Chi sono io, Kyubi o Naruto?

di Genio95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolori e sofferenze ***
Capitolo 2: *** La vendetta e il sacrificio ***
Capitolo 3: *** Un nuovo papà ***
Capitolo 4: *** Amico o rivale? ***
Capitolo 5: *** Finalmente libertà! ***



Capitolo 1
*** Dolori e sofferenze ***


CAPITOLO 1

Era una notte tetra, senza luna. Il fuoco. Fiamma alte circa trenta metri e colonne di fumo nero circondavano un villaggio. Le grida strazianti degli uomini rimbombavano entro le mura. Una battaglia, una sanguinosa battaglia si stava svolgendo all’interno del Paese del Fuoco, precisamente nel Villaggio della Foglia.

Il demone della Volpe a Nove Code stava distruggendo tutto ciò che trovava sul suo cammino. Un cammino fatto di distruzione, di odio e di rancore verso gli uomini che l’avevano imprigionata. Kyubi, il demone, stava radendo al suolo ogni edificio, albero o montagna che intralciava la sua strada, le bastava muovere una delle sue nove code per provocare terremoti e inondazioni : il paesaggio era una landa desolata, dove al posto dell’erba regnavano sovrane le fiamme, il fumo e la distruzione.

 

Un uomo correva  verso uno spiazzo dove fino a pochi minuti prima c’era un edificio, ora solo un cumulo di macerie polverose. Per un attimo rimase paralizzato di fronte ad immagini che non si sarebbe mai aspettato di vedere e poi lentamente si avvicinò alle macerie. Nonostante tutto fosse andato in mille pezzi, l’Hokage riconobbe il luogo dove si trovava, e osservò con stupore ciò che rimaneva della casa in cui aveva vissuto per tanto tempo con sua moglie Kushina Uzumaki.

Le macerie fumanti erano testimoni del fatto che, qualunque cosa fosse avvenuta in quel luogo, doveva essere stato solo qualche attimo prima che lui arrivasse lì. Improvvisamente Minato ( il quarto Hokage) si fermò, poiché qualcosa, tra le macerie, aveva attirato la sua attenzione. Tra suppellettili e mobili distrutti, l’Hokage vide stagliarsi il chiaramente il bianco spettrale di una mano inerte, aperta con il palmo rivolto verso il cielo. Non impiegò molto per comprendere di chi si trattasse e mentre si rendeva conto di ciò, sentì materializzarsi alle proprie spalle l’aura familiare del guerriero con cui aveva combattuto contro la Volpe fino a poco prima. L’arrivo di Jiraia ( uno dei tre ninja leggendari, considerati da tutti i più forti dopo l’Hokage) fu accompagnato dallo squarcio rumoroso delle nubi nere che affollavano il cielo  offuscandolo e un’intensa pioggia iniziò a scrosciare su quel cumulo di macerie e sulle membra stanche dei due ninja.

-Mi dispiace!- sussurrò Jiraia all’amico.

Ma Minato non si accorse del tuono, né della pioggia, che scorreva sulla sua pelle lavando via il sangue, e nemmeno della presenza dell’altro ninja. Il dolore fisico che fino a quel momento prima gli aveva quasi impedito di reggersi bene in piedi scomparve improvvisamente, o forse la sua mente non era semplicemente in grado di percepirlo, ora che era concentrata su un altro dolore incommensurabilmente più forte. I suoi occhi spalancati si stringevano cercando di mettere bene a fuoco l’immagine, ma erano coperti da un velo di lacrime trattenute a stento non potevano fare di meglio.

