Miscellanea - Gente già sentita. di Ilarya Kiki (/viewuser.php?uid=164698)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arianna ***
Capitolo 2: *** Morgana ***
Capitolo 3: *** Astolfo ***
Capitolo 4: *** Clorinda ***
Capitolo 5: *** Achille ***
Capitolo 6: *** Edipo ***
Capitolo 1 *** Arianna ***
Prompt: Filo
ARIANNA
Piantata in Nasso, sì,
così si dice.
Seduta su questa pietra sento il gomitolo della mia vita
cadermi dalle dita, e rimbalzando sull’asfalto sparge in giro
il filo rosso che
speravo mi avrebbe condotto verso la mia nuova gioia, verso delle
giornate di
sole. Quel maledetto, odiosissimo filo rosso, che pensavo mi stesse
conducendo
a lui.
Lui, lo stronzo.
Altro che legato al dito, il figlio di puttana il mio filo
l’ha preso e strattonato, l’ha seguito fin dentro
le protette mura della mia
casa e si è preso tutto quello che voleva dalla mia
famiglia. Solo ora me ne
rendo conto, come una povera stupida.
Già, l’amore è una cosa brutta. Un
inganno orribile, che fa
male. No, non nel senso che fa male al
cuore – pfff, che ovvietà melensa
– ma nel senso che distrugge la vita, la
dignità, la speranza e il futuro. Ora sono qui, sola,
compromessa e con un
sogno spezzato nell’anima a farmi soffrire.
Un sogno, cazzo!
Dovevamo scappare insieme, amarci, sposarci – forse. E
invece, dopo una notte di sesso infuocato nel suo camper subito dopo la
nostra
fuga, ecco che provo sulla mia pelle un freddo e ruvido risveglio
all’alba, al
lato della strada. Come una comune puttana.
Tradita e svergognata, sono qui da sola. Non potrei mai
tornare a casa, non dopo quello che ho fatto a mio fratello.
Ho indicato allo stronzo il suo studio e lui l’ha colpito
sulla testa, riempiendosi le tasche con tutto il contenuto della sua
ricca
cassaforte, con la promessa di portarmi via con lui in Jamaica. E
invece si è
divertito e mi ha lasciata indietro, portandosi via la grana e la mia
unica
possibilità di vivere una vita decente.
Jamaica un cazzo.
Se sono fortunata, al massimo, in mezzo a questi pascoli
riesco a farmi dare un passaggio da un capraio ubriaco.
nota
Questa flash si rifà
al mito classico di Arianna, principessa di Creta e sorella del
Minotauro, che si innamorò di Teseo e fu piantata in Nasso.
Per la cronaca, chi la raccoglierà in quella sperduta
isoletta in mezzo al mar Egeo sarà niente popò di
meno che Dioniso, dio del vino e dell'ebbrezza! - sempre seguito dal
suo corteo di fauni -
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Capitolo 2 *** Morgana ***
Prompt: Wicca
MORGANA
Il pullman straripava di pendolari,
ma era evidente in ogni
caso che quella fricchettona stramba la stava fissando. Come se non
fossero già
stati sufficienti il puzzo di ascella, i tornanti e le sette di mattina
che
pesavano sul cervello a infastidirla. Fece finta di nulla e chiuse gli
occhi,
rimanendo appesa per un braccio alla maniglia che penzolava dal
soffitto del
mezzo.
“Ehi.” Oh no, ora la stava chiamando. Schiuse le
palpebre e
se la trovò davanti, con quegli occhi verde sbiadito
spalancati come due pesci
palla e una collanina a forma di pentacolo al collo.
“Scusami, volevo parlarti. Ah, che stupida: piacere, sono
Viviana.”
Viviana tese una mano, che fu stretta di malavoglia.
“Scusa, che vuoi?”
“Appena ti ho vista ho avuto una rivelazione. Tu, tu devi
essere una strega.”
“Pensavo ti chiamassi Viviana, non Hagrid.”
“Non sto scherzando!”
