Operazione Cerca & Distruggi in Sole Quarantotto Ore di Subutai Khan (/viewuser.php?uid=51)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bisognerà pur svagarsi in qualche modo alle poste ***
Capitolo 2: *** Prendere a picconate eterei sogni di paradiso ***
Capitolo 3: *** Tu mica mi stai tanto simpatico, lo sai? ***
Capitolo 4: *** Lettera d'andata e... ***
Capitolo 5: *** ...lettera di ritorno ***
Capitolo 6: *** Una festa molto particolare, alla quale saranno invitati tutti... ***
Capitolo 7: *** Una festa molto particolare, alla quale non sarà invitato quasi nessuno... ***
Capitolo 1 *** Bisognerà pur svagarsi in qualche modo alle poste ***
“Oh porca
puttana, due ore e mezza! Due fottute ore e mezza per pagare un cazzo
di bollettino!”.
“Ehilà.
Come butta?”.
“Uh? Tu chi
sei?”.
“Un
passante”.
“Un
passante? Alle poste?”.
“Un
passante. Alle poste. Sono qui per ridere di voi poveri sfigati a cui
tocca perdere almeno mezza giornata in questi gironi
danteschi”.
“...ringrazia
che non ho tempo da perdere”.
“Oh,
ringrazio eccome. So bene che non puoi lasciare il tuo caldo posticino
di anima dannata, altrimenti almeno altri venti mentecatti ti
spediranno a calci nel sedere in fondo alla fila. E qui ti sei
già giocato abbastanza cellule cerebrali, no?”.
“...”.
“Suvvia,
quello sguardo da serial killer non si addice a qualcuno che si sta
volontariamente sottoponendo a una delle peggiori torture del mondo
moderno. Mi chiedo, perché non risolvere il problema alla
radice entrando in questo posto armato di lanciafiamme per bruciare
tutti coloro che ti stanno davanti? Rapido, comodo, indolore”.
“...”.
“Oppure puoi
uscire da questo posto di perdizione sbraitando bestemmie a tutte le
più alte sfere del Paradiso, usare il pezzetto di carta che
al momento tieni in mano come freccetta per abbattere qualche uccellino
innocente, sederti a meditare sull'asfalto, giungere all'illuminazione
come Siddharta sotto al suo albero, mollare questa vita di stenti e
andare in qualche monastero buddhista in Nepal o in
Kamchatka”.
“...”.
“Ebbene
sì, sono libero di sfotterti in lungo e in largo e tu sei
impotente. Hai mani, piedi, caviglie e tentacoli legati. A meno che non
voglia pagare lo sfregio ultimo”.
“...”.
“Quindi vedi
di star zitto e lasciami parlare. Vedi, tutto si riduce a...”.
DRIIIIN. DRIIIIN.
“Scusa, mi
reclamano”.
CLICK.
“Pronto? Ah,
ciao Diarrea. Come butta, vecchia merda scuoiata? Come dove sono? Sai
che giorno è oggi, no? Ecco, e sai cosa faccio tutti i
mercoledì. Vedi di far funzionare quella massa di letame del
tuo cervello se ci riesci. Oggi casca bene, la vittima del momento ha
la faccia di uno che, se solo potesse, mi servirebbe crudo senza
neanche un'ombra di decorazione nel piatto. No, neanche il Chianti. Che
schifo, già. Gente priva di buon gusto. E allora niente,
adesso vedo se riesco a portarlo al punto X. Sì, ci vediamo
stasera a casa di Colera per il solito porno settimanale. Rimming?
Occazzo, quella roba è pesante forte. E va beh, se s'ha da
fa… va bene, ci si becca poi rancidume. Au revoir”.
“...”.
“Chiedo
venia per l'interruzione, vecchi amici un po' ingenui che si
intromettono quando non dovrebbero. Dove eravamo rimasti? Giusto, al
tuo furiosissimo sdegno. Che immagino tu stia pensando di sfogare su di
me. Il che, a una superficiale analisi, potrebbe risultare lo scenario
più appagante. Ma a conti fatti risulta il più
stupido. In questo momento io non sono il tuo nemico, sono solo uno che
ti sta facendo presente quanto parossistica e grottesca sia la
tua attuale situazione. Perché non rivolgi la tua giusta ira
a chi ti sopravanza in questo crudele gioco per la
sopravvivenza?”.
“...”.
“Avanti, si
tratta solo di lasciarsi andare un po' e dare libero sfogo alla
rabbia”.
