Un
polveroso mercoledì pomeriggio di mezzo Ottobre, Lezione di
Trasfigurazione.
In
fondo all’aula buia, dove risiede tradizionalmente
l’onorevole compagnia dei Malandrini,
il puntaspilli di Sirius sta combattendo una feroce battaglia contro
quello di James, un trionfo di rosso e oro pronto a sacrificare
metà dei suoi aculei per la Nobile Causa.
Dall’altra parte del tavolo, al sicuro sotto il riparo
offerto da una piuma d’aquila ignobilmente mangiucchiata, il
porcospino di Peter (che è fuggito via terrorizzato appena
l’ha visto agitare la bacchetta) scuote frenetico i pugnetti
ogni volta che la Diavoleria Potteriana mette a segno un colpo. Remus
ha la netta impressione che la bestiolina sia di parte, ma del resto,
ad essere completamente onesto, non riesce a ricordare una sola volta
in cui Peter - il buon Peter - non si sia schierato con
l’eccentrico campione di stronzate che risponde al nome di James
Potter.
“Stai
perdendo colpi, compare,” sta dicendo Sirius, la lingua tra i
denti - apatico, superiore e quasi
completamente
criminale. “Diciassette caccabombe, insomma. Puoi fare di
meglio.”
“Non
dirmi cosa posso o non posso fare, Black
-” replica James, troppo impegnato a schivare uno spillo per
rendersi conto che sta rovinosamente perdendo la guerra.
Remus
getta un’occhiata furtiva dal suo modesto, immobile,
ma perfettamente trasfigurato puntaspilli, e per un attimo si chiede
cosa ci sia per cena. Spera tacchino, davvero,
perché gli piace davvero
tanto il tacchino e lui non ha davvero
appena sentito Sirius pronunciare le parole
“diciassette” e “caccabombe”
nella stessa frase, davvero,
no.
Alla
sua sinistra Peter, che nemmeno sta provando a convincere il suo
porcospino a fargli da cavia, troppo distratto, forse, dallo scontro
sanguinolento che sta cominciando a far girare un po’ troppe
teste dalla loro parte, saltella e dice, a voce un po’ troppo
alta: “Oi, James, ti ricordi quella volta in cui Moony ti ha
sfidato a lanciarti dalla Torre di Astronomia in mutande e tu
l’hai fatto per davvero e poi sei rimasto in infermeria per
una settimana e poi hai detto a Madama Pomfrey che era una prova
d’amore?”
“Io
non ho -” Il petto di Remus sotto la spilla si gonfia di
offesa e Altri Sentimenti Da Prefetto. “Io non l’ho
sfidato a fare proprio niente. Ho solo detto ‘James, per
favore, non gettarti dalla Torre di Astronomia in mutande per fare
colpo sulla Evans’.”
“Un
tragico errore alla base della comunicazione, Moony, se vuoi la mia
opinione.”
“No,
non la voglio, grazie, Sirius. Il tuo puntaspilli sta sputando
fuoco.”
“Lo
so, non è fantastico?
E guarda cos’altro può fare -”
Ma
poi qualcosa - un presto
qualcuno - emette un suono dolorosamente affine al miagolante rintocco
delle campane della Morte, e Remus sa, all’istante e con una
precisione che francamente trova sconcertante, che le cose stanno per
mettersi Male.
“SIGNOR
PETTIGREW!”
Peter
ha appena pestato la coda alla McGonagall - o meglio: Peter, nel
tentativo di schivare un aculeo infuocato sparato a tutta forza dal
puntaspilli da guerra di Sirius (che nel frattempo esulta
perché il poveretto è stato beccato in pieno e
adesso la sua cravatta va a fuoco), muovendosi con la grazia che da
sempre lo contraddistingue, e cioè quella di un elefante
particolarmente goffo in un negozio di cristalleria babbana,
è inciampato all’indietro e ha pestato la coda al
gatto dall’aria più austera e composta del mondo
che, coincidenza curiosa quanto funesta, trova forma umana in Minerva
McGonagall, Professoressa di Trasfigurazione nonché
Vicepreside e Capo della Casa di Grifondoro.
