Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male

di KikiWhiteFly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1. Jess/Nick, New girl. ***
Capitolo 2: *** #2. Heathcliff/Catherine, Cime tempestose. ***
Capitolo 3: *** #3. Jack/Ennis, Brokeback Mountain. ***
Capitolo 4: *** #4. Schroeder/Lucy, I Peanuts. ***
Capitolo 5: *** #5. Vash/Lily, Axis Powers Hetalia. ***
Capitolo 6: *** #6. Naoki/Kotoko, Itazura na kiss. ***
Capitolo 7: *** #7. Chuck/Sarah, Chuck. ***
Capitolo 8: *** #8. Inuyasha/Kagome, Inuyasha. ***
Capitolo 9: *** #9. Maxwell/Francesca, La tata. ***
Capitolo 10: *** #10. Chuck/Blair, Gossip Girl. ***
Capitolo 11: *** #11. Snow White/Prince Charming, Once upon a time. ***
Capitolo 12: *** #12. Emily/Victor, La sposa cadavere. ***
Capitolo 13: *** #13. Ren/Nana, Nana. ***
Capitolo 14: *** #14. Arashi/Miwako, Paradise kiss. ***
Capitolo 15: *** #15. Angelina/Vincent, Kuroshitsuji. ***
Capitolo 16: *** #16. Gerry/Holly, P.S. I love you. ***
Capitolo 17: *** #17. Clark/Lois, Smallville. ***
Capitolo 18: *** #18. Derek/Odette, L'incantesimo del lago. ***
Capitolo 19: *** #19. Derek/Meredith, Grey's Anatomy. ***
Capitolo 20: *** #20. Kamina/Yoko, Tengen Toppa Gurren Lagann. ***
Capitolo 21: *** #21. Flynn/Rapunzel, Rapunzel. ***
Capitolo 22: *** #22. Joji/Yukari, Paradise Kiss. ***
Capitolo 23: *** #23. Dharma/Greg, Dharma & Greg. ***
Capitolo 24: *** #24. Zachary Levi/Yvonne Strahovski, Cast Chuck. ***
Capitolo 25: *** #25. Booth/Bones, Bones. ***
Capitolo 26: *** #26. Cole/Phoebe, Streghe. ***
Capitolo 27: *** #27. Arima/Yukino, Le situazioni di lui e lei. ***
Capitolo 28: *** #28. Callie/Arizona, Grey's Anatomy. ***
Capitolo 29: *** #29. Akira/Midori, Non sono un angelo. ***
Capitolo 30: *** #30. Hiroki/Nowaki, Junjou Romantica. ***
Capitolo 31: *** #31. Milo/Nicole, Il cacciatore di ex. ***
Capitolo 32: *** #32. V/Evey, V per Vendetta. ***
Capitolo 33: *** #33. Shikamaru/Ino, Naruto. ***
Capitolo 34: *** #34. Zakuro/Mint, Tokyo Mew Mew. ***
Capitolo 35: *** #35. Mr Darcy/Elizabeth Bennet, Orgoglio e pregiudizio. ***
Capitolo 36: *** #36. Spike/Buffy, Buffy. ***
Capitolo 37: *** #37. Lelouch/C.C., Code Geass. ***
Capitolo 38: *** #38. Akito/Sana, Kodomo no Omocha. ***
Capitolo 39: *** #39. Haruka/Michiru, Sailor Moon. ***
Capitolo 40: *** #40. Italia/SRI, Axis Powers Hetalia. ***
Capitolo 41: *** #41. Sherlock/John, Sherlock (BBC). ***
Capitolo 42: *** #42. Bulma/Vegeta, Dragonball. ***
Capitolo 43: *** 43. Rumplestiltskin/Belle, Once upon a time. ***
Capitolo 44: *** #44. Nobu/Hachi, Nana. ***
Capitolo 45: *** #45. Henry/Lucy, 50 volte il primo bacio. ***
Capitolo 46: *** #46. Harry/Sally, Harry ti presento Sally ***
Capitolo 47: *** #47. John Smith/Pocahontas ***
Capitolo 48: *** #48. Hercules/Megara, Hercules. ***
Capitolo 49: *** #49. Usagi/Misaki, Junjou romantica. ***
Capitolo 50: *** 50. Aladdin/Jasmine, Aladdin. ***



Capitolo 1
*** #1. Jess/Nick, New girl. ***


Note: inauguro oggi questa nuova raccolta, yep. Ben cinquanta pairing, gente, scriverò di personaggi mai trattati. 
Ci saranno fan fiction ispirate a manga/anime, telefilm, libri, film ed RPF, vi avviso.
La raccolta si ispira ad una community americana: “50_lovequotes”, che ho scoperto grazie alla splendida raccolta di Feel Good Inc (click), leggetela perché è davvero meritevole. <3
E ovviamente le ho chiesto il permesso, eh. u_u
Il titolo di questa raccolta non è di mia inventiva ma è estrapolato direttamente dalla grande opera di Friedrich Nietzsche: “Al di là del bene e del male”.
Detto ciò, vi avviso che posterò flashfic oppure one-shot. La prima flash è una Jess/Nick, “New Girl”, news telefilmica che ho conosciuto grazie a Kokky. 
È proprio a lei, infatti, che è dedicata questa prima flashfic. ♥




Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



1.

«I would go anywhere to get to you, so why is it that all you have to do is smile to get to me?».


Ormai ha imparato a convivere con le stranezze di Jess, anzi, si è persino affezionato alle particolarità del suo carattere; ciò che Nick non riesce proprio a 
sopportare, invece, sono i suoi acuti improvvisi. Benché sia molto indulgente nei suoi confronti, la sua pazienza è costantemente messa alla prova: 
talvolta Jess compare di scatto e con il suo microfono sotto forma di cucchiaio, intona una melodia senza senso.

Quella mattina è diversa dalle altre, in ogni caso: non si ode la voce di Jess nell'aria ma, piuttosto, l'I-pod di Schimdt a tutto volume, un rumore 
decisamente fastidioso. Nick si versa i cereali nel latte, si gratta il capo per qualche secondo e sembra quasi sperare che, una volta chiusa l'anta del frigorifero,
Jess lo sorprenda – poiché, per qualche oscuro motivo, la ragazza prova un perverso piacere nel vederlo scattare all'istante.

Invece, l'unica persona che gli compare davanti è Schmidt: lui e le sue strane movenze, l'I-pod nelle orecchie e una ciotola di latte tra le mani. Nick lo
interrompe, più che altro è imbarazzante osservarlo, chiedendogli con finta indifferenza: «Dov'è Jess?».
Schimdt, di tutta risposta, esordisce con una espressione curiosa: «Credo che abbia trascorso la notte da Paul. Grandi passi avanti, eh, la
nostra ragazza».

Nick annuisce con il capo, poi si siede e affonda un cucchiaio nella tazza: improvvisamente gli mancano i motivetti improvvisati di Jess, il suo microfono
sotto forma di cucchiaio e, soprattutto, il modo in cui sorride di primo mattino quando fanno colazione insieme.



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Capitolo 2
*** #2. Heathcliff/Catherine, Cime tempestose. ***





Note: Heathcliff/Catherine, "Cime tempestose".

Ebbene, nonostante mi fossi promessa di non scrivere sui classici, alla fine non sono riuscita a tener fede alla mia promessa. E ci ricadrò ancora, sappiatelo, visto che scriverò una Darcy/Lizzie. Insomma, io trovo i classici perfetti e intoccabili, pur tuttavia leggendo questa frase mi è venuta in mente solo una coppia. LA coppia drammatica per eccellenza, Heathcliff e Catherine. Li amerò sempre, come mi ha "distrutta" la loro storia d'amore, non l'ha fatto nessun altro libro.

Questa storia è dedicata in maniera particolare a Black Panther, non scrivo nient'altro perché lei immagina il motivo.




Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




2.


«Kisses are like tears. The only ones that are real are the ones you can't hold back».



Heathcliff osserva l'orizzonte lontano, fin dove la vista glielo concede, meditando tra sé e sé; ben presto arriverà un'altra tempesta di neve, ormai può dirlo con certezza, se indugia con lo sguardo un po' più a largo può scorgere un puntino nero nell'aria. Poi, con il passare dei minuti, quell'invisibile granello prende forma: Heathcliff non ne è minimamente piccato, che l'uomo in lontananza sia sospinto o meno dal vorace vento invernale non è affar suo.

Il pensiero volge ancora alla sua Catherine: baratterebbe volentieri la vita di quello sconosciuto che si avvicina, o addirittura l'esistenza dei componenti della sua stessa famiglia, pur di poterla rivedere un solo istante.

«Oh, si è perso nella brughiera? Signor...».

«Lockwood».

Si odono delle voci in lontananza, Heathcliff ne è disturbato: tutto quel rumore l'ha distratto dal suo pensiero primario, da ciò che lo tiene saldamente ancorato al suolo giorno dopo giorno.

Poi, nel bel mezzo di quella bufera, scorge una presenza: una visione, forse, oppure uno scherzo che i suoi occhi gli stanno giocando. Non importa, pensa fra sé e sé, riconosce all'istante i tratti della figura, i lunghi capelli color dell'ebano, nonché il suo sorriso senza tempo; Heathcliff vorrebbe poter attraversare con il pensiero gli ostacoli che gli si pongono davanti, ne è tanto intimorito quanto emozionato.

«Aspettami Catherine», mormora fra sé e sé. «Presto saremo ancora insieme».




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Capitolo 3
*** #3. Jack/Ennis, Brokeback Mountain. ***




Note: Jack/Ennis, "Brokeback Mountain".

Prima yaoi di questa raccolta, yep! Ci saranno diverse coppie yaoi e yuri a cui sono affezionata, non potevo ignorarle in questa raccolta.

Comunque, questa storia non è collocata in un momento ben preciso: è di mia invenzione, totalmente, ho immaginato uno dei tanti incontri tra Jack ed Ennis.

Dedicata a Rota in particolare, un piccolo regalino per te, spero apprezzerai. ♥




Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




3.


«It's funny how someone can live each and every day without knowing that their existence is the reason you live».



Jack dirige lo sguardo in alto, osserva il tappeto di stelle fin dove la vista glielo consente; poi, pensa a Brokeback Mountain, alle notti trascorse in compagnia di Ennis.

Infinite sono state le stelle che hanno contato, alcuni giorni hanno atteso l'alba solo per vederle svanire, inghiottite dalle prime luci mattutine. Dopodiché giungeva il momento in cui dovevano render conto alla realtà delle stelle, dei baci dati sotto il firmamento, degli abbracci mai spezzati: non restava nient'altro che il ricordo.


«Non è il momento di pensarci», esordisce Ennis, tirandogli insù il mento.

Jack sorride, allora, di fronte al compagno è un libro aperto: Brokeback Mountain in quel periodo dell'anno è magica, sebbene le temperature polari potrebbero far pensare l'esatto contrario.

«Giusto, godiamoci la natura...», risponde Jack, dopo un lungo silenzio.

Poi, i vestiti scivolano via – una brivido freddo serpeggia improvvisamente lungo la schiena di Jack –, così Ennis è costretto a lasciar abbrustolire la loro cena sul fuoco.

«Hai ragione, Jack», mormora, prima di lasciarsi andare completamente, le risate del compagno riempiono l'aria e sembrano il rumore più bello del mondo.




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Capitolo 4
*** #4. Schroeder/Lucy, I Peanuts. ***





Note: Schroeder/Lucy, "The Peanuts".

Oh, bene, questa fan fiction è ambientata in un ipotetico futuro. Appena ho letto la frase mi sono venuti in mente loro due. <3

Inoltre, è dedicata in maniera particolare a bruciamente. Le sue storie nel fandom de "I Peanuts" sono molto più belle, eh, ma era mio dovere – nonché piacere – dedicarle una storia Schroeder/Lucy. ♥




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4.


«A little jealousy in a relationship is healthy. It's nice to know that someone is afraid to lose you».



«Quindi, me ne vado ad uno scorboraduno», dichiara Lucy van Pelt, spruzzandosi una goccia di profumo all'altezza del collo.

Schroeder la osserva dall'alto in basso, nel suo inconfondibile vestito blu, dopodiché obietta: «Ancora, Lucy? Hai diciotto anni, ormai e...».

«E tu suoni ancora i pezzi di quel Beethoven», sentenzia con fare accusatorio, mettendo le mani sui fianchi e gonfiando le guance come due palloncini.

«Lucy, non è un paragone calzante. Te ne rendi conto, vero?».

Lucy non se ne rende conto, in effetti, per il semplice fatto che lei non può avere torto. Quindi, dopo un breve sospiro, inveisce contro il povero malcapitato: «Magari ho conosciuto qualcuno».

Lucy alza un cipiglio con fare beffardo e attende pazientemente la reazione di Schroeder; quest'ultimo risponde con uno sbuffo, però, a primo acchito pare che stia trattenendo una risata liberatoria.

«No, non ci cascherò di nuovo. Stavolta risparmiami la storia del tuo finto fidanzato», replica Schroeder, ricordando il tentativo – assai poco fantasioso, peraltro – di farlo ingelosire.

Per quale ragione, poi, dovrebbe invidiare l'essere umano che avrà il coraggio di prendersi cura di Lucy van Pelt? Un individuo sicuramente disperato, per la cronaca.

«Però eri geloso», obietta Lucy, con una puntina di speranza nel timbro di voce.

«Eri tu ad insistere, Lucy».

Effettivamente, potrebbe non avere tutti i torti: aver finto una relazione, mandare delle rose rosse a se stessa quasi ogni giorno e comprare di propria iniziativa dei regali solo per attirare l'attenzione di Schroeder, forse è stata una mossa azzardata.

In ogni caso il campanello suona improvvisamente e, Lucy potrebbe quasi giurarlo, il capo di Schroeder scatta all'istante; quindi, senza troppi convenevoli, si prende la rivincita: «Beh, magari mi sta aspettando alla porta».

«E vorresti farmi credere che un uomo ti è venuto a prendere?».

Schroeder sbuffa, seppur intimamente tema di aver arguito l'intuizione; Lucy afferra il cappottino, dopodiché replica: «Geloso?».

«Spaventato», confessa Schroeder, chiedendosi quale tipo d'uomo possa avere il coraggio di presenziare ad uno scorboraduno insieme a Lucy.

La porta si apre di scatto, Schroeder alza insù il capo: sì, lo ammette, la situazione lo incuriosisce parecchio.

«Charlie Brown, entra. Schroeder ti stava aspettando...».

Lucy ridacchia sommessamente, mentre Charlie Brown oltrepassa la soglia della porta.

«Cosa?».

In quel preciso istante, Schroeder si rende conto della situazione: Lucy ha architettato quella folle situazione solo per poterla ribaltare a suo favore – beh, avrebbe dovuto aspettarselo da una scorbutica di natura.

«È bello poter avere una prova del tuo amore ogni tanto, Schroeder».

Lucy gli lancia una occhiata fulminea, sventola una mano con aria vittoriosa e chiude la porta dietro di sé: ebbene, per una volta lo ha lasciato senza parole.



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Capitolo 5
*** #5. Vash/Lily, Axis Powers Hetalia. ***




Note: Vash/Lily, "Axis Powers Hetalia".

Sfigacoppia (?) nel fandom di APH che, a mio parere, dovrebbe essere presa più in considerazione. Sono troppo bellini insieme, appena li ho visti mi sono innamorata di loro. E, sì, me ne rendo conto... sto fangirlando un incesto, uhm, ma sono amore. ç//ç




Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



5.


«Find someone who will stay awake just to watch you sleep».



Vash rientra di notte fonda, dopo estenuanti mesi di duro combattimento: il soldato preme la mano sul fianco, le ferite sembrano essersi quasi rimarginate ma non può dire la stessa cosa per le fitte di dolore.

Lily non dovrà mai saperne nulla, in ogni caso: se solo vedesse il suo corpo massacrato in battaglia, benché fasciato da garze, si preoccuperebbe e, conoscendo la sua spiccata sensibilità, non si tratterebbe da un pianto liberatorio.

La verità è che Vash potrebbe sopportare qualsiasi sofferenza sul campo di battaglia, nulla in confronto alle lacrime che Lily potrebbe versare per lui.

