Miscellanea - Gente già sentita.

di Ilarya Kiki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arianna ***
Capitolo 2: *** Morgana ***
Capitolo 3: *** Astolfo ***
Capitolo 4: *** Clorinda ***
Capitolo 5: *** Achille ***
Capitolo 6: *** Edipo ***



Capitolo 1
*** Arianna ***


Prompt: Filo

 

ARIANNA

 

Piantata in Nasso, sì, così si dice.
Seduta su questa pietra sento il gomitolo della mia vita cadermi dalle dita, e rimbalzando sull’asfalto sparge in giro il filo rosso che speravo mi avrebbe condotto verso la mia nuova gioia, verso delle giornate di sole. Quel maledetto, odiosissimo filo rosso, che pensavo mi stesse conducendo a lui.
Lui, lo stronzo.
Altro che legato al dito, il figlio di puttana il mio filo l’ha preso e strattonato, l’ha seguito fin dentro le protette mura della mia casa e si è preso tutto quello che voleva dalla mia famiglia. Solo ora me ne rendo conto, come una povera stupida.
Già, l’amore è una cosa brutta. Un inganno orribile, che fa male. No, non nel senso che fa male al cuore – pfff, che ovvietà melensa – ma nel senso che distrugge la vita, la dignità, la speranza e il futuro. Ora sono qui, sola, compromessa e con un sogno spezzato nell’anima a farmi soffrire.
Un sogno, cazzo!
Dovevamo scappare insieme, amarci, sposarci – forse. E invece, dopo una notte di sesso infuocato nel suo camper subito dopo la nostra fuga, ecco che provo sulla mia pelle un freddo e ruvido risveglio all’alba, al lato della strada. Come una comune puttana.
Tradita e svergognata, sono qui da sola. Non potrei mai tornare a casa, non dopo quello che ho fatto a mio fratello.
Ho indicato allo stronzo il suo studio e lui l’ha colpito sulla testa, riempiendosi le tasche con tutto il contenuto della sua ricca cassaforte, con la promessa di portarmi via con lui in Jamaica. E invece si è divertito e mi ha lasciata indietro, portandosi via la grana e la mia unica possibilità di vivere una vita decente.
Jamaica un cazzo.
Se sono fortunata, al massimo, in mezzo a questi pascoli riesco a farmi dare un passaggio da un capraio ubriaco.




nota

Questa flash si rifà al mito classico di Arianna, principessa di Creta e sorella del Minotauro, che si innamorò di Teseo e fu piantata in Nasso. Per la cronaca, chi la raccoglierà in quella sperduta isoletta in mezzo al mar Egeo sarà niente popò di meno che Dioniso, dio del vino e dell'ebbrezza! - sempre seguito dal suo corteo di fauni -

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Capitolo 2
*** Morgana ***



 

Prompt: Wicca

 

MORGANA

 

