Argilla.

di Lithius
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Consapevolezza. ***
Capitolo 2: *** 2. Reperti. ***
Capitolo 3: *** 3. Luce lui. ***
Capitolo 4: *** 4. Body Electric. ***
Capitolo 5: *** 5. Dipendenza. ***
Capitolo 6: *** 6. Sangue nuovo. ***
Capitolo 7: *** 7. Ripristinami. ***
Capitolo 8: *** 8. Sorprende me. ***
Capitolo 9: *** 9. In my place. ***
Capitolo 10: *** 10. Baby, it's okay. ***
Capitolo 11: *** 11. Brutto sogno. ***
Capitolo 12: *** 12. My superboy. ***
Capitolo 13: *** 13. Un sorriso. ***
Capitolo 14: *** 14. Teatro. ***
Capitolo 15: *** 15. Non è Michael. ***
Capitolo 16: *** 16. Religion. ***
Capitolo 17: *** 17. Tattoo. ***
Capitolo 18: *** 18.0 He's my boy. ***



Capitolo 1
*** 1. Consapevolezza. ***


 

                                   Consapevolezza.



“Vorrei tanto non pensare, a volte non sai quanto vorrei dare per poterti assomigliare.”
Le parole della canzone hip-hop rimbombavano tra le quattro pareti della camera di Federico, insinuandosi nel suo personalissimo e costante flusso di pensieri per riportare a galla uno di quelli che erano i suoi pensieri preferiti, ovvero Michael, poiché è a lui che il diciassettenne milanese vorrebbe somigliare.
Michael è un barista del Berlin Cafè - famoso a Milano ed un po’ per l’Italia intera per essere il locale preferito dei Club Dogo - due metri di pura perfezione contornati da capelli ricci, occhi profondi e sorriso mozzafiato. Ma non sono certo questi i motivi per cui il giovane milanese vorrebbe somigliare al ragazzo; di Michael vorrebbe avere l’animo gentile, la forza incondizionata e il coraggio, soprattutto il suo coraggio incommensurabile; Michael a soli ventisei anni aveva già vissuto in quattro Paesi, aveva affrontato ad ogni cambiamento i commenti e le cattiverie dedicate a chi ama qualcuno del suo stesso sesso e non intende nasconderlo o cambiare, aveva, insomma, ricostruito per quattro volte la sua vita senza mai farsi buttare giù e senza mai smettere di essere se stesso, e “se stesso”, per Federico, è meraviglioso.
Nulla a che vedere con l’idea che l’adolescente ha di sé; si sente semplicemente una persona incapace ed incompatibile col resto del mondo, un eterno inetto che riesce ad esprimere i suoi pensieri soltanto nelle strofe che butta giù ormai da anni e nelle gare di free style con i ragazzi del Muretto, oltre che nei tattoo pregni di significati che iniziavano a riempire il suo corpo mingherlino già a quell’età.
Federico, per quelli del Muretto Fedez, vide per la prima volta Michael, per tutti Mika, una sera di giugno, quando con i suoi amici si era recato al Berlin nella remota ma sempre presente speranza di incontrare lì i loro iniziatori al rap, ovvero i Club Dogo, che nel 2003 avevano riportato il rap in Italia con un disco memorabile, dunque degli idoli per il gruppo di appassionati. Al tavolo che avevano scelto quella sera si era presentato un ragazzo mai visto prima dal gruppetto di adolescenti, e con un sorriso luminoso si era presentato prima di prendere le ordinazioni. Aveva colpito da subito Federico per come il ragazzo, evidentemente straniero per l’accento inglese e gli strafalcioni in italiano, aveva ammesso la sua sessualità ai ragazzi che avevano provato in un modo stupido a prenderlo in giro con battutine, ed in questo modo Mika si era guadagnato rispetto; le battutine sarebbero comunque continuate ma senza avere più quella vena dispregiativa e ironica. Così, da quella sera di settembre, Federico aveva iniziato a recarsi sempre più spesso al Berlin, anche da solo a volte, fino ad imparare a memoria i turni di Mika a cui non sembrava dispiacere fermarsi di tanto in tanto a parlare con lui.
C’è da sapere che Federico ha sempre avuto una grande passione per le persone, nel senso che ama, da sempre, “studiare” i comportamenti di coloro che lo affascinano; gli accadde per la prima volta con un uomo, in metropolitana, lo seguii per circa tre ore, e si sarebbe avvicinato se solo non fosse incredibilmente poco sfacciato e assolutamente timido. Lo aveva affascinato, di quell’uomo, il modo in cui si sfilava i guanti e con cura li riponeva nella tasca interna del giubbotto. Le cose che lo avevano affascinato di Mika erano circa infinite, ma ‘sta volta gli era andata meglio, e solo dopo un paio di sere passate ad osservarlo da lontano era stato proprio il maggiore ad iniziare una conversazione, raccontandogli delle sue origini e prendendo a piccole pillole informazioni su Federico che in quei momenti passati a chiacchierare stava imparando ad aprirsi, a fidarsi, a considerare Mika non più qualcuno da studiare, ma un amico, così come il libanese lo chiamava.
Da qualche giorno però Federico non si presentava più al Berlin, e non rispondeva più ai messaggi dell’amico con la stessa frequenza poiché dall’ultima volta che lo aveva visto aveva iniziato a pensare al libanese in maniera sempre più costante, assidua quasi, proprio come in quel momento, quando sul letto ricordava i motivi per cui avrebbe voluto somigliargli. In realtà sapeva che non stava facendo altro che rimandare l’inevitabile; ormai il rapporto col barista stava iniziando ad essere per il diciassettenne qualcosa di più rispetto alla semplice amicizia, e questo lo spaventava, non perché si trattasse di un uomo, Federico sapeva da anni di provare attrazione anche per il suo stesso sesso e sebbene non lo sbandierasse, di certo non lo negava o tantomeno lo spaventava, aveva passato quella fase. Quello che metteva in allerta l’aspirante rapper era la possibilità di star male per qualcuno a cui di lui importava, ma non nel modo in cui desiderava.
“Fede cosa succede te? Oggi io aspettare ma tu non essere venuto ancorra :(
“Non succede nulla Mik, ho solo un botto da studiare. Passerò domani.”

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Angolino di L!
Uhm, torno su efp dopo secoli in pratica, ma non potevo non scrivere qualcosa su questa coppia, quindi mi farebbe piacere anche sapere cosa ne pensate, in una recensione o anche solo per mp; 
inoltre la storia è stata pubblicata anche su wattpad, per un qualcosa legato al regolamento di efp che ho letto anche sotto altre storie.
Non sono brava in queste cose quindi, a presto, si spera!

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Capitolo 2
*** 2. Reperti. ***


Reperti

Tre pilloline bianche campeggiano sul palmo della mano, Federico ne scorge solo i contorni nella penombra mattutina della sua camera. Le soppesa mentre aspetta che anche l’ultimo pensiero razionale si faccia da parte e allora può lasciare che quelle tre palline cadano sul palato.
Buongiorno Federico, buongiorno mondo.
Esce di casa con lo zaino in spalla e il cellulare che segna l’ora, le 06:30, fuori è ancora buio, e lui dovrà correre per arrivare in tempo al Berlin. In tempo per guardare Mika aprire il locale e godersi quei pochi minuti da solo con lui, poi una nuova corsa verso l’istituto che frequenta, verso le persone che non vorrebbe frequentare.
E ci arriva, in tempo s’intende, giusto un minuto dopo il barista che era già sparito all’interno del locale, a coprirsi dal freddo pungente delle mattine d’ottobre, senza permettere a Federico di vedere lo sguardo un po’ deluso nel non vederlo lì ad aspettare come ormai capitava ogni Martedì, Giovedì e Sabato mattina, ovvero nei turni di Mika.
Aspetta fuori circa due minuti, prende fiato e prende le misure per come dovrebbe comportarsi in quella situazione ora che ha la consapevolezza di essersi preso una sbandata per il barista in questione, poi prova dei sorrisi, finti, consapevole anche del fatto che appena varcherà quella soglia non ci sarà più nulla di finto in quel sorriso, e questo lo rassicura – forse amare qualcuno non è poi così male.
Quando si decide ad entrare nel locale, attira subito l’attenzione di Michael che lascia perdere quell’orribile grembiulino da barista per correre verso il più piccolo e circondarlo con le braccia. E Federico in quell’abbraccio ci abiterebbe.
-“Tu mancava, stronzo di meerda”, dice in una risata il più alto, senza staccarsi dal corpo del ragazzino.
-“Anche tu, mi spiace”, è la debole risposta, accompagnata da una stretta più forte al busto del libanese.
-“Ogi io vengo a prendere, dopo squola.”
-“Sarebbe fantastico, ti aspetto al solito posto.”
-“Sì, ma tu ora vai, I’ve a lot of work, go go go!”
Michael lo cacciò via dal locale con questa frase, contornata da una risata dolce e da un bacio di sfuggita sulla guancia liscia del ragazzo che uscì, come previsto, con un sorriso ebete sulle labbra e l’aria davvero felice.
Il “solito posto” è il campetto di basket dietro la scuola del più piccolo, dove si trova anche il fatidico Muretto, punto di incontro per le gare di free style a cui il ragazzo tatuato partecipava ormai da anni. Si erano già visti lì, poiché come Federico aveva preso l’abitudine di andare al Berlin da Michael, così anche quest’ultimo si era un po’ abituato a passare di lì per un saluto ed una passeggiata fino al proprio appartamento non molto lontano. Al più piccolo piaceva sedersi ad uno dei tavoli che costeggiavano il campetto e iniziare a disegnare su un quadernetto spesso, con una moltitudine di fogli volanti che faceva però sempre attenzione a non perdere, considerandoli di vitale importanza. Disegnava quello che studiava, o meglio, i risultati dei suoi studi; alcuni poi erano divenuti suoi tatuaggi, cose che avrebbe portato tutta la vita con sé.
Stava disegnando un cuore, non uno di quelli che fanno le ragazzine, ma un cuore di quelli veri, con tanto di arterie e tutto quando un paio di mani grandi andarono a posarsi sui suoi occhi facendolo sorridere in maniera istintiva, poiché Federico sapeva a chi appartenevano quelle mani, e non esitò ad urlare il nome dell’amico, facendo sbuffare quest’ultimo che gli si sedette accanto con un mezzo sorriso, senza riuscire a tenergli il broncio, evidentemente.
-“Tu sempre mi riconosce!”
-“Bhe’, è normale se provi a prendermi alla sprovvista quando è te che aspetto!”
-“Tu poteva anche fingere!” brontolò in quell’adorabile italiano un po’ incerto, facendo sorridere Federico che per consolarlo o per farsi perdonare si gettò tra le sue braccia, tranquillo di aver con sé il ragazzo in quel momento e di averlo potenzialmente per sempre, o almeno fin quando non lo avrebbe ferito la sua sola amicizia.

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Capitolo 3
*** 3. Luce lui. ***


Luce lui.

Il momento più difficile è quello del saluto.
-“Vuole salire?”
-“Devo andare…”
-“Dai, pranza con mme, è tanto che noi non spent time together.”
Lo guarda col labbro appena sporto in un broncio irresistibile per Federico che sbuffa un sorriso mentre prende il cellulare dalla tasca della felpa per mandare un messaggio alla madre, avvertendola che sarebbe rimasto fuori mentre sul volto di Michel già spunta un sorriso compiaciuto, consapevole di esser riuscito nel suo intento. Federico gli sorride, a sua volta, prima di spingerlo nell’androne del palazzo.
-“Forza! L’ultimo paga pegno!” Urla il minore mentre corre su per la prima rampa di scale, seguito da Michael che dopo un attimo di iniziale esitazione era scoppiato in una risata per la natura un po’ infantile di quella sorte di gioco, e questa risata ancora non gli permette di correre bene, facendolo restare decisamente indietro rispetto a Federico, che ormai lo incita ad un pianerottolo di distanza, incurante delle potenziali lamentele dei condomini per quel chiasso.
Come prevedibile, Michael arriva dopo diversi minuti davanti al suo appartamento, trovando Federico con le braccia incrociate ed un sorriso ad aspettarlo. Il più grande si limita a scuotere divertito la testa mentre apre la porta di casa, ancora col fiatone per quella corsa che alla fine non lo ha comunque condotto alla vittoria, eppure non riesce a sentirsi dispiaciuto; quel ragazzino tutto tattoo e discorsone seri gli era mancato da matti, riaverlo “tra i piedi” è assolutamente gradevole e lo fa sentire decisamente meglio, anche se non dovrebbe essere così.
-“Vecchio, mentre tu cucini, io vado a fumarmi una sigaretta” annuncia il più piccolo dirigendosi a passo sicuro verso il terrazzo dell’appartamento in cui ormai era stato diverse volte, e con quella frase risveglia Mika da quel leggero stato di trance in cui era finito mentre ripensava all’effetto che su di lui aveva il ragazzo.
Mezz’ora dopo i due si trovano a guardarsi negli occhi, seduti uno di fronte all’altro con il tavolo della sala da pranzo a dividerli e non c’è nulla di definibile in quel momento. Sono solo i loro sguardi, incastrati nella cornice più casalinga che ci possa essere, persi in uno strano circolo vizioso che porta a far correre così veloci i pensieri che questi si sfaldano fino ad annullarsi completamente, ottenendo come risultato una situazione vagamente imbarazzata se analizzata dall’esterno, ma del tutto normale se vissuta.
E’ Mika ad interrompere quel contatto dopo un indefinito tempo; il più grande ha riscoperto in quello scambio di sguardi quello che in un certo tempo temeva, negli occhi di Federico ha ritrovato la luce che altri hanno letto nei suoi di occhi, altri con luci diverse, incompatibili con la sua. Aveva trovato la luce giusta, la luce vera. Il problema è  l’età di questa luce, troppo giovane ed inesperta, sicuramente lo avrebbe ferito, in un modo o nell’altro, e Michael ancora non si ritiene pronto per questo.
Allo stesso modo, nemmeno Federico riscontra un qualcosa in quel contatto, qualcosa che non sa definire ancora bene, ma qualcosa che gli piace e quello che per l’altro è stato un segnale di pericolo, diviene per lui un motivo per lottare, un motivo per pensare che l’amore non sia male, un motivo per alzarsi da quella sedia e raggiungere Michael in cucina, dove quest’ultimo si è recato per sistemare le stoviglie sporche nel lavello, o meglio per sfuggire a quella luce.
Michael è di spalle quando Federico gli si avvicina; nella sua immaginazione la scena è già ben definita, deve solo allungare le mani, posarle sui fianchi dell’altro e lasciargli un bacio da qualche parte, magari dietro al collo o tra le scapole. Ma l’immaginazione è una gran bastardata e tutto quello che gli riesce è un piccolo colpo di tosse per attirare l’attenzione del ragazzo, in modo da farlo girare. Dopo è tutto veloce.
Non hai pagato pegno. Tu non hai detto quale era. Perché prima non lo sapevo. Ora? Ora sì, ma devi promettermi una cosa. Ti promette tutto Fede. Promettimi che non cambierà le cose e se le cambierà, solo in meglio. Certo, cosa deve fare? Baciami.
Michael batte le palpebre, tenendo le labbra appena schiuse, spiazzato per quella richiesta fatta così, su due piedi, in un modo così semplice e naturale, come se fosse da quando si sono conosciuti che glielo chiede. Insomma, con lo stesso tono con cui gli augura il buongiorno, ma con una dolcezza più lieve, con un velo di timidezza ed una leggera sfacciataggine che mira a celare la paura di un rifiuto. Ma chi è lui per negare alla sua Luce un bacio?
Si avvicina a Federico, gli sorride in un modo leggero, vuole rassicurarlo, andrà tutto bene Fede, mi fido Michael; il maggiore gli posa una mano sulla guancia, poi si china con calma verso il più basso, esitando un attimo, quasi a dargli il tempo di cambiare idea, di pensarci meglio. Fede non cambia idea ed alzandosi leggermente sulle punte, riempie quella distanza che avanzava, facendo scontrare le loro labbra per la prima volta. Uno scontro gentile, un massacro dolce, un’esplosione di luce.
Le labbra di Federico sono screpolate, un po’ secche; hanno su il sapore del fumo misto al retrogusto della Coca Cola bevuta a pranzo, e a Michael piace quel sapore, seppur qualcun altro potrebbe non pensare lo stesso, lui crede di potersi persino abituare a quel miscuglio di sapori, consapevole che sarà sempre un mix diverso, sempre da riscoprire e sempre da amare, ogni volta un po’ di più.
Le labbra di Michael sono tutt’altra storia; morbide, lisce, fresche. Hanno la primavera addosso anche in autunno quelle labbra. E la primavera, non a caso, è la stagione preferita di Federico.
Alla fine del massacro, rimangono a guardarsi ancora una volta negli occhi, incantati, poi Federico si allontana, quando la paura si fa sentire di nuovo e le solite vocine si schiariscono la voce, ricordandogli che quel ragazzo gli farà del male, indubbiamente come lo hanno sempre fatto tutti gli altri, che non sono poi chissà quante persone, ma quelle poche hanno ferito abbastanza a fondo. Quindi scappa, lasciando in quella casa le sue cuffiette, i suoi disegni, il suo giubbotto, la sua luce. Ma non sembra davvero importargli mentre corre verso casa sua, senza voltarsi, lasciando che il vento gli graffi le guance e tutto gli ricordi quanto sia stato stupido a chiedergli un bacio. Un bacio a Michael. Un bacio di Michael. Il suo Michael.
Il suo Michael che scuote la testa non appena lo vede scappare, il suo Michael che cade in ginocchio per terra, il suo Michael che si ritrova a piangere con lo sguardo perso verso il salotto, dove le cose di Federico giacciono sparse un po’ ovunque, il suo Michael che non si è pentito di quel bacio, nonostante il dolore che sente in quel momento all’altezza del cuore.