Quindi si dirige verso il salone principale, il suo sguardo si rivolge verso la tavola imbandita: Vash vorrebbe quasi sorridere, se solo non fosse in presenza dei suoi servitori.

«La signorina ha voluto lasciarle qualcosa, come ogni sera».

Vash addolcisce l'espressione, ancor più quando scorge la figura della sorella accanto al camino, pare che si sia addormentata sulla poltrona; poggia una mano sulla sua nuca, allora, si siede accanto a lei e la osserva con attenzione.

In qualche modo, il suo dolore si attenua un po' – che Lily sia la cura di tutti i suoi mali?




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Capitolo 6
*** #6. Naoki/Kotoko, Itazura na kiss. ***





Note: Naoki/Kotoko, "Itazura na kiss".

Una delle coppie che mi ha più ossessionata, non smetterò mai di dire quanto questo manga/anime/drama sia meritevole sotto ogni punto di vista: sono in assoluto uno dei miei OTP prediletti, non potevo concepire questa raccolta senza loro due. <3

Sul finale, il “dieci percento” a cui mi riferisco è una battuta estrapolata direttamente dall'anime: “Io riesco nel novanta percento delle cose in cui non riesce lei, eppure esiste quel dieci percento in cui solo lei è capace. Lei e nessun altro”, battuta detta da Naoki Irie. Quanto l'ho amato qui, tra parentesi.

Dedicata a Kokky, il mio “doppione fangirlante” (!) – è dura arrivare ai nostri livelli, eh. ♥




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6.


«A dream is just a dream until you make it come true».



«Irie-kun, sai cosa mi hanno detto oggi le ragazze?», esordisce Kotoko, infilandosi sotto le coperte.

Naoki sfoglia l'ennesima pagina del libro di medicina, a breve dovrà affrontare un esame e non può permettersi distrazioni. In ogni caso, sua moglie non gli lascerà molta scelta, ragion per cui replica con una sottilissima smorfia, seguita da un mugugno piuttosto sinistro: «Uhm».

Gli occhi di Kotoko brillano, potrebbe giurarlo, talvolta le reazioni di sua moglie riescono a imbarazzarlo.

«Te lo dico lo stesso, anche se farai finta di non ascoltarmi. Mi hanno detto che sono una donna fortunata, perché i miei sogni si sono realizzati. E perché il mio primo amore, beh, è rimasto il mio primo amore».

Kotoko gesticola quando parla, una cosa che Naoki odierebbe se solo non si trattasse di lei. Quindi finge indifferenza, dopodiché dibatte freddamente: «Dovrei ricordarti che ti sei letteralmente incollata a me?».

«Oh, Irie-kun, non essere così scorbutico», Kotoko lo spintona un po', quel tanto che basta per lasciar scivolare il libro di medicina.

Naoki raccoglie il tomo dal pavimento, poi dibatte con sarcasmo: «Analizzo la realtà».

È un dottore, razionalizzare è suo dovere: Kotoko potrà avere anche una visione romantica della vita, tuttavia manca di realismo. Il fatto che la loro storia abbia superato così tanti ostacoli si deve soprattutto alla perseveranza di Kotoko, unita alle forze straordinarie di sua madre.

«Però ogni tanto è bello farsi sorprendere», esordisce Kotoko. «È bello che i sogni diventino realtà, eh?», domanda ingenuamente, cercando negli occhi di suo marito una risposta.

Quest'ultimo, vivamente sbigottito dall'ingenuità di sua moglie, obietta in modo assai scialbo: «Sì, certo, come no...».

Kotoko non si arrende, Naoki Irie lo sa fin troppo bene, tant'è che si avvicina accanto a lui e gli tira una gomitata all'altezza delle costole: «Suvvia, Irie-kun, lo so che impazzisci per me».

«Sei tu, veramente, che mi farai impazzire... stando dietro alle tue fantasie, intendo», dibatte Naoki, facendo un cenno di diniego con il capo.

Poi, il sorriso di Kotoko riempie la stanza e Irie non può proprio fare a meno di notare che quella particolarità rientri nel dieci percento delle cose in cui sua moglie riesce meglio.

«Sì, anche io ti amo».

Kotoko gli schiocca un bacio sulla guancia, prima di gettarsi letteralmente con il capo sul cuscino: sulle sue labbra indugia una smorfia di vittoria e Naoki Irie, nonostante tutto, è costretto a convenire.



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Capitolo 7
*** #7. Chuck/Sarah, Chuck. ***



Note: Chuck/Sarah, "Chuck".

Fan fiction ambientata durante la prima stagione – di mia totale invenzione, in ogni caso, inserisco questa specificazione solo per far capire che Chuck qui non è l'agente Carmichael. È quindi l'imbranato, nervoso e timoroso Chuck Bartowski che ci piace tanto.

Ah, ho immaginato che il Team Bartowski fosse in missione in Germania, lo dico giusto perché ho citato la “porta del Brandeburgo”.

Ci tengo a dedicarla in modo particolare a Valehina, non solo per la coppia in sé ma anche perché – per qualche strano motivo – si sorbisce tutto il mio bisogno di fangirlare via Skype.



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




7.


«You are everything I never knew I always wanted».



Se solo la loro relazione fosse vagamente reale, Chuck le dovrebbe stringere la mano, schioccarle dei baci nei momenti meno attesi e potrebbe persino progettare una romantica cenetta a lume di candela.

Una interessante alternativa, senza dubbio, decisamente più godibile rispetto alla crudele realtà: Chuck sta penzolando da un grattacielo di ben centoventotto piani, una piccola mossa sbagliata gli sta quasi costando la vita.

«Sarah, te l'ho mai detto che soffro di vertigini?», domanda Chuck, ridacchiando in maniera isterica.

Sarah sta cercando qualcosa nella sua pochette, sembra che abbia perso il proverbiale self-control: «Solo un attimo...».

«Oh, certo, fai pure con comodo. È solo un po' di sano stretching», Chuck cerca di non perdere l'autoironia, Sarah lo trova divertente – per qualche oscura ragione –, vederla ridere alle sue stupide barzellette lo rende felice. «Avrei pensato di morire in America, però. Almeno vedrò la porta del Brandeburgo prima di andarmene, poteva andarmi peggio».

Un filo metallico si spezza improvvisamente, Chuck teme di aver profetizzato la propria morte: Sarah si lancia, allora, afferra la sua mano con forza e con l'altra cerca un super oggetto da spia che potrebbe salvargli la vita.

«Sarah, non devi rischiare la vita per me. Al massimo potresti perdere una risorsa ma...».

Sarah gli lancia una fune, Chuck l'afferra saldamente, poi si aiuta con la forza degli arti inferiori e superiori. Un sospiro di sollievo, alla fine, per un attimo ha temuto il peggio – anzi, è stato fin troppo coraggioso: almeno stavolta non ha bagnato i pantaloni, gran bel passo avanti.

Ciò che non si aspetta davvero, però, sono le braccia di Sarah intorno al suo collo: così, per interminabili minuti, il tempo sembra essersi fermato; solo quando l'agente Walker torna ad assumere il proprio incarico quel momento può definirsi archiviato.

Dimenticheranno tutto, come al solito, chiuderanno ancora una volta i loro sentimenti in una cassaforte.




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Capitolo 8
*** #8. Inuyasha/Kagome, Inuyasha. ***





Note: Inuyasha/Kagome, “Inuyasha”.

In realtà non l'ho collocata in un contesto ben preciso, fatto sta che amo i “battibecchi” tra Inuyasha e Kagome... anche se ho scritto molto poco su questa coppia, mi è sempre piaciuta, è uno dei capisaldi della mia infanzia. :)

A roro, perché questo è il “suo” pairing. ♥

Non scrivo su questi due da un bel po', quindi spero che la storia risulti vagamente leggibile. In ogni caso, a te, compagna di contest masochistici. X°D




Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



8.


«I would rather have thirty minutes of wonderful than a lifetime of nothing special».



Quando Kagome saltava nel pozzo e sbucava nell'epoca Sengoku, sapeva di lasciarsi alle spalle un frammento di vita – ma, se ad attenderla era Inuyasha, ne valeva la pena.


«Non dirmi che mi stavi aspettando», disse Kagome, aiutandosi con un lembo del kimono di Inuyasha per raggiungere la terraferma.

«Umph», fu la blanda risposta di Inuyasha, il quale voltò la testa dalla parte opposta.

«E non mi dici niente dopo una settimana?», domandò con fare accusatorio Kagome.

Inuyasha, di tutta risposta, esordì con una battuta gelida: «Non ho nulla da dirti. Non mi sono nemmeno accorto che...».

«A cuccia!», esclamò Kagome, ancor prima che Inuyasha potesse terminare la frase.

A quel punto, come da rito, il mezzo demone si trovò faccia a faccia con la terraferma, probabilmente anche con un gran bernoccolo sulla fronte; Kagome, soddisfatta della sua personalissima vendetta, incrociò le braccia con fare canzonatorio e si allontanò dalla radura.

Miroku e Sango che, almeno fino ad allora, avevano osservato la scena come due spettatori estranei alla realtà, intervennero al fine di perorare la causa di Inuyasha – anche se, in tutta sincerità, se l'era letteralmente cercata.

«Kagome», Sango si avvicinò alla ragazza, cingendole con un braccio le spalle. «Anche se lo nasconde, Inuyasha ti vuole davvero bene», disse Sango, lanciandogli un'occhiata torva – Inuyasha, ancora dolorante, si lamentava della ben poca grazia con la quale Kagome riusciva a metterlo al tappeto, letteralmente.

«Non credo, Sango...», sospirò Kagome, accelerando il passo.

«È venuto qui ogni giorno, alla stessa ora», esordisce Sango, con un fil di voce.

Kagome gonfia le guance e borbotta qualcosa del tipo: «Questo non cambia assolutamente nulla».

Eppure, quelle parole sono sufficienti a perdonare Inuyasha: bastano pochi secondi di assoluta felicità per cancellare ogni dispiacere, tutto lì.


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Capitolo 9
*** #9. Maxwell/Francesca, La tata. ***




Note: Maxwell/Francesca, “La tata” .

Questo era l'OTP della mia infanzia, inutile immaginare questa raccolta senza di loro. La storia, nello specifico, è collocata nella quarta stagione: precedentemente Maxwell ha confessato a Francesca i suoi sentimenti – ultima puntata della terza stagione –, baciandola sull'aereo, dopo un weekend a Parigi. Poi, però, ha ritrattato. E tutta la quarta/metà quinta serie è dedicata al fatto che Maxwell abbia “ritrattato” i suoi sentimenti, Francesca glielo rinfaccia continuamente. XD

Alla fine, comunque, ho tenuto i nomi italiani, visto che sono più conosciuti.

A mia sorella, HamletRedDiablo, perché ormai è diventata una tradizione vedere questo telefilm insieme. ♥




Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



9.


«You can't stay mad at someone who makes you laugh».



«Signorina Francesca!», esclama per l'ennesima volta il signor Sheffield, tentando di stare al suo passo.

La tata non si smentisce mai, ogni giorno riesce a far andare su tutte le furie il suo datore di lavoro; eppure, benché il signor Sheffield minacci quotidianamente di licenziarla, Francesca non ne è mai troppo intimorita.

«Sì, vuole licenziarmi, ma non può. E lo sa perché?», si volta di scatto, schiaffeggiando con la lunga chioma bruna il volto del padrone. «Perché sono bella, affascinante, dotata di raffinatezza – no, non sottilizziamo troppo sui dettagli –, piena di humour e... la faccio ridere», dichiara Francesca, aprendo teatralmente le braccia.

«E questi sarebbero dei motivi seri?», sbuffa il signor Sheffield, incrociando con fare austero le braccia.

«Quelli seri deve trovarli lei, ovviamente!», esclama la tata.

«Ecco, Francesca, mi riferisco a questo atteggiamento. Io sono il padrone, io la pago, io detto le regole», sottolinea Maxwell Sheffield, puntando l'indice in alto con fare ammonitorio.

«A proposito, le dispiace se organizzo il compleanno di zia Assunta qui? Potrei invitare due o tre parenti... diciamo anche cinquanta, suvvia», sentenzia Francesca, appuntando una lista immaginaria.

Maxwell s'infervora, allora, quella volta la tata non l'avrebbe passata liscia. E, osservandola salire la rampa di scale senza troppe preoccupazioni, esclama improvvisamente: «Francesca!».

«Cosa? Ah, signor Sheffield: credo proprio che indosserò il completo che mi ha regalato a Parigi. Prima di ritrattare, ovviamente», termina con una punta d'amarezza, curandosi bene di far arrivare il messaggio al suo interlocutore.

«Oh, ancora con questa storia».

Maxwell sfiora le tempie con le dita, fingendo un mal di testa improvviso, dopodiché le volta le spalle; Francesca coglie il gesto, china per un sol momento il capo, poi dibatte: «Come vede, avrei dei seri motivi per andarmene. Ma resterò, signor Sheffield, attendendo che lei un giorno...», lascia cadere in sospeso la frase, mordicchiandosi nervosamente le labbra.

«Un giorno...», ripete il signor Sheffield, osservandola percorrere con gran decisione la rampa di scale. «Le ho mai detto che quel completo mi fa impazzire? Cioè, voglio dire, esalta la sua figura?».



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Capitolo 10
*** #10. Chuck/Blair, Gossip Girl. ***




Note: Chuck/Blair, “Gossip Girl”.

Devo dire che questa coppia mi ha sempre attirata, specie dal punto di vista “fisico”; mi piace la loro malizia, la sfrontatezza di Chuck e gli “attacchi” che rivolgono l'uno verso l'altra. Ma, non smetterò mai di dirlo, per me questa coppia esiste solo nelle prime due stagioni, se vogliamo esagerare ci metterei anche qualche puntata della terza. Ad ogni modo, la storia è ambientata tra fine della prima-inizio della seconda stagione, le famose paroline sono ovviamente “ti amo”, qui Blair ha una storia con Nate.

A Giulia – shika –, poiché, nonostante questo telefilm raggiunga livelli di trash mai visto, abbiamo amato questa coppia. Perlomeno per le prime due stagioni, eh, mi piace pensare che le altre non esistano. ♥




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10.


«I look at them, and they look back with those incredible eyes, smile, and it pathetically makes my entire day».



«Oh, per favore Bass», supplica Blair, scostandolo un po' da sé.

«Le voglio sentire, Waldorf», ripete nuovamente il ragazzo, avvicinandosi alle sue labbra.

Blair è più scaltra, Chuck Bass non si prenderà affatto gioco di lei; eppure, ansima sotto il suo tocco, poi stringe le gambe con una espressione vagamente costernata.

«Sono io che reggo il gioco, qui, Bass», sentenzia arcigna, evidentemente soddisfatta del proprio autocontrollo.

Chuck vorrebbe farle notare che, nonostante Blair non voglia pronunciare quelle famose paroline, si trovano a fare l'amore per l'ennesimo pomeriggio, ormai da una settimana a quella parte.

«Davvero? Allora dovresti stare sopra».

Ecco, il sapore della rivincita: Blair mima una espressione offesa, vista da quella prospettiva la regina sembra assai vulnerabile. Invece, è solo apparenza: Blair Waldorf si riprende immediatamente, non può permettere che Chuck la renda debole.

«E comunque non mi abbasserò mai a tanto», esordisce d'un tratto, mentre Chuck poggia le labbra all'altezza dell'incavo del seno.

«Ti sei abbassata a stare con me, Waldorf, provandone un discreto piacere», ribatte lui e notando, con gran soddisfazione, le labbra di Blair curvarsi in una strana smorfia; d'altro canto, per quanto si neghino, sono attratti l'un dall'altra.

«Starei con te, starei con Nate, non farebbe alcuna differenza».

Stavolta è il turno di Blair, lo ha lasciato letteralmente senza parole: Chuck Bass china il capo in maniera colpevole, per un attimo teme di aver urtato il suo... cuore, possibile?

«Non mi dire, ti ho ferito?», esordisce Blair, apostrofando quelle parole con un tono sarcastico.

«Non mi chiamo Dan Humprhey, Waldorf», riprende Chuck, pronunciando quel nome con un che di dispregiativo.

