A love Story

di linpa88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** She ***
Capitolo 2: *** He ***
Capitolo 3: *** Dance ***
Capitolo 4: *** Gift ***
Capitolo 5: *** Argue ***
Capitolo 6: *** Confusion ***
Capitolo 7: *** Love ***
Capitolo 8: *** Together ***
Capitolo 9: *** Sh*t ***
Capitolo 10: *** First time ***
Capitolo 11: *** Marie ***
Capitolo 12: *** Gone ***



Capitolo 1
*** She ***


Non ci posso credere, sono tornata dopo quanti anni? Ebbene sì sono ancora qui a scrivere ma questa volta metto da aprte Harry Potter per presentarvi una mia storia originale basata su una delle mie ship migliori ultimamente. Troverete un sacco di errori, ma questa storia è stata scritta di getto e ho deciso di mantenere volutamente gli errori perché così come mi veniva l'ho scritta, è genuina quindi i grammar-nazi non me ne vogliano. Love -Amy-


Tre erano le cose che si potevano dire con certezza di Mary: La prima era che lei stessa si definiva una ragazza un po’ particolare, la seconda era che tutto il resto delle persone che a scuola avevano avuto a che fare con lei almeno una volta, la giudicavano un po’ inquietante e la terza era che chi la conosceva bene, la definiva come una persona tranquilla e pacata, almeno che non venisse provocata. E lì poi erano cazzi.

Bionda, occhi verdi, aria tenebrosa e modi da fare spicci, Mary era davvero un bel tipetto, di certo non la solita quindicenne presa a pensare solo ai trucchi, ai ragazzi e alla moda, ma più una ragazzina anticonformista e strafottente, sempre pronta a dire la sua, tanto per dimostrare che fosse una che valeva e che non ci teneva a venir messa in ombra dalle altre persone che la vedevano ancora come una bambina. Il motivo per cui la maggior parte dei ragazzi la definivano inquietante e strana, era primariamente per il modo in cui andava vestita, non si poteva dire che avesse un abbigliamento tipicamente da “dark”, semplicemente il suo campionario di colori non andava oltre il blu scuro o al massimo un celeste, ma doveva essere proprio di buon umore per indossare un colore così chiaro; inoltre jeans, felpe, tute e t-shirt non erano propriamente definiti abiti femminili ma lei li preferiva alle gonne e agli accessori sacrificando, volentieri, la moda per la praticità. Oltretutto quelle rare volte in cui Mary apriva la bocca, di certo non ne uscivano delle rose, non che fosse eccessivamente sboccata e non che tenesse sempre la bocca aperta, semplicemente succedeva che se per sbaglio la si urtava, lei si faceva sentire senza alcun problema. Il corollario di stranezze poi era anche più infinito, conosceva a memoria ogni battuta del film Frankenstein Jr e nonostante questo, riusciva a trovarlo lo stesso divertente ogni volta che lo vedeva e non mancava di estrapolare qualche citazione qualora se ne presentasse l’occasione; non faceva mistero del suo amore per la musica rock e metal e per i film, horror o splatter che fossero, l’importante era che venissero versati litri di sangue il resto era irrilevante.
Dal canto suo, Mary, riteneva che la normalità fosse un concetto troppo sopravvalutato. Il mondo e la percezione che si poteva avere di esso e delle persone, era tutto un fattore soggettivo: in sostanza, ciò che alcuni definivano strano, per altri poteva essere la normalità e viceversa e su questo principio Mary aveva basato tutta la sua vita. Totalmente disinteressata dal parere che le altre persone avevano di lei, a scuola e fuori, si era sempre concentrata su ciò che voleva e su come ottenerlo ma non per egocentrismo, semplicemente si riteneva libera di dire, fare e pensare ciò che voleva e se agli altri questo non stava bene, non erano problemi suoi; non le interessava se con le sue parole o con i suoi modi di fare si attirasse delle antipatie, lei faceva sempre quello che le diceva la testa e spesso le antipatie erano anche ricambiate. Non tollerava la maggior parte delle persone in quella scuola perché li vedeva come persone prive di senso, di tanto in tanto capitava qualcuno con cui fare amicizia, ma per il resto quel posto ospitava le classiche categorie di studenti tipiche di ogni liceo: bulli, secchioni, sportivi, minoranze etniche, coloro che vivevano solo per le attività extracurricolari e chi più ne ha più ne metta. Mary passava la maggior parte del tempo a guardarli tutti nelle loro patetiche vite, esprimendo raramente un commento a riguardo, perché non era mai stata una persona di molte parole; frequentava le lezioni e allontanava qualsiasi attività extra come la peste. Questo suo modo di fare, le permetteva di tenere a distanza persone felici e spensierate, bulli, affiliati a qualsiasi dottrina religiosa e idealistica e in generale tutti coloro che mal tolleravano il suo carattere lugubre e dispotico, e di selezionarsi una piccola schiera di fidati amici con cui sopravvivere insieme, agli anni terribili del liceo. Quando era “costretta”, si divertiva a disgustare le ragazzine della sua età descrivendo loro, con meticolosa cura, i particolari più ributtanti nelle scene di trapianti, orrende mutilazioni e amputazioni, abbondando sempre sulla quantità di sangue che fuoriusciva dalle vene e dalle arterie dei corpi che sgozzava personalmente. Se le malcapitate provavano a dubitare della veridicità delle sue parole, prontamente tirava fuori dallo zaino uno dei suoi libri preferiti che comprendeva migliaia di foto sugli interventi chirurgici non riusciti, da cui altrettanto prontamente tirava fuori foto di lei vicina a manichini ben attrezzati da sembrare cadaveri veri e propri, debitamente dissezionati dalla testa ai piedi. Gli sventurati, il più delle volte, correvano quanto più lontano possibile da lei e contribuivano ad aumentare le malelingue sul suo conto, che la vedevano invischiata alla ricerca di fantomatici cadaveri in girò per la città la notte di Halloween o le accreditavano il possesso di un bisturi con cui dissezionava personalmente i cadaveri con cui poi si faceva delle foto che mostrava tutta piena di orgoglio. Mary non lo faceva per diletto, non le andava di essere definita una bulla che tormentava gli altri ma, ovviamente, se le davano fastidio, aveva appreso che questo era il metodo migliore per togliersi le persone dalle scatole. Questa sua macabra passione era tutta colpa di Alex.
 
Alex era l’unica ragazza che Mary non era riuscita a far scappare via, perché era ben noto a molti, che era tanto strana quanto lei. L’aveva conosciuta dieci anni prima quando ancora aveva i capelli biondo cenere e con la sua famiglia si era trasferita nella casa di fronte a lei; la prima volta che la vide, Alex sfidò Mary a pronunciare per tre volte il nome di Maria la Sanguinaria davanti ad uno specchio: la legenda voleva che se il suo nome venisse pronunciato per tre volte in una determinata ora della notte, riflesso in uno specchio sarebbe apparso un fantasma che avrebbe strappato gli occhi all’evocatore; per nulla disturbata dal suo racconto, Mary chiese ad Alex di fare un tentativo quella stessa notte e da lì, tra loro, crebbe un forte legame. Qualche anno più tardi, Alex regalò a Mary una delle tante edizioni del Frankenstein di Mary Shelley, i genitori non ne furono molto contenti e tentarono di impedirle di leggere quel libro non propriamente adatto a una bambina; Mary, dal canto suo, non ammetteva che qualcosa potesse spaventarla o farla inorridire e sgattaiolava segretamente la notte per leggersi qualche pagina di quel libro “proibito”. Più che rimanere affascinata dagli esperimenti condotti dal dottor Viktor Frankenstein, Mary rimase colpita dalla parte anatomica della storia; dissezione e assembramento delle parti di cadavere divennero un argomento fondamentale delle sue future ricerche, con santa pace di Alex che cominciò ad assecondare le passioni della sua nuova amica, spesso fomentandole.
 
Adesso che gli anni erano passati, e Alex sfoggiava con orgoglio i suoi capelli neri con riflessi viola in pieno contrasto con la carnagione chiara, si ritrovavano ancora insieme, a ridere delle proprie battute macabre o a dividersi un hamburger nella mensa scolastica mentre leggevano un libro o si scambiavano pareri circa l'inutile vita che le circondava. A loro non interessava se in mezzo a quella moltitudine di adolescenti qualcuno le avesse viste ridere perché, in un certo senso, era bello mostrare agli altri che entrambe fossero dotate di senso dell’umorismo e di qualsiasi altro sentimento comune a un essere umano, semplicemente loro non dovevano ridere per l’approvazione di nessuno, né per guadagnare la stima di persone che in sostanza erano solo degli emeriti stupidi. Non era raro che una delle due, irrompesse con una fragorosa risata attirando su sé stessa le occhiate dubbiose degli altri studenti, anzi quello si era rivelato il loro passatempo preferito quando proprio si annoiavano durante le lezioni.



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Capitolo 2
*** He ***


Avevo detto che avrei postato il secondo capitolo domenica ma niente, pare che la storia sia un così tale successo che mi hanno richiesto subito il secondo capitolo. Sono stata manchevole la scorsa volta perché ho dimenticato un sacco di persone a cui devo tanto per questo racconto: voglio ringraziare Laura perché senza il suo Gabriele, bhè Mary sarebbe sicuramente felice in una vita priva di senso... bruciarsi fa male ma lei è forte. Voglio ringraziare Elena (benedetta sia tu e il Replace) e voglio ringraziare Valentino (Mi hai tirato fuori da una situazione difficile e mi hai fatto conoscere tante bellissime persone... grazie infinitamente).


Gabriel era il ragazzo più odiato e il più amato della scuola.

Essendo di costituzione mingherlina, le poche volte che Mary lo aveva incrociato, aveva pensato che fosse buono solo come scopa per pulire, se non fosse stato per il fatto che portava sempre i capelli rasati e per questo la pelle del cranio gli si sarebbe staccata immediatamente dallo scalpo; nient’altro in Gabriel le ispirava particolari pensieri e Mary sperava di non averci mai a che fare. Per quello che ne sapeva, e per quello che le interessava, Gabriel era un ragazzo che aveva passato più ore tra le gambe delle ragazze che a lezione a scuola, una specie di Dio del sesso sceso in terra con uno stuolo di ragazze pronte a cadergli ai piedi con una fantastica media di voti e per questo, sempre lodato da tutti i professori. Questa sua condizione gli aveva donato la certa convinzione di essere un superuomo e per questo si metteva costantemente alla prova così da dimostrare la propria superiorità su tutti gli altri ragazzi e non contava se per riuscirci doveva arrivare primo in una gara sportiva o portarsi a letto quante più ragazze potesse, l’importante per lui era eccellere in tutto. La fama che si era costruito, da una parte mostrava un ragazzo pieno di sé ed esibizionista, che predicava l’esaltazione dei sensi e l’importanza dell’erotismo, rivelando la sua anima da libertino che prediligeva solo le più belle, le più sensuali e le più intriganti; non c’era ragazzo che non tentasse di imitarlo per il successo che riscuoteva e non c’era ragazza che, sobria o meno, non avesse passato una notte con lui o non fosse caduto tra le “dolci” parole che riservava alle sue conquiste. Dall’altra invece mostrava un semplice studente che si poteva trovare sdraiato nel giardino antistante alla scuola, in muta contemplazione della natura con la sigaretta tra le labbra mentre cercava di darsi un contegno serio; altre lo si trovava a far baldoria a qualche festa o evento sportivo con gli altri ragazzi della sua età dopo aver sostituito la sigaretta con un bicchiere ricolmo di qualche, non meglio nota, bevanda alcolica e delle volte lo si vedeva anche studiare come se fosse la più anonima tra le persone in mezzo a tutti quei ragazzi. Qualsiasi psichiatra degno di questo nome, avrebbe ricamato trattati interi sull’evidente disturbo dissociativo dell'identità di cui soffriva, perché era evidente che a livello psichico, Gabriel avesse seri problemi. Mary, tuttavia, non si era mai soffermata a pensare al ragazzo, perché lui faceva parte di quella grande fetta di studenti di cui non le fregava un emerito cazzo. Quello che sapeva, l’era giunto, disgraziatamente alle orecchie, grazie alla miriade di ragazze che puntualmente rimanevano a bocca aperta ogni volta che lui passava vicino e rivolgeva loro un sorriso. I commenti post-sorriso si sprecavano e Mary pregava intensamente qualche forza o entità che la facesse diventare improvvisamente sorda. Sembrava che ovunque lui andasse, un coro di “Ohhh, quanto è sexy” lo seguisse come l’aria che lo circondava; quelle poche volte che Mary si era trovata vicino a quel coro di svenevoli attenzioni, aveva desiderato ardentemente che un meteorite improvvisamente gli cadesse addosso riducendo a un cumulo di cenere quell’ammasso di fascino ed egocentrismo. Si poteva pensare che Gabriel fosse stato preso di mira, ma la realtà era ben diversa perché Mary riservava quel tipo di pensiero, ad almeno il 90% degli studenti della sua scuola e spesso anche per motivi più futili. Un giorno poi avvenne la monogamia.
 
La valle di lacrime che sopraggiunse alla notizia, era qualcosa di così stomachevole che Mary non toccò cibo per tutto il giorno. Sembrava che le attenzioni di Gabriel, avessero smesso di sciamare dietro tutte le ragazze che appestavano la scuola, e fossero tutte focalizzate per una certa Marie, una ragazza bionda e poco più piccola di lui che, a quanto ne sapeva, era la creatura più mite al mondo e con quel cazzone non aveva niente a che farci. La povera sventurata, era passata dall’essere un nessuno a ragazza più odiata di tutto il liceo e, quello che era ancora più incomprensibile, era il suo sguardo così pieno di amore? Gratitudine? Bontà? Alex sperava che quella ragazza fosse più furba di quanto sembrasse e che avesse messo su tutto quel teatrino solo per dare una lezione al suo orgoglio, ma lei sembrava seriamente presa dalla sua relazione; e se fosse stato il contrario? E se Marie fosse stata solo una scommessa persa e quindi un ingombrante pegno da pagare? Le malelingue si sprecavano a riguardo perché quello della secchiona anonima che accalappia il bello e irraggiungibile, era un cliché grosso tanto quanto la stupidità umana. Nessuno sapeva quanto le voci fossero fondate, ma si pensava che lei non ci stesse tanto con la testa e Gabriel avesse fatto solo un gesto carino per darle l’illusione del momento; pur volendo evitare le chiacchiere, di boiate se ne sparavano tantissime. I più dicevano che lo sguardo e il carattere dolce di lei erano riusciti a far breccia nell’egocentrismo di Gabriel, discostandolo momentaneamente dalla sua continua e deleteria venerazione di se stesso; nonostante tutto lui era fermo nell’uscire con compagnie alquanto discutibili che comprendevano amiche che potevano essere tranquillamente definite, dalla dubbia natura sessuale. All’interno di queste cosiddette amicizie, c’era Sarah che poteva essere tranquillamente definita una di quelle ragazze, così tanto tranquillamente, che in un momento di pura cattiveria, Alex aveva riferito a Mary alcune dicerie che vociferavano che la ragazza, avesse preso più schizzi di uno scoglio di mare; Mary non conosceva la natura di quel paragone, ma non fece domande perché ben immaginava da sé che di certo, quello non fosse un complimento. Il divario che c’era tra Marie e Sarah era alquanto evidente e bisognava essere veramente ottusi per non rendersene conto: i caratteri e i modi di fare di entrambe erano diversi, perché la calma e l’ingenuità di Marie cozzavano con la spigliatezza di Sarah e la tendenza di quest’ultima al melodramma, al suo desiderio di mettersi in mostra e alla sua capacità di mantenere costante su di sé l’attenzione altrui, attraverso la sua personalità prorompente. Questo non faceva che aumentare la convinzione che in Gabriel ci fossero due personalità contrastanti le quali, a loro volta, preferivano la compagnia di una donna piuttosto che dell’altra; una specie di bisogno di calma e agitazione a livelli alterni e povera chi doveva stargli appresso. Che Sarah non fosse interessata a niente oltre a del sesso occasionale con lui era palese, ma un po’ le dispiaceva per Marie che sembrava sinceramente presa da quel rapporto, così a suo agio con quel ragazzo dalla doppia personalità.
 
Da quando era entrata in quella scuola, Mary non aveva mai avuto a che fare con Gabriel e, sinceramente, non moriva dalla voglia di trovarsi attorno uno che l’unica cosa che avesse nella scatola cranica di grigio, era il fumo; non aveva mai interferito con le vite altrui e non avrebbe cominciato in questo momento, alla fine il dolore di una batosta, era una costante della vita, ed era fermamente convinta che Marie avesse bisogno di imparare qualcosina su come andavano le cose, al di fuori del suo piccolo mondo perfetto fatto di unicorni e marshmellows, a sue spese.



He

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Capitolo 3
*** Dance ***


Rieccomi qui come promesso, questa volta mi sono fatta attendere un po’ di più perché ho avuto un fine settimana ed un inizio settimana assurdi; sono sicura che questa cosa però non vi interessi quindi, bando alle ciance, eccovi il terzo capitolo. Enjoy it. Amy.


La prima volta che Mary conobbe Gabriel, la scuola profumava di fiori.

