il poliziotto e la bambina

di ChiaraBJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la piccola Livyana ***
Capitolo 2: *** Inferno sull'A4 ***
Capitolo 3: *** Spie e rapimento ***
Capitolo 4: *** Il nemico alle porte ***
Capitolo 5: *** La vita degli altri ***
Capitolo 6: *** Le due facce della medaglia ***
Capitolo 7: *** visite inaspettate ***
Capitolo 8: *** Fritz Koller e Gunter Guillaume ***
Capitolo 9: *** Chiarimenti ***
Capitolo 10: *** Paura e fiducia ***
Capitolo 11: *** La vendetta di D'javol ***
Capitolo 12: *** conti col passato ***
Capitolo 13: *** Il ponte delle spie ***
Capitolo 14: *** Lucchetti e accordi impossibili ***
Capitolo 15: *** Salto nel vuoto ***
Capitolo 16: *** Una lunga ed estenuante attesa ***
Capitolo 17: *** Addio ad un angelo ***
Capitolo 18: *** sola ***
Capitolo 19: *** Il Rasoio di Occam ***
Capitolo 20: *** Tu sei meglio di Tom Beck! ***



Capitolo 1
*** la piccola Livyana ***


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La piccola Livyana

A Colonia era un torrida giornata d’inizio estate, ed il giovane ispettore della polizia autostradale Ben Jager si stava godendo la fine del suo primo giorno di ferie.
Lo aspettava un’intera settimana di relax, lontano da benzina, asfalto, inseguimenti, pattugliamenti, levatacce mattutine e turni notturni.
Ma sarebbe stata anche una settimana lontana dal suo partner e  miglior amico Semir Gerkhan e questa era l’unica cosa che gli mancava davvero quando era in ferie.
Il ragazzo aveva trascorso tutto il giorno nel suo capannone adibito a sala prove.
Il grande portone dello stabile era aperto, ma anche così all’interno faceva un caldo soffocante, anche se ventole e ventilatori erano al massimo della potenza.
Lui e la sua band avevano provato tutto il pomeriggio e quando si era fatta quasi l’ora di cena i suoi amici erano rientrati a casa da mogli e fidanzate.
Era sabato e stranamente Ben si ritrovò da solo; nessuna ragazza con cui uscire e la famiglia Gerkhan che andava a cena fuori ed al cinema a vedere un film d’animazione che Aida e Lily non vedevano l’ora di vedere.
Semir aveva invitato l’amico ad unirsi alla compagnia, ma Ben aveva gentilmente rifiutato l’invito.
Così il ragazzo era ancora lì, seduto sul divano a provare e riprovare, chitarra in mano, gli accordi di una nuova canzone che aveva appena scritto.
Era così assorto nel suo lavoro che non si  accorse  che a far capolino sulla soglia del portone c’era una graziosa bambina.
Il giovane dopo un po’ la notò e sfoderando uno dei suoi magnifici sorrisi la salutò:
“Ciao” disse smettendo di suonare e poggiando i gomiti sopra la cassa dello strumento.
“Ciao” rispose la bimba per nulla intimorita “Suoni bene lo sai?” continuò con voce allegra.
“Grazie” replicò sorridendo il giovane.
“Anche io suonavo la chitarra” ribatté la bambina, cambiando decisamente tono di voce.
“Suonavi? E perché non la suoni più?” le domandò Ben aggrottando la fronte.
“Le mie compagne di classe invidiose me l’hanno rotta. Non ho il coraggio di dirlo ai miei genitori, hanno già fatto troppi sacrifici per comprarmi quella due anni fa… preferisco dire che non mi va più di suonarla” disse avvilita, restando sempre sulla soglia del capanno.
“Ma se ne avessi una nuova suoneresti ancora?” chiese curioso Ben.
“Certamente, ma starei lontana da quelle ‘streghe’ che non sanno apprezzare la musica” affermò sicura la bambina.
Ben sorrise a quell’affermazione, ma poi tornando serio domandò:
“Abiti da queste parti? Come ti chiami? Io mi chiamo Ben…”
“Sì lo so come ti chiami e so anche che sei un poliziotto. Una volta ti ho visto alla tv. Comunque…tu non mi vedi, ma spesso vengo a …”
Subito la ragazzina si bloccò e divenne rossa in volto.
“A?” chiese interessato Ben, poi tra sé e sé pensò “Sto facendo un mezzo interrogatorio ad una bambina, questa sì che è deformazione professionale…”
“Beh ecco…mi piace ascoltarti quando suoni da solo o con la tua band…siete davvero bravi” disse convinta.
“Grazie, comunque se vuoi posso prestarti una chitarra, fino a che non ripariamo la tua…sempre se si può ripararla” replicò il ragazzo.
“Sai aggiustare le chitarre? Daresti un’occhiata alla mia?” il volto della bimba s’illuminò.
“Beh possiamo vedere in che condizioni è” ribatté il ragazzo.
“Io abito a dieci minuti da qui…vado a prenderla così le dai un’occhiata” fece speranzosa.
“Mi sta bene, ma avvisa i tuoi genitori…” disse severo Ben “Si sta facendo tardi”
“Va bene…comunque io mi chiamo Livyana Karpov” detto questo sparì.

Mentre Ben aspettava la bambina fece alcune considerazioni.
Capelli castani, profondi occhi scuri, un nome e soprattutto un cognome che tanto tedesco non sembrava, anzi il cognome gli rammentava un giocatore di scacchi russo.
Avrà avuto quanto…dieci, undici anni?
Lontana da casa, da sola…ed era quasi ora di cena…

Passarono esattamente dieci minuti e Ben stava sorseggiando una birra, quando la bambina ricomparve sulla soglia del capanno.
“Ben? Posso entrare?” chiese quasi in maniera reverenziale la piccola.
“Certo accomodati…hai avvisato i tuoi?” chiese Ben guardandola seria.
“Sì e  ti conoscono di vista…mi hanno detto che non dovevo disturbarti, ma io mi sono permessa di dire che tu ti sei offerto ad insegnarmi a suonare la chitarra visto che sei bravo”
Ben si ritrovò a sorridere, Livyana era una bambina molto sveglia.
“Molto bene. Dammi qua la chitarra…diamo un’occhiata”

Il giovane prese la chitarra dalle piccole manine della piccola e quel gesto gli fece venire in mente un episodio della sua infanzia.
Quando era ancora un  ragazzino aveva trovato nel parco della villa di famiglia un gattino impaurito e infreddolito, lo aveva raccolto e portato ad Helga.
La governante  lo prese dalle sue piccole manine e se ne prese cura.
Lo stesso stava facendo la piccola, il suo visino era serio e preoccupato, stava consegnando nelle mani di Ben qualcosa di fragile e prezioso che aveva bisogno di cure.
Ben esaminò la chitarra seduto sul divano, mentre la bimba lo osservava pensierosa in piedi davanti a lui.
Lo strumento aveva una piccola crepa sulla cassa armonica, ma a Ben non sembrò un problema.
Il problema invece erano le chiavette meccaniche: tre su sei erano rotte e il ponticello era staccato dalla cassa, senza contare che, una volta riparata la chitarra, tutta la muta di corde doveva essere sostituita.
“Direi che la chitarra può essere riparata” disse Ben dopo qualche minuto “Ci vorrà un po’, ma te la renderò come nuova”
Il volto della bambina divenne radioso e tutta contenta abbracciò il giovane.
“Grazie…grazie mille Ben…davvero…” ma tutto ad un tratto divenne seria e si allontanò dal ragazzo; la cosa non sfuggì al giovane ispettore.
“Beh? Adesso che c’è che non va?” chiese aggrottando la fronte.
“Beh ecco…non potrò pagarti…io…” e prese la chitarra dalle mani di Ben e si avviò verso l’uscita.
“Livyana, aspetta” disse Ben alzandosi e raggiungendo la ragazzina prima che uscisse dalla sala prove “Non voglio essere pagato…voglio solo che tu torni a suonare…ed a suonare la tua chitarra. Nel frattempo, visto che dovrà restare in mano mia per un po’ , ti presterò una delle mie, anzi ti va di suonare qualcosa insieme?” e andò a prendere una delle sue chitarre.
“Sì certo, ma se ti va puoi chiamarmi pure Livy ” disse felicissima.
E i due si misero a suonare.

Per il capanno si diffusero note e accordi, e con stupore Ben constatò che la piccola conosceva parecchie delle sue canzoni.
Livyana era molto brava e il ragazzo si ritrovò a pensare a quando iniziò lui; per certi versi imparare a suonare la chitarra era stata la sua salvezza , una sorta di sfogo dopo la morte della madre avvenuta quando lui aveva solo otto anni.
“Caspiterina Livy, hai visto che ore sono?”
Erano quasi le dieci e mezzo.
“Dai, ti accompagno a casa” disse risoluto Ben.
“Non ti preoccupare…” tergiversò la piccola “Conosco la strada…” ma Ben non le lasciò finire il discorso.
“Non se ne parla nemmeno” e alzandosi dal divano assieme alla ragazzina, prese le chiavi del capanno, poi uscirono avviandosi  a piedi verso l’abitazione di Livyana.

Nel tragitto verso casa la bambina portava fiera a tracolla la custodia con dentro la chitarra che le aveva prestato Ben, e il poliziotto si ritrovò a guardarla teneramente.
“I tuoi si arrabbieranno moltissimo. Hai visto che ore sono? Anche se domani non vai a scuola è tardi e tu sei stata a casa di uno sconosciuto…” le disse perplesso Ben.
“Ma ti ripeto che i miei genitori ti conoscono. Sono a conoscenza che vengo qui a vedere le prove che fate tu e la tua band… beh ecco loro pensano che tu mi faccia entrare, invece me ne sto fuori e sbircio dalle finestre” e quest’ultima frase la disse guardandosi i piedi.
“Beh, da oggi in poi potrai entrare…così non dovrai più raccontare mezze verità o bugie ai tuoi” gli sorrise Ben.
La bambina sfoderò un enorme sorriso di gratitudine, poi aggiunse:
“Se posso a me non piace raccontare bugie…e a te?” chiese a bruciapelo la bambina.

Per Ben quella domanda fu come una pugnalata.

Ancora adesso non riusciva a perdonarsi di essere stato costretto in passato a mentire per quasi due anni al suo migliore amico e partner.
“Sai a volte il mio mestiere mi obbliga a raccontarne, ma se posso cerco di evitarlo”
La bambina lo guardò perplessa e Ben sperò con tutto il cuore che non volesse approfondire il discorso.
E come se le avesse letto nel pensiero Livyana cambiò decisamente argomento.
“Quando sarò grande diventerò una rockstar e al mio primo concerto tu sarai in prima fila” le disse esibendo di nuovo un enorme sorriso.
“Diventerò famosa come Tom Beck, anzi di più!”
“Ok ci sto!” rispose divertito il ragazzo porgendo la mano alla bambina che ricambiò con un sonoro ‘cinque’.
“Ecco io abito qui” disse Livyana indicando a Ben una fattoria.
“Che bello, tu abiti qui?”
L’abitazione della ragazzina era una piccola azienda agricola circondata da orti, il giovane l’aveva sempre vista di passaggio quando andava alla sala prove.

Ben e Livyana stavano percorrendo il vialetto che conduceva alla casa quando la luce dell’entrata si accese e dall’uscio uscì un uomo sui cinquant’anni.
“Livy, ti sembra l’ora di rincasare? Avevamo detto massimo alle dieci…io e tua madre ci stavamo preoccupando” e dietro di lui comparve una donna.
Ben a quelle parole si sentì un po’ in colpa, in fin dei conti doveva aspettarselo.
Non era una cosa molto consona per una bambina stare fuori di casa fino a quell’ora, da sola, a casa di un adulto…
“Buonasera, mi chiamo Ben Jager” si presentò il giovane raggiungendo il padre della bimba  porgendogli la mano “Sono io che forse devo chiedere scusa…io sto insegnando a vostra figlia a suonare la chitarra e non abbiamo fatto caso all’ora…” disse contrito Ben.
“Sì sappiamo chi è lei. Ma Livyana ha solo undici anni e capisce che non è un bene che stia fuori fino a tardi” replicò seccato il padre.
“Andrey, il signor Jager ha accompagnato a casa Livy…” lo interruppe la donna dietro l’uomo.
“Papà, Ben mi sta insegnando a suonare la chitarra, lo sai che ci tengo molto…” lo incalzò la bimba.
Lo sguardo duro del padre si addolcì e poi guardando Ben disse “Mi scusi, ma sa Livy è la nostra unica figlia…”
“Non si preoccupi, comunque se la cosa può rassicurare io sono un ispettore di polizia, inoltre se lei è d’accordo stabilendo prima orari e giorni in cui posso insegnare a vostra figlia…”
Ma il signor Karpov bloccò Ben.
“Lei è molto gentile signor Jager, ma non credo che ci possiamo permettere che Livyana segua un corso di chitarra…”
“Ma io non ho intenzione di farmi pagare se è questo che intende” disse Ben serio “Livyana è una bambina molto dotata, ci troveremo ogni tanto, scuola e turni di lavoro miei permettendo, e se a lei ed a sua moglie sta bene”
Andrey Karpov guardò la sua piccola che ricambiò lo sguardo esibendo un sorriso tenerissimo, Ben pensò che difficilmente si poteva dire di no a un sorriso simile.
“E va bene” capitolò l’uomo “La ringrazio signor Jager, comunque io sono Andrey e questa è mia moglie Anastasiya”
“Molto piacere, signora” disse Ben stringendo la mano della donna “Ora vado, vi auguro una buona serata, arrivederci” e facendo un piccolo sbuffetto a Livyana disse “La prossima volta che ci vediamo ci mettiamo d’accordo, ok?”
“Sì, e grazie di tutto Ben” cinguettò la bambina.
Il ragazzo si avviò verso l’uscita del vialetto, sotto lo sguardo adorante di Livyana.

Andrey e Anastasiya Karpov si guardarono negli occhi e la donna disse sottovoce al marito “Credi che sia un bene? Questa nuova amicizia di Livy potrebbe essere pericolosa per noi”
“Il ragazzo è un poliziotto, se avessimo reagito diversamente, sai come sono gli 'sbirri' da queste parti…meglio assecondare Livy, quando si mette in testa qualcosa…dovremmo stare più attenti, nessuno deve sapere niente del nostro passato”
Detto questo Andrey Karpov rientrò in casa seguito dalla moglie e dalla figlia che entrò non appena vide Ben sparire dalla sua visuale.

Angolino musicale: Rieccomi in versione ‘solitaria’ (ma sempre con le spalle BEN coperte dalla mia ‘preziosissima’ Beta MATY). Questa nuova storiella sarà un po’ fuori dai soliti schemi e , se vorrete proseguire nella lettura, capirete anche il perché.
Bene mi fermo qui e come consuetudine vi lascio con la colonna sonora.
La musica non è solo nel sangue del personaggio di Ben e di Livyana, ma anche nel mio…quindi:
Andrea Bocelli & Giorgia ‘Vivo per lei’
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=y6MhjhMtq7s

Vivo per lei da quando, sai la prima volta l' ho incontrata non mi ricordo come, ma m'è entrata dentro e c'è restata Vivo per lei perché mi fa vibrare forte l'anima vivo per lei e non è un peso. Vivo per lei anch'io, lo sai e tu non esserne geloso lei è di tutti quelli che hanno un bisogno sempre acceso come uno stereo in camera di chi è da solo e adesso sa e anche per lui, adesso, io vivo per lei E' una musa che ci invita a sfiorarla con le dita attraverso un pianoforte, la morte allontana, io vivo per lei. Vivo per lei che spesso sa essere dolce e sensuale a volte picchia in testa, ma è un pugno che non fa mai male Vivo per lei, lo so, mi fa girare di città in città soffrire un po', ma almeno io vivo. E' un dolore quando parte Con piacere estremo cresce, attraverso la mia voce si espande e amore produce Vivo per lei, nient'altro ho, e quanti altri incontrerò che come me hanno scritto in viso Io vivo per lei, io vivo per lei Vivo per lei perché oramai io non ho altra via d'uscita perché la musica lo sai, almeno non l' ho mai tradita Vivo per lei perché mi da pause, note e libertà ci fosse un'altra vita la vivo, la vivo per lei…


 

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Capitolo 2
*** Inferno sull'A4 ***


INFERNO SULL' A4

Una settimana dopo Ben e Semir stavano pattugliando l’autostrada.
Era una giornata afosa e l’aria condizionata della BMW di Semir era al massimo.
“Domenica…dovremmo essere al mare, non qua…” sbuffò Ben.
“Che vuoi che ti dica socio, tu potresti anche permettertelo, ma io tengo famiglia” replicò divertito Semir “E poi che parli a fare …torni oggi dopo una settimana di ferie”
“A proposito, com’ è andata sabato scorso la serata con le tue donne?” chiese curioso Ben.
“Bene, anche se al cinema mi sono addormentato, Andrea mi ha svegliato ai titoli di coda e tu?”
“Io quella sera ho suonato…” ma prima di poter concludere la frase fu interrotto dal partner.
“Davvero? E dove? Potevamo venire a sentirti dopo il cinema così magari prendevo sonno ancora…” lo canzonò Semir.
“Spiritosone, comunque ero nella mia sala prove…in compagnia di una ragazzina, così pure mercoledì e venerdì” rispose Ben un po’ imbarazzato.
“Una ragazzina?” chiese perplesso Semir  “Scusa, non vorrei …equivocare…frequenti una ragazzina?”
Ben guardò il socio, alzò gli occhi al cielo, poi replicò:
“Semir per favore…le sto insegnando a suonare la chitarra”
“Ah, dai lezioni ad una ragazzina…” ma Ben bloccò subito Semir.
“Sì abita in una piccola fattoria lì vicino, sai com’è tra artisti” rispose con fare scanzonato il giovane.
“La prima sera, quando ci siamo conosciuti” continuò il giovane “Abbiamo fatto tardi e quando l’ho riaccompagnata a casa …ho rischiato che il padre mi mangiasse vivo. Comunque non aveva tutti i torti, era tardi e visto il lavoro che faccio…dovevo essere più responsabile e accorto”
“Beh, noto con piacere che non dovrò sgomberare la tua scrivania…dimmi da dove spunta fuori tutta questa saggezza, il ‘Peter Pan’ che è in te se ne è andato?” replicò scherzosamente il piccolo ispettore.
Ben stava rispondendogli a tono quando la conversazione  fu improvvisamente interrotta da un’auto che li tamponò violentemente.
Entrambi gli ispettori furono letteralmente sbalzati in avanti, ma fortunatamente le cinture di sicurezza fecero il loro dovere.
 
Dopo il violento impatto la BMW di Semir fece un testacoda e per un soffio non si scontrò frontalmente  con un’altra auto che stava avanzando a velocità sostenuta, mentre l’auto che li aveva tamponati continuò la sua corsa, come se niente fosse accaduto.
“Ma chi è quell’idiota che sta guidando…cerchiamo di fermarlo…mica sarà ubriaco alle dieci di mattina…” sentenziò Ben.
“Sono d’accordo socio” replicò l’altro ispettore inserendo la marcia, accedendo i lampeggianti e la sirena.
La BMW argento si mise all’inseguimento…
110…
130…
150…
Il tachimetro della macchina stava salendo velocemente e la distanza tra le due auto stava diminuendo.
“Eccolo, lo abbiamo lì davanti…cerca di avvicinarti al lato del conducente, vediamo che faccia ha questo pazzo al volante” consigliò Ben.
“Quando lo fermiamo…altro che multa, mi ha ammaccato l’auto…” sbottò Semir.
Una volta affiancati il conducente si voltò nella direzione della BMW e Ben notò che l’uomo aveva un’espressione a dir poco terrorizzata.
Gli sguardi di Ben e del pilota s’incrociarono.
“Non riesco a frenare…ho i freni bloccati” urlò disperato l’uomo.
“Cosa?”
Il ragazzo non era sicuro di aver capito bene, quindi  abbassò il finestrino e altrettanto fece l’automobilista dell’altra macchina.
“Ho i freni bloccati…non riesco a frenare…” urlò ancora più disperato il conducente.
“A tutte le unità” gracchiò improvvisamente la radio di servizio ”C’è stato segnalato un incidente sull’A4 in direzione nord all’altezza del chilometro 125, un autocarro pieno di liquido infiammabile si è ribaltato, ha bloccato l’intera carreggiata, è stata istituita l’uscita obbligatoria a Colonia Ovest”
“Mapporca miseria” esclamò Semir “L’incidente è tra cinque,  forse sei chilometri”
“Anche meno, Semir dobbiamo fermarlo…” disse risoluto Ben.
Il piccolo ispettore accelerò, superò l’auto piazzandosi davanti.
“Reggiti che ci tampona di nuovo” avvisò l’ispettore alla guida.
Appena l’auto fu addosso alla BMW, Semir cominciò a frenare, ma la macchina dietro di loro non diminuì la velocità.
“Semir” urlò tra lo stridore dei fremi della BMW Ben “Li davanti c’è l’incidente…”
Semir diede un’occhiata al suo tachimetro: erano ai 120 km/h.
Aveva il piede premuto sul freno, ma nonostante tutti i suoi sforzi la velocità non diminuiva.
Le due auto lanciate a velocità sostenuta superarono l’uscita obbligatoria di Colonia Ovest sfondando il posto di blocco istituito dai colleghi dell’autostradale.
Fortunatamente a parte distruggere alcune macchine di servizio nessuno dei colleghi rimase ferito.
“Maledizione… che disastro” urlò ancora Ben “Dobbiamo fare qualcosa…Semir affiancati di nuovo…proviamo a farlo uscire dal finestrino …”
“Cosa? Ma sei fuori di testa?” Semir era allibito.
“Se hai qualche altra idea dimmelo ora e subito, manca pochissimo all’incidente”
Semir si affiancò alla macchina e Ben si sporse dal finestrino.
“Si sganci la cintura di sicurezza e tenti di uscire dal finestrino…la prendo io…” urlò con tutto il fiato che aveva Ben.
Il conducente mise mano all’aggancio della cintura.
“Forza la sganci, non perda tempo” urlò ancora Ben.
“E’ incastrata, non riesco a sganciarla” gridò terrorizzato il conducente.
“Ben muoviti…” gridò disperatamente Semir vedendo vicinissime le luci delle sirene delle auto dei colleghi presenti vicino al luogo dell’incidente.
“Ben ….devo frenare! Rientra!!!”  gridò ancora più forte e contemporaneamente frenò e tirò per la maglietta Ben facendolo rientrare nell’abitacolo della BMW.
Pochi istanti dopo l’auto che i due ispettori avevano tentato inutilmente di fermare si schiantò contro l’autobotte messa di traverso nella carreggiata ed esplose.
Le fiamme si alzarono verso il cielo e pezzi di carrozzeria dell’auto e dell’autocisterna volarono ovunque, alcuni finendo a pochi metri dall’auto di Semir.
I due ispettori stettero a guardare quel disastro, poi Ben con un filo di voce sussurrò “Mancava così poco e l’avremmo salvato…”
“Abbiamo fatto il possibile Ben” rispose Semir, ma guardando verso il suo giovane collega il piccolo ispettore constatò che il ragazzo era turbato.
“Non mi abituerò mai Semir …non ne posso più…comincio ad essere stufo di vedere la gente morire sotto gli occhi”
Semir non seppe cosa rispondere e un’ invisibile fitta al cuore si fece strada in lui.

Poco dopo altri mezzi dei vigili del fuoco e un’ambulanza furono sul posto dell’incidente.
Il corpo del conducente della macchina fu estratto dai resti dell’auto e adagiato dentro ad una bara metallica sotto il vigile sguardo di Semir, mentre Ben assisteva alla scena tenendosi a distanza con le braccia conserte, scuro in volto, appoggiato al cofano dell’auto di servizio.
Semir si avvicinò alla carcassa dell’auto e poco dopo telefonò a Susanne.
Dopo qualche minuto si diresse verso Ben.
“Ho chiesto informazioni a Susanne” esordì Semir “La targa fortunatamente risulta ancora leggibile. L’auto è intestata ad un certo Rafail Popov, celibe di cinquantasette anni, nato a Cottbus, da genitori russi, ora residente a Colonia”
“Cottbus quando nacque Popov era nella Germania dell’Es?” domandò Ben.
“Sì, ma perché questa domanda?” chiese curioso Semir.
“Così…” rispose Ben.
“Comunque dalla descrizione che mi ha fatto Susanne…la foto della patente…secondo me Popov è la vittima…” e mostrò al socio l’MMS che gli aveva mandato Susanne.
Ben annuì.
“Senti stanno portando quello che resta della vettura alla nostra scientifica…” lo informò Semir.
“Sì dai andiamo anche noi, vediamo cos’ha da dirci il nostro Einstein sicuramente ci metterà poco a capire perché l’auto non si fermava” e rizzandosi in piedi salì sulla BMW dell’amico.
Semir prese posto alla guida dell’auto e poco prima di avviarla si rivolse a Ben.
“Ehi, socio, come stai?” disse quasi in apnea l’ispettore più anziano.
“Come vuoi che stia…una meraviglia!” ma quel genere di risposta Semir la conosceva bene…Ben cercava di sdrammatizzare la situazione, ma era ancora visibilmente scosso.

Per strada i due soci non proferirono parola e dopo un quarto d’ora arrivarono alla sede della scientifica.
Pochi minuti dopo arrivò anche il carro attrezzi con i resti dell’auto e Hartmut dopo aver salutato i colleghi si mise subito ad esaminare ciò che restava del mezzo.
Semir e Ben assistevano ai vari rilievi che stava facendo il tecnico e dopo un po’ Hartmut attirò l’attenzione dei due ispettori.
“Ehi ragazzi, guardate qui” esordì “I freni sono stati manomessi e c’è di più …il pedale dell’acceleratore è stato manipolato in modo tale che una volta premuto non torni più indietro”
“Quindi non si tratta di un incidente? Einstein, secondo te potremmo essere davanti a un caso di omicidio? Insomma pedali ed acceleratore…” domandò Semir .
“Beh direi di sì…le macchine di nuova generazione come questa hanno un dispositivo che…”
“Okay, okay…ho capito…” troncò il discorso Semir che poi rivolgendosi a Ben continuò:
 “Senti mi faccio subito dare l’indirizzo preciso da Susanne, vediamo se a casa sua c’è qualcosa che ci possa aiutare”
Ben annuì col capo dopo di che si diresse verso l’uscita del capanno sotto lo sguardo accigliato di Semir.
“Che ha Ben?” chiese Hartmut.
“Ha dormito poco…” Semir disse la prima cosa che gli venne in mente. Salutò Hartmut e uscì anche lui dai capanni della scientifica.
Poco distante un uomo alto e robusto all’interno di una macchina scura vide Semir e Ben uscire dagli edifici della polizia scientifica.
 “Maledetti sbirri,  peggio per voi, se solo osate fermarmi, ne pagherete le conseguenze”
Poi appena vide i due ispettori allontanarsi dai laboratori della scientifica si mise a seguirli.
Il suo sesto senso gli diceva che lo avrebbero portato dove lui voleva.

Angolino musicale: Bene direi che per i due ispettori cominciano i guai…sorvegliati a vista…E il giovane ispettore in veste malinconica (che io adoro…).Tears for fears ‘mad world’(pazzo mondo)

Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=SFsHSHE-iJQ

Tutto attorno a me vedo visi familiari Luoghi consumati, visi consumati È luminoso ed è presto Per le loro gare giornaliere Non vanno da nessuna parte, Le loro lacrime riempiono i loro bicchieri Nessuna espressione, Nascondo la mia testa Voglio affogare la mia tristezza Nessun domani, E lo trovo piuttosto divertente Lo trovo piuttosto triste I sogni nei quali sto morendo Sono i migliori che io abbia mai avuto Trovo difficile dirtelo Perché è difficile da afferrare Quando le persone corrono in cerchio È davvero, davvero un mondo pazzo
 
 
 

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Capitolo 3
*** Spie e rapimento ***


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Spie e rapimento

Nicholas Postdam era un uomo sulla settantina, nato a Mosca dove tutt’ora abitava.
Aveva lavorato per anni come agente segreto presso il KGB, e adesso, dopo anni di onorato servizio si sentiva stanco e vecchio soprattutto per le operazioni d’azione.
Ormai si considerava quasi in pensione, visto e considerato che le sue missioni o incarichi erano sempre più rari. Non avendo una famiglia o parenti  Postdam si dedicava ai suoi hobbies sempre con più dedizione.
Coltivava orchidee come Nero Wolf, amava leggere autori russi e ascoltare la musica classica dei suoi compatrioti. Amava anche giocare a scacchi, e una volta aveva anche sfidato  Kasparov purtroppo perdendo.
Ma quel mattino i suoi superiori lo avevano convocato d’urgenza perché volevano affidargli un nuovo incarico.
“L’ultimo” avevano assicurato.
L’ex agente del KGB, anche se ormai non era più molto giovane, era tuttavia considerato il migliore agente che l’Agenzia russa avesse mai avuto. Stancamente Postdam si diresse con un taxi verso quello che era stato il Quartier Generale dei servizi segreti russi.
Per tutto il tragitto tra l’altro non molto lungo l’anziano agente si chiese che cosa potesse essere accaduto da volerlo immediatamente a rapporto dai suoi superiori.
Che lo aspettasse una missione delicata era lampante, ma di cosa si trattasse questo neanche lontanamente lo immaginava.
Postdam scese dal taxi davanti a un imponente edificio di mattoni rossi e gialli e, come sempre quando vedeva quell’edificio, la sua mente ripercorreva le sue passate missioni.
“Bei tempi” si ritrovò a pensare divertito “Il pericolo era il mio mestiere…ero il James Bond dell’Est…intrighi, donne, caviale e vodka”
L’uomo entrò nell’ elegante edificio e dopo essersi presentato, una graziosa segretaria lo fece accomodare nell’ufficio del suo diretto superiore, un giovane ‘sbarbatello’ lo avrebbe apostrofato Postdam, uno che hai tempi della Guerra Fredda sicuramente andava ancora alle elementari.

Nello stesso momento a centinaia di chilometri di distanza Ben e Semir uscirono dai laboratori della polizia scientifica e dopo aver telefonato a Susanne si diressero verso il centro di Colonia.
L’uomo, vittima dell’incidente in autostrada abitava in un elegante quartiere della città.

Contemporaneamente Anastasiya Karpov stava riordinando la cucina dopo aver pranzato con il marito e la figlia che ora se ne stava sotto il portico a suonare la chitarra che le aveva prestato Ben.
La signora Karpov dopo aver lavato ed asciugato alcuni piatti, si stava dirigendo verso una credenza quando la sua attenzione fu catturata dalla voce di una giornalista che stava parlando alla tv.
“…un spaventoso incidente verificatosi stamattina sull’ autostrada A4. La vittima si chiamava Rafail Popov …”
Appena la donna sentì quel nome i piatti che aveva  in mano caddero a terra frantumandosi in mille pezzi.
“Ana…” accorse il marito richiamato dal fragore “Che è successo?”
“D’javol” singhiozzò lei terrorizzata “E’ lui, l’aveva promesso… è tornato…ci ucciderà tutti”
A sentir quel nome il marito ebbe subito l’impulso di abbracciare la donna “Non ci accadrà niente…te lo prometto…”
Ma in cuor suo il primo a non credere a ciò che diceva alla moglie era proprio lui.

Intanto nel Quartier Generale dei servizi segreti a Mosca Nicholas Postdam si preparava ad incontrare i suoi superiori.
“Salve Agente Postdam” disse Jurij Andropov, un distinto uomo che stava seduto dietro ad un’enorme scrivania.
“Ci dispiace molto averla ‘ risvegliata’, ma la faccenda è molto delicata e lei è l’unico che pensiamo possa risolverla” dopo di che si alzò e andò verso Postdam porgendogli la mano.
“Direttore Andropov venga subito al sodo…lo sa che i convenevoli non fanno per me…” disse ossequioso Postdam, anche se riteneva un bamboccio in doppiopetto l’uomo che aveva davanti e lo stesso pensava di un altro giovanotto, poco più che quarantenne che sedeva su una sedia vicino all’enorme porta finestra presente nella stanza.
“Deve partire immediatamente…destinazione Germania e precisamente Colonia” disse perentoriamente Andropov.
“Quando arriverà a Colonia, avrà più di qualcuno alle calcagna, e non mi riferisco solo ai servizi segreti tedeschi, ma anche alla polizia locale” disse l’uomo seduto sulla sedia, che si alzò e andò a stringere la mano a Postdam.
“Agente Postdam lasci che le presenti Igor Vlad, sarà il suo contatto tra noi e lei” li presentò il direttore Andropov.
Postdam lo guardò come si guarda un insetto. Insignificante, questo era Vlad per lui.
“A quanto pare laggiù c’è chi sta eliminando tutti i nostri contatti, questo potrebbe sollevare interrogativi e un polverone con conseguenze inimmaginabili per la nostra sicurezza…capisce cosa intendo vero?”
“Giovanotto” rispose l’anziano agente “Io mi infiltravo nell’area dell’Ovest, molto prima che lei nascesse…”
Ma Postdam non poté continuare la ramanzina perché fu interrotto da Andropov.
“In Germania abbiamo ancora molti contatti, dopo la caduta del Muro, molti di loro sono restati laggiù, si sono ricostruiti una vita, ma uno è diventato una specie di vendicatore solitario”
“State parlando di ‘D’javol’?” chiese per niente stupito Postdam.
“Sì” fu la laconica risposta di Vlad.
“Quindi ‘Il Diavolo’ è tornato” replicò secco Postdam.
 
Semir e Ben parcheggiarono la loro auto vicino ad un elegante palazzo situato al centro di Colonia e poco dopo furono all’interno dell’appartamento di Popov.
“Bell'appartamento…” disse Semir entrando e dando una veloce occhiata alle stanze.
“Sì, direi…che lavoro hai detto che faceva?” chiese Ben.
“Susanne mi ha detto che lavorava in una fabbrica dove producono la Kölsch” ribatté il piccolo ispettore.
“Se ci lavorassi io…un posto dove producono la nostra birra locale…sarei sempre brillo…” ragionò Ben mentre si dirigeva verso una scrivania dove in bella mostra c’era un computer portatile.
Il giovane lo accese.
“Ma che fortuna “  esclamò “Nessuna password”
“Si vede che non aveva niente da nascondere “ replicò il piccolo ispettore mentre apriva credenze e rovistava nei cassetti e infatti Ben non vi trovò niente d’ interessante.
Nell’appartamento i due ispettori visionarono diverso materiale come la posta, numerose foto, libri, documenti , ma nulla che potesse dar loro qualche suggerimento, indizio o movente sul perché qualcuno avesse voluto uccidere Popov. Nemmeno  Susanne, cercando informazioni sull’uomo  era stata di grande aiuto.
La vittima aveva la fedina penale immacolata, nemmeno una multa per eccesso di velocità o sosta vietata.
Alcune ore dopo i due ispettori uscirono dall’appartamento e risalirono in auto, il loro turno di lavoro era finito da un pezzo e si stava facendo quasi sera. Durante il sopraluogo Semir notò che il suo giovane collega non era tanto incline al dialogo e questo, si disse,  era una novità.
Si chiedeva se quel suo silenzio era dovuto al non essere riuscito a salvare Popov. Non era la prima volta che succedeva una cosa del genere, ma questa volta sembrava che la cosa fosse più dura da superare.
 “Ehi socio ti andrebbe di venire stasera a cena da noi? Così tanto per fare una chiacchierata tra amici, una birra, niente di serio…” chiese Semir avviando l’auto.
“No grazie Semir…ho in programma altro…vorrei andare in sala prove…sto finendo di arrangiare un pezzo…così mi rilasso e mi distraggo da questa giornata…” e il ragazzo volutamente lasciò cadere il discorso, Semir capì al volo, in quelle occasioni Ben voleva e desiderava stare da solo.
“Va bene, come vuoi” disse un po’ rammaricato Semir.

