Il dono di una madre... di Strega1981 (/viewuser.php?uid=561167)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo_La notte dell'addio. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1_Angelica. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2_La Pitonessa. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3_La Rivelazione. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4_Miride. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5_Lisandra. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6_Demoni. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7_Nelle Terre di Nord Ovest. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8_Un Aiuto dal Cielo. ***
Capitolo 1 *** Prologo_La notte dell'addio. ***
Prologo_La Notte dell’Addio.
La giovane donna dai lunghi capelli biondi correva nel buio della foresta, le braccia candide che sanguinavano copiosamente a causa dei graffi provocati dai rovi…
Fuggiva da ore, un fagotto stretto al petto, il corpo debole e reso fragile dalle recenti fatiche del parto, la magia che, pur scorrendole ancora nelle vene, non le era di alcun aiuto.
Non poteva usare la magia…non doveva…o lui avrebbe potuto trovarla…
In realtà, già sapeva che l’avrebbe trovata…era solo questione di tempo…di ore forse…o di minuti.
E per lei, ogni minuto era prezioso come la vita…quella stessa vita che ora custodiva tra le braccia sempre più stanche…
Un’ombra maligna oscurò la luna per un istante…e la strega si appiattì contro il tronco scuro di una quercia azzurra, trattenendo la propria aura magica con un rapido incantesimo che sperava le avrebbe permesso di non farsi avvertire dal demone.
L’ombra aleggiò ancora sopra le cime degli alberi, muovendo la testa fumosa a destra ed a sinistra…poi si spostò, emettendo un grido rauco ed allontanandosi verso sud.
Nello stesso momento, un flebile vagito, proveniente dal piccolo involto di tessuto che la donna stringeva a sé con tenacia, ruppe il silenzio.
Lei chinò il volto pallido su di esso, il sorriso colmo d’amore e di pena.
“Ssst…buoni piccoli miei…buoni…siamo quasi arrivati…”
Guardò verso l’alto, ma l’ombra non ritornò…forse l’aveva vista…forse no…ma almeno le dava il tempo di fuggire ancora…
In quel silenzio quasi assordante, il suo udito acuito dalla disperazione avvertì un gorgoglìo…un suono echeggiante di onde e di sassi che rotolavano nell’acqua…
Gli occhi grigio azzurri le si dilatarono, e nella gola le vibrò un singulto di speranza.
Il mare…
Sospirò, le lacrime che iniziavano ad affacciarsi dalle sue iridi chiare.
“Finalmente…gli Dei mi hanno assistita…”
Animata da una nuova speranza, da una nuova determinazione, la donna riprese la propria corsa…e nel giro di pochi minuti, che a lei parvero comunque ore, il grande Mare delle Sirene le apparve davanti in tutta la sua maestosa immensità.
La giovane madre corse fino al punto in cui batteva l’onda, inginocchiandosi sui sassi lisci e tondi e guardandosi attorno, nell’intento di scorgere almeno una piccola imbarcazione, anche abbandonata…anche distrutta.
L’avrebbe riparata con la magia…se solo…
Un grido le gelò il sangue, e la figura minacciosa del demone di fumo nero torreggiò su di lei…volando via subito dopo.
Strinse più forte al seno i bambini…ma era troppo tardi.
Per lei…e per i suoi figli.
“No…no!”
Lui…lui stava arrivando…la creatura demoniaca forse aveva avvertito la sua presenza nella foresta…o forse aveva sentito la magia dei bambini…quella magia che lei, indebolita dal parto, non era riuscita ad occultare…
O magari, molto più semplicemente, aveva rifatto il giro di poco prima…e l’aveva vista correre sulla spiaggia.
Erano tutte ipotesi plausibili…ma la certezza era una sola.
Lui l’aveva trovata…ed il suo tempo stava per scadere.
Sentendosi già sconfitta, la strega bionda premette la fronte sul panno che avvolgeva i suoi piccoli…quindi rialzò il capo, scostandolo con le dita sottili…sospirando dolorosamente nel guardare i minuscoli visi dei bambini che dormivano tranquilli l’uno accanto all’altro.
E le lacrime, che fino a poco prima aveva trattenuto, le scorsero roventi sulle guance diafane.
“Non ce l’ho fatta…non sono riuscita a salvarvi…perdonatemi, bambini miei…”
Ricordi amari come fiele le si riversarono nella memoria, al pensiero di quanto aveva…amato, quell’uomo dal quale ora fuggiva…un essere spietato che, dietro ad un volto d’angelo, nascondeva tutto il male che gli Dei fossero stati in grado di generare…
Aveva sperato che il suo amore lo avrebbe redento, salvato…ma lui non cercava alcuna redenzione…e non anelava l’amore.
Lui voleva solamente un erede…e doveva generarlo con una strega perché fosse abbastanza potente da ereditare, un giorno, il suo trono di malvagità…
Spalancò gli occhi nel buio, folgorata da un’improvvisa consapevolezza.
Un erede…lui voleva un erede…e sapeva che quell’erede era nato…
Ma non sapeva…almeno non ancora…che il suo tanto agognato discendente non era venuto al mondo da solo.
E quel segreto, forse, poteva essere l’unica via della salvezza.
La strega dai capelli biondi si riscosse, girando lo sguardo intorno a sé con apprensione…un vento gelido di morte proveniva dalla foresta che si era appena lasciata alle spalle, facendola rabbrividire…segno che lui si stava avvicinando.
Il tempo…quel tempo che poteva osservare srotolarsi infinito dinnanzi a lei…ora le appariva come un carceriere crudele…che non le lasciava scampo…
Doveva fare presto…doveva scommettere su quella flebile, remota possibilità.
Anche se per farlo, avrebbe dovuto spezzare il proprio cuore in due…
Decisa ormai a compiere quella scelta che ogni madre avrebbe riconosciuto come lacerante, posò sulla spiaggetta sassosa l’involto che sino a quel momento aveva tenuto serrato contro il petto, e si alzò in piedi, puntando un braccio verso gli scogli poco distanti, sui quali vedeva crescere le canne sottili dei flauti di mare…
Un grosso fascio di quelle piante resistenti e nodose si staccò dalle rocce, volando fino a lei…rapidamente, utilizzando adesso senza più ritegno la magia che si era negata fino ad un attimo prima, intrecciò gli steli flessibili in un canestro, e quando fu pronto, lo depose accanto ai suoi figli addormentati.
Con il cuore stretto in una morsa, si inginocchiò ed aprì la coperta candida con la quale li aveva avvolti per fuggire, fissando per l’ultima volta le piccole teste accostate, l’una bruna, l’altra bionda.
Chissà per quanto tempo, non avrebbe potuto rivederli così vicini…forse mai più, per tutto il resto della propria esistenza…ma almeno, avrebbe dato loro una speranza di ritrovarsi…un giorno.
La donna alta e pallida estrasse dal fagottello il neonato con i capelli biondi, stringendolo forte a sé prima di infilarlo con dolcezza nel cestino di giunchi…ed accarezzò con la punta delle dita, il petto che le spasimava di dolore, il visetto angelico della bambina.
Sospirò, trattenendo i singhiozzi e chinandosi per baciarla con infinita tenerezza.
“Piccola mia…perdonami, se puoi… Lasciarti, è l’unico modo per salvarti…e per salvare tuo fratello… Se vi trovasse entrambi, nessuno di noi avrebbe più scampo dalla sua smania di distruzione… Tu sei la nostra…la sua unica speranza…”
Incapace di lasciarla andare, strinse il pugno sul suo minuscolo torace…sentendo le unghie che le si conficcavano nella carne…
Una goccia scarlatta fece capolino tra le sue dita…e la strega bionda ebbe un’idea…mentre il vento gelido dietro di lei aumentava d’intensità.
Si guardò le mani, e con forza ripeté il gesto, piantandosi le lunghe unghie nei palmi, lasciando scorrere il sangue che, magicamente, si fermò a mezz’aria, formando due pietre scintillanti.
Con il dito indice, mentre le ferite le si rimarginavano, tracciò sulla superficie dei due rubini altrettante linee sinuose, formando alcune lettere.