Il tema del ballo studentesco di primavera di quell’anno erano i fiori, ogni studente che si era segnato aveva ricevuto il proprio fiore e la sera dell’evento il primo ballo era da riservarsi alla ragazza che aveva il fiore corrispondente a quello del ragazzo. Ogni anno era sempre la stessa storia, Mary incolpava Alex di trascinarla a questi eventi mondani con la scusa di divertirsi, non lo avrebbe mai ammesso ma la verità era che Mary andava a quelle feste per la voglia di partecipare e per dimostrare a se stessa che non era così strana come tutti dicevano ed Alex, che ne avrebbe fatto a meno, era costretta a seguirla senza se e senza ma. I cesti in cui si dovevano pescare i nomi dei fiori erano blu e rosa, maschi e femmine estraevano il nome del fiore e si recavano al banco vicino a ritirare il fiore da indossare prima di poter entrare nella grande palestra addobbata a sala da ballo. Per aver perso una stupida scommessa, Mary fu costretta a pescare un fiore mentre Alex sarebbe rimasta in disparte, sugli spalti, a memorizzare ogni istante di quel ballo per sfottere Mary per i prossimi cinquant’anni a venire. Il fiore che le capitò era il più anonimo di tutti e nonostante questo, Mary ancora non sapeva quanto sarebbe diventato importante per lei. Decise di seguire Alex alla sua postazione strategica nella speranza di apparire ignota nel suo vestito di tulle e raso nero, e non aveva idea che prima che l’orologio scoccasse le nove, il fato le avrebbe giocato un tiro mancino. Stretta nell’ansia che precedeva la scoperta, Mary non smise di fissare il banco e, sebbene dalla sua posizione non aveva le facoltà di distinguere un giglio da una calla, prima che l’orologio annunciasse l’inizio del ballo, una mano indicò nella sua direzione e un troppo convinto Dio del sesso prese ad avvicinarsi con un non ti scordar di me tra le mani. Mary non aveva mai testato il panico in vita sua, non aveva mai provato una situazione in cui ricordasse di aver provato un’ansia tale da metterla tanto a disagio, che persino quell’enorme palestra sembra cominciare a diventare troppo piccola. Mentre il ragazzo si avvicinava, le sembrò di sentire in lontananza la voce di Alex che le intimava di mantenere la calma, c’era una piccola parte delle sue parole che poteva anche avere ragione ma rimaneva sempre il fatto che aveva svariati motivi, che andavano dalla completa incapacità nel ballare al fatto che avrebbe dovuto tollerare un contatto fisico non richiesto per qualche minuto, che la convincevano a ritrarsi sempre più verso il freddo muro. Il sorriso di Gabriel, tuttavia, non tentennò neanche davanti alla sua vista, sembrava quasi contento di quell’opportunità e nella mente di Mary si figuravano altri svariati motivi per il quale lui dovesse essere felice nonostante le primine non fornissero punti a sufficienza nella scalata verso l’olimpo del sesso. Stretta tra il muro e un malizioso sorriso, Mary si arrese all’evidenza del suo breve futuro perché non voleva fornire ad Alex un motivo per canzonarla più del dovuto; destra e sinistra, destra e sinistra, avanzò verso il suo improbabile cavaliere con le braccia incrociate al petto in evidente segno di difesa, ma lui sembrava incurante di questo segnale perentorio e molto galantemente, pose il piccolo fiore blu tra i suoi capelli biondi e quegli occhi tremendamente azzurri sembravano volerla attirare in un abisso sconosciuto e pericoloso. Lui invece, stretto nel suo abito nero, sembrava a suo agio in mezzo a tutta quella mondanità fatta di luci stroboscopiche e frivole formalità; le parole che seguirono indicavano una pericolosa seduzione velata da rigida educazione e accompagnavano languide occhiate, lungo tutta la sua figura. «La bellezza di questo fiore cade perfettamente su di te Mary. Vogliamo cominciare?»
Liberarsi di quella tacita protezione, fu un compito arduo per Mary, ma esortata a non passare per una pavida ragazza, decise di esplorare per qualche ora soltanto il mondo della sopravvalutata normalità femminile e mentre Frank Sinatra cominciava ad abbracciare tutti con la sua voce suadente, lei tentava di lasciarsi andare a quella notte piena di sorprese. «Io non so ballare per niente, quindi non aspettarti grandi cose da me.» Ammettere quella cosa così ad alta voce era imbarazzante, ma gli sembrò doveroso in quanto era difficile non trovare coinvolgente quel primo ballo e, come per tante cose nella sua vita, Mary fu grata che i suoi pensieri fossero celati al mondo e del fatto che nel privato della sua mente potesse apprezzare l’educata compagnia di Gabriel, la musica e ogni piccolo dettaglio a scapito di chi la vedeva come un essere anormale; nonostante questo, una remota parte di sé, era perennemente all’erta in quanto la fama di cui lui si contornava, lo precedeva ogni volta e Mary doveva tenerne conto.
«Tranquilla Mary, ti guiderò io. Non è difficile, è solo un lento a ritmo di Sinatra. Non è nulla che le tue gambe non possano reggere. Seguimi.» Quando lui si avvicinò al suo orecchio per sussurrarle complimenti, lei si irrigidiva, tra l’imbarazzo e l’essere seccata per quella vicinanza che giudicava un “po’ troppo” per i suoi gusti e non mancava di farglielo notare con velate minace riguardo alla sua incolumità. Sembrava che l’imbarazzo generale di dover ballare con una persona che non si era potuta scegliere, andò scemando via via che le note del primo ballo andavano susseguendosi verso la fine; con molta probabilità, Gabriel si sarebbe divincolato da quella spiacevole compagnia molto presto e Mary sarebbe stata libera di tornarsene a casa e dimenticare tutta quell’assurda serata. Quando però il brano finì, e lei si trovò ancora stretta tra le sue braccia, il disagio iniziale tornò come un macigno tra di loro; lui le lasciò le braccia e le prese una mano e la prima impressione che Mary ebbe fu quella di ritrarla al suo tocco perché questo andava ben oltre il consentito per i suoi gusti. Probabilmente Gabriel trovò il tutto molto divertente, perché sfoggiò un sorriso alquanto divertito e per nulla offeso. «Cosa vuoi fare? Ballare? Bere? Vivere? Posso mostrarti la vita della natura all'esterno. Il giardino, di notte, è così bello»
Mary dovette convenire con lui che il ballo non era proprio la sua attività principale tra le cose da fare nella vita, alla fine aveva avuto il suo ballo e quindi aveva pagato il suo pegno, Alex non poteva lamentarsi e visto come si era comportato Gabriel, sembrava non costituire una sostanziale minaccia, almeno che le sue palle non avessero voluto incontrare le scarpe di Mary. Lanciò un’occhiata d’intesa all’amica che la stava osservando come un falco, mentre si dirigeva fuori dallo stabile verso il giardino illuminato solo dalle luci intrecciate tra i rami degli alberi e qualche lanterna posata qua e là. Il suo accompagnatore ebbe l’accortezza di non toccarla mentre la scortava verso l’uscita e per tutto il tragitto a seguire e questo le permise di rilassarsi un attimo di più dopo quella prima volta su una pista da ballo, tesa come una corda di violino.
«Allora Mary sei contenta di ciò che la sorte ha scelto per te?» Gabriel interruppe il filo dei suoi pensieri, Mary era stata in pena tutta la sera a causa del desiderio di scoprire chi fosse il suo cavaliere; la sorte, come molte volte nella sua vita, si era presa gioco di lei fino all’ultimo e poi le aveva riservato una persona con cui non aveva niente da spartire e forse neanche niente da temere. Forse. Si strinse nelle spalle, in un primo momento, soppesando una risposta che fosse a metà tra l’esprimere quanto fosse stata bene con lui, nonostante tutto, e il non doversi crogiolare sul primo fatto, perché poteva piantargli sempre un tacco nei testicoli e lei non aveva mancato occasione di farglielo notare.
«Vista la tua fama, mi aspettavo di peggio sinceramente.» Mary giurò di veder aleggiare un sorriso sul volto del ragazzo, quasi fosse compiaciuto del suo stesso comportamento impeccabile di quella sera, magari avrebbe dato il meglio di se stesso più tardi con un’altra ragazza per adesso, mentre la folla e il vociare si andavano dissipando e le luci lasciavano il posto alle tenebre della notte, lui si stava riservando una piacevole sorpresa, almeno finché non ebbe la sventurata idea di carezzarle il viso una volta raggiunto il giardino esterno. S’irrigidì a quel tocco e, molto pacatamente, gli prese la mano rimettendola al suo posto decidendo di concedergli il beneficio del dubbio per quella volta senza però lasciare inespresso una condizione molto chiara tra di loro. «Forse dovresti tenere i tuoi complimenti per un'altra ragazza che possa apprezzarli sul serio, io non li amo molto e non amo essere toccata.»
Gabriel sembrò quasi interdetto da quella precisazione, magari si aspettava che lei, come tante altre, avesse apprezzato il suo gesto ma appunto perché lei non era come tante altre, trovò la cosa molto invasiva. «Non ti piace sentirti desiderata Mary, apprezzata magari per il taglio degli occhi particolare e quel colore così intenso che ricorda il prato in estate, che con quel profumo di vita t’inebria. Oppure per il tuo volto rotondo che mostra l'innocenza della tua età?»
Ok, quella era una provocazione bella e buona riconoscibile da un miglio di distanza e lei, fortemente in imbarazzo, inarcò il sopracciglio in un eloquente ma discreto finiscila, perché la strada che stava intraprendendo non avrebbe portato a niente di buono, almeno per lui. La sua occhiataccia fu recepita dal ragazzo che, nonostante tutto, rimase fermo sull’idea di proseguire con le sue intenzioni di infastidirla, il perché lo sapeva solo lui e Mary vedeva già sfumata la serata che, neanche qualche minuto prima, prometteva così bene. «Tu credi che io e te apparteniamo a mondi differenti, tu con i tuoi occhi ti immergi nella 'vita' ogni volta che leggi, io la riporto su dei fogli vergini per lasciarne il segno. Vuoi leggere il mio mondo? Accomodati pure, sono qui per te oggi.»
«Sai, Gabriel, l'unico modo in cui vorrei vedere con le mani il tuo mondo è tenendo con la destra un bisturi e guardare soddisfatta l’Y che ti ho inciso sul tuo corpo così...» Piano prese a sfiorare l’addome del ragazzo con un dito mentre disegnava una grossa Y da autopsia che, anche se non la vedeva, ne aveva imparato i punti di congiunzione e taglio così bene che avrebbe potuta eseguirla ad occhi chiusi, se ne avesse avuto la possibilità. La sua idea era di spaventarlo e farlo ritornare al suo posto, mentre invece lui sembrò determinato ad ottenere ciò che voleva tant’è che trattenne la sua mano sul petto e, avanzando verso di lei, coprì la breve distanza che li separava facendo combaciare le labbra perfettamente. Mary non realizzò immediatamente quello che stava succedendo, ebbe come qualche secondo di black-out prima di tornare all’uso delle normali facoltà mentali; appena in tempo per schiaffeggiarlo il più forte che potesse, prima ritrarsi e dare libero sfogo a tutta la sua rabbia. «MA CHE DIAVOLO TI SALTA IN MENTE? Quale dannata parte di un NO non ti è chiara? Che cosa ti aspetti che questa serata finisca con me e te nella tua stanza? Nel tuo letto? Non hai capito niente del mio discorso visto che continui a fare quello che cazzo ti pare. Non voglio che mi baci e non voglio che mi tocchi più del dovuto, non me ne frega niente se mi trovi attraente, io non voglio che mi baci dannazione e non voglio che tu ti prenda gioco di me in questo modo vile e sfacciato!» La collera di Mary era così tanta che credeva che le stesse per scoppiare il cuore a causa di un infarto, tanta aveva voglia di urlare e spaccargli la testa contro il tronco di qualche albero. Lui, d’altro canto, non sembrava in alcun modo colpito dalle sue parole, anzi, sembrava quasi divertito dal fatto che lei avesse perso la compostezza e la rigidità che l’avevano sempre contraddistinta da quando l’aveva vista la prima volta; l’unica cosa che lo tradiva, era il lento massaggiarsi della guancia colpita dallo schiaffo di lei, ma per il resto, non si arrischiava a ridere perché sarebbe risultata comunque, una mancanza di rispetto nei confronti della ragazza già divorata dall’ira.
«Ho la faccia di uno che si ferma perché gli hanno detto di non fare qualcosa? Ho compreso il tuo punto di vista Mary, ma ti stai sbagliando! Come al solito, tutti vedete di me solo quello che vi fa comodo ma non proverei mai a fare tutto questo se il tuo volto mi facesse repulsione o, semplicemente, per prenderti in giro. Al contrario di quello che si crede, non ci provo con tutto ciò che respira e sì, nella mia testa, credo proprio che con te sia possibile provare del piacere. Non ti sfiora in quella bella testolina che tu sia attraente Mary?»
Il cervello le tornò nuovamente in black-out perché la serietà che trasudava dalle sue parole era disarmante e, per la prima volta, Mary non seppe come fronteggiare la situazione, ritrovandosi così ammutolita. Non pronunciò e rimase a guardarlo per qualche secondo prima di alzare i tacchi e tornarsene in completo silenzio verso la palestra e verso il caos che avrebbe riempito il vuoto della sua testa; la calma che traspariva era in netto contrasto con la rabbia che le ribolliva dentro, il cui unico segno erano le nocche sbiancate delle sue mani strette a pugno. L’unica azione concreta che riuscì a fare, fu di recuperare Alex sugli spalti e di andarsene il più lontano possibile da lì.

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Capitolo 4
*** Gift ***


Sono sempre più sorpresa della mia puntualità a nella pubblicazione e grazie tante a tutti quelli che leggono e commentano. Enjoy it. Amy.


Quella giornata, diversamente dalle altre, era cominciata nel peggiore dei modi.

Non era stato facile riprendere la cognizione delle proprie azioni dopo quella sera. Alex aveva tentato due volte di chiedere all’amica qualche spiegazione a riguardo del suo strano comportamento ma, quando non ottenne risposta per la seconda volta, decise di desistere da ogni tentativo affrontando con lei, in rigoroso silenzio, il tragitto che le avrebbe riportate a casa. Il secondo giorno, ovviamente, Mary non poté ancora glissare sulle domande insistenti dell’amica, così le fece un resoconto veloce della serata e del perché del suo evidente malumore che si protraeva ad oltranza. Alex ascoltò tutto il racconto nel più rigoroso dei silenzi, poi scoppiò in una fragorosa risata perché l’amica le aveva descritto, il momento di stallo mentale post-bacio e post-dichiarazione, come un vero e proprio black-out a cui avrebbe tanto voluto assistere, se non altro per vedere la sua faccia. «Te l’ho sempre detto che tu hai una scarsa resistenza alle situazioni stressanti. Amica mia, mi spiace dirtelo ma sei un bel bocconcino. E’ ovvio che ultimamente non ti sei vista allo specchio ma insomma, non sei così male. A quanto pare hai fatto girare la testa al più bello della scuola.»
Mary non poteva credere alle parole dell’amica, si sarebbe aspettata una scenata uguale a quella che aveva fatto lei o almeno un po’ d’indignazione, mentre lei sembrava avvalorare le parole di Gabriel lasciandola sbigottita; era ovvio che la stava canzonando solo per sdrammatizzare la situazione. «Ma sì, divertitevi tutti a prendermi in giro. Alex da te questo non me lo sarei mai aspettato. Cioè, è ovvio che mi sta prendendo in giro ecco perché sono furente.» I toni smorzati tra le due erano quasi scherzosi, dette dall’amica quelle parole suonavano come un’accettabile presa in giro perché la percezione che aveva sempre avuto di se stessa, era quella di una ragazza normale, un po’ tetra e per questo fuori dalle mire di possibili ammiratori. Inoltre lei non si era mai figurata accanto a qualcuno, la sola idea di amare e condividere la vita con una persona, il fatto di fare tutte quelle cose da fidanzatini sdolcinati… No era decisamente troppo per lei. Mary poteva accettare il tono dell’amica perché, appunto, era sua amica e questo le rivelò come lei la vedesse ma, anche in questo caso, le sembrava assurdo che qualcuno potesse interessarsi a lei. «Nessuno s’interessa a quelle come noi e sinceramente, la cosa, non mi dispiace affatto. Pensa se fosse capitato a te, stronza!»
«Forse, o forse è serio. Conoscendo il soggetto potremmo aspettarci tutto da lui; probabilmente il carattere docile di Marie ha cominciato a stufarlo mentre l’intraprendenza di Sarah ha cominciato ad annoiarlo.»
«Ed io sarei nel mezzo tra la dolcezza e l’intraprendenza? Cosa, una specie di rimpiazzo quando si stanca? No, deve morire, se vuole farmi felice deve solo disintegrarsi e ripulire questo mondo dalla sua inutile presenza.» Mary non capiva dove volesse andare a parare l’amica perché tutto quel discorso, per lei, non aveva assolutamente senso. Che sapesse qualcosa a cui lei non aveva prestato attenzione? «Stiamo perdendo di vista la questione più importante, è ovvio che io non sono né Marie né Sarah, conosciamo tutti i gusti di quel maiale ed io non ne rispecchio neanche uno; il fulcro della questione è che mi sta prendendo in giro, è ovvio ed io sto ancora qui a rimuginarci sopra come se fosse una dichiarazione di matrimonio, mentre lui si starà facendo tante risate per avermi mandato in tilt… fa niente non gliela do la soddisfazione di vedermi ancora a pensare alla sua bravata.»
Alex si strinse nelle spalle, sostanzialmente anche lei pensava che tutto quello che era successo, fosse solo una grande presa in giro nei confronti dell’amica; però era stato così divertente vederla totalmente ammutolita, che fomentare il suo dubbio sulla veridicità o meno delle parole del ragazzo e, conseguentemente, metterla ancora di più in crisi, era stato troppo divertente per lei. Poi decise di lasciar perdere l’intera questione perché cominciava a darle noia e significava anche dare troppa importanza ad una persona così meschina. «E questo cos'è?» Alex spostò l’attenzione di Mary dal caos degli studenti che affollavano i corridoi della scuola e lo portò su di un piccolo pacchetto bianco che era stato, rozzamente, attaccato con dello scotch, allo sportello del suo armadietto; il primo pensiero che le venne in mente fu quello di guardarsi attorno alla ricerca di un paio di occhi indiscreti che potessero appartenere a colui o colei che aveva architettato questo pessimo scherzo, per giunta di primo mattino. «C'è un biglietto per te Mary, leggi cosa c'è scritto.»
Come se quel gesto potesse spiegare la seccatura che Mary provava alla vista di quel regalo, strappò il biglietto dalle mani di Alex recitando le parole che vi erano state scritte, con la voce ridotta a un sussurro per non attirare sguardi indesiderati. «E' una piuma delle tue ali d'angelo. So che detesti il romanticismo, dunque dirò che ti ammiro davvero molto, per la tua forza d'animo e la tua determinazione. Mi piacerebbe che venissi per parlare un po', oggi pomeriggio dopo le lezioni, dietro la serra. Sarò pronto a darti il mio cuore e, se preferirai, potrai anche calpestarlo… Ma che cazzo?» Non aveva ancora finito di smaltire la rabbia della sera prima e qualcuno, continuava a prenderla in giro e peggio, l’espressione che si dipinse sul volto di Alex fu anche peggiore, perché indicava che era tanto sbalordita quanto lo fosse lei e questo significava che non era lei l’autrice di questo stupido scherzo. «Devi andare!»
«Cosa? Alex, no! Non mi presto a questo stupido gioco. Assolutamente no!»
«Almeno apri il pacchetto no?»
«Ma perché ci tieni così tanto?» Sbottò lei mentre gettava l’involucro di carta nel fondo dell’armadietto alla scoperta del suo contenuto. «Oh…» L’oggetto che ne emerse, era semplice. Niente di vistoso o pacchiano, semplicemente una piuma la cui punta e base unite formavano un piccolo anello.
«Devi andare!» Ripeté l’amica strappandole l’anello di mano per osservarne meglio la fattura.
«Oh… ma per favore, scordatelo!» Mary gettò il piccolo monile, con il resto della scatoletta che lo conteneva, nel fondo dell’armadietto, producendo un suono metallico di risposta; afferrò i libri che le necessitavano per le lezioni mattutine e pose fine alla discussione con l’amica sbattendo quanto più forte possibile lo sportello dell’armadietto. Se non fosse stato chiaro dalle sue parole, voltò le spalle ad Alex e s’incamminò verso l’aula, dove aveva la prima lezione di quel giorno. Per Alex fu chiaro che quella questione stava diventando più che irritante per l’amica perché adesso, il suo malumore rischiava di travolgere anche lei che non c’entrava niente in tutto questo solo perché qualche coglione si divertiva alle sue spalle; sbuffò affiancando nuovamente Mary non sapendo cos’altro aggiungere, era preoccupata dalla reazione dell’amica che sembrava più sconvolta del dovuto e se non riusciva a ridere delle sue battute, doveva esserlo davvero. Quella giornata, diversamente dalle altre, era cominciata nel peggiore dei modi e rischiava di finire in tragedia.

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Capitolo 5
*** Argue ***


Mi scuso per l’enorme ritardo che porta la pubblicazione di questo capitolo. Pur troppo voglio sempre il meglio per le gif che devono rappresentare un pezzo dei ricordi narrati in questo capitolo e quando non ne riesco a trovare farle da me è l’unica soluzione ma il poco tempo a disposizione spesso mi è tiranno. Spero possiate perdonarmi. Amy


«Non puoi vivere ardendo e non bruciarti mai Mary. Guardati.»

A due cose stava pensando Mary mentre si dirigeva a quello strano appuntamento: la prima era che Alex, aveva troppa influenza su di lei e sulle sue, poco ferme, decisioni, la seconda era che dopo quel pomeriggio la scuola si sarebbe trovata uno studente in meno. E non era un eufemismo.

La costanza che Alex aveva messo nel convincerla ad andare all’appuntamento rasentava il lavaggio del cervello: in un primo momento aveva addossato scuse per lasciarla da sola puntando sulla noia e sulla curiosità che quelle parole avevano segretamente suscitato in Mary; fallito il tentativo, aveva adottato una preghiera continua, in nome della sua stessa curiosità, per sapere chi avesse osato mandarle quell’invito e sulla possibile reazione. In sostanza, Alex aveva fatto leva sulla stessa curiosità di Mary e sul possibile epilogo di quella disavventura, per convincerla a partecipare a quell’insolito invito; d’altro canto Mary, era segretamente curiosa, e anche se non lo aveva espresso a voce, qualcosa le diceva che Alex aveva bene inteso che quel dubbio facesse molto gola anche a lei, e non le fu difficile far crollare la sequela di no che le aveva riservato.
«Tanto, già so di chi si tratta...»
«E se non fosse lui?» Non avevano bisogno di dire quel nome ad alta voce, perché era rimasto insistente nelle chiacchiere delle due ragazze, anche quando queste avevano deciso di non dargli più importanza del dovuto.
«Vorrà dire che qualcun altro avrà motivo di canzonarmi, pare che ultimamente sia diventato lo sport preferito di molti.»
Alex non commentò, ma era ovvio che quella frecciatina era rivolta anche lei, tuttavia, conosceva troppo bene l’altra e sapeva che era solo il momento e la rabbia che la facevano parlare e niente in lei voleva farle veramente del male anche se sapeva dove colpire.