Il pullman straripava di pendolari, ma era evidente in ogni caso che quella fricchettona stramba la stava fissando. Come se non fossero già stati sufficienti il puzzo di ascella, i tornanti e le sette di mattina che pesavano sul cervello a infastidirla. Fece finta di nulla e chiuse gli occhi, rimanendo appesa per un braccio alla maniglia che penzolava dal soffitto del mezzo.
“Ehi.” Oh no, ora la stava chiamando. Schiuse le palpebre e se la trovò davanti, con quegli occhi verde sbiadito spalancati come due pesci palla e una collanina a forma di pentacolo al collo.
“Scusami, volevo parlarti. Ah, che stupida: piacere, sono Viviana.”
Viviana tese una mano, che fu stretta di malavoglia.
“Scusa, che vuoi?”
“Appena ti ho vista ho avuto una rivelazione. Tu, tu devi essere una strega.”
“Pensavo ti chiamassi Viviana, non Hagrid.”
“Non sto scherzando!”
L’interessata socchiuse gli occhi, infastidita, ma quella Viviana sembrava davvero convinta di quello che stava dicendo, anzi: frugò nella borsa e ne estrasse un libro piuttosto consumato. Sembrava un tomo ripescato da un negozio di antiquariato, con una spessa copertina marrone.
“Ecco, tieni questo manuale. So che non mi conosci, ma considerati invitata per stanotte nel capannone della vecchia falegnameria. Ci sarà un Sabba per il solstizio. Sento il potere della Madre Terra in te, so che non potrai mancare!”
Senza aggiungere altro, la stramba si allontanò in mezzo ai corpi olezzanti degli occupanti del pullman, perché evidentemente la fermata a cui erano arrivati era la sua.
L’assonnata ragazza era rimasta sola e inebetita, adesso, con il librone in una mano. Certo che, accidenti, quelli più strani capitavano tutti da lei.
Annoiata aprì il libro e, con sommo fastidio, si trovò davanti una versione latina del Malleus Maleficarum con un sacco di traduzioni – sbagliatissime – fatte a matita ai lati del testo. Altro che “strega”, quella Viviana doveva essere una strafatta. Dalle pagine scivolò fuori un biglietto e la ragazza notò che era un invito alla manifestazione di quella sera al capanno: un rave.
“Razza di cretina.” Sussurrò invelenita, e aggiunse a quelle parole un breve malocchio, di quelli veloci e fulminanti.
Sono quelle come te che infangano il nostro nome. Divertiti stasera, al tuo 'sabba'.”

 

 

 

 




nota

Questa flash si rifà alle figure della fate Morgana e Viviana, che fanno parte del ciclo cavalleresco bretone, quello dei cavalieri di Re Artù, insomma. In particolare mi sono ispirata alla visione che ne viene data nel romanzo "Nebbie di Avalon", che le ritrae entrambe come sacerdotesse Wiccan: Viviana non mi sta particolarmente simpatica. Immagino che si sia capito.

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Capitolo 3
*** Astolfo ***


Prompt: finestra

 

ASTOLFO

 

Io sono il principe di Inghilterra.
Oh, sì, potrei passare sere e sere, insieme a te, a raccontarti tutte le mie fantastiche avventure: ti basterà sederti qui, accanto alla finestra con me, davanti a una tazza bollente profumata di the.
Da dove potrei partire? Forse, parlandoti di quella volta in cui, mentre viaggiavo in riva al mare, fui stregato da una bellissima maga…ero un giovanotto curioso, che vuoi farci, giravo il mondo alla ricerca di emozioni, e quella signora aveva promesso di mostrarmi la sua vastissima collezione di pesci. Non seppi resistere. Aveva un acquario meraviglioso e amavo passare le ore a fissare quelle viscide creature colorate nuotare avanti e indietro, intrappolate dal vetro. Purtroppo, però, come ben sai, le donne sono molto volubili ed ella presto si stancò di me, intrappolandomi in un alberello. Non ho memoria del tempo in cui sono rimasto bloccato in quella miserabile condizione, prima che il mio amico Ruggero venisse a liberarmi. Ma passiamo oltre.
Potrei raccontarti di quando domai una creatura mitica, una vero e proprio mostro leggendario… l’ippogrifo! È una bestia maestosa, rumorosa, veloce come il vento. Riuscii a saltargli sulle spalle e a piantare le unghie nel suo folto pellame, per coprire le distanze più lontane in un battito di ciglia! Credo che sia diventato mio amico, ora, ha accettato l’idea che sono io il padrone.
Oh, ma vedo che il tuo sguardo si perde oltre la tendina della finestra, dietro il velo della notte. Oh, sì, quella che stai guardando è la mia destinazione, la mia meta ultima: la Luna!
È bellissima, non è vero? Forse non lo sai, ma è lì che finiscono tutte le cose che vanno perdute sulla terra, finiscono ammonticchiate sulla sua superficie bianca e vellutata di mari, monti e fiumi di neve… la raggiungerò un giorno, a cavallo del mio ippogrifo.
Cosa ci vado a fare, dici? Beh, forse sto cercando qualcosa…
Ma non te lo dico.
La mia schiena pelosa si inarca e si stiracchia mentre mi gratti con le dita dietro le orecchie, e poi miagolo soddisfatto un piccolo sospiro d’amore per la mia benefica falce bianca notturna. Non posso dirti cosa mi aspetta lassù, il desiderio per la luna è una faccenda segreta e riservata solo alla più nobile razza felina.




