivolati davanti al viso. Un gesto semplice di per sé, neanche così improponibile per chi porta gli occhiali, ma che risvegliò una nuova consapevolezza nella mente annebbiata dell’albino. Appena scosso da questa nuova rivelazione non si rende neppure conto di aver sussurrato un nome, il nome altrui, spesso e volentieri legato per una buon arco di anni al proprio ed aver allungato una mano verso di lui

- Tu sei Österreich
- Ti sei svegliato ?
- La tua dolcezza inizia a piacermi

Ribatte leggermente piccato finendo di compiere il proprio gesto e sottraendogli gli occhiali, privando del viso altrui di quella debole protezione che saggiamente lo isolava dal mondo, chiudendo per un altro istante gli occhi rossastri prima di legarli a quelli violacei altrui.  Un ricordo dorato. L’albino distese le labbra in un espressione divisa tra la dolcezza che risvegliava quella memoria e la sua consueta grinta che tornava vittoriosa a riempirgli il viso mentre chiudeva con attenzione le aste degli occhiali stringendoli in una mano.

- Non eri così la prima volta che ci siamo visti o sbaglio ?
- Perché ? Cosa ti ricordi ?
- Un sorriso più dolce di quello che mi stai mostrando


…..
 Quel giorno dovevo pattugliare una zona relativamente nuova, fatta per lo più da foreste e montagne, quindi ero partito di buon ora dall'accampamento cercando di non destare il sonno di ognuno dei miei compagni e con la mia fedele spada al fianco mi ero inoltrato nella quiete della foresta. 
Quiete e tranquillità.
Mentre camminavo ripensavo agli avvenimenti della sera prima dove il Maestro mi aveva comunicato che a breve avremmo stretto nuove alleanze con i paesi dell’Oriente -Come il regno ungherese- e che avremmo fatto un pellegrinaggio a Roma per chiedere al Papa di esser finalmente riconosciuti nella nostra missione. Mi sentivo leggermente inquieto in tutta questa faccenda, non tanto per il viaggio in sé visto che ormai ero abituato a viaggiare, quanto più per dover stringere tutte queste nuove conoscenze che mi vedevano costretto a mostrarmi alla luce del sole. 
Sospirai stancamente avvolto in nuovi pensieri quando udii una piccola litania, molto simile a quelle che sentivo cantare per far addormentare i bambini quando il crepuscolo avvolgeva il monastero, e seguendone le note nascosto da un cespuglio vidi chi la stava cantando. 
Ostarrichi. 
Durante il nostro primo incontro non l'avevo mai sentito parlare e in cuor mio avevo pensato che fosse perché l'altro era muto o aveva qualche problema alla voce, quindi sentirlo cantare era una notizia sensazionale per me, tanto che in uno scatto uscii dal mio nascondiglio

- Ma allora non sei muto !

Non ebbi il tempo di fare o dire altro che l’altro bambino spaventato dalla mia improvvisa apparizione se in un istante era seduto tranquillo e spensierato sul tronco di un albero abbattuto l’istante dopo era intento a correre nel verde di quella foresta che era la sua casa troppo spaventato anche solo per pensare di rivolgermi la parola. Mi lanciai al suo inseguimento, la mantella bianca che sventolava nell’aria e nell’atto della corsa, prima di raggiungerlo ai bordi di una radura nascosta dagli alberi. Per non spaventarlo ulteriormente e farlo nuovamente fuggire mi arrampicai sul tronco umido di una quercia e dopo un istante gli arrivai alle spalle salutandolo cordiale nella mia visione del mondo all’incontrario data dalla mia posizione a testa in giù e dopo quelli che erano diversi secondi finalmente il moro mi sorrise. Restai per una manciata di secondi perplesso ad osservarlo in silenzio non sapendo bene come reagire.

- Mi dispiace averti spaventato

Una debole scusa biascicata in prussiano e dettata dall’inesperienza nel parlare con qualcuno apparentemente della mia età, lo so bene, prima di ricambiare il suo sorriso per un attimo incerto nel suo reale significato visto la lingua a lui sconosciuta. Gli ripetei quanto detto in latino mentre mi ripiegavo su me stesso e con un agile balzo atterravo con un tonfo sottile sul terriccio umido prima di perdermi nel suo sorriso. Allegro,  solare e dolce. Un raggio di sole in quel gelo che è la mia terra e la mia casa. Risi semplicemente di cuore. Libero e senza nessuna delle preoccupazioni che mi hanno caricato addosso fin da quando sono nato. Come dovrebbe fare un bambino visto anche la scena buffa a cui è stato testimone. E continuai per un bel po', come se in quelle risate mi liberasse di tutti i problemi, e finalmente mi togliesse un peso dal cuore.

….
 

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Capitolo 3
*** Terzo soffio: Il nero delle lacrime ***


Autore : Eisen im Blunt
Titolo 
Der Atem eines Speicher 
Fandom : Axis Power Hetalia
Personaggi : Austria/ Roderich Edelstein, Prussia/ Gilbert Beilschmidt
Pair : PruAus
Genere : Drammatico, Introspettivo
Raiting : Ho voluto iniziare con il verde ma avviso che potrebbe salire a giallo

Note : 
 Salve a tutti ! 
Eccomi come promesso con il terzo capitolo di questa fanfiction. Il clima inizia a farsi più teso e dolce amaro, ma non voglio anticiparvi troppo, quindi come sempre mi auguro vi possa piacere e ringrazio in anticipo chi avrà il tempo di leggere questo capitolo e magari lasciare una piccola recensione. 