Sirius,
dietro di lei, mezzo in piedi sulla panca e con
un’espressione di giubilo facilmente riconducibile alla sua
lampante infermità mentale, sta cercando di comunicare a
gesti con James, ancora seduto, tutto occhiali e guance gonfie di una
risata che farebbe davvero
meglio a trattenere.
Remus,
per quanto fondamentalmente innocuo in situazioni come la presente -
tornerà utile dopo, lui, il Prefetto,
quando ci sarà bisogno di testimoniare, quando
sarà costretto a mentire per salvare i suoi amici da un
destino di crudele ed eterna punizione nei sotterranei del castello -
viene messo a tacere da un dito imperioso del giovane, affascinante,
irriverente, dis-erede
Black.
“Professoressa!”
esclama questo con fare urgente, e poi - come succede solo nei miracoli
o quando c’è di mezzo il tragicomico duetto
Potter-Black - la McGonagall si lascia distrarre e, seppure vagamente
riluttante, fa dono al giovane, affascinante, irriverente, dis-erede
Black, di un’occhiata totalmente insensibile che tuttavia
permetterà a James di 1) far sparire i puntaspilli
incriminanti e 2) estinguere il piccolo incendio che ha preso luogo
sulla cravatta di Peter e che si sta rapidamente estendendo anche al
resto della sua divisa.
Un
lavoro molto ben fatto, concede Remus, anche se la camicia di Peter
adesso gli sembra più larga di almeno quattro taglie, e non
è nemmeno interamente sicuro che sia a causa di un errore di
calcolo nell’incantesimo di James.
“Mentre
devo ammettere che la trovo, erm, favolosa
nel suo nuovo completo di tartan,” sta dicendo Sirius,
intanto, tutto battiti di ciglia e una mano sul cuore per buona scena,
“mi rincresce comunque significarle che la sua forma felina
mi ha quasi fatto prendere un infarto, oh, povero me. Coronarie deboli,
vede - un difetto di famiglia dovuto sicuramente alla sua tradizione orrendamente
incestuosa.”
Gli
angoli esterni della linea perfettamente dritta della labbra della
McGonagall sono minacciati, anche se solo per una minuscola frazione di
secondo, da un fremito di oscuro - e assolutamente inappropriato -
divertimento.
“Signor
Black,” sbotta piuttosto seccamente, riprendendosi in fretta.
“La sua salute cardiaca non potrebbe starmi meno a cuore. Per
quanto riguarda la sua tecnica adulativa, invece, le consiglio
calorosamente di mettersi al passo: io sono sempre
favolosa.”
Sirius
ha il coraggio di fingersi educatamente offeso, se non segretamente
ammirato, ma non quello di spingersi oltre con le parole.
Dall’altra parte del tavolo James, ora apparentemente
indaffarato a lisciarsi le pieghe della camicia, è diventato
di una sgradevole tonalità di viola per lo sforzo di
trattenere le risate. Probabilmente ha anche qualche costola rotta.
Forse
alla ricerca di conferma alla follia divagante, o forse solo per
vendetta, la McGonagall rivolge nuovamente la sua attenzione a Peter,
altrimenti impegnato a sparire tra le scapole di James.
“Signor
Pettigrew,” soffia, proprio come un dannatissimo
gatto. “Le dispiacerebbe dirmi perché il suo
porcospino non è ancora diventato un puntaspilli?”
Peter,
che a questo punto è rimpicciolito al punto da sembrare
più giovane di almeno cinque anni, fa spallucce e poi dice,
con finta convinzione: “il mio porcospino è immune
alla Trasfigurazione, Professoressa. Ah. Erm, non volevo pestarle la
coda, comunque - cioè, pestare la coda al suo gatto -
cioè, a lei. Gatto-lei.