Quando la campanella segnò la fine delle lezioni, Mary accompagnò Alex fino al portone e mentre l’amica la salutava con la promessa di chiamarla più tardi, lei fece un sospiro teatrale e deviò a sinistra, uscendo così dal flusso di studenti che accorrevano verso l’uscita, per dirigersi verso quelle che erano le serre della scuola, dove alcuni pazzi ecologisti coltivavano le verdure che il più delle volte, venivano servite a mensa; con il biglietto nella mano e il regalo, ripescato dal fondo dell’armadietto, in tasca, si diresse spedita sul luogo dell’appuntamento. Gettata la borsa il più lontano possibile, si appoggiò con le spalle contro il vetro della serra mentre era ancora tutta intenta a rileggersi quel biglietto stropicciato, come se potesse scaturirne qualche nuovo indizio sull’identità del suo ammiratore segreto.
«Se avessi saputo che era così facile farti collaborare, ti avrei scritto molto tempo fa.»
Quando Mary alzò lo sguardo, non fu del tutto sorpresa di ritrovarsi il ragazzo davanti a lei; in un certo senso era consapevole del fatto che potesse esserci lui dietro tutto visto la sua insistenza della sera prima. Staccò il corpo dalla struttura della sera e gli rivolse un’occhiataccia ben più gelida di quella che gli aveva già mostrato la sera prima, perché non era furente. Di più. «Dovevo immaginarlo che tutta questa trovata fosse opera tua, proprio non riesci a capire quando è ora di smettere con il tuo essere insistente.»
«Sono stato sincero ieri sera, ma tu non mi hai dato modo di spiegarti il mio punto di vista e, ovviamente, sei giunta alle conclusioni sbagliate.»
Se si doveva annoverare un difetto di Mary, il più lampante, quello che lei stessa avrebbe ammesso, era quello di essere un filino permalosa; non è che non accettasse le critiche, semplicemente non accettava quelle critiche volte solo a fare del male gratuito alle persone o quelle che giudicava del tutto infondate. Così quando Gabriel la accusò di non avergli dato tempo di spiegare le sue reali intenzioni, la reazione della ragazza fu una soltanto. «Io sarei giunta alle conclusioni sbagliate? Beh non è che tu mi abbia lasciato molto da intendere, se ti dico che non voglio che mi tocchi più del dovuto, se ti dico che non voglio che tu mi faccia complimenti e poi tu osi baciarmi, non è che ci sia molto da spiegare sai?» Incrociò le braccia in un evidente segno di difesa nei confronti di quella “lotta” tra chi cercava di spiegare le proprie motivazioni; lo sguardo torvo, terminava i chiari ed evidenti segni di disapprovazione di tutta quella situazione e anche Alex avrebbe pagato cara la sua insistenza perché adesso sapeva bene che sarebbe stato meglio ascoltare quella vocina interiore che le diceva, insistentemente, di non andare all’appuntamento.
«Tu credi a prescindere che se qualcuno ti faccia un complimento, ti stia prendendo in giro, ora io non sono un esperto della psiche umana, ma questo denota una scarsa autostima verso se stessi non trovi?» Anche Gabriel, dal canto suo, sembrava furente per la piega che stava prendendo la cosa, era ovvio che fosse deluso dall’andamento della conversazione e probabilmente era convinto di giocarsi il fattore sorpresa al punto sa lasciarla ammutolita per un bel po’ di tempo. «Se io ti dico che sei carina, tu te la prendi perché non vuoi che ti vengano fatti dei complimenti, se cerco di dimostrarti che mi piace la tua compagnia, tu pensi che io ci stia provando, non so te ma vorrei ben capire come posso dimostrarti che le mie fossero delle nobili intenzioni.»
Mary rimase un attimo interdetta dalle sue parole, perché era stanca di ritornare sempre sullo stesso punto; non capiva dove volesse andare a parare il ragazzo e questo la innervosiva e le faceva perdere ancora di più la pazienza. «Non vedo perché uno come te dovrebbe farmi dei complimenti, sai le tue intenzioni sono facilmente fraintendibili.»
«Visto, hai dei pregiudizi verso di me. Solo perché tutti mi conoscono come il donnaiolo della scuola allora tutto quello che faccio, lo faccio solo per portarmi a letto te.»
Entrambi rimanevano a debita distanza l’uno dall’altra e la tensione era come un blocco di ghiaccio tra loro, nonostante Mary fremesse dalla voglia di prenderlo a schiaffi giusto per levargli dal viso quell’aria da spaccone come se avesse fottutamente ragione solo lui. Non aveva mai pensato al modo in cui un ragazzo potesse approcciarsi a lei per dimostrare il proprio apprezzamento nei suoi riguardi semplicemente perché, come avevano detto sia Alex che Gabriel, non era mai entrata nell’ottica che a qualcuno potesse piacere una ragazza come lei, e non perché non fosse carina, ma perché pensava che l’aspetto fisico non fosse l’unica cosa che contava in una situazione del genere e visto che tutti a scuola la evitavano come la peste, le rimaneva difficile pensare ad una situazione del genere con lei al centro di tutte quelle attenzioni. Mary non aveva pregiudizi, solo, sugli altri, Mary, prima di tutto, aveva pregiudizi su se stessa. Non riusciva a togliersi dalla mente che quella fosse solo una presa in giro, ma perché si ostinava a continuare, sperava veramente che sarebbe caduta tra le sue braccia solo per dargli la soddisfazione di vedersi sbeffeggiata? Probabilmente lui stava aspettando che lei ribattesse alla sua ultima affermazione, magari credeva pure che l’avrebbe smentito ma in quel momento non se la sentiva assolutamente di parlare, non sapeva cosa dire.
«Mary lo so che sembra difficile credermi, ma tu mi piaci sul serio ed io volevo solo dimostrartelo.»
«E c’era bisogno di attaccarsi insistentemente come una piovra per dimostrarmelo?»
L’espressione che fece Gabriel, fu di pura esasperazione come se niente a quella ragazzina le andasse bene; a quanto pare non riusciva a mettersi nella condizione di concedergli il beneficio del dubbio e per questo, credere nelle sue parole. «Era l’unico modo concreto che conoscessi, come si può mentire con un bacio? È qualcosa di così intimo e così pieno di significato che mi sembrava il modo adatto per dimostrare le mie serie intenzioni...»
Mary alzò finalmente lo sguardo incrociando gli occhi del ragazzo, una parte remota di sé aveva appreso le sue parole come un pugno dritto nello stomaco e Gabriel sfruttò quel momento d’incertezza per incalzare con la sua versione della storia. «…ho passato tanto tempo a incantare le ragazze con le parole e tutte cadevano ai miei piedi, a prescindere che queste m’interessassero o meno…»
L’occhiataccia di Mary fu, come al solito, molto eloquente in quanto i suoi trascorsi amorosi e sessuali non erano un argomento che le interessava trattare.
«…poi mi sono reso conto che l’unica persona che non era interessata a me, era quella che volevo e dovevo dimostrarle che le mie intenzioni fossero reali.»
«Aspetta…» Mary stoppò la sua sequela di parole, un po’ per darsi il tempo per assimilare tutte quelle informazioni, un po’ per trovare un appiglio per divincolarsi da quella situazione così imbarazzante. «… sono passati due giorni dal ballo e tu sei follemente innamorato di me? Non so se ti rendi conto dell’improbabilità della cosa.»
 «No, è ovvio che tu non sappia da quanto tempo nutro dei sentimenti per te. Vuol dire che sono stato bravo a nasconderli per tutto questo tempo.» Gabriel fece un gesto evasivo con la mano, come se quella confessione fosse qualcosa di normale, come se si stesse parlando del tempo o di una normale routine quotidiana; Mary invece era rimasta così sconcertata dalle sue parole che stava cercando di fare mente locale nel carpire qualche segno che aveva, involontariamente, ignorato e potesse rivelargli le vere intenzioni del ragazzo, ma non trovò niente che le fosse utile e questo non fece che gettare più confusione tra i suoi pensieri.
«L’uomo afferma sempre che alle parole predilige i fatti, lo diciamo sempre che le azioni sono meglio di tante parole perse nel vento, e se con un fatto posso dimostrarti che tu mi piaci, allora lo farò e tu potrai prendermi a schiaffi quanto vorrai, io non desisterò comunque.»
Era disarmante la tranquillità con cui lui parlava di ciò che diceva di provare per lei, Mary non era abituata a quel tipo di attenzioni, aveva ragione Alex, perché aveva passato così tanto tempo a stare lontana da quel genere di persone per avere la sua tranquilla vita, che si era dimenticata che quel tipo di esperienze al liceo, belle o brutte che fossero, erano comunque importanti, mentre lei si era fasciata la testa precludendosi il bello e il brutto. Ma poi lei aveva bisogno di un ragazzo? Innamorarsi riportava a galla solo una questione fisiologica, quella di riprodursi, di tanto in tanto accadeva qualche storia d’amore che funzionava ma, per il resto, erano amori ordinari volti a formarsi una famiglia, dei figli, non invecchiare da soli e poi morire. Non era una cosa impellente di cui il genere umano aveva bisogno, non era un must perché al mondo c’erano tante persone sole e ugualmente felici e tra le persone più improbabili al mondo, lui sembrava essersi innamorato di lei, una ragazza a cui non aveva mai sfiorato l’idea di assolvere a quella grande fase della vita di tutti gli esseri umani. Non si arrischiava a parlare, perché più lui andava avanti più lei continuava ad aggiungere informazioni nel cervello su cui aveva bisogno di riflettere; era così strano, perché in un altro momento, avrebbe preso e se ne sarebbe andata così su due piedi, ma doveva riconoscere che il discorso di Gabriel aveva un certo filo logico perché lei non si sarebbe mai lasciata abbindolare da tante parole belle e smielate. Era quello il dubbio che l’attanagliava, lui aveva capito che le parole non l’avrebbero convinta della veridicità dei suoi sentimenti, solamente che aveva scelto un pessimo modo per dimostrarglieli con i fatti; persino con il biglietto aveva centrato perfettamente il nocciolo della questione, scrivere sdolcinate parole d’amore avrebbe contribuito a farla scappare solamente dall’altra parte, doveva aver imparato bene come comportarsi con lei da rasentare la perfezione e, a parte per il bacio e la sua insistenza, non poteva avercela con lui per averci provato con lei. «E Marie?» Il dubbio le si insinuò, prepotente nella testa, mentre stava ancora cercando di fare mente locale tra quella miriade di informazioni; ancora una volta una remota pare di se stessa stava mettendo in atto quel meccanismo di autoprotezione con cui era sopravvissuta tutto questo tempo, cercava un appiglio con cui farlo desistere dalle sue intenzioni e liberarsi della sua presenza una volta per tutte. «Lei è la tua ragazza, tutta la scuola lo sa.»
«Cosa?» Lo sgomento che traspariva dalla sua voce la lasciò un attimo interdetta, il suo cervello stava veramente per esplodere e non riusciva ad immagazzinare altro. «Io e Marie non stiamo più insieme, non lo siamo mai stati in realtà e qualsiasi cosa tu abbia mai sentito è del tutto falsa.»
Mary schiuse la bocca del tutto spiazzata da quelle parole, sperava che la ragazza costituisse l’ultimo brandello di scusa che convincesse il ragazzo a desistere e invece veniva a scoprire che lei non era niente per lui. Probabilmente lui sentì il bisogno di dare voce ai suoi pensieri così confusi giustificandosi con lei per quello che era successo con l’altra ragazza. «Io e lei…» Per la prima volta sembrava lui quello sofferente, come se il solo ricordo di lei gli facesse male, anche se lei non riusciva a capire cosa potesse essere successo tra di loro da poter fare così male, incarnavano la perfetta storia d’amore destinata a durare, una di quelle che hanno il proprio lieto fine come se uscisse dal più romantico romanzo mai scritto. «Sembravamo perfetti vero? Ma noi non abbiamo mai avuto una vera e propria relazione. Stavo bene con lei ma non ha funzionato perché ero terrorizzato dalle emozioni che provavo. Era la mia prima volta. In tutti i sensi, sia livello fisico che sentimentale e lei era così delicata; mi sono reso conto che aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei ed io non ero quella persona a prescindere da quanto potessi cambiare per lei. Non l’amavo ma ero legato a lei e questo mi faceva paura.»
Quelle parole uscirono come una doccia gelata, non solo si stava esponendo, ma stava mostrando quella parte così dolce? Gentile? Sentimentale di lui che cozzavano con l’idea che aveva sempre dato di sé stesso. Era troppo, aveva bisogno di fuggire da quella situazione perché era arrivata a un punto che non poteva immagazzinare nessun’altra informazione a riguardo di lui di questa situazione. Riprese lo zaino rimettendoselo in spalla e scosse la testa come se volesse scacciare qualsiasi altro pensiero che cercasse di insinuarsi nella sua mente. «Scusami, io… devo andare.»
«Aspetta Mary!» Nel cercare di trattenerla le afferrò la spalla costringendola a fermare la sua fuga, sapeva bene che si stava giocando il tutto per tutto in quel momento e che non poteva trattenerla oltre, era evidente che l’aveva destabilizzata con quell’incontro ed era consapevole che era necessario darle il tempo di pensare, anche se questo significava perderla; lui era uno che correva il rischio a differenza della ragazza, per lui averci provato era più importante del non provarci e poi avere un rimorso. «Mia mamma è sempre stata una grande estimatrice di d’Annunzio, quando sono nato, ha voluto omaggiarlo dandomi il suo nome ed io sono cresciuto tra i suoi scritti. Per ironia della sorte, è sua la frase che afferma che non si può vivere ardendo e non bruciarsi mai.»
Era chiaro il riferimento del ragazzo a concedergli almeno una possibilità, a provare ad aprirsi alle possibilità che il mondo le offriva a prescindere dalla paura che poteva avere di scottarsi pur di non avere rimorsi, ma lei era disposta a gettarsi in questo mondo così sconosciuto lasciandosi alle spalle una vita di premure e difesa verso tutto quello che poteva farla soffrire? Con un movimento del corpo si liberò della sua stretta e si diresse verso il giardino antistante della scuola, per mettere quanta più distanza poteva tra lei e lui; non era neanche pronta ad affrontare l’interrogatorio di Alex, così decise di fare una deviazione verso il parco in centro città e di affogare tra tutti quei pensieri che le affollavano la testa. Il solo accettare di starlo ascoltare le aveva causato più confusione di quanta ne potesse sopportare, ed era consapevole che più andava avanti, più si sarebbe dovuta esporre alla vita e non era sicura che fosse in grado di farcela.



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Capitolo 6
*** Confusion ***


Pensavate di esservi liberati di me? E invece eccomi qui. So di essermi fatta desiderare molto e mi rendo conto di aver mancato giusto un paio di pubblicazioni (XD) ma ho dovuto ritardare per finire il seguito di questa storia (Eh sì questa storia ha anche un seguito) che poi era il regalo di natale di colei che ha dato vita a Gabriel così come voi lo conoscete. Grazie L. Noterete che l’immagine gif porta una scritta nuova che, erroneamente, ho inserito per abitudine. Diciamo che Mary e Gabriel, non sono personaggi del tutto casuali, faccio parte di un gioco di ruolo da cui ho preso spunto insieme a L. per questa storia, è nato tutto grazie al Replace e, insomma, gli devo tantissimo a prescindere. Nel gdr, (di cui vi metto il link qui --->gdr ) io sono dentro con Mary Wollstonecraft Godwin Jr. Se l’idea vi intriga, vi invito a partecipare e, se volete, posso consigliarvi un paio di personaggi che non mi dispiacerebbe vedere occupati; quindi scrivetemi tranquillamente in posta se volete avere maggiori delucidazioni. Vi ringrazio per la gran quantità di visual che ogni capitolo fa, è un’enorme gioia vedervi così partecipi. Vi adoro. Amy.


Il primo segno che rivelò ad Alex che quella sarebbe stata una pessima giornata, fu non vedere la sua amica al solito posto.

Da quando era venuta ad abitare di fronte a casa di Mary, Alex decise che quella bambina le stava molto simpatica a prescindere, perché non era come tutte le bambine che aveva conosciuto. Da quando diventarono amiche, cominciarono, sempre più spesso, a passare molto tempo insieme e fu normale per loro desiderare di frequentare la stessa scuola e non separarsi mai. Nessuno aveva mai avuto da ridire sulla loro amicizia anzi, per la mamma di Mary, Alex fu una vera e propria benedizione, perché la figlia non amava molto la compagnia delle altre bambine del quartiere e rischiava di rimanere isolata da tutti. Da allora le due ragazze non si erano mai separate, se non per brevi tempi forzati durante le vacanze, ed era una specie di rito quello di andare insieme a scuola che rispettavano da sempre almeno che non ci fossero cause di forza maggiore. Quando quel giorno, uscendo di casa non la vide ad aspettarla fuori dal cancello di casa, il primo pensiero fu che fosse successo qualcosa, qualcosa di grosso e, strana coincidenza, proprio il giorno dopo lo strano appuntamento. E Alex non era una che credeva nelle coincidenze, decise quindi di andare in fondo a questa storia e per questo entrò in casa dell’amica senza molte cerimonie salutando la madre di Mary e dirigendosi verso la camera dell’amica che, stranamente, sapeva che il non trovarla fuori non avrebbe fatto desistere Alex dallo scoprire il perché non fosse al suo solito posto.
«Sul serio Alex, non mi sento bene, non sto fingendo.»
«Sai quanto ti ho aspettato ieri sera? Penso che tu lo sappia e quindi mi devi delle spiegazioni.»
Mary sbuffò vistosamente, era visibilmente stanca perché aveva passato tutta la notte a rimuginare su tutto quello che era successo quel pomeriggio; Alex si era accorta della stanchezza dell’amica ma la curiosità era troppa e avrebbe saltato la scuola, per quello che le interessava, pur di scoprire quello che era successo. Mary, d’altra parte, conosceva bene la tenacia dell’amica e sapeva che se non le avrebbe dato ciò che desiderava, non se la sarebbe tolta di torno con il rischio di farla impazzire tutta la giornata; si buttò a peso morto sul letto e si stropicciò gli occhi stanchi per riorganizzare le idee non sapendo bene da dove cominciare. «Se ti dico quello che vuoi sapere poi te ne andrai?»
Alex si strinse nelle spalle ben sapendo che l’amica non potesse vederla, non le andava di contrattare, voleva solo avere informazioni e basta. «Forse, avanti spara!»
«Ti ricordi che mi hai detto che io non sono entrata nell’ottica di poter credere di piacere a qualcuno? A quanto pare sono l’oggetto delle attenzioni di Gabriel e non me ne sono resa conto. Ah il nostro amico si chiama così perché la madre è fissata con d’Annunzio.»
«Era proprio un’informazione di vitale importanza sai?» Commentò lei mentre cercava di reprimere le risate, non sapendo se rideva per il nome di lui o del fatto che le piacesse lei e della conseguente reazione di lei.
«C’è poco da ridere, non so se ti rendi conto dell’assurdità della cosa.» Mormorò lei con una punta di rabbia nelle parole visto che l’amica sembrava non focalizzarsi sulla questione principale.
«Sì me ne rendo conto, se io avessi un nome del genere mi sparerei un colpo dritto in fronte e la farei finita per la vergogna.»
Per tutta risposta, Alex si beccò una cuscinata dall’amica che si stava maledicendo per averle rivelato quel piccolo particolare. «Possiamo tornare sulla questione principale?»
Alex tornò immediatamente seria cercando di ridarsi una parvenza di contegno per non far arrabbiare ulteriormente l’amica. «Sinceramente non vedo il problema, se lui non ti piace, ti basta dirgli che non sei interessata e minacciarlo di morte in caso lui non dovesse afferrare subito il concetto. Ti stai facendo così tanti problemi per cosa? Mi viene da pensare che qualcosa abbia solleticato la parte femminile che è in te.» E le ritirò il cuscino addosso.
«Ehi, ehi… calma con le parole, non diciamo cose che non possiamo dimostrare ok? E’ tutto strano ok? Mi ritrovo nel giro di due giorni a essere il centro dei desideri di un ragazzo e se permetti sono un attimo confusa.»
«Perché?»
Come spiegarglielo? Era vero che se avesse voluto avrebbe potuto porre fine a tutta quella questione mettendo il ragazzo al proprio posto e invece lei era scappata sopraffatta dagli eventi e dalle parole, talmente velocemente, che sembrava lei quella in colpa.
«Perché non lo ammetterai mai ma ti piace la sensazione che si prova ad essere desiderata, certo non mi farei proprio un vanto ad essere desiderata da uno come Gabriel ma ok, te ne puoi fare una ragione. Fammi capire, per tutto questo tempo hai pensato di essere un essere asessuato e completamente privo di sentimenti?»
Meno male che Alex aveva quella punta di perspicacia che bastava per non costringerla a spiegare tutta la situazione a parole sue, ponendosi così in una situazione di completo imbarazzo. «Dice che non posso vivere ardendo e non bruciarmi mai, e sai cosa mi smonta? Sa esattamente cosa dire e fare, certo esagera delle volte, ma non è caduto in quelle situazioni totalmente imbarazzanti, dove i ragazzi sciorinano quelle frasi smielate che fanno rabbrividire.»
«Credo, e spero, che tu sia abbastanza grande e capace di comprendere quello che senti per comportarti di conseguenza. Io di certo non ti tiro indietro e non ti butto tra le sue braccia, se vuoi provarci perché no? Insomma è strano con lui ma può darsi che tu sia quella giusta, no?»
«Tu sapevi che non stava insieme a Marie?»
«Lo avevo immaginato, anche se le apparenze lasciavano intendere altro. Probabilmente è incapace di legarsi affettivamente e sentimentalmente a qualcuno e scapperà anche da te, oppure è così preso da te che deciderà di mettere la testa a posto. Credo che quello che voglia dirti è che dovete darvi una possibilità come coppia e correre il rischio. Una cosa che so bene che tu non sei disposta a fare per nessuna cosa al mondo quindi, già il fatto che tu ci stia pensando, è un grande passo per te.»
Cos’altro poteva aggiungere? Alex aveva già detto tutto quello che c’era da dire e anche lei era conscia di questa cosa tant’è che si alzò dal letto e andò a recuperare lo zaino. «Vuoi che gli dica qualcosa?»
Per tutta risposta Mary, che nel frattempo stava cercando di soffocarsi con il cuscino, le alzò il dito medio assicurandosi che il messaggio fosse ben chiaro e venisse recapitato al destinatario; Alex rise ed uscì dalla stanza salutando di nuovo la madre di Mary e dirigendosi a verso la scuola.

