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Era una notte
tetra, senza luna. Il fuoco. Fiamma alte circa trenta
metri e colonne di fumo nero circondavano un villaggio. Le grida strazianti
degli uomini rimbombavano entro le mura. Una battaglia, una sanguinosa
battaglia si stava svolgendo all’interno del Paese del Fuoco, precisamente nel
Villaggio della Foglia.
Il demone della
Volpe a Nove Code stava distruggendo tutto ciò che trovava sul suo cammino. Un
cammino fatto di distruzione, di odio e di rancore verso gli uomini che
l’avevano imprigionata. Kyubi, il demone, stava radendo al suolo ogni edificio,
albero o montagna che intralciava la sua strada, le bastava muovere una delle
sue nove code per provocare terremoti e inondazioni :
il paesaggio era una landa desolata, dove al posto dell’erba regnavano sovrane
le fiamme, il fumo e la distruzione.
Un uomo correvaverso uno spiazzo
dove fino a pochi minuti prima c’era un edificio, ora solo un cumulo di macerie
polverose. Per un attimo rimase paralizzato di fronte ad immagini che non si
sarebbe mai aspettato di vedere e poi lentamente si avvicinò alle macerie.
Nonostante tutto fosse andato in mille pezzi, l’Hokage riconobbe il luogo dove
si trovava, e osservò con stupore ciò che rimaneva della casa in cui aveva
vissuto per tanto tempo con sua moglie Kushina
Uzumaki.
Le macerie fumanti
erano testimoni del fatto che, qualunque cosa fosse avvenuta in quel luogo,
doveva essere stato solo qualche attimo prima che lui arrivasse lì. Improvvisamente
Minato ( il quarto Hokage) si fermò, poiché qualcosa, tra le macerie, aveva
attirato la sua attenzione. Tra suppellettili e mobili distrutti, l’Hokage vide
stagliarsi il chiaramente il bianco spettrale di una mano inerte, aperta con il
palmo rivolto verso il cielo. Non impiegò molto per comprendere di chi si
trattasse e mentre si rendeva conto di ciò, sentì materializzarsi alle proprie
spalle l’aura familiare del guerriero con cui aveva combattuto contro la Volpe
fino a poco prima. L’arrivo di Jiraia ( uno dei tre
ninja leggendari, considerati da tutti i più forti dopo l’Hokage) fu
accompagnato dallo squarcio rumoroso delle nubi nere che affollavano il cielooffuscandolo e
un’intensa pioggia iniziò a scrosciare su quel cumulo di macerie e sulle membra
stanche dei due ninja.
-Mi dispiace!-
sussurrò Jiraia all’amico.
Ma Minato non si
accorse del tuono, né della pioggia, che scorreva sulla sua pelle lavando via
il sangue, e nemmeno della presenza dell’altro ninja. Il dolore fisico che fino
a quel momento prima gli aveva quasi impedito di reggersi bene in piedi
scomparve improvvisamente, o forse la sua mente non era semplicemente in grado
di percepirlo, ora che era concentrata su un altro dolore incommensurabilmente
più forte. I suoi occhi spalancati si stringevano cercando di mettere bene a
fuoco l’immagine, ma erano coperti da un velo di lacrime trattenute a stento
non potevano fare di meglio.
