Cercare la mia vita.

di Peanuts_e_Chocolate
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuga. ***
Capitolo 2: *** Decisioni ***
Capitolo 3: *** Risveglio. ***
Capitolo 4: *** Famiglia ***
Capitolo 5: *** Incontro. ***
Capitolo 6: *** Daniel. ***
Capitolo 7: *** Contatto. ***
Capitolo 8: *** Guardiani. ***
Capitolo 9: *** Mamma ***
Capitolo 10: *** Dio. ***
Capitolo 11: *** Dio, seconda parte. ***
Capitolo 12: *** Chiarimenti. ***
Capitolo 13: *** Rose. ***



Capitolo 1
*** Fuga. ***


Fuga.


Non vedevo, non sentivo. In quel momento, tutti i miei arti e ogni fibra dei miei muscoli era concentrato in un’unica cosa. Correre.
La nebbia era fitta, tanto che non riuscivo a vedere più di qualche metro dal mio naso, ma sentivo distintamente altri passi dietro di noi. 
Il panico mi attanagliava le vene e fitti brividi mi attraversavano il corpo.
La milza, i reni e i polmoni strillavano per il dolore e per lo sforzo immane a cui li stavo sottoponendo da parecchio tempo ma il peggio era che il dolore peggiore lo sentivo nella mia mente, tramite Lissa. 
*
Dopo quello che era accaduto con Victor Dashkov, dopo tutto ciò che era successo, Lissa e anche io non eravamo più le stesse. Lissa aveva scoperto un nuovo potere ed io invece avevo ritrovato e allo stesso tempo perso, di nuovo, Dimitri.
E lo sapevamo, sia io che Lissa quanto tutto ciò aveva portato enormi cambiamenti in entrambe.
I miei allenamenti non erano stati più equilibrati, all’inizio pensavo che era per il dolore che Dimitri mi aveva causato rifiutando il mio amore, ma pian piano mi sono resa conto che non era così, era per colpa dello spirito. Lentamente mi stava logorando dentro.
Ovviamente non avrei mai potuto dirlo anche a Lissa, non volevo che proprio adesso che aveva scoperto quello che era in grado di fare, doveva privarsene a causa mia. Non avrei mai permesso niente di simile e così facendo avevo preso la mia decisione, a cuore spezzato e con la testa che scoppiava di tenebra, avevo deciso di andarmene da Lissa. Per sempre.
*
Non me l’ero più sentita di restare, di vedere Lissa che si preoccupava per me, ma nei suoi pensieri ardeva di desiderio per usare il suo potere e quando lo faceva, anche solo per far migliorare la fioritura delle piante sul balcone o per guarire qualche ferita o per piccole cose, la mia testa esplodeva, il mio umore iniziava a variare da triste, ad arrabbiato senza un motivo.
Ma sentire le sue emozioni mi ha fatto riflettere molto, o meglio agire con il mio solito carattere irresponsabile.
E alla fine presi l’unica decisione che avrebbe permesso alle mie emozioni di sfogarsi senza far del male a nessuno e a lei di usare il suo potere. Scappare, di nuovo.
*
Ero andata via con una stupida scusa, avevo detto a Lissa che sarei uscita a fare un giro appena il sole fosse sorto, perché dopo tutto quello che era successo avevo bisogno di passare del tempo sola e portandomi dietro solo un paletto, soldi e un cambio in una piccola borsa me ne ero andata. Non avevo immaginato che sarebbe stato così semplice, alla fine mi ero allontanata e avevo preso svariati autobus allontanandomi nel giro di poco e appena si era fatta sera, quando Lissa iniziò ad allarmarsi, ero già lontana di almeno qualche ora e in una mediocre stanza di un motel a fare la doccia e inconsciamente, come al solito, mi ritrovai nella sua testa. Lei era nel panico e stava girando per tutta la corte reale nel disperato tentativo di trovarmi, perché la sua mente aveva già capito cosa era successo anche se non lo voleva ammettere.
 E così, adesso, a distanza di due settimane sapevo che i guardiani mi stavano cercando e li avevo già alle calcagna. Me ne ero accorta già da qualche giorno, i primi segnali avevo cercato di evitarli, di non vederli. Pensavo di immaginarmi le ombre dietro gli alberi che mi osservavano e le persone furtive che si nascondevano quando mi voltavo. 
Ma qualche sera dopo mentre mi rilassavo, sempre in una stanza di albergo la mia mente era scivolata in quella di Lissa. Stranamente per qualche motivo, non riuscivo più a farlo sempre, sembrava quasi che lei stessa non volesse. Come se avesse imparato a bloccarmi, ma quella volta, fui risucchiata in un mare di emozione che avevo identificato come: Felicità.
*
“L’avete trovata? Veramente?” La sua voce era stata quasi rotta da un singhiozzo mentre un guardiano reale le riveriva delle coordinate della mia posizione.
“Rosemary Hathaway è stata avvistata nei pressi di Spokane, in una cittadina di montagna dove i nostri guardiani stanno già per entrare in azione per cercare spiegazioni e riportarla a corte.”
*

Sentii ancora una volta riecheggiare i pensieri di Lissa in un misto di emozioni indescrivibili e di ricordi per quel posto e poi uscii di colpo dalla sua testa.  
  “Merda.”
L’esclamazione mi uscì senza pensarci e in un attimo ero in piedi. Dovevo andarmene immediatamente. Chiamai il proprietario dell’hotel tramite il telefono della camera dicendogli se poteva farmi avere un taxi in meno di dieci minuti perché avevo ricevuto una chiamata urgente e avrei dovuto lasciare immediatamente la camera, il signore stesso mi disse che appena sarebbe arrivato mi avrebbe avvertito. 
 Cercai di calmarmi e ispezionai fuori dalla camera, tramite la finestra, notando che dei guardiani che già conoscevo controllavano l’area attorno all’hotel. “Sono circondata.” Nel mentre mi sussurravo quelle parole il telefono squillò, risposi e il proprietario dell’hotel mi avvisò che il taxi era arrivato. Agganciai e presi la mia borsa, che nemmeno era disfatta e in men di un secondo raccolsi dal comodino le chiavi della stanza la chiusi alle mie spalle e scesi le scale per arrivare in reception.
 Attraversai il corridoio che portava anche alla piccola sala del bar e vidi un ombra sospetta seduta ad un tavolo, elaborai velocemente la più probabile delle mie fughe e mentre i miei occhi si scontrarono con quelli dell’ormai evidente guardiano e sapendo che non mi avrebbe attaccato, almeno all’interno dell’hotel, velocemente lasciai le chiavi e i soldi al Sig. Max che mi sorrise cordialmente dicendomi che sperava non fosse accaduto niente di grave vista la mia partenza improvvisa. Nemmeno lo ascoltai che già ero praticamente fuori dall’hotel, a nervi tesi e occhi vigili vidi il mio taxi esattamente di fronte a me, e mentre attraversai la strada per andargli in contro, due guardiani mi sovrastarono, uno era spuntato dalla mia sinistra mentre l’altro era quello che avevo intravisto dentro l’hotel.
 “Rosemary Hathaway, sei pregata di seguirci senza opporre resistenza.” Indietreggiai cercando di  levarmi di fronte al più alto, ovvero quello davanti a me, quello alle mie spalle mi afferrò un braccio tentando di bloccarmi, ma in una semplice mossa mi sciolsi da quella presa tirandogli un calcio netto nel ginocchio e abbassandomi e scattando alla destra dell’alto riuscii ad evitare la sua presa.
 Corsi discretamente velocemente facendo cenno al taxi, il quale noto i due che mi seguivano, ma che stranamente non fecero troppe scene.
 Tipico dei guardiani, non si mettevano in mostra. Oltre me. Pensai mentre il tassista accendeva la macchina e io salii.
 Vidi i due guardiani entrare in una retro via, sicuramente avevano anche loro un mezzo di trasporto e avrebbero fatto di tutto per seguirmi.
 “La prego, mi porti verso nord da qui.” Il tassista mi guardò e poi disse. “C’è Mead da quella parte nelle vicinanze, va bene quella direzione?”
 Annuii tenendo d’occhio i guardiani, con un po’ di fortuna ci avrebbero persi. Ma sicuramente, non sarebbe accaduto.
*
Dopo nemmeno un ora da Spokane, mi ero fatta lasciare nelle vicinanze di un bosco dal tassista. Inizialmente si era preoccupato ma quando lo avevo pagato di più dicendogli di non dire niente e di non fiatare se qualcuno gli avesse chiesto qualcosa su dove mi avesse lasciata se ne era andato senza protestare e avendomi dato le indicazioni per arrivare il più velocemente nella città più vicina. Entrai nel bosco ormai praticamente oscuro, mentre tenevo stretto il mio paletto, ero pur sempre in un posto sconosciuto, al buio e sola. Una preda perfetta per strigoi.
 Normalmente non si aggiravano molto vicino alle città, ma dopo gli ultimi riscontri mi spettavo anche di trovarli a gestire negozi o supermercati.
 Dopo qualche minuto iniziai a sentire movimenti nel bosco e delle luci in lontananza mi allarmarono, non erano sicuramente strigoi, ma era ovvio che i guardiani mi avevano rintracciata e probabilmente avevano pagato ancora di più il tassista per farlo parlare ma questo me lo ero aspettata.
 Il bosco era fitto, e aumentai il passo iniziando quasi a correre. Il caldo estivo mi dava quasi fastidio anche se era sera e il sudore ormai mi colava dalla fronte.
 D’un tratto però, i miei occhi avvistarono anche altre figure, più distanti, più sfuggenti, più veloci.
“No, no… non anche loro.” Strigoi.
Purtroppo, la fortuna non era dalla mia parte, in effetti non lo era mai stata.
 Li vidi, non erano molti ma tra i guardiani e loro avrei dovuto faticare parecchio per riuscire a sfuggire ad entrambi illesa e senza lasciare tracce. Serrai la mia mano al paletto, ma nello stesso istante la mente di Lissa iniziò a risucchiarmi. Ma non erano emozioni felici, erano tristi, malinconiche.
 La sentivo mentre parlava con Christian, i guardiani le avevano detto di avermi persa, che mi stavano seguendo. La sua era una morbosa paura. Paura di perdermi per sempre.
*
 “Christian, se ne andrà per sempre. Lei non vuole tornare qua, non vuole tornare da me.”
 Christian la strinse a se cercando di tranquillizzarla, dicendole che mi avrebbero riportato da lei. Sentii le braccia di lui avvolgere anche le mie spalle.
 Tentai di staccarmi da quelle sensazioni, riconcentrandomi in ciò che stavo facendo e di dare attenzione ai guardiani dietro di me a agli strigoi.
  Nella mia testa però c’era lei, i suoi occhi che ora piangevano, la sua colpa, il suo rimorso e la sua rabbia del perché io non la avevo portata con me.
 Mi morsi un labbro mentre le sue emozioni si impossessavano del mio corpo, mi sentivo fondere nella sua testa e quasi mi sentivo confusa. Poi d’un tratto, qualcuno si parò davanti a me.
 “No!” Urlai quasi, riuscendo a levarmi le emozioni di Lissa di dosso e ritrovandomi ad un faccia a faccia con uno strigoi.
 *
Era alto di almeno dieci centimetri più di me, magro e affamato. Sorrisi quasi in un ghigno parando un suo pugno, mentre alle mie spalle sentii i guardiani accelerare il passo nella mia direzione. Mi maledii mentalmente per aver alzato la voce e iniziai una veloce e bruta lotta contro quello strigoi abbastanza goffo, a quanto pare la fame gli dava alla testa.
 “Sei mia!” quasi lo ruggì mentre mi saltò addosso e nello stesso istante gli piantai il paletto dritto nel cuore.
 Mi cadde addosso e strillò un ultimo grugnito di dolore mentre sfilavo il paletto sporco di sangue e indietreggiai facendolo cadere al suolo con un tonfo sordo e ripresi la mia corsa, ormai con la mia nausea e i miei spettri che mi apparivano di tanto in tanto come a ricordarmi che erano sempre con me.
*
I passi dietro di me erano sempre più vicini e i battiti del mio cuore acceleravano sempre di più, lo strigoi mi aveva rallentato facendo si che i guardiani prendessero tempo.
 Vidi delle luci e capii di aver attraversato il bosco, fini in una stradina sterrata, pensai subito che se non riuscivo a seminari ora, non lo avrei più fatto.
 Corsi più veloce ritrovandomi in una strada sterrata all’interno del bosco, iniziai a seguirla mentre dietro di me sentii dei colpi di scontro.
 “Bene.” Pensai mentre immaginavo i guardiani alle prese con gli strigoi e in pochi metri ero fuori dalla boscaglia e costeggiai un fiume e poco più avanti c’era un ponte il quale si perdeva in un altro bosco.
 Quella era la mia meta e la fortuna adesso era dalla mia, con i guardiani presi nello scontro non mi avrebbero più trovata.
*
Arrivai sul ponte ma a differenza di quello che pensavo non fui per niente fortunata, bensì davanti a me a metà ponte, trovai  tre strigoi ad aspettarmi.
 La rabbia mi montò come non mai sembrava che quella notte non sarei mai riuscita a sfuggire a nessuno anche volendo.
 Il loro respiro era pesante e i loro passi per niente delicati, anzi, pareva che si volessero far sentire.
 “Fatevi sotto.” Non mi pareva il vero di scaricare la mia rabbia su quei tre che erano davanti a me.
Uno di loro mi prese alla lettera e si avventò su di me, iniziando a colpirmi senza precisione e proprio per quella sua noncuranza di colpire con una metà mi prese su un fianco facendomi aggrottare la fronte e dovetti scartare da un lato per evitare un altro pugno. Finii con le spalle alla ringhiera del ponte, e un altro di loro che era nettamente più esperto mi afferrò il braccio nel quale impugnavo il paletto.
 La sua stretta fece male e mi lasciai sfuggire un gemito mentre in lontananza vedevo i guardiani uscire dalla boscaglia. Tirai un calcio allo strigoi che mi teneva ferma facendolo grugnire mentre l’altro si avvicinò come se ormai non ci fosse speranza per me ma nel momento che si fece più vicino, sfruttando la presa dell’altro lo sbilanciai facendolo andare addosso al suo ‘compagno’ che imprecò e mi liberai dalla sua mano, dirigendomi verso il terzo che senza mia sorpresa si avventò su di me schiacciandomi a terra, la sua stazza abbastanza robusta mi impedì di reggermi e non riuscii a impalarlo.
 I guardiani erano ormai al ponte e gli altri due strigoi iniziarono a combatterli, riuscii a colpire con vari pugni e un calcio nel costato lo strigoi che mi sovrastava e con una mossa di reni ribaltai la nostra situazione ma per poco, perché con la sua foga mi lanciò via da sopra di lui e iniziò a riattaccarmi.
 Mi accorsi che i miei colpi erano più lenti, la stanchezza e il caldo non mi aiutavano mentre lo strigoi era in gran forma.
 Lottammo quasi in una danza di affondi, finché lui con una mossa scaltra mi colpì il polso e mi fece volare via il paletto. Imprecai, e nel mentre i guardiani abbatterono uno strigoi io ricominciai a lottare con quello strigoi che si comportava esattamente come una bestia. Evidentemente era diventato tale da poco e si poteva notare perché era stranamente febbrile di eccitazione.
 Lottammo per qualche minuto, finché vidi altri due guardiani avvicinarsi ai due che erano arrivati prima e con uno sguardo notai due occhi che non avrei mai potuto dimenticare.
 Quelli di Dimitri.
*
Fu un attimo, che quasi fu fatale, una distrazione che non mi sarei mai dovuta permettere e che maledii per molto tempo.
Sentii arrivare al viso un dolore lancinante, la guancia si aprì e schizzo del sangue, il suono della mano che impattava sulla mia carne mi fece cadere.
Seppi solo che faceva un male cane.
Urlai.
*





N.d.a: ed eccomi qui con il primo capitolo di questa fan fiction! Spero che possa piacere a chiunque leggerà e la trovi originale! :) 
Aspetto recensioni e anche critiche ma che siano a scopo formativo per migliorare la fiction e non offensive.
A presto Peanuts!

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Capitolo 2
*** Decisioni ***


Decisioni.


Sentii chiamare il mio nome, ma più che preoccupazione sembrava rimprovero, mentre una morsa stretta alla gola mi fece mancare il respiro.
 Il sapore del sangue mi schifava in bocca mentre la guancia mi faceva talmente male che ormai ero in confusione totale.
 I guardiani stavano tenendo testa ai due strigoi visto che loro erano quattro e  Dimitri si staccò da loro cercando di venire verso di me in mio aiuto, ma altri due strigoi che probabilmente non avevano visto nel bosco minuti prima si avventarono sugli altri tre guardiani e Dimitri fu costretto a tornare a battersi con loro.
*
 “La tua fine, sarò io.” Lo strigoi che mi aveva lacerato la guancia mi strinse la gola ancora di più e tentò di avvicinare le sue fauci a me. Il mio istinto di sopravvivenza superò il dolore ma solo per pochi secondi, mentre il mio udito fischiava ancora dove avevo ricevuto la botta.
  La mia vista era leggermente appannata e il viso lo avevo intorpidito e sentivo il caldo del sangue colarmi sul collo e sulla mano dello strigoi che lo guardava con bramosia e fu l’attimo che mi salvò, gli sferrai un calcio al pari dello sterno e con un grugnito si allontanò di colpo di almeno due metri e d’istinto indietreggiai appoggiandomi alla ringhiera di ferro del ponte.
 Affannai tentando di prendere aria per neanche due secondi mentre lo strigoi ritornò ad avventarsi su di me. Intrattenni un corpo a corpo per prendere tempo me non ci riuscii per molto perché un calcio al pari dello stinco mi fece perdere l’equilibrio e con monotonia mi riafferrò per la gola tirandomi su di qualche centimetro da terra.
 Per un attimo vidi nero e mentre i guardiani tenevano testa agli strigoi mi trovai a incrociare gli occhi di Dimitri e mi prese un nodo alla gola. Il suo sguardo era pieno di.. non sapevo decifrare quello sguardo, sembrava non sfociare emozioni se non per un piccolo luccichio di paura e le labbra tirate dall’ira.
 Il fiato caldo dello strigoi si avvicinava ad una piccola porzione di collo che avevo libera, in poco sentii due aghi appoggiarsi sulla mia pelle e un brivido mi percorse la dorsale. Sapevo cosa mi sarebbe aspettato e la sensazione di quell’ecstasy che poi mi avrebbe uccisa.
 No, non me lo sarei mai permessa.
“Ti sbagli, non morirò per mano tua.” Quasi lo sussurrai, mentre le mie mani afferrarono un suo polso e in una torsione veloce che nemmeno io pensai di riuscire a fare glielo spezzai.
 Il suo grido squarciò l’aria, facendo voltare anche gli altri strigoi e permettendo ai guardiani di avere un minimo di vantaggio.
*
 Guardai dietro di me, l’acqua del torrente scorreva impetuosa ma non avevo altro modo per fuggire, sia dagli strigoi sia dai guardiani e sia da Dimitri, che adesso stava avanzando verso di me per aiutarmi.
 “Tu, piccola bastarda!” Lo strigoi aveva ancora una mano su di me e stringeva e la mia fu una decisione azzardata, ma l’unica che mi permise di sfuggire a tutto.
  Presi lo strigoi e lo spinsi con forza verso di me, il suo peso fece sbattere le mie anche contro la bassa ringhiera del ponte ed entrambi, lui imprecando, perdemmo l’equilibrio ed io, non feci niente per reggermi.
*
 Mentre caddi e prima di impattare in acqua, vidi Dimitri sporgersi e le sue labbra, mi parve, sussurrarono un “Roza!”
Mi sfuggì un sorriso, mentre mentalmente mi davo dell’idiota perché il dolore mi faceva vedere cose che non sarebbero più successe.
 Vidi gli altri guardiani che raggiunsero Dimitri, ma nessuno di loro fece in tempo a fare niente.
Mentre cadevo lo strigoi si staccò da me e l’acqua mi avvolse. Non sapevo quanto fosse alta, sperai solo abbastanza da non farmi spezzare le ossa del collo in qualche masso, altrimenti ogni mio tentativo di fuga sarebbe stato vano.  
*
L’altezza dal ponte era discreta e quando la mia schiena batté contro l’acqua fu un impatto notevole. Avvertii come uno schiaffo e una volta in acqua mi sforzai di comandare i miei muscoli a nuotare verso la superficie la quale mi appariva oscura.
 Non fu facile ed ero sicura che se non fossi stata allenata non ce l’avrei mai fatta. O almeno non dopo quella terribile ferita che mi faceva male ad ogni movimento e appena riemersi presi la boccata d’aria più bella della mia vita.  Lo strigoi tentò di arrancare in superficie e mi malediceva ad ogni sguardo, la corrente era veloce e potente e non riuscivo a nuotare bene.
 Intravidi dei guardiani correre sulla sponda e mi sentii nuovamente in trappola. Intravidi Dimitri non era il momento di guardarlo.
*
L’acqua era veramente forte e nemmeno io avevo calcolato una corrente così veloce in un fiume che alla fine non era nemmeno tanto grande e mentre l’acqua mi trascinava più volte in giù facendomi bere iniziai a sentire la stanchezza farsi pesante come un masso di cemento, ricordai quei solchi sulla guancia che tutt’ora colavano di rosso per via dell’acqua che non permetteva al sangue di fermarsi.
 Sentii lo strigoi tossire parecchio forte e lo vidi andare giù. Se fosse risalito o meno non mi sarebbe importato affatto.
 Tentai di nuotare e mi sentii altamente stupida per quello che avevo fatto perché io stessa non riuscivo più a gestire la mia situazione.
 Un guardiano che era avanti agli altri mi urlò di resistere e di continuare a nuotare.
 La corrente aumento e notai che di li a poco c’erano varie cascate, erano basse, un metro e poco più, ma comunque non sarebbero state piacevoli anche perché da poco avevo iniziato a sfiorare con le punte alcuni massi ed avevo paura che l’acqua si stesse abbassando.
*
 Ero quasi ad un metro dalla riva e un guardiano fece per entrare in acqua quando ad un tratto la corrente mi risucchiò e capii di essere stata portata giù dalla cascata.
 Fu breve ma l’aria mi manco, l’acqua mi entro nei polmoni e non mi piacque per niente.
Riemersi tossendo talmente tanto che sentii graffiarmi la trachea.
 Lo sbattere della cascata mi aveva fatto fare una capriola ed era stata una delle sensazioni più sgradevoli che avessi mai provato, l’acqua mi aveva bruciato nelle narici e lo strusciare contro i sassi aveva fatto male.
  In quel momento, prima di essere trascinata in un’altra cascata, nel quale ero cerca non ne sarei rimasta illesa nemmeno io, mi avvicinai sempre di più alla riva e chiamai il guardiano, il suo sguardo si incrociò con il mio e lo vidi avvicinarsi alla riva come stavo facendo io e si immerse fino alle cosce allungando un braccio e facendosi aiutare da un altro guardiano per non essere portato via dalla corrente.
 “Afferra la mia mano!” Il guardiano si allungò ancora e facendo un piccolo scatto riuscii a prenderla.  “Tranquilla, ti ho presa!”
 Dietro di lui vidi l’altro guardiano tirare il compagno e pochi metri dietro Dimitri e un guardiano che riconobbi solo ora come donna avanzarono per dare una mano.
 “Attento, Albert!” La ragazza che aveva i capelli color del fuoco sgranò gli occhi, Dimitri imprecò in russo e in un ombra vidi lo strigoi riemergere e afferrarmi.
 “Tieniti!” Albert, così avevo capito che si chiamava, mi strinse di più ma l’acqua fece scivolare via la sua presa dalla mia.
 Lo vidi avanzare in acqua per riprendermi, ma il peso dello strigoi mi portò giù e ebbi solo la sensazione di aver sfiorato la sua mano in un vago tentativo di salvarmi.
Dopo, le forze mi abbandonarono e udii solo il mio nome gridato e l’acqua che mi invase.
*








N.d.a: Ed eccomi al secondo capitolo! Ringrazio tantissimo chi segue, legge e recensisce la mia fiction! Da adesso ogni lunedì, (se non ci sono impegni o problemi) pubblicherò un capitolo di questa saga! Sperando che interessi e piaccia! :)
Spero che troverete interessante questa fiction, un bacio e a presto! 
Peanuts! 

