Corsa contro il tempo

di LubyLover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01: 19 Maggio 2009 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02: 20 Maggio 2009 - Parte 1 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01: 19 Maggio 2009 ***


01. Capitolo 01: 20 Maggio 2009

 

 

Titolo: Corsa contro il tempo

Fandom: CSI: NY

Personaggi: Un po' tutti

Coppie: Donald Flack/Jessica Angell, Danny Messer/Lindsay Monroe

Rating: Giallo (per la mia solita paranoia...)

Set In Time: Maggio 2009.

Note: Se avete letto qualcuna delle mie storie, lo avrete capito: non accetto e non accetterò mai la morte di Jessica Angell. Questa è una piccola What If? (forse un po' improbabile) che cerca di sistemare le cose. Perché, no, non è giusto quello che avete fatto.

Disclaimer: Non possiedo niente e nessuno. E non ho il minimo diritto (e mai l'avrò).

 

Capitolo 01: 19 Maggio 2009

“Detective Flack, c’è qualcuno che la sta aspettando”, la receptionist spostò la cornetta dall’orecchio per rivolgersi al poliziotto. L’uomo alzò lo sguardo dallo schermo del cellulare per fissare la donna. “Dove?”

Lei fece un cenno col capo, indicando la saletta d’attesa. Flack mise il cellulare nella giacca prima di entrare nella stanza. Riconobbe subito il suo visitatore.

“Cammina”, intimò all’uomo che lo stava fissando nervoso.

Don, seguito dall'altro, si diresse verso una sala degli interrogatori libera e si accomodò al suo interno. Soppresse – ma neanche troppo – un sorriso di scherno verso l’uomo che si stava agitando cercando di mettersi comodo sulla sedia.

“Ma proprio qui?”, chiese quasi in un sussurro, gli occhi che si muovevano veloci ai quattro angoli della stanza.

“Paulie, Paulie… cosa pretendi? Ti presenti qui al distretto, non convocato, e non vuoi che parliamo qui? Io non ho problemi: possiamo anche stare alla mia scrivania… certo, corri il rischio che qualcuno ti veda. Ma se per te può andare…”

L’altro sembrò valutare la proposta, poi impallidì, “No, no, va bene qui… solo che questo posto mi rende nervoso.”

“Ed allora vedi di raccontarmi velocemente perché sei qui. Ho del lavoro da fare.”

“Ho saputo una cosa”, bisbigliò Paulie sporgendosi in avanti.

“Una cosa?”, Flack sollevò le sopracciglia, fintamente scioccato. “E perché dovrebbe essere sconvolgente? Perché prima non sapevi nulla ?” Va bene, era un po’ troppo strafottente, ma aveva davvero molto lavoro da fare. Ed era già in ritardo.

“Un mio… mhh… associato mi ha detto che ha venduto dei ricambi particolari. Ricambi meccanici per modificare un veicolo.”

A quel punto, Flack cominciò a studiare Paulie con interesse. Prese il suo taccuino e, dopo averlo aperto su una pagina bianca, prese nota di quanto dettogli.

“Dettaglio dei ricambi, grazie.”

L’uomo cominciò a parlare. Appunto dopo appunto, l'ansia del detective cresceva sempre di più.

***

“Mac!”, Flack infilò la testa nell’ufficio di Taylor, certo di trovarlo lì. Invece, la stanza vuota lo fece grugnire con disappunto. Marciò verso l’ufficio di Stella. Quando lo vide fermo sulla porta, lei lo salutò con un sorriso caldo. “Hey. Tutto bene?”

“Sai dov’è Mac?”

Il sorriso della donna sbiadì leggermente e Flack si maledì. Lo sapeva che dopo la faccenda greca di Kovolos e Diakos i rapporti tra i due erano ancora tesi. “Se non è in ufficio deve essere ancora in sala ricostruzioni. Stava analizzando degli schizzi di sangue del caso Jackson.”