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Capitolo 4
*** 4. Body Electric. ***


4. Body Electric

Federico si era sempre reputato un ragazzo maturo, uno di quelli in grado di prendere le sue responsabilità ed affrontarle con la stessa prontezza con cui affronta ogni singolo problema. Da qualche mese però questa concezione che aveva di sé si era sgretolata man mano, fino a ribaltarsi completamente. Il piano inclinato era stato azionato da un commento ascoltato per caso, di suo padre verso quello che stava combinando della sua vita – “che razza di strada sta prendendo quel fallito?” – e subito dopo la sua ragazza quasi storica lo aveva mollato, senza una ragione, da un giorno all’altro, dopo che il tatuato aveva fatto i salti mortali per lei, per portarla al di fuori del suo di tunnel, senza immaginare che lo avrebbe gettato nel burrone appena dopo quello da cui l’aveva tirata fuori. La mancanza di spiegazioni, la mancanza di persone vere con cui parlare, la mancanza di una ragione per alzarsi la mattina, la mancanza di autostima, lo stimolo a finire sempre più giù. E il “sempre più giù” era arrivato una mattina di fine agosto, quando sua madre era entrata nella sua camera lasciandogli una boccetta bianca con un nome impronunciabile scritto sul lato ed un bigliettino:”Fai delle ricerche, credo facciano al caso tuo”. Le pillole in questione, come aveva in seguito letto in alcune ricerche, erano antidepressivi, niente di troppo forte, ma abbastanza per farlo sentire un malato di mente, qualcuno realmente bisognoso di aiuto e non soltanto un semplice adolescente come si definiva prima di quel giorno. E ci aveva messo tempo ad accettarle, ad accettare di averne bisogno, ma poi le aveva prese, tre per volta, e giorno dopo giorno le persone attorno a lui erano diventate più gentili, meno insopportabili, tutto meno doloroso. Eppure si sentiva un debole, ogni volta che ingeriva quelle pillole si sentiva davvero un fallito, uno scarto, un qualcosa di malato che necessita di essere messo a nuovo per funzionare bene. E nemmeno Mika avrebbe potuto fare qualcosa ora, perché quelle pillole hanno vinto la mente di Federico rendendolo una sorta di pulcino spaventato da tutto, anche da un bacio che era stato il più bello della sua vita, per inciso.
Ma tutto questo Michael non può di certo sapere; nelle conversazioni col più piccolo questo non ha mai lasciato trapelare qualcosa circa questo, si legge una stana sofferenza nei suoi gesti, nel suo tono, nel suo sguardo, ma nulla che faccia pensare a qualcosa di così basso come la depressione, come l’autodistruzione. Per il libanese è un concetto inconcepibile: chi mai potrebbe volersi così male a soli sedici anni? Lui l’adolescenza l’aveva vissuta incastrato in una generazione spensierata e che pensava più a divertirsi che a farsi del male, ed ora pensava che le cose non fossero cambiate, che tutt’oggi i ragazzi vivessero quello che lui aveva vissuto dieci anni prima circa. E così, dopo qualche giorno passato a rimuginare sull’accaduto e a portarsi il giubbotto del minore al naso per inspirare il suo profumo si era deciso a farsi avanti.
E’ sabato mattina, sono le 07:30, e Michael è davanti casa di Federico, poggiato conto al muro del palazzo in attesa che il più piccolo scenda di casa per raggiungere scuola. Ha in una mano il quaderno del ragazzo, che in quei giorni non ha sfogliato nonostante la voglia di farlo fosse tanta, in uno zainetto ha sistemato invece il giubbotto e tutto quello che il tatuato gli aveva lasciato quel giorno. Okay non tutto, insomma sarebbe stato come perdere ogni cosa di lui, così si era tenuto la clipper colorata del diciassettenne che in quel momento esce dal portone del condominio; ha un paio di cuffie nuove, Federico non riesce a starci senza cuffie, e non indossa alcun giubbotto, lui direbbe che è perché il freddo se lo porta dentro. Non appena nota Michael, le sue guance si tingono di rosso e lo sguardo si abbassa mentre sfila le cuffie, avvicinandosi al più alto che nonostante tutto gli sorride, non potrebbe non farlo, semplicemente gli è impossibile.
-“Ciao…”
-“Hi, io pensava avere tue cose, so…”
Lo sguardo di Federico si sposta sul quaderno, e i suoi occhi si sgranano appena, facendo andare a finire i denti nel labbro inferiore; sapeva che Michael non lo aveva letto, o almeno ci sperava, ma vederlo nelle mani di qualcun altro gli metteva una stana ansia addosso, ansia che il più grande nota da subito, passandogli immediatamente il quaderno.
-“Non ho letto, anche sse avvrei voluta.”
-“Magari un giorno te lo farò vedere io…”
-“Yeah, io volere questo.. non ha freddo?”
-“Con te di fronte?”
-“Io non capisce come tu passa da triste e impaurita a sfacciato e… impertinent!”
-“Non lo so nemmeno io… in un certo senso la tua presenza mi rilassa e mi agita allo stesso modo.”
-“Tu sembra più rilassata ora.”
-“Smettila di fare lo psicologo con me.”
-“Ouh, andiamo, ti accompagna!”
Michael spinge Federico, passandogli poi il giubbotto che aveva nello zaino, spiegandogli mentre camminano che ava messo tutto nelle tasche, tranne una piccola cosa che non intendeva dirgli, avrebbe dovuto scoprirlo da solo. E’ piacevole camminare insieme fino al Berlin, dove Mika deve aprire il locale e salutare frettolosamente Federico che corre via per il ritardo urlandogli la promessa di chiamarlo appena esce da scuola. E sembra che non sia successo nulla prima di questa giornata, sembra che non ci sia stato nessun bacio, o che ce ne siano stati miliardi, di baci, dal modo in cui quella mezz’ora è passata.
Tutto questo porta Federico a pensare. Sono quelle pillole o è Mika ad essere così giusto per lui da farlo sentire bene? Da tirare fuori dal suo corpo ogni singola paura per trasformarla in forza allo stato puro, sangue nuovo, come recita una canzone il cui testo arriva a Mika, alle 10:48 di quella mattina, dal suo diciassettenne preferito.
Se il mondo muore davanti a noi
Tu sei al centro di me
Sangue nuovo che tu mi dai
Tu sei al centro di me
In equilibrio
[…]
Poi ti cerco, ci divide il filo di un rasoio
Non so che cosa voglio, e se domani muoio
Tu portami dentro
Io che vado da 0 a 100
[…]
Una poesia, pura algebra
Quando non sei più un bambino
Scopri che il mondo fa schifo
Ho scritto delle canzoni
Per cambiare il mio destino
Esco dalle situazioni
Fammi stare in equilibrio
E se questo cielo esplode
Ora qua davanti a noi
E se questo impero cade
E tu non sai più chi sei
Tu sei l'unica sostanza
Di cui ora mi farei.”

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Capitolo 5
*** 5. Dipendenza. ***


5. Dipendenza

-“Devi ascoltare quella canzone, ti dico che è stupenda!”
-“Per tte tuto quelo che dicceno i Club Dogo è stupenda!”
-“Cavoli sì, ma tu capisci di chi stiamo parlando Michael? Oh Dio, e pensare che tu li conosci!”
-“Io parla con loro di tte, tu sa? Loro sempre… smiling, always, like me.”
-“Sì, ma immagino che I tuoi sorrisi siano molto meglio dei loro, senza offesa per quei tre ma… tu hai il fascino dello straniero, sai?”
-“Quindi tu bacia me per fascino di straniero?”
-“Poi chi sarebbe lo stronzo?”
-“Tu, ovvio!”
-“Eh beh, ovvio!... Sei ancora al Berlin?”
-“No, sta tornando a casa, tu?”
-“Ah niente, io sono nel cesso della scuola.”
-“Come mai tu ancora lì Fede? Fatto alcune disastra?”
-“No, Mik, niente disastra, è che alla fine stamattina sono arrivato tardi e ora mi tengono qui, punizioni formative le chiamano, formative per chi poi? A me non cambia un cazzo, certo è una rogna, ma più di tanto…”
-“Oh mi senta in colpa ora… Sei in punizzione per colpa mia…”
-“Non devi sentirti in colpa, a me ha fatto piacere.”
-“Avere punizzione?”
-“No, non quello… passare del tempo con te.”
-“Fede… io non riuscire a capirte, prima tu scappa, poi tu felice di stare con me… cosa deve fare per stare con te sensa che tu mi fa male?”
-“Ti faccio del male?”
-“Quando tu scappa sì.”
-“Mi dispice…”
-“Non è questo il punto…”
-“Woah, hai detto una frase in italiano perfetto!”
Federico sente un sospiro pesante del ragazzo con cui è a telefono che gli fa trattenere il fiato, voleva solo provare ad allentare la tensione, la consapevolezza del fatto che anche Michael potesse star male per le sue azioni lo aveva un po’ freddato; egoisticamente aveva pensato sempre solo a sé fino a quel momento, senza preoccuparsi del fatto che anche Michael aveva un passato, delle ferite, un cuore, e sapere di aver calpestato tutto ciò gli dava uno strano dolore proprio al centro del petto, un dolore che gli suggeriva che tutto quello non fosse solo una cotta, un dolore destinato ad aumentare quando Michael lo saluta inventandosi di essere stanco.
Passa l’ultima mezz’ora di detenzione chino su un foglio, con le cuffiette piantate nelle orecchie mentre un fiume di parole si riversa sulla carta bianca. Quando la punizione finisce, Federico non perde tempo e, afferrato saldamente lo zaino, inizia a correre a perdifiato verso l’appartamento di Michael; stavolta vuole dargli più che un piccolo pezzo di sé, vuole dargli il codice di ingresso nella sua vita, vuole fornirgli i mezzi per conoscerlo e per scegliere se volerlo ancora o meno.
Mentre corre è spaventosamente consapevole di quello che sta facendo. Ha sempre visto la sua vita come una partita a carte, e si era sempre impegnato ad avere più di due sole mani per poter tenere tutte quelle carte per non rischiare di perdere. Quando aveva permesso a qualcun altro di reggere anche solo un paio delle sue carte è sempre finito ad un passo dalla perdita, dalla sconfitta. Ma ora era stanco, a diciassette anni era stanco di dover reggere da solo tutte quelle carte, di dover avere mille mani e mille occhi perché i pericoli e i trucchi degli avversari erano ovunque, dietro ogni angolo ed ogni falso sorriso. Così aveva affidato parte di quelle carte ai suoi antidepressivi, lasciandosi persuadere dalla visione filtrata che questi gli davano del mondo, lasciando che le gioie artificiali avessero la meglio su quelli che erano i ricordi delle gioie autentiche. In quel momento, con quel foglio stretto tra le dita, stava mettendo in conto la possibilità di un cambio di partner di partita, stava scegliendo una nuova dipendenza, o meglio, una nuova dipendenza avrebbe potuto sceglierlo e sperava con tutto se stesso, con tutto il suo cuore e con tutta la sua luce che lo scegliesse, perché in caso contrario sarebbe stato un po’ come una morte prematura, ancora una volta, un matrimonio indissolubile con demoni e pillole.
Arriva con questi pensieri a bombardargli il cervello sotto il palazzo del libanese. Una signora sulla sessantina esce, lasciandogli il portone aperto con un sorriso accennato che Federico ricambia al meglio –fallendo miseramente. Per le rampe di scale è un’altra corsa, ha bisogno di arrivare il prima possibile, prima che la sua mente possa anche solo escogitare un cambio di piani, prima che l’ansia lo raggiunga. Quando arriva davanti alla porta laccata in verde si aggrappa quasi al campanello, tenendolo premuto con l’indice fino a quando Michael non apre la porta con un’espressione confusa ed anche un po’ seccata per il modo in cui la chiamata con sua madre era stata appena interrotta. L’espressione del libanese però cambia non appena vede Federico col fiato corto, i capelli scompigliati e gli occhi leggermente lucidi fuori dalla sua porta, a tendergli un piccolo blocco di fogli di carta di quaderno, senza dire nulla. Solo quando afferra i fogli, il ragazzo che gli è davanti sembra risvegliarsi e si inumidisce le labbra, prima di iniziare a parlare:
-“Okay, io ho fatto un gran casino, e me ne rendo assolutamente conto perché in fin dei conti è nel mio stile fare gran casini e non avrei voluto ferirti mentre commettevo uno dei casini in questione ma credo che questo sia un altro discorso. Quindi il motivo per cui sono qui ora lo hai tra le mani e dopo che avrai letto quello che ho scritto potrai essere in grado di decidere se vuoi tenere qualcosa tra le mani non solo nel senso pratico del termine ma anche in senso un po’ figurativo, e credo di star parlando troppo velocemente perché tu capisca ma le cose davvero importanti sono in quei fogli e… io ho fatto la mia scelta Michael, ora tocca a te. Fatti sentire presto, in ogni caso.”
E si sporge verso il ragazzo a cui ha dato una breve carezza per rubargli un innocente bacio a stampo prima di voltarsi ed andare via, questa volta senza correre, con la consapevolezza che il maggiore non lo richiamerà e non lo seguirà e con un peso in meno sul petto, perché permettere a qualcuno di entrare nella propria solitudine fa sentire automaticamente meno soli.
D’altra parte, Michael aveva effettivamente colto solo un paio di parole dal discorso dio Federico, ed ora si appresta a leggere quella lettera, sperando di capire meglio, di capirlo meglio, di riuscire a trovare un modo per essere il suo equilibrio.
“Ora asciugami ogni lacrima
Quando il mio cuore sanguina
Sto k.o. tu ripristina la mia stamina
Musica dell'anima
Apro cuore ed orecchie
Per fare cielo di piombo quasi blu come Chet Baker
Quando un minuto sembra un'ora
Cena intima con l'ansia
Io digiuno lei che mi divora
Realtà allucinatoria
Stato alterato medicina
Così fino a domattina
Perdo la memoria
Cerchi di fumo nella stanza buia
Saranno forme del destino perché muoia
La paranoia
O anelli di catena
Che m'imprigionano al patema
E a ogni sua retroscena
Scimmie sulla mia schiena
La trama s'infittisce
Al teatro delle angosce
Misteriosa vibra nell'aria rapisce
Poi mi apre nuove porte
Se la realtà ti prende a tibiate
Non ti batte ma rende più forte
 
L'ultimo incontro per strada
Mi taglia il collo con lama di spada
Mentre guardo il cielo e spero che cada
Se il destino intreccia due vite
Mani unite decide
Unisce due teste a un cordone che non recide
Ne scrive le storie con la grafite
Così può cancellarle se sono finite
Poi incrocia le braccia e ride
Perché sa che ha lasciato il segno l'ago che stride
Dov'è scomparso il nome adesso c'è una cicatrice
La mia bestia feroce
Copre il mio dolore con la voce
Grida come un vampiro davanti a una croce
Ma mio Dio
Devo uscirne ho il cervello in fumo nei miei deliri
Il più forte dei sedativi in un 33 giri
Se note di piano mi passano il cranio
Se divido il cuore d'acciaio dall'essere umano
Se stremato ora ho gli occhi chiusi
Salvato da un vecchio brano
Io ho sconfitto il boia
Tutto il resto è noia
Come Califano
 
Ora la stanza è piena di fantasmi
Notte tardi sono solo lotto coi miei spasmi
La pioggia non finisce
Cassa e rullante la scandisce
Ciba la mia mente
Guarisce questo istante
Qualsiasi uomo può stringere il mostro all'inguine
Ma solo un eroe può continuare a stringere
Mi avvolgo nel fumo di una siga
Sono sordo dalla puntina
E un disco calma il mio dolore come la morfina
 
Sono il nemico di me stesso
Nato filo spinato nel plesso
Siedo da solo e mi processo
Nel sangue che verso dentro ogni rima
Placo l'angoscia di una ballerina
Che danza sopra una mina
Conosco l'odio e devo compiacerlo
Da sveglio so quello che voglio ma non posso averlo
Stento nel trattenerlo
Colpisco facce a nocche dure di giorno
Di notte torno tra i fantasmi con le mie paure
Metto le cuffie a max volume
Cerco relax dentro un deserto
Con il subwoofer tra le dune
Cerco la pace tra le bombe
La vita tra le tombe
La luce tra le ombre
Ma è la realtà che mi confonde
La musica musa
L'unica cura filodiffusa
Senza non dura si usa
Come i soldi in una casa chiusa
Sbaglia chi dice che bastano i nervi saldi
Fra' salvi
Restano in pochi nella stanza dei fantasmi
 
Solo cosi posso rialzarmi, salvarmi
A volte vorrei morire soltanto per reincarnarmi
Liberarmi dal nodo allo stomaco
Piango sui carmi
Calmarmi
Ma tiro pugni all'intonaco
Non soffrirlo
Arricchire lo spirito invece di abbrutirlo
Risolvo zero non stando mai lucido
Puoi sentirlo
Dolore vivo senza anestesia
Il suono è terapia
Ferma la mia emorragia
Se mi guardassi dentro potrebbe non piacerti
Reperti di emozioni rime scritte nei referti
Occhi aperti
Brillano più di Vega
Nei nostri c'è lo stesso bagliore fino alla fine omega
Sofferenza filmata in piena sequenza
Oblio
Sessione di depressione
Un disco il suo fruscio
Fanno da cura coi miei versi
E l'ultimo paio
È per non scordarsi
Di Jonathan e Sawo
 
Ora la stanza è piena di fantasmi
Notte tardi sono solo lotto coi miei spasmi
La pioggia non finisce
Cassa e rullante la scandisce
Ciba la mia mente
Guarisce questo istante
Qualsiasi uomo può stringere il mostro all'inguine
Ma solo un eroe può continuare a stringere
Mi avvolgo nel fumo di una siga
Sono sordo dalla puntina
E un disco calma il mio dolore come la morfina.
 
Vuoi essere la mia nuova dipendenza Mik?”