-Minato- la voce di Jiraia giunse ovattata alle sue orecchie, come proveniente da molto lontano, un mormorio privo di qualsiasi significato, né più né meno del rumore della pioggia. Minato non riusciva a fermare la frenesia dei pensieri che febbrilmente si facevano strada dentro di lui. La sua casa, il luogo in cui aveva trascorso tanti momenti felici, forse gli unici ricordi davvero belli che avesse dalla vita, era ridotta a un cumulo di macerie fumanti. Improvvisamente balzò in avanti e corse verso quei miseri resti, sui quali si chinò. Jiraia ebbe appena il tempo di scostarsi per lasciarlo passare, quindi rimase immobile ad osservare i suoi movimenti che si susseguivano senza alcun filo logico. Non ricordava di averlo mai visto tanto sconvolto. In passato lo aveva visto affrontare i pericoli più aspri a sangue freddo e i nemici più terribili, con una sicurezza e una calma talmente radicate in lui da farlo apparire freddo, e adesso sembrava aver completamente perso il controllo. Rovistava tra quelle macerie con una furia incredibile, con una forza che non avrebbe dovuto avere, considerato tutte le ferite che aveva riportato durante il precedente scontro con la Volpe. Ad un tratto Minato si fermò, lasciandosi cadere dalle mani ciò che aveva appena spostato, cadde in ginocchio sul freddo terreno bagnato dalla pioggia. Il fango schizzò sui suoi vestiti e sul suo volto e Jiraia lo vide sollevare una mano che attirò la sua attenzione. Lentamente, con una cieca speranza che brillava nei suoi occhi quasi a voler rifiutare di prendere sul serio una realtà tanto crudele, Minato si portò quella mano alle labbra e sussultò stupito nel percepirla gelida come il ghiaccio. Estrasse completamente il corpo di Kushina dalle macerie. Si chinò sul suo volto, cercandone il respiro, il battito del cuore, qualunque cenno di vita in quel corpo immoto e freddo che avesse potuto alimentare le sue false speranze. Ma nulla venne in suo soccorso, nessuna forza consolatrice placò le urla strazianti del suo cuore e Minato sentì di non aver provato qualcosa di tanto forte in tutta la sua vita. Il suo animo urlava disperato, mentre il suo corpo era completamente immobile e immerso nel più assoluto silenzio. Gli occhi continuavano a fissare le palpebre chiuse della moglie e delle lacrime che fino a poco prima sembravano trattenute con difficoltà con c’era alcuna traccia, Minato era talmente concentrato sull’immagine davanti a se che aveva totalmente perso la consapevolezza di se stesso e anche piangere era impossibile. Era come se l’anima si fosse staccata dal suo corpo, che non aveva più alcuna reazione, come un guscio vuoto e abbandonato.

Jiraia si avvicinò a lui lentamente, stupendosi della sua stessa cautela, e lo aggirò per poterlo guardare negli occhi. Ma ciò che vide non gli piacque affatto. Lo sguardo del suo compagno era spento e vacuo, privo di qualsiasi espressione, quasi che fosse stato anche lui avvolto nel gelo della morte emanato dal cadavere immobile nel suo grembo. Era sicuramente meglio la furia folle del combattimento avvenuto poco prima a quella gelida immobilità.

Jiraia capì che doveva fare qualcosa per richiamarlo dallo stato di torpore in cui la vista di quel corpo privo di vita lo aveva gettato e lo chiamò per nome ancora una volta. Udire pronunciare il proprio nome da quella distanza ravvicinata sembrò finalmente scuotere Minato, che sollevò leggermente il capo e incontrò lo sguardo di Jiraia. E il repentino cambio di espressione sul suo volto fece istantaneamente capire al ninja leggendario ciò che sarebbe accaduto di li a poco. Una furia omicida e vendicatrice brillava negli occhi azzurro-ghiaccio del quarto Hokage che iniziò a tremare incontrollabilmente.

Talmente immerso nel suo dolore, nella sua sofferenza e nella sua furia omicida che non si accorse di una voce flebile, appena udibile, in quelle urla strazianti del suo cuore. In uno stato di incoscienza Minato seguì quella voce, che poco a poco si trasformò in un pianto, un pianto lieve, di un bambino.

