Caresses Chocolate

di darling_tears
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sweet Life ***
Capitolo 2: *** Il Nostro Rifugio ***
Capitolo 3: *** Ospite Inatteso ***
Capitolo 4: *** Chiamata dal Passato ***



Capitolo 1
*** Sweet Life ***


Un anno. E’ passato un anno da quando Henry-sensei ci aveva chiamato per annunciarci di aprire un nuovo negozio a Londra. Ora, come allora, la neve ricopre soffice la terra.
Un anno da quando Makoto mi aveva dato quel nostro primo bacio tra le foglie innevate del cespuglio. Dal momento meraviglioso in cui – per la prima volta – mi aveva teneramente stretto la mano dicendomi, con occhi emozionati, di “continuare a fare i dolci INSIEME”.
 
Lo stesso tempo che era passato da quando la nostra storia aveva preso il via. Un amore che era circondato dai dolci alla crema e al cioccolato. Quei dolci che presto avrebbero riempito il loro negozio. Uno che, anche se era sotto le direttive di Henry-sensei, era a tutti gli effetti il nostro.
Sia i dolci (avevamo inoltre chiesto sia ad Andou e a Sastuki di prestargli un po’ delle loro ricette, i quali acconsentirono emozionati) e il design del caloroso negozio, era stato scelto da me dopo tante discussioni. Quelle discussioni che finivano poi in risate e nei dolci baci che Makoto continuava a darmi. Baci che mi toglievano il respiro.
 
L’idea che io e Vanilla avevamo pensato era puramente ispirato allo stile “baita”, un’idea che più o meno avevamo ricreato a Parigi. Un’idea che non solo venne fortemente criticata da Makoto e Chocolat, ma anche completamente stravolta dalle loro idee tradizionaliste giapponesi.
Era bello, però, vedere come Vanilla e Chocolat mettessero così tanto impegno per assecondare i loro gusti e le loro idee.
 
Ancor di più notare le loro espressioni afflitte ed arrabbiate, per poi voltarsi come se si odiassero. Esasperate sbuffavano, chiudendo gli occhi, mentre svolazzavano sopra quella che poi sarebbe stato il tavolo da lavoro d’acciaio.
Con loro due era impossibile rimanere arrabbiati. Ti bastava guardarle per far nascere un dolce sorriso sulle tue labbra.
Il braccio di Makoto mi circondò la vita dolcemente, mentre ero intenta a trattenere le risate quando Vanilla stuzzicava le ali di Chocolat. Appoggiai la mano sulla sua stringendomi ancora più intensamente, facendo aderire il mio corpo al suo dietro di me.
M: -Sei più bella quando sorridi, Ichigo-
I: -M-Makoto..-
Lo guardai negli occhi, quelle splendide gemme che accendevano un fuoco dentro di me. Un fuoco, bellissimo, intenso e che aveva il nome di PASSIONE!
 
Mi sorrise per poi avvicinarsi ancora di più e cominciare a lasciarmi una sia di deboli baci lungo il collo.
I: -Makoto.. non qui. Non ora!-
Paonazza guardai i nostri spiriti dei dolci ancora intenti a litigare.
I: -Ragazzi!!.. Ho un’idea!-
Tutti mi guardarono intensamente e curiosi. Emozionata mi sciolsi da quell’abbraccio e cominciai a battere le mani come una bambina. Il mio sorriso aveva preso forma anche nella luce dei miei occhi.
V/M/C: -Ichigo??-
I: -Ecco..-
 
Non passò molto che la mia idea fece colpo e divenne realtà. Con entusiasmo e con il tipico potere della bacchetta di Vanilla e Chocolat, il monotono bilocale divenne uno splendido e grande negozio rivestito in mattoni.  Lo chiamammo “Sweet Life”, scelto all’unisono dagli artefici di quella bellezza: Vanilla e Chocolat.
Fuori poco prima della porta in vetro dell’entrata, c’era una bellissima e grande veranda che correva per tutta la facciata della costruzione composta da bellissime colonne di marmo bianco e dai tavoli rotondi e dalle sedie di legno levigato. Ai lati della porta vi erano, rispettivamente, due grande vetrate che mostravano l’interno del negozio.
C’erano tavoli rotondi di vetro con la base di legno levigato che riempivano la maggior parte del lato destro della sala; dall’altro lato vi era un lungo tavolo con tovaglie in cotone e merletto che ospitava una stragrande varietà di dolci da Buffet; mentre infondo alla sala, acanto alla porta della cucina composta da tende sottili di organza, vi era il grande bancone con la vetrina.
 
Non vedevamo l’ora di iniziare a lavorare, di vedere i nostri clienti/ospiti varcare quella porta e mangiare i nostri dolci che li avrebbe fatti sorridere e tornare!
Era più bello di quanto immaginassi. Entusiasta guardai Makoto, il quale rispose al mio sorriso con uno più intenso.
M: -E’ stupendo!!-
Il mio sorriso si allargò ancora per poi rivolgermi ai nostri piccoli angeli.
I: -Siete stati stupendi!-
V/C: -Grazie! Ma abbiamo un sorpresa!-
All’improvviso entrambe agitarono le loro bacchette e, intorno e dentro il negozio, apparvero tantissime piante di rose e di fragole selvatiche.
 