L’interessata socchiuse gli occhi, infastidita, ma quella
Viviana sembrava davvero convinta di quello che stava dicendo, anzi:
frugò
nella borsa e ne estrasse un libro piuttosto consumato. Sembrava un
tomo
ripescato da un negozio di antiquariato, con una spessa copertina
marrone.
“Ecco, tieni questo manuale. So che non mi conosci, ma
considerati invitata per stanotte nel capannone della vecchia
falegnameria. Ci
sarà un Sabba per il solstizio. Sento il potere della Madre
Terra in te, so che
non potrai mancare!”
Senza aggiungere altro, la stramba si allontanò in mezzo ai
corpi olezzanti degli occupanti del pullman, perché
evidentemente la fermata a
cui erano arrivati era la sua.
L’assonnata ragazza era rimasta sola e inebetita, adesso, con
il librone in una mano. Certo che, accidenti, quelli più
strani capitavano
tutti da lei.
Annoiata aprì il libro e, con sommo fastidio, si
trovò
davanti una versione latina del Malleus Maleficarum con un sacco di
traduzioni
– sbagliatissime – fatte a matita ai lati del
testo. Altro che “strega”, quella
Viviana doveva essere una strafatta. Dalle pagine scivolò
fuori un biglietto e
la ragazza notò che era un invito alla manifestazione di
quella sera al
capanno: un rave.
“Razza di cretina.” Sussurrò invelenita,
e aggiunse a quelle
parole un breve malocchio, di quelli veloci e fulminanti.
“Sono quelle come te
che infangano il nostro nome. Divertiti stasera, al tuo 'sabba'.”
nota
Questa flash si rifà
alle figure della fate Morgana e Viviana, che fanno parte del ciclo
cavalleresco bretone, quello dei cavalieri di Re Artù,
insomma. In particolare mi sono ispirata alla visione che ne viene data
nel romanzo "Nebbie di Avalon", che le ritrae entrambe come
sacerdotesse Wiccan: Viviana non mi sta particolarmente simpatica.
Immagino che si sia capito.
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Capitolo 3 *** Astolfo ***
Prompt: finestra
ASTOLFO
Io sono il principe di Inghilterra.
Oh, sì, potrei passare sere e sere, insieme a te, a
raccontarti tutte le mie fantastiche avventure: ti basterà
sederti qui, accanto
alla finestra con me, davanti a una tazza bollente profumata di the.
Da dove potrei partire? Forse, parlandoti di quella volta in
cui, mentre viaggiavo in riva al mare, fui stregato da una bellissima
maga…ero
un giovanotto curioso, che vuoi farci, giravo il mondo alla ricerca di
emozioni, e quella signora aveva promesso di mostrarmi la sua
vastissima
collezione di pesci. Non seppi resistere. Aveva un acquario
meraviglioso e
amavo passare le ore a fissare quelle viscide creature colorate nuotare
avanti
e indietro, intrappolate dal vetro. Purtroppo, però, come
ben sai, le donne
sono molto volubili ed ella presto si stancò di me,
intrappolandomi in un
alberello. Non ho memoria del tempo in cui sono rimasto bloccato in
quella
miserabile condizione, prima che il mio amico Ruggero venisse a
liberarmi. Ma
passiamo oltre.
Potrei raccontarti di quando domai una creatura mitica, una
vero e proprio mostro leggendario… l’ippogrifo!
È una bestia maestosa,
rumorosa, veloce come il vento. Riuscii a saltargli sulle spalle e a
piantare
le unghie nel suo folto pellame, per coprire le distanze più
lontane in un
battito di ciglia! Credo che sia diventato mio amico, ora, ha accettato
l’idea
che sono io il padrone.
Oh, ma vedo che il tuo sguardo si perde oltre la tendina
della finestra, dietro il velo della notte. Oh, sì, quella
che stai guardando è
la mia destinazione, la mia meta ultima: la Luna!
È bellissima, non è vero? Forse non lo sai, ma
è lì che
finiscono tutte le cose che vanno perdute sulla terra, finiscono
ammonticchiate
sulla sua superficie bianca e vellutata di mari, monti e fiumi di
neve… la
raggiungerò un giorno, a cavallo del mio ippogrifo.