Flack annuì e, ringraziando Stella, si allontanò. La donna lo guardò con un misto di curiosità e nervosismo: tutta quella fretta nascondeva di certo qualcosa.

In effetti, Mac era proprio dove Stella aveva suggerito; ritto di fronte ad una serie di magliette bianche, stava comparando le foto della scena agli schizzi creati sul tessuto.

“Non ti viene mai mal di testa?”

Mac sbatté le palpebre, infastidito per essere stato interrotto. Prima che potesse dire qualcosa Flack parlò, “C’è una cosa urgente da verificare. È praticamente un’emergenza. Il capitano O’Malley mi ha già ordinato di interfacciarmi con voi. Priorità massima.”

Mac mise le foto nella cartelletta, “Andiamo”, disse senza indugio.

***

La squadra della scientifica sedeva in sala riunioni insieme a Flack. Si aspettavano anche altri agenti, ma fino a quel momento non era arrivato nessuno.

Mac fece un cenno a Flack, lasciandogli la parola. Lui si sentì un po’ in imbarazzo, ma non esitò un attimo.

“Questa mattina ho ricevuto la visita di un mio informatore, che chiamerò P. Strano, solitamente non vengono mai al distretto di loro spontanea iniziativa. Mi ha raccontato che uno dei suoi associati ha fornito ricambi particolari ad un'autofficina della zona in cui vive. Il suo associato tratta principalmente merce di tipo militare, parti per mezzi d’assalto, giubbotti anti-proiettili per marines e tutto ciò che gli sta attorno. È stato un ordine cospicuo, con richieste di articoli molto specifici. Non gli era mai successo.”

“E perché lo avrebbe detto al tuo informatore?”, volle sapere Danny.

“Ah per vantarsi. Sai, tipo ah-ah, guarda che mega guadagno! Tutto in contanti! Gli affari girano ancora. Che figo che sono.

Danny ed Adam sorrisero.

“Che tipo è questo P?”, chiese, invece, Mac.

“Buon informatore. Un po’ più su della media, diciamo. Non è mai stato attivissimo, ma le soffiate sono sempre state corrette.”

“Ti fidi, quindi.”

“Abbastanza. E solo perché non ci si può fidare di un informatore al 100%.”

“Vuole essere disattivato?”, si informò Stella.

“Non lo vogliono tutti? Anche se credo che P, sotto sotto, abbia anche un animo da uomo giusto.”

“Tessi persino le lodi degli informatori… ah, l’amore!”, lo prese in giro Danny. A parte un’occhiataccia da parte di Flack, la sua battuta, però, cadde nel vuoto.

“Quand'è stata consegnata la merce?”, Mac stava prendendo nota.

“Ieri mattina. P l’ha saputo ieri sera. Me lo vedo mentre si arrovella se venire qui o meno.”

“Il nome dell’officina?”

“Questo è il problema. P non lo sa. E non vuole chiedere al suo amico, perché sembrerebbe sospetto.”

“E noi non possiamo nemmeno saper il nome dell’amico.”

“Ovviamente.”

Per qualche istante nessuno parlò. Gli occhi degli agenti erano concentrati su Mac, chiaramente assorto in elucubrazioni.

“O’Malley ti ha mandato qui.”

“Sostiene che potrebbe essere preludio di un'azione pericolosa. Ed io sono d’accordo con lui.”

“Terrorismo?”

Adam deglutì, a disagio.

“Di minacce ne arrivano sempre. Ultimamente anche qualcuna di più. E non solo di matrice islamica. Sembra che chiunque, per nulla, sia pronto a minacciare di far esplodere palazzi, sparare in mezzo alla folla ed altre cose del genere.”

“Già… come vi state muovendo?”

La squadra stava guardando senza fiatare lo scambio di batture tra Taylor e Flack. Sembrava di assistere ad una rappresentazione teatrale.