Fu così che Ben si fece accompagnare dall’amico al capannone dove provava con la sua band. All’interno non c’era nessuno, quella sera non erano in programma nessun tipo di prove.
Una volta entrato il giovane poliziotto si sfilò la fondina dalla cintura dei jeans, l’appoggiò sopra ad un tavolo, si tolse la camicia e la mise sopra la pistola. Anche se restò in canottiera , il caldo all’interno del capanno era quasi soffocante.
Accese tutti i ventilatori,  prese una birra dal frigobar e dopo averne bevuto alcuni sorsi, si adoperò per riparare la chitarra di Livyana; l’arrangiamento della nuova canzone avrebbe dovuto aspettare non si sentiva molto ‘creativo’ in quel momento e aveva bisogno di occupare la mente e distoglierla da tristi pensieri.
Ben aveva lasciato il portone aperto, l’aria che entrava era fresca, si stava alzando il vento e in lontananza si sentiva il fragore dei tuoni del temporale che si stava avvicinando.
“Allora vediamo un po’…chiavette da sostituire, il ponticello e poi una muta nuova di corde” elencò Ben.
Si mise a canticchiare mentre riparava lo strumento e questo lo rilassò molto, nemmeno si accorse che sulla soglia del portone c’era Livyana che lo stava guardando con ammirazione.
Passarono diversi minuti poi la piccola attirò la sua attenzione “Permesso…ciao Ben, posso entrare?” chiese educatamente la bambina.
“Certo accomodati, entra” rispose il giovane alzando gli occhi dal suo lavoro di riparazione e subito aggiunse “I tuoi…” ma fu interrotto dalla piccola.
“Ho lasciato un biglietto sopra il tavolino d’entrata caso mai rientrassero prima di me…ma non penso, sono fuori per lavoro”
“Ma i tuoi ti lasciano a casa da sola?” chiese serio Ben.
“Guarda che ho undici anni…mica sono una poppante” disse con un tono un po’ offeso.
“Certo, certo” rispose alzando le mani Ben quasi in segno di resa.
Livyana si avvicinò al tavolo dove stava lavorando Ben.
“Wow, sei riuscito ad attaccare il ponticello…e le chiavette…appena sarà asciutta la colla sistemiamo le corde…” La piccola era euforica.
 “Ehi, ma per chi mi hai preso?” disse sogghignando Ben un po’ facendole il verso.
I due si guardarono dritti negl’occhi, seri, poi scoppiarono a ridere. Livyana era al settimo cielo e senza pensarci su due volte lo abbracciò stretto. E fu così che il ragazzo si trovò stampato sulla guancia un tenerissimo e affettuoso bacio.
“Quanti anni avevi quando hai cominciato a suonare?" chiese curiosa la ragazzina mentre Ben continuava il suo lavoro.
Il giovane ispettore non rispose, anzi fece quasi finta di non aver sentito la domanda, non era nel suo carattere raccontare fatti personali riguardanti il suo passato. Solo una persona poteva dire di conoscerlo a fondo, e quella persona era il suo socio.
Livyana se ne accorse subito “Non fa niente Ben…anzi scusa non sono fatti miei…”si affrettò a dire  mentre lo  guardava con aria tenera.
“No è che…” tergiversò il giovane, ma dopo aver fatto un profondo respiro come per farsi coraggio continuò il discorso interrotto.
In fondo Livyana aveva fatto una semplice e innocente domanda. Immediatamente si era resa conto  che tale domanda aveva per un attimo offuscato il sorriso del suo amico. Ben non amava parlare della madre deceduta. Il ricordo lo rattristava sempre, ma decise di risponderle si sentiva a suo agio con la piccola anche se non sapeva spiegarsene bene il perché.
 “Mia madre suonava il piano era molto brava e io per starle vicino il più possibile decisi di imparare a suonarlo. Avevo sei anni, ma alla musica classica preferivo il rock, quindi imparai anche a suonare la chitarra che divenne la mia ancora di salvezza quando due anni dopo mia madre morì” raccontò il giovane senza alzare mai gli occhi dalla chitarra che stava riparando.
“Mi dispiace Ben, non volevo farti intristire… tu… lei …vi volevate molto bene, si vede da come ne parli, posso solo immaginare come sia stato…” e istintivamente abbassò lo sguardo guardandosi i piedi.
Ben si girò verso di lei e le mise un dito sotto il mento, le alzò il viso e sfoderando uno dei suoi magnifici sorrisi dolcemente disse:
“Non ti preoccupare…e tu? Come hai iniziato a suonare?”
La ragazzina s’illuminò e cominciò il suo racconto, gli occhi divennero luccicanti.
“Un paio d’anni fa passai di qui, e fui attratta dalla musica che proveniva dal capannone, c’era il portone aperto, ti vidi con la chitarra,  stavi suonando una canzone stupenda, era dolcissima e mi innamorai…” disse arrossendo,  fermandosi un attimo col discorso mentre diceva quest’ultima parola e Ben le sorrise con tenerezza.
 “Comunque stavo dicendo che mi innamorai del suono e della magia che diffondevano quelle note, ovvio…quindi corsi a casa e chiesi ai miei se potevano regalarmi una chitarra. Imparai da sola…con l’aiuto di internet, ma adesso che ho di nuovo la chitarra aggiustata convincerò i miei ad iscrivermi ad una scuola dove ci sia l’indirizzo musicale o quantomeno dei laboratori pomeridiani di musica…per non esserti troppo di disturbo, anche se con te, mi trovo bene, sei bravo, e poi sei gentile con me… “ e di nuovo la bimba arrossì.
“Comunque  sei molto brava e caspiterina…autodidatta…”  replicò esterrefatto Ben.
“Ti va di suonare?” chiese poi Livyana.
“Certo hai qualche preferenza?”
“Certo lo sai che mi piace moltissimo seguirti con la chitarra mentre canti la mia canzone preferita accompagnato dal piano, ma è una canzone triste…e prima ti osservavo, anche prima del racconto riguardante la tua mamma…sei un po’ giù di corda o sbaglio?”
Ben restò a guardare per un momento la ragazzina.
Era perspicace ed aveva spirito d’osservazione, non era la prima volta che Livyana riusciva a leggere lo stato d’animo del poliziotto, era difficile nasconderle le cose o forse era lui che era diventato ‘un libro aperto’. Una volta riusciva a non lasciar trapelare i propri sentimenti, ma dopo quella maledetta operazione sotto copertura che gli era quasi costata la fiducia e l’amicizia con Semir e soprattutto la vita, ciò gli era diventato difficile se non impossibile.
“No, non ti preoccupare, so che ‘Almost you’ di Tom Beck è la tua canzone preferita, quindi vada per quella, poi suoneremo qualcosa di più ritmato” propose Ben.
Livyana s’illuminò e prese la chitarra che le aveva prestato il ragazzo e si mise in posizione…pochi istanti dopo si diffusero per il capanno i primi accordi della canzone.
Passò un’ora e  la piccola chiese un po’ imbarazzata “Ben?”
“Dimmi Livy”
“Posso andare in bagno?”
“Ma certo… è la porta che vedi laggiù” rispose indicandole il posto.
La bambina si alzò dal divano, appoggiò delicatamente la chitarra e si affrettò verso il bagno.
Ben la seguì con lo sguardo, si ritrovò a guardarla con tenerezza e per un attimo ebbe un po’ di invidia nei confronti di Semir…essere genitori doveva essere una cosa stupenda.
Il giovane a sua volta si alzò dal divano e si diresse verso il frigobar. Una volta aperto trovò  parecchie bottiglie di birra, un paio d’acqua e due lattine di coca cola “ Dovrò fare in modo che dentro ci sia qualcosa di più a portata di bambina” disse divertito tra sé e sé “Magari qualche succo di frutta”
Si stava affezionando a Livyana e la bambina si stava affezionando a lui.

Il ragazzo ritornò verso il divano e appoggiò sul tavolino due lattine di coca cola quando sull’uscio del portone comparve un uomo.
Era in controluce, ma Ben poté vedere che era alto e di corporatura robusta.
L’uomo entrò e così Ben lo vide in faccia: capello corto brizzolato, occhi neri, sulla sessantina e dai tratti dedusse che poteva venire da qualche paese dell’Est Europa.
Il poliziotto andandogli incontro disse “Mi scusi, ma questa è proprietà privata e …”
Ma l’uomo non lo lasciò finire estrasse una pistola e gliela puntò contro.
Ben d’istinto alzò le mani.
“Senta, non so cosa vuole, ma se è qui per cercare soldi o altro…” cercò di negoziare il ragazzo.
Ma fu interrotto dall’uomo.
“Dov’è la ragazzina?”
Ben a quella richiesta rimase scioccato.
Quell’uomo era venuto per Livyana?
Ben cercò di mantenere il controllo e nello stesso tempo sperò che la piccola si accorgesse del pericolo e restasse barricata in bagno.
“Quale ragazzina? Qui a parte me non c’è nessuno” rispose con aria sicura Ben.
L’uomo si avvicinò a Ben e gli diede un violento pugno allo stomaco.
Il ragazzo cadde in ginocchio tenendosi le mani sullo stomaco, l’uomo prendendolo per i capelli e tirandogli indietro la testa riformulò la domanda.
“DIMMI DOV’E’ LA RAGAZZINA !!!” ribadì scandendo ogni singola sillaba e appoggiò la canna della pistola sulla fronte di Ben tirando indietro il grilletto.
“E io glielo ripeto, non so di cosa stia parlando” replicò a tono Ben, sapeva che stava rischiando la propria vita, ma in quel momento gli premeva molto di più l’incolumità di Livyana.
Per qualche secondo i due si guardarono dritti negl’occhi, poi l’uomo col calcio della pistola colpì in pieno volto Ben che cadde disteso a terra.
Il ragazzo si portò una mano alla bocca, il colpo gli aveva fatto sanguinare un labbro. Il poliziotto stava per rialzarsi, ma l’uomo gli assestò un violento calcio alle costole e Ben finì di nuovo disteso a terra.
“Glielo ripeto e richiedo per l’ultima volta…non mi costringa a spararle…potrei farla soffrire e parecchio…” disse l’uomo e Ben sentì sulla nuca la fredda canna della pistola.
“Sono qui, lo lasci stare, la prego non gli faccia del male…” disse Livyana uscendo dal bagno in lacrime e andando verso l’uomo.
Ben riuscì  a fatica a mettersi a carponi nonostante fosse intontito dai colpi presi e i suoi occhi incrociarono quelli della piccola.
“Livy… no…” disse con un filo di voce Ben scuotendo leggermente il capo.
La ragazzina con le lacrime agli occhi guardò il suo giovane amico, lo stava per raggiungere, voleva abbracciarlo e rassicurarlo, ma purtroppo Livyana dovette assistere ad un altro calcio violento che assestò l’uomo alle costole di Ben.
Il ragazzo quindi stramazzò al suolo svenuto.
“BEN!!!...” urlò disperata la bambina e poco prima che potesse inginocchiarsi vicino al giovane, l’uomo l’afferrò per un braccio.
“Mi lasci …” e la piccola assestò un calcio ad uno stinco dell’uomo.
Stava per colpirlo ancora quando l’individuo le puntò la pistola contro.
“E’ meglio che tu mi segua senza fiatare, altrimenti sparerò al tuo amico e poi anche a te”
La bambina ancora in lacrime annuì con la testa dopo di che uscì dal capanno assieme all’uomo. Non prima di aver rivolto un ultimo dolce, tenero sguardo a Ben.


Angolino musicale e note dell’autrice Vorrei fin da ora ringraziare i miei stupendi e affezionatissimi recensori, chi ha inserito la  storia tra le preferite, ricordate, seguite e ‘ dulcis in fundo’ la mia BETA.
30 seconds to Mars ‘from yesterday’ (da ieri).
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=kzQWupZEpOU
Lui è uno straniero per alcuni e una visione per nessuno non ne ha mai abbastanza mai abbastanza di nessuno per fortuna se n'è andato ma è difficile ammettere come inizia e finisce sul suo viso c'è una mappa del mondo da ieri, sta arrivando! da ieri, la paura! da ieri, lo chiama ma lui non vuole leggere il messaggio qui se ne sta seduto su una montagna non una montagna d'oro ma di peccato può imparare attraverso il sangue vedere la vita che gira dal consiglio di uno deciderà quando avrà finito con gli innocenti......
 
 

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Capitolo 4
*** Il nemico alle porte ***


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Il nemico alle porte

“Ben, dai su svegliati…Ben ti prego rispondimi…”
Ben percepiva delle voci ovattate, qualcuno che gli stava dando dei piccoli schiaffetti sulle guance.
Aprì lentamente gli occhi, aveva una fortissima emicrania, sembrava che la testa dovesse scoppiargli da un momento all’altro. Gli doleva anche il fianco destro e quando respirava  profondamente gli faceva ancora più male e in bocca sentiva il tipico sapore ferroso del sangue.
Aveva la vista sfuocata, ma gli sembrava di vedere Semir inginocchiato davanti a lui, mentre lui era ancora disteso a terra.
“Non ti azzardare più a farmi scherzi di questo genere, sono vecchio e certi spaventi potrei non reggerli più” cercò di sdrammatizzare Semir  vedendo che l’amico stava riprendendo conoscenza.
“Si può sapere che è successo?” chiese poi preoccupato.
“Semir? Che ore sono? Che ci fai qui?” balbettò confuso il ragazzo.
“Sono le sei…ero passato per vedere come stavi…per portarti la colazione…abbiamo il turno mattutino…e arrivo qui…portone spalancato, i tuoi piedi che sbucano dietro al divano…a momenti mi prendeva un colpo” replicò tutto d’un fiato Semir.
Il ragazzo fu aiutato a sedersi sul divano.
“Ben” disse Semir vedendo come era stato picchiato il suo collega “Ti porto al pronto soccorso, devi farti vedere”
“Non se ne parla, devo trovare Livyana” farfugliò Ben .
“Ben , ma ti sei visto? Hai un labbro rotto, fai fatica a respirare, ti tieni un fianco…potresti avere una costola rotta…”
“Senti Semir hanno rapito Livyana sotto i miei occhi devo avvisare i genitori…era sotto la mia tutela…era qui con me…ah che male…” disse il giovane piegandosi dal dolore e portandosi una mano al fianco.
“Cosa? Hanno rapito la bambina a cui stai dando lezioni di musica?” Semir era allibito.
 “Comunque, Ben per favore devi farti medicare…poi cercheremo e troveremo la ragazzina, ma ora te lo ripeto per favore Ben…”
“BEN UN CORNO!!!” rispose furioso “La ragazzina era sotto la mia responsabilità!!!”
Poi rendendosi conto che stava esagerando disse “Scusami Semir, ma …”
“Non ti preoccupare Ben…ti capisco, so che ti sei affezionato a quella bambina…vedrai la troveremo” rispose comprensivo il socio mettendogli una mano sulle spalle.
“Dai andiamo dai genitori di Livyana, dobbiamo metterli al corrente e avvisiamo la Kruger…” disse il piccolo ispettore mentre stava componendo il numero della Centrale, ma Ben gli strappò letteralmente il cellulare dalle mani.
“Ehi , ma che ti è preso” disse stizzito Semir.
“Meglio di no Semir, guarda sul tavolo” disse Ben terrorizzato solo al pensiero che potesse succedere qualcosa di grave alla piccola.
Semir raccolse il biglietto.

‘Avvisate la polizia e la bambina è morta’

“Andiamo dai genitori di Livyana ora e subito, anche se non capisco perché non siano ancora venuti qui a cercarla, magari il rapitore si è fatto vivo con loro e adesso sono terrorizzati e non sanno che fare” disse Ben alzandosi dal divano soffocando un lamento di dolore.
“Ma i genitori di Livyana sono ricchi? Secondo te è un rapimento a scopo d’estorsione?” domandò Semir.
“Non mi pare che siano facoltosi, anzi…” rispose il ragazzo infilandosi la camicia e raccogliendo la fondina che vi era sotto.
“Per fortuna chi l’ha portata via non ha visto la pistola, altrimenti se solo avesse avuto il sospetto che fossi un poliziotto…magari a quest’ora sarei sul tavolo dell’obitorio a far compagnia alla bella patologa…”
“Sì una ‘fredda’ compagnia, se mi è permessa la battutaccia. Dai su andiamo” replicò il piccolo turco.

I due ispettori arrivarono alla fattoria dei coniugi Karpov.
Nel vialetto era parcheggiata un’Audi nera e la cosa a Ben suonò decisamente fuori luogo. Non riteneva che i genitori di  Livyana potessero permettersi una macchina del genere, ma per quello che ne sapeva lui …
Ben suonò il campanello e contemporaneamente bussò alla porta.
Nessuno rispose.
“Signor Karpov, signora …sono Ben Jager, se siete in casa per favore aprite…” ma ancora una volta nessuno rispose.
“Che facciamo?” domandò Ben “Entriamo? Siamo senza mandato…”
“Direi che per una volta possiamo infrangere le regole…” rispose di getto il piccolo ispettore.
“Per una volta?” domandò l’altro ispettore e Semir sfilò dal taschino i piccoli attrezzi per forzare la porta.
La serratura scattò e i due ispettori entrarono, non prima di aver sfoderato le loro armi d’ordinanza. La prudenza in quel caso era d’obbligo.
 “Diamo un’occhiata in giro” disse uno dei due ispettori .
“Okay io salgo al piano di sopra” rispose l’altro.
Semir salì al piano superiore, mentre Ben perlustrava il piano inferiore.
Ma all’interno della casa non erano soli.

Tutt’ad un tratto proveniente dal piano di sopra si sentì un trambusto, passi pesanti e veloci, poi qualcuno che scendeva velocemente.
Ben si diresse verso le scale, ma fu letteralmente travolto da un uomo.
Il giovane finì a terra e nel cadere a Ben sfuggì la pistola.
L’uomo che aveva il volto coperto, raccolse la pistola del giovane ispettore e gliela puntò contro.
Ancora una volta Ben si ritrovò ad essere sotto tiro e ancora una volta alzò le mani in segno di resa.
L’uomo però non sparò, guardò dritto negl’occhi Ben per alcuni secondi e fuggì via, non prima di aver lanciato la pistola da una parte e il caricatore dall’altra.
Ben a fatica cercò di rimettersi in piedi, chiamando a gran voce Semir che scese pochi istanti dopo.
“Non è che per caso sei riuscito a scoprigli il viso e vederlo in faccia?” domandò Ben anche se aveva quasi la certezza che nemmeno il suo socio fosse riuscito a vederlo.
“No, mi ha sorpreso alle spalle e mi ha colpito… sta fuggendo, forza inseguiamolo” rispose Semir aiutando il collega a rialzarsi, mentre sentiva il rombare di un motore che si avviava.
Quando i due ispettori uscirono dalla casa, l’Audi stava uscendo dal vialetto.
I due poliziotti salirono velocemente sulla BMW e si misero all’inseguimento dell’auto.

Iniziò così un inseguimento per le strade di Colonia .
“Cobra 11 a Centrale” comunicò via radio Ben.
“Ti ascolto Ben” rispose prontamente Susanne.
“Stiamo inseguendo un’Audi nera targata ‘NE-LK 3470…in centro a Colonia …Maledizione …No!!!” urlò alla radio Ben.
“Ben che è successo???” chiese spaventata Susanne.
“Susanne” replicò Ben “Manda un’ambulanza e vigili del fuoco all’incrocio tra Isabellen Straße e Jakob-Engels Straße scontro tra due auto, noi stiamo percorrendo la Severin Straße in direzione nord”
“Ricevuto Ben” rispose la ragazza che poi aggiunse “L’auto che state inseguendo risulta rubata, ne hanno denunciato il furto poche ore fa, da un parcheggio vicino all’aeroporto di Colonia - Bonn”
L’Audi continuava a procedere a zig zag scansando le auto che aveva davanti ed evitando per un soffio quelle che procedevano nel verso opposto. Motocilisti, ciclisti e pedoni furono schivati con maestria dall’Audi prima e dagl’ispettori dell’autostradale poi.
“Ehi Semir” constatò Ben “Ma quello guida come Niki Lauda…”
“Ho visto, sembra sia abituato a fare inseguimenti o ad essere inseguito, ma io sono Schumacher…”
“Sì, lo Schumacher turco” lo canzonò il giovane collega “Dai non fartelo scappare”
“Mapporca è rosso…” disse improvvisamente Semir  vedendo in lontananza un semaforo.
L’Audi passò per un soffio l’incrocio, sfiorando le fiancate delle auto. La stessa cosa tentò Semir, ma per schivare un’auto fu costretto a sterzare bruscamente sfondando la vetrina di un autosalone per poi finire la sua corsa contro alcune auto esposte.
 “Volevi cambiare auto?” lo sfottè Ben.
“Non proprio…Mapporca miseria!!!” disse il piccolo ispettore colpendo con stizza il volante della BMW.
L’uomo alla guida dell’Audi diede un’occhiata allo specchietto retrovisore “Siete stati bravi, ma non fortunati…ma ci rivedremo …ve lo posso assicurare”
Semir e Ben scesero dall’auto sotto gli occhi a dir poco inviperiti del proprietario dell’autosalone.
“Ci scusi” abbozzò contrito Semir, ma la sua attenzione fu distolta da Ben.
“Ben tutto bene?” gli chiese vedendolo uscire dall’auto tenendosi le braccia attorno al costato “Dai ti accompagno al pronto soccorso…”
“Semir per favore, no…” ansimò il giovane.
Andare al pronto soccorso era l’ultima cosa che Ben voleva. Ultimamente gli sembrava di essere sempre là. Per non parlare dell’odore persistente dei disinfettanti che usavano dentro gli ospedali che ormai gli davano la nausea. “Andiamo piuttosto al Distretto cerchiamo di fare in modo di riportare quanto prima Livyana a casa. Vediamo di sapere qualcosa sui suoi genitori, parenti, lavoro…”
Ma vedendo le condizioni fisiche del suo socio Semir propose un compromesso.
“Allora facciamo così” disse serio “Tu te ne vai a casa, mentre io me ne torno alla Centrale, ma a una condizione…niente colpi di testa e se il tuo stato fisico peggiora mi chiami e ti porto all’ospedale intesi?”
“Okay…” rispose Ben sospirando e alzando gli occhi al cielo.

Ben fu accompagnato dal collega più anziano a casa sua. Per strada Semir tentò di convincerlo più e più volte di andare a farsi vedere da un medico, ma Ben aveva sempre risposto di no. Era comunque riuscito a strappargli la promessa che nel caso il dolore peggiorasse sarebbe subito ricorso alle cure mediche, anche se in cuor suo Semir dubitava che Ben sarebbe andato al pronto soccorso.
Quando fu arrivato davanti al lussuoso condominio dove abitava Ben scese dall’auto cercando di apparire il più tranquillo possibile e sopprimendo ogni gemito di dolore. Voleva che il suo socio se ne andasse con animo abbastanza sereno.
“Ci aggiorniamo socio” disse il ragazzo e dopo averlo salutato entrò nello stabile dove era situato il suo appartamento.
Il giovane pigiò il bottone dell’ascensore, le porte scorrevoli si aprirono, quindi entrò e premette il tasto del suo piano.
All’interno del vano c’era uno specchio, dove Ben poté specchiarsi “Eccoti qua” pensò tra se “Hai una cera che farebbe paura a chiunque…labbro spaccato, le costole che ti fanno camminare come il Gobbo di Notre-Dame…un mal di testa allucinante, guarda come sei ridotto”
Poi avvicinandosi un po’ di più allo specchio quasi inorridito si passò due dita tra i capelli “E questo che è? E già non sei più un giovanotto amico, stai invecchiando e questo capello color argento ne è un’ulteriore conferma…”
Un volta arrivato davanti all’uscio di casa Ben prese le chiavi, aprì la porta ed entrò.
“Eccomi a casa… doccia e poi torno alla sala prove, vediamo se il rapitore di Livy ha lasciato qualche traccia…Se Semir crede che me ne stia qua buono buono ad aspettare seduto sul divano o sdraiato sul letto…” pensò tra sé e sé.
Finalmente il ragazzo riuscì a rilassarsi un po’ sotto il getto tiepido dell’acqua della doccia. Sotto di esso sentiva che il suo corpo e le sue membra si stavano distendendo e il suo senso d’angoscia e agitazione si stava un po’ attenuando.
Uscendo dal bagno in canottiera e boxer Ben si diresse verso la cucina per bere.
Improvvisamente un rumore alle sue spalle…
Ben d’istinto portò immediatamente la mano sul fianco destro dove era solito portare la pistola che purtroppo in quel momento non aveva con se, si diresse quindi verso il bancone della cucina dove l’aveva lasciata, ma qualcuno fu più veloce di lui e lo colpì alla testa.
Poi per il giovane ispettore fu tutto buio.

Angolino musicale: Nickelback ‘Holding on to heaven’(aggrappato al paradiso)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=lTAc7q7xt-s

E se l’eternità non arrivasse mai, allora io continuerò a tenere duro Continuo ad auscultarmi il petto Alla ricerca di un battito, ma non è rimasto nulla È passata una settimana da quando ti ho vista E non riesco ancora a crederci Perché dentro di me sto morendo da solo E ogni giorno che siamo separati Sono come un bambino con il cuore infranto Ma dal secondo che ti vedrò Saprai quanto ho bisogno di te Perché non ti lascerò mai andare Beh, lo sai, io…Io sono perso senza di te E non c’è niente che io possa fare Tu sei la sola senza cui non posso continuare Se non mi aggrapperò a te, allora mi aggrapperò all’eternità Ti ho avuta adesso e Non ti lascerò andare Perché in ogni momento in cui sono con te È come se mi stessi aggrappato al paradiso...




 
 

 

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Capitolo 5
*** La vita degli altri ***


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La vita degli altri

Si stava avvicinando l’ora di pranzo e Semir si stava dirigendo verso l’ufficio del comando della CID.
Aveva avvisato Susanne del suo imminente arrivo e le aveva chiesto la massima segretezza sul lavoro che da lì a poco avrebbero fatto insieme, intanto le aveva chiesto di raccogliere informazioni sui genitori di Livyana Karpov.
E Susanne senza sollevare obiezioni o domande aveva iniziato a fare le sue ricerche.
Prima di andare al distretto Semir avrebbe fatto una piccola deviazione.
Sarebbe passato a prendere qualcosa da mangiare da uno dei suoi innumerevoli cugini che aveva appena aperto un ristorante turco.
Dopo aver preso alcuni Kebab per lui e qualcosa di un po’ più tradizionale per  Susanne il piccolo ispettore si apprestò a salire sulla sua BMW, non prima di aver salutato il suo parente.
“Grazie infinite Cem, saluta gli zii da parte mia”
“Sì certo, non mancherò e ci si vede cugino. E salutami Ben, digli che grazie a lui sono uscito con quella bella brunetta…anzi adesso lavora qui con me…stiamo insieme da tre mesi” replicò suo cugino felice e anche un po’ imbarazzato sull’uscio del locale.
“Ma dai???” ribatté curioso Semir  sporgendosi dal finestrino “E da quando in qua c’è una ragazza nella tua scapestrata vita?”
“Beh diciamo che Ben mi ha decisamente aiutato e se ho potuto avviare questa attività è grazie a lui…mi ha dato fiducia e non lo deluderò” rispose serio il giovane.

Mentre percorreva la strada verso il distretto, ancora una volta Semir si ritrovò a pensare quanto poco conoscesse della vita privata del suo giovane amico. O meglio, era al corrente che Ben non era nuovo a questo tipo di iniziative, spesso aiutava, anche economicamente, i suoi amici o persone che lui riteneva meritevoli. Si ricordava che il suo socio non tanto tempo addietro aveva finanziato gli studi ad un giovane ragazzo accusato ingiustamente di aver provocato un incidente in autostrada, ma che avesse anche aiutato il suo ‘scapestrato’ cugino proprio non se lo sarebbe mai aspettato.
Ma in fondo sapeva che Ben quel genere di cose  amava farle in segreto.

Poco dopo Semir arrivò al Distretto e parcheggiò nel posto che più di un decennio addietro gli era stato assegnato.
Con disinvoltura e salutando i colleghi presenti si diresse verso il suo ufficio, passando davanti alla scrivania di Susanne, che appena lo vide lo seguì, entrando anche lei nella stanza.
“Ho fatto quella ricerca che mi hai chiesto” esordì la bionda segretaria “Ho cercato qualsiasi cosa che potesse riguardare la famiglia Karpov, questo senza che nessuno dei colleghi, commissario Kruger compresa,  sospettasse qualcosa…” poi guardando dritto negli occhi il piccolo ispettore chiese a bruciapelo:
“Ragazzi, non è che siete nei guai vero? Di solito tu e Ben viaggiate in coppia e quando non lo siete…beh è come un presagio…un brutto presagio…”
“Tranquilla” mentì spudoratamente Semir “E’ tutto a posto…Ben è dalla patologa…è vivo…” si affrettò a dire.
Susanne aggrottò di più la fronte, si convinse, senza tanto successo a credergli, cominciando ad elencare le poche informazioni che aveva raccolto sulla famiglia Karpov. Il piccolo ispettore seguì con attenzione ciò che l’efficiente segretaria aveva trovato; elencò date di nascita, luoghi, lavoro dei genitori di Livyana, ma nessuna informazione risultò utile alla sua indagine.
Tutt’ad un tratto il commissario Kruger chiamò al telefono la segretaria.
“Mi dica commissario?” rispose Susanne attraverso il cordless che si era portata appresso. “Certo…subito…”
Semir guardò serio la ragazza che stava al telefono e tra i due ci fu uno scambio di sguardi eloquenti.
Appena ebbe riattaccato Susanne informò l’ispettore che il commissario Kruger voleva parlargli e fare il punto della situazione.

Sospirando Semir si alzò dalla sua scrivania e dirigendosi verso l’ufficio del suo superiore, bussò alla porta e dopo aver atteso il permesso entrò.
“Commissario…” salutò Semir.
“Prego, si accomodi Gerkhan…novità sull’incidente in autostrada? E della macchina che vi ha fatto finire dentro le vetrine dell’autosalone, voglio un rapporto dettagliato…” poi notando che il suo sottoposto era solo “E Jager dov’è?”
“Ecco, Ben ha avuto una chiamata dal padre” mentì ancora spudoratamente Semir , poi cambiando repentinamente discorso prima che la Kruger potesse replicare “E per quanto riguarda l’incidente in autostrada stavo facendo delle ricerche con Susanne per vedere un po’ chi era il conducente dell’auto. Il veicolo su cui viaggiava è stato sabotato…sembra che qualcuno volesse Popov morto, ma al momento non abbiamo nessuna traccia”
“Va bene…se avete novità…” lasciò cadere il discorso a metà Kim Kruger.
“Capo qualcosa non va?”
Semir notò che il suo superiore aveva un’aria strana.
Il commissario non rispose subito e questo insospettì ancora di più Semir.
“Commissario…c’è qualcosa che vuole dirmi? Lo sa che può parlare liberamente con noi…”
Kim Kruger fece un sospiro e si appoggiò allo schienale della poltrona incrociando le braccia davanti a se.
“Ultimamente abbiamo avuto alcune segnalazioni dal Servizio del Controspionaggio Militare...si ricordi che il suo collega per due anni ne ha fatto parte…quindi ufficiosamente Jager è ancora uno di loro” disse seria la donna.
“Certe cose non si dimenticano, purtroppo…” rispose secco Semir e percepì un brivido gelido lungo la schiena.

Il suo giovane collega per due anni aveva collaborato con i Servizi Segreti tedeschi per smascherare un’organizzazione che mirava a eliminare tutti gli agenti sotto copertura. In quell’occasione Semir  aveva arrestato il suo migliore amico convinto che fosse una spia, quando invece non lo era.
Ogni tanto quell’episodio ritornava a galla ed a Semir bruciava ancora.
Non si capacitava di non aver avuto fiducia nel suo socio, di avergli sparato per ben due volte e di averlo addirittura picchiato, quando ammanettato non poteva difendersi.
Ben dal canto suo aveva rassicurato il suo partner che per lui era acqua passata, ma Semir ancora oggi dopo tanto tempo si sentiva ancora in colpa per non aver capito subito che Ben stava solo interpretando una parte.

Intanto nel suo appartamento Ben si stava svegliando, aveva un mal di testa tremendo e la vista annebbiata.
Si ritrovò a pensare che quello per la sua testa e per il suo fisico non era un buon periodo.
Aveva le mani e i piedi intorpiditi e quando finalmente si svegliò del tutto si rese conto che era seduto su una sedia, aveva le mani legate dietro lo schienale, le gambe legate a quelle delle sedia e del nastro adesivo gli tappava la bocca.
“Vedo che si è svegliato …Ispettore Capo Ben Jager…Polizia Autostradale…almeno così dice il suo tesserino di riconoscimento” disse una voce alle sue spalle.
L’uomo poi si parò davanti a Ben e il giovane restò decisamente di stucco .
Pensava di trovarsi davanti il rapitore di Livyana, invece quell’uomo poteva essere l’intruso trovato a casa dei Karpov e fuggito con l’Audi nera.
Ben lo riconobbe dagli occhi, quelli del rapitore della piccola erano scuri, mentre quelli che aveva davanti erano color del ghiaccio.
Postdam si tolse il foulard che gli copriva il volto e Ben pensò che quello non era un buon segno, poi quasi con sadica soddisfazione gli strappò il nastro adesivo che gli tappava la bocca.
Il giovane soffocò un gemito.
“Bene ispettore Jager” continuò l’uomo continuando a gironzolargli attorno  “Non si faccia ingannare dalla mia età, per lei potrò sembrare vecchio, ma le assicuro che potrei farla sparire in dieci minuti, senza che nessuno sappia più niente di lei…”
Ben ascoltava in silenzio, per una volta si impose di tener a freno la lingua e il suo solito sarcasmo, l’uomo che aveva davanti aveva qualcosa di diabolico.
“E’ bene che lei sappia che, come si dice nei film, ho la licenza di uccidere e in passato la cosa non mi è mai risultata difficile, posso assicurarle che adesso ucciderei solo se  fossi costretto, ma questo non vuol essere una garanzia; io, fossi in lei, non sarei così sicuro di vedere il sole sorgere domani”
Postdam si fermò davanti al giovane e nei suoi occhi Ben vide qualcosa di malefico.
Il suo sguardo accentuato dal colore degli occhi faceva venire i brividi. Era forse nelle mani di un pazzo? Ancora non riusciva a capirlo bene.
Ben ascoltava quel monologo, fissando l’uomo dritto negl’occhi.
“Le ho detto questo perché sono qui per …ammonirla? Si direi che il termine mi piace…dicevo che sono qui per ammonirla. Stia fuori, lei e i suoi colleghi, dalla sparizione della famiglia Karpov, la polizia è l’ultima cosa che voglio avere tra i piedi, quindi prima che sia troppo tardi lasciate perdere il caso, inventate qualcosa. Dica ai suoi superiori che la famiglia Karpov se ne è tornata in Russia da parenti o simili…se vedo ancora uno di vuoi nelle vicinanze della fattoria…”
Ma questa volta fu Ben a interromperlo.
“Come sarebbe a dire che i coniugi Karpov sono spariti? A me risulta che solo la figlia è stata rapita …lei sa il perché vero? Chi è lei? Cosa vuole da loro? Li ha forse rapiti lei?”
Ben era un fiume in piena.
“Io non li ho rapiti, ispettore Jager” disse l’uomo avvicinando pericolosamente il volto a quello di Ben “Io sto cercando di salvarli. Le ripeto voi occidentali non avete la più pallida idea con chi avete a che fare , se solo quell’uomo vede mezzo distintivo la famiglia Karpov è morta. Ha ucciso molta gente…di tutte le età…non si farà molti scrupoli” disse con calma Postdam.
“Livyana Karpov è stata rapita sotto i miei occhi, era con me, non l’hanno rapita con i genitori e loro non so dove siano. Lei sta cercando di trovarli e salvarli? Anche io, sono preoccupato quanto lei…” anche se in cuor suo Ben dubitava che l’uomo che aveva davanti fosse preoccupato per la sorte dei coniugi Karpov o di Livyana.
“E adesso mi dica…chi è lei?” chiese di nuovo Ben quasi urlando.
“Senta se anche la bambina dovesse morire, io lo consideri un effetto collaterale, la priorità è che i suoi genitori restino vivi…e loro sanno benissimo che il nostro codice, il nostro giuramento viene prima di tutto”
“Maledetto bastardo” pensò tra se il poliziotto.
Ben avrebbe voluto saltargli al collo e prenderlo a pugni,  rabbioso com’era in quel momento. Come poteva considerare l’eventuale morte di una bambina di undici anni come un effetto collaterale?
Davanti a lui si parò il volto sorridente e felice di Livyana della sera prima, con i suoi teneri abbracci e affettuosi baci sulla guancia. Lei, adorante, che lo accompagnava con la chitarra mentre suonava al piano la sua canzone preferita.
“Se Livyana dovesse…” e neanche col pensiero riuscì a finire la frase “Giuro…non la suonerò più…mai più” pensò con il cuore pesante.
“Lei è un essere spregevole, un cinico bastardo se ragiona così” urlò rabbioso e furioso Ben “Che dirà ai suoi genitori quando scopriranno che la loro figlia è in mano ad un criminale senza scrupoli?”
Ma Postdam non si scompose, anzi con calma serafica rispose “Siamo in guerra ispettore  e sa che in guerra tutto è lecito…”
Ben scrollò la testa, se fosse servito a qualcosa si sarebbe messo a piangere “La guerra è finita da un pezzo…” riuscì solo a sussurrare più a se stesso che all’uomo che aveva davanti.
Ma la loro conversazione fu interrotta dal suono del videocitofono.
Postdam diede una rapida occhiata alle immagini che mandava il piccolo schermo appeso al muro, poi estrasse la pistola provvista di silenziatore , aprì la porta e attese dietro ad essa.
Ben pensò subito a Semir e il terrore prese il sopravvento.
“SEMIR VATTENE…” urlò il giovane ispettore con quanto più fiato aveva. Postdam furioso si avvicinò a Ben con la pistola spianata davanti a lui.
“Uccida me, ma la prego lasci vivere Semir…lui non c’entra, non sa nul…”supplicò Ben.
Ma inaspettatamente l’agente russo non sparò a Ben, ma gli tappò nuovamente la bocca col nastro adesivo, dopo di che si avvicinò di nuovo alla porta d’entrata.
“Ti prego Semir…non salire…ti scongiuro vattene… ucciderà anche te…” frasi incoerenti e confuse affollarono la mente del giovane.
Lentamente la porta si aprì e davanti a Ben apparvero due figure a lui note: i genitori di Livyana.
I coniugi Karpov non videro però l’ispettore e inconsapevoli del pericolo varcarono la soglia d’entrata. Subito la porta alle loro spalle si chiuse e dietro di essa apparve subito un uomo, pistola in pugno che loro conoscevano molto bene.
“Compagno Postdam? Che ci fai qui?” chiese stupito il signor Karpov.
“Potrei dire la stessa cosa di voi” rispose secco Postdam.