Buona lettura !



Coppia: PrussiaXAustria
AU: Amnesia 
Canzone: How to save a life
Citazione: La gente muore solo quando viene dimenticata -Isabel Allende

 



T E R Z O  S O F F I O:
Il nero delle lacrime



 
Where did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life

How to safe a life - The Fray
 



Dopo aver sentito la sua ultima frase l’austriaco era visibilmente arrossito e per tutta risposta aveva distolto imbarazzato lo sguardo dal prussiano, trovando troppo pesante reggere il suo di quel colore impossibile, azione che aveva divertito ed incuriosito quest’ultimo e per tutta risposta lo aveva gentilmente obbligato a riportarlo su di sé. Gli piace avere quello sguardo su di sé, molto più di quanto sarebbe stato disposto ad ammettere persino a se stesso, e non vuole privarsene nemmeno per uno di quei pochi secondi che erano assieme. Lo studia in silenzio ed immobile ancora per molto tempo prima di lasciarsi ancora una volta cadere sul letto e con un nuovo sospiro restituirgli gli occhiali distogliendo a sua volta gli occhi per portarli fuori dalla finestra con la testa che gli ridondava di continue domande.
Ecco quello che non gli piaceva di quelle continue visite.
Le sensazioni più o meno intense che gli sconvolgevano l’animo, e gli riempivano la testa di mille domande e mille se, lasciandolo totalmente in balia dei suoi tormenti interiori. Dubbi che non gli avevano ancora dato tregua da quella mattina e che, anche adesso che stavano ricevendo risposte più o meno chiare, continuavano a vivere, pulsanti e quasi dolorosi dentro il suo cuore, in mille crudeli persecuzioni. E, come se non bastasse, con le ultime parole del giovane accanto a sé, supportate anche dai crescenti ricordi che gli si rivelavano nella mente, quelle piccole sevizie iniziavano a colorarsi di torbide sfumature striate dal desiderio.
Se avesse davvero ragione e la mia vita è veramente quella di una vecchia gloria ormai dimenticata e destinata a sparire ?
Se avesse davvero ragione e dovessi andare con lui ?
Se avesse davvero ragione chissà come sarebbe svegliarsi ogni mattina stringendolo a sé ?
Se avesse davvero ragione chissà che sapore avevano le sue labbra dopo averle torturate così dolcemente per tutto il tempo gli era davanti ?
….
L’albino chiuse per un buon minuto le palpebre portando una mano a nascondersi parzialmente il viso mentre ricacciava nell’oscurità della propria mente tutti quei pensieri chiaramente inappropriati per la situazione che stava vivendo e per la persona che aveva davanti prima di riportare la propria attenzione su quest’ultimo

- Non essere così teso
- Scusa ? Chi ti dice che lo sia ?
- Non mi guardi troppo spesso in viso, e se capita lo distogli poco dopo, come se avessi fatto qualcosa
- Ti sbagli
- Nein, mi dispiace, ma questa volta non sto sbagliando

Con queste parole l’albino si portò in avanti prendendo con ferma convinzione per un polso il suo interlocutore e senza concedergli davvero il tempo di reagire e rifiutare quanto stava accadendo lo tirò sul letto e sotto di sé. Una piccola concessione dettata dai suoi desideri tutto sommato. Fermò l’austriaco sotto il suo peso portandolo semplicemente a combaciare con il proprio corpo mentre avvicinava il viso al suo e distendeva appena le labbra in un espressione di sfida e curiosità assieme per la reazione altrui che imbarazzata e fredda assieme gli intimava con lo sguardo e con la voce di non procedere oltre.

- Lasciami stare Gilbert

Un nuovo ricordo si palesò a quelle parole con prepotenza nella mente dell’albino lasciandolo senza fiato per la nitidezza con cui una situazione del genere si era presentata medesima nel suo passato ed in particolar modo tra di loro portandolo ad arretrare davanti all’altro, pensieroso e sofferente assieme, tanto da suscitare la perplessità altrui, oltre all’irritazione per quanto aveva fatto, mentre nuovamente libero tornava almeno a sedersi tra le lenzuola fresche che aveva precedentemente occupato il prussiano per quanto gli fosse concesso dalla presa e dal corpo altrui su di sé.

- Cos’hai visto ?
- Un.. Ricordo doloroso presumo
- Parlamene
- Non sono sicuro di quanto pensare
- Parlamene Gilbert

Lo osservò palesemente incerto, per quelli che gli parvero ore e non una manciata di minuti, mentre gli si sedeva davanti tenendolo ancora per un polso seppur la morsa che lo stringeva si era allentata, diventando più simile ad una calda carezza, in contrapposizione alla morsa che si stava indurendo attorno al suo cuore. Gli bloccava con ferocia il respiro in gola. Si umettò le labbra mentre con la mano libera si prese la libertà di passare le proprie dita pallide ed in certi punti indurite dai calli della guerra tra le nivee ciocche prima di fare quanto gli ha chiesto e con voce roca dalle emozioni troppo confuse per potergli dare un nome gli confidava sentimenti che aveva taciuto a chiunque e che solo i suoi diari conoscevano e comprendevano nella loro interezza

….
- Non sono io che ho iniziato Österreich  e soprattutto, visto che continui a dimenticarlo, non sono io che l'ho obbligato ad andarsene ma HA SCELTO LUI di andarsene da te.