-Minato- la voce di Jiraia giunse ovattata alle sue
orecchie, come proveniente da molto lontano, un mormorio privo di qualsiasi
significato, né più né meno del rumore della pioggia. Minato non riusciva a
fermare la frenesia dei pensieri che febbrilmente si facevano strada dentro di
lui. La sua casa, il luogo in cui aveva trascorso tanti momenti felici, forse
gli unici ricordi davvero belli che avesse dalla vita, era ridotta a un cumulo
di macerie fumanti. Improvvisamente balzò in avanti e corse verso quei miseri
resti, sui quali si chinò. Jiraia ebbe appena il tempo di scostarsi per
lasciarlo passare, quindi rimase immobile ad osservare i suoi movimenti che si
susseguivano senza alcun filo logico. Non ricordava di averlo mai visto tanto
sconvolto. In passato lo aveva visto affrontare i pericoli più aspri a sangue
freddo e i nemici più terribili, con una sicurezza e una calma talmente
radicate in lui da farlo apparire freddo, e adesso sembrava aver completamente
perso il controllo. Rovistava tra quelle macerie con una furia incredibile, con
una forza che non avrebbe dovuto avere, considerato tutte le ferite che aveva riportato
durante il precedente scontro con la Volpe. Ad un tratto Minato si fermò,
lasciandosi cadere dalle mani ciò che aveva appena spostato, cadde in ginocchio
sul freddo terreno bagnato dalla pioggia. Il fango schizzò sui suoi vestiti e
sul suo volto e Jiraia lo vide sollevare una mano che attirò la sua attenzione.
Lentamente, con una cieca speranza che brillava nei suoi occhi quasi a voler
rifiutare di prendere sul serio una realtà tanto crudele, Minato si portò
quella mano alle labbra e sussultò stupito nel percepirla gelida come il
ghiaccio. Estrasse completamente il corpo di Kushina
dalle macerie. Si chinò sul suo volto, cercandone il respiro, il battito del
cuore, qualunque cenno di vita in quel corpo immoto e freddo che avesse potuto
alimentare le sue false speranze. Ma nulla venne in suo soccorso, nessuna forza
consolatrice placò le urla strazianti del suo cuore e Minato sentì di non aver
provato qualcosa di tanto forte in tutta la sua vita. Il suo animo urlava
disperato, mentre il suo corpo era completamente immobile e immerso nel più
assoluto silenzio. Gli occhi continuavano a fissare le palpebre chiuse della
moglie e delle lacrime che fino a poco prima sembravano trattenute con
difficoltà con c’era alcuna traccia, Minato era talmente concentrato sull’immagine
davanti a se che aveva totalmente perso la consapevolezza di se stesso e anche
piangere era impossibile. Era come se l’anima si fosse staccata dal suo corpo,
che non aveva più alcuna reazione, come un guscio vuoto e abbandonato.
Jiraia si avvicinò
a lui lentamente, stupendosi della sua stessa cautela, e lo aggirò per poterlo
guardare negli occhi. Ma ciò che vide non gli piacque affatto. Lo sguardo del
suo compagno era spento e vacuo, privo di qualsiasi espressione, quasi che
fosse stato anche lui avvolto nel gelo della morte emanato dal cadavere
immobile nel suo grembo. Era sicuramente meglio la furia folle del
combattimento avvenuto poco prima a quella gelida immobilità.
Jiraia capì che
doveva fare qualcosa per richiamarlo dallo stato di torpore in cui la vista di
quel corpo privo di vita lo aveva gettato e lo chiamò per nome ancora una
volta. Udire pronunciare il proprio nome da quella distanza ravvicinata sembrò
finalmente scuotere Minato, che sollevò leggermente il capo e incontrò lo
sguardo di Jiraia. E il repentino cambio di espressione sul suo volto fece
istantaneamente capire al ninja leggendario ciò che sarebbe accaduto di li a poco. Una furia omicida e vendicatrice brillava negli
occhi azzurro-ghiaccio del quarto Hokage che iniziò a tremare incontrollabilmente.
Talmente immerso
nel suo dolore, nella sua sofferenza e nella sua furia omicida che non si
accorse di una voce flebile, appena udibile, in quelle urla strazianti del suo
cuore. In uno stato di incoscienza Minato seguì quella voce, che poco a poco si
trasformò in un pianto, un pianto lieve, di un bambino.
Quasi del tutto
sepolto tra le macerie un bambino piangeva e urlava, aspettando qualcuno che lo
sentisse. Minato guardò la piccola creatura, da poco venuta al mondo e già
testimone di una disgrazia. Il quarto Hokage prese tra
le braccia il piccolo fagotto in cui era stato avvolto il bambino e subito notò
un’impressionante somiglianza: avevano gli stessi occhi azzurro-ghiaccio e gli
stessi capelli ribelli biondo-paglia. Si ricordò improvvisamente che sua moglie
era incinta, avrebbe partorito di lì a pochi giorni.