Cosa ci vado a fare, dici? Beh, forse sto cercando qualcosa…
Ma non te lo dico.
La mia schiena pelosa si inarca e si stiracchia mentre mi
gratti con le dita dietro le orecchie, e poi miagolo soddisfatto un
piccolo
sospiro d’amore per la mia benefica falce bianca notturna.
Non posso dirti cosa
mi aspetta lassù, il desiderio per la luna è una
faccenda segreta e riservata
solo alla più nobile razza felina.
nota
Questa flash si rifà a uno dei miei cavalieri preferiti del
poema cavalleresco "Orlando Furioso", ossia Astolfo. Astolfo
è noto soprattutto per essere volato fino alla Luna per
recuperare il senno del suo amico Orlando, ma fra le sue avventure
possiamo anche ricordarci di quando si fece sedurre dalla maga Alcina,
che poi lo tramutò in un arbusto.
ps.
DAVVERO Alcina invitava i cavalieri ignari a vedere la sua collezione
di pesci. Leggere per credere.
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Capitolo 4 *** Clorinda ***
Prompt: E l'amore ha l'amore
come solo argomento/E il
tumulto del cielo ha sbagliato momento. (Dolcenera - Fabrizio De
Andrè)
CLORINDA
T. si staccò dal muro del
corridoio per sporgersi in avanti,
perché lei stava passando
e lui non
voleva perdersi assolutamente quella visione meravigliosa.
Il suo cuore accelerò i battiti quando la ragazza gli
passò
davanti, con gli splendidi capelli biondi raccolti disordinatamente
dietro la
nuca, una larga felpa con un muso di tigre stampato sopra e il passo
marziale
di qualcuno con molta fretta; si voltò e lo
salutò distrattamente, prima di
sparire di nuovo nella folla degli studenti dell’intervallo.
T. si morse l’interno della guancia: ora, ora si sarebbe
mosso e l’avrebbe raggiunta per chiederglielo.
“Ehi, ciao, ti andrebbe di
uscire con me?” andiamo, non era così difficile da
dire. E invece, no, T. se ne
rimase lì bloccato. Come al solito era un codardo. Ma prima
o poi ce l’avrebbe
fatta, le avrebbe confessato il suo amore.
Era sera tardi, e T. era in ritardo.
Premette il piede
sull’acceleratore e sentì i giri del motore
aumentare mentre correva per la
strada buia, con l’ansia di entrare dalla porta di casa a
partita già iniziata.
All’improvviso una figura incappucciata di nero gli
tagliò
la strada di corsa, sbucando dagli alberi ai lati della strada, e
finì dritta
dritta contro il muso della sua autovettura, finendo scagliata di lato.
T. bestemmiò tra i denti e frenò per vedere chi
era quel
pirla che correva di notte in una foresta buia, e magari evitarsi una
denuncia
per mancato soccorso: sceso dalla macchina si accostò al
corpo steso a terra, e
il sangue gli si gelò all’istante nelle vene.
Sotto alla giacca nera della figura riversa si scorgeva un
muso di tigre, mentre dal cappuccio emergevano fluenti ciocche bionde.
T.
crollò in ginocchio, muto dall’orrore, senza
nemmeno la forza di tirare fuori
il cellulare per chiamare un’ambulanza.
“Clori… - riuscì solo a dire, sentendo
il salato sapore
delle lacrime che gli inondavano le guance – Clori,
rispondimi…”
Si piegò su di lei e la sostenne con le braccia, facendo
scivolare giù del tutto il cappuccio nero che
vomitò fuori le lunghe ciocche
d’oro, spargendosi attorno al volto della giovane come
un’aureola.
“Non volevo… io ti amo, Clori…non
morire…”
La ragazza si svegliò e tossì violentemente.
“Ah! – esclamò, riscuotendosi
– Ma che cazzo dici oh, porti
sfiga!? Al massimo mi resta il livido… Tu T.! Non azzardarti
a dire a nessuno
di avermi vista qui, o ti ammazzo! Sto tornando da
un’incontro con la mia ragazza,
e se lo viene a sapere mio padre sono nella merda… ci siamo
capiti!? Ora
scappo, ciao!”