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Capitolo 3
*** Risveglio. ***


Risveglio.


All’inizio pensavo di essere morta, non ricordo bene cosa era successo dopo che ero svenuta, solo che avevo sentito più volte freddo e mi ero poi svegliata con un anziano signore Moroi accanto che mi chiedeva da dove venivo, come mi chiamavo e cosa era successo.
 Ovviamente non avevo mai detto una parola, ma non perché non volessi, solo che non ero lucida a tal punto da potergli rispondere.
 Ricordo veramente poco, solo che fui trascinata verso una casetta e posata su qualcosa di morbido che avevo intuito fosse un letto e le sensazioni di freddo si erano trasformate in tiepide mentre lo strano signore, che sembrava tanto un vecchio pastore, mi diceva di stare tranquilla e che sarebbe andato tutto bene.
 Sentivo rumori di coperte e un bruciore intenso alla guancia e poi mi sentii bucare più volte mentre piccoli gemiti e urli mi uscivano involontari e per quanto quel vecchietto tentava di calmarmi non ci riusciva.
 Ricordo che mi teneva per mano e dopo non so dire precisamete quanto tempo ero sprofondata di nuovo nel sonno.
Sentivo spesso una voce calda e femminile che mi tranquillizzava e mi diceva che avrei solo dovuto riposare, riprendere forze e che sarebbe andato tutto per il meglio.
 Sembrava tanto la voce di una mamma affettuosa e a tratti la scambiavo per la mia, per quanto non fosse così dolce. Spesso ebbi l’impressione che non fosse reale.
 Per tutto il tempo che riposai ebbi gli incubi, sottoforma di strigoi, sangue e acqua che mi avvolgeva impedendomi di respirare.
 Mi agitavo e probabilmente parlavo o emetto qualche suono, perché ogni volta avvertivo dei passi corti e svelti avvicinarsi a me e di nuovo quella voce dolce.
*
  E fu così finché non mi svegliai del tutto. Ebbi un nuovo incubo ove sognai Lissa che mi guariva ed era accanto a me, che mi parlava e mi sorrideva ma poco dopo la scena si macchiava di sangue e acqua e Lissa moriva per colpa mia.
 Mi resi conto che urlai ma fu soprattutto per lo spavento e subito una mano calda prese la mia.

  “Va tutto bene. Adesso sei al sicuro, non ti succederà niente.” La mano si spostò sulla mia testa e riuscii a capire che l'incubo era passato.
Aprii lentamente gli occhi e una tenue luce, che vidi essere prodotta da una abatjour accanto al mio letto, mi rivelò il viso paffuto e gentile di una dhampir di, sicuramente, oltre i cinquant’anni.
  Una volta sicura che non stavo sognando provai a formulare una delle tante domande che mi aleggiavano nella mente.
“D-dove mi trovo?” tentai di chiedere anche se con voce debole.
La signora mi sorrise “Sei nella mia casa, mia e di mio marito Robert. Io sono Mary.” Lo disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
 "Stai tranquilla, sei al sicuro qui." La guardai, avrei voluto farle molte domande, ma non sarei riuscita a formularne neanche una in quelle condizioni. Stranamente Mary, se ricordavo bene il suo nome, quasi mi lesse negli occhi.
  “Ti abbiamo vista che venivi portata via dalla corrente e ci siamo spaventati tantissimo. Mio marito è corso subito in acqua e ti ha portata in casa, non sai appena ti ho vista che panico che mi è salito addosso, non sapevamo nemmeno se eri viva. Eri veramente pallida e la tua ferita aveva davvero un brutto aspetto e ti è anche salita una gran febbre.” Mentre mi raccontava come mi aveva trovato suo marito, mi cambiò il panno umido sulla fronte.
 “Oggi è il terzo giorno che sei qui. Ma probabilmente non te ne sei nemmeno resa conto.” Mi sorrise. “Vuoi alzarti? Oppure ti serve qualcosa, che so… Hai sete?”
  Ormai mi ero persa a quando aveva detto che mi avevano trovata e le vidi brillare gli occhi e poi fece un sorriso triste.
 “Scusami, hai ragione sto esagerando. Ad ogni modo se hai bisogno di qualcosa sono nella stanza accanto, non farti problemi. Tornerò tra poco, ti lascio riposare!” Disse mentre si alzava e varcava la soglia della camera.  
 Scrutai quella camera che non era neanche troppo piccola, era tutta in legno e c'era un armadio a due ante molto bello, un cassettone con uno specchio ovale e una sedia ai piedi del letto.
 Voltando la testa vidi un comodino affianco a me con la bacinella dell'acqua e l'abatjour da cui proveniva la luce fioca e giallastra e nemmeno un metro dal comodino c'era la porta socchiusa, dalla quale proveniva uno spiraglio di luce più forte e la voce di Mary e di suo marito.
 Non mi mossi dal letto fino a tarda sera, riuscendo a capirlo da una finestra alla mia sinitra. Quando mi ero svegliata era poco più delle dieci di mattina e nel resto della giornata Mary venne spesso nella mia camera, a cambiarmi le medicazioni e a controllare la temperatura.
 Quando mi alzai, vidi anche una piccola sveglia di plastica nera sul comodino ed erano le undici di sera. 
   Non avevo molta fame e notai che sia Mary che Robert erano intendi uno a leggere il giornale e l'altra a fare a maglia ed entrambi alla mia vista si alzarono preoccupati, ma gli feci cenno di rimanere dove erano e mi sedetti al tavolo con loro.
*
  “Ti senti meglio cara?” Mi disse subito la donna, alzandosi ed apparecchiando per me. Anche se non mi chiese se avevo fame e notai che loro avevano già mangiato.
 “Sì.” Annuii per confermare ancora di più la mia risposta. “Devo ringraziarvi, se non fosse stato per voi non immagino dove sarei a quest’ora.”
 Robert, finì di bere il vino che aveva nel bicchiere davanti a se e poi disse con tono allegro “Ci mancherebbe signorinella! Ci hai fatto prendere uno spavento tale da farci diventare bianchi gli ultimi capelli rimasti che erano sfuggiti alla vecchiaia!” Spalancò gli occhi quasi divertito.
  Era un tipo alquanto strano, aveva due occhietti vispi e azzurri come il cielo e dei bei baffi curati, spessi e folti. I capelli li aveva solo intorno e nel mezzo spiccava un’area calva e lucida. Indossava una camicia con sopra una salopette in jeans e degli scarponi da contadino. Sembrava uscito da qualche film degli anni sessanta.
 La moglie invece era più soft: era abbastanza paffuta, aveva dei riccioli castani striati di bianco qua e la che le incorniciavano il viso pieno e tondo come se fosse una luna piena. Indossava un abito da casalinga a tema floreale rosato e ai piedi teneva un paio di ciabatte morbide.
  “Bob! Non si dicono queste cose! Chissà cosa pensa di noi!” Disse sbattendo il pentolone della zuppa sul tavolo e facendo sobbalzare il marito mentre gli tirava qualche occhiataccia e in risposta lui arricciò i baffi.
 “Hai fame?” Mi chiese Mary mentre già mi versava nel piatto una porzione più che sufficiente di zuppa. Annuii, sbalordita da come quei due si comportavano, sembravano quasi surreali.
*
 Educatamente mi presentai, ringraziandoli ancora per avermi salvata e accolta ricevendo, soprattutto dalla donna, dei commenti come “Ma figurati!” o “Non devi nemmeno ringraziarci”
  Così finii con calma la zuppa e dopo un po’ chiesi. “Siete da soli?” Entrambi mi guardarono capendo cosa intendevo.
“Si, siamo solo io e Bob.” Sorrisi al nomignolo che Mary usava per suo marito.  “Ma solamente qui siamo soli. In realtà abbiamo parecchi figli, sai?” Fui stupita.
 “Davvero? Non abitano qui?” Chiesi curiosa ma non sapendo se mi ero spinta troppo.
Bob sorrise. “Sono grandi ormai, e ognuno di loro ha scelto la propria strada.”  Io li guardai e sorrisi a mia volta guardando l’orologio, notando che era mezzanotte. “Ma è molto tardi…”
 Mary annui mentre lavava il mio piatto e le mie posate, le avevo offerto il mio aiuto ma aveva rifiutato dicendo che gli ospiti non devono fare queste cose.
  “Sai, qui siamo abituati con l’orario invernale e finché c’è luce stiamo fuori nell’orto. E non è consigliabile stare fuori quando il sole si abbassa. Ci sono i lupi, i cinghiali e alcune volte capita anche che qualche orso passa a farci un salutino. Perciò evitiamo di uscire se non è necessario, anche se Strigoi non se ne vede non si sa mai. E poi a dirla tutta, due signori anziani come noi non hanno bisogno di stare fuori molto, ci basta il giorno per fare le compere in paese o altri piccoli servizi.”  Disse riponendo le stoviglie in un cassetto dentro la tavola.
 “Come mai non ci sono Strigoi?” La mi domanda la sorprese.
 “Sai, usiamo i paletti, ma qui non hanno pane per i loro denti e per quanto inspiegabile è sempre stato un posto discretamente tranquillo. Poi Bob controlla spesso la barriera magica. Ormai sono anni che viviamo insieme e ha imparato anche lui a metterli.”
 Mi stupii, un moroi di quell’età che metteva dei paletti ma dopotutto, avevo visto talmente tante cose al di fuori dell’accademia che mi aspettavo di trovare anche degli strigoi buoni.
  “È ora di cambiare il bendaggio e non solo.” Mary mii indicò la guancia e i vestiti. Avevo addosso solo una lunga vestaglia e probabilmente voleva darmi qualcosa di più adeguato.
Mi sedetti sul letto e lei prese una scatola di legno da dentro l'armadio e sopra c'era scritto ‘Medicine’  in una calligrafia in stampatello e precisa.
  “Ricordi cosa ti è successo?” Non volevo mentirle, ma nemmeno me la sentivo di dirle tutta la verità...
 “Ero a giro, non so quanto ho percorso nel fiume ma ricordo che mi sono imbattuta in alcuni Strigoi e uno di loro mi ha lasciato questo ricordo. Ma sono stati abbattuti da guardiani.”
  “Eri in compagnia? Ti staranno cercando.”  Parve preoccuparsi ma negai la sua domanda.
 “No, non erano con me. Loro stavano dando la caccia agli Strigoi ed io sono capitata nel momento sbagliato ritrovandomi nel mezzo.”
   “Ho capito. Mi spiace per quello che ti è accaduto. Eppure mi sembri una dhampir allenata.” Annuii  mostrandole i marchi e sbalordita sgranò gli occhi, perché prima non li aveva notati, ma poi non fece altre domande e prese acqua e disinfettante, mentre con delicatezza levò il bendaggio che mi aveva fatto e poi con un verso della bocca mi fece intendere che non era in buone condizioni.
  “Tesoro, hai proprio una brutta infezione.” Iniziò a tamponarla ed io mi vidi tramite un piccolo specchietto appoggiato sul comodino, avevo tre  lunghi tagli per orizzontale che mi attraversavano la guancia fin sotto l’occhio. In alcuni punti, si intravedeva ancora la carne viva, lentamente e grazie ai punti di sutura, i lati iniziavano a cicatrizzarsi ma era chiaro che ci sarebbe voluto molto tempo.
 Vedendo i batuffoli di ovatta che erano sporchi di sostanza giallognola e guardando attentamente alcuni punti dei tagli, capii che Mary aveva ragione, avevo una brutta infezione e la febbre sicuramente era venuta per quello.
  “Cavolo, non pensavo che fosse in questa condizione.”
Lei ridacchio quasi divertita dalla mia affermazione. “Già, e stai certa che cercare di levarti lo sporco che ti era entrato dentro e i grumi di sangue che si erano formati non è stato per niente facile e per metterti i punti poi... Non stavi un attimo ferma.” Adesso capivo il pungere che avevo sentito la sera prima.  “Mi dispiace, non deve essere stato un bello spettacolo.” Lentamente ricordavo quello che era successo. Pensai a Lissa e mi chiesi adesso come stava e se aveva saputo di quello che era successo. Pensai anche a Dimitri, al suo sguardo e al ‘Roza’ che mi era parso di avergli visto dire.
  Ma le parole di Mary  mi distrassero dai miei pensieri e mi riportarono al presente.
“Non devi preoccuparti per questo. Dopo cinque figli è il minimo. Non sai quante ne ho passate.”
 Sei figli? Lei vide sicuramente il mio stupore e mi sorrise.
 “Sai, il mio primo figlio l’ho fatto che più o meno avevo la tua età. Forse meno, avevo diciassette anni.”
Spalancai la bocca, ma la richiusi subito cercando di non essere maleducata.
 “Veramente? Così giovane?” Lei annui.
“Sai, con i tempi che correvano mi buttarono fuori dall'accademia e mi dissero senza problemi di farmi la mia vita. E così Robert ed io, decidemmo subito di andare a vivere da soli e crearci la nostra famiglia. I genitori di Robert per fortuna ci aiutarono molto e ci diedero una mano finanziaria per il primo anno finché Bob non trovò lavoro per mantenere il bambino. Così nacque il nostro primo figlio, Andrew. Fu come un angelo caduto in quella casa. La nostra vita diventò molto più attiva con lui che richiedeva molte attenzioni e noi dovevamo insegnargli le basi della vita, camminare, parlare, fare i bisogni al gabinetto e tutte quelle cose che prima pensavi fossero semplici e banali. Così io imparai a crescere con lui.” Non capii subito quello che intendeva e mi parve strano che non avesse fatto il riferimento ad entrambi ma la lasciai continuare anche se prima mi guardò.
 “Scusami, sono certa che non ti interesserà sapere la mia vita.” Rise ma io scossi la testa.
 “Oh no, invece mi fa molto piacere. Sono curiosa e soprattutto mi distrae dal dolore del disinfettante.” Risi e il suo sguardo si illuminò.
 “Allora se a te fa piacere continuo.” Mi sorrise allegra e continuò. “Adesso lui ha trentanove anni e vive a New York” Finì la medicazione e si alzò un attimo dicendomi di aspettarla e andando in cucina tornò con un album fotografico tutta sorridente. 
 Mi sistemai meglio sul letto e le feci spazio mentre  si sedette sul bordo accanto a me.
“Adesso ti presento la mia famiglia.” Mi sorrise ancora, come sempre.
 “Sarò felice di ascoltarti.” Le risposi, mentre apriva il grande album rilegato in pelle nera.
*





N.d.a : Salve a tutti! Ci sono molte visite e ringrazio sempre chi legge e mi segue! Questo capitolo mi rendo conto è meno, "Attivo" ed è più tranquillo. Spero che non vi annoierà! Presto ci saranno novità nella vita di Rose, ma non temete, presto ricompariranno anche gli atri personaggi del libro! :D
Mando un abbraccio a tutti,
Peanuts!

 

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Capitolo 4
*** Famiglia ***


Famiglia.