Una L…ed una T…
Afferrò la prima, e continuando a tracciare spirali nell’aria, attingendo materia impalpabile dall’acqua del mare e dalla spuma che si liberava dalle onde, la circondò di un castone argentato e la appese ad una catenella d’argento…
Pose poi il gioiello, creato dal suo sangue e dal suo potere, nel cestino, tra le pieghe delle fasce che avvolgevano la bimba.
Quindi prese il cesto tra le braccia, iniziando ad avvicinarsi all’acqua e parlando con dolcezza alla bambina dormiente.
“Ti chiamerai Liomea, piccola mia… Anche se ora ci separiamo, sappi che non smetterò mai di amarti…e di pensarti… Tu crescerai lontana da noi…dove sarai al sicuro…ed un giorno, che io esista ancora oppure no, salverai tuo fratello… Lui vuole un erede maschio…non ti seguirà…non ti cercherà…e non saprà mai che sei esistita…”
Un’onda le bagnò i piedi, schizzandole il vestito di broccato celeste…la donna si curvò sull’acqua, appoggiandovi il suo prezioso fardello…il cestino iniziò subito a galleggiare, ed il moto ondoso lo allontanò rapidamente dalla riva…portandolo sempre più al largo.
Devastata, la strega dai capelli biondi si lasciò cadere in ginocchio in mezzo alla risacca, ignorando l’abito ormai fradicio, perché il freddo del mare non era nulla, in confronto al gelo che sentiva dentro il proprio ventre…privato per sempre di ciò che aveva appena generato.
Senza accorgersene, cominciò a cantare…una nenia dolce e struggente…l’ultimo addio a sua figlia.
“Se mi cercherai…non mi troverai…
Se mi penserai…nel cuore tuo mi avrai…
Portami con te…figlia dell’amore…
Portami nel cuore…per tornare a me…
Cerca la tua via…intrecciala alla mia…
Cerca la magia…sempre dentro te…
Cercala ogni istante…ti porterà da me…”
Il cestino galleggiò in lontananza, fino a scomparire tra i flutti…e con un boato, un turbine di vento e di tempesta si abbatté sulla spiaggia, assieme ad un urlo di furore.
La giovane donna corse accanto al figlio che aveva fino a quel momento lasciato da solo…proprio nell’attimo in cui, tra fiamme e fumi di zolfo, un uomo circondato da soldati di pietra e da demoni neri faceva la propria apparizione davanti ai suoi occhi terrorizzati.
Lei prese in braccio il bambino, stringendolo forte a sé…per proteggerlo…o almeno per provarci.
Niente, purtroppo, poteva ormai evitargli il suo destino maledetto…
A cavallo di un enorme stallone nero come la notte, i cui occhi fiammeggianti erano spaventosi quasi quanto quelli del suo padrone, il potente mago si fermò a pochi passi da lei, facendo inalberare il destriero che sputò lingue di fuoco dalle froge.
Lo stregone, il cui volto era bellissimo almeno quanto era crudele la sua anima nera, la squadrò con arroganza e scherno, scrutando prima il mare alle sue spalle, e poi il fagotto che teneva stretto al seno.
Rise, una risata divertita…nella certezza della propria vittoria.
“Ben trovata, mia dolce Xellesia… Posso immaginare quale fosse il tuo piano…e posso dirti che esso è miseramente fallito…”
Inarcò un sopracciglio, lisciandosi la barbetta scura e scuotendo i lunghi capelli castani.
“Se non erro, avevi intenzione di raggiungere Tir Na Gog…l’isola evanescente che nemmeno io posso trovare… Mi duole dirti, che streghe più potenti di te non sono riuscite ad approdarvi… Solo l’innocenza può posare il piede sulle sue spiagge, e tu, mia dolce sposa, quell’innocenza l’hai perduta per sempre…”
Scese da cavallo, avvicinandosi a lei con sguardo duro…le iridi verdi che brillavano malvage nel buio della notte.
“Non ti ho mai chiesto di amarmi, Xellesia…come non ti ho mai promesso amore… Io non so amare…ho maledetto me stesso e la mia anima per divenire ciò che sono… Ma ti ho promesso poteri inimmaginabili…se tu mi avessi dato l’erede che desideravo… E proprio adesso che questo mio figlio nasce…tu tenti di portarmelo via… Dovrei ucciderti…e se vuoi saperlo, desidero ucciderti…”
Xellesia rabbrividì, ma non smise di stare eretta e fiera davanti a lui…
Lo aveva amato moltissimo…stregata dal suo fascino, dal suo potere e dalla sua bellezza…ed aveva desiderato ardentemente fargli conoscere l’amore…donargli un nuovo futuro…un nuovo trono che non fosse costruito sul sangue…
Ma ora…ora sentiva solo disprezzo…e se lui voleva ucciderla, non lo avrebbe fatto mentre lei lo supplicava…
Suo figlio, comunque, sarebbe vissuto…il resto non contava…e dopo quanto era accaduto, lei in fondo era già morta.
La giovane strega annuì, ferma.
“Allora uccidimi, Darken… Macchia con il mio sangue le fasce che avvolgono tuo figlio… In fondo, quale modo migliore per donargli un futuro di morte e malvagità…?”
Lo stregone la fissò a lungo, ma un istante dopo esplose in una nuova risata, che echeggiò per tutta la spiaggia solitaria.
Darken le andò più vicino, passando le mani tra quelle della donna e la copertina che proteggeva il neonato…la sua voce suadente si abbassò, mentre prendeva in braccio il bambino.
“Ho sempre ammirato il tuo coraggio, mia bellissima Xellesia… E comunque, mi compiaccio nel vedere che, sapendoti sconfitta, non hai insistito nel tuo proposito… Ora, lascialo a me…lui è mio.”
Xellesia lottò contro il desiderio di trattenere il suo piccolo, e permise che lui glielo togliesse dalle braccia…chinando la testa in un gesto d’accettazione.
Darken doveva pensare che lei, giunta di fronte all’ostacolo insormontabile del mare, troppo indebolita per poter materializzare una qualche imbarcazione, avesse rinunciato al proprio intento di fuga…e spiandone l’espressione compiaciuta, la donna avvertì un impercettibile, ma tenace sollievo, farsi strada nel suo cuore straziato.
Si…lo stregone non aveva il minimo sospetto che un’altra creatura, sfuggita al suo controllo, fosse nata quella notte…aveva il suo tanto agognato delfino tra le mani…e null’altro gli importava.
La strega bionda si morse il labbro, imponendosi di non piangere.
Sentirsi strappare via l’ultimo dei suoi figli era come farsi dilaniare il petto…ma quella consapevolezza, assieme al segreto che portava racchiuso nell’animo…ed alla speranza che dondolava sulle onde nel cestino di giunchi, l’avrebbe aiutata a sopravvivere.
Ignaro dei pensieri che attraversavano la mente della sua giovane sposa, Darken alzò verso il cielo stellato l’infante, che sentendo l’aria fredda si svegliò e si mise a piangere…il mago rise, soddisfatto.
“Si…piangi figlio mio! Annuncia la tua nascita al mondo intero ed agli Dei che io stanotte mi accingo a sfidare! Altri pianti si alzeranno, un giorno, quando tu occuperai accanto a me il trono che ti spetta! Dolore e sciagura attenderanno coloro che oseranno sfidare la tua potenza! Ed i comuni mortali piegheranno il capo di fronte al tuo potere, che aprirà la strada al mio regno di distruzione e di morte, e che mi affiancherà per cancellare ogni traccia di quell’amore con cui gli uomini hanno corrotto il mondo!”
Il bambino pianse più forte, e Darken lo tenne tra le braccia, cullandolo in un gesto che chiunque avrebbe potuto interpretare come amore paterno…se lui non fosse stato quanto di più lontano esistesse, dall’amore…
Il potente stregone alzò gli occhi sulla donna bionda rimasta a poca distanza, annuendo soddisfatto.