Rimarcai la cosa con un ghigno crudele in viso mentre sollevai il braccio a fermare con la mia mano la sua  spada che scendeva con violenza e decisione su di me, finendo per tagliarmi il guanto e il palmo della mano iniziando a farmi uscire copiosamente del sangue in continue gocce scarlatte, e che successivamente gli strappo dalle mani, per lasciarla cadere ai nostri piedi, poi lo sollevai di poco da terra e lo gettai al suolo con poca grazia, incurante di tutto pulendomi poi le mani come avessi toccato un parassita contagioso incurante del sangue che mi sporcava i vestiti prima di chinarmi vicino a lui in quello che per me era un continuo e crudele gioco.

- E cos'altro vorresti farmi adesso ? O meglio cosa pensi riusciresti a farmi ?

Lo derisi curioso ed infantile mentre il barlume di umanità che avevo all'inizio dipinto sul viso dall’inizio dello scontro se n'era andato, perso in quei pensieri e in quel rosso, per lasciare posto solo al macabro gioco di guerra, tortura e sangue in cui viveva da sempre la gloriosa Prussia. 

- Non dovevi intromettere altro! Non doveva esserci nessun'altro! E, specialmente, non dovevi intrometterti tra me e Feliciano!! Era una questione nostra! Tu non centravi nulla! NULLA!! Lui avrebbe mostrato a me il suo valore, avrebbe impiegato il tempo che ci sarebbe voluto ma quando ce l'avrebbe fatta ce l'avrebbe fatta da solo; tra me e lui e non perchè tu ti sei messo in mezzo!!! 
- Così avrebbe fatto esattamente la medesima fine di Sacro Romano Impero !


Gli ribattei con un urlo feroce e furibondo lanciando un alto grido che sovrastò per un attimo il fragore della battaglia, il grido orgoglioso di un animale sofferente e tormentato, e di un animale ormai solo. Lo accusai con odio, scherno e ribrezzo prima di rimanere immobile con il solo rombo del mio sangue e della battaglia che imperversava. Non volevo fare una cosa del genere e ferire entrambi con il mio veleno eppure appena ne ho avuto l’occasione ho fatto la scelta più stupida che potessi fare. Feci un respiro profondo tentando di calmarmi e recuperare quel poco di lucidità, cercando di recuperare quel piccolo lume di buon senso e sopravvivenza che ognuno dovrebbe possedere in fin dei conti, facendomi forza anche con il mio orgoglio. Sentimento che mi guidò anche questa volta. Non avevo mai permesso a nessuno di vedermi in quello stato come non mi sarebbe mai permesso in realtà neanche di criticare o giudicare l'altro in condizioni normali, tuttavia non ero in condizioni normali

- Se tu non gli avessi impedito di espandersi e di diventare una Nazione indipendente, lui forse adesso sarebbe ancora qui, ma alla fine non sei riuscito a trattenerti dalla tua paura e dovevi schiacciare anche lui. Ed é stato proprio il tuo adorato Feliciano a venirmi a chiedere aiuto, perché mai avrei dovuto negarglielo o anche solo rimanere a guardare, dimmi.. Sono curioso.. Perché avrei dovuto permetterti di fargli fare la sua stessa fine ?
- Mi deludi. mi deludi profondamente Preußen. Se gli avessi permesso di spandersi dove voleva sarebbe morto. La volta che è partito è stata l'unica volta che gliel'ho concesso; e continuo a pensare che, invece, anche quella volta avrei dovuto tenerlo lì, almeno in quelle quattro mura era più al sicuro e, sicuramente, non avrebbe incontrato la morte. Ci avrebbe messo più tempo, sì, ma avrebbe avuto la garanzia della vita. Invece quella volta non l'ho fermato, quella volta, l'ho lasciato andare ed è stata la scelta peggiore che potessi fare in vita mia! Non sei l'unico ad aver perso qualcuno, L'ho accudito io. Pensi seriamente che io l'abbia lasciato andare a morire quando era un figlio per me? Seriamente pensi questo ed ora vuoi così tanto vendicarti da strapparmi dalle mani il resto della famiglia solo per non essere l'unico a sentirti tanto patetico nell'essere solo, Gilbert? 
- Basta. Crogiolati pure nelle tue illusioni Österreich, io farò altrettanto nelle mie se è questo che vuoi sentirti dire, tuttavia non mi sta bene che tu mi punti il dito e mi accusi di essermi messo in mezzo nel tuo rapporto speciale con Feliciano, forse ti può sembrare anche così, non voglio e non ho la forza per darti torto, ma pensaci bene, sono davvero il solo cattivo qui tra i due ? Non pensi che forse anche tu hai la tua bella dose di colpe da attribuirti ? 