Si alzò e se ne andò.
T. rimase lì a fissare il punto in cui era sparita,
perplesso
e silenzioso.
nota
Questa flash si ispira alla storia d'amore tragico fra Tancredi e
Clorinda, personaggi della Gerusalemme Liberata. Tancredi amava
Clorinda alla follia pur essendo lei una nemica, e la storia finisce
con lui che la uccide senza rendersi conto di star combattendo contro
la sua amata, riconoscendola solo troppo tardi dopo averle tolto
l'elmo. Clorinda muore felice dopo essersi fatta battezzare, ma in
realtà non ha mai confermato di ricambiare i sentimenti del
povero Tancredi...
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Capitolo 5 *** Achille ***
Prompt: pelapatate
ACHILLE
“Ehi, ciao bello.”
“Ehi.”
“Si può sapere che diavolo stai facendo?”
“Non è evidente? Pelo patate.”
“Okay…e perché sei vestito
così?”
“Perché, non ti piace il mio
grembiulino?”
“…sono più i bigodini che mi
turbano.”
“Oh andiamo Odisseo, lo sai perché. Non la voglio
fare
quella cosa. Qui nessuno verrà a cercarmi, e tu per primo
non lo dirai nessuno
vero? Sei un amico, tu, vero?”
Odisseo portò due dita sulla fronte, massaggiandosi
lentamente come faceva sempre quando pensava alle parole più
appropriate da
dire in situazioni ambigue.
“Per l’amor di ciò che è
più sacro, Achille. Dobbiamo farlo perché
ce l’ha chiesto Agamennone.
Non mi
puoi venire a dire che sei qui, travestito da donna, solo
perché non ti va.”
“Mia mamma non vuole, va bene? Ti basta?”
“Per Zeus, se sei scemo.”
“E dai, che diavolo dovrei fare? È preoccupata per
me! Ho il
tendine ancora infiammato! Vuoi che inciampi di nuovo, eh?”
“E tu ti vesti da
donna!?”
“Conosci Agamennone. Sai quanto è capace di
insistere. Non
voglio correre rischi.”
“È un fottuta guerra,
Achille! Sai benissimo che non possiamo vincere senza di te!”
“Potete sempre trovare un sostituto.”
“No, non possiamo. Sei il più forte e il
più scattante.
Guarda che muscoli che hai, il grembiulino li esalta, persino. Ma ti
sei
oliato?”
“Sì.”
“…”
“Che c’è? Mi piaccio di più
così, e poi l’olio qui in cucina
è gratis.”
“Senti, ragioniamo insieme. Conosci i fatti. Paride ha
fottuto la ragazza del fratellino di Agamennone, e sono furenti. Sai,
Paride?
Il capitano della Troia? Ecco. Qui non si parla solo di vincere o
perdere, si
parla di onore.”
“Cazzo mene di quel fighetto di Paride. Che facciano a
botte.”
“Non mi lasci altra scelta che passare alle maniere forti,
bello.”
Odisseo tirò fuori dalla tasca dei jeans due biglietti, di
un acceso color rosso, e li fece sventolare sotto al naso del suo amico
oliato,
suscitando all’istante il suo supremo interesse.
“…quelli…”
“Già bello. Sono ingressi gratis per la serata a
numero
chiuso di sabato prossimo che fanno in quel posticino che sappiamo noi
due. E
sai chi c’è? Ci sono Criseide e Briseide, sono
sicuro che te le ricordi. Sul
palo.”
“Oh…”
“Facciamo un patto. Tu ora metti giù il
pelapatate, molli la cucina del ristorante di
tua zia, ti metti la maglia, ci aiuti a infilare un centinaio di
canestri a
quegli stronzi della Troia, facciamo contento il capitano Agamennone e
poi ce
ne andiamo, io e te, a vedere i culetti delle stripper. Ci
stai?”
“Cazzo sì. Briseide ha delle tette da
favola.”
“Ottimo, basta che non ti incazzi in campo come al solito,
eh? Stavolta è importante.”
“Sicuro. Oh, quella cosa sulle tette di Briseide…
non dire a
Patroclo che l’ho detto.”