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Capitolo 6
*** 6. Sangue nuovo. ***


6. Sangue nuovo

Michael passò ore ad esaminare quei fogli, Federico si era premurato di aggiungere anche una traduzione un po’ abbozzata in inglese per facilitargli la lettura e la comprensione del testo, questo a sottolineare quanto tenesse al fatto che il maggiore capisse al meglio quello che voleva dirgli. E Mika lo aveva capito, o meglio, dopo ore, era giunto alla conclusione che il ragazzo avesse qualche problema serio da risolvere, che non era tutto rose e fiori come lui aveva sempre pensato e che anche a quell’età si può pensare che sia più facile morire.
Si era domandato se ne sarebbe stato all’altezza, se sarebbe riuscito a ridargli sollievo, a ridargli sorrisi veri e felicità pure, insomma si era chiesto se avrebbe potuto dargli del “sangue nuovo”, come recitava il testo di quella canzone che gli aveva mandato, una delle tante, una di quelle che poi senza dirlo al minore ascoltava per giorni con un sorriso mentre gli passava per la mente un “probabilmente la starà ascoltando anche lui, in questo momento”. Smielato ma anche incredibilmente profondo dal punto di vista di Michael che alle 23.37 di quel sabato sera prende la sua decisione, e non intende certo aspettare oltre per comunicarla a Federico.
Federico che aveva passato quelle ore in un’attesa straziante, che non credeva poter essere possibile; infondo era stato semplice tutto fino a quel momento, prendere carta e penna, ricopiare le parole dei Dogo, tradurle e consegnarle a Michael. Semplice. Ma con l’attesa non aveva ancora fatto i conti. Da quando aveva rimesso piede in casa, una strana ansia gli si era annodata alla gola, rendendolo più scontroso del solito e portandolo a chiudersi nella sua camera, con le cuffie a pompare musica nelle orecchie per distrarre i pensieri che comunque andavano a finire sul riccio, per quanto si impegnasse a deviarli, era come al solito un chiodo fisso. Ad ogni minuto gli pareva che fossero passate ore ed ogni volta si ritrovava a controllare ogni possibile social, dopo aver visto che di sms non c’era nemmeno l’ombra. Gli ultimi accessi di Michael li aveva imparati a memoria, e non accennavano a mutare, nonostante passassero realmente le ore.
Per evitare di uccidersi la mente su cosa potesse star facendo o pensando il libanese, Federico aveva iniziato a pensare anche alle sue possibili reazioni in entrambi i casi – ovviamente il suo caso preferito era quello in cui Mika gli diceva che sì, sarebbe stato la sua nuova dipendenza. E lì avrebbe dovuto spiegargli tutto per bene, ma lo avrebbe fatto poco per volta, gustandosi la certezza di avere in ogni caso il ragazzo per sé, pronto ad affiancarlo, a difenderlo. In caso contrario, avrebbe provato a tutti i costi a restargli amico, anche se sapeva che sarebbe stato davvero troppo da sopportare e che sicuramente non avrebbe retto ad una delusione del genere.
Il suo cellulare si illumina alle 23.58 per una chiamata in entrata, una chiamata che bramava da quando era rientrato, una chiamata che avrebbe potuto salvarlo una volta per tutte.
-“Fede sono fuori tua casa, puoi.. can you come here?”
E Federico annuisce, senza nemmeno rendersi conto che Michael non può vederlo in quel momento, pensa solo a uscire frettolosamente di casa, senza dire nulla a nessuno, per raggiungere la sua unica speranza, la sua ancora, il suo ipotetico ancora. E lo vede a pochi passi, nel freddo di ottobre, stretto in una giacca stravagante che porta su ricamate delle stelle ed una luna, o forse più di una, non importa, importa solo il suo sorriso bellissimo che non può significare nulla di negativo, che non deve significare nulla di negativo.
-“Oh, ecco te… stai benne?” Annuisce Federico, non crede di riuscire a parlare. Mika lo capisce.
-“Okay so… ho letto questi che tu ha lasciata me, right? E io ha pensato molto a tuto e ha pensata anche a dirti questo piano, per farti agitare, a little bit, but non crede che tu deve essere più agitata di cossì, so… I’d like to be your only dependance, se tu vuole ancora… sure..”
Bisogna mettere in conto ora, che Federico di gioie così pure ed inaspettate, seppur spate, non ne aveva mai avute prima così non sa bene come reagire, sa solo che il suo battito è accelerato e che sugli occhi gli si è formato un velo di lacrime di gioia destinate a scorrere lungo le guance da un momento all’altro, sa solo che si alza in punta di piedi per baciare quelle labbra invitati piegate in un permanente sorriso, come sempre sì, ma sta volta in quel sorriso c’è qualcosa in più, qualcosa che sa di amore accennato, qualcosa che Federico bacia e che sente bruciare contro le proprie labbra per un tempo indeterminato, poiché non c’è tempo ma solo Michael lì per lui, Michael e il suo sorriso, Michael e il suo sapore, Michael e le sue mani sui fianchi del minore, Michael e i suoi denti premuti nel labbro inferiore del tatuato, a tirarlo appena prima di coinvolgerlo nuovamente in un bacio. Michael che è sangue nuovo.
-“So… tu vuole me…”
-“Mi sa di sì.”
-“Ti sa o sì?”
-“Sì.”
-“Benne.”
-“Ti farò lezioni di italiano.”
-“Ti farò lezzioni di bon ton.”
-“Ma ora sei il mio ragazzo, posso essere maleducato con te…”
-“Come scusa?”
-“Cosa?”
-“Cosa essere io?”
-“Oh ehm… io pensavo che, beh sì sai…”
-“Parla, non avvere paura, Fede..”
-“Sì beh… il mio ragazzo…”
-“Tu vuoi che io lo è?”
-“Sì…”
-“Mi piace.”
-“E tu? Vuoi me come tuo ragazzo?”
-“Solo un pazzo non lo vuole!”
-“Effettivamente sei un po’ pazzo…”
-“Io ha cambiato idea, non vuole più.”
E Federico si trova a togliergli il broncio dal viso a suon di baci, rimanendo stretto a quel ragazzo che gli stava cambiando la vita già con poche battute. Forse per una volta non sarebbe andato tutto a rotoli, forse per una volta la fortuna aveva una mano buona anche per lui, forse Michael era davvero quello che stava aspettando, quello che avrebbe rimesso i pezzi in ordine. Ma ci sarebbe riuscito davvero?
Quella notte, Federico nel suo letto sperò tanto di sì, per la prima volta dopo anni si ritrovò a pregare Dio di far sì che Mika fosse quello giusto e non poteva certo saperlo ma quella notte qualcuno in un altro letto stava pregando lo stesso Dio per la medesima cosa.

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Capitolo 7
*** 7. Ripristinami. ***


7. Ripristinami

Gli schiocchi dei loro baci si susseguono nella stanza, perdendosi un po’ nell’aria che circonda i due ragazzi stretti l’uno tra le braccia dell’altro a scambiarsi sorrisi ebeti tra un incrocio di labbra e l’altro. Le mani di Michael, affusolate, sono perse sotto la maglia di Federico, ad accarezzargli la schiena, poi a stare semplicemente lì, ma non sembra dare fastidio al più piccolo che si sofferma a ricoprire di baci quelle labbra fini e piene, mordendole di tanto in tanto mentre si arriccia i capelli del ragazzo tra le dita. Il senso di pace in cui era caduto viene però spezzato leggermente dalle parole del ragazzo su cui è sdraiato.
-“Tu devi parlare di delle cose, ha detto prima di venire…”
-“Sì, lo so cosa ti ho detto.. posso avere solo prima qualche altro bacio?”
-“Tu può avere tutto quello che vuole da me, Fede.”
Ed è impossibile non sorridere a quell’ammasso di dolcezza che è Michael, in ogni cosa si è sempre dimostrato dolce, rispettoso, delicato, e da quando erano diventati una coppia aveva mostrato a Federico anche un lato protettivo, romantico e premuroso; si prendeva sempre cura di lui, non lo lasciava mai senza un bacio, era il suo primo pensiero ogni secondo, esisteva solo lui e lo faceva sentire il ragazzo più amato del mondo. D’altra parte anche Federico si impegnava per non fare mancare nulla a Michael ma allo stesso tempo senza soffocarlo; stava imparando a controllare la sua gelosia, o almeno ci stava provando, e in quei giorni aveva intenzione di parlarne coi ragazzi del Muretto, e non gli importava se lo avrebbero tagliato fuori dal gruppo, ora che aveva Michael non doveva avere più paura di nulla.
C’è, tuttavia, una piccola cosa di cui Federico ha ancora paura, che poi tanto piccola non è. Ha paura di parlare a Michael delle pillole che prende, ha paura che lui possa scappare via non appena glielo dirà, ha paura di perderlo, ma sa anche che è arrivato il momento di dirglielo, dopo due settimane che si stanno frequentando è giusto che lo sappia, e se rimarrà al suo fianco, lo presenterà agli amici come “il mio ragazzo”. Il tutto sta nel dirglielo, il tutto sta nel dirglielo oggi, 14 ottobre.
Michael gli concede qualche bacio ancora, poi la sua curiosità torna a farsi sentire costringendo Federico ad alzarsi per sistemarsi meglio a sedere, costringendo il maggiore a fare altrettante mentre nella sua testa inizia a delinearsi il profilo del discorso da fare al suo ragazzo che lo osserva con le iridi appena più grandi per la voglia di apprendere e custodire qualcosa di nuovo circa il ragazzo a cui poco prima stava mangiando le labbra.
-“Bene uhm, non è che io sappia proprio bene come iniziare eppure ci ho pensato un botto e... okay okay hai ragione, devo calmarmi e.. semplicemente sì ecco, diciamo che ho avuto qualche problemino in questi ultimi mesi e.. Michael il punto è che io non avevo più voglia di fare nulla, mi svegliavo la mattina senza volerlo, mi mettevo a letto con la voglia di restarci e, volevo solo che tutto questo finisse il prima possibile, volevo che le voci nella mia testa la smettessero di tormentarmi, volevo che il costante dolore al petto se ne andasse per sempre, volevo una vita normale. E a un certo punto mi è stata mostrata la strada più semplice per raggiungere quello che volevo, ed è una strada semplice sì ma così dolorosa.. stavo bene mh? Ma allo stesso tempo mi sentivo un completo idiota per il modo in cui mi stavo lasciando sopraffare, per il modo in cui mi sono arreso, insomma.. Quando mi svegliavo stavo sempre di merda, forse più di prima, poi iniziava uno strano processo nel mio cervello e iniziavo a convincermi di star facendo la cosa giusta, mi sciacquavo la faccia e l’idea iniziava ad avere più senso, mi spogliavo e sembrava che i pensieri finissero coi miei vestiti nel cestello dei vestiti da lavare, mi rivestivo e sentivo il peso della mente vuota sistemarsi sulle mie spalle, così diventava più semplice prendere quelle pillole, sembrava ogni giorno più semplice.. Poi c’eri tu e io, io ho iniziato a pensarti sempre di più, e quando ti ho chiesto di baciarmi, mi sono sentito di nuovo normale, come se non avessi più bisogno degli antidepressivi, per questo ti ho chiesto di essere la mia nuova dipendenza, perché con te il mondo è automaticamente più bello, non mi servono filtri mentali per sopportare le persone, mi basta pensare che io ho te e sticazzi, sono meno irritabile, sono più felice, ecco..”
Sospira, quando finisce di parlare, girandosi a guardare Michael che per tutto il tempo lo aveva ascoltato con aria seria, senza interromperlo ma provando semplicemente a capire come si fosse sentito e come si sentiva in quel momento. Dopo poco lo vede inumidirsi le labbra e farglisi più vicino per rispondere con un tono che inizialmente preoccupa Federico:
-“Fede  io non pensava tutto questa posibile, e ora vorrei potere dirti che tu deve imparare a stare bene da sollo, ma io non può perché tu ha qualcosa che mi tiene a te, siamo.. we’re meant to be, seccondo me, e quindi io ora non può fare che lascia te, io può solo starti vicino e togliere te tute le paure, piano, con calma, però tu deve prometere che sta bene anche senza me, nostra relazione.. this don’t have to be a duress, obbligo, you know?”
Federico si trova ad annuire, mentre rovista nella tasca della felpa che indossa, cavandone fuori la boccetta di pillole che portava quasi sempre con sè.
-“Io te lo prometto, non voglio che tutto questo diventi un obbligo per te, voglio solo che tu tenga queste perché, io non ne avrò più bisogno, non voglio più averne bisogno, e sono sicuro che con te riuscirò a rialzarmi e a camminare di nuovo da solo, senza il bisogno di nessuna stampella, anche se tu rimarrai comunque la mia dipendenza, ormai hai scelto di esserlo, che vuoi farci..”
-“Hai raggione, ho scelta ormai..” accenna una risata Michael, accogliendo di buon grado il tentativo di Federico di chiudere quel discorso troppo pesante per lui probabilmente, e non trova modo migliore che sfilargli la boccetta di mano e riprendere a baciarlo.
Quella sera stessa vanno insieme al Berlin, anche se Michael non ha il turno; ha saputo dal suo capo che quella sera passeranno i Club Dogo e per fare una sorpresa al suo Federico e agli amici di quest’ultimo ha proposto di passare lì la serata, senza sapere che anche Federico ha una sorpresa per lui.
Il milanese infatti non aveva parlato al ragazzo dei suoi piani per presentarlo agli amici ed ora, mentre camminano verso il gruppetto a pochi metri dal locale, l’ansia inizia a farsi sentire, nonostante sia stra sicuro di quello che sta facendo. Quando raggiungono i ragazzi li saluta ad uno ad uno con una vigorosa stretta di mano seguita da un ‘bella’, rito che Michael dopo mesi ancora non riesce a comprendere appieno.
-“Raga, stasera Mika è qui con noi nelle vesti del mio ragazzo, e non sto scherzando quindi evitate di fare i cretini con lui che già mi avete fatto innervosire abbastanza in sti mesi” sputa tutto fuori con una bella dose di coraggio ed un sorriso fiducioso che trema un po’ quando osserva le espressioni stupite dei ragazzi, ma viene riacceso dalle parole di Emiliano, uno dei componenti della combriccola che esordisce con un “minchia Fede, mi hai soffiato per la millesima volta il tipo!”, causando una risata generale che tranquillizza immediatamente Federico.
In tutto ciò, Michael è rimasto senza parole per il modo in cui tutto quello è accaduto; si sarebbe aspettato che Federico gli chiedesse di nascondersi, di non dire nulla, di dargli tempo, invece in soli cinque minuti quel ragazzino gli aveva dimostrato quanto grande fosse il suo coraggio e quanto tenesse a lui, ora non poteva che ‘ricambiare’ seppur in minima parte portandolo ad incontrare per la prima volta quelli che erano i suoi idoli, dopo essersi subito, ovviamente, una miriade di battutine sarcastiche dai ragazzi del Muretto mirate a metterli a loro agio e a prendere le misure con quella nuova situazione.
-“Ragazzzi ragazzzi! Per favore, ora seguite me e non.. stop talking ‘bout us!”
Una serie di risate si alza tra gli adolescenti dopo le parole del più grande che decidono poi di seguire fino all’entrata del Berlin; teoricamente erano lì perché a mezzanotte Federico avrebbe compiuto diciotto anni e Michael aveva proposto di aspettare lì il fatidico orario offrendo a tutti una birra per incentivo ad esserci, ma varcando la soglia del locale i loro occhi schizzarono subito a tre figure in particolare sedute ad un tavolo e la meraviglia si dipinse su quei volti sbarbati offrendo a Michael la possibilità di ridacchiare per quella reazione e l’intimità necessaria per sporgersi a sussurrare all'orecchio di Federico un ‘sorpresa’ senza che i ragazzi facessero polemiche o altri commenti.
Quello per Federico è l’inizio perfetto di un giorno ancora più perfetto.

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Capitolo 8
*** 8. Sorprende me. ***