nota
Questa flash si rifà a uno dei miei cavalieri preferiti del poema cavalleresco "Orlando Furioso", ossia Astolfo. Astolfo è noto soprattutto per essere volato fino alla Luna per recuperare il senno del suo amico Orlando, ma fra le sue avventure possiamo anche ricordarci di quando si fece sedurre dalla maga Alcina, che poi lo tramutò in un arbusto.
ps.
DAVVERO Alcina invitava i cavalieri ignari a vedere la sua collezione di pesci. Leggere per credere.

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Capitolo 4
*** Clorinda ***


Prompt:  E l'amore ha l'amore come solo argomento/E il tumulto del cielo ha sbagliato momento. (Dolcenera - Fabrizio De Andrè)

 

CLORINDA

 

T. si staccò dal muro del corridoio per sporgersi in avanti, perché lei stava passando e lui non voleva perdersi assolutamente quella visione meravigliosa.
Il suo cuore accelerò i battiti quando la ragazza gli passò davanti, con gli splendidi capelli biondi raccolti disordinatamente dietro la nuca, una larga felpa con un muso di tigre stampato sopra e il passo marziale di qualcuno con molta fretta; si voltò e lo salutò distrattamente, prima di sparire di nuovo nella folla degli studenti dell’intervallo.
T. si morse l’interno della guancia: ora, ora si sarebbe mosso e l’avrebbe raggiunta per chiederglielo. “Ehi, ciao, ti andrebbe di uscire con me?” andiamo, non era così difficile da dire. E invece, no, T. se ne rimase lì bloccato. Come al solito era un codardo. Ma prima o poi ce l’avrebbe fatta, le avrebbe confessato il suo amore.

 

Era sera tardi, e T. era in ritardo. Premette il piede sull’acceleratore e sentì i giri del motore aumentare mentre correva per la strada buia, con l’ansia di entrare dalla porta di casa a partita già iniziata.
All’improvviso una figura incappucciata di nero gli tagliò la strada di corsa, sbucando dagli alberi ai lati della strada, e finì dritta dritta contro il muso della sua autovettura, finendo scagliata di lato.
T. bestemmiò tra i denti e frenò per vedere chi era quel pirla che correva di notte in una foresta buia, e magari evitarsi una denuncia per mancato soccorso: sceso dalla macchina si accostò al corpo steso a terra, e il sangue gli si gelò all’istante nelle vene.
Sotto alla giacca nera della figura riversa si scorgeva un muso di tigre, mentre dal cappuccio emergevano fluenti ciocche bionde. T. crollò in ginocchio, muto dall’orrore, senza nemmeno la forza di tirare fuori il cellulare per chiamare un’ambulanza.
“Clori… - riuscì solo a dire, sentendo il salato sapore delle lacrime che gli inondavano le guance – Clori, rispondimi…”
Si piegò su di lei e la sostenne con le braccia, facendo scivolare giù del tutto il cappuccio nero che vomitò fuori le lunghe ciocche d’oro, spargendosi attorno al volto della giovane come un’aureola.
“Non volevo… io ti amo, Clori…non morire…”
La ragazza si svegliò e tossì violentemente.
“Ah! – esclamò, riscuotendosi – Ma che cazzo dici oh, porti sfiga!? Al massimo mi resta il livido… Tu T.! Non azzardarti a dire a nessuno di avermi vista qui, o ti ammazzo! Sto tornando da un’incontro con la mia ragazza, e se lo viene a sapere mio padre sono nella merda… ci siamo capiti!? Ora scappo, ciao!”
Si alzò e se ne andò.
T. rimase lì a fissare il punto in cui era sparita, perplesso e silenzioso.