Pronunciai il mio giudizio lapidario ed impassibile, come se avessi tutto il tempo del mondo per poter star li a conversare con lui, invece di curarmi della battaglia che stavamo guidando prima di privarmi del guanto ormai insanguinato con un moto di fastidio abbassando la mia spada

- Se vuoi giudicare le mie colpe prima accertati delle tue, Österreich, e solo allora potrei anche prendere in considerazione quanto tu mi stia dicendo. Io a Feliciano ho offerto solo un occasione quando è venuto lui a chiedermela, quando è venuto lui a cercare il mio aiuto. Hai fatto lo stesso discorso anche a lui per caso ? 
Sinceramente nel mio operato ti sono forse parso interessato ad appropriarmi di Italia, a "distruggere" come tu sostieni la tua "famiglia" ?
Con Sacro Romano Impero ho anch'io le mie colpe con cui condividere, ed è esattamente per questo che non ne ho mai fatto parola, che non mi sono mai permesso di venire a giudicarti. Sarò anche patetico e il tutto ti sembrerà solo l'inutile tentativo di una vendetta da parte di una patetica persona come definisci il sottoscritto, rimasta da sola, ai tuoi occhi da principino cresciuto nella bambagia, tuttavia pensi forse di essere migliore di me quando mi accusi di averti portato via tuo figlio ?
La verità mein Österreich é che entrambi abbiamo distrutto le nostre famiglie.
Non ho interesse a continuare così, a farmi colpire e a colpire inutilmente da un uomo che non si regge neppure in piedi. Arrenditi a me e concludiamo qui questa guerra.
- STAI ZITTO ! E SMETTILA DI GIUDICARMI UN RAGAZZINO VIZIATO CHE PIANGE SE SI ROMPE UN UNGHIA! APRI GLI OCCHI UNA DANNATA VOLTA IN VITA TUA E GUARDAMI!

Rimasi affascinato e turbato assieme, anche se non lo feci intendere apertamente dietro la sua maschera di derisione e impassibilità, nel vederlo in quello stato, nel sentirlo urlare di rabbia, nel vederlo rialzarsi con ardore. Avrei voluto rispondergli sinceramente che finalmente ero riuscito a vederlo, almeno adesso, ma è una risposta sciocca e inappropriata. Inopportuna. E con la sola certezza che per lui non sarei mai stato altro che l'uomo che gli ha portato via la sua famiglia, che la diviso da suo figlio e che sta tentando di privarlo della libertà presi una decisione.
Essere la Preußen che ha sempre odiato.
Dopo questa scelta riacquistai vigore nella lotta finché non misi fine a quell’ulteriore battaglia

- Finisce qui Österreich

….

- Penso sia meglio che tu ora te ne vada
- …Ja
- Mi dispiace
- Ruhig, ora devi pensare a riposarti, Gilbert

Una volta finito di parlare l’albino si allontanò maggiormente dal moro liberandolo completamente dal suo peso e raggomitolandosi sul fondo del letto, come se volesse in qualche modo proteggersi, con le ginocchia abbracciate al petto  mentre lo invitava a lasciare la sua stanza almeno per il momento. Era troppo per lui. Sopraffatto da quei ricordi neppure si rese conto dell’altro che lo salutava ed usciva silenziosamente dalla stanza e non fece niente di significativo per fermarlo o rassicurarlo in qualche modo. Non ci riusciva. Quella mattina non era nessuno se non Gilbert, un semplice ragazzo affetto da albinismo, mentre adesso dentro di lui si riversavano ad una velocità spaventosa quantità immense di ricordi che sconvolgevano il suo cuore e gli toglievano il respiro per lasciarlo solo un corpo morente in balia della più cruda realtà esattamente come i suoi numerosi diari che adesso per necessità gli circondavano in pile più o meno alte il letto. Aveva paura e sapeva che nonostante le belle parole che gli aveva sussurrato Roderich con dolcezza e Ludwig con affetto  non sarebbe, per lo meno a breve, riuscito ad uscire da quella stanza dove li avrebbe trovati pronti ad aiutarlo. Si perse a guardare i mobili che stavano iniziando a diventare dei contorni famigliari. Profili che studiò senza un vero interesse per buona parte del pomeriggio finché non divennero contorni scuri ed indefiniti nelle ombre dorate che regalava il tramonto per poi cedere il passo alla fredda notte berlinese.

 

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Capitolo 4
*** Quarto soffio: Il rosso della fine, Il celeste di quel cielo amato ***


Autore : Eisen im Blunt
Titolo 
Der Atem eines Speicher 
Fandom : Axis Power Hetalia
Personaggi : Austria/ Roderich Edelstein, Prussia/ Gilbert Beilschmidt
Pair : PruAus
Genere : Drammatico, Introspettivo
Raiting : Ho voluto iniziare con il verde ma avviso che potrebbe salire a giallo

Note : 
 Salve a tutti ! 
Eccomi con il quarto capitolo e penultimo di questa fanfiction. Con questo aggiornamento raggiungiamo il climax che ci porterà alla conclusione. Come sempre mi auguro vi possa piacere e ringrazio in anticipo chi avrà il tempo di leggere questo capitolo e magari lasciare una piccola recensione. 


Buona lettura !



Coppia: PrussiaXAustria
AU: Amnesia 
Canzone: How to save a life
Citazione: La gente muore solo quando viene dimenticata -Isabel Allende

 



Q U A R T O  S O F F I O:
Il rosso della fine, Il celeste di quel cielo amato



As he begins to raise his voice
You lower yours and grant him one last choice
Drive until you lose the road
Or break with the ones you've followed
He will do one of two things
He will admit to everything
Or he'll say he's just not the same
And you'll begin to wonder why you came