 “Ecco,” disse aprendo l’album fotografico e facendomi vedere tutti i suoi figli. “Lui è il più grande.” 
Mi mostrò una foto di un giovane uomo alto e dai capelli scuri e ricci insieme a due bimbe sorridenti una più grande che aveva all’incirca dieci anni che lo teneva per mano e quella più piccola di tre o quattro anni in braccio alla madre Moroi. Andrew aveva un aria sorridente e veramente felice nella foto. Vidi Mary accarezzare la foto e sorridere.  
 “E poi ci sono i gemelli, sono nati esattamente due anni dopo. Inizialmente non pensavo nemmeno fossero due, infatti fu una sorpresa enorme per tutti.” Mi mostro sorridente le foto di una ragazza dai capelli castani tendenti al rosso e di un ragazzo della solita età ma dalla capigliatura come Mason ed entrambi con gli occhi chiari.
 “Loro sono le fotocopie di Robert. Lei è Hanna e lui Jake. Adesso hanno trentasette anni, li ho fatti quando avevo diciannove anni. Lei ormai è madre di una bellissima bambina,” Mi indicò una foto di una bimba di circa un anno con i capelli più scuri di Hanna ma con gli stessi occhi. “E invece Jake studia ancora, vuole diventare un medico.” Lo disse quasi fiera. 
 Mary aveva avuto entrambi che era poco più grande di me, io stessa mi stupivo perché ero certa che non sarei mai riuscita a tenere un bambino alla mia età.
Cambiò pagina mostrandomi stavolta la foto di una ragazza dai capelli castani lisci e molto lunghi tenuti su una morbida coda laterale. Ma aveva un’espressione molto vulnerabile. Sembrava che si potesse spezzare da un momento all’altro. 
 “Lei è Ashley, l’ho avuta un po’ più tardi ha ventiquattro anni ed è stata la nostra pena più grande.” Disse con un tono triste, ma non capii subito.
 “Appena nata non avrebbe nemmeno dovuto passare la prima notte, poi dicevano che non avrebbe superato la settimana, poi il mese. Ma alla fine, con la sorpresa di tutti è vissuta e tutt’ora è viva e questo è merito di Robert perché ha ereditato i suoi geni di Moroi che sono più forti. Ha trentadue anni e anche se è sempre stata esposta a molte malattie ma ce l’ha sempre fatta. Ho pianto molte volte per lei, pensando che non ce l’avrebbe fatta. Mi ripetevo ogni volta che stava male; ‘Questa è l’ultima volta che la vedrò.’ Sapevo che prima o poi sarebbe successo. Ma invece è sempre andata avanti.” Le cadde una lacrima ai ricordi che sicuramente le riaffioravano.
  “Ma ora sta bene?” Chiesi preoccupata anche se non la conoscevo e la vidi annuire. “Certo, ed ha un bellissimo bambino. Williams!” Mi mostro la foto di un piccolo bambino dhampir di appena un anno dai capelli chiari e il marito di Ashley, un biondo Moroi molto bello. 
 Mary voltò nuovamente pagina mostrandomi l’ultimo dei suoi figli. “Ed ora c’è l’ultimo della nostra famiglia, Daniel. L’ho avuto a trentadue anni e lui ne ha ventiquattro, viaggia spesso e torna una volta ogni tanto portandoci un sacco di souvenir.” Mi sorrise indicando qualche maschera proveniente dall’Africa che erano appese nella camera.
 Guardai Daniel, aveva dei riccioli castani di media lunghezza proprio come sua madre ed aveva un espressione seria che mi ricordava tantissimo Dimitri, facendomi quasi male.
  “Tutti i miei figli sono stati la luce dei miei occhi, hanno sempre portato con loro un sacco di allegria e di vita nella nostra famiglia e tutti loro hanno trovato la loro strada, si sono sposati con delle persone giuste e hanno delle famiglie stupende.” Sorrise guardando le foto dei suoi figli. 
  Le sorrisi anche io e lei chiuse l’album. “Ecco tutto. Questi erano i miei figli e anche la mia vita.” Disse ridendo. “Mi sembra ieri che li ho fatti!” Parlò andando a riporre l’album dove lo aveva preso.
  Io la seguii, vedendo che riponeva l’album fotografico sopra il camino accanto alla porta d’entrata e mi fece cenno di seguirla al piano di sopra. 
*
 “Da fuori sembra una casa minuscola, ma ti posso garantire che qui dentro ci entra pure un esercito!” E lo potevo immaginare, visto che erano stati una numerosa famiglia.
Mi portò al piano superiore, dove c’era un lungo corridoio con tre stanze che Mary mi spiego erano due camere e un bagno.
 Entrammo nella prima a destra ed era graziosa e femminile. Aveva un letto matrimoniale a baldacchino e ai piedi del letto un grazioso cassettone bianco con ornamenti a forma di rose, dipinti a mano.  
  “Siediti pure. Non fare complimenti, tanto ormai non ci dorme più nessuno e stai certa che le mie figlie non arriveranno ad urlarti che quel letto è loro e non devi sederti.” 
  Mi sedetti e lei aprì il cassettone e ne estrasse qualche abito.
  “Penso che quelli di Hanna dovrebbero starti. Altrimenti vediamo se ti stanno quelli di Ashley, ma ho qualche dubbio.” Mi porse qualche maglietta e un paio di pantaloni. Poi da un altro scompartimento estrasse dell’intimo. Mi imbarazzò quando me li porse e mi disse che scendeva lasciandomi tutto il tempo per provarmi i vestiti e mi disse pure che potevo curiosare tra i cassetti e che avrebbe rimesso lei le cose al loro posto una volta che avessi fatto e così uscì dalla camera. 
  Osservai le magliette, una aveva raffigurata una rock band degli anni ’80 mentre un'altra era più semplice con colori pastello e disegni vorticosi. Misi la maglia della rock band perché mi stava più larga e mi muovevo meglio e riposi quella color pastello.
 La stanza era immacolata e c’erano ancora alcune loro foto attaccate alla parete di una scrivania in un angolo della stanza che raffiguravano le due figlie e Hanna indossava la stessa maglietta che io avevo messo.
 Per l’intimo però c’erano stati un po’ di problemi, quello di Hanna mi stava un po’ stretto ma non perché ero grassa, anzi avevo un fisico tonico e con tutte le curve al posto giusto. Uguale per l’intimo di Ashley solo che era ancora più magra ed ebbi solo fortuna che i suoi reggiseni mi stavano.
 Perciò optai per il reggiseno di Ashley e le mutandine di Hanna, anche se mi causava un po’ di fastidio ai fianchi visto che l’elastico mi stringeva un po’.
*
 Uscii dalla camera spegnendo la luce, ritrovandomi in un corridoio quasi del tutto spoglio, se non fosse stato per qualche quadro raffigurante qualche cervo e dei fiori.
 La mia curiosità, però, ebbe il sopravvento e andai a curiosare nelle altre due stanze. Entrai nella stanza accanto a quella di Hanna e Ashley, ritrovandomi sorpresa nel vedere che era divisa a metà, dove una parte era in tinte calde come rosso, arancio e giallo mentre l’altra in colori freddi, verde, blu e nera. Capii subito che era la stanza dei fratelli, Andrew e Jake.  
  Un passo leggero che non sentii subito, mi fece girare e vidi Mary che mi guardava. 
  “Ecco, non volevo essere indiscreta o impicciona, volevo soltan-” fui interrotta da un suo cenno.
“Oh no. Devi stare tranquilla, puoi guardare. Volevo solo sapere se ti andavano le cose.” Mi disse.  “Si, vanno benissimo. Grazie.” Dissi gentile ancora imbarazzata per essere stata scoperta mentre curiosavo nelle camere dei suoi figli.
  “Vieni, ti mostro le altre!” E così, seguendola mi mostrò il bagno che era di fronte alla camera dei ragazzi, era piccolo ma grazioso. Conteneva una piccola doccia a vetro, un lavandino in ceramica, un bidet e una cesta per i panni sporchi. 
 “Non è un gran che, ma Robert cercò di metterci l’essenziale per i ragazzi. Sai, prima era un ripostiglio, ma avendo cinque belve in casa, l’altro bagno era praticamente inaccessibile. Così Bob ebbe la buona idea di sfruttare questo spazio per far loro un altro bagno. Non che il problema fosse del tutto risolto, ma era sempre meglio di niente. Alla fine, avere cinque figli in casa è stato peggio che tenere lontano gli orsi dall’orto!” 
 Risi seguendola nell’ultima camera, la quale si apri ai miei occhi come quella di un bambino di due anni. Era azzurra e bianca con aeroplani disegnati sul soffitto e un sacco di disegni pasticciati     sui muri. Per il resto aveva dei mobili chiari e un lettino con trapunte marroni. 
  “Wow, me l’aspettavo più… come dire, maschile.” Lei mi guardo con occhi divertiti.
“Sai, molte volte dicevamo di ridipingerla ma Daniel ha sempre detto che era meglio spendere i soldi in altre cose che in vernice. Anche se più piccolo è sempre stato molto maturo e alla fine è rimasta così. Non siamo mai stati molto bene con i soldi, ma quando i nostri figli ci chiedevano qualcosa che desideravano davvero tanto, gliel’abbiamo sempre presa. Vestiti, trucchi, strani congegni che i ragazzi volevano per costruire o inventare oggetti, uscite o altro. Non abbiamo mai permesso che i nostri figli si sentissero inferiori ad altri. Anche se ovviamente, ci sono stati molti problemi. Ma li abbiamo sempre superati.” 
 Mi spiegò e tornammo al piano inferiore, dove Robert stava dormendo su una poltrona davanti alla televisione spenta. Un pensiero mi colpì.
  “Dove dormite?” Lei mi guardò, riponendo le sedie con cura sotto il tavolo. 
  “Non devi preoccuparti, se pensi di averci rubato il posto ti sbagli. Sai, con Ashley che spesso stava male, Robert ha usato il nostro ex salotto come camera di riserva, ovvero dove dormi tu. Quando nostra figlia Ashley stava male veniva con me a dormire perché aveva bisogno di essere sorvegliata.” 
 Annuii e lei mi fece cenno di seguirla e mi mostrò una porta accanto al camino che prima non avevo notato, aprendola mi si mostrò una camera bellissima. Aveva un letto alto matrimoniale in color avorio con delle bellissime coperte ricamate, un armadio alto quasi fino al soffitto del medesimo colore del letto e un cassettone in ebano con affianco una specchiera ovale.
  “Wow, è stupenda!” Dissi osservandola estasiata, non pensando che avessero un lusso, se cosi poteva essere chiamato, in quella casa che fin ad ora mi era parsa mediocre. 
  “Ti piace? È stato il regalo di anniversario che Robert mi ha fatto per i nostri dieci anni di matrimonio. Una volta venuti ad abitare qui, abbiamo chiesto al prete del paese se avesse potuto benedirci e sposarci. Così acconsentì e ci sposammo, solo io e lui. Con nessun invitato o testimone, non ne avevamo bisogno dopotutto. Fu Robert a fare le nostre fedi. Le fece con una collana d’oro che suo nonno gli aveva dato molti anni prima, per i suoi diciotto anni. La sciolse e fece a forgia le nostre fedi. Tutto a mia insaputa.” Sorrise mostrandomi la fascetta d’oro che portava al dito, aveva dei disegni raffinati, erano come piccole onde divise da alcuni fiori e sulla parte superiore aveva incastonato un piccolo brillante rosso. 
   “E non sai come ci sono rimasta quando mi ha detto che in realtà quelle due fedi erano la collana di suo nonno. Quasi mi venne da svenire e piansi dicendogli più volte che era stato uno stupido e che non avrebbe dovuto. Ma lui disse che mai se ne sarebbe pentito, sapendo che un pezzo di quella collana sarebbe stata per sempre con me. Perché mi amava e voleva stare con me per sempre. E da allora è sempre stato così.” 
Rimasi colpita da quella rivelazione pensando che quello era ciò che io definivo ‘amore’.
 Andammo in cucina dove Robert si sveglio e Mary iniziò a fare della camomilla. Guardai la fede di Robert, vedendo che era identica a quella della moglie. Erano due riproduzioni quasi perfette se non fosse stato che la sua era più grande.
  Mary ci servì la camomilla, dopodiché Robert andò a letto lamentandosi della sua schiena e Mary mi disse che avrei fatto meglio ad andare a letto anche io e dandomi anche un pigiama più adeguato mi salutò dicendomi che l’indomani mi avrebbe portata in paese per avere più informazioni del posto e se volevo per chiamare qualcuno, dopodiché andò a dormire e mi lasciò sola nella ‘mia’ camera.
  Mi cambiai mettendomi il pigiama e poi buttandomi sul letto. Era stata una giornata, o meglio dire serata particolare e piena di cose nuove. 
Non sapevo dove si trovasse Lissa, se stesse bene e avesse ricevuto la notizia, a sua mente era una barriera, sembrava non volesse farmi entrare nella sua testa. Non sapevo se i guardiani mi stavano ancora cercando o già preparavano il mio funerale.
  Quest’ultimo pensiero mi causò un enorme disagio e una fitta al cuore, soprattutto per Lissa.
Avrei dovuto far sapere che ero viva. Almeno a Lissa e Adrian glielo dovevo.
 Adrian sicuramente stava ancora aspettando la mia chiamata. Prima di andare via gli avevo promesso che lo avrei cercato io, che gli avrei fatto sapere come stavo e che non doveva cercarmi.
*
Sospirai, sentendo la stanchezza farsi pesante e il viso indolenzito, chiusi gli occhi e dovetti arrendermi all’evidenza che ero esausta e anche se avevo voglia di uscire di nascosto e di cercare un posto dove chiamare senza essere disturbata mi resi conto che nemmeno sapevo da che parte andare. 
 Mi infilai sotto le coperte e spegnendo la luce mi abbandonai alle tenebre addormentandomi poco dopo.
*



N.d.a.: Ed eccomi qua con il quarto capitolo della mia saga! :D Spero vivamente che vi possa piacere e che non sia stato noioso. Questo capitolo è servito più che altro a far chiarezza su determinate cose e sarà il capitolo prima dell'arrivo di uno dei cinque figli di Mary! Sicuramente già a vete capito chi sia ma vi lascio nel dubbio! (?) 
 Ringrazio sempre chi mi segue, recensisce o legge e basta la mia fan fiction! Qua sotto metterò delle piccole note per chiarire: 
-I figli di Mary sono tutti sposati con Moroi, perché nati da Mary (dhampir) e Robert (Moroi) ovviamente sono nati dhampir. (Che genio che sono! XD )
- I posti ripresi nella fiction esistono realmente nella realtà. Adesso Rose è a Nine Mile Falls, un posto esistente vicino a Spokane!
E con questo stop.. per ora ho solo queste cose da dire! Al prossimo capitolo aggiungerò altre informazioni se mi vengono in mente! :D
A presto YK91!

 

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Capitolo 5
*** Incontro. ***


Incontro.



Nella notte mi ero svegliata nella mente di Lissa nei corridoi della Cprte Reale mentre pensava a me.
 La tristezza mi aveva assalito e i suoi pensieri erano diventati i miei.
Rapidamente si diresse nella sua camera chiudendosi dentro e stendendosi sul suo letto. I guardiani non le avevano dato nessuna risposta e nessuna notizia su dove ero, nessuno mi aveva trovata e non sapevano se ero viva.
 Stava male, non sapeva niente ed era assalita da mille pensieri negativi tanto che inconsciamente la portavano ad odiare i guardiani, perché nessuno era riuscito a scoprire niente e avevano ritirato la squadra di ricerca.
  "Rose, perdonami." 
 Mi stupii sentendole dire quelle parole ma capivo come stava e sentivo che la colpa della mia fuga la divorava ma oltre quello dentro Lissa c'era un angolo pieno di determinazione e che voleva trovarmi e salvarmi.
 Sperai vivamente che non facesse niente di folle e non cercasse di scappare per trovarmi o cose simili. Doveva lasciare il lavoro ai guardiani. 
Un bussare leggero distolse l'attenzione di Lissa dai suoi pensieri e si avviò ad aprire la porta e appena lo fece il mio cuore perse un battito.
 "Ehilà, cugina!" Andrian si presentò davanti a lei, sfatto.
Lissa era stupita e non capiva perché era in quelle condizioni, "Adrian, per l'amor del cielo. Cosa hai fatto? Sei in condizioni pessime." Lo fece entrare e accomodare nel divano che aveva in camera.
 "Vuoi un po' d'acqua?" Gli chiese gentile ma lui rifiutò. Puzzava di alcool e fumo e sia io che Lissa capimmo che esattamente come lei stava male per me, anche Adrian ne soffriva enormemente.
 "Lissa, dove sarà?" La sua voce era smorzata e rovesciò la testa all'indietro guardando il soffitto. Lissa si intristì capendo come si sentisse.
"Non lo so. Sono preoccupata anche io." Si sedette affianco a lui. "Non riescono a trovarla e non c'è giorno da quando se né andata che non mi chieda il perché lo abbia fatto. Perché non ha chiesto aiuto... perché..." Adrian le prese una mano, ma non c'era malizia in quel gesto. Solo consolazione.
 "Non lo so." Adrian sospirò. "Non ho neanche il coraggio di provare ad entrare nei suoi sogni, anche se lei stessa mi ha chiesto di non farlo io non voglio... se non ci riuscissi. Se scoprissi ciò che non vorrei..." Lissa gli strinse la mano.
 "Adrian, io vorrei andare a cercarla. Non riesci più a stare ferma... sapendo che se avessi smesso di usare lo spirito, se avessi cercato di aiutarla di più forse tutto questo non sarebbe successo." I loro occhi verdi si scontrarono e capirono entrambi le emozioni che provavano, la sofferenza e il sentirsi inutili in una situazione del genere.
 "Lo so, vorrei anche io. Ma dove potremmo andare? Cosa potremmo fare? Due Moroi, per giunta reali e senza la più pallida idea di come si faccia a combattere e con uno spirito che funge da vaso di pandora." Lissa d'un tratto capì come la sua idea di volermi salvare era totalmente priva di senso e l'avrebbe portata a cacciarsi solo nei guai e quasi non riuscì a non pianger e appoggiò la testa sui palmi delle mani piegandosi sulle ginocchia.
 "Sta bene, ne sono certa. Tornerà." Lissa cercò di convincere più se stessa che Adrian mentre inevitabilmente delle lacrime le uscirono copiose. Adrian dal canto suo si strusciò gli occhi, anch'essi lucidi. "Sì Lissa, starà bene."
 Ma entrambi sapevano che cercavano solo rifugio in quelle parole di consolazione.

Uscii dalla mente di Lissa con una tristezza imane e un magone al petto. Aver visto entrambi in quello stato mi aveva fatto molto male e dovevo almeno fargli sapere che ero viva e rassicurarli.
*
  Per il resto della notte pensai a come Adrian e Lissa dovevano soffrire e solo quasi all'alba riuscii a chiudere occhio per qualche ora e quando mi alzai il mattino dopo mi sentivo ancora un po' scossa ma decisa a scrivere una lettera a Lissa.
 Così mi vestii e mi diressi in cucina, dove un buon odore di carne arrosto mi inebriò le narici e risvegliò il mio lato da carnivora. 
Con lo sguardo cercai Mary e Robert ma non trovai nessuno in casa e vedendo la porta aperta uscii intenta a cercarli. 
Era una bellissima giornata, il cielo era coperto solo da qualche nuvola candida e il sole splendeva, l’aria era fresca e mi accorsi che il paesaggio era immerso dal bosco e in lontananza si stagliavano delle montagne, sentii il rumore dello scorrere del fiume dove sicuramente mi avevano trovata e non doveva essere lontano. 
  Per il resto la casetta era circondata da un orto e c’era parecchia vegetazione. 
Andai dietro la casa, trovando i due intenti a raccogliere qualche pomodoro e altre verdure, il primo a notarmi fu Robert che arricciò i baffi e si tirò su sistemandosi un cappello fatto di paglia. 
“Ben svegliata signorinella!” Trovai buffo come aveva preso a chiamarmi. 
   Subito anche Mary mi salutò chiedendomi se avevo dormito bene.
Rivelai a Mary la mia intenzione di scrivere la lettera e lei mi disse che era un’ottima idea per far sapere che stavo bene a chiunque la volessi inviare.
Li aiutai con le verdure da raccogliere e quasi ad ora di pranzo rientrammo e Mary mi porse dei fogli a righe e una penna, poi mi diede una busta e un francobollo mentre lei prendeva a tagliare e pulire le verdure che fece per condimento all'arrosto. 
 Io nello scrivere ero proprio impedita e ci pensai su dei buoni minuti e optai che essere sdolcinata o troppo descrittiva non era da me e tanto meno non era la mia priorità. Scrissi una lettera corta e rassicurai Lissa e Adrian dicendo che ero viva ma non sapevo se mai sarei tornata.
 Alla fine che avrei dovuto dirle? Era meglio se ero schietta e aggiunsi anche che se i guardiani mi stavano ancora cercando, di avvertirli che potevano anche terminare le loro ricerche.
  Dopodiché chiusi la lettera nella busta e attaccai il francobollo, scrivendo poi l’indirizzo della corte reale e il nome di Lissa. Alla fine avevo scritto poco più di una pagina, ma pensavo potesse bastare e mentre la penna scriveva la mia firma marcando il foglio con l’inchiostro nero, sapevo che nel giro di nemmeno due giorni da quando l'avrei spedita sarebbe stata recapitata. 
 Sospirai, appoggiando lettera sul tavolo e chiedendo a Mary se aveva bisogno di una mano, "Se vuoi puoi apparecchiare la tavola, io vado fuori ad aiutare Robert con la legna." Le chiesi se avesse voluto che andavo io, visto che sarebbe stato più semplice apparecchiare ma ovviamente mi disse che il lavoro pensante non lo faceva fare agli ospiti e uscì.
 Così iniziai ad apparecchiare mentre la mia mente corse a Dimitri, mi chiesi se credeva fossi morta o se mai si stesse solo minimamente preoccupando o interessando a me. Sicuramente nella sua mente pensava che ero stata un irresponsabile, un’immatura e sicuramente era furioso. Questo ne ero più che sicura. 
 Però, mi chiesi, se quello sguardo di preoccupazione che aveva prima che cadessi dal ponte, lo aveva ancora. 

Una mano mi si posò sulla spalla riportandomi alla realtà.
 “Sei preoccupata signorinella?” Robert mi guardò e sistemai le posate sorridendogli.
 “Bhe, si, un po’, a dirla tutta non so nemmeno dove mi trovo di preciso e se volessi andare da qualche parte non potrei. Non voglio essere di troppo.”
 Lui mi guardò e annuì,
“Sai, non devi pensare a queste cose. Parli come se non potessi più tornare a casa e ad ogni modo, non sei di troppo.” Mi guardò curioso e gentile. “Signorinella, sono certo che ti stanno cercando le persone a cui vuoi bene. I guardiani sono tipi tosti!” 
Ricambiai il suo sorriso e continuai il mio  lavoro mentre il telefono di casa squillò e Robert andò a rispondere al telefono e lo vidi sorridere deliziato. “Daniel! Come stai figlio mio?”
  Ripensando alle foto, ricordai che Daniel era il figlio che viaggiava, quello che avevo pensato somigliasse a Dimitri. 
Non seguii la conversazione facendomi gli affari miei e finii di apparecchiare.
 Vedendo che Mary non rientrava  mi preoccupai che avesse bisogno di una mano e andai ad aiutarla mentre dietro casa c'era un piccolo ripostiglio all'aperto dove era pieno di legna e la stava sistemando in pile da sei.
  "C'è sempre legna da sistemare! Robert ha sempre paura che non basti, ma quando mai la usiamo se non d'inverno!" borbottò uno 'stupido Robert' e iniziai ad aiutarla, finché dei passi svelti ci raggiunsero e vidi Robert entusiasta.
  "Mary, cara! Arriva Daniel!" Mary appoggiò la legna e sorrise felice di quella notizia.
"Finalmente quel mascalzone viene a trovarci!" disse chiedendo quando sarebbe arrivato e Robert disse che probabilmente entro sera massimo il giorno dopo sarebbe arrivato.
 "Se volete me ne vado, non voglio che abbiate troppe cose a cui pensare." Dissi, giustamente non avrei voluto essere di intralcio e se Mary e Robert volevano stare con loro figlio non sarei dovuta stare nel mezzo.
 "Ma cosa dici! Meglio, avremo più compagnia e avrai il piacere di conoscere uno dei miei figli!” Mi tranquillizzò Robert rincasando mentre fischiettava allegro.
  “Oggi faremo compere noi due.” Mi disse Mary molto felice e finimmo di sistemare la legna andando subito dopo a pranzare. 
*
Mi sentii coinvolta in quell'atmosfera allegra e mi trovai più felice di quello che mai avrei pensato e mentre pranzavamo entrambi mi raccontavano del figlio, di come da ragazzino spesso fantasticava di viaggiare nei paesi più sperduti e poveri del mondo, di conoscere nuovi posti e nuove culture e continuarono a parlarmene finché io e Mary non andammo in paese e allora iniziò a sparlarmi del panettiere, della fioraia e suo marito e anche del prete e dei pasticceri.
  In poco seppi che il panettiere era vedovo e aveva mandato avanti l’attività perché sua moglie amava il suo pane. Che la fioraia e il marito prima di stare assieme si odiavano, che i pasticceri in realtà, di sera, dirigevano un locale per adulti in una città vicina e che il prete anche se non evangelista aveva una moglie e un figlio, anch’esso parroco.
  Imbucai la lettera e sperai con tutto il cuore che la ricevessero il prima possibile.
Notai che le persone che mi vedevano assieme a Mary le chiedevano se magari ero una parente oppure una nipote che non conoscevano ancora. Ma lei diceva a tutti che ero semplicemente la figlia di un’amica e loro non aggiungevano altro facendomi i complimenti per il mio aspetto.
 Comprammo molta roba, tanto che pensavo dovevamo sfamare un esercito e Mary mi spiegò che sicuramente Daniel si sarebbe fermato per almeno un paio di settimane e che generalmente mangiava molto. 
  “Rose, vuoi comprare dei vestiti?” Mi chiese Mary, all’inizio declinai l’offerta dicendole che non volevo che spendesse soldi per me, ma lei mi trascinò in un negozio di abbigliamento dove comprai una paio di maglie e qualche pantalone, visto che quelli delle figlie mi stavano un po’ stretti. Comprai anche dell’intimo e in un market mi prese uno spazzolino da denti e una spazzola personale, dicendomi che le sembrava male se usava le sue. 
  Dopo passammo anche dalla fioraia dove lei prese un mazzo di margherite di campo, dicendo che erano i fiori preferiti del figlio e che gli faceva sempre piacere trovarne un mazzo al suo ritorno, ma stranamente prese anche delle rose rosse. 
  “Queste sono per te.” Mi disse. “Il tuo nome, Rose, e il tuo carattere e soprattutto i tuoi modi mi ricordano molto una rosa rossa! Delicata, gentile e bella. Ma che può far male se qualcuno la fa arrabbiare.” Mi disse sorridendo e fui sorpresa di sapere che alle persone davo questa impressione, ma soprattutto che lei pensasse queste cose quando non aveva mai visto il mio lato peggiore.
*
 Passammo quasi tutto il pomeriggio a giro per il paese dove mi fece anche vedere la piccola chiesa dove si erano sposati e la scuola elementare e media che i suoi figli avevano frequentato. 
Dopodiché tornammo a casa visto che Mary doveva cucinare un sacco di cose. 
 Arrivati nei dintorni della casa però mi sentii fissare ed ebbi l’impressione che qualcuno mi stesse spiando e mi voltai di scatto.
  Scrutai tra gli alberi ma non vidi nessuno. Subito mi venne da pensare che potessero essere dei guardiani, ma se lo fossero stati probabilmente non si sarebbero fatti problemi ad entrare in scena appena Mary si fosse allontanata di qualche metro da me. 
  “Tesoro, qualcosa non va?” Mary si voltò ma scossi la testa in cenno di negazione e lei entrò dentro casa e la seguii aiutandola con la spesa ma decisa ad uscire una volta finito per ispezionare l’area.
 Dissi a Mary che volevo fare un giro nei dintorni e tornai nel punto in cui mi ero sentita degli occhi addosso, ma non c’era tracce di nessuno.
 Che fosse stata una mia impressione?
Continuai a camminare e a guardare nei dintorni e quando fui sicura che era stata solo una mia impressione, tornai verso la casa.
  Ero vicina all’orto, quando improvvisamente sentii uno scricchiolio dietro di me e con velocità mi voltai in difesa.
 “Vieni fuori!” Il mio tono uscì minaccioso e forse un po’ troppo alto, sperai solo di non far preoccupare Mary e Robert, perché se fosse stato un nemico sarebbe stato meglio che loro restassero dentro e al sicuro.
 Vidi scattare un ombra da dietro un albero e in mosse veloci me lo ritrovai alle spalle.
 “Sei veloce, ma non abbastanza!” sferrai un calcio volante, colpendolo al pari del torace e sentii una chiara voce maschile uscire dalle sue labbra in un verso di dolore. Nel momento che si piegò per toccarsi il punto dove lo avevo colpito gli saltai a dosso, pronta a sferrargli un pungo nel naso.
 “Non sono un nemico!” Mi fermai per un pelo dal suo setto nasale, la mia mano a bloccarlo a terra e il suo viso misto tra paura e sconcerto. Lo riconobbi, era il ragazzo delle foto di Mary. Riccioli castani e voluminosi, muscoli tonici e occhi dorati.
 “Rose! Cosa fai?” Guardai alla mia destra, Mary aveva le mani sulla bocca e Bob aveva un viso preoccupato e quando capii cosa era successo mi alzai subito da lui.
 “Oddio, scusami.” Lo aiutai a tirarsi su e Mary lo abbracciò subito. “Perdonatemi, pensavo fosse un nemico. Mi sono sentita spiata… volevo essere certa non ci fossero pericoli.” Mary mi sorrise e accettò le mie scuse mentre anche Daniel si scusava di avermi spiata e non essere uscito subito allo scoperto.
Li guardai; Robert rideva e diceva che per fortuna nessuno si era fatto male. Mary fece una breve presentazione tra me e suo figlio Daniel che ancora un po’ preoccupato mi tese una mano che afferrai con piacere sentendo un calore piacevole.
 “Piacere, io sono Daniel.” Mi sorrise, scusandosi ancora.
“Mi spiace di esserti saltata addosso, l’istinto…”
 Stranamente, anche lui scoppiò a ridere e quella risata mi fece star tranquilla.
   Anche se in maniere poco gentili, avevo conosciuto Daniel.
 *




N.d.a:  Ta daaan, con un giorno di ritardo ecco il quinto capitolo! E con questo ecco anche Daniel! :D Spero che la sua presenza non sia di troppo per i miei lettori e possa piacere! Sarà un punto importante nella mia fan fiction e aiuterà molto Rose nei suoi problemi e la aiuterà per il suo futuro. Con questo vi lascio e ringrazio tantissimo la mia fidata lettrice: Dayafterday  che recensisce tutti i miei capitoli! :D Con questo ringrazio anche chi mi ha messo tra i preferiti, seguiti e ricordati. Un bacio a tutti e a presto!
YK91

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Capitolo 6
*** Daniel. ***


Daniel.