Quasi del tutto sepolto tra le macerie un bambino piangeva e urlava, aspettando qualcuno che lo sentisse. Minato guardò la piccola creatura, da poco venuta al mondo e già testimone di una disgrazia. Il quarto Hokage prese tra le braccia il piccolo fagotto in cui era stato avvolto il bambino e subito notò un’impressionante somiglianza: avevano gli stessi occhi azzurro-ghiaccio e gli stessi capelli ribelli biondo-paglia. Si ricordò improvvisamente che sua moglie era incinta, avrebbe partorito di lì a pochi giorni.

Un grido. Un grido di dolore. Lontano. Fiamme. La Volpe era tornata all’attacco. Prese delicatamente il corpo inerme e senza vita dell’amata moglie e il neonato e li portò con se.

 

-Ti vendicherò Kushina!- con queste parole il quarto Hokage depositò il cadavere della moglie in un luogo sicuro e andò a cercare la Volpe.

 

 

Lo so è molto triste ma non so come ho trovato questa fic seppellita nel mio computer e ho pensato di pubblicarla.

Recensite in tanti

Genio95

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Capitolo 2
*** La vendetta e il sacrificio ***


CAPITOLO 1

Il demone della Volpe a Nove Code devastava incontrastato il Paese del Fuoco. Nel corso della grande guerra dei Ninja erano ricercate delle bestie note con il nome di Bijuu. Il nome viene loro affibbiato in base alle code che posseggono, esistono in totale nove bestie con code appunto da uno a dieci. Chiunque le voleva per se per acquisire il loro immenso potere, ciò nonostante queste bestie non possono essere controllate da nessun essere umano.

I demoni rispondevano ai nomi di: Tanuki, Gatto, Tartaruga, Gallo, Lupo, Donnola, Tasso, Volpe e Serpente. Erano dispersi per i Paesi ninja distruggendo tutto ciò che incontravano. Ma Kyubi, possedendo più code, era la più forte, la regina incontrastata dei demoni, non esisteva metodo o tecnica per fermarla, tranne una, una tecnica proibita, pericolosissima e con molti probabilità di fallimento.

 

Minato Namizake correva quanto più veloce le sue ferite glielo permettevano, voleva trovare l’assassino di sua moglie, e lo spietato essere che aveva lasciato suo foglio senza una madre.

Arrivato in prossimità del luogo dive si trovava Kyubi lo spettacolo che gli si presentò davanti non fu per niente rassicurante, anzi sembrava che l’inferno fosse piombato su un meraviglioso paesaggio trasformandolo una landa desolata, circondata da fuoco e da lei, dalla Volpe che regnava sovrana nel suo “paradiso” di caos e terrore.

 

 

 

 

 

 

-Come hai potuto fare questo…per colpire me te la sei presa con lei…- la voce di Minato era tremante ma minacciosa.

-Ah si? Bè..- ma lui non la lasciò parlare e proseguì a denti stretti, sollevandosi in piedi e continuando a fissarla con uno sguardo che il demone non aveva mai visto.

-Ti ho perdonato tutto…tutte le tue sciocchezze, azioni dettate dall’orgoglio e dalla bramosia di potere…mi sono illuso che prima o poi saresti cambiata, che ci fosse in te qualcosa di buono, che meritassi un’altra possibilità…ma mi sono sbagliato, avrei dovuto lasciare che i miei uomini ti uccidessero fin dalla prima volta che hai messo piede in questo Villaggio, debole e inerme! Ma adesso…- Minato urlò e lasciò divampare la propria aura mentre l’odio per la Volpe si impossessava di lui- adesso rimedierò al mio errore!-

 

-Gueeeeeee!- il pianto del bambino si perse nel vuoto e non ricevette alcuna risposta. Il padre era lontano da lì. Il piccolo invocava a gran voce l’attenzione di qualcuno quando un membro della squadra speciale AMBU lo vide, e riconoscendo i lineamenti del quarto Hokage decise di portarlo da lui.