Un grido. Un grido
di dolore. Lontano. Fiamme. La Volpe era tornata all’attacco. Prese
delicatamente il corpo inerme e senza vita dell’amata moglie e il neonato e li
portò con se.
-Ti vendicherò Kushina!- con queste parole il quarto Hokage depositò il
cadavere della moglie in un luogo sicuro e andò a cercare la Volpe.
Lo so è molto
triste ma non so come ho trovato questa fic
seppellita nel mio computer e ho pensato di pubblicarla.
Il demone della
Volpe a Nove Code devastava incontrastato il Paese del Fuoco. Nel corso della
grande guerra dei Ninja erano ricercate delle bestie note con il nome di Bijuu. Il nome viene loro affibbiato in base alle code che
posseggono, esistono in totale nove bestie con code appunto da uno a dieci. Chiunque
le voleva per se per acquisire il loro immenso potere, ciò nonostante queste
bestie non possono essere controllate da nessun essere umano.
I demoni rispondevano
ai nomi di: Tanuki, Gatto, Tartaruga, Gallo, Lupo, Donnola, Tasso, Volpe e
Serpente. Erano dispersi per i Paesi ninja distruggendo tutto ciò che
incontravano. Ma Kyubi, possedendo più code, era la più forte, la regina
incontrastata dei demoni, non esisteva metodo o tecnica per fermarla, tranne
una, una tecnica proibita, pericolosissima e con molti
probabilità di fallimento.
Minato Namizake
correva quanto più veloce le sue ferite glielo permettevano, voleva trovare
l’assassino di sua moglie, e lo spietato essere che aveva lasciato suo foglio
senza una madre.
Arrivato in prossimità del luogo dive si trovava Kyubi lo spettacolo
che gli si presentò davanti non fu per niente rassicurante, anzi sembrava che
l’inferno fosse piombato su un meraviglioso paesaggio trasformandolo una landa
desolata, circondata da fuoco e da lei, dalla Volpe che regnava sovrana nel suo
“paradiso” di caos e terrore.
-Come hai potuto
fare questo…per colpire me te la sei presa con lei…- la voce di Minato era
tremante ma minacciosa.
-Ah si? Bè..- ma lui non la lasciò parlare e proseguì a denti stretti,
sollevandosi in piedi e continuando a fissarla con uno sguardo che il demone
non aveva mai visto.
-Ti ho perdonato
tutto…tutte le tue sciocchezze, azioni dettate dall’orgoglio e dalla bramosia
di potere…mi sono illuso che prima o poi saresti cambiata, che ci fosse in te
qualcosa di buono, che meritassi un’altra possibilità…ma mi sono sbagliato,
avrei dovuto lasciare che i miei uomini ti uccidessero fin dalla prima volta
che hai messo piede in questo Villaggio, debole e inerme! Ma adesso…- Minato
urlò e lasciò divampare la propria aura mentre l’odio per la Volpe si
impossessava di lui- adesso rimedierò al mio errore!-
-Gueeeeeee!- il pianto del bambino si perse nel vuoto
e non ricevette alcuna risposta. Il padre era lontano da lì. Il piccolo
invocava a gran voce l’attenzione di qualcuno quando un membro della squadra
speciale AMBU lo vide, e riconoscendo i lineamenti del quarto Hokage decise di
portarlo da lui.