Deglutii un po’ nervosamente, mentre Mary apparecchiava la tavola. Ancora mi sentivo un po’ in imbarazzo per averlo attaccato.
  Daniel era alto più o meno una spanna più di me. Aveva un fisico palestrato e una carnagione abbronzata. Portava dei Jeans chiari e una camicia da boscaiolo aperta ai primi due bottoni e con le maniche arrotolate fino ai gomiti.
 Detto sinceramente era veramente un bellissimo ragazzo.
Mi guardò negli occhi e mi sorrise, aveva lo stesso sorriso gentile di sua madre e con leggerezza sistemò i fiori che sua madre gli aveva preso.
 “Sei abile, hai qualche marchio?” Daniel mi spiazzò con quella domanda, e capii che si riferiva ai tatuaggi dietro la nuca.
 “Sì, certo. E tu?” Anche lui era un dhampir, ma stranamente non mi pareva di avergli visto nessun marchio.
  “No, nessuno. Mia madre ci ha tenuto lontano da quel mondo, io e i miei fratelli abbiamo vissuto normalmente, come semplici umani.”
 Rimasi stupita e Mary mi spiegò che essendosi allontanati dal mondo dei moroi e in generale anche dalle tradizioni, avevano stabilito già dalla nascita di Andrew che avrebbero vissuto come umani.
  “Perché anche le rose? Lo sai che mi piacciono solo le margherite.” Daniel si era stupito di trovare quei fiori in più e Mary gli rispose.
 “Sì, lo so. Ma le rose sono per la nostra ospite.” 
“Rose, giusto?” Annuii, “Come mai sei qui? Qualche missione?”
  “No, sono qui per… caso.” Dissi, cercando di andare sul vago. Non volevo raccontare cosa era successo realmente, e dissi le solite cose che avevo detto a Mary e per l’appunto lei mi disse che dopo avremmo dovuto disinfettare di nuovo la ferita. 
  Mentre aspettammo la cena, Daniel mi squadrò per parecchio tempo e quando gli dissi se qualcosa non andava mi chiese se i vestiti che avevo erano delle sue sorelle, gli risposi di si e lo vidi aggrottare la fronte.
 Cenammo in tranquillità, ascoltando Daniel e le sue avventure in giro per il mondo, era stato in Italia nell’ultimo viaggio, ma aveva fatto delle brevi soste a New York, e Spagna prima di arrivare nella terra dell’arte. 
 “Perciò da dove vieni?” Mi chiese Daniel.
“Vengo dalla Pennsylvania.” Risposi e lui sgranò gli occhi. 
 “Cavolo e come sei arrivata fin qui a Nine Mile Falls?” Non risposi, anche perché non volevo raccontare di aver dovuto lasciare la mia protetta per una questione di amore e ‘spirito’.
   Mary vide il mio disagio e disse che avevo avuto qualche problema e lo incoraggiò a mostrarci i suoi souvenir per sviare l’argomento ma lui non parve convinto.
  Fece vedere molte foto delle regioni che aveva visitato, di Roma e del suo Colosseo poi di Firenze e dell’arte delle bellissime chiese, del campanile di Giotto e del Duomo. Di Venezia e di come era fatta, piena di canali e gondole e anche di Milano, del Duomo fatto a guglie e poi anche del bellissimo mare che dice aveva fotografato al sud e della neve perenne, come aveva detto lui, che al nord restava tutto l’anno su alcune montagne.
  Aveva portato anche collane, bracciali e un sacco di modellini che rappresentavano il Colosseo di Roma, la torre di Pisa, i Trulli della Puglia, il ponte dei Sospiri di Venezia e alcune piccole gondole colorate. 
 Erano tutti souvenir deliziosi che mi fecero brillare gli occhi. 
  Nel vedere il mio stupore, Daniel mi diede una collana in conchiglia che rappresentava la forma a stivale dell’Italia.
  “Prendila, puoi tenerla.” Mi sorrise, molto più gentile di prima. 
Guardai Mary e Robert “Non guardare noi, puoi tenerla, per una collana non ci dispiace mica. E poi ci fa piacere se avrai un ricordo di noi e di Daniel.” Disse Robert sorridendo. 
   “Esatto, noi abbiamo molti souvenir e anche le foto. Prendila senza problemi e poi è un regalo che vuole fare a te.” Mi sorrise dolce Mary.
Abbassai lo sguardo e guardando la collana e loro, potei dire di sentirmi bene.
 “Rose, qualcosa non va?” Disse Bob e scossi la testa sorridendo.
“No, va tutto bene. Davvero.” Sorrisi, facendo capire loro che era stato per il gesto e per tanta ospitalità e che per quanto strano mi sentivo bene con loro.
  Mary mi disse che per loro era naturale trattarmi così e spezzò quel momento ricordando a tutti che lei doveva sparecchiare e Daniel andò a sistemare le sue cose al piano di sopra.
  Mentre aiutavo Mary mi chiesi se Daniel e anche Robert e Mary avessero qualche conoscenza nel mondo dei vampiri o avevano chiuso tutti i ponti.
  “Cara, qualcosa ti turba? È da prima che mi sembri pensierosa.” Mi chiese guardandomi e mi ritrovai anche Robert che mi fissava.
  “Ecco, a dirla tutta sì.” Non nascosi la mia preoccupazione. “Non voglio più mentirvi..”
Li guardai entrambi e mi sorrisero.
 “Puoi raccontarci tutto, stai certa che non ti succederà niente.” Disse Robert prendendo una scatolina che teneva accanto alla televisione ed estraendone una pipa che si accese.
 “Non voglio che a causa mia dovete passare guai. Nel caso i guardiani mi trovassero e vi facessero delle domande o cose simili... Visto che vi siete allontanati da quel mondo, non voglio farvi avere rapporti ravvicinati con loro o altro.” Mi toccai i miei tatuaggi istintivamente. “Anche se me ne sono andata, ero la guardiana della mia migliore amica e… lei è una Dragomir, ultima della sua stirpe e ora si trova alla corte reale, ma non riuscivo più a stare li per tante cose e ho deciso di fuggire.” Ormai non me la sentii più di nascondergli la verità, non dopo tutto quello che avevano fatto per me.
  Li vidi entrambi sgranare gli occhi.
 “Oh santo cielo.” Disse Mary. “Ma perché mai avresti dovuto farlo?” Domandò Mary, capendo quanto fosse grave quello che avevo fatto, soprattutto capendo di chi ero la guardia del corpo. Di una reale, dell’ultima dei Dragomir e che prima di scappare ero una guardia reale.
  “Ovvio, perché ha capito che è una vita in galera. Proprio come avete scelto voi quando decideste di venire a vivere qui per creare la vostra famiglia.” Mi voltai alle parole che Daniel aveva pronunciato entrando in cucina. 
  Robert si alzò venendomi vicino e boccheggiando la pipa, l’odore acre del tabacco riempiva la stanza.
 “Rose, lo sai vero che il tuo è quasi un reato, vero?” Annuii, sapendo che le fughe non erano ammesse nel mondo dei guardiani.
“ Io ormai mi ritengo solo un semplice umano da quando ho conosciuto Mary.” Iniziò. “Sai signorinella, ai miei tempi era tutto più duro e quando io iniziai a frequentare la scuola ci insegnarono regole dure e ancora di più lo erano per i guardiani. Io e Mary ci siamo conosciuti nella nostra scuola, lei doveva diventare una guardiana e invece io non sono mai stato capace di essere un bravo Moroi."  I loro sguardi si incontrarono e capii che sicuramente non era stato facile.
"E cos', quando lei si ritirò per la gravidanza e non finì la scuola, io la seguii. Entrambi ci macchiammo di vergogna, ma più di tutte lei. Già puoi immaginare come è stata definita e a quei tempi, un guardiano che non rispettava i suoi doveri, non era considerato nemmeno degno di parlare.”  I loro sguardi si incontrarono e capii che sicuramente non era stato facile. Poi finalmente, tutto mi parve più chiaro.
  “Robert, tu quanti anni avevi quando siete venuti a vivere da soli?” Robert mi guardò e capì sorridendomi. “Io avevo ventidue anni. Mentre lei quindici.”
Non mi sembrava vero. Esattamente come me e Dimitri. Tra di loro passavano sette anni di differenza e lei era ancora più piccola di me quando si erano innamorati. 
   Ed ora capivo perché da subito Robert mi era parso più anziano di lei. E anche perché Mary quando mi parlò del crescere, aveva parlato soprattutto di lei. 
   Guardai Robert che continuò il suo racconto, “Alla fine, dopo quasi un anno che io e Mary stavamo assieme, mi decisi a mollare tutto per dedicarmi a lei. Perché l’amavo come la amo tutt’ora. Ma non puoi immaginare a quante cose andai in contro all’epoca. Disonore, tradimento e se non fosse stato che il mio ex guardiano non era il mio migliore amico, probabilmente avrei passato anche molti guai con la legge.” Rivelò sospirando. “Per questo, dovetti praticamente scappare con lei in questo piccolo paese di montagna e stare il più lontano possibile dalla civiltà.”
 Li guardai e capii. “Adesso tutto mi è chiaro. Mi dispiace, davvero tanto. Non voglio portarvi problemi.”
 Li guardai e Robert mi mise una mano sulla spalla. “Stai tranquilla, tutto si risolverà. Qui sarai al sicuro."
  “Rose hai fatto bene a dircelo,  adesso sappiamo la verità. E possiamo aiutarti a rimanere qui se tu lo vuoi.”
Rimanere, lì? 
  “Oh no, appena possibile me ne andrò.” Dissi e loro si rattristarono un po’.
 “Se non sai dove andare o cosa fare puoi rimanere qui. Non voglio costringerti a rimanere con noi, ma anche in paese le persone sono gentili.” Disse Mary.
 “Vi ringrazio... La decisione è dura, ma non so realmente cosa è meglio per me. Purtroppo ci sono tanti problemi nella mia vita oltre l’essere un guardiano.”
 Non potei spiegare dello spirito e della tenebra, ma nessuno mi domandò altro ma li ringraziai per tutto quello che facevano per me.
 Daniel però, lo vidi irrigidirsi e poi sbottò, “Rose, siamo tutte persone e dobbiamo avere il diritto di scegliere per la vostra vita! Se vuoi vivere la tua vita qui o in altri posti devi farlo. Guardiani, Moroi o altro non ha importanza! L’importante è essere felici.”
 Mai come in quel momento Daniel mi ricordò Dimitri. Aveva gli stessi lineamenti, gli stessi occhi che traspiravano emozioni da tutti i pori e la stessa espressione seria e piena di giustizia e lo continuai a guardare, sentendo che quasi mi faceva male quella sua somiglianza a Dimitri.
   “Rose, non permetterò loro di levarti la libertà di vivere. Se verranno a riprenderti li manderemo via. Se te ne sei andata un motivo c’è e nessuno può costringerti a fare cose che non vuoi.” Mi guardò con uno sguardo penetrante e deciso, tanto che non riuscii a dire nulla anche se dentro di me avrei voluto dirgli che non era per la libertà di vita, bensì per altri problemi più orribili che me ne ero andata. E per la mia follia e la mia tenebra, che per colpa del legame mio e di Lissa spesso mi sentivo in gabbia e mi trovavo ad avere emozioni del tutto innaturali e anche orribili. Ma questo, per quanto mi fidassi, non avrei mai potuto dirlo. 
  “Daniel, apprezzo quello che hai detto e sarei realmente felice di rimanere qui, finché mi è concesso e finché non troverò un posto più adeguato. Anche se è poco che sto qui con voi, posso dire di sentirmi a casa.”  Mi spuntò solo un sorriso sincero che fu ricambiato.
“È molto bello quello che hai detto Rose.” Mi disse Mary sorridendomi e non aggiungemmo altro a quel discorso.
*
  Mi sedetti di nuovo sentendo le parole di Robert che diceva come il futuro riservava un sacco di sorprese a tutti e ognuno di noi nella propria vita sbagliava, si pentiva e poi trovava la sua strada e come lui aveva deciso di mettere su questa famiglia e Daniel aveva scelto di viaggiare, io avrei trovato la mia via. 
 Mary finì di mettere apposto le stoviglie e come anche la sera precedente mi disse di avviarmi in camera per la medicazione. 
  Mi sedetti sul letto, pensando a tutto quello che era successo in quei due giorni. A mio parere anche troppe cose. In quel momento tutti i miei pensieri erano concentrati su Lissa, come quasi ogni volta che avevo tempo per pensare.
 Oggi avrei voluto entrare nella sua mente, ma lei mi bloccava con il suo spirito e stranamente mi montava una rabbia incredibile. 
  Strinsi i denti e i pugni, arrabbiata più che mai. Perché Lissa non mi faceva entrare nella sua testa? Perché non mi lasciava entrare nei suoi pensieri!?
  Presi lo specchio sul comodino e levai il bendaggio anche con troppa veemenza facendomi male e strappando alcuni punti che Mary mi aveva fatto i giorni precedenti e mi usci un ringhio.
 Serrai i denti nel vedere che i tagli non erano migliorati ma sembravano alquanto peggiorati. Le ferite si erano riaperte e non emanava un odore gradevole.
  “Cavolo, hai proprio una brutta ferita.”
Sobbalzai infastidita guardando Daniel allo stipite della porta che mi osservava. Ancora mi chiedevo come poteva essere così silenzioso e potesse sorprendermi.
  “Già.” Mi limitai a rispondere arrabbiata e capii che Lissa doveva aver usato lo spirito in questi giorni perché la mia rabbia era ingiustificata e tentai di calmarmi, prima di fare una sfuriata ed essere presa per pazza, cosa che già ero.
 Lo vidi avvicinarsi e sedersi di fronte a me spostando la sedia.
  “Dai, fammi vedere.” Mi disse spostandomi il viso con una mano e scostandomi i capelli dietro l’orecchio con l’altra. “Hai una brutta infezione. Sai io ne ho avute parecchie, nei viaggi che faccio spesso e volentieri mi taglio e mi trovo in posti privi di ospedali e me la devo cavare con quello che mi porto dietro.” Mi spiegò mostrandomi una cicatrice che aveva sull'avambraccio. 
  “Deve aver fatto male.” Gli dissi apatica e lo vidi alzare un sopracciglio per il mio tono ma lui fece un sorrisetto beffardo. “Si, un bel po’. Ero in Congo mi stavo arrampicando su un albero per orientarmi meglio, quando mi sono ritrovato faccia a faccia con un babbuino. E non è stato un incontro piacevole.” Sorrise. “Ho fatto quasi quattro metri strusciando sulla corteccia di quell’albero e non cadendo su un materasso.” sorrisi immaginando la scena
  Prese il kit di sua madre, dicendomi che se la cavava molto bene. Ormai, pensai che fosse una cosa di famiglia.
 “Come te lo sei fatta?” Mi chiese, cercando di tenermi distratta nel vedere che soffrivo un po’ mentre mi disinfettava. 
 “Uno strigoi.” Dissi pacata. “Mi ha colta di sorpresa, ma dopo gli ho spezzato un polso ed è affogato. Sono stata fortunata ad essere trovata da tuo padre, ci sarei potuta rimanere pure io.”
  Lui finì di tamponarmi la ferita e prese una crema dalla cassetta.  “Brucerà un po’, ma almeno non farà aumentare l’infezione.”
Bruciò parecchio e per non sentire troppo male mi concentrai su di lui e trovai il suo sguardo magnetico ma sorrisi.
 “Rose, di un po’, per caso sei innamorata di qualcuno?” Quelle parole mi presero all’improvviso e rimasi basita.
 “Perché lo vuoi sapere?” Lui mi guardò e sorrise.
“Era solo una domanda, ma se ti agiti allora vuol dire che ho indovinato!?” Lui sorrise quasi vittorioso ma non capii se la sua era un affermazione o una domanda.
  “Si, diciamo. Ma è complicato… a dire il vero non so nemmeno più se sono innamorata o meno.”
Daniel mi guardò con l’aria aggrottata, “Che vuol dire che non lo sai? Se una persona la ami lo sai e basta. Non conta cosa succede, se è amore lo è sempre.”
  Lo guardai, il suo sguardo era penetrante e la sua espressione seria mi ricordava tanto quella di Dimitri.
  “Hai ragione.. ma vedi, quando ti senti dire dalla persona che ami che i suoi sentimenti non sono più uguali e che sono cambiati.. bisogna accettarlo.” Guardai verso lo specchio che avevo sul comodino, vedendo la mia immagine riflessa. L’abatjour illuminava la stanza di un giallo tenue  e le mani di Daniel mi accarezzavano la pelle in movimenti decisi.
  “Ho capito.” Lui non aggiunse altro continuando a fare il suo lavoro.
“Se fossi stata più delicata non ti saresti levata la sutura. Adesso cercherò di bendarti per bene.” La sua voce sembrava quasi un rimprovero.
 “Non ci insegnano ad essere propriamente delicati nelle accademie.” Feci un mezzo sorriso, poi lo vidi armeggiare con le forbici e le bende.
 “Quanti anni ha, lui?” Non mi guardò, ma intesi che si riferiva a Dimitri.
“Ne ha venticinque.” Lo vidi fermarsi e parve stupito. “Lo so, esattamente come tuo padre e tua madre. Ma penso che la situazione è totalmente differente.”
 “Sarà, ma se lui ti ha detto di amarti, non capisco a quell’età come abbia fatto già a cambiare idea. Probabilmente ti ha presa in giro da subito. Io ne ho ventiquattro, ma so esattamente cosa voglio.”
 Ovviamente Daniel non poteva sapere cosa era successo e non glielo avrei raccontato. Mi limitai a sospirare ed alzare le spalle, pensando anche a Adrian, che teoricamente era i mio attuale ‘fidanzato’ anche se a dire il vero non so nemmeno più se sono innamorata o meno.
“Sai, io a vent’anni feci il mio primo viaggio. Andai in Brasile.” Sorrise finendo di bendarmi e sistemandosi sulla sedia per continuare a raccontare. “Me lo ricordo ancora, mi tremavano le gambe una volta salito in aereo, non sapevo cosa aspettarmi e chi o cosa avrei incontrato. E se penso che tu, a diciotto anni hai già ucciso mi fai sentire inferiore.”
  Io risi e vidi il suo sguardo brillare, anche se non capii perché. “Se è per quello, il mio primo strigoi l’ho fatto fuori che nemmeno ero maggiorenne e tantomeno ero pronta a farlo. Ma stai sicuro che quando ti ritrovi in situazioni di vita o di morte non conta l’età, importa la vita. Tua e di chi ti sta vicino.”
 Lo vidi interessato alle mie parole e gli spiegai che se sapevo badare a me stessa era solo merito del mio mentore, ovvero Dimitri. L’uomo che amavo.
   “Nella mia accademia Dimitri veniva chiamato Dio. E non hanno mai avuto tutti i torti, chi lo vede all’azione pensa la solita cosa. Ed ho imparato che non bisogna più esitare davanti agli Strigoi grazie a lui.” Gli spiegai.
  Mi alzai finendo di dirgli che però era tutto passato, perché adesso la mia ‘storia d’amore’ era conclusa e volevo rifarmi una vita lontano da lui e dalla mia vecchia vita.
 Lui rimise a posto i bendaggi ed io mi fermai allo stipite e girai la testa sulla spalla guardandolo.
  “Daniel.” Lui si volto. “Grazie per il bendaggio.” Gli sorrisi e lui contraccambiò. 
“Figurati. Al tuo servizio!” Scherzò, seguendomi poi in cucina dove Robert si era addormentato di nuovo sulla poltrona, ma stavolta con la tv accesa. 
Mi stiracchiai, pensando che era stata una giornata particolare e iniziavo a sentire la stanchezza ma non solo, capii che anche Lissa era stanca perché le barriere che si era imposta per non farmi entrare nella sua testa stavano cedendo.
  “Vuoi qualcosa, Rose?” Mi chiese Daniel appoggiandosi con un fianco alla cucina ma io volevo solo ritirarmi per entrare nella testa di Lissa.
  “No, grazie. Penso che mi limiterò ad andare a letto visto che mi bruciano gli occhi da un po’.” 
Lui si avvicinò premuroso, “C’è qualcosa che posso fare per te?” 
Da quando era aveva saputo della mia storia di guardiana lo avevo visto più gentile e quasi apprensivo.
 “No Daniel grazie davvero ma ho solo bisogno di riposare. Puoi dire tu a Mary che sono andata a letto?” Lui annuì e lo ringraziai.
 “Buonanotte Daniel.” Dissi prima di avviarmi in camera.
“Rose?” Mi voltai, “Sì?”
Aprì la bocca ma non disse le parole che avrebbe voluto. “Niente, buonanotte.” Sorrise.
   Ricambiai e convinta che mi nascondeva qualcosa mi chiusi in camera, mettendomi il pigiama e infilandomi nel letto.
  Lentamente e con mia grande sorpresa mi trovai ad osservare una stanza bianca con un quadro raffigurante un campo di fiori gialli.
*


N.d.a:  Ed eccoci al sesto capitolo! So che è più lunghino e spero non annoi, Daniel da adesso farà parte di questa fanfiction e ben presto scoprirete tante cose di lui! Ringrazio sempre chi mi segue e per qualsiasi domanda non esitate a chiedere! Alla prossima, 
YK91!