“...”.
“Io
aspetto”.
“...GROOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOAR!
VI AMMAZZO TUTTI, BASTARDI!”.
“Adoro i
piani ben riusciti”. |
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Capitolo 2 *** Prendere a picconate eterei sogni di paradiso ***
Rimanere aggrappati a
un sogno meraviglioso, eh?
Per favore. Che stronzata col botto.
Classica frase da film melenso del cazzo, mirata a un pubblico di
età bassa e cultura presumo ancora più bassa che
si beve senza questionare qualsiasi vaccata vagamente romantica
vomitata da un personaggio fittizio col sorriso smagliante. Ricordate,
true art is angsty.
Quando la gente si metterà in testa che le favole sono
troiate? Che non per tutti arriva il principe azzurro, o l'equivalente
in gonnella, a salvarci dall'orco cattivo che ci vuole divorare? Che a
volte l'orco ci divora sul serio, nell'indifferenza generale?
Basta santo cielo, basta. Non ne posso più di sentire e/o
leggere simili cagate.
Cercherò di essere più chiaro, se riesco: tutti i
tròpos letterali questo sono, tròpos.
Non esiste il principe azzurro.
Non esiste il cattivone che dall'alto del suo trono ride con la risata
malvagia™ quando il suo piano malefico è all'apice
del successo.
Non esiste il lieto fine da fiaba con i nani che festeggiano il
matrimonio fra Biancaneve e il suo fustaccione.
Non sempre, almeno.
Magari tu… sì, tu che stai leggendo proprio ora.
Magari tu sei uno dei fortunati che incontrerà una o
più di queste cose nel corso della propria esistenza. In tal
caso puoi considerarti baciato dalla sorte, o dalla sfiga a seconda dei
punti di vista. Ma facilmente sarà la prima,
perché spesso le perle vengono consegnate ai porci.
Ora, chiedo gentilmente a chi legge di appoggiare i forconi. Non serve
spingersi a tanto.
Insomma, capisco la necessità di staccare dalla routine, dal
tran tran, dalla solita vita squallida e piatta.
Ma ci sono modi meno nocivi per farlo.
Ad esempio ascoltate i Sabaton. Costoro cantano dei tre cobra fumanti
brasiliani, della Divisione Fantasma al comando di Rommel che invade la
Francia a velocità supersonica, di quel fottuto Superman di
Audie Murphy, di Simo Häyhä che con un fucile delle
guerre puniche uccide cinquecento sovietici in un mese, delle
mirabolanti gesta guerresche del Leone del Nord Gustavo Adolfo. Mi
sento tranquillo affermando che voi probabilmente non siete Rommel, non
siete Audie Murphy, non siete Simo Häyhä e non siete
Gustavo Adolfo.
Oppure giocate a D&D. Create un dannato mind flayer non-morto e
sterminate qualunque cosa si muova. O, se vi volete fare del male,
c'è sempre il monaco epico della quarta edizione che a
quanto pare è una specie di divinità capace di
schivare anche le gocce di pioggia.
Voglio dire, sfogare le manie di onnipotenza si può. E fa
bene, è terapeutico, ci dà quel giusto distacco
dal grigiore della moglie mestruata, del cane malato e del mutuo che scade.
Solo che, a mio non modesto parere, cercare questa cosa nella vita
reale è controproducente.
Per come la vedo io il discorso è semplice: vuoi una vita da
fiaba? Bene, perfetto. Divorzia o molla la dolce metà, vendi
tutto quello che possiedi e fai una scelta filosofica di un certo
impatto. Se non ne sei disposto, hai paura, pensi sia una
follia… per carità, tutti problemi validi e
spesso incontestabili. Ma allora non sognare a occhi aperti un
palestrato intelligente come un tombino che ti entra dalla finestra nel
cuore della notte per rapirti e portarti nella sua torre a fare sesso
forsennato non-stop.
Non funziona così. |
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Capitolo 3 *** Tu mica mi stai tanto simpatico, lo sai? ***
Complimenti, dottor Rosman.
Due tracce, due frasi, due stronzate.
Difficile fare meglio, lo sa?
Cosa abbiamo ora? Oh sì, la perla di saggezza per gli
allocchi secondo la quale avere paura non è un motivo
sufficiente per fuggire.
…
Mi sento quasi offeso dalla stupidità di questa affermazione.
Vediamo da dove cominciare.