Era il regalo più bello. Mi rivolsi a Makoto, il quale replicò l’espressione stupita ed affascinata del mio volto.
M: -WOW!-
C: -Ragazzi, andiamo ora è il vostro turno!-
I: -Si-
Stavo per seguirle, quando Makoto  mi prese la mano e mi abbracciò. Mi fece fare una piccola giravolta e mi baciò appassionatamente.
Riuscivo a sentire il suo respiro affannoso sul mio viso quando accentuai l’abbraccio intrecciandogli le dita tra i capelli.
Ci sciogliemmo da quell’abbraccio scoppiando a ridere.
 
I: -Makoto.. Non qui! Qualcuno potrebbe vederci!-
M: -E chi se ne importa!-Mi strizzò l’occhio. -Andiamo ora!- e mi diede uno schiaffo seducente e beffardo sul sedere.  -Non mi scappi!- sussurrò.
Entrammo mano nella mano e ci dirigemmo in cucina per mettere da parte i vari ingredienti che Sastuki, Andou ed Henry-sensei ci avevano spedito.
Passammo il resto della giornata a preparare i nostri dolci che di a un giorno avremmo posizionato nei vassoi e nelle vetrine. Dopo aver lavato ogni cosa i miei occhi si posarono su Vanilla e Chocolat che, stremate, erano appoggiate l’una all’altra ormai crollate in un sonno profondo e ristoratore.
 
Makoto mi si avvicinò e da dietro mi cinse teneramente in uno dei suoi abbracci.
I: -Dovremmo trovare una casa, Makoto. Non potremmo dormire sempre qui al negozio!-, mentre lui mi lasciava la scia dei suoi magnifici baci dalla spalla e risalivano lungo il collo, fino a lobo sinistro del mio orecchio.
M: -Per questa sera non ce ne preoccupiamo!-
Mi voltai verso di lui, che mi prese il mento tra le dita e mi baciò. Ricambiai quell’effusione d’amore, avvinghiandomi a lui e facendo aderire il mio corpo contro il suo, notando l’eccitazione tra le sue gambe e del suo intero corpo. Gemette soddisfatto, non appena intrecciai le ciocche setose dei suoi capelli tra le mie dita.
I: -Makoto-. Agilmente la sua mano si infilò sotto l’orlo della mia maglietta, risalendo sulla pelle liscia e calda dei miei fianchi, fino a posarsi sulla rotondità dei miei seni.
M: -Shhh… Ichigo… Lasciati andare!-
Dolcemente mi fece stendere sul tappeto che quella sera aveva preso il posto del soffice materasso, senza staccare minimamente le nostre labbra che si muovevano freneticamente le une contro le altre. Il respiro diventava sempre più affannoso ed irregolare.
 
Sapevamo che quello era solo l’inizio e che nessuno dei due si sarebbe fermato. Quella sera intensa sarebbe stata la prima di una lunga serie.

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Capitolo 2
*** Il Nostro Rifugio ***


La notte era passata e in quel momento dolci raggi solari trapelavano dalla finestra della cucina ed attraversavano le tende di cotone a pois. Una leggera brezza invernale trapelava attraverso la mia camicia da notte in pizzo, giusto il tempo per accorgermi che Makoto si era tirato tutta la coperta, rannicchiandosi tra di essa.
I: -Il solito sbruffone!-
 
Mi alzai e mi raggomitolai nel vestaglia di lana che avevo precedentemente e decentemente appoggiato al tavolo di lavoro, prima che i nostri gesti passionali l’avevano lasciata cadere. Socchiusi la finestra e il suono dolce degli uccelli appollaiati su un ramo di un albero, mi diedero il buongiorno. Non avevo ancora svegliato nessuno, volevo giusto lasciarli riposare ancora un po’, sentendo così i discorsi strampalati di Vanilla.
Come sempre stava litigando con i suoi amici per un pezzo di torta. Scoppiai a ridere, proteggendomi la bocca con una mano per non fare troppo rumore; mentre con l’altra mi stringevo ancora di più nella vestaglia.
 
Non avrei dimenticato quella nostra notte. Era la prima che passavamo insieme, nonché la prima in cui Makoto mi aveva riempito così tanto di baci. In quell’anno trascorso, ancora in Giappone, non ci era mai capitato di condividere il letto, anche perché mio padre era sempre lì ad origliare. Era geloso sia di Makoto che del nostro legame.
Quando ci capitava di andare in gita o in vacanza con gli amici, usavamo sempre camere separate. Ora, invece, potevamo dormire uno accanto all’altro, abbracciati e a coccolarci.
 