“Questa notte mi hai reso molto felice, mia cara sposa…per questo, ti faccio grazia della vita… Tu alleverai mio figlio, fino a che egli non sarà pronto per rivendicare il proprio possesso sul mondo dei mortali… Quando sarà il momento, e sarò nuovamente certo della tua fedeltà, vi donerò un regno… Fino ad allora, vivrai con me e con il bambino nel vulcano Nekrad, ai confini del mondo, ove io ho il mio, di regno…quello stesso regno di cui avresti potuto essere regina, se l’illusione dell’amore non ti avesse portata a compiere cotante sciocchezze.”
Il cuore già sanguinante di Xellesia spasimò, annientato da quell’ultima, terribile notizia.
Lei era cresciuta nel bosco delle fate…in mezzo agli gnomi…ai fauni…agli elfi ed ai folletti…
Come tutte le streghe, era stata generata da un mago e da una ninfa…e fino a che non lo aveva incontrato – lui, Darken, il più potente tra i maghi – era vissuta nella spensieratezza e nella gioia luminosa di quel luogo magico.
A nulla erano valsi gli avvertimenti di sua madre, che si era ritrasformata per sempre in albero, un faggio blu, ripudiandola davanti al suo rifiuto di abbandonare quell’amore folle ed impossibile.
Suo padre, il mago della Brughiera del Nord, l’aveva abbandonata alla nascita, su richiesta di sua madre, che non aveva voluto lasciare i propri luoghi natii…ma Xellesia non aveva mai sentito la sua mancanza…felice com’era di abitare in quel posto bellissimo e colmo di magia.
Ed ora, lo avrebbe lasciato per sempre…per vivere in quel vulcano spaventoso che aveva sentito nominare sottovoce dalle rondini e dalle cicogne…
Le uniche, e sole, che osavano spingersi così a nord nel mondo conosciuto, e che si tenevano prudentemente lontane dalle sue pendici roventi.
Si era innamorata follemente di quello stregone dagli occhi ammaliatori e dal potere incalcolabile, e per quell’amore insensato stava perdendo tutto…
Aveva perduto sua madre, che la rinnegava come figlia…aveva perduto i suoi amici, le creature magiche della foresta, che da quando era rimasta incinta la tenevano a distanza, fissandola con sospetto e sgomento…ed ora perdeva l’unico luogo che potesse chiamare casa…
Ma lo meritava…meritava soltanto quello…e l’unica cosa che chiedeva, ormai, era di poter crescere suo figlio…la sola ragione di vita che le fosse rimasta.
Annuì, obbediente…e Darken le sorrise, ferocemente soddisfatto.
“Bene… Ti faccio un altro dono che non meriteresti, ma che dovrebbe darti l’idea della mia contentezza, davanti a questo splendido maschietto che tu hai generato per me. Se hai pensato ad un nome, ti consento di darglielo… E sarà questo nome, a diffondere il terrore in ogni angolo del mondo…”
Xellesia alzò un poco il volto, fissando il bambino.
“Io…pensavo di chiamarlo…Tarabas…”
Lo stregone parve pensarci su, e subito dopo, sempre con il bimbo tra le braccia, salì a cavallo, tendendole la mano.
“E sia, mia dolce Xellesia… Ora andiamo, la strada per il Nekrad è lunga…anche con la magia…”
La donna esitò un istante, ma poi stese il braccio, afferrando le sue dita bollenti e lasciandosi tirare sulla groppa della gigantesca cavalcatura.
Con un grido, Darken spronò l’esercito ed i demoni che lo circondavano, e nel giro di un battito di ciglia furono in viaggio, il vento che frustava i loro volti nella corsa verso i confini del mondo.
Xellesia avvertiva il corpo bruciarle, dal desiderio di voltarsi un’ultima volta verso il mare…ma resistette al proprio impulso di madre, e non si girò…
Voltò così per sempre le spalle a quelle onde alle quali aveva affidato sua figlia…ed assieme ad esse, voltò le spalle anche al proprio cuore.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1_Angelica. ***
Capitolo 1_Angelica.
“Colui che ama sarà riamato… Tornerò da Angelica…e se la renderò felice, forse un giorno, imparerò ad esserlo anch’io…”
“Aiutami ad amarti, dolce Angelica…ed insegnami ad essere felice…”
L’alta figura stava accanto alla finestra, appoggiata ai tendaggi di seta preziosa, osservando dall’ombra del palazzo reale la vita che scorreva al di fuori delle sue immense sale, decorate con mosaici d’oro e d’argento.
Tarabas faceva vagare il proprio sguardo penetrante, dal cortile del castello, fino alle Colline Blu, che erano state il suo rifugio quando aveva deciso di abbandonare quel male che sembrava perseguitarlo…e che desiderava solamente lasciarsi alle spalle, dimenticando ciò che era stato un tempo…e cercando di vivere in armonia con il resto del creato…
Soltanto tre primavere prima, aveva detto ad Angelica quelle frasi…ma mai, avrebbe pensato che si sarebbero avverate in modo tanto completo e meraviglioso.
La sua scelta di restare al fianco della ragazza che aveva dimostrato di amarlo più di qualsiasi altra cosa, al punto di seguirlo fino ai confini del mondo e di rischiare la vita per lui, era stata dettata dalla…tenerezza, che Angelica gli aveva fatto nascere nel cuore…con i suoi capricci forse…ma anche con i suoi occhi pieni d’amore…e di desiderio di lui…un desiderio che mai, avrebbe creduto di poter leggere così intensamente negli occhi di qualcuno.
Certo, dimenticare non era stato semplice…poiché per lungo tempo il pensiero di Fantaghirò lo aveva tormentato…ma poi le lune erano passate…e la sua immagine aveva assunto i contorni sfocati del ricordo…sostituita dalla figura luminosa di Angelica…e dal suo sorriso radioso.
Era così bello, vederla felice…e lui, giorno dopo giorno, aveva scoperto di iniziare ad…amare…quella creatura che a volte sapeva essere esasperante…ma che altrettante volte riusciva a riempire il suo cuore indurito di emozioni che non pensava di poter provare…non per un'altra donna che non fosse Fantaghirò…
Si…ogni giorno accanto ad Angelica si era rivelato un’incredibile scoperta…e la serenità che aveva sostituito i tormenti dovuti al dolore di aver perduto sua madre proprio nel momento in cui credeva di averla ritrovata…e di aver scoperto che razza di demone fosse suo padre…quel padre che neppure aveva mai pensato di avere…quel padre che nemmeno ricordava…prima di quell’incontro terrificante con la personificazione stessa del male…era stata un balsamo per il suo animo lacerato dal dolore e dalla perdita.
Angelica aveva medicato il suo cuore…gli era stata accanto ogni momento…non lo aveva mai abbandonato…ed aveva atteso con pazienza che fosse lui, ad avvicinarsi a lei.
Era maturata, lasciando da parte i capricci – sebbene talvolta avesse qualche piccolo…ritorno, ai vecchi difetti – e le bizze che tanto l’avevano resa insopportabile all’inizio…ed imparando a stare in silenzio, godendo semplicemente della gioia serena di averlo vicino.
Erano trascorse le stagioni…e piano piano, Tarabas aveva compreso che un nuovo sentimento, stava prendendo il posto dell’iniziale tenerezza…che Angelica se non c’era gli mancava…e che iniziava a venirgli…naturale…immaginare un futuro con lei.
L’uomo che era stato il mago più temuto della terra, aveva scoperto che l’amore poteva essere anche pace…e felicità…e non solo tormento e tristezza.
Poiché se Fantaghirò gli aveva fatto scoprire quel sentimento…era stata Angelica, a tramutarlo in realtà…ed a fargli comprendere che più che di amare, gli esseri umani avevano un bisogno disperato di sentirsi amati.
E lui, prima di Angelica, non si era mai sentito così amato da nessuno…
C’era voluto altro tempo, quando aveva capito di amarla a propria volta, per consentire al loro nuovo amore di realizzarsi…
Re Thor non aveva dimenticato il suo duello con Rufus…non aveva scordato l’umiliazione che Fantaghirò gli aveva inflitto…ed a lungo l’aveva accusato della perdita di quello che era stato, comunque, suo figlio secondogenito.