La povera protagonista di The Perfect Man (che sulla fiducia
classificherò come puttanata colossale) si è
cagata sotto per qualche motivo, immagino collegato al suo bello che
(in)giustamente la cazzia perché non sa prendersi i
metaforici coglioni in mano.
Ok.
Adesso sarò io a dare una notizia a lei, esimio: lo sa che
gli eroi che affrontano a petto in fuori la paura sono rari come i
pesci gialli striati di marroncino shocking delle Antille del sud-est?
Che noi misere, immeritevoli persone normali non sempre sappiamo avere
la forza per scalare gli scogli con i denti?
Come si suol dire son
tutti froci col culo degli altri.
Mi piacerebbe vederlo all'opera, questo campione della frase ad effetto
gratuita. Ad esempio, chessò, vederlo mentre un tizio alto
come il Nanga Parbat minaccia di pestarlo a sangue perché
gli ha versato per sbaglio il caffè sui jeans.
Voglio vederlo non mettersi le ali ai piedi, o in alternativa chiamare
in tempo zero la guardia nazionale per farsi proteggere.
No no, lei deve predicare bene e razzolare bene.
In questa situazione deve prendersi i coglioni in mano, e il suo sesso
le permette di compiere fisicamente l'azione, e alzarsi in piedi per
affrontare a muso duro il marrano. Che, tanto per rimanere in linea con
lo stereotipo, la farà finire sottoterra con un singolo
pugno in testa. Tipo Bud Spencer ai tempi d'oro.
Poi va bene, l'esempio in questione è anche piuttosto
gratuito. Ditemi in che modo ciò lo rende meno valido.
Che c'è di male nel fuggire se l'ostacolo è
invalicabile, che sia per motivi terra terra o per ragioni
più emotive? No, davvero. Mi si spieghi perché mi
devo vergognare per aver cercato di preservare la mia sanità.
In effetti, se mi fermo a ragionarci sopra un attimo, non dovrei
stupirmene. Per qualche astruso motivo, questo è il tipo di
frase con le lucette che viene messa sul retro-copertina per rendere il
libro appetibile, o similarmente sul retro del DVD in caso di film.
Dimentico che la gente non vuole sentirsi ricordare da un libro o da un
film le proprie debolezze più smaccate.
Ingenuo da parte mia, lo ammetto. Ma il punto rimane.
Rivendico il mio diritto ad avere paura e a non dovermi giustificare
con nessuno che non sia me stesso. Si vuol sperare che dopo
abbia il buon gusto di pentirmene, di fare ammenda e di ripropormi di
comportarmi diversamente in un'occasione futura.
Ma niente, il punto rimane sempre.
Sa com'è, il più delle volte noi peoni che
conduciamo un'esistenza umile non risplendiamo esattamente per coraggio.
Non tutti siamo i geniali, illuminati, fortissimi personaggi di un
qualche suo filmetto. E per fortuna, mi viene da aggiungere. |
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Capitolo 4 *** Lettera d'andata e... ***
Cara
Komo,
ti scrivo questa lettera pochi giorni dopo il combattimento
di Moji.
In
realtà ha poco senso scriverti una lettera, ci vediamo
sempre e passiamo lunghi momenti delle nostre giornate insieme.
Però ho sentito la necessità di qualcosa di
più duraturo rispetto a un'effimera chiacchiera, ecco.
Come
sai tocca a me. Sarò il nuovo pilota di Zearth, il nuovo
agnello sacrificale da portare sull'altare della salvezza del mondo.
Lo
accetto. Non l'ho voluto, è vero, ma ormai non mi resta che
accettarlo. Di Kako ce n'è bastato e avanzato uno solo.
Tu
sei più fortunata di me. So che hai parlato con tuo padre di
tutto questo, so che i tuoi sanno di Zearth e di cosa comporta
l'esserci invischiati. Io non ho questo lusso, devo far finta di niente
mentre accompagno mia madre e il suo passeggero a fare la spesa e le
tengo le borse perché è meglio che non si sforzi.
Una donna incinta di otto mesi abbondanti non deve portare chili di
omogenizzati e pappine, le fa male. Ti invidio per questo.
Fa
nulla, lo accetto. Non te ne sto facendo una colpa, figurati. Capisco
bene come tu sia stata costretta a doverglielo rivelare, altrimenti non
avremmo avuto l'aiuto del governo e dell'esercito. Ogni tanto ripenso
ai disastri a catena che avremmo combinato se fossimo rimasti in balia
di noi stessi e della nostra inesperienza nel campo. Cioè,
io modestamente me la cavo abbastanza ma non sono di sicuro uno
stratega militare degno di questo nome.