8. Sorprende me

Diciotto anni. Un traguardo bramato sin dai primi anni dell’adolescenza, un qualcosa di astrattamente fantastico e quasi impossibile, l’inizio di una nuova vita, il passaggio da una fase all’altra, la possibilità di cambiare le cose e chi più ne ha più ne metta. Questi sono i diciotto anni per tutti, tutti tranne uno, ovviamente, o forse più di uno. In questo caso l’uno è Federico che ora, mentre è seduto ad un tavolo del Berlin di fronte a Cosimo Fini, Francesco Vigorelli e Luigi Florio – ovvero i componenti dei Club Dogo-, con il proprio stupendo fidanzato accanto e l’orologio sul polso a segnare le due del mattino. Diciotto anni, una svolta. Ma Federico la svolta l’ha avuta mesi e mesi fa, incontrando Michael Holbrook Penniman Junior, è solo per merito di quel ragazzo che può dirsi completo, solo per merito di quel ragazzo può dire di aver svoltato, o almeno di essere in procinto di svoltare, solo grazie a lui, solo grazie ad un calcio alla gamba da parte di Cosimo si accorge di essersi incantato a fissare l’uomo al proprio fianco che con le guance arrossate lo guarda mentre ride con gli altri, lasciandosi coinvolgere dall’atmosfera gioviale ed anche intima, poiché sono gli ultimi ed unici clienti del Berlin ormai, quindi è normale sentire le voci rimbombare un po’, non sono poi così ubriachi, o almeno credono.
-“Minchia zio, ma quanto pensi? Hai solo diciotto anni e già una fabbrica di pensieri!” Esclama alticcio Luigi, meglio conosciuto come Don Joe, o anche come quello serio dei Dogo, solo perché è l’unico ad essere sposato, Federico scuote la testa, tutta la situazione gli risulta ancora assurda, sono i suoi idoli, cavoli.
-“Mika dovresti aiutare questo ragazzo a pensare meno” si aggiunge Francesco, in arte Jake La Furia, facendo un gesto eloquente con le mani… beh forse più di uno.
-“Cosa tu dice? No! No guardare Fede!” Michael si premura di coprire gli occhi di Federico con una mano, come se fosse un bambino non ancora pronto a guardare o assistere a certi discorsi, e la cosa lo fa sbuffare appena, seppure un sorriso sia ben visibile sulle labbra del neo maggiorenne.
-“Lui è troppo cotto per dirtelo, zio, quindi te lo dico io; ha diciotto anni ed è a conoscenza del sesso, vero Fedez?”
E Federico si ritrova ad annuire verso il Guercio, Cosimo, che ha appena parlato, girandosi poi a scuotere la testa verso Michael quando questi lo guarda con un’espressione truce, ed anche un po’… triste?
-“Vede Cosimo? Lui dice di no, no mente con me” rivolge una linguaccia al rapper che in tutta risposta si stringe nelle spalle e si porta l’ennesimo drink alle labbra, indicando in quel modo di aver perso interesse verso quel discorso.
Arriva a interrompere la loro ennesima giocosa discussione il proprietario del locale, che annuncia ai cinque la chiusura. I cantanti la prendono bene e Don Joe, il più lucido, afferra le chiavi della sua auto pronto a riportare gli amici alle rispettive abitazioni e a tornare poi alla sua di casa, dove qualcuno lo stava aspettando piuttosto infuriata, ci tiene ad aggiungere. Si salutano con dei pugni, tipico per loro, un po’ meno per Michael che si stava appena appena abituando a quei modi di fare.
Il tempo di raccattare le loro cose ed anche la coppia esce dal locale che ormai si sta spegnendo assieme a quella zona di Milano, lasciando il posto ai night presenti dall’altra parte della città, verso la periferia, dove le luci e la musica a palla non disturba nessuno.
Federico cammina stretto al busto di Michael che gli accarezza con la punta delle dita i capelli. Entrambi hanno un sorriso che va da una guancia all’altra e Federico risulta totalmente brillo, ai limiti della lucidità, ma questo a Michael non importa, quella sera e il giorno seguente Federico è solo per sé, e intende renderlo il ragazzo più felice del mondo, magari non solo quel giorno, ma quel giorno un po’ di più, in modo da donargli nuovamente la bellezza dell’attesa di un giorno perché sia speciale, e la sorpresa nello scoprire che ogni giorno poi potrebbe esserlo.
Arrivato all’appartamento, dopo aver salito le scale con Federico in braccio a mo’ di sposa perché ‘amore le mie gambe fanno flu e si piegano verso l’interno, non posso camminare!’, invia col cellulare del ragazzo un messaggio alla madre di quest’ultimo, avvertendola che dormirà fuori, in questo modo può dedicarsi al suo diciottenne, steso in quel momento sul divano del salotto di Michael.
Quando Michael si siede accanto al ragazzo che credeva mezzo addormentato non si aspetta di certo che questi lo spinga contro lo schienale stendendolo sotto il peso del suo corpo per iniziare a baciarlo con una foga solo accennata altre poche volte, e si trova un po’ preso alla sprovvista ma poi gli risulta quasi logico portare una mano tra i capelli del più piccolo e l’altra sul fondoschiena fasciato dagli skinny jeans neri, che Fede non sopporta, ma a Michael piace come ci sta il suo sedere lì dentro, allora li mette solo per lui, e questo a Mika piace, quasi quanto gli piace il modo in cui la lingua di Federico accarezza quasi il suo palato, rallentando tutto in quel modo, rallenta per lascare che Michael metta a fuoco il modo in cui il bacino del ragazzo si spinge verso il suo, è quasi impercettibile, quindi è necessario rallentare perché il libanese lo noti e perché questi non sia nelle condizioni di fermarlo o di fare qualcosa che non sia assecondarlo. E lo fa, lo asseconda, ma al contempo, tra un bacio e l’altro, mentre Federico riprende fiato soffiandolo poi sulle labbra del più grande questi gli sussurra un ‘sei uno stronzo, drunk’, che ruba una risatina al milanese.
-“Non sono ubriaco Mik.”
-“Oh, tu è, credi me.”
-“Ti dico di no, perché dovrei?”
-“Perché se tu non è, tu non farà quello che sta facendo, you know?”
-“Non lo sono, e in ogni caso sono solo leggermente… aiutato?”
-“Io vuole te senza aiuti, solo te.”
-“Sei sempre così.. perfetto.”
-“Tu dice perché ‘cotto’, Cosimo ha ragione!”
-“Io dice perché vero!”
-“Mi sta prendendo in giro?”
-“Oh, per quale razza di persona mi ha preso, Mr. Penniman?”
-“Per uno stronzo di merda che è, Mr. Lucia!”
Federico ride di gusto, iniziando poi a divincolarsi non appena Michael inizia a fargli il solletico, e non spreca nemmeno energie a provare a divincolarsi, lascia che faccia quel che preferisce per avere quelle mani su di sé e quel senso di protezione che percepisce anche se piegato in due dalle risate e con le lacrime a minacciare di lasciare gli occhi, sta volta per la gioia, ma a Michael rifilerà la scusa delle troppe risate, non può mica fargli montare la testa.
Quella mattina Federico si sveglia con l’odore del caffè a pungergli il naso in maniera delicata, stemperato dal profumo di cornetti appena sfornati probabilmente che Michael sta poggiando sul comodino destro del suo letto matrimoniale in cui hanno passato la notte. Michael è la prima cosa che Federico vede appena apre gli occhi, quella mattina inizia con un sorriso ed un bacio, e se il buongiorno si vede dal mattino quella sarà una splendida giornata.
Il milanese però non aveva idea che sarebbe stata così fantastica come giornata; Michael gli aveva solo detto di prendere qualche suo testo e di vestirsi in fretta, poi lo aveva trascinato in macchina e via per le strade di Milano, verso una destinazione ignota che si era rivelata poi essere uno studio di registrazione, nel dettaglio lo studio di registrazione in cui si trova ora con Michael e i Club Dogo, visibilmente più sobri rispetto a quella notte, che leggevano alcuni testi di Federico, annuendo di tanto in tanto.
-“Beh, minchia, vuoi iniziare? Don Joe ora ti fa sentire qualcosa, o hai già delle basi?” Le parole di Cosimo lo prendono alla sprovvista e si ritrova a balbettare che ha le sue basi, certo, in una penna che porta sempre con sé; la porta sempre perché è goloso di quello che scrive e di quello che mette in musica, anche se non è un gran che a sua detta, non vuole ancora che qualcuno lo senta, ma se a chiederglielo è Cosimo Fini non può far altro che allungargli la pen drive.
-“Bisogna perfezionarle, le basi dico, sono appena abbozzate ecco… diciamo che non mi aspettavo tutto questo?”
-“Tranquillo, se sono ‘abbozzate’ come lo sono i tuoi testi sei sulla buona strada, Mika ci ha detto che era una sorpresa.” E’ Don Joe a rassicurarlo, prima di infilare le cuffie ed iniziare ad ascoltare quello che è il frutto del lavoro di Fedez, il suo modo di stare al mondo, l’equilibrio che ha trovato per non crollare, il fatto che poi sia comunque crollato non è di certo attribuibile alla musica, no, è crollato lo stesso perché la vita è così, non esistono poi tante altre spiegazioni.
Escono dallo studio che fuori è già buio e Michael ha un sorriso timido, come chi teme di ricevere una strigliata o come chi invece attende pazientemente una ricompensa. La seconda ipotesi si realizzò in auto, in una maniera che Michael non aveva nemmeno immaginato potesse esistere data la freschezza del loro rapporto, ma Federico non la pensava in questo modo quando, dopo essersi chiuso lo sportello dell’auto alle spalle si era fiondato quasi sulle labbra del ragazzo, mormorandogli miliardi di ringraziamenti mentre una mano scivolava sul torace del ventiseienne sorridente, fino ad arrivare al cavallo dei suoi jeans. Quella volta Michael non ebbe nessun tipo di resistenza, nessun tipo di pensiero assurdo circa le conseguenze perché non c’era poi tanto da pensare, come gli aveva spiegato Federico mentre si puliva la mano sporca contro un fazzoletto, senza farla sembrare una cosa volgare, senza far pesare nulla a Michael ma liquidando un po’ anche il suo imbarazzo con un ‘è solo una sega Mik, tu sei il mio ragazzo, io sono il tuo ragazzo, è assolutamente okay’, poi lo aveva baciato e il mondo aveva ripreso il suo ritmo usuale.

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Capitolo 9
*** 9. In my place. ***


9. In my place

Una delle pessime abitudini di Federico era quella di lasciare che il controllo dei suoi pensieri finisse nelle mani di quello che aveva nominato ‘Zedef’, che era il suo completo opposto in tutto. Zedef è un ragazzo elegante, senza nemmeno un tatuaggio, un tipo un po’ fighetto che, pur essendo in ogni occasione vestito come suo nonno, risultava, nella sua mente – unico luogo in cui Zedef esiste-, sempre cool, assurdamente. Zedef è sicuro di sé, è forte, è insormontabile, è esonerato da tutti i difetti che invece possiede Fedez, e la forza più grande di Zedef sta proprio nell’essere l’immagine perfetta di quello che Fedez vorrebbe essere, un’immagine perfetta, eterea, che non è possibile scalfire in alcun modo. E Fedez ne è geloso. Lo invidia, vorrebbe essere come lui, per questo mette in atto ogni singolo consiglio di quell’individuo che si è materializzato negli anni nella sua mente, dando un’immagine alle troppe voci che sentiva; ora ne sente una, ma ha la carica e la cattiveria di tutte quelle messe insieme, ed è semplicemente spaventoso.
Ancora più spaventosa è la completa devozione di Federico verso queste voci, verso la loro materializzazione. Crede fermamente che vogliano il suo bene, per questo le tiene anche nascoste dal resto del mondo, nella sua testa perché gli altri non capirebbero, non possono capire, e gli darebbero del pazzo, li separerebbero, Fedez e Zedef lontani, per sempre, e nessuno dei due lo vuole, dunque bisogna tacere su questo, tacere anche con Michael.
Michael che si trova a Lodi per una cena di famiglia, una sorta di riunione. Michael che rimarrà lì per il weekend. Michael che è l’unico che riesce a far sparire Zedef, poiché con Michael Federico si sente perfetto, non ha bisogno di voler essere nessun altro. Michael che non deve sapere nulla di tutto questo perché scapperebbe davvero sta volta, Zedef lo ricorda sempre a Federico quando il ragazzo è lì per lì per dire qualcosa a Michael.
‘Oh, smetti di pensare a lui, Federico, ora siamo soli. Evidentemente il tuo Michael non ti ama poi così tanto, insomma, guarda bene questa foto, guarda il suo sorriso, con te non sorride così, magari lì ha rincontrato qualche sua vecchia fiamma…’ Zedef parla piano, sussurra quasi inizialmente, mentre Fedez osserva con il labbro inferiore tra i denti la foto che gli ha inviato il libanese, un selfie del suo arrivo con un sorriso enorme. Ed inizialmente Federico ha guardato quella foto con tenerezza, pensando a quanto risultasse tenero il suo ragazzo in ogni singola cosa, a quanto gli sarebbe mancato, a quanto era bello, poi le parole di Zedef lo hanno piegato ed ora eccolo lì ad osservare sconcertato quella foto che lo aveva fatto sorridere, provando a replicare debolmente.
-“No, non è come dici.. lui è appena arrivato ed ha subito pensato a..”
‘A te? Non farmi ridere che non sono proprio dell’umore. Forse perché io ho già capito quello che tu ti ostini a non voler vedere. Dio, è così ovvio!’
-“Cosa? Lui tiene a me..”
‘Cavoli, ti avevo detto di non farmi ridere. Lui ti sta solamente usando, probabilmente per fare una qualche buona azione, perché gli fai pena. Sei assolutamente patetico, tu e i tuoi tatuaggi, tu e i tuoi miseri diciotto anni, tu e i tuoi problemi, tu e il tuo vittimismo, tu e i tuoi sbalzi d’umore, tu e quelle quattro rimette che ti ostini a chiamare canzoni. Sei patetico. Come sempre. Ti è bastato non sentirmi per un po’ per anche solo pensare di essere normale, ti è bastato così poco per dimenticarti quello che sei? Che poi non è nemmeno una gran cosa, forse per questo l’hai dimenticato così rapidamente.’
Le parole gli rimbombano nella testa che tiene nascosta tra le mani, senza rendersi nemmeno conto di star tirando alcune ciocche dei propri capelli, senza rendersi conto delle lacrime che iniziano a solcare le sue guance, senza rendersi conto dei singhiozzi che in poco tempo riempiono la camera in cui si è chiuso, senza rendersi conto di aver fatto partire una chiamata, senza rendersi conto della voce del libanese dall’altro capo del telefono.
-“Bae! Come mai tu chiama?.. Fede? Oh ansiama, risponde!... Federrico! Bae? Hello? Are you crying? Baby, please, answer me.. Fede tu mi preoccupa, che sucede? Fed..”
-“Basta! Devi smetterla, devi smetterla, smettila, non è come dici.. non è così...”
-“Federico cosa stai dicendo?”
-“Non è così Zedef, non è..”
-“Zedef? Amore? What the hell?”
Michael non riceve risposta, e questo fa salire in maniera piuttosto vertiginosa il suo livello d’ansia, già altissimo quando si parla di Federico. Federico che piange e che dice cose apparentemente senza senso, Federico che stacca la chiamata facendo cadere un velo di gelo sul cuore di Michael.
Federico. Con gli occhi velati di lacrime, gonfi e arrossati a fissare lo schermo del suo cellulare dove ancora legge quella chiamata durata intorno ai cinque minuti di cui non si era minimamente accorto, quella chiamata che potrebbe segnare la fine di tutto, e Zedef non intende fargliela passare liscia.
‘Poi non dovrei darti del cretino vero? Poi dovrei starti pure a sentire quando inizi a singhiozzare come una cretinetti di dodici anni mentre guarda Titanic, dovrei pure darti retta? Ma non ti rendi conto di quello che fai? Eppure hai diciotto anni ormai! Il tuo fidanzatino ti ha preparato tutte quelle belle sorpresine per festeggiare un bel cazzo di nulla dato che hai evidentemente ancora tre anni a livello mentale. Come hai potuto chiamarlo in questo momento? Ti sei reso ancora più ridicolo di quanto tu non lo fossi già, gli hai fornito su un piatto d’argento un motivo per abbandonarti, nella migliore delle ipotesi. Vuoi che io ti ricordi la peggiore delle ipotesi? Non scuotere la testa, pappamolle, tanto sai che non mi incanti, con me questo non attacca. Nella peggiore delle ipotesi, il tuo amato Michael ti manderà in un manicomio e sai perché? Perché tu hai appena avuto la splendida idea di chiamarlo proprio ora, proprio ora, per farti sentire mentre ti urlavi di smetterla, e in questo modo sai cosa gli hai fatto capire? Sì che lo sai. Gli hai fatto capire che sei fuori di testa. Matto, matto da legare. E i matti non stanno con quelli come lui, lo sai no? Quindi è inutile che continui a sperarci, crogiolati pure nella convinzione che lui non farà nulla di quello che ti dico, convinciti pure che devi dargli fiducia, fallo, ti prego. Ma quando poi ti ritroverai nei guai, circondato da matti veri, beh non chiamare me eh, non farlo. Io non ti verrò ad aiutare, mi spiace. Infondo io sto facendo già ora il mio dovere da buon amico, ti sto mettendo in guardia e.. oh sì, ora inizi a parlare la mia stessa lingua, esattamente. Bravo, prendi la lama dal rasoio, così, esatto, starai bene, fidati ancora di me Fedez, andrà tutto bene.’
 
Michael intanto prova e riprova a chiamare il suo ragazzo, che sembra aver spento il telefono o volerlo ignorare per quella sera dato che non riceve risposta su nessun fronte tecnologico di cui il libanese ed il milanese dispongono. E forse per la prima volta sta un po’ odiando quella sua famiglia che lo tiene legato lì, legato lontano dal suo Federico che sta male, e lui non sa perché. Federico sta male e Michael sente il suo dolore anche a chilometri di distanza, sente il suono dei suoi singhiozzi tremanti rimbombargli nella testa, sente il suono di quelle parole al limite della disperazione e si sente male. Male per lui, male con lui.
Verso la mezzanotte riesce a liberarsi dalle grinfie dei parenti e dalle loro lamentele per il modo in cui vuole andare via, per non volersi fermare, per quella fretta che sua madre sta iniziando a reputare oltre i limiti del buon gusto, per il modo in cui ha partecipato passivamente a quella che doveva essere una rimpatriata. In tutta risposta il ragazzo rivolge qualche sguardo mortificato e delle semplici e deboli scuse mentre sale in auto, con la promessa di farsi vedere al più presto, certo, ora la cosa fondamentale era riuscire ad andare via, riuscire a percorrere quei 40km scarsi che lo separano dal suo ragazzo. Dal suo ragazzo, troppo debole per resistere ad un pensiero.