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Capitolo 7
*** Contatto. ***


Contatto.


  Non mi resi subito conto di essere finita nella mente di Lissa, inizialmente scossi la testa ma quando sentii la sua voce fui realmente sicura di essere dentro di lei ed ero felice di sapere che stava bene, anche se solo fisicamente, perché mentalmente soffriva.
 Soffriva per me.
   “Principessa, non dovrebbe stare così.” Albert, il guardiano che aveva provato a riprendermi dal fiume, le si sedette accanto.
L’ambiente era caldo e accogliente e riconobbi uno dei tanti salottini della corte. Il divano dove sedevano aveva una coperta spessa e blu con ornamenti dorati.
  “L’avete trovata?” La sua voce era preoccupata e gentile, guardava Albert speranzosa ma le sfuggì una lacrima quando la vide scuotere la testa in cenno negativo.  
 “Se Rose non ce l’avesse fatta, se fosse…” Le sfuggi un singhiozzo e si coprì il volto con le mani. 
   “Sono certo che sia viva. Parliamo di Rosemarie, non di una qualsiasi ragazza.” Cercò di confortarla almeno un po’ e Lissa, anche se leggermente, riuscì a convincersi che probabilmente aveva ragione ma le lacrime non si fermarono ancora.

Dal nostro legame percepivo che lei sapeva che ero viva, ma aveva paura che fossi ferita e che avessi bisogno di aiuto. E aveva timore che ce l’avessi con lei. Si sentiva colpevole per quello che era successo.
 “Voglio venire con voi a cercarla!”  Intimò dopo un attimo. Albert stava per ribattere ma Lissa non gli diede il tempo. “Pensateci, se Rose fosse gravemente ferita o non riuscisse a muoversi perché sta male!? Se venissi con voi la potrei curare subito!” Guardò Albert, poi l’altro guardiano che riconobbi come Serena, la guardiana di Lissa e poi Dimitri, il quale non avevo visto perché lei non aveva guardato nella sua direzione e mi fece mancare un battito, oltre a sentire malinconica.
  Se ne stava sulla porta pensieroso e poi si avvicinò a Lissa. 
 “Non sarebbe una buona idea, ci sono un sacco di strigoi fuori dalla corte e non possiamo permetterci di mettere a repentaglio la tua vita.” Affermò Dimitri guardandola dall’altro con comprensione. 
  “Rose è la mia migliore amica e la mia guardiana. Io non voglio che per colpa mia le deve succedere qualcosa. Adesso lei è la fuori chissà dove e potrebbe essere ferita o chissà… magari anche peggio! E tutto questo è perché nessuno è mai riuscito a capirla davvero. Perché oltre a me sono poche le persone che sanno realmente come si sente.”
  Gli sguardi dei guardiani erano stupiti e anche io fui presa alla sprovvista. Le sue parole erano cariche di furia, ma non una furia cattiva bensì di qualcosa di più profondo. Sentiva dentro di se che tutto ciò che era successo, il ritorno di Dimitri, la trasformazione da strigoi a umano, l’evasione di Victor e ciò che era successo prima della mia fuga era successo perché ero stata io a volerlo. E se non fosse stato per me, Dimitri non sarebbe tornato umano ma nessuno mi aveva mai ringraziata, bensì ero anche stata rinnegata da Dimitri stesso. Sentendomi dire che non mi amava più.
 “Io sono stata stupida. Se Dimitri è di nuovo con noi, se io ho scoperto questo nuovo potere è solo merito suo. Lei con la sua determinazione e con la sua volontà di voler riuscire a salvare qualcuno che amava è riuscita in tutto questo. La sua cocciutaggine ha permesso questo… miracolo” Le sua parole sembravano aver effetto su i due guardiani e Dimitri aveva uno sguardo quasi perso, come se in parte si sentisse in colpa. 
 “Lissa, Rose non è tipa da farsi sconfiggere così facilmente e sono certo che sta bene.” Disse Dimitri guardandola, ma i suoi occhi erano chissà in quali pensieri.
  “Belikov ha ragione, non devi preoccuparti e non c’è ragione che tu venga con noi. Se poi dovesse capitarti qualcosa sarebbe peggio.” Le disse Albert e lei sospirò annuendo, ma pensando tutto il contrario.
  “Appena avrete qualche notizia me la direte, vero?” Chiese e Serena annuì. “Certamente.”
 I due guardiani le dissero che uscivano per fare qualche ricerca al buio e che la lasciarono con Dimitri e un altro guardiano.
  Disse ai due che si sarebbe messa un po’ sul letto e subito dopo avrebbe mangiato qualcosa. 
“Oh Rose…” Sospirò andando alla finestra. La sua camera si affacciò sui giardini della corte, che riconobbi. “Dove sei?”
  Concluse la frase sapendo che nessuno le avrebbe risposto e per un attimo le brillò in mente di scappare e venire a cercarmi, ma represse subito l’idea pensando che se non mi avevano trovato i guardiani, non ce l’avrebbe mai fatta da sola.
 Si sdraiò sul letto e la sua mente iniziò a vagare pensando a uno e più motivi sul perché me ne ero andata senza motivo. Ripensò anche alla chiacchierata che aveva fatto con Adrian il pomeriggio prima e al fatto che lui per quanto era preoccupato non le aveva rivelato niente oltre all’averle detto che doveva stare tranquilla perché sarei tornata. O almeno era quello che io avevo detto a lui.
  Provai una morsa al cuore, sia per lei che per Adrian. Nel pomeriggio mi ero dimenticata di chiamarlo e di fargli sapere che stavo bene, ero certa che però si sarebbe fatto vivo in sogno se non lo avessi cercato e mi chiesi se sapesse quello che mi era successo. Ripensando anche allo sguardo di Dimitri, probabilmente anche se non mi amava più era sicuramente preoccupato.
*
Mi scossi con veemenza capendo di essere nella ‘mia’ stanza. Accesi la piccola abatjour illuminando quel tanto che bastava la stanza. 
 Io e Lissa sentivamo le stesse emozioni l’una per l’altra. Lei mi mancava terribilmente e quasi mi venne voglia di tornare a corte da lei ma non potevo o sarei fuggita invano, dovevo lasciarla vivere per conto suo: con la sua magia e senza la mia follia.
   Guardai la piccola sveglia in plastica che avevo sul comodino, non era passato molto tempo da quando ero entrata nella testa di Lissa, si e no una mezz’ora.
 Mi rimisi sotto le coperte, anche se sapevo che non avrei preso subito sonno. La mia mente pensò a Adrian, immaginai come potesse stare e cosa pensasse, se aveva ripreso a bere o si stava ancora trattenendo.
   “Accidenti.” Mi alzai dal letto non riuscendo a rilassarmi e vedendo la luce ancora accesa in cucina, uscii di camera vedendo che Mary stava cucendo un paio di pantaloni. 
  “Rose, cara.” Si levo gli occhiali che usava per vedere da vicino e mi sorrise fermando il suo lavoro. Mi sedetti accanto a lei. “Pensavo che dormissi ormai.”
 “Già, anche io. Ma non sono riuscita a prendere sonno.”
Annuì, “Vuoi un po’ di camomilla? Ne ho fatta un po’ prima. È ancora tiepida.” Posò i pantaloni sul tavolo.
 “Volentieri, grazie.” Si alzò dolcemente, facendo piccoli passi leggeri fino alla cucina dove mi versò una tazza di infuso e prese anche qualche biscotto che sgranocchiò mentre continuava il suo lavoro e notai che erano gli stessi pantaloni che aveva Daniel quel giorno.  
 “Sono di Daniel?” Chiesi dando la prima sorsata e annuì.
 “Mio figlio sarà cresciuto, ma non cambia mai in fatto di disastri.” Commentò. “Non riesce a non strapparsi gli indumenti e quando torna glieli devo sempre rattoppare.” Fece un finto broncio e continuò a mangiare altri biscotti.
Passarono dei buoni minuti e mangiai anche io con lei qualche biscotto. Erano friabili e si scioglievano in bocca, capii che erano stati fatti in casa e gli feci i complimenti facendola arrossire e poco dopo mi parlò ancora di suo figlio.
 “Sai, mi dispiace che Daniel abbia un po’ un caratteraccio. Vi conoscete a malapena e si è comportato un po’ male. Scusalo.” Mi guardò.
 “Ha un bel caratterino.” Le dissi. “Ma è un bravo ragazzo, davvero. È stato gentile quando mi ha disinfettato la guancia ed abbiamo parlato un po’.” La guardai e le brillò il viso.
 “Sono certa che se imparerete a conoscervi, probabilmente instaurerete un rapporto migliore.” Mi sorrise come sempre ed io annuii sentendo i nervi di poco prima rilassarsi. La camomilla aveva fatto un po’ effetto.
 “Sarà meglio che torno a letto.” Lei si alzò e mise il bicchiere nel lavabo sciacquandoli.  
“Va bene cara. Allora a domani, buonanotte.” Mi disse chiedendomi se il mattino dopo avrei voluto essere svegliata, le dissi che mi avrebbe fatto piacere visto che volevo allenarmi un po’. Non avrei voluto rimanere fuori allenamento visto che comunque ero senza paletto e in un posto sconosciuto. 
 “Allora  buonanotte.” Entrai in camera chiudendomi la porta alle spalle, mi rimisi a letto e appena toccai il cuscino mi addormentai.
*
Il mattino dopo Mary mi svegliò verso le dieci, mi alzai con la guancia dolorante e una chiazza di sangue sul cuscino. I punti dove la sera prima me lo ero strappato avevano ceduto.
  “Mary mi dispiace.” Dissi mortificata. Probabilmente nel sonno mi ero anche mossa più del dovuto. 
 “Ma no Tesoro, non è colpa tua.” Mi disinfettò pulendo il sangue che si era rappreso sulla pelle. “Devo rifarti la sutura.” 
La guardai e lei però sembrò titubante. “Per me non ci sono problemi, davvero.” Le sorrisi.
 “Va bene, allora vestiti, vado a prendere l’ago e il filo..” 
Feci come mi venne detto e mi distesi poi sul letto, girando la guancia così che avesse potuto fare il suo lavoro.
 “Rose, mi dispiace se sentirai un po’ male.” Mi disse quasi mortificata, come se fosse colpa sua.
“Non preoccuparti. Sono abituata a cose peggiori.” Le sorrisi mentre si disinfettava le mani e prendeva da una cassetta bianca delle emergenze il filo sterile e l’apposito ago per le suture. 
 Sentii dei passi e poi a seguire la voce di Robert “Mary? Sei in casa?” Lei continuò a preparare le sue cose. “Si Bob, sto facendo una sutura a Rose.” Un rumore ti sacchetti di plastica arrivò dalla cucina e i passi di Robert e Daniel arrivarono fin in camera.
  “Oh per bacco. Sbaglio o era migliorata la tua guancia.” Mary iniziò a ricucire il primo taglio sotto l’occhio e lo chiusi per il fastidio. 
 “Stanotte Rose deve essersi mossa e la ferita si è riaperta. Le ho detto che era meglio dargli qualche punto o non si sarebbe più richiusa facendo peggio.” Robert rispose con un affermazione e andò nell’orto, mentre Daniel si sedette vicino a me. 
 “Scusa, ieri sera avrei dovuto rifartela io per bene.” Mi disse, ma gli risposi che non doveva scusarsi cercando di non muovermi.
 Il tutto durò più o meno un quarto d’ora. Mary mi aveva messo anche un unguento e rifatto il bendaggio dicendomi di tenerlo per almeno un paio di giorni  
Mi sentivo la guancia tirare, ma ricordai che sarebbe stato meglio allenarmi un po’, sia per distrarmi dal lieve dolore misto a fastidio che sentivo per i punti e poi mi sarei tenuta in allenamento.  
Andai fuori e trovai un angolino dove mettere per terra il telo che Mary mi aveva dato dicendo che potevo usarlo invece di stare per terra e sporcarmi. 
Cominciai con il solito riscaldamento stirando i muscoli e riscaldandomi un po’. Non corsi, ma feci parecchie flessioni, addominali e esercizi per sforzare i muscoli. 
Passai una buona ora ad allenarmi, quando sentii dei passi e mi voltai vedendo Daniel che mi sorrise. 
 “In teoria dopo aver messo i punti bisognerebbe stare tranquilli, sai?” Scherzò e io mi sedetti asciugandomi il sudore con un asciugamano.
  “Già, ma questo lo fanno le persone normali, non io.” Gli risposi. 
 “Sono venuto a chiamarti perché è pronto il pranzo.” Mi tese una mano e la afferrai alzandomi. “Grazie.” Spolverai il telo e lo ripiegai. “Ti alleni parecchio Rose.” Affermò 
  “Non c’è male. Normalmente passo mattinate o pomeriggi ad allenarmi, dipende dalle giornate” Gli dissi vedendolo stupito.
 “Cavolo. Non mi sono mai allenato così intensamente.” Mi rivelò ed entrammo in casa dove un profumo di pesce alla griglia mi fece venire l’acquolina in bocca.
  “Penso che nessuno si alleni tanto, sai è una cosa da guardiani. Fin dalle elementari ci insegnano ad allenarci e con l’avanzare del tempo si impara la resistenza e poi anche a combattere.” Gli spiegai e lui annuì senza aggiungere altro.
Andai in bagno a rinfrescarmi velocemente e mi lavai le mani. Dopodiché ci sedemmo tutti a mangiare e i nostri discorsi ebbero come principale argomento alcuni dei viaggi che Daniel aveva fatto in Asia. Raccontò di quando era stato in India, delle grandi moschee dorate che aveva visitato e di come la gente fosse diversa da noi, sia nella cultura e sia nello stile di vita.
 Passò un’ora buona dopo il pranzo e lui continuò i suoi racconti, era interessante conoscere le varie culture e le sue avventure che spesso erano popolate da racconti comici. Il pomeriggio passo veloce e mi ritrovai a pensare che dopotutto era un bravo ragazzo e anche molto simpatico. 
Fino al giorno prima non lo avrei mai detto ma ascoltandolo e sapendo anche quello che aveva visto e passato nei paesi più poveri, mi rendevo conto anche del perché lui tenesse molto alla libertà di vita delle persone e alle scelte che ognuno di noi doveva prendere singolarmente.
  Il resto del pomeriggio lo passai ad oziare e poi ripresi ad allenarmi; corsi parecchio tanto che arrivò presto l’ora di cena e quando rincasai non vidi Mary. 
 “Dov’è Mary?” Chiesi a Daniel, ma lui alzò le spalle. “Sarà di sopra o fuori nell’orto.”  Disse tranquillo mettendosi una bevanda gassata in un bicchiere ed io uscii per andare a vedere se Mary aveva bisogno di una mano.
  Aprendo la porta vidi che il cielo era sempre chiaro ma il sole si iniziava ad abbassare ma si vedeva ancora bene.
  Cercai Mary ma sul davanti non c’era e la trovai ad annaffiare l’orto.
 “Rose, che ci fai qui fuori?” Mi sorrise ed io mi avvicinai.
“Sono venuta a vedere se ti serviva una mano.” Avendo i sensi più accentuati come tutti i dhampir sentii uno strano e forte odore provenire dall'annaffiatoio.
“Cosa dai alle piante?” le chiesi. E lei mi disse che era un prodotto per tenere alla larga i cervi o i cinghiali che alcune volte le mangiavano le verdure e mi disse che il recinto spesso non serviva a molto. 
Mi guardai intorno, non si vedeva molto, solo parecchi alberi e notai che c’era una grande pace. Inspirai una grande boccata d’aria e il fresco mi entrò nei polmoni. 
  Sentii scorrere il fiume e dissi a Mary che sarei andata a dare un’occhiata alla riva e mi raccomandò di stare attenta a non scivolare, non che l’acqua fosse alta ma non sarebbe stato piacevole caderci dentro.
*
Arrivai alla sponda del fiume e mi inginocchiai mettendo la mano a mollo.
 “Com’è fredda.” Dissi a me stessa.
Ogni tanto si vedeva qualche pesciolino nuotare, ma per lo più si sentiva solo il rumore degl’alberi e del fiume che scorreva. Osservai il paese. Aveva un’aria graziosa e pacifista. Uno di quei posti dove non accadeva mai niente e la gente poteva vivere in pace senza nessuno che gli desse noia e con la solita routine.
  “C’è una gran pace in questo posto.” Mi guardai la mano che pian piano si infreddoliva sempre di più mentre sentivo dei passi pesanti e lunghi. Capii subito di chi erano.
 “Rose?” Mi voltai, sentendo la voce calda di Daniel. “Che fai qua?” Mi aveva raggiunta mettendosi accanto a me, ma restai china.
 “Osservavo il panorama. È molto bello il paese di sera.” Commentai, ricevendo solo un ‘già’ come risposta e senza molta enfasi.
“Sembra che in questo posto non possa succedere niente di male.” Sorrisi guardandolo negli occhi.
“Per questo ti ho detto di rimanere.” Levai la mano dall’acqua ma non gli risposi. “Rose, davvero. Qui non può accaderti nulla. Sei una brava ragazza e troverai il tuo posto e ti farai una vita qui.” Aveva uno sguardo serio, come se volesse costringermi a restare.
  “Non posso Daniel. Ma sono certa che troverò il mio posto da qualche parte.” Dissi soltanto.
 “Sai, come a te piace viaggiare, alla fine a me piace allenarmi, dimostrare a me stessa che posso superare sempre il limite e che posso fare ancora di più. E qui probabilmente tante cose non posso farle.” Mi alzai guardandolo. 
 “Anche se ti capiteranno cose come questo?” Indicò la mia guancia ed annuii.
“ Si, anche se succedessero cose di questo genere.” La sua bocca però era una linea dritta, senza espressione. 
 “Questo non è un gioco Rose e lo sai. Rischi la tua vita.” Io sospirai.
 “Si, hai ragione. Ma so esattamente cosa devo fare in caso di pericolo, ma non voglio neanche tornare da dove sono venuta. Voglio intraprendere una nuova vita, ma che mi permetta di fare ciò per cui sono nata.” Dissi sincera e lui si avvicinò a me.
 “Se davvero vuoi essere una guardiana, non posso impedirtelo. Ma fossi in te ci penserei bene, qui c’è pace e potresti vivere senza nessun problema.” Si voltò guardandomi serio.
 “Voglio prima prendermi un po’ di tempo, voglio pensare a me stessa.”
   Lo guardai e lui aveva un espressione seria. Mi guardò per lunghi istanti e  senza avvertimento alzò una mano ad accarezzarmi la guancia offesa, attento a non farmi male. Per alcuni istanti mi ricordò Dimitri, lo stesso sguardo severo, la stessa espressione e la stessa stazza. 
Mi ritrovai ad essere imbarazzata per quel contatto e sentii il cuore battere più veloce di quello che avrebbe dovuto. La somiglianza con Dimitri mi faceva quasi male.
  Mi guardò apprensivo e dopo poco levò la sua mano dalla mia guancia e quel lieve contatto che durò meno di un minuto svani.
Mi ritrovai ad essere spiazzata e non sapevo se quel gesto mi avesse dato fastidio o meno.
   “Sbaglio o mi avevi chiamato perché era ora di cena?” Gli dissi e lui annui guardando davanti a se come se stesse fissando qualcosa.
 Mi voltai di scatto, sentendo una sensazione strana ma non vidi nessuno.
 “Daniel, qualcosa non va?” lo toccai sull’avambraccio, cercando di attirare la sua attenzione e per un attimo si riscosse.
 “No, va tutto bene. Andiamo.” Entrambi ci avviamo verso casa.
*





N.d.a: Ed eccomiiii, ringrazio come sempre la mia fidata lettrice e mi scuso per l'enorme ritardo per aver pubblicato prima! Ma ho avuto da fare e non sono stata molto presente! Spero di avervi incuriosito con il finale e presto ci saranno nuove apparizioni e molto altro!! ;D So che al momento la storia ha una piega un po' noiosa, ma presto arriverà l'azione e soprattutto la parte romantica!! ;D

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Capitolo 8
*** Guardiani. ***


Guardiani.