Waku
era tanto un bravo ragazzo e come tutti gli altri mi manca. Penso solo
che il suo eccessivo entusiasmo, accoppiato a una totale mancanza di
preparazione, avrebbe causato danni irreparabili alla nostra missione.
Ma d'altronde neanche lo sapeva, poveretto.
Basta
parlare male di chi non c'è più. È
irrispettoso da parte mia.
Bene,
che altro dire? Non molto in realtà, la vicinanza quasi
ossessiva che abbiamo mi toglie argomenti. Di certo non me ne
lamenterò.
Solo
una raccomandazione: non piangere per me, Komo. Da quando è
cominciata 'sta storia di Zearth ci sono stati morti a mucchi, uno in
più o uno in meno non fa differenza. Se ne fosse capace,
probabilmente quel robottone uscito dai miei sogni più
selvaggi di otaku riderebbe della nostra vita minuscola, breve,
insignificante. E comunque prima o poi tocca a tutti, nessuno escluso.
Inoltre, sempre ribadendo che non è stato nulla di davvero
voluto e che a ripensarci fa male comunque, la causa è la
più nobile possibile. Morire per salvare il mondo ha un che
di eroico di cui non mi voglio di certo privare. Peccato solo che, a
parte pochi eletti, non lo saprà nessuno.
Lo
accetto. Va bene così.
Sigh.
Ai tuoi occhi starò apparendo come una capace solo di
frignare. Non è l'immagine che voglio lasciare di me. Ti
assicuro che non è così. Ammetto di avere un po'
di paura… ma porca miseria, sono umana. Mi saranno concessi
dei momenti di debolezza, no?
Ok,
ora la smetto sul serio. Scusa.
Domani
a scuola ti consegnerò la lettera, sempre che sia ancora viva. Altrimenti lo farò nell'abitacolo di Zearth. Non mi fido delle poste.
Maki Ano
P.S.:
ho ridato a tua madre il pelapatate.
Il foglio sembra quasi
essere stato immerso in una bacinella d'acqua tanto è umido. |
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Capitolo 5 *** ...lettera di ritorno ***
Cara
Maki,
non so per quale motivo rispondo alla tua lettera del mese scorso. Sei morta da poco e io sto ancora soffrendo come non mi
era mai successo prima. Mai.
Ovviamente
non la potrai leggere. Ho scongiurato tua madre, a cui l'ho consegnata
di persona, di non aprire la busta e di fare in modo che nessuno lo faccia
per lei.
Quindi
queste parole si perderanno nel nulla, destinate a non essere mai lette
da anima viva se i miei desideri verranno rispettati. Visto che presto
ti raggiungerò non posso esserne sicura, ma mi piace sperare che sarà così.
Non
so neanche bene cosa dirti. Non ha neanche reale senso parlarti, non mi
puoi rispondere. Inoltre può darsi che io non possa
neanche partecipare al tuo funerale. Esatto, sono la prossima.
Questa
lettera non ha davvero motivo di esistere. Eppure la sto scrivendo
comunque, spinta da qualcosa di nero e profondo nella mia gola. O forse
è solo il residuo dell'ultimo gelato che abbiamo mangiato
assieme.
Dovevo
farlo e basta.
Dici
di invidiarmi perché i miei sanno del fato che mi attende
con Zearth. Beh, non sono sicura di essere in una posizione esattamente
invidiabile. Dopotutto morirò presto, che i miei genitori ne
siano a conoscenza o meno cambia davvero poco. Mamma, che passa le
giornate chiusa in camera a piangere, ne è la dimostrazione.
Immagino
di essere solo una ragazzina tremante e costretta a fronteggiare
qualcosa di molto più grande e spaventoso di lei che sta per
ingoiarla intera senza neanche masticare. Credo che questo stato
d'animo sia appartenuto un po' a tutti noi, a partire da Daichi. Quale
super-umano può guardare in faccia la morte con tanto
sprezzo del pericolo? Solo due persone mi vengono in mente: tu e Moji.
Moji
è stato semplicemente esemplare. Non ha mai mostrato la
minima crepa nella propria maschera di coraggio, sempre ammesso che di
maschera si trattasse.