Ma gli anni passavano anche per il sovrano del Regno della Pagoda d’Oro, e scomparso Rufus, il suo trono aveva comunque bisogno di eredi…
Così, poiché Angelica non avrebbe mai accettato al proprio fianco nessuno che non fosse Tarabas, e visto e considerato che come principessa rimaneva soltanto lei, Re Thor aveva stabilito che un mago, come genero, non era poi forse la disgrazia che poteva sembrare…soprattutto perché Tarabas aveva ormai dato più di una prova del fatto di aver abbandonato la via del male.
In una notte stellata, durante il passaggio di una cometa, colui che era stato il più potente dei maghi e la principessa dei Territori d’Oriente si erano uniti in un matrimonio segreto, ed il popolo aveva saputo di tale unione solamente a cose fatte.
Nessuno aveva protestato, e Tarabas, da quel momento, era divenuto il successore del re, il principe che avrebbe preso il suo posto se mai avesse deciso di abdicare, al fianco dell’erede legittima, la principessa Angelica, ora sua sposa.
Ed era accaduto, incredibilmente, poiché circa un anno dopo, con il sopraggiungere della seconda primavera, Tarabas aveva lasciato il Regno con un piccolo manipolo di soldati, diretto al vulcano Nekrad, determinato a recuperare ciò che poteva essere rimasto delle spoglie della sua povera madre.
A lungo aveva riflettuto su quel proposito, ma ora che aveva trovato qualcosa di simile alla felicità, non riusciva a pensare al corpo di Xellesia, abbandonato in quel luogo di morte, privo di sepoltura.
Sua madre si era sacrificata per loro, per salvarli…dimostrando in quell’unico gesto tutto l’amore che gli aveva sempre negato e taciuto…e lui voleva averla vicina…anche se solo nella memoria ed in una tomba sulla quale portare un fiore.
Il Re si era opposto fermamente a quell’idea, sostenendo che, anche se Darken era stato sconfitto, il vulcano rimaneva comunque un luogo pericoloso…ma Angelica, come sempre, si era ribellata al padre, ed aveva appoggiato il marito…un gesto che aveva commosso Tarabas nel profondo, e che aveva accresciuto il suo…amore, per la dolce principessa che in ogni istante, cercava di dimostrargli quanto lo amasse, e quanto desiderasse renderlo felice.
Lui ed i soldati del Re avevano viaggiato per molti giorni, ed una volta giunti al vulcano, erano riusciti a ripercorrere a ritroso la strada attraverso la quale Tarabas, Angelica, Fyodor, Fantaghirò, la Strega Nera e Parsel erano fuggiti tempo addietro…ritrovando, ancora perfettamente intatto, il corpo della Strega Xellesia…ma non solo.
Infatti, mentre i soldati provvedevano a fasciare le spoglie mortali della madre di Tarabas così da poterla trasportare degnamente fino al loro paese, un giovane armigero aveva esplorato quello che era stato il cuore del regno di Darken…ed aveva gridato, apparentemente spaventatissimo, attirando l’attenzione di tutti e facendo accorrere Tarabas per mostrargli ciò che aveva scoperto.
Lì, nelle infuocate sorgenti della sala del trono, galleggiava un altro corpo…il corpo di Rufus, anch’esso intatto, ma pietrificato…vittima dello stesso incantesimo da cui, anni prima, era stato colpito il principe Romualdo.
Tarabas si era dato dello stupido, per non averci pensato già allora…ma era ovvio che l’acqua del vulcano, per quanto rovente, avesse le stesse proprietà e gli stessi poteri di quella che un tempo avevano infettato i suoi soldati d’argilla.
Darken, sebbene gli fosse ancora difficile accettare quell’idea, era comunque suo padre…le loro magie avevano la stessa origine…quindi, nel mettere in atto il proprio gesto disperato, Rufus aveva sofferto sicuramente molto più di Romualdo, ma come avevano poi accertato gli indovini di Re Thor, non era morto…si era tramutato in pietra…e solo una cosa avrebbe potuto rompere quell’incantesimo.
Un bacio…il bacio di un amore vero…un bacio che purtroppo nessuno poteva dargli, perché nessuno, durante la sua sfortunata esistenza, aveva amato Rufus…
Non sua madre, che era morta nel darlo alla luce…non suo padre, che lo aveva incatenato come una bestia…né il suo popolo, che a malapena sapeva della sua esistenza.
Solo Angelica, in verità, provava un po’ di affetto per quell’essere infelice che era stato il suo fratellino più piccolo…ma non era abbastanza.
Rufus era perciò condannato a restare per sempre pietrificato, in una sembianza eternamente giovane…conservando almeno l’aspetto umano che Darken, in un gioco crudele, gli aveva donato prima che morisse…
Rivedendo le spoglie di quel figlio al quale non aveva dato nulla, se non la grazia della vita, Re Thor aveva perso ogni sua baldanza…ogni arroganza…e dopo aver ringraziato Tarabas per averglielo riportato, aveva scelto di abdicare…
Aveva dato ordine che la torre nella quale un tempo il principe era stato segregato venisse trasformata nel suo mausoleo…gli aveva fatto preparare un letto d’oro ove ogni giorno otto ancelle portavano fiori freschi e profumati…l’aveva fatto vestire con abiti consoni al suo rango, e passava le giornate a vegliarlo incessantemente, espiando così la colpa di non averlo amato a sufficienza quando era in vita.
Era un uomo diverso, oramai, il re…come lo era Tarabas, che aveva assunto il comando del regno cercando di farsi amare dai propri sudditi, sincerandosi che a nessuna famiglia mancasse il pane, ed amministrando la giustizia con saggezza e benevolenza.
Con la poca magia che gli era rimasta, indebolita dalla sua determinazione di non usare mai più i propri poteri malvagi, cercava di far sì che le terre fossero sempre fertili e l’acqua abbondante…che la carestia e la fame stessero lontane dai loro confini e che nessuno avesse da patire l’indigenza e la povertà.
Oramai, si era rassegnato all’idea che la sua magia si fosse quasi esaurita, ma non gli importava…gli importava solo di Angelica, del regno che era stato affidato ad entrambi, e del futuro che sembrava attenderli…e che lei gli offriva a piene mani, innamorata e felice.
Nel tempo, il popolo aveva smesso di temerlo ed aveva iniziato ad amarlo…numerosi erano i contadini che venivano da lontano per sottoporgli i loro problemi…le stesse voci che un tempo lo avevano insultato, ora lo lodavano e lo benedicevano.
Ed anche Angelica, nel suo nuovo ruolo di regina, era cambiata profondamente.
Abbandonando il proprio infantile egoismo, aveva incominciato ad interessarsi dei problemi della gente, aveva destinato alcune sale del palazzo al ricovero degli anziani e degli orfani, e visitava regolarmente le case dei sudditi più poveri, portando loro aiuto e conforto.
Il regno prosperava, sotto la nuova guida, ed un avvenire luminoso pareva a portata di mano…soprattutto da quando, circa sei lune prima, la dolce Angelica aveva dato a Tarabas una notizia a dir poco straordinaria.
Con gli occhi lucidi di lacrime di gioia, gli aveva confidato di aspettare un bambino…e Tarabas, che mai aveva accarezzato l’ipotesi di diventare padre, aveva sentito il proprio cuore colmarsi di una felicità che non pensava potesse esistere…e che di certo non credeva riservata a lui.
Malgrado avesse capito molto presto di amarla, ci aveva messo un po’ ad essere…un vero marito…per lei…
La prima notte che avevano condiviso, era accaduta assai dopo le loro nozze…perché Angelica, ovviamente, non aveva alcuna esperienza…e perché Tarabas, dentro di sé, temeva ancora di farle del male.
Tuttavia, una sera in cui la luna splendeva alta nel cielo, al punto che era difficile scorgere la luce delle stelle, la sua dolce sposa aveva bussato alla porta dei suoi appartamenti…e Tarabas, andando ad aprire, se l’era trovata davanti…bellissima in quella veste rosa che ne lasciava intravvedere il corpo meraviglioso a malapena celato dal velo trasparente…emozionata e rossa in viso…non più sfacciata…ma solo desiderosa di amarlo…e prendendola in braccio per condurla sul letto, aveva compreso che non c’era niente, che avrebbe potuto fare per farle del male…
Da quella notte, molte altre si erano succedute…una più appassionata e meravigliosa dell’altra…ed ora, il risultato di quell’amore e di quella passione, di quel nuovo sentimento che aveva cambiato entrambi, cresceva nel grembo di Angelica.