Erm.”
“Il
suo porcospino - il suo porcospino è immune
alla
Trasfigurazione.”
“Erm.
Già. Le fa ancora male la coda? Cioè, voglio
dire, mi dispiace.”
James
tossisce vigorosamente, così Sirius gli dà una
bella pacca sulle spalle e quasi lo manda a cozzare con la testa sul
tavolo. Peter è sinistramente compiaciuto, tutto gonfio in
petto e un po’ più dritto sulle spalle. Il resto
della classe ha smesso di prestare loro attenzione perché
qualche tavolo più in là Frank Longbottom sta
facendo ballare il tip-tap al suo puntaspilli dorato.
Remus
è quasi completamente sicuro che siano tutti pazzi. La
McGonagall sembra concordare con lui.
“Signor
Lupin,” (il suo nome sembra quasi una preghiera)
“gradirebbe mettermi al corrente sugli sviluppi di questa
incresciosa e, francamente, inutile faccenda?”
Adesso,
Remus è molte cose, tra cui anche alcune pelose e con un
sacco di zanne cattive, ma soprattutto è un Menzognero
Collaudato. Parte di lui sospetta che sia colpa - o merito - del Lupo,
l’altra invece è felice di scaricare il fardello
alla cattiva, cattivissima compagnia che tiene fin dal suo primo anno
ad Hogwarts.
La
cosa non gli dispiace tanto quanto dovrebbe, a dire il vero.
“Peter
ha avuto difficoltà con il suo porcospino,
Professoressa,” spiega, ragionevole, cercando con tutte le
sue forze di ignorare Sirius, che adesso sta ballando il tip-tap
insieme a Frank e al puntaspilli. “James stava cercando di
aiutarlo quando, ehm, il porcospino li ha morsi. Una bestiolina piena
di rancore, vede.”
“Già,
Professoressa,” interviene James, la sicurezza tipica di un
condottiero. “Anzi, le dirò - è sicura
che non si tratti di un Porcospino Mannaro? Non credo mi donerebbero
tutti quegli aculei, sa.”
Qualcosa
nella mascella della McGonagall produce uno scatto che non sfugge
all’udito sopraffino del Lupo - suona un po’ come
un “accidenti!”
dentato - ed i suoi occhi si spostano brevemente su Remus, scusandosi
silenziosamente per la generale insensibilità di quello
sciagurato del suo amico, neanche fosse colpa sua.
In
realtà la McGonagall sa
che James sa,
e quindi sa
che James sa
cosa sta dicendo e soprattutto sa
che
James non è stupido e che pertanto Remus non è
affatto offeso. In tutto questo, il porcospino ha deciso di mordere
Peter sul serio, causando una nuova ondata di panico generale che
costringe l’intero corpo di ballo del Quinto Anno (ora
composto da Sirius, Frank, Alice ed un paio di puntaspilli ribelli) ad
interrompere le danze.
Sirius,
che esibisce una coroncina di puntaspilli sulla testa, sembra quello
più dispiaciuto tra tutti.
“Ne
ho abbastanza,” dichiara la McGonagall dopo un instante di
sospirato silenzio. “Potter - se non la smette di essere un
ostacolo alle mie lezioni provvederò personalmente
a trasformarla in un porcospino e Black -- per l’amor del
cielo, si tolga quella cosa ridicola dalla testa. Pettigrew, due rotoli
di pergamena entro Lunedì e, oh, ringrazi il Signor Lupin se
non le tolgo più di cinque punti per la totale mancanza di
buonsenso. Il resto può andare - Longbottom, lasci stare
quel porcospino.”
Peter
e James hanno la decenza di sembrare quantomeno pentiti, o frustrati, o
frustratamente pentiti - ma Sirius, un puntaspilli ancora impigliato
tra i capelli (dovrebbe tagliarli, lo annuncia ogni Lunedì a
colazione ma poi non lo fa mai, perché in realtà
ci tiene peggio di una ragazza), Sirius si è acceso tutto di
quella luce pazza che gli dà un’aria
più intelligente del solito.