Come quella notte. Le mie guance divennero istintivamente rosse al solo ricordo della sua pelle liscia e calda contro la mia; delle sue mani che esploravano il mio corpo e dei suoi immensi baci. Quei baci meravigliosi che diventavano  sempre più frenetici ed intensi ogni volta che Makoto spingeva il suo corpo in fiamme dentro il mio.
Per tutto il tempo cercammo di fare il più silenzio possibile per paura di svegliarle. Ma anche quando gememmo in preda al piacere, loro non si mossero nemmeno. Sudati ed accaldati ridemmo.
 
Gli scoccai un bacio intenso su quelle labbra perfette e morbide, per poi accoccolarmi tra le sue braccia per sprofondare insieme nel sonno. Diedi un’occhiata all’orologio rimanendo a bocca aperta quando vidi che le lancette segnavano le 9.
I: -Meno male che oggi è domenica!-
Qualcuno mi abbracciò all’improvviso, ma non c’era bisogno che mi voltassi per sapere chi era. Avrei riconosciuto tra mille quell’abbraccio. Mi abbandonai letteralmente a lui, assaporando ogni istante: il suo respiro caldo mi solleticava il collo, le sue braccia erano salde alla mia vita – come se avesse paura di perdermi – e le ciocche dei suoi capelli setosi mi accarezzavano la guancia.
 
M: -Buongiorno Amore!-
Era dolce il suono di quella parola tra le sue labbra.
I: -Buongiorno anche a te! Dormito bene?-
M: -Certo! Non poteva essere diversamente.- Con seduzione mi strizzò l’occhio.
Risi dolcemente. Era meraviglioso quando si comportava così. Così dolce e premuroso! Era facile amarlo.
I: -Ora svegliamo le altre, così poi facciamo il giro della città.- Gli scoccai un bacio. –E cerchiamo una casa.-
 
I suoi occhi si illuminarono e corse a cambiarsi, palesemente emozionato all’idea di trovare un posto che sarebbe diventato nostro. Il nostro rifugio in cui coltivare il nostro amore.
Vanilla e Chocolat non si fecero pregare ed attendere. Erano bastate le parole “gita in città” e “casa” per farle alzare e prepararsi in pochi secondi.
Quando Makoto si affacciò alla porta, io mi stavo sistemando la maglietta mentre Vanilla e Chocolat stavano già sognando ad occhi aperti l’arredamento della casa.
M: -Buongiorno ragazze!- Si avvicinò a loro per poter scompigliare teneramente i capelli di Vanilla e strizzare in un dolce pizzicotto la guancia di Chocolat.
V/C: -Buongiorno/Ciao Makoto!-
 
Mi si avvicinò poi, per darmi l’ennesimo bacio e sussurrarmi qualcosa all’orecchio.
M: -Sei splendida come sempre! Non vedo l’ora di riprendere il discorso di questa notte!-
I: -M-Makoto!- e gli diedi un colpetto sulla spalla facendogli mettere il broncio. Un broncio che scomparve quasi subito rivelando uno dei quei meravigliosi sorrisi.
Tutti pronti uscimmo da negozio e ci dirigemmo verso il centro. Non facemmo neanche un chilometro che un buon profumo si insinuò tra le mie narici, stimolando il lavoro del mio stomaco. La parte golosa di me si svegliò subito ed istintivamente mi diressi verso quell’odore consapevole delle espressioni esasperate degli altri.
V/C: -Sempre la solita golosona!-
M: -Non può resistere!-
I: -Scusate!- e abbassai lo sguardo.
 
Makoto mi raggiunse, mi accarezzò la guancia e mi sorrise.
M: -Giusto.. Ci serve una bella colazione!-
Entrammo ed ordinammo. Makoto si prese la solita tazza di cioccolata calda con un filo di panna; Vanilla una short-cake alla crema, mentre Chocolat un bignet al cioccolato.  Io mi avviai verso il tavolo dei dolci al buffet, prendendo un vassoio dalla pila alle mie spalle.
I: -Mhh.. Questo! Questo! Questo… e anche questo!-
Alzai lo sguardo che si posò sugli occhi sbalorditi di Vanilla e Chocolat, mentre Makoto scuoteva la testa sorridendo.
 
Guardai il mio vassoio stracolmo. Forse avevo esagerato.
I: -Uffi! Ok.. questo no! Addio!- dissi al dolcetto guardandolo.
Dopo aver pagato e dopo esserci riempiti lo stomaco, partimmo verso l’agenzia che avevamo contattato qualche settimana prima dal Giappone. Era vicina a Trafalgar Square, perciò decidemmo di farci un giro appena fossimo usciti da quello studio.
Una signora, nonché la proprietaria dell’agenzia, ci accolse calorosamente anche se a primo impatto ci lanciò un’occhiata torva. Potevo già pensare cosa le stesse passando in quella testa, vedendoci: “una coppia di diciassettenni che cercano casa”.
Le sorridemmo e dopo averle raccontato una parte della storia, ci mostrò quella che poteva essere la casa dei miei – o meglio dei nostri – sogni.
 