Ogni volta che la campanella segnava la fine di una lezione, Alex alzava gli occhi al cielo e ringraziava qualsiasi spirito, entità, dio o fantasma fosse in cielo; quella campanella poi era apprezzatissima perché segnava non solo la fine della lezione, ma anche l’inizio del pranzo e quindi di una lunga pausa dalle lezioni che quel giorno si erano rivelate ancora più insopportabili a causa dell’assenza dell’amica. Schizzò fuori dalla classe per dirigersi subito nel locale caffetteria dove avrebbe consumato il suo pasto in tutta calma, quel giorno il menù comprendeva pizza e schifezze varie e non voleva rischiare di arrivare per ultima e di veder finito tutto il cibo.
Dopo aver riempito il suo vassoio, si diresse al solito tavolo che di solito occupava con Mary e gli altri, solo per scoprire che nessuno di loro fosse lì quel giorno, chi per un motivo chi per un altro, avevano tutti disertato il pranzo lasciandola completamente sola. O quasi. Stava divorando la sua terza fetta di pizza al salame piccante quando Gabriel, decise che il suo tavolo sarebbe divenuto il luogo del suo pasto quel giorno e la affiancò sedendosi accanto a lei. Alex, in tutta calma, alzò lo sguardo dal suo libro, guardò lui, guardò a destra, poi guardò a sinistra e poi tornò a guardare lui nuovamente mentre masticava l’ennesimo boccone; fece un’espressione del tutto dubbiosa sulla presenza di quel ragazzo a quel tavolo e decise di tornare alla sua lettura mentre Gabriel cercava con lo sguardo l’amica. «Non è venuta oggi, l’ultima volta che l’ho vista stava cercando di soffocarsi con il cuscino e mi ha chiesto di riferirti questo.» Senza staccare gli occhi dal suo giallo, alzò la mano sinistra e cacciò un bel dito medio al ragazzo che di certo non si aspettava un gesto simile e rimase interdetto per qualche minuto.
«Perché non è qui?»
Alex alzò il capo guardando davanti a sé mentre soppesava quale risposta fosse la migliore per fargli capire l’ovvio. «Sei stupido o cosa?» Mormorò tornando a guardarlo completamente seria in volto, credeva fermamente in quella domanda e si aspettava una domanda altrettanto seria da parte sua; per tutta risposta, Gabriel si strinse nelle spalle come se la risposta alla sua domanda non fosse così ovvia, o perché non voleva che la risposta alla sua domanda fosse così ovvia. «Non si sentiva bene, non so cosa voi vi siate detti, ma l’hai sconvolta e ha deciso di mollarmi qui da sola oggi.»
Gabriel si fece scuro in volto, come se si sentisse responsabile della sua assenza e in effetti, un po’ lo era ma si aspettava di trovarla per avere la possibilità di parlarle ancora e chiarire la situazione rimasta in sospeso il giorno prima. «E non sai quando tornerà?»
Per l’ennesima volta in quella giornata, Alex alzò gli occhi al cielo, ma questa volta lo fece per maledire il ragazzo e la sua insistenza. Chiuse il libro e gettò quel che rimaneva del pranzo nel piatto, voltandosi completamente verso di lui. «Sai qual è il tuo fottuto problema? Metti ansia Gabriel. Stamattina mi ha solo riassunto quello che vi siete detti e già stavo più in ansia di lei e adesso stai contribuendo a mettermi ancora più ansia. Se le fosse qui scapperebbe o prenderebbe una scusa per scappare. Tu non ti rendi conto di quanto sia sotto pressione e fidati, per una come lei è già tanto che ci stia pensando…»
Gabriel fece per rispondere, ma Alex gli impose la mano davanti al volto per intimarlo di tacere; non c’era nessuno che conoscesse Mary come lei e il minimo che potesse fare per l’amica era mettere un freno alla furia del ragazzo.
«No, adesso stai zitto e mi ascolti. Non so cosa tu pensi di Mary, ma devi renderti conto che hai a che fare con un’altra persona che non è propriamente una di quelle svenevoli troiette che ti porti al letto una volta sì e l’altra pure, e non devi neanche pensare che sia una debole, perché in un altro momento ti punterebbe un fottuto dito in petto e ti urlerebbe queste cose da sola. Apprezziamo il fatto che tu non abbia voluto ricorrere a parole smielate, te ne do atto, ma non puoi pretendere che dopo un bacio così inaspettato lei ti cada ai piedi e non puoi neanche metterle fretta in questo modo. Ti spiego una cosa, quello che lei ha visto dall'esterno, sono due ragazzi che stanno insieme e qualche voce all'interno della scuola le ha fatto sapere, involontariamente, che voi eravate due ragazzi felici; sembrava che avessi messo la testa a posto e sembravi innamorato a prescindere dalle tue frequentazioni, poi un bel giorno arrivi e la baci…»
«Mai credere alle voci. Marie non ha passato un bel periodo accanto a me...»
La ragazza fece una pausa prima di continuare il suo discorso e non tollerò molto la sua interruzione e neanche il conseguente commento che lui fece a riguardo della sua pseudo relazione con Marie. «Beh non dovresti fartene un vanto, già che non ne ha bisogno, ma credo che tu sappia cosa ti succederà se la tratti come una persona qualsiasi, vero?» Alex era assolutamente seria e sarebbe stata pronta in qualsiasi momento per aiutare l’amica ma non c’era bisogno neanche di spiegarlo a voce, perché Mary sapeva difendersi da sé, qualsiasi cosa lui le avesse fatto. «Lei crede che tu stia ancora con Marie, quindi quello che vede lei è un'enorme presa in giro. Pur non volendo prestare orecchio alle voci le ha sentite, che se ne parlasse nel bagno o nella mensa, le ha sentite e non ha avuto un riscontro diretto con te o con Marie, contando che effettivamente a lei la cosa non toccava più di tanto; quando tu sei entrato nel suo mondo lei si è basata sulle uniche cose che sapeva di te e tu poi non ti sei seduto a spiegarle come stavano le cose, potevi sfruttare la sera del ballo in milioni di modi e tu hai deciso di prenderla e baciarla, ti lascio immaginare come si sia sentita. Lei si è trovata un attimino nel panico perché non sapeva il perché di quel gesto…»
«Io, ho tentato di farle capire cosa mi piace di lei ma lei ha frainteso le mie parole come dei complimenti volti a sedurla e ha cominciato a chiudersi a riccio. Qualsiasi cosa dicessi non le andava bene.» Gabriel, sembrava al limite dell’esasperazione ma sapeva anche che Alex conosceva bene Mary e che ciò che gli diceva era primariamente nell’interesse dell’amica ma anche per permettergli di capire lo strano comportamento che la ragazza aveva avuto nei suoi confronti.
«Mary ha cercato di razionalizzare quel bacio, ha pensato: Sta facendo pagare qualcosa a Marie, è ubriaco e non sa quello che fa, ha fatto una scommessa e mi sta prendendo in giro, non ha fatto una scommessa e mi sta prendendo in giro lo stesso…»
«Ha pensato il peggio. Non le è mai passato per l'anticamera del cervello che potessi essere attratto da lei?»
«Concretamente? No, perché non è mai entrata nell'ottica di poter piacere a qualcuno, lei pensa, prima di tutto, di non incarnare nessuno degli stereotipi che attraggono gli uomini quindi ogni complimento che le viene fatto, lei lo recepisce come una presa in giro. Lei dice “Io non sono carina, io sono normale” e se qualcuno le dice che è carina lei automaticamente pensa che sia una presa in giro. Non ha mai pensato di poter piacere a qualcuno ma soprattutto non è interessata a piacere a qualcuno, e non essendo interessata crede che certe attenzioni non debbano essere rivolte a lei. Non è solo con te, da che ricordo lei è sempre stata così, è sempre stata disinteressata verso l’altro sesso perché per lei non c’è nessuna utilità nell’innamorarsi. È freddamente cinica lo so, ma è fatta così, lei si guarda allo specchio e si trova normale e la cosa non la disturba affatto, non fa termini di paragone perché non è interessata a farne.»
«Lei non sa che tu mi stai dicendo questo vero?»
«No, e nessuno voglia che lo venga a scoprire perché mi strozzerebbe con le sue stesse mani e senza molti complimenti.»
«E allora perché lo fai?»
«Tu lei hai detto che non volevi ricorrere alle parole perché sapevi che lei non era una persona che si faceva abbindolare, le hai ricordato che le persone apprezzano molto i gesti e lei è quel tipo di persona, nella sua mente sa che in una situazione del genere un gesto così, accompagnato da quello che le hai detto, ha una seria valenza e il fatto che lei, a mente fredda, non reputi più il tuo gesto come una presa in giro vuol dire che sta cominciano a bruciarsi e questa è una cosa che la Mary prudente non avrebbe mai fatto. Ha messo la distanza tra di voi per riflettere e credimi, è più di quanto sia mai stato concesso a chiunque. Tu hai seminato il dubbio in lei, con i fatti, le tue parole l’hanno convinta dei tuoi fatti e tu sembri seriamente intenzionato con lei e lei è in crisi. O finisce bene oppure la perdi. Sei riuscito dove altri hanno fallito, vale la pena aiutarti.» Alex accompagnò l’ultima frase con una leggera scrollata di spalle, come se quelle parole appena dette non fossero uscite dalla sua bocca ma da quella di qualcun altro. Era consapevole di quello a cui andava incontro se Mary avesse scoperto che aveva parlato di lei con lui, ma pensava che ne valesse la pena per scuotere un po’ la vita dell’amica. «Mary è una persona che tende a fasciarsi il capo prima di romperselo, è un brutto difetto lo sa anche lei, ma a quanto pare è il modo più conveniente che ha trovato per sopravvivere. Non vuole soffrire ecco perché non lascia avvicinare mai nessuno. Nella sua mente crede al fatto che, per qualche strano motivo, ti piaccia, ma crede anche che al primo momento buono tu comincerai a notare i suoi difetti e tornerai da Marie, perché nella sua testa è Marie il tuo primo e vero amore e un amore così non si scorda mai, quindi lei si chiede perché, se il tuo grande amore è Marie, tu ti sia invaghito di lei.»
«Marie è stata importante per me, ma per l’appunto, è stata. Siamo troppo diversi noi due, lei è dolce e così fragile e questo non vuol dire che Mary non sia dolce, ma lei è forte, è testarda, è… lei. Io ammiro la sua forza e la sua tenacia. Mary è prima di tutto una ragazza veramente carina. Ha un taglio d'occhi che mi ha rapito sin da subito e poi, superando l'aspetto fisico, lei è una ragazza che sa tenermi testa. Con una grinta che poche ragazze hanno.»
Alex ritrovò perfettamente, nelle parole di Gabriel, la descrizione dell’amica e anche lei andava convincendosi che lui avesse intenzioni serie nei suoi confronti e capiva la confusione che si trovava ad affrontare Mary nel fronteggiare questa situazione del tutto nuova per lei.
«È umana anche lei. È normale che abbia paura di soffrire e non si senta all'altezza, ma non può sempre vivere nel suo guscio. Non è vita quella.»
«C'è chi si butta e vive la vita e chi decide di essere prudente. Io posso non condividere il suo modo di pensare ma appunto perché è il suo modo, è lei che deve decidere se e quando cambiare. Forzarla non serve a niente, è tenace e non fa le cose solo perché gli dicono di farle.»
Gabriel fece un mezzo sorriso a quelle parole e scosse la testa divertito, anche lui non era il tipo che non faceva le cose solo perché gli dicevano di non farle e la sera del ballo ne aveva dato prova alla ragazza, che cominciava a vedere molto simile a lui. «E a cosa porta la prudenza? A vivere di rimorsi.»
«Magari a non essere feriti, se tu non giudichi l'amore importante, non hai rimorso se dovessi perderlo; l’uomo rimpiange sempre quello a cui tiene di più non alle cose a cui non da importanza. Più tieni alle cose e più queste ti faranno male quando se ne andranno. Ripeto, possiamo non condividere il pensiero di Mary, ma dobbiamo rispettarlo, se lei si trova bene così chi sei tu o io per toglierle la stabilità che si è costruita? Sinceramente, non la biasimo.»
«Ma almeno potrai dire di aver vissuto una vita fatta di emozioni. Come le ho già detto non può vivere senza mai bruciarsi.»
«Lei crede che sia possibile e forzarla a cambiare punto di vista non ti farà diventare di certo il miglior fidanzato dell’anno. Ti sta concedendo di mostrarle ciò che le vuoi dare, per te sembra niente ma per lei è un salto nel vuoto da un dirupo che dà su un mondo che lei non conosce.»
«Mai nessuno ha detto che voglio forzarla, ma come ben sai, il mio tempo qui è limitato e mi piacerebbe andarmene con il suo ricordo.»
In effetti, quello poteva costituire un grande ostacolo per entrambi e Alex lo sapeva bene ma non sapeva come ribattere perché capiva che per certe cose ci voleva tempo e quindi si strinse semplicemente nelle spalle mentre prese a rigirare nel piatto la fetta di pizza mezza smangiucchiata. «Dovresti parlarle sul serio, è l’unica cosa che mi sento di dirti.»
Gabriel annuì alle parole della ragazza prendendo atto del fatto che, effettivamente, non poteva affrettare le cose; non era colpa di Mary se lui si era svegliato adesso e si era accorto di volerla, non era colpa di Mary se lui tra meno di tre mesi avrebbe dovuto lasciare quella scuola per cominciare l’università dall’altro capo della nazione. Non era colpa di Mary, era colpa esclusivamente sua.



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Capitolo 7
*** Love ***


Per farmi perdonare della mia lunga attesa, ecco a voi il settimo capitolo del libro. Diciamo che siamo quasi a metà e, siccome siamo a Natale, vi voglio fare il mio personale regalo e darvi il capitolo in cui l'amore sboccia... finalmente. Amy.


«Se commenti giuro che ti stacco il braccio a morsi.»

Anche quella mattina Alex aspettò che l’amica uscisse di casa alla solita ora. In realtà non era sicura che Mary si presentasse e se non lo avesse fatto non avrebbe neanche indagato a riguardo perché, semplicemente, voleva dire che aveva ancora bisogno fare pace con il suo cervello; quando però la vide uscire di casa, saltò dal muretto che costeggiava casa sua e le andò incontro con la mano alzata a mo’ di saluto.
«Allora chi ha vinto?»
«Stanno ancora litigando…» Mormorò Mary accostandosi a lei per incamminarsi verso la scuola. Alex fece un fischio di sorpresa mentre soppesava se rivelare all’amica della scomoda chiacchierata che aveva avuto con Gabriel il giorno prima.
«Io gliel’ho recapitato il messaggio…»
«E lui?»
«Abbiamo parlato, diciamo che ti ho sputtanato un po’.»
«Alex sei una fottuta troia, lo sai?»
«Ha interrotto il sacro momento della pizza…» biascicò lei a mo’ di scusa; la reazione dell’amica era stata anche fin troppo calma, per come la conosceva, sarebbe stata capace di inveirle contro per tutta la giornata facendola sentire una merda. «E poi, sembra sincero. È stato lì a parlare con me e voleva sapere dov’eri e gli ho spiegato un po’ delle tue paturnie mentali.»
«E questo per te è “sputtanarmi un po’”? Alex non ho ancora la certezza che lui sia sincero con me, in fondo è successo tutto così in fretta; potrebbe durare un mese e poi potrebbe mollarmi e tornarsene dal suo grande amore.»
«Ecco, a proposito di questo, dovreste parlare perché da quello che ho capito, la storia con Marie è stata un po’ gonfiata.» E con le dita quasi vicine cercava di dare all’amica una stima di quanto fosse stata gonfiata l’idilliaca storia d’amore tra Gabriel e Marie, sperando che quel piccolo particolare distogliesse l’attenzione della ragazza dal fatto che aveva rivelato cose personali al ragazzo.
«Questo non cambia di molto le cose Alex, se sta architettando tutto questo per prendermi in giro? Magari avrà scommesso con qualcuno che sarebbe riuscito a far crollare sotto le sue lusinghe la più sfigata della scuola e in palio c’è un ricco premio se ci riesce. Sai le risate che si faranno quando lui tornerà con in mano il mio reggiseno e un sorriso trionfante sul volto?» Alex rimase a bocca aperta nell’immaginarsi quello scenario così catastrofico, certo che l’amica ne aveva di fantasia quando ci si metteva.
«Tu guardi troppi telefilm, e non lo dico perché fa figo ma perché, sul serio, lo scenario che ti sei immaginata è degno del copione del miglior sceneggiatore di telefilm adolescenziali. Complimenti.»
Ok, Mary poteva aver esagerato, ma non avendo la certezza assoluta delle intenzioni di Gabriel, la sua mente prudente si prospettava gli scenari più apocalittici per poter vagliare ogni singola opzione che le si presentava davanti.
«Devi parlarci, non sei scema, mettilo alla prova, fagli passare le pene dell’inferno e poi valuta da te se è sincero o meno. Oppure lascia perdere. In ogni caso datti una mossa, lui corre perché tra poco l’anno finisce, potrebbe essere la sua ultima occasione e anche la tua.» Alex accompagnò l’ultima frase con una scrollata di spalle, non poteva indicare la strada da seguire all’amica, poteva solo fare il punto della situazione con lei e metterla davanti alla scelta da compiere. Niente di più, niente di meno. Mary, invece, si sentiva ancora più sottopressione e si stava pentendo di aver deciso di tornare a scuola quel giorno, perché non si sentiva pronta ad affrontarlo di nuovo; sembrava che tutto le stesse remando inesorabilmente contro.