Ben assisteva stupito alla conversazione, poi stupidamente gli venne in mente il titolo di un film di James Bond: dalla Russia con amore.
Quello non era certo né il momento né il luogo, tanto meno la situazione gli permetteva di fare pensieri così schiocchi.
La situazione era critica e uscire dal quel pasticcio gli sembrava quanto mai impossibile al momento.
“Siamo stati fuori città per affari tutta ieri e parte di oggi, siamo tornati poche ore fa pensavamo che nostra figlia fosse da lui” disse Andrej Karpov indicando Ben “Quindi siamo andati dove lui ha un capannone, lì ci va spesso anche Livy. Poi di solito all’ora di cena è sempre a casa, in caso contrario ci lascia messaggi sopra un tavolo…eravamo venuti qui per chiederle di lei…sapevamo dove abita …”
Ben pensò a quanto disperati dovessero essere i genitori della piccola e fu in quel momento che gli occhi di Ben incrociarono quelli della signora Karpov.
La donna negli occhi di Ben vi lesse compassione , gli occhi del ragazzo erano occhi buoni. Spesso Livy aveva parlato di lui e a volte lei ne era stata quasi gelosa, ma adesso vederlo così, legato e con la bocca tappata con del nastro adesivo…
Lentamente la donna si avvicinò a Ben.
“Lei sa dove sta nostra figlia vero?” disse la donna preoccupatissima togliendogli il nastro adesivo dalla bocca con delicatezza.
“Lui è un poliziotto, se D’javol lo vede, con voi…ucciderà vostra figlia…” sbottò quasi disgustato Postdam.
“Cosa???” urlò disperata la donna girandosi di scatto e guardando terrorizzata prima Postdam e poi il marito “La nostra piccola è in mano sua???”
Anastasiya cercò conforto tra le braccia del marito, poi si mise a piangere disperata.
“Chi è D’javol” chiese Ben.
“D’javol è…” Andrey Karpov sciolse l’abbraccio, stava per dire qualcosa, quando Postdam lo zittì, facendolo cadere a terra colpendolo violentemente con il calcio della pistola in pieno volto.
La moglie si precipitò subito a soccorrerlo, ma venne afferrata per i capelli da Postdam.
“Siete impazziti? Volete farvi scoprire? Ve lo ripeto questo è un poliziotto…meno sa meglio è!”
Poi spinse a terra la donna,  a passo di carica si avvicinò a Ben e gli puntò in fronte la gelida canna del silenziatore.
“Uccidermi non le servirà a trovare la ragazzina, e tantomeno a trovare questo D’javol” disse convinto Ben.
“Non mi interessa la ragazzina, voglio D’javol!” e tirò indietro il grilletto pronto a freddare Ben.
Velocemente Ben si mise a pensare. Postdam non aveva a cuore la vita della bambina, ma lui avrebbe fatto il possibile, anzi l’impossibile per averla ancora accanto a sé sana e salva.
 “Senta le faccio una proposta” disse sicuro Ben tentando una mediazione “Sei lei mi aiuta a trovare la ragazzina io l’aiuterò a trovare questo D’javol. Mi dica chi è lei e chi è la persona che sta cercando. Sarà un’indagine ufficiosa, anzi nessuno saprà niente, ma se” Ben ragionò sulle parole da dire , doveva essere cauto  l’uomo avrebbe potuto fraintendere e allora sarebbe stata la fine per lui e la piccola “ Se lei collabora  avrà a disposizione i mezzi e magari le tecnologie della polizia…Si fidi di me, la prego”
“Ispettore Jager” replicò deciso Postdam “Lei vuole salvare, come dite voi? Ah sì, capra e cavoli, ma a volte è impossibile e il lupo …”
Ma Ben lo interruppe deciso.
“Allora mi aiuti, lei vuole il lupo, noi Livyana a casa”

I sguardi dei due uomini erano fieri e decisi.
Il clima che si respirava attorno a loro era elettrico, anzi esplosivo.
Ben sentì una goccia di sudore scendergli lungo la schiena, ma non era dovuto al caldo.
La tensione era quasi palpabile. In gioco non c’era solo la vita di Livyana, c’era anche la sua. Poi avvenne ciò che Ben fino a pochi istanti prima sembrava impossibile.
Postdam abbassò l’arma, vi rimise la sicura e guardò in faccia uno ad uno le tre persone presenti nell’appartamento, poi cominciò a slegare Ben, ormai si sentiva vecchio e il poliziotto che aveva davanti non lo avrebbe lasciato andare facilmente, almeno che non lo uccidesse, ma il ragazzo aveva a cuore la sorte di una famiglia di spie  e questo era un punto a favore per lasciarlo vivere almeno per il momento, forse gli avrebbe fatto comodo per trovare D’javol, tuttavia se lo riteneva troppo ‘immischiato’ in affari non suoi lo avrebbe eliminato.

“Ai tempi della Guerra Fredda in Europa Occidentale vi erano decine di spie dell’Est. Io, ad esempio” cominciò a parlare Postdam e indicando i Karpov “Loro due e Dimitri Asimov. Quest’ultimo era un uomo spietato che in codice noi chiamiamo ‘D’javol- il diavolo’. Lei capirà che in guerra ogni cosa è lecita, ma D’javol diventò incontrollabile. Poi con la caduta del Muro di Berlino tutte le spie diventarono ‘dormienti’ .Il loro lavoro al servizio della Patria poteva ritenersi concluso. Alcuni decisero di restare qui in Germania ottenendo la cittadinanza tedesca, altri tornarono in Russia, altri ancora scelsero altri stati. Ma D’javol continuò a mietere vittime eccellenti, voleva che la Guerra Fredda continuasse. Io riuscì ad arrestarlo e a riportarlo in Russia. Fu condannato e deportato in Siberia, noi non andiamo per il sottile come lei saprà. Purtroppo a causa di un’esplosione nel penitenziario dove era rinchiuso ci fu un’evasione di massa, tra questi anche D’javol. Ovviamente voi occidentali non ne avete mai saputo niente. D’javol dopo l’evasione giunse qui in Germania e cominciò a ricattare il KGB, l’agenzia da cui tutti noi  provenivamo”
“Ma come vi sta ricattando? E cosa c’entra il rapimento della piccola ?” domandò ora curioso il giovane ispettore.
“D’javol sta uccidendo tutte le spie ‘dormienti’ presenti nel suo paese, ispettore” sentenziò Postdam.
“Quindi Popov…l’uomo morto in autostrada…mi sta dicendo che potrebbe essere stato ucciso da questo D’javol?” ragionò Ben.
“Sì, come lo sono altre sette vittime morte in situazioni più o meno analoghe avvenute qui in Germania che la vostra polizia ha archiviato come ‘incidenti’. Popov era uno dei migliori agenti del KGB, sapeva di essere un obiettivo di D’javol ed era sfuggito a molti attentati”
“D’javol quindi…lei pensa che abbia rapito Livyana...per arrivare a loro?” chiese Ben indicando i coniugi Karpov “Quello che però mi domando è perché non mi abbia ucciso”
“Asimov non l’ha uccisa perché anche lui, come tutte le spie ha un codice, lei non è un suo obiettivo, ma potrebbe essere colui che lo farà arrivare a loro” disse Postdam indicando i Karpov.
“Quindi voi siete delle spie ‘dormienti’ “ replicò Ben guardando i genitori di Livyana.
I Karpov annuirono.
Postdam continuò il discorso slegando completamente Ben “Il mio compito è quello di arrestarlo, e riportarlo in Russia, D’javol è una spina nel fianco per noi. Ci sta ricattando e questo al nostro Presidente non va giù. Se cedessimo tutte le ex spie potrebbero fare altrettanto. Devo catturalo, possibilmente vivo e riportarlo in Russia. Sarà processato e rispedito in Siberia”
Finalmente libero Ben si alzò dalla sedia, e si massaggiò i polsi “Io l’aiuterò, ma devo sapere…”
E in quel momento si udì di nuovo il suono del campanello di casa Jager.
 
Angolino musicale: Ringrazio ancora una volta Furia76,  Claddaghring8  e Maty66 il mio magnifico ‘terno’ e poi Liviana (con la I e non con la Y!) ed Elisa per i loro fuori onda. Menzione speciale per la mia Beta che malgrado sia sommersa da impegni lavorativi ed altro trova sempre un po’ di tempo per me (e per mettere tutte le centinaia di virgole che sicuramente perdo per strada). Dido Thank you (grazie)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=1TO48Cnl66w
Il mio tè è diventato freddo, mi chiedo perché mai mi sia alzato dal letto La pioggia mattutina appanna la mia finestra e non riesco a vedere proprio niente E anche se potessi sarebbe tutto grigio, ma la tua foto sulla mia parete Mi ricorda che non è poi così male, Ho bevuto troppo ieri sera, avevo il conto da pagare La mia testa era dolorante Ho perso l’autobus e oggi sarà un inferno sono ritardo al lavoro un'altra volta E anche se io fossi lì, tutti sosterranno che non arriverò a fine giornata Ma poi mi chiami e non è poi così male, Non è poi così male Voglio ringraziarti per avermi dato il giorno più bello della mi vita Oh solo essere con te è il giorno più bello della mia vita Spingo la porta, sono a casa alla fine e sto gocciolando ovunque Poi mi passasti un asciugamano e tutto ciò che vedo sei tu E anche se la mia casa fosse abbattuta adesso, io non vorrei spiegazione Perché tu sei vicino a me e Voglio ringraziarti per avermi dati il giorno più bello della mi vita Oh solo essere con te è il giorno più bello della mia vita…
 

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Capitolo 6
*** Le due facce della medaglia ***


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 Le due facce della medaglia
 
Appena il campanello di casa Jager suonò, come per istinto Postdam mise mano alla pistola ancora nella fondina, ma le tolse la sicura.
Ben fece cenno ai presenti di stare calmi e si avviò per vedere chi fosse attraverso il videocitofono.
“Accidenti”  pensò il poliziotto “Questa non ci voleva”
Questa volta alla porta era davvero Semir.
Per un attimo Ben pensò a tutte le possibili alternative  per mandarlo via, non voleva coinvolgerlo in un’operazione assurda e pericolosa, ma poi si rese conto che il suo socio, non lo avrebbe lasciato agire da solo e in fondo Ben aveva bisogno del suo migliore amico.
Così Ben gli aprì e poco dopo un ignaro Semir comparve sulla soglia della porta.
“Ben hai dimenticato nella mia auto le chiavi della tua sala prove e passavo…” ma alla vista di Postdam la frase gli morì in gola.
Subito ad una velocità pazzesca estrasse la pistola dalla fondina, altrettanto fece Postdam e Ben si trovò ad essere tra i due fuochi.
“Aspetta Semir” disse Ben quasi urlando allargando le braccia come per bloccare entrambi “Fermi tutti e due…abbassate la pistola …” ma nessuno sembrò ascoltarlo “Coraggio abbassate la armi” e poi rivolgendosi direttamente al socio “Semir, è tutto a posto, abbassa la pistola”
Il piccolo ispettore lanciò un’occhiataccia al socio, che ricambiò con uno sguardo che chiedeva solo di fidarsi, poi lentamente abbassò l’arma.
“Postdam” disse poi rivolgendosi all’agente russo Ben “L’abbassi anche lei”
Postdam seppur riluttante rimise la pistola nella fondina e si allontanò dai due poliziotti.
“Penso che tu mi debba delle spiegazioni, socio” replicò Semir torvo, rimettendo la pistola nella fondina con un gesto stizzoso.
“Ne hai pienamente diritto, socio” ribadì l’altro “Ma se permetti prima mi vesto…”

Ben ragguagliò Semir, di come era stato sorpreso dall’anziana spia dopo essere uscito dal bagno, di essere in presenza di tre agenti del KGB e della piccola Livyana che a quanto affermava Postdam era sicuramente in mano ad un assassino senza scrupoli.
Ogni tanto l’ispettore più anziano guardava i Karpov e Postdam.
“Posso parlarti? Preferirei in privato” disse alla fine Semir con un tono che non ammetteva né repliche né dinieghi.
A Ben non restò altro da fare che seguire Semir che si stava dirigendo verso il terrazzo, e fortunatamente, Postdam non fece opposizione alla richiesta del piccolo ispettore.
Il giovane aspettò la ramanzina di Semir che infatti non tardò ad arrivare.
“Oggi la Kruger mi ha convocato in ufficio…i tuoi …ex datori di lavoro…i Servizi Segreti tedeschi hanno avuto alcune segnalazioni e visto i tuoi trascorsi…”
“Strano, non ne so niente…”replicò un esterrefatto Ben.
Per un attimo Semir ebbe la voglia di chiedergli se era vero, ma poi tornò sui suoi passi e continuò la sua ramanzina.
“Non ne sai niente perché sono solo voci di corridoio, almeno per ora e tu dopo quell’operazione in cui… “ Ben sapeva benissimo a cosa si riferiva Semir.
“Sì, ho dato le dimissioni, non fa per me fare la spia e soprattutto,  non voglio mentire mai più al mio migliore amico” replicò il ragazzo, guardandolo dritto negli occhi.
“Comunque” continuò Semir “Penso che tu non sia così sprovveduto da non capire che quelli, anzi che Postdam ti sta usando vero? Mi sembra lampante che della piccola gli interessi relativamente, vuole trovare questo D’javol a tutti i costi”
“Lo so, ma non abbiamo scelta, secondo Postdam D’javol lo contatterà per uno scambio: soldi in cambio della bambina”
 “E se fosse una trappola? Magari questo D’javol vuole i soldi e vuole che glieli consegnino proprio i Karpov per poterli eliminare. Hai detto tu stesso che è una sorta di scheggia impazzita”
“Lo so Semir, ma abbiamo scelta? Livy ha solo undici anni e se questa è l’unica possibilità che abbiamo di riportarla a casa sana e salva…” disse Ben quasi sottovoce guardandolo sempre dritto negl’occhi.

Semir conosceva quello sguardo, Ben aveva già deciso, il suo socio si sentiva responsabile del rapimento della piccola perché non era stato in grado d’impedirlo.
Ed ora il senso di colpa lo stava letteralmente divorando.
Semir avrebbe dovuto fare gli straordinari, avrebbe dovuto proteggerlo da coloro che lo stavano usando e soprattutto proteggerlo da se stesso.
“Quando lo verrà a sapere il capo…non voglio neanche pensarci…il commissario questa volta ci radia davvero se sa che noi sappiamo cose che né lei né i Servizi Segreti conoscono…” disse serio Semir.
“La Kruger per adesso sa solo di Popov, non ha fatto nessun collegamento perché non sa altro, ma i Servizi Segreti tedeschi? Che siano a conoscenza  che Popov era una spia ? E che sappiano di Postdam, dei Karpov, di D’javol?” ragionò ancora il piccolo ispettore.
“Semir, puoi tirarti fuori…non sei obbligato…se andasse male…mio padre mi troverà una scrivania…” e Semir continuò la frase che aveva interrotto a Ben.
“E tu ne troverai una a me, socio” e gli fece l’occhiolino, che il ragazzo ricambiò con un mezzo sorriso.
Ben si ritrovò a pensare che il suo socio era la persona che in assoluto gli voleva più bene.
Dal canto suo la preoccupazione più grande di Semir era che Ben cadesse di nuovo nella trappola di voler fare tutto da solo escludendolo e finendo, secondo lui inevitabilmente, in un mare di guai.
Lo vedeva coinvolto, troppo e sicuramente il ragazzo guidato a volte più dai sentimenti che dalla ragione avrebbe potuto commettere grosse imprudenze con conseguenze anche tragiche.

I due poliziotti rientrarono.
“Avete un luogo sicuro dove andare? “ chiese Semir rivolto ai tre.
“Io ho preso una stanza in un hotel” rispose Postdam.
“E voi? Casa vostra non mi sembra un luogo sicuro” 
“Non abbiamo altro luogo dove andare” rispose Andrey Karpov.
“Potreste restare qui con me” propose sicuro Ben.
Semir lo guardò perplesso, non se la sentiva di lasciarlo solo con due spie ‘dormienti’.
Ben captò subito i pensieri di Semir.
“Non penso che sarò in pericolo” lo rassicurò Ben e poi guardando i Karpov “Sanno che li aiuterò a trovare Livyana “
“Bene direi che ci possiamo congedare” disse secco Postdam.
“L’avverto, Postdam” disse Ben prendendolo per un braccio e a Semir non sfuggì il tono che usò Ben mentre si rivolgeva all’uomo.
Era un tono duro e negl’occhi aveva il fuoco.
“Per me lei non vale niente, prima di tutto viene la bambina, so benissimo che potrei pentirmi amaramente di aiutarla, ma purtroppo non vedo altre soluzioni. Se alla bambina succederà qualcosa di spiacevole la riterrò responsabile e giuro che le darò la caccia fino in capo al mondo. Chiaro? ”
“Arrivederci ispettore” replicò Postdam liberandosi con uno strattone dalla presa di Ben e uscì dall’appartamento.
“Quel Postdam non mi piace per niente” sibilò Semir.
“Nemmeno a me, ma non vedo alternative se non la collaborazione” replicò cupo Ben.
Ben e Semir guardarono i Karpov.
“La ringrazio ispettore” disse triste la signora Karpov.
“Ve lo ripeto, lo faccio per Livyana, e quello che ho detto a Postdam vale anche per voi”
Ben aveva lo sguardo duro e ancora una volta Semir si ritrovò a pensare che Ben poteva essere il ragazzo più buono e dolce del mondo, ma se qualcuno o qualcosa toccava i suoi affetti diventava …spietato.

Postdam appena uscì dall’appartamento di Ben si guardò un po’ attorno dopo di che si avviò verso la metropolitana per rientrare all’hotel in cui aveva preso una stanza.
Aveva abbandonato l’Audi nera.
Avendo saputo come era morto Popov non voleva essere la prossima vittima di D’javol, anche se ne dubitava.
Lui per D’javol era un’esca per arrivare ai Karpov.
“Quel poliziotto non mi piace, è un ostacolo per i miei piani” penso tra sé  Postdam “Ma purtroppo è anche l’unico che mi può aiutare ad acciuffare Asimov”
L’anziana spia attese che arrivasse il convoglio sulla banchina, quando si sentì puntare alla schiena un coltello.
“Non fare nessuna mossa azzardata…potrei accoltellarti e ucciderti subito o buttarti giù dalla banchina, in fondo non mi dispiacerebbe, se sono finito in Siberia è stata per mano tua. Sono rimaste poche spie qui in Germania e qui a Colonia solo due…cinque milioni di euro…in contanti…banconote non segnate in una valigetta ventiquattro ore…non sarai tu a consegnarmi il denaro, ma saranno i Karpov”
“Perché non io?” domandò sicuro Postdam senza voltarsi.
Sapeva benissimo che era D’javol che lo stava minacciando.
“Perché so che a te della bambina non importa niente, ma ti interessa che i Karpov restino nelle vostre fila…se dovessi morire, morirà anche la piccola Karpov e se la bambina muore sarà per causa tua e io in ogni caso avrò avuto la mia vendetta personale. Tu e i tuoi capi avrete perso i Karpov. Avrete perso altre due spie. Mi farò vivo io…”

Pochi istanti dopo arrivò la metropolitana e una porta scorrevole si aprì proprio davanti a Postdam il quale fu spinto violentemente dentro al vagone.
L’uomo si girò quasi subito, ma di D’javol nemmeno una traccia.
 
Angolino musicale: Per un attimo ho pensato di far litigare in questo capitolo (ciò non vuol dire che non succederà nei prossimi) la coppia d’oro della CID, ma poi ho ripiegato in una ramanzina abbastanza 'soft' di Semir. Il suo giovane amico è cambiato ..forse…e Semir ne è consapevole…
Alicia Keys ‘Brand New Me’
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=gxGd1NG4aRI
E’ passato un po’ di tempo, io non sono più chi ero prima. Tu sembri sorpreso, le tue parole non mi bruciano più. Avevo intenzione di dirtelo ma penso sia facile da capire. Non essere furioso, è soltanto il marchio del nuovo me. Non essere cattivo, ho solo trovato il marchio della libertà. Attento al tuo ego, lui è l’unico che noi dovremmo incolpare. Ho dovuto riprendermi il mio cuore Dio sa qualcosa che deve cambiare Io pensavo che tu saresti stato felice Ho trovato l’unica cosa di cui ho bisogno, perché sei arrabbiato E’ soltanto il marchio del nuovo me
Oh, bisogna prendere una lunga strada per essere qui Bisogna avere coraggio, una ragazzo coraggioso ci prova Bisogna inventare una scusa in più, e dire un bugia in più. Non essere sorpreso
Non prenderla sul personale Ehi, se tu eri un amico, avresti voluto conoscermi di nuovo saresti felice di vedermi sorridere.



 

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Capitolo 7
*** visite inaspettate ***


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Visite inaspettate

Semir era ancora nell’appartamento del collega.
A Ben sembrava una tigre in gabbia e la colpa di quel suo atteggiamento era in gran parte sua.
Sapeva benissimo di essersi infilato, suo malgrado, in un autentico ginepraio, ma era altrettanto sicuro che Semir questa volta non lo avrebbe mai e poi mai lasciato agire da solo.
Non dopo ‘quella volta’.
“Socio” disse quasi esasperato nel vederlo fare avanti e indietro per la sala Ben “Vai a casa, la tua famiglia ti aspetta è inutile che tu stia qui…”
“Io da qui non mi muovo…” sbottò Semir.
“Ascolta me la caverò…vai a casa” replicò Ben cercando d’imprimere nella voce una sorta di tranquillità interiore che in quel momento non aveva proprio.
“Senti ‘mocciosetto’, non ti lascerò di nuovo agire da solo…non dopo…” la voce di Semir ebbe una leggera incrinatura.
“Semir, non agirò da solo come uno sprovveduto, non dopo…”
Nessuno dei due ebbe il coraggio di finire la frase iniziata, entrambi sapevano a cosa si riferivano i loro discorsi lasciati volutamente a metà.
“Dai socio vai a casa dalle tue donne…ci vediamo al comando domani mattina, va bene?”
Semir mugugnò qualcosa, ma alla fine seppur riluttante accettò il consiglio del collega.
Da una parte non se la sentiva di lasciarlo solo, ma dall’altra non vedeva l’ora di trascorrere un po’ di tempo con la sua famiglia.
Stava uscendo dall’appartamento di Ben quando il ragazzo lo fermò afferrandolo per un braccio.
“E mi raccomando, per strada…ti prego fai attenzione, tutta la faccenda è…” il giovane non sapeva nemmeno che parole usare.
“Esplosiva?” concluse per lui Semir.
“Se vuoi metterla così…comunque quando arrivi me lo fai sapere…un sms, una chiamata, usa WhatsApp, Skype…quello che vuoi intesi?”
“Promesso” giurò alla fine Semir “Ma prima levami una curiosità…pensi di contattare i tuoi vecchi capi?” chiese alquanto perplesso.
“Per il momento no, ma se dovesse rivelarsi indispensabile per trovare Livyana…anche se la cosa non mi piacerebbe. Forse tornerei ad essere una spia per il governo tedesco, ma a differenza dell’altra volta avrei te al mio fianco, non ripeterò l’errore di tenerti all’oscuro di tutto…non più, non dopo…” e ancora una volta non volle finire il discorso.
“Sei l’unica persona di cui mi fido ciecamente. E tu lo sai” e abbozzando un sorriso porse la mano a Semir per farsi dare un ‘cinque’.
“Vedrai andrà tutto bene, la troveremo” rispose il piccolo ispettore dando il ‘cinque’ a Ben, poi con sguardo quasi duro fece un cenno di saluto ai Karpov che erano restati in disparte e in silenzio.

Postdam entrò guardingo nell’albergo dove aveva pernottato; si era fatto prendere alla sprovvista da D’javol e questo non era un buon segno.
Se Asimov era riuscito ad arrivare a lui, a sorprenderlo come un novellino malgrado tutte le attenzioni le ragioni erano semplici; o Asimov era diventato ancora più scaltro, e quindi ancora più pericoloso, oppure lui stava invecchiando, decisamente.
Ma era anche sicuro di un’altra cosa.
Se D’javol lo aveva pedinato fino alla metropolitana forse sapeva o poteva presupporre che i Karpov erano a casa del poliziotto.
Allora perché non ucciderli subito?
Temeva che fossero sorvegliati a vista da altri poliziotti?
Ma poi un altro dubbio si fece strada in Postdam.
Nella sua lucida follia Asimov aveva calcolato freddamente tutto.
Secondo la vecchia spia Asimov aveva ideato un piano per vendicarsi dei suoi superiori e di Postdam che lo avevano condannato a scontare durissimi anni di carcere in Siberia.
Voleva uccidere i Karpov di questo era sicuro, e quindi eliminare tutte le spie che il KGB aveva ancora in circolazione.
E voleva farlo in maniera eclatante.
Alla luce del sole, come era avvenuto con Popov ed altri sette agenti del KGB.
A Postdam non  restava altro che aspettare una sua mossa.
E lui  sarebbe stato pronto a metterlo una volta per tutte fuori gioco.
Passando per la hall dell’hotel Postdam fu cortesemente salutato dal portiere “Buona sera Signor Frobe”
L’agente del KGB, che si era registrato con uno dei suoi tanti pseudonimi, ricambiò gentilmente il saluto avviandosi verso gli ascensori, ma poi dopo aver premuto il tasto decise di prendere le scale.
Non doveva fare molte rampe per arrivare al piano dove era situata la stanza dove alloggiava, ma ora più che mai D’javol era imprevedibile, furbo, scaltro e uno spietato assassino anche se era sicuro che se avesse voluto ucciderlo lo avrebbe fatto alla stazione della metropolitana.
Per ora Asimov aveva bisogno di Postdam vivo.
Dopo aver perlustrato la sua stanza, nel caso ci fossero ospiti non graditi, si avviò verso la cassetta di sicurezza presente nella camera e una volta aperta ne estrasse uno strano congegno: era un rilevatore di microspie.
Con cura setacciò tutta la stanza, telefono, lampade, interruttori, sistema antincendio e alla fine trovò una cimice nel pomello dell’interruttore presente sulla testiera del letto.
La prese in mano e la guardò attentamente rigirandoselo tra le mani: era una cimice in dotazione alla MAD, il Servizio di controspionaggio militare tedesco.
Anche loro sapevano della sua presenza e la cosa non lo stupì più di tanto.
Quando era una giovane spia era riuscito ad infiltrarsi in un apparato militare nemico e passare per uno di loro diventando per un periodo l’informatore principale per la sua agenzia.
Allo stesso modo perché non pensare che anche tra le fila del KGB ci fosse una talpa?

Intanto nel suo appartamento Ben stava preparando la stanza degli ospiti per i coniugi Karpov.
Il marito aveva chiesto di andare in bagno, mentre la donna stava aiutando Ben a sistemare le lenzuola.
“Lei ci aiuterà…troverà Livyana, vero ispettore?” disse con voce disperata la donna.
Ben mise i cuscini sopra il letto, avrebbe voluto farle una bella ramanzina.
Li riteneva responsabili del rapimento della bambina.
In quanto spie, anche se ‘dormienti’, non potevano non sapere delle morti dei loro compagni, avrebbero dovuto quanto meno avere dei sospetti, degli strani presentimenti, ma quando sollevò lo sguardo e i suoi occhi incrociarono quelli della donna, il suo intento mutò.
Negli occhi di Anastasiya Karpov Ben vi lesse la disperazione di una madre a cui è stata rapita la figlia.
Sapeva come ci si sente in quei momenti.
Lo aveva provato anche lui un dolore simile in passato.
Quella sensazione terribile d’impotenza, dell’impossibilità di reagire.
Se la ricordava come se fosse accaduto il giorno prima.
Era in carcere ed era stato arrestato da Semir.
Una settimana dopo il suo socio era andato a trovarlo.
Ben avrebbe voluto dirgli tutto, chiarire il perché era stato costretto ad comportarsi in quel modo nei suoi confronti.
E invece per dissipare eventuali dubbi era stato obbligato ancora una volta ad essere crudele, soprattutto verbalmente, verso il suo amico.
Ben gli aveva in seguito confidato di essersi sentito in quel momento con il cuore e la mente a pezzi.
“E avere cuore e anima feriti” gli aveva confidato “E’ come avere le costole rotte, nessuno lo vede , ma senti un dolore terribile ogni volta che respiri”
Ed ora quella sensazione orribile lo attanagliava come allora.
Sicuramente Anastasiya Karpov stava provando la stessa cosa.
La sentiva singhiozzare in silenzio e asciugarsi senza farsi notare le lacrime che silenziose le solcavano il viso.
“Signora” disse alla fine Ben “Lo sa che sicuramente voi sarete un’esca per Postdam vero? Che lui di vostra figlia…” Ben non volle continuare la frase per rispetto.
Ma se l’avesse continuata le avrebbe detto che Livyana non rientrava nella priorità di Postdam.
“Siamo consapevoli, ispettore, Postdam è per certi versi peggio di D’javol e se la sua missione è catturarlo non guarderà in faccia a nessuno, ma sono sicura di una cosa” e avvicinandosi a Ben gli prese le mani e continuò “Sono convinta che lei farà il possibile per trovare Livyana, nostra figlia dice che lei è una brava persona e…”
“E’ un poliziotto tedesco, un tedesco dell’Ovest…seguirà i suoi interessi come Postdam, come i nostri capi e se i suoi superiori sapranno di questa storia, negherà tutto, farà in modo di cavarsela, noi saremo spacciati e così anche Livyana” ringhiò Karpov uscendo dal bagno.
La donna lasciò subito le mani di Ben e in lacrime uscì dalla stanza.
“Mi dispiace che lei la pensi così, signor Karpov…lei non mi conosce, ma vedo che mi ha già giudicato, quindi le auguro buonanotte” e con uno sguardo durissimo Ben uscì dalla stanza degli ospiti e si diresse verso la sua camera da letto.
Poco dopo si stese sul suo letto e nello stesso istante il cellulare sopra il comodino vibrò.
Era un messaggio di Semir.
‘Sono a casa, stai attento…non vorrei dover sgomberare la tua incasinatissima scrivania’
Semir teneva molto al suo socio e quella frase ne fu un’ulteriore conferma.
Con un accenno di sorriso Ben si distese nuovamente, non prima di aver messo la sua pistola d’ordinanza sotto il cuscino.

Erano le sei di mattina quando i coniugi Karpov uscirono dalla loro stanza e si diressero verso la cucina.
Lì trovarono Ben che era intento a preparare la colazione.
“Buongiorno ispettore” salutò cortesemente Anastasiya Karpov, mentre il marito si limitò a guardarlo con un sguardo ostile.
“Buongiorno” disse laconico Ben “Il caffè è pronto, lì ci sono fette biscottate, marmellata e brioches…e anche del latte in frigorifero”
“Grazie” rispose con gentilezza la donna, ma il tono era triste.
Aveva gli occhi gonfi e rossi, segno inequivocabile che aveva pianto per l’intera notte.
“Io adesso devo uscire, vi consiglierei di restare qui senza rispondere né al telefono né al citofono…l’appartamento deve sembrare vuoto. Se ci sono novità vi farò sapere. E se Postdam dovesse rifarsi vivo…questo è il mio numero di cellulare…la mia casa è a vostra disposizione, ma tengo a precisare per l’ennesima volta che se fosse per voi due…” Ben non finì la frase volutamente, guardò duramente in volto Andrey Karpov e poi uscì.
“Quel poliziotto non mi piace…” disse l’uomo una volta che Ben uscì dall’appartamento.
“Andrey, l’ispettore è l’unico a cui interessi veramente la vita di Livyana, nemmeno a te interessa…” disse con voce rotta dal pianto.
“Il nostro codice c’impone delle priorità che vanno oltre i legami e gli affetti familiari…” ringhiò l’uomo.
“Non siamo più in guerra Andrey … e Livy è nostra figlia, ha solo undici anni…come puoi parlare così?” con le lacrime agli occhi la donna uscì dalla cucina per chiudersi nella stanza degli ospiti e sfogare tutta la sua rabbia e il suo dolore.

Ben entrò alla sede della CID verso le sette.
Susanne e Semir non erano ancora entrati in servizio e a parte Hans Gruber e Jürgen Bremer i due agenti che di lì a poco avrebbero finito il loro turno notturno, al Distretto sembrava non ci fosse nessun altro.
“Salve ragazzi” salutò Ben.
“Ciao Ben” risposero i colleghi, ma immediatamente  l’attenzione del giovane ispettore fu richiamata dal commissario Kruger che aprì la porta del suo ufficio.
“Jager, venga nel mio ufficio, subito” disse perentoriamente la donna, poi rientrò.
Il commissario aveva lasciato la porta aperta e Ben intuì che la donna non era sola.
Si fermò un attimo sulla soglia e così poté captare un pezzo del discorso che stava facendo il suo superiore con un uomo.
“...non penso che Jager sappia di questa storia, né sarei a conoscenza” disse compita la Kruger.
“Si ricordi che è stato in passato un nostro agente, un nostro collaboratore, una nostra spia” ribadì uno dei due uomini presenti nell’ufficio.
“Sì, ma mi risulta che dopo quell’esperienza l’ispettore Jager abbia deciso di troncare ogni collaborazione con i Servizi Segreti…” ribadì decisa la Kruger.
Incuriosito dal discorso Ben bussò allo stipite della porta.
“Permesso…commissario Kruger…” salutò Ben entrando e nel medesimo istante scrutò i due uomini in doppiopetto presenti nell’ufficio del suo capo, che fece subito le dovute presentazioni.
“Ispettore Jager, le presento Fritz Koller e Gunter Guillaume  rispettivamente direttore e vicedirettore del Servizio di controspionaggio militare”
Ben per un attimo si sentì il sangue gelare nelle vene e brutti ricordi affiorarono nella sua mente.
L’ispettore riteneva di aver chiuso coi Servizi Segreti, ma a quanto pare i Servizi Segreti non avevano chiuso con lui.
 
Angolini musicale: determinazione e …una sorta di Don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento, in questo capitolo Ben mi appare così, ma per fortuna al suo fianco c’è il fedele Semir- Cervantes…Bon Jovi ‘these days’ (questi giorni):
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=UCUzwEst3pE

Stavo camminando in giro, un semplice volto nella folla Cercando di proteggermi dalla pioggia Ho visto un re vagabondo indossare una corona di cartapesta mi son chiesto se sarei finito come lui C’è un uomo all'angolo, canta vecchie canzoni sul cambiamento Ognuno ha la propria croce da portare, in questi giorni Nessuno vuole essere se stesso in questi giorni Qui non c'è nulla a cui valga la pena aggrapparsi, se non questi giorni In questi giorni le stelle sembrano lontane In questi giorni non ci sono scale su queste strade Questi giorni sono veloci, l'amore non dura in questi giorni disgraziati Non esce nessuno, solo noi in questi giorni Questi giorni sono veloci, non ci basta mai nulla in questa tenera età Anche l'innocenza ha preso il treno di mezzanotte non esce nessuno, solo noi in questi giorni Non c'è tempo perso Non c'è nessuno che esce a prendersi la colpa Non esce nessuno, solo noi in questi giorni..



 

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Capitolo 8
*** Fritz Koller e Gunter Guillaume ***


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Fritz Koller e Gunter Guillaume 

I due uomini si alzarono dalle loro poltrone sistemate vicino alla scrivania del commissario Kruger e andarono incontro a Ben porgendogli la mano.
“Buon giorno ispettore Jager” salutò uno dei due.
Il giovane ispettore seppur riluttante rispose cordialmente al saluto.
Non conosceva quei due uomini, ma a quanto pare loro conoscevano molto bene lui.
“Il MAD…i Servizi Segreti. Quei due sapranno sicuramente chi sono stato. E dallo sguardo del capo…Maledizione questa non ci voleva…sì, sono qui per me. Ci scommetto la ‘Gibson’ autografata da Slash” ironizzò tra sé e sé.
Sdrammatizzare con pensieri un po’ leggeri era un suo modo per venire a capo della delicata situazione in cui si trovava e in questo caso anche affrontarla.

Dopo le dovute presentazioni Ben guardò il commissario Kruger che fece cenno al suo sottoposto di sedersi.
“Preferisco stare in piedi, commissario” replicò secco Ben, come per mettere subito in chiaro che lui con il controspionaggio aveva chiuso, troncando qualsiasi tipo di rapporto.
Il commissario Kruger tornò a sedersi sulla sua poltrona, ma subito uno dei due uomini si fece avanti rivolgendosi direttamente a Ben.
 “Vorremmo parlarle in privato ispettore Jager” disse uno dei due uomini “Prima che lei entrasse lo stavamo chiedendo anche al commissario Kruger”
Ben guardò il commissario, il suo volto era abbastanza emblematico.
“Scusate, ma l’ispettore Jager è un mio agente, la questione da voi sollevata riguarda anche me essendo l’ispettore un mio sottoposto… ” ma Kim Kruger fu bruscamente interrotta.
“L’ispettore capo Ben Jager ora è sotto il nostro comando, commissario Kruger, noi abbiamo fatto il suo nome al capo della Polizia che ci ha assicurato la sua, anzi la vostra piena collaborazione”
“Ehi aspettate un attimo” intervenne Ben mettendo le mani avanti  “Sono l’interessato giusto? Quindi penso spetti a me l’ultima parola vero? Non ho intenzione di tornare a fare la spia se è per quello che siete qui e …”
Ma fu interrotto dal bussare della porta.