Una villetta di mattoni verdi acqua sul fiume Tamigi. Era carina, accogliente e grande. Insomma era perfetta per circa quattro persone. Dietro di essa c’era un piccolo fazzoletto di terra, perfetto per coltivare le pianticelle di fragole selvatiche che provenivano dal Regno Dei Dolci.
Entusiasti e curiosi, la donna ci aprì il portone di legno bianco lavorato della casetta.
L’interno era più bello dell’esterno, anche se i mobili erano assenti. Appena entravi si estendeva un grande spazio con gradini, colonne e un caminetto, mentre una grande scala di ferro battuto portava al piano di sopra, nonché ai bagni, alle tre camere da letto e alla cabina armadio.
 
I nostri occhi si incrociarono per poi dirigerci verso la donna per prenderle il contratto dalle mani per firmarlo. Una parte del lavoro era stata completata e Vanilla la depennò dalla sua lista. Ora rimaneva l’arredamento.
Beh.. per quello ci avrebbero pensato Vanilla e Chocolat con le loro bacchette.
Uscimmo, dicendo alla donna che saremmo passati dall’agenzia nel pomeriggio per portarle il contante. Guardammo ancora una volta quella casa che – ancora non ci credevamo – sarebbe presto diventata nostra.
 
Facemmo un giro intorno al Tamigi osservando le varie barchette accostate ai margini. Il ristorante si trovava a poco meno di dieci minuti di camminata dalla nostra casa. Finalmente quella sera avremmo avuto un bel materasso morbido su cui appisolarci.
Passammo gran parte della giornata in giro per la città, visitando parchi e vie del centro storico con in mano sempre una cartina. Poco prima dell’ora di cena, tornammo nel nostro piccolo – grande nascondiglio ancora da arredare. Avevamo deciso di ordinare una pizza dal ristorante all’angolo della via. Ancora con lo stomaco vuoto ci dedicammo al momento tanto atteso.
Makoto ed io uscimmo un block notes su cui avevamo schizzato insieme ed emozionati l’arredamento scelto.
M: -Bene ragazzi. Allora..-
 
Vanilla e Chocolat si armarono delle loro bacchette ed aspettarono le nostre istruzioni.
I: -Allora la cucina è…-
E all’improvviso sul piano rialzato dagli scalini e circondato dalle colonne apparve un’immensa cucina moderna di un bianco lucido con la centro il tavolo da lavoro in acciaio. Intorno ad esso c’erano due piccoli sgabelli.
Oltre i gradini un tavolo per otto persone prese posto davanti alla vetrata che dava sul giardino davanti la villetta; mentre davanti al camino apparve un confortevole salotto con un bel divano ad angolo di pelle bianco, un tavolino di vetro e un grande televisore al muro. 
Alle spalle c’erano foto di Vanilla e Chocolat, di tutti noi insieme fino ad arrivare ad un grande poster, alto più o meno quanto la parete, di una foto di me e Makoto a Parigi. Era davvero bella.
 
C: -Questo è un regalo per voi!-
V: -Siete stupendi ed era impossibile non metterla.- e ci sorrise.
Ci dirigemmo così al piano superiore. La prima stanza da letto che trovammo fu arredata appositamente per i nostri due piccoli spiriti. Avevano creato un ripiano più alto dato che la stanza sarebbe stata troppo grande per loro. Nel vederla, il contrasto dei colori era netto e carino da farti strappare un sorriso sulle labbra: la metà sinistra della stanza – quella di Vanilla - era stata dipinta con colori tenui e comprendeva un piccolo letto di ferro battuto; mentre quella destra era dedicata per Chocolat, la quale aveva dipinto la parete di un vivace color rosso e mettendo poi un bel letto a baldacchino.
 
La seconda camera da letto, la dedicammo – per ora – agli ospiti, componendola con un piccolo armadio e un letto matrimoniale. L’ultima camera era la nostra e l’arredamento era stata completamente scelto da Makoto. Un letto con il materasso rotondo componeva gran parte della stanza, mentre due comodini lo circondavano ai lati. Sulla testata del letto c’era un quadro in tela di un oceano al tramonto e delle tende di organza oscillavano sulla porta finestra che portava sull’immenso balcone che dava sul piccolo pezzo di terra.
La porta del piccolo bagno in camera e della cabina armadio erano ai lati di un grande specchio con i bordi dorati.  Ora la nostra casa era pronta, perfetta e la nostra vita insieme poteva aver finalmente inizio.
 