“Almeno P ci ha detto gli isolati in cui il socio lavora abitualmente, quindi abbiamo potuto restringere il campo. Angell, insieme ad altri agenti, sta facendo un discretissimo giro tra i proprietari delle officine per capire chi potrebbe sapere qualcosa. Ma stiamo parlando di uomini potenzialmente omertosi e sessisti. Chi lo sa cosa potrebbero mai dire ad un’agente donna.”

“Non c’era nessun altro da mandare?”, volle sapere Stella.

“Apparentemente no… e comunque lei non ha avuto scelta”, le rispose guardandola negli occhi, come a volerle comunicare qualcosa.

“Va bene. Casi di alto profilo ancora aperti. Adam, li voglio qui il prima possibile. Danny, possibili bersagli; comincia dalle zone delle officine e poi allarga il perimetro. Stella, sospettati o simili con un background militare; non ci si improvvisa soldati. Se hanno scelto queste attrezzature è perché le conoscono. Tu, Flack…”

“… do una mano a Stella. Magari guardando le facce mi viene in mente qualcosa.”

“Io vado a parlarne con O’Malley. Buon lavoro a tutti. Ci aggiorniamo quanto prima.”

E tutti si alzarono, parlottando tra loro, pronti e carichi per svolgere i compiti assegnati.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 02: 20 Maggio 2009 - Parte 1 ***


02 - Capitolo 02: 21 Maggio 2009

 

Nota: Se c'è qualcuno che sta leggendo... thank you!

Capitolo 02: 20 Maggio 2009 - Parte 1

Il pomeriggio era scivolato lentamente in serata e la serata in nottata. Poco dopo mezzanotte, Flack studiò il suo orologio da polso, si stropicciò gli occhi, si alzò stiracchiandosi e dichiarò che sarebbe andato a prendersi un caffè.

“Uno anche a me, grazie”,  fu il solo commento di Stella.

Lui le sorrise, “Era sottinteso. Che persona pensi che sia? I miei mi hanno educato bene!”

Pochi minuti dopo, al suo rientro, la collega stava guardando la foto di un altro sospettato. Lui appoggiò le due tazze sulla scrivania ed estrasse un pacchetto di biscotti dalla tasca.

“Che ne dici di questo?”, gli chiese Stella.

“Albert Mullighan, veterano dell’Iraq. Perché è in questa lista?”

“Ha provato ad arruolarsi anche per l’Afghanistan ma è stato scartato.”

“PTSD?”

“In parte… quando è stato rifiutato, per due volte, ha commesso qualche atto di vandalismo alle proprietà governative. Nulla di grave. Da qualche mese, però, sembra tranquillo.”

“Qui dice che ha avuto un bambino.”

Stella sospirò. Per qualche minuto continuarono a lavorare in silenzio.

“Jess è stata punita, vero?”, chiese la donna all’improvviso.

Flack non si scompose. Non era un caso che avesse scelto di essere lì con la criminologa. “Più o meno. Diciamo che al momento ha perso il suo status ‘eseguo gli ordini, ma ho una certa libertà di movimento’”

“Capisco… però il compito datole è un po' esagerato.”

“Stella… ha lavorato sotto copertura ad un caso a cui non era stata assegnata, un caso che non doveva esistere per di più”, Flack terminò alzando leggermente la voce.

“Mi dispiace” lei gli toccò un braccio.

“No, non... sapevo che stavate combinando qualcosa, ma… ti dirò una cosa che non dovrà mai uscire da qui… me lo prometti?”

“Ha la mia parola”, sorrise lei.

“Ho avuto paura. Non so cosa farei se le succedesse qualcosa. Abbiamo discusso, lei è uscita sbattendo la porta, ma sai una cosa? Non è importante: anche se dovesse odiarmi, sarebbe viva.”

Stella valutò per un secondo le parole del collega, “È ancora arrabbiata?”

“Nuhh, so farmi perdonare”, concluse con una risata.