“Avanti!” disse quasi stizzita la Kruger, il commissario era furioso, stavano cercando di sottrargli sotto il naso uno dei suoi migliori agenti e lei di fatto non poteva opporsi.
“Buon giorno commissario…”
Il tono che usò il piccolo ispettore entrando era quasi reverenziale e il saluto fu fatto quasi sottovoce.
Il capo, da come aveva risposto al suo bussare alla porta era già decisamente adirato. E non erano nemmeno le otto di mattina.
Semir fece la sua apparizione nell’ufficio del commissario e subito ebbe addosso lo sguardo di tutti i presenti.
Qualsiasi cosa stava per dire gli morì in gola.
Quattro paia di occhi lo stavano guardando: due appartenevano a due uomini a lui sconosciuti, che lo squadrarono da cima a fondo guardandolo in malo modo. Evidentemente la sua entrata aveva interrotto qualcosa.
Gli occhi del commissario lo guardarono come se fosse arrivata la cavalleria in suo soccorso.
E quello fu una cosa che gli sembrò abbastanza buona.
Forse la sua entrata e quindi l’interruzione di discorsi o altro che si stavano svolgendo all’interno dell’ufficio, era stata vista come una sorta di liberazione.
Ma quelli che gli fecero più paura furono gli occhi di Ben.
Vi lesse paura, paura e aiuto nel medesimo istante.
Subito come se fosse stato travolto da una valanga gli affiorarono nella mente i ricordi di un passato che lui, e sicuramente anche Ben, voleva dimenticare.
Gli sembrò di essere ritornato in quel bosco dove l’anno prima aveva puntato la sua arma d’ordinanza contro Ben.
Ricordava bene Semir, come se fosse successo il giorno prima: Ben con le mani alzate, lo sguardo disperato, quei struggenti e bellissimi occhi castani.
Occhi che chiedevano aiuto, un aiuto disperato che solo e soltanto lui poteva dargli.

“Lei chi è?” chiese quasi disgustato uno dei due uomini, distogliendo Semir dallo sguardo di Ben e di fatto riportandolo alla realtà.
Il piccolo ispettore stava per rispondere quando Kim Kruger lo anticipò.
“Vi presento l’ispettore capo Semir Gerkhan, è il partner dell’ispettore Jager” disse la Kruger piuttosto severa nella voce e rivolgendosi poi a Semir “E questi sono Fritz Koller e Gunter Guillaume  rispettivamente direttore e vicedirettore del Servizio di controspionaggio tedesco”
Semir trasecolò e cominciò a sudare freddo.
“Servizi Segreti? Mapporca miseria…che ci fanno qui?”  pensò tra se “Guai in vista”
Semir tornò a guardare Ben, che scosse impercettibilmente la testa.
A quanto sembrava anche Ben era restato di stucco quanto lui.
“Bene visto che abbiamo fatto le dovute presentazioni, commissario Kruger, per favore possiamo parlare in privato con l’ispettore Jager…stiamo perdendo del tempo prezioso…e l’ispettore Jager penso sappia di cosa vogliamo parlare” disse ruvido il vicedirettore Guillaume, posando un’occhiataccia quasi inferocita su Ben.
Ma il giovane ispettore aveva ancora lo sguardo rivolto verso Semir e mentre lo fissava negl’occhi disse “Qui siamo una squadra. Ho chiuso con le azioni in solitaria, quindi…” distogliendo poi lo sguardo da Semir puntò gli occhi su quelli di Koller.
“ …volete la mia collaborazione? Bene dovrete mettere al corrente il mio capo e il mio partner “ e a Semir vennero di nuovo i brividi.

La determinazione di Ben era evidente, come era lampante che, molto probabilmente, sapeva già cosa avrebbero voluto da lui quei uomini.
E forse lo immaginava anche lui.
Nell’aria si percepiva una sorta di elettricità, da una parte i due membri del MAD e dall’altra i due ispettori della CID con il loro capo.
“Sentite” disse Kim Kruger tentando di stemperare il clima gelido che si era creato nella stanza “Farci la guerra non servirà a niente, perché non cerchiamo di collaborare?”
“Mi dispiace commissario Kruger, ma noi abbiamo bisogno solo dell’ispettore Jager” disse il vicedirettore Guillaume.
“Senta, l’anno scorso ci stavo rimettendo la vita, la salute mentale e …” iniziò a parlare Ben con serafica calma, non completando la frase, ma lo sguardo che diede a Semir fu più eloquente di mille parole. Poi trasse un profondo respiro e aggiunse “Se volete la nostra collaborazione diteci ora di cosa avete bisogno, altrimenti andatevene. Ve lo ripeto, non ho intenzione di fare gli stessi errori di un anno fa”
“Sappiamo di quell’operazione ispettore Jager, grazie a lei molti agenti non sono stati ‘scoperti’ e uccisi. E le possiamo assicurare che lei non ha fatto nessun errore” sentenziò Koller.
“Mi creda ne ho fatto uno madornale…” replicò Ben abbozzando un sorriso.

Gli uomini della MAD si misero a parlottare fitto fitto tra di loro, poco dopo Koller disse:
“E va bene come volete, ma sappiate che quello che abbiamo da dirvi non vi piacerà” poi guardando il commissario Kruger continuò “Come intuirete anche voi, il Servizio di Controspionaggio tedesco ha informatori sparsi per il mondo e un nostro collaboratore in Russia ci ha informato che una loro spia è stata inviata urgentemente qui in Germania e precisamente qui a Colonia dove è stata avvistata, pedinata…insomma stiamo parlando del MAD e quindi potete immaginare le varie procedure e azioni di sorveglianza”
Il commissario Kruger ascoltava attentamente Koller mentre il suo sguardo faceva una sorta di ping-pong tra il direttore e un imperturbabile Ben.
“Come saprete tra breve a Düsseldorf si terrà un summit sulla sicurezza mondiale, temiamo sabotaggi e attentati e questa spia potrebbe essere pericolosa. Potrebbe essere l’artefice o un coordinatore di qualche …”
“Scusi” lo interruppe bruscamente Kim Kruger “Ma l’ispettore Jager che c’entra in tutto questo?”
“Abbia pazienza commissario, arriverò al dunque” rispose alquanto seccato Koller per essere stato interrotto.
Ben e Semir intanto si guardarono negl’occhi, una mezza idea di dove voleva andare a parare Koller loro c’è l’avevano, eccome.
“La spia inviata dal governo russo è un agente del KGB, una spia ‘dormiente’ che è stata ‘risvegliata’ e mandata qui a Colonia, il suo nome è Nicholas Postdam” e mentre disse il nome Koller guardò Ben dritto negl’occhi.
Lo sguardo di Ben non vacillò, in fondo se lo aspettava.
Koller finì poi la frase sempre guardando il giovane ispettore negl’occhi “Ma penso che il qui presente ispettore capo Ben Jager lo sapesse già …o no?” sbottò con una punta di malizia.
“Ma come si permette ad insinuare …non accetto certe illazioni contro un mio agente” disse quasi con un tono inviperito Kim Kruger alzandosi dalla poltrona.
“Allora mi dica perché il suo ispettore se ne sta fermo e zitto senza dire nulla, commissario Kruger?” ribatté secco Guillaume.
“Forse perché non ha nulla da dire” intervenne in sua difesa Semir “ Ed è troppo buono per non mandarvi al quel paese, per colpa vostra l’anno scorso a momenti ci rimetteva la vita”

Ben restava chiuso nel suo silenzio, appoggiato ad uno schedario con le braccia conserte, lasciando parlare la Kruger e Semir.
“Commissario, Postdam è stato visto qui a Colonia,  è stato pedinato da dei nostri agenti. Postdam è stato visto entrare in casa di una famiglia di origine russa, i Karpov e dopo uscirne di corsa inseguito dai suoi ispettori”
Kim Kruger guardò con un fare interrogativo i suoi ispettori mentre Koller continuava il suo racconto.
“I Karpov sono scomparsi …padre, madre e figlia. Potrebbero essere i contatti di Postdam ed essere anche loro dei potenziali artefici di qualche azione terroristica. Dei nostri agenti sono entrati in casa dei Karpov e hanno trovato un’agenda con degli appuntamenti con, guarda caso, l’ispettore Jager” Poi rivolgendosi a Ben con un tono quasi di sfida continuò “Ci chiedevano come mai una ‘ex spia’ tedesca conosca una famiglia di spie ‘dormienti’. Fatalità? O già qualcuno del governo tedesco l’ha già contattata? O visto che ha rischiato di morire per colpa della Germania adesso è passato davvero dall’altra parte?”
Ben abbozzò un mezzo sorriso, scrollando la testa; guardò Koller e Guillaume e poi il suo capo.
Non gli interessava cosa potessero pensare di lui i primi due, ma di Kim Kruger…si sentiva di aver tradito un’altra volta chi gli dava cieca fiducia.
E poi guardò il suo socio.
Semir aveva l’aria preoccupata.
Senza profferire una sola parola Ben tentò di uscire dall’ufficio della Kruger, ma Koller lo afferrò saldamente per un braccio.
“Non pensa di doverci delle spiegazioni, ispettore Jager? Deve dirci immediatamente da che parte sta…sappiamo che spesso tra i Servizi Segreti e la polizia di uno stesso paese c’è …come dire rivalità, già una volta ha rischiato la vita per il suo paese e pensiamo che non esiterebbe a rischiarla un’altra volta, almeno che… ci dica cosa sa, le conviene…tanto in un modo o nell’altro lo verremo a sapere”
Ben non replicò e con uno strattone si liberò dalla presa di Koller e uscì dall’ufficio del commissario.
Pochi istanti dopo si sentì un’auto partire sgommando dal parcheggio della CID, e con la coda dell’occhio sia Semir che la Kruger poterono vedere che era la Mercedes di Ben.

Angolino musicale: Ben che fugge? Se ne va lasciando tutti e tutto? Povero Semir resta solo…con la Kruger! E per un Ben in versione fuggitivo: Vanessa Carlton ‘a thousand miles’(mille miglia)

Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=Cwkej79U3ek

 
Faccio la mia strada verso il centro camminando velocemente le facce passano e sono diretto a casa con lo sguardo perso nel vuoto fisso in avanti mi faccio strada tra la folla e ho bisogno di te e mi manchi e ora mi chiedo...se io cadessi nel cielo pensi che il tempo passerebbe perché lo sai io camminerei per mille miglia solo per vederti ci sono sempre periodi come questi quando penso a te e mi chiedo se tu pensi mai a me perché tutto è così sbagliato e io faccio parte della vita nei tuoi preziosi ricordi perché io ho bisogno di te e mi manchi e mi chiedo…non voglio che ciò finisca non voglio.....




 
 
 

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Capitolo 9
*** Chiarimenti ***


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Chiarimenti

Nell’ufficio del commissario Kruger calò il gelo.
“Commissario Kruger…” cominciò a parlare Koller con un tono infastidito, ma subito fu interrotto dalla Kruger.
“Gradirei parlare privatamente con il mio ispettore se non vi dispiace” chiese il commissario con tono irato.
La sua non era una richiesta di cortesia per restare sola con Semir, era un ordine perentorio.
“Sì che ci dispiace, l’ispettore Jager…” tentò di ribattere alquanto seccato Guillaume.
“Uscite immediatamente dal mio ufficio, non m’ importa un fico secco chi siete…fuori!!!” urlò furiosa la Kruger alzandosi dalla poltrona.
“C’è ne andiamo, ma non creda che la cosa finisca qua e lei in quanto superiore dell’ispettore Jager…beh lo sa anche lei. Rischia quanto lui” ed entrambi i due uomini del dipartimento dei Servizi Segreti uscirono stizziti dall’ufficio sbattendo platealmente la porta.

Kim Kruger si lasciò cadere sulla poltrona poi guardò Semir con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque.
“Mi dica Gerkhan, cosa devo fare con voi? Me lo dica…forse non mi sono spiegata, forse è colpa mia…” disse sconsolata, con voce calmissima.
“Troppo calma…adesso arriva la tempesta, anzi l’uragano…” pensò Semir, non riuscendo a ribattere una singola parola.
Il commissario si alzò dalla poltrona e appoggiando le mani sul tavolo con un tono che non ammetteva repliche quasi urlò:
“Comincio ad averne le scatole piene di voi due. Appena questa faccenda sarà conclusa giuro che vi faccio radiare!!!” sbottò inferocita “Vi rendete conto della figuraccia che mi avete fatto fare? Dovrei essere la prima a sapere le cose in quanto vostro superiore e invece sono sempre l’ultima, maledizione!!!”
“Vede capo, le cose non stanno come dice Koller ed il suo tirapiedi” tentò di giustificarsi Semir.
“E allora mi dica lei come stanno, perché io non ho voglia di finire a dirigere un distretto in un’isola sperduta del mare del Nord!!!” lo interruppe bruscamente il commissario.

Un paio d’ore dopo Semir si diresse con la sua auto verso un luogo lungo le rive del Reno.
Lì vi era la panchina preferita di Ben.
Ed infatti proprio lì Semir lo trovò.
Il piccolo turco sapeva che al suo giovane amico quel posto piaceva molto, andava sempre lì quando doveva mettere ordine alle proprie idee o per rilassarsi, anche se difficilmente in quel momento ci sarebbe riuscito.
Ben guardava il fiume che scorreva placido e si accorse di Semir solo quando questi gli si sedette accanto.
Lo sguardo si posò per un attimo sul suo piccolo socio, poi Ben tornò a guardare il Reno.
“Sapevo che saresti venuto, socio” disse triste Ben.
“E io sapevo che tu saresti venuto qui a mettere un po’ d’ordine nella tua vita…nelle tue idee…” rispose comprensivo Semir.
“Ti ho lasciato da solo con quella gente e soprattutto con la Kruger, non è stato un bel gesto…sono stato un vigliacco. Poi il commissario ti avrà fatto una ramanzina coi fiocchi” continuò  Ben.
“Sì decisamente, ma che vuoi, ormai c’ho fatto l’abitudine” rispose mesto Semir.
“Semir, non so che fare…” mentre lo diceva si mise la testa tra le mani, i gomiti appoggiati alle ginocchia.
“L’importante è che tu mi dica che quello che io so di te, dei Karpov…”
“Se pensi che possa averti mentito o tenuto nascosto qualcosa…questa volta no Semir. Sei l’unica persona di cui mi possa fidare, l’unica persona a cui darei in mano la mia vita, l’unica persona che mi possa aiutare a trovare Livyana…” gli disse guardandolo dritto negl’occhi.
“Perché non lo hai detto a quelli del MAD?” chiese ruvido Semir.
“Maledizione Semir, che dovevo fare?  Hanno scambiato gli appunti e gli appuntamenti che ho fissato con Livy per fare le nostre lezioni di chitarra, i numeri di telefono, indirizzi come se fossero contatti tra ex spie tedesche e spie ‘dormienti’ russe. Poi il mio passato, Semir sono stato un doppiogiochista…per loro potrei esserlo ancora. E poi D’javol…ha detto che se vede un solo poliziotto la ucciderà …a nessuno interessa  Livyana… Ricordi che ha detto Postdam? Se la piccola morisse nessuno si domanderebbe il perché, un effetto collaterale…se ci penso, mi viene il voltastomaco”
Ben parlò con voce quasi disperata guardando un punto lontano al di là del fiume.
“Senti so che la vita della bambina per te è una priorità e quindi sarà una priorità anche per me socio” rispose con voce ferma e sicura Semir “Ma devo sapere tutta la verità, niente segreti…per il bene tuo, mio e della piccola…”
“Quello che sai tu è tutto quello che so, niente di più, niente di meno. Ho chiuso con le operazioni ‘in solitaria’ eravamo, siamo e saremo partner, sempre”
Ben si voltò verso Semir e i due si guardarono. Poi chiese:
“Che ti ha detto la Kruger?”
“Che alla fine ci radierà” rispose Semir raccogliendo un piccolo sassolino e gettandolo in acqua.
“Ottima prospettiva” replicò abbozzando un mezzo sorriso “E tu che le hai risposto?”
Semir fece un bel respiro poi cominciò a elencare tutti i fatti a lui noti e che aveva riferito alla Kruger.
“Ho preferito dirle tutto. Le ho raccontato dei coniugi Karpov, che li hai conosciuti perché dai lezioni di chitarra alla loro figlia, che ora sono al sicuro in un posto che solo noi conosciamo. L’ho messa al corrente del rapimento di Livyana e che la piccola è stata rapita sotto i tuoi occhi ed ora è in mano ad un pazzo. Le ho ipotizzato che il Controspionaggio sta seguendo una pista, secondo noi, sbagliata perché sono convinti che Postdam sia qui per il  Summit che si svolgerà a Düsseldorf, ma noi pensiamo, anzi siamo certi che non è così. Quindi le ho accennato anche di D’javol e delle sue intenzioni di far fuori tutte le spie ‘dormienti’ presenti sul suolo tedesco, ma forse potrebbe accontentarsi di un cospicuo riscatto…” poi riprendendo fiato continuò “Ah, dimenticavo le ho detto anche che questo pazzo ha ucciso sicuramente Popov e forse altre persone facendo passare le loro morti come accidentali” disse faceto Semir.
Alla fine concludendo il discorso, fece una domanda secca a Ben.
“Posso chiederti una cosa? Ma non in veste di poliziotto, da amico…”
“Certo, chiedimi tutto, lo sai che non voglio più che ci siano segreti tra noi” rispose Ben voltandosi verso il socio.
“Quando hai detto che durante l’operazione sotto copertura avevi fatto…” ma fu interrotto da Ben che immaginò dove volesse andare a parare il suo amico.
“Avevo fatto un errore madornale” disse Ben abbozzando di nuovo un sorriso e in cuor suo fu contento di rispondere a quella domanda “Sì, mi riferivo a te Semir. Credimi se ti dico che in quell’operazione ho sofferto molto il fatto di non poterti dire che ero sotto copertura, chi ero veramente e soprattutto cosa stavo facendo a tua insaputa. Due anni in cui ti ho tenuto all’oscuro di tutto, ho rischiato di rovinare… anzi di perdere la fiducia, l’amicizia e quell’alchimia che ci lega. Non voglio ripetere l’errore e non lo ripeterò”

Intanto D’javol si aggirava guardingo in un luogo a dir poco lugubre .
 Malgrado fosse una stupenda giornata di sole e tutto attorno ci fosse una luce intensa e brillante  il posto incuteva terrore.
Sembrava di essere all’interno di un set di un film dell’orrore.
Asimov scavalcò una cancellata e si ritrovò in un parco, lasciato andare in rovina da troppo tempo.
Vi erano statue che ricordavano l’aldilà, erbacce, detriti e rifiuti di ogni genere, alberi secolari, cipressi e salici piangenti che avrebbero richiesto di essere perlomeno potati. Quel posto anche in pieno giorno incuteva paura.
L’uomo attraversò il parco ed entrò in una piccola cappella, scese alcuni gradini che portavano ad una specie di cripta che a sua volta era l’entrata di un oscuro cunicolo. L’aria era impregnata del classico odore di stantio, ragnatele e sinistri scricchiolii rendevano quel luogo più lugubre di quanto non fosse già.
Asimov arrivò davanti ad una cancellata chiusa da un catena tenuta ferma da un grosso lucchetto, estrasse una chiave e dopo averlo aperto entrò in un’altra angusta stanza.
La luce fioca di una  lanterna ad olio illuminava quel piccolo e lugubre posto e nella semioscurità rannicchiata in un angolo stava Livyana.
La bambina stava seduta con le ginocchia vicino al petto, abbracciava le gambe e aveva la fronte appoggiata su di esse.
“Tieni ti ho portato qualcosa da mangiare, per il momento mi servi viva” disse maligno l’uomo “Quando tutte le spie saranno morte compresi i tuoi genitori…penserò anche a te” e dopo averle lanciato ai piedi un piccolo sacchettino D’javol uscì dalla porta lasciando la bambina ancora una volta sola.

Livyana si alzò, prese il sacchetto che le aveva consegnato il suo carceriere, lo aprì e mangiò il pane che c’era all’interno e bevve per metà la bottiglietta d’acqua.
In piedi e gironzolando per la piccola stanza fu attratta da un pezzo di calcinaccio e con quello si mise a scrivere sul muro; un modo per scacciare i brutti pensieri e per sentirsi un po’ meno sola.
Raccogliendo quella specie di gessetto Livyana si ricordò che un giorno Ben le aveva raccontato che per errore il giardiniere lo aveva chiuso in cantina.
Nell’attesa che qualcuno lo trovasse aveva cominciato a disegnare sui muri della stanza con un gesso.
Lì aveva scritto le parole della sua prima canzone e a distanza di quasi trent’anni quelle parole seppur sbiadite, c’erano ancora.

D’javol uscì dal parco e si diresse verso una cabina telefonica, una delle ultime rimaste nella città, vi inserì una tessera prepagata e chiamò il centralino.
Dall’altro capo del telefono una centralinista chiese di quale informazioni avesse bisogno.
“Vorrei essere collegato con il centralino dell’hotel Ludwig di Colonia per favore”
“Attenda prego” rispose cordialmente la centralinista.
Pochi istanti dopo D’javol sentì una voce maschile.
“Hotel Ludwig di Colonia, in cosa posso esserle utile?” a rispondergli il portiere presente nella hall dell’albergo.
D’javol sapeva che Postdam non si sarebbe mai registrato con il suo vero nome, quindi optò per una delle sue identità. Inoltre conosceva l’autentica avversione che  aveva per i cellulari, considerati solo ‘aggeggi’ tecnologici utili solo a farsi scoprire o essere rintracciati. Asimov sapeva che Postdam era una spia ‘vecchio stampo’. Si ritrovò a pensare che in fondo gli sarebbe piaciuto sapere cosa pensava del nuovo James Bond a cui lui si ispirava e ammirava; sicuramente Postdam lo avrebbe ritenuto troppo ‘effetti speciali’ e molto meno romantico.
“Mi chiamo Dimitri Asimov, vorrei parlare con il signor Gert Frobe” chiese sperando di conoscere abbastanza il suo ex compagno d’armi, i film di James Bond erano una fonte quasi inesauribile di pseudonimi per Postdam e l’attore tedesco era il volto di ‘Goldfinger’ il capitolo della saga preferito dall’anziana spia.
“Mi spiace, ma non posso dirle se la persona che cerca è qui, sa è una questione di privacy…nel nostro albergo…”
“Ma io so che è lì. Il signor Frobe è sprovvisto di cellulare al momento, mi ha detto che potevo contattarlo attraverso il vostro centralino per le emergenze” lo interruppe Asimov “E’ questa l’assicuro è un’emergenza” replicò convinto e deciso nel tono D’javol che dopo aver lasciato Postdam alla fermata della metrò lo aveva pedinato e visto entrare nell’hotel. Bisognava solo essere fortunati e azzeccare al primo tentativo il nome che avrebbe usato, nel caso contrario avrebbe trovato un altro modo per mettersi in contatto con lui.
“Aspetti un secondo….”disse il portiere.
Postdam stava passando in quel momento proprio davanti al portiere.
Una fortunata coincidenza.
“Signor Frobe” disse il portiere mettendo in attesa D’javol “C’è un signore…il suo nome è Asimov , Dimitri Asimov desidererebbe parlare con lei…se vuole glielo passo al telefono presente nella hall altrimenti se non vuole inventerò qualcosa…”
Postdam mantenendo una calma serafica rispose al portiere:
“Sì, me lo passi, grazie” e il portiere gli indicò un telefono sopra ad un tavolino presente in un angolo del grande atrio dell’albergo.
La conversazione si svolse in lingua russa.
“Che vuoi ancora D’javol” disse ruvido Postdam rispondendo al telefono.
“Ti ripeto quello che ti ho detto sulla banchina della metropolitana: cinque milioni di euro, in grosso taglio, in contanti, banconote non segnate e a consegnarmeli saranno i Karpov, potrai essere presente anche tu, ma voglio vedere in faccia il terrore dei Karpov”
“Non se ne parla nemmeno, se vuoi te li consegno io i soldi” propose Postdam.
“Eccellente richiesta compagno Nicholas, mi aspettavo qualcosa di più…di più originale. Stai invecchiando…credi che sia uno stupido? Così tu mi fai fuori. Non sono così sprovveduto e poi ricorda io ho la bambina. Solo io so dov’è se io muoio, morirà anche lei perché nessuno la troverà e se lei muore voi perderete le uniche due spie rimaste in suolo tedesco”
“Tu sei pazzo, non uscirai vivo da questa storia, e tieni bene in mente una cosa i Karpov sono fedeli al codice, sono state due delle migliori spie che il KGB abbia mai avuto. La figlia è sacrificabile e loro lo sanno, sapevano a cosa andavano incontro” ribatté freddamente Postdam.
“Il padre sì, potrebbe essere fedele al codice e fregarsene della figlia, ma Anastasiya…è sempre la madre della bambina e per la vita di una figlia si infrangono tutte le regole e i codici” poi cambiando decisamente discorso ribadì “ La consegna avverrà domani a mezzogiorno. Il luogo sarà a metà del ponte di Hohenzollern ” e Asimov interruppe bruscamente la conversazione.
 
Angolino musicale: Avete avuto notizie della piccola, ma forse sarebbe stato meglio non sapere niente…comunque se nel capitolo precedente avevamo un Ben ‘in fuga’ ora abbiamo un Ben ‘più responsabile’ (e direi arrabbiato con il mondo intero o quasi). Semir in versione ‘Giobbe’…ha pazienza da vendere…ma almeno sa che adesso si può fidare ciecamente di Ben…visto i precedenti…
Tiziano Ferro: Senza Scappare Mai Più
Per ascoltarla:  https://www.youtube.com/watch?v=fMLVIRFo6Ow

Luce buona delle stelle dimmi adesso dove andrò Se non lascio cosa faccio dimmi se rifletterò E vorrei imparare ad imitarti A far del male come sai Ma non posso, non riesco, non ho equilibri miei Sai che Penserei ad ognuno ma nessuno pensa a noi perderei la mano a farmi male se lo vuoi Smetterei di piangere ai tuoi segnali e poi forse potrei fingere ma non ci crederei, io Correrei a salvarti, a dirti che così non può durare Correrei a parlarti, a consolarti niente più dolore Correrei a fermare il tempo e insieme a lui le sue torture Correrei da te e ti stringerei senza scappare mai più senza scappare mai più, senza scappare mai... Vento buono dell’estate scalda in pace chi già sai Fai che la mia rabbia invece si raffreddi casomai sai che …






 

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Capitolo 10
*** Paura e fiducia ***


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 Paura e fiducia
 
Nella hall dell’hotel  Ludwig di Colonia Nicholas Postdam, seduto su una comoda poltrona, aveva appena concluso una conversazione telefonica con Dimitri Asimov.
Ancora una volta l’anziana spia dovette ammettere di essere diventato vecchio.
I suoi superiori lo avevano richiamato in servizio, ma lui ormai non era più in grado di essere la spia che era stato anni prima; Asimov sapeva dove alloggiava e i Servizi Segreti tedeschi sapevano che era giunto in Germania, visto e considerato che gli avevano piazzato una cimice nella stanza d’albergo.
Ultima cosa, forse quella che gli bruciava di più, era di aver accettato l’aiuto e di essere arrivato ad un compromesso con il giovane poliziotto dell’autostradale.
Ed ora doveva trovare il modo di contattarlo.
Postdam non uscì dall’albergo, aveva vagliato alcune soluzioni, ma nessuna gli sembrava sensata o sicura per la sua incolumità e per quella delle altre due spie.
Valutò se ritornare all’appartamento dove erano nascosti i Karpov e aspettare il poliziotto, ma sarebbe riuscito ad eludere la sorveglianza dei Servizi Segreti?
Addirittura gli era balenata l’idea di recarsi al Distretto dove lavorava l’ispettore, per poi rendersi conto che era l’assurdità più grande che gli potesse venire in mente.
Alla fine pensò che per ora uscire dall’albergo era troppo pericoloso, lo avrebbe fatto solo in caso di effettiva necessità.
Per mettersi in contatto con il giovane ispettore gli restava un’unica soluzione.
Decise di salire in camera non prima di essersi fatto consegnare l’elenco telefonico di Colonia.Entrando con cautela e circospezione, considerando che le precauzioni non erano mai troppe, perlustrò nuovamente la stanza notando che il controspionaggio tedesco gli aveva piazzato una nuova cimice nella cornetta dell’apparecchio telefonico. Con disgusto la tolse, la buttò rabbiosamente a terra e letteralmente la disintegrò con il tacco della scarpa. Poi dopo aver trovato nell’elenco telefonico il  numero che gli serviva lo compose in attesa di una risposta.

Quasi contemporaneamente nella sede del MAD un agente informava il direttore Koller che la microspia presente nella stanza di Postdam aveva smesso di funzionare. E certamente non per un guasto tecnico.

Intanto nella sede della CID Susanne stava compilando alcuni moduli quando il telefono squillò:
“Polizia autostradale, sono Susanne Konig” rispose cortesemente la giovane segretaria.
“Mi chiamo Nicholas Postdam, devo assolutamente contattare l’ispettore Jager…”chiese perentoriamente l’uomo dall’altra parte dell’apparecchio.
“L’ispettore Jager adesso è fuori sede…” ma Postdam la interruppe bruscamente.
“Senta mi dia il suo numero di cellulare, è di vitale importanza…” replicò secco.
“Mi scusi, ma non posso…” ma di nuovo fu interrotta.
“Senta è meglio che mi metta subito in contatto con l’ispettore Jager prima che sia troppo tardi”
La voce dall’altra parte del telefono fece quasi venire i brividi a Susanne.
Ben forse era in pericolo?
In quel medesimo istante davanti alla scrivania della segretaria passò il commissario.
Susanne attirò l’attenzione di Kim Kruger.
“Attenda un secondo signor Postdam” ribatté la segretaria nell’intento di farsi sentire anche dal commissario.
“Veda di sbrigarsi, non posso aspettare in eterno e nemmeno il poliziotto…” sbottò Postdam.
Appena Kim Kruger sentì pronunciare il nome della spia russa si bloccò davanti alla scrivania di Susanne.
“Postdam? Nicholas Postdam è al telefono?...” chiese sorpresa.
Appena la segretaria le fece cenno di sì con la testa la Kruger si fece passare la telefonata nel suo ufficio.
Come un fulmine entrò e afferrò la cornetta “Sono il commissario Kim Kruger e sono il diretto superiore dell’ispettore Jager, se ha qualcosa da…”
“Mi dispiace commissario, ma o parlo con l’ispettore Jager o non se ne fa niente. Lo rintracci fra cinque minuti richiamerò” e concluse la telefonata.
“Aspetti! Postdam! Maledizione, ha riattaccato!” disse stizzita sbattendo letteralmente il telefono.

Ben e Semir erano ancora seduti sulla panchina sulle rive del Reno quando il cellulare del giovane ispettore squillò.
Il giovane ispettore lo estrasse dalla tasca  e quando vi lesse il nome alzò gli occhi al cielo, poi facendo un bel respiro…
“Commis…” cercò di dire, ma fu bruscamente interrotto.
“Mi stia bene a sentire Jager, fra cinque minuti richiamerà Postdam, ha chiesto di parlare tassativamente solo con lei…quindi gli fornirò il suo numero di cellulare, ma prima farò rintracciare la chiamata e informerò i Servizi Segreti, lo tenga al telefono il più…” ma Ben senza pensarci su la interruppe bruscamente.
“Capo la prego non lo faccia…se il MAD…” cominciò a parlare Ben.
“Jager maledizione, si attenga agli ordini! Sono il suo superiore e in quanto tale esigo che lei mi ubbidisca senza rimostranze!!!” sbottò.
“Capo, mi ascolti lei una buona volta dannazione…” replicò secco Ben.
Semir guardò Ben allibito.
Il suo giovane collega si rivolse al commissario come se dall’altro capo del telefono ci fosse stato un qualsiasi collega di pari grado o meno. La Kruger questa volta non avrebbe tollerato un affronto simile. Ben, a detta di Semir, stava rischiando, come minimo, una sospensione dal servizio o una sanzione disciplinare.
“Jager, non si permetta…” la Kruger era furibonda, ma Ben non se ne curò.
“Ascolti capo…” stavolta era il tono di Ben che non ammetteva repliche.
 “C’è una bambina di undici anni che rischia di morire. Quando questa storia sarà conclusa può sospendermi dal servizio, può radiarmi, può farmi arrestare, può fare di me quello che vuole, ma la prego…per una volta…per una dannatissima volta, mi lasci fare …dia il mio numero a Postdam, rintracci la telefonata se vuole, ma non avverta i Servizi Segreti tedeschi…stanno seguendo una pista sbagliata. E se Postdam vuole parlare solo con me è perché D’javol si è messo in contatto con lui, sono certo di questo. Commissario mi ascolti… con me c’è Semir…lui veglierà su di me, sarà al mio fianco, niente azioni in solitaria, ma la prego…si fidi di me”
La voce di Ben era quasi una supplica e a Kim Kruger venne in mente quella volta che Ben la chiamò, quando lui e Semir vennero infettati dal virus ’Pandora’. Il tono disperato era lo stesso.
In quel caso lei non poté fare molto per lui. E nemmeno per Semir.
Dal canto suo Ben quando disse ‘si fidi di me’ pensò subito che se Kim Kruger non gli avesse creduto, non gli avesse dato fiducia non avrebbe avuto tutti i torti. Anche lei era stata tenuta all’oscuro della sua passata operazione per il Controspionaggio tedesco, ma ciò nonostante il commissario decise di dare ancora una volta fiducia al suo ispettore.
“Come vuole Jager, ma l’avverto devo essere costantemente informata dei suoi spostamenti e di quelli del suo collega Gerkhan. Inoltre esigo che vi presentiate subito entrambi al comando. Pretendo delle spiegazione” e detto questo riagganciò furiosa il telefono.

Ben chiuse la telefonata.
Aveva il cuore che gli batteva furioso nel petto e la fronte imperlata di sudore e ciò non era dovuto alla giornata calda e afosa.
“Non dovevo trattarla così, sono stato villano e maleducato. A volte mi faccio prendere troppo dalle emozioni…e me la prendo con le uniche persone che mi possono aiutare” disse con un tono affranto Ben.
“Questa volta la Kruger ci scuoia vivi…” ribadì amaro Semir.
“Sì e la colpa è mia…scusa Semir, ti messo in un bel casino…” disse contrito Ben.
“Com’è che dici tu? Ah si ‘il tuo casino è il mio casino ’ ” e abbozzò un sorriso.
I due ispettori sorrisero, poi pochi istanti dopo il cellulare di Ben squillò.
“Ben Jager…” rispose il giovane poliziotto mettendo il viva voce in maniera che potesse ascoltare anche Semir.
“Immagino lei sappia già chi sono, quindi lascerei i convenevoli e andrei subito al punto. Ci sarà la consegna del riscatto…cinque milioni di euro, dovranno consegnarlo i Karpov a D’javol in persona, lui fornirà poi il luogo dove tiene prigioniera la bambina” disse tutto d’un fiato Postdam.
“Lo sa anche lei che D’javol così avrà la possibilità di uccidere i Karpov vero?” replicò  duro Ben.
“Cercherò di venire nel luogo dove tiene nascosti i Karpov, li metteremo a punto un piano, il mio governo vuole D’javol vivo”
Poi Postdam riattaccò.

I due ispettori si alzarono dalla panchina, ma prima che ognuno salisse sulla propria auto Ben fermò il collega prendendolo per un braccio.
“Semir “ disse serio guardandolo dritto negl’occhi “Devi promettermi una cosa…”
“Cosa?” rispose con sguardo interlocutorio.
“Se mi dovesse succedere qualcosa…” continuò il ragazzo.
“Ben, non ti accadrà niente” tagliò corto il piccolo ispettore.
“Semir, lasciami finire, ti prego” e a quelle parole Semir cominciò a sudare freddo. Ben cominciava a preoccuparlo e la sua determinazione gli faceva quasi paura.
“Ehi socio” replicò Semir cercando di essere convincente, soprattutto con se stesso “Non mi piace il discorso che stai facendo…non ti accadrà niente intesi?”
“Ok, non mi accadrà niente, ma se dovesse andare storto qualcosa, promettimi che farai di tutto per trovare Livyana e se i suoi genitori non potessero più prendersi cura di lei promettimi che lo farai tu…ti prego Semir…promettimelo…” Ben aveva quasi le lacrime agli occhi e Semir nel vederlo in quello stato gli si strinse il cuore come in una morsa.
Non aveva mai visto il suo socio così.
Il rapimento di quella bambina aveva in un certo senso demolito il suo collega e il fatto che fosse stata rapita mentre era con lui lo faceva stare ancora peggio.
“Comunque a te non succederà niente” ribadì Semir “Troveremo Livyana e la riconsegneremo ai suoi genitori…” poi alzò una mano per farsi dare un ‘cinque’.
Ben gliela strinse e avvicinando a se l’amico lo abbracciò, poi saliti ognuno nelle proprie auto di servizio fecero ritorno al loro comando.