“Bella. Forza Acaia!”
“Forza Acaia cazzo!”
nota
Questa flash è
ispirata da uno degli episodi del mito di Achille, ossia di quando sua
madre Tedide lo spedì fra le donne alla corte del re
Licomede - vestito da donna ovviamente - per fare in modo che nessuno
lo trovasse e lo costringesse a combattere la guerra di Troia. E
niente, lo trovo già abbastanza divertente così.
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Capitolo 6 *** Edipo ***
Prompt: So anche che/Quando un dio ti
punisce/Avvera i tuoi
più sudici desideri. (L'angelo - Subsonica)
EDIPO
“Entri dalla porta di casa,
stringendo forte il pomello
freddo tra le dita per ridurre il tremore della tua mano.
Sì, sai che dietro la
porta potresti trovare la risposta che distruggerà la tua
vita, ma non puoi
continuare a vivere nel dubbio. Sei solo un vecchio, ormai, ma devi
trovare la
tua verità, anche se sai che potrà rompere la tua
fragile anima in mille pezzi
e lasciarti a finire i tuoi giorni nell’inferno del rimorso.
Ma questa incertezza è molto peggio.
Finalmente, avanzi dentro la casa. La porta di legno
scricchiola.
Vedi tua moglie, accasciata sulla cassapanca, che piange a
dirotto. Pessimo segno, davvero pessimo. L’uomo che avevi
pagato per indagare
sull’epidemia nata al villaggio si erge sulle sue piccole
gambe tozze di fianco
al tavolo, con un’espressione torva a corrucciare le
sopracciglia ispide.
'Finalmente, eccoti qui. – ti saluta, in tono burbero
– Ho
scoperto qualcosa di molto interessante interrogando i villici. Ma non
so se
avrai molta voglia di ascoltarlo.' Tu esiti, spaventato: dalle parole
che hai
appena sentito, hai ormai capito come sono andate le cose. Ma vuoi
sentirtele
dire in faccia comunque, sei un uomo valoroso, non un codardo che fugge
di
fronte alla tragedia.
'Dimmi tutto – annunci solennemente – e non
risparmiare i
dettagli.'
'Dunque, parrebbe che i tuoi sospetti fossero veri. L’uomo
che hai ucciso, dieci anni fa, perché ti stava tagliando la
strada, era davvero
tuo padre. Gli dei furenti devono aver mandato l’epidemia per
questo motivo.'
La notizia ti colpisce come una palla di cannone in pieno
petto, ma te l’aspettavi.
'Ho capito. Dobbiamo trovarmi una punizione adeguata, o questo
inferno non finirà mai per colpa mia.' L’uomo
accigliato si intristì, e virili
lacrime apparvero ai lati dei suoi occhi: 'Non avrei mai sperato che
tu, l’eroe
del nostro villaggio, avresti dovuto soffrire per questo.'
Non ha ancora finito la frase, quando tua moglie
all’improvviso si solleva dal suo pianto, e urla, fuori di
sé: 'Non è tutto!
Ahimè! Quello che hai ucciso dieci anni fa non era solo tuo
padre, ma anche mio
marito! Tu, tu hai sposato tua madre!'”
I ragazzi attorno al tavolo si agitarono parecchio a questa
rivelazione.
“… tu urli di disperazione, e nel terribile dolore
che ti
affligge ti ficchi le dita negli occhi e
te li strappi via!”
“Eh basta!”
urlò
il giocatore, facendo volare per aria le carte e i dadi:
“Questa ruolata è
peggio di Beautiful! Fai schifo come master!”
Il master scoppiò a ridere, gongolando nel suo sadico
piacere di infierire sui suoi disgraziati compagni di Dungeons and
Dragons.
nota
Questa flash si ispira al mito
di Edipo, in particolare al momento rappresentato dall'omonima tragedia
- Edipo Re - di Sofocle: il vecchio re, avendo in gioventù
ucciso suo padre e sposato sua madre, si cava gli occhi come segno di
penitenza e così facendo allontana la peste che si era
abbattuta sulla sua città, Tebe. Il nostro horror
è una barzelletta rispetto per gli antichi greci.
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