nota
Questa flash si ispira alla storia d'amore tragico fra Tancredi e Clorinda, personaggi della Gerusalemme Liberata. Tancredi amava Clorinda alla follia pur essendo lei una nemica, e la storia finisce con lui che la uccide senza rendersi conto di star combattendo contro la sua amata, riconoscendola solo troppo tardi dopo averle tolto l'elmo. Clorinda muore felice dopo essersi fatta battezzare, ma in realtà non ha mai confermato di ricambiare i sentimenti del povero Tancredi...

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Capitolo 5
*** Achille ***


Prompt: pelapatate

 

ACHILLE

“Ehi, ciao bello.”
“Ehi.”
“Si può sapere che diavolo stai facendo?”
“Non è evidente? Pelo patate.”
“Okay…e perché sei vestito così?”
“Perché, non ti piace il mio grembiulino?”
“…sono più i bigodini che mi turbano.”
“Oh andiamo Odisseo, lo sai perché. Non la voglio fare quella cosa. Qui nessuno verrà a cercarmi, e tu per primo non lo dirai nessuno vero? Sei un amico, tu, vero?”
Odisseo portò due dita sulla fronte, massaggiandosi lentamente come faceva sempre quando pensava alle parole più appropriate da dire in situazioni ambigue.
“Per l’amor di ciò che è più sacro, Achille. Dobbiamo farlo perché ce l’ha chiesto Agamennone. Non mi puoi venire a dire che sei qui, travestito da donna, solo perché non ti va.”
“Mia mamma non vuole, va bene? Ti basta?”
“Per Zeus, se sei scemo.”
“E dai, che diavolo dovrei fare? È preoccupata per me! Ho il tendine ancora infiammato! Vuoi che inciampi di nuovo, eh?”
“E tu ti vesti da donna!?”
“Conosci Agamennone. Sai quanto è capace di insistere. Non voglio correre rischi.”
“È un fottuta guerra, Achille! Sai benissimo che non possiamo vincere senza di te!”
“Potete sempre trovare un sostituto.”
“No, non possiamo. Sei il più forte e il più scattante. Guarda che muscoli che hai, il grembiulino li esalta, persino. Ma ti sei oliato?”
“Sì.”
“…”
“Che c’è? Mi piaccio di più così, e poi l’olio qui in cucina è gratis.”
“Senti, ragioniamo insieme. Conosci i fatti. Paride ha fottuto la ragazza del fratellino di Agamennone, e sono furenti. Sai, Paride? Il capitano della Troia? Ecco. Qui non si parla solo di vincere o perdere, si parla di onore.”
“Cazzo mene di quel fighetto di Paride. Che facciano a botte.”
“Non mi lasci altra scelta che passare alle maniere forti, bello.”
Odisseo tirò fuori dalla tasca dei jeans due biglietti, di un acceso color rosso, e li fece sventolare sotto al naso del suo amico oliato, suscitando all’istante il suo supremo interesse.
“…quelli…”
“Già bello. Sono ingressi gratis per la serata a numero chiuso di sabato prossimo che fanno in quel posticino che sappiamo noi due. E sai chi c’è? Ci sono Criseide e Briseide, sono sicuro che te le ricordi. Sul palo.”
“Oh…”
“Facciamo un patto. Tu ora metti giù il pelapatate, molli la cucina del ristorante di tua zia, ti metti la maglia, ci aiuti a infilare un centinaio di canestri a quegli stronzi della Troia, facciamo contento il capitano Agamennone e poi ce ne andiamo, io e te, a vedere i culetti delle stripper. Ci stai?”
“Cazzo sì. Briseide ha delle tette da favola.”
“Ottimo, basta che non ti incazzi in campo come al solito, eh? Stavolta è importante.”
“Sicuro. Oh, quella cosa sulle tette di Briseide… non dire a Patroclo che l’ho detto.”
“Bella. Forza Acaia!”
“Forza Acaia cazzo!”




 nota

Questa flash è ispirata da uno degli episodi del mito di Achille, ossia di quando sua madre Tedide lo spedì fra le donne alla corte del re Licomede - vestito da donna ovviamente - per fare in modo che nessuno lo trovasse e lo costringesse a combattere la guerra di Troia. E niente, lo trovo già abbastanza divertente così.