How to safe a life -The Fray




 
Una volta che riuscì a calmarsi e trovare quel barlume di sé, naufrago in quel mare di ricordi ribollenti ed insidiosi, l’albino iniziò a prepararsi per la notte. Rassicurò e congedò di sfuggita il tedesco, dalla porta della propria stanza, che da bravo soldato quale iniziava a ricordare fosse era rimasto per tutto il pomeriggio in allerta pronto ad affrontare ogni possibile problema e sicuramente in pensiero. Un moto di dolcezza e malinconia assieme prese possesso del cuore del prussiano mentre chiudeva la porta ed un pensiero gli passò per la mente prima che il giovane lo reprimesse con un moto di fastidio ed antico terrore. Era talmente perfetto, anche nelle sue mille sfaccettature, che forse era giunta l’ora di passare il testimone  certo che sarebbe riuscito a sopravvivere anche a questo. Questo pensiero fortunatamente solo una piccola fiamma, assieme a tutte le altre che gli riempivano la mente, fu ben presto, nonostante il malumore che l’aveva colto, messo a tacere con un sospiro. Una dormita era tutto quello che gli serviva e confidava che gli avrebbe portato consiglio ed un po’ di serenità. Se avesse saputo cosa lo aspettava una volta chiuso gli occhi e racchiuso nel calore rassicurante delle proprie coperte forse non avrebbe mai acconsentito ad addormentarsi e soprattutto a dormire con la sola compagnia dei propri ricordi.

….
-Continua a camminare altrimenti ti lascio indietro
-Dopo tutta la fatica fatta per ottenermi mi lasceresti qui in mezzo alla tua fottuta neve ?
-Certamente Prussija ! Una volta averti piegato a che servi ? Sei come un giocattolo rotto, ma resti il mio giocattolo da ?

Ero perso in quella distesa fatta di neve e macchiata dal mio sangue che la mente mi riportava fin troppo minuziosamente davanti agli occhi assieme a quelle parole che lasciavano già presagire quale sarebbe stato il mio futuro in territorio sovietico -Nonostante sperassi ancora di esser semplicemente relegato al lavoro d'ufficio e lasciato in pace nei miei momenti liberi- Quando il rumore acuto del campanello mi sopraggiunse alle orecchie ridestandomi da quel mare bianco. 
Suonano al campanello.
Qualcuno venuto in visita e magari proprio per cercare e parlare con me nonostante la mia nuova condizione. Una dolce illusione. Che belle e semplici parole così lontane dalla realtà che avevo vissuto per tutti quegli anni dove l'unica persona con cui avevo dei contatti degni di questo nome era il mio aguzzino e in maniera seppur minore le altre nazioni a lui sottoposte come i Baltici. 
Mi alzai dal divano attento a non fare dei movimenti bruschi ed inutili per non sforzare le ferite ancora delicate ed avvolte in più strati di bende come se volessero tenermi assieme e non permettermi di cadere in mille pezzi. Una cosa divertente ed illogica se ci penso adesso, ma che mi porta ugualmente a sorridere increspando dolcemente le labbra mentre mi scambiai una veloce occhiata con il mio pulcino piumato. Dovrei smetterla di essere così negativo e di pensare ancora alla mia prigionia ormai solo un brutto ricordo che si sarebbe andato a sommare a tutti quelli che avevo impilato dentro di me. 
Arrivai davanti alla porta e molto lentamente con il fianco che aveva iniziato a pungermi all'altezza della mia più profonda e recente cicatrice la aprii girando il pomolo della porta sbirciando da dietro la porta chi fosse il loro visitatore

-....Ja ?

Roderich.
Austria.
Österreich.
Mi bloccai di colpo incredulo nel vedere chi avevo davanti prima di recuperare tutto il mio autocontrollo celando le mie emozioni dietro un sorriso cordiale e perplesso assieme. Aprii quella porta come l’etichetta richiedeva, con un gesto deciso e controllato al contempo, sorridendo veramente rasserenato di vedere quella che era, a sua insaputa, la persona che mi era mancata di più tra tutte le altre, e che a dispetto di quanto mi ero ripromesso quando era stato portato via da Berlino, non lo saprà mai. Dimagrito, pallido, ostinato e forte come lo avevo lasciato. Lo vidi perdere la presa sulla stampella che gli serviva come appoggio per tutto il peso del corpo ancora non propriamente in forze e probabilmente condizionato dalla guerra malsana che avevano portato avanti e che aveva lasciato su tutti loro -Chi più chi meno- un segno tangibile ed indelebile, tuttavia non feci fatica ad immaginare anche che il moro davanti a me in quel momento tentasse costantemente di nascondere sia agli altri sia a se stesso le sue vere condizioni negando a chiunque con ostinazione la possibilità di offrirgli un aiuto. Esattamente come per l'uomo che vidi dietro di lui intento a portare una carrozzina probabilmente per non affaticarsi ulteriormente durante gli spostamenti. Sgranai nuovamente gli occhi quando mi sentii circondato dalle sue braccia e stretto a lui in quello che era a tutti gli effetti un abbraccio nonostante il mio cervello non lo volesse elaborare come tale e farsi delle sciocche illusioni. Per un istante fui sul punto di ricambiarlo e stringerlo con maggiore forza, cercando di colmare con quel gesto tutti gli anni di distanza che si erano accumulati nelle nostre vite, tentato anche di confessargli tutto quello che avevo sempre sentito per lui e di come la mia vita era stata un inferno lontano da loro e da quella che restava sempre la mia casa. Deboli confessioni che non avrebbero fatto altro che farli crollare come della neve sciolta al sole. Poi, con un rammarico ben celato sotto la mia solita espressione, orgogliosa e beffarda, lasciai che l'austriaco si ritrasse con un espressione tra il commosso, l'incredulo e l'agitato.  

-Calmati Roderich. Io sono ancora qui. Vivo.