Passò più di una settimana da quando ero ospite dei Valentine e dal giorno dopo che avevo inviato la lettera, ne avevo rimandata un'altra indirizzata ad Adrian dove gli avevo scritto di perdonarmi se non mi ero più fatta sentire ma che stavo provando a rifarmi una nuova vita lontano dalla corte, ed era esplicito che non stavamo più insieme. Controllavo poco la mentre di Lissa, anche perché lei non mi faceva mai entrare. Ormai aveva alzato la sua barriera personale e difficilmente riuscivo a far breccia nei suoi pensieri.
 Ero solo riuscita a sapere che i guardiani mi stavano cercando nei paesi vicini al ponte e perciò dovevo stare più all’erta e muovermi con discrezione.
*.
Nelle due settimane che erano passate mi ero allenata spesso, avevo insegnato alcuni esercizi utili a Daniel, sentendomi dire ogni volta che si vergognava di essere istruito da una ragazza e che sarebbe dovuto essere il contrario. 
 Con lui stavo instaurando un bel rapporto di amicizia ma fatto anche da battibecchi e ogni volta tentava di convincermi a restare li con sua madre e suo padre e di fare da guardiana a loro. Ci avevo pensato realmente e come idea non sarebbe stata male, ma prima di prendere le mie decisioni dovevo essere certa di quello che volevo e di quello che facevo.
  Spesso pensavo che tra le battute che ci dicevamo e gli sguardi che lui mi lanciava c’era dell’altro, ma ogni volta mi davo mentalmente della stupida, dicendomi che probabilmente era una mia impressione e che si comportava solo in modo gentile e protettivo perché era più grande e probabilmente gli ricordavo una delle sue sorelle.
  Nella settimana passata avevo imparato a dedicarmi alle mansioni casalinghe con Mary, Robert e Daniel complimentandomi con me stessa quando riuscivo a far bene qualcosa, visto che ero sempre stata negata.
 “Perciò non hai mai cucinato?” Mi chiese Daniel mentre aiutavamo Mary a pulire alcune verdure. 
 “Già. Vivendo in accademia e poi a Corte non ci prepariamo il pranzo ma ce lo preparano. E anche se esiste un corso di cucina non ho tempo per frequentarlo e non mi interessa nemmeno molto.” Dissi sincera.
 “Invece sei brava. Sai usare molto bene gli utensili e tagli perfettamente le verdure.” Mi sorrise.
“Merito dell’allenamento con i paletti. Penso che aver imparato a recidere le arterie mi è stato più utile per le verdure.” Risi, ma Daniel non trovò divertente la mia battuta.
  “Ti insegnano davvero queste cose? Nel senso… Ti insegnano ad essere un assassina?”
Quelle parole mi stupirono e in un certo senso quasi mi ferirono. Non parlavamo spesso di queste cose ma notavo che Daniel tirava fuori il discorso solo quando eravamo soli io e lui.
 “Non sono un’assassina. Almeno non mi ci reputo. Non uccido la gente su commissione o per divertimento. Lo faccio per proteggere chi è indifeso e non può lottare. Moroi, dhampir, umani, tutte persone che rischiano di sparire per mano degli strigoi. Sono una…”
 “Guardiana, sì.” Finì lui per me. “Ma non trovo giusto che già alla tua età sappiate come uccidere e dove si trovano le arterie da recidere.”
Ci pensai su e non aveva tutti i torti.
 “Già. Ma è una vita come un’altra, in alcune parti del mondo ci sono bambini che fin dalla nascita sanno che non arriveranno al giorno dopo.” Gli dissi, alludendo ai bambini del terzo mondo che lui aveva visto.
 “Già….” Mi sorrise, “Sei furba con le parole.”
Continuai ad affettare le verdure senza rispondere, felice di aver avuto la meglio su quello scambio di parole. 
 “E cosa altro ti insegnano? Dico, oltre a… uccidere.” Gli sorrisi. 
“Ci insegnano un sacco di cose. Quando sei in accademia ci sono materie basilari sulla difesa, l’attacco, tecniche avanzate di combattimento, teoria Bodyguard e protezione personale, pesi e potenziamento muscolare, lingua e letteratura, comportamento e psicologia animale, arte slava, cultura moroi…”
Non mi fece finire  “Cultura moroi? E Psicologia animale? A cosa vi servono?”
  “La cultura moroi scontata, dobbiamo sapere la loro storia, le casate reali, gli stili di vita, e tutte quelle cose lì. E per la psicologia animale, sapere cosa pensano o come si comportano è utile. Soprattutto con gli psico-segugi.”
   Mi guardò non capendo. “Sono dei lupi, un po’ cresciuti e più intelligenti che spesso la scuola manda per rintracciare persone o per avere qualche informazione. Ne ho dovuti affrontare alcuni, ma non sono forti come gli strigoi. Per mia fortuna.” 
Daniel posò il coltello buttando alcune verdure nell’acqua. “Capisco. Sempre uccisioni.”
 “È il mio lavoro.” Finii con le verdure e lasciai il resto a Daniel andando nell’orto ad aiutare Robert che si lamentava per la schiena. 
 “Dov’è andata Mary?” Chiesi prendendo al suo posto dei pomodori nati più in basso. 
“Grazie Signorinella! Ma sappi che ancora non sono così vecchio da non potermi abbassare.” Ridacchiò.
 “Ne sono certa.” Gli porsi i pomodori.
“Mary è scesa un attimo in paese, purtroppo i cinghiali ci hanno mangiato tutte le patate come puoi vedere!” Mi indicò una parte del recinto dove il legno era stato spezzato e per terra si vedeva chiaramente i segni delle zanne dei cinghiali che avevano scavato.
 “Cavolo, eppure date spesso quel prodotto sulle piante.” Dissi.
“Già, ma purtroppo non possiamo darlo sempre o le piante si sciupano poi ora che ha piovuto è inutile, l’acqua se lo porta via.” Affermò.
In effetti in quei giorni aveva piovuto, non molto ma aveva fatto aumentare l’umidità nell’aria e sembrava anche più caldo..
 “In questo posto il tempo varia spesso, ho notato.” Guardai il cielo, era limpido e c’era il sole, ma in lontananza dei grossi nuvoloni coprivano il cielo. Invece il giorno prima aveva piovuto abbastanza e notai anche che il fiume si era ingrossato un po’.
  “Sì, è sempre stato così. Cambia spesso, non come nelle vere montagne ma quasi. Ma ci si abitua dopo un po’ e si impara a conoscere il clima. Anche se non sempre.” Ridacchiò ed entrammo in casa dove porsi i pomodori a Daniel il quale sbuffò. 
“Preferivo restare a mangiare spaghetti e pizza in Italia se sapevo mi mettevate a tagliare pomodori e verdure.” Robert rise alla battuta del figlio. “Non lamentarti Dan, ci sono cose peggiori di tagliare pomodori.” 
  “Sì, come uccidere strigoi o lupi e rischiare di morire per un’amica succhia-sangue!” Quella battuta non mi piacque per niente e nemmeno a Robert. “Daniel!”
Lui stesso si rese conto in ritardo di quello che aveva detto e mi guardò mortificato per la sua battuta.
 “Rose, scusami io… Non volevo. Ho esagerato.” Si voltò verso di me. 
Non seppi cosa rispondere. Mi sentii ferita da quello che aveva detto, anche se in fondo era la verità. Sentii il bisogno di andarmene, come se l’aria si fosse fatta pesante.
  “No, non devi scusarti.” 
Uscii di fretta da quella casa, sentendo l’aria umida e calda.
  Dietro di me la voce di Robert mi diceva di aspettare, ma senza accorgermene già stavo correndo. Le pozzanghere che si erano formate per via della pioggia mi macchiarono le scarpe e mi schizzarono le gambe. 
  Anche se non sapevo dove correre, la mia mente aveva una meta precisa. 
Mentre correvo avevo l’impressione che qualcuno mi seguisse e mi resi conto che i miei spettri erano tornati a farmi compagnia.
 “Andatevene!” Gli urlai ma loro erano ancora li e cercai di ignorarli, mentre mi sentivo seguita e non capivo se era per gli spettri o meno.
  Attraversai un piccolo ponte che avevo fatto altre volte con Mary e che ogni volta mi ricordava quello dell’incidente con gli strigoi e ancora quel qualcuno mi seguiva e gli spettri mi davano noia alla vista. In poco mi ritrovai quasi a rivivere quella notte, finché una mano non mi bloccò, mi voltai di scatto pronta ad attaccare ma rimasi quasi bloccata. 
Dimitri. 
No, era Daniel. Ma per un secondo di troppo mi ricordò lui, di nuovo.
   “Rose, mi dispiace! Io non volevo.” Strattonai il braccio. Quasi mi diede noia quel contatto.
“Lasciami!” mi ritrovai quasi a ringhiare. “Tu non sai cosa provo. Tu non sai cosa si prova ad essere un guardiano. E non sai cosa si prova ad essere Rosemarie Hathaway.” Lo guardai con rabbia.
  La sua espressione era identica a quella di Dimitri e mi fece rabbia. La tenebra stava avendo il sopravvento e i miei spettri continuavano ad aumentare. “E non hai il diritto di dirmi cosa è meglio per me. Non hai il diritto di reputarmi un assassina. E non hai il diritto di chiamare Lissa, succhia-sangue quando non la conosci, quando non conosci niente!”
  Non sapevo nemmeno perché gli stavo sputando con rabbia quelle cose. Alla fine non mi avevano veramente fatto male, certo non era stato carino, ma alla fine la mia reazione era stata anche troppo esagerata. L’unica cosa che veramente mi aveva dato noia era stato sentire Lissa essere chiamata ‘succhia-sangue’ quando nemmeno la conosceva. Anche se, sentirmi dire che ero un assassina mi aveva un po’ ferita, non volevo che nessuno pensasse di me una cosa del genere. Io se uccidevo era per uno scopo del tutto giusto. Gli strigoi erano il male e i moroi andavano difesi. Tutti, anche gli umani andavano difesi da loro.
 D’un tratto cercai di calmarmi, nella mia testa sentivo caldo e capii che Lissa doveva aver usato il suo spirito in questi giorni e probabilmente lo stava facendo anche ora. Ma non capivo perché non mi faceva entrare dentro di lei e ciò mi causava ancora più rabbia.
 “Rose, io non pretendo di sapere. E mi dispiace se quello che ti ho detto ti ha ferita.” Mi prese per le spalle e ancora sentii che quel contatto mi dava quasi noia. 
  Dimitri, pensai ancora, ma scossi la testa cercando di guardarlo e vedere che era Daniel.
“Rose davvero, mi dispiace.” Lo guardai, calmandomi. Riuscendo a vederlo, a non confondere i suoi tratti con quelli di Dimitri. I suoi occhi nocciola dorato erano sinceramente dispiaciuti e le figure degli spettri se ne stavano andando e con essi la rabbia. Mi sentii svuotata ma realizzai di aver fatto una scenata per niente.
 “Rose. Non volevo. Mi dispiace.” Si era abbassato alla mia altezza e continuava a fissarmi mortificato mentre la sua fronte quasi si era appoggiata alla mia.
 “Io, ecco...” Non sapevo cosa dire. “Scusami Daniel. Non sarei dovuta andar via in quel modo…”
“Rosemarie?” Mi voltai di scatto a quella voce femminile e professionale che conoscevo. Serena.
  Non dissi una parola, troppo stupita e incredula di averla davanti ai miei occhi. 
Un tumulto di emozioni si scatenò dentro di me. Se lei era li voleva dire che erano tornati. Mi stavano ancora cercando.
 “Sei viva.” Il suo tono era quasi sollevato ma Daniel mi si parò davanti.
“Va via Rose.” Lo guardai intuendo che voleva farmi guadagnare tempo. Serena non era una minaccia, ma in ogni caso non sarei potuta rimanere li.
 “Cosa vuoi fare?” Non sapevo se andarmene veramente o meno, se Serena lo avesse attaccato?
“Vogliamo solo parlare.” Serena era realmente preoccupata, ma se c’era lei c’erano anche Dimitri e Albert e non so quanto ci avrebbero messo a riportarmi via, probabilmente entro sera sarei già tornata a Corte.
 “Ho detto vattene.” Aveva un’aria quasi minacciosa e sembrava che non volesse che Serena si avvicinasse. 
*
Non seppi il perché, ma le mie gambe cominciarono a muoversi da sole, continuando la corsa che avevo interrotto.  Sentii la voce di Serena che mi urlava e fece cenno di inseguirmi ma intravidi con la coda dell’occhio Daniel che la bloccò. 
 Corsi, senza assistere a quello che accadde dopo. Ma non mi preoccupai, sapevo che non si sarebbero scontrati e non mi fermai fino a quando non intravidi le case e toccai con i piedi la pietra che delineava l’inizio del paese con il piccolo bosco che lo circondava. 
Sentendo pulsare la ferita e con il batticuore cercai con lo sguardo Mary, non la trovai. 
  A passo anche troppo veloce percorsi tutto il paese, andando dal panettiere, dai pasticceri e dalla fioraia, dove la vidi uscire, con un mazzo di margherite e di rose in mano. 
 “Rose,” Mi sorrise. “Che ci fai qui?” 
  Avevo un bel fiatone e lei si accorse che avevo corso e si avvicinò, toccandomi una spalla
“Cara, che ti è successo? Ma guarda, hai anche tutte le gambe  e le scarpe bagnate e sporche di fango.” Non risposi, continuando a inspirare l’aria. “Rose, se non parli non ti leggo nella mente.” Mi sorrise dolce. “Avanti, vieni.” Mi fece strada e la seguii fino ad arrivare ad una panchina.
  Nel centro della piazza c’era una bella fontana tonda in marmo, con raffigurati tre angioletti che spruzzavano acqua dalla bocca e in torno alla fontana c’erano alcune panchine dove ci eravamo sedute.
 Mary tirò fuori qualcosa da una busta e quel gesto mi rese il cuore più leggero e mi stupì parecchio. Mi porse una fetta di torta di mele, calda e appena sfornata e la addentai, lasciando che quel dolce sapore mi inebriasse e mi riscaldasse calmandomi e riuscendo a metabolizzare quello che era successo.
  “Allora Rose, cosa ti è successo per venire fin qui così di corsa?” Il suo sguardo era preoccupato ma cercò di non darlo molto a vedere compensando con un tono sicuro.
 “Ecco, Daniel mi ha detto delle cose poco carine mentre stavamo preparando le verdure che ti servono per la cena.” La vidi sgranare gli occhi e spalancare la bocca. “Ma non è quello il punto. Mi sono sentita male quando ha detto quelle cose, come se avessi realizzato cosa faccio realmente e che non è bello. Ma la cosa che mi ha dato più noia è che ha offeso la mia amica. E non solo, mentre adesso stavo venendo qua, un guardiano che conosco mi ha... trovata”
 Strinsi la mascella, rendendomi conto che era più simile ad una bambina che aveva bisogno di consolazione più che una guardiana.
  “Mi dispiace se ha detto qualcosa di poco carino sulla tua amica. Daniel ha un carattere che spesso non si rende conto di controllare. È impulsivo e molte volte dice le prime cose che gli passano per la testa. Qualsiasi cosa abbia detto non devi dargli retta. E per... il guardiano. Sei preoccupata? Qualcosa ti turba.” La guardai cercando di capire io stessa perché avevo reagito così appena avevo visto Serena.
  “Non lo so." La guardai e mi sorrise, capendo che io stessa non capivo il mio comportamento. 
 “Sai, Daniel si è affezionato molto a te Rose. Anche se è passato poco tempo, fin dal primo giorno ho visto che ci teneva a te. Lo conosco bene ormai, è mio figlio. Ma non per questo devi farti condizionare.”
  Annuii. “Quello mai..” 
Lei mi sorrise e io la guardai e ricordai che lei stava con Robert ed aveva sette anni in più di lei. Come tra me e Dimitri. E realizzai che ancora mi faceva così male pensare a Dimitri perché lo amavo…
 “Dai, torniamo a casa. Devo finire di preparare la cena e se non ci sbrighiamo inizierà a piovere di nuovo.”
Si alzò e così feci anche io. Ci avviammo verso casa e sulla via del ritorno non ci furono tracce ne di Serena e ne di Daniel. Mentre percorrevamo gli ultimi metri iniziò a piovere e ci salvammo a pelo.
Entrammo in casa e subito Robert si alzò venendomi in contro appoggiando una sua mano sulla mia spalla. 
 “Stai bene signorinella??” Mi chiese ed io annuii. 
Mary appoggiò la spesa sulla tavola e sistemò i fiori. “Dov’è Daniel?” Chiese non vedendolo in casa.
 “Ha seguito Rose, poi è tornato ed è riuscito senza dire una parola. Pensavo che era con voi. Ma è grande abbastanza per badare a se stesso.” Alzò le spalle incurante.
 Ma io non ero sicura, che gli fosse capitato qualcosa con Serena?
No, se era tornato voleva dire che con lei aveva finito di parlare. Non sapevo perché, ma avevo l’impressione che c’entrassero i guardiani.
 “Rose, vai a farti una doccia, ti rinfrescherà. Se ti servono dei vestiti, tanto sai dove sono e quelli sporchi mettili pure nella cesta.” Sorrise Mary.
 “Va bene.” Salii al piano di sopra ed entrai nella camera delle ragazze, aprendo il cassettone ed estraendo un’altra maglietta raffigurante una rock band, una morbida felpa leggera ed estiva e un jeans nero. Pensai che Hannah doveva essere una tipa Rock e di quelle che vestivano solo di nero o quasi. A differenza di Ashley che aveva vestiti in tinte pastello o comunque molto delicati.
 Loro due, mi ricordavano tanto me e Lissa. Hannah con capi più appariscenti, in un certo senso. Mentre Ashley aveva vestiti più raffinati.
  Sorrisi a quel dettaglio e uscii dalla camera chiudendo la porta ed entrai nel piccolo bagno, accesi la luce e iniziai a spogliarmi, riponendo gli indumenti nell'apposita cesta. 
Aprii la doccia ma l’acqua che ne uscì era gelida e dovetti lasciarla scorrere per qualche minuto e mentre aspettavo, mi ritrovai a guardarmi  allo specchio. 
 Mi chiesi come sarebbero state le cicatrice. La mia pelle, diversamente da tante altre assorbiva meglio i tagli e quelli che mi ero causata negli scontri erano quasi scomparsi tutti. Ma ero certa che questi mi sarebbero rimasti per molto tempo o forse per sempre.
 “Accidenti Rose, perché ti cacci sempre nei guai?” Dissi alla mia figura allo specchio che aveva un’aria amareggiata. Esattamente come me. 
 Sospirai levandomi anche l’intimo e ringraziando che almeno la bellezza del mio corpo era ancora tutta intatta. Non che mi servisse in grossi modi, però mi faceva sentire più sicura in un certo senso.
  Entrai in doccia, dove adesso l’acqua era della giusta temperatura. Bagnai prima il mio corpo e lentamente provai a mettere la testa sotto il getto, sentendo l’acqua che batteva sulla ferita fastidiosamente ma strinsi i denti e stetti molto attenta a lavarmi i capelli cercando di non far andare il sapone sopra i tagli. 
 Stetti in doccia una buona mezz'ora, mi rilassai e lasciai l’acqua scorrere per il mio corpo. Facendo si che si portasse via anche parecchi dei miei pensieri e pian piano, iniziai a guardare un salotto moderno con divano in pelle bianca e un camino acceso.
Stupita mi ritrovai ad essere nella mente di Lissa e mi chiesi perché.
*
  “Va tutto bene?” La voce di Dimitri mi risuonò nella testa facendomi stringere il cuore. E lo vidi, in piedi davanti a Lissa con una tazza in mano e un’aria apprensiva.
 “Sì, sto bene. Grazie.” Lissa prese la tazza di tè freddo dalle mani di Dimitri, il quale le si sedette accanto. 
 “La stiamo ancora cercando, Serena dice di averla vista ma a quanto pare con lei c’era un uomo e l’ha fatta scappare.” Le disse.
Sentii Lissa tirare su col naso. “Perché non è venuta con Serena? Perché è scappata via?” Iniziò singhiozzando e Dimitri le mise una mano sulla spalla.
  “È colpa mia, lo so. Se non fosse per me a quest’ora non sarebbe mai successo.” Disse con la voce rotta dal pianto. “Se non volesse più tornare... Se volesse rifarsi una vita diversa. Forse l’ho delusa… Oh Dimitri, ti prego. Dobbiamo trovarla.” Lei alzò lo sguardo su di lui il quale aveva la sua stessa preoccupazione negli occhi.
  Ormai sapevo leggere i suoi sguardi.
 “La troveremo anche a costo di rimanere qui un anno. Rose è sicuramente da queste parti. Starà alloggiando in qualche casa nel piccolo paese che c’è tra le montagne. Serena l’ha vista da quelle parti. Dovremo avere pazienza.” Gli fece un flebile sorriso e Lissa bevve della tazza sentendosi più sicura di quelle parole.
 “E se lei non vorrà tornare? O se magari come ha detto Serena quell'uomo sta cercando di non farla tornare da noi?” Non nascose tutta la sua paura e mi sentii il cuore a pezzi nel vederla e sentirla così.
 “Serena ha detto che il ragazzo con cui era la proteggeva. Probabilmente penserà che le vogliamo fare del male. Mi chiedo solo perché Rose non abbia detto il contrario.” Dimitri parve più che preoccupato. Negl’occhi aveva qualcosa che non aveva con chi doveva solo proteggere o sorvegliare. Lissa lo guardò in cerca di una speranza. 
 “Senza contare che quel ragazzo deve sapere chi è. Era un dhampir ma non è un guardiano. E Serena ha detto che le ha riferito che non farà tornare Rose con noi.” Le parole che disse mi spiazzarono, così Daniel aveva detto queste cose. Provai quasi rabbia nei suoi confronti ma non perché aveva detto una cosa simile ma perché ha pensato di poter dire queste cose al mio posto.
  “Ho paura Dimitri. Ho paura che non la faccia tornare da noi ed ho paura che lei non voglia tornare da noi.” Lissa lo guardò e Dimitri aveva uno sguardo quasi minaccioso, ma qualcosa nella sua espressione stonava. 
 “Sembra che lui sappia di noi, di lei.”  Mentre disse quelle parole lo vidi, era uno sguardo di fastidio.
 Ma Lissa non lo notò, provando solo ammirazione e sentendosi sicura quando lui parlava. Come se avesse le sue speranze riposte in lui.
   “Io voglio riabbracciarla Dimitri e voglio che torni a Corte ma soprattutto voglio che ritorni la mia migliore amica. E non voglio che questo ragazzo, chiunque sia la porti via. Che me la porti via!”   Quelle parole mi spezzarono. Anche io volevo stare con lei ma non volevo essere schiacciata dalla tenebra.
 “Non preoccuparti, a costo di ispezionare tutte le case dalla prima all'ultima la troveremo. Non torneremo a Corte senza di lei. Non senza Rosemarie.” La determinazione che c’era nella voce e nello sguardo di Dimitri furono come uno schiaffo che mi sveglio e che mi riportò alla realtà.
*



N.d.a: Ed eccomi con l'ottavo capitolo! Qui vediamo i sentimenti di Daniel uscire fuori più prorompenti, ma se pensate che tra i due ci sia del tenero.... chissà! :D
 I prossimi capitoli saranno più corti, visto che mi sono resa conto che supero le 3000 parole! :3

 

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Capitolo 9
*** Mamma ***


Mamma.