Il resto della giornata era passato, inesorabilmente, nella più ordinaria delle maniere; all’ora di pranzo si aspettava di vedere il ragazzo raggiungerla al tavolo e più volte aveva beccato Alex guardarla con un certo cipiglio di disapprovazione per l’ansia che mostrava nel cercare quella testa rasata tra tutti quegli studenti, invano, quando la campanella segnò la fine del pranzo e l’inizio delle lezioni pomeridiane, di Gabriel non ce n’era nessuna traccia e questo deluse molto la ragazza che tornò a crogiolarsi nelle più tetre congetture a riguardo. Quando anche l’ultima lezione della giornata si concluse, silenziosamente Mary raccolse la sua roba e, come al solito, lasciò che l’orda di studenti sfociasse al di fuori dell’istituto, prima di riprendere la strada verso le rispettive case; fu proprio mentre si stavano avviando al cancello che Alex le diede una piccola gomitata facendola voltare alla sua sinistra verso il giardino dove, all’ombra di un albero, sostava Gabriel mentre fumava una sigaretta. Mary fece un piccolo sospiro mentre valutava se andare da lui oppure tirare dritto verso casa, nel chiedere un consiglio ad Alex, lei silenziosamente, le fece cenno di avvicinarsi ma quando vide che l’amica non si smuoveva dal suo posto, le diede una spinta che la spostò di qualche passo con suo sommo disappunto; la tacita lotta tra Mary ed Alex durò qualche secondo finché alla fine Mary non perse la pazienza e dopo aver alzato gli occhi al cielo, alzò un dito medio nei confronti dell’amica e si diresse verso il ragazzo. «Sembra che ultimamente sia impossibile evitarti.» Commentò lei a mo’ di scusa per annunciarsi, anche se qualcosa le diceva che lui non era capitato lì per caso, Gabriel alzò lo sguardo verso di lei e si strinse nelle spalle, effettivamente non sapeva bene come rispondere a quell’affermazione e lasciò cadere il discorso, almeno per quel momento.
«Ti va di andare al parco in centro? Per fare una camminata.»
Mary che era ancora molto diffidente nei suoi confronti, scosse la testa, alla fine, per un motivo o per un altro, la scuola rimaneva aperta ma non affollata come la mattina e quello era comunque un buon posto per stare tranquilli e lontani da occhi indiscreti. «Credo che andrà bene anche qui se non ti dispiace.»
Gabriel non protestò a quella richiesta e si lasciò cadere ai piedi dell’albero appoggiandosi contro il tronco mentre guardava fisso davanti a sé.
«Perché io?» Mary non era mai stata una ragazza che amava i silenzi imbarazzanti e non le piaceva neanche perdere tempo utile e quindi tendeva a prendere sempre il comando della situazione. Gabriel, invece, si prese tutto il tempo per rispondere, sicuramente stava ragionando sulle parole da usare perché qualche volta sorrideva e questo faceva rimanere un attimo interdetta Mary, che prendeva quella situazione molto seriamente.
«Per questo motivo, perché non sei una ragazza timida, non ti lasci sopraffare dalle emozioni e mantieni sempre il controllo di te stessa. Per la tua forza e la tua tenacia, per come mi fai sentire perché mi metti un po’ in soggezione con il tuo modo di fare e ho scoperto… che mi piace. Se poi devo continuare con l’elenco di ciò che mi piace fisicamente di te, la lista è ben più lunga.»
Mary corrugò la fronte non molto convinta delle sue parole, anche se doveva prendere atto che la sua descrizione sommaria del suo carattere ci aveva preso perfettamente, ma non la convinceva comunque delle buone intenzioni del ragazzo. «Già ma ti ha sfiorato l’idea che io non sia interessata a queste cose? Ci sono tante altre ragazze con le palle e che ti sbavano dietro, di tutte le motivazioni che mi hai dato, nessuna mi pare che sia così buona per scegliere proprio me.»
«Il solo fatto che tu mi stia contrariando non fa altro che mostrarti più interessante ai miei occhi Mary. È la rara occasione in cui un ragazzo ti apprezza esattamente per quello che sei e non desidera averti in altro modo.» Gabriel fece per accendersi nuovamente una sigaretta, ma Mary prontamente gliela sfilò di mano gettandola per terra e calpestandola con il piede destro.
per terra e calpestandola con il piede destro. «Stiamo già insieme e non me ne sono accorto?» Non era una provocazione, ma una semplice battuta e Gabriel accompagnò le parole con un sorriso, per nulla disturbato dal gesto della ragazza. «Mary, possiamo stare qui tutto il giorno, il giorno dopo e quelli a seguire a discutere sul perché e sul per come delle cose. Tu sarai sicuramente un’esperta nelle cose che t’interessano, ma lascia che ti spieghi una cosa, il 99% delle volte passi tutta la vita a correre dietro ad una cosa per poi renderti conto che non era quello che volevi. Ho passato buona parte della mia vita da adolescente a sentirmi adulare dalle ragazze e poi mi sono reso conto che le adulazioni sono fini a sé stesse e non portano a niente nella vita. Mi ritrovo completamente disinteressato dal tipo di ragazze di cui ho sempre prediletto la compagnia e nel mentre arrivi tu, non sai quanta soggezione metti alle persone, sei forte, decisa, tenace. Hai un modo di fare che spiazza le persone, perché da ragazze della tua età ci si aspetterebbero ben altri comportamenti più frivoli. Ecco cosa mi piace di te, non sei frivola, non sei superficiale e Dio, più tu mi resisti più io ti voglio.» Ok, quella poteva essere una confessione in piena regola e Mary rimase spiazzata dalle parole del ragazzo, aveva la vaga sensazione che non avrebbe avuto una risposta concreta alla sua domanda perché di concreto c’era poco in quella situazione ma non aveva sempre sentito dire che l’amore era irrazionalità? Per qualche irrazionale motivo lei piaceva a Gabriel e per tutto quel tempo non aveva riflettuto se quel sentimento fosse ricambiato o meno, in sostanza, a Mary piaceva Gabriel? Beh, fisicamente non era male era tutto il resto che proprio non le andava a genio, anche se immaginava che lui avesse messo in conto un cambio, netto, di abitudini; non per altro, ma era ovvio che certe persone dovevano stargli lontano.
«Dannazione!»
«Mh?»
«Niente, stavo pensando a una cosa…» Ma che le succedeva? Scenate di gelosia mentali e neanche stavano insieme? Questa cosa si stava spingendo troppo oltre per lei, era proprio incapace di gestirla ed era del tutto ignorante a riguardo; la cosa più coerente da fare per lei, era quella di scappare, perché il discorso stava andando troppo sul personale ma una parte di lei sembrava, desiderava rimanere lì per curiosità…
«Mary? Mi ascolti?»
«Cosa? No, non stavo sentendo.»
«Sì, me ne ero accorto che eri un tantino assorta nei tuoi pensieri. Devo sentirmi lusingato?»
Mary inclinò il capo e fece inarcò il sopracciglio come a voler dire “Credi sul serio che occupi tu i miei pensieri?”, era ovvio che non avrebbe mai ammesso quella cosa, come era ovvio che si sentisse troppo osservata per i suoi gusti e anche troppo vulnerabile in quel momento in cui la stava scrutando per carpirne i pensieri celati al resto del mondo. Mary era… incuriosita dalla sensazione che si provava a essere al centro delle attenzioni di qualcuno e allo stesso tempo temeva le conseguenze che l’esporsi troppo avrebbe portato a lungo andare, nel peggiore dei casi…
«… sei bella anche quando pensi…»
Innamorarsi sembrava la prerogativa di tutte le persone nel mondo, alla fine Gabriel non sembrava una persona smielata e dolce, non correva il rischio che volesse gridare al mondo quanto fosse felice nello stare con lei o fare tutte quelle cose dolci e stomachevoli.
«… qui ci stiamo mettendo in gioco entrambi…»
E poi aveva fatto quella specie di strano corteggiamento, così inusuale, solo per non incappare in quei cliché orrendi delle storie d’amore. Era da apprezzare il coraggio che aveva dimostrato e anche l’uso che aveva fatto delle parole, anche se per alcuni gesti si sarebbe meritato ben più di uno schiaffo.
«… non voglio forzarti, se dirai di no lo accetterò…»
Ma quanto stava parlando? Aveva lo sguardo fisso davanti a sé e dava sfogo a quella sequela di parole senza fine. Mary si chiese se, anche in quel momento di totale silenzio da parte sua, non lo intimidisse visto che lei rimaneva ferma e ascoltava pezzi del suo discorso. A quanto pare anche lui era imbarazzato, quindi non c’erano più dubbi, tutto quello che diceva era vero.
«… anche io sto saltando…»
Mary aveva sentito abbastanza, osservarlo mentre apriva bocca e cuore gli aveva fatto capire quali fossero le sue intenzioni, o almeno come sembravano; una parte di lei mostrava ancora qualche riserva nei confronti di ciò che Gabriel diceva e sicuramente lui aveva messo in conto di dover avere a che fare anche con questa parte ma Mary doveva ammetterlo era così, buffo, vederlo lì a parlare senza fermarsi un attimo e pensare che lei non aveva ascoltato quasi niente delle sue parole. Senza fermarlo e sfruttando il fatto che lui guardasse davanti a sé e non nella sua direzione decise di “dirgli” quale fosse la sua decisione; Mary che non era mai stata di molte parole, decise di non smentirsi neanche questa volta e di lasciare che un tacito gesto parlasse per lei. In che cosa si sarebbe cacciata da quel momento in poi? Una parte di sé era sempre in allerta mentre tutto il resto la spingeva a lasciarsi andare un po’, per questo lasciò cadere lo zaino dalla spalle e si mosse verso di lui sedendosi al suo fianco, molto a contatto con il corpo del ragazzo, appoggiando il capo sulla sua spalla. No, Mary non avrebbe mai detto robe tipo “Sì, voglio stare con te” o “Zitto e baciami!” il solo pensiero la fece rabbrividire; quel gesto invece era il suo modo per dirgli tante cose ma soprattutto un “Ti voglio credere e voglio darti una possibilità.” senza cadere nelle banalità dei primi approcci con l’altro sesso. Sentiva il suo sguardo addosso ma non sapeva se fosse incredulo o no e sinceramente non le andava di controllare perché, in quel momento, si sentiva abbastanza scombussolata e messa in soggezione da quel ragazzo cosa assai rara per una come lei; per ovviare a questo piccolo particolare, decise di sfilare il libro che solitamente leggeva quando aveva qualche minuto o qualche ora buca, e di concentrarsi solo su quello lasciando a Gabriel il tempo di riprendersi dal suo gesto e a lei di sorvolare l’imbarazzo per la sua stessa audacia.
«Non… dire niente… ok?»
Al suo fianco, il ragazzo sembrò recepire il messaggio e accontentarsi di quel gesto, smise di parlare e sorrise mentre guardava quella ragazzina così vicina a lui, più vicina di quanto avesse mai permesso a qualcuno in tutta la sua vita; superata l’incredulità iniziale, sorrise e poi decise che non era il caso di commentare con il rischio di rovinare quel momento perfetto, pieno di imbarazzo, ma comunque perfetto, prese a sua volta un libro che aveva posato sull’erba per fumare in attesa e lo riaprì dove aveva piegato l’angolo superiore a mo’ di segnalibro e, come la ragazza ormai vicino a lui, prese a leggere in completo silenzio beandosi del calore e del profumo che lei sprigionava.



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Capitolo 8
*** Together ***


Ed eccomi di ritorno da delle feste passate con la febbre, tuttavia questo mi ha permesso di avere tempo di pubblicare questo capitolo, di transizione. Molti lo troveranno noioso ma non demordete. Mi permetto, nuovamente, di pubblicizzare il gioco di ruolo di cui faccio parte con un personaggio a cui mi sono ispirata per la mia Mary (--->gdr) sto aspettando disperatamente due pg molto importanti presenti anche in questa storia, non siate timidi. Amy.


« Diamo una scossa a questa giornata noiosa!»

Alex non ebbe bisogno di chiedere niente a Mary quando la vide il giorno dopo. Non che si fossero sentite quello precedente, da quando l’aveva lasciata in compagnia di Gabriel all’uscita della scuola non aveva più sentito l’amica né Mary l’aveva cercata per aggiornarla su possibili sviluppi e lei non si era data molta pena a riguardo. La conosceva da dieci anni e aveva imparato a osservarla e a capirne l’umore con un solo sguardo e anche quella mattina, tutta la situazione le si fece palese appena la vide uscire di casa. Come sempre scese dal muretto che recintava la casa e attraversò la strada per affiancare l’amica e a stento tratteneva un sorriso mentre la guardava di soppiatto di tanto in tanto, tutta quella situazione era veramente molto buffa.
«Non aspettiamo nessuno stamattina?»
«Non che io sappia.» Mormorò Mary mentre teneva lo sguardo fisso davanti a sé, anche lei tratteneva a stento un sorriso rivelatore, ma il fatto che Alex non le chiedesse delucidazioni a riguardo dell’incontro, le fece sorgere un dubbio interno; che qualcuno avesse parlato? Qualcuno li aveva visti e aveva spifferato tutto? Il pensiero corse immediatamente alla scuola ben sapendo lo “scandalo” che una notizia del genere potesse suscitare e decise di indagare rompendo il silenzio. «Non mi chiedi niente?»
«Non ne ho bisogno.»
«Qualcuno ha parlato?» chiese Mary in evidente stato di allarme che cercava di celare ostentando una parvenza di sicurezza che però non le apparteneva affatto.
«Non a me.»
«Ci hai spiati?»
«No, sono tornata a casa come facciamo ogni giorno e sono stata costretta ad aiutare mia mamma con le faccende.»
Quindi questo voleva dire che non era neanche tornata indietro dopo pranzo, beccandoli a leggere seduti sotto l’ombra di un albero, vicini, molto mooooolto vicini. Non riusciva a capire se l’amica sapesse qualcosa o non sapesse affatto e stava nascondendo bene la sua curiosità visto che da quando si conoscevano, si erano sempre dette tutto.
«Quindi?»
«Mary ti conosco da dieci anni, un lungo, lunghissimo, lasso di tempo. Ho imparato a conoscerti. Neanche due giorni fa ti stavi facendo venire un infarto per tutta questa storia e hai saltato persino la scuola, oggi mi esci del tutto calma e pacata, non hai sbattuto la porta, non mi hai salutato a mezza bocca e non ti sei rinchiusa in un silenzio tombale stile “Statemi lontana che mordo”. Mi viene da pensare che ieri sia andato tutto bene e con tutto bene intendo che neanche voi avete litigato, quindi avete trovato un punto d’incontro ergo, state insieme.»
«Ed io che stavo andando in paranoia per senza niente.»
Alex sorrise, perché sapeva di aver impressionato l’amica ed era qualcosa che accadeva raramente e vista la situazione in generale sarebbe scoppiata la pace nel mondo nel giro di qualche minuto essendo che Mary si era fidanzata ed era persino felice. «Quindi?» Mary si strinse nelle spalle, non sapeva come descrivere all’amica l’assurdità di quella situazione senza cadere nella pateticità dei particolari smielati; doveva trovare un punto d’incontro tra la sua voglia di morte e gli occhi a cuoricini. «Io… non lo so. Ieri ho capito che tutto quello che ha fatto in un certo senso, mi fa piacere; lo ha fatto bene e non è caduto negli stereotipi da innamorato. Non ha fatto altro che parlare e cercare di convincermi della veridicità delle sue parole e non riusciva a guardarmi in faccia; dice che lo metto in soggezione e che gli piace questo di me…» Mary tirò su con il naso rendendosi conto del fatto che le parole che aveva riservato a lui rasentavano un livello di compiacenza, per quell’adulazione, stomachevole. “Stavano insieme” da neanche un giorno e già si stava lasciando andare in una maniera vergognosa. «Se sta recitando, sa mentire bene.»
«Oh la mia piccola bambina innamorata, credevo che sarei morta prima di poter vedere questo realizzarsi.»
«Alex, stai raggiungendo livelli di pazzia che m’inquietano moltissimo e tu lo sai che io sono una persona che non s’inquieta facilmente. Tieni lontano quei cuoricini da me.»
Alex ridacchiò spintonando l’amica ma non riuscì a smetterla di guardarla come se fosse orgogliosa di lei per quel traguardo raggiunto. Non che Alex non pensasse che Mary non fosse un tipino strano, gliel’aveva dimostrato al primo incontro, quando lei aveva cercato di allontanarla in tutti i modi possibili e lei invece sembrava interessata da tutte le cose schifose che le propinava. Adesso che erano cresciute, niente nel comportamento passato di Mary le aveva fatto intendere che avesse voglia o necessità di un ragazzo, in effetti, nessuna delle sue aveva mai preso in considerazione la cosa e nessuna delle due ne aveva mai avuto bisogno ma Alex credeva, contrariamente da Mary, che potesse esserci qualcuno al mondo altrettanto strano che potesse far impazzire entrambe e non si precludeva niente dalla vita, comprese tutte quelle cose da donne che solitamente erano sopravvalutate come l’amore o una famiglia in futuro. «Parli del diavolo e ti spuntano un bel paio di corna caprine, guarda un po’ chi abbiamo qui.» Alex non fu la prima a vedere Gabriel attenderle poco prima dell’entrata della scuola in quanto Mary aveva già abbassato lo sguardo un po’ imbarazzata da quell’incontro anche se sapeva benissimo che non c’era niente per cui doveva essere imbarazzata, a parte che davanti a lei c’era il suo ragazzo, vicino all’entrata della scuola, con tutti quegli studenti dentro…
«Cazzo!»
«No tesoro, non si torna indietro adesso. Tira fuori le palle.» E per tutta risposta, Alex afferrò le spalle di Mary come se volesse trascinarla verso Gabriel anche se questa non dava segno di rallentare o indietreggiare; delle volte i modi dell’amica erano così teatrali che Mary si spazientiva facilmente anche con lei. Gabriel fece qualche passo verso di loro e affiancò Mary senza fare altro, salutò Alex come se fosse un’amica che conosceva da tempo e percorse con loro l’ultimo tratto che li separava dalla scuola. Fu, silenziosamente, grata al ragazzo per non averla abbracciata, baciata o fatto qualsiasi altra cosa del tutto indesiderata e improvvisa, a quanto pare anche lui la conosceva bene tanto da sapere cosa fare o cosa non fare in situazioni del genere ma quello che la preoccupava, era se fosse lei quella pronta a fare o non fare determinate cose.
«Alex, se tu potessi scegliere tra il non attirare le attenzioni altrui su di te o creare scandalo giusto per guardare le facce allibite di tutti, cosa sceglieresti?» A parlare fu proprio Gabriel e Mary capì immediatamente le sue intenzioni e per questo rivolse un’occhiataccia all’amica sperando che desse la risposta esatta, se questa risposta non coincideva con quella che avrebbe scelto Mary, questo non le impediva comunque di declinare la gentile offerta e mandarli a quel paese entrambi.
«Non sono tua amica Gabriel, non tirarmi in mezzo perché sai che se fai qualcosa di avventato, Mary aprirà una voragine sotto i tuoi piedi dritta verso l’inferno e ti ci farà sprofondare senza alcuna grazia.» Il tono della risposta era canzonatorio e Mary tirò fuori l’espressione più soddisfatta che potesse dipingersi sul volto nel vedere, l’evidente, disfatta di Gabriel nel tirare Alex dalla sua parte…
«Tuttavia...»
Mary guardò male, malissimo, l’amica ben sapendo che la proposta del ragazzo aveva, in qualche modo, solleticato la sua perversa fantasia. Era una battaglia persa in partenza, non valeva la pena neanche di combatterla in queste condizioni.
«… non mi dispiacerebbe vedere qualche bocca spalancata dallo stupore.»
«Penso di averti detto ieri quello che penso di te Alex. Vero?» Mary si sentiva intrappolata nel mezzo di quel piano diabolico ed era comunque, segretamente, attratta dall’idea di provocare dello scandalo tra gli studenti, perché una parte odiava che le attenzioni fossero concentrate su di lei, mente un’altra voleva far inorridire tutti, specie quelle che l’avevano considerata sempre una sfigata. No, era troppo allettante quell’idea per essere sprecata in quel modo e così si affrettò a prendere la mano di Gabriel che rispose immediatamente stringendola a sua volta. Era una sensazione strana quella e subito si pentì di aver avuto la malsana idea di assecondarlo nel suo folle piano, ma era comunque troppo tardi, perché avevano varcato tutti e tre la soglia del cancello della scuola e già i primi occhi venivano puntati verso di loro.
«Questa sarà una giornata molto interessante.» Mormorò Alex guardando con la coda dell’occhio a destra e a sinistra mentre avanzavano tutti e tre verso l’atrio. Non si sentiva affatto un terzo incomodo anzi, era quasi divertente avere un posto d’onore mentre tutte quelle bocche si spalancavano e gli occhi si sgranavano, che si sarebbe stabilita come palo tra quei due se si fosse rivelato necessario oltre al fatto che, raramente, lasciava Mary da sola; beh ovvio, avrebbe dovuto lasciare ai due il loro spazio, ma questa cosa non la preoccupava affatto perché sapeva che l’amica non l’avrebbe mai messa da parte come spesso accadeva.
Una volta entrati, lì lungo il corridoio dove la maggior parte degli studenti sostavano prima delle lezioni, la reazione non fu da meno e, mentre tutti e tre si dirigevano verso gli armadietti delle due ragazze, l’atmosfera si fece improvvisamente attonita se non per qualche “non ci credo” o “oh mio Dio” bisbigliato a mezza bocca.
«Se non la finiscono giuro che oggi ammazzo qualcuno.» sussurrò Mary mentre cercava di mantenere un atteggiamento distaccato davanti a tutti quegli sguardi sorpresi, con un sorriso forzato che celava la poca tolleranza verso quei mormorii fastidiosi.
«È il prezzo della notorietà, benvenuta nel mio mondo.»
«Lo sai che un giorno tutto questo ti si ritorcerà contro e te la farò pagare vero?»
Gabriel sorrise scuotendo la testa, sapeva bene che non gli sarebbe successo niente anche se le intenzioni della ragazza erano ben chiare. Lasciò la sua mano una volta giunti a destinazione, appoggiandosi con le spalle contro una fila di armadietti, mentre le due ragazze prendevano i libri che sarebbero serviti loro per le prime lezioni, quando la campanella avvisò tutti che era ora di entrare nelle rispettive classi.
«Desolato di dovervi lasciare signore, il dovere mi chiama. Mi raccomando ragazzina fa scorrere litri di sangue mh? Ci vediamo a pranzo.»
«Oh non preoccuparti, l’infermeria sarà inutile, qualcuno verrà mandato direttamente all’obitorio giù in città se non la smette di fissarmi come se avessi la lebbra.» Chiuse con forza l’anta dell’armadietto mentre Gabriel voltava loro le spalle per andare a lezione, con una rapida occhiata fece una ricognizione delle persone che ancora la stavano fissando e non accennavano a schiodarsi dalle loro posizioni e fece qualche passo verso il gruppetto più vicino davanti a lei.
«Bhè, che avete da guardare ancora? Ve ne andate oppure devo farvi diventare intelligenti a suon di libri in faccia?» La sua fortuna, fu che il gruppetto davanti a lei era uno di quelli che la considerava abbastanza strana da non lasciare campate in arie le parole appena dette, per questo con grande fretta si disperse mentre lei estendeva lo stesso tacito invito a tutti quelli presenti, e chi più e chi meno, lasciarono il corridoio o tornarono a fare qualsiasi cosa stessero facendo prima di essere interrotti. «Oggi finisco in presidenza, me lo sento.»
Alex sorrise staccandosi a sua volta dalla fila di armadietti e raggiungendo l’amica con una pila considerevole di libri tra le braccia. Trovava tutta quella situazione, molto, divertente ma evitava di far notare all’amica la parte buffa di tutta quella situazione, almeno non in quel momento in cui rischiava di essere travolta dalla sua rabbia; tra sé e sé, tuttavia, non poteva fare a meno di ridersela per i poveri sventurati che sarebbero capitati tra le mani di Mary. E sì, quella sarebbe stata una giornata, davvero, interessante.