Un sussurro lento e rassicurante legando il mio sguardo a quello altrui mentre allungavo una mano verso il suo viso, disegnando con le dita i contorni che segretamente adoravo, prima di aprire le labbra in un nuovo sorriso ricambiando quello altrui e di prendere una decisione. Lo presi tra le braccia suscitando sorprese proteste, beandomi anche di quel breve contatto che mi faceva urlare di dolore le ferite, mentre lo accomodai con dolcezza sul divano accanto a me. Lo studiai per una manciata di minuti in completo silenzio inclinando solamente di poco il capo nella sua direzione per osservarlo meglio di come avevo appena fatto. Semplicemente con gli occhi sanguigni fissi sul suo viso per ricercare quelli altrui che tormentati da qualcosa mi sfuggivano e mi lasciavano insoddisfatto ed interdetto

-Roderich … Cosa ti preoccupa davvero ? 

Lo guardai attento mentre nel silenzio quasi assordante della stanza gli feci quella domanda. Avevo capito che c'era sotto qualcosa, oltre allo stupore per la sua presenza a Berlino ancora vivo ovviamente, ma non riusciva a capire cosa fosse. 
Forse dubitava delle mie parole e riusciva davvero a capire come in realtà fossi a pezzi ? 

-Niente.. Comunque...

Aggiunge volgendo il capo dall'altra parte, con orgoglio, esattamente lo stesso che frenava anche i miei gesti.
Siamo pur sempre stati nemici. Siamo stati avversari. Siamo sempre stati orgogliosi.
E così dovremo restare.

-... mi fa piacere che tu sia vivo.

…..

Un urlo appena soffocato dal tessuto umido  che lo avvolgeva da più ore ruppe il silenzio notturno che aveva avvolto l’intera casa destandolo con il cuore in gola. Il suo sguardo rubino si aprì verso il soffitto della sua stanza e per un attimo non riuscì davvero a mettere a fuoco quanto vedeva reso cieco dal sonno e dai ricordi che ancora vedeva davanti. La guerra, la paura, la sua morte, il ritorno e la sua nuova realtà. Sconvolto non riuscì a muoversi per diversi minuti, paralizzato, non riuscì a fare altro se non vedere come la neve della sua amata terra si era indelebilmente macchiata di sangue, il suo e quello del suo popolo, fino a scomparire.
Anche lui sarebbe scomparso ?
Represse a fatica un brivido gelido che gli corse lungo la schiena portandolo a tremare nuovamente tra le coperte ormai percepite di più come una costrizione che come una protezione tirandole fino a scoprirsi per uscirne.  Un bisogno per il Gilbert di adesso sconosciuto ed improrogabile si fece strada nel suo cuore e subito si mosse verso la porta della propria camera intenzionato a porvi rimedio con il favore della notte. Camminò con passo felpato per i corridoi di quella che iniziava a riconoscere come la propria casa con in mente la sua destinazione. Per quanto potesse essere umiliante non stava bene. Non impiegò troppo tempo a palesarsi davanti a lui la porta della camera degli ospiti dove sapeva vi avrebbe trovato l’austriaco. Un attimo d’esitazione e timore per la sua visita probabilmente inappropriata , paura prontamente dissolta dallo spicchio di luce che s’intravedeva da sotto lo stipite in legno,  prima di fare un respiro profondo privando il mondo delle proprie iridi.

-Roderich ? Posso entrare ?
- Ja, la porta è aperta, entra

Una richiesta semplice e difficile al contempo da pronunciare mentre con le nocche di una mano picchiettava il legno chiaro di quella porta. Implicita per il suo testardo orgoglio. Reale nel suo bisogno di averlo vicino. L’albino per un attimo chiuse gli occhi mentre su invito altrui entrava nella stanza per trovarlo anch’egli sveglio ed intento a leggere un libro che venne prontamente abbassato e successivamente abbandonato sul ripiano del comodino.

-Ehm.. Non riuscivo a dormire
-Neanch’io
-…Ehm..

Un ottimo inizio che non fece altro che aumentare il silenzio carico d’imbarazzo e tensione che si era venuto a creare non appena aveva messo piede in quella stanza. Grande mossa. L’albino si portò una mano a massaggiarsi il collo esile mentre distoglieva lo sguardo dal viso altrui palesemente in cerca delle parole più appropriate con cui giustificare la sua presenza senza trovarne di reali prima di indicare con curiosità e rassegnazione il libro precedentemente abbandonato

-Che libro è ?
- Il pianista sull’oceano
-Un libro poco allegro nein ?
-Se fossi tranquillo ed allegro probabilmente starei dormendo non credi ?
-In effetti
-Come mai tu non riesci a dormire ?

Eccola la fatidica domanda che temeva e desiderava ricevere. Non avrebbe saputo mentire, almeno non questa volta, quindi a disagio lo osservò di sfuggita mentre si mordicchiava per un istante le labbra e lasciava cadere lungo il fianco la propria mano. Restò in silenzio per diversi secondi, in cerca delle parole migliori che potesse donargli,  mentre con le dita prese a tormentare la cucitura della manica che gli copriva parzialmente il polso. Poteva davvero rispondergli senza timori ?