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Capitolo 10
*** 10. Baby, it's okay. ***


10. Baby, it’s okay

E’ 01:28 quando Michael corre fuori dalla sua auto per raggiungere l’ammasso di bottoni che forma il citofono del palazzo. Cerca, alla luce di un lampione che illumina la strada, il bottoncino accanto al nome “Lucia” e una volta trovato ci inchioda su l’indice perché prima o poi qualcuno avrebbe pur dovuto sentirlo, prima o poi qualcuno avrebbe risposto.
-“Si può sapere chi diamine sei che vieni a citofonare a quest’ora di notte?” La voce è acuta e piuttosto arrabbiata, la madre di Federico, intuisce Michael che ci mette un attimo per rispondere.
-“S-sorry, I’m Michael, amico di Federico, io ha bisogno di salire, deve vedere lui ora.”
-“Solo uno straniero potevi essere! Federico sta dormendo, come tutte le persone normali, va via.”
-“Miss, please, please, apra, io deve vedere lui ora, per favorre.” Michael nemmeno si accorge delle lacrime che gli cadono lungo le guance ma la madre di Federico, donna di buon cuore, sente la voce tremolare e i singhiozzi e non può fare a meno di aprire il cancelletto al ragazzo e successivamente la porta di casa, aspettando che questi salga le scale. Non ha molto da attendere, Michael in due minuti è sul pianerottolo a guardarla con la mortificazione e la paura negli occhi rossi di pianto. Annamaria, conosciuta da tutti come Tatiana, non indulge oltre e accompagna il ragazzo fino ad una porta bianca dove campeggiava una scritta colorata “Il principino riposa qui” che strappa un sorriso al libanese prima che la donna gli intimi di sbrigarsi e di non fare rumore, per poi sparire oltre due porte di distanza. Michael prende un respiro ed abbassa la maniglia, sospirando sollevato quando scopre che la porta non è chiusa a chiave, ma quel sollievo dura poco, poiché la scena che gli si presente gli fa gelare il sangue.
Sangue, appunto. Federico è seduto contro al muro, con il polso sinistro e la mano destra ricoperti di sangue. Sangue secco, occhi chiusi, capelli spettinati, respiro lento. Michael ha bisogno di un attimo per riprendersi da tutto quello, poi intercetta un pacchetto di fazzoletti ed una bottiglina d’acqua sulla scrivania e li afferra mentre si avvicina al ragazzo, davanti il quale si inginocchia, provando a non piangere, non ancora, non ora.
-“Babe, wake up, can you listen me? Babe.. please, look at me.. hey, I’m here for you..”
Quando Federico apre finalmente gli occhi, l’unica cosa che dice è il nome del più alto in un sussurro, e vorrebbe chiedergli di più, vorrebbe dirgli di non scappare, di non lasciarlo e di non portarlo in un manicomio, ma quel che ne viene fuori risulta alquanto incomprensibile.
-“Mik.. non sono pazzo.. non sono.. non portarmi lì.. non andare..”
-“Shh babe, you’re not crazy I know.. oh.. what you’ve done? Why?”
In risposta riceve solo le lacrime di Federico a cui prende il viso tra le mani per raccogliere e fermare con dei baci quelle goccioline salate che minacciavano di andarsi a perdere nuovamente oltre la linea della mascella del diciottenne che ora Michael sta baciando sulle labbra, lentamente, perché ne ha bisogno e sa che anche Federico ne ha bisogno in quell’esatto momento. Quando si scosta lo fa con dolcezza e senza smettere di sussurrare brevi e dolci “Shh bae, don’t cry, it’s okay.. I love you, sh” che per Federico erano come del thè caldo quando si ha la tosse, qualcosa che ti scioglie il dolore e per brevi istanti ti fa sentire bene. Michael intanto gli pulire la mano, con un fazzoletto bagnato, passando poi al polso senza riuscire a pensare ad altro se non a Federico, al motivo che lo aveva spinto a tanto, a Zedef, misterioso personaggio dall’entità sconosciuta. Avrebbe avuto tante domande da fare al suo ragazzo il giorno seguente, ma sa già che non riuscirà ad insistere troppo con lui, e che non riuscirà a separarsi da quel bellissimo disastro almeno per un po’.
-“Mik che ore sono?”
-“E’ ora che tu dorme, babe.”
-“Dormi con me.”
-“Non sa se può..”
-“Puoi, ti prego.”
-“Okay.”
-“Mik, non lasciarmi.”
-“Non voglio fare questo.”
-“Mik prima hai detto che mi..”
-“Fede, I love you, yeah.”
-“I love you too.. you know?”
-“Yeah but.. why you’ve done this?”
-“’Cause I’m a mess.”
-“My mess.”
-“If you want, your mess.. but promise that you’ll never leave.”
-“I promise.”
-“Mi fido di te.”
-“Anch’io, ma parliamo domani.”
-“Parliamo domani, ma ora baciami.”
Sono nel letto di Federico, un letto piccolo, per una persona sola, ma, accartocciati, stanno bene, uno nelle braccia dell’altro, una persona sola. Sono entrambi seminudi sotto il piumone che li riscalda e li copre, creando quell’atmosfera raccolta, intima, in cui scambiarsi baci, carezze, sorrisi è più semplice e bello, più vero. Sembra tutto in ordine, tutto pulito, senza nessuna grinza, ma per Michael non è così; ama stare in quel modo con Federico, così vicino a lui, eppure sente all’altezza del cuore uno strano vuoto, una piccola crepa che si fa sentire ogni qualvolta, per puro caso, il polsino che tiene fermo il fazzoletto sul polso di Federico sfiora la sua pelle, ricordandogli per quale motivo si trova lì, per quale motivo stinge così forte quel corpo esile, perché lo ama certo, ormai lo ha capito da un po’, anche se il coraggio di dirglielo non lo ha ancora trovato, ma anche perché quel ragazzo che tanto ama sta male, quel ragazzo che tanto ama non ama la vita, non si ama, e per Michael è naturale quasi arrivare alla conclusione che non ama nemmeno lui.
Se solo sapesse quanto Federico lo ami, se solo sapesse quanto gli è devoto, se solo sapesse che tutto questo è scaturito dalla voglia di essere perfetto per lui, dalla voglia di dare il meglio al suo Mik, dalla voglia di non fargli mancare nulla, di renderlo felice, completo, pieno, perché solo in questo modo lo sarà anche lui.
-“Io ti amo Mik, altro che ‘I love you’.”

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Capitolo 11
*** 11. Brutto sogno. ***


11. Brutto sogno

-Grazie per essere rimasto con me. –
-Non deve ringraziare, come ti sente? –
-Se penso a te sto bene. –
-E se non pensa? –
-Devo spiegarti delle cose… -
-Crede di sì. –
-Mi spiace, ora che ci penso mi sento assurdo.. –
-Basta Fede, segue lezione ora, dopo noi parliamo. –
-Okay.. ma prima posso farti leggere una cosa di un rapper che mi piace? –
-Sure, ma con traduzione.. –
-Per forza, è napoletano!
“A prumess e sta vicin (la promessa di essere vicini)
Pur mmiez o temporal (anche in mezzo alla tempesta)
Na cas ‘ra nostr, addò o ciel è chiu blu (una casa nostra, dove il cielo è più blu)
A vist nun serv pcchè c staj tu (il panorama non serve perché ci sei tu)
‘O saj ca m fid (lo sai che mi fido)
Nun serv ca t’o giur (non c’è bisogno che te lo giuri)
[…] Pcchè t’accuntient rò nient si mo putiss prtennr ‘e stell? (perché ti accontenti del nulla se ora potresti pretendere le stelle?)
[…] ‘O sacc, sj stac, m’abbracc e po chiagn (lo so, sei stanco, mi abbracci e poi piangi)
[…] vuless turna a chillu juorn pcche chillu juorn me fatt cuntent (vorrei tornare a quel giorno perché quel giorno mi hai reso felice)
[…] vogl ca m’abbracc (voglio che mi abbracci)
Ancor natu poc (ancora un altro po’)
E ja nun fa sta facc (e dai, non fare questa faccia)
‘O saj ca chist è o post tuoj (lo sai che questo è il tuo posto)
Ja, vien cca, famm pnsà ch’er nu brutt suonno (dai, vieni qui, fammi pensare che era un brutto sogno)
[…] Nu brutt suonno fa paur (un brutto sogno fa paura)
Si po m scet e nun c staj tu (se poi mi sveglio e non ci sei tu)
Chiamami quando,
Ti senti stanco
Prendi a calci il muro e poi non ne puoi piu
Io sto gridando
Mi sento stanco
Solo contro questo mondo a testa in giù
Ja vien ca,  famm pnsà che er nu brutt suonn (Dai, vieni qui, fammi pensare che era un brutto sogno).” –
-Tu sei matto, io adora questa canzone ma tu ora deve studia! –
-Mi sono guadagnato dei baci bonus vero? –
-Maybe! –
A quel punto sul viso di Federico nasce un sorriso spontaneo e rientra in classe, andando a quel banco in fondo all’aula a cui prende posto infilando le cuffiette per tornare a sentire quella canzone, e chissene della professoressa che continua a brontolare, quella canzone al momento gli faceva bene, gli faceva pensare al suo Michael che si era fatto una corsa di notte solo per lui, solo per lui, questo Zedef non avrebbe potuto distruggerlo con nessuna parola.
Alle 13:58 la campanella suona facendo scattare tutti i ragazzi in piedi, pronti ad uscire da quella struttura per raggiungere le loro vite, i loro veri interessi. Federico non sente la campanella ma si accorge che sia suonata dal modo in cui la stanza si svuota, facendolo sospirare appena serenamente mentre raccatta le sue cose e con un’inaudita calma si dirige verso l’uscita. Alla fine del cortile ormai già svuotato, verso il cancello, Michael aspetta il suo Federico, sorridendo spontaneamente quando lo vede avvicinarsi con calma, il passo lento a caratterizzarlo e solo un lieve sorriso a rompere quell’aria da duro che gli aleggia attorno a causa dei tattoo e dei piercing, che, per inciso, Michael adorava.
Si fermano su una panchina del parco più vicino, dopo aver comprato una pizzetta ciascuno, il loro pranzo ‘easy’.
-“Deve spiegare ora, Fede…”
-“Mh, sì, lo so.. ma devi promettermi che rimarrai, sta volta davvero, ho paura che questo possa allontanarti perché non si tratta di due pilloline o di cose del genere e, forse sono drammatico ma ho davvero paura che possa infierire sulla nostra relazione..”
-“Sicuramente questa infi.. com’è? Vabe’, hai capito.. ma io non ti lascia, tu prima mandato canzone dove dice che ti fida senza bisogno di prova, show me.”
-“Michia, sei astuto inglesino… Okay uhm, non so come poterti spiegare ma è come se… hai presente quando ti rivesti e ti guardi allo specchio facendo quelle smorfie e domandandoti ad alta voce se stai bene? Sì lo fai ad alta voce, l’ho notato, ma mi piace, lo trovo adorabile… e sei arrossito merda.”
Il discorso di Federico si interrompe poiché ogi volta che Mika arrossisce innesca nel ragazzo un’irrefrenabile bisogno di baciarlo, anche a lungo quando può. Questo purtroppo è uno dei casi in cui non può baciarlo a lungo, costretto a tornare a parlare da uno sguardo truce che segue la risatina di Michael al bacio.
-“Okay okay, scusa se sei irresistibile! Smetto di fare il minchione ora e.. sì beh, hai presente quella cosa lì? E’ come se tu in quel momento ti consultassi con un altro te no? Ecco, è come se questo succedesse costantemente nella mia testa con un’immagine di me migliore.. perfetta..”
-“Zedèf..”
-“Esatto, lui e.. io credo che se fossi come lui sarebbe migliore la mia vita in generale perché è colpa mia se le cose vanno in un certo modo e.. per Dio, ora con te la mia vita è fantastica, ma appena tu non ci sei torna ad essere un inferno ed io.. noi, lui soprattutto, crediamo che tu troverai qualcuno di migliore se io non.. se io non riesco ad essere perfetto per te come perfetto sei tu e perfetto è Zedef… Quella sera.. è stato tutto così surreale.. mi avevi mandato quella foto ed ero felice, ti giuro Mik, ero felicissimo, ma lui.. lui ha iniziato a dire cose orribili su di te, sul motivo del tuo sorriso, su di me.. io non ho trovato un’altra soluzione, mi sono buttato sulla soluzione più rapida senza riflettere.. anche perché lui ha l’egemonia sui miei pensieri in quei momenti..”
Michael non lo fa continuare oltre una volta afferrato il concetto ma se lo tira semplicemente vicino, e lo stringe, per permettergli di piangere senza che nessuno lo veda, e perché sa che ne ha bisogno, lo conosce come non crede di aver mai conosciuto qualcuno ormai, e Federico per lui è un po’ come Stitch, ovvero qualcuno che con gli altri fa tanto il forte ma fondamentalmente ha solo bisogno di tanto amore, amore da riempirci i pozzi di petrolio svuotati di tutto il mondo, che non sa quanti siano esattamente, ma gli pare di capire che siano abbastanza.
Poi è quasi un momento inaspettato, qualcosa di surreale per Federico, quando Michael inizia a cantare in inglese, adattando al meglio le parole al tempo della canzone, la stessa canzone che gli aveva inviato poche ore prima.
-“Come on, come here, make me think that it was just a nightmare… come on, don’t joke, we’re spending all our life in a run… A nightmare scares only when I didn’t wake up with you… You know I trust you… and… ugh… the promise of being together even in the storm? Yeah.. I’ll never leave, you’re my babe.”
Michael è incredibile in tutto quello che fa.
Federico è un disastro in tutto quello che fa.         
Non potrebbe esistere coppia migliore.

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Premetto che la traduzione in inglese è molto abbozzata causa la mia immansa pigrizia!
E colgo l'occasione anche per ringraziare tutte le persone che leggono e recensiscono, come spesso dico non sono un'autrice logorroica, tutt'altro, ma non nascondo che mi faccia piacere ricevere messaggi e commenti positivi!
Detto questo, spero vi piaccia!
xx

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Capitolo 12
*** 12. My superboy. ***


12. My superboy

Michael si era beccato l’influenza, scusa ideale per lagne assurde, che lo avevano portato a guadagnarsi un pacchetto di neo Borocillina come alleato e Federico costantemente accampato nel suo appartamento; il primo non era certo un premio, ma il secondo lo era eccome.
Quindi ora si ritrovano sul divano dell’appartamento del maggiore; Federico ha rifilato alla madre la scusa di andare a studiare da un amico, dirle che avrebbe passato il pomeriggio e probabilmente la sera tra le gambe di un uomo non era poi un’ottima idea, gli aveva fatto notare Mika, Mika a cui Federico sta passando un’ennesima pastiglia contro la tosse, controllando l’orario.
-“Allora.. sono le cinque quindi la prossima alle otto..”
-“Mh.. tu è come mia infermiera” si fa scappare un risolino il libanese prima di infilare la pastiglia in bocca con una smorfia di disgusto mentre aspetta pazientemente che questa si sciolga contro il palato ruvido.
-“Se lo dici ai ragazzi giuro che ti faccio pentire di stare con me!”
-“No potrrei mai pentire di stare con te, babe.”
-“Lo so, lo so.. ma so anche diventare insopportabile, mine.”
-“Piace ‘mine’, sai?”
-“Menomale, tanto non avrei smesso di chiamartici.”
-“Come mai?”
-“Perché ti chiamo ‘mio’ in una lingua che per te è subito comprensibile.. mi spiego, arriva senza filtri mh? Se ti dico ‘mio’ c’è comunque una sorta di filtro italiano-inglese nel tuo cervello, invece ‘mine’ ti arriva subito, è immediato, mi piace.”
-“Oh, mio piccola filosofo... allora io deve cominciare a chiamare te ‘amore’.”
-“No, mi fai arrossire, minchia.”
Federico gira il viso verso l’incavo del collo del maggiore, nel tentativo di nascondersi ma non gli riesce poi troppo bene poiché Michael ha la bella idea di iniziare a baciarlo lungo il collo, facendolo sospirare leggermente per i brividi causatogli da quei baci che in poco si tramutano in piccoli morsi per formare adorabili marchi “made in Penniman” sul collo liscio del diciottenne che sospirava intanto a labbra schiuse, in attesa che il suo ragazzo terminasse, ormai consapevole che non lo avrebbe risparmiato.
-“Ha buon profumo, Fede.”
-“Grazie, suppongo..”
Michael sorride verso il ragazzo; ha ventisei anni, sta rimettendo su la sua vita dopo che le cose a Londra si erano messe male, sta con un ragazzo di soli diciotto anni, al momento è influenzato e quel ragazzo che bacia è lo stesso che gli ha messo sul pc una serie infinita di puntate di Dragon Ball, che continuano a scorrere mentre si baciano distruggendo quella sorta di atmosfera romantica che idealmente sarebbe potuta esistere, eppure, nonostante tutto, in quell’esatto momento è felice, e gli sbuca in mente un’idea per far essere felice anche il suo Federico.
Salta in piedi, Michael, ignorando le proteste e le domande di Federico che non ricevendo risposta s’imbroncia e inizia a prestare attenzione alle vicende di Goku lasciando a Michael il tempo di andare a cercare un pennarello indelebile nel cassetto della sua scrivania; non usava molto le penne o cose simili a causa della dislessia che da sempre lo accompagnava, ma gli piaceva a volte provare a scrivere.
-“Togli la maglia Fede!” Esclama mentre torna nel salotto con un sorriso vittorioso, sembra aver già dimenticato tutte le conseguenze tragiche dell’influenza che appena un’ora prima elencava a Federico.
-“Penniman, diventiamo sfacciati qui?”
-“Dai non fare stupido!”
-“Ei, stupido a chi? Prima ci provi e poi ti tiri indietro?”
-“Non sto provando e non sto tirare nulla! Dai togli, babe.”
-“Che hai in mente?”
-“Se tu toglie avere già visto!” Sbuffa fintamente infastidito il libanese, sistemandosi a cavalcioni sul ragazzo per sfilargli la maglia, vedendo che a parole non c’era verso di riuscire a farglielo fare.
Quando stappa il pennarello, Federico sembra iniziare a capire qualcosa e un sorriso si dipinge sul suo viso mentre sente le setole della punta del pennarello strofinarsi contro la sua pelle formando frasi o anche solo parole con una grafia incerta e lenta; Michael infatti è davanti a lui, con la lingua tra le labbra per l’alto livello di concentrazione di cui ha bisogno in quel momento e Federico nemmeno ci pensa ad interromperlo, quella è in assoluto la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per lui, e il fatto che questo qualcuno sia proprio Mika gli fa esplodere il cuore di gioia.
Michael conclude quel che voleva scrivere dopo mezz’oretta circa, sorridendo soddisfatto verso la sua opera che campeggia sul costato del fidanzato, ben distinta dagli altri tatuaggi ma comunque ben amalgamata. Federico gli chiede di fare una foto per riuscire a vedere meglio e il maggiore lo accontenta subito, mostrandogli un secondo dopo lo scatto della scritta stilizzata “You’re perfect to me” contornata da due sagome di farfalle.
-“Questo per dire te che non ha bisogna di essere qualcuna altra per me, perché io volio Federico così come Federico è, non importa come Federico può essere. Just the way you are, okay? Sei prezioso ai miei occhi e forse anche agli occhi di altre perssone, so, don’t be sad.”
-“Michael, Michael, Michael Hoolbrok Penniman Junior, ma come facevo a vivere senza di te?” Federico glielo sussurra appena prima di baciarlo, poi fa scivolare via anche la maglia del maggiore e per quella sera la pelle lattea del libanese si macchia di nero, di succhiotti rossastri e di graffi più o meno profondi, riporta i segni di una notte felice per due ragazzi che si amano e per nessun altro.