Angolino musicale: i commenti li lascio a voi stupendi recensori e lettori silenziosi. Creed ‘One last breath’ (un ultimo respiro)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=qnkuBUAwfe0
Per favore, vieni ora, credo di star cadendo Mi aggrappo a tutto ciò credo sia sicuro
Sembra che abbia trovato la strada per il nulla E sto cercando di scappare Ho urlato quando ho sentito il tuono Ma mi è rimasto soltanto un ultimo respiro E con esso lascia che dica Lascia che dica Stringimi ora Sono a sei passi dal baratro e sto pensando Che forse, sei passi Non sono poi molto Guardo giù, ora che è finita Rifletto su tutti i miei errori Credevo d’aver trovato la strada per qualche luogo Da qualche parte nella grazia Ho pianto perché il cielo mi salvasse Ma mi è rimasto soltanto un ultimo respiro E con esso lascia che dica Lascia che dica
 
 
 
 
 

 
 

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Capitolo 11
*** La vendetta di D'javol ***


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La vendetta di D’javol.

I due ispettori parcheggiarono le loro auto nei rispettivi posti assegnati, poi entrati al comando si diressero verso l’ufficio del commissario Kruger.
Una volta bussato e atteso il permesso di entrare Semir e Ben si trovarono davanti alla scrivania del loro capo.

Kim Kruger stava leggendo alcuni fascicoli, quando vide entrare i suoi due ispettori. Senza profferire parola, ma con sguardo severo chiuse il faldone che aveva davanti e guardò dritto negl’occhi il poliziotto più giovane.
E questo non sfuggì a Semir che sperava che la Kruger rimandasse la ramanzina, tra l’altro a suo avviso meritatissima, ad un altro momento o comunque non in sua presenza.
Semir sapeva che Ben aveva sbagliato a rivolgersi al commissario in quel modo, ma era anche a conoscenza del perché il suo socio aveva agito così.
“Commissario Kruger” si sentì in dovere di rivolgersi al capo Ben “Sono mortificato …”
“Sinceramente in questo momento me ne frego delle sue scuse Jager, faremo…anzi farò le mie valutazioni sul suo riprovevole comportamento in un altro momento, adesso ho altro a cui pensare” tagliò corto il commissario fissandolo.
Ben avrebbe preferito una ramanzina da parte di Kim, quel silenzio per lui era peggio di una lavata di capo.
“Lo sa che il suo telefono è sotto sorveglianza?” continuò imperterrita “Il direttore Koller mi ha appena chiamato, ha detto che lei ha appena parlato con Postdam…e sa pure dove si sono nascosti i Karpov”

Ben cominciò a girare per l’ufficio come un leone dentro una gabbia e si mise le mani nei capelli.
Aveva il dubbio di essere tenuto sotto stretta sorveglianza, ora purtroppo ne aveva la conferma.
“Ascolta Ben” intervenne Semir “ Andremo dove teniamo nascosti i Karpov e metteremo a punto un piano. Postdam non dovrà sapere che i Servizi Segreti sanno molto di più di quello che lui crede. Commissario” continuò Semir rivolgendosi alla Kruger “Dovrà chiedere al MAD che per quanto la cosa che gli chiediamo sia impossibile dovranno lasciarci agire senza intervenire”
“Vi rendete conto di quello che mi state chiedendo vero? A parte che siete sotto sorveglianza…verranno a saperlo comunque e rischiate molto voi due…” tagliò corto il commissario che, anche se non lo dava a vedere, teneva molto ai due ispettori.
“Sì capo” risposero all’unisono i due poliziotti, poi prendendo la parola Semir “Cercheremo di arrivare nel luogo dove sono i Karpov senza farci seguire, chiederemo ad Hartmut di rendere i nostri cellulari non rintracciabili, inoltre scollegheremo il GPS dell’auto di servizio”

Il capo si alzò dalla scrivania, avviandosi verso la finestra del suo ufficio, sotto lo sguardo attento dei suoi ispettori che attendevano per lo meno un cenno da parte sua.
“Ero sicura che voi sapevate molto di più di quello che mi avete detto, e non sono stupita, considererò la cosa come un …atto di protezione nei miei confronti, una specie di assicurazione per non essere considerata una complice dei vostri atti sconsiderati” disse guardando fuori dalla finestra, poi continuò “Non mi sono mai pentita di avervi accordato la massima fiducia, spero di non dovermene pentire ora” poi guardando seria i suoi ispettori “E adesso fuori fate ciò che ritenete giusto e tenetemi, per quanto possibile aggiornata”
Semir annuì soddisfatto al commissario, si avviò verso l’uscita aprì la porta e uscì.
Ben invece si trattenne  all’interno dell’ufficio.
“Commissario Kruger…” disse piano.
“Se ne vada Jager, con lei farò un bel discorsetto alla fine di tutta questa faccenda” replicò con tono e sguardo gelido il commissario.
Al giovane ispettore non restò altro da fare che uscire dalla stanza.

Ben e Semir uscirono dalla sede della CID e a bordo della BMW si diressero verso la casa del giovane ispettore .
Il ragazzo guardò il cellulare, rivolgendosi poi a Semir che guidava “Se anche lo rendiamo irrintracciabile, i Servizi Segreti troveranno un altro modo per localizzarci”
“Già, comunque non mi pare che ci stiano seguendo, ma per sciogliere ogni dubbio faccio qualche deviazione per andare a casa tua, e  passeremo per il garage sotterraneo. Speriamo che Postdam non sia visto da quelli del MAD, altrimenti stasera nel tuo appartamento ci sarà un vertice internazionale sulla sicurezza…” cercò di sdrammatizzare Semir.

Intanto Postdam nella sua stanza d’albergo si stava preparando per uscire e avviarsi verso l’appartamento del giovane ispettore dell’autostradale.
Avrebbe chiamato un taxi si sarebbe un po’ camuffato, usando una porta di servizio e forse così né D’javol, né i Servizi Segreti tedeschi avrebbero visto che usciva dall’albergo.

I due ispettori finalmente arrivarono alla stabile dove era situato l’appartamento di Ben e passando per il garage interno salirono in casa.
Appena entrati l’appartamento sembrava vuoto.
“Anastasiya, Andrey, sono Ben Jager…” e i due poliziotti furono subito raggiunti dai coniugi Karpov che sentendo dei rumori provenienti dalla porta d’entrata si erano nascosti.
“Ispettore…avete trovato Livyana?” chiese in apprensione la madre della bambina raggiungendo l’ispettore.
“Purtroppo no, signora” rispose triste Ben.
“A voi non interessa nulla di nostra figlia, voi volete solo catturare D’javol…in fondo è l’assassino di Popov e voi state indagando sull’omicidio avvenuto in autostrada” disse sprezzante Karpov.
“Lei può credere quello che vuole” replicò duro Ben “Comunque Postdam è stato contattato da D’javol e …”
Il bussare della porta d’entrata bloccò la replica di Ben.
Semir portandosi l’indice sulle labbra, sfoderando la pistola dalla fondina si avvicinò alla porta e diede un’occhiata attraverso lo spioncino: anche se ben camuffato Semir riconobbe Postdam.
 “Postdam ha avuto l’impressione che qualcuno l’abbia seguita??” chiese il piccolo ispettore riponendo la pistola nella custodia.
“Non penso, ma direi di fare in fretta…se arriva qualcuno almeno saremo già organizzati” replicò acido.
“Allora” cominciò Ben senza tanti giri di parole “I fatti sono questi: D’javol vuole uccidere i Karpov e il riscatto è solo un pretesto, dico bene Postdam?”
“Direi che conoscendolo questo potrebbe essere il suo piano” poi la vecchia spia proseguì  “D’javol ha detto che i Karpov dovranno consegnare la valigetta col riscatto sul ponte di Hohenzollern. Poi una volta al sicuro Asimov ci farà sapere dove si trova la bambina”
I coniugi Karpov assistevano terrorizzati allo scambio di battute tra gl’ispettori e la spia, la vita della figlia in cambio della loro.
Questa era la vendetta di D’javol.

“Faremo così, all’ora stabilita i Karpov consegneranno il riscatto noi ci apposteremo nelle vicinanze e appena D’javol sarà sotto tiro lo fermiamo in qualche modo senza ucciderlo, ricordiamoci che la nostra priorità è la bambina. Se Asimov muore non sapremo mai dove tiene prigioniera la piccola” disse faceto Semir.
“Dovremo avvisare il commissario Kruger, ci servono i soldi per il riscatto. La prima cosa che farà Asimov sarà quella di controllare se i soldi ci sono e se sono veri…sperando che mantenga il patto…” concluse Ben.
“Ben” fece Semir “Vieni un momento di là? Devo parlarti in privato”
Semir parlò a bassa voce e Ben dovette piegarsi un po’ per sentirlo.
“Temo che non riusciremo a tenere nascosta la cosa, cinque milioni di euro come li giustifichiamo? Ammesso che siano disponibili e che il commissario ce li faccia avere… avremo alle calcagna tutti i reparti più o meno segreti dell’intera Germania”
“Lo so Semir, ma non vedo alternative, almeno che …potrei andare da Koller…”
“Dal tuo…ex superiore?” Semir sapeva che la cosa a Ben non piaceva per niente, scendere a patti con chi lo aveva in qualche modo quasi fatto ammazzare…
“Senti, vado da Koller e vediamo se riesco almeno a fargli capire che la pista che sta seguendo è sbagliata …”
“Ben, quando Koller saprà che gli hai mentito …”
“Siamo in un vicolo cieco Semir e ho paura che in ogni caso durante lo scambio ci saranno anche i Servizi Segreti. Ci sono troppe…come dire troppe falle in questa storia. Pensiamo di fare tutto  nella massima segretezza, ma alla fine tutti sanno tutto. Dobbiamo evitare che uccidano i Karpov e Asimov e anche Postdam. Il MAD vorrà catturare i Karpov…ricorda anche se ‘dormienti’ sono sempre spie, poi la presenza  di Postdam e D’javol…Quattro spie russe catturate, in suolo tedesco, vive o morte tanto a loro non interessa, per il MAD sarebbe una vittoria eclatante”
Poi traendo un grosso respiro e con un tono quasi rassegnato si rivolse ancora a Semir “Socio, secondo te Livy …”
“Sì, ho capito cosa vuoi dire Ben” lo anticipò “La piccola potrebbe essere …sacrificabile. Siamo in un vicolo cieco, e purtroppo hai ragione in questo, vedo poche uscite, anzi la vedo un’azione suicida…” replicò pensieroso Semir.
“Vado da loro, magari trovo una mediazione” disse risoluto Ben.

E ancora una volta Semir ebbe quella brutta sensazione.
Ben nella sua fermezza gli faceva paura.
Ma questa volta era ancora più preoccupato.
Nella sua determinazione vedeva anche rassegnazione.
Secondo lui Ben aveva la sensazione che qualcosa potesse andare storto, ma non voleva darlo a vedere.
Anche Semir si ritrovò ad aver paura.
Paura di perdere per sempre il suo migliore amico.

“Bene, io intanto andrò dalla Kruger. L’aggiornerò sullo scambio, sul riscatto e di te che …potresti rientrare nelle file delle spie” replicò alla fine Semir.
“L’importante è che tu adesso lo sappia” replicò Ben cercando di smorzare la tensione “Almeno se avrò bisogno d’aiuto so che potrò contare su di te”
“Sì e anche sul commissario, è una donna di ferro, ma penso che abbia capito che se tu hai agito così è perché c’è in gioco la vita di una bambina”
Detto questo i due ispettori si scambiarono un cinque e ritornarono dai loro ‘scomodi’ ospiti.

Lo sguardo di Ben cadde su Anastasiya Karpov.
La donna si avvicinò al giovane ispettore “Signor Jager, faremo quello che ci dirà…ma la prego se dovessimo morire…”
“Anastasiya!!!” gridò furioso il marito “Il codice, la promessa di fedeltà alla Patria”
“Tuo marito ha ragione” aggiunse Postdam “Prima la Patria!!!”
Ben e Semir si guardarono sconvolti, non riuscivano a capacitarsi.
“Le assicuro che faremo ciò che è in nostro potere;  non accadrà niente né a voi né a Livyana” le disse sotto voce.
“Ma se dovessimo…” ma il marito la prese per un braccio e l’allontanò da Ben.
Il ragazzo dal canto suo le rispose “Non si preoccupi, mi prenderò cura della piccola, glielo prometto” e incrociò gli occhi inferociti di Postdam e del marito.
Tra l’atmosfera gelida che si era creata nella stanza i cinque presenti si accordarono su un possibile piano.

Poi Ben e Semir sarebbero usciti di nuovo dall’appartamento e all’insaputa delle tre spie sarebbero andati a fare rapporto: Semir dal commissario Kruger  e dal capo dei Servizi Segreti tedeschi Ben.
Postdam invece sarebbe rientrato in albergo.
Passò qualche minuto poi dai sotterranei del palazzo dove abitava Ben uscirono due auto; Semir sulla sua BMW, mentre una Maserati Gran Turismo con a bordo Ben gli sfrecciava davanti diretto alla sede del MAD.

Semir stava percorrendo la strada verso il comando quando il telefono squillò. Rispondendo alla chiamata col viva voce.
“Si?”
“Gerkhan” disse seria il commissario Kruger “Ho appena ricevuto una telefonata dal capo della polizia . Era piuttosto inviperito... ha ricevuto una telefonata dal Ministro della Difesa in persona…Convinca il suo collega a collaborare con quelli del MAD, siamo tutti sorvegliati, quindi…”
“Capo Ben si sta già dirigendo da Koller, e io sto arrivando al comando. D’javol si è fatto vivo con Postdam e ha dato disposizioni per uno scambio. Sarò lì fra qualche minuto e le farò conoscere ogni dettaglio”
Conclusa la telefonata Semir avvisò il collega dei nuovi sviluppi, poi riattaccando il telefono pensò tra sé:
“Quanto vorrei essere lì con te. In bocca al lupo socio e speriamo di uscire da questa storia tutti sani e salvi”

 Angolino musicale: Non ringrazierò mai abbastanza la mia Beta che in questo periodo sta facendo gli straordinari (che periodaccio…ma noi ‘coppia d’oro’ ne usciremo vive…) e la ‘vera’ Liviana che malgrado tutto continuerà a volermi…Ben! Bacione ai stupendi recensori e a tutti i lettori. Dunque…la canzone mi è venuta in mente rileggendo l’ultima frase del capitolo…The Calling ‘Wherever You Will Go’(ovunque tu andrai)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=iAP9AF6DCu4
 
Ultimamente mi sono chiesto chi ci sarà accanto a te a prendere il mio posto quando me ne sarò andato, avrai bisogno di un amore che illumini quelle ombre sul tuo viso
se un'onda gigante dovesse cadere, e cadere su tutti noi allora tra la sabbia e i sassi ce la potresti fare a cavartela da sola? se mi sarà possibile, allora lo farò andrò ovunque tu andrai che sia in alto o verso il basso, andrò ovunque tu andrai e forse, scoprirò un modo per tornare indietro, un giorno per guardarti, guidarti attraverso i tuoi giorni più bui se un'onda gigante dovesse cadere, e cadere su tutti noi allora spero che ci sarà qualcuno lì che potrà riportarmi da te se mi sarà possibile, allora lo farò andrò ovunque tu andrai che sia in alto o verso il basso, andrò ovunque tu andrai…

 

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Capitolo 12
*** conti col passato ***


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CONTI COL PASSATO

Ben arrivò alla sede del Servizio di Controspionaggio Militare parcheggiò l’auto, scese e si avviò verso l’entrata del palazzo.
Era un edificio imponente e per certi aspetti metteva i brividi.
Un palazzo del genere lo aveva visto da piccolo nei libri di storia, sembrava quello dove, finita la Seconda Guerra Mondiale a Norimberga vi si svolse il famigerato processo.
Attorno ad esso c’era un’enorme cancellata che a Ben rammentò quelle che di solito segnano il perimetro delle prigioni di massima sicurezza.
Malgrado fosse caldo e la temperatura dell’aria sfiorasse i trenta gradi a quella vista al giovane ispettore vennero i brividi.
Troppi dolorosi ricordi erano legati a quell’edificio, e si disse che per molto tempo ancora quel maestoso palazzo glieli avrebbe rammentati.
Ben pensò che finita la sua missione per il controspionaggio nessuno presente in quell’edificio si era scusato, nessuno si era chiesto o gli aveva domandato come stesse o come era arrivato a rimetterci quasi la vita.
Ed ora si sentiva come se stesse andando nella tana del leone.
Delle guardie armate lo fermarono prima che potesse valicare il cancello chiedendogli chi fosse e lui esibendo il tesserino si qualificò.
“Prego ispettore” disse uno degli agenti “Si accomodi e passi per di qua…abbiamo avuto ordine tassativo di far passare tutti attraverso il metal detector”
“Certo” rispose il giovane.
A quanto sembrava il controspionaggio era in allerta e si disse che di questi tempi le precauzioni non erano mai troppe.
Ben passò attraverso il metal detector dopo aver appoggiato su un tavolo la sua pistola d’ordinanza, le chiavi, il cellulare e alcune monete che aveva in tasca dei jeans.
“Può riprendere i suoi effetti ispettore” disse ad operazione conclusa un agente.
Ben li prese e si diresse subito verso il banco informazioni.

Stava esibendo di nuovo il tesserino alla signorina della reception quando dietro di lui apparve il vicedirettore Guillaume.
“Ispettore Jager, vedo che ha cambiato idea…” disse con tono mellifluo il funzionario.
Ben si voltò e guardandolo serio replicò secco “Non ho cambiato idea, voglio solo che le vostre azioni azzardate e sconsiderate non provochino più danni del necessario. Vorrei parlare con il direttore Koller se è possibile…”
“Certamente ispettore, mi segua le faccio strada” rispose stizzito il vicedirettore.
La tensione creatasi tra i due era palpabile e dire che si stavano reciprocamente antipatici era un eufemismo.
I due uomini si avviarono verso gli ascensori, Guillaume pigiò il tasto e attese.
I secondi sembravano interminabili, come pure la salita nel vano dell’ascensore fatto dai due in perfetto silenzio.
Finalmente le porte si aprirono e Guillaume fece cenno al giovane poliziotto di uscire e seguirlo.

Ben e il vicedirettore arrivarono davanti ad una piccola entrata dove dietro ad una scrivania sedeva un’avvenente segretaria.
“Tanja” si rivolse il funzionario alla ragazza “Sarebbe così gentile d’avvisare il direttore Koller che l’ispettore Jager è qui? So che è in riunione, ma penso che ci siano delle priorità…”
“Certo informo subito il direttore Koller, vicedirettore Guillaume” rispose la segretaria alzando la cornetta del telefono che aveva sopra la scrivania squadrando Ben da cima a fondo e abbozzando un sorriso, ma il ragazzo conservò l’atteggiamento duro e severo che aveva fin dal primo momento che aveva messo piede dentro al palazzo.
Pochi minuti dopo dall’ufficio di Koller uscirono un paio di uomini vestiti elegantemente e Guillaume fece cenno a Ben di entrare nell’ufficio, poi entrò anche lui chiudendosi la porta alle spalle.
Il vicedirettore poi si sedette su una poltroncina che stava davanti all’enorme scrivania dove dietro vi era seduto il direttore Koller.
 “Prego si accomodi ispettore Jager, si sieda pure” fece cenno con la mano Koller.
“La ringrazio, ma per ora vorrei restare in piedi…” rispose freddamente Ben.
“Come vuole” rispose gelido Koller “Dunque visto che è qui arriverei subito al nocciolo della questione. Immagino che la sua presenza sia il risultato del colloquio telefonico che ho avuto con il capo della polizia e di conseguenza il commissario Kruger, le ha detto di venire qui…siamo stati costretti ad esercitare forti pressioni…e la cosa è seccante. Di solito non siamo soliti….come dire…pregare le persone. Noi ordiniamo e basta...”
Koller aveva l’aria di essere alquanto infastidito e Ben con la coda dell’occhio gli sembrò che Guillaume fosse divertito della ramanzina che gli stava facendo il direttore.
Il giovane ispettore ciononostante non batté ciglio.
In fondo se lo aspettava che i due funzionari lo avrebbero fatto, metaforicamente, a pezzi dopo la sua fuga dall’ufficio della Kruger.
“Al commissariato abbiamo volutamente omesso alcune informazioni sia a lei che al suo superiore…” continuò Koller.
“Chissà perché, ma la cosa non mi suona così strana” asserì Ben, non riuscendo a starsene zitto.
 “Il nostro dipartimento sta monitorando tutte le spie russe presenti sul suolo tedesco. A Colonia attualmente ne risultavano solo due, i coniugi Karpov, a cui ha fatto visita Postdam. Noi li teniamo sotto osservazione da molto, ed è stata una sorpresa vedere che lei li conosce…”
Ben abbozzò un sorriso e volutamente lo interruppe:
“Saprete allora che le spie presenti qui a Colonia non erano solo i Karpov. C’era anche un’altra spia, che è stata  eliminata”
“Come eliminata???” l’uomo era basito.
“Lo sapevo” disse con uno sguardo dispregiativo Ben “Voi siete a conoscenza solo dei Karpov e di Postdam che molto probabilmente  avete visto uscire dalla loro casa, poi avete visto me e il mio collega che uscivamo da quella casa, il mio nome sull’agenda, il mio numero di telefono…ovviamente siete saltati subito a conclusioni, tra l’altro, sbagliate”
“Lei sa cose che noi non sappiamo, ispettore Jager? E’ meglio che parli…” replicò alquanto alterato  Koller.
“I Karpov non potrebbero essere solo dei connazionali di Postdam e basta? Sicuri siano spie?  Che prove avete? Voi volete solo un pretesto per arrestarli che al momento non avete…”
Ben li stava volutamente confondendo.
“Suvvia ispettore perché farci la guerra? Cosa sa lei che noi non sappiamo?” cercò di negoziare il direttore Koller.
“Vi dico come stanno le cose, ma a una condizione i Karpov e la loro figlia dovranno restare qui in Germania con una nuova identità, magari con un cognome tedesco…” ma il giovane ispettore fu interrotto da Guillaume.
“La cosa non è possibile sono due spie” sbottò secco Guillaume.
“Ma per adesso voi non avete in mano nulla che lo attesti…” obiettò secco Ben.
“Comunque lei non è nella condizione di negoziare, noi siamo i suoi superiori…”

Ma a Ben sia le gerarchie, che le regole stavano strette.
“Allora il nostro colloquio si conclude qui, sappiate però che siete sulla strada sbagliata e il summit che si terrà a Düsseldorf con il ritorno di Postdam in suolo tedesco non c’entra nulla, anzi state solo sprecando risorse ed energie per nulla”
E Ben si avviò a passi lenti verso l’uscita.
“Aspetti ispettore” disse Koller alzandosi e facendo cenno a Guillaume di avvicinarsi.
I due funzionari parlottarono tra loro fitto fitto, mentre Ben sempre mantenendo l’aria severa si girò verso i due uomini.
“Cosa ci propone…e cosa sa?” capitolò alla fine il direttore Koller.
“Postdam è qui per salvare i Karpov, da un serial killer che ha preso di mira tutte le spie presenti sul suolo tedesco. Ha un conto in sospeso con i suoi ex capi del KGB”
“Chi sono le sue fonti?  E poi sono attendibili? Come è a conoscenza di queste notizie ispettore Jager?” chiese alquanto dubbioso Guillaume.
“So fare il mio lavoro” disse con fare serafico “Comunque questo criminale, che si fa chiamare D’javol ha rapito la figlia dei Karpov e ha contattato Postdam per uno scambio”
“Immagino che lo scambio sarà la bambina, ma in cambio di cosa?”
“D’javol ha chiesto un riscatto, ma secondo me lui vuole la vita dei Karpov e magari anche eliminare Postdam. Sicuramente non si presenterà con la bambina”
“Quindi se noi arrestiamo Postdam, i Karpov e magari pure questo D’javol avremo preso tutte le spie presenti sul suolo di Colonia? E’ questo che vuol dirci ispettore? In fondo a lei serve il nostro aiuto…” Guillaume cercò di riprendere la situazione in mano.
“So dove avverrà lo scambio, potrete arrestare Postdam e D’javol, ma i Karpov no” replicò duro Ben.

I due funzionari discussero ancora tra loro, sottovoce, e a Ben venne un po’ da sorridere, sapeva che stava tirando troppo la corda, ma non aveva altre possibilità e vederli un po’ sotto scacco aveva un po’ il sapore della vendetta.
Vendetta per quello che aveva passato.
“Senta facciamo così, arresteremo i Karpov, D’javol e Postdam. Sono anni che ci sfugge e per noi sarebbe un bel successo… Per quanto riguarda la bambina non sarà rimpatriata…in fondo se è nata qui in Germania può considerarsi cittadina tedesca, quindi resterà qui. Sarà affidata ai servizi sociali” negoziò Koller.
“No, verrà affidata a me e non mi importa se le regole burocratiche o altro dicono che non si può fare, ma non mi date molta scelta” replicò con voce ferma Ben.
 “Cos’è per lei quella bambina ispettore? Sbaglio o sta facendo il diavolo a quattro per lei…” chiese con fare arrogate Guillaume.
“Non sono affari che vi riguardano…” replicò il giovane ispettore assumendo l’aria più dura che potesse esibire.

“Lo sai chi mi sembri?” dietro a Koller e a Guillaume Ben gli sembrò di vedere Semir “Mi sembri Bruce Willis in Die-Hard…lo sguardo da duro…spavaldo…stai attento quelli non ci penseranno due volte a tirare fuori una Beretta e farti fuori seduta stante…”
Ben scacciò via quell’immagine di Semir in versione ‘Grillo Parlante’ anche se doveva ammetterlo che il suo socio o chi per esso aveva ragione: stava giocando col fuoco.

“Un’ultima cosa… D’javol deve restare vivo, se lui muore, muore anche la bambina e avermi come nemico…non sarebbe un bene” concluse poi il giovane ispettore.
“Ci sta minacciando ispettore Jager?” disse duro Guillaume puntandogli contro un dito “Potrei farla radiare o arrestare seduta stante lo sa?”
Ben non diede nessuna risposta girò le spalle e si avviò verso l’uscita.
Mettendo la mano sulla maniglia si girò e guardando i due funzionari disse:
“Avrete presto notizie, arrivederci” e uscì dall’ufficio.

“Quel Jager non mi piace, come si permette? Venire qui e ordinarci cosa fare o non fare, certo è che se non avrà ciò che chiede…” disse Koller appena si chiuse la porta dell’ufficio.
“Purtroppo non abbiamo scelta, il Cancelliere vuole la cattura di tutte le spie presenti sul suolo tedesco… sicuramente Jager non ci ha raccontato tutta la verità, sa molto di più di ciò che ci ha detto…se ci fossero altre spie…lo era anche lui ricordi? Potrebbe avere degli agganci di cui noi non siamo a conoscenza, meglio tenerlo d’occhio. Comunque lo sai meglio di me…il fine giustifica i mezzi e in ogni caso di lui ci occuperemo in un altro momento, per ora andiamo avanti, poi vedremo come evolverà la situazione” rispose con sguardo diabolico Guillaume.

Ben uscì dal palazzo con il cuore che gli batteva furioso nel petto.
I due funzionari non gli piacevano e  sebbene Koller fosse il superiore di Guillaume, al giovane ispettore sembrò che chi veramente aveva il potere decisionale fosse proprio quest’ultimo.
Sapeva di aver giocato col fuoco e la sua visita era stata solo un modo per accontentare tutti.
Tutti tranne lui.
Salendo in macchina si sentì solo, sapeva di avere in un certo senso le spalle coperte dal ‘fedele amico’Semir e dal commissario Kruger, ma dentro …la sensazione era quella.
Sicuramente i servizi segreti sapevano molto di più di quello che davano a vedere e al ponte di Hohenzollern ci sarebbero stati anche loro, perché di una cosa era sicuro loro erano a conoscenza di tutto.
Mentre percorreva il tragitto verso il Comando il giovane ispettore si impose di pensare a qualcosa di positivo, qualcosa che lo calmasse.
Il suo pensiero però si soffermò su Livyana.
Se la immaginò intenta a seguire i suoi consigli per suonare quelli che lei chiamava ‘accordi impossibili’, con lo sguardo corrucciato e con un enorme sorriso dopo esserci finalmente riuscita.
Già Livyana chissà dov’era ora, spaventata e sola, chissà se l’avrebbe ancora rivista, chissà se era ancora viva…
 
Angolino musicale: Questo capitolo l’ho scritto perché mi piaceva l’idea di un faccia a faccia con ‘i simpaticoni’ dei servizi segreti…spero vi sia piaciuto, io confesso che a scriverlo mi sono davvero divertita…
Rachel Platten ‘Fight song’(canzone di lotta)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=xo1VInw-SKc

Come una piccola barca nell'oceano crea grandi onde Come una sola parola Può rendere un cuore aperto Avrei solo una partita, ma posso fare un'esplosione E tutte quelle cose che non ho detto Palle da demolizione dentro il mio cervello Le urlerò forte stasera Puoi sentire la mia voce? Questa volta questa è la mia canzone di lotta La canzone per riprendere la mia vita La canzone per provare che sto bene La mia energia è accesa A partire da questo momento sarò forte Suonerò la mia canzone di lotta E non mi interessa Se nessun altro ci crede Perché ho ancora Un sacco di lotte in sospeso dentro di me Perdendo amici e io sto inseguendo il sonno Tutti sono preoccupati per me Troppo in profondità Dicono che sono troppo in profondità Ma c'è un fuoco che brucia nelle mie ossa E credo ancora sì credo ancora




 
 
 

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Capitolo 13
*** Il ponte delle spie ***


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Il ponte delle spie
 
Dopo l’incontro con i funzionari dei servizi segreti  Ben si diresse verso la sede dell’autostradale.
Lì, insieme al suo socio e al commissario Kruger, avrebbe messo a punto gli ultimi dettagli relativi allo scambio.
Appena entrò in ufficio fu subito accolto da Semir intento a sorseggiare un caffè.
“Allora come è andata con i ‘simpaticoni’ dei servizi segreti?” chiese impaziente il piccolo ispettore.
“Vuoi la verità?” chiese alquanto perplesso Ben.
“Certo” rispose di rimando Semir guardandolo decisamente accigliato.
“Sinceramente non lo so. Sono certo, sanno già tutto, sicuramente mi hanno convocato per capire se sono a conoscenza di qualcosa di cui loro potrebbero essere all’oscuro” rispose Ben “Purtroppo non ce l’ho fatta a nascondere il fatto che tengo molto a Livyana …Chissà che idea si saranno fatti quei burocrati vestiti da pinguini. Ma ho preferito essere sincero, è inutile che ci giri intorno, per me la piccola è la priorità. Comunque sono sicuro che  sul ponte di Hohenzollern ci sarà...un autentico affollamento. Dai socio, ripassiamo il piano, dobbiamo fare in modo che tutto fili liscio, anche se ho quel presentimento…” il giovane lasciò la frase a metà e si mise a studiare la piantina del ponte che aveva davanti a lui.
Semir stava per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa, una parola di conforto, ma non ce la fece.
Ben aveva un’espressione così affranta da bloccare ogni tentativo di dialogo.
Il piccolo ispettore sapeva che il suo socio stava moralmente a terra e in quel momento niente e nessuno avrebbe potuto aiutarlo, nemmeno lui che da anni era il suo migliore amico e confidente.
L’unica persona che avrebbe potuto far tornare il sorriso sul volto del giovane era in mano ad un pazzo criminale.
Quindi dopo aver tratto un profondo respiro, Semir si mise a studiare gli ultimi dettagli del piano sperando che il rapimento di Livyana e l’intera operazione si potesse concludere nel migliore dei modi.

Asimov aveva stabilito orario e punto d’incontro tra lui, Postdam e i coniugi Karpov. 
Il luogo dello scambio era a metà del ponte di Hohenzollern a Colonia, punto accessibile solo a piedi essendo principalmente un passaggio ferroviario e pedonale che attraversava il fiume Reno situato nei pressi del Duomo.
L’orario, mezzogiorno in punto, era quello di punta e il fatto che il ponte fosse molto trafficato a quell’ora secondo Postdam era un diversivo del suo avversario.
Nella confusione D’javol si sentiva a suo agio.

Ben aveva informato  il direttore Koller dell’appuntamento e pur sapendo che non sarebbe servito a niente, lo aveva anche messo al corrente che le operazioni sarebbero state condotte dalla polizia autostradale in collaborazione con una squadra dei corpi speciali e da nessun altro.
I due ispettori della CID avrebbero tenuto d’occhio a debita distanza i coniugi Karpov e Postdam muniti, anche se secondo Ben sarebbero serviti a poco, di giubbotti antiproiettile, mentre gli agenti della SEC sarebbero restati nascosti tra le arcate metalliche del ponte pronti ad intervenire.
“Socio” disse Semir “Siamo sicuri che anche Postdam voglia catturare D’javol vivo?”
“In tutta sincerità penso che a Postdam interessi molto di più la vita dei Karpov. I suoi capi hanno detto che vogliono D’javol vivo, ma io sinceramente non la ritengo una priorità. Penso che il KGB voglia prima di tutto che restino vivi i genitori di Livyana, per averli, dovessero tornare utili,  ancora in servizio attivo, cosa che non avverrebbe se la figlia morisse. E arrivati a questo punto…ho paura che Postdam voglia uccidere Asimov, vuole finire la sua carriera in bellezza, vuole vendetta, vuole levarselo di torno una volta per tutte. Asimov è stato per lui un’autentica spina nel fianco. Ai suoi superiori dirà che è stato ucciso dai nostri servizi segreti o da noi…la sua è diventata una sorta di pericolosa partita a scacchi, siamo riusciti a tenerlo all’oscuro che quelli del MAD sanno di lui, ma Postdam non è certo un novellino alle prime armi, comunque se per vendetta personale Postdam uccidesse D’javol …condanna Livyana”
“E noi dobbiamo impedirglielo…e glielo impediremo” sentenziò Semir.
“Già socio, sembra facile detta così” obiettò Ben.