-Questo è tutto ciò che sapresti fare?- la Volpe
schivava con facilità i pugni e i calci sferrati dal proprio avversario e orami
aveva capito che al quarto Hokage non rimanevano ancora molte energie. Lui, dal
canto suo, si scopriva irritato anche in un momento come quello per la
supremazia fisica della Volpe su di lui, nonostante i ripetuti scontri con i
ninja della Foglia. Pur rendendosi conto che la forza dell’avversario derivava
da una collera inimmaginabile verso tutti coloro che l’avevano rinchiusa e
l’avevano costretta a una vita fatti di stenti e
sofferenze, il suo orgoglio continuava a pulsare irrefrenabile nel suo cervello
e non gli permetteva di arrendesi alla superiorità della Volpe. Continuava a
ripetersi ostinatamente che lui non doveva assolutamente rassegnarsi di fronte
a colei che lo aveva privato della presenza e dell’amore della moglie, anzi
solo il pensiero che qualcuno credesse che lui era capace
di un gesto tanto vile lo feriva profondamente. Minato lottava con tutte le
proprie forze ma senza benché minima strategia, colpendo all’impazzata e senza
alcun criterio.
“Questo non è il
suo modo di combattere!” pensò la Volpe, le sembrava quasi che Minato non la
vedesse nemmeno, anche se tentava in tutti i modi di colpirla. E in effetti Minato aveva una sola immagine dinanzi a sé, e
cioè quella della moglie che si stagliava nella notte coi capelli sciolti al vento.
L’ultima volta che l’aveva vista. L’aveva salutata con un semplice gesto della
mano, senza nemmeno toccarla per l’ultima volta, ed era volato via, incurante
di ciò che lei potesse desiderare. Non era stato presente nel momento in cui Kushina aveva più bisogno di lui, anzi aveva permesso alla
Volpe di andarsene del luogo del loro precedente scontro e così le aveva
permesso di farle del male.
Alla fine, pensava
Minato, la sua ingenuità, il suo unico punto debole, aveva ucciso la donna che
amava.
Finalmente un
colpo andò a segno e la Volpe andò a sbattere contro il tronco di un albero.
Minato si avvicinò per colpirla di nuovo, ma Kyubi fu
velocissima e con una delle nove code lo mise al tappeto.
Minato non aveva
scelta, non poteva fare altro che usare la tecnica proibita: il Sigillo del Diavolo
Per suo figlio
avrebbe trovato una soluzione. Ora doveva pensare a salvare il Villaggio. Il
suo Villaggio. Il suo popolo.
Minato aveva
un’abilità particolare: poteva comunicare con il pensiero. Stava cercando di
mettersi in contatto con suo fratello gemello, Yondaime, che si era trasferito
nel paese del vortice quando lui e Kushina si erano
sposati. Voleva che lo sostituisse come padre del il
piccolo bambino. Quando finalmente Minato riuscì a mettersi in contatto con suo
fratello gli chiese di venire subito nel Villaggio della Foglia.
Era troppo tardi
per qualsiasi saluto, qualsiasi addio. La Volpe si era accorta che il quarto
Hokage stava eseguendo la mossa che l’avrebbe portata all’altro mondo. Il demone, digrignò le terribili zanne, affilate e sporche di
sangue. Il sangue dei ninja della Foglia, che avevano dato la vita per
proteggere ciò che amavano. Ma stavano per essere vendicati. La morte di un
uomo e la sofferenza eterna di suo figlio avrebbero permesso alla Foglia di
tornare a splendere.
Minato cominciò a
fare dei movimenti con le mani, i movimenti che gli avrebbero permesso mettere
fine a quell’incubo, i movimenti che avrebbero evocato il Sigillo del Diavolo.
Kyubi non ebbe il
tempo di contrattaccare quando una mano putrida gli afferrò l’anima, tirandola
fuori dal suo corpo. Minato si rese conto che non aveva abbastanza forze per imprigionare il demone il se stesso, e per portarlo con
se all’altro mondo.
Allora decise
compiere un altro sacrificio che avrebbe cambiato per sempre la vita del
villaggio e di suo figlio. La decisione era presa. Non poteva tornare indietro.
Guardò suo figlio, un bambino che non aveva colpa delle sofferenze che avrebbe
patito e che sarebbe stato emarginato da tutti per sempre.
Minato voleva
sigillare lo spirito della Volpe a Nove Code dentro l’ombelico di suo figlio.