“Può
davvero trasformare James in un porcospino?” chiede,
improvvisamente all’erta - come se dietro ci fosse di
più, perché c’è sempre un
di più
dietro, quando si tratta di Sirius Orion Black. Non è il
tipo che spreca domande.
Remus
riesce quasi a vedere gli ingranaggi del suo cervello purosangue al
lavoro.
“Signor
Black, non mi costringa a metterla in punizione per il resto
dell’anno scolastico,” lo rimbecca la McGonagall,
ma non sembra troppo convinta. Forse la luce della pazzia
l’ha contagiata, perché poi continua, con aria
cospiratoria: “a meno che lei non me lo chieda con molta, molta
gentilezza.”
Gli
ingranaggi purosangue fanno retrofront, si fermano per un secondo e poi
ripartono all’impazzata.
“Non
sono la stessa cosa,” dice Sirius, forse più ad
entrambe le metà di se stesso - una delle quali alberga
presso James Potter - che alla McGonagall, con la quale sembrerebbe
stare ancora avendo una forma di conversazione.
“Però potrebbe,
dico, potrebbe…?”
“Potrebbe,
Signor Black - e tuttavia non
potrebbe.”
“Quel
porcospino potrebbe
e non
potrebbe
essere James, insomma.”
“Potrebbe,
se il Signor Potter davvero lo fosse,
tra le altre cose.”
“Come
potrebbe
esserlo?”
“Disturbando
ancora le mie lezioni, per esempio,” sorride la McGonagall, e
Remus davvero non li segue più. Un’occhiata alla
sua destra gli conferma che anche Peter si è arreso, mentre
James sembra aver preso mentalmente nota di tutti i potrebbe
e non
potrebbe e
probabilmente sta già programmando la sua vita da porcospino.
“Ma
non può
essere -”
“Adesso,
Signor Black,” chiude secca la Professoressa, “e
sciagurati soci,” aggiunge, gettando un’occhiata
particolarmente significativa a Peter, “se non vi dispiace,
gradirei che spariste all’istante dalla mia vista. Buona
serata.”
°
° ° °
Lo
stesso polveroso mercoledì di mezzo Ottobre, ore 19:05, Sala
Comune di Grifondoro.
C’è
silenzio. Un mesto, irreale e storicamente inaccurato silenzio.
Remus
si infila un dito nell’orecchio, giusto per essere sicuro che
Sirius non abbia fatto levitare della cera al suo interno mentre lui
era distratto con i compiti di Aritmanzia, ma non ne cava fuori niente.
“Erm,”
dice, e poi si ferma, perché non sa come continuare.
Seduti
ai lati opposti del vecchio tavolo sotto alla finestra, James e Peter
si stanno sfidando in una pugnace partita a scacchi magici. Sirius, una
gamba penzoloni sul bracciolo della sua poltrona preferita (quella
grande e rossa che ha perso gran parte della sua imbottitura in seguito
alla Tradizionale Battaglia di inizio anno), sta fissando il fuoco nel
camino con un’intensità tale da suggerire che sia
stato lui ad appiccarlo, e non gli elfi domestici.
Forse
sono malati, pensa Remus. Forse si stanno lentamente consumando
dall’interno e presto i loro spiriti abbandoneranno quei
corpi innaturalmente cheti per servire come delinquenti
nell’aldilà.
“Ci
serve più tempo,” dice James
all’improvviso, una strana forza, facendo sobbalzare tutti -
sé compreso. Uno dei suoi pedoni è stato appena
fatto a pezzi dall’ultimo cavallo rimasto di Peter, che
emette un suono strozzato di vittoria e poi per sbaglio si fa fare
Scacco Matto.