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Capitolo 9
*** Sh*t ***


Con questo capitolo chiudo questo 2015, vi faccio tanti auguri, ci rivediamo nel 2016. Amy.


Danielle non era preoccupata per ciò in cui si stava per imbattere la figlia. Più che altro temeva per l’incolumità di lui perché sapeva che se avesse fatto qualcosa di sbagliato, l’avrebbe pagata molto cara.

Era passato un mese esatto da quando Mary e Gabriel avevano cominciato a frequentarsi. Pensare a una vera e propria relazione era fuori discussione, almeno per Mary che faticava ancora a fare i conti non più con sé stessa, ma con un noi a cui non era per niente abituata. Gabriel invece, sembrava perfettamente a suo agio in quella situazione, anche se al suo fianco aveva attirato la più improbabile delle fidanzate; nonostante entrambi erano alle prime esperienze con quel tipo di sentimenti, sembrava che il ragazzo fosse ben più propenso a lasciarsi andare rispetto a lei, che ancora sapeva come gestire tutto quel turbinio di novità nella sua vita.
Tuttavia il compito non le risultò difficile, Gabriel sembrava molto a suo agio vicino a lei, anche quando lei poteva risultare fredda o distaccata o non si lasciava andare a tutte quelle cose propriamente da “fidanzati”, non se la prendeva se quando camminavano lei non gli teneva la mano o se non gli concedeva un bacio davanti a tutti per non dare spettacolo; a volte Mary si fermava a riflettere su tutte quelle cose che ancora non si sentiva di fare e si chiedeva se queste pesassero sul loro rapporto, era sempre conscia che ciò che per lei potesse risultare inutile, per qualcun altro poteva essere importante, ma Gabriel sembrava non pretendere niente di più di quello che lei gli riusciva a dare e, segretamente, Mary gliene era grata, perché bastava già la sua vocina interiore a ricordarle che forse faceva troppo poco per mantenere quella, strana, relazione viva.
La fine di aprile si preannunciava con giornate più tiepide e un timido sole che faceva capolino dietro le ultime nuvole invernali nel cielo, quel fine settimana si prospettava assolato e con temperature ben più alte rispetto alla media, ma il meteo era l’ultima delle sue preoccupazioni;, tra poco lei e Gabriel avrebbero festeggiato un mese e visto la pazienza che lui aveva dimostrato sotto molti punti di vista con lei, aveva deciso che concedersi una piccola frivolezza tra fidanzati, come un piccolo regalo, potesse essere un buon modo per fargli capire quando lei stesse cercando impegnarsi per lui.
«Mamma, se ti dicessi che ho un ragazzo tu cosa risponderesti?»
Sua madre che era dall’altra parte dell’isola situata nella cucina di casa, era tutta intenta a impastare e sfornare dei biscotti dalle forme svariate. Mary sapeva provvedere a sé stessa in quanto a cucina, ma chiederle di preparare qualcosa per qualcuno equivaleva a mettere in pericolo la salute dell’altra persona, così avrebbe sfruttato il lavoro della madre come regalo per Gabriel.
Danielle Davies alzò gli occhi verso la figlia che stava facendo i compiti di sabato pomeriggio mentre tutte le altre ragazze cominciavano a godersi il fine settimana che si preannunciava splendido oltre ogni rosea aspettativa.

Sin da bambina, Danielle, aveva inquadrato il carattere un po’ solitario della figlia e sicuramente molto diverso rispetto a quello delle altre bambine, ma non lo aveva ritenuto preoccupante come spesso le madri facevano e si era ripromessa di intervenire solo se la figlia si fosse cacciata in qualche guaio o avesse intrapreso una strada sbagliata. Fortunatamente questo non era mai successo. Persino dopo il divorzio con il marito, Danielle aveva temuto che la figlia, in procinto di entrare nel tortuoso mondo dell’adolescenza, le avrebbe dato più problemi di quanti lei ne potesse gestire; si era ricreduta subito quando Mary le aveva dimostrato che il costante disinteressamento ai normali comportamenti adolescenziali degli altri ragazzi della sua età, la portava a vivere la sua vita lontano dalle turbe e dai tipici comportamenti a rischio, e per questo la madre gliene era grata e da allora aveva deciso che non importava quanto la figlia potesse risultare strana agli occhi di tutti, se Mary era felice e non dava problemi, poteva essere tutto quello che voleva.

Quella domanda, arrivò inattesa dalle labbra della figlia, anche sotto quel punto di vista Mary era stata debitamente informata, ma lei si era sempre detta disinteressata nell’avere una relazione, così che Danielle non aveva mai dovuto affrontare, concretamente, il “famoso discorsetto” e non si era mai preoccupata delle sue frequentazioni visto che conosceva tutti i suoi amici e la maggior parte del suo tempo lo passava con Alex.
«Direi che di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, sei abbastanza intelligente per cercare una scusa migliore per attirare la mia attenzione.»
«E se ti dicessi che ho, veramente, un ragazzo?»
Quello non sembrava affatto uno scherzo e Danielle rimase a guardare la figlia come se il solo sguardo le bastasse per interpretare i suoi pensieri. Le aveva sempre concesso il beneficio del dubbio e Mary si era sempre dimostrata una ragazza giudiziosa per questo non fu minimamente preoccupata dalla rivelazione e decise di tornare al suo lavoro. «Perché me lo vieni a dire così?»
«Sai, quei biscotti sembrano molto invitanti e... è imbarazzante che dalla mia bocca esca una frase del genere ma, stiamo per festeggiare un mese e sarebbe… bello... credo, insomma regalargli qualcosa.» Mary rabbrividì al solo pensiero di abbandonarsi a una pratica così sopravvalutata come il festeggiare una ricorrenza ma sapeva anche che, dall’altra parte, un piccolo gesto come quello sarebbe stato sicuramente apprezzato e non enfatizzato come spesso molti facevano. Danielle ascoltò la figlia senza interromperla e alla fine vederla così imbarazzata a riguardo, ripagava il silenzio che si era imposta invece di farle una sequela infinita di domande; che fosse presa da quella situazione si vedeva chiaramente, stava ridefinendo sé stessa senza comunque perdere quei modi che l’avevano sempre contraddistinta da tutte le altre e le faceva una tenerezza tale, che fu difficile resistere alla voglia di girare l’isola e andare ad abbracciarla snocciolando una raffica di parole su quanto fosse orgogliosa di lei. Prese un biscotto ormai freddo e glielo porse, separandone poi una decina dal mucchio che sarebbero stati destinati al mitico ragazzo che era riuscito dove molti non avevano neanche osato provare.
«Allora, che programmi avete per la serata?»
Mary ripensò ai giorni precedenti per cominciare a spiegare il tutto alla madre.

«Buongiorno ragazzina, oggi sei particolarmente terrificante.»
Mary chiuse lo sportello dell’armadietto per guardare in faccia la fonte di quel complimento e Gabriel si mostrò con il suo solito sorriso mentre si appoggiava alla fila di armadietti con la spalla; si voltò verso destra per assicurarsi che lui ce l’avesse con lei e non con qualcun’altra e poi tornò a guardarlo con gli occhi stretti a due fessure cercando di capire cosa avesse da essere così gentile. «Che cosa hai combinato?»
«Sei la solita malpensante Mary, per te un ragazzo che ti fa un complimento, deve necessariamente avere un secondo fine.»
«Credevo che la cosa ti fosse chiara.»
Un punto per lei, non aveva fatto altro che ricordarglielo da quando si erano messi insieme e, a quanto pareva, rimaneva ferma sulle sue convinzioni; il sorriso che gli fece però, attenuava le sue parole e significava che in cuor suo aveva apprezzato quel complimento, anche se non lo avrebbe mai ammesso. «Comunque, tra poco c’è un piccolo traguardo da festeggiare e lo so che non sei tipo da queste cose, quindi, prima che tu mi risponda un no secco, ti propongo un compromesso: i miei sono fuori e mi piacerebbe che venissi a cena da me sabato, una cosetta informale molto leggera, hamburger e patatine, ci vediamo un film e… mi farebbe piacere se tu rimanessi a dormire con me, se te la senti, altrimenti ti riaccompagno a casa senza alcun problema.»
L’aveva imparata a conoscere e di questo, Mary ne era sicura; l’aspettava ogni mattina davanti al cancello della scuola e si concedevano qualche minuto di chiacchiera prima di cominciare le lezioni, non le stava troppo addosso e per questo aveva accettato la sua presenza al tavolo che occupava con Alex e gli altri pochi amici che avevano, durante l’ora di pranzo o adesso che le belle giornate cominciavano a farsi vedere, passavano quell’ora sotto l’albero che li aveva visti insieme per la prima volta a parlare o a leggere. Gabriel si era insinuato nella sua vita molto lentamente e non si era mai lamentato di come il loro rapporto andasse nonostante il poco tempo che avevano ancora a disposizione per stare insieme, il freddo inverno aveva lasciato posto alla primavera e poi all’estate e lui si sarebbe diplomato e non aveva mai fatto mistero del suo desiderio di andare a studiare in un college prestigioso che però si trovava dall’altro capo della nazione. Mary aveva capito che ogni momento che passavano insieme erano preziosi ricordi che le sarebbero mancati terribilmente una volta che lui se ne sarebbe dovuto andare, perché lei non tollerava che lui rimandasse i suoi studi per stare con lei; avevano un tempo terribilmente limitato e lei si era ripromesso di viverlo intensamente.
Per questo motivo quando lui le propose di dormire a casa sua, in un primo momento, non se la sentì di declinare la sua offerta; abbozzò un mezzo sorriso dicendogli che ci avrebbe dovuto pensare ma che in sostanza non ci fossero problemi e, a parte due o tre questioni, fondamentalmente non ce ne erano. Lui incassò quel commento come una vittoria e girò i tacchi salutandola con un cenno della mano mentre si dirigeva a lezione, lei invece andò talmente nel panico, che si rifugiò nel bagno delle ragazze e si nascose in uno dei gabinetti tirando fuori il suo cellulare dalla tasca.
Alex non era con lei quel giorno, la madre l’aveva portata non sapeva dove, a trovare una vecchia zia e già che c’erano sarebbe rimasta per un paio di giorni a fare una rimpatriata tra parenti rumorosi che non aveva mai visto in vita sua. Non che Mary dipendesse da Alex, ma ne sentiva la mancanza quando questa si allontanava per troppo tempo specie perché la vita aveva uno strano senso dell’umorismo se le faceva accadere determinate cose proprio quando l’amica non c’era.


ooooo


«Gabriel mi ha invitata a casa sua e prima che tu cominci a dare in escandescenza ricordandomi i rischi del sesso non protetto, ti dico che i suoi genitori non ci sono e che vuole che passi la notte con lui.» Mary fornì quella spiegazione come se dovesse essere l’unica cosa che la madre dovesse sapere e farsela anche bastare; il discorso sulle api e sui fiori le era stato fatto a tempo debito, ma poi i suoi studi le avevano rivelato molti più particolari rispetto a quanto ne potessero sapere le sue coetanee quindi, era ben conscia di ciò che accadeva e di come accadesse. Stava aspettando che la madre le vietasse categoricamente di fermarsi oltre la cena ma questo, con sua grande sorpresa, non avvenne.
«Hai solo 15 anni, non sarebbe il caso di aspettare?»
Anche la madre aveva inteso uno dei possibili finali di quella serata e Mary non poteva dargli torto, ma lei si sentiva decisamente molto più matura rispetto all’età che aveva e qualsiasi cosa sarebbe successa, l’avrebbe affrontata comunque.
«È il suo ultimo anno, potrebbe non succedere più che tu veda tua figlia così ben disposta verso un ragazzo.» Accompagnò la frase con una scrollata di spalle, c’erano almeno una decina di motivi per cui non doveva trattenersi, ma la realtà era che lei voleva e non le interessava cosa avrebbero potuto pensare gli altri a riguardo, voleva affrontare quel passo e nessuno l’avrebbe fatta desistere dal suo intento. Danielle non se la sentì di replicare, avrebbe potuto e avrebbe potuto impedirle di uscire, ma era così abituata al suo modo di affrontare le cose che non se la sentiva proprio; non le aveva mai dato problemi e aveva affrontato ogni ostacolo con più maturità di quanta ne avesse ogni ragazza sulla faccia della terra, se era decisa a fare quel passo era ovvio che aveva ponderato bene ogni pro e contro e se voleva proseguire non aveva motivo di impedirle di farlo.



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Capitolo 10
*** First time ***


L’enorme quantità di cibo che ho ingurgitato non mi ha fermato. Da adesso dieta ferrea e riprendiamo con I capitoli. Amy.


Mary non aveva mai immaginato come potesse essere la sua stanza, ma chissà perché se l’aspettava come una specie di set pornografico.

Era stata una serata piacevole quella, Gabriel aveva pensato a tutto, dalla cenetta al film, senza comunque cadere in quei romantici cliché che lei tanto odiava e per tutto il tempo, lui aveva mantenuto un comportamento impeccabile e Mary ancora faceva fatica a credere che quel ragazzo fosse innamorato di lei. Chi li vedeva da fuori, li avrebbe visti come due semplici amici che approfittavano di una casa vuota per una cena tranquilla, in effetti quella non poteva definirsi propriamente una cenetta romantica, perché Gabriel le aveva preparato hamburger e patatine fritte e avevano passato tutta la serata a ridere a scherzare, spezzo lanciandosi qualche patatina addosso a mo’ di scherzo. Quando la cena finì, Gabriel portò Mary in salotto dove diede inizio alla seconda parte della serata che comprendeva la visione del film preferito della ragazza davanti ad un’enorme scodella di pop corn e Mary, con la scusa di far mangiare anche lui e mossa dalla premura e dal buon comportamento di lui, passò tutto il tempo tra le sue braccia mentre le scene si susseguivano facendo scattare momenti di ilarità tra i due.
Per la prima volta, Mary non si sentiva assoggettata dalla situazione in cui si trovava, Gabriel le aveva dimostrato che anche una cosa scontata come un “mesiversario”, poteva trasformarsi in una serata divertente quindi, non aveva avuto remore nell’imboccarlo con qualche pop corn o a concedergli qualche bacio quando meno se lo aspettasse. Lui, dal canto suo, l’aveva tenuta stretta a sé godendo di ogni singolo secondo di dolcezza che lei sembrava disposto a concedergli; sembrava un’altra ragazza in quel momento, ben più disposta a qualche coccola o a qualche dolcezza in più rispetto a come si era mostrata di solito. Quella ragazzina non faceva altro che sorprenderlo ogni giorno di più che andavano avanti e in cuor suo era sempre una lotta dover fare i conti con il tempo che passava e con il diploma che si avvicinava inesorabilmente; anche lei lo sapeva ma non si azzardava a parlarne con lui perché si era ripromessa di passare questi mesi insieme nel modo più sereno possibile e lui, allo stesso modo, si prendeva quei baci e quelle coccole inaspettate ritenendosi il ragazzo più fortunato al mondo.
«Ti è piaciuto il film?»
«Passerei ore a rivederlo, potrei non stancarmi mai di metterlo daccapo ogni volta.» Mormorò lei spiluccando qualche pop corn dalla ciotola e passandone qualcuno anche a lui di tanto in tanto. «Una di queste sere però dobbiamo farci una maratona di film horror.»
«Horror? Ma cosa ci trovi di bello in quel genere? Fanno schifo!» Mary scosse la testa con fare divertito, i suoi gusti potevano risultare sempre alquanto discutibili ma non se la prese per le sue parole e si beò, silenziosamente, delle carezze che lui le stava donando. «Cosa vuoi fare? Sono pasta modellabile fra le tue mani ragazzina, hai il potere di scegliere con me...»
«Bhè, sei stato molto carino questa sera, impeccabile oserei dire, e quello che voglio, è che tu esprima un desiderio e mi dica cosa vuoi fare, te lo sei meritato.» In realtà Mary stava tergiversando, sapeva bene che cosa sarebbe successo di lì a poco e sperava, che in un modo o in un altro, lui desiderasse passare del tempo con lei in un altro modo anche se una piccola parte, sapeva bene come sarebbe andata a finire la serata e si stava preparando all’evidenza per non andare nel panico poi.
«Il mio unico desiderio è, resta con me stanotte.»
Come poteva dirgli di no? La guardava con quegli occhi azzurri che sembavano volerla divorare e lei ne era sempre stata terribilmente affascinata. In fondo, non c’era niente che le impedisse di rimanere con lui, scesa a patti con la madre, l’unico ostacolo che le si poteva porre davanti si era dimostrato facilmente sormontabile e lei, in realtà, non aveva mai avuto intenzione di dirgli di no sin dalla prima volta che si era scontrato con lui. Maledetto cazzone, che cosa le aveva fatto? «E se io ti dicessi che rimango ma che non faremo niente oltre a dormire, tu che cosa faresti?» Non era propriamente sicura di voler conoscere la risposta e si strinse a lui circondandogli il bacino con un braccio mentre appoggiava il capo contro il suo corpo.
«Quindi, è questo quello che ti preoccupa mh?» Gabriel sembrò dapprima turbato dalle sue parole, poi fece un sorrisetto divertito e la strinse a sua volta con il braccio destro, dimostrandole, con quel gesto, un po’ di protezione contro le sue paure infondate e con la mano sinistra, poi, le alzò il mento per guardala negli occhi e mutò l'espressione per renderla più dolce e rassicurante. «Sarei contento comunque Mary. Sai quanto sarebbe bello dormire fra le tue braccia?»
«E se ti dicessi che dormi fra le braccia di una verginella, tu cosa faresti?»
«Lo avevo immaginato, bisogna avere una buona dose di coraggio per avere a che fare con te.» Ma non riuscì a mantenere un contegno serioso e sorrise rivelando l’evidente battuta che gli fece meritare uno schiaffetto al braccio.
«Ehy, io sto parlando seriamente!»
«Ok, ok perdono, chiedo umilmente perdono.» Il tono era ancora irriverente e Mary alzò gli occhi al cielo mentre lui tornò ad accarezzarle il volto come se volesse rabbonirla. «La cosa non cambia, anzi, se decidessi di dormire con me, mi renderesti comunque il ragazzo più felice al mondo altrimenti cercherei di renderla un’esperienza unica per noi.»
«E come faresti?» Quella di Mary non era una vera e propria provocazione, da quando stava con lui aveva ridefinito i termini di molte cose nella sua vita e fare determinate esperienze, le sembrava ancora inutile ma se capitavano, lei non si tirava di certo indietro. Credeva fermamente nella buona fede di Gabriel e quindi lo esortò a mostrarle cosa la aspettava nonostante fosse all’erta nell’esplorare quel nuovo mondo completamente sconosciuto; certo aveva delle riserve, ma più per sé stessa che per lui visto l’esperienza che di certo si era fatta.
«Bhè, sicuramente cambierei location se non ti dispiace.» Gabriel si sfilò dalla sua presa e, una volta alzato, le porse la mano per aiutarla ad alzarsi e poi, attirarla a sé in un abbraccio. «Lo so che non vuoi che te lo dica, ma sei bellissima.»
Era inutile discutere con lui e Mary lo aveva capito bene, scosse la testa con fare arrendevole e allacciò di nuovo le braccia attorno alla sua vita sprofondando con il viso sul suo petto dove poté bearsi del suo profumo; un cliché era vero, ma dovette ammettere che era bellissimo; Gabriel ricambiò il suo abbraccio e le donò anche un bacio tra i capelli prima di esortarla a seguirlo fino al piano di sopra dove si trovava la sua stanza. Per tutto il tragitto, lui le aveva tenuto stretta la mano e quando la fece entrare in camera sua, richiuse la porta alle sue spalle prima di abbracciarla da dietro e appoggiare il mento sulla sua spalla, Mary nel frattempo aveva esplorato con gli occhi tutta la camera prima di essere colpita da un orrendo quadro appeso sulla scrivania che, apparentemente, raffigurava una donna nuda e a gambe aperte. «Quello serve a ricordarti il tuo orientamento sessuale?»
Gabriel proruppe in una fragorosa risata ma subito si ridiede un tono serio, era sicuro che la ragazza avrebbe notato l’opera e l’avrebbe commentata come solo lei sapeva fare. «D’Annunzio ha scritto un libro intitolato “Il Piacere” e quella è la personale interpretazione di mia madre del piacere.»
«Allora mi sa che tua madre ha sbagliato orientamento sessuale.»
Gabriel rise ancora una volta, per nulla offeso dalle parole della ragazza che celavano un’evidente perplessità sulla natura del significato del quadro stesso e dell’opera per cui era scaturito.
«L’opera celebra l’amore e il piacere in tutte le loro forme, il sesso è una forma di piacere no?»
«E cosa c’era scritto in questo libro?»
Gabriel fece richiamo ai suoi ricordi per trovare la citazione più calzante in quel momento, poi la prese per i fianchi e la girò in modo che potesse guardarla negli occhi, la strinse forte a sé e sorrise dolcemente «Ella, ella era l'idolo che seduceva in lui tutte le volontà del cuore, rompeva in lui tutte le forze dell'intelletto, teneva in lui tutte le più segrete vie dell'anima chiuse ad ogni altro amore, ad ogni altro dolore, ad ogni altro sogno, per sempre, per sempre....»
Non vi fu bisogno di chiedergli il perché avesse scelto quella citazione, Mary in realtà non avrebbe voluto sentire nessun altro suono dopo quelle parole, neanche la voce di lui; totalmente presa da tutto quello che stava succedendo, attirò il volto del ragazzo a sé e lo baciò, quasi disperatamente, come se tutta la paura fosse ormai un brutto ricordo mentre il desiderio di donarsi a lui si irradiava per tutto il suo corpo. Quello fu il tacito consenso che lei gli diede per spronarlo a continuare nella sua dimostrazione di quel mondo sconosciuto che era l’amore, fisico e passionale; quando si staccò da lui, intrecciò le mani con quelle del ragazzo e cominciò ad indietreggiare verso il letto, obbligando lui a seguirla. Era innaturale per lei avere tutta quell’iniziativa in quel frangente e, mentre ci pensava, il suo corpo agiva da solo, e solo quando le labbra di Gabriel incontrarono le sue si rese conto di essere stesa sul letto con lui affianco che si perdeva tra le onde bionde dei capelli con una mano mentre la baciava dolcemente.
«E poi cosa faresti?» Mormorò quando quel bacio finì, troppo velocemente per i suoi gusti, e poté specchiarsi negli occhi di lui; Gabriel prese nuovamente a baciarla ma questa volta si fece più audace, e quando si staccò dalle labbra di lei, lo fece solo per poterle nuovamente posarle sull’angolo della bocca e poi sulla mascella e poi sul collo, fino a raggiungere la spalla di lei in una lenta scia di baci. Mary era totalmente frastornata da quella nuova situazione, tanto che sentiva le guance andare in fiamme mentre le labbra di lui la esploravano in quel modo; talmente presa da quella nuova situazione, non si accorse che lui cominciava ad armeggiare con la sua maglietta, con il preciso intento di sfilargliela, e quando realizzò fu presa da un momentaneo attimo di panico che svanì subito quando lui tornò a guardarla come a chiederle il permesso di continuare. Era ovvio che lui sapeva cosa fare in quel momento, per quello che ne poteva sapere aveva alle spalle anni di esperienza mentre lei era totalmente inesperta su quel fronte come molti altri; non lo fermò e non disse niente mentre si sentiva paralizzata dal terrore nonostante lui non gravasse minimamente su di lei con il suo corpo, se avesse voluto avrebbe potuto sottrarsi da quella situazione e sapeva che Gabriel avrebbe accettato tutto senza fare storie, ma non lo fece. Alzò il busto per aiutarlo a sfilarle la maglietta e lo osservò mentre lui osservava per la prima volta il suo corpo, era sicura che quegli occhi colmi di meraviglia non potessero mentire in quel momento e lei portò una mano alla sua guancia per accarezzarla mentre accennava timidamente un sorriso; poi alzò il bacino invitandole a togliere anche i jeans e Gabriel non se lo fece ripetere due volte, liberandola anche delle mutandine in un unico gesto.
«Baciami, ti prego.» Mary cercò ancora una volta il contatto con le sue labbra, era il suo turno di scoprire il corpo del ragazzo e voleva essere impegnata per non risultare alquanto sorpresa alla sua vista. Sbottonò ogni singolo bottone e lui calciò via la camicia che raggiunse il mucchio di vestiti sul pavimento, mentre ancora era intento a baciarla lei prese a liberarlo anche dei pantaloni e in un attimo entrambi si ritrovarono nudi; Gabriel si staccò con il fiato corto e le accarezzò il viso prima di contemplare nuovamente il suo giovane corpo con quell’accenno di seno che timidamente sbocciava. «Sai di essere bellissima vero?»
Non riusciva proprio a non farle dei complimenti e questo la fece arrossire ancora di più e quasi andò nel panico quando lui si staccò completamente da lei solo per allungare una mano verso il comodino e afferrare una bustina argentata, da un cassetto, che lei riconnobbe subito.
«Ti voglio Gabriel.» Quelle parole le uscirono così, quasi inconsciamente come una supplica perché sentiva l’impellente bisogno di averlo e di condividere con lui e con lui solamente, questa prima esperienza. Gabriel d’altro canto, sembrò perdere completamente il senso della ragione quando si sentì desiderato. Se fino a quel momento si era ripromesso di controllarsi, dopo quelle parole perse ogni barlume di ragione e si avventò nuovamente su di lei in un bacio carico di passione. «Se faccio qualcosa di sbagliato mi fermerai vero? Non voglio costringerti a fare qualcosa che non vuoi.» Mary annuì piano con il capo e lui le sorrise, poi discostò le gambe della ragazza insinuandosi tra di esse, appoggiò la fronte contro la sua ed entrò in lei per la prima volta.