- E’ giunta la tua
ora, Kyubi!-
Con l’ultimo gesto
il Sigillo del Diavolo strappo via l’anima alla Volpe sigillandola
nell’ombelico del neonato e portò con se anche quella di Minato che urlò al bambino:
-Naruto, piccolo mio,
abbi cura del tuo villaggio e del tuo popolo!- con queste parole Minato
espresse al mondo la sua volontà: suo figlio doveva essere considerato da tutti
un eroe per aver salvato il Villaggio dalla Volpe, ma non fu così.
Quel 10 ottobre fu
ricordato in eterno come il giorno della scomparsa del quarto Hokage, di sua
moglie Kushina, della Volpe a Nove Code, e l’inizio
della difficile esistenza del piccolo Naruto.
Ringrazio di cuore
Cleo92, franky94 e Neko per aver recensito spero che questo
capitolo vi sia piaciuto, mi raccomando continuate così. Ringrazio anche Cleo92,
lucialair e Targul per aver inserito questa fic
tra i preferiti.
Una settimana dopo
il disastro arrivò al Villaggio della Foglia il fratello di Minato,si presentò al terzo Hokage ( che aveva preso il posto del
quarto Hokage dopo la sua morte) come fratello gemello di Minato di nome
Yondaime, che si era trasferito nel Paese del Vortice dopo che suo fratello
aveva sposato Kushina.
Yondaime si
dimostrò subito restio a fare da padre al bambino della Volpe, però era
l’ultimo desiderio di suo fratello e se non l’avrebbe ascoltato la maggior
parte della popolazione di Konoha l’avrebbe visto come un “traditore” e questo
avrebbe danneggiato i suoi contatti finanziari con i più illustri personaggi
economici di Konoha. In giro dava a vedere di andare d’accordo con il piccolo Naruto,
ma alle sue spalle tramava per sbarazzarsi di quel “mostro”e di impossessarsi
del titolo di Hokage.
Yondaime cercava
di passare più tempo possibile fuori di casa, sbrigando servizi e compilando
scartoffie.
Ma questo non
bastava, Naruto era piccolo e aveva bisogno di una persona accanto. Non poteva
lasciare un neonato solo a casa per una giornata intera.
Allora cominciò a
portarlo a lavoro, facendolo dormire su cumuli di rotoli di pergamena ecircondandosi con
biberon vuoti o pieni di latte freddo e scadente.
Yondaime trattava
duramente e con poco affetto il bambino che giorno dopo giorno, settimana dopo
settimana, mese dopo mese, cominciava a sentirsi solo e abbandonato.
Naruto cresceva in
fretta, disse la prima parola a otto mesi e non era “papà”, ma “mamma” anche se
non l’aveva mai sentita pronunciare, ce l’aveva nel sangue, l’affetto della
madre.
A un anno cominciò
a camminare e, essendo tenuto poco sotto controllo da Yondaime, rischiava
spesso di cadere dalle scale o di inciampare nei rotoli disseminati per casa.
Con il susseguirsi
dei mesi Yondaime dedicava sempre meno tempo a Naruto, che sentendosi più solo
ogni minuto che passava, cominciò a architettare il modo di attirare su di se
l’attenzione del “finto” padre e del villaggio.
A tre anni aveva preso
l’abitudine di nascondere la maschera della squadra AMBU a Yondaime che con la
sua insuperabile dote di attore, faceva finta di non arrabbiarsi, ma dentro di
lui ribolliva l’odio per il bambino della Volpe e cresceva ogni giorno di più,
e man mano che il suo odio cresceva aumentava anche la sua bramosia si potere.
Scusate se il
capitolo non è all’altezza degli altri ma oggi con la scuola abbiamo cominciato
il torneo di calcetto e dopo la disfatta 5-2 la fantasia e la voglia di
scrivere mi è un tantino passata, ma sono sicura che
con le vostre recensioni mi torneranno e sarò pronta per stupirvi. Comunque questo
capitolo mi serve da collegamento per il prossimo e vi assicuro che d’ora in
poi le cose si faranno un po’ più emozionanti e si susseguiranno incontri,
scoperte, delusioni, piani malefici e tanto altro ancora. Spero di avervi incuriosito almeno un po’. Commentate in numerosi.