Blair arcua un sopracciglio, dopodiché dibatte stizzita: «Bass, ti prego, non nominare quel nome nella mia camera... per ovvie ragioni».

«Non ti preoccupare, Waldorf, ti farò nominare il mio nome molto presto».

Blair vorrebbe dibattere ma Chuck non le dà tregua: sono le sue mani, grandi, esperte e meticolose, che scendono lungo i suoi fianchi oppure sono le sue labbra, piene e vogliose, a trascinarla in un piacere senza principio né fine. Sono le parole che si perdono nel vuoto, in pratica, lasciandosi ingannare da un'apparente parvenza di odio.

Poi, si ode una voce piuttosto familiare provenire dalla rampa di scale: «Signorina Waldorf, scenda!», esclama Dorota, ben sapendo quanto non voglia essere disturbata – a meno che non si tratti di un'emergenza, beninteso.

Blair si mordicchia le labbra, impreca tra sé e sé a denti stretti, si dà un contegno e si precipita al piano di sotto, sperando che la sua casa stia quanto meno bruciando.

«Cosa succede, Dorota?», dibatte stizzita.

«Il signorino Nate la sta aspettando», Dorota piega le labbra in maniera innaturale, al fine di indicarle il suddetto – il quale se ne sta a braccia conserte, accanto all'ascensore, nell'attesa di un suo cenno.

Blair abbassa improvvisamente le spalle, sorride in direzione di Nate e rivolge la sua attenzione verso Dorota. Sa esattamente cosa fare, non rimane altro che liberarsi di Chuck.

«Bass», Blair entra nella sua camera, il tono leggermente trascinato.

Chuck la conosce, Chuck sa, Chuck non ha bisogno di sorrisi finti o cenni di capo.

«Non mi dire, sono di troppo», dibatte freddamente, afferrando le sue cose.

Vorrebbe pensare che anche quello è un gioco – l'ennesimo tranello nel quale vuole attirarlo Blair –, eppure si ritrova a sbattere faccia a faccia con la realtà, ogni singolo giorno.



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Capitolo 11
*** #11. Snow White/Prince Charming, Once upon a time. ***




Note: Prince Charming/Snow White, “Once Upon a Time”.

Ecco, questi due sono diventati il mio nuovo OTP: non avrei mai pensato di poter amare così tanto un pairing; Biancaneve non mi è mai piaciuta molto, eppure questo telefilm mi ha fatto ricredere. La storia è ambientata nel “mondo delle favole”, subito dopo la “comunicazione epistolare” tra Charming e Snow White – voglio un piccione viaggiatore anche io, per inciso. e_é

Storia dedicata a Noe, Black Panther, perché di amiche così il mondo ne è a corto, ormai. ♥



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




11.


«I don't love you because I need you; I need you because I love you».



Snow White annusa quella lettera – così, senza alcun motivo apparente –, ormai se la rigira tra le mani da ore; osserva ogni carattere, studia con attenzione la calligrafia dell'amato, le sembra quasi di poter toccare i sentimenti di James con mano.

Il cuore le batte forte, teme quasi che possa rimbalzarle in bocca; un pensiero stupido, forse, eppure da quando ha conosciuto James i suoi pensieri volano in una sola direzione.

Ha passato lunghi giorni in attesa di una risposta, un segnale, qualcosa che potesse farle accendere un briciolo di speranza in petto; poiché, in fondo, James potrebbe avere una vita perfetta: Abigail sarebbe la sposa ideale, la regnante predestinata, l'indiscusso modello da seguire. Potrebbe essere questo e molto altro, se solo James l'amasse.

Ha scelto lei, una fanciulla difficile e pericolosa, in quel momento ne ha la certezza: Snow White fa una mezza giravolta nel bel mezzo del bosco, le lacrime le bagnano il volto per la felicità.

«Ti raggiungerò, mio amato», bisbiglia tra sé e sé, stringendo la lettera all'altezza del petto. «E insieme avremo il nostro “e vissero felici e contenti”, te lo prometto».




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Capitolo 12
*** #12. Emily/Victor, La sposa cadavere. ***





Note: Victor/Emily, “La sposa cadavere”.

Ebbene, dite ciò che volete, io li fangirlo da morire: perché sono pieni di pathos, avevano solo bisogno di un occasione in più – non so, Victoria non mi è mai piaciuta come personaggio. e_e

Breve “what if”, ho immaginato un dialogo tra Emily e Victor prima della scena finale.





Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




12.


«Faith is believing in something when common sense tells you not to».





«È tempo di lasciarti andare, Victor».

Emily afferra le mani di Victor con le dita ossute, sfiora la sua pelle con i consunti guanti di pizzo, sorride in un gesto di approvazione.

Poi, sembra seguire il richiamo del vento: i suoi piedi percorrono velocemente la navata principale, le porte sembrano spalancarsi solo per lei.

«Aspetta!», riesce ad afferrare la sua mano, senza far troppa pressione.

«Victor, caro», Emily sfiora la sua guancia, lo fa con una espressione amorevole. «Se non ti amassi, non ti liberei da me. Ma, vedi, io ti amo davvero. E, ovunque andrò, voglio che tu sappia che la mia felicità dipende dalla tua».

Poi, un moto di commozione: il richiamo del vento si fa più forte, le nuvole si condensano, l'intera natura sembra obbedire unicamente a lei in quel momento.

«Sii felice, Victor».




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Capitolo 13
*** #13. Ren/Nana, Nana. ***






Note: Ren/Nana, "Nana".

Dunque, per leggere questa storia dovreste essere a conoscenza del capitolo 77 di “Nana”, nonché degli altri a seguire, inoltre ci sono diversi dettagli riguardanti la Nana Osaki del presente che capite, mi ripeto, solo essendo a conoscenza degli ultimi avvenimenti del manga.

Non credo che la Yazawa continuerà questo manga ma... tanto vale sperare, su. Un gran peccato, invero, perché merita tanto e ha lasciato diverse cose in sospeso. ç_ç

Alla mia amica Fede, perché ogni tanto è bello dedicare qualcosa a qualcuno che ti capisce davvero. ♥



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



13.


«I think the worst thing about life would be having to go through it without you».



Ogni tanto ripensa al suo passato, poi si guarda allo specchio e osserva il suo presente: di fronte al proprio riflesso non può mentire, Nana Osaki non riesce a mettere al tappeto se stessa.

Afferra una spazzola, allora, pettina i lunghi capelli biondi: agli occhi dei londinesi è una sconosciuta, con grandi occhi scuri, un paio di ciglia lunghe e dei meravigliosi capelli biondi. Una giapponese particolare, per alcuni; una fiabesca principessa, per altri.

Non è costretta a fornire spiegazioni a nessuno, Londra è una città cosmopolita e gli scoop si attenuano nell'arco di ventiquattr'ore. Nulla in confronto a Tokyo, sua patria nativa, ove la sua storia con Ren è ancora chiacchierata, come il primo giorno.

Il motivo che l'aveva spinta ad abbandonare tutto non era quel che si pensava, non aveva nulla a che vedere con i giornalisti, gli scoop oppure i pettegolezzi locali: l'unica ragione per la quale aveva cambiato totalmente vita era la sua fragilità.

Per quanto tenti, non riesce mai a uscirne indenne: è spaventata da quella se stessa, così sola e priva di difese senza Ren. Vincono sempre i ricordi, purtroppo, per quanto privi di consistenza minacciano più e più volte di distruggerla.

È arrivata addirittura a considerare l'ipotesi peggiore, le basta rivolgere uno sguardo verso il mare e immaginare Ren attenderla a braccia aperte; poi, affiora un pensiero nella sua mente: porre fine alla sua vita autonomamente è una scelta, farlo per volere del destino è ben altro conto.




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Capitolo 14
*** #14. Arashi/Miwako, Paradise kiss. ***




Note: Arashi/Miwako (Paradise Kiss).

Eccoci qua, in questo manga loro sono stati il mio OTP. OMG, quanto erano adorabili... e quanto era figo Arashi, tra parentesi. *_*;

Ah, okay, note serie (!): la storia è ambientata dopo la fine del manga, per un breve periodo sappiamo che la Paradise Kiss ha continuato a confezionare abiti. E ho immaginato che fosse soprattutto Arashi all'opera, dato che lo si vedeva quasi sempre cucire e rifinire.




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14.


Never say sorry for what you meant to do”.


Quando Miwako lo osserva cucire, con una espressione bizzarra e curiosa, Arashi non sa proprio cosa pensare. Non che dia fastidio, beninteso, è solo che la sua fidanzata ha la tremenda abitudine di esordire con delle battute inappropriate nei momenti meno adeguati.

«Smettila di fissarmi», dibatte Arashi, frenando il pedale della macchina da cucire e guardando, seriamente compiaciuto, il frutto del proprio lavoro.

Miwako, di tutta risposta, sorride e gonfia le guance: «È bello».

Nella sua bizzarra testolina quella battuta potrebbe voler dire tante cose, ragion per cui Arashi si trova ad arcuare un sopracciglio con aria dubbiosa.

«Volevo dire che è bello guardarti lavorare e perdere la cognizione del tempo. È pura dedizione per il proprio lavoro», esordisce, fissandolo con i suoi occhioni grandi.

Arashi non comprende sulle prime, a lui non sembra essere passato molto tempo; la Paradise Kiss li impegna molto, i vestiti sono tanti e coloro che prendono seriamente a cuore l'impegno troppo pochi. Quella sera, nello specifico, Arashi ha dovuto cucire una pila di abiti e Miwako ha deciso di fargli compagnia, così da rendere il suo lavoro molto più vivace.

Solo quando Miwako gli mostra il display del cellulare, annuendo con aria sbarazzina, Arashi comprende le parole della propria fidanzata: sono le 04:15 del mattino e se n'è accorto solo in quel momento.

«Perché non me l'hai detto prima, Miwako?!», esclama tutto esagitato.

«Te l'ho detto: è bello vederti fare ciò per cui sei nato. Non ti arrabbierai con me, vero?», Miwako si poggia sulle sue ginocchia e si stringe accanto a lui.

Arashi, in quel caso, si ritiene molto scarso in difesa e decide di cedere alle lusinghe della fidanzata.

«No, mai».





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Capitolo 15
*** #15. Angelina/Vincent, Kuroshitsuji. ***



Note: Angelina/Vincent (ebbene sì, proprio il padre di Ciel!), Kuroshitsuji. Tra tutte le coppie che potevo fangirlare in questo anime proprio quella più sfigata, che in realtà non è nemmeno una coppia, lo so. Ma sono angst da morire, io amo l'angst. Se non si capisse Angelina ogni anno rende omaggio alla tomba di Vincent, vestendosi solo una volta all'anno di nero.




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15.


«Some things are worth waiting for... even if you have to wait forever».


Angelina Durless si guardò allo specchio per acconciarsi la pettinatura, con l'usuale meticolosità che contraddistingueva il suo stile.
Madame Red,
ormai, era un appellativo impregnato sulla sua pelle come un marchio a fuoco, liberarsene pareva impossibile. Si guardò intorno, allora, come per accertarsi che non vi fosse nessuno nella stanza, poi si precipitò ad aprire una vecchia cassapanca.
Si trattava di un abito semplice, in netto contrasto con il suo guardaroba: aveva deciso di isolarlo, laddove nessuno poteva vederlo, anche per quel motivo. Angelina, in realtà, non voleva far altro che nascondere un tassello di se stessa a se stessa, Vincent si era portato via il suo cuore tanto tempo fa.
A volte pensava, egoisticamente, a come sarebbe stato il suo futuro se solo Vincent avesse compiuto una scelta diversa. Forse sarebbe stata una donna meno esuberante ma, soprattutto, vendicativa; forse avrebbero potuto darsi una possibilità,
una su un milione, se solo lui avesse visto in lei ciò che nei suoi occhi si rifletteva ogni giorno quando Vincent era in vita.

Anche dopo tanti anni lo specchio rifletteva ancora l'immagine aitante di un gentiluomo e, un po' sbiadita e segnata dal tempo, la figura di una ragazzina con le trecce sfatte ma che lo aveva amato senza remora. E, seppur impietosamente, lo avrebbe aspettato per sempre.

Angelina Durless sistemò il cappello, poi afferrò una piuma nera e la infilò all'interno: in quel momento, come il primo giorno, era pronta a seppellire l'amato e a rendergli omaggio con finta indifferenza, soffocando la baraonda di sentimenti che si agitavano in lei.






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Capitolo 16
*** #16. Gerry/Holly, P.S. I love you. ***



Note:
Gerry/Holly, “P.S. I love you”. Non so se sia stato merito della bravura degli attori o della storia emozionante (peraltro tratta da una storia vera), ma questo film per me è uno dei più belli. Ho cercato di esprimere la rabbia di Holly, sono i primi giorni di lutto, quando lei si isola nel suo dolore. La storia è dedicata in particolare a Vale, che come me ha tanto apprezzato questo film. :3




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 al di là del bene e del male 




16.


«For some moments in life, there are no words».




Ascoltare ancora una volta la
loro segreteria telefonica non avrebbe mai potuto sostituire Gerry, tuttavia poteva donarle una sensazione di quiete e serenità – seppur breve – unica al mondo. Proprio come era stato unico – o, forse, raro – suo marito, d'altronde.
Gerry aveva pensato ad ogni evenienza, era stata curata ogni minuziosità affinché potesse affrontare il dolore nel migliore dei modi possibili.

«Sai una cosa, dannato figlio di puttana?», Holly imprecò contro la segreteria telefonica, ciondolando nella stanza a causa del whisky, di cui aveva decisamente abusato. «Non c'è una maniera giusta per affrontare il dolore. E te lo dico ora, sperando che possa arrivarti fin lassù, perché tu lo capisca: mi hai decisamente piantata in asso, se volevi lasciarmi potevi dirmelo... ehi, avrei capito. Certo, prima ti avrei lanciato addosso qualsiasi cosa mi fosse capitata tra le mani. Perché io ti odio, ricordi? E so già cosa risponderai, con il tuo solito tono saccente: “Questa è una frase da romanzetto rosa”. Sono diventata anche ironica, vedi? Ma... ma non c'è ironia nella morte».

Holly cadde con un tonfo sordo sul divano, la vista ormai le si era appannata ma non abbastanza da impedirle di spingere un semplice tasto.

Messaggio cancellato.

Holly respirò a fondo, prese coraggio e compose nuovamente il numero: ripetè ancora una volta lo stesso discorso, parola per parola. Quello era un bel modo di trascorrere le sue nottate, ora che Gerry non era più accanto a lei.







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Capitolo 17
*** #17. Clark/Lois, Smallville. ***


Note: Clark/Lois, Smallville. Questo è uno dei miei pair “storici”, ho voluto sempre vederli interagire dopo il matrimonio e ho cercato di descrivere la vita di Clark e Lois dopo la decima stagione, per l'appunto. Anche se in questo caso non sono ancora sposati, a causa del finale e anche perché lui la sposerà dopo sette anni. 



 Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male 





17.



«All I want is someone to hold me and tell me that everything is going to be okay».





Ogni qual volta Clark oltrepassava la soglia del Daily Planet, rigorosamente in ritardo, Lois non mancava di notarlo, inventando di volta in volta insulti del tutto personalizzati. Quel giorno, però, quando Lois se ne uscì fuori con un: 
«Ehilà, straniero. Di ritorno da Woodstock?», Clark non rispose prontamente e questo la preoccupò.

Normalmente avrebbe indicato la sua pila di fogli ammucchiati, inversamente proporzionali alla sua voglia di lavorare; così, quando Clark poggiò la giacca sulla sedia, picchiettando nervosamente le dita sulla scrivania, Lois capì che quello era il momento di svestire i panni della reporter. Allora si avvicinò al suo fidanzato, serioso e preoccupato, poi disse: «Se questo è un momento: “Alt, devo salvare il mondo”, posso coprirti le spalle, Smallville». 
Clark si voltò in sua direzione, dopodiché rispose: «Più che altro è un momento: 
“Alt, ho la responsabilità del mondo sulle spalle”», mimò il suo tono, con tanto di finte virgolette. 
Lois fece finta di non aver visto quella beffa, poi cinse le braccia attorno al collo di Clark e sussurrò sottovoce al suo orecchio, ma abbastanza forte perché potesse sentirlo: «E non sarebbe meno pesante se condividessi qualche responsabilità con me?».