Mary non aveva mai avuto problemi di sonno e non era l’agitazione a tenerla sveglia. Quella serata si era rivelata così bella che non riusciva a dormire per la contentezza mentre Gabriel poltriva al suo fianco come un bambino; Mary gli aveva rubato qualche bacio ed era rimasta abbracciata a lui vagando con la mente a scenari futuri di loro due ancora insieme e felici. A distrarla da quelle bellissime visioni fu il cellulare che si illuminò nella tasca dei jeans che giacevano scomposti sul pavimento, si liberò della stretta di Gabriel e andò a recuperarlo vedendo il messaggio di Alex che reclamava la sua presenza. Mary liquidò l’amica con una risposta veloce, rimandando al giorno successivo le spiegazioni che avrebbe dovuto dare a riguardo della sua prima volta e sprofondò nuovamente sotto le coperte ritrovandosi a fissare Gabriel mentre dormiva, oltre ad essere una cosa terribilmente romantica, si chiese se quello potesse essere definito come un evidente atteggiamento da stalker visto che doveva reprimere il desiderio di svegliarlo e godere degli abbracci e dei suoi baci. Decise che il modo migliore di ovviare a quella situazione di insonnia, era quello di alzarsi da quel letto e dirigersi al piano di sotto in cerca di qualcosa da fare per stancarsi, leggere o vedere la tv e se non ricordava male c’erano i piatti da fare e quello era il minimo che potesse fare per ringraziarlo della splendida serata, sotto ogni punto di vista. Piano si rivestì cercando di non far rumore e scese al piano di sotto dove la calma e il silenzio erano sovrani, accese una piccola lampada nel salotto e cominciò a guardarsi attorno alla ricerca di qualcosa che attirasse la sua attenzione e la prima scelta ricadette sulla libreria. Gabriel non scherzava quando diceva che la madre fosse ossessionata da d’Annunzio, ogni ripiano del mobile era pieno di suoi scritti e biografie, e sopra ogni libro c’erano una ventiva di fogli, forse poesie della madre, appunti, riflessioni o, visto il suo dedicarsi anche alla pittura, disegni; Mary non toccò niente di quel piccolo santuario letterario, non aveva mai letto d’Annunzio ma ne sapeva abbastanza per non trovare esattamente, condivisibile il suo pensiero di vita che si rifletteva anche nelle sue opere. Vicino alla libreria, si trovava una piccola scrivania in mogano e anche lì sopra regnava una sorta di caos fatto di libri, fogli, appunti e disegni; ancora disinteressata dal leggere uno dei tanti libri, Mary prese un foglio ed una penna e si sedette al tavolo della cucina in cerca di ispirazione per fare qualcosa. Mentre soppesava il da farsi, picchiettava la penna sul tavolo e del tutto assorta, non si rese conto dell’arrivo di Gabriel alle sue spalle e quando lui la scosse, lei trasalì presa dallo spavento.
«Tu vuoi farmi venire un infarto vero?»
«L’infarto lo hai fatto venire a me quando non ti ho vista più nel letto. Che ci fai qui?»
«Non riuscivo a dormire, non sono abituata a dividere il letto con qualcuno.»
«Russavo?»
«No, no sono proprio io, non sono abituata.»
Gabriel guardò oltre la sua spalla notando la penna e il biglietto e il suo sguardo si fece ancora più interrogativo, era ovvio che qualcosa nella sua testa non gli tornava e voleva vederci chiaro a riguardo. «Quello, quindi, non è un biglietto in cui ti scusi di essertene andata nel cuore della notte vero?»
Mary non riuscì a trattenere una risata a quelle parole e scosse la testa divertita dal suo comportamento. «E sì, perché io posso sparire nel cuore della notte e tornarmene a casa a svariati km da qui tutta sola e a piedi.»
Gabriel decise che quell’affermazione non era del tutto errata, era andato lui a prenderla quella sera e lui avrebbe dovuto riaccompagnarla a casa il giorno seguente, quindi decretò che la ragazza non stesse programmando una fuga notturna.
«Volevo passare il tempo, tutto qui. Se mi stanco mentalmente poi quando mi metto a letto crollo immediatamente. Dai torna sopra sennò prendi freddo e io non entrerò mai nell’ottica della crocerossina che si prende cura di te, metto a posto questa roba e salgo immediatamente.»
Gabriel, che l’unica cosa che indossava erano i suoi boxer, decise di ascoltare la ragazza e dopo qualche sbadiglio riprese la strada per la stanza al piano di sopra; Mary intanto, stava per rimettere al proprio posto la roba che aveva preso, quando le balenò un’idea malsana in testa e si risedette cominciando a scrivere velocemente sul foglio.

Gabriel aveva riportato Mary a casa propria. Nonostante la madre lo avesse calorosamente invitato ad entrare per prendere un caffè, lui aveva deciso di declinare la gentile offerta e Mary gliene fu grato perché rischiavano entrambi di venire trascinati da sua madre, in un vortice di domande imbarazzanti sul come lui fosse riuscito a fare breccia nel pessimo carattere della figlia e cose del genere. Quando rientrò in casa, poggiò le chiavi sul tavolinetto all’ingresso e tirò dritto in camera sua, ripromettendosi di fare le faccende in un secondo momento a favore di una buona lettura. Quando entrò nella sua stanza, notò subito che c’era qualcosa di strano, spostò lo sguardo a sinistra verso il letto e si disse che forse, la sensazione di aver passato la notte con Mary, gli stava giocando un brutto scherzo, non contento spostò lo sguardo a destra verso la scrivania e notò immediatamente ciò che non andava: con un pezzo di scotch, Mary aveva attaccato al quadro un foglio su cui aveva scritto una frase che in un primo momento non ebbe molto senso, si sedette sul bordo del letto e rilesse quelle parole e poi sorrise comprendendone immediatamente il significato, le aveva sempre ribadito che non poteva vivere senza mai bruciarsi e lei le aveva risposto, come a voler ammettere, finalmente, che era disposta a farlo.

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Capitolo 11
*** Marie ***


L’enorme quantità di cibo che ho ingurgitato non mi ha fermato. Da adesso dieta ferrea e riprendiamo con I capitoli. Amy.


«Io non so come lui sia con te, ma io ti sto solo dicendo di stare attenta!»

Mary non era mai stata una persona che si lasciava andare alle lamentele, tuttavia quel giorno dovette ammettere che avrebbe preferito asportarsi le ovaie, un po’ come succedeva ogni volta in quel preciso periodo del mese, piuttosto che assecondare i dolori del ciclo o anestetizzarli con un antidolorifico. Terribilmente di pessimo umore, decise che quel pomeriggio avrebbe passato tutto il tempo in infermeria invece di partecipare alle attività pomeridiane a cui era iscritta, aveva congedato Alex, che l’aveva accompagnata in infermeria, rassicurandola che avrebbe resistito alla voglia di eseguire un’ovariectomia e poi si era stesa sul lettino sperando che nessuno la venisse a disturbare. Aveva gli occhi chiusi quando Marie fece il suo ingresso nel piccolo studio e Mary quando la vide inarcò un sopracciglio dubbiosa.
«Oh scusa, non sapevo che fossi qui, che hai?»
Mary non rispose e la guardò come se la sua presenza, non solo la disturbasse, ma fosse del tutto inappropriata in quel contesto, specie con lei in quelle condizioni. Quando poi la vide armeggiare con alcuni medicinali rimettendoli a posto in un armadietto, il suo atteggiamento si fece ancora più interrogativo.
«Potrei farti la stessa domanda sai?»
Marie sembrò accorgersi del fatto che Mary fosse del tutto all’oscuro della sua situazione e riprese a mettere a posto i medicinali come se niente fosse. «Mi piacerebbe studiare medicina una volta finito il liceo, così ho il permesso del preside di aiutare l’infermiera, non faccio niente di particolare, riordino le medicine, gli scaffali, la scrivania e l’assisto solo per vedere quello che potrebbe aspettarmi un giorno.»
Per tutta risposta Mary, inarcò un sopracciglio; possibile che una persona come Marie desiderasse fare un lavoro così complicato come il medico o l’infermiere? Lavori che comunque richiedevano una certa freddezza e prontezza di decisione mentre Marie sembrava un tipo così pacato che rischiava di lasciarsi trascinare dalle miriadi di tragedie che si potevano vedere ogni giorno e rischiare di essere risucchiata in quel vortice di dolore, da cui era difficile staccarsi per andare avanti, per essere un buon medico degno di questo nome. Non espresse quel concetto ad alta voce ma rimase a guardarla in completo silenzio studiando la ragazza; poi le venne in mente un pensiero sgradevole che le fece alzare gli occhi al cielo maledicendo qualsiasi Dio, forza, fantasma, entità sconosciuta che si stava prendendo gioco di lei in quel modo subdolo. Con tutti gli studenti che c’erano in quell’istituto quel pomeriggio, quante probabilità c’erano di incontrare proprio la pseudo ex ragazza del tuo attuale fidanzato? No, la vita non faceva altro che prendersi costantemente gioco di Mary mettendola davanti a situazioni al limite della follia e lei mal tollerava queste situazioni in cui la sua già scarsa pazienza veniva messa costantemente alla prova.
«C’è qualcosa che non va?» Marie la risvegliò dai suoi pensieri e nonostante Mary avesse capito il senso della sua domanda, non le andò di giustificarsi perché la stava guardando insistentemente senza pronunciare neanche una parola.
«Ho un forte mal di pancia e un mal di reni a causa del ciclo. Sinceramente non mi andava di stare a sentire il professore di letteratura e così ho chiesto di venire qui. Almeno che la cosa non ti crei qualche problema.» Era evidente il tono irritato di Mary alla presenza di Marie che tuttavia alzò semplicemente le spalle e tornò al suo lavoro; ci mancava solo che si fosse lamentata lei e la scuola avrebbe avuto uno studente in meno.
«Non posso darti niente per il dolore Mary.» Sembrava che la ragazza si sentisse in obbligo nel fare conversazione con lei mentre occupavano la stessa stanza, Mary invece non era dello stesso avviso e la sua reticenza verso quel tentativo di socializzare era ben chiaro nel tono in cui si esprimeva con lei.
«Non mi pare di averti chiesto niente, infatti. Tuttavia puoi sempre preparare una borsa di acqua calda non troppo bollente da applicare sull’addome…» Fu soddisfatta di poterle dimostrare di sapersi curare da sola senza ricorrere necessariamente a un medicinale e fu ancora più soddisfatta nel dimostrarle quanto più ne sapesse di lei sulla prontezza di decisione e su come operare in momenti come questo e lei rimaneva sempre una del primo anno. «… se non ricordo male il calore applicato direttamente in loco, attenua il dolore, rilassa i muscoli addominali e allevia i crampi.»
Marie rifletté sulle parole della ragazza e annuì correndo prontamente a prepararle ciò che le aveva richiesto senza lamentarsi dell’evidente modo in cui la stava trattando; quando Mary la vide scomparire nell’altra stanza, si rilassò contro il letto e sospirò visibilmente alterata dalla sola presenza della ragazza, non aveva motivo di avercela concretamente con lei ma il solo fatto che fosse stata importante per Gabriel, le sembrava un motivo più che valido per avercela con lei. Quando lei tornò qualche minuto dopo con la borsa dell’acqua calda tra le braccia, quasi gliela strappò di mano giustificandosi con sé stessa per quello scatto per il troppo dolore, ma non espresse quel pensiero con la ragazza che rimase in silenzio senza lamentarsi di niente.
«Va meglio?» Le chiese dopo qualche minuto di silenzio in cui lei si era coperta gli occhi con un braccio e si era lasciata andare totalmente contro il letto senza muovere un muscolo, Mary annuì piano senza parlare e sentì Marie spostare una sedia vicino a lei, così sbirciò da sotto il braccio e vide Marie sedersi vicino a lei.
«Che cosa c’è?»
«Io… So che non sono affari miei, ma volevo sapere come andavano le cose tra te e Gabriel.»
Mary inarcò nuovamente il sopracciglio non aspettandosi da una come lei una domanda del genere, certo aveva sperato che uscisse l’argomento, ma non vedeva Marie come una ragazza pettegola e lei di certo non andava raccontando le sue cose alla prima che capitava. «Sì, in effetti non sono affari tuoi… ma va tutto bene tra noi.»
Marie sembrò ponderare sulla risposta, come se non credesse alle parole di Mary, in quel momento, la stava guardando alla stessa maniera in cui lei l’aveva squadrata prima e avrebbe pagato oro per sapere cosa le frullasse in testa e alla fine decise che se doveva passare con lei il tempo, tanto valeva affrontare le questioni, che a quanto pare stavano a cuore a entrambe. «Perché t’interessa tanto?»
«Oh no, no… chiedevo, siete stati per molto tempo la coppia più discussa della scuola e…»
«Marie parla chiaro, perché se le tue intenzioni sono quelle di scoprire se siamo in crisi perché ti interessa ancora Gabriel, beh no mi dispiace, ma io e lui siamo felici insieme e non intendo lasciarlo.»
«Mary no! Hai frainteso completamente le mie intenzioni…» E come se volesse dimostrarle che era seria con le sue parole scosse le mani e la testa in segno di diniego verso le parole della ragazza. «… io non sono interessata a Gabriel, non in quel senso comunque.»
«E allora qual è il tuo problema?»
Dopo un attimo di esitazione, Mari sembrò sul punto di vuotare il sacco ed era così in evidente disagio che Mary cominciò a dubitare della sanità mentale della ragazza. «Io volevo sapere, solo se lui è gentile con te.»
Mary fece una faccia tra l’incredulo e l’arrabbiato, cosa insinuava con quell’affermazione? Non riusciva a comprendere il filo del discorso della ragazza e la cosa la stava cominciando a snervare, peggio perché il ciclo la rendeva ancora più irritabile. «Di cosa diavolo stai parlando?»
«Quello che ho detto Mary, io volevo solo sapere questo…»
«Certo che è gentile con me, perché non dovrebbe esserlo scusa? È... è il mio ragazzo, sembra che tu stia parlando di un mostro invece e la cosa non mi piace.»
«No, no non un mostro però Gabriel… non è stato… io non so come definirlo, non è stato un mostro, ma non è neanche un bel capitolo della mia vita!»
Mary rimase interdetta da quelle parole, da fuori la storia tra Gabriel e Marie sembrava il fidanzamento perfetto tant’è che lei, in un primo momento, si era sentita minacciata dalla ragazza e dal fatto che potesse avere ancora qualche influsso su Gabriel; lui però era riuscito a convincerla del contrario e alla fine i timori erano svaniti con il passare dei mesi. Adesso che lei portava a galla quella questione, e ricordando che Alex le aveva detto che la loro storia perfetta era stata un tantino gonfiata, si chiedeva cosa fosse successo realmente tra i due. «Come mai siete finiti insieme voi due e adesso vieni a dirmi che non è stato un bel periodo per te?»
«Oh. Beh, quando l’ho conosciuto lui mi sembrava perfetto. Era carino e gentile e mi sapeva tenere testa. Non pensava fossi pazza. E poi mi faceva sentire... speciale. Unica. Ha fondamentalmente capito come prendermi…»
«Oh, amo le storie d’amore con evidente disturbi psichici!»
Marie non sembrò contenta di quell’affermazione, alzò lo sguardo verso la ragazza visibilmente offesa dalle sue parole ma Mary non ci fece caso più di tanto e non le chiese scusa. «I… io non ho disturbi psichici!»
«Giusto un pochino tesoro, tutti li abbiamo, anch’io li ho…» Mary cominciava a essere seccata da quella discussione, stava fuorviando Marie dal nocciolo principale della questione e lei era decisa a capire cosa fosse veramente successo tra quei due. «Che cosa è successo tra te e Gabriel?»
La ragazza, tirò un sospiro e si prese qualche secondo prima di rispondere, sembrava che la lista di motivazioni che avrebbe dovuto darle, fosse considerevolmente lunga e la cosa non fece piacere a Mary. «Direi che è più un "Cosa non ha fatto." Non prendeva decisioni, continuava a fare un passo avanti e dieci indietro e mi sono semplicemente stancata di stare là ad aspettare...»
«Anche lui mi ha detto di non essere stato un bel capitolo della tua vita. Come se ti avesse fatto, involontariamente, del male.»
«Diciamo che io gliel'ho lasciato fare. Non ho avuto la forza di allontanarmi e sono rimasta là, fino a quando ormai ero troppo a pezzi per continuare a lottare...»
«Tu eri innamorata di lui?»
«Sì, altrimenti non sarei rimasta così a lungo.»
Quella risposta fece venire a Mary un tuffo al cuore, si stava addentrando in un discorso di cui non era sicura che volesse sapere la fine, perché temeva di poter far riaffiorare sentimenti che gli avrebbero portato via il suo ragazzo e la cosa le faceva tanto male. Per la prima volta sentì la sua voce incrinata e timorosa delle risposte che la ragazza le stava fornendo. «Quindi siete stati insieme, nel senso lo consideravi il tuo ragazzo?»
«No, no non siamo mai stati fidanzati ufficiali…»
«Pensi che lui avesse problemi a impegnarsi seriamente?»
«Sì e no. Nel senso che non credo che il problema fosse un fatto di libertà com’è di solito, ma più una sua paura…»
«Lo sai che da fuori, la vostra storia sembrava idilliaca?»
Marie sorrise tristemente, a quanto pare anche per lei quella storia era sembrata idilliaca ma adesso, con il senno di poi, aveva le fattezze di un incubo in cui lei sembrava essere stata ferita gravemente. «E in base a cosa?»
«In base al tipico cliché che vede la "sfigata" di turno far perdere la testa al bello della scuola. Solitamente queste cose hanno un lieto fine.»
«Sì, certo. Nei film.» Quelle erano parole di una ragazza che sembrava ancora star male per quello che era successo, Mary si chiedeva se le sarebbe toccata la stessa sorte e se, un giorno, anche lei avrebbe parlato in quel modo di Gabriel a un’ipotetica futura ragazza. Scosse la testa perché non lo avrebbe mai permesso, non avrebbe mai svenduto la sua dignità nei confronti di un’altra persona, anche se non pensava che Marie lo stesse facendo con lei, da lei una cosa del genere ce la si poteva aspettare ma Mary, lei non era proprio il tipo.
«Quando si è dichiarato, io ho fatto di tutto per spingerlo verso di te, da esterna vedevo la vostra storia come perfetta e non capivo cosa c'entrasse lui con me. Alle volte mi chiedo ancora perché proprio io.»
Marie si strinse nella spalle a quell’affermazione e Mary si rese conto di essersi, in un certo senso, aperta con lei, questo la fece sentire improvvisamente vulnerabile agli occhi della ragazza e quella era una condizione che non le piaceva affatto; si mise in posizione seduta sul letto mentre teneva ancora la borsa dell’acqua calda premuta sull’addome e si rese conto che, come lei, anche nel cervello di Marie si stavano affollando pensieri e ricordi che però dovevano rimanere inespressi, in fondo Mary non voleva violare quella che era stata la loro storia.
«Io a Gabriel voglio bene, ma non chiedermi di capirlo. Non credo ci riuscirò mai.»
«Credi che sia seriamente intenzionato anche con me oppure mi lascerà appena le cose si faranno, non so, più serie?»
«Non so. Devi sapere come prenderlo, ma evidentemente in questo non sono esattamente ferrata… Mary, non prendere le mie parole come oro colato, le nostre situazioni sono ben diverse è solo… che non fra poco usciremo da questa scuola mentre tu hai appena cominciato; se non ha cambiato intenzioni il suo sogno era quello di iscriversi all’università e… ho paura per te per quello che siamo, per quella che è la nostra vita, perché non so cosa gli passa per la testa e perché so che può far male. Io spero davvero che le cose per voi vadano bene.»
Mary rimase scossa da quelle parole e decise che quella stanza le stava cominciando a diventare molto stretta e si sentiva soffocare; come ogni volta che le cose si facevano intricate nella sua vita, lei aveva bisogno di un attimo per riflettere e riorganizzarsi le idee in tutta solitudine. Restituì la borsa dell’acqua calda a Marie e la ringraziò per la disponibilità, e in gran fretta uscì dall’infermeria cercando di mettere quanta più distanza possibile da lui.