Anche il Re Thor era stato lieto della notizia, ed aveva bandito grandi festeggiamenti, nei quali era stato coinvolto persino il popolo.
Quando la gravidanza della regina si era fatta evidente, molte feste avevano iniziato a rallegrare le piazze ed i paesi…cibo e doni erano stati distribuiti fin nelle province più remote del Regno…ed altrettanti doni avevano cominciato ad arrivare, sia dai territori del reame che da quelli confinanti, assieme agli auguri di lunga vita e prosperità per i giovani sovrani e per il loro erede.
Ma proprio quando Tarabas pensava che nulla più avrebbe potuto incrinare quella meravigliosa serenità, quella pace dilagante…una terribile sciagura si era abbattuta su di loro.
Durante una caccia, Angelica era caduta da cavallo…
La giovane regina aveva lanciato un urlo straziante, tenendosi il ventre rigonfio, e poi – mentre Tarabas accorreva per evitarle una caduta troppo violenta, rischiando di ferirsi o di fare del male al bambino – era precipitata in un sonno profondo, dal quale non si era più risvegliata…
Medici, cerusici, erboristi e maghi di ogni angolo del paese erano giunti a palazzo, nelle ultime settimane, per visitarla, ma nemmeno uno di loro aveva saputo pronunciare una diagnosi sensata.
La regina era viva, e come lei suo figlio…ma dormiva, e niente poteva destarla da quella sorta di incantesimo…
Poiché oramai tutti erano convinti che fosse una maledizione, quella che aveva colpito la sovrana del Regno della Pagoda d’Oro…nessuno però riusciva a comprenderne l’origine…e nessuno sapeva come porvi rimedio.
Da quel momento, per Tarabas era cominciato un nuovo strazio…e quando non vegliava la sua sposa, nell’inutile speranza di vederla risvegliarsi, si ritirava nelle sue stanze, perso nei propri pensieri.
In realtà, lui aveva già un sospetto su cosa potesse aver provocato quel maleficio…
Il sonno di Angelica, pur senza la pietrificazione, era molto simile a quello di Rufus…e lei portava in seno suo figlio…l’erede di una dinastia di maghi…oltre che del trono dei Territori d’Oriente.
Possibile che la magia oscura che un tempo lui aveva dominato stesse, attraverso il sangue del bambino, infettando sua madre?
Possibile che il sonno incantato di Angelica fosse stato causato da quello stesso male, da quella malvagità a cui lui aveva rinunciato, e che ora trovava un nuovo modo – il più spietato – per perseguitarlo?
E se era davvero così, come poteva lui, ora ridotto all’ombra di ciò che era stato un tempo, dal punto di vista magico, riuscire a salvarla…e salvare la vita innocente di suo figlio?
Non era più in grado di compiere magie, a parte qualche semplice incantesimo di bassa lega…ed anche se fosse tornato in possesso dei propri, antichi poteri, quella era magia oscura…la stessa che aveva provocato quell’orribile fato avverso…
Gli occhi verdi di Tarabas si velarono d’angoscia, al pensiero del sorriso di Angelica, quando lui, con la magia, faceva fiorire all’improvviso i fiori del giardino per poterle donare la rosa più bella…o quando di notte chiamava le lucciole davanti alla loro finestra, facendo volteggiare le graziose creature in una danza di luce che dipingeva la meraviglia sul volto bellissimo della sua dolcissima sposa…
Quei momenti erano durati così poco…e lui avrebbe voluto dirle…e mostrarle…ancora così tante cose…ed invece…
Perché…perché era condannato a fare del male alle persone che amava?
Perché coloro che amava dovevano essere divorati da un demone…come sarebbe dovuto accadere a Fantaghirò, tante lune prima, quando aveva cercato di ottenere il bacio impossibile?
Allora si era incatenato, per non ucciderla…ma adesso…cosa avrebbe dovuto incatenare, per salvare sua moglie e suo figlio?
Perché proprio quando pensava che il mostro fosse stato annientato, un altro ancora più subdolo sorgeva per distruggere la sua felicità?
Forse perché lui era destinato all’odio eterno, come un tempo gli aveva confessato Xellesia?
Si…doveva essere così…anche se la bestia era stata sconfitta…la malvagità che era dentro di lui continuava ad esigere vittime…ad esigere sangue…ed ora, le due creature che più amava al mondo, e per le quali avrebbe dato subito la vita, erano vittime di quel potere malvagio…
Un rumore improvviso lo fece voltare, ed il suo sguardo vacuo individuò, nel piazzale di fronte al Palazzo Reale, due guardie che spintonavano quella che sembrava una ragazzina cenciosa.
Per un istante ebbe l’impulso di ignorare la scena, desideroso com’era di rimanere solo a meditare sul proprio dolore…ma poi, le urla della bambina gli ricordarono i suoi doveri di sovrano, ed indossato il mantello che aveva lasciato abbandonato sul letto, il giovane uscì dalla porta tempestata di pietre preziose, e si incamminò verso i giardini reali…
“Lasciatela andare…!”
La voce di Tarabas immobilizzò le guardie, ed i soldati si girarono, sorpresi, inginocchiandosi poi a terra con le lance puntate verso il cielo, e chinando umilmente il capo mentre lui incedeva verso di loro.
“Re Tarabas…ai vostri ordini…”
Tarabas li guardò stancamente, inarcando un sopracciglio ed aggrottando la fronte, deciso – malgrado l’apatia che lo avvolgeva – a capire cosa stesse succedendo.
“Non approvo che una bambina venga trattata in modo così severo…nemmeno se avesse qualche colpa da scontare nei confronti della Corona… Esigo una spiegazione…perché la stavate cacciando da Palazzo? Sapete bene che, per ordine mio e della regina, esso è aperto a tutti…e tutti possono chiedervi udienza…”
Una delle guardie alzò a malapena la testa, imbarazzato e confuso.
“Maestà…questa piccola sciocca balbetta cose senza senso…e quando le abbiamo detto che non doveva disturbarvi con le sue fandonie, ha tentato di introdursi nel Palazzo attraverso le cucine…”
La voce della ragazzina, alta e sonora, coprì le scuse del soldato, e la piccola si alzò in piedi, fiera nei propri panni laceri, guardando Tarabas diritto negli occhi.
“Non balbetto sciocchezze! E non sono né pazza né sciocca! Sono venuta a darvi un consiglio…ma questi due non vogliono lasciarmi passare!”
A dispetto della terribile ansia che lo dilaniava, Tarabas percepì un sorriso spuntargli sul volto scavato da tante notti insonni…
Quella ragazzetta gli ricordava Angelica…anche lei aveva lo stesso modo di tirare su il volto, in segno di sfida…e sorridendo gentilmente, per la prima volta dopo giorni, le si avvicinò, annuendo.
“Non ti preoccupare piccola…ti porgo anzi le mie scuse per essere stata così maltrattata… Ogni consiglio del mio popolo è bene accetto… Da dove vieni…?”
Si abbassò su un ginocchio, per guardarla bene in faccia…e la bambina ricambiò il suo sguardo, gli occhi nerissimi del tutto privi di paura.
“Mi chiamo Myo…vengo dalla provincia est…la mia casa è molto lontana dalla reggia. Vivo con mia madre e le mie sorelle…nostro padre è morto anni fa…per colpa del vento nero…”
Tarabas avvertì il gelo attanagliargli il cuore a quelle parole…il vento nero…
Era il vento che Darken aveva scatenato per trovarlo…per ricondurlo al male…quindi, quella bambina, anche se non lo sapeva, era orfana per colpa di suo padre…
Con delicatezza, le pose le mani affusolate sulle spalle, rabbrividendo nel sentire le sporgenze delle ossa…era magra, povera creatura…probabilmente la sua famiglia, o quel che ne restava, era molto povera…
Non era la prima volta che gli accadeva di scoprire che alcuni sudditi ancora versavano in condizioni tanto disgraziate, malgrado tutti gli sforzi suoi e di Angelica per portare cibo e dignità anche negli angoli più lontani e dimenticati del loro reame…tuttavia, nonostante le difficoltà che di certo affrontava ogni giorno per sopravvivere, quella ragazzina aveva forse viaggiato a lungo, soltanto per parlare con lui.