Tu
non sei stata semplicemente esemplare. Tu sei andata oltre. Quel che
avevi in mano, la tua felice vita familiare, il fratellino in arrivo,
me se posso poco modestamente includermi nel lotto… sapevi
che ti si sarebbe sbriciolato tutto fra le dita e non hai fatto nemmeno
un minuscolo passo indietro. Non solo, ma ti sei pure presa la briga di
andare a rimproverare Ushiro per il suo comportamento scriteriato nei
confronti di Kana.
Cosa
credevi, che non lo sapessi? Tsk. Non sottovalutarmi.
Se
tu mi hai invidiata, io ti ammiro e ti rispetto. Razionalmente mi
rifiuto di credere a quanto sei stata grandiosa, è qualcosa
di troppo immenso perché il mio cervello lo possa concepire
appieno. So solo che il mio ricordo di te non potrebbe essere
più luminoso e bello di quanto non lo sia adesso.
E
di quanto non lo sarà per sempre, a prescindere dal fatto
che il mio corpo fisico morirà.
Possono
spegnermi mille volte come se fossi un vecchio catorcio buono per lo
sfasciacarrozze, non se ne andrà.
Ok,
forse il motivo per cui ti ho scritto questa lettera l'ho anche
trovato. Meglio così.
Va
bene, rischio di diventare melodrammatica e proprio non mi va.
Preferisco chiudere qui.
Purtroppo
ci vedremo presto. Mi manchi.
Takami
Komoda
P.S.: grazie per il pelapatate.
La carta è
bagnata in più punti. |
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Capitolo 6 *** Una festa molto particolare, alla quale saranno invitati tutti... ***
“Passa la
canna!”.
“Attento, mi
stai infilando il gomito in gola!”.
“Adesso te
la tiro la batteria in testa, bastardo!”.
Guardali. Tutti
ubriachi e fatti che fanno i minchioni senza il minimo freno.
Cazzo tipa, cerca di
non vomitarmi sulle scarpe per piacere!
Sono questi i momenti
in cui un pochino mi pento di essere astemio e di aver rigettato le
droghe ricreative dopo quell'apocalittico fine settimana ai tempi
dell'università. Davvero, se non sono morto tirando da un
bong che andava a fuoco non so cosa potrebbe uccidermi.
Mi siedo sorridendo
sulla più vicina sedia. La mia chiarezza mentale va a
scapito del divertimento, indubbiamente, ma ha anche i suoi vantaggi.
Vedere questa manica di idioti che cerca di farsi del male in maniera
volontaria e spassosa alleggerisce l'animo.
“Ehi,
Kenny!”.
Oh toh, c'è
una Sofia che si è seduta accanto a me con un boccale di
birra mezzo vuoto in mano. So che non è sbronza, i
Byarnashev hanno dalla loro una mitologica resistenza all'alcool. Le
leggende familiari raccontano di suo nonno campione nazionale di bevuta
nella Bulgaria degli anni cinquanta. Di sicuro lei porta avanti la
tradizione in maniera più che dignitosa.
“A quante
sei arrivata?”.
“Sesta. Non
sento il minimo effetto”.
“Bella
festa, vero?”.
“Sarà
ancora meglio quando, dopo la cinquantaduesima, sarò in
mezzo a quella bolgia a cercare di staccare le orecchie a morsi a
quella baldracca di Elizabeth”.
“Ancora non
riesci a farti passare quel vecchio sgarbo...”.
“Sai come
sono fatta, Zant. Considero uno sgarbo chiuso solo quando ho fatto
ingoiare al colpevole entrambi i tacchi delle mie scarpe”.
Annuisco, un piccolo
ghigno sul mio volto. Anche se la conosco da ormai quindici anni,
queste sue uscite non smettono mai di farmi divertire.
Dopo l'ennesima
sorsata si gira verso di me, un'ombra scura a rovinarle il sorriso:
“Dici che siamo abbastanza isolati per evitare
un'ispezione?”.
“Voglio
sperare di sì. Almeno, stando a sentire i genitori di
Jonathan dovremmo essere al sicuro. Il paese più vicino
è a tipo settanta chilometri”.
“Sono stati
gentili a imprestarci la baita”.
“Vero. Lui
ne sarebbe stato contento… di tutto questo,
intendo”.
“È
ironico. Jonathan Bergovich, uno dei più ferventi oppositori
del funerale obbligatorio, che si ritrova nella situazione di essere
involontario promotore di quest'atto di ribellione”.
“Nonostante
tutto dubito gli abbia fatto piacere doverci rimettere la pelle per
darci l'opportunità”.