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Capitolo 13
*** 13. Un sorriso. ***


13. Un sorriso

- Mikaa sono Emiliano, hai per caso sentito Fede? So che lo hai sentito, digli che stasera c’è una battle!- 16:57
- Michael Joseph eccetera, hai detto a Fede della battle?- 16:58
- Miika, rispondi, diamine, tu e il tuo ragazzo siete insopportabilmente irreperibili!- 16:58
- Davvero dai, è importante!- 16:58
- Devo fargli il culo stasera!- 16:59
- E’ la mia rivincita, Michael!!!!- 16:59
- Insopportabili frocetti. – 16:59
Emis sospira, mentre ripone il cellulare in tasca e si stinge subito dopo nelle spalle, comunicando con quel gesto anche agli altri componenti del gruppo che persino Michael li ignora. D’altronde nessuno lì poteva sapere cosa stava accadendo in quel momento ai loro amici.
Il cellulare di Michael è accanto a quello di Federico, abbandonati entrambi sul pavimento chiaro del salotto del maggiore, in cui dei ragazzi non c’è traccia.
Le scarpe sportive e colorate di Federico sono sopra quelle classiche e sobrie di Michael, nel disordine della camera del diciottenne, tra la marmaglia di vestiti sparsi ovunque che aveva fatto formare una smorfia sul volto del maggiore non appena questi ha varcato la soglia, come sia svanita quella smorfia è facilmente intuibile dal fatto che ora, a meno di dieci minuti dal loro ingresso, i due si trovano avvinghiati sul letto ad una piazza impregnato dell’odore di Federico.
Federico, sta volta senza aiuti di nessun genere, tiene le ginocchia affondate nel materasso, ai lati del bacino del libanese verso cui è sporto, entrambi impegnati in effusioni non esattamente caste; sembrerebbe tutto troppo confuso, le lingue che si rincorrono frenetiche, i denti che affondano di tanto in tanto, gli schiocchi che regnano sovrani, i movimenti veloci, eppure c’è della magia, c’è della luce in quegli scambi frenetici, c’è l’equilibrio giusto tra l’irruenza di Federico e la calma di Michael, in modo che irruenza non diventi sinonimo di foga curiosa ed effimera e calma non venga sostituita con l’inerzia di movimenti meccanici.
Le mani di Michael non sono meccaniche quando si spingono oltre l’orlo della maglia di Federico per accarezzargli la schiena, spostandosi con qualche difficoltà a sfiorare l’addome appena scolpito del ragazzo, non sono meccaniche quando sfilano via quel pezzo di stoffa lasciando che raggiunga i suoi simili sul pavimento della camera; sono mani esperte, eppure alle prime armi mentre accarezzano il petto del diciottenne, sono mani dolci ma fameliche nel fermarsi a stringere i capezzoli del milanese fino a sentirlo gemere. Ed anche le labbra del più grande si schiudono, di poco, così come i suoi occhi, puntati in quelli di Federico, persi in un mondo lontano anni luce da quello in cui si trovano i loro corpi.
I loro corpi, che arrivano a toccarsi di più un po’ per volta ma non troppo lentamente; Federico è impaziente, e sfila in tutta fretta la camicia del suo ragazzo, utilizzando la medesima fretta nel far scivolare la mano destra lungo l’addome niveo del ventiseienne per raggiungere i pantaloni che indossa. Bisogna sorvolare circa i minuti e le imprecazioni che passano affinché anche i pantaloni di Michael vengano sfilati via e sugli altrettanti minuti che impiega Michael a sbottonare gli skinny jeans di Federico – “crede che tu fa bene ad odiare quelli jeans..”.
L’imbarazzo a questo punto stempera l’irruenza di Federico che spegne la luce con un gesto quasi involontario, facendo sorridere Michael che fino a quel momento era rimasto sotto il corpo del minore, lasciando che fosse lui a giostrare le cose. Ora inverte le posizioni.
La stanza è buia, e Federico non sa più dire se sia stata una buona idea, non sa molto al momento, sa solo che le labbra di Michael sono umide e si posano un po’ ovunque, seguendo rotte imprevedibili – ginocchio destro, clavicola destra, capezzolo sinistro, un morso poco sopra l’ombelico, un altro bacio umido sul collo, un succhiotto sul fianco sinistro, un altro gemello su quello destro – al contrario delle rotte che prendono invece le mani affusolate del riccio – dalle caviglie dritte fino ai fianchi, poi gli indici si piegano verso l’interno, infilandosi sotto l’elastico dei boxer e scivolano nuovamente giù per le gambe – niente più boxer, sospira.
Michael sente fremere il minore, ed allo stesso tempo avverte la sua paura, è come se sentisse i suoi pensieri, alcuni fin troppo cupi anche in quel momento così bello. Prende le mani di Federico nelle sue, con dolcezza, le bacia una per volta poi se le porta ai fianchi e le accompagna mentre tirano giù la stoffa, calma.
Il ritmo torna ad essere incalzante quando Federico sente il respiro di Michael infrangersi contro il suo sesso eretto, e crede di non poter davvero arrivare fino in fondo per il modo in cui il suo di respiro si mozza e Michael ancora non lo ha toccato; quando lo fa, quando schiude le labbra morbide e fini sul suo glande, sente il milanese trattenere alla meno peggio un gemito, il primo di una lunga lista, interrotto solo da qualche osceno schiocco. Le labbra di Michael, la lingua di Michael, la bocca di Michael sembra non voler dar tregua a Federico; i movimenti del maggiore sono secchi e decisi, ma non mancano certo di passione, ed anche nella penombra, anche in quella posizione non esattamente comoda ma sicuramente piacevole per entrambi, i loro occhi si cercano in una maniera frenetica fino ad incatenarsi gli uni agli altri.
Il libanese si ferma non appena sente Federico essere vicino al culmine – le mani del più piccolo gli tirano i ricci e si oppongono assieme a piccoli mugolii quando si scosta – e si avvicina per posargli un bacio sulle labbra schiuse.
-“Mik…”
-“Sh.. piano mh? Può acendere luce?”
-“Puoi fare tutto quello che vuoi al momento..”
-“Tu ssei completamente andato..!” Federico sorride ed allunga una mano fino al fianco del ragazzo, facendo poi scivolare bruscamente le dita sulla pelle appena accapponata del maggiore fino ad afferrare l’erezione di quest’ultimo con una decisone che sorprende Michael oltre al farlo gemere. Allo stesso tempo, la mano libera di Federico va a cercare l’interruttore in modo da illuminare, seppur in maniera tenue, la camera e dunque i loro corpi.
Michael tentenna, diviso tra il desiderio di avere totalmente il suo Federico e circa mille tipi diversi di paure ed ansie che il diciottenne non tarda a percepire e a dissipare quando, con gli occhi ben fissi in quelli verdognoli del libanese, circonda il suo polso con le dita, dolcemente, fino a portarsi la mano affusolata del barista ad un passo dalle labbra – sta ancora stringendo il suo sesso, eppure non crede di essersi mai sentito così a proprio agio in tutti quegli anni – e riesce a fare tutto con dolcezza, bisogna immaginarsi la dolcezza delle labbra di Federico attorno a due dita di Michael, dolci anche se stanno facendo un qualcosa di ‘sporco’, un qualcosa che porta il più grande a perdere quel briciolo di controllo e ad infilare appena più verso la gola le dita, senza esagerare, sa quando fermarsi e lo fa, si ferma, osserva ancora quel volto che potrebbe sembrare anche angelico e sfila le dita umide dalla bocca del milanese per sfiorare il petto di quest’ultimo con i polpastrelli fino a farli arrivare al suo inguine dove istintivamente si ferma per sporgersi a baciarlo, come se fosse un gesto di primaria importanza e lo è, lo è abbastanza da far dimenticare completamente a Federico dell’intrusione anomala che Michael stava preparando tastando col polpastrello umido la carne attorno al suo orifizio. Il loro idillio si spezza o inizia, a seconda dei punti di vista, quando le labbra di Michael si trovano a soffocare un urlo di Federico dovuto al dolore lancinante che colpisce inizialmente il ragazzo, solo inizialmente perché poi Michael è lì a ripetergli di rilassarsi, a riempirlo di baci, a dirgli che lo ama, ed anche il dolore passa in secondo piano almeno finché non viene surclassato dalla voglia di avere di più.
-“Mine, secondo cassetto, in fondo ci sono i preservativi.”
-“Non sei perr nula romantic!”
-“Oh sbrigati idiota, ti amo.”
-“Come detto?”
-“Idiota..”
-“Doppo..”
-“Ti amo.” E gli passa un preservativo, accompagnato da un bacio e dal sorriso raggiante di Michael.
Hanno entrambi le guance arrossate, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per le dichiarazioni che si stanno scambiando, un po’ di più per il sesso di Michael che si insinua con lentezza nel corpo di Federico facendolo sentire spaccato in due e completo allo stesso tempo, facendo formare delle piccole lacrime agli angoli degli occhi e dei gran sorrisi agli angoli delle labbra, schiude in gemiti ed incitazioni mirate a sciogliere anche l’ansia del maggiore che, strano a dirsi, è quello più teso in quel momento.
Le loro fronti sono l’una contro l’altra mentre Michael si spinge nel corpo del ragazzo che dal canto suo non resta fermo un attimo e, assecondando i movimenti del maggiore, muove il bacino e fa vagare le mani a graffiare la schiena del ventiseienne mentre i loro sospiri, i loro gemiti si mescolano nuovamente a schiocchi di baci che li accompagnano fino al simultaneo amplesso.
Restano così, incastrati tra loro anche fisicamente a scambiarsi nuovamente e con maggior vigore promesse e baci fino a quando qualcuno non li interrompe.

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Capitolo 14
*** 14. Teatro. ***


14. Teatro.


-"Fede, è arrivato il ragazzo inglese!"

-"Porcaputtana."

Federico scatta a sedere, pentendosene circa un secondo dopo, quando il dopo al fondoschiena lo fa mugolare e lo porta a stendersi nuovamente, tra le braccia di Michael che lo osserva confuso, come non avesse capito che la madre del suo ragazzo si sta dirigendo verso la stanza dove si trovano nudi ed abbracciati con un ragazzo. Beh, in realtà ha capito solo che c'è un ragazzo per Federico, e la cosa non lo entusiasma affatto.

-"Chi è quessto ragazo inglese?"

-"Mik, io ho un cazzo di dolore al culo e tu pensi al tipo?"

Michael annuisce, come per ribadire la propria serietà, e si mette a sedere mentre gli occhi verdi seguono la figura del milanese che si avvicina a chiudere a chiave la porta urlando alla donna che lo reclama di aspettare ancora qualche minuto. Federico sospira, trova la situazione assurda e trova assurdo Michael in quel frangente.

-"Ascolta, in pratica c'era sto tipo da ospitare e mia madre che è amica alla mia prof di inglese ha detto che poteva stare qui, non te ne ho parlato perché... oh mine, davvero? Cosa credi possa importarmi? E ora, per favore, rivestiti!"

Il libanese non sembra convinto, ma, quando Federico gli passa i suoi vestiti con la mano che non sta usando per alzarsi i pantaloni da tuta, decide di rimandare la discussione per ora e di parlarne quando il milanese non sarà in procinto di crisi d'ansia.

-"Spera per te che lui è un cesso.." brontola Michael sulle labbra del ragazzo prima che questi apra la porta con una risatina e lo inciti ad uscire per raggiungere il salotto della casa in cui vive dove la madre e un ragazzo di circa diciassette anni sono seduti a parlare.

-"Finalmente! Oh, Michael, ci sei anche tu? Credevo Fede fosse in doccia e per questo ci mettesse t-.." – dopo la figuraccia del presentarsi all'una di notte, Michael e Tatiana avevano in un certo qual modo recuperato i rapporti, ovvero Michael si era scusato fino a farsi adorare dalla donna, unico modo per fargliela piantare.

-"No mà ma che dici, eravamo in camera a fare un torneo di fifa e non volevamo interrompere.."

-"Ah sì, torneo belissimo Tati, next time deve giocare con noi."

-"Quanto sei simpatico." Federico gli lancia una gomitata nel pronunciare quella frase sarcasticamente, Michael sogghigna, per poco; Tatiana posa una mano sulla spalla dell'altro straniero presente in quella casa.

-"Michael, Federico, lui è Noah, Noah, il coso dipinto è mio figlio mentre lo spilungone è Michael, li adorerai!"

-"Nice to meet you, guys!"

Federico non riesce bene a decifrare il sorrisetto sadico che si disegna sulle labbra del suo ragazzo mentre questi si presenta al conterraneo, ma prova a non darvi troppo peso e stringe a propria volta la mano del nuovo arrivato.

Noah non risulta né antipatico né tantomeno bello, anzi; le sue battute, seppur in inglese, non sono mai scontate o stupide e la sua comprensione dell'italiano è quasi perfetta. Quello che fa scattare la gelosia di Michael però è il fatto che il ragazzo sia molto più equilibrato di lui in quanto ad aspetto: Noah ha un'altezza assolutamente nella media, capelli biondi portati lunghi solo al centro, occhi verdi, denti allineati. Circa al fisico non ha di che lamentarsi e ne è piuttosto consapevole anche grazie ai continui complimenti di cui lo riempie il suo Federico.

-"... quindi Noah dormirà in camera tua, dovrai spostare qualche cianfrusaglia.."

-"Lui dormerà con Fede?"

-"Lui dormirà con me?"

Nella domanda di Michael c'è una nota isterica, in quella di Federico puro stupore ed entrambe non piacciono a Tatiana che taglia corto imponendo ai due di accogliere il ragazzo mostrandogli la sua stanza e portandolo poi con loro quando questi accennano al dover uscire.

-"Quindi ora lui sempre atacato al cculo" brontola Michael all'orecchio di Federico che replica con una leggera gomitata mentre guidano il ragazzo verso la camera. Poi Federico ci ripensa, in quella camera c'è ancora l'odore dei loro corpi, c'è ancora quell'atmosfera magica e non vuole condividerla con nessuno, specie con uno sconosciuto.

-"Facciamo una cosa, ti sistemi dopo, okay? Dobbiamo andare dai miei amici ora, giusto Mik? Che ore sono?"

Michael lo ringrazia con lo sguardo prima di iniziare a frugare nelle tasche del suo completo da cui cava di tutto tranne che quello che cercava, ovvero il cellulare, per vedere l'orario.

-"Hey, you've a watch on your wrist, use it?"

-"You're so funny but I'm dyslexic, I can't read it."

C'è un momento di tensione; a Michael quel ragazzo dava già troppo sui nervi e quest'usita non lo aveva messo in buona luce, anzi, il fatto che Federico stesse provando a 'difenderlo' in un certo senso fece stizzire ancora di più il più grande.

-"Credo che noi ha lasciato the smartphones in mia casa, posso andare annche da solo a prenderlli."

-"No, andiamo insieme, così facciamo anche fare un giro a Noah.."

-"Oh, se è per far avere un giro a Noah, why not!"

-"I'm *unpleasant to him?" (*antipatico)

-"Oh no, figurati, fa così quando qualcuno gli piace..."

-"So funny Federrico, devi fare comico, no rapper."

-"Tu sei rapper? Wow! I love rap!"

-"Non avevo dubi."

Il tragitto fino a casa di Michael lo passano così, tra le battute acide di Michael, dettate dalla gelosia, il dissimulare di Federico e le avances poco velate di Noah nei confronti del tatuato, arrivano tutti sani e salvi a casa del ventiseienne.

E' scesa la sera su Milano, ora illuminata solo dalle insegne luminose dei locali e dei negozi e dai lampioni, qualcuno un po' andato, altri ancora perfettamente funzionanti. La battle si terrà al Berlin, dove Michael quella sera ha il turno. Il locale è stato sistemato per la serata, un piccolo palchetto è stato improvvisato in quella mattinata e sono state portate delle casse, microfoni, qualche pc con delle buone basi. Tutti i ragazzi del Muretto si sono ritrovati da pochi minuti fuori all'entrata del Berlin e hanno già fatto la conoscenza di Noah, già pronti a punzecchiarlo e a metterlo a corrente di tutte le gerarchie presenti in quel gruppo.

-"E quindi ti piace il rap, oltre che i rapper..." insinua prontamente Emis, sicuramente il più faccia tosta del gruppetto.

-"Yeah.. rap is molto bello?"

-"Dio mio, solo Michael come sgrammaticato non ci bastava? Sembriamo un gruppo di accoglienza per i clandestini!" Una risata generale si alza dal gruppo dopo la battuta di Jonny, non è detta con cattiveria e questo fa ridere persino Noah, che, come previsto da Michael, non lascia neanche per un attimo il posto accanto a Federico, anche quando questi lo scansa in maniera evidente per entrare nel locale a salutare il suo Michael che era appena uscito dai bagni del Berlin in cui si cambiava la maglia.

La battle inizia con un forte dissing tra Fedez e Emis, come previsto. I due ragazzi si sfidano a suon di rime e ad uscirne vincitore è Federico, per la gioia del suo fan numero uno che aveva seguito attentamente la gara, pur senza capire tutto, e l'entusiasmo del nuovo arrivato per le loro rime, particolarmente per le rime del vincitore, certo. Tuttavia la gara è ancora all'inizio, i ragazzi si susseguono sul palco, si sfidano due per volta, a volte lasciano spazio a delle esibizioni individuali su cui poi viene ricamato sopra usando ogni singola parola come stimolo. C'è un'aria magica, una creatività assurda aleggia in quel posto, tutto sembra surreale e magico seppure la musica martellante e le parole pungenti non lo lascino intravedere troppo.

Verso la fine della serata, quando ormai nel locale sono rimasti solo una decina di ragazzi e gli altri clienti si sono dileguati, Federico si fa coraggio e sale sul palco, sorprendendo un po' tutti.

-"Queste strofe voglio dedicarle a te, mine, spero che ti piacciano e nulla, ascolta soltanto, e voi non fate gli stronzi, magari:

Non è la prima strofa che ti scrivo

Ma forse è la prima che faccio veramente con il cuore

E se ti guardo in faccia, ti dico solo "amore"

Perché mi riesce difficile spiegartelo a parole

E con l'ultimo bacio dato

Ho capito l'importanza di ciò che prima davo per scontato

Questa è per te che mi hai capito, sostenuto, sopportato

Lo ripeto all'infinito (sei unico al mondo)

Con cui mi sono aperto, con te gioco allo scoperto

Lo ripeto all'infinito (sei unico al mondo)

Per te che mi hai abbracciato quando ne avevo bisogno.."