- Avevo voglia di fare una passeggiata
-Seriamente ?
-Perché ? Uno non può farsi una passeggiata in casa propria ? Sono forse un recluso ?
-Ja
-Non essere troppo diretto nel dirmelo
-Non apprezzi forse la mia sincerità ?
-…. Nein
-E’ un peccato allora
-Ho recuperato un'altra porzione dei miei ricordi
-Ah..
-E voglio fare una cosa

Lo osserva con fermezza e le labbra distese in un ghigno irriverente ed orgoglioso com’era proprio della sua natura mentre gli si avvicina posando con gentilezza e decisione le dita ed il palmo di una mano sulla guancia altrui. Come se quello fosse il suo posto e la giusta distanza tra di loro. Non gli lascia neppure il tempo di sottrarsi davvero alla propria presa ed al proprio sguardo mentre si siede sul bordo del letto avvicinandoselo ancora di più a sé.

-Non opponi resistenza ?
-Dovrei?
-Non te lo lascerei fare e lo sai

Fu lentissimo all’inizio.
Una carezza a labbra strette, dolce e silenziosa, con gli occhi socchiusi e le orecchie in fiamme, testimoni indesiderate dei sentimenti che venivano svelati, le fronti che quasi si toccavano in carezze appena percettibili. La sua stretta attorno alla sua vita si strinse di più e un attimo dopo le sue labbra erano premute nuovamente contro quelle del moro. L’austriaco gemette piano, per quella nuova intrusione, ben più che gradita come ulteriore proseguimento di quanto iniziato, il bacio precedente era durato troppo poco per entrambi.
Si guardarono per qualche istante, senza dire una parola.
L’albino cercò una risposta negli occhi di Roderich, quei suoi occhi viola così vicini ai suoi sia per colore sia per storia e sentimenti condivisi, ma non trovò niente di tutto quello. Quando Gilbert lo baciò di nuovo, Roderich gli venne incontro. Tra di loro risuonò uno schiocco basso e umido, prolungato, un suono che si unì con armonia con il respiro che sentivano entrambi soffiare bollente sulle guance. Prima di separarsi e l’albino liberarlo dalla sua presa sulla sua vita osservandolo solamente in attesa di quella domanda, sbagliata e legittima al contempo, che avrebbe messo fine a quel momento.

Mi sei mancato

-Ti sei ricordato tutto ?
-Nein
-Allora perché lo hai fatto ?
-Non lo so
-Hai seguito l’impulso del momento?
-Non lo so
-Sai dirmi solo questo ?
-Mi dispiace
-Lasciami andare e non farti vedere ulteriormente da me

Non avendo di meglio con cui ribattere e trattenerlo vicino a se il prussiano si vide allontanato dalle mani altrui poggiate sulle proprie spalle, con decisione nonostante il tremore che le scuoteva, mentre il suo cuore finiva di spezzarsi in un ultimo battito. Abbassò lo sguardo cremisi ben conscio di aver fatto lo stesso con quello altrui con i suoi gesti insensati. Probabilmente non sarebbe stato facile perdonarsi del tutto per quello che aveva fatto, indipendentemente dalle giustificazioni che poteva avere, quindi semplicemente assecondò il volere altrui con dolore. In silenzio l’albino si alzò dal letto e si avviò con lo sguardo a livello del pavimento fino alla porta mentre la propria mente crollava dietro l’espressione fredda ed impassibile che aveva preso possesso del suo volto. Si concesse solo un’ultima occhiata verso il viso di colui che amava prima di aprire in silenzio quella porta e richiudersela alle spalle. Percorse a ritroso la strada verso la sua camera dove una volta raggiunto il suo interno recuperò i vestiti che aveva indossato quella mattina e con i quali aveva iniziato quella nuova vita rivestendosi con essi.
Non seppe che altro dire.
Non seppe che altro fare.
Seppe di non avere una vera scelta in merito.
Sarebbe uscito a prendere un po’ di frescura mattutina, per le strade della sua amata città, cercando di liberarsi la mente e di ritornare ad essere la sorridente e spensierata nazione che era ogni giorno.
Che aveva scelto di essere per ogni giorno a venire.
Aprì la porta della propria camera e successivamente quella dell’ingresso attento a non farsi udire da nessuna delle altre nazioni presenti in casa e silenziosamente uscì chiudendosela alle spalle in un suono ovattato prima di girarsi verso il pianerottolo ed alzare il proprio sguardo cremisi al cielo ancora stellato sopra di se.

-Ich liebe dich

Un semplice sussurro che rivelava i suoi sentimenti troppo a lungo taciuti. L’amore che aveva impiegato ben due secoli a nascere e che in un soffio ha perso quella mattina al suo risveglio. Iniziò a camminare nei pochi spicchi di luce che gli offriva la luna diretto verso le fredde luci della città in lontananza.
Camminò.
E sperò di diventare come il ricordo che continuava ad albergare nel cuore di suo fratello e della sua gente.
Un aquila nera che solcava il cielo ceruleo del Nord.
 

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Capitolo 5
*** Quinto soffio: Il viola dell'inizio ***


Autore : Eisen im Blunt
Titolo 
Der Atem eines Speicher 
Fandom : Axis Power Hetalia
Personaggi : Austria/ Roderich Edelstein, Prussia/ Gilbert Beilschmidt
Pair : PruAus
Genere : Drammatico, Introspettivo
Raiting : Ho voluto iniziare con il verde ma avviso che potrebbe salire a giallo

Note : 
 Salve a tutti ! 
Con questo aggiornamento, l'ennesimo ed ultimo, ho raggiunto finalmente la fine che mi ero prefissata per questa fanfiction. Spero vi sia piaciuta tanto quanto è piaciuto a me scriverla (E piangere su questi due bellissimi testoni ovviamente). Come sempre ringrazio tutti quelli che leggeranno e lasceranno una piccola recensione.
Buona lettura !