“E noi due? Siamo a posto?”

“Certo… sempre che tu non stia organizzando qualcos’altro di misterioso e pericoloso. Però confesso: un viaggetto in Europa me lo farei volentieri”, le fece l’occhiolino.

***

Danny stava cercando di capire se Terrence Davis gli piacesse o meno. Doveva ammettere che il giovane era parecchio affabile, oltre che dotato di spirito imprenditoriale, ma non riusciva del tutto a fidarsi di lui. Oh beh, tanto è un informatore di Flack.

Si girò verso il detective, in preda all’ennesimo starnuto.

“Salute!”, disse divertito. Era sempre bello ridere alle spalle dell'amico.

“Maledetti gatti…”, mugugnò Don.

Terrence li accolse nel suo ufficio; era stato proprio lui a chiedere di incontrare Flack il prima possibile.

“Allora… e sii conciso o faccio venire la protezione animali per i gattacci.”

“È un leopardo.”

“Seh, seh… perché hai chiamato?”

“Sono un uomo d’affari e mi piace che il mio locale funzioni bene. E sai cosa bisogna fare per far andare le cose per il verso giusto?”

“Cos’è? Imprenditoria del nuovo millennio? Davis, veloce!”

“Controllare i clienti. Farsi una cerchia di clienti fedeli ed affidabili. Niente scavezzacolli.”

“La sparatoria di qualche mese fa c’entra qualcosa con questa nuova filosofia?", si informò Danny.

Terrence arrossì, “Può darsi.”

Flack si mangiò un sorrisetto.

“Comunque… se i clienti si divertono e sono tranquilli, tornano. E se tornano, portano soldi e magari altri clienti.”

“E quando tocchi l’acqua ti bagni”, commentò Flack. “Sto finendo la pazienza, è l’ultimo avvertimento.”

“C’erano dei tizi strani stasera. Clienti nuovi, mai visti”, finalmente, Terrence andò al punto.

“Perché strani?”

“Erano in tre. Due ben vestiti e ben ordinati. Abiti puliti e stirati, linee dritte, niente fronzoli, colori neutri. Ed anche l’aspetto: capelli corti, niente barba. L’altro, invece… trasandato, jeans strappati, maglietta larga e sformata, colori sgargianti, capelli lunghi ed incolti. Hanno parlato fitto fitto tutta sera. Quando una delle mie ragazze si avvicinava per gli ordini tacevano ed aspettavano. Se ne sono andati dopo un paio d’ore.”

“Li riconosceresti?", Flack aveva socchiuso gli occhi, all’erta. C'era qualcosa nelle parole di Davis che aveva solleticato il suo istinto di poliziotto.

“Non proprio. Non mi sono avvicinato. Ma Josie ha portato loro da bere per tutta la serata. Ve la chiamo, se volete”, Terrence concluse, facendo un gesto verso una delle porte del suo ufficio.

Josie studiò i due poliziotti con circospezione. Era vestita in modo sexy, abitino stretto e tacchi alti, ma aveva un visetto ingenuo e da bambina, cosparso di efelidi dorate.

“Sapresti tracciare l’identikit degli uomini che hai servito stasera?”, chiese Don, dopo essersi presentato.

La ragazza sembrò esitare per un istante, incerta sul da farsi. Poi, a voce bassa e titubante, disse: "Potrei fare di più... diciamo che conosco uno dei tre." 

“Lui sa che lo hai riconosciuto?”, volle sapere Flack.

Lei si guardò gli abiti, facendo scorrere le dita dalle lunghe unghie laccate sul tessuto “Mhh… no. Per lui sono solo la sorellina fastidiosa di Freddy, il tizio con cui qualche volta gioca a basket. Si fa chiamare Crazy Tony, ed è il proprietario di un’autofficina. Gliel’ha lasciata il padre… anche se non credo che oggi ne sarebbe molto contento.”