Pochi istanti dopo in lontananza si udirono le campane del Duomo.
Erano le dodici in punto.
Era una giornata di sole accecante e il ponte con le sue arcate di ferro riflettevano calore e una luce abbagliante.
Sotto il Reno scorreva placido e tranquillo.
Ben attraverso i binocoli teneva lo sguardo puntato sui Karpov e Postdam.
Il giovane notò subito che gli uomini erano abbastanza tranquilli, mentre Anastasiya era visibilmente agitata.
Il marito ogni tanto le sussurrava qualcosa all’orecchio , ma questo non le era di grande conforto.
In fondo come darle torto in gioco c’era la vita della sua unica figlia.
Semir, distolse per alcuni secondi lo sguardo dal ponte e guardò il suo giovane collega; era teso come le corde di un violino e aveva la fronte imperlata di sudore.
“Ancora niente socio?” chiese Semir cercando di stemperare per quanto fosse possibile l’atmosfera che si stava facendo sempre più tesa.
“No, ma Postdam mi ha detto che la puntualità non è il forte di D’javol” replicò Ben.
“Beh avete una cosa in comune…” cercò di sdrammatizzare l’ispettore più anziano.
“Sai socio, se non dovessi ritrovare Livyana…” ma poi lasciò cadere il discorso.
“Ti sei affezionato parecchio a quella bimba, ti sta a cuore, si vede…agiresti così con tutti, di questo sono sicuro, ma con lei è come dire…diverso. Per lei ti stai dannando l’anima vero Ben?” chiese Semir.
“Beh, forse perché l’ho conosciuta in un momento un po’ particolare della mia vita, poi il fatto che sia stata rapita sotto i miei occhi…ultimamente questo lavoro mi sta dando più dolori che gioie…”
Semir sentendo quelle parole ebbe un sobbalzo al cuore.
“E’ da tanto che volevo chiedertelo e sinceramente adesso ho addirittura paura a farlo, ma ci rimugino da un po’…” tergiversò Semir.
Ben si girò versò l’amico distogliendo lo sguardo dal ponte, ma non fiatò, si limitò solo a guardare il compagno con un sorriso, secondo il punto di vista di Semir, dannatamente forzato.
“Ben” continuò Semir “Sinceramente…stai pensando di lasciare la polizia?” chiese senza tanti giri di parole l’amico.
“Sai a volte ci penso, e mi dico che non ne posso più. Sono stanco di prendere decisioni che a volte sono o sembrano sbagliate, dovrei salvare la gente e invece la vedo morire sotto i miei occhi, comincio ad essere stanco, davvero. Ma questo lavoro …ho sempre desiderato diventare un poliziotto, questo mestiere è la mia vita e a volte la vita è perfida con noi…no, tranquillo socio, per adesso resta solo un pensiero, certo che se anche Livyana dovesse…” e lasciò ancora una volta volutamente il discorso a metà.
“Non succederà Ben” disse Semir mettendogli una mano sulla spalla “Non accadrà nulla alla piccola e io non dovrò cercarmi un altro partner”
Poi puntando gli occhi sul ponte “Guarda Ben forse ci siamo”

Postdam e i coniugi Karpov stavano vicino alla balaustra del ponte.
L’anziana spia malgrado il caldo indossava un giubbino leggero, aveva una mano in tasca dove teneva una piccola pistola pronta all’uso, mentre nell’altra teneva una valigetta ventiquattr’ ore.
I Karpov indossavano anche loro delle camicie leggere per cercare di mascherare un po’ il giubbetto anti proiettile.
Pochi minuti dopo le dodici si avvicinò D’javol.
Ben aveva messo una piccola trasmittente su una piccola spilla indossata della signora Karpov, così per poter intervenire al momento giusto e avere un quadro preciso della situazione e di come si stesse svolgendo lo scambio.
“Asimov ha una pistola in tasca” disse Ben vedendo Asimov che si avvicinava alle altre tre spie.
“Lo vedo…lo noto da come tiene il braccio e poi la giacca...è decisamente armato…come era logico prevedere” replicò Semir.
Ovviamente la lingua usata dalle spie fu il russo e immaginando questo al comando fu chiamato un’interprete per tradurre simultaneamente la conversazione.
“Salve compagni” esordì mellifluo D’javol avvicinandosi al gruppetto.
Ora erano tutti e quattro molto vicini.
“Ho qui il riscatto” tagliò corto Postdam senza tanti preamboli e notando anche lui che Asimov era armato.
“Compagno Asimov” supplicò Anastasiya Karpov “Dov’è nostra figlia?”
“Prima voglio vedere il riscatto, poi quando sarò lontano ve lo dirò. Compagno Postdam fammi vedere il contenuto della valigetta” ordinò perentorio Asimov.
 Postdam dovette lasciare la mano che aveva sulla pistola in tasca e aprì la valigetta quel poco che servì per far vedere a D’javol che era piena di denaro.
“Bene, devo solo vedere che non siano falsi…dammi la valigetta ora” replicò deciso D’javol.
Postdam lentamente consegnò la valigetta ad Asimov, poi tutto avvenne in una manciata di secondi.
Appena Postdam lasciò la valigetta con l’altra cercò la pistola, ma D’javol intuendo la mossa dell’anziana spia, lasciò cadere la valigetta, estrasse la pistola  e con una mossa fulminea prese per un braccio Anastasiya Karpov, l’avvicinò a se e le puntò alla testa l’arma.
“Maledizione” esclamò Ben, poi attraversò la ricetrasmittente “Cobra 11 a tutte le unità, non intervenite, ripeto non intervenite” poi rivolto al suo socio “Vieni avviciniamoci presto”
“Nicholas butta a terra l’arma o le faccio saltare la testa, lo sai che ne sono capace” ringhiò Asimov.
La donna era terrorizzata, tremava dalla paura ed aveva lo sguardo supplichevole rivolto verso il marito.
“Nicholas” ribadì Andrey Karpov “Fa come ti dice…”
“Stupido che non sei altro, cosa credi che farà Dimitri quando butterò la pistola a terra?” rimbeccò Postdam furioso, ancora una volta era stato preso alla sprovvista da Asimov.
D’javol premette di più la canna della pistola sulla tempia di Anastasiya. 
“Così la ucciderà” pensò tra se Ben avvinandosi verso il gruppetto di spie,  poi rivolgendosi al socio “Raggiungiamoli Semir, presto”
“Nicholas getta la pistola, non te lo ripeto più” urlò Asimov.
In quel momento un puntino rosso apparve vicino alla spalla di D’javol.
La cosa non sfuggì a Postdam, ad Andrey Karpov e ai due ispettori dell’autostradale che si erano avvicinati al gruppo, senza essere visti.
“D’javol è nel mirino di un cecchino della SEC “ disse piano Semir restando sempre nascosto dietro ad un pilone del ponte.
“Non sparate. Maledizione” imprecò Ben attraverso la trasmittente.
“Spiacente ispettore, ma abbiamo ordini precisi” ribatté una voce.
“Cosa? E da chi? Maledizione avevamo detto… “ sbottò di nuovo Ben.
Intanto Postdam abbassò la pistola non vedendo altre alternative, forse avrebbe potuto sorprenderlo in un altro modo.
“Buttala a terra e con un calcio gettala nel fiume ” continuò Asimov e l’anziana spia obbedì.
E successe l’inevitabile.

Andrey estrasse una pistola, ma non fu altrettanto veloce come Asimov il quale accorgendosi del pericolo gli sparò colpendolo alla testa.
Andrey Karpov morì sul colpo.
Nicholas Postdam cercò di estrarre la pistola che aveva nascosta nel polsini del giubbotto, ma perse alcuni secondi preziosi che gli furono fatali.
Asimov lo freddò con un colpo in mezzo alla fronte.
Anastasiya Karpov si mise ad urlare disperata.
“Fermo o sparo” urlò Ben comparendo davanti alle due spie con la pistola spianata.
 Il puntino rosso del cecchino della SEC intanto non c’era più.
Asimov si era spostato ed evidentemente non era più sotto tiro.
“Non lo farà ispettore, lei ha cuore la vita della bambina” replicò con un’espressione di sfida Asimov sempre tenendo premuta la pistola contro la tempia di Anastasiya Karpov.
Semir intanto stava cercando di raggiungere Asimov alle spalle.
“Adesso io me ne andrò…porterò anche lei con me…così avrà sulla coscienza anche la madre, non solo la bambina”
Lo sguardo di Asimov era diabolico conscio di avere il coltello dalla parte del manico.
“La prego, le garantisco una fuga…lasci andare la donna…mi dica dov’è la bambina, anzi prenda me come ostaggio” patteggiò Ben.
“Intanto abbassi la pistola…la metta a terra e con un calcio la butti giù dal ponte” ordinò D’javol.
Semir era a pochi metri da Ben ed era consapevole che se anche il ragazzo portava il giubbotto antiproiettile, Asimov gli avrebbe sparato alla testa come aveva fatto con Postdam e Andrey Karpov e per il socio sarebbe stata la fine.
“Okay, abbasso la pistola” disse Ben in segno di resa alzando le mani.
Poi lentamente mise la pistola a terra e con un calcio la buttò in acqua.
“Me lo immaginavo, lei è un stupido sentimentale…” ringhiò Asimov staccando la pistola dalla testa di Anastasiya,  e puntandola verso Ben.
Poi nell’aria a distanza ravvicinata echeggiarono due spari.
 
Angolino musicale: Bene vi avverto, cari lettori e recensori, ‘Grimilde’ ha una mira eccezionale…e qualcuno/a resterà davvero solo/a…
Green DayBoulevard Of Broken Dreams’ ( Viale Dei Sogni Spezzati).
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=Soa3gO7tL-c
Cammino su una strada solitaria L’unica che io abbia mai conosciuto Non so dove porti Ma è casa per me e cammino da solo Cammino questa vuota strada Nel viale dei sogni spezzati Dove la città dorme E sono il solo e cammino da solo La mia ombra e l’unica che cammina accanto a me Il mio profondo cuore è l’unica cosa che batte Qualche volta desidero che qualcuno là fuori mi trovi Fino a quel momento camminerò da solo Sto camminando giù lungo questa linea Che divide me da qualche parte nella mia mente Sul bordo della linea della sponda E dove cammino solo Leggo tra le righe Che cosa è sbagliato e tutto quello che è giusto E cammino solo


 

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Capitolo 14
*** Lucchetti e accordi impossibili ***


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Lucchetti e accordi impossibili

“NOOOOOOOO !!!”
Urlò con tutto il fiato che aveva Ben vedendo accasciarsi  al suolo come due bambole di pezza i corpi di Anastasiya Karpov e quello di Asimov.
Subito il suo sguardo si posò su Semir dritto davanti a lui con ancora la pistola fumante tra le mani.
Il piccolo ispettore aveva appena sparato alle spalle ad Asimov, cosa per lui inusuale, ma purtroppo necessaria per salvare la vita a Ben, uccidendolo sul colpo, mentre un cecchino della SEC aveva colpito mortalmente Anastasiya Karpov, forse nell’intento di colpire per primo Asimov.
“Che hai fatto??? …Semir che hai fatto???”  urlò come in trance Ben sull’orlo delle lacrime e lentamente con le gambe che gli tremavano si avvicinò al gruppo di spie.
Davanti a lui c’erano quattro cadaveri.
Semir si avvicinò al suo collega inginocchiato vicino alla madre di Livyana mentre con mano tremante le stava abbassando le palpebre.
“Non avevo scelta, Ben…ti avrebbe ucciso” tentò di giustificarsi Semir stringendogli affettuosamente una spalla.
Il giovane si girò verso il suo collega, lo sguardo furioso, le lacrime agli occhi, rabbia e frustrazione ebbero il sopravvento.
“Maledizione Semir ti rendi conto di quello che hai fatto uccidendo Asimov? Avrei  preferito che mi uccidesse …così hai condannato a morte Livyana, non sapremo mai dov’è…” e alzandosi di scatto, come a voler quasi scacciare la mano di Semir posata sulla spalla, se ne andò via correndo disperato.
Quelle parole ferirono il piccolo ispettore come una pugnalata al cuore.
Lui aveva scelto di salvare la vita al suo collega e per tutta risposta si era sentito rispondere che aveva agito in maniera sconsiderata.
Semir restò come pietrificato sul posto, mentre vedeva la sagoma del collega che si allontanava fino a sparire dalla sua visuale.
Con il cuore pesante e dando un ultimo sguardo ai quattro cadaveri, Semir raccolse la valigetta con il denaro che sarebbe dovuto servire per il riscatto e si allontanò un po’ dalla scena del crimine.
Nel medesimo istante, come in una sorta di staffetta, arrivò sul luogo la polizia scientifica.
Il piccolo turco restò sul ponte ad assistere a tutti i rilievi che vennero effettuati, non se la sentiva di affrontare Ben subito e chissà magari era meglio così.
Un po’ di solitudine avrebbe, forse, calmato un po’ il ragazzo, anche se ne dubitava.

Il giovane ispettore invece fece subito ritorno al Comando.
Entrando senza salutare e senza tanti convenevoli si rivolse alla segretaria:
“Susanne fammi avere subito tutte le registrazioni dell’intera città di Colonia e fai venire subito qui Hartmut ! Ho bisogno di lui e delle sue diavolerie…”
Susanne guardò Ben con fare interlocutorio.
“Ben, ma ti rendi conto di quello che stai chiedendo? In città ci sono migliaia di telecamere e …”
“Non me ne frega niente fallo e basta!!!” ringhiò Ben.
Nel medesimo istante il commissario Kruger uscì dal suo ufficio.
“Jager!” il tono della Kruger era tutt’altro che comprensivo.
“Non le sembra di esagerare? Si calmi per favore…Susanne in fondo, le ha solo fatto una semplice osservazione…” ribatté piuttosto severa.
Ma Ben non sembrava avere ripensamenti.
“Mi calmerò solo quando avrò trovato Livyana. Viva…”
Poi rendendosi conto di essere stato decisamente maleducato con la segretaria e con il suo capo: “Scusatemi…ma…” si giustificò il giovane cercando di addolcire un po’ il tono “Susanne ti prego, fai quello che ti dico, io intanto chiamo Hartmut” ed entrò nel suo ufficio.
Susanne guardò il suo capo come per avere una qualche conferma sul da farsi.
“Faccia come le ha detto…dobbiamo trovare quella bambina, non solo per il suo bene, ma anche per la salute mentale di Jager…una volta conclusa la faccenda dovrò fargli un bel discorsetto, così rischia di mettersi nei guai ogni volta che è coinvolto in qualcosa che va oltre alla normale ‘routine’ autostradale”
Kim Kruger era stata informata pochi istanti prima da Semir della morte delle quattro spie e in cuor suo sapeva che Ben agiva e si comportava così perché a volte, prima di usare la ragione, seguiva il suo cuore.
Ma questo suo atteggiamento, dal suo punto di vista, non lo giustificava.

Mezz’ora dopo Ben stava guardando i primi filmati delle varie telecamere sparse per l’intera città di Colonia cominciando a visionare le registrazioni delle telecamere presenti o vicine al ponte di Hohenzollern ,  mentre Hartmut applicando uno speciale software aveva fatto una sorta di scrematura mettendo a confronto ogni singola persona presente nei filmati con i tratti somatici di Asimov.
Purtroppo all’occhio delle telecamere D’javol era quasi invisibile.
“Ben” si rivolse il giovane tecnico con aria afflitta “Penso che il tuo uomo si sia spostato per la città stando molto attento a non farsi riprendere. I vari programmi per i riconoscimenti facciali non hanno dato nessun risultato utile se non quando era sul ponte con le altre vittime. Penso che per arrivare sul luogo dell’appuntamento girasse camuffato, girava con un cappello col frontino, o a testa molto bassa…mi spiace, ma la tecnologia al momento non può esserci molto d’aiuto…se non hai bisogno di me…torno al laboratorio, Semir mi ha chiamato, mi porterà dei reperti…”
“Grazie Einstein, comunque darò lo stesso un’occhiata alle riprese del ponte, magari riesco a capire come si muoveva, da dove veniva…”
Il giovane ispettore se ne stava ormai da ore incollato allo schermo del suo pc cercando di capire o trovare qualsiasi cosa che potesse in qualche modo monitorare gli eventuali contatti o spostamenti di D’javol.
Ma tutto fino a quel momento era risultato inutile.

Semir fece capolino nell’ufficio comune dopo qualche ora e quando vide Ben gli si strinse il cuore.
Il ragazzo era provato, sicuramente non mangiava o beveva da chissà quanto e alzarsi…meno che meno.
“Ben…”  disse avvicinandosi, appoggiando una tazza di caffè fumante vicino al ragazzo “Mi dispiace …io…”
“Lo so Semir” rispose stancamente Ben, staccando finalmente gli occhi dal monitor e stropicciandoseli con le dita delle mani, prendendo la tazza continuò “Anzi scusami se ti ho aggredito verbalmente, non meritavi quelle parole, mi hai salvato la vita e…”
“Non ti preoccupare, so quanto tieni a quella bambina” poi proseguendo col discorso “Senti hai trovato qualcosa?”
“No niente, ormai penso di aver fatto tutto il possibile…anche se devo visionare i filmati delle telecamere vicino al Duomo, e tu ? Hai novità?” chiese mesto il ragazzo.
“Ho portato alcuni effetti personali, vestiti e le scarpe di D’javol alla scientifica, magari la squadra di Hartmut ci trova qualcosa d’interessante. Gli ho detto di trovare  qualche traccia per rintracciare Livyana…ha anche annullato un appuntamento con Jenny per aiutarci a trovarla…” Semir cercò di alleggerire l’atmosfera.
“Mi dispiace per lui, ma penso che Jenny capirà” lo interruppe Ben.
“Veramente lo sta aiutando …vedrai troveranno qualcosa” rispose fiducioso Semir.
“Ammesso non sia tardi” concluse mogio l’altro ispettore, ormai conscio che le speranze di trovare la piccola viva si stavano riducendo man mano che passava il tempo.
I due poliziotti continuarono a visionare i vari filmati, quando il telefono di Ben squillò.
“E’ Hartmut” disse il ragazzo prendendo il cellulare e rivolgendosi al suo socio “Dimmi Einstein hai trovato qualcosa?” il tono era fiducioso, sperava che ancora una volta il tecnico della scientifica tirasse fuori il classico coniglio dal cilindro.
“Ecco l’unica cosa un po’ fuori dal normale l’ho trovata sotto la suola delle scarpe…”
“Hartmut ti prego arriva al dunque…” supplicò Ben alzando gli occhi al cielo.
“Ecco ho trovato sotto una scarpa tracce di cera” rispose il giovane tecnico con tono professionale.
“Cera? Che tipo di cera? Quella delle candele ? Quella che si usa per lucidare i pavimenti? Quella per le auto…“ elencò Ben.
“Però ne conos…” cercò di replicare il tecnico.
“Hartmut, per favore!!!” tuonò Ben.
“Cera per fabbricare candele!” ribadì subito Hartmut.
“Geniale e quindi? Dovremmo setacciare tutti i negozi o simili che vendono candele?” propose sconsolato Ben.
“Non solo, ma luoghi dove si usano…tipo chiese o altro…”ribadì con fare saccente Hartmut.
“Hartmut, non puoi essere più preciso, ti rendi conto che razza di lista ne verrà fuori? Siamo a Colonia non in un paesello sperduto tra le montagne dell’Eifel…Devi trovare qualcosa per  fare una selezione…non so… l’acidità del terreno presente sotto le scarpe…o roba simile…” consigliò sull’orlo della disperazione Ben.
“Lo so…ma per esempio la terra è comune a tutta Colonia e non solo, mi dispiace Ben, ma questo è l’unico indizio che posso fornirti. Posso continuare a visionare i reperti, ma dubito…” concluse Hartmut.
“Ok, grazie comunque…se hai novità…”
“Sì, certo contaci” e il tecnico concluse la telefonata.
“Mi faccio stampare tutti i possibili posti …poi chiederemo al commissario di quanti uomini possiamo disporre” propose Semir e alzandosi prima di uscire dall’ufficio si rivolse a Ben “La troveremo, vedrai”
Ben non rispose, guardò il suo socio e annuì.
 Il ragazzo si era sempre considerato un ottimista, fiducioso del suo istinto, di quello di Semir e delle intuizioni scientifiche di Hartmut, ma questa volta aveva paura che tutto questo non servisse a niente.

Dalla morte di D’javol ormai erano passate più di dodici ore, erano quasi le quattro di mattina e cominciava ad albeggiare.
Già da una decina d’ore tutti gli uomini del comando della CID , agenti di altri reparti e volontari stavano cercando la ragazzina.
Erano veramente tanti e di questo Ben fu grato alla generosità dei colleghi e alla disponibilità del commissario Kruger nell’arruolare nelle ricerche più persone possibili.
Semir e Ben stavano perlustrando una chiesa e i suoi sotterranei quando il cellulare dell’ispettore più anziano squillò: era il commissario Kruger.
“Gerkhan, tutti gli uomini disponibili hanno perquisito da cima a fondo chiese di tutti gli ordini, conventi e monasteri, luoghi di culto consacrati o meno, i loro sotterranei e cripte. Persino i cimiteri e le grotte vicino all’Eifel dove si dice che si celebrino messe nere e quindi sarebbe giustificata la presenza di cera per candele. Lo stesso si può dire per i negozi, supermercati, siamo quasi arrivati in fondo alla lista…purtroppo non abbiamo trovato ancora niente…”
Ben guardava con apprensione Semir, ma lo sguardò del suo collega era emblematico: Livyana  non era stata ancora trovata.

Intanto in una specie di cripta Livyana stava cercando di aprire il lucchetto che teneva chiuso il cancelletto dove era tenuta prigioniera.
Aveva trovato in un angolo un piccolo oggetto appuntito e con quello cominciò ad armeggiare disperatamente.
Quando ormai stava per desistere le venne in mente il suo amico Ben.
Durante le sue lezioni di chitarra spesso la bambina sbuffava quando non riusciva a fare in modo perfetto alcuni accordi, ma Ben la incoraggiava.
Il giovane spesso le ripeteva che non bisogna mai darsi per vinti anche quando tutto e tutti sono contro di te.
Livyana un giorno gli  rispose a tono dicendogli che con le sue piccole manine era pressoché impossibile eseguire in modo perfetto un Sol maggiore o un Sol7, ma lui replicò che ‘Chi dice che una cosa è impossibile, non dovrebbe disturbare chi la sta facendo’.
“Vedrai” disse come se avesse Ben vicino a se “Questo stramaledetto lucchetto è come un accordo impossibile, ma io lo aprirò…” e con sommo piacere non ebbe neppure il tempo di terminare la frase che la serratura scattò aprendosi tra le sue piccole manine. 

Intanto Semir concluse la telefonata con il commissario, stava per dire qualcosa all’amico, quando il suo cellulare suonò.
“Dimmi Einstein” rispose Semir mettendo l’apparecchio in viva voce.
“Ho trovato una cosa interessante…micro particelle…insomma, vale la pena tentare…ho trovato delle spore di un fungo , che si riproduce solo vicino ad un tipo di pianta rara da queste parti…”
“Einstein per favore…” lo bloccò il piccolo ispettore.
“Okay…ascolta poco dopo l’uscita di Colonia nord c’è un vecchio edificio abbandonato. Era la residenza di una facoltosa famiglia caduta in disgrazia” cominciò a raccontare Hartmut.
Ben che osservava le espressioni di Semir che continuava ad alzare gli occhi al cielo, in un impeto di rabbia strappò letteralmente il cellulare dalle mani del socio.
“Ascolta Hartmut” disse stizzito Ben “Livyana potrebbe morire durante le tue delucidazioni, se hai qualche indizio utile sarebbe meglio saltare la lezione di storia, fisica, botanica o altro…”
“Ben calmati” lo rimproverò Semir, ma da Ben ricevette solo un’occhiataccia furiosa.
“No scusate, Ben ha ragione…dunque questo edificio ha un enorme parco, con attiguo un cimitero…”
“Un cimitero?” chiese Ben.
“Sì, una specie…comunque risultano esserci dei sotterranei con delle cripte…ho controllato la lista…non è inserito” continuò il tecnico.
“Ma perché quel posto non è nella lista, maledizione” imprecò Ben.
“Perché in teoria quel luogo con la villa, la chiesetta, la cripta,  il piccolo cimitero...insomma non dovrebbe esserci niente…tutto doveva essere demolito e l’area bonificata ancora tre anni fa, poi…sai come vanno le cose…burocrazia…”
“Vabbè dammi l’indirizzo Hartmut” incalzò Semir.
I due ispettori per tutto i tragitto non proferirono parola.
Ben dal canto suo continuava a mordicchiarsi un dito della mano, segno evidentissimo dello stato di agitazione che lo attanagliava.
Il giovane si ritrovò a pregare che quello fosse il luogo dove Asimov teneva prigioniera la piccola, e si augurava di arrivare in tempo per trovarla ancora viva.
Semir dal canto suo sperava davvero quello potesse essere il posto giusto e di trovare la piccola viva, perché di una cosa era certo, se Livyana fosse morta, Ben sarebbe morto con lei, distrutto dal dolore e dal suo senso di colpa per non essere riuscito a proteggerla.
 
Nota dell’autrice: …un altro anno è passato. Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito, recensito e incoraggiato. Grazie mille vi voglio bene. Auguro a tutti voi un felice e sereno nuovo anno…in particolare a Liviana, Elisa e alla mia preziosissima Beta , nonché carissima amica Maty.
Angolino musicale: come avrete potuto vedere, anzi leggere Bennuccio caro è ancora vivo e vegeto, ma vi avverto, nel mio ‘diabolico’ piano mancano all’appello ancora due ‘dipartite’.
Madonna ‘Secret’ (segreto)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=UBbyNfyGBjE
Le cose non sono più state le stesse Da quando sei entrato nella mia vita Hai trovato un modo per toccare la mia anima E non lascerò mai e poi mai perdere La felicità sta nelle tue mani Mi ci è voluto troppo tempo per capire Come sarebbe potuta essere Fino a quando non hai condiviso il tuo segreto con me Qualcosa sta per accadere Il mio tesoro ha un segreto Mi hai restituito il paradiso Che credevo perduto per sempre Mi hai aiutato a trovare le mie ragioni Mi ha sorpreso il fatto che tu capissi Che hai sempre saputo Ciò che non ho mai voluto dire Fino a quando ho imparato ad amare…



 

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Capitolo 15
*** Salto nel vuoto ***


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SALTO NEL VUOTO

La BMW grigia sfrecciava a velocità sostenuta e a sirene spiegate per le strade di Colonia.
All’interno Semir e Ben, dopo le ultime scoperte e considerazioni fornitegli da Hartmut si stavano dirigendo verso il luogo indicatogli dal tecnico.
L’aria che si respirava all’interno dell’abitacolo era tesa e una miriade di pensieri più o meno ottimisti passavano per le menti dei due occupanti.
Appena giunti sul luogo indicatogli da Hartmut i due ispettori scesero dall’auto.
Ben si diresse verso la cappella al centro del parco, l’unica costruzione rimasta ancora in piedi, decidendo di non prendere in considerazione l’enorme edifico ormai ridotto ad un rudere.
Il giovane ispettore entrò nella chiesetta facendosi luce con la torcia elettrica e pochi istanti dopo lo raggiunse anche Semir che si era attardato per fare un piccolo giro di perlustrazione attorno alla cappella.
Dopo una rapida occhiata in giro i due poliziotti si diressero verso i pochi gradini che conducevano alla cripta, che a sua volta era l’entrata di un altro lugubre posto.
I due amici si ritrovarono in mezzo ad un lungo cunicolo, Ben andò da una parte mentre Semir si diresse dall’altra parte.
Pochi istanti dopo Semir ritornò sui suoi passi per raggiungere il collega che era entrato in una specie di cella.
 Il cancelletto d’entrata era aperto e per terra c’era un lucchetto aperto.
“Troppo lucido per essere qui da tanto tempo” pensò tra sé entrando.
Semir si avvicinò al suo socio “Ben, da quella parte non ci sono stanze…”  il piccolo turco si bloccò a metà frase, Ben aveva in viso un’espressione come se avesse visto un fantasma.
Il ragazzo aveva la bocca socchiusa, gli occhi spalancati e Semir non seppe dire se era per la paura o per lo stupore.
Lo sguardo del poliziotto più anziano si posò sulle pareti illuminate dalla luce delle torce elettriche.
“Cosa sono quelle scritte e quelle lettere …e quei segni…sembrano…delle piccole grate disegnate…” il piccolo turco fu interrotto da Ben.
“Accordi Semir…sono accordi e quelle frasi…è il testo di ‘Almost you’…si è disegnata una chitarra virtuale …mio Dio…dove sarà ora?” disse con un filo di voce rotta dall’emozione.
Mentre Ben era a dir poco incantato a guardare i muri di quell’angusta stanza, Semir si guardò un po’ attorno.
Se la ragione aveva ‘momentaneamente’ abbandonato Ben, lui doveva usarla  per entrambi e in fretta.
Il suo istinto, mischiato a una buona dose di ottimismo gli diceva che la bambina era ancora là.
Bastava solo trovarla…
“Ben …” richiamò l’attenzione Semir “Guarda per terra…ci sono delle tracce sulla polvere…con un po’ di fantasia…potrebbero essere piccole impronte…dai proviamo a seguirle…” e come un segugio proseguì lungo il corridoio.
“Dai Ben, muoviti” Semir era sempre più fiducioso.
 “Sem…” cercò di dire Ben, ma Semir lo bloccò con un rapido gesto.
“Shhhh…Ascolta, sembrano dei scricchiolii…”
Semir estrasse la pistola e piano fece scattare la sicura, lo stesso fece Ben, le precauzioni non erano mai troppe.
Pochi istanti dopo un forte boato fece sobbalzare i due ispettori, subito dopo si sentì una voce di bambina che chiedeva disperatamente aiuto.
“Livyana!!!”urlò Ben richiamato dalle urla “E’ lei ne sono sicuro”
“Aiuto!!!” si sentì in lontananza urlare ancora.
I due poliziotti percorsero di corsa il corridoio poi davanti a loro si aprì una specie di caverna e fu allora che Ben la vide.

La bambina era a qualche metro da lui.
A separarli un’enorme voragine.
“Livyana, sono qui” le urlò.
“Ben non riesco a muovermi, ho una gamba incastrata sotto una trave…” urlò disperata la piccola.
“Arrivo…” poi tra sé pensò “Sì, ma come?”
Il posto dove erano arrivati sembrava uscito da un film d’avventura.
Alla fine del corridoio i due si erano ritrovati come in una specie di grotta sotterranea, dall’altro filtrava un po’ di luce e in lontananza si sentiva un rumore come se si fosse in presenza di un piccolo fiumiciattolo sotterraneo.
Sopra le loro teste c’erano delle enormi travi di legno messe lì da qualcuno per puntellare la volta della caverna.
I due poliziotti constatarono che parte del terreno aveva ceduto al passaggio di Livyana e alcune travi del soffitto erano crollate aprendo una voragine, sembrava che il sotterraneo fosse stato costruito sopra ad antiche grotte.
“Ben se andiamo verso di lei, il terreno è molto cedevole…rischiamo di cadere nella voragine…”
“Sì, ma se non la raggiungiamo…lo vedo anche io che qui a momenti può crollare tutto, ma non voglio vedermela morire sotto gli occhi, non adesso che l’ho trovata”
Ben si guardò attorno disperato  doveva trovare una soluzione e anche piuttosto velocemente.
Il ragazzo alzò gli occhi verso l’alto e studiò a fondo le vecchie travi che attraversavano il soffitto. Senza pensarci troppo si sfilò la cintura, altrettanto fece Semir e subodorando cosa voleva fare il collega ripercorse il corridoio tornando pochi istanti dopo con un pezzo di corda in mano che aveva visto all’entrata della piccola cripta.
“Tu sei pazzo, Ben …” riuscì solo a dire Semir consegnandogli la corda.
Ben legò tra loro le due cinture e la corda, se l’arrotolò nella mano come si farebbe con una frusta.
“E’ una pazzia Ben , te ne rendi conto vero?” disse serio Semir, ma negl’occhi di Ben il piccolo ispettore vide pura determinazione, non paura.
“Ben” continuò Semir “Mica vorrai fare come Luke Skywalker in Guerre Stellari? Se quella trave lassù non regge il tuo peso…” ma non ebbe il coraggio di finire la frase.
“Semir vedi un’altra soluzione per arrivare a Livyana? E comunque mi vedo più come Indiana Jones…guarda ho pure la sua mitica frusta…mi manca solo il cappello”
Semir giudicò quella battuta inopportuna e fuori luogo vista la drammaticità della situazione, ma sapeva che quello era anche il modo che aveva Ben per farsi coraggio.
“Sei un pazzo incosciente” pensò tra sé il piccolo ispettore, mentre assisteva ai preparativi del giovane socio, ma poi pensandoci bene si ricredette.
Se al posto di Livyana ci fosse stata Aida, Lily o Andrea, lui avrebbe fatto la stessa identica cosa.
Ben tirò indietro il braccio e come avrebbe fatto Indiana Jones la fece srotolare in aria in direzione della trave.
La frusta di fortuna mancò la trave.
“Maledizione” imprecò Ben, ma non si diede per vinto, riarrotolò la cintura e ripeté l’operazione, sempre sotto lo sguardo vigile di Semir.
Al secondo tentativo la frusta si arrotolò sulla trave.
“Perfetto Indy!” si complimentò Semir.
Un sorriso compiaciuto apparve sul volto del ragazzo.
Ben diede un leggero strattone poi fece qualche passo indietro, trasse un respiro profondo e poi  prese la rincorsa e saltò al di là della voragine.
Semir seguì la scena in apnea.
Purtroppo la trave deteriorata dal tempo dove Ben aveva ancorato le cinture cedette sotto il  peso del ragazzo e cadde nel vuoto.
Il giovane ispettore riuscì comunque ad atterrare pochi istanti prima che la trave lo travolgesse coi piedi sull’orlo della voragine, ma il terreno sottostante franò e Ben precipitò verso la voragine.
“No…Ben!!!” urlò disperato Semir e il giovane sparì dalla sua vista.
Fortunatamente nella caduta Ben riuscì ad aggrapparsi con una mano ad uno spuntone di roccia ritrovandosi con il corpo sospeso nel vuoto.
Calcinacci e detriti gli caddero addosso, ma il ragazzo non mollò la presa.
“BEN!!!” urlò ancora più forte Semir che, tra il polverone che si era alzato, non vide più la sagoma del collega.
“Sì…sono qui…” rispose tossendo il giovane e con cautela cercò di risalire verso la superfice della voragine.
“Benedetto ragazzo” sospirò tra sé Semir “Mi farai morire di crepacuore un giorno o l’altro”
Con l’altra mano Ben trovò un altro appiglio e sfruttando le sue doti atletiche e la sua passione per le arrampicate sulle pareti rocciose si issò verso l’apertura della voragine.
Verso la salvezza.
Verso Livyana.

“Ben…” gridò la bambina terrorizzata “Ben ho tanta paura...”
“Livy non devi aver paura” la rassicurò Ben mentre si arrampicava  “Sto arrivando”
”Ben ho tanto male alla gamba…mi fa male…e ho tanta paura…” cominciò a piangere la bambina.
“Livy, ascoltami… chiudi gli occhi fra un po’ sarò lì da te” Ben contemporaneamente le parlava e piano si arrampicava,  ostentando una calma incredibile e tutto questo accadeva sotto lo sguardo vigile, attento e preoccupato di Semir.
“Livy” le disse ancora incoraggiandola Ben “Pensa…pensa ad una canzone che ti piace e cantala…chiudi gli occhi e concentrati sulle parole, vedrai …la paura ti passerà…”
Ben risalì finalmente in superfice, e gli si strinse il cuore nel sentire che Livyana era come gli aveva chiesto lui.
La piccola cercava di non piangere, aveva gli occhi chiusi, i pugni fissi come i bambini molto piccoli e ancora una volta stava cantando ‘Almost you’.
“Sono qui piccola, non temere” le disse avvicinandosi al corpicino e accarezzandole il viso. E alla vista del suo amico la piccola scoppiò a piangere di nuovo.
“Ben…sapevo che saresti venuto a salvarmi” gli disse singhiozzando, asciugandosi le lacrime col dorso della mano e tirando su col naso.
“Ragazzi muovetevi…a dopo le smancerie…” gridò Semir dall’altra parte della voragine “Qui sta per crollare tutto…”
“Ascolta, adesso sollevo la trave, ti farò un po’ male…ma tu cerca di venire fuori da lì sotto, al mio tre, okay?”
La piccola annuì e ognuno si perse negl’occhi dell’altro.
Ben si inginocchiò, contò fino a tre poi con uno sforzo sovraumano alzò la trave con le braccia aiutandosi anche con una spalla. Purtroppo la piccola cacciò un urlo di dolore e quasi nello stesso istante svenne.
“Mio Dio, Livy no…” gridò a sua volta Ben.
“Ben, che succede?” urlò Semir dall’altra parte, ma Ben non lo sentì.
Fece appello a tutte le forze alzò di nuovo la trave tenendola alzata con un braccio e la spalla, mentre con l’altra mano prese quello della piccola portandola verso di sé. Riuscì ad alzare la trave quel tanto che bastava per sfilarle la gamba.
Poi esausto lasciò cadere la trave.

Semir che dall’altro lato aveva assistito a tutta la scena trasse un sbuffo di sollievo, ma alzando gli occhi verso l’alto il cuore gli si fermò per un secondo.
“Ben” urlò “Dovete sbrigarvi…il soffitto sopra di voi sta crollando”
Il giovane d’istinto alzò gli occhi verso l’alto.
Calcinacci cominciavano a cadere, velocemente, ma con molta cautela prese in braccio la bambina priva di sensi.
Purtroppo questa volta non aveva nessun appiglio, nessuna corda, nessun mezzo per saltare dall’altra parte aveva solo le sue forze a disposizione e Livyana svenuta in braccio.
Doveva giocarsi il tutto per tutto.
L’unica forza che aveva era quella della disperazione.
Ben si alzò, diede un bacio in fronte alla bambina, poi guardò il suo migliore amico.
Semir dall’altra parte non osò dire nulla, sapeva già cosa avrebbe fatto Ben. Mentalmente e con un leggero cenno del capo gli  augurò con tutto il cuore che tutto andasse per il verso giusto.
Il giovane poi prese la rincorsa e con la piccola in braccio saltò verso l’altra parte della voragine.