Mi voltai verso Makoto e lo abbracciai forte, appoggiando la testa sul suo petto. Lui ricambiò l’abbraccio per poi alzarmi viso e stamparmi uno dei suoi baci. Mi abbandonai completamente al suo amore.
C: -Lasciamoli!-
Vanilla annuì e scomparvero dietro la porta.
M: -E’ stupenda! Come te!-
I: -Mhh.. Abbiamo un luogo tutto nostro. Siamo una coppia e una nuova famiglia.-
M: -Sisi, Amor mio.. Vita mia.-
 
I suoi baci divennero sempre più intensi, frenetici e passionali. Mi prese in braccio facendo aderire il suo corpo al mio. Ero in fiamme, con il respiro in affanno ed il desiderio di averlo ancora dentro di me cresceva.
I: -M-Makoto..-
M: -Ichigo.. Shh.. non abbiamo tempo per parlare. Baciami!-
Con un sorriso lo accontentai e ci tuffammo sul letto nuovo per continuare il discorso della sera prima. Ansimanti mandammo all’aria i nostri vestiti che atterrarono sgualciti sul pavimento. Le nostre mani si toccavano, sfioravano ogni centimetro della nostra pelle calda, facendoci gemere.
 
Quando Makoto cominciò dolcemente a spingere il suo corpo caldo dentro il mio avrei potuto toccare il cielo con un dito.
Il piacere arrivò all’improvviso scuotendo i nostri corpi come una violenta scossa elettrica.
Sudati ci baciammo e restammo abbracciati per quel tempo che sembrò eterno. Quello era Amore, eravamo Noi. Era la nostra vita che iniziava e che non sarebbe finita. 
 

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Capitolo 3
*** Ospite Inatteso ***