“Oh, al
diavolo. Quel che è stato è stato, lui
è morto e noi stiamo ridendo e ballando sopra una sua
virtuale tomba. Che cosa c'è di male in questo, Kenny? Me lo
sai spiegare?”.
“Niente
Sofia, niente. È solo qualche parruccone del cazzo che si
è messo in testa di istituzionalizzare il lutto. Oggi avrei
sputato in faccia al prete se non avessi temuto di prendermi una
manganellata in piena faccia”.
“Siamo in
due, siamo in due”.
“Senti, non
c'è davvero niente di analcolico? Vorrei fare un brindisi
alla sua memoria”.
“Eddai
fighetta, per una volta bagnati le labbra con un po' di birra. Mica
è veleno. E poi l'occasione è talmente speciale
che ne vale la pena”.
Ma sai cosa? Ha ben
ragione.
Mi faccio passare una
lattina di Budweiser aperta.
“Alla salute
del nostro caro amico Jonathan e della sua morte”.
“Alla
salute”.
GLU GLU GLU.
Sì, questa
festa d'addio gli sarebbe proprio piaciuta. |
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Capitolo 7 *** Una festa molto particolare, alla quale non sarà invitato quasi nessuno... ***
“Perché
mi sono lasciato coinvolgere in 'sta cosa?”.
“Perché
sei il mio migliore amico”.
“Sì,
ma non vuol dire che debba sottopormi alle tue bizzarrie”.
“Sai che non
mi piace quando parli così di me e dei miei modi di
essere”.
“Sei
bizzarro, Amedeo. Inutile nasconderlo. Chi altri farebbe…
una scemata del genere?”.
“Oh avanti,
cos'ho fatto di così mostruoso adesso?”.
“Beh,
vediamo. Per esempio hai organizzato la tua festa di laurea con un
singolo invitato, cioè quel fortunello del sottoscritto,
mentre cacciavi a scarpate più o meno figurate la frotta di
gente che ti voleva far compagnia in questa occasione speciale. Ti
sembra abbastanza bizzarro?”.
“Non farmi
rispiegare il motivo, dai. Te l'ho già detto. O devo pensare
che cominci a soffrire di Alzheimer?”.
“Sì
sì, lo so bene il motivo. Ma ciononostante...”.
“Zut. Hai
bisogno di un ripasso e io sarò ben lieto di
fornirtelo”.
“Per l'amor
del cielo, tutto questo è ridicolo”.
“È
mia profonda convinzione che compleanni, matrimoni, feste di laurea,
anniversari per quando ti sei spidocchiato la prima volta…
siano fondamentalmente delle stronzate. Una scusa come un'altra per
ubriacarsi e fare i minchioni. Per quello basta aspettare il sabato
sera se proprio si tiene a sprecare il proprio tempo in tali,
censurabili maniere. Io penso che ci sia una e un'unica occasione che
vale la pena festeggiare, perché quella sì che
è davvero unica e irripetibile”.
“Solo un
tizio strano come te può voler festeggiare a un
funerale”.
“Forse sono
strano. Se ci tieni a definirmi così fai pure, non mi
offendo. Ma questo è quanto credo e non saranno le tue
sciocche rimostranze da borghese omologato alla massa a farmele
cambiare”.
“E adesso
attacca col pistolotto del sono
un fiocco di neve viola di quelli che ne cade uno ogni diecimila secoli.
Ti prego… no, zitto per favore. Ti chiedo un piacere: se la
smetti di ammorbarmi con tutte le tue stramberie, almeno per oggi,
possiamo finalmente bere questo maledetto caffè e passare la
giornata al meglio?”.
“...grunf.
Odio quando mi si interrompe. Ma sta bene, adesso non ho voglia di
questionare più del dovuto. Se ti può riportare a
un binario che consideri più normale, posso proporre un
brindisi per celebrare oh questo sì importantissimo
traguardo della mia vita? Tanto stai pur sicuro che il pezzo di carta
vado a bruciarlo comunque, dopo”.
“Con una
tazzina di caffè?”.
“Con una
tazzina di caffè”.
“Che
squallore. E va bene, va bene”.
“A me, al
mio inutile titolo di studio e all'incapacità della gente di
non farsi condizionare dal pensiero dominante”.
CLINK.
“A parte le
sparate, Luca. Ti ringrazio per essere qui ora. È importante
per me”.
“Lo so. Non
sono il tuo migliore amico per niente”. |
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