 

-Questo è tutto ciò che sapresti fare?- la Volpe schivava con facilità i pugni e i calci sferrati dal proprio avversario e orami aveva capito che al quarto Hokage non rimanevano ancora molte energie. Lui, dal canto suo, si scopriva irritato anche in un momento come quello per la supremazia fisica della Volpe su di lui, nonostante i ripetuti scontri con i ninja della Foglia. Pur rendendosi conto che la forza dell’avversario derivava da una collera inimmaginabile verso tutti coloro che l’avevano rinchiusa e l’avevano costretta a una vita fatti di stenti e sofferenze, il suo orgoglio continuava a pulsare irrefrenabile nel suo cervello e non gli permetteva di arrendesi alla superiorità della Volpe. Continuava a ripetersi ostinatamente che lui non doveva assolutamente rassegnarsi di fronte a colei che lo aveva privato della presenza e dell’amore della moglie, anzi solo il pensiero che qualcuno credesse che lui era capace di un gesto tanto vile lo feriva profondamente. Minato lottava con tutte le proprie forze ma senza benché minima strategia, colpendo all’impazzata e senza alcun criterio.

“Questo non è il suo modo di combattere!” pensò la Volpe, le sembrava quasi che Minato non la vedesse nemmeno, anche se tentava in tutti i modi di colpirla. E in effetti Minato aveva una sola immagine dinanzi a sé, e cioè quella della moglie che si stagliava nella notte coi capelli sciolti al vento. L’ultima volta che l’aveva vista. L’aveva salutata con un semplice gesto della mano, senza nemmeno toccarla per l’ultima volta, ed era volato via, incurante di ciò che lei potesse desiderare. Non era stato presente nel momento in cui Kushina aveva più bisogno di lui, anzi aveva permesso alla Volpe di andarsene del luogo del loro precedente scontro e così le aveva permesso di farle del male.

Alla fine, pensava Minato, la sua ingenuità, il suo unico punto debole, aveva ucciso la donna che amava.

Finalmente un colpo andò a segno e la Volpe andò a sbattere contro il tronco di un albero. Minato si avvicinò per colpirla di nuovo, ma Kyubi fu velocissima e con una delle nove code lo mise al tappeto.

Minato non aveva scelta, non poteva fare altro che usare la tecnica proibita: il Sigillo del Diavolo

Per suo figlio avrebbe trovato una soluzione. Ora doveva pensare a salvare il Villaggio. Il suo Villaggio. Il suo popolo.

Minato aveva un’abilità particolare: poteva comunicare con il pensiero. Stava cercando di mettersi in contatto con suo fratello gemello, Yondaime, che si era trasferito nel paese del vortice quando lui e Kushina si erano sposati. Voleva che lo sostituisse come padre del il piccolo bambino. Quando finalmente Minato riuscì a mettersi in contatto con suo fratello gli chiese di venire subito nel Villaggio della Foglia.

 

Era troppo tardi per qualsiasi saluto, qualsiasi addio. La Volpe si era accorta che il quarto Hokage stava eseguendo la mossa che l’avrebbe portata all’altro mondo. Il demone, digrignò le terribili zanne, affilate e sporche di sangue. Il sangue dei ninja della Foglia, che avevano dato la vita per proteggere ciò che amavano. Ma stavano per essere vendicati. La morte di un uomo e la sofferenza eterna di suo figlio avrebbero permesso alla Foglia di tornare a splendere.

Minato cominciò a fare dei movimenti con le mani, i movimenti che gli avrebbero permesso mettere fine a quell’incubo, i movimenti che avrebbero evocato il Sigillo del Diavolo.

Kyubi non ebbe il tempo di contrattaccare quando una mano putrida gli afferrò l’anima, tirandola fuori dal suo corpo. Minato si rese conto che non aveva abbastanza forze per imprigionare il demone il se stesso, e per portarlo con se all’altro mondo.

Allora decise compiere un altro sacrificio che avrebbe cambiato per sempre la vita del villaggio e di suo figlio. La decisione era presa. Non poteva tornare indietro. Guardò suo figlio, un bambino che non aveva colpa delle sofferenze che avrebbe patito e che sarebbe stato emarginato da tutti per sempre.