Cleo92: sono
contenta che la mia trovata ti sia piaciuta, non mi chiamerei Genio95 se non
fossi geniale! Mi raccomando continua a recensire.
franky94: Grazie per il commento e in futuro vedrò
di dare più spazio anche al combattimento. Lo scorso capitolo l’ho scritto
mentre vedevo dragonball e in quel cartone un
combattimento è fatto solo di ricordi, emozioni, ecc. e mi sono lasciata un
tantino influenzare. Comunque non ti preoccupare. Continua a recensire.
Erano passarti da
poco cinque anni dal disgraziato giorno in cui il quarto Hokage sacrificò la
sua vita per liberare il Villaggio dal demone della Volpe a Nove Code.
Naruto era uscito
di casa e scorrazzava per le vie del Villaggio, infastidendo gli anziani che
cercavano un po’ di pace e tranquillità. D’altronde ogni cosa che faceva Naruto
era reputata esagerata o uno scherzo di cattivo gusto. La gente odiava quel bambino anche se non gli aveva fatto niente di male; lo
temevano, avevano il terrore che una forte emozione avrebbe rotto il sigillo e
Kyubi sarebbe tornato, e stavolta per restare. Il piccolo non riusciva ancora a
capire perché tutti lo sgridavano e lo allontanavano, ma sentiva un vuoto nel
cuore, un vuoto che faceva male. Non un dolore fisico ma un dolore che veniva
dal profondo, dall’anima.
Anche Sasuke,
figlio del capo del clan Uchiha ( uno dei più forti e prestigiosi clan del
Villaggio, nonché membri della Polizia, il cui simbolo è il ventaglio del clan
Uchiha racchiuso in una stella) era uscito di casa e stava allegramente
passeggiando per le strade di Konoha sotto lo sguardo vigile del suo fratellone
Itachi, cinque anni più grande di lui.
L’Uchiha stava passeggiando
lungo il ponte ovest del Villaggio quando, ad un tratto uno scapestrato Naruto
arrivò di corsa, lo urtò e lo fece finire a capofitto del fiume sottostante.
Mentre l’artefice
della malefatta rideva e sghignazzava, orgoglioso del suo capolavoro di
cattiveria, il povero Sasuke annaspando e agitando furiosamente le braccia si
trascinò faticosamente a riva urlando:
-Ma che sei scemo?
Potevo affogare?-
-Tze! Non son affari che mi riguardano!-
-Guarda che chiamo
il mio fratellone e così lui chiama papà e poi lui ti picchia!-
-Chiama chi vuoi
non me ne importa niente!-
-Chi saresti tu
per dire certe cose?-
-Narutouzumaki! E tu,
chi sei per contraddirmi?- Naruto era abituato a vivere in un mondo dove esisteva
solo lui, dove decideva lui cosa, quando, dove, perché e con chi fare un
determinato gioco.
-Sasuke Uchiha! Il mio clan è il più rispettato e
il più famoso del Villaggio!-
-Ah si? Mai
sentito nominare!-
Le urla dei due
bambini avevano attirato l’attenzione di Itachi che provvedèsubito a chiamare
suo padre e Yondaime che corsero immediatamente a separare i bambini. Il padre
di Sasuke non voleva che suo figlio intrattenesse certe amicizie e Yondaime non
voleva crearsi altre antipatie in un Villaggio dove tutti ce l’avevano con il
suo “falso” figlio.
A casa Yondaime
stava rimproverando Naruto:
-Mi spieghi il
sacrosanto motivo per cui ti metti a litigare con il figlio del capo del clan
Uchiha? Vuoi che nessuno ci rivolga più la parola? Se è questo che vuoi la
porta di casa è aperta e te ne puoi andare! Non ho bisogno di un figlio che mi
faccia perdere anche i pochi contatti finanziari che ho!-
-E’ stato lui a
provocarmi! E poi con me non ci parla nessuno! Non me ne importa niente dei
tuoi contatti!-
-Questa è troppo!