Lois sapeva sempre cosa dire in quei casi, riusciva a vedere cose che alla sua vista – seppure a raggi X – sfuggivano, particolari di cui egli stesso non era a conoscenza. Clark abbassò le spalle, poi un sorriso rilassato prese a indugiare sulle sue labbra: Lois era la cura e il contagio, riusciva a risanarlo e a influenzarlo al tempo stesso. 
«Solo se finisci quella relazione, Lois», disse Clark, puntando lo schermo del computer. 
Lois poggiò le mani sui fianchi, boccheggiò per qualche secondo e tuonò con tono melodrammatico: «Questo è un colpo basso, Kent!». 
Clark rise tra sé e sé come un bambino, ormai aveva dimenticato il motivo di tanto affanno: accanto a Lois ogni cosa acquisiva nuovo peso, era il caso di dirlo, un carico 
decisamente più bilanciato.





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Capitolo 18
*** #18. Derek/Odette, L'incantesimo del lago. ***



Note:
Derek/Odette, “L'incantesimo del lago”.
Uno dei miei primi OTP *piange*, non potevo escluderlo dalla raccolta. Immaginate che questa scena sia avvenuta dopo il primo film, appena ho letto la citazione ho pensato a loro. <3



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 al di là del bene e del male 







18.


«Someone asked me what I saw in you, and my only answer was everything».




Odette è racchiusa all'interno di uno spicchio notturno, Derek pensa che la sua bellezza sia davvero eterea: la osserva per qualche secondo, assorto, quasi pensa che la sua amata possa diventare tutt'uno con la luna.

Derek vorrebbe immortalare quel momento e poi guardarlo ancora e ancora, nella speranza che non possa mai terminare, ma è proprio Odette a spezzare quell'incantesimo: la sua voce leggiadra invoca il nome dell'amato e lui è troppo sensibile a quel richiamo per tirarvisi indietro.

«Cosa te ne pare della luna, stasera?», chiede Odette, stringendogli le mani.
Derek risponde con prontezza, come se la facoltà di parola gli fosse stata data solo in funzione di quel momento: «Bellissima, a tratti quasi
irreale».
Odette si volta, finalmente riesce a comprendere: negli occhi di Derek brilla il suo riflesso ma, ne è sicura, anche quando Derek distoglie lo sguardo dalla sua
figura quell'effigie continua a permanere.
Perché negli occhi di chiunque guardi Derek quell'immagine è
tutto e anche di più.




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Capitolo 19
*** #19. Derek/Meredith, Grey's Anatomy. ***



Note:
Derek/Meredith, “Grey's Anatomy”.
La storia è dedicata a
Giulia, per tutte le volte che abbiamo detto: “Shonda è pazza. Ha avuto gravi problemi da bambina”. È ambientata a cavallo tra la prima e la seconda stagione, mi manca quel tipo di relazione che avevano. XD


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male





19.


«Sometimes, you need to run away to see who will follow».





Ogni volta che Meredith fugge, lui finisce sempre per ritrovarla: non importa quanto scappi lontano, Derek non le consente di districarsi da quel legame che ormai li unisce.
E per quanto Meredith voglia farla finita, per quanto gli abbia intimato più volte quanto sia sbagliata quella relazione – se tale si può definire –, a nulla valgono i suoi sforzi quando si trova a qualche spanna da Derek Sheperd.
«Perché ti ostini a seguirmi? Io... non ti voglio!», esclama Meredith, spingendo sul suo torace per scostarlo da sé.
Gesto affrettato, probabilmente, perché i palpiti si fanno più intensi e Meredith è costretta ad arretrare – dandosi mentalmente della stupida, peraltro, ma quella è una constatazione che tiene per sé.
«Oh, lo vedo», inveisce Derek, seguendo con gli occhi ogni suo gesto.
«Un uomo normale si sarebbe arreso, lo sai?».
Derek inclina il capo di lato, poi esordisce in tutta naturalezza: «Forse detesto la normalità».
Meredith, allora, si mordicchia il labbro inferiore con veemenza – per quale motivo il
Dottor Stranamore deve esibire sempre quelle espressioni così maledettamente affascinanti? –, poi commenta: «Ma io sono cupa, triste e non hai idea di quante cose vadano male nella mia vita...», Derek si avvicina, quanto più lei si allontana. Sarebbe quasi una scena divertente, se solo lei non fosse in ritardo per la sua lezione e lui non stesse mancando una riunione. «E devo proprio andare, ora».
Eccolo, l'ostacolo impossibile da arginare: la porta dello stanzino è chiusa a chiave, Derek deve aver pensato proprio a tutto. E lei, invece, mai come allora sente di non dover pensare a nulla.
È inutile prendersi in giro: a Meredith piace quella sfida, quella rincorsa, quell'ora o mai più...
ogni singola volta, suo malgrado.






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Capitolo 20
*** #20. Kamina/Yoko, Tengen Toppa Gurren Lagann. ***



Note:
Kamina/Yoko, Tengen Toppa Gurren Lagann.
La storia si colloca dopo la morte di Kamina, credo sia stata una delle cose che mi abbiano più fatta soffrire in un anime. È dedicata in particolar modo alla
sister, HamletRedDiablo, per tutto quello che abbiamo condiviso insieme in tanti anni di amicizia. (:



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male






20.


«Goodbyes make you realize what you've gained, what you've felt, and what you've taken for granted».



Yoko carica il fucile e lancia colpi a vuoto, manifestando in tal maniera il suo lutto: il dolore non diventa più mansueto, anzi, si fa più forte proiettile dopo proiettile. Yoko pensa che la vita è davvero ingiusta, che il più delle volte decide di togliere a chi possiede di meno e di donare a chi, invece, non apprezza affatto quel che ha.
Simon non l'ha avvisata né per pranzo né per cena, come a volerle lasciare il suo spazio; eppure Yoko si rende perfettamente conto che non può andare avanti così, prima o poi quel supplizio dovrà terminare e con esso il suo lutto.

Tutto ciò, ai suoi occhi, risulta inaccettabile: perché le persone devono andare avanti come se nulla fosse? Perché devono prendersi solo qualche giorno luttuoso per poi tornare a sorridere, seppellendo ogni sentimentalismo?
Yoko si lascia sfuggire una lacrima, per poi constatare che l'orizzonte sta imbrunendo e ormai non riesce più a distinguere la mira. E realizza, proprio in quel preciso istante, che forse alcune persone se ne vanno senza un motivo ma lasciano nel profondo di coloro che soffrono un semplice
“grazie”, con il passare del tempo.
Yoko, allora, lascia che il fucile atterri con un tonfo sordo e si concentra in direzione del cielo: la vita è stata alquanto ingiusta nei suoi confronti, lo continuerà sempre a pensare, pur tuttavia le ha lasciato più di quanto avrebbe mai potuto sperare. Alcune persone passano tutta la vita in cerca dell'amore, senza mai sfiorarlo davvero; lei, invece, lo ha addirittura vissuto e questo deve pur significare qualcosa.
«Grazie Kamina», sussurra alle stelle, sperando che un alito di vento possa arrivare fin dove si trova.



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Capitolo 21
*** #21. Flynn/Rapunzel, Rapunzel. ***



Note:
Flynn/Rapunzel, Tangled.
Storia collocata dopo la discesa dalla torre di madre Gothel. Una coppia Disney non mi appassionava così da tempo, ho amato Rapunzel e Flynn. La storia è dedicata in particolare a
Feel Good Inc per le sue bellissime storie. :3

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21.



«I never knew I had a dream until that dream was you».





«Allora, qual è la prossima cosa in lista?», chiede Flynn, appoggiandosi sulla corteccia di un albero.
Rapunzel poggia l'indice sul mento, con aria pensierosa; poi, improvvisamente, tira fuori una lunghissima lista, la quale lo lascia senza parole. Flynn si inginocchia a terra e ne afferra l'estremità opposta; dopodiché, con un cipiglio sorprendentemente alzato, afferma: «E questa da dove l'hai cacciata fuori? Oh, lascia stare, non lo voglio sapere».
Rapunzel osserva compiaciuta la lista, poi sentenzia: «È la mia lista delle
cose da fare prima di morire». Flynn deve richiamare ogni singola fibra del suo corpo per non scoppiare a ridere, poiché la sua compagna di viaggio sembra tenere a quel foglio accartocciato più della sua stessa vita.
Non può trattenersi, però, dal controbattere con un po' di sano spirito: «Avrai una vita lunga, mi auguro».
«Come?», sbatte le palpebre Rapunzel, vivamente sorpresa.
«Niente», Flynn torna a guardare le parole inchiostrate, alcune volte sostenere lo sguardo di Rapunzel gli risulta impossibile. «E, di grazia, accarezzare un coniglietto sarebbe la cinquantesima cosa in lista?».
Rapunzel si avvicina un po' alla sua figura, quel tanto che basta per soffermarsi a leggere la stessa riga: «Dopo aver baciato un ragazzo!», esclama, sorridendo a trentadue denti.
«Oh, chiaramente. Come ho fatto a non pensarci prima? Ha la priorità».
Flynn poggia due dita sul mento, beffandosi di lei: non che sia così difficile, Rapunzel è di natura così ingenua da stupirlo e terrorizzarlo al tempo stesso, ogni singolo istante.
«E se invertissi l'ordine?», si chiede Rapunzel, sfiorando con la punta del mignolo il dorso della sua mano.
Flynn Rider potrebbe approfittare di quel momento e collezionare un altro record sulla sua, invece, di lista: Rapunzel si trova solo a qualche spanna dal suo viso, sfiorare le sue labbra sarebbe questione di attimi. Eppure, per qualche strana ragione, i suoi capelli lo distraggono e il profumo della sua pelle fruttata annebbia la sua facoltà di giudizio.
«No, Rapunzel», Flynn prende le distanze, poi arretra. «Questa è una cosa che dovrai fare con qualcuno che... non si approfitterà mai di te».
Rapunzel annuisce, poi inclina ingenuamente il capo di lato e gli chiede: «Come te?».
Ma a quella domanda Flynn Rider non risponde, preferisce cambiar discorso e passare alla prossima priorità in lista: che lo voglia ammettere o meno Rapunzel è un sogno ad occhi aperti e ha come l'impressione che non riuscirà più a svegliarsi.



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Capitolo 22
*** #22. Joji/Yukari, Paradise Kiss. ***


Note: Joji/Yukari, Paradise Kiss.
Dovete sapere che io sono una grandissima fan della Yazawa, tant'è che ho voluto inserire tre sue opere diverse in questa raccolta. Ho amato molto più Arashi e Miwako, ma Joji e Yukari sono così angst che dovevo scriverci su qualcosa. Si svolge dopo il finale (episodio 01x12), in un probabile futuro. Ovviamente Yukari è sempre sposata con Tokumori, qui.


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22.


«People wish upon stars because one day, they hope that those wishes will come true».




«Tornerò domani, te lo prometto. Certo, tesoro, non mi dimenticherei mai del nostro anniversario».
Davanti a Yukari domina un'ampia vetrata, dalla quale si vede un cielo gremito di stelle: sembra quasi poterle avvicinare, sebbene sappia benissimo che si tratta di un'illusione tende la mano verso l'alto. È solo Joji a richiamare la sua attenzione, dall'altra parte dell'appartamento, è solo in quel preciso istante che Yukari torna a poggiare i piedi per terra.
«Allora... ti è piaciuto il musical?».
Joji le offre il bicchiere di champagne, con il suo solito modo garbato; Yukari contempla per qualche momento il contenuto, dopodiché dibatte senza timori: «Non sono venuta fin qui per parlare del musical, sai?».
Yukari sorseggia brevemente, poi lascia cadere il soprabito sulla poltrona. Joji vorrebbe davvero rispondere con una battuta di spirito ma, voltandosi, non può fare a meno di contemplare le perfette curve di Yukari e di apprezzare, in particolar modo, il fatto che il tempo sembri non averla sfiorata.
«Con il tempo diventi una vera provocatrice», sentenzia Joji, brindando alla sua salute.
«Ho imparato dal migliore».
«Appunto», ammette Joji.
Con il passare degli anni quello scambio di battute è diventato quasi abituale, eppure Joji se ne stupisce ogni volta: Yukari è così diversa dalla timida liceale di un tempo, la sua aggressività talvolta lo irrita e lo attrae.
Ciononostante Yukari continua ad essere presente ai suoi spettacoli di debutto, ragion per cui non può fingere una tale indifferenza: quella consapevolezza lo fa sorridere, seppur amaramente, il tempo passa e loro sono sempre gli stessi.
Joji si accende una sigaretta, invitando Yukari a fare altrettanto; quest'ultima, però, preferisce sfilarla direttamente dalle labbra dell'amante, con intento provocatorio.
Ma Joji è più scaltro, ha previsto ogni sua mossa, e la stringe tra le braccia prima che lei possa preferir parola: affonda il viso nei suoi capelli corvini, traccia con le dita il profilo della sua esile figura, lascia che quel profumo lo inebri fino a soffocarne.
Se Joji ha comprato quell'appartamento, d'altronde, è stato proprio per lei: affinché potesse vedere le stelle, nel punto più alto possibile, affinché l'illusione di poterle sfiorare divenisse reale. Ma, in realtà, le vere stelle sono gli occhi di Yukari – profondi e scurissimi –, che lo hanno intrappolato in una scappatoia senza via d'uscita, entro la quale entrambi trovano conforto.





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Capitolo 23
*** #23. Dharma/Greg, Dharma & Greg. ***



Note:
Dharma/Greg, Dharma & Greg.
Penso che insieme alla Maxwell/Francesca (sulla quale ho già scritto), questa coppia sia stata una delle mie preferite in assoluto da bambina –
e poi Greg è stato uno delle mie big crush telefilmiche.
Il “canto dei gabbiani” è stato del tutto inventato dalla sottoscritta, se ricordate Dharma ogni tanto celebrava qualcosa di insolito o anomalo, ci ho solo lavorato su.



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




23.

«We're so weird. That's what I like about us, actually».






Greg Montgomery non dovrebbe più stupirsi a distanza d'anni, eppure sua moglie si dimostra ogni giorno una sorpresa continua. Nello specifico, quel giorno Dharma ha deciso di dover interrompere la quiete dei vicini e dell'intero isolato con il suo
canto dei gabbiani.
«Dharma, cosa stai facendo?», domanda Greg, sbadigliando rumorosamente.
Dharma si volta di scatto, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi: «Te l'ho già detto, tesoro, questo è il mio canto annuale: il canto dei gabbiani».
Greg dovrebbe trovare normale tutto ciò, forse quella è l'ultima delle stranezze a cui lo ha abituato sua moglie, pur tuttavia trova impossibile controbattere.
«Ma qui non ci sono gabbiani», sospira con aria risentita, infilandosi la vestaglia da notte.
«Già, ma nel mondo sì».
«Ma noi viviamo in città!», inveisce Greg, osservando con cipiglio dubbioso l'espressione di sua moglie.
Dharma abbandona definitivamente quella melodia – alquanto stonata, invero –, per prestare attenzione alle parole di suo marito. E quando Dharma Finkelstein-Montgomery poggia l'indice sul mento con aria pensierosa, allora potrebbe davvero succedere il peggio.
«Hai ragione. Forse dovremmo andare al mare».
Dharma non gli dà nemmeno il tempo di ribattere, preferisce prenderlo per mano e trascinarlo via con sé senza alcun indugio: a nulla valgono i dissensi di Greg, ormai lei ha preso la sua decisione.
Eppure Greg, nonostante tutto, continua a pensare che le stranezze di Dharma sono obiettivamente insidacabili se confrontate alla gioia che ha portato nella sua grigia vita – e, in fondo, la felicità di sua moglie vale qualsiasi stravaganza abbia essa in mente.




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Capitolo 24
*** #24. Zachary Levi/Yvonne Strahovski, Cast Chuck. ***




Note:
Zachary Levi/Yvonne Strahovski, Cast Chuck (RPF).

Ho scelto di inserire una sola RPF nella raccolta, perché è quella che tifo di più al momento. L'ho ambientata in un qualsiasi red carpet e il fatto che Yvonne sia un “maschiaccio” è una cosa che ha dichiarato proprio lei. In ogni caso, la storia è dedicata in particolar modo a Ray_08, perché un giorno rinchiuderanno i nostri poveri feelings in una cella oscura e getteranno via la chiave (<3).