Minato voleva sigillare lo spirito della Volpe a Nove Code dentro l’ombelico di suo figlio.

- E’ giunta la tua ora, Kyubi!-

Con l’ultimo gesto il Sigillo del Diavolo strappo via l’anima alla Volpe sigillandola nell’ombelico del neonato e portò con se anche quella di Minato che urlò al bambino:

-Naruto, piccolo mio, abbi cura del tuo villaggio e del tuo popolo!- con queste parole Minato espresse al mondo la sua volontà: suo figlio doveva essere considerato da tutti un eroe per aver salvato il Villaggio dalla Volpe, ma non fu così.

 

Quel 10 ottobre fu ricordato in eterno come il giorno della scomparsa del quarto Hokage, di sua moglie Kushina, della Volpe a Nove Code, e l’inizio della difficile esistenza del piccolo Naruto.

 

 

 

Ringrazio di cuore Cleo92, franky94 e Neko per aver recensito spero che questo capitolo vi sia piaciuto, mi raccomando continuate così. Ringrazio anche Cleo92, lucia lair e Targul per aver inserito questa fic tra i preferiti.

Al prossimo capitolo

Genio95

 

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Capitolo 3
*** Un nuovo papà ***


CAPITOLO 1

Una settimana dopo il disastro arrivò al Villaggio della Foglia il fratello di Minato,si presentò al terzo Hokage ( che aveva preso il posto del quarto Hokage dopo la sua morte) come fratello gemello di Minato di nome Yondaime, che si era trasferito nel Paese del Vortice dopo che suo fratello aveva sposato Kushina.

Yondaime si dimostrò subito restio a fare da padre al bambino della Volpe, però era l’ultimo desiderio di suo fratello e se non l’avrebbe ascoltato la maggior parte della popolazione di Konoha l’avrebbe visto come un “traditore” e questo avrebbe danneggiato i suoi contatti finanziari con i più illustri personaggi economici di Konoha. In giro dava a vedere di andare d’accordo con il piccolo Naruto, ma alle sue spalle tramava per sbarazzarsi di quel “mostro”e di impossessarsi del titolo di Hokage.

 

Yondaime cercava di passare più tempo possibile fuori di casa, sbrigando servizi e compilando scartoffie.

Ma questo non bastava, Naruto era piccolo e aveva bisogno di una persona accanto. Non poteva lasciare un neonato solo a casa per una giornata intera.

Allora cominciò a portarlo a lavoro, facendolo dormire su cumuli di rotoli di pergamena e  circondandosi con biberon vuoti o pieni di latte freddo e scadente.

 

Yondaime trattava duramente e con poco affetto il bambino che giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, cominciava a sentirsi solo e abbandonato.

 

Naruto cresceva in fretta, disse la prima parola a otto mesi e non era “papà”, ma “mamma” anche se non l’aveva mai sentita pronunciare, ce l’aveva nel sangue, l’affetto della madre.

A un anno cominciò a camminare e, essendo tenuto poco sotto controllo da Yondaime, rischiava spesso di cadere dalle scale o di inciampare nei rotoli disseminati per casa.

 

Con il susseguirsi dei mesi Yondaime dedicava sempre meno tempo a Naruto, che sentendosi più solo ogni minuto che passava, cominciò a architettare il modo di attirare su di se l’attenzione del “finto” padre e del villaggio.

 

A tre anni aveva preso l’abitudine di nascondere la maschera della squadra AMBU a Yondaime che con la sua insuperabile dote di attore, faceva finta di non arrabbiarsi, ma dentro di lui ribolliva l’odio per il bambino della Volpe e cresceva ogni giorno di più, e man mano che il suo odio cresceva aumentava anche la sua bramosia si potere.

 

 

 

 

Scusate se il capitolo non è all’altezza degli altri ma oggi con la scuola abbiamo cominciato il torneo di calcetto e dopo la disfatta 5-2 la fantasia e la voglia di scrivere mi è un tantino passata, ma sono sicura che con le vostre recensioni mi torneranno e sarò pronta per stupirvi. Comunque questo capitolo mi serve da collegamento per il prossimo e vi assicuro che d’ora in poi le cose si faranno un po’ più emozionanti e si susseguiranno incontri, scoperte, delusioni, piani malefici e tanto altro ancora. Spero di avervi incuriosito almeno un po’. Commentate in numerosi.