Non ti sopporto più! E ora che impari che cos’è il rispetto!- urlò Yondaime
dando un sonoro e doloroso schiaffone al bambino facendolo volare dall’altra
parte della stanza.
Naruto rialzandosi
a fatica e con il sangue che gli colava copiosamente dal labbro inferiore urlò
al padre:
-Ti odio! Non
voglio più avere niente a che fare con te! Sparisci dalla mia vita!- e con
queste parole scappo di casa dando uno spintone a Yondaime.
Scusate se non
rispondo alle recensioni ma vado di fretta. Ringrazio tutti quelli che hanno
letto e recensito, mi raccomando continuate così. Spero che questo capitolo vi
piaccia.
Naruto stava
camminando per le strade di Konoha prendendo a calci un sassolino. Era scappato
di casa. Non sapeva cosa fare o dove andare. Ad un tratto sentì dei passi
dietro di se. Non fece in tempo a girarsi che due mani possenti lo afferrarono,
tappandogli la bocca con un fazzoletto umido. Poi più niente.
Tre ore più tardi
Naruto si svegliò in una stanza spoglia, seduto sul letto, unico arredo, con un
mal di testa impressionate. Si alzò e nel suo campo visivo entrò il viso di
Yondaime.
- Ti sei
svegliato?Bene allora chiariamo questa
faccenda!- allo sguardo interrogativo di Naruto, Yondaime continuò – e bene che
ti spieghi come stanno le cose dall’inizio. Circa cinque anni fa, come sai, il
demone della Volpe a Nove Code attaccò il villaggio della foglia. Fu una lunga
battaglia in cui persero la vita moltissimi ninja. Durante un attacco del
demone fu distrutta una palazzina, dove, come sai, tua madre morì mentre venivi
al mondo-
Naruto non capiva
perché Yondaime gli stesse raccontando quelle cose,
non capiva perché si riferiva a sua moglie con un tono dispregiativo
definendola “sua madre” e non capiva cosa ci facesse in quella stanza. Naruto,
della notte della sua nascita, sapeva solamente che durante un attacco della
Volpe sua madre morì mentre lui veniva al mondo. Non sospettava minimamente che
quello che aveva di fronte non era suo padre ma il suo gemello cattivo che
aveva accettato di essere il suo tutore solo per arricchirsi e che adesso, non
sopportando più la situazione e l’impertinenza del bambino aveva deciso di
raccontargli tutto.
- Quello che non
sai è che tua madre era la moglie del quarto Hokage e che lui, per vendicare la
morte dell’amata moglie, decise di sigillare il demone della Volpe ne tuo corpo!-
- Cosa?-
- Hai sentito bene,
quella specie di tatuaggio che hai sulla pancia è il simbolo del Sigillo del
Diavolo che tuo padre, il quarto Hokage Minato Namizake, ti ha impresso prima
di morire.-
- Questo significa
che…-
- Questo significa
che io non sono tuo padre, grazie al cielo, sono tuo zio, il fratello gemello
di tuo padre, trasferitosi nel paese del vortice, dove viveva tua madre prima
di incontrare mio fratello, dopo il loro matrimonio. Il terzo Hokage mi ha
supplicato di non dirti niente per paura che lo shock avrebbe rotto il sigillo
e riportato Kyubi tra noi.-
Naruto fissava con
gli occhi sbarrati Yondaime, lui era figlio del quarto Hokage, ancora stentava
a crederci. Suo padre e sua madre erano morti e lui era stato affidato alla
crudeltà dell’uomo che aveva di fronte. Ora si spiegava perché tutti al
villaggio lo guardavano storto e borbottavano sottovoce ogni volta che lui
passavo, ecco perché nessuno voleva mai giocare con lui, perché nessuno gli si
avvicinava mai, ecco perché tutti avevano paura. Man mano la consapevolezza gli
piombò sulle spalle, che non riuscirono a reggere un tale peso.