“Non
abbiamo tempo,” sbotta Sirius, gli occhi ancora pieni di
fiamme - e poi, quasi come un ripensamento: “potrebbe essere
una combinazione di entrambi, però, non credi?”
“Nah,”
dice James. “C’è sicuramente
qualcos’altro di mezzo.”
“Sicuramente,”
rintocca Peter, tanto per essere sicuri.
“Erm,”
ripete Remus, perché non sa nemmeno di cosa stiano parlando.
L’ultimo
affascinante esemplare di mela marcia della Nobile ed Antichissima
Casata dei Black emette un verso di frustrazione - un
“growlrr” dal retrogusto vagamente canino
- poi tira fuori una copia della Gazzetta del Profeta e la sfoglia con
veemenza fino all’ultima pagina, dove ci sono le parole
crociate.
James
si siede sul bracciolo mezzo distrutto della sua poltrona, forse per
aiutarlo, forse solo per fornirgli consigli fraudolenti (le parole
crociate magiche hanno la sgradevole abitudine di insultare chiunque
inserisca una definizione sbagliata), quindi Sirius lo spinge via con
una gomitata, facendo segno a Remus Il Vocabolario Ambulante di
avvicinarsi, invece.
Remus
lo ignora. James è sensibilmente offeso.
“Smettila
di fartelo attorcigliare nelle mutande, Black,” sputacchia
aggiustandosi gli occhiali. “Ho già
rubato un libro dalla Sezione Proibita -”
“Io
non ho sentito niente -”
“E
sono sicuro
che ci siano delle Tu-Sai-Cosa
nella Serra della vecchia Pomona -”
“Per
favore, per favore, ditemi che non state pensando di Trasfigurare i
sotterranei in una palude sputafuoco barra
sparainsulti barra
mangiapersone.”
“Non
essere ridicolo, Remus - però, accidenti, sai che non
è per niente una cattiva idea?”
“James
- no.”
“James,
ci servono quelle foglie prima di Venerdì.”
“Posso
recuperarle domani dopo le lezioni.”
“Bene,
allora domani sia.”
“Posso
venire con te?”
“Solo
se prometti che non toccherai più la mia erba,
Peter.”
“Questa
storia ha qualcosa a che fare con quel porcospino che poteva
e non
poteva essere,
per caso?” sbotta Remus, che ormai ha lasciato perdere del
tutto il suo tema di Aritmanzia in favore di una causa ben
più nobile, ma già persa in partenza: ristabilire
il livello di sanità mentale della Compagnia.
“Potrebbe,”
lo corregge Sirius, la piuma tra i denti. “E non
potrebbe, Moony. Sii buono, aiutami con queste.”
“Che
cos’era quel teatrino con la McGonagall, prima?”
“Remus,
Remus, suvvia: tutta questa gelosia è disdicevole, cosa
penseranno gli altri? Otto verticale, sei lettere: dannoso,
deleterio.”
“Sirius.”
“Oh,
adesso sei semplicemente crudele!”
“Nocivo.
Vuoi dirmi che sta succedendo?”
“E
rovinarti così la sorpresa, darling?
Mai!”
Sirius
piega mollemente il capo sulle sue parole crociate, sillabando a voce
bassa: “nooo-ciii-vooo”.
Appollaiato alle sue spalle, testa che sbuca a malapena dallo schienale
della poltrona, James sbircia le definizioni e conta lettere invisibili
sulle dita.
Remus
considera bene le sue opzioni - che sono solo due, nonché
identiche.
In
entrambi i casi potrebbe fare appello al Lupo ed ottenere le
informazioni che vuole semplicemente minacciando Peter, che sembra un
po’ troppo compiaciuto di esser stato messo al corrente del
Piano Altrimenti Oscuro.
“Non
intendete trasformare Snape in un porcospino, vero?” chiede
alla fine, perché ha bisogno in qualche modo di questa
inutile rassicurazione.