 

Cleo92: sono contenta che la mia trovata ti sia piaciuta, non mi chiamerei Genio95 se non fossi geniale! Mi raccomando continua a recensire.

 

franky94: Grazie per il commento e in futuro vedrò di dare più spazio anche al combattimento. Lo scorso capitolo l’ho scritto mentre vedevo dragonball e in quel cartone un combattimento è fatto solo di ricordi, emozioni, ecc. e mi sono lasciata un tantino influenzare. Comunque non ti preoccupare. Continua a recensire.

 

Genio95

 

 

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Capitolo 4
*** Amico o rivale? ***


CAPITOLO 1

Erano passarti da poco cinque anni dal disgraziato giorno in cui il quarto Hokage sacrificò la sua vita per liberare il Villaggio dal demone della Volpe a Nove Code.

Naruto era uscito di casa e scorrazzava per le vie del Villaggio, infastidendo gli anziani che cercavano un po’ di pace e tranquillità. D’altronde ogni cosa che faceva Naruto era reputata esagerata o uno scherzo di cattivo gusto. La gente odiava quel bambino anche se non gli aveva fatto niente di male; lo temevano, avevano il terrore che una forte emozione avrebbe rotto il sigillo e Kyubi sarebbe tornato, e stavolta per restare. Il piccolo non riusciva ancora a capire perché tutti lo sgridavano e lo allontanavano, ma sentiva un vuoto nel cuore, un vuoto che faceva male. Non un dolore fisico ma un dolore che veniva dal profondo, dall’anima.

 

Anche Sasuke, figlio del capo del clan Uchiha ( uno dei più forti e prestigiosi clan del Villaggio, nonché membri della Polizia, il cui simbolo è il ventaglio del clan Uchiha racchiuso in una stella) era uscito di casa e stava allegramente passeggiando per le strade di Konoha sotto lo sguardo vigile del suo fratellone Itachi, cinque anni più grande di lui.

L’Uchiha stava passeggiando lungo il ponte ovest del Villaggio quando, ad un tratto uno scapestrato Naruto arrivò di corsa, lo urtò e lo fece finire a capofitto del fiume sottostante.

Mentre l’artefice della malefatta rideva e sghignazzava, orgoglioso del suo capolavoro di cattiveria, il povero Sasuke annaspando e agitando furiosamente le braccia si trascinò faticosamente a riva urlando:

-Ma che sei scemo? Potevo affogare?-

-Tze! Non son affari che mi riguardano!-

-Guarda che chiamo il mio fratellone e così lui chiama papà e poi lui ti picchia!-

-Chiama chi vuoi non me ne importa niente!-

-Chi saresti tu per dire certe cose?-

-Naruto uzumaki! E tu, chi sei per contraddirmi?- Naruto era abituato a vivere in un mondo dove esisteva solo lui, dove decideva lui cosa, quando, dove, perché e con chi fare un determinato gioco.

-Sasuke Uchiha! Il mio clan è il più rispettato e il più famoso del Villaggio!-

-Ah si? Mai sentito nominare!-

Le urla dei due bambini avevano attirato l’attenzione di Itachi che provvedè  subito a chiamare suo padre e Yondaime che corsero immediatamente a separare i bambini. Il padre di Sasuke non voleva che suo figlio intrattenesse certe amicizie e Yondaime non voleva crearsi altre antipatie in un Villaggio dove tutti ce l’avevano con il suo “falso” figlio.