- Mi dispiace, ma
ora non posso lasciarti continuare a vivere la tua spensierata vita! Ora ti
devo uccidere! Ma nessuno lo saprà mai, perché io me ne andrò stanotte stessa e
a nessuno importerà se il bambino della Volpe non si trova più, oppure, per la
felicità di tutto il villaggio, è morto! MUHAHAHAHHAHAHAHA!!!!!!!!!!!!!!!!!-
Una sottile aura
rossa stava cominciando ad avvolgere l’esile corpicino di Naruto. Yondaime, una
volta notata l’aura, decise che era meglio non correre
rischi e non permettere a Kyubi di rompere il sigillo. Prese i sottili polsi
del bambino e li legò a delle catene appese al muro, che Naruto prima non aveva
notato.
- Qui sotto ti
portai sfuriare quanto vuoi, mai nessuno ti sentirà, siamo sotto il monte degli
Hokage!-
Yondaime, una
volta legato il bambino, piazzò una carta bomba.
- Adesso non ti
puoi muovere! Se anche riuscissi a slegarti, sei circondato da carta bombe che
esploderebbero e tu salteresti in aria! MUHAHAHAHHA!-
L’aura intorno a
Naruto aumentò fino a diventare una seconda pelle rossa e incandescente, le
pupille si assottigliarono, gli occhi da azzurro cielo divennero rosso sangue e
le unghie e i baffi divennero più evidenti. Le braccia e le gambe si ingrossarono
e i capelli si alzarono ritti sulla sua testa. Yondaime fissava sconcertato la
trasformazione di Naruto e, saggiamente, decise di squagliarsela e di lasciare
il piccolo al proprio destino.
Nel momento in cui
Yondaime aprì la porta, Naruto ruppe le catene e Kyubi si impossessò del
bambino.
Naruto era furioso
con Yondaime per averlo maltrattato per cinque anni senza dirgli niente, era
furioso con suo padre perché aveva segnato per sempre la sua vita, era furioso
con tutto il villaggio per avercela con lui e per averlo smesso di distinguere
dal demone. Ma ora non c’era più Naruto, c’era solo Kyubi.
Con un boato e
un’esplosione dell’aura rossa Kyubi fece saltare tutte le
carta bomba e lentamente uscì da quella tetra stanza e, finalmente, dopo
cinque anni di prigionia, tornò libera. Guardò il sole, quanto tempo era che
non sentiva il suo calore sulla pelle, quanto tempo era che non vedeva più il
cielo. E ora sotto quel bellissimo cielo indaco, mentre cominciava a tramontare
il sole, si sarebbe compiuta la sua vendetta. L’avrebbe fatta pagare a tutti
quelli che l’avevano imprigionata e costretta ad una misera vita come parassita
in un moccioso frignone. Si, quel giorno sarebbe stato
il suo giorno. Il giorno di cui tutti si sarebbero ricordati. Il giorno della
sua vedetta. E lentamente, barcollando, si avviò verso il villaggio.
Il terzo Hokage,
nel suo studio, sobbalzò all’improvviso. Aveva sentito una forza enorme,
mostruosa che non sentiva da tanto tempo, che non avrebbe mai voluto sentire, che
sperava non appartenesse a chi credeva. Pregava con tutto se stesso che Kyubi
non avesse rotto il sigillo.
Scusate per il
ritardo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, perché è da qui che la storia
comincia a prendere forma e a delineare la trama completa. Mi fa piacere che
fino qui vi sia piaciuta e spero vi piacerà ancora in seguito. Sasuke e gli
altri compariranno a poco a poco nella storia e aiuteranno il protagonista in
molte occasioni.
Come andrà a
finire? Chi avrà il sopravvento, Naruto o Kyubi? Chi si nasconde dietro
Yondaime? E chi è in realtà lo stesso protagonista, Naruto o Kyubi?
Tutte le risposte
nella prossima puntata non mancate mi raccomando!