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male





24.


«Being deeply loved gives you strength; deeply loving someone gives you courage».




Quando Yvonne sfila sul
red carpet, tutti i flash dei fotografi puntano in sua direzione: le luci rischiano di abbagliarle gli occhi, eppure il suo fascino non ne viene affatto scalfito. Zachary la osserva poco lontano, pur tuttavia ha l'impressione che la distanza che li separi sia di gran lunga maggiore: lei è così bella, naturale e seducente, senza sapere di esserlo, in quell'abito di seta.
«Zach!», esclama a voce alta, correndo in sua direzione. «Quanto vorrei sfilarmi questi tacchi e camminare a piedi nudi. Sto iniziando a pentirmi di aver scelto questi trampoli».
Yvonne è sempre la stessa, nonostante gli anni passino: un angelo travestito da maschiaccio, che però riesce a incantare un'intera platea e a catturare tutti i riflettori. Zachary annuisce per qualche secondo e poi, offrendole un braccio, dichiara: «Se non ce la farai più, potrai appoggiarti al mio braccio».
Sul volto di Yvonne si fa largo una espressione serena e tra le sue fossette spunta un sorriso rassicurato:
«Tu sai sempre cosa dirmi, Zach».
Quella potrebbe sembrare una frase banale, o addirittura melensa, eppure Zachary la imprime sul suo cuore come un marchio e prende consapevolezza del fatto che qualsiasi nomination o premio non equivarranno mai la sensazione che prova in quel momento.





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Capitolo 25
*** #25. Booth/Bones, Bones. ***


Note: Booth/Bones, Bones.
La storia è ambientata tra la settima e l'ottava stagione, è un breve momento familiare. Ho sempre adorato il personaggio di Bones, è particolare – e la Booth/Bones è una delle mie ship di sempre.
Una precisazione: non mi sono inventata nulla, gli antichi romani per unirsi nel sacro vincolo del matrimonio condividevano una ciotola di farro. Ho voluto usare questo particolare nella storia!
Questa fan fiction è dedicata a
Cla90, mia preziosissima compagna di ship e di telefilm! :3
Prossima: Cole/Phoebe, Streghe.






Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male


25.

«To fear love is to fear life».




Seeley Booth non è un uomo molto paziente, forse perché il suo lavoro non gli consente ampi margini in questo frangente, e mai nella vita avrebbe immaginato di dover fare colazione insieme alle fantastiose congetture della sua compagna.

«Angela continua a sostenere che a San Valentino sia doveroso regalare dei bigliettini. Lo sai, Booth, che gli antichi romani celebravano la loro unione con una ciotola di farro? E questo rito era considerato la massima manifestazione d'affetto».
Booth affonda il cucchiaio nei cereali, poi obietta: «Per fortuna ci siamo evoluti, allora».
Bones, come al solito, non riesce a percepire l'ironia delle sue parole e inizia a narrare, sin dall'alba dei tempi, gli antichi rituali di questa o quell'altra civiltà: un resoconto che Booth troverebbe molto interessante,
se solo fossero in un mondo parallelo.
«Ti prego, Bones, dimmi che tutto questo discorso vuole giungere ad un punto».
«Ovviamente. Ogni tesi che si rispetti porta con sé una conclusione. Potrei citarti anche chi...».
«Ne farò a meno», sentenzia Booth, frenando le sue parole sul nascere.
Bones si versa uno strano contenuto verdognolo nel bicchiere, dopodiché guarda in sua direzione – Booth tenta di dissimulare l'espressione contrita, ma teme di aver fallito nel tentativo –, tartagliandolo con una battuta: «Il punto è che se gli antichi romani condividevano una ciotola di farro, tu devi condividere un lauto pasto con me».
Booth osserva per qualche secondo la sua espressione assolutamente imperiosa, poi giunge ad una conclusione: «Bones, mi stai chiedendo di uscire fuori a cena?».
Bones si sofferma a riflettere, beve un sorso della sua mirabolante bevanda energetica e sentenzia: «Immagino che
voi civiltà moderne possiate definire questa usanza in tal maniera».
«Voi?», Booth poggia le braccia sui fianchi, incredulo. Poi, avvicinando a sé il mento della compagna, afferma: «Pensala come vuoi Bones, ma in realtà era già tutto programmato... stasera saremo solo tu e io».
E, nonostante Bones voglia prendere le distanze da alcune usanze assolutamente fantasiose a suo dire, Booth può quasi giurare di aver visto spuntate un sorriso agli angoli della sua bocca. Temperance Brennan è una donna eccentrica, perspicace, priva di senso dell'umorismo e tuttavia fantastica, in modo così unico da essere quasi raro.






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Capitolo 26
*** #26. Cole/Phoebe, Streghe. ***



Note:
Cole/Phoebe, Streghe.
Amavo questa coppia, credo sia stato il mio primo OTP telefilmico. Qui ci troviamo nella terza stagione, Phoebe ha da poco scoperto la reale natura di Cole.
Prossima: Arima/Yukino, “Le situazioni di lui e lei”.


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




26.


«Kiss; a lovely trick designed by nature for when words become unnecessary».




Phoebe vorrebbe tanto tornare indietro, ma il suo istinto ha la meglio sulla ragione per l'ennesima volta. Le sue sorelle l'hanno avvertita, Cole Turner – Beltazor, a tutti gli effetti – non è altro che un malvagio demone, che ha approfittato del suo corpo solo per avvicinarsi al potere del trio.
Pur tuttavia, Phoebe Halliwell si trova costretta a riconoscere una delle sue debolezze: non riesce a diffidare del prossimo, sente che può salvare la sua metà umana e far sì che essa prevarichi su quella demoniaca.
È con un groppo in gola che Phoebe suona un paio di volte il campanello,
ora il coraggio comincia a venir meno. E se Cole non aprisse la porta o, ipotesi ben peggiore, se la sua parte demoniaca prendesse il sopravvento e, in un eccesso di follia, le lanciasse contro una sfera di fuoco?
È così spaventata dai suoi stessi pensieri da non accorgersi che Cole le ha aperto la porta e la sta fissando, con una espressione alquanto incredula, da qualche secondo; Phoebe abbozza un mezzo sorriso, tortura le doppie punte per l'imbarazzo e boccheggia come una ragazzina.
«C'è qualcosa che devi dirmi, Phoebe?», chiede Cole, appoggiando il braccio sullo stipite della porta.
È così gentile la sua voce, chi mai penserebbe che si possa trattare del demone più temuto degli Inferi? Phoebe vorrebbe trovare il coraggio di metter fine a quella storia e lanciargli contro la pozione che le sue sorelle le hanno preparato, in caso di attacco, ma in quel momento non riesce a sentire altro se non i palpiti incessanti del suo cuore.
«Oh, al diavolo...», borbotta tra sé e sé, prima di lanciarsi sulle labbra di Cole.

La sua borsa fa un tonfo sordo sul pavimento, le sue gambe si avvitano attorno al torace di Cole e d'un tratto la porta sbatte, rumorosamente. Phoebe Halliwell si chiede a cosa serva difendersi se, in fin dei conti, ambedue non sono affatto capaci di attaccare.







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Capitolo 27
*** #27. Arima/Yukino, Le situazioni di lui e lei. ***



Note:
Arima/Yukino, Le situazioni di lui e lei (Karekano).
Okay, è parecchio no sense ma alla fine ho deciso che mi piace così com'è. Con questa immagine un po' emblematica dello specchio, ho provato a fare un analisi anche di Yukino e delle sue paure (perché, altrimenti, celarsi dietro un aspetto che non le appartiene davvero?).
Prossima: Callie/Arizona, “Grey's Anatomy”.



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male





27.

«It's not that I want to have you. I want to deserve you».




Arima è sempre così gentile nei suoi riguardi, talvolta Yukino si chiede se meriti davvero quelle premure: dietro al suo favoloso aspetto – l'immagine che, ormai, si è cucita addosso da anni –, c'è una ragazza scorbutica e insopportabile. E invece Yukino Miyazawa è molto, molto di più di questo: è un'anima fragile e insicura, la quale si cela dietro un aspetto che non le appartiene veramente.
Perché il mondo fa tanta paura, in fondo: è così affollato, eppure così solitario; Yukino lo sa bene, poiché ha cercato di adeguarvisi per tutta la vita e, fino ad allora, è riuscita nell'intento in maniera irreprensibile.
Eppure, da quando Soichiro Arima è comparso nella sua vita, Yukino ha rivalutato la sua definizione di equilibrio: poiché lui l'ha scombussolato, in tante maniere diverse, alterando le sue percezioni e amplificando le sue sensazioni. E non si è limitato a questo,
no, ha dovuto scavare a fondo e addentrarsi come un tarlo, finché non ha scoperto una parte di lei di cui nemmeno Yukino era a conoscenza.
Alcune cose ci appartengono da sempre, ma non le possediamo mai davvero: o, almeno, non finché qualcuno ci ricordano che esistono. Soichiro non si è limitato a mostrarle ciò che è davvero, ma anche quello che potrebbe essere –
lo vedi, Yukino? Nello specchio c'è una bellissima donna, è sicura di sé.
E così, da allora, Yukino ha cominciato a soffermarsi sui suoi lineamenti, vedendo ben oltre il semplice aspetto fisico: il suo volto ha cominciato a parlarle, come in un dialogo tra due persone.
Era stato lui a insegnarle tutto ciò, Soichiro la vedeva molto meglio di quanto lei si sarebbe mai vista in quello specchio: e
, forse, non è proprio questo l'amore?







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Capitolo 28
*** #28. Callie/Arizona, Grey's Anatomy. ***


Note: Callie/Arizona, Grey's Anatomy.
Qui ho cercato di narrare i “primi momenti”, diciamo così, Calzona. Anche se nell'ultima stagione non mi hanno fatta impazzire, comunque ricordo che mi piacevano parecchio all'inizio della loro storia. **
Prossima: Akira/Midori, Non sono un angelo.


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male






28.

«No three words have a greater power than “I love you”».


Callie vorrebbe tanto poter distogliere lo sguardo dalla sua figura, ma appena prova a farlo ne sente la mancanza e ogni funzione vitale viene meno. Arizona è diventata una dipendenza della quale non può più fare a meno, le provoca un'astinenza tale da condurla alla follia.
Arizona sorride sempre, triste o felice che sia: per dimenticare le amarezze che la vita riserva, per gioire di tutte le meraviglie che offre. È un'enigma, un puzzle a cui si aggiungono sempre nuove tessere, un complicato rebus sul quale prima d'allora non avrebbe mai puntato: è così, forse, che dovrebbe essere l'amore?

«Ci vediamo dopo, Callie...», Arizona avvicina le labbra alla sua guancia, quel bacio riesce a farle vibrare le corde del cuore, «... Ti amo».
Callie potrebbe aver risposto furtivamente un “Ti amo anch'io”, ma, in tutta sincerità, la sua mente è in balia di migliaia di emozioni contrastanti, le quali si accalcano le une contro le altre per avere la meglio.
Eppure sa che, sopra ogni altra emozione, sono le parole a vincere: tre semplici sillabe, sentire e risentite all'infinito, potenti come la prima e inestimabili come se fosse l'ultima volta.





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Capitolo 29
*** #29. Akira/Midori, Non sono un angelo. ***



Note:
Akira/Midori, Non sono un angelo.
Questa è stata una delle mie primissime coppie, ho voluto celebrare Akira e Midori con un post-manga (dopo il settimo volume, nelle scene finali, Midori fa un discorso e si capisce che è diventata una professoressa e dal suo anello si deduce che è sposata).
Perdonate il tardo aggiornamento, purtroppo gli impegni nella vita non mi lasciano tregua, ma ora ho scritto un bel po' di storie e pondero di terminare questo progetto in breve. Cercherò di aggiornare due/tre volte alla settimana, se riuscirò. Per il momento, grazie a tutti voi che leggete e che spendete del tempo nel recensire questa raccolta! :)



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



29.


«Nothing is more beautiful than a love that has survived the weathered journey of life».



Alcune volte Midori si sveglia di buon mattino solamente per poter godere l'alba in tutta tranquillità – si intende: prima che le sveglie suonino e la solita routine familiare si ripeta –, magari perdendosi nei ricordi. Il passato le appare come una vecchia fotografia segnata dal tempo, ora che è una donna in tutto e per tutto realizzata, eppure malinconica.
Sono lontani gli anni del liceo, le lacrime, le risate e le gioie che le hanno saputo donare: è stata fortunata, tutto sommato, non molti possono dire di aver sposato il primo amore. In fondo, si corregge mentalmente Midori, non si tratta davvero di fortuna,
non del tutto: può dire, senza alcuno scrupolo di coscienza, di aver condiviso con Akira ogni emozione e di avergliene sempre parlato apertamente. L'amore non basta a far funzionare i rapporti umani e, nonostante si voglia ignorare, non riempie tutte le falle e gli ostacoli che si incontrano nel corso della vita. Akira è stato molto più che il suo amore, in tutta sincerità: ha saputo essere anche un grande amico, un affidabile complice e un meraviglioso confidente. E, se tutto questo non è amore, in fondo cos'è?
Midori si perde nel viale dei ricordi, ripercorrendo le tappe più importanti della sua carriera, almeno finché non le viene poggiato un plaid sulle spalle:
«Non vorrai ammalarti a pochi giorni dal tuo debutto, professoressa».
Akira siede sull'altalena, proprio accanto a lei, dondolando avanti e indietro come un bambino; Midori lo osserva dalla breve distanza che li separa: sono cambiati ma non completamente, conservano sempre un lato infantile che non abbandoneranno mai davvero e che, tutto sommato, piace loro così com'è.
«Stavo pensando che non molti possono dire di aver compiuto un bellissimo viaggio, nelle loro vite», riflette a voce alta Midori, allungando il plaid sino alle spalle di Akira.
«E di avere un marito così meraviglioso, vorrai dire», puntualizza lui, mentre il capo di Midori si accoccola sul suo ampio torace.
«Akira, rovini sempre i momenti migliori. Alcune volte sei proprio un ragazzino», lo punzecchia Midori, osservando in lontananza i primi albori.
«E tu sei una maestrina», inveisce Akira, sfiorando la punta del suo naso.
«Con un bel viaggio alle spalle, però. A proposito, chi ha detto che è terminato?».
E sono frasi come quelle che rassicurano Midori, in fondo: la strada non sarà sempre in discesa, ma la salita non risulterà mai così gradevole.



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Capitolo 30
*** #30. Hiroki/Nowaki, Junjou Romantica. ***


Note: Hiroki/Nowaki, Junjou Romantica.
Awh, questa coppia adorabile. Ho sempre adorato il loro rapporto, dovevo includerli in questa raccolta. ;;
D’ora in poi ho deciso che posterò le restanti flash fic che mi rimangono a blocchi di tre storie, proprio come ho fatto ora. Grazie a tutti coloro che leggono!




Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




30.

«Love is when you would willingly give up everything if it meant they would smile».



Non è raro che Hiroki metta il broncio, specie per mascherare ciò che sente veramente dentro, ma è alquanto singolare che lasci trasparire la stessa espressione persino mentre gli porge una scatolina a forma di cuore. Nowaki si chiede se debba farsi perdonare qualcosa poiché un tale gesto, assecondato da tanta delicatezza nei modi, gli sembra alquanto inusuale.
Trattiene tra sé e sé un sorriso – sapendo che non sarebbe ben recepito da parte del suo interlocutore – e sfila con estrema curiosità il nastro che circonda la scatolina, dopodiché le sue labbra articolano un chiaro segno di stupore.
«Oh».
Hiroki arrossisce violentemente, ma ciò non gli impedisce di proferir parola: «Pensavo che… insomma, tu ti sei trasferito da me. Ed è San Valentino e… si tratta solo di una stupida tavoletta di cioccolata».
Nowaki ridacchia sommessamente, si avvicina alla figura pressoché imbarazzata di Hiroki e sfiora il suo mento tra le dita: «Una tavoletta che hai fatto tu, Hiro-chan».
«Non chiamarmi così!», esclama, fintamente risentito. «E le tue dita sono fr--».
Ma, prima che Hiroki possa ribattere, Nowaki alita già sul suo collo e il sangue gli fluisce sino al cervello, finché le loro labbra non diventano una cosa sola e ogni pensiero svanisce nell’aria.
«Grazie», mormora Nowaki, stringendosi tra le sue spalle rachitiche.
E, anche se non può vederlo, è convinto che Hiroki stia sorridendo – e che sia altrettanto convinto che lui non possa saperlo, ma quello è un segreto che Nowaki sarà ben contento di portare con sé.
 