 

A casa Yondaime stava rimproverando Naruto:

-Mi spieghi il sacrosanto motivo per cui ti metti a litigare con il figlio del capo del clan Uchiha? Vuoi che nessuno ci rivolga più la parola? Se è questo che vuoi la porta di casa è aperta e te ne puoi andare! Non ho bisogno di un figlio che mi faccia perdere anche i pochi contatti finanziari che ho!-

-E’ stato lui a provocarmi! E poi con me non ci parla nessuno! Non me ne importa niente dei tuoi contatti!-

-Questa è troppo! Non ti sopporto più! E ora che impari che cos’è il rispetto!- urlò Yondaime dando un sonoro e doloroso schiaffone al bambino facendolo volare dall’altra parte della stanza.

Naruto rialzandosi a fatica e con il sangue che gli colava copiosamente dal labbro inferiore urlò al padre:

-Ti odio! Non voglio più avere niente a che fare con te! Sparisci dalla mia vita!- e con queste parole scappo di casa dando uno spintone a Yondaime.

 

 

 

 

Scusate se non rispondo alle recensioni ma vado di fretta. Ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito, mi raccomando continuate così. Spero che questo capitolo vi piaccia.

Genio95

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Finalmente libertà! ***


CAPITOLO 1

Naruto stava camminando per le strade di Konoha prendendo a calci un sassolino. Era scappato di casa. Non sapeva cosa fare o dove andare. Ad un tratto sentì dei passi dietro di se. Non fece in tempo a girarsi che due mani possenti lo afferrarono, tappandogli la bocca con un fazzoletto umido. Poi più niente.

Tre ore più tardi Naruto si svegliò in una stanza spoglia, seduto sul letto, unico arredo, con un mal di testa impressionate. Si alzò e nel suo campo visivo entrò il viso di Yondaime.

- Ti sei svegliato?  Bene allora chiariamo questa faccenda!- allo sguardo interrogativo di Naruto, Yondaime continuò – e bene che ti spieghi come stanno le cose dall’inizio. Circa cinque anni fa, come sai, il demone della Volpe a Nove Code attaccò il villaggio della foglia. Fu una lunga battaglia in cui persero la vita moltissimi ninja. Durante un attacco del demone fu distrutta una palazzina, dove, come sai, tua madre morì mentre venivi al mondo-

Naruto non capiva perché Yondaime gli stesse raccontando quelle cose, non capiva perché si riferiva a sua moglie con un tono dispregiativo definendola “sua madre” e non capiva cosa ci facesse in quella stanza. Naruto, della notte della sua nascita, sapeva solamente che durante un attacco della Volpe sua madre morì mentre lui veniva al mondo. Non sospettava minimamente che quello che aveva di fronte non era suo padre ma il suo gemello cattivo che aveva accettato di essere il suo tutore solo per arricchirsi e che adesso, non sopportando più la situazione e l’impertinenza del bambino aveva deciso di raccontargli tutto.

- Quello che non sai è che tua madre era la moglie del quarto Hokage e che lui, per vendicare la morte dell’amata moglie, decise di sigillare il demone della Volpe ne tuo corpo!-

- Cosa?-

- Hai sentito bene, quella specie di tatuaggio che hai sulla pancia è il simbolo del Sigillo del Diavolo che tuo padre, il quarto Hokage Minato Namizake, ti ha impresso prima di morire.-

- Questo significa che…-

- Questo significa che io non sono tuo padre, grazie al cielo, sono tuo zio, il fratello gemello di tuo padre, trasferitosi nel paese del vortice, dove viveva tua madre prima di incontrare mio fratello, dopo il loro matrimonio. Il terzo Hokage mi ha supplicato di non dirti niente per paura che lo shock avrebbe rotto il sigillo e riportato Kyubi tra noi.-

Naruto fissava con gli occhi sbarrati Yondaime, lui era figlio del quarto Hokage, ancora stentava a crederci. Suo padre e sua madre erano morti e lui era stato affidato alla crudeltà dell’uomo che aveva di fronte. Ora si spiegava perché tutti al villaggio lo guardavano storto e borbottavano sottovoce ogni volta che lui passavo, ecco perché nessuno voleva mai giocare con lui, perché nessuno gli si avvicinava mai, ecco perché tutti avevano paura. Man mano la consapevolezza gli piombò sulle spalle, che non riuscirono a reggere un tale peso.