*Salve a tutti, scusatemi per il ritardo.. Sono stata impegnata ultimamente a causa dell'università.. Ma ecco a voi il terzo capitolo.. A breve di posterò anche gli altri.. Un bacio a tutti. Buona lettura* "Si parte!", gridò Vanilla accanto alla grande vetrata del negozio. Mancavano soltanto due piccolissimi minuti all'orario di apertura, ma già fuori si era formata la coda. "Wow i nostri primi clienti!", sussurrai emozionata, mentre massaggiavo nervosamente i palmi delle mani sul tessuto soffice della divisa. Di un bel colore verde acqua accesso, essa era composta da una gonna corta a pieghe con merletti e pizzo; da un paio di sandali neri con i lacci intrecciati sulla caviglia, con tanto di tacchi vertiginosi ma adatti a non rovinare il parquet del negozio. E una camicetta attillata con nastro nero sotto l'attaccatura del seno e maniche in pizzo che si allargavano come gigli all'altezza dei polsi, tutto circondato ed abbellito da un'acconciatura elegante e raffinata, intrecciata con dei bellissimi fiori di seta bianca. La mia schiena era pervasa da brividi freddi di tensione mentre nella mai testa si susseguivano immagini negative che "mi mandavano in pappa" il cervello. Makoto, che mi stava mangiando con gli occhi di un innamorato, si era accorto del mio stato d'animo e si era avvicinato dalla cucina, sfoggiando in modo del tutto vanitoso, la sua divisa composta da un candido pantalone nero su scarpe lucide grigie. Una meravigliosa camicia bianca abbellita da un delicato fazzoletto legato intorno al collo risaltava i muscoli possenti del petto e delle braccia. Mi strinse dolcemente la mano, come a combattere il tremito e a donarmi tutto quel coraggio e quella forza che aveva sempre contraddistinto il suo essere, il suo carattere. Di certo se fossimo stati soli, o almeno senza vetrate, si sarebbe concesso un abbraccio o tanto meno un bacio, ma per ora quella stretta era la cosa che si avvicinava di più a quel concetto, a quel sentimento. Quel tanto che bastava per dirmi "Sono qui, al tuo fianco. Tranquilla andrà tutto bene!". Feci un sospiro profondo, giusto per calmarmi e rilassarmi un po' per poi dare un cenno debole con la testa in direzione di Vanilla e Chocolat, le quali aprirono le porte e dare così inizio alla nostra nuova attività, nonchè; nuova vita. La gente che entrava era di sesso, etnia ed età differenti, ma tutte accomunate da un dolce sorriso sulle labbra e da uno sguardo che andava dal sorpreso all'entusiasmo per i dolci sui vari tavoli. Bastò così poco, perdermi nei loro sguardi, nei loro bisbigli emozionati mentre riempivano i loro vassoi, per farmi sorridere. I nostri dolci avrebbero fatto gola anche a chi li aveva sempre odiati. Avevamo i mignon farciti alla crema, nutella e marmellata; i miei tortini alla fragola; le short cake e le torte magnifiche di cioccolato create da Makoto, le delizie a limone presi in prestito da Limon, i vari rotoli al cioccolato, farciti con crema al latte, cioccolato, crema panna e fragola. Avevamo in repertorio anche il magnifico rotolo al te verde di Andou e tutti i suoi dolci giapponesi, per poi finire con le varie creazioni di zucchero, usate per lo più come decorazioni, di Sastuki. Eravamo orgogliosi del nostro operato, delle nostre scelte stilistiche e dei nostri dolci e i nostri clienti lo percepivano nel momento in cui addentavano le prelibatezze. Tra un "Sono 20 sterline" ed un altro, vidi Vanilla e Chocolat che correvano dal salone alla cucina per poter riferire a Makoto quali dolci andavano alla grande, quali erano finiti e andavano rifatti. Decidemmo di chiudere il negozio, giusto per l'orario di pranzo, per poter riprendere fiato e fare il punto della situazione. Avremmo ripreso nel pomeriggio, quindi tra un boccone ed un altro, tra una risata o due, continuammo a creare i dolci che avevamo visto andare a ruba tra i clienti. Non avremmo mai immaginato che avremmo avuto così tanto successo per il primo giorno. I: -Ho avuto paura all'inizio, ma sono contenta che tutto sia andato bene!-, dissi mentre spalmano la crema alla fragola nel rotolo al cioccolato. M: -Abbiamo lavorato tantissimo ed ancora la giornata non è finita!-, esclamò mentre un pezzetto del suo sandwich finiva tra i suoi denti. V: -I loro sguardi erano affascinati quando sono entrati, ma erano emozionati quando sono usciti!-. C: -Si, abbiamo fatto un ottimo lavoro.. Ma Ichigo non ti adagiare sugli allori!-. Sbuffai. "Sempre quel tono duro con me, Chocolat? Ora so da chi ha preso Makoto!" I: -Oh Chocolat.. Hai visto quanto abbiamo guadagnato? Forse con alcuni di quelli possiamo pagare le prime bollette!- Makoto mi rivolse uno sguardo meravigliato con il suo pezzo di sandwich a pochi centimetri dalla bocca spalancata. -Le..prime..bollette!?- I: -Ahahaha.. Si caro.- e gli stampai un bacio su quelle labbra piene di senape. Lasciammo che le nostre delizie finissero di cuocersi, mentre riempimmo i vari vassoi e rimettemmo in ordine le vetrine. Entusiasti demmo il via alla seconda parte della giornata, continuando a sorridere emozionati ad ogni nostro cliente, i quali ricambiavano il nostro sorriso, con uno ancora più grande ed intenso. Non potevo immaginare una ricompensa migliore per il nostro duro lavoro e alla nostra passione. I: -E anche gli ultimi clienti se ne sono andati!-. Sospirai, mentre mi lasciavo cadere stremata, ma soddisfatta, sullo sgabello. M: -Forza tesoro.. Un ultimo sforzo e poi ci riposeremo!-. Mi baciò delicatamente sulla testa, come ad infondermi un ultimo briciolo di forza. Mettemmo in ordine con il doppio del tempo che avremmo dovuto: come al solito Vanilla e Chocolat avevano cominciato a litigare su chi avrebbe aiutato Makoto a lavare gli utensili e chi poi, naturalmente li avrebbe riposti nell'apposita credenza. Sbuffando in quel modo impaziente che solo lui sapeva fare e che ormai da tempo avevo cominciato ad amare, Makoto decise che nessuno l'avrebbe aiutato: che entrambe - Vanilla e Chocoalt - li avrebbero riposti sugli scaffali, lasciando così la parte più noiosa, nonchè asciugarli, a me. Anche quando quest'ultima incombenza fu terminata, ci sedemmo intorno al piano di lavoro per contare il denaro ricavato. Le nostre bocche si allargarono all'unisono in un sorriso meravigliato: era molto di più di quanto avevamo pensato per il primo giorno, tanto meno per la prima settimana. Eravamo orgogliosi del nostro operato e del fatto che Henry-sensei aveva affidato quest’opportunità proprio a noi. Ma avremmo dovuto faticare ancora per far si che i nostri clienti amassero ancora i nostri dolci, senza mai stancarsi riducendo così il guadagno. Chiudemmo il negozio che ormai la luna era alta nel cielo stellato. Tranquillamente assaporando l'aria della città, il venticello e quell'odore salmastro ed acquitrinoso del fiume, arrivammo a casa, quando mi balenò nella mente una strana idea. Un'idea che dopo aver affrontato le polemiche e le insicurezze di alcuni, venne accettata: avremmo introdotto uno o due dolci nuovi alla settimana. Una dolce emozione mi pervase non appena vidi Makoto infilare la chiave nella toppa della porta. Chiunque ci avrebbe visto in quel momento, ci avrebbe di certo scambiato per una coppietta affiatata. Una coppia di sposini che sta dolcemente rientrando a casa. Per tutto il tempo guardai Makoto pregustando il momento in cui mi avrebbe preso tra le braccia e mi avrebbe condotto in camera e mi avrebbe fatto toccare il cielo con un dito. Fissare quelle mani affusolate, morbide e delicate ed avere voglia di sentirle sul mio corpo; quelle labbra carnose strette in un sorriso, labbra che la rendevano euforica ad ogni tocco. Come se mi avesse letto nel pensiero, come se avesse percepito il calore che emanava il mio corpo, mi fissò, mi sorrise ancora di più e mi strizzò l'occhio. Entrammo, mandammo Vanilla e Chocolat a letto e poi ci dirigemmo in stanza per dedicarci a quel tempo intimo, dolce d'amore, che mi avrebbe svegliato il mattino dopo in un groviglio di coperte e con i capelli a dir poco arruffati. Le settimane passarono velocemente, così come i mesi ed il nostro negozio era sempre più affollato dai golosi clienti. A quanto sembrava la mia idea era stata un successo. Ben presto diventammo uno dei negozi di dolci più popolari di Londra. La sera tornavamo soddisfatti, ma ancora più stremati a casa. Qualche giorno più tardi, il giorno del mio compleanno, decidemmo di essere aperti solo nell'orario mattiniero, poichè Makoto aveva deciso di spendere il tempo pomeridiano in giro per negozi con me a fare shopping. Quella sera, eravamo seduti attorno al tavolo intenti a cucinare e a preparare la scaletta dei dolci della settimana con il sole al tramonto che risplendeva dalla finestra, quando il campanello decise di squillare. Non aspettavamo ospiti. Andai ad aprire pensando che fossero i vicini, bisognosi di un po' di zucchero, qualche uovo o che ne so... di un po' di latte, scrollandomi le briciole di pane dalla gonna. I miei occhi si spalancarono all'improvviso. Non mi accorsi che Makoto mi aveva raggiunto, i miei occhi era incollati sul volto dell'uomo che avevo davanti. I: -E.. E.. tu che ci fai qui?- P: -Ciao Figliola! E' da tanto tempo che non ci si vede! Sono venuto a trovarti!- Deglutii sonoramente.