Per quella sera, il teatro delle angosce e delle paure di Michael chiude i battenti per lasciare posto all'opera più bella che abbia mai visto, il suo amore.

 

Angolino di L!

Questa sera mi è necessario scrivere un paio di cose:

- la canzone finale è realmente di Fedez e risale al suo secondo album se non sbaglio, il titolo è "unica al mondo" cambiato al maschile per ovvi motivi;

- il dissing è uno scontro verbale tra rapper che avviene tramite rime inserite nelle canzoni;

- il titolo e "il teatro delle angosce" si rifà ad una canzone sbucata nei capitoli precedenti, "la stanza dei fantasmi", in un certo senso Michael si riconosce in Federico, empatia al massimo, tipo.

Bene, credo di aver finito e come al solito grazie davvero per tutti i commenti carini e i messaggi! xx

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Capitolo 15
*** 15. Non è Michael. ***


15. Non è Michael.

-“… dunque Orlando, come spiega Ariosto, quando legge ovunque i nomi di Angelica e Medoro, prova inizialmente a convincersi del fatto che quella non era la sua Angelica, ma probabilmente un’omonima, analogamente a come, ad esempio, nella celebre canzone di Battisti, ‘Non è Francesca’, il cantante prova a convincersi che non si trattasse della sua donna…”
Quella mattina, a Federico erano sembrate assolutamente inutili quelle parole e l’attenzione che vi aveva prestato era stata come al solito molto bassa, poiché ancora non era a conoscenza di quello che sarebbe capitato di lì a poco.
All’uscita di scuola il milanese aveva un sorriso stampato sulle labbra; quel giorno lui e Michael avrebbero festeggiato un ennesimo mesiversiario insieme ed aveva già avvertito Tatiana di non aspettarlo per pranzo; la donna era furiosa perché suo figlio continuava a lasciare il povero Noah da solo, ma ben presto Federico avrebbe potuto anche darle prova che si sbagliava a credere l’innocente inglesino solo.
Emiliano gli si era avvicinato con una faccia da funerale, fermandolo appena prima che salisse sul motorino per dirigersi a casa di Michael, e l’espressione dell’amico non prometteva nulla di buono.
-“Bella Fede.. come stai?” Un sorriso forzato.
-“Oi Emi, sto benissimo, ora scusami ma io devo andare sai oggi..”
-“Fede, non hai ancora visto la foto?”
-“Di che parli?”
Emiliano a quel punto gli aveva mostrato sul suo smartphone una foto, una foto che sembrava innocua a prima vista e che invece nascondeva l’inizio di una ennesima brutta fase per Federico. La foto ritraeva due figure davanti al Berlin; ci prestavi più attenzione e vedevi che le due figure corrispondevano a due ragazzi, il primo più alto del secondo; aguzzando appena la vista potevi vedere una mano del più basso chiusa attorno ai capelli ricci dell’alto, che nascondeva le loro labbra che si univano.
-“Li hai riconosciuti?.. Fede quello è Noah con M..”
-“Oh ma che cazzo dici? Quello non è Michael!”
-“Fede..”
-“Non ti azzardare, quello non è Michael, no... Michael mi sta aspettando a casa sua non..”
-“Guarda che magari c’è una spiegazione..”
-“Spiegazione? Allora non hai capito un cazzo! Non è il mio Michael.”
E dopo aver sbraitato quelle parole aveva messo in moto ed era corso via, verso casa propria. Perché quello non era Michael eppure in quel momento non aveva nessuna voglio di vederlo.
E non ha nessuna voglia di vederlo nemmeno ora, ora che si ritrova per l’ennesima volta in completa empatia con un mucchio di scrittori, poeti e cantanti, ora che quello nella foto gli sembra troppo Michael. Michael che il giorno in cui dovevano festeggiare bacia un altro, Michael che non si fa sentire, Noah che non è in casa. Per Federico è troppo da sopportare, e si sa che quando per Federico è troppo, per Zedef è il momento di farsi sentire nuovamente.
Angelica e Medor con cento nodi
legati insieme, e in cento lochi vede.
Quante lettere son, tanti son chiodi
coi quali Amore il cor gli punge e fiede.
Va col pensier cercando in mille modi 5
non creder quel ch’al suo dispetto crede:
ch’altra Angelica sia, creder si sforza,
ch’abbia scritto il suo nome in quella scorza.
 
[Vide Angelica e Medoro in diversi modi
e in diversi luoghi intrecciati insieme.
Tante sono le lettere, tanti sono i chiodi
con i quali Amore gli punge e ferisce il cuore.
Si sforza in ogni modo di non credere
a ciò che crede contro la propria volontà:
si sforza di credere che sia un’altra Angelica,
ad aver scritto il suo nome su quella corteccia.]

Noah rientra alle 21.54 e per quella sera è costretto a dormire sul divano perché la camera di Federico è chiusa a chiave e persino Tatiana gli dice di non insistere e lasciarlo perdere, probabilmente perché ha intuito un qualcosa dal modo irruento con cui il figlio era rientrato, senza dire una parola eppure glaciale.
- Federico dice che non vuole più te, I told you. –Noah. -
- Ti sta sbagliando. Lui ora risponde me, stop it. –Michael. –
- But you kissed me! –
- NO! TU HA BACIATO ME, NON IO! TU MI FA RIBRREZZO. –
- Sai che è diverso da così. –
- Se Fede lascia me per questo io ti uccide. –
- Oh, you’re sweet Mike, like your lips. –
- Go away. –
Michael riprova ancora una volta a chiamare Federico, ma il cellulare del ragazzo continua a risultare spento facendo aumentare l’ansia del libanese che vorrebbe solo spiegare quell’enorme malinteso. Un malinteso, ecco, eppure si sente così sporco e colpevole per quello che è successo quella mattina, non riesce a non pensare al dolore che può aver recato al minore quel malinteso. Dopo un ennesimo tentativo, un’ennesima risposta da parte della voce metallica, Michael decide di ricorrere a Tatiana, l’unica persona che in quel momento può dargli risposte non falsate sul suo Federico.
Tre squilli e la donna risponde, riconoscendolo subito, con un tono allegro come al solito eppure macchiato da una punta di agitazione dovuta allo stato indistinto in cui si trova il suo unico figlio.
-“Michael! Ciao tesoro, come stai?”
-“Uhm.. bene Tati, tu?”
-“Bene, bene, è successo qualcosa?”
-“No eh.. sì, io ha chiamata per saperre se Fede è in casa..”
-“Oh, Fede sì.. come mai? Sai se gli è capitato qualcosa di brutto?”
-“Perché doveva capitarre?”
-“Nono, figuriamoci, solo credevo tu sapessi per quale motivo è chiuso in camera da circa sei ore e non dice o fa nulla, a quanto pare.. di solito mette musica metal a palla quando qualcuno gliele fa girare ed invece oggi n- Michael? Ci sei ancora?”
-“Sì ci sono, solo io ora deve andare, scussa, ciao Tati.”
Tatiana non ha il tempo di replicare che il ragazzo dall’altro lato già ha riagganciato; era sicura che stesse piangendo ed era sicura che lui sapesse il motivo della sofferenza del diciottenne, anzi, era sicura che fosse proprio Michael la causa di quella sofferenza. Tatiana era sempre stata una donna molto intuitiva e si contavano sulle dita di una mano le volte in cui le sue supposizioni erano risultate inesatte, dunque credeva di averci visto giusto anche questa volta, intuendo del tenero tra Michael e Federico – a riconferma delle sue supposizioni, le macchie sulle lenzuola del figlio subito dopo che questi, assieme a Michael e Noah, era uscito lasciando il solito porcile in camera, lenzuola che aveva messo su proprio quella mattina. E la cosa non l’aveva sconvolta nemmeno più di tanto, era felice che suo figlio avesse finalmente trovato una persona che lo rendesse felice e che migliorasse in modo tanto radicale il suo umore, tanto da spingerlo a lasciar perdere gli antidepressivi, eppure, ora che si ritrova nuovamente Federico, il suo bambino, in quello stato, vorrebbe soltanto che tutto questo non fosse mai successo.
Avrebbe preferito che continuasse con le pillole, almeno non lo avrebbero mai deluso. Il ventunesimo secolo, il secolo dei genitori più fragili dei figli, che pur di non vederli soffrire, li gettano ancor di più nel baratro, eppure vogliono solo salvarli.
Finalmente dalla camera di Federico arriva un suono, niente metal, stavolta a palla c’è Lucio Battisti.
Ti stai sbagliando chi hai visto non è,
non è Francesca.
Lei è sempre a casa che aspetta me,
non è Francesca.
Se c'era un uomo poi,
no, non può essere lei.
Francesca non ha mai chiesto di più,
chi sta sbagliando son certo sei tu.
Francesca non ha mai chiesto di più
perché
lei vive per me.
Come quell'altra è bionda, però
non è Francesca
Era vestita di rosso, lo so,
ma non è Francesca.
Se era abbracciata poi,
no, non può essere lei.
Francesca non ha mai chiesto di più,
chi sta sbagliando son certo sei tu.
Francesca non ha mai chiesto di più
perché
lei vive per me.

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Capitolo 16
*** 16. Religion. ***


16. Religion.

Siamo tutti ossessionati da qualcosa. Un colore, un odore, un sapore, un ricordo, un libro, un posto, una persona. Tutti ossessionati allo stesso modo da qualcosa di diverso. Ossessionati, accecati, proviamo in ogni modo a raggiungere quel colore, quell’odore, quel sapore, quel ricordo, quel libro, quel posto, quella persona. Federico, ossessionato, prova a raggiungere Zedef, in ogni modo possibile, e mentre lo fa, Michael non esiste più, è lontano, non è Michael.
Apparentemente, Federico ha avuto una rapida ripresa; ogni sera si mostra sorridente in una qualche discoteca o pub, fumando un’indecente quantità di sigarette e bevendo in una maniera non propriamente normale. Non ha mostrato un minimo segno di cedimento, sempre la testa alta, sempre le battute pronte, sempre una scrollata di spalle quando qualche intrepido provava ad aprire il discorso Michael. E Michael lo guardava, si limitava ad osservarlo da lontano e ad ascoltare il rumore con cui il proprio cuore si frantumava, ma non poteva trattenersi anche dal mandargli messaggi su messaggi, che venivano prontamente ignorati dal milanese.
In questa situazione di apatia totale da parte di Federico, spiccava il suo rapporto con Noah: contro ogni previsione, il diciottenne si era molto avvicinato al ragazzo inglese e non perdeva nessuna occasione per flirtarci piuttosto apertamente o per fargli inviti poco equivocabili che col passare dei giorni erano arrivati anche alle orecchie di Michael, facendo aumentare il suo smarrimento e dolore in tutto quel gran macello che si stava creando proprio a causa del ragazzo inglese.
E’ dopo due settimane che Michael decide di presentarsi all’uscita della scuola del più piccolo, intenzionato a risolvere quella situazione una volta per tutte; i ragazzi del Muretto lo hanno dovuto rassicurare fino alla noia per convincerlo a compiere quel passo, dicendogli che Fede alla fine lo ama e che sicuramente metteva in giro quelle voci per farlo ingelosire, ed un po’ Michael aveva iniziato a crederci, anche per questo ora lo aspettava seduto sul motorino modificato, regalato a Federico da suo padre per il compleanno. Aveva anche preparato un discorso nella sua mente, voleva spiegare a Federico chi fosse in realtà Noah, per quale motivo tutto quello era capitato, ma dopo un quarto d’ora dal suono dell’ultima campanella, del suo (ex, forse) ragazzo nemmeno l’ombra.
Lievemente allarmato, decide di entrare nell’istituto per cercare Federico, pentendosene nell’esatto momento in cui, entrando nel bagno dell’istituto, lo vede, poggiato con la schiena al muro, in piedi, gli occhi chiusi e l’aria rilassata mentre Noah, inginocchiato davanti a lui, gli fa un pompino.
Michael non ha mai picchiato qualcuno in vita sua, e mai avrebbe immaginato di farlo, ma quella scena gli fa scattare un qualcosa di incontrollabile dentro e, senza pensarci due volte, raggiunge a grandi falcate i due tirando indietro i capelli del biondo per farlo staccare dal corpo di Federico e tirargli un pugno in pieno viso all’altro inglese che, colto alla sprovvista, non riesce nemmeno a reagire o dire qualcosa che si ritrova sovrastato dal corpo di Michael, ed in poco perde i sensi a causa dei pugni continui di quest’ultimo mentre la risata di Federico fa da sottofondo a tutta la scena facendo aumentare, se possibile, la rabbia del ventiseienne, ora di fronte a lui.
-“E’ questo che tu ha fatto in due ultime settimane? Troia con lui?!”
-“Teoricamente, - si sistema i boxer- è lui la troia, ma lo hai già provato, no?”
-“No, Federrico, tu non ha lasciata spiegare o adesso tu sai molto di più di così!”
-“Ora la colpa sarebbe mia? Tu mi hai tradito, Michael.”
-“Non è come crede! Noah, lui conosce una perssona che è in Londra e che io ho..”
-“Oh, questo gli da tutto il diritto di venire qui a limonarti! Senti, Mich, sono stanco di tutte queste cazzate, non voglio ascoltarne ancora qui-..” Michael non gli lascia il tempo di terminare la frase che lo bacia, con una foga piuttosto palpabile, non ha un vero senso tutto ciò, eppure Federico ricambia quel bacio, d’altronde gli erano mancate fin troppo quelle labbra per poter avere ora la forza di rifiutarle, e Michael è così sincero mentre lo bacia, crederebbe anche se gli dicesse che in realtà è un unicorno, crederebbe a tutto come crede ai baci che seguitano, come crede alla mano di Michael che si va a stringere attorno all’erezione ancora umida e, quasi con rabbia, inizia a muovere il pugno in maniera frenetica, fermando i movimenti del polso quando sente il più piccolo tremargli tra le braccia.
-“Ti può spiegarre tutto, giuro, ma tu non deve permettere più a nessunno di toccare te, tu sei mio, Fede, right?”
Federico annuisce, incapace di dargli una risposta diversa da quella, e per Michael va bene così, quello non è il posto più adatto per continuare una discussione o per ricongiungersi, quindi il maggiore sistema i pantaloni del milanese, un po’ a fatica per via dell’erezione ancora presente, facendo mugolare in disappunto il più piccolo che s’acciglia a quel gesto.
-“Non solo hai fatto il bastardo, mi lasci anche così?”
-“Non viene a casa mia? Lì è più… giusto posto?”
-“Okay.. ma sono ancora arrabbiato con te, non pensare che basti così poco per..”
-“Fede, lo so, voglio spiegarre però, andiamo?”
-“E lui?”
-“Sta bene qui.”
Michael afferra il polso di Federico per trascinarlo con sé fuori dalla struttura, diretto verso il motorino del milanese, sarebbero arrivati di certo prima con quello, ma il più piccolo sembra aver già cambiato idea.
-“Tu però non puoi fare così! Cazzo, non puoi. Se io ti ho ignorato c’è stato un motivo, ed è che, appunto, avendoti avanti crollo per via dell’amore assurdo che provo per te, e non va per niente bene!”
-“Fede, please, tu deve calmarte, io ti giura che può spiegare e tu fa bene a credere, io non vuole mentirti… I love you too, you know?”
-“No, non lo so più.. mi hai ucciso con quel bacio..”
-“Babe..” Il senso di colpa non aveva mai abbandonato Michael in quelle settimane ed ora quelle parole lo riportavano in superficie ancora con più vigore, facendogli mordere il labbro inferiore.
-“Andy era persona che stava con me, in London, e noi dovevamo sposare, ma poi sono successe delle cosse.. e io ha lasciato con un biglietto per venire qui.. e Noah è suo amico e quela mattina lui ha baciato me quando era ssicuro che i tuoi amici erano lì, per foto, right? Vuole che tu mi lascia per farmi del male, perché per loro io deve soffrire, ma ti giura che io non voleva far male a nessuno, a te poi, mai.. non avrei voluta far male nemmeno ad Andy, you know? But.. he was not my person.. you are, Fede, you’re my religion..”
Federico ascolta in silenzio, mordendosi lentamente le labbra con gli occhi appena velati, non per la storia in sè, ma per il magone che gli è tornado su a ripensare a quella foto e alle due settimane che sono seguite a quel giorno. Non sa nemmeno bene se credere o meno a quello che gli sta dicendo Michael, ma quegli occhi sono così sinceri e puri, e lui li ama così tanto, allo stesso modo in cui ama le ultime parole che il ragazzo pronuncia.
-“Hai ascoltato la nuova canzone di Lana Del Rey?” Sussurra il milanese dopo pochi secondi di silenzio, facendo spuntare un sorrisetto sulle labbra del ventiseienne che annuisce con un lieve rossore sulle guance.
-“Tu mi ha scoperto..”
-“Come sempre mine..”
-“Che stronzo..”
-“Sono felice che tu non abbia spostato quell’Andy, comunque..”
-“Yeah? Why?”
-“Se tu lo avessi sposato, ora io e te non staremmo insieme, sarebbe stato terribile.”
-“Due settimane senza te sono state terribile.”
-“Anche per me, amore..”
-“Ora andiamo a casa tua, hai un lavoro da finire!”
-“Maiale!”
For you there’s only love
‘Cause you’re my religion, you’re how I’m living
When all my friends say I should take some space
Well, I can’t envision that for a minute
When I’m down to my knees, you’re how I pray
Hallelujah, I need your love
Hallelujah, I need your love
Everything is bright now
No more cloudy days
Even when the storms come
In the eye we’ll stay.
[Per te c’è solo amore
Perché tu sei la mia religione, tu sei il modo in cui sto vivendo
Quando tutti i miei amici mi dicono che dovrei prendermi dello spazio
Beh, non posso immaginarlo neanche per un minuto
Quando sono in ginocchio davanti a te, tu sei il modo in cui prego
Hallelujah, ho bisogno del tuo amore
Hallelujah, ho bisogno del tuo amore
Tutto è luminoso ora
Non più giorni nuvolosi
Anche quando arriveranno le tempeste
Noi staremo nel bel mezzo.]