Angolino musicale: Bene direi che una nota positiva in questo capitolo c’è…Livyana è stata ritrovata dai nostri due eroi. Come sempre un ringraziamento speciale va a Maty, Furia e Claddaghring , a tutti i lettori …e augurandovi ancora una volta un Buon 2016 vi lascio la colonna sonora: Adele ‘Skyfall’ (Lascia che il cielo cada)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=q-gLRp5bSpw
 
Questa è la fine Trattieni il respiro e conta fino a dieci Sentiti la terra tremare sotto i piedi e poi Ascolta il mio cuore scoppiare di nuovo Perché questa è la fine Sono annegata e ho sognato questo momento… Lascia che il cielo cada, quando si sbriciola Noi staremo proprio qui a testa alta O lo affronteremo assieme quando il cielo cadrà
Cominceremo proprio quando cadrà il cielo Dove vai tu vengo anche io Quello che vedi tu lo vedo anche io So che non sarò mai me stessa, senza la sicurezza delle tue braccia affettuose che mi tengono lontana dal male metti la tua mano nella mia mano
e resteremo in piedi



 

 

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Capitolo 16
*** Una lunga ed estenuante attesa ***


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Una lunga ed estenuante attesa

Ancora una volta Semir assistette alla prodezza del suo giovane amico in apnea, ma questa volta appena Ben atterrò sull’orlo della voragine lesto come un cobra Semir prese per un braccio il ragazzo e lo allontanò dal bordo del baratro tirandolo verso di sé.
Tutti e tre caddero a terra, prima Semir, che si ritrovò sopra Livyana e Ben.
Il giovane ispettore si alzò velocemente, con la paura di aver fatto seppur involontariamente del male alla bambina cadendole sopra.
Si alzò anche Semir che di fatto si ritrovò la bimba tra le braccia.
La piccola respirava in modo all’apparenza regolare, ma aveva una profonda ferita ad un polpaccio.
Senza pensarci tanto Ben si sfilò la camicia ne strappò un lembo e le fasciò la gamba. Semir notò che il collega rimasto con la sola canottiera aveva anche lui una profonda ferita dietro ad una spalla, ma sembrava che Ben non sentisse nulla, eppure, di questo Semir ne era sicuro, il dolore doveva essere forte anche per lui.
“Ecco ora portiamola fuori…” disse compito Ben alzandosi con la bimba in braccio, quando fu bloccato da Semir.
“Lasciala a me socio…” disse con tono quasi paterno Semir “Sei stato bravo e coraggioso, ma adesso lasciati, anzi lasciatevi aiutare” e dopo essersi tolto anche lui la camicia la porse al ragazzo “E fasciati quella ferita” disse indicandogli la spalla “Stai sanguinando e parecchio”
Ben non disse nulla, ma i suoi occhi erano pieni di gratitudine.
I due ispettori si avviarono verso l’uscita, nessuno percorrendo il corridoio ebbe il coraggio di dire niente.
Ogni tanto quando il terreno sdrucciolevole lo consentiva e la fioca luce della torcia elettrica lo permetteva Semir guardava Ben, aveva gli occhi letteralmente incollati al corpicino di Livyana.
Dolcezza, tenerezza e preoccupazione…queste erano le sensazioni che provava Semir per il suo socio e sicuramente questi erano gli stessi sentimenti che aveva Ben verso la piccola.
Finalmente i due poliziotti uscirono da quell’angusto posto.
Il sole era alto nel cielo e la luce abbagliante accecò per un attimo la vista ai due uomini.
Semir prese le chiavi della macchina, e Ben salendo nell’abitacolo nel lato passeggero prese in braccio la piccola.
Poi si diressero a sirene spiegate verso l’ospedale di Colonia.
Durante il tragitto Semir avvisò il comando del ritrovamento di Livyana e tutti al distretto tirarono un sospiro di sollievo.
“Ottimo lavoro signori” si complimentò il commissario Kruger, e sul volto di Semir comparve un sorriso.
Voltandosi però notò che il suo socio era molto preoccupato da non distogliere nemmeno per un attimo il suo sguardo dal corpicino di Livyana.

Giunti all’ospedale Ben scese dalla BMW e consegnò la piccola alle amorevoli cure del personale medico che era stato avvisato del loro imminente arrivo.
La piccola venne adagiata su di una barella e portata velocemente verso la sala operatoria, seguita a ruota dai due ispettori, che poi furono fatti gentilmente accomodare in sala d’attesa.
Semir si sedette su una sedia mentre il suo socio rimase in mezzo al corridoio davanti ad una porta.
Dietro a quella porta i medici si stavano prendendo cura di Livyana.
“Ben…” disse Semir avvicinandosi “Dovresti farti vedere quella brutta ferita alla spalla…”
“Spero che non sia nulla di grave…la ferita è profonda…e poi…quando saprà dei suoi genitori …” rispose come in trance Ben.
“Livyana guarirà, non è grave, vedrai…ora andiamo…qui non possiamo fare altro e tu devi farti mettere alcuni punti sulla spalla” e lo prese per un braccio.
Seppur riluttante il giovane seguì il suo collega, non aveva la forza di ribattere e si sentiva stanco.
Tutte le forze che prima credeva di avere lo avevano definitivamente abbandonato e quindi sorretto moralmente dal suo socio si avviò verso il Pronto Soccorso dell’ospedale.

Ormai era pomeriggio inoltrato e Semir era in ufficio a compilare il rapporto sull’operazione appena conclusa.
Ogni tanto quando scriveva il nome del suo socio si bloccava; conosceva diverse sfaccettature del carattere di Ben, ma questa volta ne aveva conosciuta una nuova.
Il ragazzo aveva sempre avuto un certa affinità con i bambini e le sue figlie ne erano una conferma, con loro era sempre dolce, premuroso e ogni desiderio delle piccole per lui era quasi un ordine.
Inoltre e questo lo sapeva già, per gli amici lui avrebbe messo a repentaglio se non sacrificato la sua stessa vita.
Per liberare e salvare Livyana Ben era diventato addirittura ‘spietato’ non trovava un termine che potesse essere più calzante.
Aveva messo in scacco i servizi segreti, fregandosene delle conseguenze ed aveva rischiato sanzioni disciplinari rispondendo in maniera non appropriata al commissario Kruger.
“Gerkhan, perché non va a casa? Il rapporto lo scriverà domani, vada a riposare, torni dalla sua famiglia” disse Kim Kruger comparendo sulla soglia dell’ufficio alle spalle di Semir e di fatto distogliendolo da quei strani pensieri e riportando alla realtà.
“Resto ancora un po’ commissario, tanto ho quasi finito e poi non penso che riuscirei a rilassarmi…” rispose il piccolo ispettore.
“Ho appena concluso una conversazione telefonica coi servizi segreti. Hanno escluso che nella squadra della SEC intervenuta in nostro aiuto sul ponte di Hohenzollern  ci fossero dei loro agenti, ma sappiamo benissimo che anche se fosse vero…non c’è lo direbbero mai. Comunque mi hanno appena informato che la bambina non verrà rimpatriata in Russia, lei risulta cittadina tedesca verrà data in affido al suo collega Jager, questo in accordo anche con i servizi sociali”
“Ah però…” replicò Semir anche se la cosa non gli sembrava poi così strana.
“Ha notizie dall’ospedale? Come sta la piccola? E il suo collega?” chiese poi entrando e andandosi a sedere alla scrivania di Ben.
“Ben non mi ha ancora chiamato, ma so che sta bene, si è ferito durante il nostro…rocambolesco salvataggio, gli hanno dato qualche punto, tornerà come prima. E la piccola…beh penso che anche lei tutto sommato stia bene, anche se quando saprà che i suoi genitori sono morti…” poi cercando di trovare le parole più appropriate “Commissario ecco io…so che Ben sa essere impulsivo, è giovane e …” ma la Kruger lo bloccò.
“Il suo collega a volte dovrebbe capire che ci sono delle regole da rispettare. Posso capire che in questo periodo e per come si sono svolte le cose si sia sentito arrabbiato, ferito nell’animo, e perché no stanco di essere continuamente messo alla prova da eventi…come dire personali…” replicò seria.
“Ben conosce benissimo le regole e sono sicuro che si è reso conto …” ma di nuovo il commissario lo interruppe.
“Per questa volta non avvierò nessun tipo di procedimento disciplinare a suo carico, Jager aveva a cuore le sorti della bambina, e tutti sappiamo come si trasforma quando uno della famiglia è nei guai giusto? Stia tranquillo, non dovrà cercarsi un altro collega e non dividerò la coppia d’oro dell’autostradale, ma è bene che lei dica al suo partner che non gli concederò un’altra possibilità. Ripeto e come lo dico per il suo collega voglio che lo tenga a mente anche lei, ci sono delle regole e devono essere rispettate, sempre. Comunque appena rientrerà una bella lavata di capo non gliela leva nessuno”
Semir non osò replicare.
Il commissario si alzò, salutò Semir ed uscì dall’ufficio per far rientro a casa.
“Ti è andata bene socio” disse Semir rivolto alla sedia vuota che aveva di fronte e pochi istanti dopo il suo cellulare suonò: tempismo perfetto era Ben.

“Ciao socio” esordì il piccolo ispettore “Come stai? Anzi come state tu e la piccola?”
“Io sto bene e la piccola è qui accanto a me che sta dormendo…sono nella sua stanza, non voglio che si svegli e si ritrovi da sola, ne ha passate parecchie, non voglio …” il ragazzo non concluse la frase, sentiva che si stava emozionando e Semir non fece domande capendo benissimo lo stato d’animo del suo socio.
“Senti, lo sai che rischi di restare senza partner vero” continuò Ben cambiando decisamente discorso “La Kruger questo giro me la farà pagare, sono dispiaciuto nel modo in cui mi sono comportato con lei…domani cercherò di venire in ufficio, devo assolutamente chiederle scusa in qualche modo…” disse malinconico.
“Ho appena parlato con il commissario, non penso che avvierà sanzioni disciplinari nei tuoi confronti, in fondo sa che se hai agito così è perché eri molto coinvolto, una cosa è certa… ti lascerò solo, e sottolineo solo, quando si abbatterà su di te la sua ‘ira funesta’ e sai non penso che abbia tutti i torti…” e lasciò volutamente cadere il discorso.
“Vabbè dai in fondo me la sono andata a cercare, dovrei imparare ad essere meno impulsivo, ma sai come sono…prendere o lasciare… arrivato alla mia età …non penso di poter cambiare ora che mi sto avvicinando agli ‘anta’ ”
“Mi fai paura quando dici cose sagge…” lo canzonò Semir.
Ben non rispose alla provocazione, ma chiese al suo socio: “Senti sei a casa?” 
“No sto scrivendo il rapporto, ma fra poco me ne andrò via”
“Semir?”
“Sì?”
“Grazie, senza di te non ce l’avrei mai fatta, insieme siamo eccezionali…e se sono ancora vivo…ti devo la vita socio, ancora una volta” disse tutto d’un fiato Ben, sapeva che si stava emozionando.
“Tranquillo socio, ci sentiamo domani…Ah comunque mi devi una cintura in pelle e una camicia” sdrammatizzò Semir sentendo una leggera incrinatura nella voce dell’amico.
“Te ne comprerò più di una…promesso” e il giovane poliziotto chiuse la comunicazione, in attesa che la sua piccola amica si svegliasse.
Si preparò quindi ad una lunga ed estenuante attesa.

Angolino musicale: Ben che veglia la piccola mi ha ispirato una canzone oserei dire d’altri tempi, ma a volte ‘Smielilde’ prende il sopravvento su ‘Grimilde’. A proposito vi anticipo già che il prossimo (chilometrico) capitolo conterrà il ‘famigerato’ prologo…preparate i fazzoletti…Dunque ritornando a noi, non so quanti di voi abbiano visto la versione originale del Mago di Oz, ma tra le stupende canzoni c’è questa cantata da Judy Garland, ’Somewhere over the rainbow (Da Qualche Parte Sopra L'arcobaleno)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=PSZxmZmBfnU
Da qualche parte sopra l'arcobaleno proprio lassù, ci sono i sogni che hai fatto una volta durante la ninna nanna, da qualche parte sopra l'arcobaleno volano uccelli blu e i sogni che hai fatto, i sogni diventano davvero realtà un giorno esprimerò un desiderio, su una stella cadente mi sveglierò quando le nuvole saranno lontane dietro di me, dove i problemi si fondono come gocce di limone lassù in alto, sulle cime dei camini è proprio lì che mi troverai da qualche parte sopra l'arcobaleno volano uccelli blu e i sogni che hai osato fare, oh perché, perché non posso io? …
 

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Capitolo 17
*** Addio ad un angelo ***


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Addio ad un angelo

Ben ripose sopra il comodino il cellulare, accanto alla pistola d’ordinanza, poi guardò la piccola che stava dormendo pacifica nel letto.
Era pomeriggio inoltrato, Livyana fisicamente stava abbastanza bene e la ferita che aveva al polpaccio era meno grave del previsto.
Ma quello che più lo preoccupava e spaventava era ben altro, la terribile verità che avrebbe appreso dopo essersi svegliata.
Sicuramente la prima cosa che avrebbe chiesto e come logico pensare qualsiasi bambino lo avrebbe fatto , sarebbe stato chiedergli dei suoi genitori.
Ben la guardò ancora una volta con tenerezza, lui aveva perso la madre quando era ancora piccolo, ma Livyana aveva perso entrambi i genitori, lui almeno aveva avuto il conforto del padre, una sorella con cui condividere quel triste momento, Livyana invece non aveva più nessuno.
Con il cuore in tumulto tornò al suo lavoro.
In fondo anche lui aveva bisogno di distrarsi un po’ da quell’orribile pensiero e dai terribili giorni che aveva passato alla disperata ricerca di Livyana.
Il ragazzo aveva chiesto ad un’infermiera se poteva portagli qualche foglio di carta ed una penna, in questo modo avrebbe ingannato l’attesa scrivendo il testo di una canzone che, dopo il ritrovamento di Livyana aveva cominciato a frullargli per la testa.
Scrisse per tutto il pomeriggio e buona parte della notte; le parole uscivano fluenti e chiedevano solo di essere messe su carta e poi, quando fosse tornato a casa, in musica.

Ormai stava albeggiando Ben era riuscito a dormire qualche ora sulla poltrona vicino al letto della piccola.
Livyana invece si era svegliata durante la notte, ma vedendo Ben che dormiva accanto a lei non aveva avuto il coraggio di svegliarlo; dopo un po’ riprese a dormire, sicura che nessuno l’avrebbe più allontanata da lui.
Erano quasi le cinque Ben si era svegliato, aveva ripreso a scrivere, non prima di aver sistemato le coperte alla piccola che durante la notte si era scoperta.
Era così assorto nel suo lavoro che non si accorse che la bimba aveva aperto gli occhi e come sempre lo stava guardando con tenerezza e ammirazione.
Livyana osservava il suo giovane amico, lo vide canticchiare tra sé e sé e battere impercettibilmente il piede.
Mentalmente si chiese cosa stesse facendo, quindi decise di attirare la sua attenzione.
“Ciao Ben…” il suo fu quasi un sussurro.
“Ehi, ciao piccola, come ti senti?” rispose Ben, smettendo di scrivere e sorridendole.
“Bene…e tu?” rispose stropicciandosi gli occhi con le piccole manine.
“Anche io” replicò il giovane poggiando i fogli sopra il letto.
“Per favore Ben, mi aiuti a sedermi sul letto? E dimmi…mamma e papà? Perché non sono qui?” chiese aggrottando la fronte.
“Ecco ci siamo…” pensò tra sé il giovane.
Ben ebbe un tuffo al cuore la sua espressione cambiò repentinamente, la piccola colse subito il cambiamento.
“Ben cos’è quella faccia?” poi non avendo subito risposta incalzò il giovane amico “Ben per favore…è successo qualcosa? E’ successo qualcosa alla mia mamma? Al mio papà? Ben…rispondimi…” disse appena fu seduta sul letto con la schiena appoggiata a due enormi cuscini.
Tra loro si era creata una specie d’empatia, e per il poliziotto fu difficile nasconderle la verità.
Ben avrebbe voluto essere ovunque, ma non lì.

Molte volte il suo lavoro lo costringeva a recarsi dai parenti delle vittime dell’autostrada e comunicare loro che qualcuno non avrebbe più fatto ritorno e ogni volta per lui era un’autentica tortura.
Comunicare poi ad una bambina e soprattutto a Livyana che non avrebbe più rivisto i genitori…
La piccola vedendo che Ben se ne restava zitto continuò:
“L’uomo che mi ha rapito, ha detto delle cose strane…ha detto che papà e mamma  erano delle spie, che mi avrebbe separato da loro, ha detto che li avrebbe uccisi. Mi diceva queste cose perché gli piaceva vedermi piangere, ma io non l’ho mai fatto, tu non avresti voluto, volevo essere coraggiosa e forte…come te…però avevo tanta paura…”
Ben prese la manina della piccola tra le sue.
“Sei stata una bambina coraggiosa…” Ben non continuò la frase, non ne aveva nemmeno la forza.
Purtroppo la piccola capì subito la terribile verità.
“Non li rivedrò mai più vero? Ben ti prego dimmi la verità, tanto la verrò a sapere comunque…” proseguì la piccola e i suoi occhi divennero lucidi.
Ben aveva sempre ritenuto Livyana una bambina sveglia, cambiare discorso o rinviarlo, non sarebbe servito a niente e aspettare i servizi sociali…non avrebbe migliorato la drammatica situazione.
Pensò che se almeno a dirglielo fosse stato lui forse la piccola avrebbe affrontato la cosa meglio, potesse soffrire meno, anche se lui era il primo a non esserne convinto.
Cercò le parole e il tono più adatti, ma negli occhi della piccola Ben capì subito che sapeva già cosa stava per dirle.
“Purtroppo è così piccola, mi dispiace tanto, non sono riuscito a salvarli, ho fatto tutto ciò che mi era possibile…e non me lo perdonerò mai…” e Ben la strinse tra le sue braccia, il suo visino appoggiato al suo petto.
La piccola cercò di reprimere le lacrime, ma poi scoppiò in un pianto disperato.
Ben la lasciò sfogare diversi minuti, sentiva le lacrime che copiose scendevano bagnandogli la maglietta.
“Ascolta Livyana” disse dolce Ben “Sono sicuro che i tuoi genitori non vorrebbero vederti triste, vorrebbero che tu fossi forte, coraggiosa…”
“Ben…ho paura…non so se sarò capace di…mamma…papà…senza di loro…” e singhiozzando strinse Ben ancora più forte.
Ben gli si strinse il cuore nell’assistere a quella scena, poi cercò le parole più adatte per poterla rassicurare e consolare almeno un po’.
“Livyana” le disse dopo qualche minuto “Lo so che io non potrò mai sostituire la tua mamma o il tuo papà…ma ti prometto che mi prenderò cura di te, con me non sarai mai sola”
La piccola alzò il viso e incrociò gli occhi tristi di Ben.
 Il suo amico non voleva vederla triste, quindi si asciugò alla meno peggio il viso rigato dalle lacrime. Ben le diede un fazzoletto e un bicchiere d’acqua.
Livyana cercò di sorridergli, ma era così difficile, specie avendo davanti a lei il volto triste di Ben.
Ma Livyana non voleva vederlo triste. E aveva mentalmente promesso ai suoi genitori che sarebbe stata forte, coraggiosa…
Poi spostando lo sguardo sui fogli che Ben aveva appoggiato sul letto domandò:
 “Che stavi facendo?” domandò indicando i fogli.
Ben assecondò la piccola.
Sapeva che lo stava facendo per non pensare ai genitori che non avrebbe più rivisto, un modo suo per combattere il dolore, o per lo meno accantonarlo momentaneamente.
“Sto scrivendo una nuova canzone, ma questa volta la scrivo in tedesco…così poi possiamo suonarla e cantarla assieme”
“Che bello, e come si intitola? Di che parla?” si interessò la piccola.
“Beh il titolo provvisorio che ho messo è ‘fort von heir’, mi piacerebbe che suonasse un po’…”
Ben cercava le parole giuste, non voleva dirle bugie, ma nemmeno farle ritornare in mente che le era stato appena detto che i suoi genitori erano morti.
“Ecco parla di quando hai una persona accanto a cui tieni molto, il dove sei, o meglio il posto dove ti trovi con quella persona non conta, ciò che conta è la persona…che giri di parole vero?” concluse Ben.
“Sì è vero detta così sembra complicato…però è una cosa bella, mi piace e poi a volte è vero, ad esempio questo posto è meno brutto dal momento che ci sei tu qui con me…”
E a quelle parole Ben si trovò spiazzato.
I due continuarono a parlare ancora un po’di musica e canzoni, poi Livyana venne  visitata da un dottore e le venne portata la colazione.
Nel frattempo Ben nel corridoio, stava mettendo al corrente la dottoressa Elise Kladden, la psicologa che avrebbe seguito Livyana.
 
Erano le otto di mattina quando al Ministero della Difesa il vicedirettore Guillaume uscì dall’ufficio del direttore dei servizi segreti e quasi si scontrò con la segretaria Tanja che era appena entrata nell’anticamera dell’ ufficio per cominciare un’altra giornata di lavoro.
“Vicedirettore ” chiese stupita la segretaria vedendolo a quell’ora così inusuale tenuto conto che prima delle nove in ufficio non si presentava mai.
 “Ma lei non dovrebbe essere alla riunione con i membri della sicurezza nazionale insieme al direttore Koller?”
“Ci sto andando, Tanja, dovevo prendere dei fascicoli importanti che il direttore ha dimenticato" e velocemente uscì  dalla vista della segretaria che lo guardò andar via stupita.
Tanja conosceva a fondo il direttore Koller, era al suo servizio da parecchi anni e mai e poi mai si sarebbe dimenticato documenti o altro dovendo presenziare qualche importante riunione.
Koller era troppo preciso nelle sue cose , se non maniacale.
Nello stesso istante le venne in mente lo sguardo del giovane ispettore dell’autostradale, quando venne a colloquio coi suoi superiori.
Rammentava lo sguardo duro e severo che aveva, si ritrovò a pensare che tra il poliziotto e i suoi capi non scorresse buon sangue, al giovane non piaceva soprattutto il vicedirettore Guillaume.
Poi come se qualcuno dietro di lei le avesse dato una spinta la segretaria si alzò dalla sedia e senza bussare entrò nell’ufficio del direttore Koller.
Un brutto presentimento si fece strada in lei.
Infatti la scena che le si presentò le fece mancare alcuni battiti del cuore.
Dietro l’enorme scrivania riverso a terra in una pozza di sangue  c’era il direttore Koller.
La segretaria non urlò, mostrò un notevole sangue freddo e si avvicinò al corpo dell’uomo.
“Ja…ger …perico…Guillaume … deve…ferma…” balbettò Koller alla vista della segretaria.
“Direttore resista ora chiamo i soccorsi…” e cercò di alzarsi per prendere il telefono sopra la scrivania, ma l’uomo con le poche forze che gli erano rimaste prese per un braccio la segretaria.
“Jager …ragaz…sono…perico…” ma spirò prima di finire la frase.
“Direttore…direttore…” chiamò purtroppo non ricevendo risposta.
Mille domande in pochi istanti cominciavano a frullarle per la testa, cosa aveva voluto dirle Koller? L’ispettore Jager era pericoloso? No impossibile…poi una folgorazione…l’ispettore Jager ERA in pericolo!
La segretaria si alzò, prese subito il telefono e avvertì immediatamente la sicurezza.
“Centrale operativa…” ma la ragazza bruscamente interruppe l’agente di guardia.
“Sono Tanja Marcus, ufficio del direttore Koller” e raccontò all’uomo quello che era appena accaduto nell’ufficio del direttore.
Purtroppo quando informò l’agente che aveva il forte sospetto che ad uccidere Koller fosse stato il vicedirettore Guillaume l’uomo la mise al corrente che questi era appena uscito dall’edificio.
Senza farsi prendere dal panico e dimostrando nuovamente nervi saldi , Tanja chiese all’agente di metterla subito in comunicazione con il distretto della polizia autostradale.
 
Passarono dei momenti a dir poco concitati.
Susanne messa al corrente dei fatti appena accaduti al ministero da Tanja Marcus chiamò immediatamente il commissario Kruger che era appena arrivato in ufficio.
Kim non perse tempo e informata dalla segretaria, chiamò subito Semir che era di pattuglia per le autostrade di Colonia.
Appena Semir venne a conoscenza dell’omicidio di Koller e dei forti sospetti che aveva Tanja Marcus nei confronti del vicedirettore Guillaume, azionò sirene e lampeggianti.
Inserì con uno scatto deciso la marcia dirigendosi verso l’ospedale di Colonia a folle velocità.
Durante il tragitto telefonò al suo socio, ma Ben si era appena alzato per andare in bagno ed aveva lasciato il cellulare, silenzioso, sopra al comodino presente nella stanza di Livyana.
Semir sempre più in apprensione per le sorti di Ben e della piccola chiamò il centralino dell’ospedale , ma anche lì dopo molti squilli nessuno rispose…e il panico s’ impadronì di lui.
Immediatamente richiamò la sede della CID e almeno lì rispose subito l’efficiente segretaria.
“Susanne, Ben non mi risponde e il centralino dell’ospedale …sembra non ci sia nessuno, com’è possibile?”
“Aspetta un secondo” e Semir sentì il frenetico picchiettare delle dita sulla tastiera.
“Semir” disse la segretaria riprendendo la conversazione “”E’ scattato l’allarme antincendio all’ospedale…”
“Mapporca miseria…fra poco dovrei essere là…” poi il suo istinto gli suggerì un’inquietante sospetto “E’ un diversivo, ci scommetto il distintivo…se la Marcus ha ragione…Guillaume vorrà arrivare a Ben e alla bambina”
“Cerco di avvisare la sicurezza…o perlomeno cerco un contatto…dobbiamo avvisarlo…” intervenne nella conversazione il commissario “Gerkhan lei corra subito da Ben e dalla bambina…l’omicidio di Koller…se la sua segretaria ha detto che le sembra che prima di morire abbia menzionato Guillaume…non possiamo correre rischi…”
“Mi sto già precipitando, spero di arrivare in tempo…” disse un preoccupatissimo Semir.
Semir guidava come se fosse su un autodromo, superando e procedendo a zig zag per superare le varie auto che gli si paravano davanti.
L’esperienza e la fortuna furono dalla sua parte,  trovò semafori verdi e passaggi a livello aperti, ma ciò nonostante l’ospedale era ancora per lui troppo lontano.
Davanti a lui si materializzò la figura del suo amico esanime con un foro di pistola alla tempia, stessa sorte aveva avuto la piccola.
Diverse volte aveva sognato il funerale del suo amico, con tanto di lapide, scritta in oro e i suoi parenti e colleghi in lacrime, non voleva che ora quel triste presagio si avverasse.
 L’ispettore scacciò dalla sua mente quell’orrenda e terrificante immagine e finalmente in lontananza cominciò a scorgere la sagoma del grande edificio ospedaliero.
 
Ben era appena andato alle toilette quando sentì suonare l’allarme antincendio. “Maledizione, neanche qui posso restare in pace” e uscendo dal bagno velocemente si lavò le mani e andò verso la stanza di Livyana.
“Ispettore” disse una giovane infermiera “E’ scattato l’allarme antincendio…pensa lei alla piccola Livyana? Intanto mi informo se dobbiamo evacuare la zona, l’ospedale è enorme e potremmo essere lontani dal pericolo…”
“Sì certo vada pure, si occupi degli altri pazienti a Livyana penso io e mi tenga aggiornato, se ha bisogno d’aiuto…non esiti a chiamarmi” e si avviò verso la stanza di Livyana.
“Ben che succede?” chiese spaventata la piccola vedendolo  entrare tutto trafelato e sentendo l’assordante sirena dell’allarme.
“Non ti preoccupare ora con calma ci prepariamo nell’eventualità che dovessimo evacuare il reparto ok? In quel caso ti porto in braccio”
Mentre il giovane poliziotto stava aiutando Livyana a scendere dal letto e a vestirsi Semir cercò di mettersi di nuovo in contatto telefonico con il socio.
Ben questa volta si accorse della chiamata dell’amico.
 ”Semir non è un buon momento, è scattato l’allarme antincendio e…”
Ma fu bruscamente interrotto da Semir “ Ben è un diversivo, Guillaume sta venendo da te e dalla bambina, vi vuole uccidere…”
 “Cosa???” Ben trasecolò.
“Fa come ti dico, poi ti spiego ora non devi perdere tempo…uscite subito di lì, vai verso l’ingresso principale…io sto arrivando…sarò lì a momenti” lo informò Semir.
“Ma Semir …sei sicuro di quello che stai dicendo?  E poi Livy è solo una bambina…non possono volerla uccidere…”
Ben era sconvolto, ma fece ciò che gli disse Semir, perché se c’era una cosa che aveva imparato a fare era quello di fidarsi ciecamente del suo socio.
Ben concluse immediatamente la telefonata e si avvicinò alla piccola che seduta sul letto e si stava vestendo.
“Vieni Livy facciamo in fretta, usciamo alla svelta…”
Ma Ben non fece a tempo a finire la frase che Guillaume entrò nella stanza.
Ben sentì una presenza alle sue spalle, voltandosi per un secondo gli occhi dei due si incrociarono, poi infilando la maglia alla piccola Ben si accinse a sollevarla dal letto.
L’ispettore cercò di apparire il più calmo possibile, doveva prendere tempo, Semir sarebbe arrivato a momenti o almeno così sperava.
“Vicedirettore Guillaume che ci fa qui? Come vede e sicuramente sente non è un buon momento per farci visita io e Livy stiamo uscendo…” disse affabile Ben.
“Non si preoccupi ispettore non c’è nessun incendio” rispose severo il funzionario.
“Scusi non capisco“ rispose Ben facendo lo gnorri e sempre voltandogli le spalle diede uno sguardo alla pistola dentro la custodia che aveva lasciato sopra il comodino.
“Non mi sembra una buona idea ispettore “ e il poliziotto sentì la fredda canna di una pistola sulla nuca, poi vide una mano prendere la pistola dalla fondina.
Ben si girò lentamente.
Guillaume ora aveva in una mano la sua pistola d’ordinanza e un’altra, puntata contro di lui provvista di silenziatore.  D’istinto il giovane ispettore si mise nella linea di tiro tra l’arma e Livyana.
Ciononostante il ragazzo non aveva paura per la sua incolumità.
Ciò che veramente aveva a cuore era la vita della piccola.
“Mi spiace ispettore Jager, ma lei sarà…come dire il danno collaterale di tutta questa faccenda” disse mellifluo il funzionario.
Ben portò una mano dietro la schiena, cercò e trovò la piccola manina della bambina come se dovesse infonderle coraggio, dietro di lui Livyana cominciava ad essere seriamente preoccupata, ma non tanto per lei, ma per il suo giovane amico.
Ormai sentiva di conoscerlo bene.
Era sicura che Ben l’avrebbe protetta , costasse quel che costasse.
Fino alla fine, fino alla morte.
“Beh se almeno devo morire, almeno mi dica perché?” chiese serio Ben prendendo tempo e in cuor suo sperava che Semir arrivasse in tempo in loro aiuto.
“Sì penso di poterla accontentare” rispose sarcastico il funzionario “Dunque… diciamo che sono stato profumatamente pagato dal Governo, anzi dai capi dei servizi segreti di eliminare tutte le spie presenti nel suolo tedesco, ma doveva essere una cosa pulita, doveva sembrare una lotta tra spie russe. Così attraverso i nostri informatori in Russia sono venuto a conoscenza di D’javol e della sua sete di vendetta”
“Mi sta dicendo che il Governo tedesco sapeva di D’javol e lo ha ingaggiato per eliminare tutte le spie russe?“ Ben era sconcertato, tutto si aspettava, ma questo mai e poi mai.
“Certo lui avrebbe avuto la sua vendetta e noi il lavoro sporco fatto”
“I cecchini sul ponte…avevano l’ordine di uccidere…il vostro ordine vero? “
“Certamente” asserì compiaciuto Guillaume.
“Scommetto che Koller è all’oscuro di tutto, chissà perché, ma ho sempre creduto che chi avesse veramente il comando fosse lei. Koller è…”
“Era” replicò secco Guillaume di fatto interrompendo Ben “E’ appena passato a miglior vita” continuò con un sogghigno diabolico.
“Scommetto che lo ha fatto fuori lei? Non mi dica che si è sporcato le mani…stento a crederci” replicò sarcastico Ben.
“Sa non volevo farlo fuori, almeno non subito, ma ha assistito ad una telefonata tra me ed un mio informatore stamattina nel suo ufficio,  credevo non ci fosse, era uscito pochi minuti prima per una riunione, purtroppo si è dimenticato dei documenti, non lo fa mai e questa dimenticanza gli è stata fatale”
“Beh sicuramente a lei farà piacere, prenderà il suo posto …vacante” sentenziò Ben.
“Già e adesso devo uccidervi entrambi… devo concludere l’operazione, la piccola potrebbe essere una potenziale spia, crescerà e in futuro potrebbe rappresentare un pericolo…e poi lei ispettore è uno scomodo testimone, ora sa troppe cose”
“Livyana è solo una bambina, dimenticherà presto questa storia…le basto io…” tentò di negoziare Ben.
“Mi spiace ispettore, ma non posso correre rischi, ho ordini precisi… e le ripeto io non posso permettermi testimoni…”
“Allora dovrà passare sul mio cadavere” disse spavaldo senza nemmeno pensare a ciò che stava dicendo Ben.
”Come vuole ispettore l’accontento subito “ e conclusa la frase Guillaume sparò.

La piccola vide il suo amico accasciarsi al suolo, come se fosse un burattino a cui avessero improvvisamente tagliato i fili.
Nella caduta il giovane batté violentemente la testa contro il comodino e una volta a terra sul petto di Ben, Livyana vide una grossa macchia di sangue allargarsi sempre più.
Incurante della sua ferita alla gamba, la piccola saltò giù dal letto, si accucciò vicino al ragazzo, e preso il lenzuolo, cercò di tamponarne la ferita.
“Ma che scena commuovente” disse con fare teatrale Guillaume “Purtroppo non servirà a niente e tu raggiungerai presto i tuoi genitori e il tuo amichetto”
Livyana restò in silenzio, gli occhi fissi su quelli chiusi di Ben.
La piccola non aveva la forza di parlare, le sue piccole manine non riuscivano a fermare il sangue che usciva dalla ferita, le sue dita si tinsero di rosso.
A quella vista qualsiasi persona se fosse svenuta avrebbe avuto tutte le attenuanti, ma la piccola continuava a premere, tuttavia con scarso successo.
“Perché? Perché lo ha fatto? Lui era buono, non c’entrava niente…lui mi voleva solo proteggere, mi voleva bene…era il mio angelo...il mio angelo custode…” balbettò disperata e le sue lacrime cadendo si mescolarono al sangue di Ben.
“Coraggio” disse crudelmente Guillaume “Saluta il tuo amico sbirro, fra poco sarete di nuovo insieme”
Dopo quelle parole la piccola tolse le mani dalla ferita, strinse in un ultimo abbraccio Ben e chiuse gli occhi, il suo amico se ne era andato per salvare lei; triste pensò che, se non lo avesse conosciuto, lui sarebbe ancora vivo e questo la fece stare ancora peggio. L’aveva protetta fino all’ultimo, ma non era servito a niente.
Niente.
Poi un’arma sparò.

Angolino Musicale: E così siamo giunti al prologo…e guarda caso con uno sparo finale…Ultimamente ho il grilletto molto facile…Wiz Khalifa e Charlie Puth ‘See you again’(ti rivedrò) e io aggiungerei forse…ma prima voglio ringraziare ancora una volta i miei ‘tre compagni d’avventura’: la mia preziosissima Beta Maty, Furia & Claddaghring.
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=RgKAFK5djSk
 
E’ stata una lunga giornata senza di te amico mio E ti racconterò tutto quando ti rivedrò Ne abbiamo fatta di strada da dove siamo partiti Oh ti racconterò tutto quando ti rivedrò Accidenti, chi si sarebbe immaginato tutti gli aerei su cui abbiamo volato Bei momenti che abbiamo vissuto Che starei proprio qui A parlarti di un altro percorso So che ci piacerebbe viaggiare e ridere Ma qualcosa mi diceva che non sarebbe durato Abbiamo dovuto cambiare piano, guardare le cose diversamente, vedere il quadro complessivo Quelli erano i giorni Il duro lavoro paga sempre Ora ti vedo in un posto migliore Come non parlare della famiglia quando la famiglia è tutto ciò che abbiamo? Tutto quello che ho passato, tu eri al mio fianco E ora tu sarai con me per l’ultima corsa Primo, entrambi usciremo a modo tuo E l’atmosfera si sente forte E ciò che è piccolo si è trasformato in un’amicizia Un’amicizia si è trasformata in un legame E questo legame non si romperà mai L’amore non potrà mai perdersi E quando la fratellanza arriva prima Allora non sarà mai superata la linea Stabilita da noi Quando quella linea doveva essere disegnata E quella linea è quello che abbiamo raggiunto Così, ricordati di me quando sarò andato Così lascia che la luce guidi la tua strada, Conserva ogni ricordo mentre vai E ogni strada che prendi Ti porterà sempre a casa

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Capitolo 18
*** sola ***


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Sola

La piccola udì uno sparo dietro lei, forte, assordante e la cosa le sembrò…illogica.
L’uomo che aveva sparato a Ben aveva usato una pistola con il silenziatore, lo aveva visto nei telefilm, un tubo all’estremità dell’arma…perché con lei non l’aveva usato? Le aveva forse sparato con la pistola di Ben?
Perché?
Ma la cosa che più le sembrò strana fu che  non sentì dolore, da nessuna parte.
Si ricordava di aver chiesto a  Ben se si provava dolore quando si moriva, non voleva che l’ultima cosa che avessero provato o percepito i suoi genitori fosse qualcosa legato alla sofferenza fisica.
E sperava che anche Ben non avesse sentito dolore.
Il ragazzo l’aveva rassicurata dicendole che sicuramente i suoi genitori se ne erano andati pensando a lei, senza soffrire e fino alla fine l’avevano protetta a costo della loro stessa vita.
E lei in quel momento non sentiva niente, nessun dolore.
Forse perché l’ultima cosa che ricordava era una bellissima sensazione di protezione. Malgrado il suo giovane amico non potesse ricambiare lei lo aveva stretto in un  tenero abbraccio, tenendo gli occhi chiusi, appoggiando il visino al suo.
Subito dopo lo sparo la piccola sentì anche una specie di tonfo, poi qualcuno che le si avvicinava.
“Piccola…Ben…” sussurrò una voce a lei sconosciuta, ma profonda e rassicurante.
Livyana aprì gli occhi, si voltò verso la voce vedendo il volto preoccupatissimo di Semir, la bambina  non conosceva quell’uomo, ma capì subito che era l’amico e collega di Ben.
“Mapporca…Ben…”
Il piccolo ispettore si rese subito conto della gravità della situazione e come un fulmine si catapultò fuori dalla stanza in cerca d’aiuto.
La piccola restò sola accanto a Ben, davanti a lei a faccia in giù c’era l’uomo che gli aveva sparato.
Ed era morto.
Semir lo aveva freddato pochi istanti prima che sparasse anche a lei.