“Oh,
Moony, certo che no,” ride James, abbandonando per un attimo
la sua conta - e Remus è contento di constatare che riesce
persino a credergli. “Sirius ha fatto una scommessa con la
McGonagall - che avrebbe, diciamo, indovinato un certo processo, per un
credito accademico. Davvero, lei non ha la minima
idea
- erm, cioè.
Odia perdere,
lo sai.”
“E
poi gli faremmo solo un favore, a Snivellus,” interviene
Sirius con fare ragionevole. “I porcospini sono carini.
Tredici orizzontale, nove lettere - ‘ha
la testa di un’aquila e il corpo di un cavallo’.”
“Ippo-”
inizia a dire Remus.
“-campo,”
conclude James, cinque dita levate nella silenziosa preghiera di non
interrompere il suo divertimento.
“Ippocampo,”
conferma Peter, dandosi un’aria di importanza.
“Ippocampo,”
ripete distrattamente Sirius, spargendo inchiostro ovunque con la sua
piuma mangiucchiata.
“I
gorgosprizzi ti hanno mangiato il cervello?!”
starnazza il Profeta, risputandogli in faccia lettera dopo lettera.
James
ha giusto il tempo di darsi il cinque da solo prima che la furia della
Nobile e Antichissima Casata dei Black si abbatta su di lui come un
cane su un osso troppo grande - e Remus per ora, magari solo
per
ora, può anche lasciare che i suoi amici si ammazzino sul
tappeto.
Dopotutto,
come si dice, domani è solo
un altro giorno.
TBC
Note
a piè di porco (oink oink):
Teoricamente
- e dico, teoricamente
- l’idea di diventare Animagi dovrebbe esser balzata alla
testa di quei tre sciamannati almeno un paio di anni prima; tuttavia,
è solo al Quinto Anno che la stessa viene perfezionata,
quindi è lì che ho deciso di piazzare
temporalmente questa storiella. Non sappiamo molto sul processo di
trasformazione in Animagus (a parte la storia della foglia di
mandragola, lol), però ricordo di aver letto da qualche
parte che in realtà dovrebbe essere una combinazione di un
Incantesimo, una forma di Trasfigurazione ed una Pozione? Boh. #JKescilaformula
Non
essendo inoltre ancora riusciti a trasformarsi e non avendo dunque idea
di che animale sarà il risultato di suddetta trasformazione,
non ha senso che James, Sirius e Peter abbiano già i loro
soprannomi (Prongs, Padfoot e Wormtail - che sono infatti legati alla
loro forma animale). Stesso non vale chiaramente per Moony, che
è un Lupo Mannaro dall’età di cinque
anni (povera stella) e al quale pertanto spetta di diritto il primo
nickname malandrino. Hurrah per Remus, Werewolf
Wolfy McWerewolf!
Ah
- ci tengo a precisare che ho preferito mantenere i nomi originali
(McGonagall = McGranitt, per chi davvero
se lo stesse chiedendo, Snivellus = Pitocchio, Piton, insomma) per
ragioni puramente affettive.
Qui
e lì potrebbero esserci degli headcanon trasformati in
parole - chiedo scusa alla comunità tumblriana, non
intendevo fare torto a nessuno, solo che un headcanon si chiama
headcanon proprio perché ti si fissa in testa. Comunque
grazie per lo spunto, ecco.
Un
ringraziamento va infine allo Shoebox Project che rimane la mamma di
tutte le fanfic e a cui voglio del bene autentico per ragioni
tutt’altro che ignote. ♥
P.S.
il titolo “Panic Station” (senza la P balbettante)
e la citazione di inizio capitolo appartengono di diritto a Matthew
Bellamy dei Muse (che è una band, e Panic Station
è una canzone, tanto per essere precisi), che se sa che ho
utilizzato qualcosa di suo senza citarlo nei credits mi farà
causa e non ci saranno pennette awabiatey che terranno. Più
o meno. ♥