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Capitolo 4
*** Chiamata dal Passato ***


Non riuscivo assolutamente nè a muovermi, nè a spiccicare parola. Non riuscivo ancora a capire, anche se me lo aveva appena detto, come mai mio padre fosse lì davanti a me, sperando che fosse solo un sogno. Sapevo già cosa sarebbe successo una volta che fosse entrato a casa e si fosse messo ad ispezionarla, in ogni minimo dettaglio.
M:-Salve signor Amano! Dai Ichigo, spostati, fai entrare tuo padre. Non vorrai lasciarlo lì fuori, no?-
I:-Ci sto pensando a dire il vero!-, sussurrai talmente piano che solo Makoto, capendo, sorrise divertito. -Certamente papà, accomodati. Se ci avessi avvisati, ti avremmo accolto meglio. Ci hai trovato un pò impreparati.-
P:-Beh, tesoro. Se vi avessi avvisato non sarebbe stato una sorpresa. Non credi?-

Come ci saremmo aspettati, si mise al centro della stanza perlustrando ogni cosa, sapendo già cosa stava cercando: la nostra camera.
Lo lasciammo girovagare un pò. Raggiunsi Makoto che stava prendendo i bagagli dal pianerottolo e chiudendo la porta sbuffando. Era così carino. Ed ora addio alla solita routine e al silenzio.
I:-E ora come facciamo? Sentirai che scleri quando capirà.-
M:-Dai Ichi, andrà bene. Capirà e non sorgeranno problemi. Certo, se avessimo saputo, ci saremmo giostrati meglio. Ormai è fatta.-
Mi sorrise come a tirarmi su di morale, strappandomi poi un sorriso e un bacio a fior di labbra.
Un colpo di tosse ci ricondusse sul pianeta Terra, giusto in tempo per vederlo a pochi passi da noi, con le braccia incrociate e lo sguardo di disapprovazione. Per lui, sarei sempre stata una bambina. Era ora della verità e di sfoderare tutte le mie carte. Tenermele nascoste non sarebbe stata una buona idea.
I:-Papà, mamma sa che stai qui? L'hai avvisata almeno che sei arrivato?-
Mi bastò vederlo abbassare lo sguardo per capire che non aveva detto niente alla mamma.
P:-Le ho scritto un biglietto. "Sono andato da Ichigo. Tornerò presto."-
La risata di Makoto, inrruppe nei nostri pensieri sonora, come se non fosse riuscito a trattenersi. Riuscì a sussurrare un debole "scusa" tra una risata e l'altra.
I:-Un..un biglietto, papà? Ma che siete bambini?-
Makoto si fece di colpo silenzioso, non appena vide mio padre avvicinarsi per scuotermi dolcemente le spalle. I miei occhi si spalancarono di colpo, quando si riversarono nei suoi. Erano stranamente lucidi.
I:-P..papà?-