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Capitolo 31
*** #31. Milo/Nicole, Il cacciatore di ex. ***


Note: Milo/Nicole, Il cacciatore di ex.
Io adoro questo film, anche se magari non sarà conosciuto molto: è una comedy leggera, ma la chemistry tra la Aniston e Butler è tangibile. **
Quella che ho descritto, comunque, è la primissima scena che li vede coinvolti.




Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



31. 

«You have to walk carefully at the beginning of love. The running across fields into your lover's arms can only come later, when you're sure they won't laugh if you trip». 


Quando gli occhi di Milo si posano sulla figura di Nicole, per la prima volta dopo diverso tempo, sa che né il sarcasmo né l’evidente rabbia che prova nei confronti della stessa, potranno mai placare il suo animo. Milo non si chiede neppure se Nicole provi le stesse cose poiché, tra i due, lei è sempre stata quella più ben disposta e determinata ad andare avanti: è lei che lo ha cacciato di casa, è lei ad aver agitato davanti ai suoi occhi le carte del divorzio, è lei che ha troncato ogni rapporto.
Anche adesso, quando i loro sguardi si incontrano nuovamente, lei è quella che rifugge e lui è ancora quello che resta. E non ne avrebbe alcun motivo, anzi, dovrebbe essere infuriato e, a dispetto di quel che pensano i suoi amici, l’unico motivo per cui perderà nuovamente la testa per lei sarà quando vedrà la stessa dietro le sbarre di una prigione in cui merita di stare.
Ma in fondo, lo sanno entrambi, i pochi centimetri che li separano non accorceranno mai la distanza che li lega veramente: Nicole può benissimo voltare il capo e Milo non ha alcun problema a fingere una certa indifferenza; eppure, qualche corda vibra e non si tratta certamente del gran frastuono che affolla l’ippodromo.
Che inizi così com’era terminata tempo addietro, allora, con una gran bella corsa.

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Capitolo 32
*** #32. V/Evey, V per Vendetta. ***


Note: V/Evey, V per Vendetta.
Ecco, questo film per me è proprio un capolavoro. Molto diverso dal fumetto originale, ma comunque pieno di concetti tra le righe e denso di significati.
La frase in corsivo è una citazione di V, comunque, personalmente una delle mie preferite.
J
Ringrazio tutti i lettori, prossimamente aggiornerò con un altro blocco di tre flash fic. :D


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



32. 

«Love knows not its own depths until the hour of seperation».



E così V è morto in silenzio, ma non da solo: una cosa che, con tutta probabilità, non pensava potesse accadere. V aveva tanto aspettato quel giorno – la presa di coscienza dei popoli, le verità nascoste che emergevano, i fuochi d’artificio e un’unica, grande e plateale esplosione –, ma nel suo architettato piano non aveva tenuto in conto una forza ancor più potente di un boato.
Doveva andare così, sin dall’inizio: se non si è disposti a morire per una causa, per cosa si lotta davvero?
Tuttavia, pur fedele alle sue posizioni, V non aveva potuto fare a meno di pensarla ogni singolo giorno e chiedersi cosa sarebbe stato senza una maschera, di fronte a lei: Evey gli avrebbe concesso ancora un ballo?
Oh, giusto, una rivoluzione senza un ballo non è una rivoluzione che vale la pena di fare: ragion per cui, l’amore senza una rivoluzione non è che un passo in più.
V non poteva che morire tra le sue braccia, confessandole il suo amore, morendo e al contempo rinascendo, sino all’ultimo fragile respiro.


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Capitolo 33
*** #33. Shikamaru/Ino, Naruto. ***


Note: Shikamaru/Ino, Naruto.
Una delle mie ships più stoiche e storiche, mi è tanto mancato scrivere su di loro! Dedico la storia a shika, sperando che un domani troveremo una ship che non ci faccia soffrire (ma la vedo dura).


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



33. 

«Right now, I can't remember yesterday, and I don't care about tomorrow. This moment is all that matters».


Ormai Ino non sentiva più né l’odore del sangue, né quello della moltitudine di cadaveri stesi al suolo: Konoha non aveva mai conosciuto una guerra tanto cruenta e lei non aveva mai immaginato di doverla vivere in prima persona. Sino a qualche tempo prima – un lasso, in tutta sincerità, sempre più lontano – le guerre sembravano solo una collezione di parole sulle pagine bianche dell’ennesimo esame da superare, ben lontane dalla realtà.
Ino si guardò attorno e pensò che, pur volendo riposare gli occhi stanchi, nulla sarebbe svanito dalla sua vista: quindi, perché approfittare di una vana illusione? Tanto valeva darsi da fare e medicare coloro che avevano bisogno di soccorso, strappando le garze con rabbia mordace e soffocando i gemiti in gola, dando loro respiro solo quando qualche moribondo trovava le forze di invocare la morte a gran voce.
«Basta, Ino», due grandi mani si poggiarono sulle sue spalle, costringendola ad indietreggiare. «È morto…».
Ino lasciò cadere le garze sulle ginocchia, con un gesto di estrema resa; Shikamaru sospirò per un breve momento, poi la colse letteralmente dal suolo. Un attimo dopo, senza davvero accorgersene, il suo corpo si trovava tra le mani di Shikamaru e tutto quel che Ino sentiva era solo l’odore del tabacco proveniente dalla sua divisa.
Non provava più niente, invero, non più: riusciva a stento a percepire il fuocherello verso cui Shikamaru l’aveva condotta, ormai il suo corpo e la sua mente erano diventati una cosa sola.
«Dovresti guardare in direzione del cielo di tanto in tanto».
Shikamaru sospirò, tirando fuori dal taschino l’ennesima sigaretta: Ino sostenne il suo sguardo, come a voler tenere a mente ogni singolo istante di vita vissuta. O, almeno, i migliori momenti in quell’oasi di disperazione.
«Non ti sembra che il cielo urli, Shika? Non ti sembra… rosso?».
«Non a questa distanza».
Shikamaru non levò lo sguardo verso l'alto, ma volse l’attenzione alle sfumature cerulee dei suoi occhi: sebbene travolti da una patina grigia, non avevano mai perso il tradizionale splendore. Ino non comprese, almeno inizialmente, poi d’un tratto le guance si colorarono di una particolare gradazione di amaranto.
«Shika…».
«Uhm?», sospirò il diretto interessato, evitando il contatto diretto.
«Dimmi di nuovo che non è rosso, ti prego».
Ino poggiò la testa sulla sua spalla, con gli occhi puntati in direzione del fuoco, ma la mente rivolta altrove; Shikamaru non sembrava lamentarsene, per una buona volta non vi era nessuna ironia nelle sue parole: «Non lo è, Ino. Non lo sarà mai. Ora dormi».
Shikamaru non sarebbe mai cambiato: poteva dire la cosa giusta, poi ritrattarla con l’ausilio del sol tono di voce; ma non importava, pensò Ino, poiché la sua spalla era un comodo giaciglio e quella piccola porzione di mondo, per quanto isolata, sembrava un oasi di salubre felicità.




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Capitolo 34
*** #34. Zakuro/Mint, Tokyo Mew Mew. ***


Note: Zakuro/Mint, Tokyo Mew Mew.
Questa coppia in realtà non è mai stata una coppia, ma nel manga e nella versione giapponese dell’anime gli accenni sono molto evidenti (e confermati).


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



34. 

«When you love someone, it's something. When someone loves you, it's another thing. When you love the person who loves you back, it's everything».


Erano innumerevoli le volte in cui Mint aveva spostato un turno al Caffè Mew Mew solo per poterlo far coincidere con gli orari di Zakuro, erano altrettante le volte in cui lei non lo aveva neppure notato.
Perché avrebbe dovuto, dopotutto?
Zakuro Fujiwara era una splendida modella, all’inizio di una carriera che si preannunciava spettacolare, non poteva chiedere null’altro. O forse sì, magari qualcosa non era andato proprio come previsto nella sua programmata e intrepida vita da star: entrare a far parte del Progetto Mew Mew doveva aver sconvolto non poco i suoi piani, a volte Mint si chiedeva se non fosse proprio quella la causa di tanto personale attrito nei confronti del gruppo.
Si rammaricava solo qualche secondo dopo di aver pensato una cosa tanto ostile, dopotutto Zakuro si era mostrata più volte una compagna di squadra fedele e un’amica altrettanto affidabile. Ragion per cui, ciò la portava a porsi un interrogativo ancor più grande: lei, in fin dei conti, meritava davvero l’attenzione che anelava ad ogni costo da parte di Zakuro?
Mesi addietro si sarebbe data una ferrea risposta, ma da qualche tempo a quella parte temeva che il terreno sotto i suoi piedi si potesse sgretolare da un momento all’altro e  che la debolezza l’avrebbe trascinata a fondo.
«Finiamo il turno prima, oggi», dichiarò Zakuro, con l’usuale tono autoritario.
«Davvero?».
«Sì… Vieni con me?».
Il cuore di Mint perse un battito, per quanto volesse pensare che non si trattava d’altro che di una forma di cortesia: eppure, alla sua ferma affermazione, per qualche impercettibile secondo, sulle labbra di Zakuro indugiò la bozza di quel che sembrava essere un sorriso. E nulla – né il dubbio, né la perplessità – attraversava la mente di Mint, se non una ineffabile sensazione di sollievo.



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Capitolo 35
*** #35. Mr Darcy/Elizabeth Bennet, Orgoglio e pregiudizio. ***


Note: Mr Darcy/Elizabeth Bennet, Orgoglio e pregiudizio.
Non credo di dover spiegare molto, se non il fatto che la vicenda si svolge ovviamente prima della dichiarazione di Darcy ad Elizabeth e ho voluto assumere il punto di vista di Mr Darcy. Lo so, è stata una scelta audace e rischiosa, ma ho sempre voluto veder di più i conflitti che opprimevano il nostro Darcy.


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male


35.

«
Love is, in fact, everything it's cracked up to be. It really is worth fighting for, being brave for, risking everything for. And the trouble is, if you don't risk anything, you risk even more». 


Fitzwilliam Darcy era un uomo razionale, di sani principi e molto poco incline alle umane tentazioni: ragion per cui, quando nella sua mente – e forse, tutto sommato, anche nel suo cuore – erano germogliati dei sentimenti assolutamente estranei alla sua natura, si era trovato faccia a faccia con una lotta interiore. Aveva smesso di contare i passi compiuti sul pianerottolo, ben certo che ormai tale attività si stesse verificando da ore; in alcuni momenti, invero, alternava la foga alla quiete e così sedeva alla sua scrivania, in cerca di uno stralcio di carta e un calamaio.
“Questi mesi… sono stati un tormento, un vero tormento”, la mano scivolava sulla carta, dominando sulla sua coscienza, “E ho lottato contro la mia volontà, le aspettative della mia famiglia, l’inferiorità delle vostre origini”.  
Rilesse con attenzione, distanziando il foglio di carta a debita distanza, dopodiché lo poggiò con violenza sulla scrivania: no, si disse, si trattava di una dichiarazione sin troppo lasciva per i suoi gusti.
Dov’era la razionalità, il buon senso, il puro e semplice dato oggettivo che lo contraddistinguevano da sempre?
La mente combatteva contro i suoi sensi, in una lotta impari, Mr Darcy non poteva far altro che arrendersi di fronte a tale potenza: “Vi chiedo di mettere fine alla mia agonia”, scrisse, ancora, avvertendo quello stesso tormento tra le dita.
Poi, una presa di coscienza improvvisa: Miss Elizabeth Bennet meritava di più, molto di più, non sarebbe stata di certo una lettera a render giustizia alle sue incommensurabili pene. Quindi, in un gesto puramente istintuale, tutt’altro che affine al suo carattere, strappò la lettera e la gettò tra le fiamme del caminetto. Ebbe quasi l’impressione che il fuoco ruggisse, invero, mentre l’inchiostro bruciava e si tramutava in cenere.
Se si potessero spegnere i sentimenti in tal maniera, pensò Mr Darcy, ammettendo per la prima volta che nel suo cuore vi era qualcosa ben oltre l’umana sofferenza.
“… Vi amo”, recitò a se stesso, “Con grande ardore”.
Miss Elizabeth Bennet sarebbe giunta l’indomani a Rosings e, in un modo o nell’altro, Fitzwilliam Darcy  avrebbe palesato i suoi sentimenti: d’altronde, se non si è disposti a correre un rischio per amore, per cosa lo si dovrebbe permettere?

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Capitolo 36
*** #36. Spike/Buffy, Buffy. ***


Note: sì, torno ad aggiornare dopo tanto tempo. E lo farò abbastanza in fretta, postando per blocchi di cinque flashfic. Questa, in particolare, è ambientata durante la sesta stagione, con dei rimandi alle precedenti. Non avrei potuto immaginare questa raccolta senza una delle coppie che, più di tutte, mi hanno fatto soffrire. :’)


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male





36. 

«Dance like nobody's watching; love like you've never been hurt».



Alcune volte gli sguardi dicono molto più di quanto le parole potrebbero o, meglio, per alcune persone è così: un tempo Spike era eloquente, ma con Buffy ogni tentativo non è altro che una futile impresa.
E, pur tuttavia, nemmeno lei sembra rammaricarsene: ogni loro incontro si trasforma in un campo di battaglia, il quale inizia e finisce come una danza senza freni.
La cripta di Spike è una modesta oasi di libertà, ove ogni loro segreto viene liberato e il resto del mondo dovrà aspettare, tanto la salvatrice quanto il sanguinario vampiro non rinunceranno a ciò che hanno.
Buffy potrà ripeterlo ogni giorno, al sorgere dei primi albori, eppure ogni notte varca la soglia della cripta e lascia che le mani di Spike danzino sulla sua fragile schiena e la abbraccino quando calano le temperature, anche se le sue mani sono fredde e il suo corpo una livida lastra di marmo.
Poiché la cacciatrice, in fondo, non è affatto sgomentata da tutto ciò e Spike vivrà forte di questa consapevolezza, forgiandosi di quel folle amore che ha tanto decantato nei suoi versi.




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Capitolo 37
*** #37. Lelouch/C.C., Code Geass. ***


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




37. 


«I know it's hopeless when you're my answer to every question».


In un mondo come quello nel quale vivevano, Lelouch poteva contare sulla fiducia di poche persone: il fatto era che, per quanto si ostentasse a negarlo, C.C. era l’unica persona a vederlo tanto come Lelouch quanto Zero, senza alcun pregiudizio.
Troppe volte aveva perso i suoi cari, troppe volte aveva dovuto compiere la scelta peggiore, ma C.C. era stata l’unica persona ad astenersi da qualsivoglia giudizio.
Con il tempo Lelouch aveva imparato persino ad apprezzare le sue stranezze: senza neppure accorgersene aveva iniziato a portarle la pizza ogni sera, solo perché sapeva quanto entusiasta sarebbe stata al riguardo. Era raro che C.C. sorridesse e, forse unico, che mostrasse tanto fervore: a ben vedere, capitava solo in presenza di Lelouch e questo, probabilmente, avrebbe dovuto fargli intuire qualcosa.
C’erano anche dei giorni in cui preferivano evitare di parlare, troppi fardelli da portare sulle loro spalle, pur tuttavia andava benissimo così: i loro silenzi si riempivano di sguardi, i quali si tramutavano in sorrisi amari e, nella loro solitudine, erano complici del medesimo – doloroso – gioco.





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Capitolo 38
*** #38. Akito/Sana, Kodomo no Omocha. ***


Note: sì, lo so che in Giappone i matrimoni si svolgono in maniera diversa, ma fingiamo che abbiano puntato al tradizionale. XD
Ah, l’accenno finale ha a che fare con un episodio del manga, precisamente il numero nove. :’D




Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




38. 