- Mi dispiace, ma ora non posso lasciarti continuare a vivere la tua spensierata vita! Ora ti devo uccidere! Ma nessuno lo saprà mai, perché io me ne andrò stanotte stessa e a nessuno importerà se il bambino della Volpe non si trova più, oppure, per la felicità di tutto il villaggio, è morto! MUHAHAHAHHAHAHAHA!!!!!!!!!!!!!!!!!-

Una sottile aura rossa stava cominciando ad avvolgere l’esile corpicino di Naruto. Yondaime, una volta notata l’aura, decise che era meglio non correre rischi e non permettere a Kyubi di rompere il sigillo. Prese i sottili polsi del bambino e li legò a delle catene appese al muro, che Naruto prima non aveva notato.

- Qui sotto ti portai sfuriare quanto vuoi, mai nessuno ti sentirà, siamo sotto il monte degli Hokage!-

Yondaime, una volta legato il bambino, piazzò una carta bomba.

- Adesso non ti puoi muovere! Se anche riuscissi a slegarti, sei circondato da carta bombe che esploderebbero e tu salteresti in aria! MUHAHAHAHHA!-

L’aura intorno a Naruto aumentò fino a diventare una seconda pelle rossa e incandescente, le pupille si assottigliarono, gli occhi da azzurro cielo divennero rosso sangue e le unghie e i baffi divennero più evidenti. Le braccia e le gambe si ingrossarono e i capelli si alzarono ritti sulla sua testa. Yondaime fissava sconcertato la trasformazione di Naruto e, saggiamente, decise di squagliarsela e di lasciare il piccolo al proprio destino.

Nel momento in cui Yondaime aprì la porta, Naruto ruppe le catene e Kyubi si impossessò del bambino.

 

 

 

 

 

 

Naruto era furioso con Yondaime per averlo maltrattato per cinque anni senza dirgli niente, era furioso con suo padre perché aveva segnato per sempre la sua vita, era furioso con tutto il villaggio per avercela con lui e per averlo smesso di distinguere dal demone. Ma ora non c’era più Naruto, c’era solo Kyubi.

Con un boato e un’esplosione dell’aura rossa Kyubi fece saltare tutte le carta bomba e lentamente uscì da quella tetra stanza e, finalmente, dopo cinque anni di prigionia, tornò libera. Guardò il sole, quanto tempo era che non sentiva il suo calore sulla pelle, quanto tempo era che non vedeva più il cielo. E ora sotto quel bellissimo cielo indaco, mentre cominciava a tramontare il sole, si sarebbe compiuta la sua vendetta. L’avrebbe fatta pagare a tutti quelli che l’avevano imprigionata e costretta ad una misera vita come parassita in un moccioso frignone. Si, quel giorno sarebbe stato il suo giorno. Il giorno di cui tutti si sarebbero ricordati. Il giorno della sua vedetta. E lentamente, barcollando, si avviò verso il villaggio.

 

Il terzo Hokage, nel suo studio, sobbalzò all’improvviso. Aveva sentito una forza enorme, mostruosa che non sentiva da tanto tempo, che non avrebbe mai voluto sentire, che sperava non appartenesse a chi credeva. Pregava con tutto se stesso che Kyubi non avesse rotto il sigillo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scusate per il ritardo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, perché è da qui che la storia comincia a prendere forma e a delineare la trama completa. Mi fa piacere che fino qui vi sia piaciuta e spero vi piacerà ancora in seguito. Sasuke e gli altri compariranno a poco a poco nella storia e aiuteranno il protagonista in molte occasioni.

 

Come andrà a finire? Chi avrà il sopravvento, Naruto o Kyubi? Chi si nasconde dietro Yondaime? E chi è in realtà lo stesso protagonista, Naruto o Kyubi?

Tutte le risposte nella prossima puntata non mancate mi raccomando!

 

A presto!

Genio95

 

 

 

 

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