 “Rose, cara stai bene?” La voce di Mary mi fece risvegliare del tutto.
“Sì, scusa se ci sono stata tanto. Ma la ferita mi dava qualche problema.” Mi disse che, aspettavano solo me e mi sbrigai ad uscire ed asciugarmi.
  “E così mi stanno cercando…” Mi dissi guardandomi allo specchio. Lo sguardo di Dimitri e la preoccupazione di Lissa li avevo ancora impressi nella mente come un marchio a fuoco.
  Avrei voluto correre da loro, se solo avessi saputo dove cercare. Probabilmente erano in una città vicina. 
Ma forse, la cosa migliore era aspettare che fossero loro a trovarmi. Albert, Serena e Dimitri sicuramente immaginavano dove ero e dovevano solo aspettare il momento giusto.
  Mi vestii velocemente e tamponai i capelli dandogli poi un leggero colpo di phon. Li lasciai un po’ umidi e me li pettinai legandoli subito dopo.
Scesi le scale abbastanza velocemente e per poco non mi scontrai con Daniel.
 “Rose!” Disse quasi stupito di vedermi e mi fissò la guancia scoperta dal bendaggio. “Stavo per venire a chiamarti. La cena è pronta.” Mi sorrise. 
Personalmente, dopo quello che era successo mi sentivo un po’ in imbarazzo e dopo era anche sparito e riappariva ora.
  “Capisco.” Finii di scendere gli ultimi gradini e un buon odore di stufato aleggiava nell’aria.
“Rose, dopo vorrei parlarti per quello che è successo oggi.” Mi disse.
Mi voltai a guardarlo notando che aveva un’aria da cane bastonato ma non mi dispiaceva, anzi ero un po’ arrabbiata. Ma forse anche con me stessa.
  “Va bene.” Risposi semplicemente andando a sedermi a tavola, dove Robert mi disse che avevo dei capelli splendidi e ora che li avevo lavati erano ancora più belli. 
Sorrisi ai suoi complimenti e lo ringraziai, dicendo che era merito dei geni dei miei genitori e che era anche l’unica cosa di cui ero fiera di aver preso da loro.
  “Se fossi tua madre penso che starei molto male.” Mi disse Mary mentre si accomodò a tavola.  
“Bhe, alla fine è lei che lo ha voluto. Appena ho avuto l’età per essere mandata in accademia mi ci ha sbattuta dentro e si faceva sentire o vedere raramente. Una volta all’anno o meno. Normalmente per alcune festività o se i moroi che protegge vengono in visita in accademia o cose simili.” Alzai le spalle. 
 “Non vi chiamate? O che so, vi sentite?” Scossi la testa.
“No, solo in rare occasioni e solo ora di recente siamo più.. ehm, in contatto. Ma è così il rapporto che ho con lei. Personalmente provo quasi un legame tra cobra e mangusta.” Daniel ridacchiò al mio paragone e anche Robert ma Mary degno ad entrambi un’occhiata che io reputai minacciosa.
  “Ma non dovresti dire così, secondo me ti vuole bene. Alla fine una madre è sempre una madre.”
Io scossi la testa.
“Janine Hathaway è fatta così, mi vuole bene ma a modo suo..” Conclusi e lei sospirò. 
 “Mi dispiace che hai questo rapporto con tua mamma.” Feci un cenno con la mano.
“A me no. Personalmente mi va bene così, sarà che ci ho fatto l’abitudine.” Il suo sguardo sembrò triste come se la prendesse sul personale.
 “Forse lei prova a dimostrarti affetto a modo suo ma non lo capisci?” Provò Daniel ma lo guardai, forse, male più di quello che avrei dovuto. “L’affetto che lei da è fatto di senso del dovere e serietà. Ma da una parte la ringrazio, ho sempre saputo badare a me stessa senza problemi.”
Continuai a mangiare tranquilla e vidi che Daniel e Mary stavano per protestare ma Robert li fermo.
 “Madre e figlio, siete della stessa pasta. Non saranno i vostri commenti a far cambiare idea a lei o a sua madre.” Disse mettendo in bocca una cucchiaiata di stufato.
 “È come dice lui.” Gli sorrisi ricevendo un occhiolino da parte sua e finimmo il discorso riguardante mia madre e me, iniziando invece a parlare di Daniel e di come da bambino aveva combinato un sacco di danni facendo impazzire la madre. E mi trovai a ridere di buon gusto su alcune battute che Robert faceva al figlio e anche su alcuni racconti imbarazzanti di quando era piccolo. Ad esempio che una volta si era nascosto dentro il cesto della biancheria sporca per giocare a nascondino e ci era rimasto per una giornata intera perché si era addormentato facendo andare nel panico tutti.
 “Eri proprio tremendo da piccolo.” Commentai.
“Da piccolo? Lo è tutt'ora! Altrimenti da brav'uomo si metterebbe a cercare lavoro qui ed aiutare i suoi genitori ormai vecchi!” Disse Robert sgranando gli occhietti vispi come di suo solito e sorridendo.
 “Parla per te Bob! Io vecchia ancora non sono! Tu hai già sessantun anni suonati. Io sono ancora giovane, ho appena cinquant'anni!” Disse ridendo, ricevendo dal figlio e dal marito dei commenti che aumentavano la sua età.
 “Mary, per quanto tu voglia sfuggire alla vecchiaia tingendoti i capelli ti ricordo che ormai manca poco ai cinquantasette!” Scherzò Robert facendola arrabbiare.
“Ma cosa dici? Ci manca ancora quasi un anno! Li ho fatti da poco cinquantasei. Cos’è la memoria inizia a giocare brutti scherzi??” Disse lei agitando una mano e scoppiammo tutti a ridere.
 “Povera Rose, sei finita in una famiglia di pazzi te lo dico io.” Disse Mary e quando smettemmo di ridere io scossi la testa in segno negativo.
“Ma no, anzi. Sono felice di avervi conosciuti e di stare qui con voi. Mi da un senso di famiglia. O almeno penso, visto che non ne ho mai avuta una vera e propria.” Li guardai.
“Sono stata cresciuta dai genitori di Lissa, la mia migliore amica. Mi trattavano come una terza figlia. Ma era ovvio che non ero la loro bambina. Mi facevano regali per il compleanno e per le feste. Ma non c’era mai il legame genitori e figli.” 
Spiegai mentre finimmo di cenare e solo dopo essermi stiracchiata come al solito guardai Mary vedendola che mi fissava e inaspettatamente mi sorrise. 
 “Rose, per me è come se tu fossi quasi una figlia. È poco più di una settimana che sei qui, ma sappi che per me puoi restare qui anche per sempre. Dopo sei figli, una settima e già cresciuta non mi dispiacerebbe affatto. Riempirebbe solo le nostre giornate.” E mi sorrise proprio come una madre fa ad una figlia. 
Il cuore mi iniziò a battere veramente forte a ancora il pensiero che Mary potesse essere mia mamma mi circolò nella mente e pensai che sostituirla a Janine non sarebbe una cattiva idea.
 “Ecco, sono spiazzata.” Dissi in una risata nervosa e lei scoppiò a ridere. “Oh no, non devi affatto. Non volevo, scusami. Solo sappi che se non volessi tornare alla tua vita e ti piacesse restare qui saresti la benvenuta.”
Io annuii, non sapendo cos’altro dire se non ringraziarla di cuore.
Guardai Robert il quale mi sorrise esattamente come lei e anche Daniel. Era seduto per traverso con un braccio sullo schienale e mi fissava con quegli occhi che qualche sera prima, in riva al fiume non avevo saputo spiegarmi ma adesso sì. Probabilmente erano gli occhi di chi avrebbe voluto qualcosa di più. Ma io sapevo ed ero convinta al cento per cento di non potergli dare.
  “Bene, chi vuole il dessert?” Disse  Mary servendo in tavola un piccolo vassoio con sopra torta di mele e al cioccolato.
  “Io!” Disse subito Daniel prendendo una fetta per ogni tipo e ricevendo un rimprovero dalla madre che gli disse di dare la precedenza alle ragazze. 
Provai a rifiutare l’offerta ma Mary insistette e decisi di assaggiare un pezzetto di torta al cioccolato.
  “È veramente buona.” Affermai guardando Mary che stava iniziando a sparecchiare la tavola.
 “Ti piace? Sai l’hanno fatta i pasticceri in paese, proprio come quella che hai mangiato oggi.” Mi spiegò. “È moltissimi anni che sono pasticceri e ormai sono davvero bravi.”
Annuii e una volta finito anche il dolce mi alzai chiedendo se potevo dare una mano ma ovviamente la risposta era sempre la solita, no.
  “Rose, vieni con me?” La voce di Daniel mi raggiunse e ricordai che voleva parlarmi.
Annuii uscendo di casa con lui. 

*



P.s. Oddiooo ma è passata un eternità dall'ultima volta che ho pubblicato! D: 
 Chiedo umilmente perdono a tutti, purtroppo con le vacanze di mezzo non ho avuto più la cognizione del tempo ed ho praticamente sgarrato un sacco di date! DX 
 Cerchdrò di rimediare in settimana pubblicando altri capitoli! :D

 

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Capitolo 10
*** Dio. ***


  Dio, parte prima.

Non pioveva, ma il cielo era nuvoloso, il terriccio era bagnato ed era parecchio buio. Daniel accese una piccola luce di riferimento che avevano sopra la porta e che non avevo mai notato proprio perché non era mai stata accesa.
  “Andiamo in riva al fiume?” Mi chiese, quasi a voler trovare un posto che mi piacesse per parlare. 
“Va bene.” Risposi senza emozioni, anche se dentro di me ero un po’ agitata per quello che mi avrebbe potuto dire o rivelare.
In pochi passi mi ritrovai davanti al fiume e mi chinai mettendo la mano in acqua come ero solita  fare ormai quasi tutte le sere, lo avevo preso quasi come un rito. 
Dopo cena mi piaceva mettere la mano nel fiume e pensare, anche a cose inutili. Mi aiutava a rilassarmi.
 “Non ti fa bene mettere la mano al freddo. Già di tuo hai le mani screpolate.” Mi disse guardandomi dall’alto ma in risposta alzai le spalle. Dopo qualche minuto di silenzio lui si chinò come me. Inizialmente mi guardò con uno sguardo quasi pensieroso poi guardò l’acqua come stavo facendo anche io.
 “Sai Rose, spesso mi chiedo cosa frulla nella tua testa.” Iniziò “Vorrei poter leggere i tuoi pensieri e sapere cosa ti piace e cosa no. Conoscerti meglio, conoscere meglio il tuo carattere e Rose,” Lo guardai “vorrei che tu mi parlassi un po’ di più.” Concluse.
Lo guardai e sospirai.
 “Se volevi dirmi questo, perché uscire? Potevi benissimo dirmelo dentro. E non mi sembra carino, da parte tua non scusarti nemmeno dopo oggi.” Gli dissi.
  “Ti ho già detto che mi dispiace, davvero Rose. Non avrei mai voluto ferirti.” Infatti non lo aveva fatto, non tanto con le parole. Ma molto di più per chi mi ricordava. 
Lo guardai, lui era davvero dispiaciuto e non potei restare ancora seria e fredda. Per quanto ci provassi, mi venne quasi da sorridere alla sua faccia da bambino che non ha ricevuto una caramella.
 “Okay. Ti credo.” Gli dissi sorridendogli e lo vidi ricambiare con lo sguardo acceso e in quel momento mi venne in mente solo una cosa da fare, un po’ per vendetta e un po’ perché avrei tanto voluto vederlo spiazzato. Mi alzai rapida e con una delle mosse che avevo appreso negli allenamenti con Dimitri, mi misi dietro di lui e facendo pressione con i palmi delle mani lo spinsi con forza.
  Lui non fece in tempo a realizzare quello che avrei voluto fare, finché con un sonoro ‘Spalsh’ non fini a mollo nel fiume, imprecando per l’acqua fredda.  
Io, vedendo quella scena e sentendomi realizzata per quella piccola vendetta, scoppiai a ridere sonoramente alla sua espressione spiazzata e del tutto incredula per il gesto che avevo fatto. 
Io, fui fiera perché avevo ottenuto quello che volevo. 
  “Rose!? Ma sei pazza!” Mi disse con gli occhi sgranati mentre mi fissava. Io continuai a ridere piegandomi in avanti e tenendomi lo stomaco. 
 “Oddio,” cercai di dire tra le risate. “Dovevi vedere la tua faccia!” Continuai a ridere vedendo nel suo viso correre un ghigno e capii che voleva provare a trascinarmi in acqua e mi scansai in tempo indietreggiando.
 “Ehi, hai a che fare con un’esperta di agguati e colpi a sorpresa! Pensavi di fregarmi?” Dissi guardandolo uscire dall’acqua tutto zuppo. 
 “Esattamente.” Affermò strizzandosi la maglietta e i capelli. Io risi ancora ricevendo uno sguardo quasi cattivo. Mi si parò di fronte e stetti in allerta nel caso avesse voluto tendermi qualche scherzo. 
  “Questa me la paghi, Rose.” Mi disse incrociando le braccia e superandomi, avviandosi verso casa. 
 “Cosa? Non ti vendichi? Non provi ad attaccarmi?” Chiesi stupita nel vedere che non reagiva.
“No, non sono maleducato come te!” Mi fece l’occhiolino dalla spalla. “Senza contare che come hai detto, non sei un’esperta!? Sarebbe inutile attaccarti.” Si volto verso di me e io ci pensai su, poi risposi.
  “Hai ragione, sarebbe proprio inutile. Devo dirti un’ultima cosa, andiamo dentro?”
Annuii e continuò ad avanzare ma quando non mi vide dietro di lui si fermò e mi chiese. “Non vieni, Rose?”
Lo guardai e annuii. “Sì, arrivo subito. Mi fermo solo un attimo.”
 “Va bene.” Mi rispose sparendo alle mie spalle. Guardai ancora il fiume e buttai lo sguardo sul mio riflesso quasi indistinguibile sull’acqua pensando a cosa mi avrebbe detto e preoccupandomi per un certo senso. Se avesse voluto rivelarmi cosa provava? O se avesse tentato un approccio più ‘intimo’?
Scossi la testa e mi dissi di non essere sciocca, avevo affrontato di peggio nella vita e avevo respinto molti altri ragazzi prima di lui.
Feci per avviarmi, ma poi vidi un ombra, un frusciare veloce e quella voce calda e profonda che avrei riconosciuto tra mille.
“Rose.”
Alzai lo sguardo sull’altra sponda, spalancai la bocca e sgranai gli occhi. Dimitri.
  “Dimitri…” dissi ritrovandomi ad essere uno di fronte all’altra. Solo il fiume che ci divideva.
 “Rose,” Un brivido mi attraversò la schiena “sei davvero tu?” 
Il suo sguardo corse per tutto il mio corpo, guardandomi e scrutandomi. Per vedere se ero veramente io. Fissò il suo sguardo sulla mia guancia, spalancando leggermente gli occhi.  
Capendo cosa stava guardando e spostai il volto..
   “Perché ti nascondi?” Mi chiese, il suo sguardo ancora fisso sul mio viso, ma stavolta i suoi occhi guardavano me. Non sapevo cosa rispondere, il cuore mi batteva all'impazzata.
 Lo guardai, uscì dall'ombra degli alberi avvicinandosi alla riva.  
“Rose, parla.”  Quasi supplicò.
 “Dimitri…” Avevo lo stomaco chiuso. Mai avrei pensato di incontrarlo adesso. A pochi metri da me e dopo aver incontrato Serena il pomeriggio stesso.
 Lo fissai ancora incredula e anche se non avessi voluto farmi vedere lui riusciva a spogliarmi di ogni muro con un solo sguardo. 
Mi scese una lacrima, lui la vide ma subito la portai via.
Si avvicinò alla sponda ed io indietreggiai ancora e lui si fermò.
 “Rose…perché scappi?” Il suo tono era pacato ma aveva un nota quasi malinconica. 
 “Non sto scappando.” Cercai di dire ma a tono basso, non seppi nemmeno se mi avesse sentito.
 Abbassai lo sguardo e poi li rialzai, fissando i miei occhi nei suoi.
  “Rose, non sai da quanto ti stiamo cercando. Siamo tutti preoccupati per te e non sai Lissa quanto è in pena.” Il suo sguardo brillava ma era anche severo. Ebbi quasi l’impressione che non fosse vero che lui era li con me.
  “Perché sei scappata oggi?” Mi chiese, il suo sguardo nel mio ed il mio nel suo.
 “Ho avuto paura.” Risposi, quasi sincera. Senza accennare a Daniel. 
   “Avevi paura di noi?” Mi chiese, scossi la testa in segno negativo
“E allora di cosa?” Provò ancora.
   “Avevo, ed ho paura di quello che succederà dopo.” Lo guardai preoccupata. “Non potrò mai più essere io.” Pensai alla tenebra e a tutte le cose orribili che mi faceva fare.
 “Non è vero, Rose.” Lo guardai.
“Invece è così. Nessuno di voi può capire.” Affermai, sentendo la rabbia dentro di me che voleva uscire ma cercai di contenerla. “Tutti pensate e volete avere l’egoismo di sapere cosa si prova ad essere Rosemarie Hathaway, ma nessuno di voi è baciato dalla tenebra. Nessuno.” Lo guardai e scorsi tristezza.
 Tutto ciò, mi fece male.
*



N.d.a. Ed eccomi qua! Finalmente la prima apparizione di Dimitri, davanti a Rose! :) Finalmente i due si ritrovano, ma cosa accadrà? Eheh, lo scopriremo leggendo poi la seconda parte! Purtroppo ho dovuto staccare il capitolo perché sarebbe venuto troppo lungo e non volevo esagerare! Ma entro un paio di giorni vedrò di finire la seconda parte e pubblicarla! A presto, e spero vi piaccia!
 Peanuts!

 

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Capitolo 11
*** Dio, seconda parte. ***


Dio.

“Devi parlarne con Lissa, hai ragione nessuno di noi è te. Ma è questo che ti rende unica e solo tu puoi stare al fianco di Lissa e lo sai. Entrambe avete bisogno l’una dell’altral'sogno l'ende unica e solo tu puoi stare al fianco di Lissa e lo sai.” Mi fissò il volto con uno sguardo che sembrava quasi arrabbiato.
 “Non sono riuscito ad impedirlo.” Il suo sguardo era colpevole.
“Non è di questo che dobbiamo parlare. Io non tornerò a Corte, non ce la faccio più. Ma non per l’essere un guardiano, non riesco più ad essere…” Mi fece male ammetterlo ma era così “Normale.”
 Affermai, i suoi occhi adesso mi guardavano quasi severi, ma subito la sua espressione mutò, tornando apprensiva.
 “Ciò che è successo non mi permette più di starti vicino come prima, ma ciò non significa che non voglio aiutarti.” Chiusi gli occhi, sentendo che quelle parole mi fecero molto male.
 “Non sai l’ira e l’odio che provo per colpa della tenebra. Non sai gli spettri che vedo e che animano le mie giornate e non sai come io mi senta trascinare nella follia ogni giorno che passa.” Il mio tono iniziò ad alzarsi e capii che era proprio la tenebra a far uscire quel lato di me e ormai non lo trattenni nemmeno.
“Nessuno di voi può sapere niente, non potete nemmeno immaginare come è la vita di una persona baciata dalla tenebra. E non ritornerò in un luogo dove potrò solo star peggio.”
 Dimitri aveva un espressione quasi tirata dal dispiacere.
“Rose… io non posso fare niente per la tenebra, ma Lissa può aiutarti.” Il suo tono era tenue e più calmo del mio mentre io sembravo un lupo inferocito.
 “Lissa, solo Lissa. Nessuno si rende conto che il problema è lei. Il suo spirito… mi sta uccidendo.” Il mio tono era paragonabile a quello mostruoso di uno strigoi ed io stessa mi spaventai, anche per le parole che avevo detto. Incolpando Lissa del suo spirito e anche lui si rese conto delle mie parole e sgranò leggermente gli occhi.
 “Rose.. cosa stai dicendo.” Una morsa mi si strinse al cuore e capii che avevo detto delle parole orribili.
 “Loro vengono prima, è la frase che ci imponete ancora prima di poter dire qualsiasi altra parola. Ma non avete mai pensato a chi viene baciato dalla tenebra cosa deve sopportare. Siamo delle spugne, pronte ad assorbire il male dello spirito a diventare folli per colpa di chissà quale magia. Siamo solo delle persone che devono tenere a bada il potere di qualcun altro. I Moroi vengono prima ed io sto facendo il mio dovere, ma lontano da Lissa. Perché la mia rabbia e il mio odio aumentati dallo spirito non mi fanno ragionare e se devo impazzire, lo voglio fare da sola.”
 Ne ero certa, il mio sguardo guizzava fiamme. Mi sentivo andare a fuoco per la rabbia e per essere una persona ma con una vita meno importante di altre. Provai una morsa allo stomaco e una grande tristezza per come venivamo sottovalutati noi dhampir.
 Sentii la rabbia crescere e lo guardai, adesso odiavo anche lui.
“Anche tu, sei grato a Lissa, perché con il suo potere ti ha fatto tornare umano, ma nessuno si è mai chiesto come è accaduto tutto il resto. Chi è andata in Russia a cercarti, chi ha trovato il modo di farti tornare normale, chi ha viaggiato contro il tempo e senza preoccuparsi di morire per riuscire ad avere un minimo di speranza per salvare la persona che amava?” Mi resi conto di star stringendo le unghie nel palmi, tanto che le sentivo lacerarmi la carne.
  “Lissa ha il potere, ma nessuno ha guardato ciò che è avvenuto prima. Nessuno sa cosa ho passato e cosa ho dovuto vedere con i miei occhi. Nemmeno tu sai tutto quello che ho passato, nessuno lo sa. Solo io!”
 Le ultime due parole probabilmente le urlai e mi resi conto di avere il fiatone e non solo, mi stavano scendendo le lacrime al solo ricordo di tutto quello che avevo passato per salvare Dimitri e poi per sapere che i suoi sentimenti erano cambiati.
  “Roza,” Fremetti nel sentirmi chiamare così, “stai tremando.” 
Non me ne ero nemmeno accorta. Ma era vero, vidi la mia mano stretta nel pungo che tremava.
  “Odio tutti. Vi odio. Ti odio.” Non riuscii a dire altro, ma non riuscivo nemmeno a pensare davvero a quello che dicevo. Perché in realtà io amavo Dimitri e lo amavo con tutta me stessa.o che dicevo. riuscivo nemmeno a pensare davvero a quello che dicevo.assato per salvare Dimitri e poi per sap
“Rose!” Mi voltai di scatto. 
 “Daniel.” Dissi e vidi Dimitri indurire i lineamenti e assottigliare lo sguardo. 
“Chi è quello?!” Daniel arrivò di fronte a me guardando Dimitri. Ebbi l’impressione di sentirmi minuscola vicino a loro due, entrambi sembravano imponenti e adesso mi sentivo stordita per gli effetti della tenebra. 
   "Rose vieni via, andiamo a casa.” Mi disse quasi incurante del fatto che c’era Dimitri.
Anzi, Daniel lo fulminò con lo sguardo quasi fosse un nemico e con dolcezza mi asciugò le lacrime che mi scendevano dagli occhi.
 “Tu non sei nessuno per dire a Rose cosa deve o non deve fare.” Rispose Dimitri pericoloso. 
Se avessi dovuto descrivere la cosa, avrei quasi detto che era uno scontro fra titani o qualcosa di simile e l’aria si fece quasi pesante. 
   “Nemmeno tu, mi pare.” Daniel lo guardava fisso negli occhi ed ebbi paura che il torrente non sarebbe bastato a dividerli. 
 “Rose deve tornare a Cortetorrente non sarebbe bastato a dividerli.se un nemico e con dolcezza mi asciugò le lacrime che mi scendevano dagli occhi. e tu mi pare le stai impedendo di farlo.” Dimitri mi spaventava, aveva un tono glaciale e un’espressione fredda, aveva l’aria di chi stesse difendendo una delle cose più importanti della sua vita, ma proprio poco prima aveva detto che non poteva aiutarmi come in passato e questo stonava con i suoi atteggiamenti.
  “Rose non deve fare niente se non lo vuole. Non è così?” Mi guardò e in quel momento ebbi la sensazione di dover rispondere alla domanda più grande della mia vita e l’unica cosa che potei fare era di mettermi in mezzo ai due.
  “Smettetela!” Dissi, guardando prima Dimitri e poi Daniel. “La mia vita la scelgo solo io o che si tratti di tornare a corte o che restare qui. Non sarete voi a scegliere per me e nessun altro.”
   “Il tuo futuro non è quello che scrivono gli altri, il tuo futuro devi scriverlo tu!” Daniel mi si avvicinò e vidi Dimitri stare in allerta.  
 “Rose, il tuo futuro non è questo.” Mi sfiorò la ferita con una mano. “Non devi permettere a nessuno di farti fare ciò che non vuoi!”  Lui tornò a fissare Dimitri, uno sguardo di odio nei suoi occhi.
  “Non sarò certo io a decidere per Rose. Lei vuole essere un guardiano nessuna la costringe a farlo. Ma una volta avuto il marchio della promessa deve essere sempre al servizio di chi protegge.” Dimitri ricambiò il suo sguardo e poi però guardò me, addolcendosi. 
  “Adesso devo andare, Rose.” Non capii subito “Devo andare da Lissa, ma tornerò. Pensa a ciò che sei realmente. A ciò che hai sempre ambito a diventare.” Dimitri non aggiunse altro, lanciando solo un lungo e gelido sguardo a Daniel che adesso mi aveva avvolto le spalle con un braccio.
   “Tornerò, Rose.” Io annuii e lo guardai per qualche secondo e mi bastò un suo sguardo per capire che sarebbe tornato. “Quando tornerò però dovrai darmi una rispostao che le farebbe più male che benee gelido sguardo a Daniel che adesso mi aveva avvolto le spalle con un bracc. Fino ad allora prenditi il tempo che vuoi e sai che se la risposta sarà negativa, non potrai non affrontarmi.” Il suo tono era sicuro, come se sapesse che tanto al suo ritorno sarei andata con loro e nel caso non fosse stato così, mi avrebbero ugualmente fatto tornare.
 Annuii non aggiungendo altro, sapendo che non avevamo bisogno di altre parole, lui però non andò subito via, anzi guardò Daniel e con un tono poco rassicurante gli intimò;
 “Se quando torno lei non sarà qui, ti conviene non farti trovare.” Detto ciò mi lasciò un ultimo sguardo stranamente gentile e lo vidi sparire nel buio della notte. 
  Mi voltai verso Daniel, il quale aveva uno sguardo tra l’intimorito e l’arrabbiato.
“Così, lui è il Dio?” Mi disse ghignando.
 “Sì, hai avuto il piacere di conoscere Dimitri.” Entrambi, non ci guardammo nemmeno, rientrando in casa.
*