P.S. : Colgo anche l'occasione per ringraziare AerisAki per la sua recensione (E per la sua costante pazienza nel sopportarmi sempre) e rivelarle che in realtà questa storia era un regalo per lei <3 La mia Roderich in fondo 


Coppia: PrussiaXAustria
AU: Amnesia 
Canzone: How to save a life
Citazione: La gente muore solo quando viene dimenticata -Isabel Allende

 



Q U I N T O  S O F F I O:
Il viola dell'inizio




 
Camminò per un tempo che gli parve indefinito viaggiando sull’onda sempre crescente di sensazioni che gli donavano i suoi ricordi. Felicità, malinconia, dolcezza, amarezza. Lentamente si fece strada nella neve, tenendo le mani nascoste nelle tasche del lungo e caldo giubbotto nero che aveva avuto il buonsenso di prendere, mentre nascondeva il viso nel bavero alzato di quest’ultimo privandolo alla vista altrui .
Si sentiva tremendamente fuori posto in quella casa, ed in quella vita a dirla tutta, esattamente la stessa sensazione che lo aveva colto la sera prima mentre salutava con dolcezza il tedesco. Aveva vissuto la sua vita fino in fondo ed adesso era libero di andarsene. Si fermò per alcuni minuti, alzando la testa verso il cielo scuro e carico di neve, che non si fece aspettare troppo.
Alcuni fiocchi iniziarono a scivolare giù, incuranti di ogni cosa sotto di loro, posandosi sul suo naso già intorpidito dal freddo del prussiano che fecero per l’appunto sbuffare Gilbert di irritazione.
Il momento adatto per mettersi a nevicare.
Riprese a camminare silenziosamente, ora con la testa più incassata fra le spalle portate in avanti come per proteggersi e gli occhi bassi e quasi chiusi, persi in chissà quale riflessione. Perché quella mattina la sua vita era finita ? Scivolò con noncuranza in un viale, sbucando infine proprio all’entrata del parco, aperto anche a quell’ora della notte.
Gli era sempre piaciuto camminare nel verde che sapeva donargli una foresta, per quanto piccola come quella di un parco cittadino, quindi una volta tra quei rami si sentì finalmente protetto. Più volte rischiò di cadere o farsi del male contro un ramo più sporgente degli altri, visto che non guardava esattamente dove lo stavano conducendo i suoi passi, e si fermò solo quando sentì il dislivello sotto i piedi e notò delle assi comporre il cammino. Assi di legno pulite alla buona per far si che la neve, frequente in quel periodo dell'anno, non provocasse spiacevoli cadute ai passanti. Gilbert alzò lo sguardo, studiando il luogo dove si trovava, rimanendo silenzioso e assorto, ancora troppo confuso e ferito per avere una qualsivoglia emozione o pensiero veramente lucido.
Era uno di quei vecchi ponti che passavano ad arco sopra il lago, in quel periodo ghiacciato, che si trovava in uno dei parchi vicino alla casa che condivideva con il fratello.
Appoggiò le mani avvolte nei guanti neri e caldi sul leggero corrimano di legno, coperto da un sottile strato di acqua appena formatasi, lasciando correre lo sguardo davanti a sé, sul corso di quel lago ghiacciato, prima di socchiudere le palpebre sulle iridi cremisi.
Tanto assorto come era non sentì l’avvicinarsi di qualcuno dietro di sé finché delle braccia a lui famigliari non gli avvolsero il busto in quello che era chiaramente un abbraccio sentendo contro la base del collo il respiro, soffice e sottile, di una persona che lui conosceva quasi in modo doloroso. Roderich. Aveva pensato con rinnovata sofferenza anche a lui, in continue pugnalate per la sua mente ancora fragile per quanto era successo con l’austriaco, prima di trovare un filo nella sua memoria e provare ad avvolgerlo fino alla sua sommità recuperando ogni loro momento dentro di se.

La nostra relazione  per quasi due secoli è stata un continuo ciclo di attese e di momenti mancati ma adesso non sarà più così e ci penserò io a proteggerla
Ich liebe dich
Ich auch Roderich


Delicati frammenti di dolcezza , d’amarezza, d’amore e di momenti mancati ritornarono al loro posto nel cuore dell’albino e decise di non andare. Per amore. Per quel loro rapporto, unico ed assoluto, che aveva impiegato così tanto a nascere e che non voleva privarsi egoisticamente di niente.
Per se stesso e per il giovane, orgoglioso come pochi, che lo stava tenendo vicino a se.




 
La gente muore solo quando viene dimenticata
Isabel Allende 




 
- Sei un idiota !
- Danke schon mein liebe
- Cosa stai facendo qui fuori nel cuore della notte ?
- Non eri arrabbiato con me ?
- Lo sono ancora dumm
- Mi dispiace averti ferito
- ….
- Anche la prima volta che ti ho rivelato i miei sentimenti e baciato stava nevicando
- Was ?
-Ora ricordo tutto
-Bugiardo
-A che pro mentire su una cosa del genere ?
Comunque stavi mangiando un cioccolatino ed io con la scusa di volertelo rubare ne ho approfittato rubandoti un bacio sulle labbra
-Ti ricordi davvero
-Ja




 
Due figure sulla strada del ritorno.
Vicine.
Mano nella mano.
Salvate.
 

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