Fu in quel momento che il telefono squillò. Fu Makoto a rispondere e dal tono che stava usando capimmo che era la mamma.
Le disse cher era tutto apposto, che papà era arrivato tutto intero, e che ce ne saremmo occupati noi, finchè fosse rimasto qui. Lo feci accomodare delicatamente sul divano, sedendomi accanto a lui, cingendolo come un bambino intorno alle spalle. Nel frattempo Makoto aveva riattaccato il ricevitore e si era diretto vero la cucina, per riempire tre bicchieri di cioccolata calda, lasciandone due piccole tazzine per Chocolat e Vanilla sulla cucina. Dopo averne bevuto un sorso lungo e dopo aver ringraziato e sfornato uno dei suoi soliti sorrisi rilassati, cominciò a raccontarci come mai avesse preso questa decisione all'improvviso. Sbalordii e gli diedi una pacca sulla spalla quando mi resi conto che era per la poca fiducia che riponeva verso di me. Sapeva già che la pacca era anche da parte della mamma. A quanto sembrava tutti in famiglia pensavamo la stessa cosa. Beh tutti tranne lui.
Colta da compassione e tenerezza, gli strinsi la mano e gli sorrisi, dicendogli che ci faceva piacere averlo qui con noi, in casa. E poi una mano in più ci serviva.
M:-L'unico problema è che noi stiamo via tutto il giorno e tu staresti a casa da solo.-
P:-Tranquillo, andrò in giro per la città e per i negozi. Troverò il modo per occuparmi la giornata.-
I:-Tu.. in giro... da solo? Mhh con la tua capacità di orientamento? Non credo proprio. So già che ti perderesti già girato l'angolo.-
P:-Non è vero!-, arrossì.
I:-Ah no?-
P:- No. E poi stavolta sono preparato.-, mostrandomi la cartina della città.
Ridemmo sonoramente e cenammo in armonia con quello che c'era già in caldo. Per delizia, Makoto sfornò un suo tortino al cioccolato, preparato sul momento appositamente per papà.

Fu allora che ci accorgemmo che ancora non aveva accennato nulla sul fatto che io e Makoto condividevamo la stessa stanza, per non dire lo stesso letto.
Fu nel momento tanto atteso, non appena finì di farsi la doccia, che chiese della stanza.
E come previsto ecco le scintille.
P:-Che.. che vuol dire stessa stanza?-
M:-Stessa stanza.-
P:-Va be.. però almeno in due letti separati, giusto?-
I:-No, papà. Anche quello è lo stesso.-
P:-No! No! Così non va! Bisogna riportare un pò d'ordine!-
M/I:-Ordine?-. Facemmo capolino dalla porta, per paura che ci fosse qualcosa fuori posto, quando Makoto mi tirò delicatamente il braccio per farmi capire che non era quello il senso delle sue parole.
I:-Che.. tipo di ordine?-, osai chiedere..
P:-Io dormo con Makoto e tu dormi nell'altra stanza. Ce ne sono due a quanto pare. Perchè non ci avete pensato prima?
M:-Forse perchè sarebbe sciocco, non trova? Casa insieme, cucina insieme e tanto vale anche il letto.-
Risi fragorosamente, vedendo il viso di mio padre impallidire.
P:- Cosa... Va bèh.. Ora ci sono io, e ognuno nei propri letti.-

A quanto pare continuare a discutere non sarebbe servito a niente. Annuii e tranquillizzai Makoto. Tanto era solo per qualche giorno, che volevi che dovesse accadere ancora!? Fortunatamente niente e la settimana passò tranquillamente ed in fretta. Il giorno in cui papà partì, mi feci promettere che la prossima volta non solo avrebbe portato il resto della famiglia, ma che almeno avesse avvisato prima.
Ora tutto poteva tornare nella normalità. potevo dormire tranquillamente nel mio letto, tra le braccia del mio Makoto.
I mesi passavano, e i nostri clienti aumentavano a vista d'occhio, proprio come i nostri dolci. E la nostra piccola dimora era sempre tranquilla, anche nonostante fossimo stati raggiunti da Andou e la sua dolce metà e Satsuki, che aveva fatto un salto a Londra, per lavoro, lasciando la nuova metà a casa in Francia, indaffarata con la gestione del suo nuovo ristorante.
E fu in quel periodo, mentre stavo annaffiado i miei piccoli geranei sul davanzale della cucina, che mi arrivò un sms da parte di Lemon che mi metteva al corrente dell'inaugurazine del nuovo locale di John. A quanto sembrava si era dato da fare ed era riuscito a realizzare uno dei suoi grandi sogni: un intero locale di dolci con tanto di giochi per i più piccini. Per quanto riguardava Miya era riuscita ad aprire un negozio con i suoi dolci di cioccolato, molto lontanto da Makoto. Se non riconrdo male, mi sembra a New York.
Ognuno aveva le proprie vite, ripensando a tutti quei problemi passati come semplici giochi e divertimenti, errori di gioventù.

Ma non potevo pensare, nè tantomeno immaginare, che in quei giorni, ricevendo una chiamata, fosse Makoto a rispondere.

Makoto, mi avvicinò, spiattellandomi il display del telefono davanti agli occhi, furente e mettendo una mano aperta sul tavolo. Avvicinò il suo viso al mio e mi fece quella semplice domanda.
M:-Perchè lui ha ancora il tuo numero?-
Non capendo di cosa stesse parlando, guardai lo schermo e i miei occhi si spalancarono: John mi aveva appena chiamato.

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