Le sorrise ancora, commosso da tanta dedizione…e decise che l’avrebbe ascoltata anche se avesse balbettato sul serio delle sciocchezze.
“Hai fatto tanta strada per darmi questo consiglio…sono certo che sarà prezioso. Parla dunque…ti ascolto…”
Myo scrutò a lungo il bel volto del sovrano, come se volesse soppesare la sua sincerità…dopo qualche minuto di silenzio però, parve soddisfatta del proprio esame, ed annuì, seria.
“Re Tarabas…se volete risvegliare la regina…dovete interpellare la Melusina…”
Nota Autrice:
Benvenuti a tutti!
Allora, come potete vedere, questa è la storia DI TARABAS, ed i personaggi più noti della saga, una volta tanto, staranno sullo sfondo.
Al momento il nostro mago è ancora del tutto ignaro di ciò che gli riserva il futuro...ma nel piccolo scorcio di passato che abbiamo visto al prologo - nel quale, per farvi friggere, non ho messo note - tutti hanno potuto osservare che, la notte della sua nascita, qualcosa di davvero importante è accaduto...qualcosa che potrà cambiare per sempre il suo destino...
Curiosi eh?
Allora...seguite la mia storia!
Ciao!
Strega1981
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Capitolo 3 *** Capitolo 2_La Pitonessa. ***
Capitolo 2_La Pitonessa.
Tarabas sentiva come se qualcuno lo avesse colpito al cuore con una freccia infuocata.
La ragazzina, Myo, ancora lo fissava con decisione…e lui non riusciva a credere di aver udito le parole che lei aveva appena terminato di pronunciare.
Di tutti i messaggi dei quali pensava potesse essere latrice quell’insolita ambasciata, nessuno avrebbe mai potuto essere più diretto…ed incredibile.
Alle sue spalle, un soldato avanzò di qualche passo, pronto a trascinare via la piccola suddita.
“Cosa vi dicevo maestà? E’ una visionaria…parla di leggende alle quali nessuno crede più!”
Il giovane sovrano si girò di scatto, bloccandolo con uno sguardo che non ammetteva repliche…la sua vecchia espressione crudele, che comunque non mancava di intimorire coloro che avevano la sfortuna di vederla…se era necessario.
Quella frase era stata talmente sconcertante, che Tarabas voleva essere certo di aver sentito bene…e voleva sapere tutto di quella…fantasia…se davvero poteva servire a riportagli Angelica.
“Non osare avvicinarti a lei…!”
La guardia si bloccò, indietreggiando subito dopo con le gambe che gli tremavano vistosamente, e Tarabas tornò a rivolgersi alla bambina, avvicinando il volto al suo per farle ripetere quanto aveva appena detto.
“Cosa…cosa stai dicendo…?”
Myo assentì di nuovo, il volto magro che trasudava determinazione.
“Sire…solo gli stupidi parlano di leggende… Le Melusine esistono, anche se sono ormai molto rare… Sono creature sagge, che conoscono tutti i segreti…ma trovarle è difficile…ed è ancora più difficile chiedere il loro aiuto… Io vivo sulle sponde del Lago di Pietra…e tutto il mio villaggio, da generazioni, sa che lì abita una Melusina… Ci siamo sempre rivolti a lei, nei momenti di difficoltà…ed è stato grazie a lei, se il mio villaggio non è stato spazzato via dal vento nero… Mio padre è stato uno dei primi a morire, perché i Cavalieri Neri lo hanno sorpreso nei campi, e lui non ha fatto in tempo a mettersi in salvo, assieme ad alcuni altri… Ma quando gli Anziani si sono resi conto di cosa stava succedendo, sono corsi ad interpellare la Melusina…e lei ha insegnato loro i rituali per proteggere la nostra gente. Siamo molto poveri…ma tanti di noi sono sopravvissuti… Tempo fa, io stessa mi sono rivolta a lei…e lei mi ha fatto trovare le erbe per salvare la mia sorellina da una grave malattia…quando il Capo del Consiglio l’aveva già data per spacciata…”
Scoccò un’occhiata colma di disapprovazione al soldato che l’aveva definita una sciocca.
“Certi credono che le Melusine possano procurare ricchezza e potere…ma non c’è niente di più sbagliato. Sono creature antiche…antichissime…e vanno interpellate solo quando si tratta di vita o di morte…senza secondi fini…o la loro vendetta può essere tremenda… Le leggende del mio villaggio parlano di uomini che sono stati tramutati in polvere…dopo aver provocato la collera della Melusina…”
Si girò di nuovo verso Tarabas, sorridendo compiaciuta.
“Maestà…la presenza della Melusina è sempre stata un segreto del mio villaggio…ma voi vi siete dimostrato un re molto buono…ed anche se l’abbondanza non è ancora giunta in tutte le province, sono molte le voci che parlano della vostra generosità… Le Melusine ascoltano coloro che desiderano salvare le persone che amano…ed io sono certa che se vi rivolgerete a lei, saprà rivelarvi il segreto della maledizione che ha colpito la regina…ed il modo per sconfiggerla. Ho pensato che fosse giusto, per il bene del Regno, rivelarvi questo segreto…sono sicura che non ne abuserete…e comunque, le Melusine sanno nascondersi, se vogliono…non temono nulla. Spero che mi crederete…perché so che già molti medici hanno visitato la regina…ma che nessuno ci ha capito nulla… La Melusina conosce i segreti del mondo terrestre e del mondo magico…se c’è una creatura che può dirvi cosa fare…quella è lei.”
La mente di Tarabas ragionava freneticamente, cercando di comprendere una dopo l’altra le parole di quella bambina sconosciuta, ma che sembrava davvero convinta di ciò che gli aveva confidato.
Tutte quelle informazioni, dopo tanti giorni di prostrazione, erano difficili da sopportare, per la sua mente annebbiata dal dolore…ed in realtà una sola, alla fine, era importante…vitale.
Non aveva mai sentito parlare delle Melusine, nei tanti secoli che aveva trascorso con sua madre nel mondo sotterraneo…ma sapeva per esperienza che c’erano forme di magia talmente antiche da essersi perdute nella memoria del tempo…e se una di quelle poteva essere la chiave per salvare Angelica ed il loro erede, lui doveva trovarla.
Nel frattempo i soldati, sconcertati dal suo lungo silenzio, gli si avvicinarono, tossicchiando piano.
“Maestà…non vorrete dar retta…”
Senza consentirgli di terminare il discorso, il giovane monarca si alzò in piedi, stendendo un braccio verso di loro in un gesto di comando, gli occhi verdi che lampeggiavano, imperiosi.
“Voi due…fare preparare il mio cavallo…e quattro dei miei uomini più fidati come scorta. Fate attrezzare anche un carro di provviste per il villaggio del Lago di Pietra…è evidente che questa povera gente si trova ancora in estrema miseria. Uno di voi vada nelle cucine, ed avvisi Chao Lun, la cuoca, di dare subito qualcosa da mangiare a questa bambina. Tu…”
Si rivolse alla ragazzina, ferma davanti a lui.
“…sai cavalcare?”
Lei sorrise, annuendo.
“Si…un po’ si…abbiamo un asinello…l’ho lasciato a mia madre perché le serve per arare l’orto…lei da sola non ce la fa…”
Tarabas assentì, convinto.