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Capitolo 12
*** Chiarimenti. ***


Chiarimenti.12

 Il mattino dopo  mi alzai con il pensiero di Dimitri il quale mi aveva tormentata tutta la notte facendomi dormire al massimo qualche ora.
 La sera precedente, appena rientrati in casa, Daniel aveva provato a chiedermi qualcosa su Dimitri ma non ero abbastanza in forma per parlarne e infatti mi ero immediatamente messa a letto.
 * 
Mi vestii con i panni della sera, non curante che erano stropicciati perché li avevo abbandonati in un angolo la sera prima ed uscii di camera, la cucina odorava di dolce e Daniel stava sulla poltrona a guardare la televisione senza neanche voltarsi appena mi vide.
 Era pensieroso e già immaginavo cosa la sua mente poteva elaborare. 
  “Signorinella!” Mi salutò Robert mentre leggeva il giornale. “Finalmente, aspettavamo solo te per mangiare il dolce di Mary!” Mi disse felice. 
 “Dolce?” Chiesi affamata e vidi Mary sfornare una torta dorata e gonfia che odorava di limone. 
“Ho voluto provare a fare un esperimento!” Disse elettrizzata intimandomi di sedermi. “Daniel, avanti vieni a tavola!” Richiamò il figlio finché non si mise seduto con noi. 
Mary affettò la torta e vidi che dentro aveva un ripieno bicolore, bianco e giallo. 
 “L’odore è ottimo.” Commentai e la vidi sorridere. “Certo, l’ho fatta io! Limone e yogurt!” Affermò fiera di se. 
 Ne presi una fetta e l’assaggia mentre quel misto di sapore allo yogurt e limone si mescolavano formando un piacevole sapore dolce e per niente stucchevole.
  “È davvero buona!” Affermai stupita vedendo Mary sorridere felice e complimentarsi da sola. 
 “Sì, proprio brava!” Disse Robert prendendo un’altra fetta. 
Mary gonfiò il petto mettendosi le mani sui fianchi e poi guardò Daniel, il quale ancora non gli aveva fatto nemmeno un complimento.
 “Allora? Non dici niente?” Gli chiese quasi offesa. Lui allora la guardò e le sorrise.
“Ma no, è buonissima mamma. Sempre la migliore in cucina!” Lei lo scrutò un attimo, come se lo avesse detto tanto per farla contenta, ma poi sorrise compiaciuta. 
 “Allora posso darmi ai dolci settimanali d’ora in poi! E Rose mi aiuterà, vero cara?” Mi guardò felice ed io annuii, finché Daniel non fece uno sbuffo dal naso simile ad una risata trattenuta. 
 “Mamma, Rose se ne andrà presto. È inutile che le chiedi queste cose. È ovvio che ti dirà di si, ma appena i guardiani la verranno a prendere dovrà andarsene.” Lo disse con un tono triste.
  “Non mi pare di aver mai detto di restare qui per sempre, Daniel. Ma dove andrò dopo sarà una mia scelta.”  
 E Robert affermò quello che avevo detto. “È vero Daniel, Rose prima o poi dovrà andarsene. Anche se io e tua madre le diciamo che può rimanere anche tutta la vita, sappiamo tutti che non potrà. Ma finché resterà qui, non vedo perché non può dare una mano a tua madre o divertirsi con noi.”
 Daniel lo guardò ma non aggiunse altro, alzandosi da tavola ed uscendo senza dire niente.
 “Ma che maniere!” Disse Mary e poi scusandosi per il suo comportamento.
   “Mi dispiace che Daniel la prenda così male, il mio ruolo nella vita non è sbagliato come pensa. Io vivo per proteggere i vivi.”
 Mary fu stupita dalle mie parole, “Sai, prima di venire via con Robert, anche io la pensavo come te. Uccidere gli strigoi e salvare chi era più debole era il mio sogno. Far si che tutti potessero vivere in pace.” 
  Mary mi guardò e io le sorrisi capendo che sicuramente io e lei eravamo molto più simili di quello che poteva sembrare.
 “Alla fine decisi di rinunciare al mio ruolo di guardiana perché rimasi incinta e non volevo che mio figlio crescesse senza dei genitori presenti e dopo una disgrazia avvenuta nella mia famiglia, io stessa non me la sentii più di fare il guardiano.”
 Non aggiunse altro al suo racconto e stropicciò il suo grembiule con le dita, mentre Robert stringeva lievemente le mani conserte e sospirò. “Rose, nostro figlio non è contrario alla vita dei guardiani ma bensì è contrario al fatto che i dhampir devono proteggere ma nessuno protegge loro.”
 Ripensai molto alle parole che Daniel mi aveva detto, del fatto di non aver scelta di vita, di non dover stare dietro ad altre persone ed essere liberi. Per lui sembrava tutta una costrizione e una sorta di dittatura. Dove i dhampir potevano solo essere guardiani.
 “Ho capito… vado a parlargli.” Mi alzai, non finendo nemmeno il dolce, visto che sarebbe stato solo amaro mangiarlo adesso.
 Uscii fuori, l’aria calda e il sole mi avevano leggermente iniziato a scottare il naso e le braccia. Con lo sguardo cercai Daniel, che non lo vidi da nessuna parte, nemmeno vicino alla riva.
 “Dove si sarà cacciato.” Provai a pensare dove potesse essere andato, ma non mi vennero in mente molti posti, così mi avviai verso il villaggio costeggiando il fiume, ripensando a quando ci ero finita dentro. Erano già passate due settimane praticamente e ancora non mi ero ristabilita e per la ferita ci sarebbe voluto ancora molto tempo.
 Percorsi senza fretta il tragitto, cercando di rilassarmi e pensando davvero a cosa avrei voluto dalla mia vita. Il mio sogno era ed era sempre stato proteggere Lissa ma da quando Dimitri era entrato nella mia vita avevo desiderato che anche lui fosse presente e costante accanto a me… ma da quando era ritornato, niente era più andata come sarebbe dovuta andare e ciò aveva destabilizzato ogni mia sicurezza ed ogni mio sogno.
 Per quanto volessi bene a Lissa non riuscivo a vedere lui che la voleva ma non mi scambiava nemmeno una parola, che non mi trattava nemmeno come una collega. Niente. Dentro di lui sembrava che si fosse eretto un muro contro di me, come una barriera indistruttibile che mi rifiutava, dopotutto come aveva detto non mi amava più ma saperlo e realizzarlo aveva fatto molto più male della ferita sulla mia guancia.
*
Mi avvicinai al ponte e vidi la figura di Daniel che era appoggiato con i gomiti al legno del piccolo ponte.
 “Daniel...” Lui si voltò, sorpreso di vedermi.
“Rose, che ci fai qui..?” Mi appoggiai accanto a lui.
“Beh, volevo dirti che mi dispiace per come è iniziata la giornata. Non pensavo che ti saresti innervosito così. Non voglio che ci siano fraintendimenti tra di noi ma vorrei che tu capissi la mia posizione e il mio ruolo nella mia vita.” Gli sorrisi vedendolo abbassare prima lo sguardo e poi ricambiare ma con una cadenza triste.
 “Ne sarei felice, davvero.” I nostri sguardi si incontrarono e vidi sincerità nei suoi occhi ma avevano anche una cadenza triste.
  “Poi ovviamente voglio che tu mi spieghi perché credi che la mia vita sia fatta di prigionia.” Gli intimai guardandolo serio ed annuì,
  “Va bene.” Si appoggiò sui gomiti pronto ad ascoltarmi e già sapevo che saremo stati un po’ li a parlare.
*

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Capitolo 13
*** Rose. ***


Rose.

“Tu sei convinto che la vita da guardiano è terribile, senza libertà e senza un futuro scelto. Ma devi sapere che non è affatto così. Per me essere la guardiana della mia migliore amica è il futuro più bello che mi potesse capitare.” Gli diedi il tempo di metabolizzare e lo vidi annuire lentamente, ancora non convinto. Sicuramente per lui era insensato il mio ragionamento.
 “Posso capire il tuo sconcerto. Ma prova a metterti nei miei panni, nata e cresciuta con regole e uno stile di vita totalmente diverso dal tuo e con orari e sapendo che la fuori, quando è notte fonda gli strigoi potrebbero attaccare in qualsiasi momento. All’inizio tutti la vediamo come una costrizione ma col crescere diventa anche una consapevolezza e alla fine puoi decidere cosa fare della tua vita. Puoi scegliere se essere o meno un guardiano.”
 I suoi occhi brillavano al sole e sembravano quasi un mare d’oro a tratti. “E tu perché hai scelto questa vita? Perché quando hai potuto non te ne sei andata?” La sua domanda mi fece sorridere, perché era chiaro che non avrebbe potuto capire.
 “Lissa, la mia migliore amica, ha perso i genitori in un incidente stradale ma la sua famiglia mi ha sempre trattata come una seconda figlia e ho fatto una promessa, di diventare la sua guardiana. Di proteggerla a costo della mia vita.”
 Mi voltai a guardarlo e lui aveva cambiato espressione, non era più giù di morale ma quasi sconcertato. “Ma eri solo una bambina.”
 “Si, hai ragione ero solo una bambina. Ma non per questo ho detto una promessa falsa. Ho sempre saputo cosa voleva dire proteggere qualcuno e quel qualcuno è la mia migliore amica. E anche adesso lo sto facendo, stando lontana da lei. Per quanto le persone e anche gli stessi guardiani che mi stanno cercando non possono capirlo, io so quello che faccio e lo faccio per lei.”
 “Ma perché hai scelto quel dhampir? Sai che non ti porterà felicità, non potrete nemmeno avere una famiglia insieme.” Il sangue mi schizzò al cervello e stranamente mi sentii molto imbarazzata.
 “Sai, quando ci si innamora alcune volte non si sa nemmeno perché. Io me ne sono neanche accorta… è successo e basta. Mi sono innamorata perché era l’unico a capirmi veramente, l’unico che è sempre riuscito a far si che mi volessi migliorare. Io sono diventata forte e una brava guardiana solo grazie a lui, ai suoi insegnamenti e alla sua pazienza.” Poi lo guardai e parve stupito, però mi sorrise ed annuì.
 “Ho capito.”
Non aggiunse altro e quasi calò un silenzio imbarazzante, non seppi perché gli dissi quello che stavo però sentivo che con lui potevo far uscire una Rose meno guardiana.
 “Sai, sono finita qui dopo un incidente dal quale non pensavo nemmeno di salvarmi e trovare qualcuno come te e i tuoi genitori dopo tutto quello che mi è successo non lo avrei mai pensato. Anzi, non ci avrei mai pensato nemmeno nella situazione più assurda.”
 Il suo sguardo era triste era quasi triste. “Ma ora sei al sicuro, hai una nuova casa se tu lo volessi e lo sai.”
  “Mi dispiace. Ma sappiamo entrambi che qui non potrà mai essere la mia seconda casa. Ho dei doveri e penso che appena mi rimetterò dovrò affrontare sia Dimitri che la Corte Reale che la mia migliore amica.” Gli dissi solamente e lo vidi avvicinarsi, questa volta però rimasi ferma e lui si mise di fronte a me.
 “Non puoi neanche pensarci?” Scossi la testa negativamente. “Rose, io ti ammiro veramente tanto, trovo che il tuo essere così determinata per il tuo futuro e per i tuoi scopi sia meraviglioso. Hai un carattere forte e deciso, ma anche dolce e comprensiva, senza contare che come tutti in alcuni momenti sei stata fragile..” Lo guardai stupita e soprattutto rimasi spiazzata quando mi abbracciò.
 “Sappi che qui ci sarà sempre una casa, se cambiassi idea.”
 Si staccò e mi guardò sorridendo allegro e ricambiai.
  “Sai che non cambierò idea su ciò che voglio.” Dissi ma lui non cambiò espressione continuando a sorridere. 
 “Fa lo stesso, finché rimarrai qui tu sei solo Rose, nessun guardiano che ammazza non morti!”
Scoppiai a ridere pensando che dopotutto era proprio quello che ero, ma trovai dolce quel suo modo di rapportarsi quasi da fratello maggiore e di voler sapere che stavo bene e in quel momento, mentre Daniel mi stava dicendo di tornare verso casa, mi trovai nella mente di Lissa, la quale era seduta in una macchina dei guardiani e il suo umore era stranamente allegro.
*

 “Sai vero che è causa nostra se tutto questo è successo? ” La voce di Lissa era cauta ma sicura. Mi ritrovai a vedere Dimitri dagli occhi di Lissa, seduto accanto a lei che guidava. 
 “Lo so. Ma ci sono cose che Rose doveva comprendere anche da sola. Non solo nostre le colpe Vasilisa.” Il suo tono era comprensivo e tentava di non mettere Lissa a disagio o farla sentire in colpa. Ma sentendo le sue emozioni sapevo che lei non era tranquilla e non era d’accordo con le sue parole.
 “Non mi interessa cosa pensate voi guardiani, io e Rose siamo io e Rose. Abbiamo entrambe promesso l’una all’altra di proteggerci e così sarà. Ma io non la lascerò mai più sola e se la sua decisione è allontanarsi da tutto e tutti io la seguirò.” La sua affermazione fece stupire Dimitri e Serena e subito quest’ultima aggiunsemitri e Serena la e se la sua decisione è allontanarsi da tutto e tutti io la seguirò.ssa, la quale era seduta su “Su questo non ha tutti i torti, ma se le dovesse accadere qualcosa? Rose sa cavarsela, ma lei è solo esposta a un sacco di pericoli..” Continuò la guardiana.
  “Appunto, avrò il mio guardiano. Lo hai detto tu stessa Serena che è la migliore e come siamo state più di un anno fuori dall’accademia da sole e lei non era ancora la migliore, adesso lo faremo ad occhi chiusi.” Disse facendo zittire Serena.
“Ma così facendo mancherai per i tuoi doveri e l’università?” Disse Dimitri sapendo che quel discorso non sarebbe terminato presto. 
  “Rose è la fuori e non so nemmeno se sta veramente bene non mi interessano dei giochi di potere Reali e se il problema è l’università frequenterò altro, Rose è più importante di qualsiasi università.” Disse stupendo tutti e anche me stessa. 
 “Lissa, ci sono regole e determinate strade che tu e Rose dovete percorrere. E se Rose vorrà andarsene tu non potrai.” Gli disse Dimitri e lei abbassò lo sguardo e mi trovai a guardare le sue mani pallide che stringevano i bordi del vestito color crema.
 “So quali sono i miei doveri ma so anche quale sia la mia scelta di vita. Per quanto può essere sciocca e irresponsabile.” Non aggiunse altro guardando il paesaggio circostante che era composto da una città vicino alla Corte Reale e che io stessa avevo passato quando avevo deciso di andarmene.
“Allora dovremmo prepararci a seguirla.” Aggiunse Dimitri sorridendole e facendola stupire. Dal mio canto trovai quel sorriso bellissimo.
 “Accidenti, per colpa di Rose ci cacceremo tutti nei guai.” Lissa ridacchiò cercando di rilassarsi.
 “Sì, lo credo anche io.” Disse Serena sospirando nei posti del passeggero.
“Non mi importa della mia sicurezza, ci siete voi e so che mi proteggerete. Io voglio venire per Rose. Lei lo farebbe se fosse al mio posto, anzi, probabilmente sarebbe partita senza piani o preparazione. Sappiamo com’è fatta e avrebbe smosso mari e monti.” Dimitri accennò un sorriso.
  “Hai ragione. Ma tu non sei lei e a sua differenza ragioni. Lei è impulsiva invece e ci pensa solo dopo aver combinato guai.”
  Sentii Lissa sorridere e calmarsi, si abbandonò sul sedile e guardò in alto per poi tornare a guardare Dimitri e trovando altro conforto. Come se fosse l’unica ancora che avesse in quella situazione. 
 “Permettetemi di provarci, almeno di tentare di venire con voi appena ripartirete.” Lissa li pregò, Serena stava dicendo di pensarci bene perché era pericoloso ma Dimitri le stupì entrambe. “Va bene.”
 “Veramente?” Disse Lissa e lo vide annuire anche se in sottofondo sentii Serena protestare. “Sì, a patto che però resterai sempre al sicuro e se dovesse succedere qualcosa darai ascolto ai nostri ordini.” Lei annuì e felice si risistemò, iniziando con i due guardiani a parlare di quando sarebbero partiti.
*

 Intanto iniziai a rivedere pian paino con i miei occhi e la figura quasi impaurita di Daniel mi si mostrò. 
 “-se, Rose, Rose!” Scossi la testa e lo guardai.
“Cosa c’è?” Che scema che ero, ovvio che cosa c’era. Mi aveva vista imbambolata per almeno cinque minuti se non di più.
 “Cosa c’è? Mi hai fatto spaventare da morire! Pensavo non stessi bene, eri come… addormentata. Ma sveglia e… non sapevo che fare. Come ti senti? Qualcosa non va? Hai un calo di zuccheri?” Quelle domande mi soffocarono un po’ e trovai la somiglianza con la madre. 
 “Sto bene Daniel, davvero. Ogni tanto mi capita.” Cercai una scusa ma lo vidi preoccupato.
 “Sicura? Sembravi in catalessi o qualcosa di simile. Non è che soffri di qualche malattia e non lo sai?” Scossi la testa in modo negativo, ci mancava soltanto che mi portasse in ospedale per fare una risonanza magnetica o una tac.
 “Daniel, davvero sto bene. Mi spiace se ti ho fatto preoccupare.” Lui si tranquillizzò un po’ e mi fece altre due domande e risposi che andava tutto bene e volevo solo tornare a casa.
 Così dopo essersi assicurato che potevo camminare tranquillamente senza svenire, ci incamminammo verso casa. 
 Poi, mi venne un idea.
“Daniel?” Lui mi guardò, curioso e quando gli dissi quelle semplici parole, i suoi occhi si sgranarono.
*


N.d.a:  ODDIOMIO! Quanto è che non pubblico? Una vita! Mi scuso con chiunque segua questa fan fiction! per quanto sia orrida e tremenda, spero potrete perdonarmi per questa enorme assenza! Purtroppo ho avuto molti impegni che mi hanno tenuta lontana dal pubblicare e quando volevo farlo c'era sempre qualcosa che mi bloccava. Sta di fatto, che adesso le cose cambieranno!
 La fan fiction era nata inizialmente come idea generale e non aveva una fine prestabilita ma adesso che ce l'ha, ci sarranno delle piccole uscite che spero piaceranno! 
Mi scuso ancora con chi ha aspettato questo capitolo per tanto! 
 Al prossimo, Peanuts!

 

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