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Edipo ***


Prompt: So anche che/Quando un dio ti punisce/Avvera i tuoi più sudici desideri. (L'angelo - Subsonica)

 

EDIPO

 

“Entri dalla porta di casa, stringendo forte il pomello freddo tra le dita per ridurre il tremore della tua mano. Sì, sai che dietro la porta potresti trovare la risposta che distruggerà la tua vita, ma non puoi continuare a vivere nel dubbio. Sei solo un vecchio, ormai, ma devi trovare la tua verità, anche se sai che potrà rompere la tua fragile anima in mille pezzi e lasciarti a finire i tuoi giorni nell’inferno del rimorso.
Ma questa incertezza è molto peggio.
Finalmente, avanzi dentro la casa. La porta di legno scricchiola.
Vedi tua moglie, accasciata sulla cassapanca, che piange a dirotto. Pessimo segno, davvero pessimo. L’uomo che avevi pagato per indagare sull’epidemia nata al villaggio si erge sulle sue piccole gambe tozze di fianco al tavolo, con un’espressione torva a corrucciare le sopracciglia ispide.
'Finalmente, eccoti qui. – ti saluta, in tono burbero – Ho scoperto qualcosa di molto interessante interrogando i villici. Ma non so se avrai molta voglia di ascoltarlo.' Tu esiti, spaventato: dalle parole che hai appena sentito, hai ormai capito come sono andate le cose. Ma vuoi sentirtele dire in faccia comunque, sei un uomo valoroso, non un codardo che fugge di fronte alla tragedia.
'Dimmi tutto – annunci solennemente – e non risparmiare i dettagli.'
'Dunque, parrebbe che i tuoi sospetti fossero veri. L’uomo che hai ucciso, dieci anni fa, perché ti stava tagliando la strada, era davvero tuo padre. Gli dei furenti devono aver mandato l’epidemia per questo motivo.'
La notizia ti colpisce come una palla di cannone in pieno petto, ma te l’aspettavi.
'Ho capito. Dobbiamo trovarmi una punizione adeguata, o questo inferno non finirà mai per colpa mia.' L’uomo accigliato si intristì, e virili lacrime apparvero ai lati dei suoi occhi: 'Non avrei mai sperato che tu, l’eroe del nostro villaggio, avresti dovuto soffrire per questo.'
Non ha ancora finito la frase, quando tua moglie all’improvviso si solleva dal suo pianto, e urla, fuori di sé: 'Non è tutto! Ahimè! Quello che hai ucciso dieci anni fa non era solo tuo padre, ma anche mio marito! Tu, tu hai sposato tua madre!'”
I ragazzi attorno al tavolo si agitarono parecchio a questa rivelazione.
“… tu urli di disperazione, e nel terribile dolore che ti affligge ti ficchi le dita negli occhi e te li strappi via!
Eh basta!” urlò il giocatore, facendo volare per aria le carte e i dadi: “Questa ruolata è peggio di Beautiful! Fai schifo come master!”
Il master scoppiò a ridere, gongolando nel suo sadico piacere di infierire sui suoi disgraziati compagni di Dungeons and Dragons.




 nota

Questa flash si ispira al mito di Edipo, in particolare al momento rappresentato dall'omonima tragedia - Edipo Re - di Sofocle: il vecchio re, avendo in gioventù ucciso suo padre e sposato sua madre, si cava gli occhi come segno di penitenza e così facendo allontana la peste che si era abbattuta sulla sua città, Tebe. Il nostro horror è una barzelletta rispetto per gli antichi greci.

 

 

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