Passarono interminabili secondi poi nella stanza arrivarono medici e infermieri.
Nelle fasi concitate della situazione che si era creata nella stanza, nessuno fece caso a Livyana che assistette spaventatissima e in lacrime alle manovre di rianimazione di Ben e al suo conseguente trasferimento in sala operatoria.
Poi la stanza ritornò silenziosa, all’interno solo lei e il cadavere del funzionario dei servizi segreti.
La piccola non ebbe la forza di alzarsi, si sentì come se fosse stata dimenticata da tutti, come se nessuno si fosse accorto che all’interno della stanza c’era anche lei. Piangeva, mentre stringeva ancora al petto il lenzuolo zuppo di sangue.
Sola.
Adesso era veramente sola.
Nessuno si sarebbe preso cura di lei…mai più…
Disperata, cercava in tutti i modi di smettere di piangere.
“Devi essere coraggiosa, forte” cercò di autoconvincersi la piccola ricordando le parole del suo amico “Per mamma…papà…e ora anche per me…” ma più cercava di reprimere le lacrime più scendevano copiose.
Nonostante la situazione fosse drammatica la piccola si ritrovò a pensare a Ben come  se fosse vicino a lei.
Il ragazzo si sarebbe arrabbiato tantissimo, non avrebbe mai voluto che restasse sola, avrebbe fatto le sue rimostranze a chissà chi, aggrottando la fronte, esibendo quell’espressione così buffa da finto arrabbiato che a lei  faceva ridere tanto e un piccolo sorriso apparve sul suo tenero viso.

Passarono interminabili minuti quando…
“Livy…ma sei ancora…” la voce ora familiare e rassicurante di prima.
La piccola alzò il viso rigato dalle lacrime e i suoi occhi incrociarono quelli nocciola di Semir.
“Ben non me lo perdonerà mai…scusami, mi sono dimenticato di te” e le si avvicinò, sedendosi accanto.
“Non importa” rispose con tono rassegnato la piccola asciugandosi le lacrime col dorso della mano, tirando su col naso.
“Tanto non saprà mai niente…adesso se ne andrà anche lui, come mamma e papà…”
La piccola smise di piangere, ma Semir notò che stava cercando in tutti i modi di reprimere le lacrime.
Delicatamente le tolse dalle braccia il lenzuolo macchiato quindi la strinse a sé.
La bambina si lasciò abbracciare, non aveva la forza di fare o dire niente, poi sempre con voce rassicurante Semir provò a infonderle un po’ di coraggio.
“Ben non ti lascerà sola, vedrai resterà con noi, e poi lo ha promesso ai tuoi genitori…si prenderà cura di te…”
“Ma lui sta…” balbettò la piccola.
“Sta dormendo” la interruppe dolcemente il piccolo ispettore “E quando si sveglierà sarete, anzi saremo di nuovo insieme. Ora vieni…andiamo a rimetterci un po’ in ordine”
E la piccola d’istinto si guardò le mani: erano completamente sporche di sangue.
Semir restò per un attimo come schioccato; gli era capitato più volte di ritrovarsi le mani  sporche di sangue e alcune volte era quello di Ben e a stento era stato capace di trattenersi da eventuali effetti indesiderati.
La bambina invece se le guardava come se fosse in trance.
Semir la prese delicatamente in braccio e avviandosi in bagno lavò via il sangue dalle mani della bambina.
Poi cominciò una lunghissima attesa.

Livyana, non aveva nessunissima voglia di abbandonare l’ospedale, il suo amico; inoltre aveva chiesto a Semir se poteva recuperare i fogli in cui Ben aveva creato il testo di una canzone in attesa del suo risveglio.
Almeno avrebbe avuto un ricordo del suo amico.
‘…quando hai una persona accanto a cui tieni molto, il dove sei, o meglio il posto dove ti trovi con quella persona non conta, ciò che conta è la persona…’
Così le aveva detto Ben quando lei le chiese della canzone che stava scrivendo e così sarebbe stata lì ad aspettare che lui si svegliasse.
Fortunatamente una giovane infermiera aveva avuto il buon senso di andare a recuperare degli indumenti puliti per la bambina, non voleva che la piccola trascorresse l’intera giornata con i vestiti sporchi di sangue.
Poi le portò qualcosa da bere e da mangiare.
E di questo fu ringraziata anche da Semir.

La piccola restò tutto il giorno in ospedale, poté vedere Ben solo nel frangente in cui il giovane veniva trasportato dalla sala operatoria alla rianimazione, la notte poi l’avrebbe trascorsa in una casa famiglia di Colonia, i servizi sociali avevano deciso questo per lei.
La piccola cercò di opporsi con tutte le sue forze a questa decisione e Semir dovette assistere alla straziante supplica di Livyana nel voler restare accanto al giovane poliziotto.
Semir dal canto suo, aveva fatto le sue rimostranze ai servizi sociali, al personale medico e anche al Commissario Kruger.
Aveva tentato in tutti i modi possibili di farsi affidare seppur temporaneamente la piccola, ma niente.
Livyana avrebbe passato la notte in una casa famiglia, lontana da tutti e da tutto ciò che le poteva darle un po’ di conforto.
E soprattutto lontana da Ben.
Semir almeno ebbe la possibilità di accompagnarla alla struttura.
Poco prima di aiutarla a salire sull’auto la piccola chiese:
“Posso chiederle un favore ispettore?”
“Certo Livyana, ma ti prego chiamami Semir, gli amici di Ben sono anche i miei…” rispose con fare paterno.
La piccola abbozzò un piccolo sorriso, ma poi diventando rossa in volto replicò: “No… non importa tanto senza Ben non sarebbe lo stesso” e salì sull’auto.
Semir però intuì qualcosa e prima di portarla alla struttura in cui la piccola avrebbe passato la notte, si fermò davanti alla sala prove di Ben.
“Ma Semir?” chiese la piccola perplessa “La signorina Kladden ha detto che troverò le mie cose alla casa famiglia…qui non ho niente…”
“Ne sei sicura? Scommetto che qui c’è la chitarra che ti ha prestato Ben…l’ho vista il giorno dopo il tuo rapimento. Ben la guardava in continuazione, mi ha detto che tu la usavi per suonare in attesa che riparasse la tua. Era quello che volevi chiedermi prima, giusto?”
La piccola era sbalordita.
Una volta Ben le disse che il suo socio, Semir appunto, era una persona fuori dal comune, a volte percepiva le cose prima che accadessero e aveva un intuito eccezionale, non solo sui casi, ma anche sulle persone, i loro pensieri o umori.
“Sì, forse mi sentirò meno sola” sussurrò la piccola guardandosi le manine, poi aggiunse “Lo so…è una cosa stupida e infantile…”
“Livyana tu sei piccola, e quello che ti è successo in questi giorni…farebbe crollare chiunque, anche uno come me” la rassicurò Semir.
“Anche Ben?” chiese lei sollevando il viso e guardando Semir.
L’ispettore nel veder lo stato in cui di trovava la piccola gli venne il magone; ancora una volta Livyana cercava di reprimere le lacrime.
“Sì anche Ben, ma penso che lui voglia che tu sia forte, coraggiosa, almeno finché non si sveglierà, promesso?”
Semir si rese conto di quanto affetto legasse la piccola e il suo collega.
E sperò con tutto il cuore che anche questa volta Ben ritornasse a vivere e a sorridere. Per se stesso, per lui che non voleva perdere il suo migliore amico e per Livy, che sarebbe morta con lui, non fisicamente, ma nel cuore sì.

Qualche minuto dopo l’ispettore stava salendo di nuovo in macchina.
Aveva affidato alla direttrice della struttura la piccola Livyana che lo aveva salutato abbracciandolo.
Poi chitarra in spalla era entrata nell’edificio e a Semir non restò altro da fare che rincasare.
Avrebbe voluto tornare all’ospedale da Ben, ma in attesa di notizie sulla salute del ragazzo c’erano già la sorella ed il marito, arrivati pochi minuti dopo che lui aveva lasciato l’ospedale.
Konrad Jager li avrebbe raggiunti di lì a poco ed aveva espressamente richiesto che Semir non fosse presente.
Erano le tre di notte Semir  era steso sul letto abbracciato ad Andrea, ma non aveva ancora chiuso occhio.
Continuava a pensare a Ben ed a Livyana.
Tutt’ad un tratto il suo cellulare sopra il comodino cominciò a vibrare.
Diede un’occhiata al numero apparso sul display.
Era un numero che non conosceva.
Il suo primo pensiero fu subito per Ben.
Con mano e voce tremante rispose al telefono.
“Pronto…” balbettò.
“Ispettore Gerkhan, perdoni l’ora… sono Elise Kladden, l’ assistente sociale che segue Livyana… la piccola …è scomparsa…”

Angolino musicale : Spero di non risultare troppo sdolcinata, la situazione è effettivamente drammatica, ma non vorrei aver calcato troppo la mano, in tal caso ditemi che ne pensate…Come se non bastasse Livyana è sparita e Ben è fuori gioco…Semir avrà il suo bel da fare ora…
A-HA ‘Crying in the rain’(piangere sotto la pioggia)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=h-WPexVEujg
 
Mai ti farò vedere Il modo in cui il mio cuore è spezzato e mi fa male ho il mio orgoglio e so come nascondere Tutta la mia tristezza e dolore…il mio piangere sotto la pioggia…Aspetterò il cielo tempestoso…Gocce di pioggia cadranno dal cielo Per nascondere le lacrime che mi auguro non vedrete mai …

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Capitolo 19
*** Il Rasoio di Occam ***


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Il Rasoio di Occam.
 
“Come scomparsa?” balbettò Semir alzandosi dal letto e scendendo velocemente le scale.
Davanti a lui si materializzò la figura di Ben ed era decisamente arrabbiato “Ecco te l’affido e tu…tu la perdi…bell’amico sei…”
“Cosa c’entro io…” gli rispose quasi stizzito Semir, ma poi ritornando alla realtà chiese alla signorina Kladden “E’ sicura che non sia in giro per la struttura, magari è andata in bagno…”
“Non c’è…ho guardato ovunque…o mio Dio…cosa può essere successo, dove può essere andata” il tono della ragazza era terrorizzato.
A Semir si gelò il sangue nelle vene , possibile che i servizi segreti tedeschi l’avessero rapita?
Volevano davvero finire il lavoro?
Consideravano veramente la piccola una potenziale futura spia?
Ma poi ebbe una folgorazione.
Una sua versione del principio logico del Rasoio di Occam.
Forse la soluzione era la più semplice e la meno catastrofica.
“Si calmi signorina Kladden e mi dica…c’è ancora la chitarra di Livyana?”
“La chitarra? Ispettore temo di non capire…” balbettò perplessa la ragazza.
“Sì ha capito bene controlli e mi dica se c’è ancora la chitarra con cui è arrivata la piccola…resto in attesa”
Seguirono interminabili minuti di silenzio, Semir pensò ancora una volta che se Ben si fosse svegliato e avesse saputo della scomparsa della piccola sarebbe sceso dal letto in un nanosecondo, portandosi dietro flebo e tutto il resto.
Inoltre non gli avrebbe risparmiato una ramanzina, anzi una sfuriata di quelle che solo e soltanto Ben sapeva fare.
“Ispettore…” disse la signorina Kladden dall’altra parte del telefono riportandolo coi piedi per terra “La chitarra non c’è…ma non capisco…”
“Signorina Kladden” disse un po’ sollevato Semir  “Mi ascolti se la piccola fosse stata rapita ci sarebbe ancora la chitarra e Livyana tiene troppo a quello strumento, rappresenta molto per lei, la piccola è…in fuga”
“Ciò non mi tranquillizza molto ispettore” rispose la giovane alquanto perplessa.
“Vedrà la troverò, anzi ho già una mezza idea di dove sia. Le farò sapere appena la trovo, se non è come penso io avvertiremo chi di dovere. Abbia fiducia in me” Semir cercò di rassicurare in qualche modo la giovane donna.
Poi chiuse la comunicazione lasciando dall’altra parte del telefono un’esterrefatta signorina Kladden con la cornetta sospesa a mezz’aria.
 Semir si vestì velocemente, lasciò un biglietto ad Andrea sul suo cuscino e uscì di casa.
Salì sulla sua BMW prendendo la strada che conduceva all’ospedale.

Intanto un paio d’ore prima della telefonata che Elise Kladden aveva fatto a Semir, la piccola Livyana si stava silenziosamente vestendo nella sua camera da letto che condivideva con altre tre bambine.
Evitando qualsiasi rumore prese le scarpe, mise a tracolla la custodia della chitarra e si avviò verso l’uscita della struttura.
Stava quasi per arrivare davanti  alla porta d’ingresso, quando dietro di lei sentì dei passi avvicinarsi, quindi si nascose dietro ad una enorme tenda.
Una signora stava controllando tutte le porte e le finestre e inserendo gli allarmi. Uscire dalla porta principale sarebbe stato impossibile.
Stava per desistere quando ancora una volta le venne in mente una frase di Ben :
Chi dice che una cosa è impossibile, non dovrebbe disturbare chi la sta facendo’
Livyana si mise a pensare poi come se avesse avuto una specie di folgorazione si ricordò che molto vicino alla finestra del salone che c’era al secondo piano dello stabile c’era un maestoso albero.
Furtivamente risalì le scale e una volta arrivata davanti alla finestra in apnea l’aprì. Aveva paura che fosse allarmata anche quella, ma fortunatamente non fu così.
Strappò il filo della tenda e con quello calò a terra la custodia della chitarra.
Mai e poi mai si sarebbe separata da quello strumento, troppi ricordi erano legati ad esso ed erano ricordi stupendi.
La piccola quindi infilò le scarpe poi si arrampicò sul davanzale.
Era molto brava a salire e scendere dagli alberi,  la sua ‘palestra’ era stata una maestosa quercia vicino alla casa dove abitava con i suoi genitori.
Saltò su un ramo dell’albero poi piano piano lo discese fino a toccare terra con i piedi.
“Lo so Ben, ti arrabbierai tantissimo, ma io lì dentro non ci voglio stare, preferisco scappare, ma prima vengo a salutarti” e dopo aver pensato a questo si avviò verso l’ospedale di Colonia che dalla casa famiglia era poco distante.
Durante il tragitto Livyana si trovò a pensare che il mondo era veramente strano; possibile che nessuno notasse una bambina a quell’ora di notte che gironzolava per la città prima e poi per i corridoi dell’ospedale dopo con una custodia per chitarra a tracolla?
E ancora una volta pensò a quanto gli mancassero i suoi genitori e il suo amico Ben.
Già Ben.
L’amico che se lei non avesse conosciuto magari in quel preciso istante sarebbe appena sceso da un palco dopo aver cantato per ore con la sua band, oppure sarebbe stato di pattuglia per le strade di Colonia con il suo collega Semir, oppure semplicemente a letto a dormire. Sicuramente non in un letto d’ospedale a lottare tra la vita e la morte per avergli salvato la vita.

La piccola arrivò davanti alla stanza di Ben mezz’ora dopo la sua fuga e davanti ad essa trovò seduta su una sedia una giovane donna ed un uomo anziano.
Livyana li riconobbe subito, erano la sorella e il padre di Ben, li aveva visti in alcune foto appese al muro della sala prove.
“Che ci fa lei qui?” tuonò Konrad appena la vide alzandosi di scatto dalla sedia.
“Papà ti prego, calmati è solo una bambina” rispose dolcemente Julia.
“E’ colpa sua se Ben sta lottando per vivere…voglio che se ne vada e subito!” replicò furioso.
“Io…io…non volevo che Ben…io voglio solo salutarlo…poi non mi vedrete più, promesso” balbettò sull’orlo delle lacrime la piccola.
“Non se ne parla…” ma Konrad fu interrotto nuovamente dalla figlia.
“Papà, ti prego, questa bambina …per Ben è come…come una figlia”
Quelle parole per Konrad furono come una pugnalata al cuore, e la figlia se ne rese subito conto.
 “Papà ti prego, ascoltami…Ben mi ha parlato di lei…lasciaglielo vedere…farà bene anche a lui”
Konrad sbuffò rabbioso: “Vado a prendere un po’ d’aria” e se ne andò.
“Io non volevo farlo arrabbiare…mi dispiace tanto signora…” si scusò la piccola abbassando lo sguardo guardandosi i piedi.
“Non ti preoccupare piccola, è suo padre è normale che si preoccupi” rispose con dolcezza Julia.
“Come sta Ben?” chiese poi.
“E’ come se stesse dormendo…dobbiamo aspettare che si svegli…” e una lacrima le solcò il viso.
“Mi dispiace è colpa mia…” farfugliò la piccola e a Julia salirono prepotenti le lacrime.
 “Coraggio ora vai da Ben prima che qualcuno ti veda entrare…”
“Non dica a nessuno che sono qui…non voglio tornare in quella casa…lo saluto e poi vado via…” 
La piccola abbracciò forte Julia e, sempre con la chitarra in spalla, entrò nella stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Appena entrata appoggiò la chitarra al muro, si avvicinò al letto prendendo una mano di Ben tra le sue.
“Che mano fredda che hai…dovresti metterti una coperta…un pigiama” gli disse con tenerezza disarmante la piccola.
Livyana continuava a guardarlo e più lo guardava e più stava male.
“ Sei…bianco…immobile…non sono abituata a vederti così” continuò la piccola e come se Ben potesse sentirla proseguì a parlargli “Scusami, io non volevo che finisse così, se non fossi stato gentile, se non ti avessi conosciuto…adesso non saresti così. Mi dispiace tanto sai…”
Cercò di scacciare dalla mente quei terribili minuti che avevano portato Ben ad essere lì, inerme, in un letto d’ospedale. Col dorso della mano asciugò una lacrima che le stava rigando una guancia.
Poi senza rendersene nemmeno conto salì sul letto e si distese accanto al giovane, non poteva abbracciarlo, quindi con le sue piccole manine  cinse il braccio di Ben,  poi chiuse gli occhi e nel giro di pochi minuti si addormentò.

Passò un po’ di tempo, Julia stava sonnecchiando sulla sedia, mentre il padre era andato a casa.
Era molto provato e la figlia lo aveva caldamente invitato ad andare a dormire in un comodo letto.
Se ci fossero state novità lo avrebbe richiamato.
Semir arrivò tutto trafelato davanti alla porta della stanza dove era ricoverato Ben, e Julia si svegliò.
“Julia…” esordì un preoccupato Semir, ma la donna capendo subito al volo il perché Semir fosse lì lo rassicurò immediatamente.
“Se stai cercando Livyana è dentro la stanza che sta facendo compagnia a Ben” e nel medesimo istante dalla stanza uscì il medico di guardia.
Il medico salutò entrambi.
“Dottor Forst, come sta Ben?” chiese subito Julia e subito si avvicinò anche Semir.
“Il ragazzo ha una tempra molto forte, è giovane…e io sono fiducioso e poi avere qualcuno accanto, gli sarà molto d’aiuto…Ora scusatemi, ma devo continuare il giro delle visite”
“Dottore” chiese piano Semir “Posso entrare? Solo un minuto?”
“Certo” replicò bonario e il piccolo ispettore entrò nella stanza.
Nella semioscurità vide la sagoma del suo amico steso sul letto e ancora una volta ebbe l’impressione di ricevere una pugnalata al cuore.
Non ne poteva più, gli sembrava di vivere un continuò déjà-vu, ma questa volta c’era qualcosa di diverso.
Come al solito, appena entrato nella stanza, veniva in un certo senso accolto dai soliti fastidiosi macchinari che emettevano i loro “bip-bip”, davanti a lui steso sul letto c’era Ben, la flebo attaccata al braccio, il colorito pallido, quasi cadaverico e una fasciatura sul capo e una enorme sul torace che si alzava e s’abbassava ritmicamente.
Tuttavia non gli sembrava che l’amico stesse soffrendo, anzi l’impressione che aveva Semir di Ben era di una persona che stesse dormendo pacifico e rilassato.
Poi capì il perché.
Acconto a lui c’era Livyana che dormiva beata.
Chissà da quanto tempo la piccola non riposava così bene.
Il piccolo ispettore lì guardò con tenerezza, mentalmente fotografò la scena, poi silenziosamente come era entrato, uscì.
Poi si allontanò un po’ dal corridoio e telefonò ad Elise Kladden.
Voleva rassicurarla subito; Livyana  era stata trovata ed ora era in buonissime, anzi ottime mani: quelle di Ben.
Poi dopo aver rassicurato la ragazza il piccolo ispettore tornò a far compagnia alla sorella di Ben, in attesa che il giovane riprendesse conoscenza.
Si preparò quindi ad una lunga ed estenuante attesa.

Angolino musicale: cari fedeli lettori, nel prossimo capitolo comparirà la scritta completa…ci sono ancora alcuni punti da chiarire, ma siamo ormai arrivati alla fine. Nell’attesa  godetevi un Ben dormiglione, una Livyana beata e un Semir in attesa…
Elton John Skyline Pigeon (piccione all’orizzonte)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=nPzlGklVNb0
Liberami dalle tue mani Lasciami volare verso terre lontane Oltre i campi verdi, gli alberi e le montagne Oltre i fiori e le cascate della foresta La mia casa si trova lungo i sentieri del cielo Perché questa stanza buia e solitaria Proietta un ombra nell'oscurità E i miei occhi sono specchi Del mondo esteriore Che pensano a come Il vento riesca a far cambiare direzione alla corrente E queste ombre Da porpora, diventano grigie Proprio come un piccione all'orizzonte, Che sogna all'aria aperta, Che aspetta il giorno Per poter spiegare le ali E volare via di nuovo Vola via, piccione all'orizzonte, vola Verso i sogni Che ti sei lasciato dietro…

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Capitolo 20
*** Tu sei meglio di Tom Beck! ***


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Tu sei meglio di Tom Beck!

Semir guardò per l’ennesima volta l’orologio che aveva al polso: erano le otto di mattina.
Il piccolo ispettore continuava a fare avanti ed indietro per il corridoio, si sentiva un leone in gabbia e da più di un quarto d’ora dentro alla stanza di Ben erano entrati il dottor Forst ed un infermiere.
L’attesa quindi si era fatta ancora più insopportabile.
Perché dopo svariati minuti il personale medico era ancora all’interno della stanza?
Perché nessuno usciva a dargli notizie?
Oltretutto Semir era restato solo a vegliare l’amico, Julia seppur riluttante, aveva ceduto alle continue insistenze dell’ispettore che vedendola molto provata, accompagnata dal marito, era andata a casa a riposare un po’.
Se ci fossero state novità l’avrebbe chiamata.

Finalmente i due uomini uscirono dalla stanza e il dottor Forst rivolse la parola a Semir.
“Ispettore là dentro c’è qualcuno che le vuole parlare” disse benevolo.
“Ma…ma  la piccola non sa che ci sono….” obiettò il piccolo ispettore.
“Infatti è l’ispettore Jager che le vuole parlare…ha detto che sicuramente lei sarebbe stato qui fuori ad aspettare”
“Ben ? Quindi si è svegliato…”
Semir non se lo fece ripetere due volte e ringraziò il dottore sfoderando un enorme sorriso e d’impulso lo abbracciò calorosamente.
Silenziosamente e con mano tremante aprì e si chiuse alle spalle la porta della stanza dove si trovava il suo migliore amico.
Appena Ben vide il collega lo salutò nella maniera più semplice e perfetta che conosceva.
“Ciao, socio” disse piano.
“Ciao, socio” rispose l’altro avvicinandosi al letto  “Sempre a dormire tu vero?”
Ormai la battuta era diventata un classico, una specie di prassi.
“Sì, ma come vedi questa volta ho pure la bambolina” replicò piano lui accennando un piccolo sorriso.
“Veramente io avrei detto che è lei che dorme con accanto un orsacchiotto gigante” obiettò Semir.
“Se ti riferisci alla mia barba non proprio fresca di rasatura, sappi che a Livyana piaccio lo stesso…” ribatté sorridendo ancora una volta.
“Sono sicuro che non c’è nulla in te che a lei non piaccia… Mi sembra evidente che quella bambina stravede per te e tu per lei vero? Potrei esserne geloso sai…” replicò Semir facendo il finto offeso, poi aggiunse:
 “Ben…” ma si dovette bloccare, un groppo in gola gli impediva di continuare il discorso.
“Dimmi Semir…” rispose Ben serio, aveva percepito nella voce del socio una nota di dolore nel pronunciare il suo nome.
“Mi dispiace, non sono arrivato in tempo, quel pazzo avrebbe potuto ucciderti, mi dispiace che Livyana abbia dovuto assistere al tuo ferimento. Per lei deve essere stato terribile…prima i genitori e poi…se avesse perso anche il suo ‘angelo custode’…”
“Semir” gli rispose Ben guardandolo con affetto “Lei è qui accanto a me, sei arrivato in tempo per salvare lei, a me è bastato quello”
A Semir salì di nuovo un nodo alla gola.
La bambina aveva letteralmente rapito il cuore di Ben.
Poi il ragazzo continuò:
“Tu che le sei stato accanto, dopo il mio ferimento, adesso come sta? E anche tu…come stai?” domandò serio.
“E’ pazzesco, ti sei appena svegliato da un’operazione in cui potevi restarci secco, per non parlare che potevi finire in coma, visto la botta in testa che hai preso sbattendo sul comodino…e ti preoccupi di noi…” sorrise Semir scrollando la testa.
Eppure quello era lo stile di Ben: preoccuparsi sempre degli altri.
Poi continuò:
“Comunque …ecco…adesso io sto bene, ma quando l’hanno allontanata da te, da me…io ho insistito per tenerla con me, ma i servizi sociali avevano deciso di farle passare la notte seguente al tuo ferimento in una casa famiglia”
Ben trasecolò.
“Cosa? Dopo quello che aveva passato?” poi si girò verso la piccola e le baciò la testa, poi il giovane aggiunse “Ho avuto la sensazione che fosse accanto a me da molto. Ma scusa come è arrivata fino a qui?”
“Beh…semplicemente scappando dalla struttura. Se verrà affidata a te, e ci scommetto tutto quello che vuoi perché so che tu hai già deciso, troverai pane per i tuoi denti…la ragazzina è decisa, testarda, impulsiva, ma tenera e affettuosa, e in questo assomiglia a qualcuno di mia conoscenza…”
“Un’ultima cosa…Guillaume voleva uccidere la piccola, la riteneva una potenziale spia…”disse Ben.
“Il commissario Kruger e la Schrankmann hanno fatto il ‘diavolo a quattro’, ma i servizi segreti non si sono sbottonati, non sapremo mai chi voleva veramente tutte le spie presenti sul territori tedesco morte, anche se un sospetto lo abbiamo. Sicuramente dietro a tutto questo c’è il dipartimento della sicurezza nazionale…Guillaume era una pedina che eseguiva ordini dall’alto, molto in alto…più in alto di Koller”

Ben e Semir poi guardarono la piccola.
Si stava muovendo.
“Oh ecco si sta svegliando” sussurrò Ben.
Livyana si stropicciò gli occhi con una mano, poi alzò lo sguardo e incrociò gli occhi struggenti e bellissimi del suo amico.
“Ciao Livy”  disse semplicemente Ben accompagnando il saluto con uno dei suoi soliti stupendi sorrisi.
La bambina abbassò subito il viso e strinse il braccio di Ben e il ragazzo sentì su di sé le sue calde lacrime.
“Livy, ti prego non piangere” cercò di sdrammatizzare Ben “Così mi si alza la pressione e tutti questi aggeggi a cui sono attaccato cominceranno a suonare…dai ti prego fammi un sorriso”
La piccola si asciugò con il dorso della mano le lacrime, prima di alzare il viso e incrociare di nuovo gli occhi del suo amico.
“Non sto piangendo vedi?” sussurrò tirando su con il naso “E’ che sono allergica…agli ospedali, ecco” e cercò di sorridergli.
“Bene così va meglio” e Ben ricambiò il sorriso.
Pochi istanti dopo entrò di nuovo il medico che aveva in cura Ben, chiedendo ai presenti di lasciare entro pochi minuti la stanza, il giovane aveva bisogno di riposare, poi uscì.
 “Ben mi dispiace…io…se non mi avessi conosciuta tu…” farfugliò la bimba.
“Non devi dispiacerti di nulla, mi hai salvato la vita” disse amorevolmente il giovane.
“Ma come? Sei qui per colpa mia?” balbettò la piccola.
“Fidati se ti dico che è così” replicò deciso Ben.
“E non scappare mai più…Semir diventerebbe matto, sa che  mi alzerei dal letto per cercarti. Devi avere solo pazienza, appena mi rimetterò in sesto…” Ben si fermò per un istante cercando di frenare l’emozione che saliva prepotente  “Non sarai più sola perché io avrò cura di te. Te lo giuro!”
La piccola annuì, poi dopo aver stretto delicatamente Ben e avergli dato un bacio sulla guancia scese dal letto ,prese la sua chitarra e diede la mano a Semir per uscire.
Nel vedere quella scena a Ben venne da sorridere e Livyana se ne accorse.
“Sì, qui c’è la chitarra che mi hai prestato, Semir…beh poi ti racconterò, il tuo socio è una persona eccezionale, come te. Ha anche recuperato i fogli dove hai scritto la canzone in tedesco…non volevo che andassero perse…e non preoccuparti, adesso vado via con ‘zio Semir’, ma torno domani” disse tutto d’un fiato la piccola.
Poi salutandolo con la mano uscì assieme al piccolo ispettore.
Ben accompagnò con lo sguardo e il capo sollevato l’uscita di due delle persone che più care aveva al mondo, poi stancamente si lasciò cadere sul cuscino e riprese a dormire sereno, sicuro che da lì a poco la sua vita avrebbe avuto un drastico cambiamento.

Due mesi dopo.
“Livy sei pronta? Oggi ti accompagno io a scuola” chiamò Ben riponendo le tazze, alcuni piatti e delle posate, usate per la colazione, all’interno  della lavastoviglie.
“Come si cambia, due mesi fa avrei lasciato tutto sopra il tavolo e …chi se ne frega…” rise tra sé il giovane poliziotto che aveva dovuto cambiare drasticamente le sue abitudini, ma a lui ora stava bene così.
Era riuscito ad avere in affidamento Livyana.
Ne era felice ed anche orgoglioso e al momento gli sembrava di non poter chiedere di meglio, malgrado la sua  vita  e la sua ‘routine’ quotidiana fosse stata decisamente stravolta.
Inoltre Ben aveva un sacco di ferie arretrate, un paio di giorni al mese li avrebbe sfruttati per stare a casa con Livyana, voleva che dopo gli avvenimenti passati, trascorresse il minor tempo possibile in compagnia di una baby sitter.
Inoltre la bambina era stata in un certo senso adottata anche dalla famiglia Gerkhan e soprattutto con Aida, Livyana si trovava molto bene, avendo la stessa età e gli stessi interessi.
Anche alla figlia maggiore di Semir Ben aveva regalato una chitarra ed ora con l’aiuto di Livyana, la stava imparando a suonare.
Semir non ne era molto entusiasta all’inizio, ma poi alla fine se ne fece una ragione vedendo l’affiatamento e la passione che univa le due bambine.
“Livy rischiamo di fare tardi…”
Dopo l’ennesimo richiamo di Ben la bambina uscì dal bagno e si diresse verso la sua cameretta.
“Eccomi sono pronta” disse pronta per andare a scuola, ma poi si bloccò come pietrificata.
Davanti a lei stava Ben con un’espressione alquanto seria e teneva in mano una busta.
“Cos’hai in mano?” chiese quasi balbettando la piccola.
“Secondo te” replicò serio Ben, aggrottando la fronte.
“Beh, è una busta” ribatté quasi impaurita la piccola.
“Tieni, apri e vedrai” rispose sempre serio Ben mentre gliela porgeva.
La piccola prese la busta e se la rigirò tra le mani.
“Devo preoccuparmi Ben?” chiese cupa.
“Secondo te?” rispose di nuovo e sempre serio il ragazzo.
“Beh, a scuola sono brava, hai visto anche tu i voti che porto a casa, non litigo con le altre bambine, non faccio a pugni coi bambini…con Aida vado d’accordo…Non ti faccio arrabbiare, e ti lascio vedere le partite di calcio quando magari io vorrei vedere ‘NCIS Los Angeles’ con te…” disse tutto d’un fiato la piccola.
“Dai su apri” la incitò Ben sorridendo “…e poi ‘NCIS’ lo possiamo registrare e guardarlo insieme un altro giorno, cosa che con una partita di calcio non si può fare…”
“Sì può fare” rimbeccò la piccola.
“Certo, ma non è la stessa cosa…una partita registrata non ha senso, va vista in diretta!”
“Uff” sbuffò la bambina, poi aprendo la busta il suo visino s’illuminò.
 “Ma questi…questi…sono tre biglietti per il concerto di Tom Beck…” balbettò felicissima la piccola.
“Sì uno per te, uno per me e uno per Aida”
“Che bello tutti e tre, ma questi sono i biglietti ‘Vip’, sono introvabili…”
“Certo, ma senti un po’… con chi credi di aver a che fare…e poi io ho un canale privilegiato… diciamo che lo conosco bene. Una volta io e la mia band abbiamo suonato prima di un suo concerto. Siamo restati in contatto, sai tra artisti capita…che dici gli chiedo se durante l’esecuzione di Almost you…potete suonarla assieme?” sogghignò il ragazzo.
“Sarebbe fantastico, certo che sì, adoro Tom Beck e anche Aida”
“Potrei diventare geloso…” scherzò Ben.
“Di chi? Di Tom Beck? Ma stai scherzando? Tu sei meglio di Tom Beck… e fidati tu sei più bello e …e sei un poliziotto, il mio eroe e mi proteggerai per sempre, ecco!”
Ben si sentì morire, nessuno mai in vita sua lo aveva fatto sentire così importante.
Era orgoglioso e nello stesso tempo spaventato.
Aveva promesso ai genitori della piccola che avrebbe vegliato su di lei anche a costo della sua stessa vita e si augurò di poter mantenere quella promessa anche in futuro.
“Ti voglio bene, Ben!” disse la piccola riportandolo alla realtà e per l’ennesima volta Livyana lo abbracciò forte.
L’ennesimo tenero e affettuoso abbraccio di un’infinita serie di abbracci che ci sarebbero stati tra i due.
FINE.
 
Epilogo, Note dell’autrice & Angolino musicale:
Bene cari lettori siamo giunti alla fine di questa storiella.
Posso già dirvi che il mio alter-ego Grimilde, mi ha ‘invogliato’ a scrivere altre f.f.… dovrete avere solo un po’ di pazienza…e almeno due storielle avranno ancora per ‘co-protagonista’ la piccola Livyana, personaggio nato per caso, ma a cui mi sono molto affezionata.
Come sempre desidero ringraziare chi ha letto questa storia, chi l’ha inserita tra i preferiti, ricordate, seguita.
Un immenso grazie va a Furia76 e Claddaringh8 per le loro puntuali, bellissime, struggenti e poetiche recensioni che risultano più belle del capitolo stesso e che sono spesso fonte di innumerevoli spunti.
Ringrazio la ‘Vera Liviana’ che si è prestata a questo ruolo per me così importante (spero che essere trasformata nella piccola Livyana ti abbia fatto piacere).
Infine non potrei mai dimenticare la mia preziosissima, stupenda, nonché Amica 'Beta' Maty, che tra lavoro, famiglia e tutto il resto trova sempre tempo per me, dispensando consigli (e non solo virgole!). TVB Maty!!!
Bene vi lascio l’ultima canzone di questa storiella; sarebbe stata quasi scontata, visto che Bennuccio ora dovrà ‘crescere’ e prendersi cura di Livyana, ‘La cura’ di Battiato, ma odio essere scontata anche se era scontatissimo che Bennuccio non sarebbe finito al cimitero nemmeno stavolta, ma un giorno chissà... Quindi per i miei tre impavidi ‘moschettieri’ (così battezzati da Furia) o per le mie ‘anime complicate’ (così create da me) ho scelto Laura Pausini ‘Simili’
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=lhkSOFi8EdE
Sono scappata via quando mi sono vista dentro a un labirinto senza decidere Ma arrivi tu che parli piano e chiedi scusa se ci assomigliamo arrivi tu da che pianeta? Occhi sereni anima complicata Io cosi simile a te a trasformare il suono della rabbia io cosi simile a te un bacio in fronte e dopo sulle labbra la meraviglia di essere simili la tenerezza di essere simili la protezione di essere simili Non mi domando più se ci sarà qualcuno a tendere la rete pronto a soccorrere me lo ricordi tu chi vola impara a sfottere le sue cadute come a difenderle e cosi fai tu e nascondi pianola tosse e il cuore nella stessa mano arrivi tu che sai chi sono Arrivi tu che fai passare la paura di precipitare…
 
 
 

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