«You don't need me or anyone else to make you special; you already are».



C’erano giorni nei quali Sana era più strana del solito – il che la diceva lunga sulla vita che Akito Hayama si era scelto –, ciò lo doveva indurre a tenere una certa distanza di sicurezza. Ma, dal momento che Akito non aveva mai scelto la via più facile, ritornava sempre sui suoi passi e varcava i confini di quel che definiva un campo minato.
«Hayama, cercavo proprio te… ti rendi conto di quale sia il mio dilemma?».
Akito avrebbe voluto negare col capo, ma qualcosa gli diceva che non sarebbe stata la scelta più saggia; quindi, optò per un tacito silenzio e seguì  la direzione della sua futura – isterica – coniuge.
«Manca solo qualche ora a questa maledetta cena di prova e… sono arrivati i tovaglioli. Del colore sbagliato!», Sana scandì le parole con estrema precisione, arrivando quasi a perforargli un timpano.
«Dovevano essere blu… blu!», ripeté, sventolandogli davanti un quadratino di stoffa di tutt’altro colore. «E invece sono arrivati gialli. Stoneranno con tutto il resto, no? Voglio dire, non puoi avere un centrotavola blu e dei tovaglioli gialli. E poi cosa penseranno quando bisognerà scegliere il colore degli abiti delle damigelle? E quando dovrò scegliere il colore del kimono dei bambini e… per favore, Hayama, non impallidire anche tu».
Akito Hayama aveva ascoltato delle enormi quantità di informazioni, lanciate come ordigni esplosivi: quando Sana si sfogava, lo faceva in grande stile – mirando al futuro, si intendeva.  
D’altro canto, una cena come quella si verificava ben poche volte nella vita, Akito immaginò che fosse troppo tardi per tirarsi indietro.
«Kurata, lascia che ti dica una cosa», Akito prese le mani di Sana tra le sue, gesto che lasciò la suddetta alquanto allibita. «Quei tovaglioli potranno anche far inorridire l’intera famiglia, ma non ti renderanno meno speciale. Tu…», Sana si sporse in direzione del suo volto, attendendo fervidamente le future parole. «Non hai bisogno di essere speciale, lo sei già. Tu non devi fare alcuno sforzo, tu non dovrai scegliere alcun colore, perché renderai i colori più brutti… beh, i colori più belli».
Sulle labbra di Sana si sciolse un sorriso di pura dolcezza, poi protese le stesse in direzione del futuro sposo e rimasero in tale posizione per alcuni minuti.
«Sai, Hayama, potrei considerare di saltare tutto ciò per fuggire con te».
«Come ai vecchi tempi?».
Sana scoppiò in una risata fragorosa, una delle innumerevoli cose che ricordavano ad Akito il motivo di tante – inutili – cerimonie.
«Come ai vecchi tempi».




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Capitolo 39
*** #39. Haruka/Michiru, Sailor Moon. ***


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



39.
 


«I can't promise you the world. I can't promise you wealth, comfort, or even happiness. But I can promise you one thing... no matter what happens, you will always be loved».


La prima volta che vide Michiru si trovava in un’ala pressoché deserta dell’Istituto Mugen – ove Haruka si recava per evitare le brusche occhiate delle sue compagne –, quasi sconosciuta ai più.
Quel che la sua visuale inquadrò fu uno scenario così bello che avrebbe potuto incorniciarlo, solo per rivederlo ogni singolo giorno: i boccoli di Michiru si aprivano come spirali e venivano sospinti in direzione del vento, mentre le sue mani premevano cautamente le corde del violino. A ben pensarci, sembrava che suonasse appositamente per quelle correnti d’aria e, d’altro canto, anche il vento pareva cogliere l’equilibrio di tale sinfonia.
Haruka si chiese perché nessuno la stesse ascoltando e, ancor più, il motivo per cui Michiru – che già conosceva, seppur indirettamente, come talentuosa artista – non suonasse in pubblico. Avrebbe avuto sicuramente un motivo migliore per pranzare nell’atrio, almeno dal suo punto di vista.
D’un tratto la musica si interruppe e Michiru indietreggiò, come colta in fallo; Haruka non si era mai scusata con nessuno, ma quella volta decise di metter da parte l’atteggiamento dispotico e far del suo meglio.
«Perdonami… non avevo idea che qualcun altro fosse a conoscenza di quest’ala».
Michiru poggiò il violino sul banco, invitandola tacitamente in sua direzione, dopodiché allungò il braccio e indirizzò altrove l’indice: «Quella casa, riesci a scorgerla? Lì vive una signora anziana, da poco vedova, un giorno venni a suonare qui e lei sembrò gradire. E così, ogni giorno, cerco di portarle un po’ di serenità… con il mio violino».
Fu in quel momento, in quell’inequivocabile istante, che Haruka capì quanta gentilezza, forza e caparbietà si celasse dietro la sofisticatezza e l’eleganza di Michiru. Fu in quel preciso momento che, senza indugio alcuno, le labbra di Haruka si poggiarono su quelle più pallide e candide di Michiru, pur aspettandosi un categorico rifiuto.
Quando si scostò, borbottando uno “Scusa” a denti stretti, tutto quel che Haruka sentì fu la mano di Michiru appoggiata alla sua, mentre con l’altra le rialzava il mento: «Era davvero così difficile sentire il mio violino, nei giorni scorsi? Ti ho aspettata così tanto, Haruka… Ho suonato per quella signora, per i bambini dall’altra parte della strada e persino per i passanti. Ma, alla fine, il mio violino attendeva soprattutto te».
Haruka non realizzò immediatamente, la sua espressione era tanto attonita quanto devastata; ma, come nei momenti di maggior importanza nella vita, alcuni attimi non necessitavano di parole e Michiru badò bene che le cose restassero tali, poggiando le sue labbra su quelle che il destino aveva scelto da tempo.




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Capitolo 40
*** #40. Italia/SRI, Axis Powers Hetalia. ***




Note: in realtà temo di poter aver toppato alla grande con questi due, non vedo APH da tanto tempo, eppure il prompt era troppo “loro” per rinunciarvi.
Okay, con quest’ultimo blocco da cinque vi do l’appuntamento (?) alla prossima settimana con, in ordine, le seguenti flashfic: Sherlock/John (Sherlock, BBC);  Vegeta/Bulma (Dragonball); Rumplestiltskin/Belle (Once upon a time); Nobu/Hachi (Nana); Henry/Lucy (50 volte il primo bacio).
Grazie per aver letto e, a proposito delle scorse storie, grazie per le recensioni e mi scuso con tutti coloro che mi hanno spronato ad aggiornare e per mesi non hanno visto niente. Calo di ispirazione, ahimè.
Grazie ancora, .
J


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



40. 


«Hello is such a simple word. But from the right person, it can mean everything».



Ogni qual volta Italia si avvicina, Sacro Romano Impero non può fare a meno di avvampare vistosamente e guardarsi le punte dei piedi. Il fatto è che Italia ha la capacità – o forse il talento – di illuminare qualsiasi cosa riconosca il suo sguardo, mentre Sacro Romano Impero si sente così… grigio, a suo confronto, pensa che ogni cosa possa oscurare quanto ravvivato da lui.
Eppure, nonostante ogni giorno lo accolga con il capo chino, Italia continua a salutarlo – occasionalmente lanciandogli allegri fiorellini, che vanno a rallegrare il suo soprabito –, mentre molte persone avrebbero rinunciato da tempo.
Un giorno, però, Italia non si limita a salutarlo, ma addirittura a scrutarlo: lo vede chinare nuovamente il capo e, allora, decide di abbassarsi in sua direzione, per alcuni secondi.
«Ciao Sacro Romano Impero, scusa se non mi sono mai fermato. Ma sono lieto di fare la tua conoscenza».
Poi tende la mano in sua direzione e, per la prima volta, sul volto di Sacro Romano Impero si apre un sorriso di pura e sincera letizia.  




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Capitolo 41
*** #41. Sherlock/John, Sherlock (BBC). ***


Note: okay, non ho mai scritto su Sherlock e John (ah, sì, qui sono da intendersi quelli della BBC), per cui spero di non aver fatto disastri. In realtà in questo fandom shippo un po’ tutto, non sono un’accanita Johnlock, ma alcune scene tra i due meritano. :’)



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male





41. 

«Never be afraid to touch someone».


Sherlock Holmes non era mai stato un tipo da contatto fisico: lo trovava un atto eccessivo, uno scambio gratuito di germi, per non menzionare l’assoluta futilità del gesto.
Al matrimonio di John e Mary aveva osservato criticamente ogni invitato – oh, quanti mariti infedeli, il risvolto della camicia non poteva mentire –, i novelli sposi avevano stretto mani e accettato calorosi abbracci, sino all’ultimo.
Aveva potuto notare tale usanza anche nei corridoi ospedalieri, quando Mary Watson si era lamentata delle doglie del parto, John non aveva esitato a stringerle la mano – quale stupidaggine, aveva pensato Sherlock, come se una  mano potesse aiutarla a partorire.
E, invece, a discapito di ogni suo preconcetto, Mary Watson si era ritrovata a ringraziare suo marito – dopo essersi goduta un sano riposo di dodici ore, si intendeva –, come se quella mano e quel tocco fossero stati fondamentali in vista dell’arrivo del nascituro.
Sherlock Holmes non aveva capito, davvero, cosa vi fosse di tanto speciale: così, quando trovò John in uno dei rari momenti di quiete, in un’angusta sala d’attesa, allungò con molto timore un braccio in direzione della sua spalla. Inutile dire che i presenti reagirono in maniera alquanto scettica di fronte a tale accaduto, ma non lo sorpresero mai quanto John Watson: «Quindi immagino che volessi farlo da molto tempo».
«No, affatto», sentenziò meccanicamente Sherlock, allontanando il braccio.
«Non aver mai paura di toccare qualcuno, Sherlock Holmes», disse John, sfiorandogli la spalla. «Qualcuno che conosci ovviamente, intendo».


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Capitolo 42
*** #42. Bulma/Vegeta, Dragonball. ***



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



42. 


«Be careful with your heart. If you give it away, you may never get it back».



Bulma non era mai stata tanto ingenua quanto nella sua situazione con Vegeta: non sapeva neppure come definirla, quel che provava era solo un terribile senso di vuoto e qualcosa simile a un dolore, ma non articolare, in direzione del…
No, non lo avrebbe neppure pensato. Lei era Bulma Brief, una dotta scienziata pluripremiata e altresì conosciuta, non si sarebbe mostrata tanto debole di fronte alla natura umana.
Aveva vissuto una simile situazione con Yamchasimile, sì, ma senza tutti quei dolori articolari e quelle nausee e quei picchi di dolore, ben presto mutati in pianti –, si era convinta che fossero grossomodo la stessa cosa.
Grossomodo, simile, Yamcha, Vegeta… Nella sua mente tutto si mescolava e si ingarbugliava, proprio come in un gomitolo, rendendole il lavoro più faticoso e la mente più pesante.
Ma alla fine della giornata, quando stava per infilarsi sotto le coperte, l’ultimo sguardo di Bulma era rivolto verso il cielo e ogni qual volta sperava di vedere un puntino più grande, forse non perfettamente visibile, precipitare in mezzo a tanti altri e magari proprio nel suo giardino.
E, mai come in quei momenti, il cuore era stato tanto presente nel suo corpo.






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Capitolo 43
*** 43. Rumplestiltskin/Belle, Once upon a time. ***


Note: fan fiction ambientata durante la seconda stagione, quando i Rumbelle erano ancora tutto fluff (insomma, fino ad un certo punto, non che i problemi siano mancati – ma quelli erano comunque giorni migliori dei presenti. ;-;) e non mi distruggevano così tanto l’anima.
 



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



43. 


«Sometimes someone can say something so small and meaningful that it manages to fit right into that empty space in your heart».



Alcune volte Rumplestiltskin la osserva da una certa distanza, attonito, percependo l’enorme divario tra le due parti: se Belle indugia nella luce, lui prosegue sul cammino dell’oscurità – pur incespicando, di tanto in tanto, pur voltandosi indietro più e più volte.

«Cosa c’è? Sono i miei capelli, vero? Avrei dovuto lasciarli sciolti».
Poi, con l’usuale grazia regale, Belle torna a voltarsi in direzione dei presenti, lasciando tintinnare tra loro due calici a quanti vogliano congratularsi.
Belle ha voluto dare fortemente quella festa, in onore dell’apertura della biblioteca, un modo come un altro per interagire con i concittadini di Storybrooke, a discapito del passato.
O, almeno, per gran parte della popolazione è  stato così: ogni qual volta Rumplestiltskin incrocia i loro sguardi, l’intera Storybrooke preferisce raggirarli e sui loro volti vi è un misto di terrore e risentimento.
Ma, nel momento stesso in cui Rumplestiltskin vorrebbe solamente disperdersi tra la folla, così da evitare occhiate argute, a trattenerlo è un’ancora di salvezza.
Quando Belle decide che sia giunto il momento di tenere un discorso, la prima cosa che fa non è raggruppare i presenti o lanciare un avvertimento, bensì protendere il suo braccio verso l’indietro e cercare, fin dove possibile, la mano di Rumplestiltskin. E l’Oscuro non lo percepisce a primo acchito, non davvero, finché le sottili dita di Belle non cozzano contro le sue e vi si aggrappano, saldamente.
A quel punto, in tutta onestà, a Rumplestiltskin non importano davvero le occhiate dei presenti o i bisbigli che ode in sottofondo, poiché la scelta di Belle è ricaduta proprio sulla sua mano e stavolta non la lascerà andare.  





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Capitolo 44
*** #44. Nobu/Hachi, Nana. ***


Note: per scrivere questa storia ho preso ispirazione da quella pagina del manga dedicata al presente, ove Hachi prepara la vasca da bagno a Nobu e lui le stringe le dita. Non ho ben capito qual è esattamente il loro rapporto nel presente – e se la Yazawa non continua il manga non lo saprò mai. çç –, ma è stato qualcosa che mi ha intrigata. Per cui l’ho riportato per iscritto, ovviamente la storia è ambientata dopo la decisione di Nana di andar via dal Giappone.


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



44. 

«Tears are words the heart cannot say».



Alcune volte Nobu le sfiorava le dita, fingendo una certa goffaggine, solo per potersi avvicinare senza dare troppo nell’occhio; altre volte, quando Nana aveva dato la buonanotte a Satsuki, le loro mani si intrecciavano e sembrava che nessuno dei due volesse lasciar andare l’altro.
Per quanto Nobu tentasse di negarlo, le sue dita trovavano difficoltà nell’atto di stringersi a quelle di Nana e tale impedimento aveva una forma circolare ed emanava un certo luccichio.
Prima che quel pensiero perisse dalla sua mente, così com’era nato, gli occhi di Nana avevano già letto tra le righe – erano entrambi libri aperti, d’altronde, nulla di più semplice da decifrare.
«Nana?».
«Va tutto bene. È solo che ho alzato di colpo la testa e… ».
E le lacrime erano rotolate dalle sue ciglia, disegnando sugli zigomi due vie impervie: Nobu si era separato dalle sue mani, solo per un attimo, per poter afferrare un rivolo in procinto di cadere. E il volto di Nana tra le sue dita era stata la sensazione più euforica che avesse mai provato, un misto di amarezza e dolcezza, ricoperta da tanti strati di malinconia.
«Le tue mani sono calde», aveva bisbigliato Nana, poggiando la guancia sul suo palmo, mentre le lacrime si riversavano sulla mano di Nobu. «Restiamo così, solo per un attimo…».


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Capitolo 45
*** #45. Henry/Lucy, 50 volte il primo bacio. ***


Note: oh, questo film. Penso di averci pianto l’anima. ;;
Ho descritto un piccolissimo pezzettino della vita di Henry e Lucy, pensando soprattutto a come possa essersi sentito lui.
Okay, detto ciò, la prossima settimana aggiornerò le ultime flashfic: Harry/Sally (Harry ti presento Sally); John Smith/Pocahontas (Pocahontas); Usagi/Misaki (Junjou romantica); Hercules/Megara (Hercules); Aladdin/Jasmine (Aladdin).


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male




45. 