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Capitolo 17
*** 17. Tattoo. ***



17. Tattoo.

-“Potresti spiegarmi meglio questa cosa del tuo ex?”
Il sussurro di Federico si perde un po’ nell’aria, dopo quella meritata riappacificazione erano andati dritti a casa del libanese e non avevano parlato molto fino a quel momento, quando il milanese, ancora avvolto tra le lenzuola bianche del letto di Michael e tra le braccia di quest’ultimo, pone quella domanda. Michael annuisce, ha lo sguardo appena più indurito del solito ma non è infastidito, gli spiace semplicemente dover ricordare certe cose, e fare entrare Federico in quella parte della sua vita che non crede gli sia mai piaciuta, nemmeno quando la viveva.
-“Vuoi che io parto dall’inizio o..?”
-“Dall’inizio, se per te va bene..”
-“Sure, babe. Uhm, okay... Andy and I, ci incontramo ad un pool party, il giorno del mio ventesimo compleano. Era una festa aperta, senza invito, e c’erano un saco di persone che io non conosceva, like Andy. Noi, tutti, eravamo un po’ brilli, you know... non ricorda bene come, ma giorno dopo lui mi chiama e dice che gli dovevo un’apuntamento. Andy non è un brutto ragazo, so, I said yes, why not? Per due ani siamo stati insieme, e andava tutto bene, lui mi ha chiesto di sposarlo, e non avevo motivo di dire no, penssavo that we were meant to be, mh? Poi Andy è iniziato ad essere strano, lui sempre usciva e non tornava per giorni, quando tornava era ubriaco o non ricordava cosa.. perché lui non era stato a casa... Una serra decisi di parlare con lui, per dire di non amare più, perché lui aveva rivelato com’è davero, ed io non poteva amare quello che lui è.. ma non la prese tanto bene... provava in ogni moddo a portare me nel suo mondo, che io odia, mondo di autodistruzione senza motivo, lui lo fa senza motivo, solo perché piace, that’s not good. Se io deve fare a me stesso del male, lo fa per un motivo almeno, lui no. Cossì, io ho deciso di scapare da lui, e sono pasati ani, ma un colione come lui, apunto suo amico, ha deciso di dovere rovinare mia felicità, che sei tu.”
Federico ascolta in silenzio, accarezzando lentamente il petto del ragazzo su cui è poggiato, fermando la mano quando qualcosa che dice Michael lo colpisce appena di più, come quando parla del fatto che abbia provato a trascinarlo in quel mondo, sente una piccola fitta al cuore al solo pensiero di Mika ridotto in uno stato diverso dalla felicità, e sicuramente il mondo di quest’Andy non è felice.
-“Mi dispiace, mine, non lo meritavi...” biascica piano il diciottenne mentre si sporge a baciare le labbra del proprio ragazzo che in quell’esatto istante arriccia il naso, ricacciando in un angolo lontano tutta quella storia, esattamente dove deve stare.
-“Ma ora ho te, e non voglio perderte? Perdere te? Oh, hai capito..”
La stanza si riempie della risata di Federico, che non è bravo con le parole a meno che queste non siano in rima, quindi preferisce baciarlo piuttosto che biasciare cose di circostanza che ha sempre detestato.
-“Voglio fare un nuovo tatuaggio” annuncia con un sorriso ampio, mettendosi a sedere carponi sul bacino del ventiseienne che lo osserva con un cipiglio incuriosito e le mani che gli accarezzano i fianchi.
-“Sarà piuttosto grande, credo, uhm, intendo fare una bocca che mi mangia, sul dorso sinistro, magari anche sporca, intendo, piena di bile o cose del genere, capisci che inten-“
-“Ma che schiffo Fede!”
-“Ei, non ti piacerei più?”
-“Non essere stupido, tu mi piace sempre Fede...” glielo soffia sulle labbra, appena prima di baciarlo, lasciando che una mano salga fino al suo dorso sinistro, proprio dove il ragazzo vuole far affondare l’inchiostro, accarezzando la pelle nivea probabilmente per l’ultima volta.
E infatti, dopo dieci giorni, Michael è nel negozio di tatuaggi di fiducia, come lo definisce Federico, ad aspettare accanto a lui che una ragazza esca dalla stanza in cui le stavano imprimendo sottopelle una cavigliera.
-“Ricordami ancora perché ti ha accompagnato...”
-“Perché mi ami, stronzo di un Penniman.”
-“Perché ti amo se tu vuoi tatuare una bocca dirty on your side?”
Federico ruota gli occhi a quella domanda che in quegli ultimi giorni il maggiore continuava a porgli; esisteva un motivo, a volte i suoi tatuaggi erano insensati, tante altre volte avevano un particolare significato che Federico preferiva nascondere per paura che gli altri lo reputassero stupido, o più semplicemente per paura di apparire un debole, e questo era uno di quei casi, anche se probabilmente Michael glielo avrebbe cavato di bocca il motivo, in un modo o nell’altro.
Passa mezz’ora prima che il tatuatore esca dalla sala assieme ad una ragazza alla quale sta ancora spiegando alcune delle precauzioni da prendere per scongiurare infezioni o danni al disegno, Federico si alza, pronto ed anche leggermente eccitato, come ogni volta che si reca in quel posto; trova che sia sempre un’emozione inspiegabile quella che si prova prima di fare un tatuaggio, è un qualcosa di definitivo, che non cambierà, un ricordo indimenticabile, indelebile. Meno eccitato sembra, invece, Michael, che si alza assieme al suo ragazzo, ma con una tensione evidente, come se fosse lui quello a cui stanno per imprimere un disegno sulla pelle.
-“Hei Fede! Sei venuto per la prima parte del nuovo tatuaggio?” domanda con un sorriso il tatuatore, che ha da pochi secondi salutato la ragazza. Federico gli sorride mentre annuisce, avvicinandoglisi assieme a Michael.
-“Esatto, lui è Michael, il mio ragazzo, non credo tu lo conosca...”
-“Effettivamente no, piacere, io sono Gennaro!”
-“Michael... tu non ha afatto la facia da tatuatorre..” la seconda parte della frase Michael la bisbiglia, o almeno crede, dato che i presenti sembrano aver sentito forte e chiaro il suo commento e sono scoppiati a ridere.
-“Perché state ridendo? E’ vero! Lui ha questa faccia da good guy!”
-“Lo prendo come un complimento...” è un sussurro tra le risate quello di Gennaro, prima che inviti i due ragazzi ad accomodarsi nella sala dove, come piace dire a Federico, si compie la trasformazione.
La sala non è eccessivamente piccola, piuttosto risulta leggermente disordinata nel punto dove sono accumulati i disegni, ovvero su una scrivania poggiata alla parete di fronte alla porta, per il resto c’è un lettino affiancato da una sedia ed un tavolino dove Gennaro ha i suoi “attrezzi” ed altre sedie sparse un po’ per la stanza.
Michael decide che non sarebbe troppo saggio restare a fissare Federico mentre questi si spoglia, così occupa quei minuti spostando una sedia ed avvicinandola al lettino su cui il suo fidanzato si è steso nel frattempo, con totale naturalezza.
Genn traccia linee di inchiostro colorato lungo il fianco di Federico per circa tre ore, finendo i contorni e ritoccandoli per bene mentre Michael sembra, per tutto il tempo, soffrire molto più di Fede, come se fosse lui quello a cui stavano colorando la pelle, quindi ha ben deciso di baciarlo ad intervalli regolari di dieci minuti, guadagnandosi ogni volta una risatina sommessa da parte del milanese ed una lamentela da parte di Genn, che sta ora pulendo il tatuaggio appena fatto.
-“Allora Fede, sai cosa devi fare, è inutile che te lo rispieghi, in ogni caso, ci vediamo domani alle 15 per finirlo, o almeno ci proviamo e... Michael, non prenderla male ma...” Federico ridacchia appena vedendo il tatuatore in difficoltà e Michael in attesa che quest’ultimo continui la frase.
-“Perché tu ride, di nuovvo?”
-“Perché Genn non sa come dirti una cosa cattiva, mine, sei adorabile.”
-“Potresti anche aiutarmi te, Fede, eh...”
-“Cosa deve dire, Genn? Ho fato qualcosa male?”
-“No... è che...”
-“Babe, Genn vuole dirti che domani non dovresti venire, perché mi fai ridere e lui non riesce a fare bene il tatuaggio, capisci?”
-“Oh... ma io domanni non ci sono, ariva mia famiglia!”
Genn tira un sospiro di sollievo, Federico scoppia inizialmente a ridere, poi strabuzza gli occhi; conoscerà la famiglia di Michael e non è davvero sicuro di farcela.

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Capitolo 18
*** 18.0 He's my boy. ***


18.0 He’s my boy.

Federico aveva praticamente obbligato Michael a mandargli, la sera stessa, delle dettagliate informazioni su tutta la sua famiglia, minacciandolo di non farsi toccare in un senso strettamente carnale per le seguenti due settimane, consapevole che Michael non avrebbe resistito. Per l’appunto ora, il milanese, sistemato in maniera poco elegante sul divano di casa sua (casa che era stata liberata dalla presenza fastidiosa di Noah ormai da un po’, “Tati non permette a nessuno di ferire il suo bambino, sia chiaro”), sta ripetendo ad alta voce alcune delle ‘informazioni’ inviatogli dal più grande.
-“Allora... le sorelle sono tre: Yasmine che ha 28 anni, Paloma di 27, Zuleika 17... wow quasi coetanei... e poi c’è il fratello... che è Fortuné ed ha 15 anni. Bene quindi... con questi due dovrei trovare argomenti... con le più grandi...”
-“Fede hai fatto il tatuaggio?”
-“Ah? Sì mà, domani devo andare di nuovo per finirlo... domani arriva anche la famiglia di Michael, ha un botto di fratelli e non riesco a ricordare i loro nomi o età” e sbuffa, affranto, mente Tatiana si lascia scappare una mezza risatina.
-“In genere quando una persona conosce altre persone per la prima volta non deve conoscere già tutto di loro, sai?”
-“Certo che lo so mamma, ma per loro è comunque più semplice: Federico, stop, niente nomi strambi e un solo nome...”
-“Federico Leonardo, se proprio vogliamo...”
-“Mamma!” E la risata della donna invade il salotto, mentre questa scompiglia i capelli ad un Federico Leonardo imbronciato, non adora avere ottomila nomi e la madre si diverte a prenderlo in giro per questo, bella famiglia la sua.
Il giorno seguente arriva in maniera piuttosto traumatica per Federico che viene svegliato da una chiamata di Michael alle sette e venti del giovedì mattina; traumatico.
-“Hm?”
-“Buongiorrno amorrre! E’ le sette e venti uno minuti, Tati ha mandato un messagio per dirme che tu ancora a letto, so wake up, babe!”
-“Non ho neanche la forza per mandarvi a fanculo.”
-“Wow! Hai fato una frase lunghisssima! Quando finisce con Genn, chiamame, vengo a prendere te e poi ceni con mia famiglia!”
-“Merda, la tua famiglia, oddio, devo scegliere cosa mettere, ciao ciao ciao.”
Michael non si aspettava di essere liquidato così, ma lasciò passare, l’agitazione del minore un po’ lo faceva sorridere, lo trovava davvero molto tenero, più del solito insomma.
La famiglia Penniman si era stabilita in Italia da pochi anni, tuttavia prendendo però strade diverse: Yasmine e Paloma avevano preso un appartamento insieme a Firenze, erano due molto legate e Firenze sembrava essere stata la scelta perfetta per loro due, per due amanti dell’arte; Michael aveva invece optato per starsene da solo a Milano, dopo la rottura con Andy aveva decisamente bisogno di ricominciare da solo, voleva starsene per fatti suoi, ma non troppo, infatti a Lodi viveva la famiglia di suo zio; infine, i suoi genitori assieme ai due fratelli più piccoli, Zuleika e Fortuné, avevano preso casa a Napoli, una città che, a detta di sua madre, le faceva sentire lo stesso calore che le dava Beirut quando abitavano lì. Avevano, in definitiva, invaso un po’ l’Italia, ma quel giorno sarebbero stati tutti raggruppati a Milano, nell’appartamento di Michael, per festeggiare il Natale e l’anno nuovo che stava per arrivare. Aveva elaborato Zuleika questo metodo, riunirsi ogni anno a casa di qualcuno, in modo da festeggiare sempre tutti insieme, viaggiando anche un po’, quindi il primo anno si era festeggiato a Napoli, il secondo a Firenze, mancava ora solo Milano all’appello.
Alle 14:53 il citofono dell’appartamento di Michael suona per la prima volta segnalandogli l’arrivo delle due sorelle maggiori; Yasmine e Paloma sono arrivate in auto, senza suscitare stupori, sono due amanti dei viaggi in auto e sono inseparabili, dunque per loro è stato anche abbastanza divertente.
Michael le aiuta a portare i bagagli dopo averle salutate calorosamente; il suo appartamento a Milano ha strategicamente tre camere da letto, lo ha scelto forse proprio per questo, adora ospitare la sua famiglia, sono tutti molto legati, ed hanno tutti lo stesso italiano zoppicante.
-“Sì Michael, casa è bela, ma...”
-“Where’s your boyfriend?”
Le due sorelle maggiori avevano due vizi: completarsi le frasi ed essere invadenti, in questo momento emersero entrambi per far arrossire Michael.
-“E’ a fare un tattoo... quando finisce lo paso a prendere e ve lo presenta poi...”
-“Ohh sei arrositto!”
-“Cutee!”
Le loro smancerie vengono interrotte dall’arrivo dei genitori assieme ai figli più piccoli, quello che però colpisce Michael è la presenza di un altro ragazzo che affianca suo fratello Fortuné mentre questi entra in casa, ed il quindicenne non aspetta a dare spiegazioni.
-“Family, lui è Alessio, mio amico... no, non fatte quela faccia, solo amico! God, I like girls! And Alessio too, è venuto con me perché sta pasando un bruto periodo, and he’s my best friend, so, Michael, he can stay, mh?”
-“Sure, he can... ma non ho posto forse... devo chiedere a Federrico se lui può ospitarlo, il divanno non è comodo!”
-“Ohhh who’s Federrico?”
-“He’s my boy...”
La domanda la pongono in coro tutti i suoi familiari, ed è così che inizia un imbarazzatissimo pomeriggio in famiglia per Michael che con un filo di voce ed un sorriso enorme, risponde ad ogni curiosità su Federico.
Alle 20:24 Michael riceve un messaggio da Federico, che lo avverte di aver finalmente concluso il suo tautaggio, con una infinita serie di emoij allegre a testimoniare il suo stato euforico.
-“Bene, io deve andarre a prendere Federrico, chi viene con me?”
-“Io ed Alex!” Fortuné si offre, battendo sul tempo le sorelle che lo guardano con gli occhi socchiusi, in una silenziosa minaccia che accompagna i tre fin quando non spariscono nelle scale del palazzo.
I ragazzi sono clementi con Michael, e durante il tragitto non domandano oltre di Federico, ma Michael vede nello sguardo del fratello, tanto simile al proprio, quanta smania abbia di conoscerlo e quanto un po’ ne sia geloso: hanno sempre avuto un rapporto speciale, non da semplici fratelli ma da veri e propri amici. Fortuné, a soli dodici anni, era andato sotto casa di Andy per urlargli insulti attraverso il citofono quando Michael era stato male per lui, e questo il ventiseienne non ha mai potuto dimenticarlo, quel ragazzo lo adora davvero ed il fratello maggiore non è da meno.
Federico è ancora in compagnia di Gennaro, lo sta aiutando a sistemare il negozio per la chiusura nel tentativo di placare la sua ansia che dalla mattina lo ha preso, tuttavia è smorzata dall’entusiasmo che ogni volta lo pervade quando un nuovo tatuaggio compare sulla propria pelle, non vede l’ora di mostrare a Michael il suo nuovo gioiellino e non fa in tempo a pensarlo che lo vede varcare la soglia della stanza dove Genn si mette all’opera.
Vedendolo solo, è automatico quasi per Federico gettarsi tra le sue braccia, non lo vede da troppo a sua detta, e quando le proprie labbra finiscono con l’incastrasi con quelle del maggiore, proprio non ci fa caso a quanto il bacio possa farsi spinto, e non fa caso nemmeno agli altri due ragazzi che sono entrati dietro Michael e che osservano la scena con dei sorrisetti imbarazzati.
-“Wow.. ti mancava?”
-“Te che dici?” e fa per baciarlo di nuovo, ma le parole di Michael lo fermano, facendolo arrossare fino alla punta delle orecchie.
-“C’è mio fratelo...”
Federico stritola una mano di Michael mentre questi si scosta per fare in modo che Federico veda e saluti i due ragazzi, e lo fa con un certo imbarazzo e nell’espressione e nella voce che trema quasi.
-“H-hei, io sono Federico, piacere” e solleva la mano in segno di saluto ai due, che nel frattempo se la ridono.
-“Io aveva notato che tu era Federrico, I’m Fortuné, e lui è mio amico da Napoli, Alessio, Alex.”
-“Fede avete fin-cazzo” Genn conclude la frase con un’imprecazione poiché, entrando nello studio, va a scontrarsi contro uno dei due ragazzi alla porta, quello più basso ed italiano, che non aveva visto per via della sigaretta che stava per sfilare dal pacchetto, pacchetto ora finito per terra, causa di imprecazioni da parte di Gennaro, di mortificazione, da parte di Alessio.
Alessio che si è chinato ad aiutare Gennaro a raccogliere le sigarette, lasciando che la propria voce, che continua a mormorare scuse di ogni genere, non faccia seguire neanche a Gennaro la discussione in atto tra i due fratelli e Federico.
-“Fede, Alesio è venuto con Fortuné perché lui ha avuto delusione d’amore e era molto triste, ma casa mia non ho altro posto, può venire da te? Pleease!”
-“No, mi spiace, ma ho mio cugino a casa... Genn vive da solo, forse lui può” ed indica i due, ancora intenti a raccogliere sigarette, o forse solo a fissarsi.
-“Genn, hai posto a casa?”
-“Ah? Sì certo, lo sai.”
-“Tutto risolto allora! Alessio starà da te!”

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