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Capitolo 12
*** Gone ***


Spero mi perdonerete per la lunga assenza, è un periodo un po’ pieno per me e ho lasciato indietro molte cose, però sono ancora qui, non vi libererete mai di me. -Amy-


Erano poche le cose che spaventavano Mary: la morte, la prigionia e la distanza dalle cose che amava.

Maggio era arrivato prepotente quell’anno imponendo da subito calde giornate primaverili che facevano rimpiangere a tutti gli studenti, le vacanza estive ancora lontane. Com’era arrivato, era finito, e aveva lasciato posto a giugno e con lui, una triste consapevolezza. Solo pochi giorni prima, Mary aveva avuto quella chiacchierata con Marie e i dubbi, già presenti nella sua testa, erano peggiorati costringendola ad allontanarsi il più possibile da scuola e a rintanarsi nel silenzio della sua stanza. L’unica comunicazione pervenuta ad Alex, fu di presentarsi immediatamente a casa sua dopo le lezioni pomeridiane mentre a Gabriel disse solo che non si sentiva bene e che non doveva preoccuparsi. br> Quando l’amica entrò in camera sua, la trovò nella stessa situazione di disperazione in cui l’aveva vista quando doveva decidere se concedere una possibilità a Gabriel o meno, forse questa volta la questione era anche peggiore perché erano passati mesi in cui era stata bene con il ragazzo e faceva fatica a scendere a patti con quello che sentiva per lui e con il futuro che li attendeva. Raccontò per filo e per segno la conversazione avuta in infermeria e la prima reazione di Alex fu che Marie le avesse messo la pulce apposta per scatenare tutto questo casino ma lei che l’aveva vista, ricordava i sorrisi mesti che la ragazza le aveva rivolto per tutto il tempo e non le sembrava che stesse fingendo.
«Alex, a prescindere da quello che ci siamo dette io e lei, era una cosa che sarebbe successa, non sono un tipo da relazioni a distanza, poi lui potrà essermi fedele per tutto il tempo che vuole ma io non riesco a non averlo più trai i piedi.»
«Si tratterebbe di pochi mesi insomma, dovrà tornare prima o poi no?»
«Vacanze estive, Natale, Pasqua, Ringraziamento. Sarebbero questi i momenti in cui vivere la nostra relazione? E tutto il resto del tempo?»
«Avresti il tuo fottuto spazio non credi? Mary, dimmi che lo stai facendo veramente perché non sai gestire una relazione a distanza e non perché hai paura della concorrenza lì fuori che non puoi ammazzare.»
Alex aveva centrato completamente il nocciolo della questione, come sempre, anche se in realtà, se avesse dovuto spiegarlo a parole sue, avrebbe detto che era tutto un mix di questioni che non riusciva a gestire, un insieme di piccoli problemi e dubbi che la mettevano in crisi e con cui non avrebbe mai voluto avere niente a che fare perché nel suo mondo perfetto non avrebbe mai permesso a queste cose di farle male.
No, in effetti, non se la sentiva di cominciare una storia a distanza per il semplice fatto che le sarebbe mancata la semplice quotidianità che Gabriel le aveva regalato e adesso che c’era venuta a contatto, non avrebbe più potuto farne a meno, inoltre temeva che veramente mentre lui si sarebbe invaghito di qualcun’altra mentre si trovavano divisi e la sua insicurezza acuiva la sua paura di essere abbandonata per un’altra persona; per quante occasioni avessero avuto per vedersi durante le vacanze, per lei non sarebbe mai stato abbastanza e non poteva convivere con questa cosa.
«Sembra che tu faccia il tifo per lui.»
«Se ti avesse fatto star male, gli avrei cavato gli occhi con le mie stesse mani, stavate bene insieme tutto qui.»
Già, stavano, Mary non poté fare a meno di notare come l’amica avesse già usato il passato come se a quella relazione ancora non finita, fosse stata data già una sentenza di morte e Gabriel ancora non ne sapeva niente. Conoscendolo si sarebbe battuto con le unghie e con i denti per mantenere vivo il loro rapporto nonostante la distanza, ma lei sentiva di dover mettere una fine a tutto quello per il suo bene e forse anche per quello di lui; Mary non aveva mai avuto la presunzione di decidere cosa fosse meglio per gli altri, in effetti, era già difficile scegliere cosa andasse bene per lei in un momento come questo.
Alex abbracciò l’amica non sentendosela di dover aggiungere altro, aveva detto tutto quello che poteva dire per aiutare Mary a fare nuovamente chiarezza tra i suoi pensieri e decise che quello era il momento di non imporre la sua presenza e se l’amica avesse avuto bisogno di lei, non avrebbe dovuto far altro che chiamarla e lei sarebbe accorsa.

Erano passate un paio di settimane quando Mary finalmente si decise a parlare con Gabriel. Le lezioni erano finite da un pezzo e i ragazzi dell’ultimo anno si erano finalmente diplomati e cominciavano a vedere un barlume di riposo dopo gli estenuanti esami estivi. Il giorno in cui gli mandò un messaggio, per chiedergli di passare, sua madre era andata a lavorare; Danielle svolgeva per la maggior parte della settimana il turno di notte e Mary era abituata a stare da sola e non aveva mai avuto paura. In realtà aveva scelto di chiamarlo proprio in quel momento perché essendo soli, nessuno avrebbe potuto interferire nella probabile discussione che sarebbe conseguita. Gli aveva dato appuntamento a casa sua per dopo cena e mentre l’orario stabilito si avvicinava, Mary ripassava mentalmente il discorso che si era preparata e si era calata sul volto la più gelida maschera che avesse mai potuto indossare.
Lui, come al solito fu puntuale e quando Mary gli andò ad aprire, Gabriel la salutò con un piccolo bacio sulla guancia mentre lei rispose con un timido sorriso. Mary decise che non c’era un modo giusto per dire quello che aveva intenzione di dirgli, non c’era un momento e non c’era una frase per indorare la pillola che potesse aiutarlo; la sua coscienza le stava dicendo di desistere da quell’impresa perché non si sarebbe fatto male solo lui in quel momento, anzi probabilmente, Gabriel avrebbe superato la cosa dopo un paio di mesi viste le opportunità che gli si stavano aprendo mentre lei avrebbe dovuto convivere con il fatto che tutto questo avveniva per causa sua. Ma poi, perché dovergli mentire? In effetti, il solo fatto che non desiderasse una storia a distanza poteva essere un motivo valido per rompere anche se sapeva che lui si sarebbe attaccato ad ogni appiglio per convincerla del contrario. «Gabriel, non c’è un modo più o meno carino per dirti quello che ti sto dicendo, in realtà non è facile neanche per me anche se può sembrare diversamente. Ti ho chiesto di venire qui stasera perché, volevo dirti che non me la sento più di stare con te…»
Gabriel si era accomodato sul divano del salotto e probabilmente aveva inteso che qualcosa non andasse, già dal fatto che lei non lo avesse raggiunto come di solito faceva.
Lui non si era scomposto più di tanto, ma quando la ragazza prese a parlare, il suo sguardo si fece attonito e quando finì era talmente incredulo alle sue parole che sapeva di avere la bocca spalancata come un emerito idiota. Mary evitò di guardarlo direttamente in faccia, aveva abbandonato completamente la linea dura delle bugie che si era preparata per ovviare a quella decisione e non poteva far altro che stringere le mani in un pugno e tenere la testa leggermente china. «… tu hai la tua vita davanti ed io ho la mia, è stato bello frequentarci mentre eravamo tutti e due qui ma in questo momento della mia vita non ho la possibilità e la fiducia, per intraprendere una relazione a distanza mentre tu sarai in un’università dall’altra parte della nazione.» Gabriel fece per protestare, ma Mary lo zittì immediatamente imponendogli la mano; sapeva che se avesse interrotto il suo discorso, sarebbe stato più facile per lui farla desistere e più difficile per lei rompere quella relazione. «Io non ce la faccio mi dispiace, è tutta una questione di fiducia che io non ho. Avevo i miei dubbi sul perché avessi scelto me all’inizio e tu sei stato sincero e lo apprezzo, ma un conto è viverti ogni giorno e un conto è vederti una volta ogni tanto se ci va bene. No, non posso tollerarlo questo, è una cosa che non posso sopportare, il solo pensiero che tu abbia a che fare con altre persone, altre ragazze... Io lo so che a un certo punto la distanza sarà talmente tanta che sentirai il bisogno di espletare i tuoi bisogni fisiologici con un’altra persona ed io non sono pronta a gestire questa cosa. Non voglio neanche provarci perché non voglio neanche arrivare al punto di sentirmi dire che la cosa non funziona e rischiamo anche di dirci queste cose per telefono ed io non lo potrei reggere, adesso ti ho qui e posso guardarti negli occhi e penso che sia la cosa migliore per entrambi, perlomeno lo è per me.»
Gabriel si alzò dal divano avvicinandosi a lei, dal primo tentativo che aveva fatto per parlare non l’aveva più interrotta ma adesso sentiva l’impellente bisogno di dire ciò che gli frullava in testa e non gli interessava se gli sarebbero uscite una serie di frasi senza senso, a quel punto doveva sfogarsi. «Non ci abbiamo neanche provato! Dannazione Mary, non sai neanche se tutto queste succederà ma tu ti fasci già la testa? Speravo di averti dimostrato che anche se salti non sempre ti fai male e adesso mi stai lasciando per lo stesso motivo? Avevi detto che ci avresti provato e invece ti stai tirando indietro.»
«Ci ho provato Gabriel, non dirmi che non ci ho provato perché l’ho fatto. Ti ho concesso il beneficio del dubbio e mi sono voluta fidare di te, per una come me è stato un lancio nel vuoto e l’ho fatto, siamo stati insieme ma adesso è differente.»
«Non è vero! Non cambia assolutamente niente, sì non potremmo vederci più come prima ma io ti aspetterò e a costo di pagarti il biglietto potrai venirmi a trovare ogni volta che vorrai.»
«Invece lo sai che non funziona così, tu non sarai più qui ed io non potrò correre sempre da te e tu non potrai correre sempre da me. Devi rispettare la mia scelta Gabriel, non me la sento di affrontare una relazione di questo tipo, non puoi chiedermi di farlo.»
Lo sguardo sul volto del ragazzo si fece truce perché quello che sentiva da parti di Mary era un continuo pensare a sé stessa; non aveva mai accennato alla cosa, ogni volta che parlavano dell’argomento università lei si dimostrava entusiasta per la sua scelta e adesso gli stava facendo tutte quelle paranoie sulla distanza e sulla difficoltà nel mantenere la loro storia. «Io, io io, io. Ecco che cosa sento, solo io. Pensi esclusivamente a te stessa e non ti sei mai posta il problema di come mi senta io adesso? Perché non ne hai mai parlato prima? Avevamo mesi per cercare una soluzione e tu ti stai arrendendo senza neanche provarci.»
«Sei proprio un fottuto cazzone Gabriel, non ti rendi conto che lo sto facendo anche per te? Pensi che sia facile per me privarmi della tua presenza e del tuo amore dopo aver scoperto quanto mi piaccia stare con te e quanto tu mi faccia stare bene? Lo sto facendo per me e per te sai? Perché non voglio che tu rinunci al tuo sogno per rimanere qui ad aspettarmi, non volevo metterti in condizione di dover scegliere tra me e il tuo futuro perché il tuo futuro è più importante di me.»
Gabriel avrebbe voluto contestare quell’affermazione ma in parte, la ragazza aveva ragione: se avesse cominciato a rendersi conto di questa cosa mesi prima avrebbe preso in considerazione la possibilità di non frequentare l’università per stare con lei perché, concretamente, non poteva avere entrambe le cose; aveva dato per scontato che anche Mary avrebbe accettato la storia della relazione a distanza, e che nella difficoltà della situazione per entrambi, si sarebbero fatti forza a vicenda e adesso, veniva a scoprire che lei tramava quell’idea da mesi e si era tenuta tutto dentro. Gabriel non sapeva se arrabbiarsi perché non gli avesse detto niente o ringraziarla per aver affrontato quel peso da sola donandogli mesi di felicità, senza mai lasciare intravedere un barlume di tristezza per la consapevolezza dei giorni che passavano inesorabili verso la fine dell’anno scolastico.
«Lo sai tu e lo so io Gabriel, sembrano tutte cose piccole che possono risolversi facilmente, ma sono troppe ed io non ce la faccio; se anche decidessimo di andare avanti io costituirei una distrazione per te e non mi piace sentirmi trascurata specie se tengo molto alla persona che ho al mio fianco.»
«Mary, io ti aspetterò…»
«No Gabriel, tu devi farti la tua vita. È stato bello stare con te ma le nostre strade si dividono qui, io sono la più anonima delle ragazze e ho un mondo tutto mio, anche se dovessi finire presto il liceo, la mia strada è un’altra ed è lontana da te.»
«Tu sei la ragazza perfetta per me e non m’interessa se tu mi stai lasciando io non ti lascerò andare così e ti aspetterò.»
«Io non sono la ragazza perfetta Gabriel, Sarah lo è, Marie lo è. Quando ti sarai stancato di me, tornerai da Marie o da Sarah. Quindi te lo dico adesso, è finita sul serio. Porta avanti tutti i cliché che vuoi e sparisci dalla mia vita.»
«La smetti Mary? È te che voglio e Sarah non è altro che un’amica. BASTA!»
Ma Mary non aveva intenzione di finirla, sapeva che per quanto avesse cercato di resistere, prima o poi Gabriel si sarebbe trovato nella situazione di non poter tornare da lei e sarebbe stato sedotto da una qualsiasi sciacquetta all’interno dell’università con cui sarebbe finito al letto. Era quella la sua natura, con lei era stato gentile e dolce ma Mary non poteva dimenticare quello che era stato prima che lei entrasse nella sua vita e si chiedeva anche se quel ridimensionamento non fosse dovuto più alla paura per il suo caratterino che ad un vero e proprio cambiamento. Stava di fatto che Mary non poteva stargli affianco e questa era una cosa che non tollerava affatto. «No finiscila tu. Sul serio sparisci dalla mia vita, perché ODIO te e il modo in cui mi hai cambiato. Io non sono questo. Questo mi fa schifo.»
«Ma che ti prende ora? Perché sei cosi restia a bruciarti?»
«La vuoi finire con questa cazzo di storia del vivere ardendo e non bruciarsi mai? Ho vissuto e mi sono bruciata, ho osato Gabriel ma non sono più disposta a farlo. Io sono gelosa e non sopporto l’idea che altre ragazze ti stiano attorno perché sei un bel ragazzo e sarà inevitabile, quindi smettila di dipingermi scenari idilliaci in cui neanche tu credi. Mi sento cambiata e la cosa non mi piace per niente.»
«Nessuno ti ha chiesto di cambiare. Ora mi dici perché ti stai sminuendo cosi tanto? Marie è il mio passato, né io né te possiamo farci nulla, dobbiamo convivere con ciò. Tu dovresti fidarti di me.»
«Se non è Marie, sarà qualcun’altra Gabriel. Io non sono più quella giusta ok? Vogliamo cose diverse e adesso l’ho capito. È stato bello, ci siamo divertiti, ti sei preso la mia verginità ed io me ne sono liberata. Sei passato da un eccesso a un altro è evidente. Solo che le cose funzionano quando trovi qualcuno che ti calma non una persona che è un filino più pazza. E' ovvio che stai meglio con lei ed io non sono lei, io volevo farla piangere sul serio. Ero lì per farla piangere e lo desideravo, ma mi sono stata zitta e non va bene, io parlo sempre e quando voglio e non tollero Marie, non tollero quello che c'è stato tra di voi e non tollero qualsiasi cosa ci sia anche se è finita, tu hai bisogno di lei e della sua dolcezza IO non sono dolce. Sono una fottuta stronza quindi sul serio è finita.»
Mary aprì nuovamente la porta invitando Gabriel a uscire da quella casa immediatamente, per quanto le riguardava si erano detti tutto quello che si dovevano dire e non c’era nient’altro da aggiungere. Gabriel si avvicinò a lei in un ultimo tentativo di farla desistere dal proseguire su quella strada.
«Mary…»
«Ti prego vattene. Non ce la faccio più a sopportare questa cosa.» La voce era incrinata da lacrime a cui veniva impedito di uscire, Gabriel lo sapeva, sapeva che per qualche strano motivo gli era stato chiesto di allontanarsi da lei ma non era del tutto sicuro che anche lei lo volesse concretamente. Sospirò uscendo dalla casa e alzando lo sguardo notò Alex sulla soglia della casa di fronte che lo guardava andarsene cercando di interpretare se ci sarebbe stato un seguito a quella storia; prima di abbassare il capo Gabriel scosse piano la testa poi s’infilò in macchina e sparì dalla sua vita.


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