«A promise is all I want. A promise that you will never forget me».


Henry potrebbe prometterle il mondo ogni sera, ma sa benissimo che Lucy ogni mattina lo dimenticherebbe: per cui sceglie di incidere dei pezzetti di memoria, giorno per giorno, ricordandole quanto bella e incredibile possa essere la vita.
Non che sia andato tutto perso, Henry ne è fermamente convinto, la sua memoria potrà pur essere lacunosa, ma alcuni tasselli sono al loro posto – magari sfocati, forse indistinti, ma sono lì e tanto basta.
«Dimmi, Henry… quante volte ti prometto che ricorderò tutto domani?», chiede Lucy, stringendosi nel suo abbraccio.
«Non ci pensare, Lucy».
«Ma io voglio pensarci», inveisce lei. «Voglio sapere quanto dolore possa arrecarti».
Henry annuisce, dopodiché afferra il volto dell’amata tra le dita: «Non pensare mai che tu possa farmi del male, Lucy. Promettilo».
Gli occhi di Lucy riflettono la luna e, proprio come quest’ultima, Henry potrebbe perdervisi: da quando Lucy è entrata nella sua vita qualcosa è cambiato, un qualcosa che sa molto di tutto.
Così, quando lei annuisce e protende le labbra in sua direzione, Henry realizza che quell’assenso è proprio quello di cui avrà bisogno nella sua vita e non smetterà mai di rinunciarvi.



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Capitolo 46
*** #46. Harry/Sally, Harry ti presento Sally ***


Note: Harry/Sally, “Harry ti presento Sally”.
Questo film per me ha davvero un gran significato, forse è stata la “commedia madre” di tante commedie odierne. Quella di Harry e Sally è la storia più vecchia del mondo, ma anche una delle più belle per me. E questo vuol essere il mio piccolissimo contributo – in ritardo! – per San Valentino, all’inizio non l’avevo pensata così, ma la recente festività mi ha ispirata. :’)



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



46. 

«Meeting you was fate, becoming your friend was choice, but falling in love with you was completly out of my control».


Quando Harry e Sally si erano conosciuti non vi era stata alcuna scintilla: avete presente quel “colpo di fulmine” di cui parlano in tanti, raccontando anni dopo come fosse quella giusta, sin dal primo momento?
Erano tutte stronzate, confezionate e infiocchettate a regola d’arte.
Harry l’aveva trovata un tipo estremamente odioso, della peggior specie: Sally aveva una tabella di marcia da seguire per l’intero corso della sua vita e, inoltre, era una maniacale perfezionista del controllo e pranzare con lei significava sottomettersi ad atroci torture.
Eppure Harry soccombeva, eppure la osservava mentre ispezionava criticamente gli antipasti, eppure non poteva fare a meno di telefonarla ogni singolo giorno.
Ma erano tutte stronzate, comunque, l’amore e gli altri rimedi.
Harry ci aveva creduto, un tempo, era stato tanto ingenuo da metter su famiglia: bella batosta, peraltro inaspettata, quando Helen gli aveva riferito che forse non l’aveva mai amato davvero.
Da allora ogni cosa gli era parsa un pretesto per far girare il mondo e collezionare tante scatole di cioccolatini a forma di cuore e rose rosse che sarebbero appassite nel giro di pochi giorni. Stronzate, per l’appunto, delle quali però il mondo si alimentava da secoli.
Almeno così gli era parso, finché Sally non si era presentata sulla soglia della porta con una scatola di cioccolatini e un garofano; Harry aveva indugiato attonito, senza parole, come non gli capitava da tempi immemori. Poi, aveva aperto la scatola di cioccolatini e l’aveva trovata… vuota.  
«Sally?».
«Cosa? Non avrei mai potuto prendere una scatola di cioccolatini senza vederne il contenuto. Ecco qua i tuoi cioccolatini, i migliori di tutta New York a giudicare dalle mie ricerche», disse, porgendogli un sacchetto color lavanda.
«E cosa me ne faccio della scatola?».
«Come sei burbero, Harry. Si sa, la scatola serve come ornamento».
«E il garofano?», chiese Harry, scettico.
«Si mantiene per molto più tempo. Al contrario delle rose», affermò risoluta, cercando con lo sguardo un’ampolla di vetro. «E poi non sono mica la tua ragazza, Harry!».
E per un momento, un sol brevissimo istante, Harry pensò a quale meravigliosa coppia sarebbero potuti essere e a quanto il loro San Valentino sarebbe stato l’anti San Valentino per antonomasia: un’immagine meravigliosa, ma mai quanto il sorriso che Sally gli stava rivolgendo.





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Capitolo 47
*** #47. John Smith/Pocahontas ***


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



47.

«I never want another person to know just how incredible you are». 


John Smith poteva pur sentirsi debole, dolorante e fiacco, ma nulla gli avrebbe impedito di tornare da lei: Pocahontas l’aveva salvato e aveva fatto di lui un uomo migliore. Non diverso, ma migliore: aveva grattato la superficie, oltre la quale nessuno aveva mai osato, facendogli riscoprire la bellezza di un mondo in evoluzione.
John Smith non avrebbe incontrato mai più una persona tanto incredibile quanto Pocahontas, pur varcando continenti conosciuti ed estranei.
E non solo perché ne era innamorato, ma per una ragione ben più nobile: Pocahontas rappresentava quanto il mondo aveva bisogno, era la calma che quietava la tempesta e l’onda che spegneva l’indomito fuoco. Pocahontas era il baluardo di un nuovo, possibile e auspicabile mondo e John Smith non avrebbe amato mai più una persona tanto speciale come lei.

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Capitolo 48
*** #48. Hercules/Megara, Hercules. ***



Note: Hercules/Megara – Hercules.
Questa è una delle mie otp storiche della Disney e dedico questa storia alla mia cara amica Ilovewrite. <3
Storia ambientata post-Hercules!
J



Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



48.
 

«Don't say we aren't right for each other. The way I see it, we aren't right for anyone else».

Alcune volte Hercules contemplava l’Olimpo, fin dove la visuale lo permetteva, mentre nelle vicinanze scivolavano utensili da cucina o si sgretolavano delle pareti, generalmente a causa della baldanza di Pegaso.
In quei casi Megara lo rimbeccava più e più volte, finché lei e Pegaso non concordavano un silenzioso astio, il che perdurava sino all’ora di cena – Hercules trovava tutto ciò divertente, per quanto ripetitivo, quella era la sua idea di famiglia.
Tra l’Olimpo e la terraferma vi era un divario immenso, anche se Hercules aveva avuto solo un assaggio delle ultraterrene origini: vi erano una varietà di dei, ma l’armonia regnava serena e non sarebbe potuto essere altrimenti.

«Non dirmi che ti sei già pentito, bel fusto», Megara lo raggiunse, dandogli una piccola gomitata.
«Oh, no, affatto. Stavo solo riflettendo…», ammise sinceramente Hercules. «La vita sarebbe stata una noia, laggiù».
«Oh, certo, l’immortalità e lo svago. Nessuna tassa da pagare, nessun problema al mondo. Dei, aiutate quest’uomo!» , declamò teatralmente Megara, voltandosi in direzione del cielo.
«E nessuna come te, Meg».
Megara lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e chinò leggermente il capo: non era un aspetto di se stessa che le piaceva mostrare – non ai più, almeno –, ma Hercules conosceva sin troppo bene quello sguardo.
«Nessuna come me, eh? Ma saresti potuto essere immortale e un giorno… un giorno potresti pentirti di questa vita mortale. Semplice. Terrena».
«Perfetta», scandì a sua volta Hercules, stupendola. «Per come la vedo io non ero destinato all’Olimpo, ma l’Olimpo era destinato a portarmi da te».
Megara sussultò, per la prima volta non sapeva davvero cosa dire; quindi Hercules ruppe quel silenzio, appoggiando la sua fronte a quella dell’amata: «Non pensare mai più una cosa del genere. Questa vita, questo… amore, è più immortale di tutte le divinità dell’Olimpo messe insieme».
Le loro labbra si sfiorarono per qualche istante, dopodiché le parole di Megara proruppero nel piacevole scambio di silenzi e sguardi che si era venuto a creare: «Beh, dovrai farci l’abitudine bel fusto, perché è l’unica immortalità che avrai. E ora rientriamo, prima che i dei ci minaccino di persona».




 

 

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Capitolo 49
*** #49. Usagi/Misaki, Junjou romantica. ***


Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male


49. 

«It's not what I feel for you. It's what I don't feel for anyone but you».


La routine giornaliera imponeva che Misaki sfaccendasse tutto il giorno e Usagi lavorasse per la maggior parte del tempo, accompagnato solamente dal rumore dei tasti del suo portatile. Era una quotidianità alla quale, senza che davvero se ne rendesse conto, Misaki si era abituato e – anche se non l’avrebbe mai ammesso – persino Usagi la trovava piacevole.
Meno gradevoli, invece, erano gli innumerevoli tentativi di invadere il suo spazio vitale e costringerlo ogni notte alla resa: eppure, se dapprima i movimenti di Usagi erano scaltri e avventati, con il tempo erano diventati soavi e delicati, più rispettosi della sua persona.
Questo doveva riconoscerglielo, Usagi si era sforzato sin dove poteva nel farlo sentire parte di quella casa e non solamente di una stanza. Ma Misaki era un ragazzo e, per quanto maturo, era vulnerabile e sensibile e aveva bisogno di gesti tanto quanto di conferme.
E invece eccolo di nuovo là, in quell’angolo ormai familiare di letto, con uno sguardo rivolto a Usagi e l’altro alla soglia della porta.
Almeno finché Usagi non gli allungò un cuscino, privandosi egli stesso di un guanciale in più: «Visto che ti fa sempre male la testa quando dormi qui. Tieni, ti servirà».
«Veramente mi fa male la testa per colpa tua!», inveì Misaki, con tono leggermente inviperito.
Usagi non esordì con una delle sue battute sardoniche, preferì il silenzio e la quiete notturna e si sistemò quanto più vicino a Misaki, biascicando un: “Allora scusa” –  a denti stretti, ma udibile.
E in quel momento Usagi pensò che non gli importava un bel niente di sentirsi rivolgere frasi d’amore o manifestazioni d’affetto, Misaki era felice con un guanciale in più e qualche ora di sonno in meno e nulla avrebbe cambiato tale sensazione.




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Capitolo 50
*** 50. Aladdin/Jasmine, Aladdin. ***


E sono giunta al termine di questa raccolta. Ci ho messo molto tempo, ma ce l’ho fatta.
Ovviamente non avrei potuto concepirla senza la mia coppia per eccellenza, una delle ship che per me sono proprio la definizione dell’amore. Di Al e Jasmine ho sempre amato il loro credere fermamente l’uno nell’altra, una cosa che si esplica in particolare nel terzo film della saga e, per l’appunto, questa storia si colloca post “Aladdin e il re dei ladri”. Ho inserito alcuni riferimenti, quindi la citazione è d’obbligo. XD

Infine vorrei ringraziare tutti coloro che si sono fermati a recensire anche solo una volta, che hanno trovato il tempo di leggere le mie storie e coloro che hanno inserito questa raccolta tra le preferite-seguite-ricordate.
Grazie mille a tutti, soprattutto a chi ha sopportato i miei aggiornamenti poco costanti.
E un grazie a Fabi (Feel Good Inc) che mi ha concesso di utilizzare questa challenge!
Okay, ho terminato, buona lettura e ancora grazie. <3





Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male



50. 

«What's meant to be will always find a way».



Aladdin non aveva mai riflettuto davvero circa quanto fosse cambiata la sua vita finché la visuale di Agrabah, solenne e maestosa, non si era insinuata nei suoi occhi quella mattina.
Era una distesa di colori vivaci, si ammorbidivano sulla linea dell’orizzonte e poi si perdevano in tante altre sfumature, oltre le quali non riusciva a scorgere null’altro. Il mondo, visto da un comodo letto a baldacchino e da soffici lenzuola di seta, era ancor più luminoso per chi aveva dovuto sempre considerare i primi albori come l’inizio di una giornata lavorativa all’insegna della sopravvivenza.
Le fila del destino lo avevano condotto da Jasmine, nonostante durante il loro primo incontro si fosse intrufolata nel mercato come una stracciona; ma ad Aladdin, già da allora, era apparsa come una visione principesca: in un via vai farfugliante di gente, Jasmine si era fatta spazio tra la folla come un’immagine singolare, quasi onirica nel suo incedere.

E ora, ora che erano sposati e il peggio sembrava passato, Aladdin temeva di svegliarsi ancora con la sensazione di dover fuggire e di dover conservare un pezzo di pane, per quanto duro, ancora per qualche giorno. Talvolta era Jasmine, la quale lo sentiva sussurrare strani mormorii in dormiveglia, a scuoterlo da certi torpori, infilando un braccio sotto il suo e ricordandogli quanto andasse tutto bene, certi giorni non sarebbero tornati mai più. 
Ma vi erano anche altri giorni in cui Aladdin rifletteva circa ciò che gli era stato donato, nonostante quanto gli fosse stato tolto, la sua vita aveva preso una svolta che non avrebbe mai pensato possibile e Jasmine, in quel quadro idilliaco, ne era la causa e la conseguenza.
Si voltò verso l’altro lato del letto per cercarla, ma non era lì; quindi si alzò, pensando che qualche dovere regale l’avesse fatta scendere di buon mattino, per poi scoprire che si trovava sull’ampio balcone, rivolta con lo sguardo in direzione del regno.

«Ehi, Al. Sei già sveglio?».
«Potrei farti la stessa domanda», rispose prontamente, baciandole la fronte.
Jasmine si strinse per qualche nano secondo nel suo scialle, poi dichiarò: «Qualche mattina mi sveglio prima per contemplare il regno. E anche per pensare un po’, prima di dover adempiere ai miei doveri quotidiani».
Avvicinò il suo volto a quello di Aladdin, come faceva sempre quando qualcosa la preoccupava in maniera particolare: «Voglio dire, tu sei qui. Ma ogni tanto temo che un’altra missione ti terrà lontano da me, che sia salvare tuo padre o entrare nella combriccola dei quaranta ladroni», sospirò. «In quei giorni ho cercato di allontanare il pensiero che non saresti mai tornato, ma… certe volte era semplicemente più forte di me».
Jasmine si morse le labbra con veemenza e Aladdin, in quel momento, si sentì così sciocco: aveva sempre visto la situazione dalla sua prospettiva, senza tener conto di quanto sua moglie avesse sofferto in sua assenza. I giorni lontani da Agrabah erano stati lunghi, faticosi e molte volte aveva temuto il peggio, un uomo solo contro quaranta ladroni era quanto di più masochistico ci si potesse mai aspettare da uno straccione come lui, eppure Jasmine lo aveva lasciato andare – anche questo, d’altro canto, era l’amore. 
«Jasmine, io… io ti chiedo scusa. Tu non hai mai cancellato quella data, non hai mai dubitato che potessi farcela», ammise Aladdin, stringendola forte.  «E nemmeno io ho dubitato di te, mai».
A Jasmine sfuggì una risatina singolare dalle labbra, quasi sardonica: «Stai mettendo sullo stesso piano l’intrufolarsi tra i ladroni e la mia presenza qui, nel Palazzo, in tua attesa?».
«Oh no, tu hai avuto il lavoro più difficile», Jasmine gli lanciò un’occhiata insospettita. «Nessuno dovrebbe mai aspettare qualcuno che potrebbe non tornare più, è la tortura peggiore. Eppure tu l’hai fatto. Eppure tu non hai mai cancellato il nostro matrimonio».
«Mi sarei intrufolata nel rifugio dei quaranta ladroni in abito da sposa, piuttosto!», esclamò Jasmine, cancellando i segni della tristezza dal volto.
«Ed è per questo che ti amo».
 «Ed è per questo che siamo ancora qui. Ma ti proibisco di usare l’Oracolo per i prossimi vent’anni!».
Aladdin si chinò alla sua altezza per poterla baciare, Jasmine cinse le braccia attorno al suo collo e così le paure, i demoni del passato e le preoccupazioni future scomparvero, lasciando posto a quel che entrambi sapevano di poter fare al meglio: vivere il presente, in attesa del capitolo successivo.


 

 

 

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