“Bene…allora ti farò preparare un pony…esso è già tuo. Dopo che avrai mangiato e ti sarai riposata dalle fatiche di questo viaggio che hai affrontato per me, ci guiderai fino al tuo villaggio, e da lì al luogo ove vive questa creatura di cui parli… Porteremo alla tua gente gli aiuti che gli occorrono, e saranno vostri in ogni caso… Ma se dici il vero, tu e la tua famiglia tornerete a palazzo con noi. Tua madre sarà la governante del principino…e quanto alle tue sorelle, le più grandi avranno un posto qui alla reggia, e le più piccole potranno crescere assieme ai figli delle nostre ancelle. Tu invece, diverrai responsabile delle voliere della Regina…”
Il volto gli si oscurò, ed un sorriso triste gli aleggiò sul volto bellissimo dai lineamenti eleganti, ricambiando lo sguardo sbalordito di Myo, che evidentemente non aveva considerato che il suo gesto istintivo avrebbe potuto fare la fortuna della sua famiglia.
Il pensiero di Tarabas corse alle grandi gabbie che, al centro dei giardini reali, ospitavano pappagalli, pavoni, uccelli del paradiso ed altre bellissime specie alate…e sospirò, sopraffatto dai propri ricordi.
“Angelica…se ne è sempre occupata personalmente…ma ora i suoi piccoli amici piumati sono molto trascurati…e ne soffrono. Cercavo da tempo una persona fidata che potesse occuparsi di loro…almeno fino al suo risveglio…ma anche dopo. Molti sono i doveri di una sovrana, e la mia sposa si è spesso lamentata di non riuscire più a dare ai suoi uccellini le attenzioni di quando era solo una principessa… Sono certo che, quando saprà che te ne occupi tu, ne sarà felice.”
“Fate attenzione Sire… La ragazzina dice la verità…le Melusine sono creature antichissime…antiche quanto il mondo…e non sapevo che ne esistessero ancora sulle terre emerse… Molte hanno raggiunto le sirene, con le quali condividono parte della loro natura, nelle acque del mare…allontanandosi dal mondo degli uomini. Siate cauto, se davvero avrete modo di avvicinare uno di questi esseri… Sono subdole e capricciose, ed è molto facile cadere nei loro tranelli…”
Tarabas tirò le redini di Negromante, il suo cavallo, quando all’orizzonte iniziò a delinearsi il profilo di alcune case a forma di cono, fatte di sassi uniti tra loro con calce candida.
Ripensava alle parole dell’indovino di corte, al quale aveva chiesto ragione del racconto della ragazzina che era giunta a Palazzo…e che gli aveva confermato l’esistenza di quelle creature leggendarie delle quali, a quanto pareva, un’esponente ancora risiedeva nei loro territori.
Re Thor non era parso affatto felice della sua decisione di seguire la bambina in quella regione così remota…ed aveva ignorato la piccola suddita, limitandosi a dare il consenso per la sua partenza.
Non sarebbe stato necessario chiederglielo, Tarabas lo sapeva, ma era convinto che fosse giusto far capire al popolo che il parere del vecchio Re era ancora tenuto in grande considerazione, soprattutto perché, fino al suo ritorno, sarebbe stato lui, a reggere il peso del comando.
Viaggiavano oramai da due giorni interi, ed il giovane sovrano aveva fatto fare delle brevi soste solo per riposare i cavalli…il che voleva dire che la piccola Myo doveva aver camminato almeno quattro giorni, e di buon passo, per giungere a Palazzo…
Non era mai stato al Lago di Pietra, ma ricordava che Angelica gliene aveva parlato, una volta o due…sebbene lei, nominandogli quella zona, l’avesse definita un sito privo di insediamenti umani.
Il lago stesso, lo aveva descritto come una sorta di antica sorgente termale…ma senza scendere nei dettagli…limitandosi a dire che sua madre, quando era incinta di Rufus, vi si recava spesso sulla portantina per cercare sollievo ai dolori provocati da quella gravidanza difficile.
Poiché la regina era morta comunque, una volta nato il bambino, il Re si era rifiutato di tornare in quei luoghi…e per Angelica, che allora era solo una bambina di quattro anni, il Lago di Pietra aveva assunto i contorni indistinti del mito.
Era una delle province al limite estremo del loro Regno, al punto che persino il lago non apparteneva del tutto al territorio della Pagoda d’Oro…a metà delle sue acque, infatti, cominciava una delle tante terre sperdute…che si estendeva fino alle Montagne Oscure…ove si sussurrava vivessero creature spaventose…e verso le quali nessuno si avventurava mai.
Non sapeva se quella parte di territorio appartenesse ad un qualche regnante…non c’erano terre coltivate ed era perlopiù disabitato…di conseguenza, il Lago di Pietra svolgeva praticamente il ruolo di confine…e non c’era pertanto da sorprendersi se quella zona non avesse ancora beneficiato degli aiuti che i giovani regnanti avevano iniziato a distribuire una volta saliti al trono.
Da che potesse rammentare, nessun esponente del villaggio era mai giunto alla reggia, prima di Myo…e quando entrò nel minuscolo agglomerato di costruzioni bianche come la neve, iniziò a sospettare il perché…
Mentre il piccolo manipolo di soldati faceva il suo ingresso tra le povere case infatti, solo donne, vecchi e bambini fecero capolino dalle porte…era quindi palese che fossero decisamente pochi gli abitanti che avrebbero potuto affrontare un viaggio così lungo…di conseguenza, Myo era stata davvero coraggiosa, a tentare l’impresa da sola.
Tarabas girò gli occhi attorno a sé, costernato…
La gente era silenziosa, addirittura ostile…e nemmeno la comparsa di Myo riusciva a stemperare l’atmosfera carica di tensione.
Persuaso del fatto che fosse meglio apparire meno…regale, Tarabas scese dalla propria cavalcatura, e si avvicinò ad un uomo molto anziano, che stava dritto sulla porta della casa al centro dello spiazzo intorno al quale erano radunate, come in un cerchio perfetto, tutte le altre.
“Madre….!”
Spezzando il silenzio quasi irreale, Myo scivolò sul fianco del piccolo pony che l’aveva trasportata fino a quel momento, correndo incontro ad una donna circondata da tre o quattro bambine, tutte molto somiglianti a lei…stessi capelli neri e lisci…stessi occhi a mandorla scuri e luminosi.
L’uomo che doveva essere il capo villaggio osservò con un debole sorriso la donna che accoglieva sua figlia tra le braccia, ma subito dopo si girò a guardare lui…ed il suo sorriso svanì.
Tarabas gli andò incontro, tenendo Negromante per la cavezza.
“Salve…io sono…”
Il vecchio lo interruppe con un cenno secco della mano.
“So perfettamente chi siete, Re Tarabas…e so cosa cercate…”
Sconcertato da quell’atteggiamento così freddo, quando in genere nei villaggi il popolo lo accoglieva con gioia ed entusiasmo, Tarabas si guardò ancora attorno, stranito e confuso…
Le case davano l’idea di essere state molto belle, un tempo…e statue bianchissime di animali, scolpite con notevole maestria, adornavano i lati delle porte…i tetti delle costruzioni erano di pietra nera, che creava un piacevole contrasto con il candore dominante…
Tuttavia, l’intero scenario recava i segni evidenti dell’abbandono…ed il bianco accecante pareva inghiottire la luce, anziché rifletterla…tornò perciò a rivolgersi al vecchio decano, perplesso.
“Perché…perché questo villaggio è così…così silenzioso…e tetro?”
L’anziano chinò brevemente il capo, indicando poi il lago che si stendeva, pacifico ed immobile, davanti a loro.