Flack e Danny si guardarono brevemente negli occhi, scambiandosi uno sguardo d’intesa. Si alzarono.

“Grazie, Josie”, Don le strinse la mano. Poi fece un cenno a Davis, “Ci vediamo. Fai il bravo, Terrence.”

“Ora non lo sono stato? Lo sai cosa meriterei…”

Flack lo gelò con lo sguardo, “Questo non è il luogo né il momento.”

                                                                                                              ***

Jessica Angell era stanca. E nervosa. E, probabilmente, anche un po’ annoiata. Aveva bussato già ad una decina di porte, ma non aveva ottenuto nulla. Molti dei proprietari si erano arrabbiati per essere stati tirati giù dal letto e tutti le avevano fornito risposte smozzicate e rancorose. Senza smettere, però, di apprezzare l’aspetto fisico della detective. Jess ne era esasperata: al prossimo un angelo caduto dal cielo tutto per me era certa che non avrebbe potuto evitare di prendere a pugni il malcapitato. Sbuffando, rispose al cellulare che stava trillando nella tasca della giacca.

“Angell.”

“Abbiamo un indirizzo!”, nonostante l’ora e la situazione, la voce di Don sembrava piena di eccitazione. Dovevano aver trovato una pista promettente.

“Inviamelo. Vado lì con una pattuglia.”

“Ci andiamo insieme.”

“Flack…”, lei si sentì quasi offesa e messa da parte. D’altra parte era lei che, fino a quel momento, aveva dovuto subire tutti quegli esseri umani patetici.

“Ascolta…”, lo sentì esitare, “Non voglio rubarti il merito o dire che non hai fatto nulla fino ad ora. So quanto dev’essere stato palloso quello che hai fatto, ma è meglio se siamo in due. Chi modifica auto per farne macchine da guerra non ha scrupoli. Di nessun tipo.”

Lei rimase in silenzio per qualche istante e poi dovette trovarsi d’accordo con lui. “Ti aspetto, allora.”

                                                                                                                    ***

Dopo aver parlato con Crazy Tony, Flack sedeva in macchina, rimuginando, muto. Detestava il modo in cui il proprietario gli aveva rivolto la parola, il suo stupido atteggiamento di superiorità; detestava il modo in cui aveva squadrato Jess, dicendole di avere un posto nel letto se era stanca; detestava come aveva dovuto fare il macho per farsi dare retta; detestava aver quasi dovuto minacciarlo per farsi dare risposte sensate. Ma soprattutto, detestava quello che il mondo sembrava diventare un giorno dopo l’altro. L'unica consolazione era che Crazy Tony, non del tutto volontariamente, li stava seguendo su una volante per un interrogatorio approfondito.

“Tutto okay?”, Jess lo guardava dal sedile del passeggero.

Lui non disse nulla, scuotendo la testa.

“Terra chiama Flack”, riprovò lei.

“Scusa… è solo che… io sono un uomo e non lo sopporto. Non capisco come fai tu a non fare una strage ogni volta che ti ritrovi davanti degli imbecilli sessisti del genere.”

“La violenza è normalmente l’arma dei suddetti imbecilli sessisti”, commentò con un sorrisetto.

“Hai ragione… pensi che riusciremo a trovare la vera identità della persona dietro a tutto?”

“Perché? John Doe ti suona forse finto?”, domandò lei con sarcasmo.

“Mi fa venire in mente quello di Seven. Ricordi?”

“Detectiveee!”, Angell lo imitò alla perfezione, “Bel film. Quando tutto questo sarà finito lo riguardiamo.”

“Col lavoro che facciamo dovremmo guardare solo commedie romantiche, ed invece...”

Lei scoppiò a ridere sentendo il suo tono rassegnato e sconvolto allo stesso tempo. La tensione si era sciolta, ed il viaggio proseguì tranquillo fino alla centrale.

 

 

 

 

 

 

 

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