“Il nostro villaggio…era un tempo prospero e felice… La gente di tutto il regno veniva qui ad estrarre la calce che serviva per rendere candidi i muri dei palazzi più importanti del Paese…e le acque del lago erano rinomate per le loro proprietà medicinali… La terra era fertile…e ci permetteva di vivere con dignità…ed i nostri artigiani erano conosciuti ed apprezzati in ogni angolo del reame…”
Il viso rugoso dell’uomo si indurì, e gli occhi già sottili divennero due fessure nel ricordare la tragedia che aveva distrutto le loro vite per sempre…
“Poi…la regina morì…dando alla luce quel bambino che molti definivano maledetto dagli Dei…ed alcuni dissero che erano state le nostre acque a provocare quella disgrazia… Tuttavia, molti ancora venivano da noi…se non altro per la calce e per i nostri prodotti…anche se nessuno di loro osava più avvicinarsi al lago… Ed un giorno…un giorno che non potrò mai dimenticare…il vento nero devastò le nostre terre…uccise i nostri uomini…tra cui mio figlio… Il demone della pestilenza infettò il lago…e la malattia si diffuse tra la gente del villaggio… Si sparse la voce che questo luogo era avvelenato, corrotto, maledetto…ed i nostri abitanti non poterono neppure chiedere aiuto ai villaggi vicini, perché ne venivano scacciati a sassate… Coloro che si salvarono, si rivolsero disperati a colei che cercate… Fu lei ad aiutarci a sopravvivere…a spiegarci come sanare l’acqua della fonte che alimenta il lago…ed a salvare i pochi superstiti… Ma oramai le voci che definivano queste terre foriere di morte avevano fatto il giro del Regno…nessuno venne più qui…e la nostra gente continuò ad essere guardata con sospetto… Alla fine, nessuno di noi si è più voluto allontanare dal cerchio delle case…e ci siamo adattati a vivere separati dal mondo esterno. A poco a poco, il nostro villaggio è stato dimenticato…”
Alzò il volto segnato dagli anni sul suo, ancora giovane e bello, trapassandolo con un’occhiata simile alla punta di una spada.
“Ho sentito molte voci su di voi, Re Tarabas…e so che siete un uomo giusto… Ma troppa è stata la sofferenza che abbiamo patito a causa del Re Thor…quando in quel tempo di disgrazia e di morte preferì chiudersi nella sua Reggia, ignorando le grida disperate di coloro che soffrivano…che morivano. Se fino ad oggi non siamo mai venuti a palazzo, è stato perché, oltre a non avere molti di noi la forza fisica necessaria per affrontare un viaggio tanto impervio e difficoltoso, temevamo che, sapendo da dove provenivamo, la gente ci avrebbe trattato ancora come appestati. Ora ci chiediamo se, una volta ottenuto ciò che cercate, anche voi vi dimenticherete di nuovo di noi…”
Tarabas tese una mano, scuotendo la testa e facendo ondeggiare i lunghi capelli scuri e lisci.
Con gentile fermezza, afferrò la spalla del vecchio, stringendogliela forte.
“Non accadrà…ve lo giuro…”
Annuì, sporgendosi verso di lui.
“Ascoltate…ho portato provviste per la vostra gente…e vi assicuro che né io né la regina, sapevamo alcunché delle vostre condizioni tanto tremende… Sono ancora molte le cose delle quali sono all’oscuro, come sovrano, ma ho sempre cercato di portare tutto l’aiuto possibile…ovunque fosse necessario. Se anche la mia ricerca non dovesse rivelarsi…risolutiva…vi garantisco sin d’ora che verrà fatto tutto il necessario perché questo villaggio ritorni all’antico splendore… Vi do la mia parola d’onore…e ringrazio Myo per essere venuta alla reggia… Con il suo coraggio, mi ha permesso di venire a conoscenza della vostra situazione…e di porvi rimedio…”
Il capo villaggio lo scrutò a lungo, e l’ombra di un sorriso gli balenò tra le rughe profondamente incise dagli anni, accompagnato da un movimento impercettibile del collo ossuto.
“E sia…Re Tarabas…avete la nostra fiducia… Quando ho scoperto che Myo era scappata, ho temuto per la sua vita…ma più di tutto ho temuto che sareste venuto qui soltanto in cerca di ciò che vi serviva…ignorando la nostra gente…”
Tarabas fece un nuovo gesto di diniego, deciso…quelle persone avevano sofferto indicibilmente, a causa dell’essere che lui avrebbe dovuto chiamare padre…ed avrebbe fatto il possibile, per rimediare a quell’ingiustizia.
Per sé stesso…e per la sua sposa che dormiva il proprio sonno incantato…
“La vostra gente…è la mia gente. Ho giurato alla mia regina di essere un buon re…e di espiare il male che ho fatto nella mia vita passata rendendo felici i sudditi del Regno che lei, sposandomi, mi ha affidato. Non dovrete più soffrire…mai più.”
Il sorriso del vecchio si ampliò, e l’uomo annuì, facendo un gesto in direzione delle persone che ancora stavano assiepate lungo i muri delle case.
“Voglio credervi…”
A quelle parole, gli abitanti del villaggio parvero rasserenarsi…e tanti di loro si avvicinarono al carro che portava i viveri…Tarabas lanciò un’occhiata al capo delle guardie, e l’uomo iniziò la distribuzione delle forme di formaggio, di pane, della carne sotto sale e degli otri di vino speziato…
Ben presto, i sorrisi e le risate sostituirono le espressioni corrucciate e diffidenti…ed il vecchio si rivolse a Myo, che dopo aver abbracciato sua madre, era tornata accanto al giovane monarca.
“Avevo giurato a tua madre che se fossi tornata, ti avrei frustata per la tua incoscienza… Ma ora so che hai agito bene…e che gli Dei devono averti illuminata, coraggiosa Myo… Conduci quindi il nostro sovrano ove risiede la nostra protettrice…ma lascia che sia lui, a parlare con lei… Non intrometterti…è una prova che Re Tarabas deve affrontare da solo…”
Accarezzò i lunghi capelli neri della ragazzina, poi si rivolse di nuovo a Tarabas, gli occhi antichi divenuti ora seri e guardinghi.
“Ricordate che colei che cercate è una creatura antica e potente…e che la grotta che ha eletto a sua dimora non è entro i vostri confini…quindi ella non vi deve alcuna obbedienza. Il padre del Re Thor provocò la sua collera, un tempo…per questo si disse che queste acque avevano ucciso la regina e deformato il bimbo che portava in grembo. Sono menzogne, ma ciò non significa che la Melusina non sarebbe stata in grado di fare quanto si racconta… Conosco il vostro passato, Re Tarabas…tutti sanno del vostro esilio sulle Colline Blu, quando avete abbandonato la via del male, prima che l’amore della Principessa Angelica, ora nostra regina, vi conducesse al trono. Voi un tempo eravate potente…ma lei lo era già assai più di voi. Adesso, la vostra magia è debole…prestate quindi molta attenzione…poiché la Melusina non conosce la pietà…ma solo la saggezza…”
E senza attendere risposta, rientrò nella sua casetta di pietre bianche, dopo aver lanciato un ultimo sguardo, forse commosso, alla gente festante…
Myo aveva fatto lasciare i cavalli al villaggio, ed aveva condotto Tarabas, scortato da due guardie, lungo la sponda del lago, facendogli percorrere a piedi buona parte della riva sassosa.
Trascorsa circa un’ora, la ragazzina si addentrò in un punto ove, sempre costeggiando l’acqua limpida, la vegetazione si infittiva…e poco dopo, l’apertura di una caverna comparve davanti agli occhi sorpresi del giovane, che si appressò al suo ingresso.
“E’ qui…?”
Lei annuì, tranquilla.
“Si, sire…venite, vi faccio strada…”
Entrarono, facendo attenzione a non scivolare sulle rocce rese sdrucciolevoli dall’umidità, guidati dalle torce che i due soldati avevano acceso per illuminare il cammino.
Ad un certo punto, il piccolo sentiero all’interno di quell’antro misterioso si inclinò, sprofondando nel sottosuolo…
Scesero ancora, in un’oscurità sempre più fitta…ed alla fine di quella lunga discesa, Tarabas si ritrovò in una sorta di ampia sala, dove stalattiti e stalagmiti decoravano l’ambiente come sculture senza tempo…e dove un lago sotterraneo, quieto e cristallino, faceva filtrare la luce che, attraverso un canale nascosto, doveva probabilmente giungere dall’esterno, rischiarando quel luogo arcano.
Improvvisamente, un boato scosse la terra sotto i loro piedi, ed un rumore simile a quello dei sonagli di un serpente si diffuse, echeggiando, nell’ambiente sino a quel momento silenzioso.
“Chi osa profanare questo luogo…?!”
Nota Autrice:
Ciao a tutti!
Allora, come avete visto...e letto...il nostro Tarabas inizia, a
piccoli passi...ad avvicinarsi alla verità...
Cosa avrà da dirgli la Melusina?
Bè...c'è ancora un capitolo da leggere!
Buona Lettura!
Strega1981
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